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Esame obiettivo
UTILITA DELLESAME OBIETTIVO AI NOSTRI GIORNI
Lo sviluppo tecnologico ha fatto s che il tempo dedicato all'esame obiettivo sia sempre minore, per
lasciare spazio alle indagini strumentali. Si finiti quindi ad avere una ridotta capacit di eseguire
l'esame obiettivo.
L'esame obiettivo, come altre pratiche, soggettivo e quindi, avendone la possibilit, si preferisce
passare a indagini pi oggettive per ridurre il margine di incertezza diagnostica.
Anche il paziente, che sempre pi a conoscenza di indagini diagnostiche, chiede al medico di fare
qualcosa di pi rispetto alla solita visita perch altri esami possono offrire qualcosa di pi rispetto
in termini di diagnosi

Esame obiettivo
Consiste nell'insieme di manovre diagnostiche effettuate per verificare la presenza o assenza nel
paziente di segni (o sintomi obiettivi), indicativi di una condizione non fisiologica, constatabili con
l'esame fisico diretto del paziente.
La valutazione di questi dati, assieme a quelli anamnestici, conducono verso un'ipotesi diagnostica
e orientano la scelta degli accertamenti adeguati, al fine di confermarla o smentirla

L'esame obiettivo si compone generalmente di 4 fasi:


Ispezione: consiste in un'attenta osservazione del paziente che permette di evidenziare gros-
solane alterazioni morfologiche (a volte anche non patologiche).
In questo modo si possono osservare ad esempio un aumento del volume del torace o del-
l'addome, ingrossamento del collo, tumefazioni e facies caratteristiche.
Vengono inoltre valutate anche le lesioni, come ematomi o cicatrici, segno di traumi o
pregresse operazioni chirurgiche
Palpazione: l'esame tattile del paziente attraverso cui il medico in grado di verificare la
presenza di alterazioni non visibili all'ispezione e di ricercare eventuali segni clinici tramite la
pressione, trazione, e sfregamento di determinate regioni del corpo e organi accessibili.
In questo modo si pu:
Valutare la presenza e l'entit del dolore evocabile nei punti dolorosi, come ad esem-
pio quelli ureterali, appendicolari, colecistici e nei cosiddetti tender points di pazienti
affetti da fibromialgia (punti dolorosi al contatto).
Ricercare i polsi fisiologici e patologici
Valutare la presenza e l'entit di edema a livello tissutale (segno della fovea negli arti
inferiori) e delle cavit sierose (segno del fiotto dell'ascite).
Studiare la sensibilit del paziente ed evocare i riflessi
La zona maggiormente analizzate l'addome, attraverso palpazione superficiale e profonda.
Percussione: che viene definita indiretta se effettuata con l'ausilio di uno o pi dita poggiate
sulla zona anatomica, dette plessimetri, e una o pi dita plessori che percuotono le prece-
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denti; oppure indiretta se non vi l'interposizione delle dita plessimetri.
Lo scopo della percussione quella di produrre un suono che riflette la natura delle zone
sottostanti, ed in particolare:
Zone poco dense, con poco parenchima danno origine ad un suono ben propagato
definito chiaro (nel caso del polmone) o timpanico (bolla d'aria gastrica).
Zone pi dense, con maggiore parenchima, origineranno suoni poco propagati, che
sono definiti ottusi (a livello di fegato o coscia)
L'evocazione di un suono differente da quello normalmente atteso fa sorgere un sospetto
clinico che deve quindi essere verificato con l'ausilio di altri esami.
Auscultazione: effettuata mediante il fonendoscopio poggiato sulla cute in corrispondenza
dell'organo da ascoltare o nei cosiddetti foci d'auscultazione.
Vengono in questo modo valutati i toni cardiaci, i suoni che accompagnano la respirazione
(soffio bronchiale e murmure vescicolare) o i borborigmi dell'intestino.

Inoltre l'esame obiettivo si divide in:


Generale, in cui sono valutate segni e aspetti generali dell'individuo, sia fisici che psichici,
che possono accompagnare particolari malattie
Regionale, in cui vengono valutati i singoli organi ed apparati attraverso l'applicazione delle
4 fasi della semeiotica fisica (non sempre per applicabili ad ogni regione).

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Esame obiettivo generale
STATO DI COSCIENZA
Valutabile attraverso semplici domande (che giorno ? dove ci troviamo adesso? qual lindirizzo
di casa?) possiamo distinguere il paziente il paziente vigile da quello in una condizione di obnu-
bilamento. I casi in cui si ha un arresto globale di tutte le funzioni di relazione prende il nome di
perdita della coscienza.

Le modificazioni della coscienza comprendono:


Perdita transitoria della coscienza: si realizza nella sincope o in seguito ad una crisi epilettica
Perdita prolungata della coscienza: ovvero il coma
Stato alterato di coscienza: che comprende lobnubilamento o il delirio.

SINCOPE
La sincope unimprovvisa perdita della coscienza a causa di unanossia cerebrale generalizzata che
al risveglio non comporta alcun disturbo al paziente.
spesso preceduta da lipotimia, un improvviso stato di malessere accompagnato da pallore,
sudorazione fredda, respirazione sospirosa, annebbiamento visivo e sensazione di svenimento.

Le cause della sincome sono diverse:


Sincopi iposso-anossiche: per insufficiente apporto di O2 con la respirazione, per un blocco
del respiro o ridotta tensione di ossigeno; sono poco frequenti nelladulto mentre pi comu-
ni nel bambino dove sono definite sincopi blu, perch caratterizzate da colorito cianotico
del volto (a differenza del pallore delle sincopi bianche, o iposso-ischemiche).
Si verificano soprattutto:
Apnee prolungate, tipiche dei sub per riduzione della pO2 e aumento della pCO2
Rarefazione dellossigeno nellaria inspirata, come accade in alta montagna oppure
in ambienti chiusi saturi di altri gas.
Sincope da pianto o singhiozzo, quelle tipiche dei bambini dove crisi di pianto o di
singhiozzo molto intense (queste ultime spesso scatenate da forti emozioni) impe-
discono una sufficiente ventilazione.
Sincopi ipossoischemiche: le pi frequenti, per ipoperfusione cerebrale, e comprendono:
Vasodepressive: per discrepanza tra il volume di sangue circolante e letto vascolare,
con ridotto apporto di sangue al cervello; sono causate da risposte riflesse di natura
vagale (parasimpatica) che portano ad accentuata vasodilatazione periferica, con
conseguente riduzione del flusso ematico cerebrale. Possono essere dovute a:
- Forti emozioni o in seguito a forti dolori, somatici e viscerali
- Ipotensione ortostatica, soprattutto in pazienti anziani e con alterazioni del SNV
(S. di Parkinson), oppure in pazienti in prolungata degenza a letto o in trattamento
con farmaci ipotensivi (e -litici per ipertrofia prostatica)
Si realizza quando questi soggetti passano dal clino- allortostatismo: la pressio-
ne subisce un netto calo che porta alla sincope. In caso di sospetta ipotensione
ortostatica pu essere eseguito il tilt test in cui si alza il letto del paziente a vari

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livelli e se ne misura la pressione fino ad arrivare in condizioni di ortostatismo.
- Stimolazione del glomo carotideo, nella cosiddetta sindrome del colletto stretto
o sindrome del barbiere in cui si ha lattivazione dei barocettori del glomo ca-
rotideo che portano informazioni ai centri cardiocircolatori del tronco encefalico.
Questa manovra porta ad un riflesso con vasodilatazione, e bradicardia (per cui
pu essere anche considerata tra le sincopi cardiogene) fino a determinare una
ridotta ipoperfusione cerebrale.
Si pu verificare in pazienti affetti da arteriopatia della carotide, in cui si ha uni-
persensibilizzazione dei recettori carotidei, per masse che comprimono i baro-
cettori, o per loro stimolazione in corso di operazioni alla testa o collo, o per brus-
chi movimenti del capo.
- Shock o forti emorragie, in cui si crea una forte discrepanza tra volume di sangue
circolante e letto vascolare.
Cardiogene: dovute a compromissione della funzione cardiaca, con riduzione della
funzione di pompa incapace di adeguata perfusione. Si hanno in:
- Arresto cardiaco: dovuto ad un blocco AV di III grado (sindrome di Adam-Stokes)
oppure ad iperstimolazione dei barocettori carotidei.
- Aritmie, in particolar modo nelle tachiartmie, in cui i battiti troppo ravvicinati
impediscono un sufficiente riempimento diastolico.
- Ostacolo allafflusso, anche in questo caso con insufficiente riempimento ventri-
colare, come avviene nella stenosi mitralica o in tumori cardiaci (mixoma)
- Ostacolo allefflusso, che comporta una riduzione della gittata cardiaca a volumi
telediastolici normali e, quindi, ipoperfusione; un esempio la stenosi aortica.
Post-cardiache: per disturbi a livello del distretto arterioso cerebrale, che riducono la
quantit di sangue che raggiunge lencefalo. Si pu avere:
- Aneurisma dellaorta
- Stenosi del tronco anonimo, o dellarteria cerebrale comune; una malattia carat-
teristica la malattia di Takayashu, una vasculite in cui si hanno restringimenti
delle arterie fino anche allocclusione completa con polsi assenti.
- Angiospasmo cerebrale
- Furto della succlavia, un fenomeno dovuto allaumentata necessit di sangue ai
muscoli dellarto superiore (in corso di sforzi intensi) ma inadeguatamente perfu-
si a causa di una stenosi dellarteria succlavia; si ha quindi uninversione del flusso
di sangue che dallarteria vertebrale va a compensare le richieste a livello del
braccio, rubando sangue allencefalo.
Sincope ipoglicemica: per la stretta dipendenza del cervello dal livello di glicemia, in quanto
non ha depositi di glucosio (glicemia < 50 mg/dl).

[Unaltra perdita transitoria di coscienza segue la crisi epilettica, anchessa di breve durata ma al
risveglio il soggetto presenter uno stato di ottundimento, definito stupor postcritico, e frequente-
mente insorger una cefalea postcritica.
La crisi epilettica, dovuta alla propagazione allencefalo di unonda di eccitamento proveniente da
un punto detto focus epilettogeno con diversa localizzazione, e con caratteristiche differenti a se-

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conda della crisi spesso preceduta da manifestazioni che prendono il nome di aura.
Esistono diversi tipi di aura (visive, uditive, olfattive) che tendono a ripetersi nello stesso soggetto e
sono spesso accompagnate da automatismi motori, come digrignare i denti o borbottare parole in-
comprensibili.

La crisi vera e propria si presenta con caduta a terra del paziente, privo di coscienza e se la crisi
motoria pu presentare movimenti involontari o convulsioni; spesso si associa una ferita alla lingua
che detto morsus.
Altri tipi di crisi si manifestano invece come assenze, arresti improvvisi e brevi della coscienza in
cui il paziente si zittisce, presenta pallore e sguardo fisso per pochi secondi senza accorgersene. ]

COMA
Il coma una condizione di prolungata perdita dello stato di coscienza e della reattivit agli stimoli
esterni con alterazioni, anche marcate, delle funzioni vegetative.
Raramente dura pi di 4 settimane, con l'eccezione dei coma post-traumatici e, pi a lungo perdura
lo stato di incoscienza, meno probabile il recupero.
Dalla fase acuta il coma pu evolvere in:
Decesso
Recupero della coscienza
Stato vegetativo
L'alterazione prolungata della coscienza pu essere quantificata mediante la Glaslow Coma Scale.
Questa scala prevede la ricerca di 3 segni: apertura degli occhi, risposta verbale e risposta motoria;
per ognuno di essi si attribuisce un punteggio, con risultato complessivo da un minimo di 3 ad un
massimo di 15.
Un punteggio di 15 difinisce lo stato di coscienza normale
Un punteggio compreso tra 14 e 9 definisce diversi livelli di alterazione della coscienza
Un punteggio compreso tra 8 e 3 definisce lo stato di coma; un punteggio uguale a 3 definisce
lo stato di coma profondo e, quando si associa ad altri elementi clinici e strumentali (assenza
dei riflessi tronco-encefalici e di attivit cerebrale), la morte encefalica.

Cause di coma
Le alterazioni cerebrali che causano il coma sono di due tipi principali:
Cause strutturali, ovvero da lesioni occupanti spazio, immediatamente riconoscibili, come
un tumore, un ascesso, un'emorragia (cerebrale, subaracnoidea, subdurale o epidurale) o un
infarto esteso; l'insorgenza del coma si ha per solo quando la lesione pi diffusa, andando
ad estendersi anche a livello mesencefalico o a interrompere i segnali attivatori della sostan-
za reticolare. Inoltre la presenza di una lesione occupante spazio provoca un'erniazione del
tessuto cerebrale che determina compressione, ischemia o emorragia del tronco encefalico,
e in particolar modo a livello mesencefalico da cui il coma.
Trauma cranico: un colpo di forza tale da provocare un danno al cervello. Nella
maggior parte dei casi si tratta di traumi chiusi (contusione che non crea continuit
tra cervello e ambiente esterno), che provocano lesioni multifocali diffuse, con danno
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sia diretto, per il colpo che danneggia il tessuto, sia indiretto, per la formazione di
edemi ed ematomi (extra- o subdurali) che possono comprimere il cervello.
Nel momento del trauma stato dimostrato che si ha un enorme aumento della
pressione intracranica che viene spesso considerata la causa della perdita di
coscienza; tuttavia al momento del colpo si ha anche una torsione degli emisferi
cerebrali sul tronco encefalico che potrebbe essere una concausa (se non la
principale) della perdita di coscienza. Inoltre questa rotazione responsabile delle
lesioni multiple da strappamento o delle emorragie.
Emorragie cerebrali, subaracnoidee, subdurali e epidurali, per compressione del
tessuto.
Infarti cerebrali o del tronco encefalico, sia per la lesione diretta del tessuto stesso,
sia per il conseguente edema che si crea con compressione delle strutture.
Tumori cerebrali, primitivi o secondari localizzati a livello dell'encefalo e che
determinano compressione del tessuto nervoso o ipertensione emorragica, fino al
coma. In questi casi l'insorgenza tardiva.
Cause metaboliche, che determinano una soppressione dell'attivit neuronale diffusa, di
solito sia a livello dei neuroni corticali che di quelli appartenenti al sistema di attivazione
reticolare.
Ischemia cerebrale, per caduta del flusso ematico e riduzione del metabolismo
cerebrale. Per esempio una riduzione del flusso a 25 ml/min/100g di tessuto (met
di quello normale), gi provoca un rallentamento dell'EEG o un'alterazione della
coscienza o anche sincope. Ulteriore riduzione intorno ai 12 ml/min/100g porta inve-
ce a silenzio elettrico, coma e cessazione della maggior parte delle funzioni sinaptiche
cerebrali.
Tossici esogeni, tra cui CO, alcool etilico, barbiturici, benzodiazepine o oppiacei
Coma diabetico, con iperglicemia e formazione di chetoacidi che portano a acidosi
metabolica responsabile del coma
Coma ipoglicemico, per la dipendenza del cervello dal glucosio, con rapida risoluzione
in seguito a somministrazione di una soluzione glucosata
Coma epatico, che accompagna la grave compromissione della funzionalit epatica
di detossificazione che porta ad uniperammonemia responsabile di sintomi
caratteristici, come il flapping tremor, faetor hepaticus e lencefalopatia epatica che
porta al coma
Coma da cause infettive, quale evoluzione di meningiti o encefaliti.

Valutazione del paziente in stato di coma


Quando ci si trova di fronte ad un paziente in coma bisogna prima accertarsi se possibile
intervenire, in modo da correggere le alterazioni delle funzioni vitali, ad esempio va valutata la
possibilit di mobilizzazione, assicurando lassenza di fratture vertebrali (specialmente in pazienti
che hanno avuto un trauma cranico), la perviet delle vie aeree, e la funzionalit respiratoria e
cardiocircolatoria.
Si passa quindi allesame obiettivo e neurologico, per ottenere informazioni sulle cause e sulla
gravit del coma; i parametri da valutare pi importanti comprendono:

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Temperatura corporea: in quanto lipertermia pu essere indice di infezioni sistemiche,
mentre lipotermia si ritrova nelle gravi intossicazioni o nello shock
Funzione cardiocircolatoria: la bradicardia e lipertensione arteriosa possono essere indice
di ipertensione endocranica, mentre ipotensione si riscontra nello shock o nelle emorragie.
Funzione respiratoria: in quanto spesso le lesioni coinvolgono i centri respiratori, con
alterazioni particolari che si possono porre in relazione con il tipo di danno, ad esempio:
- Respiro di Cheyne-Stokes: caratterizzato da fasi di apnea alternate ad atti respiratori
di ampiezza prima crescente e poi decrescente; sono tipiche delle intossicazioni o
delle lesioni sottocorticali bilaterali
- Iperventilazione centrale: con atti respiratori a frequenza elevata, nelle lesioni
mesencefalo-pontine
- Respiro atassico di Biot: con atti respiratori che variano di frequenza e intensit
continuamente, dovuto a lesioni bulbari.
Odore dellalito: come ad esempio lodore alcolico, putrefattico (coma epatico) o uremico
Cute: che pu presentarsi itterica (insufficienza epatica), cianotica (ipossia), rosso ciliegia
(intossicazione da CO), con rash maculo-emorragici (meningiti) o segni di puntura (abuso di
droghe)
Lingua: che pu presentare il tipico morsus delle patologie convulsive

Postura e movimenti: che vanno valutati a riposo o dopo stimolazione dolorosa; in generale
la presenza di movimenti spontanei indica coma di grado moderato.
In seguito a stimolazione dolorosa la presenza di movimenti finalizzati anchessa indice di
coma di grado lieve, mentre lassunzione di posture particolari (decorticazione o decerebra-
zione) oppure la totale assenza di movimento indicano coma pi profondo.
Segni di irritazione meningea: di grande importanza diagnostica, si valutano attraverso
particolari manovre; tra i pi importanti:
- Rigidit nucale, resistenza alla flessione passiva del capo
- Posizione a cane di fucile, paziente raggomitolato in decubito laterale
- Segno di Lasegue, resistenza alla flessione della coscia sul bacino con gamba estesa
Pupille: il diametro e la reattivit pupillare sono fattori di grande importanza nella valuta-
zione del coma; in particolare le pupille normali devono essere isocoriche, isocicliche e
fotoreagenti.
La perdita del riflesso fotomotore alla luce uno dei primi segni di compromissione del III
paio di nervi encefalici, seguito dalla midriasi omolaterale alla lesione (il nervo oculomotore
media la contrazione dello sfintere della pupilla, determinando quindi miosi)
La midriasi monolaterale quindi segno di compressione o lesione del III paio di nervi ence-
falici, mentre la midriasi fissa bilaterale un segno ben pi grave, indice di morte cerebrale.
La miosi si ha invece in genere per lesioni a livello pontino oppure nelle intossicazioni da
oppiacei.
Motilit oculare: viene valutata attraverso i riflessi oculo-cefalici, evocati mediante
losservazione dei movimenti degli occhi in risposta alla rotazione del capo del paziente
(fenomeno degli occhi di bambola): se gli occhi ruotano in direzione opposta al movimento
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del capo si ha ancora lintegrit delle connessioni tra nuclei vestibolari e oculomotori (feno-
meno positivo) mentre se queste connessioni sono state interrotte rimarranno in posizione
primaria fissa (fenomeno negativo), indice di una maggiore gravit del coma.
Riflessi: tra i pi importanti abbiamo:
- Riflesso cilio-spinale: il pizzicottamento della regione laterale del collo porta alla
comparsa di midriasi omolaterale e scompare nelle fasi pi avanzate del coma.
- Riflesso cutaneo-plantare: se in flessione normale, mentre una risposta in esten-
sione con apertura a ventaglio delle dita del piede (segno di Babinski) indica una lesio-
ne delle vie piramidali (controlaterale al riflesso patologico).
- Riflessi osteo-tendinei: che in condizioni normali sono presenti e simmetrici, possono
risultare aumentati ai 4 arti nella sofferenza diffusa dellencefalo o ridotti ad un lato
nel caso di una lesione piramidale (controlateralmente); lareflessia generalizzata
indice di coma di grado elevato.
Tono muscolare: si basano sui test di caduta degli arti: si sollevano le braccia o le gambe del
paziente e le si lasciano cadere, in caso di una lesione piramidale, con grave ipotonia
controlaterale, si osserver una caduta nettamente pi rapida di un braccio rispetto allaltro.

TEMPERATURA CORPOREA
La temperatura fisiologica oscilla intorno ai 37C, mantenuta attraverso meccanismi di termogenesi
(vasocostrizione, aumento del metabolismo o attivit muscolare) e di termodispersione (vasodila-
tazione cutanea, sudorazione, tachipnea).
La valutazione si esegue mediante limpiego di termometri clinici.

Aumento della temperatura


Un aumento delle temperature possono essere dovute a:
Ipertermia, in cui il corpo non riesce a smaltire adeguatamente il calore, ad esempio:
- Colpo di calore
- Aplasia congenita delle ghiandole sudoripare
- Iperproduzione di calore, come si ha nelle tireotossicosi, nel feocromocitoma oppure
nelle intense contrazioni muscolari (crisi tetaniche)
Febbre, dovuta invece ad una stimolazione chimica dei centri termoregolatori con innal-
zamento del set-ipotalamico da parte di agenti pirogeni esogeni (di natura microbica) o
endogeni (citochine).
Trova diverse cause, per lo pi infezioni o per eccessivo uso di farmaci (anche molto comuni,
quali antibiotici) oppure le cosiddette cause criptogeniche, sconosciute e con febbre a decor-
so irregolare, solitamente segno di allarme per patologie neoplastiche.
Di grande importanza nel caso di un aumento della temperatura valutarne le carat-
teristiche, in particolare lesordio e il decorso.
In particolar modo il decorso pu dare utili informazioni sulle cause della febbre, e possiamo
distinguere:
- Febbre continua, con temperatura costantemente al di sopra dei 37C nellarco della
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giornata, con minime oscillazioni fino alla risoluzione.
- Febbre remittente, la temperatura oscilla notevolmente nelle 24 ore, senza scendere
mai a valori normali
- Febbre intermittente, la temperatura oscilla notevolmente nelle 24 ore e raggiunge
anche valori normali; tipica delle setticemie
- Febbre ricorrente, caratterizzata da un aumento della temperatura della durata di un
giorno, e ritorno a valori normali per poi presentarsi dopo pochi giorni; ne esistono
diversi sottotipi, quali le febbri terzane e quartane (si presentano al 3 o 4 giorno)
tipiche della malaria, oppure le febbri erratiche, che compaiono improvvisamente ed
in tempi imprecisati, tipica delle infezioni delle vie urinarie.

Abbassamento della temperatura


Un abbassamento della temperatura, ovvero ipotermia (>35C) pu essere dovuta ad assidera-
mento, per esposizione a temperature molto rigide, oppure nellalgidismo, unipotermia endogena
dovuta a collasso cardiocircolatorio. Anche un rallentamento del metabolismo (ipotiroidismo, insuf-
ficienza surrenale) pu portare ad ipotermia.

Modificazioni distrettuali della temperatura


Vanno infine considerate le alterazioni distrettuali della temperatura, come nel caso di unocclu-
sione trombotica o embolica, che porta a raffreddamento del territorio corrispondente oppure
nellinfiammazione, con calor della zona interessata.

COSTITUZIONE CORPOREA
MAGREZZA
Una condizione di estrema magrezza definita cachessia, con totale scomparsa dei depositi di tes-
suto adiposo e marcata atrofia muscolare.
Si possono distinguere:
Cachessia da deficiente apporto, dovute a prolungato digiuno, tra cui quella da disturbi
dellalimentazione come lanoressia nervosa.
Cachessia da malattie croniche debilitanti, come nel caso di neoplasie, cirrosi epatica o ma-
lattie infettive croniche (tubercolosi, AIDS).
Cachessie da causa endocrina, ad esempio nellipofunzionalit tiroidea o in alcune condizioni
specifiche (morbo di Simmonds, un deficit della secrezione di GH, in cui accompagnata da
aspetto senescente, caduta di peli e depigmentazione cutanea).

OBESIT
Lobesit la condizione clinica in cui si ha un eccesso di tessuto adiposo che in grado di indurre
significativo aumento dei rischi di sviluppare diverse patologie.
Spesso considerata equivalente ad un aumento del peso corporeo ma, sebbene allaumento del
tessuto adiposo si associa sempre un aumento del peso, questultimo pu aumentare anche in indi-
vidui magri ma con massa muscolare molto sviluppata.
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Le cause dellobesit sono poco note, ma sicuramente nellambito di un contesto genetico e ormo-
nale pi o meno predisponente, leccessiva assunzione di cibo che gioca il ruolo principale.
Non va quindi considerata come una patologia ma come una condizione voluttuaria che porta ad un
aumento del rischio di sviluppare patologia, quali diabete e malattie cardiovascolari.

Epidemiologia
Lobesit uno dei problemi di salute pubblica pi visibile, ma purtroppo ancora trascurato: circa 1
individuo su 3 obeso (ovvero con un peso corporeo maggiore del 20% rispetto a quello ideale) con
un rischio aumentato di complicanze (diabete, ipertensione, iperlimidiemie, malattie cardiovasco-
lari) e di mortalit.
Inoltre questa condizione grava notevolmente sulla spesa sanitaria, tanto che negli Stati Uniti
responsabile del consumo di circa il 5-6% della spesa sanitaria nazionale.

In Italia si calcola che circa il 33% della popolazione in sovrappeso e circa il 9% sono francamente
obesi, con distribuzione piuttosto omogenea ma con prevalenza al sud.
Generalmente la popolazione adulta-anziana a rappresentare la maggioranza degli obesi, in parti-
colare tra i 60-75 anni, ma il continuo aumento del fenomeno ha coinvolto anche i pi giovani. Di
grande gravit il fatto che interessa anche i bambini, ed attualmente si valuta che circa il 20% dei
ragazzi tra 6-9 anni in sovrappeso; la percentuale si riduce nellet adolescenziale per poi presen-
tarsi di nuovo elevata nelladulto.

Fisiopatologia
Il tessuto adiposo costituito da adipociti maturi, che costituiscono circa i 2/3 del tessuto, vasi, ner-
vi, fibroblasti e preadipociti per il restante 1/3. un organo di deposito ma pu essere considerato a
tutti gli effetti un organo endocrino diffuso, localizzato a livello sottocutaneo e periviscerale; si distingue:
Tessuto adiposo bruno, con adipociti caratterizzati da vescicole lipidiche multiple e numerosi
mitocondri, presenta il gene UCP-1, per la sintesi della termogenina (o proteina disaccop-
piante), che responsabile della produzione di calore nelluomo ed regolato dal sistema
nervoso vegetativo e, soprattutto dal T3.
Si forma intorno alla 20 settimana di gestazione, con iperespressione della termogenina, in
modo da rispondere a tutti i casi di esposizione al freddo del neonato, e poco dopo la nascita
va incontro a trasformazione, residuando solo come piccole isole nel tessuto adiposo bianco;
tuttavia c la possibilit di ritrasformazione del tessuto adiposo bianco in bruno quando c
bisogno, come nelle forti esposizioni al freddo, caratteristica definita plasticit.
Tessuto adiposo bianco, nei cui adipociti sono presenti vacuoli unici, il vero organo endo-
crino, in grado di produrre diversi ormoni, tra cui:
- Leptina, che una volta immessa in circolo in grado di attraversare la barriera emato-
encefalica e raggiungere i nuclei ipotalamici che controllano le sensazioni di fame e
saziet dove agisce come ormone anoressizzante diminuendo la ricerca di cibo e au-
mentando il consumo energetico.
In passato si riteneva che lobesit fosse dovuta ad una carenza di leptina ma, a parte
poche famiglie in cui lormone si presenta deficitario (e che si presentano infatti iper-
fagiche ed obese), la stragrande maggioranza della popolazione obesa presenta livelli

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normali, per cui non le pu essere attribuito la causa dellobesit.
- Citochine (tra cui il TNF-)
- Sostanze protrombotiche (come gli inibitori dellattivatore del plasminogeno, PAI-1)
Laumento del tessuto adiposo bianco si caratterizza prima per unipertrofia degli adipociti
e poi uniperplasia, con un comportamento che quindi assimilabile a quello di un tumore
benigno come ipotizzato da alcuni autori.
Tale accrescimento del tessuto adiposo aumenta la produzione degli ormoni e delle citochi-
ne, ed inoltre richiama anche cellule dellinfiammazione (anche in seguito ad eccessiva iper-
trofia degli adipociti con conseguente lisi), con ulteriore liberazione di fattori che sono res-
ponsabili delle complicanze dellobesit, prima fra tutte linsulino-resistenza, da cui si svilup-
pa quindi il diabete mellito di tipo 2 e delle modificazioni cardiovascolari.
[Le lipochine prodotte dal tessuto adiposo sono anche responsabili del controllo delle sensazioni di
fame e saziet, agendo come detto a livello ipotalamico; esistono per numerosi altri stimoli che
possono agire in senso oressizzante e anoressizzante, tra cui sicuramente quelli provenienti dal si-
stema gastrointestinale e gli organi associati (fegato, pancreas).
Dallapparato digerente, infatti, partono stimoli nervosi (trasmessi principalmente dal vago) e ormo-
nali che sono in grado di raggiungere i centri superiori informandoli della quantit e della quantit
di cibo introdotto, informazioni che si riflettono poi sul comportamento alimentare dellindividuo]

Altra importante distinzione da fare sulla distribuzione del tessuto adiposo in differenti siti anato-
mici, che ha diverse implicazioni sullaumento del rischio di malattia.
Possiamo distinguere unobesit androide, in cui laccumulo di grasso prevalentemente a livello
periviscerale, e quindi soprattutto a livello delladdome, e unobesit ginoide, in cui invece si localiz-
za a livello sottocutaneo, nella regione glutea e agli arti inferiori.
Lobesit periviscerale senza dubbio la pi pericolosa in quanto il tessuto adiposo intraddominale
sembra essere particolarmente attivo nella produzione di lipochine e nel richiamare cellule infiam-
matorie. Diversi studi hanno confermato la stretta correlazione tra questa obesit centale e lo svi-
luppo di sindrome metabolica, e quindi dei rischi di sviluppare diabete malattie cardiovascolari.

Cause di sviluppo di obesit


Come detto, diversi fattori incidono sullo sviluppo dellobesit sia genetici che ambientali.
Per quanto riguarda la componente genetica, si possono descrivere famiglie con fenotipo sovrap-
peso-obeso che pu far sospettare unereditariet cos come gemelli identici, cresciuti sia insieme
che separati, tendono ad avere un peso corporeo simile; tuttavia certo che lambiente riveste il
ruolo chiave, ed infatti le privazioni alimentari prevengono lobesit in tutti i casi.
In sostanza quindi i geni possono determinare una predisposizione maggiore o minore allobesit
ma senza dubbio la disponibilit illimitata di alimenti presente nei paesi sviluppati, in cui la percen-
tuale di popolazione obesa in grande crescita, e labuso degli stessi che porta ad ingrassare: non
esistono malattie che fanno ingrassare se non vengono assunte pi calorie di quelle spese.

Il dispendio energetico in gran parte determinato dal metabolismo basale (70%); la termogenesi e
lesercizio fisico (nettamente ridotto con la modernizzazione: auto, attivit sedentarie preferite allo
sport, ecc.) rappresentano la restante parte. Lassunzione energetica invece data dallali-

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mentazione e, perch un individuo possa ingrassare, deve introdurre una quantit di calorie supe-
riore a quelle spese; per questo motivo gli individui obesi introducono quantit molto superiori di
cibo, anche considerato che il loro dispendio energetico aumentato in relazione al fatto che la
massa magra non aumenta proporzionalmente a quella grassa: per mantenere il loro peso e ancor
di pi per ingrassare, quindi, una persona obesa deve mangiare di pi di una persona magra.

Lobesit trova quindi le sue cause in una scorretta alimentazione, talvolta condizionata da disturbi
della personalit: il cibo ha infatti un effetto gratificante e in soggetti depressi, o in bambini che si
sentono trascurati, la ricerca del cibo pu essere un modo per sentirsi meglio.
Accanto a questo tipo di obesit, si possono per riscontrare anche le obesit secondarie, che trova-
no le proprie cause in disturbi endocrini o sindromi genetiche a cui si associa obesit:
Sindrome di Prader-Willi, dovuta ad una microdelezione del cromosoma 15, si presenta con
ritardo mentale, ipogonadismo, mani e piedi piccoli, ipotonia, obesit e iperfagia).
Sindrome di Cushing, ovvero ipercortisolismo, che si associa a ipertensione, iperglicemia e
obesit centrale (tronco e faccia, con le tipiche gobba di bufalo e facies lunaris).
Sindrome dellovaio policistico, caratterizzata dalla presenza di numerose cisti ovariche, con
aumento di ormoni androgeni e anovulazione; tra le conseguenze metaboliche della sindro-
me, sicuramente linsulino-resistenza tra le pi importanti, con conseguente iperinsuline-
mia da cui gli effetti anabolizzanti a livello del tessuto adiposo
Ipotiroidismo, rara causa di obesit in quanto laumento di peso nellipotiroidismo si correla
alla presenza di mixedema
Malattie ipotalamiche di natura neoplastica, traumatica o flogistica, possono portare ad
alterazione del controllo del senso di saziet e del dispendio energetico con sviluppo di vari
livelli di obesit.
Farmaci, in particolar modo ansiolitici e antidepressivi, che aumentano lappetito
Queste sindromi, comunque, non porteranno mai a gravi obesit, ma solitamente si limitano ad un
sovrappeso o ad obesit di grado 1 (BMI >35).

Complicanze dellobesit
Lobesit risulta quindi aumentare il rischio di patologie, fino ad arrivare ad una condizione definita
sindrome metabolica, condizione eterogenea in cui si possono riscontrare alterazioni multiple come
conseguenza proprio dellobesit.
Tra le pi frequenti complicanze troviamo:
Compromissione della funzionalit ventricolare sinistra: lincremento ponderale determina
un aumento delle richieste metaboliche tissutali con incremento della portata cardiaca in-
dipendentemente dai valori di pressione arteriosa.
In particolare va ad aumentare il volume sistolico, con aumento della pressione di riempi-
mento del ventricolo sinistro che risulta pi esposto allinstaurarsi di una compromissione.
Ipertensione, evidente per ogni fascia det, a causa innanzitutto delle anomalie metaboliche
ed in particolare allalterato metabolismo lipidico, ma anche per lalterata emodinamica.
Apnee e OSAS (sindrome dellapnea ostruttiva del sonno), che si presentano molto frequen-
temente in pazienti obesi, come episodi di arresto del flusso aereo dalla bocca e dal naso per
pi di 10 secondi durante il sonno.
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Si parla di OSAS se il numero di episodi elevato, in particolare >5 allora e >35 nellarco di
una notte; questa sindrome un fattore indipendente di aumentato rischio cardiovascolare.
Dislipidemia, anchessi correlati allaumento dellincidenza di disturbi cardiovascolari, si ca-
ratterizzano principalmente per aumentati livelli di colesterolo LDL e trigliceridi e ridotti di
colesterolo HDL
Diabete mellito di tipo 2, per cui lobesit uno dei pi importanti fattori di rischio in quanto
laumento del grasso periviscerale porta ad insulino-resistenza.
Alterazione della funzionalit gonadica sia nel maschio che nella femmina adulta sebbene
un ipogonadismo si riscontra solo nelle forme molto gravi di obesit.
Nelle donne adulte obese, invece, sono frequenti irregolarit mestruali e cicli anovulatori.
Osteoartrosi, sicuramente dovuti sia a fattori locali (aumento delle forze di carico sullappa-
rato scheletrico) sia a fattori generali (aumento di fattori di crescita cartilaginei).
Generale incremento del rischio di neoplasia, evidenziato da alcuni studi epidemiologici forse
in relazione ad un aumento di fattori di crescita circolanti
Allaumento del peso (pi nello specifico al BMI e alla misurazione della circonferenza della vita) si
correla indubbiamente un maggiore rischio di mortalit, dimostrabile in tutte le fascie di et, e con
picco massimo intorno ai 65-70 anni, dove il rischio quasi il doppio rispetto al normale.
La morte giunge per le complicanze sopra dette, ed in particolar modo per infarto del miocardio.

Diagnosi
Le tecniche di misurazione del grasso corporeo si distinguono in misure indirette e dirette.
Le misure indirette utilizzano parametri semplici come il peso, laltezza, la circonferenza di vita e
fianchi per ottenere indici di costituzione corporea, di rapida e semplice esecuzione:
BMI (Body Mass Index), sicuramente lindice pi utilizzato e si calcola facilmente come:
BMI: Peso (kg) / Altezza2 (m2)
Il risultato confrontato con una scala di valori in grado di classificare gli individui in base al
peso corporeo, tenendo presente che il rischio di complicanze aumenta con laumentare del
BMI, in particolar modo quelle cardiovascolari:
- <18 Sottopeso
- 18,5 24,9 Normopeso
- 25,0 29,9 Sovrappeso
- 30,0 34,9 Obesit di I grado
- 35,0 39,9 Obesit di II grado
- >40 Obesit di III grado
Circonferenza della vita, con un cut-off di 88cm per le donne e 102cm per gli uomini
Rapporto vita/fianchi, il semplice indicatore per la distribuzione del grasso, in quanto per-
mette di avere unidea se il grasso distribuito a livello sottocutaneo o viscerale.
Plicometria, consiste nella misurazione dello spessore del sottocutaneo a livello del bicipite,
del tricipite, sottoscapolare e soprailiaco.
Le misure dirette sono metodi pi precisi di quantificazione della massa corporea grassa rispetto
alla magra, ma anche di pi complessa esecuzione e alcune molto costose; tra queste:
Impedenzometria, che si basa sulla conduzione della corrente elettrica attraverso lorgani-

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smo considerando che la massa magra offre bassa resistenza al passaggio
TC e RM, per studi pi fini, in quanto permette di valutare lo spessore del tessuto adiposo
Assetto lipidico (colesterolo, trigliceridi)
A questi si aggiungono esami di secondo livello che permettono la valutazione degli ormoni (tiroidei,
ormoni sessuali) per escludere cause endocrine di obesit.

Terapia
Sicuramente la prima e pi efficace terapia dellobesit la modificazione dello stile di vita, attraver-
so una dieta che garantisce una riduzione dellintroito calorico e lattivit fisica, che ne aumenta il
consumo.
Unappropriata strategia dietetica deve innanzitutto andare a valutare il rapporto tra le calorie as-
sunte e quelle bruciate, oltre ovviamente a definire il tipo di alimenti da introdurre.
La dieta mediterranea, seguita correttamente, permette di mantenere un peso nei limiti oltre a
migliorare le condizioni di salute ed stato osservato come si associa ad una minore mortalit per
patologie neoplastiche e vascolari.
Purtroppo il problema principale la difficolt dei pazienti nelladerire a lungo ad una dieta, tanto
che i centri per lobesit sono valutati proprio sulla base del numero di pazienti che abbandonano il
programma: se hanno una percentuale <50% di abbandoni, si considera un buon centro.

Non esistono farmaci che permettono di dimagrire e, a parte dosi massicce di T3 e lamfetamina che
erano usate in passato, lunico approvato per la terapia dellobesit linibitore delle lipasi gastro-
intestinali, che agisce bloccando la digestione dei grassi ed inducendo una sindrome da antiabuso,
in cui il paziente si sente molto male quando assume pasti grassi, proprio per lincapacit di digerirli,
e presuppone quindi che per evitare tale malessere i pazienti evitino di mangiare male.
Esistono poi alcuni farmaci in corso di sperimentazione, e tra questi abbiamo il liraglutide, utilizza-
to nella terapia del diabete ma anche nellobesit dove associato ad una dieta regolare e permette
di perdere alcuni kili; tuttavia molto costoso.

Nelle gravi obesit (grado II o III) che presentano gi gravi complicanze, si pu ricorrere alla chirurgia
bariatrica, che permette una perdita di peso consistente e di ridurre i rischi delle complicanze.
E indicata per pazienti con un peso corporeo superiore al 60-100% di quello ideale (BMI >35) , in
particolare se vi sono precedenti familiari; possiamo distinguere due tipi di interventi bariatrici:
Restrittivi, in cui si va a ridurre le dimensioni dello stomaco ed il soggetto mangia meno:
- Gastroplastica, in cui si crea una piccola tasca attraverso una cucitura dello stomaco,
in comunicazione con il resto dello stomaco attraverso uno stretto orifizio, andando
quindi a limitare la quantit di cibo che pu contenere e inducendo precocemente il
senso di saziet
- Bendaggio gastrico, analogamente al precedente viene creata una piccola tasca ga-
strica di dimensioni ridotte e comunicante con lo stomaco ma in questo caso attra-
verso linserimento di un anello di silicone nella parte superiore dellorgano.
- Palloncino endogastrico, che una volta introdotto e gonfiato allinterno dello stoma-
co ne va a ridurre il volume; tuttavia pu capitare che il palloncino si sposti nellin-
testino e necessita di un intervento per rimuoverlo
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Malassorbitivi, in cui anche se il soggetto continua a mangiare, non in grado di assorbire
gli alimenti e dimagrisce:
- By-pass gastrico, un intervento poco malassorbitivo ma principalmente restrittivo,
in quanto prevede la creazione di una piccola tasca gastrica analogamente alla gas-
troplastica ma lorifizio in diretta comunicazione con unansa ileale, in modo da
saltare una buona fetta di intestino.
- Diversione bilio-pancreatica, consiste in una resezione dello stomaco in modo da ri-
durre il volume e la restante parte viene connessa ad unansa poco prima della val-
vola ileo-ciecale, mentre la parte di intestino non attraversata dal cibo viene anasto-
mizzata a 50 cm dalla valvola, in modo che il cibo possa entrare in contatto con i suc-
chi pancreatici e biliari, ed essere digeriti, solo per questo breve tratto (a livello del
colon viene assorbita principalmente acqua).
il principale intervento per il trattamento a lungo termine dellobesit e delle sue
complicanze e sta divenendo sempre pi frequente; a differenza degli interventi re-
strittivi, che hanno poche complicanze e che possono essere forzati (con apertura
della tasca) o ovviati (mangiando pi volte), questo irreversibile, in quanto una par-
te dello stomaco eliminata.
Inoltre questi pazienti vanno incontro a carenza vitaminica, di calcio e ferro, che sono
assorbiti a livello del duodeno e dei tratti prossimali dellintestino, per cui sono co-
stretti a reintegrare tali carenze mediante preparati polivitaminici in dosi abbondanti.

Pi complessa invece la terapia per i disturbi del comportamento alimentare, quali il binge eating
disorder, dove necessario lintervento dello psichiatra e dello psicologo.

DOLORE
Il dolore descritto dallOMS come unesperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a
un danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.
In realt non pu essere descritta come sola esperienza sensoriale, ma si compone di:
- Una parte percettiva, la nocicezione, che costituisce la modalit sensoriale che permette la
ricezione e il trasporto al SNC di stimoli potenzialmente lesivi per lorganismo
- Una parte esperienziale completamente soggettiva, che lo stato psichico collegato alla per-
cezione della sensazione spiacevole
Il dolore fisiologico, un sintomo vitale e un sistema di difesa, quando rappresenta un segnale d'al-
larme per una lesione tissutale, essenziale per evitare un danno; per questo motivi i recettori del
dolore sono in grado di distinguere i vari tipi di danno (mecanico, chimico o termico) e sono distribui-
ti su tutta la superficie dellorganismo.
Quando la sensazione si automantiene, perdendo il significato iniziale e diventando a sua volta una
malattia (sindrome dolorosa) si parla invece di dolore patologico.

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SISTEMA NOCICETTIVO
Il sistema nocicettivo costituito da diversi tipi di recettori che permettono di trasdurre lo stimolo
in un segnale elettrico, dalle fibre sensitive che costituiscono le vie del dolore per il trasporto e la
modulazione e dai centri superiori del SNC che permettono lintegrazione del segnale e la percezione
cosciente del dolore.

Un concetto molto importante nellambito del sistema recettoriale e nellintegrazione del segnale
quello di soglia dolorosa, ovvero la minima intensit di stimolo riconosciuta come dolore. Questa
pressoch uguale in tutti i soggetti e la differente reazione agli stessi stimoli algogeni non dipende
da differenti soglie, ma da una diversa integrazione della percezione dolorosa a livello dei centri su-
periori; in questo modo stimoli di uguali intensit possono dare risposte molto variabili.
La soglia del dolore pu essere abbassata dalla presenza di flogosi, ischemia e dalla ripetizione dello
stimolo, mentre gli anestetici locali ne determinano unelevazione.

Recettori e trasduzione del segnale


I recettori sono in grado di ricevere i diversi stimoli e trasmetterli alle fibre nervose attraverso il
processo della trasduzione, secondo cui la determinata forma di stimolo nocivo (meccanico, termico
o chimico) viene convertita nellimpulso elettrico che viaggia attraverso le fibre.
Lo stimolo nocivo pu essere sia esogeno (traumi meccanici o termici, agenti chimici o infettivi) sia
endogeno (ischemia) e deve essere tale da determinare un danno ai tessuti. Lo stimolo stesso o la
liberazione da parte delle cellule danneggiate di mediatori chimici, quali serotonina, bradichinine,
istamina ma in parti-colare le prostaglandine, vanno ad attivare i recettori e innescare il potenziale
dazione a livello delle fibre.
Bisogna considerare che lo stesso stimolo continuato va a sensibilizzare il recettore, la soglia di at-
tivazione si abbassa e quindi risponder anche con stimoli di minore intensit: tale fenomeno de-
finito iperalgesia. Si parla invece di allodinia se si ha la percezione del dolore in seguito a stimoli che
di per s non sono normalmente dolorosi.

I nocicettori sono costituiti dalle terminazioni libere del ramo periferico del I neurone sensitivo e,
come detto, si distribuiscono in quasi tutto lorganismo; sono distinti sulla base della velocit di
conduzione dellinformazione dolorosa in 2 tipi:
- Fibre A, ad alta velocit di conduzione, che sono responsabili del trasporto principalmente
del dolore di tipo rapido (dolore acuto che insorge immediatamente, in genere ben localiz-
zato e non percepito dai tessuti profondi)
- Fibre C, a velocit minore, che trasportano invece il dolore di tipo lento (che insorge entro
un secondo dallo stimolo, con una latenza maggiore e pi diffuso, ha durata pi lunga ed
pi difficile da sopportare).

Vie di trasmissione del dolore


Le fibre nervose delle vie dolorifiche che permettono quindi la trasmissione dellinformazione dalla
periferia al SNC sono costituite da pi neuroni:
- Neurone di I ordine, pseudounipolare con soma nelle radici dorsali del midollo spinale o nei
gangli dei nervi cranici, distinto a seconda del diametro e della velocit di conduzione nelle
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fibre A o fibre C.
Presentano un ramo periferico che ha il compito di ricevere gli stimoli dai territori di inner-
vazione, ma le fibre amieliniche C hanno anche funzione efferente (conduzione antidromica)
con liberazione di neuropeptidi vasoattivi e proinfiammatori (tra cui la sostanza P); il ramo
centrale raggiunge il corno posteriore della sostanza grigia del midollo spinale dove entra in
sinapsi con i neuroni di II ordine
- Neuroni di II ordine, che viaggia attraverso il fascio spino-talamico laterale per raggiungere il
talamo. Questi neuroni decussano a livello del midollo spinale portandosi controlateralmen-
te ed inoltre a livello del mesencefalo inviano collaterali anche alla sostanza reticolare (ed in
particolare al nucleo del rafe) da cui partono poi importanti vie discendenti responsabili della
modulazione del dolore
- Neuroni di III ordine, che trasferiscono linformazione dal talamo alla corteccia cerebrale.

Modulazione del dolore


La modulazione del dolore un processo fondamentale in quanto permette non solo di attenuare
la percezione del dolore stesso ma anche di discriminare e selezionare stimoli dolorosi e stimoli non
dolorosi in modo da selezionare quale informazione deve raggiungere i centri superiori.
I meccanismi che permettono tale modulazione sono:
Gate control midollare, localizzato a livello del midollo spinale nel punto di sinapsi tra i neu-
roni sensitivi di I e di II ordine: ognuno di essi, oltre a prendere sinapsi con il neurone delle
vie ascendenti, va ad attivare anche un interneurone inibitorio (che utilizza encefalina) in
grado di bloccare la trasmissione delle fibre dolorifiche del tratto spino-talamico.
Se lo stimolo attiva prevalentemente i recettori tattili e pressori (fibre A e A di grosso cali-
bro) queste andranno ad eccitare gli interneuroni con smorzamento della sensazione del
dolore; viceversa una prevalente attivazione dei nocicettori avr un effetto inibitorio sugli
interneuroni permettendo il passaggio dellinformazione ai centri superiori.
Recettori oppioidi: sia a livello del tronco encefalico (in particolare a livello della formazione
reticolare) che a livello midollare, vi sono numerosi recettori per gli oppioidi in grado di
ridurre la sensazione dolorosa (recettori , e ); a livello midollare agiscono direttamente
stimolando lattivit degli interneuroni o inibendo leccitabilit dei neuroni sensitivi di II
ordine, a livello della formazione reticolare invece facilitano il sistema serotoninergico.
I recettori degli oppiodi, sebbene hanno quale principale azione quella analgesica, hanno
per numerose altre azioni (euforica, depressione respiratoria, effetto bechico, miosi, au-
mento del tono gastrointestinale con riduzione della motilit) e sono infatti localizzati in di-
verse zone del SNC.
I ligandi di tali recettori si distinguono in:
- Oppioidi endogeni: a cui appartengono le famiglie delle encefaline e delle endorfine,
liberati in risposta a numerosi stimoli quali lattivit fisica, forti emozioni, lo stress,
ingestione di alcuni alimenti (cacao, peperoncino) con funzione di ridurre il dolore
ma anche lansia e favorire il buonumore.
- Oppioidi esogeni: che sono i derivati delloppio, come la morfina o lossicodone, far-
maci largamente utilizzati per lazione analgesica (la morfina oltre a ridurre la com-
ponente sensoriale riduce anche quella emotiva, producendo un distacco dal dolore)
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ma anche per altri scopi (codeina per il trattemento della tosse secca, metadone nel
trattamento delle crisi dastinenza delle dipendenze, ossicodone nelle cure palliative
del dolore oncologico).
Sistema serotoninergico discendente, che parte dal nucleo del rafe magno e raggiunge le
corna posteriori del midollo spinale, proiettando sui neuroni nocicettivi e bloccando il rilascio
dei mediatori della via del dolore.
A livello della formazione reticolare sono presenti anche interneuroni inibitori che vanno a
bloccare lattivit di tale sistema (favorendo la trasmissione del dolore) e che presentano i
recettori per gli oppioidi con azione inibitoria degli interneuroni stessi (quindi con effetto
analgesico).

Percezione del dolore e centri superiori


A livello del SNC ci sono i centri che permettono lintegrazione del dolore, associandolo quindi alle
esperienze e alle sensazioni del soggetto, e la percezione cosciente, con la proiezione diffusa a livello
corticale degli stimoli trasportati al talamo.
A livello centrale diversi centri svolgono un ruolo fondamentale per linnesco delle risposte agli
stimoli nocivi che portano alle modificazioni affettive e neurovegetative. Tra questi:
Sostanza reticolare: a questo livello avvengono le principali connessioni nervose che vanno
ad influenzare la coscienza (un dolore lieve determina un aumento dellattenzione mentre
uno intenso pu portare a perdita di coscienza).
Talamo: stazione di ricezione di tutte le sensazioni e di ridistribuzione degli stimoli alla cor-
teccia e agli altri centri superiori
Midollo allungato: dove si trovano i centri cardiorespiratori
Ipotalamo e ipofisi: risposta endocrina ed ormonale
Sistema limbico: per le risposte emotive e lintegrazione affettiva allo stimolo doloroso.
Le connessioni a questo livello rappresentano il substrato principale di modulazione indi-
viduale della soglia del dolore.

TIPI DI DOLORE
Il dolore si pu classificare in base a diversi criteri, andando quindi a distinguere diversi tipi di dolore:
una prima grande distinzione si basa su criteri neurofisiologici e clinici, che distinguono:
Dolore nocicettivo quello che deriva dai diversi tipi di stimolazione da parte di una lesione
dei nocicettori periferici. responsivo al trattamento con analgesici.
In base al rapporto con le strutture anatomiche interessate possiamo distinguere ulterior-
mente il dolore nocicettivo in:
- Dolore somatico, che parte dalle strutture somatiche dellorganismo (cute, apparato
osteo-articolare e muscolare), molto innervate. Si distingue in:
- Superficiale, da lesioni di cute e tessuti superficiali (tagli, abrasioni) ed solita-
mente ben localizzabile e in genere di breve durata
- Profondo, da ossa, legamenti, muscoli e tendini (distorsioni, strappi muscolari,
fratture) molto acuto ma di solito meno localizzabile e a durata maggiore.

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- Dolore viscerale, proveniente dagli organi interni e dalle cavit viscerali, solitamente
pi intenso e di lunga durata rispetto al somatico e difficile da localizzare, anche per
lirradiazione in sedi distanti dallorgano danneggiato, fenomeno definito dolore riferito.
Questo probabilmente dovuto alla propagazione dello stimolo a fibre che giungono
ad aree corticali adiacenti (ad esempio linfarto del miocardio avvertito nella zona
toracica corrispondente al cuore ma anche al braccio sinistro, oppure un dolore epa-
tico pu essere avvertito a livello del collo e della spalla destra).

Va detto che le terminazioni dolorose degli organi cavi sono localizzate nelle pareti
degli stessi, e rispondono quindi a ischemie, torsioni o allungamenti, mentre negli or-
gani parenchimatosi si ritrovano nelle capsule di rivestimento, (come nella capsula di
Glisson del fegato) e rispondono per lo pi a stiramenti della capsula dovuti ad un
aumento del volume dellorgano.
Dolore neuropatico (o neurogeno) invece dovuto ad una disfunzione del tessuto nervoso
con modificazione o trasformazione del funzionamento del sistema nocicettivo, sia a livello
periferico (nervi) che centrale (midollo, aree superiori).
di difficile localizzazione ed in genere i farmaci analgesici sono poco efficaci.

Un altro criterio classificativo quello temporale, che permette di distinguere:


Dolore acuto: il dolore improvviso, che compare come conseguenza di danno tissutale o di
malattia ed solitamente limitato allarea danneggiata (e sue irradiazioni). il dolore che ha
la funzione di allarme, che solitamente permette al medico di giungere alla diagnosi, propor-
zionale allentit dello stimolo e che scompare quando il danno viene riparato.
Il dolore acuto un dolore di tipo nocicettivo, quindi dovuto alla stimolazione transitoria o
protratta dei nocicettori dovuta a lesioni algogene di diverso tipo: soluzioni di continuo della
cute, fratture, compressioni, trazione di un legamento, torsione di un viscere, distensione
della capsula di un organo, contratture muscolari, danno termico, ischemia o flogosi.
Qualunque sia lorigine, il dolore acuto porta con s anche reazioni di difesa quali:
- Alterazioni dellumore (ansia, paura)

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- Modificazioni del SNA (tachicardia, ipertensione, sudorazione, nausea e vomito)
- Modificazioni posturali di protezione
Dolore cronico: il dolore che persiste oltre i tempi ragionevoli di guarigione, in genere per
oltre 6 mesi, e presenta caratteristiche tali da poter essere definito esso stesso malattia.
un dolore che pu comparire anche in aree differenti rispetto al danno iniziale ed in gene-
re sproporzionato rispetto allentit del danno (a volte totalmente assente, nel caso del
dolore psicogeno).
Il dolore cronico pu essere di natura nocicettiva, se associato a stimolazione dei nocicetto-
ri (come ad esempio nellosteoartrosi) oppure di natura neurogena se si deve ad una disfun-
zione del sistema nervoso (come nella nevralgia da Herpes Zoster).
Questa distinzione fondamentale dal punto di vista terapeutico in quanto quello noci-
cettivo risponde ai farmaci comunemente utilizzati, come i FANS, mentre quello neurogeno
no; per questi ultimi si usano farmaci attivi sul SN (antidepressivi o antiepilettici).
Al dolore cronico appartiene anche il dolore oncologico, correlato alla presenza di una pa-
tologia neoplastica e delle cure e procedure ad esso associate.
Insorge inizialmente come un dolore acuto, in sede del tumore, ma successivamente diviene
cronico fino ad estendersi globalmente, acquisendo il carattere di vera e propria sofferenza
personale non solo fisica, quindi, ma anche psicologica e sociale.
Diversi farmaci sono utilizzati nella gestione del dolore oncologico, con una percentuale di
successo del controllo del dolore quale sintomo intorno all80%.

CLINICA DEL DOLORE


Il dolore senza dubbio la causa pi frequente di osservazione da parte del medico, per ogni caso
necessario con lanamnesi andare ad esplorare le varie caratteristiche del dolore, in particolare:
- Localizzazione
- Irradiazione
- Intensit (caratteristica ad ampia variabilit soggettiva)
- Modalit di inizio (lento, improvviso o dopo una particolare attivit)
- Andamento temporale (continuo, intermittente)
- Caratteri descrittivi (puntorio, crampiforme, urente, pulsante, tensione dolorosa)
- Sintomi associati (torpore, parestesie, disfunzione intestinale o urinaria)
- Condizioni di miglioramento / peggioramento (caldo, freddo, umidit, fatica, riposo)
Lesame anamnestico del dolore cronico, si completa con lindagine di eventuali strategie terapeu-
tiche precedenti, ed in particolare:
- Valutazione delle terapie messe in atto, in modo da evitare inutili ripetizioni di terapie che
non hanno avuto successo
- Indagine su eventuali interventi chirurgici regressi
- Test diagnostici effettuati e precedenti ricoveri
- Anamnesi farmacologica e tossicologica (abusi)

Infine si possono utilizzare alcuni strumenti peculiari, atti a quantizzare il dolore, che sono sostan-
zialmente delle scale di misurazione divise in due grandi categorie:
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Scale unidimensionali, misurano soltanto lintensit del dolore e per il loro facile utilizzo sono
usate anche per lautovalutazione:
- VAS (Scala visiva analogica), una retta di 10 cm con due estremit che corrispon-
dono a nessun dolore e massimo dolore (il massimo di cui si ha avuto esperienza).
Quantifica ci che si percepisce come dolore nel complesso, senza rintracciare quale
componente abbia un ruolo maggiore.
- VRS e NRS (scala verbale e scala numerica), simili alla precedente ma la retta suddi-
visa in pi punti a cui corrisponde un aggettivo (lieve, moderato, intenso) o un numero
di quantificazione del dolore
Scale multidimensionali, pi complete e sensibili, misurano le diverse componenti del dolore
(sensoriale, affettiva, cognitivo-valutativa) e sono utilizzate per lo pi in ambito clinico.
- Wong-Baker FACES Pain Rating Scale, utilizzata per i bambini tra i 3 e gli 8 anni di et.
Si basa sullindicazione da parte del bambino di una faccia, tra una serie di sei, in cui
si rispecchia, ovvero che rappresenta lintensit del dolore che sta provando.
- McGill Pain Questionnaire (MPQ), uno strumento complesso, basato sulluso di 78
descrittori del dolore che indagano tre dimensioni (sensoriale, affettiva e valutativa)
distinte in venti sottoclassi, ciascuna contenente da due a sei aggettivi in ordine
crescente di intensit.

STATO DI IDRATAZIONE ED EQUILIBRIO ELETTROLITICO


Lequilibrio idroelettrico del nostro organismo regolato principalmente dal rene, mediante la
produzione di urina, e dallipotalamo, che controlla la sensazione di sete e la secrezione dellormone
antidiuretico; un terzo meccanismo che concorre al mantenimento della volemia, ma di grande
importanza come compenso in caso di alterazioni dellequilibrio il refilling capillare.
Le principali alterazioni del contenuto idrico dellorganismo sono:
- Disidratazione
- Iperidratazione.
Nellambito di queste, vanno poi distinte delle sottoclassi che si basano sullosmoralit residua, in
quanto gli elettroliti, ed in particolare il sodio, sono responsabili dei movimenti osmotici dellacqua
per cui anche alterazioni della loro concentrazione pu portare a tali disturbi.
[Vedi capitolo specifico]

EDEMA
Ledema un accumulo di liquido negli spazi interstiziali o cavit sierose, facilmente visibile a livello
della regione cutanea corrispondente che si presenta pallida, pastosa e, dopo la compressione, resta
visibile unimpronta detta fovea, per lo spostamento di liquido dalla zona compressa alle circostanti.
La patogenesi delledema dipende proprio dalla perdita della capacit di un adeguato deflusso del
liquido interstiziale libero che va ad accumularsi, condizione che pu essere dovuta a:
Squilibrio tra liquidi assunti ed eliminati (ritenzione renale di sodio e acqua)
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Aumento della pressione idrostatica del sangue, ed in particolare di quella a livello del ver-
sante venoso che impedir il riassorbimento sostituito ad ulteriore fuoriuscita di liquidi; si
ha ad esempio:
- Scompenso cardiaco
- Ostruzione o rallentamenti del circolo venoso (trombosi)
Diminuzione della pressione oncotica del sangue, e quindi riduzione della forza di attrazione
sullacqua allinterno dei capillari; dovuta a perdita o mancata sintesi di proteine plasmatiche.
Alterazione della parete capillare, con aumento della permeabilit capillare, in caso di
flogosi, ustioni o traumi.

Ledema generalizzato un edema severo, in cui laccumulo di liquido ubiquitario.


A livello sottocutaneo avr differente intensit e distribuzione, prevalente a livello di tessuti con
maggiore distensibilit (connettivo lasso, come nelle palpebre) e dove maggiore lazione della
forza di gravit (arti inferiori o, nei pazienti allettati, nelle parti pi declivi); inoltre a livello delle
cavit sierose si ha versamento trasudatizio con accumulo di liquido (idrotorace, idropericardio,
idroperitoneo o ascite, idrocele.
Le cause di edema generalizzato possono essere:
Ostacolo allo scarico di sangue, nellinsufficienza cardiaca congestizia.
Alterazione del bilancio idrico, ovvero squilibrio tra liquidi assunti ed eliminati; molto spesso
questa condizione dovuta ad un danno renale che impedisce lescrezione
Riduzione della pressione oncotica (iponchia), per riduzione delle proteine ed in particolare
dellalbumina, che la proteina plasmatica a maggiore effetto oncotico.
Si pu avere per perdita di proteine per via renale, intestinale o cutanea (ustioni o pemfigo), oppure
per alterata sintesi in seguito a malnutrizione o patologie epatiche

Ledema distrettuale comunque dovuto ad alterazioni degli scambi di liquidi a livello capillare,
limitata per a regioni circoscritte del corpo; le principali alterazioni comprendono:
Stasi venosa, per ostacolo dello scarico di un distretto venoso, per ostruzione esterna o
occlusione del lume vascolare
Stati infiammatori, accompagnati ad iperemia, aumento della temperatura cutanea e dolore
alla palpazione; per aumentata permeabilit capillare (anche nelle reazioni allergiche).
Linfedema, dovuto ad un ostacolo al normale drenaggio linfatico, con accumulo di liquidi
nellinterstizio, soprattutto a livello degli arti. un edema duro, perch associato a prolife-
razione reattiva del tessuto sottocutaneo e si manifesta con deformazioni dellarto inte-
ressato che va ad assumere un aspetto tozzo e irregolare, per questo definito elefantiasi.

Il mixedema uninfiltrazione liquida dei tessuti che contengono mucoproteine in grande quantit,
molecole che hanno unelevata capacit di trattenere lacqua e che perci donano al tessuto una
consistenza compatta, dura e alla compressione digitale non rimane la fovea.
La presenza del mixedema indica un grave deficit funzionale della tiroide, che determina rallen-
tamento del metabolismo cellulare con ridotto turnover tissutale, ci comporta un aumento dei
mucolisaccaridi soprattutto a livello sottocutaneo che si infarcisce dacqua.
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CUTE
Lispezione della cute rappresenta un elemento molto importante in semeiotica, in quanto consente
di identificare la presenza di ematomi, indice di traumi, stati infiammatori e lesioni, tra cui anche le
punture di ago, indice di un probabile abuso di droghe da parte del paziente

Pigmentazione
Altro elemento fondamentale la pigmentazione e il colorito della cute, importantissimi indici di
alcune patologie; in particolare abbiamo:
Ipopigmentazioni, come nellalbinismo, una depigmentazione sistemica, ereditaria a carat-
tere autosomico recessivo per un difetto della sintesi di melanina, o nella vitiligine, depig-
mentazione a chiazze con meccanismo non tutto chiaro.
Iperpigmentazione, che si distinguono in:
- Iperpigmentazioni melaniniche, un esempio la melanodermia degli addisoniani, in
cui la cute ha una tipica pigmentazione bronzina dovuta allipersecrezione dellACTH
in seguito al deficit di cortisolo che si correla anche a ipersecrezione dellMSH.
- Iperpigmentazioni non melaniniche, come lemoromatosi che determina unintensa
colorazione bronzea della cute per accumulo di ferro nei tessuti e a livello sistemico
con danni correlati alla perossidazione lipidica (e formazione di ROS), fibrosi ed inte-
razioni con il DNA.
- Esiste una forma primaria, per alterazione di una proteina del complesso maggiore
di isto-compatibilit che interferisce con lassorbimento del ferro, e forme secondarie
dovute ad intensa emolisi o anemie che portano ad intenso assorbimento di ferro
(forma pi comune).
Ittero, la colorazione giallastra di cute e mucose che si verifica quando si ha un accumulo
nei connettivi sottoepiteliali di bilirubina, un pigmento derivante dal metabolismo dellemo-
globina che presenta forte affinit per le fibre dei connettivi, in particolare per lelastina; per
questo motivo i tessuti in cui evidente e in cui si manifesta prima la colorazioni sono quelli
ricchi di fibre elastiche, come ad esempio la sclera.
La bilirubina si ritrova nel sangue con valori intorno a 1 mg/dl; a diversi livelli del suo metabo-
lismo vi possono essere alterazioni che determinano, quindi, un aumento della bilirubinemia.
- Per valori >1,5 mg/dl si parler di subittero, apprezzabile solo alle sclere
- Per valori >3 mg/dl si parla di ittero franco in cui la colorazione si esternder anche
alla cute e alle mucose.
In base alla patogenesi possiamo distinguere gli itteri in 3 gruppi:
- Ittero emolitico, o pre-epatico, per eccessiva produzione di bilirubina
- Ittero epatocellulare, per lesione degli epatociti con compromissione delle funzioni
di captazione, coniugazione o secrezione
- Ittero ostruttivo, o post-epatico, per ostruzione delle vie biliari intra- o extra-epatiche

Stato di sanguificazione
Dipende dalla quantit e qualit del sangue circolante nei tessuti superficiali; possono essere gen-
eralizzate o distrettuali. Si distinguono:
Pallore: dovuto ad un ridotto afflusso di sangue (vasocostrizione, ostruzione) oppure ad un
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normale afflusso con sangue meno ricco di globuli rossi o di Hb (anemie).
Arrossamento: che invece dovuto ad aumentato afflusso di sangue (vasodilata-zione,
infiammazione) o normale afflusso pi ricco di globuli rossi o Hb (poliglobulia)

Cianosi
La cianosi il colore violaceo della cute e delle mucose che traspare dai capillari sottostanti per la
presenza di Hb ridotta in quantit superiori ai 5 g/dl di sangue (venoso, il sangue arterioso quasi
completamente saturo di ossigeno). La misurazione avviene tramite il saturimetro.

Le cianosi generalizzate si manifestano per diverse condizioni fisiopatologiche, quali aumento di Hb


ridotta, aumento di estrazione di O2 o presenza di metemoglobina.
Nelle forme pi gravi (ad esempio nelle cianosi da scompenso cardiaco o da neoplasia polmonare)
si associa anche unaltra caratteristica manifestazione, ovvero lippocratismo digitale (o dita a bac-
chetta di tamburo o a vetrino di orologio): in cui le dita si presentano di colorito bluastro con
dimensioni aumentate delle ultime falangi ed unghie incurvate e convesse superiormente (dita a
vetrino di orologio).
Tra le principali cause di cianosi generalizzata possiamo distinguere:
Cianosi centrali cardiache, nelle cardiopatie congenite che condizionano limmissione nel
sangue arterioso di una quantit pi o meno rilevante di sangue venoso, a causa di uno shunt
tra cuore destro e sinistro, o in caso di fistole artero-venose polmonari.
Cianosi centrali polmonari, in quelle condizioni in cui non possibile una completa
saturazione di ossigeno nel sangue; le cause pi comuni sono immaturit dei centri
respiratori, diminuzione della pressione parziale di ossigeno, ostruzione delle vie res-
piratorie o alterazione degli alveoli polmonari, come nelle gravi polmoniti o fibrosi.
Cianosi periferiche, dovute al rallentamento del circolo periferico che determina una
maggiore estrazione di O2 da parte dei tessuti periferici.
Cianosi da metemoglobina, dovuta alla formazione di questa forma di emoglobina con il
ferro trivalente, incapace di legare lossigeno; si possono avere metemoglobi-nemie
congenite, per anomalie della formazione della globina, oppure acquisite, per intossicazione
con agenti ossidanti.

Le cianosi distrettuali comprendono:


Cianosi ad un arto, a causa di trombosi venose o compressione sulla vena principale di
deflusso, condizione che si associa ad edema
Acrocianosi, con colorazione violacea di mani e piedi che non sembra essere dovuta a
fenomeni di vasospasmo (come nella sindrome di Raynaud) ma alla presenza di anastomosi
arteriolo-venulari che deviano il sangue dal circolo capillare.

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