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Progetto S.O.F.I.I.A.

Sostegno, orientamento, formazione, imprenditoria

per immigrati in agricoltura

Corso di Formazione in Gestione dimpresa


agricola

Modulo III - Parte A. Impresa agricola


Modulo IV - Parte A. Pianificazione dellimpresa
agricola

Docente: Gianluigi Cardone (IAMB)

Valenzano, 27-28.12.2012
Progetto S.O.F.I.I.A. - Corso di Formazione in Gestione dimpresa agricola Docente G. Cardone

Programma dei moduli III A. e IV A.

Modulo III: Impresa agricola e il contesto di riferimento

Parte A. Impresa agricola


Docente: Gianluigi Cardone

1. Concetti di impresa agricola


1.1. Definizione e normativa di riferimento
1.2. Tipologie di impresa
1.3. Fattori produttivi: terra, lavoro e capitale
2. Concetti di imprenditore agricolo
2.1. Definizione e normativa di riferimento
2.2. Tipologie di imprenditore
2.3. Rischio di impresa e tornaconto
2.4. Organizzazione e gestione aziendale

Modulo IV: Pianificazione dellazienda agricola e multifunzionalit

Parte A. Pianificazione dellazienda agricola


Docente: Gianluigi Cardone

1. Obiettivi dellimprenditore e piano aziendale


2. Formulazione di alternative: migliore combinazione dei fattori
3. Conoscenza del contesto e del sistema aziendale
4. Controllo del sistema aziendale

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Modulo III: Impresa agricola e il contesto di riferimento

Parte A. Impresa agricola - Docente: Gianluigi Cardone (IAMB)

1. Concetti di impresa agricola

I termini di impresa e azienda spesso sono usati erroneamente come sinonimi. E opportuno, come
dice il legislatore, distinguere in modo netto il concetto di azienda da quello dimpresa, pur
essendo i due strettamente collegati tra loro.

1.1. Definizione e normativa di riferimento

La Costituzione Italiana, allart.41 comma 1, recita: La Costituzione della Repubblica Italiana


riconosce la libert delliniziativa economica privata.
Dunque, la Costituzione italiana riconosce il diritto di ogni cittadino a intraprendere unattivit
economica, in parole povere riconosce il diritto di diventare imprenditore costituendo unimpresa.
Secondo leconomista Serpieri, limpresa in sostanza ununit soggettiva, rappresentata
dallimprenditore, frutto cio della volont dellimprenditore di utilizzare i fattori disponibili per il
conseguimento del suo obiettivo.
Il Codice civile definisce anche la nozione di azienda, allart. 2555: Lazienda il complesso dei
beni organizzati dallimprenditore per lesercizio dellimpresa. Con tale espressione sintende quel
complesso di beni organizzati dallimprenditore per lesercizio dellimpresa.
Secondo leconomista Serpieri, lazienda agricola ununit oggettiva, nonch, la combinazione
elementare dei mezzi di produzione o detti fattori di produzione di beni o servizi disponibili in un
certo luogo e in un dato tempo.
Lazienda, infatti, vista come un complesso di beni necessari per lesercizio dellimpresa, mentre
limpresa lorganizzazione di unattivit economica professionale. Possiamo quindi affermare che
la nozione di azienda tende ad evidenziare soprattutto laspetto statico dellattivit produttiva,
mentre la nozione dimpresa evidenzia soprattutto laspetto dinamico caratterizzato dallattivit
dellimprenditore e dei suoi collaboratori e dallorganizzazione della stessa.

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1.2. Tipologie di impresa

Limpresa si distingue in individuale e collettiva (Fig. 1)

Figura 1: Tipologie di impresa

L'impresa pu essere esercitata sia da una persona fisica sia da una persona giuridica.

Si parla di impresa individuale (forma individuale) quando il soggetto giuridico una persona
fisica che risponde con i propri beni delle eventuali mancanze dell'impresa: in tal caso non c'
un'autonomia patrimoniale dell'impresa e se questa dichiarata fallita, anche l'imprenditore
fallisce. Sono concettualmente simili all'impresa individuale quella familiare (formata al 51% dal
capofamiglia e al 49% dai suoi familiari, con una parentela non superiore al 2 grado) e quella
coniugale (formata solo da marito e moglie). I componenti di tale impresa devono comunque
svolgere lavoro esecutivo, non solo co-direttivo e co-organizzativo, ovviamente secondo il criterio
del terzo.

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Se l'impresa esercitata da una persona giuridica assume invece una veste societaria (forme
collettive), che pu essere di varia natura:

o Le societ di persone sono caratterizzate da un'autonomia patrimoniale imperfetta,


in cui cio il patrimonio della societ non perfettamente distinto da quello dei
soci, per cui i creditori possono rivalersi (se il patrimonio societario insufficiente)
anche sui beni dei soci. Si pu avere una societ semplice (S.s.) nel caso in cui non
sia necessario svolgere unattivit commerciale, ma si abbia la necessit di gestire
un'attivit (agricola o professionale, come ad esempio uno studio associato); una
societ in nome collettivo (S.n.c.) in cui tutti i soci sono responsabili (in egual parte e
con tutto il loro patrimonio) delle obbligazioni della societ; o una societ in
accomandita semplice in cui i soci accomandatari amministrano la societ e
rispondono con tutto il loro patrimonio mentre i soci accomandanti rispondono
limitatamente al capitale conferito e non possono amministrare la societ (questa
tipologia permette a un soggetto di investire in un'impresa senza assumersene i
rischi, diventando quindi socio accomandante).
o Le societ di capitali sono dei soggetti giuridici che godono di autonomia
patrimoniale perfetta (il patrimonio della societ distinto da quello dei soci). Se
una societ di capitali fallisce, i creditori possono attingere solo dal patrimonio della
societ (capitali, beni immobili, vendita di brevetti posseduti dalla stessa, ecc.). Il
patrimonio dei soci non intaccato. Una volta esaurito il patrimonio della societ,
se ci sono ancora debiti, essi restano insoluti. Le possibili forme che possono
assumere sono: societ a responsabilit limitata (S.r.l.), societ per azioni (S.p.A.) e
societ in accomandita per azioni (S.a.p.a.).
o Le societ cooperative rappresentano una particolare forma societaria, le cui
peculiarit sono connesse allo scopo mutualistico che perseguono. Tra le altre
forme possibili si trovano le associazioni temporanee d'impresa, i consorzi e il GEI'
(Gruppo Europeo di Interesse Economico). Regolata dagli artt. 2511 e seguenti del
codice civile, la cooperativa agricola, ricalcando quella ordinaria, si differenzia dalle
societ per la modalit degli utili: non sono vantaggi ottenuti in base alla quota di
capitale versato dal socio in seguito alla divisione degli utili, bens ricavi
proporzionali all'attivit produttiva svolta in seno alla cooperativa. Obiettivo delle
cooperative, distinguibili in cooperative di lavoro, di consumo o di servizi, di
ottenere merci o prestazioni a prezzi inferiori sul mercato, o retribuzioni pi elevate
(mancando ad esempio l'intermediario di vendita) dalla vendita. il caso evidente
di due soci che commerciano determinati beni agricoli, venduti a prezzi pi elevati
rispetto all'ingrosso al venditore al dettaglio, ma comprati allo stesso tempo a
prezzi decisamente inferiori rispetto al mercato, senza contare i cosiddetti ristorni.
Perch ci sia una cooperativa agricola, ovviamente, questa deve rispondere sia ai
requisiti della cooperativa sia a quelli dell'impresa agricola.

L'impresa agricola rimane comunque un'impresa commerciale ma qualora in possesso dei requisiti
previsti dall'art. 2135 c.c., otterr lo status di agricola e in quanto tale non sar assoggettata al
fallimento e alle altre procedure concursuali (ex art 2221 c.c.) n obbligata alla tenuta delle
scritture contabili (ex-art. 2136 c.c.).

Dal 2004 prevista espressamente la "societ agricola", che deve svolgere le attivit previste per il
singolo imprenditore e, sebbene non sia vincolata a qualche forma societaria, deve rispettare
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alcuni canoni come ad esempio l'espressa qualifica nella ragione sociale o denominazione. Tali
societ acquisiscono con i giusti requisiti il titolo di IAP, le rispettive agevolazioni tributarie e
creditizie.

Imprese che producono beni materiali

Imprese agricole (producono beni non necessariamente sfruttando processi naturali legati
alla terra, allevano animali, curano cicli biologici, praticano l'attivit boschiva)
Imprese industriali (compiono trasformazioni tecniche dei beni)

Imprese che producono servizi

Imprese di trasporto e telecomunicazioni


Imprese che distribuiscono energia elettrica, gas, acqua
Imprese di commercio
Imprese di credito
Imprese di assicurazione
Imprese che forniscono servizi informatici

Altra classificazione di impresa, in base al rapporto tra impresa e lavoro, distingue limpresa
coltivatrice o contadina da quella capitalista (Fig. 2). Nella prima limprenditore e la sua famiglia
forniscono la totalit o parte sostanziale (> 75%) del lavoro richiesto. Nellimpresa capitalista il
fabbisogno di lavoro reperito totalmente o in parte sostanziale (>75%) sul mercato del lavoro
esterno mediante rapporti di salariato fisso e/o avventizio. Nel mezzo ci sono le forme intermedie
tipo contadino-capitalistico o capitalistico-contadino.

Figura 2: Forme di impresa in base al rapporto con il lavoro

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Le aziende possono essere classificate secondo vari criteri:

In relazione allattivit economica


In relazione al fine
In relazione al soggetto economico (imprenditore)
In relazione al soggetto giuridico (dipendente)
In relazione alla dimensione

Classificazione aziende in relazione all'attivit economica

Esistono tre categorie:

Di erogazione: fanno parte di questa categoria tutte le aziende come la famiglia, le


associazioni private e parte della pubblica amministrazione, che erogano e consumano beni
e servizi;
Di produzione: comprende tutte le aziende che acquisiscono e producono beni e servizi
(per definizione, si tratta delle imprese);
Composte pubbliche: raggruppa gli appartenenti alle precedenti due classi, come ad
esempio lo Stato, la Regione, la Provincia, il Comune, l'Azienda Sanitaria Locale.

Classificazione aziende relazione al fine

Se per fine sintende la creazione, l'accrescimento e la distribuzione di valore, allora possibile


delineare cinque diverse tipologie di azienda:

1. Familiare: persegue il suo scopo tramite valori non economici (come l'assistenza reciproca,
i sentimenti, ecc.) ed economici (consumi, investimenti e risparmio). Tipicamente
un'azienda di consumo in cui il risparmio formato dalla differenza tra redditi di lavoro e
capitale da una parte, e consumi e investimenti dall'altra; se le uscite superano gli introiti si
accede al finanziamento di terzo. Non va confusa con l'impresa familiare, cio l'istituzione
economica che impiega membri della stessa famiglia e che volta a produrre reddito.
2. Pubblica: si occupa in primo luogo di soddisfare i bisogni pubblici, inoltre crea, accresce e
distribuisce valore non solo in relazione alla collettivit; ma coinvolgendo anche altri
soggetti (stakeholders) quali fornitori, dirigenti, dipendenti pubblici, clienti, concorrenti,
ecc. In Italia, recentemente, si assistito alla privatizzazione di molte aziende pubbliche
(tra le altre: Telecom Italia, INA Assitalia, Comit, Credito Italiano e Alitalia).
3. Di produzione (o impresa): ha come fine diretto (principale) la produzione e distribuzione
di ricchezza e come fine indiretto (secondario) il soddisfacimento dei bisogni umani. Si
chiamano imprese perch operano in un'economia di mercato e sono soggette al rischio
del capitale investito. Secondo il settore in cui operano, possono essere ulteriormente
classificate in: del primario (agricole, minerarie), del secondario (industriali, edili), del
terziario (commerciali, mercantili, bancarie, assicurative, di servizi), del terziario avanzato
(informatiche, di consulenza).
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4. No profit: si tratta di aziende che non hanno fini di lucro soggettivo, nel senso che, pur
potendo realizzare dei risultati economici e finanziari positivi, questi non vengono
distribuiti al soggetto economico. tuttavia lecito che svolgano una qualche attivit
commerciale inerente all'oggetto sociale purch essa sia solo marginale o rientri all'interno
di finalit di utilit sociale. Un discorso particolare vale per le ONLUS (Organizzazioni Non
Lucrative di Utilit Sociale). Si tratta di una qualifica ai fini delle imposte - ovvero che incide
sulle modalit di pagamento delle imposte - che possono assumere le aziende non profit
che operano in uno dei seguenti settori: assistenza sociale e socio-sanitaria, assistenza
sociale, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico,
tutela e promozione dei beni storici e artistici, tutela dell'ambiente, promozione culturale
ed artistica, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica. Tali societ devono essere iscritte
all'anagrafe delle ONLUS, presso la Direzione Regionale delle Imprese per avere diritto a
particolari vantaggi fiscali (non sono soggette a tassazione).
5. Mutualistiche: comprendono cooperative, societ di mutua assicurazione e consorzi di
cooperative. Le cooperative hanno uno scopo principalmente mutualistico che consiste nel
fornire beni o servizi o lavoro direttamente ai soci, in modo pi vantaggioso rispetto alle
condizioni del mercato. Lo scopo mutualistico assicura la limitata distribuzione degli utili
tra i soci e la devoluzione a scopi di utilit pubblica del patrimonio sociale, in caso dello
scioglimento della societ. Oltre ai soci ordinari possibile che ci siano dei soci sovventori
che investono nella cooperativa al fine di ottenere un interesse sul capitale investito. Le
attivit che possono essere svolte in forma cooperativistica comprendono: consumo,
produzione, lavoro agricolo, edilizia, trasporti, pesca, economia sociale. Le societ di mutua
assicurazione sono cooperative che si occupano di attivit assicurativa (ramo vita e ramo
danni), sono a responsabilit limitata e il capitale sociale costituito dai contributi versati
dai soci, che servono anche come premi assicurativi.

Quale che sia la "veste" e il "fine" specifico di ogni categoria di azienda, qualora assuma contenuto
imprenditoriale si ritiene che comunque non possa prescindere dall'affrontare positivamente il
tema della responsabilit sociale d'impresa.

Classificazione aziende in relazione al soggetto economico

Il soggetto economico la persona o il gruppo di persone che, di fatto, ha o esercita il potere


decisionale nell'azienda. La definizione di soggetto economico stata estesa a tutti gli
stakeholders.

I principali stakeholders, presenti in maniera differente nelle diverse tipologie di azienda sono:

azionisti o soci di maggioranza


manager o dirigenti
lavoratori dipendenti e autonomi
fornitori
finanziatori e istituti di credito
amministrazione finanziaria o Erario
clienti
concorrenti
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Classificazione aziende in relazione al soggetto giuridico

Si distinguono due tipi di soggetti giuridici:

L'imprenditore con la sua impresa individuale, in cui soggetto economico e soggetto


giuridico coincidono;
Le societ in cui due o pi persone svolgono un'attivit economica (e i due soggetti sono
distinti). Alla base della societ c' sempre un contratto che sancisce:

1. L'accordo tra due o pi persone (fisiche o giuridiche) dette soci


2. Il conferimento di beni nella societ da parte dei soci.

Classificazione aziende in relazione alla dimensione

Questo tipo di suddivisione necessita di un discorso particolare. Infatti, mentre pressoch


immediato stabilire quali possono essere le classi, non cos semplice trovare un criterio uniforme
di assegnazione.

Le tre classi sono:

piccola
media
grande

Tra i molteplici criteri si pu citare:

fatturato (che ha un senso solo confrontando societ appartenenti allo stesso settore)
numero di dipendenti
valore aggiunto

Con il Regolamento CE n. 364/2004 del 25 febbraio 2004, la definizione per le Piccole e Medie
Imprese (PMI) stata aggiornata alle seguenti caratteristiche:

microimpresa - a) meno di 10 occupati e, - b) un fatturato annuo (corrispondente alla voce A.1 del
conto economico redatto secondo la vigente norma del codice civile) oppure, un totale di bilancio
annuo (corrispondente al totale dell'attivo patrimoniale) non superiore a 2 milioni di euro;

piccola impresa - a) meno di 50 occupati e, - b) un fatturato annuo, oppure, un totale di bilancio


annuo non superiore a 10 milioni di euro;

media impresa - a) meno di 250 occupati e, - b) un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di
euro, oppure un totale bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.

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1.3. Fattori produttivi: terra, lavoro e capitale

La produzione lattivit rivolta alla trasformazione di alcuni beni, detti fattori produttivi, in altri
beni, detti prodotti (Fig. 3). Un esempio nel settore agricolo i fattori produttivi quali terra, lavoro,
materie prime (fertilizzanti, sementi, mangimi, acqua, prodotti fitosanitari, carburanti, ) che sono
impiegati nel processo di produzione/trasformazione per ottenere in campo il frumento. Il
prodotto ottenuto, ad esempio, il frumento, pu a sua volta diventare fattore della produzione nel
momento in cui trasformato in un nuovo prodotto, nel caso, in farina.

Terra o
risorse
na turali, e
C a pitale o migliora men
attrezzature ti fo ndiari
p rod uttive
tecniche

Lavoro

Prodotti
Figura 3: Fattori produttivi che agiscono sulla produzione o trasformazione

I fattori produttivi sono raggruppabili in tre grandi categorie:

a) Terra o risorse naturali, e miglioramenti fondiari


capitale fondiario = terra nuda + piantagioni + fabbricati + impianti irrigui + ecc.

b) Capitale o attrezzature produttive tecniche


capitale agrario o di esercizio = capitale di scorta + capitale circolante o di anticipazione

c) Lavoro
lavoro = lavoro manuale (fissi e avventizi) + lavoro direttivo

Leconomista Marshall, considera tra i fattori produttivi anche il Fattore imprenditoriale al


quale spetta il compito di coordinare e, quindi, rendere produttivi, la terra, il lavoro e il
capitale.
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2. Concetti di imprenditore agricolo

2.1. Definizione e normativa di riferimento

La Costituzione Italiana, allart.41 comma 1, recita: La Costituzione della Repubblica Italiana


riconosce la libert delliniziativa economica privata.
Dunque, la Costituzione italiana riconosce il diritto di ogni cittadino ad intraprendere unattivit
economica, in parole povere riconosce il diritto di diventare imprenditore.
La figura dellimprenditore disciplinata nel Codice civile allart.2082: Limprenditore colui che
esercita professionalmente unattivit economica organizzata al fine della produzione o dello
scambio di beni o servizi.
Il Codice civile definisce la figura dellimprenditore e non quella dellimpresa, ponendo in primo
piano la persona che esercita limpresa e non lorganizzazione.
La libert economica riconosciuta dalla Costituzione, si differenzia dalle altre libert fondamentali
anchesse previste dalla Costituzione, in quanto tale libert non pu essere esercitata tenendo
conto dei soli interessi dellimprenditore, ma deve tenere conto anche degli interessi di quei
soggetti su cui si possono riflettere le scelte aziendali. Si pensi, a questo proposito, soprattutto alle
imprese di grandi dimensioni che possono, con la loro condotta, influenzare la vita di molti
cittadini: lavoratori, finanziatori, fornitori, clienti, consumatori, ecc..
Per questa ragione, sempre nella Costituzione, si legge allart.41 commi 2 e 3, che lattivit
dellimprenditore non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale o in modo da recare danno
alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana. La legge determina i programmi e i controlli
opportuni perch lattivit economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai
fini sociali.
Come si gi detto, il Codice civile non definisce la nozione dimpresa bens quella di
imprenditore, ci perch la figura dellimprenditore strettamente collegata a quella dimpresa e
non si pu avere luna senza laltra.
Ne consegue da quanto su detto che tre sono gli elementi che fanno s che unattivit economica
possa dar luogo allesistenza di unimpresa:
che sia organizzata;
che sia esercitata professionalmente;
che abbia la finalit di produrre o scambiare beni o servizi.

Unattivit economica organizzata quando vi una coordinazione tra gli elementi materiali e
quelli umani che entrano a far parte dellorganizzazione.
Unattivit economica esercitata professionalmente se essa svolta in modo sistematico,
abituale e con continuit. Non necessario, invece, che essa sia svolta in modo esclusivo per cui,
pu essere imprenditore, anche chi esercita contemporaneamente anche unaltra attivit come
pu essere un lavoro autonomo.
Finalit dellattivit economica deve essere la produzione o lo scambio di beni o servizi quindi
lattivit dellimpresa deve essere svolta con il fine dello scambio. Per cui, non attivit dimpresa,
ad esempio, lattivit svolta dal coltivatore diretto del fondo che produce esclusivamente per i
propri bisogni e per quelli dei componenti della propria famiglia.

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L'imprenditore agricolo quel tipo di imprenditore che per la legge italiana svolge un'attivit
d'impresa agricola, precisamente colui che esercita un'attivit d'impresa elencata dall'art.2135
c.c., ovvero:

coltivatore del fondo


allevamento di animali
selvicoltura
attivit connesse

Attivit essenziali

In dottrina si parla di attivit essenziali in presenza di coltivazione del fondo, allevamento di


animali e selvicoltura. L'essenzialit dovuta al fatto che in assenza di questo tipo di attivit non si
pu parlare di imprenditore agricolo.

Il secondo comma dell'art. 2135 del codice civile italiano specifica che queste attivit sono le
attivit dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo
stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le
acque dolci, salmastre o marine.

Coltivazione del fondo

La pi frequente delle attivit agricole la coltivazione del fondo, da considerare non pi come
l'attivit nel campo (rimanendo escluse le coltivazioni in serra o la funghicoltura), ma ormai come
coltivazione, o meglio cura delle piante nel loro ciclo biologico, non necessariamente per intero.
L'attivit di cura deve essere costituita da pi attivit materiali, proprie del concetto di agricoltura
(formate in genere da varie fasi come semina, aratura, ...). Per questi motivi da escludere invece
come attivit agricola la mera raccolta di funghi.

Selvicoltura

La selvicoltura, ovvero la cura dei boschi , oggi pi di ieri, un'attivit di notevole importanza. Oltre
all'importanza economica della selvicoltura per la produzione di assortimenti legnosi e
secondariamente di funghi, tartufi e altri prodotti del sottobosco, le aree forestali hanno una
grande importanza nella stabilizzazione dei versanti e nella prevenzione del dissesto idrogeologico,
senza contare la crescente importanza che al giorno d'oggi data all'aspetto paesaggistico. La
selvicoltura razionale si basa su tecniche scientifiche finalizzate a permettere la rinnovazione del
bosco dopo il taglio di utilizzazione. I principi fondamentali sono inseriti in norme regionali. Nella
selvicoltura da considerare l'arboricoltura, ovvero la coltivazione di alberi in aree
precedentemente prive o disboscate al fine di ottenere legno, frutti o beni ornamentali.
Quest'attivit non compresa nell'attivit tipica dei boschi (quindi non assoggettata alle regole
forestali) ma considerata attivit agricola in senso stretto, nonostante la produzione di legna (e
la relativa commercializzazione) siano elementi evidenti e primari.

Allevamento

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L'allevamento di animali ha subito una corposa evoluzione non solo a livello tecnologico ma anche,
e ovviamente di riflesso, a livello giuridico. In precedenza, si considerava, infatti, l'allevamento
necessariamente collegato alla coltivazione del fondo o comunque correlato, anche perch gli
animali erano massicciamente utilizzati nel lavoro dei campi. Con l'introduzione di veicoli,
macchinari e trattori stata operata col tempo una netta scissione tra la coltivazione del campo e
l'allevamento, abbracciando parallelamente lo stesso metodo utilizzato per la coltivazione.

Sintende allevamento la cura di almeno una fase biologica di un animale, che comporta nella pi
tradizionale situazione la nascita e la crescita nonch la riproduzione dello stesso, ma non
necessariamente tutte e tre le fasi. L'importante che l'imprenditore ne compia almeno una. Non
sar imprenditore agricolo pertanto chi importa animali nutrendoli per breve tempo al solo scopo
di rivenderli. A maggior ragione non lo sar il cacciatore. Questa impostazione stata fatta propria
da un preciso atto normativo, stante anche la recalcitranza della giurisprudenza ad accettare la
novit, contenuta nella d.lgs. 228/2001.

Sono sorti due problemi al riguardo, poi risolti. Per primo, che genere di animali dovrebbe essere
compresi nell'allevamento dell'imprenditore agricolo, ovvero se tutti o solo una parte. Si ritiene
che sia da preferire la seconda ipotesi, in particolare per animali che, anche se non allevati su un
fondo, potrebbero o dovrebbero esserlo.

Altra importante materia quella dell'acquacoltura, allevamento di fauna acquatica sia in acqua
dolce che salata, riconosciuto dal 2001 come impresa agricola a tutti gli effetti. Non va confusa
per con la pesca, perch quest'ultima presuppone la cattura dei pesci.

La pesca ha avuto un regime particolarmente tormentato, dato che in Italia non era considerata,
alla stregua della caccia, un'attivit agraria, mentre per l'ordinamento comunitario era inserita nel
Protocollo I che definiva le attivit da considerare agricole. Ne risultava un sistema discorde e
contraddittorio, che escludeva lo status di impresa agricola all'imprenditore ittico per decidere
controversie sottoponibili alla normativa nazionale, e il contrario per materie riservate al diritto
comunitario. La situazione cambiata nel 2001 e con seguenti modifiche nel 2006, laddove il
pescatore e in genere l'imprenditore ittico non sono considerati imprenditori agricoli, ma sono
perfettamente equiparati a quest'ultimo.

Attivit connesse

L'imprenditore pu essere definito agricolo anche qualora eserciti attivit agricole connesse,
ovvero quelle attivit esercitate dallo stesso imprenditore, dirette alla manipolazione, alla
trasformazione, alla conservazione, alla commercializzazione e alla valorizzazione dei prodotti
ottenuti dalla coltivazione o dall'allevamento.

Le attivit connesse hanno dei requisiti, in particolare quello della connessione con l'attivit
principale agricola, in mancanza della quale sarebbero attivit essenzialmente di natura
commerciale o industriale. La connessione, ovvero il legame di relazione ed interdipendenza,
comporta che l'attivit connessa, autonomamente commerciale, sia secondaria e derivi da quella
agricola principale.

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Altri requisiti individuati in dottrina sono l'unisoggettivit dell'imprenditore, che deve essere lo
stesso soggetto, e l'uniaziendalit dell'impresa, che si deve avvalere degli stessi mezzi e strumenti
impiegati per l'attivit principale. Per sintetizzare, un'unica e medesima impresa.

Le attivit connesse si dividono in a prevalenza dei prodotti oppure a prevalenza delle


attrezzature.

Ne derivano questi esempi:

Se acquisto del latte da aggiungere alla mia produzione aziendale e lo trasformo in


formaggio da vendere, prevalgono i prodotti poich compro, trasformo e vendo.
Se con la mia motrice e aratro vado ad arare il campo di un mio cliente, dopo avere arato il
mio fondo, prevalgono le attrezzature, mi faccio pagare il lavoro e lusura del mezzo.

L'agriturismo la tipica attivit agricola connessa, essendo un'impresa che offre servizi di per s
commerciali (ristorazione, turismo, vendita di prodotti tipici, camere), ma con dei limiti. I prodotti
offerti e trasformati devono essere per la maggior parte propri, mentre gli ospiti da accomodare in
camera non pi di dieci.

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2.2. Tipologie di imprenditore

Sul piano soggettivo, si pu distinguere tra imprenditore agricolo professionale, coltivatore diretto
ed equiparati.

Imprenditore agricolo professionale

L'imprenditore agricolo professionale (IAP) quello che andato a sostituire, o meglio quello che
la diretta evoluzione del vecchio i.a.t.p. (imprenditore agricolo a titolo principale) creato nel
1972 dall'ordinamento comunitario. In particolare mentre prima si chiedeva una certa quantit di
reddito e produttivit a questo genere dimprese, oggi per le sovvenzioni relative si guarda a
quelle imprese che dimostrino redditivit, che producano cio utili nonostante i vari costi
concorrenti per rispettare i requisiti minimi d'ambiente e igiene e benessere degli animali. In altre
parole un'impresa efficiente, ovvero capace di stare sul mercato e competervi.

del 2004 la norma che in Italia avvicina al diritto comunitario l'imprenditore agricolo
professionale (IAP), abbandonando vecchie impostazioni che escludevano ad esempio le societ di
capitali e prevedevano 2/3 del lavoro e del reddito destinati all'attivit agricola. I limiti del tempo
di lavoro e del reddito sussistono, ma sono stati calati al 50%.

Dei corsi di formazione professionale per lacquisizione del titolo sono organizzati da Enti di
formazione professionale, riconosciuti dalla Pubblica Amministrazione.

Dagli Enti di formazione professionale sono organizzati dei corsi di formazione professionale,
autorizzati da Ente pubblico, per lacquisizione del titolo di IAP.

Coltivatore diretto

Il coltivatore diretto, sempre piccolo imprenditore l'imprenditore agricolo pi classico, elencato


nell'art. 2083 c.c. Storicamente era coltivatore diretto sia il proprietario che l'affittuario di un
fondo, che doveva partecipare alla fatica dei suoi eventuali dipendenti e non solo gestire i lavori
(Carlo Alberto Graziani definisce il coltivatore diretto un colletto bianco con i calli alle mani).

L'attuale sistema nasce nell'immediato dopoguerra e restringe il lavoro necessario


dell'imprenditore agricolo e della sua famiglia ad un terzo delle sue attivit. L'appiattimento della
divergenza normativa tra affittuario e proprietario del fondo per stato raggiunto soltanto nel
1982. Associandolo agli artigiani e ai piccoli commercianti, il nostro ordinamento richiede che la
modalit con cui svolta l'attivit sia svolta direttamente e in maniera esecutiva dal soggetto.

Equiparati

Ci sono due tipi di equiparati, uno al coltivatore diretto ed un altro all'imprenditore agricolo in
generale. A sua volta il primo suddiviso in due figure:

Laureato e diplomato in materie agrarie


Cooperativa

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Vanno considerati inoltre gli imprenditori ittici.

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2.3. Rischio di impresa e tornaconto

Nella letteratura economica, il rischio di impresa definito secondo un approccio tradizionale-


assicurativo, come linsieme delle possibili minacce:

Possibilit che si verifichino degli effetti avversi in seguito ad eventi naturali o azioni
umane (Renn, 1998)
Situazione nella quale c la possibilit di ottenere un risultato peggiore rispetto alle
aspettative (Klugman et al., 1998).

Questapproccio si caratterizza per il fatto che presenta una visione solo negativa del rischio,
derivante dal fatto che si presta attenzione esclusivamente ai rischi puri, in cui il migliore scenario
possibile si ha quando non si verifica nessun effetto avverso.

Si contrappone allapproccio tradizionale-assicurativo, quello manageriale pi positivo, secondo


cui il rischio inteso come possibile scostamento rispetto agli obiettivi prefissati. I rischi sono
eventi futuri e incerti che possono influenzare il raggiungimento degli obiettivi strategici, operativi
e finanziari di unimpresa. In questo approccio sono considerate sia le minacce sia le opportunit,
anche se prevalgono in letteratura le visioni negative:

il rischio rappresenta la potenzialit di un evento sfavorevole, inteso come la variazione di


segno negativo rispetto ad una situazione prevista (Borghesi, 1985)
il rischio collegato a eventi dannosi per limpresa, intesi come lottenimento di un
risultato negativo, ovvero di un risultato positivo inferiore alle aspettative (Misani, 1994).

Un rischio aziendale dimpresa pu essere definito come linsieme dei possibili effetti positivi
(opportunit - upside risk) e negativi (minacce - downside risk) di un evento inaspettato sulla
situazione economica, finanziaria, patrimoniale e sullimmagine dellimpresa:

Riguarda tutti gli eventi rischiosi;


Non riguarda solo le manifestazioni negative.

Il processo di risk management passa attraverso questi punti:

1. Obiettivi dellimpresa
2. Identificazione dei rischi
3. Descrizione dei rischi
4. Aggregazione dei rischi
5. Valutazione dei rischi
6. Risk reporting
7. Gestione del rischio
8. Residual risk assessment e residual risk reporting
9. Gestione del rischio
10. Monitoring

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I punti 1. e 7. fanno parte della componente manageriale, mentre gli altri punti della componente
tecnica.

Il rischio dimpresa consiste nellassunzione da parte dellimprenditore del rischio economico e


delle responsabilit giuridiche derivanti dallattivit aziendale.

La remunerazione del rischio dimpresa data dal profitto o tornaconto (T).

In quanto remunerazione di rischio, a differenza dei redditi derivanti dagli altri fattori aziendali
(capitale fondiario, capitale agrario e lavoro) che sono remunerati a prezzi di mercato, il
tornaconto si configura come un reddito residuale. Ci significa che il tornaconto risulta dalla
differenza tra il valore della produzione aziendale e i costi connessi alla reintegrazione e
remunerazione dei fattori di produzione aziendali ed extra-aziendali impiegati. La differenza pu
dar luogo ad un risultato negativo, in tal caso limprenditore realizza una perdita.

La focalizzazione del concetto appena esposto implica unastrazione. Questa consiste nella
separazione tra la figura dellimprenditore da quelle dei fornitori degli altri fattori di produzione
(capitale fondiario, capitale agrario, lavoro).

In conclusione, il compenso corrispondente alla figura economica dellimprenditore il profitto o


tornaconto. Il tornaconto, a differenza dei compensi delle altre persone economiche, pu essere
positivo o negativo. Infatti, non determinato a priori, ma ci che rimane nelle mani
dellimprenditore dopo che ha pagato tutte le persone economiche corrispondenti ai fattori che ha
dovuto utilizzare. Se ha speso troppo il profitto potr risultare negativo.

Approfondimenti sul calcolo del Tornaconto sono dati in altre lezioni del corso.

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2.4. Organizzazione e gestione aziendale

Lorganizzazione e la gestione dellazienda agraria comporta un numero elevato di decisioni, ossia


di scelta tra alternative possibili, decisioni tra loro spesso collegate e dalle quali in ultima analisi
dipende il grado di successo dellattivit imprenditoriale.
La funzione dellimprenditore comprende due aspetti essenziali:
a. Il reperimento e il coordinamento dei fattori della produzione al fine di realizzare la
produzione di beni e servizi;
b. Lassunzione dei rischi derivanti dallattivit produttiva stessa.

Nei riguardi, poi, di un qualsiasi problema di scelta, la funzione imprenditoriale si realizza


attraverso una serie di momenti che possono essere schematizzati come segue:
a. Lindividuazione e la definizione corretta del particolare problema rispetto al quale si
deve prendere la decisione;
b. La raccolta delle informazioni necessarie per formulare le diverse soluzioni possibili;
c. La valutazione delle alternative e lindividuazione, alla luce degli obiettivi prefissati, di
quella che si reputa migliore;
d. Lattuazione della soluzione prescelta attraverso la corretta utilizzazione delle risorse
aziendali.

Una classificazione delle scelte che guarda alle decisioni imprenditoriali sotto un profilo pi
operativo, rispetto alle classificazioni classiche, distinguendo tra problemi di natura tecnica
(Fig. 4) e quelli di carattere amministrativo (Fig. 5) e che inoltre incorpora scelte di breve e lungo
periodo, pu essere strutturata nel modo seguente:

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Reperimento
del capitale
fondiario

Problemi di Scelta della


mercato dimensione
aziendale
Problemi tecnici
dellorganizzazio
ne aziendale

Scelte relative Modalit di


alla definizione esecuzione delle
dellordinamento operazioni
produttivo

Figura 4: Problemi tecnici dell'organizzazione aziendale

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Acquisizione
del capitale

Contabilit Problemi Supervisione


amministrativi del lavoro
dellorganizzazi
one aziendale

Controllo dei
tempi
operativi

Figura 5: Problemi amministrativi dell'organizzazione aziendale

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Modulo IV: Pianificazione dellazienda agricola e multifunzionalit

A. Pianificazione dellazienda agricola - Docente: Gianluigi Cardone

1. Obiettivi dellimprenditore e piano aziendale

Gli imprenditori agricoli intendono, in generale, realizzare quelle alternative dazione che
soddisfano ottimamente, o almeno in modo soddisfacente, gli obiettivi perseguiti. Per far questo
il loro intuito, la loro esperienza e la loro familiarit con i problemi implicati, pur se fondamentali,
spesso non sono sufficienti per giungere ad una soluzione accettabile per il problema decisionale
(Marangon, 1993). Ci tanto pi vero quanto maggiore il grado di complessit della struttura
organizzativa aziendale.

Inoltre, nel quadro del contesto politico-economico attuale, limprenditore non pu pi


considerare solo finalit prettamente economiche, ma deve, sempre di pi, conciliare queste con
finalit legate alla protezione dellambiente (ecocondizionalit), contribuendo cos al
mantenimento e allo sviluppo del territorio in cui la sua attivit localizzata.

Oggi si avverte sempre pi impellente lesigenza di aiutare gli agricoltori a diventare imprenditori
pi efficienti delle proprie aziende agricole.

La pianificazione aziendale comprende il processo attraverso il quale limprenditore giunge a


formulare una decisione (processo decisionale), inoltre, considera linsieme dei metodi e degli
strumenti che sono impiegati per la ricerca e la verifica delle soluzioni alternative possibili.
Pianificare significa organizzare le risorse aziendali per il perseguimento e il raggiungimento degli
obiettivi che limprenditore si prefissato; usando una similitudine marinaresca, come un capitano
di vascello fa il punto e traccia la rotta per andare nella giusta direzione, cos ogni imprenditore
verifica la situazione aziendale contingente e fissa gli obiettivi individuando le modalit e i tempi
per raggiungerli. Attraverso la pianificazione si mira da un alto a razionalizzare le risorse aziendali
per ricavarne i massimi risultati, e dallaltro a ridurre i rischi derivanti da influenze esterne (effetti
meteorologici, variazione prezzi di produzione e dei prodotti, mutamenti nella domanda).

Una pianificazione accurata alla base del successo di unazienda in qualsiasi settore economico.
Tuttavia, il settore agrario spesso considerato indietro nellapplicazione delle moderne tecniche
di amministrazione e pianificazione volte alla creazione di imprese solide. Talvolta ci dovuto
semplicemente ad una carenza di quelle capacit e conoscenze necessarie che aiuterebbero gli
agricoltori nel processo di pianificazione.

La pianificazione descrive a grandi linee il punto al quale la vostra azienda agricola vuole arrivare in
un determinato momento nel futuro e definisce le modalit da seguire per arrivarci.

Un piano aziendale di solito un riassunto conciso di attivit che riguardano la creazione e


lespansione dellazienda. Esso descrive il prodotto o il servizio, la clientela, la concorrenza, i piani

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di produzione e di marketing, la gestione, gli aspetti finanziari e tutto quanto concerne il prodotto
o il servizio che limpresa intende offrire.

La prima cosa che dovrete fare nel redigere un piano aziendale definire chiaramente i vostri
scopi. E importante che prendiate in considerazione i seguenti elementi:

Quali sono i vostri scopi personali e familiari?


Quale visione avete della vostra azienda? (Definizione della missione)
Quali sono i vostri obiettivi aziendali? Come pensate di conseguire tali obiettivi?
Qual la strategia che intendiamo seguire? A che punto siamo? Dove vogliamo arrivare? In
che modo intendiamo arrivarci?
Qual limpegno finanziario che dobbiamo prevedere, da dove intendiamo prendere i
finanziamenti necessari e in che modo intendiamo restituire tali finanziamenti?

Queste informazioni dovrebbero essere riassunte nella presentazione del nostro piano aziendale
e successivamente essere spiegate pi dettagliatamente. La presentazione dovrebbe inoltre
contenere informazioni relative a:

Dimensione, organizzazione e forma di propriet dellazienda (ad esempio, impresa


individuale, societ di persone e societ di capitali)
La storia dellazienda e spiegare in che modo si giunti allattuale situazione
I mercati e la clientela per i quali intendiamo produrre
Principali opportunit e tendenze del mercato

La visione che avete della vostra azienda pu assumere la forma di una definizione della missione
in cui si definisca cosa la vostra azienda e cosa vuole diventare in futuro. Dovrebbe riassumere in
modo conciso i vostri principali obiettivi aziendali. Si tratta di uno strumento utile per aiutarvi a
capire e a comunicare agli altri lo scopo della vostra azienda e la posizione che essa occupa nel
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contesto imprenditoriale. La definizione della missione un primo passo verso il piano aziendale.
Una definizione della missione dovrebbe:

Fornire informazioni, ma essere anche fonte dispirazione


Essere abbastanza particolareggiata, ma non eccessivamente limitante
Essere realistica, quantificabile, flessibile e adattabile
Prendere in considerazione i clienti e altri operatori interessati allazienda, quali il
personale, gli investitori e altri eventuali compartecipanti
Individuare un periodo di tempo definito
Essere facilmente comprensibile
Essere sviluppata e discussa da tutti i personaggi chiave della vostra azienda.

Successivamente, formulate la vostra strategia e i vostri obiettivi aziendali. Si tratta di questioni


pi specifiche che riguardano la vostra azienda agricola. In base ad una suddivisione temporale
possibile suddividere gli obiettivi in tre gruppi:

Obiettivi a lungo termine: questi di solito si riferiscono ad un periodo di tempo superiore a


5 anni. Ad esempio, possono riferirsi allampliamento dellattivit della vostra azienda al
settore della vendita al dettaglio entro i prossimi 5 anni.
Obiettivi a medio termine: questi di solito si riferiscono ad un periodo di tempo compreso
tra 1 e 5 anni. Ad esempio, investimenti in macchinari ed attrezzature particolari entro i
prossimi 2 anni.
Obiettivi tattici e operativi: essi si riferiscono di solito ad un periodo tempo inferiore ad 1
anno e allattivit quotidiana dellazienda. Un programma operativo aiuter voi, la vostra
famiglia e le persone che lavorano nellazienda a fare un uso pi efficiente del tempo.

Gli obiettivi a lungo termine sono di solito quelli che sono definiti per primi. Essi sono considerati
anche obiettivi strategici. Gli altri obiettivi a pi breve termine sono definiti successivamente, e
rappresentano i mezzi per realizzare i primi.

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2. Formulazione di alternative: migliore combinazione dei fattori

La realizzazione del processo produttivo non istantanea ma richiede che un dato periodo di
tempo sia trascorso perch avvenga la trasformazione dei fattori nel prodotto. Tale intervallo di
tempo viene denominato ciclo produttivo; la sua durata strettamente connessa con il tipo di
produzione che si desidera: essa pu abbracciare pi anni (produzione forestale) o, altro estremo,
pi cicli produttivi possono essere portati a termine nel giro di un anno (colture ortive).

Limprenditore, mediante il coordinamento dei fattori della produzione disponibili nellazienda


agraria, persegue lobiettivo di rendere massimo il proprio profitto. Nella gestione delle risorse il
suo comportamento sar guidato da criteri di razionalit, cio sempre conseguenti allobiettivo
della massimizzazione del profitto. La conoscenza degli aspetti riguardanti i fattori di produzione
(disponibilit sul mercato e in azienda, prezzi, caratteristiche tecniche, ) e del mercato (grossisti,
dettaglianti, consumatori, ) permettono allimprenditore di effettuare delle scelte tecniche che si
concretizza nella funzione di produzione che specifica la quantit di prodotto che pu essere
ottenuta impiegando una data combinazione di fattori, i quali sono utilizzati secondo un
determinato livello di conoscenze tecniche. In altre parole, la funzione di produzione indica gli
impieghi minimi dei fattori necessari per produrre una data quantit di prodotto o,
reciprocamente, determina, partendo da quantit prefissate di fattori, il massimo volume di
produzione conseguibile. Nella funzione di produzione (Fig. 6) si devo considerare i fattori interni
(endogeni) controllabili dallimprenditore (concimi, sementi, carburante, mangimi, acqua irrigua,
) ed esterni (esogeni) non controllabili dallimprenditore (caratteristiche ambientabili del
territorio in cui si opera come suolo, clima, acqua).

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Acqua

Mangimi Suolo

Consulenza Aria

Funzione di
produzione

Lavoro Sementi

Acqua Fertilizzanti
irrigua
Carburanti

Figura 3: Fattori che influenzano la funzione di produzione


Figura 6: Fattori esterni (in giallo) e interni (in azzurro) che agiscono sulla funzione di produzione

Lazienda agricola parte integrante dellagroecosistema in cui insita (Fig. 7).

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Figura 7: Schema di funzionamento di un agroecosistema

Il processo decisionale passa attraverso delle fasi come schematizzate di seguito:

1. Individuazione del problema di scelta


2. Assunzione delle informazioni tecniche ed economiche
3. Valutazione delle soluzioni alternative e scelta della soluzione ottima in relazione agli
obiettivi dellimprenditore e tenuto conto dei vincoli aziendali (applicazione del metodo di
pianificazione aziendale)
4. Attuazione della soluzione ottimale in modo tecnicamente corretto
5. Rilevazione dei risultati tecnici, economici e finanziari ottenuti (applicazione dei metodi di
rilevazione contabile ed extracontabile)
6. Valutazione critica dei risultati ottenuti (applicazione dei metodi di analisi ed efficienza
aziendale e delle analisi di tipo finanziario) e quindi individuazione degli interventi
correttivi o per migliorare le performance

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3. Conoscenza del contesto e del sistema aziendale

La pianificazione aziendale pu essere fatta direttamente dallimprenditore oppure, pi


frequentemente, da un tecnico che assiste limprenditore nellattivit decisionale. In entrambi i
casi si pone il problema del reperimento delle informazioni relative ai vari aspetti del problema
che sintende analizzare. Lefficacia, la correttezza e la precisione dei risultati dellanalisi
dipenderanno in notevole misura dal grado di attendibilit delle informazioni utilizzate.

Le informazioni necessarie possono essere classificate nel modo seguente:

1. Le risorse aziendali;
2. Le tecniche di produzione;
3. Il mercato dei prodotti e dei fattori;
4. Il quadro istituzionale.

Le informazioni riguardano aspetti esterni come quelli relativi al clima (piovosit, temperature,
vento, ), alle risorse naturali (fiume, lago, acque sotterranee), al mercato per acquisti e vendite
(allingrosso, al dettaglio, e-commerce, ), al mercato finanziario (banche, finanziarie, ), al
quadro istituzionale (leggi e normative, politiche di sviluppo rurale comunitarie, nazionali e
regionali, ), alle tecnologie (macchine innovative, ), e aspetti interni come le risorse presenti in
azienda (scorte vive e morte, lavoro, ), la tecnica di produzione adottata (convenzionale,
integrato, biologico, .).

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4. Controllo del sistema aziendale

Lesame critico della validit delle decisioni prese in passato, la verifica della rispondenza degli obiettivi
dellimpresa, stabiliti in precedenza, la valutazione delle modifiche eventualmente verificatesi nelle
variabili di cui bisogna tener conto nellesercizio dellimpresa (prezzi, progresso tecnico, livello di
conoscenza), la previsione delle probabili future variazioni nei valori di queste variabili, e infine
lindividuazione delle modifiche da apportare nellorganizzazione aziendale per tendere verso le posizioni
ottimali corrispondenti alle nuove condizioni, passano attraverso lanalisi di gestione.

Lanalisi di gestione si avvale della contabilit per monitorare, rendicontare e prevedere lesercizio tecnico
e finanziario passato, presente e futuro. Il bilancio di esercizio (stato patrimoniale e conto economico,
bilancio preventivo e consuntivo) sono i mezzi utilizzati nel controllo del sistema aziendale.

Il controllo della qualit, attuato in azienda, si realizza principalmente attraverso sistemi di qualit come la
ISO 9.000 (Certificazione di sistema qualit aziendale che rappresenta una garanzia per il cliente/utente, in
ordine a determinate capacit operative del produttore, e un fattore di miglioramento per il produttore) e
la ISO 14.000 (Certificazione di sistema ambientale che garantisce il rispetto dellambiente, e come tale,
tutela non solo la collettivit attuale ma anche le generazioni future).

Il controllo di qualit, cos come la contabilit, oggetto di approfondimento in altre lezioni del corso.

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Bibliografia

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Ufficio Nuove Imprese e Mercato del Lavoro (2011), Le forme giuridiche, Camera di Commercio di Ancona,
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