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1-1
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-2
Usualmente si seleziona uno degli infiniti valori di fissando a priori un intervallo di ampiezza 2 in cui sce-
gliere largomento. Imponendo (, ) si ottiene il cosiddetto argomento principale di z che indicheremo
con Arg(z). Con questa scelta dellargomento principale, e facile verificare che
Arg(z) = Arg(z). (1.2)
Richiami Prodotto e quoziente di numeri complessi. Se z0 = x0 + iy0 , z1 = x1 + iy1 sono due numeri complessi,
il loro prodotto si definisce con la consueta proprieta distributiva
w = z0 z1 = (x0 x1 y0 y1 ) + i(x0 y1 + y0 x1 ) a partire da i2 = 1. (1.3)
In termini di modulo e argomento, scrivendo z0 = 0 cos 0 + i sin 0 ), z1 = 1 cos 1 + i sin 1 )
w = z0 z1 = 0 1 cos(0 + 1 ) + i sin(0 + 1 ) , (1.4)
cioe
|w| = |z0 | |z1 | = 0 1 , Arg(w) = Arg(z0 ) + Arg(z1 ). (1.5)
Le virgolette nellultima identita derivano dal fatto che la somma 0 + 1 potrebbe non appartenere allin-
tervallo scelto per largomento principale: in tal caso 0 + 1 e comunque un argomento per il prodotto w,
ma largomento principale ne differisce per 2.
Il coniugio si comporta bene rispetto al prodotto, infatti
w = z0 z1 = z0 z1 , (1.6)
ed e molto importante per la costruzione del reciproco di un numero z 6= 0: si ha infatti
1 z x iy
= z 1 := = 2 z = x + iy 6= 0. (1.7)
z |z|2 x + y2
Grazie al reciproco si puo esprimere il quoziente
z0 1 z0 z1 x 0 x 1 + y0 y1 x 0 y1 + y0 x 1
w= := z0 = = i z0 , z1 6= 0, (1.8)
z1 z1 |z1 |2 x21 + y12 x21 + y12
e ricordare le proprieta
z0 |z0 | z0
|w| = = , w = . (1.9)
z1 |z1 | z1
Richiami Numeri complessi unitari. Tra i numeri complessi, quelli di modulo unitario hanno un ruolo privilegiato,
soprattutto rispetto alloperazione di prodotto. Si pone quindi
U := C1 (0) = z C : |z| = 1 . (1.10)
Ogni numero u in U quindi soddisfa
p
= |u| = x2 + y 2 = 1, u = cos + i sin . (1.11)
La moltiplicazione z 7 u z per un numero unitario u lascia invariato il modulo di z e corrisponde geometri-
camente a ruotare z dellangolo in senso antiorario (se e positivo) o orario (se e negativo). In particolare
la moltiplicazione per i corrisponde ad una rotazione di /2 in senso antiorario.
Richiami Potenze e radici di numeri complessi. Luso della forma trigonometrica e particolarmente comodo
quando si tratta di calcolare la potenza (ora ad esponente intero) di un numero complesso. Infatti, se
z = x + iy = (cos + i sin ), si ha applicando ripetutamente la (1.4)
w = z n = (x + iy)n = n cos(n) + i sin(n) , cioe |w| = |z|n , Arg w = n Arg z.
(1.12)
In particolare, le potenze lasciano invariato linsieme U dei numeri complessi unitari, agendo solo sullargo-
mento.
A questo punto e possibile studiare il problema inverso:
wn = z
dato z = cos + i sin trovare w = r cos + i sin tale che (1.13)
Le soluzioni di questo problema si ciamano radici n-esime di z in campo complesso.
Ogni numero complesso z 6= 0 ammette n-distinte radici n-esime in campo complesso date dalla formula
2
wk = r cos k + i sin k , r= n , k = +k , k = 0, 1, , n 1. (1.14)
n n
Se = Arg z, la radice corrispondente a k = 0 si dice radice principale: essa soddisfa
p
n 1
|w0 | = |z|, Arg w0 = Arg z. (1.15)
n
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-3
Motivazioni Prima di procedere, ci si puo chiedere quale linteresse pratico di studiare questa parte (molto profonda e
affascinante) dellanalisi classica, che risulta pero lontana dalla nostra immaginazione. Quando affronteremo
la teoria delle serie di Fourier e della trasformata di Fourier, vedremo che il formalismo complesso (in
quei casi ridotto semplicemente alle proprieta elementari dellesponenziale) si rivelera utile, almeno nella
semplificazione di calcoli e formule. Ci sono pero delle ragioni piu profonde, la prima delle quali viene dalla
trasformata di Laplace, che e direttamente fondata sulla teoria delle funzioni olomorfe in campo complesso.
Un altro esempio riguarda la
Trasformata Z Anticipando qualche concetto che affronteremo meglio in seguito, consideriamo un segnale
discreto U (Un ), n Z. Si tratta di una sequenza di valori che possiamo pensare ottenuti dal
campionamento a passo > 0 di un segnale a tempo continuo u(t) e causale (cioe che tramite la
formula
Un := u(n ), n 0.
Il trattamento di tali segnali risulta molto semplificato se, al posto di considerare separatamente i
valori campionati Un , si introduce una nuova funzione U (z) che li riassume in se e che viene espressa
tramite la serie di potenze
+
X
U (z) := Un z n . (1.19)
n=
La serie in (1.19) si chiama trasformata Z del segnale U e si indica con U (z) = Z [U ]. In molti casi,
ad esempio quando il segnale U e causale, cioe per qualche n0 Z Un 0 per n < n0 , e piu semplice
studiare Z [U ] che la corrispondente serie di Fourier, e lambito naturale di U (z) e il campo complesso
C.
Notazione Variabili complesse e variabili reali. Se identifichiamo un generico elemento z = x + iy di D(f) con
il vettore (x, y) e indichiamo con f(z) = u(z) + iv(z) limmagine di z, si constata immediatamente che una
funzione di variabile complessa f puo essere rappresentata come una coppia u, v di funzioni reali dipendenti
da due variabili reali x, y: in altri termini
f(z) = f(x + iy) = u(x + iy) + iv(x + iy) u(x, y), v(x, y) . (1.20)
Questo e utile ad esempio quando si considerano le derivate parziali: sara naturale porre
f u v f u v
= +i , = +i . (1.21)
x x x y y y
Quindi le funzioni di variabile complessa possono essere anche pensate come trasformazioni del piano in
se; uno dei vantaggi della notazione complessa e proprio quello di poter manipolare formalmente ununica
variabile anziche due.
Precisazione Il dominio. Per semplicita considereremo solo domini aperti: cio significa che se un punto z0 appartiene
a D(f) allora ce tutto un disco B (z0 ) anchesso contenuto in D(f). Gli esempi di domini che incontreremo
piu frequentemente saranno
- tutto il piano complesso C,
- dischi aperti B (z0 ) = z C : |z z0 | < ,
- corone circolari z C : 1 < |z z0 | < 2 ,
esterni di dischi C \ B (z0 ) = z C : |z z0 | >
- semipiani individuati da una retta verticale del tipo Re z > , Re z < o da una retta orizzontale
Im z > , Im z < ,
- il piano a cui si toglie una semiretta uscente dallorigine, ad esempio C \ x : x R, x 0
- un insieme del tipo precedente cui si toglie un numero finito (o anche una successione) di punti z1 , z2 , , zm :
queste verrano chiamate singolarita isolate della funzione f.
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-4
e non e piu facile separare parte reale e parte immaginaria. Meglio usare le coordinate polari: come
prima si ottiene
w = z k = k cos(k) + i sin(k) r = k , = k.
(1.26)
La funzione f(z) = z1 : al contrario delle funzioni precedenti, il dominio D(f) di f non e tutto C ma C \ {0};
in coordinate si ha
1 x y
f(z) = = 2 +i 2 (1.27)
x + iy x + y2 x + y2
Anche qui un calcolo esplicito mostra che
f 1 f 1
= 2, = i 2 . (1.28)
x z y z
I polinomi Sono le funzioni del tipo
n
X
P (z) = ak z k , ak C, (1.29)
k=0
di grado n se an 6= 0.
razionali Sono quelle espresse dal quoziente di due polinomi: se P (z) := n k
P
Le funzioni
Pm k=0 ak z e Q(z) :=
b z k , sono polinomi di grado n e m rispettivamente (con a , b =
6 0), si considera la funzione
k=0 k m n
P (z)
f(z) = (1.30)
Q(z)
che e definita in tutti i punti di C fuorche le radici di Q z1 , , zh (singolarita isolate di f).
Consideriamo ora una funzione razionale f(z) = P (z)/Q(z) come in (1.30). Supporremo che f sia
propria, cioe che il grado del numeratore sia strettamente inferiore al grado del denominatore.
Richiami Divisione di polinomi. Grazie allalgoritmo della divisione, ogni funzione razionale f si puo scrivere come
P1 (z)
f(z) = P0 (z) + = P0 (z) + f1 (z), grado(P1 ) < grado(Q). (1.35)
Q(z)
P0 non e altro che il quoziente della divisione di P per Q mentre P1 e il resto di tale divisione. Quindi f si
decompone nella somma di un polinomio (P0 ) e di una funzione razionale propria (f1 = P1 /Q).
Le radici di Q sono semplici In tal caso il grado di Q e proprio n e si dimostra che esistono
unici coefficienti A1 , A2 , , An tali che
n
P (z) X Ak A1 A2 An
f(z) = = = + + . (1.36)
Q(z) z zk z z1 z z2 z zn
k=1
P (z) P (zk )
Ak := lim (z zk ) = . (1.37)
zzk Q(z) Q (zk )
Vi sono radici multiple In tal caso indichiamo con m1 la molteplicita di z1 , con m2 la moltepli-
cita di z2 , etc; per ogni radice zk si possono trovare esattamente mk coefficienti Ak,1 , , Ak,mk
tali che
n mk
X X Ak,m
f(z) = fk (z), fk (z) := . (1.38)
m=1
(z zk ) m
k=1
Ogni radice zk contribuisce quindi allo sviluppo con un gruppo di termini fk (z) dove sono
presenti tutte le potenze 1/(z zk )m dal grado 1 fino alla molteplicita della radice stessa,
Definizione 1.2 (Serie di potenze, raggio di convergenza) Una serie di potenze e une-
spressione del tipo
+
X
ak (z z0 )k ; (1.40)
k=0
La serie converge (assolutamente) per tutti i valori di z allinterno del disco Br (z0 ): in
questo insieme
P+ la sua somma definisce dunque una nuova funzione di variabile complessa,
f(z) := k=0 ak (z z0 )k .
La serie non converge per i valori di z al di fuori del disco chiuso, cioe se |z z0 | > r:
addirittura la successione |ak z k | = |ak | |z|k non e limitata.
Precisazione I valori estremi del raggio di convergenza. Quando r = 0 significa che la serie converge solo in z0 (dove
tutti i termini sono nulli tranne il primo): essa e pertanto priva di interesse.
Quando r = + significa che la serie converge in tutto il piano complesso (in tal caso si dice che la funzione
da essa definita e intera).
Attenzione! Il comportamento sul bordo del disco di convergenza. Quando 0 < r < + ci si puo chiedere come
si comporta la serie sulla circonferenza Cr (z0 ) := z C : |z z0 | = r . La sola conoscenza del raggio di
convergenza non da alcuna informazione al riguardo, come dimostrano i tre esempi seguenti per i quali il
raggio di convergenza e 1:
ak 1: la serie e + k 1
P
k=0 z = 1z che converge solo allinterno.
1 P+ zk
ak = k
, k > 0: la serie e = log(1 z) che converge anche se |z| = 1, z 6= 1.
k=1 k
1 P+ zk
ak = k(k1)
, k > 1: la serie e k=2 k(k1) = (1 z) log(1 z) 1 che converge anche sul bordo
|z| = 1.
Discussione La determinazione del raggio di convergenza. Riportiamo qui alcune osservazioni/metodi/criteri per
determinare il raggio di convergenza di una serie di potenze:
Sostituzioni: se + k
P
k=0 ak z ha raggio r allora
+
X +
X
ak (z z0 )k ha raggio r; ak ak z k ha raggio r/|a|. (1.41)
k=0 k=0
Passando da R a C il raggio non cambia: se sappiamo che una data serie a coefficienti reali +
P
k=0 ak (x
x0 )k converge nellintervallo ]x0 r, x0 + r[, allora r e anche il raggio di convergenza in C della serie,
cioe essa converge nel disco complesso Br (x0 ).
Per determinare il raggio di convergenza si possono sopprimere dai coefficienti tutti i fattori con
andamento al piu polinomiale in k: cioe, detto P (k) un qualunque polinomio in k
+ + +
X X X 1
se ak z k ha raggio r allora anche P (k)ak z k , ak z k hanno il medesimo raggio
k=0 k=0 k=0
P (k)
(1.42)
Criterio della radice e del rapporto: Se
ak+1
lim |ak |1/k = o lim = , (1.43)
k+ k+ ak
allora il raggio di convergenza e r = 1/ ( dove si intende 1/0 = e 1/ = 0).
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-7
P+ P+
Somma di serie di potenze Supponiamo che k=0 ak z k abbia raggio ra e che k=0 bk z
k abbia raggio
rb . Se ra 6= rb allora la serie somma
+
X
ak + bk )z k ha raggio r = min ra , rb ). (1.44)
k=0
Nel caso in cui ra = rb , si puo solo concludere che il raggio r della serie somma e ra = rb .
Esempi 1.3 Prima di proseguire, ricordiamo alcuni esempi fondamentali che occorre ricordare
con precisione:
La serie geometrica:
+
1 X
= zk = 1 + z + z2 + z3 + z4 + , raggio r = 1. (1.45)
1z
k=0
zk
P+
La serie esponenziale: Per analogia con lo sviluppo reale ex = k=0 k! , anche in campo
complesso si pone
+ k
X z z2 z3 z4
ez = =1+z+ + + + , raggio r = +. (1.49)
k! 2 3! 4!
k=0
Logaritmo:
+
X (z 1)k (z 1)2 (z 1)3 (z 1)4
log z = (1)k1 =z + + , (1.51)
k 2 3 4
k=1
Vale la pena studiare piu in dettaglio le funzioni introdotte nel paragrafo precedente, cominciando
dallesponenziale.
Per prima cosa supponiamo z = iy puramente immaginario; si trova
ei + ei ei ei
cos = = Re ei , sin = = Im ei R. (1.55)
2 2i
Ricordando le definizioni delle funzioni iperboliche, si ottiene anche
ez+w = ez ew (1.57)
ex+iy ex+iy
= ex cos y + i sin y = ez , = ex sin y + i cos y = iez .
(1.59)
x y
Lesponenziale e periodico di periodo immaginario 2i:
ez+2i = ez z C. (1.60)
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-9
Proprieta dellesponenziale
1
ez+w = ez ew , ez = , ez+2i = ez . (1.62)
ez
|ez | = eRe z ; se R |ei | = 1. (1.63)
Funzioni trigonometriche e iperboliche
w = log z ew = z (1.68)
e quindi
1
log(x2 + y 2 ) + i arctan y/x ;
log(x + iy) = (1.71)
2
un calcolo diretto mostra che
log(x + iy) 1 log(x + iy) 1
= , =i . (1.72)
x z y z
Per quanto riguarda le potenze ad esponente reale, avendo a disposizione il logaritmo, si pone
Le funzioni elementari
Sono quelle che si ottengono dalle precedenti combinando in vario modo le operazioni di somma,
prodotto, quoziente, composizione: ad esempio
2
+1 sin z ez1
ez , , log cos z 2 .
z 3 3z + 2(cosh z z) sin log z + z
Altre funzioni
Oltre alla funzioni elementari vi sono naturalmente molte altre funzioni, ad esempio |z|, z, Re z, Im z
e tutte quelle che si possono definire agendo direttamente sulla parte reale e sulla parte immaginaria
di z, come
ex2iy
x3 iy 3 , , x|z| iyz, dove appunto z = x + iy. (1.74)
x2 + y 3 ix
Naturalmente tutte le funzioni che abbiamo chiamato elementari rientrano in questo gruppo
molto piu generale, ma esse possiedono una proprieta fondamentale che ora cercheremo di spiegare.
f(z) z (x + iy)
= f (z) = f (z) = f (z),
x x x
(1.76)
f(z) z (x + iy)
= f (z) = f (z) = if (z).
y y y
Se questa derivata esiste, troviamo quindi le condizioni
f f
f (z) = , if (z) = (1.77)
x y
Esercizio Dimostrare che se una funzione f, olomorfa in un aperto connesso C assume solo valori reali allora e
costante.
Esercizio Generalizzare lesercizio precedente al caso in cui limmagine di f sia contenuta in una curva regolare del
piano complesso.
Come stabilire allora se una funzione e derivabile in senso complesso? Per fortuna la deriva-
ta complessa ammette una definizione alternativa molto semplice, al solito basata sul rapporto
incrementale
f(z) f(z0 )
z 7 (1.80)
z z0
che e ben definito in D(f) \ {z0 }, grazie al fatto che al campo complesso C si estendeno le familiari
nozioni di prodotto e di quoziente, in modo da mantenere le medesime proprieta algebriche del
campo reale.
Teorema 1.5 (Derivata complessa e rapporto incrementale) Una funzione f : D(f)
C C e derivabile in senso complesso secondo la definizione 1.4 se e solo se per ogni z0 D(f)
esiste il limite
f(z) f(z0 )
lim . (1.81)
zz0 z z0
In tal caso il limite coincide con la derivata f (z) definita da (1.79).
Precisazione Si sarebbe potuto procedere alla rovescia (come e uso comune) definendo la derivata come limite del
rapporto incrementale e poi dimostrando le condizioni di Cauchy-Riemann. Il rischio psicologico che si
corre seguendo questa strada e quello di non accorgersi della sostanziale differenza tra derivazione reale e
complessa, visto che sono accumunate da una definizione formalmente identica. In realta lesistenza del limite
complesso (1.81) quando z e libero di girare attorno a z0 e interviene il quoziente complesso nel rapporto
incrementale e molto piu restrittiva dellesistenza dei limiti reali impliciti nelle definizioni di derivate parziali
(in quel caso z tende a z0 lungo la retta orizzontale o verticale).
Proprieta algebriche. Il vantaggio del Teorema 1.5 e quello di permettere una facile dimostra-
zione di tutte le consuete formule di derivazione che quindi valgono anche in ambito complesso:
in particolare, non appena f, g siano derivabili in z0 avremo
(f + g) (z0 ) = f (z0 ) + g (z0 ), (fg) (z0 ) = f (z0 )g(z0 ) + f(z0 )g (z0 ), (1.82)
e, se g(z0 ) 6= 0
f f (z0 )g(z0 ) f(z0 )g (z0 )
(z0 ) = . (1.83)
g g2 (z0 )
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-12
Pedante... Si tratta in realta di due formule, perche, fissata f derivabile in senso complesso in D(f) C, si puo
pensare g definita in un intervallo (a, b) di R a valori nel dominio D(f) di f (e allora f g e una funzione
di variabile reale a valori complessi, la derivata e quella gia nota, lunica novita e che essa si puo calcolare
attraverso la derivata complessa f di f a secondo membro come prodotto tra numeri complessi) oppure g
definita in un altro aperto D(g) C a valori in D(f) (e in questo caso tutte le funzioni in gioco sono di
variabile complessa, e la derivata e intesa nel senso della definizione precedente). Ovviamente, un vantaggio
del formalismo complesso e quello di unificare tutte queste situazioni, e noi applicheremo le formule senza
preoccuparci di distinguere le varie situazioni cui esse si riferiscono: questo varra anche per altri teoremi del
calcolo differenziale che incontreremo, come la derivazione sotto il segno di integrale, la derivazione per serie,
ecc.
Corollario 1.6 (Le funzioni elementari sono olomorfe) Tutte le funzioni elementari so-
no derivabili in senso complesso nel loro dominio e la derivata si calcola con le medesime regole
di derivazione reale. (In pratica, come se al posto di z ci fosse x...)
E naturale aspettarsi che la derivata di una serie di potenze si possa ottenere derivando termi-
ne a termine la serie stessa. La correttezza di questo procedimento e assicurata dal seguente
fondamentale risultato:
P+
Teorema 1.7 (Derivazione per serie) Sia f(z) = k=0 ak (z z0 )k una serie di potenze di
raggio r > 0. Allora la funzione f e olomorfa in Br (z0 ) e la sua derivata (in senso complesso!)
ammette lo sviluppo (ancora del medesimo raggio di convergenza r)
+
X +
X
f (z) = kak (z z0 )k1 = (h + 1)ah+1 (z z0 )h z Br (z0 ). (1.85)
k=1 h=0
Iterando la formula precedente si verifica che f ammette derivate di tutti gli ordini
+
X +
X
f (m) (z) = k(k 1) (k m+1)ak (z z0 )km = (h+1) (h+m)ah+m (z z0 )h . (1.86)
k=m h=0
f (k) (z0 )
ak := . (1.87)
k!
Per quanto riguarda la primitiva, si deduce facilmente dal teorema precedente che
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-13
P+ k
Teorema 1.8 (Primitive complesse) Sia f(z) = k=0 ak (z z0 ) una serie di potenze di
raggio r > 0. Allora le primitive complesse della funzione f nel disco Br (z0 ) sono date da
+ +
X ak X ah1
F(z) = c + (z z0 )k+1 = c + (z z0 )h . (1.88)
k+1 h
k=0 h=1
Motivazioni Quando si vuole definire il concetto di integrale per le funzioni a valori vettoriali (nel nostro caso, a valori
complessi), il modo forse piu espressivo e quello legato alle somme di Cauchy. Cos, per definire lintegrale
di una funzione continua f : [a, b] 7 C, si considera unarbitraria suddivisione T
a = t0 < t1 < t2 < . . . < tN 1 < tn = b (1.90)
dellintervallo [a, b] e in ogni segmento [tj1 , tj ] si sceglie un punto j ; dopo di che si associa alla partizione
T e al sottinsieme := {j }j=1,...,N la somma di Cauchy
N
X
f(j )(tj tj1 ), (1.91)
j=1
tale somma abbia limite e definisca cos lintegrale di f. Effettivamente la continuita di f assicura che,
Teorema 1.10 al tendere a 0 del parametro di finezza della suddivisione di [a, b], le somme di Cauchy
tendono ad un unico limite , detto appunto integrale di f
Z b
= f(t) dt C (1.92)
a
nel senso seguente: per ogni scelta di > 0 esiste > 0 tale che
N
X
f(j )(tj tj1 ) , (1.93)
j=1
per ogni suddivisione T := {a = t0 < t1 < t2 < . . . < tN 1 < tn = b} con |T | e per ogni scelta di
:= {j }j=1,...,N con j [tj1 , tj ].
La definizione di integrale attraverso il limite delle somme di Cauchy ha il vantaggio di poter essere facilmente
estesa a tutte quelle situazioni in cui queste hanno senso. Lesempio iniziale ci spinge a considerare percorsi
di integrazione piu generali di un segmento sulla retta reale; consideriamo percio una curva continua nel
piano complesso, parametrizzata dallapplicazione
t [a, b] 7 z(t) C.
Se e semplice (cioe lapplicazione z e iniettiva nellintervallo aperto ]a, b[) lintroduzione di una parame-
trizzazione di permette di estendere senza problemi il concetto di partizione di : bastera prendere una
partizione T di [a, b] come in (1.90) e considerarne le immagini su zj := z(tj ); analogamente avremo i
punti intercalati j := z(j ) e la corrispondente somma di Cauchy
N
X
f (j )(zj zj1 ), zj := z(tj ), j := z(j ). (1.94)
j=1
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-14
Cio che sostanzialmente aggiunge la parametrizzazione alla curva semplice e la possibilita di ordinarne i
punti in modo univoco; prenderemo come parametro di finezza il massimo delle distanze |zj zj1 | di due
punti successivi sulla curva. Ancora una volta osserviamo come il prodotto complesso interviene in modo
cruciale nella definizione.
Non e sorprendente che valga lanalogo del precedente risultato, che permette sia di definire che di calcolare
lintegrale di una funzione complessa lungo una curva.
Le proprieta dellintegrale.
Indipendenza dalla parametrizzazione: lintegrale cos definito dipende solo dalla curva e
dal suo orientamento, ma non dalla parametrizzazione scelta; ovviamente se cambia lo-
rientamento, cambia il segno dellintegrale. In particolare, possiamo scegliere sempre la
parametrizzazione rispetto alla lunghezza darco s, in modo che
Dora in avanti supporremo sempre, salvo precisazione contraria, che tutte le curve considerate
siano regolari (C 1 ) a tratti.
Teorema 1.11 Sia f una funzione continua che ammette una primitiva F in e una curva
di estremi w1 , w2 ordinatamente. Allora
Z
f(z) dz = F(w2 ) F(w1 ); (1.98)
in particolare, se e un circuito I
f(z) dz = 0. (1.99)
Chiaramente lesistenza di una primitiva di f implica che lintegrale di f lungo una curva dipende
solo dagli estremi della curva; non sarebbe difficile dimostrare che questa proprieta fornisce anche
una caratterizzazione sufficiente per lesistenza di una primitiva.
Esercizio Calcoliamo lintegrale della funzione z 7 z1 lungo la circonferenza CR (0) di raggio R e centro 0, percorsa in
senso antiorario. Questa viene ovviamente parametrizzata da z = Reit , con t [0, 2]:
Z 2
1 1
I
dz = iReit dt = 2i.
CR (0) z 0 Reit
Concludiamo che 1/z non ha primitiva nellaperto C \ {0}.
Il Teorema di Cauchy
Precisazione Prima di procedere, pero, ricordiamo, in modo informale e descrittivo, alcune proprieta dei circuiti e delle
regioni che essi circondano:
(Circuiti semplici.) Sono quelli descritti da un moto che torna al punto iniziale senza passare due
volte nello stesso posto: formalmente essi sono parametrizzati da
t [a, b] z(t), iniettiva in [a, b[, con z(a) = z(b).
Se e un circuito semplice nel piano complesso, allora il complementare di e esattamente lunione
di due aperti, uno limitato A e uno illimitato A , di cui e la comune frontiera. In tal caso e sempre
possibile definire univocamente una orientazione di , quella antioraria, in modo che il versore tangente
sia ruotato di /2 (in senso sempre antiorario) rispetto al versore normale a uscente da A .
Aperti semplicemente connessi. Un aperto A = A nelle precedenti condizioni si chiama semplice-
mente connesso: in altri termini, esso e connesso e la sua frontiera e costituita da un unico circuito
semplice. Insomma A non puo avere buchi al suo interno.
1. FUNZIONI DI VARIABILE COMPLESSA 1-16
0
1
3
A0
Teorema 1.12 Sia f : D(f) C C una funzione olomorfa e sia un circuito ammissibile il
cui interno A e contenuto in D(f). Allora
Z
f(z) dz = 0. (1.100)
Osservazione 1.13 Se orientiamo tutti i circuiti k in senso antiorario, allora otteniamo equi-
valentemente che lintegrale sul circuito esterno 0 e uguale alla somma degli integrali sui circuiti
interni 1 , . . . , n , cioe
I Xn I
f(z) dz = f(z) dz. (1.101)
0 k=1 k
Chiaramente se non vi sono buchi, cioe se = 0 e al suo interno la funzione e sempre derivabile
abbiamo in particolare
Teorema 1.14 (Cauchy) Supponiamo che sia un circuito semplice e che f : D(f) A C
sia olomorfa. Allora I
f(z) dz = 0. (1.102)
Limportanza delle funzioni analitiche sta nel fatto di poter sfruttare lo sviluppo in serie di potenze
per trarre numerose informazioni sullandamento della funzione, sulle sue proprieta qualitative, e,
piu in generale, di poter effettuare i calcoli con funzioni di tipo polinomiale anziche con lespressione
generalmente difficile da trattare di f.
Si pongono naturalmente tre problemi:
1. Trovare un criterio comodo che permetta di riconoscere se e dove una data funzione f e
analitica.
3. Deerminare il raggio di convergenza della serie di potenze che rappresenta f nei dischi di
centro z0 .
Discussione Condizioni necessarie. Dalla definizione di analiticita e dai risultati precedenti seguono subito queste
considerazioni:
a) La funzione f deve essere derivabile in senso complesso in D(f) e quindi deve soddisfare le condizioni
di Cauchy-Riemann: cio segue dal teorema 1.7.
a) Meglio ancora, la funzone f deve avere le derivate di ogni ordine.
b) I coefficienti ak sono univocamente determinati da f dalle formule (1.87) e (1.88) (quindi il problema
posto dal punto 2 e gia stato risolto...).
c) Se z1 e un punto di discontinuita (per esempio perche |f| tende a per z z1 ) il raggio di convergenza
della serie di potenze di centro z0 che rappresenta f non puo superare la distanza |z1 z0 |.
f (k) (z0 ) 1 dz
I
ak := = f(z)(z z0 )k , 0 < < r. (1.103)
k! 2i C (z0 ) z z0
1.6 Approfondimenti
Derivate parziali e condizioni di Cauchy-Riemann. Cominciamo dalla (semplice) dimostrazione
del teorema 1.5. Ricordiamo che le derivate parziali di f rispetto a x o a y nel punto z0 := x0 + iy0 sono definite da
f f(x + iy0 ) f(x0 + iy0 )
(z0 ) := lim , (1.105)
x xx0 x x0
f f(x0 + iy) f(x0 + iy0 )
(z0 ) := lim . (1.106)
y yy0 y y0
Ebbene, la grande novita della definizione di derivata secondo la (1.81) e contenuta nel seguente risultato
Dimostrazione Cominciamo a dimostrare che la (1.81) implica la (1.78); per questo basta ricordare che lesistenza del limite
per funzioni di due variabili implica lesistenza dei limiti lungo ogni direzione, in particolare quelli ottenuti
tenendo costante una delle due variabili e lasciando libera laltra. Cos si ha
f(x + iy0 ) f(x0 + iy0 ) f(x0 + iy) f(x0 + iy0 )
f (z0 ) = lim = lim . (1.107)
xx0 x x0 yy0 i(y y0 )
Tenendo conto della (1.106) si ottiene la (1.78), con lulteriore informazione che
f
f (z0 ) = (z0 ). (1.108)
x
Per dimostrare limplicazione opposta, serve ricordare che lesistenza delle derivate parziali continue implica
la differenziabilita in ogni punto di f per cui
f(x + iy) f(x0 + iy0 )
f f (1.109)
= (x0 + iy0 )(x x0 ) + (x0 + iy0 )(y y0 ) + o(|x x0 + i(y y0 )|)
x y
Sostituendo nella formula la (1.78) e ricordando che z = x + iy, z0 = x0 + iy0 si ottiene
f
f(z) f(z0 ) = (z0 )(x x0 + i(y y0 )) + o(|z z0 |)
x (1.110)
f
= (z0 )(z z0 ) + o(|z z0 |).
x
Dividendo entrambi i membri per z z0 e passando al limite, si ottiene lesistenza della derivata in senso
complesso, nonche la (1.108).
Le relazioni di Cauchy-Riemann si capiscono meglio se si considera la derivata di f lungo una qualunque direzione
del piano complesso: fissato cioe un versore ei si vede facilmente che
f f(z0 + ei ) f(z0 ) f
(z0 ) := lim = ei f (z0 ) = ei (z0 ), (1.111)
ei 0 x
cioe se la direzione lungo cui si calcola la derivata ruota di un angolo anche la corrispondente derivata risulta
ruotata del medesimo angolo; si capisce allora il significato del coefficiente i delle relazioni di Cauchy-Riemann.
Trasformazioni conformi. Questa proprieta di commutare con le rotazioni puo essere espressa ancor
piu efficacemente dalla nozione di conformita. Consideriamo due curve regolari t (a, b) 7 zi (t), i = 1, 2 che per
t = t0 passano per il punto z0 ; i loro vettori tangenti ti := zi (t0 ) formano in z0 un angolo di ampiezza
:= arg(z1 (t0 )/z2 (t0 )) (1.112)
Corrispondentemente le curve immagini t 7 f(zi (t)) per t = t0 passano per f(z0 ) ed i loro vettori tangenti sono
dati dalla formula (1.84)
ti = f (z0 )zi (t0 ) = f (z0 )ti (1.113)
Se f (z0 ) 6= 0 si vede facilmente che langolo tra t1 e t2 e ancora
arg(f (z0 )z1 (t0 )/f (z0 )z2 (t0 )) = arg(z1 (t0 )/z2 (t0 )) = , (1.114)
cioe la trasformazione f conserva la misura degli angoli: applicazioni di questo tipo si chiamano anche conformi, e
non sarebbe difficile dimostrare che la conformita e di fatto equivalente allolomorfia.
Teorema 1.18 Sia f : D(f) C olomorfa, z0 un punto di D(f) e f (z0 ) 6= 0. Allora esiste un disco B di raggio
e centro w0 := f(z0 ) ed ununica funzione olomorfa g : B D(f) tale che
g(w0 ) = z0 , f(g(w)) = w, w B. (1.120)
Inoltre si ha la formula
1
g (w) = , w B. (1.121)
f (g(w))
Esercizio Dimostrare che la matrice derivata Df di una funzione olomorfa e il prodotto di |f | per una matrice ortogonale
con determinante 1. Trovare cos unaltra dimostrazione che f e conforme.
Osservazione 1.19 Se f e olomorfa in , i campi g e h sono irrotazionali! Essendo piani, basta scrivere la terza
componente del rotore: nel caso di g si ha
g 2 g 1 v u
= =0
x y x y
grazie alle condizioni di Cauchy-Riemann; analogamente, per h si ottiene
h2 h1 u v
= = 0.
x y x y
Questa espressione porta direttamente alla dimostrazione del Teorema di Cauchy 1.100.