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Appunti di

Fondamenti di Automatica
Universita del Salento, AA 2016-2017
Giovanni Indiveri

Universita del Salento - DII,


Dipartimento di Ingegneria dellInnovazione,
Via Monteroni,
73100 Lecce, Italia

giovanni.indiveri@unisalento.it

29 settembre 2016

Sommario
Queste note sono da intendersi come integrative e non sostitutive rispetto ai
libri di testo consigliati ed agli appunti delle lezioni e si riferiscono esclusivamente
allanno accademico indicato. Si ringrazia anticipatamente per le segnalazioni di
eventuali errori la cui assenza non e in alcun modo garantita.

1 Il programma del corso


Il corso mira a fornire i concetti e gli strumenti metodologici di base per lanalisi e la
sintesi di sistemi di controllo a tempo continuo, lineari, tempo invarianti a singolo in-
gresso e singola uscita. Si prevede che il programma del corso copra i seguenti punti:

Introduzione al corso ed ai concetti fondamentali


Lo schema del controllo ad azione diretta ed in retroazione: considerazioni generali.
Richiami generali al concetto di sistema. Introduzione al concetto di robustezza ai
disturbi e alle variazioni parametriche degli impianti. Richiami sulle equazioni differen-
ziali e loro classificazione. Richiami sul concetto di equilibrio e di stabilita per equazioni
differenziali autonome. Stabilita e convergenza nel caso di equazioni lineari e non lineari.

Modelli per lo studio dei sistemi di controllo.


Richiami sulla modellistica ingresso/uscita e nello spazio degli stati. Richiami sulle
trasformate di Laplace e loro uso per la soluzione di equazioni LTI. La funzione di tra-
sferimento e la trasformata della risposta libera. Introduzione allalgebra dei blocchi
ed analisi di sistemi interconnessi. Riduzione di schemi a blocchi. Esame preliminare
del sistema in retroazione elementare. Riduzione degli schemi a blocchi per sistemi in-
terconnessi. Introduzione ai sistemi del secondo ordine. Introduzione alla formulazione
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standard in termini di pulsazione naturale e coefficiente di smorzamento. Analisi dimen-


sionale.

I sistemi elementari del primo e secondo ordine nel dominio del tempo.
Risposte indiciali ed impulsive dei sistemi elementari del primo e secondo ordine. Intro-
duzione al concetto di poli dominanti. Introduzione allanalisi del ruolo degli zeri.

Analisi armonica e diagrammi polari.


Analisi armonica. La funzione di risposta armonica, i diagrammi di Bode ed i diagram-
mi polari. Regole di tracciamento ed analisi dei sistemi elementari del I e del II ordine
in frequenza. Analisi del ruolo degli zeri. Introduzione ai sistemi a fase non minima.
Effetto di ritardi finiti.

La stabilita dei sistemi in retroazione.


Introduzione al concetto ed allo studio della stabilita in retroazione. Il criterio di Ny-
quist. Il concetto della robustezza. I criteri del margine di fase e di guadagno. Il criterio
della pendenza o di Bode. Generalizzazione del criterio del margine di fase per sistemi
instabili. Il criterio di Routh-Hurwitz.

Le specifiche dei sistemi di controllo e la sintesi dei regolatori.


Le specifiche dei sistemi di controllo nel dominio del tempo e della frequenza. Prestazio-
ni statiche e dinamiche. Reiezione dei disturbi e sensitivita a variazioni parametriche.
Cenno al ruolo del trasduttore. Il luogo delle radici. La sintesi in frequenza o loop
shaping. Le reti standard: reti ad anticipo di fase, reti a ritardo di fase, reti PID. La
sintesi in frequenza per sistemi a fase non minima e per impianti instabili. Limitazioni
alla prestazioni ottenibili per impianti a fase non minima o instabili.

Schemi avanzati di controllo.


Architetture a doppio anello. Il problema del wind-up e approcci alla sua gestione.
Introduzione al predittore di Smith. Implementazione di regolatori PID con derivata
delluscita e retroazione tachimetrica. Considerazioni finali sul corso.

Le lezioni sarrano corredate da esercizi ed esempi svolti in aula.

Il programma effettivo potra subire piccole variazioni in funzione di approfondimenti su


temi specifici o per altre esigenze didattiche. Il programma dettagliato per lesame di
valutazione sara reso disponibile in forma di diario delle lezioni sul sito del corso.

Testi di riferimento sono:


Karl J. Astrom and Richard M. Murray, Feedback Systems, Princeton University
Press 2008 (online in formato elettronico sul sito degli autori).

Giovanni Marro, Controlli Automatici, Zanichelli editore.

P. Bolzern, R. Scattolini, N. Svchiavoni, Fondamenti di Controlli Automatici,


McGraw-Hill editore, 1998.
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2 Richiami sui numeri complessi

zC = z = a + i b : i2 = 1
p
z = a + i b = |z|ei : |z| = a2 + b2 , = arg(z)
z = a i b = |z|ei
zz = |z|2 = a2 + b2
s  
1 1
r
1 1 1 1 1 1
v= = = |v| =
=
= = ,
z z z z zz zz |z|
arg(v) = arg(z)
z = a + i b arg(z) = atan2(b, a) 6= arctan(b/a) (attenzione!)

3 Equazioni differenziali
Le equazioni differenziali sono alla base dei modelli matematici di moltissimi fenomeni
naturali e sistemi artificiali di interesse, in particolare nellambito della teoria del con-
trollo. In linea con la notazione piu diffusa, indicheremo con un punto sopra a ciascuna
variable la sua derivata prima rispetto al tempo, con due punti la derivata seconda e
con un esponente tra parentesi tonde le derivate di ordine superiore, i.e.
dy
y
dt
d2 y
y 2
dt
dh y
y (h) h : h > 2.
dt
Detto n lordine di derivazione massima della funzione incognita y(t) che compare in
una data equazioni differenziali, questa si puo in generale rappresentare come:

y (n) = f (y (n1) , . . . , y, u, t) (1)

essendo la funzione incognita y(t) luscita della equazione e la funzione nota u(t) lin-
gresso. Equazioni differenziali invarianti per traslazioni temporali, ovvero tali per cui
f
= 0,
t
vengono dette tempo invarianti, equazioni (o sistemi) indipendenti da ingressi esterni
u(t)
y (n) = f (y (n1) , . . . , y, t)
vengono dette autonome ed equazioni dipendenti dalla sola uscita incognita

y (n) = f (y (n1) , . . . , y)

vengono dette autonome tempo invarianti. Altri criteri di classificazione delle equazioni
differenziali si riferiscono alla natura lineare o meno della funzione f () rispetto agli
ingressi u(t) ed alle uscite y(t) ed alla presenza o meno di derivate parziali di y(t) o u(t).
Equazioni differenziali in cui non compaiano derivate parziali vengono dette ordinarie.
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A meno che non sia diversamente specificato, nel seguito le funzioni di ingresso e uscita
saranno intese essere scalari reali di variabile scalare reale.
Esempio
y
y(x, t) = 3t + + y 2 (x, t)
x
eq. diff. alle derivate parziali, non lineare, tempo variante, autonoma

y (4) = y + sin(y)
eq. diff. ordinaria del quarto ordine non lineare, tempo invariante, autonoma

y(t) = u(t) y 2 (t)


eq. diff. ordinaria del primo ordine non lineare, tempo invariante, non autonoma

y(t) = u(t) y(t) + 7y(t)


eq. diff. ordinaria del secondo ordine lineare, tempo invariante, non autonoma

Le tecniche di soluzione (integrazione) delle equazioni differenziali, cos come i teoremi di


esistenza ed unicita delle soluzioni, dipendono sensibilmente dalla particolare categoria
di equazioni di interesse, ma quale che essa sia le eventuali soluzioni dipenderanno
sempre da un numero di condizioni al contorno pari allordine della equazione. Spesso
le condizioni al contorno sono specificate allistante iniziale t0 in cui si inizializza il
sistema. In questo caso si parla di condizioni iniziali. I sistemi naturali o artificiali
descritti da equazioni differenziali sono detti sistemi dinamici: nel seguito, quando non
diversamente specificato, il termine sistema si riferira ad un sistema dinamico, ovvero
ad una equazione differenziale.

3.1 Punti di equilibrio e stabilita


Si consideri un sistema del primo ordine autonomo e tempo invariante

y = f (y). (2)

Un particolare valore iniziale y(t0 ) = yeq di y(t) tale per cui

f (yeq ) = 0 (3)

e detto punto di equilibrio in quanto se il sistema viene inizializzato in y = yeq , allora l


rimane per tutti i tempi futuri. Per un sistema autonomo tempo invariante di ordine n

y (n) = f (y (n1) , . . . , y, y)

si puo parlare di configurazione di equilibrio (y (n1) (t0 ), . . . , y(t0 ), y(t0 )) = (0, . . . , 0, yeq )
quando
f (0, . . . , 0, yeq ) = 0
che implica la permanenza nel punto yeq per tutti i tempi futuri. Tornando, senza ledere
la generalita della discussione, ai sistemi del primo ordine, si noti che dato un punto di
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equilibrio generico yeq e possibile traslare la variabile y in modo da portare lequilibrio


nellorigine. Infatti, data lequazione (2) ed il suo equilibrio yeq (3), si puo sempre porre

z(t) y(t) yeq = z(t) = y(t) =


z(t) = f (z(t) + yeq )

che ha un punto di equilibrio in z(t) = 0: alla luce di questa considerazione nella


formulazione dei teoremi e dei risultati circa le equazioni differenziali e abituale riferirsi
al punto di equilibrio come se fosse sempre nellorigine. Si noti che non tutte le equazioni
differenziali ammettano punti di equilibrio, es. y(t) = 2. Circa lunicita dei punti di
equilibrio (quando esistono), si noti come sia necessario distinguere tra il caso delle
equazioni lineari e quelle non lineari. Le equazioni differenziali (ordinarie) lineari sono
del tipo
h1
X m
X
y (h) = aj y (j) + bl u(l) : aj , bl sono costanti reali j, l (4)
j=0 l=0

e vengono dette omogenee se bl = 0 l, ossia se non dipendono da alcun ingresso u(t).


Dalla linearita di questa equazione segue se i segnali y1 (t), u1 (t) e y2 (t), u2 (t) risolvono
rispettivamente la (4), anche qualunque combinazione lineare del tipo

y3 (t) = y1 (t) + y2 (t)

u3 (t) = u1 (t) + u2 (t)


e ancora soluzione. Da qui segue che se una equazione omogenea ha due configurazioni di
equilibrio distinte, allora ogni loro combinazione lineare sara ancora una configurazione
di equilibrio. Dunque le equazioni differenziali lineari del tipo (4) non ammettono punti
di equilibrio isolati. Al contrario equazioni differenziali non lineari possono ammettere
equilibri isolati, eventualmente anche in numero infinito come ad esempio per:

y = (y yeq1 )(y yeq2 )


y = sin(y(t))

che ammettono punti di equilibrio rispettivamente in y = yeq1 , y = yeq2 ed in y = n :


n = 0, 1, 2, . . ..
Una importante proprieta dei punti di equilibrio e la loro stabilita. Vediamo dap-
prima informalmente a cosa si riferisca questo concetto. Come visto, un punto (o una
configurazione) di equilibrio e tale per cui un sistema l inizializzato non evolve ulterior-
mente nel tempo. Puo essere di grande rilevanza capire cosa succeda se il sistema venga
inizializzato vicino ad uno suo equilibrio, ma non esattamente in esso. Tipicamente
possono verificarsi tre situazioni:

che il sistema evolva nelle vicinanze del punto di equilibrio - e di quello da cui e
partito - per tutti i tempi futuri senza necessariamente mai assestarsi nellequilibrio

che il sistema evolva inizialmente nelle vicinanze del punto di equilibrio - e di


quello da cui e partito - (regime transitorio) per poi asintoticamente assestarsi
nellequilibrio, i.e. convergere sullequilibrio (regime permanente)
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che il sistema evolva allontanandosi indefinitamente dal punto di equilibrio (e da


quello di partenza) nonostante fosse stato avviato nei pressi dellequilibrio.

Queste tre situazioni corrispondono ad equilibri detti rispettivamente marginalmente


stabili (o semplicemente stabili), asintoticamente stabili ed instabili. Quando un punto
di equilibrio viene detto stabile (senza altri aggettivi), si intende marginalmente ( o
semplicemente) stabile. Un esempio concreto di equilibrio asintoticamente stabile, in-
stabile e semplicemente stabile puo essere quello della ascissa y(t) di una pallina libera
di rotolare lungo un profilo curvo come schematizzato in figura (1) essendo soggetta ad
attrito ed alla accelerazione di gravita. Si noti che a volte, specie nellambito di appli-
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx

yeq
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx

yeq xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
yeq
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx

Figura 1: Da sinistra verso destra: equilibrio asintoticamente stabile, instabile,


marginalmente stabile (o indifferente).

cazioni meccaniche, gli equilibri marginalmente stabili vengono anche detti indifferenti.
Formalmente, dato un sistema del primo ordine autonomo tempo invariante avente un
equilibrio in y = yeq
y(t) = f (y(t)) : f (yeq ) = 0
questo e detto semplicemente stabile se

Def. di semplice stabilita

 > 0  > 0 : |y(t0 ) yeq | <  = |y(t) yeq | <  t t0 .

In parole cio significa che esiste sempre un intorno dellequilibrio (|y(t0 ) yeq | <  )
a partire dal quale levoluzione di y rimane comunque arbitrariamente vicina ad yeq
per tutti i tempi futuri. Si tratta dunque di una sorta di continuita di y(t) rispetto le
condizioni iniziali in un intorno dellequilibrio yeq .

Def. di asintotica stabilita


Un equilibrio yeq semplicemente stabile per il quale  della definizione di stabilita
semplice possa sempre essere scelto tale per cui

lim y(t) = yeq


t

si dice asintoticamente stabile.

In pratica si tratta di un equilibrio stabile tale per cui se il sistema viene avviato ad
esso sufficientemente vicino, luscita y(t) converge su esso. Si noti che in base a questa
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definizione la convergenza asintotica di y(t) ad yeq non e sufficiente a qualificare yeq come
un equilibrio asintoticamente stabile, ma e anche necessario che yeq sia semplicemente
stabile. Si noti inoltre che dato un equilibrio yeq asintoticamente stabile la asintotica
convergenza di y(t) ad yeq potrebbe non verificarsi per particolari valori della condizione
iniziale y(t0 ), tipicamente potrebbe esserci una soglia tale per cui se |y(t0 ) yeq |
allora limt y(t) 6= yeq . Linsieme delle condizioni iniziali y(t0 ) che garantiscono la
convergenza asintotica su yeq individuano il cos detto bacino o dominio di convergenza.
Quando questo insieme e limitato, la convergenza si dice locale e quando si estende a
tutti i possibili valori di y la convergenza si dice globale.

Def. di globale asintotica stabilita


Un equilibrio yeq semplicemente stabile per il quale

lim y(t) = yeq y(t0 )


t

si dice globalmente asintoticamente stabile.

Esempi

y = y + 3 = y(t) = (y0 + 3)e(tt0 ) 3


yeq = 3 equilibrio instabile

y = y 3 = y(t) = (y0 + 3)e(tt0 ) 3


yeq = 3 equilibrio globalmente asintoticamente stabile

y = (y 3)(1 y/10)
yeq = 3 equilibrio localmente asintoticamente stabile
yeq = 10 equilibrio instabile

y = y : y |t=t0 = 0 = y(t) = y0 cos(t)


yeq = 0 equilibrio marginalmente stabile

y = 0 = y(t) = y0
yeq = y0 y0 equilibri marginalmente stabili

y0 1
y = y 2 = y(t) = =
y0 (t t0 ) + 1 t t0 + 1/y0
yeq = 0 equilibrio instabile

Dalle definizioni viste, risulta che i sistemi con un equilibrio globalmente asintoticamen-
te stabile tendano a dimenticare la particolare condizione iniziale da cui si e avviata
la loro evoluzione. Infatti quale che fosse y(t0 ), nel limite per t che tende allinfinito
levoluzione del sistema si assesta sullequilibrio. In altri termini ipotizzando di essere
interessati al solo regime permanente di un sistema globalmente asintoticamente stabi-
le, poco importa quale fosse la specifica condizione iniziale da cui esso sia partito. Al
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contrario, la dinamica di un sistema con un equilibro instabile ha un comportamento


asintotico che dipende drammaticamente dalla condizione iniziale: infatti se essa dovesse
coincidere perfettamente con lequilibrio (y(t0 ) = yeq ) allora levoluzione rimarra conge-
lata in y(t) = yeq per tutti i tempi t t0 , ma altrimenti se la condizione iniziale dovesse
discostarsi di una quantita anche infinitesima dallequilibrio (|y(t0 )yeq |  > 0), allora
y(t) potra assumere valori arbitrariamente lontani da yeq ed eventualmente anche diver-
gere. Per denotare che la dinamica di un certo sistema nei pressi di un suo equilibrio e
molto sensibile alla particolare condizione iniziale da cui levoluzione comincia, si dice
che lequilibrio e poco robusto rispetto le condizioni iniziali. Alla luce di quanto visto,
gli equilibri instabili, marginalmente stabile, localmente asintoticamente stabili e global-
mente asintoticamente stabili sono via via di natura piu robusta rispetto le specifiche
condizioni iniziali da cui il sistema inizia ad evolvere.

Figura 2: P. A. M. Dirac nel 1960

4 Equazioni differenziali ordinarie lineari


La delta di Dirac (da Paul Adrien Maurice Dirac, 1902-1984) non e una vera e propria
funzione nel senso piu comune del termine, ma una distribuzione o funzione generalizza-
ta. Essa e definibile implicitamente come quella quantita (t) tale che per ogni funzione
continua f : R R valga:
Z +
f ( )(t )d = f (t). (5)

Da questa definizione si puo anche dedurre che:


Z + Z +
f ( )(t )d = f (t )( )d = f (t) (6)

Z +
( )d = 1 (7)

per ogni funzione continua f (t). Dalle equazioni (6) e (7) segue in particolare che la
di Dirac non sia adimensionata, ma abbia dimensioni inverse rispetto quelle del suo
argomento. Per esempio se t indica un tempo espresso in secondi [t] = s, allora la (t)
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ha le dimensioni degli Hertz, [] = s1 . Alla luce delle equazioni (5)-(7), in termini


intuitivi la (t) puo essere pensata come una funzione nulla ovunque tranne nellorigine
dove e indefinita e tale che il suo integrale su un intervallo contenente lorigine sia 1.
Poiche il supporto della (t) e la sola origine t = 0, vale anche che:
Z +b
( )d = 1 : a, b > 0 (8)
a

La (t) puo anche essere pensata come la derivata (generalizzata) della funzione a gradino
unitario u(t) (a volte indicato come 1(t)) dato da

0 t<0
u(t) = (9)
1 t0

Si consideri a questo proposito la funzione sigmoide


1 1
u (t) = + arctan(t) (10)
2
avente grafico riportato in (3). Per ogni > 0, essa tende rispettivamente a 0 ed 1 per
1

0.9 =1
=2
=3
0.8 =4

0.7

0.6
u (t)

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

0
5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5
t

Figura 3: Sigmoide di equazione (10) con = {1, 2, 3, 4}.

t tendente a e + ed ha derivata data da:


d 1
u (t) = u (t) = (11)
dt 1 + 2 t2
il cui grafico e riportato in figura (4). La pendenza della sigmoide nellorigine u (t)|t=0 =
/ aumenta linearmente con , mentre lintegrale di u (t) esteso da a + vale
sempre 1 per ogni > 0. Al tendere di la u (t) tende alla funzione (discontinua)
a gradino u(t) e la sua derivata u (t) tende alla delta di Dirac la cui rappresentazione
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1.4

=1
1.2 =2
=3
=4

0.8
du/dt

0.6

0.4

0.2

0
5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5
t

Figura 4: u (t) di equazione (11) con = {1, 2, 3, 4}.

grafica e una freccia parallela allasse delle ordinate come illustrato in figura (5). Ossia
risulta che

lim u (t) = u(t) (12)



lim u (t) = (t) (13)

in questo senso possiamo accettare ed interpretare la spesso usata formulazione in ba-


se alla quale la delta di Dirac sia la derivata del gradino (discontinuo e dunque non
derivabile nel senso classico). La (t) di Dirac e la funzione a gradino sono di notevo-
le importanza per il calcolo delle soluzioni di equazioni differenziali lineari. Sia data
lequazione differenziale lineare a coefficienti costanti:

dn y dn1 y dm u dm1 u
an n
+ an1 n1 + . . . + a0 y = bm m + bm1 m1 + . . . + b0 u (14)
dt dt dt dt
an 6= 0 : n = ordine della equazione, m n
y(t) uscita , u(t) ingresso assunto noto.

La linerita segue dallosservare che se la (14) e risolta per (y1 , u1 ) e (y2 , u2 ), allora lo sara
anche per (y1 + y2 , u1 + u2 ). La costanza dei coefficienti, daltra parte, garantisce
la tempo invarianza della equazione ossia la sua indipendenza dalla scelta dellorigine
t0 della scala dei tempi, convenzionalmente assunta in zero, t0 = 0. La risoluzione della
equazione (14) richiede la conoscenza, oltre che dellingresso u(t) t 0, anche delle
n condizioni iniziali:
d2 y(t)

d y(t) (1)
y(t)|t=0 = y(0 ), = y (0 ), = y (2) (0 ), . . . (15)
dt t=0 dt2 t=0
dn1 y(t)

... = y (n1) (0 ) (16)
dtn1 t=0
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1.2

1 Unit step function

0.8

0.6

0.4

0.2

0
4 3 2 1 0 1 2 3 4 5

1.5

1
(t)
0.5

0.5
5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5

Figura 5: u (t) e la sua derivata nel limite .

della variabile di uscita y. Si noti che lingresso u(t), detto anche segnale forzante, e
assunto essere identicamente nullo per t < 0. In pratica si puo immaginare di accendere
lingresso allistante iniziale t0 = 0 e studiare luscita che ne segue. Prima dellistante
iniziale t0 = 0 la forzante era spenta, i.e. nulla. In questo ambito, allora, e necessario
che per la corretta risoluzione della (14) le condizioni iniziali sulluscita y siano relative
allistante immediatamente precedente quello in cui si applica la forzante, ossia in t = 0
come evidenziato in (15),(16). La soluzione della equazione (14) puo sempre essere
pensata come la somma di due termini: la soluzione della equazione omogenea associata

dn y dn1 y
an + a n1 + . . . + a0 y = 0 (17)
dtn dtn1
piu una soluzione particolare della (14) tale che la somma di questi due contributi soddisfi
anche le condizioni iniziali (15),(16). Una particolare scelta per questi due addendi e di
risolvere la omogenea associata (17) con condizioni al contorno (15),(16) e di selezionare
come soluzione particolare della (14) quella corrispondente a condizioni iniziali nulle.
La soluzione della omogenea associata (17) con condizioni iniziali (15),(16) viene detta
evoluzione libera yl (t), mentre la soluzione particolare della (14) con condizioni iniziali
nulle viene detta evoluzione forzata yf (t). Dalla definizione stessa delle evoluzioni libera
e forzata risulta che la soluzione complessiva

y(t) = yl (t) + yf (t)

soddisfi sicuramente le condizioni iniziali (15),(16). Si noti che la possibilita di scomporre


la soluzione generale in questa somma e dovuta alla linearita della equazione (14).
La evoluzione libera yl (t) si calcola sfruttando la teoria delle equazioni defferenziali
ordinarie omogenee. In particolare con riferimento alla equazione (17) si definisce il
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polinomio caratteristico della equazione come


n
X
ah s h = 0 (18)
h=0

le cui r n radici distinte pj C : j [1, r] costituiscono gli zeri della equazio-


ne. Indicando con k la molteplicita della radice k-esima, per il teorema fondamentale
dellalgebra vale
Xr
k = n
k=1

essendo r il numero di radici distinte di (18). La soluzione della equazione omogenea


(17) e data da
r Xk 1
X th pk t
yo (t) = ck, h e : ck, h C, (19)
h!
k=1 h=0
ossia e una combinazione lineare a coefficienti complessi di funzioni a valori complessi
m(t) = tk ept /k! : k N, p C dette modi della risposta libera. I coefficienti della
combinazione lineare sono determinati dalle condizioni iniziali (15),(16) ed una volta
calcolati determinano leffettiva risposta libera yl (t). Si noti che se una radice del poli-
nomio caratteristico p ha parte immaginaria non nulla, anche il suo complesso coniugato
sara sicuramente uno zero della equazione; in virtu di cio si verifica che il risultato del-
le sommatorie in equazione (19) dove ck, h C, m(t) C dia sempre luogo ad una
risultante yo (t) puramente reale. I modi funzionali m(t) possono essere di tre tipi:
convergenti

limitati

divergenti

Esempio

y + 2n y + n2 y = 0
y(0 ) = 1, y(0 ) = 1/2 condizioni iniziali
2
s + 2n s + n2
= 0 polinomio caratteristico
 p 
p = n 2 1 zeri della equazione caratteristica
y(t) = c1 ep+ t + c2 ep t = c1 + c2 = 1
y(t) = p+ c1 ep+ t + p c2 ep t = p+ c1 + p c2 = 1/2
si calcolino p , c1 , c2 , y(t) per n = 1 e = 1/2, 2, 1/2, 1, 2, 0

Per calcolare la evoluzione forzata e utile introdurre lintegrale di convoluzione:


Z +
(f g) (t) := f (t )g( )d (20)

Simmetria:

(f g) (t) = (g f ) (t) (21)


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infatti definendo la variabile z = t lequazione (20) puo essere scritta come


Z
(f g) (t) = f (z)g(t z)(dz) =
+
Z +
= g(t z)f (z)dz = (g f ) (t). (22)

Limitandosi a considerare funzioni identicamente nulle nellinsieme aperto (, 0) lin-


tegrale di convoluzione varra:
(
0 :t<0
(f g)(t) = R t+ (23)
0 f (t )g( )d : t 0

dove gli estremi di integrazione sono stati fissati in 0 e t+ piuttosto che in 0 e t per
tenere in considerazione possibili comportamenti impulsivi di f o g nellintervallo di
interesse.
Il teorema di Leibnitz:
Z f (x) Z f (x)
f (x) g(x) F (x, z)
F (x, z)dz = F (x, f (x)) F (x, g(x)) + dz (24)
x g(x) x x g(x) x

permette di assicurare che la derivata dellintegrale di convoluzione (23) coincida con


quella dellequazione (20), ossia:
 
d df
(f g)(t) = g (t). (25)
dt dt

Sfruttando la proprieta di simmetria si puo verificare che:


     
d df dg dg
(f g)(t) = g (t) = f (t) = f (t); (26)
dt dt dt dt

inoltre analoghi risultati sono dimostrabili per derivate di ordine arbitrario, ossia in
generale:

dn
 n   n 
d f d g
(f g)(t) = g (t) = f (t). (27)
dtn dtn dtn

In aggiunta alla proprieta commutativa (simmetria) gia dimostrata, il prodotto di con-


voluzione gode anche delle prorieta associativa e distributiva, ossia rispettivamente

f1 (f2 f3 ) = (f1 f2 ) f3 (28)


f1 (f2 + f3 ) = f1 f2 + f1 f3 (29)

le cui dimostrazioni sono lasciate come esercizio.


Limportanza dellintegrale di convoluzione nel calcolo della risposta forzata di un
sistema lineare tempo invariante (LTI, linear time invariant) e legata alla osservazione
che la risposta forzata relativa ad un segnale forzante arbitratio u(t) e calcolabile come
lintegrale di convoluzione tra u(t) e la risposta allimpulso h(t). In altri termini sia

h(t) := soluzione della equazione (14) con u(t) = (t) e condizioni iniziali nulle,
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allora la evoluzione forzata yf (t) relativa ad un ingresso forzante u(t) arbitrario, con
condizioni iniziali nulle per definizione stessa di evoluzione forzata, vale:
Z t+
yf (t) = (h u)(t) = h(t )u( )d. (30)
0
Si osservi che dalla definizione di h(t) appena fornita e dalla linearita della equazione
(14) segue che h(t) non abbia le stesse dimensioni di y(t), bens [h] = [y][u]1 [(t)] =
[y][u]1 [t]1 e che, coerentemente, la yf (t) data dalla equazione (30) abbia le dimen-
sioni di y. Per dimostrare ora la (30) si osservi che dalla definizione stessa di risposta
allimpulso h(t) vale:
dn h dn1 h dm dm1
an + a n1 + . . . + a0 h = bm + bm1 + . . . + b0 (31)
dtn dtn1 dtm dtm1
n m
!
X dk h X dj
ak k u = bj j u =
dt dt
k=0 j=0

n m
!
X dk h X d j
ak k u (t) = bj j u (t) =
dt dt
k=0 j=0
n m
dk dj u(t)
X X  
ak k (h u)(t) = bj (t) =
dt dtj
k=0 j=0
n m
X dk X dj u(t)
ak (h u)(t) = bj (32)
dtk dtj
k=0 j=0

che dimostra come (h u)(t) soddisfi la equazione (14) per qualunque forzante ammis-
sibile. Per concludere la dimostrazione della relazione (30), resta da verificare che la
equazione (32) sia soddisfatta per condizioni iniziali nulle. Indubbiamente dalla defi-
nizione stessa di integrale di convoluzione (23) per segnali nulli per t < 0 segue che le
condizioni iniziali
dn1


(h u)(t)|t0 =0 , . . . , n1 (h u)(t)
dt t0 =0
sono tutte nulle poiche 0 e minore di zero. Questo risultato e di grande importanza
pratica: esso mostra come, supposta nota la risposta allimpulso h(t), la evoluzione for-
zata di un sistema per una qualunque forzante ammissibile si possa calcolare risolvendo
un semplice integrale piuttosto che una equazione differenziale non omogenea. Natural-
mente resta da calcolare la risposta allimpulso, ma questa e di facile individuazione una
volta noti i modi della risposta libera.
Con riferimento allequazione (31), considerata la natura dellimpulso di Dirac e la
definizione di h(t), essa deve soddisfare in t = 0 , t = 0 e t > 0 rispettivamente:
dn1


(h u)(t)|t0 =0 = 0, . . . , n1 (h u)(t) =0 (33)
dt t0 =0
dn h dn1 h
an + a n1 + . . . + a0 h = (34)
dtn dtn1
dm dm1
= bm m + bm1 m1 + . . . + b0 , m n, t=0
dt dt
dn h dn1 h
an n + an1 n1 + . . . + a0 h = 0 t > 0 (35)
dt dt
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da cui si deduce che necessariamente la h(t) ha la forma:


k 1
r X
X th pk t
h(t) = (t) + k, h e 1(t) (36)
h!
k=1 h=0

essendo pk gli zeri del polinomio caratteristico della omogenea associata ed 1(t) la fun-
zione gradino unitario. Si noti che dovendo soddisfare la equazione (35), h(t) ha la
stessa struttura della risposta libera yl (t) salvo la presenza del termine impulsivo e del
fattore 1(t) necessario a garantire che h(t) sia comunque identicamente nulla per t < 0.
Il calcolo delle costanti , k, h avviene sostituendo la h(t) nella equazione (31).

Esempio: il sistema del secondo ordine.


Con riferimento alla figura (6), la tensione di uscita e legata a quella di ingresso da:

Vin C R
Vout
L

Figura 6: Circuito RLC.

iL
z }| {
d dVout Vout
L C + + Vout = Vin = (37)
dt dt R
d2 Vout L dVout
LC + + Vout = Vin
dt2 R dt
1 1 Vin
Vout + Vout + Vout = =
RC LC LC
Vout + a1 Vout + a0 Vout = u
(38)
a1 := 1/RC, a0 := 1/LC , u := Vin /LC

Con riferimento alla figura (7), la posizione y della massa m e regolata dalla seconda
legge di Newton
d2 y dy
m + + k y = f =
dt2 dt
d2 y dy k f
2
+ + y=
dt
m dt m m
y + a1 y + a0 y = u
(39)
a1 := /m, a0 := k/m , u := f /m

Si noti che nonostante le equazioni (38) e (39) descrivano fenomeni di natura diversa,
la loro struttura matematica e identica. In particolare e utile osservare che qualunque
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
k f
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
m
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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Figura 7: Sistema meccanico massa - molla con attrito.

sia la dimensione della variabile di uscita (posizione y in (39) e tensione Vout in (38)) le
costanti a0 ed a1 hanno sempre e comunque le medesime dimensioni (unita di misura),
ossia

[a1 ] = [t]1 (40)


2
[a0 ] = [t] (41)

un tempo alla meno uno per a1 ed un tempo alla meno due per a0 . Per risolvere
lequazione differenziale ordinaria del secondo ordine in equazione (38) o (39) si consideri
dapprima lomogenea associata. Il suo polinomio caratteristico

s2 + a1 s + a0 = 0 (42)

ha radici p
a21 4a0a1
s = . (43)
2
Se a0 < 0, allora necessariamente Im(s ) = 0 e s+ > 0, ossia ci sarebbe sicuramente
un modo della risposta libera divergente. Poiche in generale i sistemi di interesse non
hanno modi funzionali divergenti, volendo a priori escludere la presenza di radici positive
del polinomio caratteristico dovute al segno negativo del coefficiente a0 e volendo anche
sottolineare come a0 abbia le dimensioni di una pulsazione al quadrato, si usa indicare
a0 come n2 ossia
a0 := n2 0 (44)
dove la lettera ricorda che le dimensioni di a0 siano [a0 ] = [t]2 . Evidentemente alla
luce delle considerazioni appena sviluppate vale anche che [a1 ] = [n ] e dunque possiamo
sempre porre:
a1 := 2 n : adimensionata (45)
dove il fattore 2 serve solo a semplificare il calcolo del discriminante della equazione
caratteristica che risulta ora essere:

s2 + 2 n s + n2 = 0 = (46)
p
s = n ( 2 1 ). (47)

I parametri introdotti ed n sono detti rispettivamente smorzamento e pulsazione


naturale del sistema del secondo ordine. Al loro variare le radici s del polinomio
caratteristico descrivono la curva riportata in figura (8). In particolare quando || < 1
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Im =0
0<<1 1<<0
<1
>1 Re
0<<1 1<<0
=0
Figura 8: Luogo degli zeri del polinomio (46).

le radici s hanno parte immaginaria non nulla ed al crescere di || da zero ad uno si


muovono su archi di cerchio di raggio n aventi origine nei punti (0, j n ).

=0 Re(s ) = 0, radici puramente immaginarie in j n


1 < < 0 Re(s ) > 0, Im(s ) 6= 0, radici complesse coniugate,
i.e. simmetriche rispetto lasse reale nel primo e quarto quadrante.
< 1 Re(s ) > 0, Im(s ) = 0, radici reali positive.
0<<1 Re(s ) < 0, Im(s ) 6= 0, radici complesse coniugate,
i.e. simmetriche rispetto lasse reale nel secondo e terzo quadrante.
>1 Re(s ) < 0, Im(s ) = 0, radici reali negative.
Per = 1 le radici sono reali coincidenti in n , mentre al crescere di || > 1 le radici
rimangono reali e nel limite ||  1 vale che

s 2n
||  1 = (48)
s+ 2n

ossia, in modulo, una delle due radici tende a zero e laltra allinfinito lungo lasse reale,
ma rimangono sempre di segno concorde. I limiti indicati nella relazione (48) seguono
per calcolo diretto. In particolare il limite di s segue immediatamente dallosservazione
che p
lim 2 1 = .
+

Circa il limite di s+ , il risultato puo essere dimostrato studiando la funzione


p
f () := + 2 1 (49)

tale che
s+ = n f (). (50)
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Sia
1
= (51)
x r
1 1 1 1 p 1 1
f () = + 2
1 = + 1 x2 = + g(x) (52)
x x x |x| x |x|
p
g(x) = 1 x2 . (53)

Nel limite per + si ha x 0+ , dunque il limite per + di f () puo essere


calcolato attraverso il limite per x 0+ di g(x). Questultimo e calcolabile sviluppando
in serie di Taylor al secondo ordine la funzione g(x) in x = 0. In particolare si ha

1 d2 g
   
dg
g(x) = g(0) + x+ x2 + O(x3 ) (54)
dx x=0 2 dx2 x=0
dg 1 2x x
= = (55)
dx 2 1x 2 1 x2
x2
d2 g 1 x2 + 1x 2
= (56)
dx2 1 x2
da cui
1
x 0 = g(x) = 1 x2 + O(x3 ). (57)
2
Sostituendo la relazione (57) nella (52) si ha
 
1 1 1 2 x 1
lim f () = lim + 1 x = = (58)
+ x0 + x |x| 2 2 2
e quindi, dalla equazione (50), segue il risultato cercato, ovvero che
n
lim s+ = . (59)
+ 2
Per comprendere la natura dellapprossimazioni in equazione (48) quando || >> 1, si
noti che    
n 2 1
(s + 2n ) s + =s +2 + n s + n2 (60)
2 4
e dunque quando || >> 1, approssimare le radici s in equazione (47) con 2n e
n /2 equivale ad approssimare con + 1/(4).
Come osservato, il modello (46) non ammette radici reali di segno discorde, ovvero
un polinomio del tipo (s1)(s+2) = 0 con una radice in 2 e laltra in +1 non ammette
una parametrizzazione equivalente a quella di equazione (46) perche per costruzione con
la equazione (44) abbiamo imposto che il segno del termine noto a0 del polinomio fosse
sempre positivo, ovvero sempre concorde con quello del monomio di grado massimo.
Al contrario solo polinomi del secondo grado con termine noto e termine di ordine 2
di segno discorde possono ammettere radici reali di segno discorde. Alla luce di queste
osservazioni, risulta naturale parametrizzare nella forma (46) i polinomi di grado 2 aventi
radici a parte immaginaria non nulla, i.e. || < 1, per i quali la posizione delle radici nel
piano complesso puo essere pensata in coordinate polari di modulo n e fase con
p
1 2
tan() = : || < 1.

FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 19

I polinomi di grado 2 a radici reali z1 e z2 , invece, sono piu semplicemente parametriz-


zabili come
(s z1 )(s z2 ) = 0 (61)
che, qualora z1 e z2 avessero segno concorde, equivarrebbe ad una equazione nella forma
canonica (46) con coefficiente di smorzamento || > 1.
Tornando alla risoluzione della equazione omogenea associata alle equazioni (38) e
(39), assumendo che || < 1 si ponga:
p
:= n 1 2 : || < 1 (62)
p
s = n j n 1 2 (63)
yl (t) = c1 en t ej t + c2 en t ej t : c1 , c2 C (64)
c1 = r1 + jq1 (65)
c2 = r2 + jq2 . (66)

Imponendo le condizioni iniziali

yl (t)|t=0 = y0 R (67)
yl (t)|t=0 = y0 R (68)

si puo verificare per calcolo diretto che necessariamente le costanti c1 e c2 sono complesse
coniugate, i.e.
c1 = c2
e posto
r := r1 = r2 , q := q1 = q2
si trova che:
y0
r = (69)
2
y0 n y0
q = . (70)
2
Sostituendo c1 = r + j q, c2 = r j q in equazione (64) risulta:

yl (t) = (r + j q)en t ej t + (r j q)en t ej t =


= r en t (ej t + ej t ) + j q en t (ej t ej t ) =
= 2r en t cos(t) 2q en t sin(t) =
= 2 en t [r cos(t) q sin(t)] =
= 2A en t [cos(t) cos sin(t) sin ] =
= 2A en t cos(t + ) =
 p 
= 2A en t cos n t 1 2 + : (71)
r = A cos (72)
q =
A sin (73)
p
A := r2 + q2 (74)
:= arcsin(q/A) A 6= 0 (75)
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da cui si vede che in assenza di smorzamento ( = 0) la risposta libera sarebbe un


segnale cosinusoidale di ampiezza costante e frequenza n . Per questo il sistema del
secondo ordine privo di smorzamento e detto oscillatore armonico e la pulsazione n e
detta pulsazione naturale. Conoscendo levoluzione libera si puo calcolare la risposta
allimpulso h(t) da cui, attraverso lintegrale di convoluzione (30), la risposta forzata.

Esempio: la evoluzione forzata.


Per il calcolo della risposta forzata si consideri il sistema:
dy du
+ ay = + b u : a, b > 0
dt dt
che e proprio, ma non strettamente proprio. La radice della equazione caratteristica e
s = a da cui segue che la risposta allimpulso vale:

h(t) = (t) k0 + k1 eat 1(t)

essendo k0 , k1 due costanti ed 1(t) il gradino unitario. La presenza del termine impulsivo
k0 (t) e dovuta alla natura non strettamente propria del sistema. Per determinare le
costanti k0 , k1 e sufficiente sostituire h(t) nellequazione del sistema con ingresso u(t) =
(t) ottenendo:

h(t) = k0 (t) + k1 eat (t) a k1 eat 1(t) =


= k0 (t) + k1 (t) a k1 eat 1(t) (76)
h(t) + ah(t) = (t) + b (t) = (77)
at at
k0 (t) + k1 (t) a k1 e 1(t) + a ((t) k0 + k1 e 1(t)) =
= (t) + b (t) =
(t)(k0 1) + (t) (a k0 + k1 b) = 0. (78)

Dovendo valere la equazione (78), necessariamente deve essere:

k0 = 1 (79)
k1 = b a (80)

da cui la risposta allimpulso per il sistema in esame e:

h(t) = (t) + (b a)eat 1(t)

che consente di calcolare la risposta forzata per un qualunque ingresso u(t).

Osservazione importante: Con riferimento al calcolo delle derivate di termini impu-


slivi del tipo f (t) (t) con f (t) derivabile e non impulsiva, si noti che le proprieta della
(t) implicano
d
(f (t) (t)) = f (t)|t=0 (t) (81)
dt
e non f(t) (t) + f (t) (t) come si sarebbe ottenuto (erroneamente) applicando le regole
di derivazione per funzioni tradizionali. Tale risultato e conseguenza della natura di
funzione generalizzata della (t). Intuitivamente questo risultato puo essere interpretato
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alla luce di approssimanti finite della (t). In particolare, approssimando la funzione


generalizzata (t) come
 1
(t) = lim  (t) =  t [/2, +/2] (82)
0 0 altrimenti
si evince che per una funzione non impulsiva f (t) valga
f (0) 1 t [/2, +/2]

f (t) (t) = lim f (t)  (t) = (83)
0 0 altrimenti

e che quindi la derivata di f (t) (t) non dipenda da f, ma risulti essere semplicemente
f (0) (t) come indicato in equazione (81).
La proprieta espressa dallequazione (81) puo anche essere interpretata ricordando
lequivalenza
f (x) (x a) f (a) (x a) (84)
dove si intendono per equivalenti (secondo la stessa definizione di P. A. M. Dirac) due
funzioni generalizzate i cui integrali coincidano. Ovvero
Z + Z +
f () g()d = () g()d = f (x) g(x) (x) g(x).

Esempio: evoluzione forzata (II caso).


Si consideri il sistema
d2 y du
2
y = u (85)
dt dt
avente polinomio caratteristico
s2 1 = 0 (86)
con radici +1 e 1. La risposta libera risulta essere
yl (t) = c1 et + c2 et . (87)
La risposta forzata ha dunque struttura:
h(t) = 1 et + 2 et 1(t) + (t)

(88)
con derivate
1 et + 2 et 1(t) + 1 et + 2 et (t) + (t)
 
h(t) = (89)
1 et + 2 et 1(t) + 1 et + 2 et (t) +
 
h(t) = (90)
+ (1 + 2 ) (t) + (t) (91)
che sostituite nellequazione (85) implicano
h h = , (92)
ossia
1 et + 2 et 1(t) + 1 et + 2 et (t) +
 

+ (1 + 2 ) (t) + (t) 1 et + 2 et 1(t) (t) =




=
(t) + (1 + 2 1) (t) + (1 + 2 + 1) (t) = 0
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che implica
=0 =0
1 + 2 = 1 = 1 = 1 (93)
1 + 2 = 1 2 = 0

ossia
h(t) = et . (94)
Si noti che il modo divergente et presente nella risposta libera e invece assente nella
risposta impulsiva.

Figura 9: Pierre Simon Laplace (1749 - 1827)

5 La Trasformata di Laplace, richiami


La definizione di trasformata (unilaterale) di Laplace consiste in
Z +
L [f (t)] = f (t)est dt (95)
0
dove f (t) e assunta essere identicamente nulla per t 0: questa ipotesi non e in generale
strettamente necessaria a garantire lesistenza della trasformata (95), che comunque
ignora i valori eventualmente assunti da f (t) per t < 0, quanto a garantire la biunivocita
della antitrasformata che e ben definita per t 0. Poiche il risultato della integrazione
in (95) e invariante rispetto discontinuita isolate e di ampiezza finita di f (t), bisogna
prestare attenzione a come modellare esplicitamente leffetto di discontinuita in f (t)
che possono essere rilevanti nello studio di uno specifico problema. Questo punto e
molto importante nelle applicazioni pratiche, poiche gli ingressi a sistemi dinamici sono
spesso caratterizzati da discontinuita nellorigine: si ipotizzi, per esempio, di accendere
lingresso ad un sistema al tempo t0 = 0 e che questo ingresso sia cosinusoidale. Si tratta
del segnale u(t) = 1(t) cos(t) (1(t) e il gradino unitario) il cui grafico e riportato in figura
(10). Rispetto ad una cosinusoide definita sui reali, presenta una discontinuita in t = 0.
Per chiarire questo punto, introduciamo loperatore L+ consistente nella trasformata di
Laplace calcolata a partire da 0+ piuttosto che 0, i.e.
Z +
L+ [f (t)] = f (t)est dt = L [f (t)] (96)
0+
Il valore del limite per t tendente a 0 non
influenza in alcuna maniera la trasformata
L+ [f (t)] data dalla equazione (96): linformazione circa una eventuale discontinuita
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 23

0.8

0.6

0.4

1(t) cos(t) 0.2

0.2

0.4

0.6

0.8

1
10 8 6 4 2 0 2 4 6 8 10
t

Figura 10: Cosinusoide

presente tra gli istanti 0 e 0+ viene persa nel calcolare la trasformata di Laplace definita
dalla equazione (95) a causa della scelta di 0+ come estremo inferiore di integrazione. Per
tentare di tenere in esplicita considerazione il limite limt0 f (t), si potrebbe ridefinre
una nuova trasformata ottenuta dalla (95) sostituendo 0 al posto di 0+ nella equazione
(96). Indichiamo questa trasformata con L [f (t)] data da:
Z +
L [f (t)] = f (t)est dt (97)
0

Si ipotizzi, ora, che

f : R R limitata (98)
Z +
L+ [f (t)] = f (t)est dt (99)
0+
lim f (t) 6= lim f (t). (100)
t0 t0+

In queste ipotesi f (t) e discontinua in 0 (condizione 100) ed e interessante osservare che


qualora una f (t) soddisfi le ipotesi (98, 99, 100), nonostante la discontinuita di f (t)
nellorigine risulta L+ [f (t)] = L [f (t)] = L [f (t)]. Questo fatto segue dallosservare che:
Z + Z 0+ Z +
L [f (t)] = f (t)est dt = f (t)est dt + f (t)est dt =
0 0 0+
= 0 + L+ [f (t)]

ed e strettamente legato alla ipotesi (98) di limitatezza di f (t). Se f (t) rimane sempre
comunque limitata il suo integrale e invariante rispetto cambiamenti di f (t) in un nume-
ro finito di punti isolati (insieme di misura nulla). Rimanendo f (t) limitata, estendere
lintervallo di integrazione da 0 a 0+ , ossia su un insieme di misura nulla, non puo
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determinare alcun cambiamento nellintegrale stesso. Si puo dunque concludere che va-
lendo le ipotesi (98, 99, 100), la trasformata L+ [f (t)] contiene tutta e sola linformazione
contenuta nella trasformata L [f (t)] e nella trasformata L [f (t)].
La situazione e diversa qualora la discontinuita sia impulsiva, ossia nel caso in cui la
f (t) sia, per esempio, somma di una funzione limitata e di un impulso (t) cos da non
soddisfare la ipotesi (98). Basti osservare che
Z +
L+ [(t)] = (t) est dt = 0 (101)
0 +
Z +
L [(t)] = (t) est dt = 1. (102)
0

Dunque se la funzione f (t) presenta una discontinuita impulsiva nellorigine, le trasfor-


mate date dalle equazioni (95) e (97) sono indubbiamente diverse: mentre la trasformata
(95) non tiene in conto la discontinuita, la (97) ne risulta influenzata.

Questa osservazione suggerisce di usare la equazione (97) come definizione


di trasformata di Laplace al posto della (95).

5.1 Alcune proprieta della trasformata di Laplace.


La trasformata della derivata di una funzione e
  Z + Z +
d 0 st st +
f (t)est (s)dt =
 
L f (t) = f (t)e dt = f (t)e 0

dt 0 0

= s F (s) f (0 ) (103)

dove si e usata la regola di integrazione per parti. Analogamente la trasformata della


derivata seconda f 00 (t) e data da:
 2  Z + Z +
d 00 st
 0 st +
f 0 (t)est (s)dt =

L f (t) = f (t)e dt = f (t)e 0

dt2 0 0
 
d
= sL f (t) f 0 (0 ) = s2 F (s) s f (0 ) f 0 (0 ) (104)
dt

ed iterando il ragionamento si ottiene che la trasformata della derivata nesima di f (t)


e:
 n  n1
d X
L f (t) = s n
F (s) sk f (n1k) (0 ) (105)
dtn
k=0
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E un utile esercizio quello di calcolare le seguenti trasformate:

L+ [sin t] (106)
L [sin t] (107)
L+ [1(t) sin t] (108)
L [1(t) sin t] (109)
L+ [cos t] (110)
L [cos t] (111)
L+ [1(t) cos t] (112)
L [1(t) cos t] (113)
 
d
L+ sin t (114)
dt
 
d
L sin t (115)
dt
 
d
L+ (1(t) sin t) (116)
dt
 
d
L (1(t) sin t) (117)
dt
 
d
L+ cos t (118)
dt
 
d
L cos t (119)
dt
 
d
L+ (1(t) cos t) (120)
dt
 
d
L (1(t) cos t) (121)
dt

ricordando che le derivate sono da intendersi in senso generalizzato. La funzione 1(t) e


il gradino unitario. Si notera che in presenza di un impulso, le trasformate L[ ] ed L+ [ ]
possono differire, ma non sono necessariamente diverse.

5.2 I teoremi del valor finale e del valor iniziale.


Teorema del valor iniziale:

Se esiste finito lim s F (s) = lim s F (s) = f (0+ ) (122)


s s

Teorema del valor finale:

Se esistono finiti lim s F (s) e lim f (t), allora sono uguali. (123)
s0 t

Dim.   Z t
d d
L f (t) = s F (s) f (0 ) = lim f ( ) es d (124)
dt t 0 d
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 26

da cui la (122) segue osservando che:


Z 0+ Z t
d d
s F (s) f (0 ) = f ( ) es d + lim f ( ) es d =
0 d t 0+ d
Z t
d
= f (0+ ) f (0 ) + lim f ( ) es d
t 0+ d

da cui calcolando il limite per s segue la tesi (122).


Dalla (124) calcolando il limite per s 0 si ha:
Z t
d
lim s F (s) f (0 ) = lim f ( ) es d
s0 t, s0 0 d

= lim f (t) f (0 )
t

che e la tesi (123).

Esempi:

Si valutino i limiti per t , 0+ di f (t) tali che:


1
F (s) = per: a > 0, a < 0, a = 0
s+a
1
F (s) = 2
s +1
s
F (s) = 2
s +1

5.3 Trasformata dellintegrale di convoluzione.


Per calcolo diretto si verifica che:

L[(f g)(t)] = F (s) G(s) (125)

ossia la trasformata del prodotto di convoluzione e il prodotto algebrico delle trasformate.


Infatti:

t := z
Z + Z +
st
L[(f g)(t)] = e f ( )g(t )d dt =
0 0
Z + Z +
= es esz g(z)f ( )dzd =
0 0
Z + Z +
= es f ( )d esz g(z)dz = F (s) G(s).
0 0

5.4 Trasformata di funzioni traslate nel tempo.


Z + Z +
st
L[f (t T )] = e f (t T ) dt = est esT e+sT f (t T ) dt =
0 0
Z +
= esT es(tT ) f (t T ) dt = esT F (s) (126)
0
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5.5 Trasformata di funzioni moltiplicate per termini eat .


Z + Z +
L[eat f (t)] = est eat f (t) dt = e(sa)t f (t) dt = F (s a) (127)
0 0

5.6 Trasformata dei modi elementari.


th p t
 
1
L 1(t) e = pC (128)
h! (s + p)h+1

5.7 Trasformata di funzioni sin e cos.


Dalla relazione fondamentale (128) e dalla relazione di Eulero

ej = cos() + j sin() (129)

segue per calcolo diretto che



L[1(t) sin(t)] = (130)
s2 + 2
s
L[1(t) cos(t)] = (131)
s2 + 2

6 Equazioni differenziali ordinarie lineari e modelli di sta-


to.
Come noto dallanalisi, una equazione differenziale lineare ordinaria di ordine n puo
essere rappresentata come un sistema di n equazioni differenziali lineari ordinarie di
ordine 1. Per esempio, data lequazione
dn y dn1 y
+ an1 + . . . + a0 y = u (132)
dtn dtn1
con il cambio di variabili:

y = x1
dy
= x2
dt
d2 y
= x3
dt2
.. .. ..
. . .
dn1 y
= xn
dtn1
si ha:

x1 = x2 (133)
x2 = x3 (134)
..
. (135)
xn + an1 xn + an2 xn1 + . . . + a0 x1 = u (136)
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 28

ovvero, in termini vettoriali:



x1 0 1 ... 0 x1 0
x2 0 0 1 0... x2 0
.. = .. + u (137)

.. .. .. .. ..
. . . . . . .
xn a0 a1 . . . an1 xn 1

x1
x2
y = (1 0 . . . 0) . . (138)

..
xn
Questo esempio e rappresentativo di una situazione piu generale in base alla quale una
qualunque equazione differenziale lineare ordinaria causale di ordine n e scrivibile come:

x = Ax + Bu (139)
y = Cx + Du (140)

essendo ora

x Rn1 vettore di stato


A Rnn matrice dinamica
B Rn1 matrice dellingresso
C R1n matrice delluscita
D R matrice dellazione diretta di u su y.

Questa rappresentazione del sistema dinamico e detta rappresentazione di stato. Essa


permette, per esempio, di generalizzare lo studio dei sistemi dinamici dal caso SISO
(single input single output) in cui lusicta y e lingresso u sono scalari, al caso MIMO
(multi input multi output) in cui y ed u sono vettori di dimensioni opportune. In questo
caso, infatti, e sufficiente considerare nelle relazioni (139) e (140) matrici di dimensioni
appropriate. La rappresentazione di un sistema LTI in forma di equazione differenziale
che lega lingresso u alluscita y viene anche detta rappresentazione ingresso-uscita per
distinguerla dalla rappresentazione nello spazio degli stati.
Il concetto di vettore di stato e legato alla dinamica interna del sistema. Una
interpretazione intuitiva di questo risultato si puo avere integrando lequazione (139)
Z t
x(t) = x0 + (Ax( ) + Bu( )) d. (141)
0
ed analizzando il diagramma a blocchi risultante per lequazione (140) riportato in figu-
ra (11). Dalla figura (11) appare chiaro come la dinamica del vettore di stato, pilotata
dallingresso u, generi luscita y e ne rappresenti quindi, in qualche modo, la dinamica
interna. E bene notare che i metodi delle trasformate di Laplace si estendono natural-
mente ai modelli di stato, per cui trasformando secondo Laplace lequazione (139) si
ottiene:

sX(s) x0 = A X(s) + B U (s) = (142)


1 1
X(s) = (sI A) x0 + (sI A) B U (s) (143)
Y (s) = C (sI A)1 B + D U (s) + C (sI A)1 x0 .
 
(144)
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D
x01(t)
+ +
B C
u(t) + + + + y(t)

x(t)
A

Figura 11: Diagramma a blocchi del modello di stato nel dominio del tempo.

Il diagramma a blocchi del modello dato dalle equazioni (142 - 144), equivalente a quello
nel dominio del tempo, e riportato in figura (12). In merito alla equazione (144) si noti

D
x0
+ 1 x(s) +
B C
u(s) + + s + y(s)

Figura 12: Diagramma a blocchi del modello di stato nel dominio di Laplace.

come la trasformata delluscita y(t) risulti essere la somma di un termine legato alle sole
condizioni iniziali dello stato ed uno legato alla sola azione della forzante; e possibile
riconoscere in questi due addenti rispettivamente la trasformate di Laplace della risposta
libera e di quella forzata.

7 La Funzione di Trasferimento e la causalita


Sia dato un sistema dinamico lineare SISO tempo invariante del tipo:
n1
X m
X
(n) (h)
y + ah y = bk u(k) (145)
h=0 k=0
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dove y e luscita ed u lingresso del sistema. Trasformando secondo Laplace entrambi i


membri, si ottiene: Pm k
k=0 bk s
Y (s) = n1 U (s) + T.c.i. (146)
sn + h=0 ah sh
P

dove T.c.i. rappresenta i termini dipendenti dalle condizioni iniziali. Si puo verificare per
calcolo diretto che questo termine e nullo se si assumono tutte le condizioni iniziali nulle.
Il rapporto tra la trasformata delluscita a condizioni iniziali nulle (risposta forzata) e
quella dellingresso e detto funzione di trasferimento del sistema. Nel caso specifico del
modello (145) si ha:
Pm k
Y (s) k=0 bk s
T (s) = . (147)
U (s) c.i.=0 sn + n1 h
P
h=0 ah s

Alla luce dellequazione (125) e ricordando che la trasformata di Laplace dellimpulso


vale 1, la funzione di trasferimento e anche interpretabile come la trasformata di Laplace
della risposta allimpulso del sistema. Anche la funzione di trasferimento, cos come
lequazione differenziale corrispondente nel dominio del tempo, e detta rappresentazione
ingresso-uscita del sistema.
Perche sia soddisfatto il principio di causalita tra uscita ed ingresso, ossia affinche
y(t) possa essere considerata come effetto di u(t), e necessario che valga m n. Si
ricorda che y(t) si puo definire effetto di u(t) (o equivalentemente u(t) si puo definire
causa di y(t)) se vale che:

t > 0 y(t ) dipende al piu da u(t) t [0, t ]

dove tutti i segnali si sottointendono nulli per t < 0. Alla luce di questa definizione, la
condizione m n puo essere al meglio compresa da un controesempio. Supponiamo che
sia m > n, in particolare n = 0, m = 1, b1 = 1, b0 = 0: il sistema sarebbe un derivatore
puro, i.e.
d
y(t) = u(t) Y (s) = s U (s) u(0 )
dt
e supponiamo di applicare in ingresso due tipi di segnali, il gradino unitario

0 t0
1(t) =
1 t>0
in un caso ed un ingresso identicamente nullo nel secondo. Luscita relativa al gradino
unitario sarebbe la delta di Dirac

0 t 6= 0
(t) =
indefinita t=0

e luscita relativa allingresso nullo sarebbe identicamente nulla. E chiaro che allistante
t = 0 i due possibili ingressi considerati sarebbero identici (ossia nulli), ma le uscite
sarebbero diverse: indefinita nel primo caso e nulla nel secondo. Ossia non sarebbe
rispettato il principio di causa. Per rispondere con la (t) al gradino al tempo t = 0 il
sistema dovrebbe predire che allistante futuro 0+ lingresso sara unitario piuttosto che
nullo, e questo viola il principio di causa.
In altri termini possiamo dire che un sistema che si comporti come un derivatore
puro non e fisicamente realizzabile; indubbiamente come e noto nellambito della teoria
dei segnali non e possibile valutare istantaneamente la derivata di un segnale.
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Nel caso piu generale n > 0 ed m > n, si puo dimostrare per calcolo diretto (divisione
di polinomi) che la T (s) data in (147) avrebbe modi funzionali corrispondenti ad un de-
rivatore puro, ovvero non rappresenterbbe un sistema fisicamente realizzabile. Pertanto
si definiscono i sistemi con m > n impropri, quelli con m = n propri o semplicemente
propri e quelli con m < n strettamente propri. Si noti che per quanto non fisicamente
realizzabili, i sistemi impropri sono oggetti matematicamente ben definiti che possono
comparire nellambito dellanalisi dei sistemi di controllo.
Le radici (o zeri) del denominatore della funzione di trasferimento di un sistema sono
i poli del sistema.

7.1 Richiami sulle propieta dei polinomi


Sia data lequazione:
m
X
bk sk = 0. (148)
k=0
Essa ha m radici pi C i = 1, 2, . . . , m (teorema fondamentale dellalgebra o di
P Indicando con m il numero di radici distinte e con i la propria molteplicita,
Gauss).
vale j=1 j = m. Inoltre la (148) puo sempre essere scritta come:
m
X
bk sk = bm (s p1 )1 (s p2 )2 . . . (s p1 )1 (s p ) = 0 (149)
k=0

avendo distinto con una barra (p) le radici a parte immaginaria non nulla da quelle
puramente reali (senza barra). Se una radice p ha parte immaginaria non nulla, anche
la sua coniugata p e radice: ne segue che nello sviluppo (149) i fattori corrispondenti
a radici con parte immaginaria non nulla p possono essere raccolti e scritti nella forma
canonica di un termine del secondo ordine s2 + 2 n s + n2 : (1, 1) (se fosse
|| 1 le radici sarebbero reali). Alla luce di questa osservazione, la (149) puo sempre
essere pensata nella forma:
m
X
bk sk = bm sh (s p1 )1 (s p2 )2 . . . (s2 + 2j n,j s + n,j
2 j
) =0
k=0
: j (1, 1) j (150)

che mette esplicitamente in evidenza h radici nellorigine, le radici puramente reali pi


e quelle a parte immaginaria non nulla rappresentate dai fattori del secondo ordine
ciascuna con la propria molteplicita.

8 Antitrasformazione
Sia data una funzione di trasferimento T (s) razionale come nellequazione (147), i.e.:
Pm k
k=0 bk s
T (s) = n1 (151)
sn + h=0 ah s h
P

e sia m n. Dalla (149) segue che questa puo essere scritta come:
Pm k
k=0 bk s
T (s) = h (152)
s (s p1 )1 (s p2 )2 . . . (s p1 )1 (s p )
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dove ancora una volta si sono indicate con una barra le radici a parte immaginaria non
nulla e senza quelle puramente reali. Dalla teoria della divisione dei polinomi risulta che
lequazione (152) puo sempre essere riscritta nella forma:
1 2
X R1,j X R2,l X R,h
T (s) = R0 + + + . . . + . (153)
(s p1 )j (s p2 )l (s p )h
j=1 l=1 h=1

I parametri R sono detti residui dello sviluppo e sono numeri reali o complessi a seconda
del polo a cui si riferiscono. Il residuo reale di ordine zero R0 e non nullo solo se m = n,
mentre e sempre nullo qualora il sistema sia strettamente proprio (m < n). In particolare
si noti che:
R0 = lim T (s)
s

Data una funzione T (s) razionale e conoscendo i poli del sistema, i residui possono
essere calcolati analiticamente. Supponiamo che la T (s) sia strettamente propria e che
alcuni poli abbiano molteplicita uno. Per fissare le idee, sia il polo a parte immaginaria
non nulla p ad avere molteplicita uno, ossia = 1. Moltiplicando entrambi i lati
dellequazione (153) per (s p ) si ha:
1 2
X R1,j (s p ) X R2,l (s p ) R,1 (s p )
T (s)(s p ) = + + ... + (154)
(s p1 )j (s p2 )l (s p )
j=1 l=1

da cui segue che:


R,1 = T (s)(s p )|s=p . (155)
Nel caso piu generale di poli a molteplicita maggiore di uno, i residui possono essere
calcolati dalla seguente formula:
 h j 
1 d h
Rh,j = (T (s)(s ph ) ) j [1, h ] (156)
(h j)! dsh j s=ph

Si noti che se s = p e un polo a parte immaginaria non nulla, sicuramente anche il


suo coniugato p e un polo. Vogliamo dimostrare che:

Data una T (s) strettamente propria, razionale come in equazione (147), i residui di poli
reali sono reali e quelli dei poli complessi coniugati sono a loro volta complessi coniugati.

Per fissare le idee consideriamo ancora il caso in cui i poli del sistema abbiano
molteplicita unitaria. Per semplicita, ma senza ledere la generalita della dimostrazione,
supponiamo di avere solo tre poli con molteplicita uno di cui uno reale e due a parte
immaginaria non nulla (necessariamente luno il complesso coniugato del secondo), i.e.:

N (s) R1 R2 R3
T (s) = = + + . (157)
(s p)(s p)(s p ) (s p) (s p) (s p )
in cui N (s) sia un polinomio in s di grado minore o uguale a 2. Vogliamo dimostrare
che R1 e reale e che R2 = R3 . Dalla (155) segue che

R1 = T (s)(s p)|s=p
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da cui, calcolando il complesso coniugato di entrambi i memebri, segue:


h i
R1 = T (s)(s p)|s=p = T (s) (s p)|s =p

dove p = p essendo p per ipotesi puramente reale. Per una proprieta fondamentale
della trasformata di Laplace vale anche che
T (s) = T (s ) (158)
per cui sostituendo,
R1 = T (s )(s p)|s =p =
R1 (s p) R2 (s p) R3 (s p)
 
= + + = R1 .
(s p) (s p) (s p ) s =p
Analogamente per R2 vale,
R2 = T (s)(s p)|s=p =
h i
R2 = T (s)(s p)|s=p = T (s) (s p )|s =p =
= T (s )(s p )|s =p =
R1 (s p ) R2 (s p ) R3 (s p )
 
= + + = R3
(s p) (s p) (s p ) s =p
Come volevasi dimostrare, R1 coincide con il suo complesso coniugato quindi e pura-
mente reale ed R2 coincide con il complesso coniugato di R3 .
Una volta sviluppata la T (s) razionale in fratti semplici come in (153), lantitrasfor-
mata puo essere valutata ricordando le seguenti trasformate speciali:
L[eat f (t)] = F (s a) (159)
s
L[1(t) cos t] = 2 (160)
s + 2

L[1(t) sin t] = 2 (161)
s + 2
n!
L[1(t) tn ] = n+1 . (162)
s
La (162) fornisce direttamente i modi funzionali corrispondenti a poli nellorigine. Dalle
(159) e (162) segue che i modi funzionali corrispondenti a poli puramente reali sono del
tipo:
K0 ept , K1 t ept , . . . , K1 t1 ept (163)
essendo la molteplicita del polo p. Infine gli addendi corrispondenti a termini com-
plessi coniugati nello sviluppo (153) possono essere raccolti per formare addendi i cui
numeratori siano polinomi del secondo grado elevati alle potenze 1, 2, . . . , essendo
la molteplicita del polo p. Nel caso di molteplicita unitaria, si hanno termini del tipo:
R R s(R + R ) (R p + R p)
T (s) = . . . + + + . . . = =
s p s p s2 + 2 n s + n2
s(R + R ) (R p + R p)
= =
s2 + 2 n s + n2 s2 + 2 n s + n2
s(R + R ) (R p + R p)
= . (164)
(s + n )2 + n2 (1 2 ) (s + n )2 + n2 (1 2 )
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I numeratori delle due frazioni in (164) sono reali. Inoltre dalle (159), (160) e (161)
segue che i due addendi in (164) danno luogo a modi funzionali del tipo:
 p 
K1 e n t cos n 1 2 t (165)
 p 
K2 e n t sin n 1 2 t . (166)

Se i poli a parte immaginaria non nulla hanno molteplicita maggiore di uno a questi
modi funzionali si aggiungeranno termini del tipo
 p 
Kh th e n t cos n 1 2 t (167)
 p 
Kh th e n t sin n 1 2 t (168)
h = 1, 2, . . . , 1 : molteplicita di p.

Esempio

Sia dato un sistema descritto da:


y = b y k y + u : b, k > 0 (169)
si calcoli y(t) per gli ingressi:
u(t) = (t) (170)
u(t) = 1(t) (171)
a t
u(t) = 1(t) e : a>0 (172)
u(t) = 1(t) sin t (173)
a partire da condizioni iniziali nulle.

Soluzione
Poiche si richiede di risolvere a partire a condizioni iniziali nulle, e sufficiente calcolare
la trasformata del sistema, moltiplicarla per le trasformate degli ingressi forzanti ed
antitrasformare usando lo sviluppo in fratti semplici.

(s2 + b s + k) Y (s) = U (s) (174)


b
n2 = k ; 2 n = b = n = k ; =
2 k
 p 
i poli sono p = n 2 1

Se 0 < < 1 (si noti che b, k > 0 per ipotesi) i poli hanno parte immaginaria non nulla
e la risposta allimpulso sara:

u(t) = (t) = U (s) = 1


1 1
Y (s) = 2 2
= =
s + 2 n s + n (s + n ) + n2 (1 2 )
2
p
1 n (1 2 )
=
n (1 2 ) (s + n )2 + n2 (1 2 )
p

1  p 
y(t) = L1 [Y (s)] = p e n t sin n (1 2 ) t (175)
n (1 2 )
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Se > 1 i poli sono distinti e puramente reali: indicandoli con p1 , p2 , la risposta


allimpulso sara:

u(t) = (t) = U (s) = 1


1 R1 R2
Y (s) = = + (176)
(s p1 )(s p2 ) (s p1 ) (s p2 )
p1 , p2 R = R1 , R2 R.

I residui R1 , R2 possono essere calcolati o per calcolo diretto, i.e.


 
s(R2 + R1 ) = 0 R2 = R1
R2 (s p1 ) + R1 (s p2 ) = 1 = =
p1 R2 p2 R1 = 1 (p1 p2 )R1 = 1
(
1
R1 = p1 p2
= 1
R2 = p2 p1

o applicando la formula (155):


h i
R1 = [(s p1 )Y (s)]s=p1 = (sp(sp 1)
= 1
(p1 p2 )
1 )(sp2 ) s=p
h i 1
R2 = [(s p2 )Y (s)] (sp2 ) 1
s=p2 = (sp1 )(sp2 ) = (p2 p1 )
s=p2

Avendo calcolato i residui, si puo antitrasformare la (176) ottenendo

u(t) = (t) =
   
R1 R2
y(t) = L1 [Y (s)] = L1 + L1 =
s p1 s p2
ep1 t ep2 t
= + (177)
p1 p2 p2 p1
Se = 1 i poli sono reali e coincidenti, in particolare p1 = p2 = n per cui la funzione
di trasferimento diventa:
1 R1 R2
Y (s) = = + (178)
(s + n )2 (s + n ) (s + n )2
R1 = 0, R2 = 1
 
1
y(t) = L1 [Y (s)] = L1 = t en t (179)
(s + n )2
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Si consideri ora lingresso a gradino e 0 < < 1:


1
u(t) = 1(t) = U (s) =
s
1 R1 R2 R3
Y (s) = = + + (180)
s (s2 2
+ 2 n s + n ) s s + p1 s + p2
 p 
: p1,2 = n i 1 2
1
R1 = [s Y (s)]s=0 = (181)
n2
 
(s p1 )
R2 = [(s p1 )Y (s)]s=p1 =
s (s p1 ) (s p2 ) s=p1
1
= C
p1 (p1 p2 )
 
1 i 1
R2 =
e : = arg . (182)
p1 (p1 p2 ) p1 (p1 p2 )

Poiche p2 = p1 segue che R3 = R2 , in particolare:



1
|R2 | = |R3 | =
p1 (p1 p2 )
R2 = |R2 | ei
R3 = |R2 | ei

per cui antitrasformando la (180) si ha


 
1 n t
p
2
y(t) = 1(t) 2 + 2 |R2 | e cos 1 n t + . (183)
n

Con calcoli del tutto analoghi si possono calcolare le altre soluzioni richieste.

9 Elementi di analisi di sistemi LTI nello spazio degli stati


Come discusso nel paragrafo 6, un sistema LTI fisicamente realizzabile e rappresentabile
in forma di stato tramite un modello nella forma:

x = Ax + Bu (184)
y = Cx + Du. (185)

In questo modello la variabile x e un vettore reale di dimensione non inferiore ad n,


ossia allordine della equazione differenziale che lega y ad u. Linteresse nello studio
dei modelli di stato e legato, tra laltro, alla possibilita che questi modelli offrono di
generalizzare molti risultati dei sistemi SISO a quelli MIMO. In un modello di stato
di un sistema SISO, infatti, le variabili y ed u saranno scalari, mentre per un modello
MIMO potranno essere vettoriali.
Come anticipato nel paragrafo 6, le matrici A, B, C e D avranno dimensioni opportu-
ne a seconda dellordine n del modello e della sua natura SISO o MIMO. La dimensione n
del vettore di stato x Rn1 e della matrice quadrata A Rnn si chiamera dimensione
del modello di stato. Circa le dimensioni delle altre matrici, nel caso SISO, la matrice D
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 37

e uno scalare. Esso, inolte, e non nullo se e solo se la funzione di trasferimento associata
al sistema e semplicemente propria. In merito al legame tra la funzione di trasferimento
di un sistema SISO ed una sua rappresentazione nello spazio degli stati, si noti che dalla
equazione (144) risulta che sia:
Yf orzata (s)
= C (sI A)1 B + D .

G(s) = (186)
U (s)
Per altro se il sistema fosse MIMO, varrebbe una identica relazione, ma la risultate G(s)
sarebbe una matrice di trasferimento piuttosto che una semplice funzione di trasferi-
mento. Dallanalisi delle trasformate di Laplace del modello di stato, equazioni (142,
143 e 144), risulta anche che la trasformata dellevoluzione libera sia:

Ylibera (s) = L[ylibera (t)] = C (sI A)1 x0 . (187)

Al fine di meglio comprendere il legame tra la rappresentazione nello spazio degli stati
di un sistema lineare, la sua rappresentazione ingresso-uscita nel dominio di Laplace ed
in quello del tempo, e opportuno calcolare la soluzione delle equazioni (184-185). A tal
fine e necessario discutere alcuni preliminari matematici legati alla matrice esponenziale
di matrice.

9.1 Matrice esponenziale di una matrice


Dato uno scalare 6= 0, la funzione esponenziale e t puo essere sviluppata (nellorigine)
in serie di Taylor dando luogo a:

t
X h th
e = . (188)
h!
h=0

Analogamente, data una matrice reale quadrata A si puo dimostrare che la serie

X Ah th
h!
h=0

e sempre convergente per qualunque A quadrata reale. Di conseguenza e sempre lecito


calcolare questa serie il cui valore viene convenzionalmente indicato come eAt , ossia si
pone

X Ah th
eAt := (189)
h!
h=0
per qualunque matrice reale quadrata A. Tale quantita prende nome di matrice espo-
nenziale. La notazione e sintomatica delle seguenti prorieta fondamentali che possono
essere dimostrate per calcolo diretto e che sono lasciate per esercizio:

A eAt = eAt A. (190)

eAt e sempre invertibile per ogni A quadrata e vale:


 At 1
e = eAt (191)
eAt

=I
t=0
(192)
d At
e = A eAt = eAt A. (193)
dt
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 38

Sia T una qualunque matrice quadrata invertibile della stessa dimensione di A, allora
vale anche
1
T eAt T 1 = e(T A T )t . (194)

9.2 Soluzione del modello di stato nel dominio del tempo


Alla luce delle proprieta della matrice esponenziale e con riferimento alle equazioni di
stato (184-185), si noti che vale:

d  At 
e x = eAt Ax + eAt x =
dt
= eAt Ax + eAt (Ax + Bu) = eAt Bu. (195)

Integrando lequazione (195) a destra e sinistra nel tempo tra zero (istante iniziale) e t
si ottiene:
Z t Z t
d  At 
e x dt = eAt x(t) x(0) = eA Bu( )d (196)
0 dt 0

da cui, moltiplicando tutto per eAt , si ha:


Z t
At
x(t) = e x(0) + eA(t ) Bu( )d (197)
0

che rappresenta levoluzione temporale dello stato. In particolare il primo addendo nel
termine di destra della equazione (197) e levoluzione libera dello stato ed il secondo
levoluzione forzata dello stato.
Ricordando che luscita y e legata allingresso ed allo stato da y = Cx + Du segue
che: Z t 
At
y(t) = Ce x(0) + CeA(t ) B + D(t ) u( )d. (198)
0
Si noti che nel membro di destra dellequazione (198) possono essere riconosciute levo-
luzione libera delluscita:
ylibera (t) = CeAt x(0) (199)
e la risposta forzata yf orzata (t) calcolata come convoluzione tra la risposta allimpulso
h(t) e la forzante u(t), ossia
Z t 
yf orzata (t) = h u = CeA(t ) B + D(t ) u( )d (200)
0

essendo evidentemente la risposta allimpulso h(t) data da:

h(t) = CeAt B + D(t). (201)

Confrontando le equazioni (186 - 187) con le (199, 200 e 201) segue che:

L eAt = (sI A)1


 
(202)
L CeAt = C(sI A)1
 
(203)
1
L CeAt B + D(t) =
 
C(sI A) B+D (204)
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9.3 Non unicita della rappresentazione di stato


Ipotizzando di conoscere la rappresentazione ingresso-uscita di un sistema lineare, e
interessante chiedersi se la sua rappresentazione nello spazio degli stati (che si puo
dimostrare esiste) sia unica o meno. La risposta e negativa: ossia in genere esistono infi-
nite rappresentazioni nello spazio degli stati corrispondenti alla stessa rappresentazione
ingresso-uscita di un sistema. In particolare, un sistema nello spazio degli stati che cor-
risponda ad un dato modello ingresso-uscita si indica come una particolare realizzazione
del sistema. Vogliamo dunque illustrare come in genere esistano infinite realizzazioni
nello spazio degli stati di un modello ingresso-uscita di un sistema.
Innanzi tutto, ipotizziamo di conoscere una particolare realizzazione. Ossia ipotiz-
ziamo che sia dato un sistema LTI SISO di cui sia nota la rappresentazione ingresso
uscita nel dominio del tempo e di Laplace (m n):
n1 m
dn y X dh y X dk u
+ ah h = bk k (205)
dtn dt dt
h=0 k=0
Pm k
Yf orzata (s) k=0 bk s
G(s) = = (206)
U (s) sn + n1 h
P
h=0 ah s

e di conoscerne una particolare realizzazione (A, B, C, D) con A Rnn , B Rn1 ,


C R1n e D R

x = Ax + Bu (207)
y = Cx + Du (208)

tale che
Pm k
Yf orzata (s) k=0 bk s
= C (sI A)1 B + D .

G(s) = = n1 (209)
U (s) sn + h=0 ah sh
P

Sia T Rnn una qualunque matrice invertibile e

z = Tx = (210)
z = T x = T Ax + T Bu = (T AT 1 )z + T Bu (211)
1
y = CT z + Du. (212)

La funzione di trasferimento associata alla realizzazione in z sara data da:


 1 
G(s) = CT 1 sI (T AT 1 ) TB + D =
 1 
= CT 1 T (sI A) T 1 TB + D =
 
= CT 1 T (sI A)1 T 1 T B + D =
 
= C (sI A)1 B + D (213)

che coincide con quella di partenza associata al vettore di stato x. Questo dimostra
che la funzione di trasferimento (e dunque la risposta forzata delluscita) e invariante
rispetto trasformazioni lineari invertibili dello stato. Indubbiamente anche la risposta
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 40

libera delluscita e invariante rispetto trasformazioni lineari invertibili dello stato. Con
riferimento alle equazioni (199) e (187) si ha
1 )t
ylibera (t) = CT 1 e(T AT z(0) = CT 1 T eAt T 1 z(0) = CeAt x(0) (214)
1 1 1 1 1 1
Ylibera (s) = CT (sI (T AT )) z0 = CT T (sI A) T z0 =
1
= C (sI A) x0 (215)

In aggiunta allanalisi appena sviluppata, la non unicita della rappresentazione nello


spazio degli stati puo anche dipendere dalla dimensione dello spazio degli stati. Per
chiarire questo concetto, si ipotizzi ancora che sia data una realizzazione A, B, C, D
di dimensione n come nelle equazioni (207) e (208) corrispondente alla funzione di
trasferimento assegnata G(s). Allora anche alla seguente realizzazione, per esempio,
corrispondera la stessa funzione di trasferimento:

A 0 ... 0
0 1 . . . 0
(n+r)(n+r)
A = . .. R (216)

.. . .
.. . . .
0 0 0 r

B
1
B = R(n+r)1 (217)

..
.
r
C = (C, 0, . . . , 0) R1(n+r) (218)
D = D. (219)

Si chiamera realizzazione minima di un funzione di trasferimento G(s) il modello di stato


(A, B, C, D) di dimensione minima a cui corrisponda G(s).

Esempio
Sia x1 un fondo finanziario del Sig. Ricco ed x2 un fondo di proprieta dei figli. Il fondo
x2 viene depositato in banca sul conto del Sig. Ricco insieme ad x1 . Essendo un padre
avaro, egli riscuote gli interessi del fondo totale x1 + x2 a favore del proprio capitale x1 .
Indicando con a1 il tasso di interessi riscosso dalla banca e con u il flusso finanziario
(entrate meno uscite per unita di tempo) associato al fondo x1 , la dinamica di x1 risulta
essere:
x1 = a1 (x1 + x2 ) + u.
I figli del Sig. Ricco, daltra parte, non hanno redditi (entrate) ed utilizzano il fondo x2
con una velocita proporzionale ad x2 stesso

x2 = a2 x2 .

Volendo studiare la dinamica del patrimonio complessivo y = x1 +x2 il sistema dinamico


nello spazio degli stati risulta essere

x = Ax + Bu (220)
y = Cx (221)
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 41

con
 
x1
x = (222)
x2
 
a1 a1
A = (223)
0 a2
 
1
B = (224)
0
C = (1 1) (225)

9.4 La stabilita interna di un modello di stato


da completare ...

Figura 13: Adolf Hurwitz (26 Marzo 1859 -18 Novembre 1919) a sinistra e Edward
John Routh (20 Gennaio 1831 - 7 Giugno 1907) a destra.

9.5 Il criterio di Routh - Hurwitz


Come si e visto, la stabilita della risposta di un sistema dinamico lineare SISO e de-
terminata dalla posizione nel piano complesso dei poli della funzione di trasferimento:
se il polinomio a denominatore della funzione di trasferimento ha grado maggiore di 2,
il calcolo analitico delle sue radici non e in generale banale. Ai fini della analisi della
stabilita, sarebbe allora utile poter capire, dato un polinomio, se esso ha radici a parte
reale nulla o positiva senza doverle calcolare esplicitamente. Si tratta di affrontare il
seguente problema:

Problema: Dato un polinomio


n1
X
n
s + ah sh = 0 : ah R h = 0, 1, 2, . . . , n 1 (226)
h=0

valutare quante delle sue n radici in C siano a parte reale positiva o nulla.

Soluzione: Come primo passo enunciamo una condizione necessaria per avere tutte le
radici nel semi-piano sinistro. Questa e nota come condizione di Hurwitz:
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 42

condizione necessaria perche tutte le radici abbiano parte reale strettamente ne-
gativa e che tutti i coefficienti ah R h = 0, 1, 2, . . . , n 1 siano strettamente
positivi, i.e.: ah > 0 h = 0, 1, 2, . . . , n 1.

condizione necessaria perche alcune radici abbiano parte reale nulla e le altre parte
reale strettamente negativa e che tutti i coefficienti pari ah R h = 0, 2, 4, . . .
siano positivi e gli altri nulli oppure che tutti i coefficienti dispari ah R h =
1, 3, 5, . . . siano positivi e tutti gli altri nulli.

Esempio: Si valuti la stabilita di sistemi aventi i seguenti polinomi caratteristici:

s3 s2 + 3s + 4 = 0 sicuramente instabile
5 3
s + 3s 2s = 0 sicuramente instabile
5 3
s + 3s + 2s = 0 al piu marginalmente stabile
5 2
s + s + 3s + 4 = 0 sicuramente instabile
5 4 3 2
s + 3s + 7s + s + 3s + 4 = 0 non si puo concludere nulla

Essendo queste condizioni di Hurwitz solo necessarie, in presenza di un polinomio con


tutti coefficienti strettamente positivi non possiamo ancora garantire che abbia poli
a parte reale strettamente negativa. Per ottenere una condizione sia necessaria che
sufficiente si puo ricorrere al metodo di Routh (da Edward John Routh, 1831 -1907).
Questo consiste nel calcolare una tabella a partire dai coefficienti del polinomio e valutare
poi i segni degli elementi della prima colonna di questa tabella.

sn 1 an2 an4 ...


sn1 an1 an3 an5 ...
sn2 x1 y1 z1 ...
sn3 x2 y2 z2 ...
.. .. .. .. ..
. . . . .
s0 ... ... ... ...
dove
   
1 1 an2 1 1 an4
x1 = det ; y1 = det
an1 an1 an3 an1 an1 an5
 
1 1 an6
z1 = det ; ......
an1 an1 an7
   
1 an1 an3 1 an1 an5
x2 = det ; y2 = det
x1 x1 y1 x1 x1 z1
 
1 an1 an7
z2 = det ; ......
x1 x1 ...

Complessivamente la tabella deve contenere n + 1 righe. Nello sviluppare questi calcoli,


si possono presentare due casi: i) gli elementi della prima colonna sono tutti non nulli
oppure ii) un elemento della prima colonna risulta nullo, impedendo di completare il
computo della tabella secondo lalgoritmo indicato. Al presentarsi di questa seconda
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 43

circostanza bisognera usare le regole alternative indicate nel seguito. In entrambi i casi,
completata la tabella, vale il seguente risultato:

Il polinomio in esame ha tante radici nel semi-piano destro quante sono le variazioni
dei segni degli elementi della prima colonna della tabella di Routh. Esso ha tante radici
nel semi-piano sinistro quante sono le permanenze dei segni degli elementi della prima
colonna della tabella di Routh. In assenza di righe della tabella di Routh identicamente
nulle il polinomio non ha radici sullasse immaginario.

Per completare la tabella quando il primo elemento di una riga e nullo bisogna
distinguere due casi:

il primo elemento di una riga e nullo, ma non tutti quelli appartenenti alla stessa
riga sono nulli

una riga intera risulta essere nulla.

Nel primo caso per completare la tabella e sufficiente sostituire lelemento nullo della
prima colonna con un numero reale piccolo a piacere e di segno arbitrario e completare
poi i calcoli seguendo lalgoritmo solito. Nel secondo caso, invece, si potra applicare
ancora il criterio dei segni degli elementi della prima colonna, ma bisognera completare
il computo della tabella in modo alternativo. In particolare bisogna sostituire la riga
nulla con i coefficienti della derivata rispetto ad s del polinomio ausiliario cos ottenuto:
sia k la potenza relativa alla riga immediatamente precedente a quella nulla e sia essa
composta dagli elementi b, c, d, . . . (da sinistra verso destra); si costruisca il polinomio
f (s) = bsk + csk2 + dsk4 + . . . . La riga nulla viene sostituita dai coefficienti di
df /ds. Si noti che in questo caso le radici del polinomio ausiliario f (s) sono disposte
simmetricamente rispetto allorigine e che sono anche radici del polinomio di partenza.
Queste ultime osservazioni implicano che il polinomio di partenza avra radici o nel
semi-piano destro o, nella migliore delle ipotesi, sullasse immaginario. Per verificare
leventuale presenza di poli a parte reale positiva sara sufficiente completare lanalisi
di Routh. Se a conti terminati la prima colonna non avra cambi di segno si potra
concludere che ci sono alcune radici a parte reale negativa ed altre sullasse immaginario.
La stabilita di un sistema il cui polinomio caratteristico ha una riga nulla nella tabella
di Routh potra essere al piu marginale.
Si noti che nel calcolare la tabella di Routh si puo moltiplicare una riga per una
costante positiva senza che cio cambi la sequenza dei segni della prima colonna.
Esempi. Si riconsideri lultimo polinomio dellesempio precedente, ossia:

s5 + 3s4 + 7s3 + s2 + 3s + 4 = 0 =

s5 1 7 3
s4 3 1 4
s3 (1 21)/3 (4 9)/3 0

moltiplicando la riga s3 per 3/5 si ha:


FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 44

s5 1 7 3
s4 3 1 4
s3 4 1 0
s2 (3 4)/4 (0 16)/4 0

s5 1 7 3
s4 3 1 4
s3 4 1 0
s2 1 16 0
s1 (64 1) 0 0
s0 16 0 0

Dai conti svolti risulta che non ci sono righe identicamente nulle: dunque non ci sono
radici sullasse immaginario. Inoltre la prima colonna ha tre permanenze di segni e due
variazioni: ci saranno allora tre radici nel semi-piano sinistro e due in quello destro. A
conferma di cio si noti che calcolando le radici numericamente con un calcolatore esse
risultano essere:
1.5093 + 2.1441 i
1.5093 2.1441 i
+0.3879 + 0.7861 i
+0.3879 0.7861 i
0.7572
Si consideri ora il polinomio:

s5 + s4 + s3 + s2 + 5s + 2 = 0 =

s5 1 1 5
s4 1 1 2
s3 0 3 0
s2  1 3/
 2 0
2
s1 3 2 3 3 0 0
s0 2 0 0
Questo esempio illustra il caso in cui il primo elemento di una riga sia nullo, ma non
tutti gli altri della stessa riga. Come acennato, per proseguire il computo della tabella
e sufficiente sostituire lelemento nullo della prima colonna con un termine di modulo
piccolo a piacere. Nellesempio specifico non ci sono righe tutte nulle, dunque non ci
sono radici sullasse immaginario. Ci sono due variazioni e tre permanenze di segni nella
prima colonna, quindi tre radici a parte reale negativa e due a parte reale positiva. In
effetti le radici del polinomio in esame sono:
1.1029 + 1.0530 i
1.1029 1.0530 i
+0.8151 + 1.1670 i
+0.8151 1.1670 i
0.4245
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 45

U + K(s+z) 1 Y
2
- s+p s+as

Figura 14: Sistema in ciclo chiuso

Sia dato il sistema in retroazione unitaria di figura (14). La funzione di trasferimento


tra luscita Y e lingresso U e

K(s + z)
T (s) = : a, p, z > 0
s(s + a)(s + p) + K(s + z)

i cui poli sono le radici del polinomio

s3 + (p + a)s2 + (ap + K)s + Kz = 0.

Applicando il criterio di Routh, si ha:

s3 1 ap + K
s2 p+a Kz dove x = Kz(p+a)(ap+K)
p+a .
s1 x 0
s0 Kz 0
Essendo per ipotesi a, p, z > 0 la condizione necessaria e sufficiente per avere tutti e tre
i poli a parte reale strettamente negativa e x > 0, i.e.:

(p + a)(ap + K) > Kz. (227)

Per fissare le idee, sia a = p = 1 e z = 5 nel qual caso la condizione (227) si traduce
in K < 2/3. Qualunque valore di K maggiore di 2/3 darebbe luogo ad un sistema in
ciclo chiuso instabile con due poli nel semi-piano destro. Nelle stesse ipotesi a = p = 1
e z = 5 si vede dalla tabella di Routh che il caso critico K = 2/3 comporterebbe x = 0
e dunque la presenza di una intera riga di zeri, quella relativa ad s. Sia dunque dato il
polinomio
5 10
s3 + 2s2 + s + = 0.
3 3
Nello sviluppare la tabella si troverebbe la seguente situazione:

s3 1 5/3
s2 2 10/3
s1 0 0
Questa circostanza comporta la necessita di definire il polinomio ausiliario

f (s) = 2s2 + 10/3.


FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 46

Le radici di f (s) sono sempre simmetriche rispetto lorigine e sono anche p radici del
polinomio di partenza; in questo caso specifico le radici di f (s) sono i 5/3 che
saranno dunque anche poli del sistema. Per valutare il numero di radici a parte reale
positiva o negativa bisogna proseguire la costruzione della tabella di Routh sostituendo
d
alla riga nulla i coefficienti di df /ds = ds (2s2 + 10/3) = 4s:

s3 1 5/3
s2 2 10/3
--- --------
s1 4 0
s0 10/3 0
dove la riga tratteggiata indica la presenza di una riga identicamente nulla. La tabella
non ha variazione di segni nella prima colonna, dunque non ce alcuna radici nel semi-
piano destro, ma due sonopsullasse immaginario. La terza e reale negativa, in particolare
le radici sono: in 2 e 5/3 i.

Figura 15: Jean Baptiste Joseph Fourier (21 Marzo 1768 - 16 Maggio 1830).

10 Analisi armonica
Sia data una funzione di trasferimento T (s) avente tutti i poli a parte reale negativa. Se
lingresso al sistema e una funzione sinusoidale di ampiezza > 0 e pulsazione , ossia

U (s) = (228)
s2 + 2
luscita sara:
T (s)
Y (s) = T (s) = . (229)
s2 + 2 (s + i )(s i )
La Y (s) avra tutti i poli della T (s) piu quelli di U (s). In particolare, sviluppando Y (s)
in fratti semplici come in (153) risulteranno modi funzionali asintoticamente convergenti
a zero in corrispondenza dei poli della T (s) (tutti a parte reale strettamente negativa
per ipotesi) e due addendi realtivi ai poli complessi coniugati p = i dellingresso
U (s). I termini relativi ai poli asintoticamente stabili rappresentano la parte transitoria
della risposta forzata del sistema, mentre i termini relativi ai poli puramente immaginari
provenienti dalla U (s) rappresentano la parte stazionaria della risposta forzata. Dalla
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 47

formula (155) per il calcolo dei residui risulta che la risposta stazionaria Yst (s) sara data
da:
R R
Yst (s) = + (230)
s i s + i
T (i ) |T (i )|ei ()
R = =
2i 2i
T (i ) |T (i )|ei ()
R = = =
2i 2i
yst (t) = L1 [Yst (s)] = R ei t + R ei t =
!
ei ( t+()) ei ( t+())
= |T (i )|
2i
= |T (i )| sin( t + ()) (231)

essendo () largomento del numero complesso T (i ).

Dato un sistema dinamico lineare con funzione di trasferimento T (s) e tutti i poli a parte
reale strettamente negativa, la sua risposta asintotica (ossia superato il transitorio) ad un
ingresso sinusoidale di pulsazione e a sua volta un segnale sinusoidale avente identica
pulsazione , ampiezza amplificata del fattore |T (i )| e sfasamento pari allargomento
di T (i ).

10.1 La stabilita BIBO


Un secondo concetto di stabilita oltre a quello visto per la risposta libera di un siste-
ma, riguarda la risposta forzata. Un sistema si dice ingresso limitato - uscita limitata
(bounded input, bounded output) se per ogni segnale in ingresso di ampiezza limitata,
luscita del sistema rimane anchessa limitata. Anche questo tipo di stabilita e legata
alla posizione dei poli del sistema: in particolare, se un sistema ha tutti i suoi poli a
parte reale strettamente negativa, ossia se la risposta allimpulso e asintoticamente sta-
bile, allora esso e ingresso limitato - uscita limitata. Si noti che la eventuale marginale
stabilita della risposta allimpulso di un sistema non e sufficiente a garantire la stabilita
BIBO. Si consideri, per esempio, un sistema avente funzione di trasferimento
1
T (s) =
s2 + 2
che modella, per esempio, un sistema massa-molla privo di attrito: da quanto visto al
paragrafo precedente, se applicassimo a questo sistema un ingresso sinusoidale (dun-
que limitato) di ampiezza qualunque, ma frequenza , luscita verrebbe amplificata di
|T (i )| che in questo caso diverge. Questo fenomeno e chiamato risonanza ed e legato
alla presenza di poli puramente immaginari nella funzione di trasferimento del sistema.
Per comprendere almeno intuitivamente il motivo per cui la presenza di soli poli a parte
reale strettamente negativa nella T (s) garantisce la stabilita ingresso limitato - uscita
limitata, ci si riferisca allesempio appena citato e allo sviluppo in fratti semplici di una
funzione razionale: luscita del sistema sara lantitrasformata del prodotto della funzio-
ne di trasferimento T (s) per la trasformata dellingresso U (s). I poli della trasformata
della uscita Y (s) saranno dunque la somma dei poli di T (s) piu quelli di U (s). Se u(t)
e limitata la sua U (s) avra poli a parte reale minore o uguale a zero; quelli a parte reale
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 48

nulla avranno molteplicita al piu unitaria (altrimenti u(t) non sarebbe limitata). Ne
segue che se i poli di T (s) sono a parte reale strettamente negativa, complessivamente
quelli di Y (s) saranno a parte reale minore o uguale a zero, e quelli a parte reale nulla
avrebbero la stessa molteplicita che avevano in U (s), ossia al piu uno.
Nel dominio del tempo, la BIBO stabilita della risposta forzata di un sistema SISO
lineare tempo invariante a tempo continuo e legata alla natura assolutamente sommabile
o meno della risposta allimpulso. In particolare, detta h(t) la risposta impulsiva, questa
si dice essere assolutamente sommabile se
Z
|h( )| d < . (232)
0

BIBO stabilita e risposta impulsiva


Dato un sistema SISO LTI a tempo continuo con risposta impulsiva h(t), la sua risposta
forzata yf (t) = (h u)(t) e BIBO stabile se e solo se h(t) e assolutamente sommabile.

Dimostrazione: si ipotizzi che h(t) sia assolutamente sommabile. Allora, per ogni u(t)
limitata, ossia
u(t) : 0 u(t) u < +
vale
t
Z Z t

|yf (t)| = h(t )u( )d |h(t )| |u( )| d
0 0
Z t
u |h(t )| d < .
0

Si ipotizzi ora che yf (t) sia BIBO stabile e dimostriamo che necessariamente h(t) debba
essere assolutamente sommabile. A tale scopo si consideri il segnale limitato u( ) =
sgn (h(t )) tale per cui
Z t Z t
yf (t) = h(t )u( )d = h(t )sgn (h(t )) d =
0 0
Z t
= |h(t )| d
0

e dovendo essere, per ipotesi di BIBO stabilita, yf (t) limitata in virtu della limitatezza
della forzante u( ) = sgn (h(t )), segue che necessariamente h(t) sia assolutamente
sommabile.

11 Il concetto di poli dominanti


Come si e visto, le proprieta di stabilita di un dato sistema lineare avente funzione di
trasferimento razionale sono legate alla posizione nel piano complesso dei propri poli.
Ipotizziamo che non ci sia alcuno polo nel semi-piano destro, ossia che il sistema sia
stabile.
I poli aventi parte immaginaria non nulla compaiono sempre a coppie, ossia se un polo
ha parte immaginaria non nulla, anche il suo coniugato e un polo. Dallo sviluppo in fratti
semplici delle trasformate di Laplace razionali si deduce che la risposta temporale y(t)
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 49

a un dato ingresso sara sempre somma di tanti modi funzionali quanti sono i poli della
trasformata considerata. Questi modi funzionali contengono sempre fattori esponenziali
del tipo eRe(p) t essendo Re(p) la parte reale del polo p (si noti che questo vale anche
se Re(p) = 0). I poli piu distanti dallasse immaginario nel semi-piano sinistro del
piano complesso, daranno luogo ad addendi in y(t) con gli esponenziali piu rapidamente
decrescenti. In altre parole, la dinamica legata ai poli piu distanti dallasse immaginario
nel semi-piano sinistro si esaurira molto piu in fretta di quella legata a poli piu prossimi
allorigine. E per questo che i poli piu vicini allasse immaginario si dicono dominanti
rispetto a quelli la cui parte reale sia, in modulo, molto maggiore. Intuitivamente ci si

Im
X
X >10 X
X X X
Re
X X
X

Figura 16: Poli dominanti

aspetta che il contributo alla risposta y(t) dei poli piu distanti dallasse immaginario si
esaurisca molto prima di quello legato ai poli piu vicini allasse immaginario: ossia che
superato un breve1 transitorio la risposta y(t) sia ben approsimabile dal contributo dei
soli poli dominanti.
In termini di funzione di trasferimento cio si traduce nelle possibilita di aprossimarla
con un modello di ordine inferiore. La modalita con cui ottenere, ove possibile, un
modello aprossimante di ordine inferiore verra discussa nel seguito.

Esercizio
Dato un sistema con poli instabili si puo lo stesso immaginare di definire il concetto di
poli dominanti? Discutere.

Esercizio
Data la funzione di trasferimento
1
T (s) = : a>0 (233)
(s + a)(s2 + 2 n s + n2 )
1
Breve rispetto la costante di tempo del polo piu vicino allasse immaginario
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individuare gli eventuali poli dominanti nei casi:

n  a
n  a
n a

al variare di 0. Suggerimento: si grafichino i poli nel piano complesso e si studi la


loro posizione al variare dei coefficienti indicati.

Figura 17: Hendrik W. Bode (1905 - 1982)

12 I diagrammi di Bode
Alla luce della interpretazione di T (i ) vista al paragrafo (10), puo essere molto utile
analizzare i grafici di |T (i )| e di arg T (i ): questi sono detti rispettivamente dia-
grammi della ampiezza e della fase o diagrammi di Bode di una funzione di trasferimen-
to. Se questa e razionale il tracciamento del diagramma delle ampiezze risulta molto
semplificato se effettuato su scala logaritmica. Sia data una funzione di trasferimento

(s z1 )(s z2 ) . . . (s2 + 2 h n,h s + n,h


2 )
T (s) = K 2 ) (234)
(s p1 )(s p2 ) . . . (s2 + 2 j n,j s + n,j

razionale e propria. Siano zh , pj rispettivamente gli zeri ed i poli del sistema aventi parte
immaginaria nulla. I termini realitivi a zeri e poli con parte immaginaria non nulla sono
raccolti rispettivamente nei fattori (s2 + 2 h n,h s + n,h 2 ) e (s2 + 2 2
j n,j s + n,j ).
Mettendo in evidenza gli zeri ed i poli nellorigine e raccogliendo opportunamente, la
(234) puo essere riscritta come:
  2 
s 2 h s
(1 sgn(z1 ) 1 s)(1 sgn(z2 ) 2 s) . . . 1 + n,h + n,h
T (s) = K   2  (235)
s 2 j s
sl (1 sgn(p1 ) 1 s)(1 sgn(p2 ) 2 s) . . . 1 + n,j + n,j
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dove

+1 x > 0
sgn(x) 1 x < 0
0 se x = 0

l 0 molteplicita del polo nullo


1
h costanti di tempo degli zeri reali non nulli
|zh |
1
j costanti di tempo dei poli reali non nulli
|pj |
2
(z1 )(z2 ) . . . n,h
K K 2 costante di Bode.
(p1 )(p2 ) . . . n,j

Si noti che la costante di Bode K non ha necessariamente lo stesso segno di K :


sicuramente lo ha se tutti i poli e tutti gli zeri hanno parte reale negativa.
Nello sviluppo (235) si e ipotizzato di avere l 0 poli nellorigine, ma nessuno
zero nullo. Il motivo e che i sistemi piu comunemente oggetto di studio hanno risposta
al gradino asintoticamente non nulla; se ci fosse uno zero nellorigine si avrebbe un
sistema con ingresso costante non nullo ed uscita asintoticamente nulla. Questo fatto
segue dallapplicare il teorema del valor finale: si abbia una T (s) = sm T (s) essendo
m > 0 la molteplicita dello zero nellorigine e T (s) una funzione razionale senza poli ne
zeri nellorigine e con tutti i poli a parte reale strettamente negativa (asintoticamente
stabile). In queste ipotesi luscita a regime relativa allingresso u(t) = 1(t) sarebbe:
1
lim y(t) = lim s T (s) U (s) = lim s (sm T (s)) = 0
t s0 s0 s
Alla luce di questa osservazione se non altrimenti specificato, considereremo sistemi privi
di zeri nellorigine ossia nella forma data dalla equazione (235). Con riferimento alla
(235) e per ragioni che saranno illustrate nel seguito, la costante di Bode viene anche
chiamata:
Costante di posizione o guadagno statico se l=0
Costante di velocita se l=1
Costante di acellerazione se l=2
essendo l la molteplicita del polo nellorigine. Per tracciare il diagramma delle ampiezze
riscriviamo la (235) omettendo di indicare esplicitamente i termini sgn(), ossia:
  2 
s 2 h s
(1 1 s)(1 + 2 s) . . . 1 + n,h + n,h
T (s) = K   2  (236)
l s 2 j s
s (1 1 s)(1 + 2 s) . . . 1 + n,j + n,j

dove le costanti sono per definizione numeri reali positivi ed il segno + o nei fattori
del primo ordine 1 s dipendono dal segno del polo o zero relativo come esplicitamente
calcolato nella (235). Per tracciare il diagramma delle ampiezze e sufficiente osservare
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che calcolando il logaritmo della funzione (236) valutata in s = i si ottiene:


log |T (i )| = log |K| + log |(1 1 i )| + log |(1 + 2 i )| + . . .
!
2 2 h i
+ log 1 2 + l log() log |(1 1 i )|

n,h n,h
!
2 2 i
j
log |(1 + 2 i )| + . . . log 1 2 + (237)

n,j

n,j

da cui segue che basta saper tracciare i diagrammi relativi a sistemi del primo e secondo
ordine per tracciare quelli di sistemi di ordine superiore.
Per il tracciamento dei diagrammi elementari dei sistemi del primo e secondo ordine
si rimanda al testo di G. Marro.

12.1 I decibel
Essendo molto utile tracciare i diagrammi di Bode su scala logaritmica, e anche molto
utile misurare le amplificazioni (adimensionate) in una unita logaritmica detta decibel.
Sia data una quantita adimensionata A, il suo valore in decibel dB si definisce come:
(20 log10 A) dB (238)
da cui segue che:
A = 1/100 (20 log10 102 ) dB = 2(20 log10 10) dB = 40 dB
A = 1/10 (20 log10 101 ) dB = 1(20 log10 10) dB = 20 dB
A=1 (20 log10 1) dB = 0 dB
A = 10 (20 log10 10) dB = 20 dB
A = 100 (20 log10 102 ) dB = 2(20 log10 10) dB = 40 dB
A = 1000 (20 log10 103 ) dB = 3(20 log10 10) dB = 60 dB
..
.
A volte anche grandezze dimensionate vengono (impropriamente) convertite in decibel.
In questo caso per poter risalire alla grandezza di partenza e necessario conoscere lunita
di misura usata per la conversione. Per esempio se una lunghezza L = 10m venisse
espresa in decibel usando il metro come unita di misura si avrebbe
10m
20 log10 = 20 dB,
1m
ma se la stessa lunghezza venisse converita esprimendola in centimetri si avrebbe
10 102 cm
20 log10 = 60 dB
1cm
da cui e chiaro come sia sempre indispensabile dichiarare quale fosse lunita di misura
di partenza.

12.2 Esempi
Sia
(s + 1)(s 2)
T (s) = 450 (239)
(s2 + s + 9)(s + 100)
i suoi diagrammi di Bode sono riportati in figura (18)
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Bode Diagrams

30

20

10
Phase (deg); Magnitude (dB)

10

100

100

200

300
1 0 1 2 3
10 10 10 10 10

Frequency (rad/sec)

Figura 18: Diagrammi di Bode

13 I diagrammi polari

14 Sistemi in ciclo chiuso


Chiudere il loop comporta: cambiano i poli, un sistema puo cambiare tipo di stabilita.
Il grado relativo del sistema non puo diminuire. La precisione asintotica.

n d
+ u +
r + e R G
- + y

Figura 19: Controllo in retroazione


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Figura 20: Harry Nyquist (1889 - 1976)

15 La stabilita dei sistemi in ciclo chiuso


15.1 Il criterio di Nyquist
Il criterio di Nyquist e una procedura grafica che consente di valutare il numero di poli
nel semi-piano destro della funzione di trasferimento in ciclo chiuso a partire dal dia-
gramma polare della funzione di trasferimento di anello. Il criterio di Nyquist e utile
sia in fase di analisi dei sistemi che di sintesi del regolatore: Esso poggia su un risultato

Im(s)

Re(s)

Figura 21: Dominio di Nyquist

preliminare dellanalisi complessa noto come Teorema dellindice logaritmico.

Teorema dellindice logaritmico: sia una curva chiusa in un dominio D del piano
s ed F (s) una funzione analitica in D ad eccezione di un numero finito di poli. Indicando
con arg(F (s)) la variazione dellargomento di F (s) al variare di s lungo per un giro
completo in senso orario, vale:
arg(F (s)) = 2 (z p)
essendo z e p rispettivamente il numero di zeri e poli di F (s) circondati da e contati
con la loro molteplicita.
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Per una dimostrazione si rimanda al testo di Giovanni Marro, Controlli Automatici,


Zanichelli editore. Si consideri una funzione di trasferimento propria razionale fratta
(s z1 )(s z2 ) . . . (s zm )
T (s) = K . (240)
(s p1 )(s p2 ) . . . (s pn )
Per ogni s fissata, T (s) puo essere calcolata esprimendo ogni termine s z ed s p in
coordinate polari ottenendo:

s zh = rh ei h (241)
i k
s pk = k e (242)
r1 r2 . . . rm i(1 +2 +...+m 1 +...n )
T (s) = K e . (243)
1 2 . . . n
Volendo contare tutti i poli a parte reale strettamente positiva, e utile definire un dominio
che racchiuda tutto il semi-piano destro del piano di Gauss escludendo poli e zeri della
T (s) sullasse immaginario. Un esempio e riportato in figura (21): il dominio e percorso
in senso orario; e costituito da un semicerchio di raggio r , da segmenti sullasse
immaginario e semicerchi di raggio 0 che circondano eventuali poli e zeri immaginari
della T (s). Con riferimento all figura (22) e allequazione (243), si noti che indicando

Im(s)
s-p
x Re(s)
x o
x

Figura 22: Variazione di fase

rispettivamente con z e p il numero di zeri e poli contenuti dentro il domino di Nyquist,


vale che:
arg(T (s)) = 2 (z p) (244)
al variare di s sul dominio di Nyquist in senso orario. Si noti che il contributo a
arg(T (s)) di poli o zeri esterni al dominio di Nyquist e nullo. In alternativa alla
equazione (244) possiamo valutare il contributo dato a arg(T (s)) dal percorrere i vari
tratti costitutivi del dominio di Nyquist. Quando si percorre il semicerchio di raggio
r a partire da i = +/2 fino a f = /2 si puo aprossimare la T (s) (240)
con T (s) K smn = K r ei(mn) che comporta una variazione di fase di T (s) pari a
(m n)(f i ) = (m n), i.e.:

arg(T (s))|semicerchio r = (m n)
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essendo m ed n i gradi dei polinomi a numeratore e denominatore di T (s). I contributi


alla variazione di fase della T (s) dati dagli zeri immaginari sono quelli relativi al percor-
rere i semicerchi di raggio tendente a zero lungo lasse immaginario. Per fissare le idee
sia z1 uno zero immaginario di molteplicita h: quando si percorre il semicerchio relativo
a z1 , s vale s = z1 + r1 ei1 e si puo aprossimare la T (s) come:
(z1 z2 ) . . . (z1 zm )
T (s) K r1h ei h 1 .
(z1 p1 ) . . . (z1 pn )
Poiche il dominio di Nyquist e percorso in senso orario come indicato in figura (21),
la variazione di fase relativa allo zero immaginario sara quindi h (f i ) = h (/2
(/2)) = h , i.e. il contributo cumulativo di tutti i zeri immaginari e:

arg(T (s))|semicerchi zeri im. r0 = .

Indicando con il numero complessivo di poli puramente immaginari della T (s), con
ragionamento anlogo a quello appena visto per gli zeri immaginari si ottiene:

arg(T (s))|semicerchi poli im. r0 = .

Rimangono da conteggiare le variazioni di fase della T (s) al variare di s lungo lasse


immaginario da i fino a f : questo contributo corrisponde alla rotatione
attorno allorigine del vettore T (i ) per che va da a . Indicandolo con , questo
termine si puo valutare graficamente sul diagramma polare di T (i ). Raccogliendo tutti
i contributi trovati e ricordando la equazione (244) possiamo scrivere:

2 (z p) = (m n) + +

da cui dividendo per 2:


mn
z =p+ + + Nf (245)
2 2 2
dove
z zeri a parte reale positiva di T (s)

p poli a parte reale positiva di T (s)

m grado del numeratore di T (s)

n grado del denominatore di T (s)

zeri puramente immaginari di T (s)

poli puramente immaginari di T (s)

Nf rotazioni del vettore T (i ) attorno allorigine per che va da a +.


Nf > 0 per rotazioni orarie.
Lequazione (245) si puo usare per valutare il numero di poli instabili di un sistema in
retroazione: sia dato il sistema in figura (19) per il quale la funzione di trasferimento
tra y ed r e:
Y RG
= .
Yd 1 + RGH
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avendo indicato con Yd la trasformata di Laplace di r(t). Sia F (s) = 1 + R(s)G(s)H(s);


i poli di Y /Yd sono gli zeri di F (s), dunque per valutare la stabilita di Y /Yd si tratta di
contare gli zeri a parte reale positiva di F (s). A tal fine si puo usare la relazione (245):
p rappresenta il numero di poli a parte reale strettamente positiva di F (s), ma questi
coincidono con quelli di RGH. Infatti se
N (s) N (s) + D(s)
RGH = F (s) = 1 + RGH =
D(s) D(s)

da cui si evince che i poli di F (s) coincidono con quelli del guadagno di anello RGH.
Inoltre da questa relazione, ricordando che deve necessariamente essere deg(N (s))
deg(D(s)), segue che il grado m del numeratore di F (s) coincide con il grado n del suo
denominatore, ossia n = m. I termini e in (245) sono gli zeri ed i poli puramente
immaginari di F (s) = 1 + RGH: come gia osservato, i poli coincidono con quelli del
guadagno di anello RGH, mentre gli zeri puramente immaginari di F (s) saranno assenti
se il diagramma polare di RGH(i ) non passa per il punto critico 1 + i 0: questa
circostanza e verificabile graficamente dallanalisi del diagramma polare (o di Nyquist)
del guadagno di anello RGH(i ). Da ultimo bisogna valutare Nf per F (i ), ossia il
numero di giri che F (i ) compie attorno allorigine quando va da a + (Nf > 0
per rotazioni orarie). Evidentemente questo valore di Nf coincide con il numero di
rotazioni (positive quando orarie) compiute dal vettore che origina in 1 + i 0 e che
punta su RGH(i ) quando va da a +. Riassumendo questi risultati, il criterio
di Nyquist puo essere cos descritto:
si traccia il diagramma polare della funzione RGH(i ) per [0, )

si contano i poli p a parte reale strettamente positiva di RGH

si contano i poli puramente immaginari di RGH

si verifica che il diagramma polare di RGH(i ) non passi per il punto critico
1 + i 0

si contano le rotazioni Nf (positive quando orarie) attorno al punto critico 1+i 0


del vettore avente origine in 1 + i 0 e che punta su RGH(i ) al variare di da
a +
RG
si contano i poli a parte reale strettamente positiva z di Y /U = 1+RGH dalla
formula di Nyquist

z = p + + Nf .
2
Note
Quando necessario, i conteggi dei poli a parte reale positiva o nulla di RGH possono
essere realizzati con il criterio di Routh.
Se il diagramma polare di RGH(i ) passa per il punto critico 1 + i 0 significa che
sicuramente Y /U ha un polo marginalmente stabile.
Poiche T (s) = T (s ), segue che il diagramma polare di RGH(i ) per valori negativi di
e simmetrico rispetto alle ascisse del diagramma polare di RGH(i ) : [0, ). Per
valutare Nf e allora sufficiente contare i giri compiuti attorno a 1 + i 0 per [0, )
e moltiplicare il valore cos ottenuto per due.
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Da ultimo si osservi che il criterio di Nyquist enunciato vale anche per funzioni di
trasferimento non razionali fratte, ad esempio anche in presenza di termini del tipo esT
che modellino ritardi finiti tra ingresso ed uscita del sistema.

Esempio: Si riconsideri la funzione di trasferimento (239): si voglia valutare la stabilita


di un sistema in retroazione unitaria avente quandagno di anello RGH pari alla T (s)
data dalla equazione (239). Il suo diagramma polare e riportato in figura (23). La RGH
Nyquist Diagrams

20

15

10

5
Imaginary Axis

10

15

20
10 5 0 5 10 15
Real Axis

Figura 23: Esempio di diagramma polare: sistema instabile

in esame non ha poli positivi o immaginari, ma dal diagramma in figura (23) risulta che
Nf = 2, dunque ci si aspetta di avere

z =p+ + Nf = 0 + 0 + 2
2
due poli instabili. Indubbiamente i poli in ciclo chiuso sono:

347.3759
3.2289
1.6048.

Dal diagramma polare (23) si intuisce che un guadagno statico minore puo servire a
stabilizzare il sistema: se, infatti, il punto critico 1 + i 0 non venisse abbracciato dal
diagramma di RGH, allora risulterebbe Nf = 0 e non ci sarebbero poli instabili in ciclo
chiuso. Indubbiamente tracciando il diagramma polare della stessa T (s) (239) divisa
per un fattore 10, ossia di

(s + 1)(s 2)
T (s) = 45 (246)
(s2 + s + 9)(s + 100)

si ottiene il diagramma riportato in figura (24). I poli in ciclo chiuso del sistema in
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 59

Nyquist Diagrams

1.5

0.5
Imaginary Axis

0.5

1.5

2
1 0.5 0 0.5 1 1.5
Real Axis

Figura 24: Esempio di diagramma polare: sistema stabile

retroazione unitaria avente guadagno di anello T (s) dato dalla (246) sono:

53.4660
1.2670 + 4.1123 i
1.2670 4.1123 i.

n d
+ u +
r + e
R G
- + y

H
+
m

Figura 25: Controllo in retroazione con incertezza di modello e disturbi tipici.

15.2 Introduzione al concetto di robustezza nei sistemi di controllo


retroazionati
Con riferimento allo schema riportato in figura (25) e utile valutare le funzioni di tra-
sferimento tra i segnali di uscita y, controllo u ed errore e ed il riferimento r, il disturbo
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sullimpianto d, quello di misura m e di ingresso n. Da calcolo diretto segue che:


RG
Tyr = := F (s) (247)
1 + RGH
RG
Tyn = = F (s) (248)
1 + RGH
RG
Tym = = F (s) (249)
1 + RGH
1
Tyd = := S(s) (250)
1 + RGH
R
Tur = := Q(s) (251)
1 + RGH
R
Tun = = Q(s) (252)
1 + RGH
R
Tum = = Q(s) (253)
1 + RGH
RH
Tud = = H Q(s) (254)
1 + RGH
1
Ter = = S(s) (255)
1 + RGH
RGH
Ten = = H F (s) (256)
1 + RGH
1
Tem = = S(s) (257)
1 + RGH
H
Ted = = H S(s) (258)
1 + RGH
dove S(s) rappresenta la funzione di sensitivita, F (s) la funzione di sensitivita comple-
mentare o funzione di trasferimento in ciclo chiuso e Q(s) la funzione di sensitivita del
controllo. Indicando con Yd (s) := L[r(t)] la trasformata di Laplace del riferimento r(t)
(per non confonderla con la funzione di trasferimento del regolatore R(s)), si consideri
la relazione:

Yd (s)
Y (s) Tyr (s) Tyd (s) Tyn (s) Tym (s)
U (s) = Tur (s) Tud (s) Tun (s) Tum (s) D(s) =

N (s)
E(s) Ter (s) Ted (s) Ten (s) Tem (s)
M (s)

Y (s)
F (s) d

F (s) S(s) F (s)
D(s)
= Q(s) H Q(s) Q(s) Q(s) N (s) . (259)

S(s) H S(s) H F (s) S(s)
M (s)
Da questa relazione si possono capire i requisiti ideali di un sistema di controllo. In
particolare linseguimento ottimo del riferimento e la completa insensitivita dellusicta
e dellerrore dal disturbo d(t) si avrebbero per
F (s) = 1 S(s) = 0.
Si noti, pero, che non e possibile assegnare indipendentemente F (s) ed S(s) con la sola
scelta di R(s) poiche F (s) ed S(s) non sono indipendenti, ma tali che
S(s) + H F (s) = 1. (260)
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 61

Inoltre assumendo che G(s) sia strettamente propria ed R(s) al piu semplicemente pro-
pria, nel limite di alte pulsazioni necessariamente si avra che S(s) 1 ed
F (s) 0 mostrando come i requisiti ideali siano irrealizzabili, almeno se riferiti a tutte
le pulsazioni. Evidentemente il regolatore dovra garantire |S(s)| quanto minore possibile
e F (s) quanto piu prossima allunita possibile su un opportuna banda di frequenze. Si
noti in particolare che i disturbi m(t) ed n(t) hanno lo stesso peso relativo del riferi-
mento r(t) sulla uscita. Questo indica che lunica possibilita per ridurre il loro effetto
sulluscita e di accertarsi che disturbi e riferimenti abbiano spettri disgiunti e quindi
sintetizzare il regolatore tale che F (s) abbia banda passante disgiunta dallo spettro di
m(t) ed n(t).
Le funzioni di sensitivita introdotte risultano essere molto utili nellanalisi della robu-
stezza della stabilita di sistemi retroazionati. Indicando con L(s) := RGH(s) la funzione
di trasferimento di anello, vale
1
S(s) =
1 + L(s)
1 L(s)
F (s) = .
H 1 + L(s)
Supponiamo che limpianto di controllo di figura (25) sia asintoticamente stabile e si
voglia analizzare la stabilita del sistema da esso ottenuto al variare di G(s). Ovvero
sostituendo allimpianto descritto dalla G(s) uno descritto da

Gm (s) = G(s) + G(s)
(261)
|G(j)| (w)

con () nota, ci si chiede sotto quali condizioni il sistema in ciclo chiuso continui ad
essere asintoticamente stabile. Per rispondere si puo ricorrere al criterio di stabilita
di Nyquist. In particolare ipotizziamo che Gm (s) abbia lo stesso numero di poli a
parte reale positiva di G(s): in questo caso il sistema in ciclo chiuso con funzione di
trasferimento di anello Lm (s) = RGm H sara a sua volta asintoticamente stabile se il
numero di rotazioni dei vettori Lm (j) ed L(j) attorno al punto critico 1 + j0, al
variare di da a +, coincidono. Osservando che Lm (s) = L(s) + G(s)R(s)H(s)
segue che Lm (j) e contenuto in un cerchio centrato su L(j) di raggio ()|RH(j)|
e dunque la condizione di asintotica stabilita del sistema perturbato e necessariamente
garantita se
()|RH(j)| < |1 + L(j)| (262)
ovvero se la funzione di sensitivita S(s) garantisce:
1
|S(j)| < . (263)
()|RH(j)|
La equazione (263) richiede in pratica di avere bassa sensitivita nelle zone di frequenza ad
alta indeterminazione (()) della funzione di trasferimento dellimpianto. Alla luce di
queste considerazioni si puo introdurre come parametro di misurazione della robustezza
della stabilita la quantita:
SM := sup |S(j)| (264)

che si richiede di essere quanto piu piccola possibile. Moltiplicando la equazione (263)
per |RGH(j)| a destra e sinistra si puo ottenere una condizione necessaria di stabilita
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asintotica equivalente in termini della funzione F (s), in particolare si ottiene:

() 1
< . (265)
|G(j)| |H| |F (j)|

dove il termine di sinistra rappresenta lincertezza relativa sullimpianto G(s). Lequa-


zione (265) rivela che per garantire asintotica stabilita a fronte di una grande incertez-
za relativa sullimpianto, e necessario che il regolatore R(s) garantisca di minimizzare
quanto piu possibile la quantita:

FM := sup |F (j)| (266)


che rappresenta dunque un secondo parametro di stima della robustezza della stabilita
del sistema di controllo in ciclo chiuso. Questa analisi spiega limportanza dei parametri
dei margini di fase e guadagno.

15.3 Il margini di guadagno ed il margine di fase.


Con riferimento alla figura (26) si definiscono

Im
1/k m

-1
Re
c c
m

Figura 26: Interpretazione grafica dei margini di guadagno e fase.

1
km := : arg L(j ) = 180o Margine di guadagno (267)
|L(j )|
m := 180o + c : c = arg L(jc ), |L(jc )| = 1 Margine di fase. (268)

Il margine di fase e particolarmente significativo come indice di robustezza rispetto a


eventuali ritardi finiti nella catena diretta. Sempre con riferimento alla figura (26) si noti
che |1 + L(jc )| rappresenta la lunghezza del vettore avente origine in 1 + j0 e termine
nel punto c e che se m > 0o allora m /180 rappresenta la lunghezza dellarco tra
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1 + j0 e c della circonferenza unitaria. Di conseguenza ricordando che per definizione


|L(jc )| = 1 e che per costruzione geometrica |1 + L(jc )| < m /180 vale che:
1 180
m >
SM
1 180
m >
FM
che mostrano come il margine di fase sia legato ai parametri di stabilita robusta FM , SM
prima introdotti.
Si noti che se il diagramma polare della funzione di anello L(j) fosse completamente
contenuto nella circonferenza di raggio unitaria e centro nellorigine il sistema in ciclo
chiuso sarebbe robusto a ritardi di entita arbitraria. Altrimenti in generale il massimo
ritardo tollerabile nella funzione di anello e pari a:
m
max = (269)
c 180
che rivela come sistemi a larga banda passante siano intrisencamente piu sensibili ad
eventuali ritardi nella funzione di anello.

15.4 Il criterio di stabilita del margine di fase.


Si applica quando RGH(s) e G soddisfano le quattro ipotesi seguenti:

G(s) non ha poli nel semipiano positivo, ma tutti i suoi poli hanno parte reale
minore o uguale a zero (notare che sono ammessi poli puramente immaginari).

Assenza di cancellazioni incrociate tra zeri e poli di RGH sullasse immaginario o


nel semi-piano destro.

Guadagno di Bode di RGH(s) positivo.

Il diagramma di modulo (di Bode) interseca lasse delle ascisse una sola volta
dallalto verso il basso.

Si noti che sono ammessi sistemi con zeri nel semipiano destro (zeri positivi) e sistemi
con ritardi finiti.
Il criterio di Nyquist applicato ad un sistema che soddisfi le ipotesi riportate rivela
che la stabilita e garantita se e solo se

Nf + =0
2
che, graficamente, equivale a richiedere che il punto critico (1, j0) nel piano di Gauss
non sia abbracciato dal diagramma polare di RGH. Questa condizione equivale, a sua
volta, ad avere un margine di fase maggiore di zero gradi. In particolare la condizione
di stabilita per i sistemi in oggetto puo essere espressa in termini del margine di fase m
come segue:

m < 0 = instabilita per poli in ciclo chiuso a parte reale positiva


m = 0 = instabilita per poli in ciclo chiuso a parte reale nulla
m > 0 = stabilita, poli in ciclo chiuso a parte reale negativa
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I valori tipici del margine di fase sono nellintervallo [45o , 60o ], ma anche 30o possono
essere accettabili: dipende dalla specifica applicazione. Il margine di fase e, in generale,
un buon indicatore della robustezza della stabilita (specie nei confronti di ritardi di
tempo finiti), ma non sono infrequenti casi particolari per i quali ad un elevato valore del
margine di fase non corrisponda un comportamento robusto. Per esempio, la situazione
riportata in figura (26) corrisponde proprio ad un sistema con elevato margine di fase,
ma non lontano dallinstabilita. E proprio per identificare queste situazioni che si ricorre,
come indicatore aggiuntivo, al margine di guadagno km . In effetti, nelle stesse ipotesi
formulate circa il criterio del margine di fase, si puo formulare un criterio basato sul
margine di guadagno.

15.5 Il criterio di stabilita del margine di guadagno.


Dato il margine di guadagno definito in equazione (267), nelle stesse ipotesi enunciate
al paragarfo (15.4) relativamente al criterio del margine di fase, vale il seguente criterio
di stabilita:

km < 1 = instabilita per poli in ciclo chiuso a parte reale positiva


km = 1 = instabilita per poli in ciclo chiuso a parte reale nulla
km > 1 = stabilita, poli in ciclo chiuso a parte reale negativa.

15.6 Il criterio (indicativo) di stabilita di Bode o della pendenza.


A valle dei risultati fin qui ottenuti, risulta che se un sistema ha una unica pulsazione
di taglio t (ed e relativa ad una pendenza negativa), in assenza di ritardi finiti, e
privo di poli e zeri positivi, oppure se gli zeri positivi presenti sono tutti a pulsazioni
molto maggiori (almeno una decade) della pulsazione di taglio t di RGH, condizione
sufficiente per la stabilita in ciclo chiuso e che la pendenza del diagramma delle ampiezze
di Bode nella decade centrata su t sia:

1 piena (i.e. 20dB/decade)

1/ 2 (i.e. 20dB/decade/ 40dB/decade)

2/ 1 (i.e. 40dB/decade/ 20dB/decade).

Per quanto solo indicativo, questo semplice criterio e spesso di grande utilita pratica.
Possibili deroge alle condizioni riportate per la sua validita riguardano la presenza di
ritardi finiti che, se trascurabili potrebbero non influire sullesito del criterio, ed il taglio
a pendenze anche minori o uguali a 2, ma con zeri (nel semipiano sinistro) molto vicini.

15.7 Analisi delle funzioni di sensitivita.


Con riferimento alla rappresentazione di Bode (235) della funzione di trasferimento di
anello L(s) = RGH(s) si possono valutare i limiti per s 0 delle funzioni S(s) ed
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F (s):
1

, l=0
sl 1+K
lim S(s) = lim = 0 , l>0 (270)
s0 s0 sl + K
1 , l<0

K
1+K , l=0
K
lim F (s) = lim l = 1 , l>0 (271)
s0 s0 s + K
0 , l<0

dove si e ipotizzato che


lim H(s) = 1,
s0

K e la costante di Bode ed l il tipo della funzione di anello L(s). Questi limiti mettono in
evidenza come non sia in generale opportuno avere zeri nellorigine della funzione danel-
lo, mentre poli nellorigine garantiscono errori a regime nullo per riferimenti stazionari.
Per tipici sistemi di controllo valgono le approssimazioni:
1
|L(j)| , c

1
|S(j)| = (272)
|1 + L(j)| 1 , > c

|L(j)| 1 , c
|F (j)| = (273)
|1 + L(j)| |L(j)| , > c
1
|HG(j)| , c .

|R(j)|
|Q(j)| = (274)
|1 + RGH(j)| |R(j)| , > c

Questa ultima relazione mostra come la eventuale volonta di ottenere una banda pas-
sante in ciclo chiuso molto superiore a quella del sistema in ciclo aperto implichi neces-
sariamente elevati guadagni del regolatore ad alte frequenze, ossia la estensione della
banda passante del sistema in ciclo aperto si paga in termini di sforzo di controllo. Per
quanto riguarda la robustezza rispetto incertezze parametriche sullimpianto G, si noti
che:
RG
F := (275)
1 + RGH
1 F 1 R G
(1 + RGH) RG RH
G
= =
F F (1 + RGH)2
R2 GH
 
G R 1 + RGH
= 2
=
1 + RGH (1 + RGH) RG
   
G 1 RH G G 1 F 1 G
= = H = [1 F H] =
G 1 + RGH G G G G
1 G
= S (276)
G
da cui segue che lincertezza relativa sulla funzione di trasferimento in ciclo chiuso dovuta
a variazioni o incertezze parametriche su G e legata alla rispettiva incertezza relativa
della funzione G da:
F G
(j) = (j) |S(j)| (277)
F G
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Risposta al gradino unitario


2

1.8

1.6

1.4
Uscita sistema del II ordine

1.2

0.8

0.6

0.4

0.2

0
0 5 10 15
tw
n

Figura 27: Risposta al gradino unitario di un sistema elementare del secondo ordine
per = 0.01, 0.1, 0.3, 0.6, 0.9.

che alla luce della struttura tipica di S(s) prima esaminata, mette in evidenza il motivo
stesso per cui si ricorre alla retroazione nei sistemi di controllo. Grandi amplificazioni
nella banda passante della funzione danello garantiscono, entro la banda passante, una
ridotta senstivita a variazioni parametriche dellimpianto. In questo senso luso della
retroazione aiuta per sua natura a rendere il sistema in ciclo chiuso piu robusto di quello
in anello aperto rispetto non solo a disturbi sulluscita, ma anche rispetto variazioni o
incertezze sullimpianto G. Si noti anche che lequazione (277) giustifica la dizione di
funzione di sensitivita per la funzione S(s).

15.8 Analisi dei sistemi di controllo del secondo ordine.


Sia dato il sistema elementare del secondo ordine:
n2
G(s) = (278)
s2 + 2n s + n2
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Tempo di assestamento (1%)

50

45

40

35

30
t wn

25

20

15

10

0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1


Figura 28: Tempo di assestamento all1%.

avente risposta indiciale pari a:


n2
 
1 1
y(t) = L = ... =
s2 + 2n s + n2 s
en t p 
= 1(t) p 1 2 cos( t) + sin( t) =
1 2
p !!
en t 1 2
= 1(t) p sin t + arctan (279)
1 2

essendo

p
:= 1 2 n . (280)
Come illustrato in figura (27), grafico della funzione (279) e contenuto nellinviluppo
delle funzioni
ysup (t) = 1 + en t (281)
n t
yinf (t) = 1 e . (282)
Si definisce tempo di assestamento allx% il tempo minimo dopo il quale la risposta
indiciale differisce in modulo dal suo valore asintotico y per meno dellx% di y . In
formule,

y(t) y
tx% : 100
x% t t (283)
x%
y
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Approssimando la risposta indiciale con il suo inviluppo inferiore (282), il tempo di

Istante di max. sovraelongazione

12

11

10

8
t wn

2
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Figura 29: Istante di sovraelongazione.

assestamento allx% puo essere calcolato come:


x
1 en tx% = 1 =
100
ln(100/x)
n tx% = . (284)

E possibile verificare per via numerica che lapprossimazione introdotta con luso del-
linviluppo inferiore (o superiore) della risposta indiciale piuttosto che con la curva com-
pleta (279), e molto buona. Dalla equazione (284) risulta che il tempo di assestamento
allun percento sia dato da:

ln(100)
n t1% = dove ln(100) 4.6

il cui grafico e riportato in figura (28). Data la struttura della equazione (279) ed il suo
grafico in figura (27), si deduce lesistenza di estremi relativi della risposta indiciale. In
particolare il primo massimo della (279) individua la massima sovraelongazione: il valore
delluscita Mse corrispondente alla massima sovraelongazione, cos come listante tmse a
cui si manifesta, possono essere calcolati analizzando la derivata prima della equazione
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Sovraelongazione
100

90

80

70

60
[%]

50

40

30

20

10

0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Figura 30: Sovraelongazione.

(279) da cui risulta che



tmse = p (285)
n 1 2
!

Mse = 1 + exp p . (286)
1 2

La quantita n tmse rappresentativa dellistante di massima sovraelongazione e riportata


in figura (29) mentre il valore della sovraelongazione e riportato in termini percentuali
rispetto il valore asintotico, i.e.
!

S = 100 exp p
1 2
p
in figura (30). La frequenza caratteristica = n 1 2 della curva (29) e illustrata
in figura (31). I valori di massima sovraellongazione, frequenza del transitorio e tempo
di assestamento rappresentano le principali specifiche che si possono richiedere ad un
sistema di controllo nel dominio del tempo.
Analogamente alcune specifiche possono essere assegnate con riferimento alla risposta
armonica del sistema. Nelle figure (32 - 33) sono riportati gli andamenti del modulo e
della fase della funzione di risposta armonica associata alla funzione di trasferimento
(278). La funzione di risposta armonica e data da:
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Frequenza transitorio
1

0.9

0.8

0.7

0.6
w / wn

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

p
Figura 31: Frequenza del transitorio = n 1 2 .


1
G(j) = G(s)|s=j =  =

2
s
n +1+ 2 sn
s=j
1
=  2 (287)

1 n + 2 j n

avente modulo
1
|G(j )| = s = (288)
 2 2
  2

1 n + 4 2 n

1
= p : x = (/n )2 (289)
(1 x)2 + 4 2 x

Dalla equazione (289) si puo dedurre la banda passante a 3dB (attenuazione di 1/ 2)
del sistema elementare del secondo ordine imponendo:

(1 x)2 + 4 2 x = 2

risolvendo la quale si ottiene:


q p
b /n = (1 2 2 ) + (2 2 1)2 + 1 (290)
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Modulo del sistema elementare del II ordine


15

10

5
[deg]

10

15

20

25

30
1 0 1
10 10 10
w/wn

Figura 32: Modulo della funzione di risposta armonica per un sistema del II ordine
G(s) = n2 /(s2 + 2n s + n2 ) per = 0.1, 0.2, 0.3, . . . , 1.

il cui andamento funzionale e riportato in figura (34). Dalla equazione (289) si puo anche
dedurre la pulsazione di risonanza e la corrispondente ampiezza risonante. In particolare
la pulsazione di risonanza per sua definizione e la pulsazione alla quale si manifesta il
massimo relativo del modulo della funzione di risposta armonica. Tale massimo si puo
individuare cercando il minimo del radicando in equazione (289), ossia:
f (x) = (1 x)2 + 4 2 x
f 0 (x) = 0 =
x = 1 2 2 =
p 1 1
ris /n = 1 2 2 : in figura (37) (291)
2 2
ed il picco di risonanza vale evidentemente:
1
|G(j)|=ris = . . . = p (292)
2 1 2
il cui valore in dB e riportato nelle figure (35 - 36). Da ultimo si consideri il margine
di fase di un sistema che, in retroazione unitaria, abbia funzione di trasferimento pari a
quella di un sistema elementare del secondo ordine (278). Un siffatto sistema avrebbe
funzione di trasferimento nella catena diretta pari a:
n2
T (s) = (293)
s(s + 2n )
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Fase del sistema elementare del II ordine


0

20

40

60

80
[deg]

100

120

140

160

180
2 1 0 1 2
10 10 10 10 10
w/w
n

Figura 33: Fase della funzione di risposta armonica per un sistema del II ordine
G(s) = n2 /(s2 + 2n s + n2 ) per = 0.1, 0.2, 0.3, . . . , 1.

ovvero funzione di risposta armonica


n2
T (j) = = (294)
j(j + 2n )
n2
2 2 j n

= 2
(295)

essendo il modulo del numero complesso a denominatore della (294). Indicando con
t la pulsazione di taglio, ossia quella in corrispondenza della quale
t : |G(j )|=t = 1
il margine di fase associato al sistema in esame si ottiene come:
 
|Im(G(j t ))|
m = arctan (296)
|Re(G(j t ))|
che alla luce della equazione (295) implica:
 
2
m = arctan . (297)
t /n
Per quanto concerne il computo della pulsazione di taglio, si noti che dalla equazione
(294) risulta:
1 1
|G(j )|2 =  2   2  = x(4 2 + x) : x = (/n )
2

n 4 2 + n
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Banda passante
1.6

1.5

1.4

1.3

1.2
wb / wn

1.1

0.9

0.8

0.7

0.6
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Figura 34: Banda passante.

da cui la pulsazione di taglio si calcola imponendo:

x(4 2 + x) = 1 =
q
t /n = (4 4 + 1 )1/2 2 2

che sostituita nella equazione (297) determina:


!
2
m = arctan p (298)
(4 4 + 1 )1/2 2 2

il cui grafico, in gradi, e riportato in figura (38). Dal grafico di m in figura (38) si evince
che nellintervallo [0, 0.6] il margine di fase espresso in gradi e approsimativamente
calcolabile come m = 100 [deg].

15.9 Legame tra risposta indiciale di un sistema in retroazione unitaria


e diagramma polare della funzione di anello
Come si e visto, chiudendo in retroazione unitaria il sistema del secondo ordine dato
in equazione (293), si ottiene in ciclo chiuso il sistema elementare del secondo ordine
(278). E stato dimostrato che la sovraelongazione nella risposta indiciale del sistema
(278) tende ad essere massima al tendere a zero del coefficiente di smorzamento. Inoltre
si e visto che al tendere a zero del coefficiente di smorzamento (positivo) tende a zero
anche il margine di fase della funzione di anello (293) cos come tende a crescere il picco
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 74

Picco di risonanza

10

6
Mris [dB]

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8


Figura 35: Picco di risonanza in dB.

di risonanza del diagramma di Bode dei moduli della funzione (278), ossia del sistema
ottenuto chiudendo in retroazione unitaria la funzione di anello (293).
Il nesso tra la presenza di un rilevante picco di risonanza nel diagramma dei moduli di
un sistema (stabile) e di una rilevante massima sovraelongazione non dovrebbe stupire:
anzi, qualitativamente possiamo affermare che per un sistema stabile la sovraelongazione
nella risposta indiciale sia la manifestazaione nel dominio del tempo del picco di riso-
nanza in frequenza. Questo perche il picco di risonanza segnala che una porzione dello
spettro del gradino in ingresso (forzante che genera la risposta indiciale) viene amplifi-
cata sensibilmente di piu delle porzioni adiacenti (sia a destra che a sinistra del picco).
Ne segue che se il picco di risonanza e sufficientemente pronunciato, lo spettro della
risposta forzata avra un massimo relativo in prossimita della frequenza di risonanza.
Questo massimo nello spettro della risposta indiciale produce, nel dominio del tempo,
le tipiche oscillazioni della risposta indiciale che determinano la sovraelongazione.
E importante osservare, pero, che esiste anche un nesso tra massima sovraelongazione
(o natura sensibilmente oscillante) della risposta indiciale di un sistema in retroazione
unitaria ed i margini di fase e guadagno della relativa funzione di anello. In altri termini,
losservazione quantitativa che e stata dimostrata rigorosamente per un sistema del
secondo ordine, che a margine di fase piccolo della funzione di anello corrisponde grande
sovraelongazione (o natura fortemente oscillante) nella risposta indiciale del sistema
in ciclo chiuso, e generalizzabile. Per chiarire questo punto, si consideri un generico
diagramma polare di una funzione di anello L(s) per la quale si possano applicare i
criteri di stabilita del margine di fase e di guadagno: si ipotizzi di chiudere L(s) in
retroazione unitaria. Il vettore avente origine nel punto critico (1, j0) e termine sulla
FdA A.A. 2016 - 2017, Giovanni Indiveri, Universita del Salento. VERSIONE 0.48 75

Picco di risonanza
55

50

45

40

35
Mris [dB]

30

25

20

15

10
0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12

Figura 36: Particolare del picco di risonanza in dB.

curva L(j) ha modulo |1 + L(j)|. Ne segue che se il diagramma polare passa molto
vicino al punto critico (1, j0) (eventualmente in seguito ad un margine di fase o di
guadagno molto piccolo), significa che nei pressi della pulsazione di taglio t (dove per
definizione |L(jt )| = 1) ci sara una pulsazione t per la quale |1 + L(j )|  1 e
|L(j )| 1. Di conseguenza, in una simile situazione, la funzione di risposta armonica

L(j)
T (j) = (299)
1 + L(j)
del sistema in retroazione unitaria avente funzione di anello L(j) avra un picco di ri-
sonanza nei pressi di t . Tale picco sara tanto piu pronunciato quanto piu vicino
sara il passaggio del diagramma polare di L(j) al punto critico (1, j0). Questo di-
mostra che, in generale (e non solo per il sistema elemntare del II ordine), a margini
di guadagno o fase piccoli nella funzione di anello corrisponderanno grandi oscillazioni e
grande sovraelongazione nella risposta indiciale del sistema in retroazione unitaria aven-
te funzione di anello L(j). Si noti infine che, per quanto non molto comuni, sono anche
possibili situazioni patologiche in cui nonostante si abbiano grandi valori dei margini
di fase e di guadagno, il diagramma polare della funzione di anello passa pericolosa-
mente vicino al punto critico (1, j0). Tali situazioni sono molto pericolose in quanto
nonostante eventuali valori abbondanti dei comuni margini di stabilita, si avrebbero pre-
stazioni dinamiche nel dominio del tempo potenzialmente insoddisfacenti. La diagnosi
di queste situazioni e comunque immediata dallanalisi grafica del diagramma polare
della funzione di anello. In linea di massima queste situazioni si possono manifestare
quando la pendenza del diagramma di Bode dei moduli nei pressi del taglio (tipicamente
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Frequenza di risonanza
1

0.9

0.8

0.7

0.6
wris / wn

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8

p
Figura 37: Frequenza di risonanza ris /n = 1 2 2 : 12 1 .
2

alla sua destra) ha pendenza bassa. Per evitare queste situazioni, una buona regola di
sintesi e che la pendenza del diagramma di Bode dei moduli della funzione di anello non
si appiattisca a 0 dopo il taglio ed, anzi, compatibilmente con le specifiche sul margine
di fase, sia quanto piu grande possibile.

16 Il controllo ad azione diretta.

17 La sintesi del controllore in retroazione: considerazioni


generali.
Dato un impianto LTI descritto da una funzione di trasferimento F (s) ed un sensore
H(s) che ne misuri luscita y(t), la sintesi del regolatore in retroazione consiste nel
determinare la funzione di trasferimento di un sistema dinamico LTI strettamente o
semplicemente proprio (il controllore R(s)) tale che il sistema in retroazione
RF
T (s) = (300)
1 + RF H
soddisfi alcuni requisiti o specifiche. Dallanalisi dello schema a blocchi del sistema
in ciclo chiuso T (s), emerge che il problema descritto puo sempre essere ricondotto a
quello di sintetizzare un sistema di controllo in retroazione unitaria per limpianto G(s) =
F (s)H(s). Alla luce di questa osservazione, e senza ledere la generalita della discussione,
nel seguito si assumera di dover risolvere il problema della sintesi in retroazione unitaria
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Margine di fase
80

70

60

50
[deg]

40

30

20

10

0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Figura 38: Margine di fase di un sistema del secondo ordine in ciclo chiuso.

per un impianto descritto dalla funzione di trasferimento G(s), ossia individuare la


funzione di trasferimento di un sistema dinamico R(s) tale che il sistema in retroazione
unitaria
R(s)G(s)
1 + R(s)G(s)
soddisfi date specifiche.
La procedura di sintesi in frequenza (a volte chiamata per tentativi nella letteratura
in lingua italiana) non e facilmente codificabile e non e semplice definire una metodologia
applicabile nella generalita delle situazioni. E pero possibile descrivere un certo numero
di regole di buona prassi e di raccomandazioni che sono in genere sufficienti a guidare
nel processo della sintesi in modo da raggiungere risultati soddisfacenti. Tra le prime
regole, ricordiamo che

1BP La funzione di trasferimento del regolatore R(s) deve essere fisicamente realizza-
bile.

2BP La funzione di trasferimento del sistema in ciclo chiuso deve essere BIBO stabile.

Per quanto riguarda questo punto, e opportuno distinguere la sintesi per impianti
(G(s) = F (s)H(s), serie dellimpianto e del sensore) a fase minima e a fase non mi-
nima.

Definizione: Un sistema LTI a tempo continuo si dice a fase minima o a sfasamento


minimo se ha costante di Bode positiva, e privo di poli a parte reale positiva, e privo di
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zeri a parte reale positiva ed e privo di ritardi di tempo finiti.

Per sistemi a fase minima, la stabilita in ciclo chiuso puo essere garantita assicurando
che la funzione di anello soddisfi il criterio qualitativo della pendenza (criterio di Bode)
o i criteri del margine di fase e di guadagno. Si noti che per impianti a fase minima, non
ce vincolo su dove imporre la pulsazione di taglio della funzione di anello. In questo
senso la situazione e molto piu complessa ed articolata per sistemi a fase non minima.
Per garantire la stabilita in ciclo chiuso per sistemi a fase minima sulla base dei criteri
di Bode o del margine di fase, e frequente luso di reti ad anticipo del tipo
s+z
K0 : z < p reali (301)
s+p
con z < t < p essendo t la pulsazione di taglio della funzione di anello.
In molte circostanze la sintesi della rete ad anticipo di fase e semplificata utilizzando
la seguente parametrizzazione:
1+s
Ranticipo (s) = K : , K > 0, (0, 1]. (302)
1 + s
Analizzando il diagramma polare di questa rete, che e un semicerchio per [0, ), si
evince che il massimo della sua fase max soddisfa:
1 sin max
= (303)
1 + sin max
e si manifesta alla pulsazione
1
= . (304)

Infine, ponendo
K= (305)
si garantisce che il taglio del diagramma di Bode dei moduli di Ranticipo (s) sia proprio
in .

3BP La funzione di anello L(s) = R(s)G(s) deve essere di tipo passa-basso con una
unica pulsazione di taglio ottenuta in corrsipondenza di una pendenza negativa
del diagramma dei moduli di Bode.

Data la natura passa-basso di L(s), si e soliti indicare con i termine bassa frequenza lo
spettro su cui |L(s)|  1, media frequenza lo spettro su cui |L(s)| 1 e di alta frequenza
lo spettro su cu |L(s)|  1. Naturalmente la pulsazione di taglio di L(s) individuera
la banda passante, ovvero la prontezza, del sistema in ciclo chiuso. Questa deve essere
scelta compatibilmente allo sforzo di controllo ammissibile e alla specifica applicazione in
esame. In particolare, si ricorda che se limpianto G(s) e strettamente proprio, imporre
una pulsazione di taglio t sulla funzione di anello a destra dellultima pulsazione di
rottura di G(j) determinera che in una porzione di spettro dellordine di ( , t ) il
modulo della funzione di risposta armonica R/(1 + RG) tra luscita del regolatore ed il
riferimento tendera a 1/|G(j)|.
Si noti che queste regole di buona prassi vanno rispettate contemporaneamente.
Dunque per quanto riguarda, per esempio, i punti 2BP e 3BP, il numero di reti ad
anticipo di fase da poter usare nella zona di media frequenza sara superiormente limitato.
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4BP La funzione di anello L(s) = R(s)G(s) ed il regolatore R(s) devono essere di tipo
compatibile con le specifiche di reiezione dei disturbi sullingresso e luscita di G(s)
e di robustezza a variazioni parametriche.

5BP E bene che non ci siano cancellazioni tra zeri nellorigine del controllore e poli
nellorigine dellimpianto, ossia R(s)G(s) deve essere di tipo maggiore o uguale a
quello di G(s).

6BP Se la funzione di anello e di tipo zero, il guadagno statico L(0) della funzione di
anello deve essere sufficientemente elevato da garantire che lerrore asintotico per
riferimenti a gradino sia sufficientemente piccolo.

Indicando con t la pulsazione di taglio di L(j), i punti 4BP e 6BP possono sempre
essere soddisfatti moltiplicando la R(s) che non li soddisfacesse rispettivamente per reti
di tipo proporzionale - integrale (PI) ed a ritardo di fase agenti nella zona di bassa
frequenza, ossia per
s+z n
 
: n 1, z  t (306)
s
e
1 1 + s 1
: (0, 1),  t . (307)
1+s
7BP A parita di prestazioni ottenute con due controllori diversi, e sempre preferibile
utilizzare quello di struttura piu semplice (i.e. con il minore numero di poli e zeri)
o eventualmente quello che garantisce il minor sforzo di controllo.

Una tecnica da considerare per cercare di ottenere controllori piu semplici possibili consi-
ste, una volta sintetizzato R(s), nel verificare tramite il suo diagramma di Bode e quello
dellimpianto G(s), se sia possibile mantenere una analogo andamento del diagramma
di Bode di R(s) e della funzione di anello eliminando alcuni poli e/o zeri di R(s). Puo
succedere, per esempio, che nella sintesi si siano introdotti poli di R(s) in alta frequenza
(ossia dove |L(j)|  1); se questi non fossero necessari a garantire la fisica realizzabilita
di R(s) potrebbe essere possibile eliminarli senza modificare sensibilmente le prestazioni
complessive.
Valutando nel complesso le regole esposte, si noti che la procedura di sintesi del
controllore (almeno per sistemi a fase minima) puo essere pensata per zone di frequenza
distinte. In altri termini dato il diagramma di Bode del sistema G(s) da controllare,
si puo procedere a correggerlo per zone di frequenza fattorizzando il regolatore nelle
regioni di bassa, media ed alta frequenza (rispettivamente indicate con i pedici bf , mf
ed af )
R(s) = Rbf (s) Rmf (s) Raf (s) (308)
e scegliendo ciascun fattore in modo che abbia guadagno unitario (o comunque costante)
e fase nulla nelle altre zone. Tipicamente nelle zone di bassa frequenza si inseriscono
termini atti a soddisfare le prestazioni asintotiche: per esempio, reti PI o a ritardo di
fase che garantiscano guadagni elevati per pulsazioni tendenti a zero e tali che abbiano
fase tendente a zero e modulo tendente ad uno in media ed alta frequenza. Nella zona
di media frequenza si inseriscono termini che garantiscano la BIBO stabilita in ciclo
chiuso con il rispetto delle eventuali specifiche sui margini di fase e guadagno. Spesso
questi obiettivi sono raggiunti con luso (in media frequenza) di reti ad anticipo di
fase opportunamente centrate. In alta frequenza potrebbero essere presenti poli atti a
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garantire la fisica realizzaibilita del controllore ed il rispetto delle specifiche sul margine
di guadagno.
Si noti che le prime regole fin qui esposte valgono in generale, ovvero per sistemi
a fase minima e per sistemi a fase non minima. La differenza sostanziale tra le due
classi di sistemi consiste nella possibilita per i sistemi a fase minima di garantire la
BIBO stabilita in ciclo chiuso sulla base dei semplici criteri di stabilita dei margini di
fase e guadagno o della pendenza (criterio di Bode). In presenza di sistemi a fase non
minima, tali criteri potrebbero non valere rendendo il problema di garantire la BIBO
stabilita in ciclo chiuso piu difficile. Naturalmente in presenza di sistemi a fase non
minima si potra sempre ricorrere al criterio di Nyquist per analizzare la stabilita in ciclo
chiuso, ma a differenza dei criteri dei margini di fase, guadagno e della pendenza, il
criterio di Nyquist nella sua forma generale non indica in maniera esplicita e diretta
quali modifiche effettuare alla funzione di anello per garantire la BIBO stabilita in ciclo
chiuso. Il problema generale della sintesi per sistemi a fase non minima puo essere in
parte semplificato distinguendo alcuni casi particolari.

17.1 La sintesi del controllore per sistemi a fase non minima: consi-
derazioni generali
Un impianto G(s) (serie del sistema e del sensore) da controllare in retroazione (unitaria)
puo essere a fase non minima per diversi motivi. In particolare una qualunque funzione
di trasferimento a fase non minima puo sempre essere fattorizzata come

G(s) = Gf m (s) Gf nm (s) (309)

essendo Gf m (s) a fase minima e Gf nm (s) no. La natura a fase non minima di Gf nm (s)
puo dipendere da diversi fattori:

costante di Bode negativa, Gf nm (s) = 1

presenza di zeri a parte reale positiva,


 2 !
Y l s
Gf nm (s) = (1 h s) 1 + 2 s + : h > 0, l (1, 0) l, h
l l
h,l
(310)

presenza di ritardi di tempo finiti,

Gf nm = esT : T > 0 (311)

presenza di poli a parte reale positiva,


1
Gf nm (s) =   2  : h > 0, l (1, 0) l, h
2 ll s s
Q
h,l (1 h s) 1 + + l
(312)

una qualunque combinazione dei punti precedenti.


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17.1.1 Sistemi con costante di Bode negativa.


Le situazioni corrispondenti ai precedenti punti sono in ordine di complessita crescente:
se un sistema e a fase non minima a causa del solo segno della costante di Bode, sara
sufficiente pensare il controllore nella forma R(s) = R1 (s) e procedere alla sintesi di
R1 (s) per il sistema a fase minima G(s). Dunque la presenza della sola costante di
Bode negativa in G(s) si risolve banalmente.

17.1.2 Sistemi con zeri destri.


Se, invece, G(s) e a fase non minima per la presenza di soli zeri destri, la situazione e
piu articolata. Innanzi tutto, notiamo che questi zeri non possono e non devono essere
compensati per cancellazione da parte di R(s). Per comprendere il motivo di questa im-
possibilita, notiamo che nelle ipotesi correnti la Gf nm (s) sara data dallequazione (310),
ossia la natura di fase non minima di G(s) e dovuta alla presenza di soli zeri a parte reale
positiva. Supponiamo ora di procedere compensando per cancellazione gli zeri destri del
sistema G(s) per poter poi trattare il rimanente sistema come fosse a fase minima. Sia
dunque R(s) = R(s) G1 f nm (s) avendo indicato con Gf nm (s) la nostra stima degli zeri
destri di G(s). Se ipotizzassimo che G1 f nm (s) Gf nm (s) = 1, ossia che la cancellazione
fosse perfetta, dovremmo procedere scegliendo R(s) in modo che la funzione di anello a
fase minima R(s) Gf m (s) soddisfi il criterio di Nyquist (e/o della pendenza, del margine
di fase, del margine di guadagno). Dunque per questa funzione di anello dovremmo ga-
rantire che z = Nf + /2 = 0 essendo p = 0 in virtu dellipotesi di perfetta cancellazione
G1
f nm (s) Gf nm (s) = 1. Questa ipotesi, pero, e assurda e fisicamente non realizzabile in
quanto richiederebbe una infinita precisione nella conoscenza degli zeri destri di G(s)
ed una infinita precisione nella realizzazione di G1 f nm (s). Dunque dallanalisi di Nyquist
segue che procedendo come appena descritto avremmo esattamente z = p = r poli destri
in ciclo chiuso. La conclusione di questa analisi e che la cancellazione tra poli destri del
controllore e zeri destri del sistema da regolare e sempre rigorosamente vietata.
Come si deve procedere allora in presenza di una Gf nm (s) come quella data in
equazione (310)? Per rispondere, e bene analizzare in dettaglio quale sia la difficolta
tecnica nel garantire la BIBO stabilita in ciclo chiuso indotta dalla presenza di zeri
destri. Si noti che se G(s) ha costante di Bode positiva e Gf nm (s) non contiene poli
destri (come nellipotesi corrente in cui la Gf nm (s) e data dalla equazione (310), vale
il criterio del margine di fase. Dunque la BIBO stabilita sara garantita se il margine
di fase e positivo. Si immagini di aver sintetizzato un controllore R0 (s) tale che la
pulsazione di taglio t della funzione di anello sia molto a sinistra rispetto il primo zero
destro reale e la prima pulsazione naturale associata a zeri destri complessi coniugati di
Gf nm (s). Ovvero, con riferimento alla equazione (310) si definisca zmin = minh,l {h , l }
la prima pulsazione di rottura presente nel diagramma di Bode di Gf nm (s) (equazione
(310)) e si ipotizzi che R0 (s) garantisca una pulsazione di taglio della funzione di anello
t  zmin . Cio equivale ad avere lasciato la Gf nm (s) completamente nella zona ad alta
frequenza della funzione di anello ed, in particolare, per costruzione si e garantito che gli
zeri destri non influenzino negativamente il margine di fase del sistema. Nella situazione
descritta, finche vale t  zmin , R0 (s) puo essere sintetizzata come se il sistema da
controllare fosse il solo Gf m (s). In particolare scegliendo R0 (s) in modo che il taglio
in t  zmin si verifichi con pendenza di 20 dB/decade, si garantira un margine
di fase dellordine di 90 gradi (ragionevolmente il massimo possibile volendo avere alti
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guadagni a sinistra del taglio ed un sufficiente margine di guadagno). Supponiamo


che la pendenza di 20dB/decade del diagramma di Bode dei moduli della funzione
R0 (s)Gf m (s) si conservi inalterata fino a abbracciare interamente la decade centrata su
zmin . Cio consente di aumentare la pulsazione di taglio t aumentando la costante di
Bode KBR0 di R0 (s). Al crescere di KBR0 t tendera a zmin mentre la fase diminuira
e la pendenza del diagramma dei moduli anche! Nella piu benevola delle ipotesi in
cui zmin fosse relativo ad uno zero reale semplice isolato (ovvero distante almeno una
decade dai successivi zeri destri di Gf nm (s)), in prossimita di t = zmin si avrebbe
fase della funzione di anello dellordine di 135 gardi (margine di fase dellordine di 45
gradi), ma pendenza del diagramma asintotico pari a zero. Aumentando ancora KBR0
il taglio non sarebbe piu definito in quanto la pendenza tenderebbe a zero e la fase
a destra di zmin continuerebbe a diminuire. Si noti che una simile situazione non puo
essere recuperata con laggiunta di reti ad anticipo (le uniche in grado di aggiungere fase
positiva senza introdurre poli destri) in quanto non farebbero che aumentare ancora la
pendenza! Se zmin non fosse semplice e isolato, il quadro non sarebbe che peggiore. Da
questo esempio concettuale dovrebbe risultare chiaro che in presenza di una Gf nm (s)
come in equazione (310), non e tecnicamente possibile garantire pendenze negative alla
destra del primo zero destro con margine di fase positivo. Lunica soluzione possibile per
avere un unico taglio della funzione di anello con pendenza negativa e margine di fase
positivo in presenza di sistemi nella forma G(s) = Gf m (s)Gf nm (s) con Gf nm (s) come
in equazione (310) e di lasciare Gf nm (s) nella zona di alta frequenza, ossia progettare
controllori tali che il taglio della funzione di anello si manifesti alla sinistra del primo zero
destro (o della prima pulsazione naturale associata a zeri destri complessi coniugati). In
sintesi, la presenza di zeri destri limita inevitabilmente la banda passante del sistema in
ciclo chiuso. Dunque i sistemi nella forma G(s) = Gf m (s)Gf nm (s) con Gf nm (s) come
in equazione (310) vanno trattati come fossero a fase minima imponendo un taglio della
funzione di anello alla sinistra di zmin , ossia vincolando Gf nm (s) a rimanere confinata
nella zona di alta frequenza della funzione di anello. Questultimo risultato risultato
potra essere reinterpretato anche alla luce del metodo del Luogo delle Radici discusso
nel paragrafo 18.

17.1.3 Sistemi con ritardo di tempo finiti.


Le difficolta associate ad una Gf nm (s) = esT : T > 0 sono abbastanza simili a
quelle relative alla presenza di zeri destri. In particolare, la presenza di ritardi di tempo
finiti limita la massima banda passante della funzione in ciclo chiuso. Data G(s) =
Gf m (s) esT , oltre al sempre valido criterio di stabilita di Nyquist, vale ancora anche
il criterio del margine di fase e di guadagno. Trascurando per il momento il termine
di ritardo temporale finito esT , si ipotzzi di avere sintetizzato un controllore R0 (s)
che compensi Gf m (s) imponendo che R0 (s)Gf m (s) abbia pendenza negativa di 20
dB/decade a cavallo del taglio t , dunque margine di fase dellordine di 90 gradi (come
gia osservato, il massimo ragionevolmente possibile). In presenza del ritardo temporale,
questo margine di fase verrebbe ridotto di 180 t T gradi dimostrando che la pulsazione
di taglio t dovra sicuramente soddisfare

t T < .
2
Nella pratica, assumendo che si possa accettare una riduzione del margine di fase indotta
dal ritardo di tempo finito dellordine di 5 gradi (approssimativamente 1/10 di radiante),
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si dovra imporre la condizione piu stringente


1
t T .
10
Si noti che, come nel caso di zeri destri, cio e dovuto alla impossibilita di recuperare la
fase perduta con reti ad anticipo nel controllore poiche queste aumentando le pendenze
oltre al minimo possibile di 20 db/decade violerebbero la condizione di unico taglio
ottenuto con pendenza negativa per la funzione di anello.
Analogamente al caso di zeri destri, la sintesi per sistemi affetti da ritardo di tempo
finito va realizzata vincolando la pulsazione di taglio della funzione di anello a regioni
delle spettro dove la perdita di fase indotta dal ritardo di tempo finito non incida si-
gnificativamente sul margine di fase in ciclo chiuso. Per il resto, in generale si possono
seguire gli stessi criteri e metodi usati per trattare sistemi a fase minima.

17.1.4 Sistemi con poli destri.


Per i sistemi a fase non minima per la sola presenza di poli destri, ossia per i quali
la funzione di trasferimento fattorizzata come in equazione (309) presenti una Gf nm (s)
come in equazione (312), non si possono applicare i criteri di stabilita del margine di fase
e del margine di guadagno cos come enunciati per il caso di sistemi privi di poli destri.
Naturalmente sara ancora valido il criterio di Nyquist sfruttando il quale e possibile
generalizzare il criterio del margine di fase. E infatti possibile enunciare un criterio
del margine di fase generalizzato che si applica a sistemi con poli destri privi di zeri
destri e ritardi temporali finiti oppure con sfasatori puri associati a zeri destri e ritardi
temporali finiti concentrati ad alta frequenza, ovvero su porzioni di spettro molto a
destra di quelli con i poli destri. In alternativa alluso di tale criterio del margine di fase
generalizzato (non discusso in questo paragrafo), non ci sono altre semplici procedure
operative generali per garantire la BIBO stabilita in ciclo chiuso. A parte il criterio del
margine di fase generalizzato, risulta dunque difficile individuare altri metodi di sintesi
generali da poter applicare al caso di impianti instabili in ciclo aperto, specie se sia
richiesto, come quasi sempre, di soddisfare altre specifiche (come un vincolo sul tempo
di assestamento nella risposta indiciale o la reiezione di dati disturbi) oltre alla BIBO
stabilita in ciclo chiuso. Come spesso accade in molti ambiti ingegneristici, per risolvere
questo difficile problema e utile cercare di scomporlo in sotto-problemi piu semplici per
i quali si conoscano procedure operative ben codificate. Nel caso specifico in esame,
una possibile soluzione consiste nel progettare due anelli di retroazione distinti: il primo
(anello piu interno) si pone come unico obiettivo la stabilizzazione del sistema. Ossia
lindividuazione di un controllore R0 (s) tale che la funzione in ciclo chiuso

R0 (s)G(s)
G1 (s) = (313)
1 + R0 (s)G(s)

sia BIBO stabile. Ne segue che la funzione G1 (s) sara a fase minima (nel caso R0 (s) abbia
costante di Bode positiva e sia priva di zeri destri e ritardi di tempo finiti) o, comunque
a fase non minima, ma priva di poli destri (nel caso R0 (s) non sia a fase minima per
la presenza di una costante di Bode negativa e/o di zeri destri e/o di ritardi di tempo
finiti). Dunque si potra sempre procedere alla sintesi di un secondo controllore R1 (s) con
i metodi esaminati per sistemi privi di poli destri tale che siano soddisfatte eventuali altre
specifiche di controllo oltre alla BIBO stabilita in ciclo chiuso. Larchitettura di controllo
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risultante si chiama a doppio anello. Naturalmente la difficolta maggiore rimane la sintesi


del controllore stabilizzante R0 (s): i metodi per risolvere questo problema di sintesi sono
sostanzialmente due. Il primo consiste nellutilizzare il criterio di Nyquist. In particolare
dallanalisi del diagramma polare della funzione G(s) assegnata, si cerca di individuare
la struttura di una rete tale per cui lequazione di Nyquist z = p + /2 + Nf applicata
al sistema R0 (s)G(s) abbia soluzione z = 0. Purtroppo non esistono regole generali per
risolvere questo problema di sintesi, ma bisogna esaminare il singolo caso in funzione
della natura della G(s) assegnata. Il secondo metodo e basato sulluso di uno strumento
analitico noto come Luogo delle Radici (illustrato nel paragrafo 18) che permette di
analizzare come variano le posizioni dei poli di un sistema al variare di alcuni suoi
parametri.

17.1.5 Sistemi a fase non minima per la presenza concomitante di piu cause.
Il problema della sintesi per sistemi la cui natura di fase non minima sia indotta da piu
di una delle singole cause prima descritte puo essere trattato in modo ragionevolmente
semplice una volta comprese in dettaglio le situazioni relative ai casi precedenti. Si
ipotizzi di progettare il regolatore fattorizzandolo come R(s) = R0 (s)R1 (s). Qualunque
sia la combinazione di concause determinanti la natura a fase non minima dellimpianto,
leventuale presenza di una costante di Bode negativa puo essere banalmente eliminata
scegliendo R0 (s) = 1 ed avendo cura che R1 (s) abbia costante di Bode positiva. Se,
inoltre, tra le diverse concause presenti fosse assente la presenza di poli destri, dallanalisi
svolta relativamente alla presenza di soli zeri destri e di un ritardo di tempo finito, segue
che sarebbe sufficiente procedere alla sintesi di R1 (s) come se il sistema da regolare fosse
privo di ritardi di tempo finiti e zeri destri avendo cura che questi siano vincolati a
trovarsi nella zona di alta frequenza della funzione di anello e che lo sfasamento associato
al ritardo di tempo finito sia trascurabile in prossimita della pulsazione di taglio della
funzione di anello.
In presenza di poli destri ed altre concause che rendano limpianto da regolare a fase
non minima, si potra procedere come descritto al paragrafo (17.1.4): ossia, si potra prima
individuare un controllore stabilizzante (anello di controllo in retroazione piu interno)
tramite lanalisi in frequenza (criterio di Nyquist) e/o il luogo delle radici. Terminata
questa fase, si sara individuato un sistema (il sistema stabilizzato in retroazione) privo
di poli destri e, in generale, ancora a fase non minima per la concomitanza di piu cause
(esclusa la presenza di poli destri). A questo punto si potra trattare questo nuovo sistema
con i metodi e le cautele appena descritte per sistemi a fase non minima e privi di poli
destri.

17.2 Analisi in frequenza di sistemi controllati in retroazione


Le considerazioni illustrate nel paragrafo 17.1 e nei suoi sotto-paragrafi circa la sintesi
per sistemi a fase non minima sono interpretabili anche analizzando la struttura del-
la funzione di risposta armonica di un sistema in ciclo chiuso rispetto la funzione di
anello. In particolare, si consideri un sistema in retroazione unitaria con funzione di
trasferimento
R(s)G(s)
F (s) = (314)
1 + R(s)G(s)
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essendo R(s) e G(s) le funzioni di trasferimento del regolatore e dellimpianto rispetti-


vamente. Supponendo che la funzione di risposta armonica in anello
L(j) = R(j)G(j) (315)
sia di tipo passa basso con una unica pulsazione di taglio in t , si indichino con () e
() il modulo e la fase di L(j) rispettivamente, ossia
L(j) = () ej() (316)
da cui
() ej() ej() ej()
lim F (j) = lim = lim 1 = = 1, (317)
1 + () ej()
() + e
j() ej()
dunque
lim |F (j)| = 1 (318)

lim F (j) = 0. (319)

Si noti che nelle ipotesi in cui L(j) sia di tipo bassa basso, il limite e quello
di bassa frequenza (  t essendo t la pulsazione di taglio di L(j)), mentre in alta
frequenza si avra 0 (  t ) per il quale vale
() ej()
lim F (j) = lim = () ej() = L(j) = R(j)G(j). (320)
0 0 1 + () ej()
Dunque in alta frequenza, la funzione di risposta armonica in ciclo chiuso tende a
coincidere con la funzione di risposta armonica di anello.
In aggiunta, si osservi che in assenza di cancellazioni tra gli zeri ed i poli della funzione
in ciclo chiuso F (s), gli zeri in ciclo chiuso coincidono con gli zeri della funzione di anello.
Indicando, infatti, con DG , DR , NG ed NR i polinomi a denominatore e numeratore di
G ed R vale
R(s)G(s) NR (s)NG (s)
F (s) = = . (321)
1 + R(s)G(s) DR (s)DG (s) + NR (s)NG (s)
Questi risultati portano a concludere che gli eventuali poli destri della funzione di anello
non possono essere lasciati nella zona di alta frequenza di F (j) mentre gli eventuali zeri
destri della funzione di anello non possono essere lasciati nella zona di bassa frequenza
di F (j). Infatti, alla luce del limite in equazione (320), se i poli destri della funzione di
anello venissero lasciati nella zona di alta frequenza di F , questa tenderebbe ad avere gli
stessi poli instabili (e cio e inammissibile). Daltro canto, considerata linvarianza degli
zeri risultante dallequazione (321), se gli zeri destri della funzione di anello venissero
lasciati nella zona di bassa frequenza di F (j), questa avrebbe gli stessi zeri. Ma avendo
anche modulo tendente ad uno e fase tendente a zero in bassa frequenza (equazioni (318)
e (319)), necessariamente F (s) dovrebbe avere anche poli tendenti a coincidere con i
propri zeri in bassa frequenza: e questo esclude, appunto, che si possano lasciare zeri
destri della funzione di anello nella bassa frequenza della funzione in ciclo chiuso. Pena,
la sua instabilita.
Infine, per quanto riguarda lapprossimazione in frequenza della funzione in ciclo
chiuso, si osservi che non e generalmente individuabile una approssimazione di media
frequenza ( t ) in quanto in questa zona il modulo della funzione in ciclo chiu-
so dipendera criticamente dalla fase della funzione di anello (si veda il diagramma di
Nyquist).
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17.3 Allocamento dei poli in ciclo chiuso per sintesi analitica


Come evidenziato nei paragrafi sulla sintesi in frequenza, le specifiche di interesse per
sistemi di controllo in retroazione riguardano molteplici aspetti del sistemi in ciclo chiu-
so: specifiche statiche, dinamiche, di robustezza, sforzo di controllo, banda passante,
tipo della funzione di anello ed altro ancora. La tecnica della sintesi in frequenza (loop
shaping) mira a soddisfare le specifiche di progetto cercando di limitare quanto piu pos-
sibile la complessita del regolatore. Indubbiamente a parita di prestazioni, e sicuramente
preferibile utilizzare un regolatore dalla complessita minore: per esempio con il minor
numero possibile di poli e zeri. Nel caso in cui si volesse solamente garantire la stabi-
lita in ciclo chiuso a prescindere da altre specifiche, e possibile ricorrere ad una tecnica
analitica di sintesi che permette di posizionare i poli in ciclo chiuso arbitrariamente.
Questa tecnica e particolarmente rilevante per sistemi ai quali non sia facile applicare le
tecniche di sintesi in frequenza. Si pensi, ad esempio, al caso di sistemi aventi sia zeri
che poli destri con i primi a pulsazioni minori dei secondi.
Piu in generale si consideri un funzione di trasferimento razionale G(s) priva di
ritardi di tempo finiti. Sia
NG (s)
G(s) = (322)
DG (s)
dove NG (s) e un polinomio di grado NG caratterizzato quindi da NG + 1 parametri
l : l = 0, 1, . . . , NG tale che
N
XG
NG (s) = l sl . (323)
l=0

Analogamente sia DG (s) un polinomio in forma monica di grado DG NG del tipo


D
X G 1

DG (s) = sDG + h s h (324)


h=0

avente quindi un numero DG di parametri h . Ipotizzando che il controllore R(s) sia


una funzione di trasferimento razionale del tipo
NR (s)
R(s) = (325)
DR (s)
con
N
XR
NR (s) = bk sk (326)
k=0
D
X R 1
DR
DR (s) = s + av s v (327)
v=0

risulta che R(s) sia caratterizzato da NR + 1 parametri a numeratore e DR parametri


a denominatore.
Il sistema in retroazione unitaria con funzione di anello R(s) G(s) avra funzione di
trasferimento F (s) pari a

NF (s) RG NR NG
F (s) = = = . (328)
DF (s) 1 + RG DR DG + NR NG
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I parametri del polinomio monico DF (s) sono in numero pari a

DF = DG + DR (329)

e determinano univocamente la posizione nel piano di Gauss dei DF poli della funzione
in ciclo chiuso F (s). Potendo assegnare valori desiderati ai coefficienti del polinomio
DF (s) si potrebbero fissare ad arbitrio i poli della funzione in ciclo chiuso. Ci si chiede
quale debba essere la struttura di R(s) per raggiungere questo scopo. A tale fine si
osservi che il numero di parametri di DF (s) assegnabili attraverso la scelta di R(s) sono
DR + NR + 1. Volendo usare questi parametri per assegnare tutti i DF poli di F (s)
si ha un numero di condizioni pari a

DF = DG + DR = DR + NR + 1 (330)

ovvero deve valere


NR = DG 1. (331)
Dovendo essere DR NR per la fisica realizzabilita del regolatore, risulta che il
regolatore di minimo grado necessario ad allocare tutti i poli di F (s) deve essere DR =
NR = DG 1.
Da quanto illustrato sopra risulta che un regolatore semplicemente proprio di grado
DG 1 permette in generale di allocare a piacimento i

DF = DG + DR = 2 DG 1 (332)

poli di F (s). Questo potra garantire, ad esempio, la stabilita BIBO del sistema in ciclo
chiuso senza, pero, poter garantire il soddisfacimento delle specifiche in frequenza.
A titolo di esempio si consideri il seguente caso:
s1
G(s) = 20 . (333)
s(s 10)

Avendo questo sistema uno zero destro a sinistra di un polo destro, non si possono
applicare le usuali tecniche di sintesi in frequenza, ovvero il criterio del margine di fase
generalizzato. In particolare non sara possibile avere un unico taglio a pendenza negativa
per la funzione di anello. Possiamo pero sintetizzare un regolatore che allochi i poli in
ciclo chiuso a piacere. A tale scopo il regolatore dovra avere numeratore e denominatore
di grado 1 (ovvero DG 1 = 2 1). Il sistema in ciclo chiuso avra grado 3, ovvero
2 DG 1 = 2 2 1 = 4 1 = 3. Sia quindi
b1 s + b0
R(s) = (334)
s + a0
con b0 , b1 ed a0 incogniti da determinare tale che i 3 poli in ciclo chiuso siano, ad esempio,
tutti e tre in 1. Ossia imponiamo

DF (s) = (s + 1)3 = s3 + 3s2 + 3s + 1. (335)

Il polinomio in ciclo chiuso sarebbe

DR DG + NR NG = s(s 10)(s + a0 ) + 20(s 1)(b1 s + b0 ) =


= s3 + s2 (a0 10 + 20b1 ) + s(20b0 20b1 10a0 ) 20b0 . (336)
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Uguagliando i coefficienti di 335 e di 336 si ottiene un sistema di tre equazioni in tre


incognite, ovvero

a0 10 + 20b1 = 3 (337)
20b0 20b1 10a0 = 3 (338)
20b0 = 1 (339)

risolvendo il quale si determina

b0 = 1/20 (340)
a0 = 17/9 (341)
b1 = (13 a0 )/20 = (117 + 17)/180 = 134/180 (342)

0.7444s 0.05
R(s) = . (343)
s 1.889
Si noti come in questo caso il regolatore abbia uno zero destro ed un polo destro. I poli
in ciclo chiuso sono pero tutti e tre, per costruzione, coincidenti in -1.

18 Il luogo delle radici

Figura 39: Walter R. Evans (1920 - 1999)

Il luogo delle radici e un metodo di analisi e sintesi per sistemi di controllo LTI a
tempo continuo sviluppato da Walter R. Evans (1920 -1999) sul finire degli anni 1940.
In estrema sintesi, il metodo consiste nel studiare la posizione nel piano complesso delle
radici del polinomio caratteristico di un sistema LTI SISO in retroazione al variare di
determinati parametri della funzione di anello. Nella sua formulazione piu semplice e
comune, la funzione di anello e razionale fratta priva di ritardi finiti ed il parametro in
funzione del quale si esamina il luogo delle radici della funzione di trasferimento in ciclo
chiuso e la costante di guadagno della funzione di anello. In particolare sia

L(s) = R(s)G(s)H(s) (344)

una funzione di anello priva di ritardi finiti dove R(s), G(s) e H(s) sono, rispettiva-
mente, le funzioni di trasferimento del controllore, dellimpianto e del trasduttore. La
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funzione di trasferimento in retroazione sara (omettendo di indicare in modo esplicito


la dipendenza da s)
RG RG
T = = (345)
1 + RGH F
avendo posto
F := 1 + RGH. (346)
Al fine di sviluppare il metodo, si scriva la funzione di anello come
NR (s) NG (s) NH (s) NL (s)
L(s) = K =K (347)
DR (s) DG (s) DH (s) DL (s)

avendo indicato con NA (s) e DA (s) rispettivamente il numeratore ed il denominatore,


entrambi in forma monica, della funzione razionale A(s).

Definizione
Il luogo delle radici e il luogo dei punti del piano complesso che sono radici del polinomio
caratteristico della funzione in ciclo chiuso T (s) in equazione (345) per qualche valore
della costante di guadagno K (, ) della funzione di anello definita come in
equazione (347). Convenzionalmente il luogo delle radici relativo a K (0, ) e detto
luogo positivo e quello relativo a K (, 0) e detto luogo negativo.

Si noti che, in generale, la costante di guadagno K in equazione (347) non coincide con
la costante di Bode KB della funzione di anello. Sebbene, infatti, il moduolo di KB sara
sempre proporzionale al modulo di K, le due costanti possono differire sia in modulo
che in segno.
Sulla base dellequazione (347), introduciamo la seguente notazione

NL (s)
L(s) := = L(s) = K L(s) (348)
DL (s)
in termini della quale il luogo delle radici sara individuato, quando K 6= 0, dai punti s
per i quali vale:
(
|K| L(s) = 1

1 + K L(s) = 0 = (349)
arg K + arg L(s) = (2 n + 1) : n intero.

Fissato un punto s del piano complesso, esso appartiene al luogo delle radici se esiste
un K reale ed un n intero per cui entrambe le condizioni espresse dalla equazione (349)
siano soddisfatte. Poiche qualunque sia s la condizione di modulo puo sempre essere
soddisfatta scegliendo
1
|K| = ,
L(s)


il luogo delle radici puo essere determinato sulla base della condizione sulle fasi. Questa
puo essere rielaborata come segue

(2 n + 1) 2 m se K > 0
arg L(s) = (2 n + 1) arg K = (350)
(2 n + 1) (2 m + 1) se K < 0

per qualche n ed m interi. Ricordando che


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la somma (o differenza) di due numeri pari e pari

la somma (o differenza) di due numeri dispari e pari

la somma (o differenza) di un numeri pari e uno dispari e dispari

dalla equazione (350) segue che il luogo delle radici per K 6= 0 sara individuato da

(2 + 1) : intero se K > 0
arg L(s) = . (351)
2 : intero se K < 0

Ricordando che L(s) e il rapporto di polinomi in forma monica, si tratta di individuare


delle regole operative che aiutino ad individure i punti s nel piano complesso per i quali
siano soddisfatte le condizioni (351).

18.1 Regole per il tracciamento del luogo delle radici


Regola 1 Il luogo delle radici ha tanti rami quanti sono i poli della funzione di anello.

dim. per esercizio.

Regola 2 Il luogo delle radici e simmetrico rispetto lasse reale.

dim. per esercizio.

Regola 3 Ogni ramo del luogo delle radici ha origine nei poli della funzione di anello L(s)
(per K = 0) e termine negli zeri della funzione di anello oppure allinfinito (per
|K| ).

dim. Segue osservando che il polinomio caratteristico pc(s) della funzione di trasferi-
mento T (s) data dallequazione (345) e
 
DL (s)
pc(s) = DL (s) + K NL (s) = K + NL (s)
K

Regola 4 Un punto s dellasse reale appartiene al luogo positivo se lascia alla sua destra una
quantita dispari tra zeri e poli reali della funzione di anello

Regola 4 bis Un punto s dellasse reale appartiene al luogo negativo se lascia alla sua destra
una quantita pari tra zeri e poli reali della funzione di anello

dim. Notando che Qm


(s zh )
L(s) = Qh=1
n
i=1 (s pi )
seguono direttamente dalle condizioni (351) (verificare graficamente).

Regola 5 Indicando con n ed m i gradi rispettivamenti dei polinomi DL (s) ed NL (s) della
funzione di anello L(s), il luogo delle radici ha n m (grado relativo) asintoti che
formano una stella centrata nel punto del piano reale
n m
!
1 X X
c= ph zi (352)
nm
h=1 i=1
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e orientati con angoli


2 + 1
= se K > 0 (353)
nm
2
= se K < 0 (354)
nm
con intero. In sintesi,

nm # asintoti angoli [deg] per K > 0 angoli [deg] per K < 0


0 0
1 1 180 0
2 2 90 0, 180
3 3 60, 180 0, 120
4 4 45, 135 0, 180, 90
.. .. .. ..
. . . .

dim. Omessa.
Regola 6 Ad una radice multipla di ordine corrisponde un punto del luogo delle radici
comune a rami. Questi punti sono individuati, oltre che dalle equazioni (349),
dalle equazioni
dk
F (s) = 0 : k = 0, 1, 2, . . . , 1 (355)
dsk
essendo F (s) data dallequazione (346). Nel caso frequente in cui valga = 2,
queste condizioni possono essere espresse come:
m n
X 1 X 1
=0 (356)
s zi s pj
i=1 j=1
1
K= : K 6= 0 reale (357)
L(s)

dim. La prima parte della regola segue dalla definizione di F (s) e del luogo stesso.
La seconda segue dallosservare che per = 2 le condizioni su F (s) diventano,
nellipotesi K 6= 0,

L(s) = 1/K d
d = ln L(s) = 0 = (358)
K ds L(s) = 0 ds
 Qm  " m n
#
d h=1 (s zh ) d X X
ln Qn = ln(s zh ) ln(s pi ) =
ds i=1 (s pi ) ds
h=1 i=1
m n
X 1 X 1
= = 0.
s zh s pi
h=1 i=1

Si noti che per individuare i punti s sede di intersezione tra due rami del luogo
delle radici devono valere entrambe le equazioni (356) e (357).
Regola 7 I rami che si incontrano in un polo s di molteplicita formano in s una stella
in cui ogni ramo entrante e intercalato ad uno uscente formando con esso un angolo
di / radianti.
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dim. Omessa.

Regola 8 Langolo secondo cui il luogo delle radici lascia un polo della funzione di anello o
quello secondo cui raggiunge uno zero della funzione di anello puo essere calcolato
sulla base della equazione di fase (351).

dim. Dalla definizione.


Indice analitico
regolatore, 1

stabilita, 1

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