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ALESSIO BOTTONE
Leggendo, in data 21 aprile 2017, l'articolo La 'Virt sconosciuta' e la forma dialogica (in Critica
letteraria, 172, 2016) di Alessio Bottone, estratto dell'Elaborato finale di Laurea magistrale
nell'anno accademico 2014/2015, sono stato colto a un tempo da letizia e da perplessit. Letizia,
perch non pu non fare piacere che il proprio nome venga fatto per ben nove volte su un totale
di quattordici pagine altrui. Non pu non riempirci di orgoglio che qualcuno abbia sentito di non
poter prescindere dall'analisi che abbiamo offerto di un'opera letteraria. Tutto questo
lusinghiero, e ringrazio.
Ci che fa meno piacere constatare che altri abbia attinto al nostro lavoro (compresi
collazionando i due testi), per, qua e l, abbia preteso di rinvenirvi forzature o manchevolezze
Una prima parentesi, prima di continuare. Sarebbe forse buona norma, quando si
consegna una bozza alla redazione di una rivista, dare una controllatina dell'ultimo minuto al
web per il cosiddetto aggiornamento bibliografico. Dico questo, perch tra il marzo e il maggio
del 2015 diedi alle stampe, per i tipi di Nuova Cultura casa editrice romana che non lesina in
pubblicizzazioni ed estensioni on line un volumetto (E carmi e prose in vario stil. Alfieri e i generi
non teatrali) ove il mio articolo apparso nel numero 2011 de La Parola del testo, con nuovo
potuto pronunciarsi sulla scorta delle ultime volont dell'autore-critico da lui tanto spesso
evocato.
Seconda parentesi. Mi permetto di condividere col sig. Bottone un consiglio datomi anni fa
esiste un galateo, non scritto ma non per questo meno auspicabile, per cui sarebbe meglio
pignoleria atte a sindacare sulla compiutezza del lavoro di ricerca altrui. Io stesso non nego che
nelle versioni primigenie dei miei primi scritti mi sia capitato di cedere a simili tendenze. Ma poi
ho ritenuto di dovermene guardare bene e di dare risoluto seguito a certi inviti all'umilt, al fair
play, e sfido chiunque a ravvisare in quanto pubblicato a mio nome anche solo una riga di
me per et e del cui ingegno (efficacia linguistica inclusa) ho usufruito, denunciandone sempre
Veniamo ora alle asserite falle del mio studio sulla Virt sconosciuta. Si lamenta che io non
abbia fatto tema portante del mio scritto l'appartenenza dell'operetta alfieriana al canone
primo che si posto pubblicamente il problema e l'ha affrontato senza glissare. Secondariamente,
quando si riduce ad articolo una tesi (work in progress per sua stessa natura magmatico)
inevitabile che quello che in origine poteva essere un capitolo venga compresso in paragrafo. Il
sig. Bottone dovrebbe saperlo quanto me. Andando a caccia di informazioni per capirne un po' di
pi sul genere del dialogo filosofico, mi sono imbattuto, all'insegna della pi pura serendipit,
nei contributi di Mulas, Pignatti e Forno; incrociandoli emersa una tassonomia (dialogo
produttivit ho voluto saggiare sull'operetta prosastica di Vittorio Alfieri; ho poi trattato della
l'eziologia con i raffronti che ho giudicato pi sensati e pertinenti, quelli con un sonetto delle
Rime e con l'Etruria vendicata (raffronti rivisitati, guarda caso, dallo stesso sig. Bottone,
ovviamente senza rinvii puntuali al mio studio); comparando la parte in prosa con la collana di
sonetti allegata ho dichiarato, citando Forno, che il dialogo incorpora in pi il discorso sulle arti
estensibile' distintivo del genere dialogico (p. 135); ho interpretato la scelta di sostituire il
nomignolo affettuoso Checco della redazione manoscritta con il pi formale Gori quale
volont di attestarsi su una linea di dialogo serio, non comico (cfr. p. 136). Mi pare che ciascuno
degli snodi della mia dissertazione mirasse esattamente al riconoscimento delle connessioni col
genere dialogico. Quanto avrei dovuto dilungarmi voglio dire, in termini di numero di righe o
pagine per saziare la fame cognitiva del sig. Bottone sull'argomento, per venire incontro alle
esordiente, entrare nel merito dell'indirizzo speculativo che ha inteso assumere un altro
ricercatore, peraltro con qualche annetto in pi di pratica? Il mio fine era quello di sondare la
Virt sconosciuta in una prospettiva unitaria integrando gli aspetti strutturali, retorici,
interdiscorsivi, intertestuali e variantistici di tale composizione letteraria. Non rientrava nel mio
progetto il dialogo filosofico tout court. cos disdicevole preferire circoscrivere il campo di una
ma senza la consapevolezza della provenienza ciceroniana. Si rilegga per intero ci che avevo
(poich strutturato in modo da simulare una contemporaneit fra azione e lettura) e una
'disputatio perpetua' (data la cospicua estensione della maggior parte dei turni conversazionali).
Dal punto di vista contenutistico un dialogo civile, poich loggetto principale del colloquio, la
'condotta privata in tempi di dispotismo', non teoretico ma pratico, e dottrinale, dal momento
che le domande sono rivolte unilateralmente dal discepolo (Vittorio) alla guida spirituale
(Francesco) [...]. Alfieri ebbe cos modo di confrontarsi con unampia gamma di tipologie
dialogiche []. Alfieri pu aver giudicato pi conforme al proprio gusto la soluzione mimetica
Aretino e Luciano; da Cicerone pu aver recepito il modello di dialogo dottrinale (pp. 123-124).
E su quest'ultima parola si agganciava la nota 14, al cui interno vi scritto: Tale ipotesi sembra
vacillare alla luce di come Alfieri traduce un participio presente del proemio del 'Cato maior'.
[...]. Non si pu escludere, pertanto, che limpronta dottrinale sia stata conferita a 'La virt
sconosciuta' da Alfieri senza la chiara consapevolezza che si trattasse di unopzione offerta dalla
tradizione del genere dialogo (pp. 124-125). Riassumendo: ho sostenuto che in relazione a taluni
parametri (presenza o meno di verba dicendi incornicianti, estensione e frequenza delle battute,
tenore tematico, orientamento del vettore domanda-risposta) quello alfieriano sia al contempo un
dialogo mimetico, perpetuum, civile e anche dottrinale; in relazione alle ascendenze ho usato non
casualmente il verbo servile potere, che a casa mia indica probabilit, non certezza
problematica (io stesso ammetto che questa ipotesi passibile di smentita); non dico che Alfieri
non ebbe consapevolezza, ma che non si pu escludere l'eventualit di una sua non chiara
altrui: non si pu lasciare intendere che qualcuno abbia emesso un giudizio sommario,
banalizzante, o sia stato tranciante su una questione, quando, al contrario, era stato ben attento a
occorrenze lessicali distribuite lungo le mie prime due pagine e soprattutto in nota, luogo
decisivi. Pochino per insinuare che io abbia enfatizzato ci che si configura come un mero rilievo
Ora, io non voglio qui arrogarmi il diritto di pontificare su come si debba fare critica
letteraria. Conscio della mia umana fallibilit provo ad esercitarla con passione, seriet e rigore,
ma non ho i titoli per disquisirne in astratti termini metodologici o deontologici. Tuttavia ritengo
di avere tutto il diritto di intervenire quando si tira in ballo una mia opera intellettuale (nata non
certo dalla sera alla mattina e, bench all'insegna di una pressoch totale autonomia euristica e
adulterarne altre quando non risulto pi comodo, non la trovo una cosa molto corretta e non mi
DAMIANO D'ASCENZI