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Nozioni fondamentali di matematica per lo

studio delleconomia
Fabio Padovano
Centro Studi delle Istituzioni -
Dipartimento di Istituzioni Politiche e Scienze Sociali
Universit Roma Tre
Tel: 0655176402; Fax: 0655176234
e-mail: padovano@uniroma3.it
November 4, 2004

1 Prefazione: lansia da matematica


Queste dispense sono scritte per quegli studenti che ritengono che la matematica
sia una materia dicile (ma la usano inconsapevolmente in ogni istante della
propria vita), che aermano di non capirla in quanto hanno fatto il classico
(come me), che allesame di economia mi assicurano di aver capito la cosa a
parole ma non riescono a capire i graci e tantomeno le formule ( molto
pi dicile ricordare ed esprimere un argomento solo a parole, senza laiuto
dei graci e delle formule), che ritengono che la matematica sia una disciplina
essenzialmente diversa dallinglese (entrambe sono lingue, ma la matematica
madrelingua per tutti gli esseri umani, mentre linglese lo dobbiamo imparare)
e che, in fondo, preferiscono ritenere che lintegrale sia un biscotto (questo in
parte vero).
Ma allora perch le aermazioni che ho appena riportato e contestato sono
cos diuse, e perch per molti studiare la matematica come dover prendere
una medicina amara - un fatto necessario, ma del quale si farebbe volentieri a
meno? Perch quando si apre un libro e lo si trova pieno di formule si pensa
subito Oh no, questo dicile? Perch a Stephen Hawkins, il sico autore
del best seller Una breve storia del tempo sullevoluzione della sica moderna,
gli editori hanno detto che per ogni formula ed equazione che lui avesse scritto
i lettori si sarebbero dimezzati?
Questa reazione alla matematica - che stata studiata ed ha pure un nome,
lansia da matematica - dipende in larga parte dal modo insano con cui spesso
questa disciplina viene insegnata agli studenti, nelle scuole e alluniversit.
Lidea che sintesi signichi eleganza (il cosiddetto rasoio di Occam) fa s che,
specialmente nei libri di testo, le spiegazioni a parole siano spesso troppo esigue
e concise; in breve, che siano spiegazioni che non fanno capire, che lasciano gli

1
studenti pieni di dubbi e con la sensazione che la materia sia al di sopra dei loro
mezzi intellettuali. Sempre nei libri di testo uno stile espositivo eccessivamente
formale, astratto, teso a rendere le parole il pi possibile formule, privo di il-
lustrazioni che facilitino lintuizione del concetto o di dimostrazioni della sua
importanza anche pratica riduce la voglia di imparare dello studente. Una pro-
gressione non costante nel livello di complessit della materia pu far sembrare
certi contenuti della matematica pi ardui di quanto non siano in realt. Inne,
la scelta di esercizi eccessivamente sossticati serve solo a distruggere la ducia
degli studenti, piuttosto che a stimolare le loro capacit di riessione.
In queste dispense ho cercato, nei limiti del possibile e del tempo che mi
stato disponibile per scriverle, di eliminare simili cause di ansia da matematica.
Ho scritto le spiegazioni cercando di usare una parola in pi del necessario, piut-
tosto che una in meno. Ho usato uno stile il pi possibile semplice e colloquiale.
Ho cercato di organizzare le spiegazioni in modo da anticipare, piuttosto che
reagire, le domande che possono emergere nella mente dei lettori. In altre pa-
role, ho cercato di minimizzare il tempo in cui il dubbio mi sa che questo non
lho capito rimane nella mente degli studenti. Ho cercato di scrivere le dispense
non di un corso di matematica pura, ma di matematica per le scienze sociali,
in modo da rendere subito chiaro in che modo le tecniche matematiche servono
agli scopi di analisi delle scienze sociali. Ho cercato di visualizzare i concetti
matematici con lausilio di molti graci, sicuro che le facolt visive del nostro
cervello aiutino lo capacit di comprensione dei concetti. Inne, non ho inserito
esercizi, ma questo un limite, non un merito, di queste dispense, una lacuna
dovuta alla mancanza di tempo per eleborare problemi validi (e di trovarne le
soluzioni giuste!).
Inne queste sono dispense, non un libro. Se lo diventeranno, dipende pi
dagli studenti che le leggono, le usano, le commentano, ne trovano gli errori, i
limiti, le sciocchezze e riportano tutte queste sensazioni a me, che dallautore
stesso. Queste dispense sono una base, da cui progredire con un lavoro comune.
Per questo sar molto felice e grato per ogni sensazione che, in classe o dopo, mi
vogliate riferire, senza alcuna timidezza o ansia da professore universitario.
Per questo motivo ho riportato sul frontespizio il mio recapito ed indirizzo e-
mail. In fondo, se vero che, come molti scienziati e professori universitari
aermano, che si insegna per imparare, deve essere anche vero che gli studenti
che stanno in classe per apprendere devono avere molto da insegnare.

2 La matematica come linguaggio


Lidea fondamentale che voglio trasmettere con queste dispense che la matem-
atica un linguaggio. Precisamente il linguaggio con cui si esprime il nostro
pensiero: le operazioni matematiche (uguaglianze, diseguaglianze e cos via) es-
primono relazioni tra grandezze che i nostri sensi percepiscono e che il nostro
cervello valuta; le funzioni esprimono relazioni tra fenomeni che noi osserviamo
(se il prezzo di un bene sale noi ne acquistiamo di meno, perch la quantit
domandata dipende dal - funzione del - prezzo); i famigerati teoremi non sono

2
20
18
16
14

prezzo
12
10
8
6
4
2
0
0 2 4 6 8 10
quantit domandata

Figure 1:

altro che dei pacchettidi deduzioni logiche preconfezionati che ci assicurano il


raggiungimento di conclusioni co erenti con le premesse e ci risparmiano la fatica
dello sforzo deduttivo.
assai semplice dimostrare che la matematica un linguaggio. La legge
della domanda pu essere espressa a parole: se il prezzo di un bene au-
menta, la quantit di esso domandata diminuisce; oppure mediante la funzione
Q = f (p) f 0 < 0, che signica che se il prezzo p aumenta la quantit do-
mandata Q diminuisce, in quanto la funzione f esprime una relazione inversa; o
anche mediante il graco della gura 1, dove ho riportato le quantit domandate
sullasse orizzontale e il prezzo sullasse verticale (uninversione alla consuetu-
dine matematica che prevede la variabile indipendente - la causa - sullasse
orizzontale dovuta alleconomista inglese Alfred Marshall). Il concetto uno,
solo espresso in tre modi, con tre linguaggi diversi. Se dicessi when the price
of a commodity rises the quantity demanded decreases non avrei che aggiunto
un quarto linguaggio.
La sua natura di linguaggio la rende applicabile a qualunque disciplina, siano
esse scienze siche come scienze sociali. utilizzabile in economia come in statis-
tica, in sociologia come in scienza politica, a seconda che il fenomeno che si vuole
descrivere ricada nellambito di ciascuna di queste discipline. , oltretutto un
linguaggio sempre pi usato, in quanto tende a sostituire quello logico-letterario
nella ricerca, nella produzione e divulgazione del sapere umano. Non a caso
quando si aprono le migliori riviste di scienze sociali, (e siche a fortiori), quali
il Journal of Political Economy, lAmerican Journal of Political Science, il Jour-
nal of Sociology o il Journal of the American Statistical Association, sempre

3
pi frequente trovare articoli che fanno un esteso uso della matematica nelle loro
elaborazioni teoriche e veriche empiriche. Quali sono, dunque, i vantaggi, per
il lavoro scientico, della sostituzione del linguaggio logico-letterario, prevalente
nelle scienze siche no al XVII secolo e in quelle sociali no a met del secolo
scorso, con quello matematico? Quali, invece, gli svantaggi?
I vantaggi sono essenzialmente cinque, e gli svantaggi possibili uno.
Primo vantaggio: il linguaggio matematico, con le ipotesi e le conclusioni
scritte mediante simboli piuttosto che parole, e le relazioni mediante equazioni
e funzioni piuttosto che frasi, pi sintetico e preciso di quello logico-letterario.
La sintesi una virt perch consente di risparmiare energie mentali. Ci vuole
molto meno sforzo a portarsi appresso mentalmente due simboli piuttosto che
due concetti vaghi e complessi. Maggiori energie mentali possono quindi essere
destinate nel ragionamento deduttivo teso a scoprire le relazioni tra fenomeni.
Secondo vantaggio: essendo basata su teoremi, cio di relazioni ipotesi-tesi
(se succede questo - ipotesi - allora la conseguenza quella -tesi) la matematica
spinge lo studioso ad essere preciso ed esplicito nella denizione delle proprie
ipotesi ad ogni stadio del ragionamento. Se lipotesi vaga, imprecisa o non
specicata, la conseguenza, la tesi, rimane dubbia oppure non segue. In questo
modo la matematica aiuta il rigore scientico, che la maggiore garanzia di
qualit del nostro bagaglio di conoscenze.
Terzo vantaggio: i teoremi hanno una validit generale, nel senso che gen-
eralizzano le conclusioni a tutte le circostanze che rientrano nelle ipotesi fatte.
Gli studiosi possono quindi utilizzare teoremi gi formulati in casi diversi, ma
a partire dalle assunzioni analoghe. Pensate allipotesi che gli individui cercano
di compiere qualunque azione con il minor sforzo possibile - tra i vari sportelli
scelgono quello con la coda pi breve, tra beni simili acquistano quello che costa
di meno e cos via. Non vi sempre molto simile alla scoperta scientica che i
umi si scavano il percorso l dove trovano minore resistenza? Al principio sico
che il moto si concentra nel punto di minor attrito? Gli studiosi hanno molto da
imparare dalle scoperte delle altre discipline (si chiama pensiero laterale ) anche
perch possono applicare alla propria le scoperte, condensate in teoremi, fatte
in altre discipline. Questa interscambio tanto pi facile quanto pi i vari rami
della scienza parlano una lingua comune - la matematica.
Rimane da capire perch bisogna usare la formalizzazione matematica in-
vece che i pi immediati e visivi metodi geometrici. Ecco il quarto vantaggio:
la geometria ha il limite delle tre dimensioni (un graco quadridimensionale
non disegnabile, e quelli tridimensionali sono gi di dicile lettura), men-
tre la matematica consente di trattare agevolmente fenomeni n dimensionali.
Fenomeni con una causa sola o due nelle scienze sociali sono rari, e limposizione
di troppe condizioni di ceteris paribus pu limitare le capacit di comprendere
veramente la natura del fenomeno in esame.
Quinto vantaggio: nelle scienze, sociali e naturali, esiste il momento della
elaborazione della teoria e il momento della verica se i fatti confermano o
falsicano, nel gergo popperiano, la teoria. Molte scienze sociali hanno svilup-
pato questo seconda fase del lavoro scientico ricorrendo alle metodologie elab-
orate nella statistica, oppure sviluppando discipline empiriche proprie, come

4
leconometria per leconomia. Queste metodologie usano anchesse uno strumen-
tario essenzialmente matematico: pensate semplicemente alla media aritmetica,
il modo pi semplice di individuare una tendenza in un fenomeno. Pertanto
se le teorie sottoposte a test sono anchesse espresse in forma matematica il
raccordo tra momento teorico e momento empirico del lavoro scientico pi
uido e loperazione di verica empirica avviene in modo pi preciso e rigoroso.
Viene cos ridotta al minimo la possibilit di falsicare sbagliando teorie che
invece descrivono bene la realt (il cosiddetto errore di prima specie) oppure di
accettare sbagliando teorie che invece non rappresentano correttamente la realt
(errore di seconda specie).
La critica che viene di solito mossa allimpiego della matematica nelle scienze
sociali che le teorie derivate per via matematica sono essenzialmente astratte
e irrealistiche. Questa critica , a sua volta essenzialmente, priva di signicato.
La teoria , per sua stessa natura, unastrazione della realt. La teoria non
altro che un mezzo per identicare solo i fattori pi importanti di una relazione
per poter studiare gli aspetti cruciali del problema, senza le complicazioni che
il mondo reale presenta. Supponiamo che dobbiamo andare da una citt ad
unaltra e che la carta stradale sia la nostra teoria. Useremmo mai mappe con
scala 1:1, che riproducono ogni zolla di terreno in tutti i suoi aspetti? No;
sceglieremmo carte che riducono la realt a quegli aspetti che noi interessano,
come le distanze, i percorsi e a volte le altimetrie. Quella carta sarebbe una
rappresentazione astratta, essenziale, e pertanto irrealistica del mondo reale
che separa le due citt. Pertanto non ha senso criticare una teoria perch
irrealistica: le teorie sono utili, interessanti nella misura in cui sono esplicative,
nella misura, cio, in cui ci aiutano a capire la realt.
Una critica sensata relativa allimpiego della matematica nelle scienze sociali
, invece, quella della violazione del rasoio di Occam. Il rasoio di Occam (dal
nome del losofo tomista inglese William Occam, vissuto a cavallo tra il XII I e il
XIV secolo) un principio di parsimonia della complessit: se esistono due modi
altrettanto esplicativi (nel senso richiamato sopra) di spiegare un fenomeno,
bisogna scegliere quello pi semplice. purtroppo vero che negli ultimi tempi,
specie in economia, luso della matematica a volte degenerato nel virtuosismo.
Molti studi si distinguevano per limpiego di concetti matematici sempre pi
complessi che per nulla aggiungono alla nostra precedente comprensione della
realt. Ma questo un problema relativo alluso di qualunque tipo di linguaggio,
non intrinseco al linguaggio matematico. Non preferiamo infatti le persone che
parlano chiaro?

3 I modelli matematici
Lespressione di una teoria in forma matematica generalmente chiamata mod-
ello. una rappresentazione essenziale, un p scheletrica se vogliamo, del
fenomeno che vogliamo studiare. Da qui il termine modello. matematico
perch le sue componenti sono espresse in forma matematica.
In genere i modelli matematici sono organizzati in due fasi. Nella prima fase

5
(organizzazione o setup del modello) si specicano le ipotesi del modello. Le
ipotesi svolgono il lavoro di semplicazione della realt, di astrazione degli as-
petti fondamentali da quelli ritenuti non rilevanti ai ni della teoria. Le ipotesi
si esprimono in forma matematica mediante una serie di equazioni che stabilis-
cono le relazioni ipotizzate esistenti tra gli aspetti della realt. Le variabili del
modello rappresentano matematicamente gli aspetti della realt considerati nel
modello. Nel secondo stadio (detto della soluzione del modello) alle equazioni
che esprimono le ipotesi vengono applicate operazioni e teoremi matematici
che consentono di derivare una serie di conclusioni, le predizioni della teoria.
Lapplicazione dei teoremi matematici garantisce che le conclusioni siano logi-
camente coerenti con le ipotesi. Vediamo ciascuno di questi elementi in maggiore
dettaglio.

3.1 Gli ingredienti di un modello


3.1.1 Variabili, costanti e parametri
Una variabile un aspetto della realt, una grandezza che pu assumere diversi
valori. Esempi di variabili in economia sono i prezzi, i protti, il reddito, il
consumo, le importazioni, le esportazioni e cos via. Nella scienza politica sono
voti, seggi elettorali, durata delle legislatura e cos via. Siccome il valore di una
variabile pu cambiare, dobbiamo rappresentarla mediante un simbolo piuttosto
che con un numero reale: p pertanto indica di solito il prezzo, il protto,
Y il reddito e cos via. Se scriviamo, ad esempio, p = 3 oppure Y = 1000
blocchiamo queste variabili a valori specici.
Un modello pu essere risolto per trovare le soluzioni di una data serie di
variabili, ad esempio il prezzo che rende uguali quantit domandate e quantit
oerte di un bene, o il livello di imposte che assicurano un gettito pari alle
spese pubbliche. Tali variabili, i cui valori sono generate dal modello, sono
dette variabili endogene (generate dallinterno del modello). Il modello per
contiene anche variabili i cui valori sono determinati, sulla base delle ipotesi
fatte, da variabili esterne al modello, e in quanto tali sono presi come dati.
Queste sono le variabili esogene (generate allesterno). A seconda dei modelli,
cio dei fenomeni in esame, una variabile pu essere endogena in un modello
ed esogena in altri. Se studiamo il mercato di un bene il suo prezzo generato
dal modello, mentre se studiamo il comportamento di un singolo consumatore
di quel bene generalmente si assume il prezzo come un dato.
Nei modelli le variabili appaiono di frequente accoppiate a dei numeri ssi
o costanti, come nel caso 7p oppure 0:5R: Una costante una grandezza il cui
valore, come dice la parola, non varia. Quando una costante accoppiata ad
una variabile denita anche come il suo coeciente.
I coecienti possono essere espressi in forma numerica come sopra, ma anche
in forma simbolica (per esempio, ap) spesso per conferire maggiore generalit
alla teoria. In questo caso il simbolo a ha una natura un p schizofrenica:
una costante che pu assumere qualunque valore, in quanto non gli abbiamo
preassignato alcun valore numerico. Per distinguerli da quelli numerici, i coef-

6
cienti simbolici sono deniti parametri.

3.1.2 Equazioni e identit


Con le variabili noi rappresentiamo aspetti della realt. Nelle scienze siamo
interessati a scoprire le relazioni esistenti tra tali aspetti; essi quindi, e le variabili
che li rappresentano, acquistano interesse quando sono in relazione tra loro.
Gli strumenti matematici con cui si rappresentano le relazioni tra variabili si
chiamano equazioni e diseguaglianze. In questa fase ci occupiamo solo delle
prime.
Le equazioni che si incontrano nei modelli matematici delle scienze sociali
sono di tre tipi: equazioni denitorie, equazioni comportamentali e condizioni
di equilibrio.
Le equazioni denitorie, dette anche identit, deniscono appunto una iden-
tit tra due espressioni che hanno lo stesso signicato. Sono contraddistinte dal
simbolo , che si legge identicamente uguale a. Se deniamo il tasso di
interesse nominale i come la somma del tasso di interesse reale e del tasso di
inazione atteso e, possiamo denire la somma del tasso di interesse reale e
del tasso di inazione atteso come il tasso di interesse nominale: sono la stessa
cosa, unidentit, appunto: i r + e :
Le equazioni comportamentali, invece, specicano in che modo si comporta
una variabile in risposta al cambiamento del valore di unaltra variabile. Iden-
ticano, cio, una reazione. Tali reazioni possono riguardare sia il comporta-
mento umano (il consumo diminuisce se il reddito diminuisce) come il compor-
tamento non umano (i costi di unimpresa variano al variare della produzione).
Per costruire una buona equazione comportamentale bisogna anzitutto capire,
dallosservazione della realt, come le due grandezze sono legate tra loro e poi
trovare lequazione che meglio esprime (approssima) questo legame. Le seguenti
due equazioni

C = 75 + 8Q
C = 75 + 16Q

illustrano due reazioni diverse dei costi C al variare della quantit Q prodotta:
nella seconda il coeciente di variazione doppio rispetto alla prima; i costi
crescono due volte pi rapidamente. Su questo aspetto torneremo quando af-
fronteremo le funzioni.
Inne, se il modello prevede la nozione di equilibrio, possiamo incontrare
anche le condizioni di equilibrio. Sono equazioni che descrivono i prerequisiti
per il raggiungimento dellequilibrio in un determinato contesto. Una famosa
condizione di equilibrio in macroeconomia leguaglianza tra risparmio S e
investimenti I

S=I (1)
Come si pu vedere, tali equazioni non sono denitorie (risparmio e investi-
menti sono due cose diverse) e neppure comportamentali: lequazione (1) non

7
ci dice nulla sul comportamento di risparmio e investimenti rispetto ad altre
variabili, oppure luna rispetto allaltra. Le condizioni di equilibrio sono quindi
una classe a s.

4 Funzioni
Abbiamo visto che le equazioni comportamentali rappresentano in forma matem-
atica il modo in cui, nella realt, un fenomeno risponde ad un altro fenomeno
(o pi altri fenomeni). Tali modi possono essere diversi a seconda dei fenomeni
in considerazione e del legame che intercorre tra loro. Tale legame ci dice che
se un dato fenomeno appare (ipotesi: ad esempio il prezzo di un bene aumenta)
di regola un altro fenomeno consegue (tesi: la quantit domandata del bene
diminuisce). Si tratta di rappresentare matematicamente tale legame. Lo stru-
mento usato chiamato funzione. Essendo un aspetto molto importante della
matematica usata nelle scienze, lo tratteremo in un certo dettaglio.
Un legame di corrispondenza reciproca tra grandezze variabili retto da regole
determinate viene chiamato legame funzionale o funzione. La sua rappresen-
tazione generale in simboli la seguente:

y = f (x)
e si legge: y funzione di x. I simboli y e x rappresentano i valori di due
grandezze variabili (ad esempio, quantit domandata e prezzo di un bene), men-
tre il simbolo f identica il legame di corrispondenza stabilito fra le due variabili
stesse. In altre parole, il valore via via assunto dalla grandezza y varia al vari-
are dei valori della grandezza x, secondo la relazione stabilita da f . in questo
senso che si dice che la variabile y dipende dalla variabile x. Per questo mo-
tivo la variabile y, che rappresenta il valore della funzione, viene detta variabile
dipendente; la variabile x chiamata variabile indipendente. Nel precedente
esempio, si pu dire che la quantit domandata di un bene dipende dal prezzo
del bene stesso.
Se si conosce il valore di una delle due variabili possibile, conoscendo
il legame funzionale, conoscere il valore corrispondente dellaltra. f , infatti,
trasforma (mappa) ciascun valore che la variabile x pu assumere in un val-
ore della variabile y. Se il legame funzionale tra le stesse variabili y e x cambia
e viene denito, per esempio, come:

y = h(x)
a medesimi valori di x corrisponderanno diversi valori di y rispetto al caso della
funzione y = f (x). Questo perch, pur essendo le variabili y e x uguali, il legame
funzionale h diverso dal legame f .
Una funzione che stabilisce un legame fra due sole grandezze viene detta
funzione ad una variabile indipendente. Se, invece, la funzione stabilisce un
legame fra una grandezza da un lato e due o pi variabili indipendenti dallaltro
si parla di funzione a pi variabili indipendenti. Ciascuna variabile indipendente

8
della funzione viene anche chiamata argomento della funzione. Una funzione a
pi variabili indipendenti pu essere scritta nel seguente modo:

y = f (x 1 ; x 2; :::; x n )
Le funzioni presentate nora sono espresse in forma generica : deniscono, cio,
lesistenza di una relazione che va da x ( o da una serie di variabili x i) a y, ma
non specicano di quanto varia y per ciascuna variazione di x. Per conoscere
laspetto quantitativo del legame funzionale tra x e y bisogna rendere esplicita
la funzione, esprimendola sotto forma di equazione. Unequazione pu, infatti,
essere considerata anche come un modo per assegnare un valore ad una funzione.
Un esempio di funzione esplicita ad una variabile dipendente dato dal
prezzo di un biglietto della metropolitana di Londra. Il prezzo del biglietto
dipende dalla lunghezza del percorso eettuato. Si pu quindi dire che il prezzo
della biglietto sia funzione della lunghezza del percorso secondo una data regola,
stabilita dalla metropolitana. Potremo scrivere, ad esempio:

p = 300 + 50mil

in cui p il prezzo pagato e mil il numero di miglia percorse. In questo caso


la taria stabilisce un prezzo sso minimo di 300 pences, che si paga comunque
anche per i percorsi pi brevi, oltre i quali il prezzo complessivo cresce in ragione
di 50 pences al miglio.
Il prezzo di una corsa in taxi, invece, dipende sia dalla lunghezza della corsa,
sia dalla sua durata. In questo caso possiamo dire che il prezzo da pagare
funzione di due variabili, distanza e durata. Potremo avere, ad esempio:

p = 6400 + 5000km + 500min


dove il simbolo min rappresenta la durata in minuti della corsa in taxi. In questo
caso, il prezzo corrisposto composto da una quota ssa di 6400 lire, oltre la
quale si paga un ammontare pari a 5000 lire per ogni chilometro percorso e a
500 lire per ogni minuto di durata della corsa. In questo caso la funzione ha
due argomenti, perch due sono le variabili indipendenti; il valore di 6400 lire ,
infatti, costante.
Il legame funzionale fra due variabili pu essere espresso anche in forma
implicita. Sono dette funzioni implicite quelle in cui non vi una distinzione
formale tra variabile dipendente e variabile (o variabili) indipendenti. La rapp-
resentazione generale in simboli della funzione implicita la seguente:

F (x; y) = 0 (2)
In questo caso si parla di funzione implicita. Ogni funzione implicita pu essere
trasformata in funzione esplicita rispetto ad una delle due variabili.
Un esempio di funzione implicita la spesa complessiva per lacquisto di
un bene x da parte di un consumatore. Tale spesa uguale al prodotto della
quantit del bene x acquistata per il prezzo di mercato di x. Se S la spesa,
p x il prezzo e qx la quantit del bene x acquistata, potremo scrivere:

9
S p xqx = 0
Per rendere esplicita tale funzione possiamo dire che la spesa di un consumatore
del bene x dipende dal prezzo del bene, p x, e dalla quantit di esso acquistata,
qx . Si potr cos scrivere la seguente funzione esplicita:

S = f (p x; qx )
dove f indica una funzione diversa da F dellequazione (2).

5 Tipi di funzioni e loro rappresentazioni gra-


che
In questo paragrafo illustreremo i tipi di funzioni che pi frequentemente ri-
corrono nello studio delleconomia. Tratteremo le funzioni lineari, esponenziali,
paraboliche e iperboliche.

5.1 Funzioni lineari


Una funzione del tipo:

y = ax + b (3)
una funzione lineare, che viene cos denita perch la sua rappresentazione
graca in un sistema di assi cartesiani una linea retta.
Per ottenere una rappresentazione graca della funzione (3) occorre anzitutto
assegnare ai parametri a e b valori numerici deniti. Poich sia a che b possono
essere positivi, negativi o nulli, abbiamo le seguenti 9 combinazioni possibili:

a>0 a>0 a>0


1 2 3
b>0 b<0 b=0
a<0 a<0 a<0
4 5 6
b>0 b<0 b=0
a=0 a=0 a=0
7 8 9
b>0 b<0 b=0

Il sistema di assi cartesiani delle gure 2-7 misura, lungo lasse orizzontale
(ascisse), i valori della variabile indipendente, x; lungo lasse verticale (ordi-
nate) i valori della variabile dipendente, y 1 . Consideriamo ora il caso 1), in cui
ambedue i parametri sono positivi. Un possibile esempio di questo caso il
seguente:
1 In alcuni testi sulle ordinate la variabile y viene riportata come f (x), cio come funzione

della sua variabile indipendente; infatti y = f (x).

10
20

15

10

5
y
0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-5

-10

-15
x

Figure 2:

y = 4x + 3
dove, evidentemente, abbiamo attribuito i seguenti valori: a = 4 e b =
3. Predisponiamo una tabella su due righe, annotando nella riga superiore
valori arbitrari attribuiti alla variabile x; nellaltra i valori corrispondenti della
variabile y, ricavati dal calcolo della equazione y = 4x + 3. Avremo il seguente
risultato:

x 3 2 1 0 1 2 3
y 9 5 1 3 7 11 15

Riportando queste coppie di valori lungo i due assi e ricercando nel dia-
gramma i punti corrispondenti ad ogni coppia, si individua la linea della gura
2.

Lo stesso procedimento pu essere ripetuto per individuare le rappresen-


tazioni grache degli altri 8 casi. Un esempio del caso 2) (a positivo, b negativo)
pu essere il seguente:
y = 4x 3
Per il caso 3) (a positivo, b uguale a zero) possiamo avere:

y = 4x

11
15

10

0
y-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-5

-10

-15

-20
x

Figure 3:

15

10

y 0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-5

-10

-15
x

Figure 4:

12
20

15

10

5
y
0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-5

-10

-15
x

Figure 5:

Per i casi 4), 5) e 6) potremo scrivere, rispettivamente:

y = 4x + 3
y = 4x 3
y = 4x

I casi 7), 8) e 9), in cui a = 0, non presentano interesse ai ni dellillustrazione


della funzione di tipo lineare. Se, infatti, il parametro a nullo non esiste alcuna
corrispondenza fra le due variabili. In termini graci, la funzione individua un
punto nello spazio cartesiano, non una linea.
Le gure 2-7 illustrano gracamente i casi 1) - 6) sopra individuati. Dal loro
esame si possono trarre le seguenti tre conclusioni:

1. la rappresentazione graca di una funzione del tipo y = ax + b (dove a e


b sono coecienti costanti) una linea retta;

2. se il termine costante nullo (se, cio, b = 0), la retta passa per lorigine
degli assi. Se, invece, b 6= 0, la funzione attraverser lasse delle ordinate
ad un valore positivo (nel caso in cui b > 0) o negativo (nel caso in cui
b < 0) in corrispondenza di un valore zero di x. Il valore della variabile
y corrispondente ad un valore 0 di x viene chiamato intercetta verticale
(positiva o negativa) della funzione;

3. se il coeciente a positivo, la retta crescente; se negativo, la retta


decrescente.

13
15

10

0
y-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-5

-10

-15

-20
x

Figure 6:

15

10

y 0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-5

-10

-15
x

Figure 7:

14
Figure 8:

Un esempio, tra i molti possibili, di impiego di funzioni lineari in economia


la retta di bilancio a cui soggetto il consumatore di due beni.
Pi in generale le funzioni lineari sono frequenti nelle scienze sociali perch le
teorie, essendo delle semplicazioni della realt, tendono a ricorrere a forme di
dipendenza semplici, quali appunto quelle rappresentate dalle funzioni lineari.
Inoltre, come mostra la gura 8, fenomeni non lineari (quale landamento ciclico
di y in gura - potrebbe essere un business cycle) possono essere scomposti e
approssimati mediante una serie di funzioni lineari.

5.2 Funzioni esponenziali


Una funzione si dice esponenziale se una delle variabili che la compongono com-
pare come esponente:

y = ax
Se consideriamo solo valori positivi di x, avremo come rappresentazione graca
una curva crescente. Se x = 0, il valore della funzione risulta sempre uguale a 1;
qualsiasi numero, infatti, elevato allesponente zero, d come risultato lunit.
In tale caso, lintercetta positiva della funzione uguale a 1. Si veda al proposito
la gura 9.

15
40
35
30
25
y20
15
10
5
0
0 1 2 3 4 5 6 7
x

Figure 9:

Un esempio di uso di funzioni esponenziali in economia si ha nello studio


della crescita del prodotto interno lordo pro capite. Leconomista Robert Solow
ha dimostrato come, tra le varie cause, il reddito pro capite nei paesi industri-
alizzati cresciuto costantemente dal dopoguerra ad oggi a causa del progresso
tecnologico. Successivi studi hanno evidenziato come, l dove tale progresso
pi pronunciato, si creano le condizioni migliori per ulteriori innovazioni e, di
conseguenza, per un progresso ancora pi rapido e per una sempre maggiore
crescita del reddito pro capite (questa , per inciso, una delle cause del divario
tra i paesi industrializzati e il Terzo Mondo). Una simile dinamica del reddito
pro capite approssimabile con una funzione esponenziale - non a caso, infatti,
si parla di crescita esponenziale del reddito.

5.3 Funzioni paraboliche


Un esempio di funzioni esponenziali frequentemente usato sono le funzioni par-
aboliche. La rappresentazione generale di una funzione parabolica la seguente:

y = ax2 + bx + c (4)
Le funzioni paraboliche sono funzioni quadratiche, nel senso che uno degli argo-
menti elevato al quadrato.
utile precisare che lesponente di valore pi elevato a cui elevata la
variabile indipendente (o una delle variabili indipendenti, nel caso delle funzioni
a pi argomenti) indica il grado della funzione. La funzione (8) pu essere
chiamata una funzione di secondo grado, perch lesponente di valore pi elevato

16
50

40

30

20

10

0
-6 -4 -2 0 2 4 6
-10

Figure 10:

a cui elevata la variabile indipendente pari a 2. Una funzione lineare una


funzione di primo grado, in quanto x 1 = x. Una funzione quale:

y = x3 + x2 + 5
una funzione di terzo grado, e cos via.
Dal punto di vista graco, la rappresentazione graca di una funzione quadrat-
ica una parabola. A titolo di illustrazione consideriamo i seguenti tre casi:

a=1 a = 1 a=1
1 b>0 2 b<0 3 b=0
c>0 c>0 c=0

Introducendo valori numerici al posto di quelli simbolici, possiamo proporre


i tre esempi seguenti:

y = x2 + 4x + 2
y = x 2 + 4x + 2
y = x2

Dalle rappresentazioni grache delle gure 10-12 possiamo pervenire alle seguenti
conclusioni:

1. unequazione quadratica avente il coeciente a positivo d luogo ad una


parabola col vertice nel suo punto minimo (gura 10);
2. unequazione quadratica avente coeciente a negativo d luogo ad una
parabola col vertice nel suo punto massimo (gura 11);
3. unequazione quadratica avente il coeciente b e il termine costante nulli
d luogo ad una parabola avente il vertice nellorigine degli assi (gura
12).

17
10

0
-6 -4 -2 0 2 4 6
-10

-20

-30

-40

-50

Figure 11:

30
25
20
15
10
5
0
-6 -4 -2 0 2 4 6

Figure 12:

18
Le funzioni di costo medio di unimpresa vengono a volte rappresentate me-
diante funzioni quadratiche. I costi produttivi totali sono infatti composti da
costi ssi, indipendenti dalla quantit di beni prodotti dallazienda (ad esempio,
i costi per lacquisto di un capannone esistono anche se lazienda non produce) e
costi variabili, legati alluso dei fattori produttivi nel processo di produzione (ad
esempio, i salari dei lavoratori). Nella funzione (4) i costi totali sono rappresen-
tati da y, i costi ssi sono rappresentati dal termine costante c, mentre i costi
variabili tendono ad avere landamento impresso dai valori di x; dove x indica la
quantit di fattori produttivi impiegati. Landamento quadratico delle funzioni
di costo dipende dal fatto che, man mano che la produzione si espande, i fattori
produttivi disponibili diventano sempre pi scarsi, e devono quindi essere pagati
sempre di pi.

5.4 Funzioni iperboliche


Prendiamo in esame la seguente funzione:

(x a)(y b) = c
Come esempio, prendiamo un caso in cui i parametri siano positivi:

(x 4)(y 8) = 18
La rappresentazione graca data dalla gura 13. Dal graco si pu vedere
che questa funzione d luogo ad una curva discontinua, articolata in due rami
distinti, a seconda che luna o laltra variabile assuma valori positivi o negativi.
Ciascuno dei due rami, inoltre, tende a raggiungere un valore minimo delle due
variabili in corrispondenza di un valore innito dellaltra.
Nel caso particolare in cui si abbia a = b = 0, la funzione si riduce alla
forma:

xy = c
La rappresentazione graca di questa forma funzionale data nella gura 12.
In questo caso i due rami della curva tendono ad avvicinarsi agli assi, senza
toccarli mai se non a valori inniti dellaltra variabile. In questo caso si dice che
la funzione tende asintoticamente agli assi.
Alcuni tipi di curve di indierenza tra due beni vengono rappresentate me-
diante funzioni paraboliche, limitate al quadrante positivo degli assi cartesiani.
Le curve di indierenza, infatti, identicano combinazioni di consumo di beni
che danno al consumatore lo stesso livello di soddisfazione; per questo motivo
il consumatore indierente tra le varie combinazioni possibili. Le funzioni
iperboliche, come quelle riportate sopra, rappresentano bene questo concetto,
in quanto esprimono combinazioni tra pi variabili che risultano sempre uguali
ad un valore costante.

19
Figure 13:

5.5 Valore assoluto e logaritmo


Il valore assoluto di un numero una funzione f (x) tale che:

x se x 0
f (x) =
x se x < 0

possibile cio determinare il valore assoluto di un numero semplicemente elim-


inandone il segno. Il valore assoluto di x si scrive jxj.
Il logaritmo (naturale) di x rappresenta una particolare funzione di x, che
scriviamo y = ln x oppure y = ln(x): Il logaritmo una funzione che gode delle
seguenti propriet:

ln(xy) = ln(x) + ln(y)


per qualsiasi numero positivo x e y e

ln(e) = 1
dove e la base dei logaritmi naturali, ed uguale a 2,7183....
La prima delle espressioni precedenti signica che il logaritmo del prodotto di
due numeri uguale alla somma dei logaritmi dei due numeri. Questa propriet
implica la seguente

ln(x y ) = y ln(x)

20
cio il logaritmo di x elevato alla potenza y uguale al prodotto di y per il
logaritmo di x.

5.6 Propriet rilevanti delle funzioni


Una funzione detta continua se pu essere disegnata senza sollevare la matita
dal foglio: in una funzione continua non vi sono salti. Ad esempio, le funzioni
rappresentate nora sono tutte continue, con leccezioni di quelle iperboliche:
non possibile, infatti, disegnare le due curve della gura 13 con un unico tratto
di penna.
Una funzione derivabile una funzione che non presenta angoli o spigoli.
Nella gura 9 la linea curva una funzione derivabile, mentre la sua approssi-
mazione lineare ha 3 spigoli; non quindi derivabile.
Una funzione monotna una funzione costantemente crescente o decres-
cente: una funzione montona positiva e costantemente crescente al crescere
di x, mentre una funzione montona negativa costantemente decrescente al
crescere di x. Trasformazioni monotne di una funzione ne cambiano il valore
numerico senza inuenzare landamento. Tipici esempi di funzioni monotne
sono oerti dai cambiamenti di unit di misura delle variabili. Il reddito di una
persona espresso in lire ha una certa evoluzione; se espresso in euro ha la stessa
evoluzione, solo si trover a valore 1936,27 volte pi in basso sullasse delle y -
detto anche asse dei valori.

5.7 Funzioni inverse


Si ricordi che una funzione una relazione che associa a ciascun valore di x
un unico valore di y, e che una funzione montona costantemente crescente o
decrescente. Ne consegue che per una funzione monotna vi sar un unico valore
di x associato a ciascun valore di y: Nella funzione diretta a seconda del valore
della variabile indipendente x desumiamo il valore di y. Nella funzione inversa
a partire da ciascun valore della variabile y si desume un unico valore della
variabile x: Notate che lottica con la quale nella funzione inversa si osserva la
relazione tra x e y invertita rispetto alla funzione diretta (non a caso si chiama
funzione inversa).
Le funzioni inverse sono utili specialmente nei casi in cui nella funzione
diretta la variabile indipendente x sia per qualche motivo non osservabile o non
misurabile (ad esempio perch esprime un concetto astratto quale lutilit di un
bene) mentre la variabile dipendente y quanticabile (ad esempio, le quantit
consumate di un bene). Tale situazione presenta il problema di come attribuire i
valori alla variabile indipendente. quindi opportuno rovesciare lottica usando
la funzione inversa, in maniera da avere la variabile indipendente misurabile (le
quantit y consumate del bene) e calcolare tramite la funzione il valore della
variabile non osservabile (lutilit x del consumatore).
Il calcolo della funzione inversa molto semplice. Se noto il valore di y in
funzione di x, possibile calcolare la funzione inversa semplicemente risolvendo
per x in funzione di y. Se, ad esempio, y = 2x, la funzione inversa sar x = y2 :

21
Figure 14:

Non tutte le funzioni dirette hanno una inversa. Se, ad esempio, y = x2 ; per
qualsiasi y il valore della funzione potr essere ottenuto elevando al quadrato
p p
sia x = + y che x = y; non vi sar quindi un unico valore di x associato a
ciascun valore di y:

6 Pendenza
Prendiamo ora in esame la linea retta che compare nella gura 14. Se immag-
iniamo che tale linea rappresenti una strada in salita potremo giudicare a occhio
che la pendenza della strada costante lungo lintero percorso e, quindi, in tutti
i punti della linea. Come noto, la pendenza misura la variazione di altitudine
sul livello del mare per ogni unit di spostamento in una data direzione: se una
strada in salita che si dirige da nord a sud ha una pendenza del 15% ci signica
che per ogni chilometro percorso in direzione sud laltitudine sul livello del mare
cresce di 150 metri.
In economia, la funzione di oerta di un bene possiede una inclinazione
positiva. Quando questa funzione assume un andamento lineare, la pendenza
positiva indica di quanto aumenta la quantit oerta del bene in seguito ad un
dato aumento del prezzo del bene stesso, e viceversa.
Tornando alla linea retta della gura 14, possiamo dire che la sua pendenza
(cos come quella di qualsiasi retta) misura la variazione della grandezza rapp-
resentata lungo uno dei due assi che si accompagna ad una variazione unitaria

22
Figure 15:

dellaltra grandezza. In questo caso si suppone che lunit di misura abbia un


valore molto piccolo, tendenzialmente innitesimale.
Poich la linea della gura 14 generata da una funzione y = f (x) e giacch
gli assi cartesiani misurano sulle ordinate il valore della funzione y e sulle ascisse
il valore della variabile indipendente x, possiamo anche dire che la pendenza
della linea misura la variazione nel valore della funzione determinata da una
variazione unitaria della variabile indipendente.
Nel caso di linee rette, il calcolo della pendenza assai semplice. Nella gura
14 per misurare la pendenza della linea nel punto B basta calcolare il rapporto
fra la lunghezza del segmento AB e la lunghezza del segmento 0B.
In trigonometria ci equivale a misurare il rapporto tra il seno e il coseno
dellangolo formato dalla linea retta con lasse delle ascisse o, in modo equiva-
lente, la tangente trigonometrica dellangolo .
Infatti:

sin AB
tan =
cos 0B
La pendenza risulta positiva se la linea retta crescente; in questo caso, infatti,
se si assegnano valori via via crescenti alla variabile x anche la funzione y as-
sume valori crescenti. La pendenza risulta invece negativa se la linea retta
decrescente; in tale caso a valori crescenti di x corrispondono valori decrescenti
di y.
Qualora si voglia misurare la pendenza di una linea curva, il procedimento

23
lievemente pi complesso. Una strada contraddistinta da un tratto in salita
seguito da un tratto in discesa presenta pendenze diverse. La pendenza di una
curva, quindi, assume un valore diverso in ogni punto della curva stessa. Nella
gura 15, ad esempio, chiaro che la pendenza della curva risulta via via mag-
giore in corrispondenza di valori pi elevati della variabile x. Di conseguenza, la
misurazione della pendenza di una curva deve essere eettuata separatamente
per ogni suo singolo punto.
Scegliamo, per esempio, il punto B e misuriamo la pendenza della linea in
quel punto. A tale scopo, conduciamo la retta tangente alla curva nel punto B; la
pendenza di tale retta (misurata dallampiezza dellangolo ) misura la pendenza
della curva nel punto B. La pendenza risulta positiva o negativa a seconda che
la curva sia crescente o decrescente.

7 Derivata
possibile calcolare il valore della pendenza di una linea (retta o curva) an-
che senza fare ricorso a costruzioni grache e/o trigonometriche, ma operando
direttamente sullespressione funzionale.
Loperazione che si compie a tale scopo detta dierenziazione. Il risul-
tato di tale operazione chiamato derivata della funzione, in quanto si tratta
di una nuova funzione derivata dalla funzione originaria (o, pi precisamente,
primitiva ). In particolare, possiamo dire che:
1. la derivata di una funzione y = f (x) misura come e quanto varia y in
seguito ad una variazione innitamente piccola (detta anche puntuale)
della variabile indipendente x;
2. la derivata di una funzione viene ottenuta eettuando sulla funzione una
operazione chiamata dierenziazione;
3. la derivata di una funzione misura il valore della pendenza della linea che
la rappresentazione graca della funzione stessa.
La derivata di una funzione y = f (x) pu essere indicata con vari simboli:
dy d
f (x) f 0 (x)
dx dx
Il concetto di derivata si applica anche alle funzioni a pi variabili (argomenti).
In tale caso si denisce derivata parziale di una funzione a pi variabili la vari-
azione nel valore della funzione che si accompagna ad una variazione innita-
mente piccola di una delle variabili, allorch tutte le altre variabili conservano
immutato il proprio valore. questa la condizione di ceteris paribus che dis-
tingue lanalisi di equilibrio parziale da quella di equilibrio generale. La derivata
parziale rispetto ad una variabile x i di una funzione y = f (x 1 ; x2 ; :::; x n ) pu
essere indicata nei seguenti modi:
@y @
f (x1 ; x 2 ; :::; xn ) f 0 (x 1 ; x2 ; :::; x n )
@x i @x i

24
Partendo da una funzione a pi variabili si possono calcolare tante derivate
parziali quante sono le variabili indipendenti. Ovviamente, ciascuna derivata
parziale potr assumere valori diversi in relazione ai diversi valori assunti da
ciascuna variabile.
In economia esempi di derivate parziali possono essere tratti dalla funzione
di domanda di un bene. Avendo pi argomenti (prezzo del bene, prezzo degli
altri beni complementari e succedanei, reddito e gusti del consumatore) tale
funzione pu essere dierenziata rispetto a ciascuno di essi. Se, ad esempio,
consideriamo la seguente funzione di domanda:

Q dx = q(p x; p i6=x; Y ; )

dove Q dx indica la quantit domandata del bene x, che funzione q del prezzo
dello stesso bene (p x ), del prezzo degli altri beni diversi da x (p i6=x), del reddito
e dei gusti del consumatore (rispettivamente, Y e ), possiamo avere le seguenti
derivate parziali:
@ Qd @ Qd @ Qd @Qd
@px
x
<0 x
@pi6=x
S0 @Y
x
>0 @
x
?0

Il segno negativo della prima derivata parziale indica che la quantit domandata
di un bene diminuisce allaumentare del prezzo dello stesso bene, ferme restando
le altre variabili (prezzo di altri beni, reddito, gusti).
Sempre ferme restando le altre variabili, la seconda derivata parziale evi-
denzia che la quantit domandata del bene x aumenter, rester invariata o
diminuir al crescere del prezzo degli altri beni i diversi da x, a seconda che
questi beni siano, rispettivamente, complementari, indipendenti o succedanei
ad x. Se, ad esempio, supponiamo che il bene i sia il ca e il bene x lo zuc-
chero, un aumento del prezzo del ca produrr una riduzione della domanda di
zucchero, perch si potr acquistare meno ca e ci sar, quindi, minor bisogno
di zucchero; al proposito si dice che zucchero e ca sono beni complemen-
tari. La derivata parziale avr, quindi, un segno negativo. Se il prezzo del
biglietto aereo Roma-Milano (bene i) aumenta, ci saranno pi viaggiatori che
preferiranno prendere il treno (bene x) e si domander un maggior numero di
biglietti ferroviari. Trasporto aereo e ferroviario sono, in altre parole, beni suc-
cedanei. La derivata parziale della quantit domandata dellun bene rispetto
al prezzo dellaltro bene presenter, quindi, un segno positivo. Ma se il prezzo
dello zucchero (bene i) aumenta, la domanda di biglietti aerei (bene x) rester
probabilmente invariata, in quanto zucchero e trasporto aereo sono beni tra loro
indipendenti.
La terza derivata parziale indica che un aumento del reddito del consumatore
produrr, ceteris paribus, un aumento della quantit domandata del bene x. In-
ne un cambiamento dei gusti del consumatore far aumentare la domanda dei
beni che, in base ai nuovi gusti, gli procurano maggiore soddisfazione e diminuire
la domanda dei beni che gli procurano minore soddisfazione. Ad esempio, un
cambiamento dei gusti a favore della musica rap e sfavore della prima predomi-
nante musica rock far aumentare la domanda di dischi di Jovanotti e diminuire
quella dei dischi dei Rolling Stones.

25
8 Regole per il calcolo della derivata di una fun-
zione
Le prime 6 sezioni di questo paragrafo sono dedicate alle regole per il calcolo
della derivata di diversi tipi di forme funzionali, tutte, per, esplicite e con una
sola variabile dipendente. La sezione 7 estende tali regole al caso delle derivate
parziali, mentre la sezione 8 si occupa delle derivate di funzioni implicite.

8.1 Derivata di una funzione


Esaminiamo la funzione:
y = xn
La sua derivata pari a:
dy n
(x ) = nxn1
dx
Un esempio di calcolo di una derivata di una funzione il seguente:

y = 6x4
dy
(x) = 4 6x41 = 24x3
dx
Corollario 1. La derivata della funzione y = x uguale ad 1. Si consideri
infatti:
dy
(x) = x11 = x0 = 1
dx
Corollario 2. La derivata di una costante uguale a zero; infatti una grandezza
costante per denizione non varia al variare delle altre grandezze.

In economia, un caso di funzione con derivata prima uguale a zero la


funzione di produzione a costi medi costanti. In base a tale funzione, un aumento
delle quantit prodotte produce, ovviamente, una variazione dei costi totali di
produzione, ma non dei costi medi; i costi marginali, misurati appunto dalla
derivata prima della funzione dei costi totali rispetto alle quantit prodotte,
sono pertanto costanti (e uguali ai costi medi) a qualunque livello di prodotto
vengano valutati. Unapplicazione di funzione di costi medi costanti fornito
dai cosiddetti beni pubblici, studiati in scienza delle nanze. Sono beni di cui
il consumo da parte di un individuo in pi non sottrae possibilit di consumo
ad altri individui. In questo senso, laggiunta di un consumatore ha un costo
marginale costante, pari a zero. Un monumento, quale il Colosseo, denito
un bene pubblico: la sua costruzione ha comportato un certo costo ma, una
volta terminato, laggiunta di un turista in pi, sia esso britanno (a suo tempo)
o giapponese (oggi), non impedisce agli altri turisti nella piazza di ammirare
il Colosseo. Il costo marginale di ciascun turista zero. Se consideriamo il
seguente esempio di funzione di produzione a costi medi costanti:

C(Q) = 800Q

26
dove C indica il costo totale della produzione della quantit Q del bene
prodotto. Il costo marginale (M C ), misurato dalla derivata prima sar:
dC
MC = 800
dQ
C(Q)
e il costo medio, AC = Q
; sar pari a

C (Q) 800Q
AC = = = 800 = M C
Q Q
lo stesso valore del costo marginale.
Il caso del bene pubblico invece rappresentabile mediante una funzione con
totali costanti del tipo:
C(Q) = 1500
dove Q indica, questa volta, il numero di turisti e C il costo totale di far visitare
il monumento a Q turisti. Il costo marginale (M C), cio il costo di far visitare
il monumento al Q-esimo turista, sar:
dC (Q)
MC =0
dQ
Siccome far visitare il monumento a un turista in pi non comporta costi
aggiuntivi, la visita da parte di costui non sottrae possibilit di visita ad altri
turisti. Non vi sono costi dovuti a fenomeni quali aollamento o deperimento
del monumento.

8.2 Derivata di una somma (o dierenza) di funzioni


La derivata di una somma di funzioni uguale alla somma delle derivate delle
singole funzioni. Analogamente, la derivata di una dierenza di funzioni uguale
alla dierenza delle derivate delle singole funzioni.
Se h e g sono due funzioni, entrambe con x come argomento, avremo:

d dh dg
[h(x) g(x)] =
dx dx dx
Un esempio di derivata di una somma di funzioni pu essere:

y = 5x3 + 20x
dy
= 15x 2 + 20
dx
In modo analogo, un esempio di derivata di una dierenza di funzioni il
seguente:

y = 5x3 20x
dy
= 15x 2 20
dx

27
8.3 Derivata di un prodotto
La derivata di un prodotto uguale alla somma dei due fattori ciascuno molti-
plicato per la derivata dellaltro.
Se h e g sono due funzioni, entrambe con x come argomento, avremo:

d dh dg
(h g) = g +h
dx dx dx
Ad esempio:

y = 35x 4 (5 + 20x 3 )
dy
= 140x3 (5 + 20x3 ) + 35x 4 (60x 2 )
dx

8.4 Derivata di un quoziente


La derivata di un quoziente uguale ad un rapporto che ha per denominatore
il quadrato del denominatore della funzione e per numeratore la dierenza fra
il denominatore della funzione moltiplicato per la derivata del numeratore della
funzione, da un lato, e il numeratore della funzione moltiplicato per la derivata
del denominatore della funzione, dallaltro.
Se he g sono due funzioni, entrambe con x come argomento, avremo:

d h g dh h dg
= dx 2 dx
dx g g
Dierenziamo, ad esempio, la seguente funzione:
6x 3
y=
4x + 6
Otteniamo:
(4x + 6)18x2 24x 3
y=
(4x + 6) 2

8.5 Derivata di una funzione esponenziale


La derivata di una funzione esponenziale uguale alla funzione stessa moltipli-
cata per la derivata dellesponente.

y = ax
dy n
= ax nx n 1
dx
Ad esempio:

3
y = 4( 3x +5)

dy 3
= 4( 3x +5)
9x 2
dx

28
8.6 Derivata di una funzione logaritmica
La derivata di una funzione logaritmica uguale allinverso della funzione stessa
moltiplicato per la derivata della funzione.
Sia h una funzione avente x come argomento. Avremo:

d 1 dh
ln(h) =
dx h dx
Ad esempio

y = ln(4x 2 + 5)
dy 1
= 2
8x
dx 4x + 5

8.7 Derivate parziali


Le regole sopra indicate si applicano anche al calcolo delle derivate parziali.
Bisogna per tenere presente che, allorch si dierenzia una funzione rispetto
ad una qualsiasi variabile, tutte le altre variabili vengono considerate come
grandezze costanti.
Prendiamo, ad esempio, la seguente funzione a due argomenti:
1
y = f (x1 ; x 2 ) = 4x 31 x22
4
Le sue derivate parziali sono:

@y @y
@x1 = 12x 21 @x 2 = 12 x1
Oppure, nel caso della funzione:

y = f (a; b) = (a 1)(b 1)
Le derivate parziali sono:

@y @y
@a
= (b 1) @b
= (a 1)

8.8 Derivata di una funzione implicita


La derivata di una funzione implicita uguale al rapporto inverso fra le derivate
parziali, cambiato di segno:

F (x 1 ; x 2 ) = 0
@F
@x1
= @x
@F
2

@x2 @x 1

Prendiamo ad esempio la seguente funzione implicita

29
(x 1 1)(x2 2) 25 = 0
Avremo:

@x1 x1 1
=
@x2 x2 2

9 Derivate di ordine superiore alla prima


Nei casi in cui la derivata di una funzione a sua volta una funzione, possibile
eettuare loperazione di dierenziazione anche sulla derivata prima. Il risultato
di questa operazione viene chiamato derivata seconda della funzione.
La derivata seconda misura di quanto varia la derivata prima in corrispon-
denza di una variazione innitamente piccola della variabile indipendente. Tor-
nando alla interpretazione della funzione come il piano di una strada, la derivata
seconda misura di quanto varia la pendenza della strada per ogni spostamento
unitario in una data direzione.
Le regole di calcolo delle derivate seconde sono identiche a quelle illustrate
per le derivate prime. La derivata seconda viene indicata con questi simboli:

d2 y
f 00 (x)
dx 2
Ad esempio, prendiamo la funzione:

y = 4x 3 + 6x + 20
la sua derivata prima :

dy
= 12x3 + 6
dx
la sua derivata seconda :

d2 y
= 24x
dx2
Nel caso sopra indicato loperazione della dierenziazione pu essere ancora
applicata alla derivata seconda per calcolare il valore della derivata terza. Le
regole per il calcolo delle derivate terze e di ordine ancora superiore sono le
medesime che si applicano per il calcolo delle derivate prime e seconde.
bene tenere presente che non tutte le funzioni possiedono derivate superiori
alla prima. Una funzione lineare possiede solo una derivata prima, mentre tutte
le derivate successive alla prima sono nulle; una funzione quadratica possiede
solo derivate prima e seconda diverse da zero; una funzione cubica pu essere
dierenziata no alla derivata terza, e cos via.

30
35
30
25
20
15
x
10
5
0
-4 -2 -5 0 2 4 6 8

-10
y

Figure 16:

10 Rappresentazione graca delle derivate


Le derivate, essendo espressioni funzionali, possono essere rappresentate gra-
camente. In questo paragrafo forniremo qualche esempio, soprattutto al ne di
chiarire ulteriormente il concetto di derivata.

10.1 Derivata di una funzione lineare


Una funzione lineare primitiva quale quella espressa dallequazione (5) e rap-
presentata dalla gura 16 possiede solo una derivata prima, che costante e
pari a 4 (equazione (5)). La gura 17 rappresenta la funzione derivata della
(5). Il valore della funzione (6) dy=dx pari a 4 qualunque sia il valore assunto
dalla variabile x : la linea infatti una retta parallela allasse delle ascisse con
intercetta verticale pari a 4.

y = 4x + 6 (5)

dy
=4 (6)
dx

10.2 Derivata di una funzione quadratica


Una funzione quadratica possiede derivate prima e seconda. La prima una
funzione lineare, la seconda costante .

31
4,5
4
3,5
3
2,5
dy/dx
2
1,5
1
0,5
0
0 5 10 15 20 25 30
x

Figure 17:

y = 4x2 + 6
dy
= 8x
dx
d2 y
= 8
dx 2

32
350

300

250

200
y
150

100

50

0
0 2 4 6 8 10
x

80
70
60
50
dy/dx40
30
20
10
0
0 2 4 6 8 10
x

33
9
8
7
6
d2 y / d x 2

5
4
3
2
1
0
0 2 4 6 8 10
x

10.3 Derivata di una funzione cubica


Una funzione cubica possiede derivate prima e seconda diverse da zero e non
costanti.

y = 4x3 + 6
dy
= 12x2
dx
d2 y
= 24x
dx 2

11 Sistemi di equazioni
Esistono casi in cui una stessa variabile indipendente (o un insieme di variabili
indipendenti) legata, sia pure tramite rapporti funzionali diversi, a una plural-
it di variabili dipendenti. evidente che il valore di queste variabili dipendenti
viene determinato simultaneamente dai valori assunti dalla variabile indipen-
dente. Inoltre, si pu dare anche il caso in cui una variabile indipendente di una
funzione (ad esempio, y = f (x)) pu, a sua volta, essere funzione di un altra
variabile (ad esempio, x = h(z)). In tale modo, la variabile y legata anche alla
variabile z.
In tali casi, per calcolare il valore delle variabili necessario creare un sistema
di equazioni, che raggruppa linsieme di funzioni che hanno argomenti in comune.
La teoria economica fa frequente uso dei sistemi di equazioni; un caso em-
blematico lanalisi delle quantit domandate e oerte di un bene sul mercato.
noto, infatti, che la domanda di un bene funzione inversa del prezzo del

34
Figure 18:

bene; mentre loerta di un bene cresce al crescere del suo prezzo. Domanda
e oerta sono, quindi, entrambe funzioni del prezzo del bene. Deniamo Qd la
quantit domandata di un bene, Q s quella oerta, e p il prezzo di un bene, e
supponiamo che Q d e Q s siano funzioni unicamente di p. In questo caso lanalisi
viene chiamata di equilibrio parziale, in quanto si ipotizza che le altre variabili
che inuenzano la domanda e loerta di un bene (ad esempio, reddito e gusti
del consumatore per la domanda; costo dei fattori della produzione per loerta)
restino costanti. Possiamo quindi scrivere il seguente sistema di equazioni, che
sintetizza il funzionamento del mercato del bene:

Qd = 100 2p (7)
s
Q = 20 + 4p

dove 100 lintercetta positiva della funzione di domanda e il parametro 2


indica la sua pendenza. Analogamente, - 20 costituisce lintercetta negativa
della funzione di oerta e 4 il parametro di pendenza. La rappresentazione
graca di questo sistema di equazioni fornita dalla gura 18.
In teoria economica si cercano spesso le condizioni di equilibrio di un sis-
tema di equazioni; in altre parole, si risolve il sistema con lobiettivo di trovare
il valore delle variabili indipendenti che fanno assumere alle variabili dipendenti
il medesimo valore. Per risolvere un sistema di equazioni bisogna anzitutto che
questo sia determinato; bisogna, cio, che il numero delle incognite non sia supe-

35
riore a quello delle equazioni di cui composto il sistema. Il sistema (7) contiene
3 incognite (Qd , Q s e p) e due sole equazioni. Come tale sottodeterminato e,
pertanto, non possibile risolverlo. Per renderlo determinato uno stratagemma
possibile, in questo caso, di aggiungere alle equazioni del sistema (7) una
condizione di equilibrio, appunto Q d = Qs . Avremo quindi il nuovo sistema:

Qd = 100 2p (8)
s
Q = 20 + 4p
d
Q = Qs

che risulta detrminato, in quanto il numero delle equazioni, 3, uguale al


numero delle incognite.
Per risolvere tale sistema occorre trovare i valori di Q d , Qs e p che, una
volta inseriti nelle espressioni del sistema, risolvono simultaneamente tutte le
sue equazioni. In economia, tali valori di equilibrio vengono generalmente con-
traddistinti da un asterisco: Q d , Q s e p .
Il metodo pi comunemente usato per risolvere un sistema di equazioni
quello di sostituzione delle variabili. Esso consiste anzitutto nel fare uso della
condizione di equilibrio Qd = Q s per riscrivere il sistema (8) in due variabili e
due incognite:

Q = 100 2p
Q = 20 + 4p

Sostituiamo ora la prima equazione nella seconda, ottenendo:

100 2p = 20 + 4p
raggruppando i termini con la variabile p da un lato e i termini puramente
numerici dallaltro, avremo:

4p + 2p = 100 + 20
che equivale a:

100 + 20
p = = 20 (9)
4+2
p = 20 il valore del prezzo dequilibrio; il suo valore positivo, come
necessario che sia un prezzo di mercato.
Per ricavare le quantit oerta e domandata in cui il mercato si trova in
equilibrio, basta sostituire p in una delle due equazioni che compongono il
sistema (8) e risolvere per Q . Se, ad esempio, sostituiamo (9) nellequazione
della domanda di (8) otteniamo:

Q = Qd = Q s = 100 (2 20) = 60

36
Figure 19:

Al prezzi di p = 20 la quantit domandata uguale alla quantit oerta:


Q d e Q s sono entrambe pari a 60. Nella gura 18 tale valore corrisponde al
punto di intersezione tra la linea che rappresenta la funzione di domanda Q d e
la linea che rappresenta la funzione di oerta Qs (punto E ). Come si noter,
infatti, solo a quel punto che le due rette indicano lo stesso valore sullasse
delle ordinate. A tale punto corrisponde il prezzo di equilibrio p , indicato sulle
ascisse.
facile vericare che so ottiene lo stesso risultato sostituendo (9) nellequazione
relativa alloerta del sistema (8).

12 Massimo e minimo di una funzione


12.1 Funzioni ad una variabile dipendente
Esaminiamo il graco della gura 19a. La curva che compare la rappresen-
tazione graca della funzione y = f (x). La funzione tocca un valore massimo in
corrispondenza di x = 2; a questo punto, infatti, il valore della funzione y = 6.
Analogamente, la funzione ragurata nella gura 19b tocca un valore minimo
(y = 4) in corrispondenza di x = 2.
facile riscontrare che, nel punto in cui la funzione tocca un valore estremo,
massimo o minimo che sia, la pendenza della curva risulta nulla. Le linee trat-
teggiate parallele allasse delle ascisse rendono questo fatto ancora pi evidente.

37
quindi possibile stabilire che:

1. In corrispondenza di un valore estremo di una funzione, sia massimo che


minimo, la derivata prima della funzione uguale a zero.

Se, pertanto, vogliamo individuare il valore estremo di una funzione, pos-


siamo calcolarne la derivata prima, e poi ricavare il valore della variabile in
corrispondenza del quale la derivata stessa diviene uguale a zero.
Si consideri, ad esempio, la funzione:

y = x2 + x + 5 (10)
La sua derivata prima :

dy
= 2x + 1 (11)
dx
Bisogna ora ricercare il valore di x in corrispondenza del quale la derivata prima
diviene uguale a zero. A tale scopo poniamo lespressione (11) uguale a zero e
risolviamo per x.

2x + 1 = 0
1
x =
2
La funzione raggiunge un valore estremo allorch x = 1=2. In corrispondenza di
questo valore di x si avr y = 2. Per ottenere questultimo risultato suciente
sostituire 1=2 ad x nellequazione (10) e risolvere per il valore numerico di y.
La regola esposta al punto 1. vale ugualmente per il valore massimo e per il
valore minimo di una funzione. quindi necessaria una regola addizionale che,
una volta individuato un valore estremo, stabilisca se si tratta di un massimo o
di un minimo.
Per identicare tale regola torniamo alle gure 19a e 19b. Nel primo caso
(valore massimo) in tutti i punti precedenti il culmine della curva la pendenza
positiva, mentre in tutti i punti successivi al culmine la pendenza negativa. Di
conseguenza, quando si ha un valore massimo della funzione, la derivata passa
per lo zero provenendo da valori positivi e procedendo verso valori negativi; in
altri termini la derivata decrescente (gura 19a). Nel secondo caso (valore
minimo) la retta ha un andamento opposto: in tutti i punti precedenti il fondo
della curva la pendenza negativa, mentre in tutti quelli che lo seguono la
pendenza positiva. Per un valore minimo della funzione, quindi, il valore della
derivata passa per lo zero provenendo da valori negativi e procedendo verso
valori positivi; in altri termini la derivata crescente (gura 19b).
Dal paragrafo 9 sappiamo come distinguere una derivata prima crescente da
una derivata prima decrescente; a questo scopo, suciente calcolare la derivata
seconda, in quanto essa misura, appunto, landamento della derivata prima. Se
la derivata prima crescente, la derivata seconda positiva; se la derivata prima
decrescente, la derivata seconda negativa.

38
Figure 20:

Possiamo quindi enunciare la seguente regola per distinguere i valori massimi


di una funzione dai valori minimi:

2. Quando, nel punto in cui la derivata prima nulla, la derivata seconda


negativa, la funzione tocca un valore massimo; quando, nel punto in cui
la derivata prima nulla, la derivata seconda positiva, la funzione tocca
un valore minimo.

Le gure 20a e 20b forniscono la rappresentazione graca della derivata


prima delle due funzioni rappresentate, rispettivamente, nelle gure 19a (mas-
simo) e 19b (minimo). Nella gura 20a la derivata prima taglia la linea dello
zero dallalto in basso; nella 20b dal basso in alto. Nel primo caso abbiamo una
linea decrescente, per cui la derivata seconda sar negativa; nel secondo caso,
invece, abbiamo una linea crescente e la derivata seconda sar positiva.
Torniamo adesso allesempio numerico precedente. Una volta stabilito che
la funzione y = x 2 + x + 5 raggiunge un valore estremo in corrispondenza di
x = 1=2 e y = 2 bisogna scoprire se questo un massimo o un minimo. A tale
scopo calcoliamo la derivata seconda:

d2 y d
= (2x + 1) = 2
dx2 dx
Poich la derivata seconda positiva, si tratta di un valore minimo.

39
12.2 Funzioni a pi variabili indipendenti
Regole analoghe, anche se leggermente pi complesse, valgono per le funzioni a
pi variabili indipendenti. Una funzione a pi variabili indipendenti tocca un
valore estremo allorch tutte le derivate parziali sono simultaneamente pari a
zero. La condizione necessaria perch si abbia un valore estremo di una funzione
y = f (x 1 ; :::; xn ) quindi:

@y @y @y
= = ::: =
@x 1 @x2 @xn
Esistono inoltre condizioni di secondo ordine, simili a quelle indicate per le
funzioni a una sola variabile, che consentono di distinguere un valore massimo
da un valore minimo.
Nel caso di funzioni a pi variabili si deve ricordare che non necessario che
la funzione tocchi un valore massimo o un valore minimo simultaneamente per
tutte le variabili. infatti possibile che la funzione tocchi un valore massimo
per alcune variabili e, simultaneamente, un valore minimo per altre variabili.
Per avere unidea intuitiva di questa possibilit, si pensi ad una funzione a due
variabili indipendenti, la cui rappresentazione geometrica pu avvenire nello
spazio tridimensionale. Potremo avere questi tre casi:

1. la costruzione geometrica assume la forma di una cima montuosa; in questo


caso il culmine rappresenta un valore massimo rispetto a tutte le variabili
(in qualsiasi direzione ci si muova, non possibile trovare posizioni pi
elevate);

2. la costruzione assume la forma di una conca; in questo caso il fondo rapp-


resenta un valore minimo rispetto a tutte le variabili (in qualsiasi direzione
ci si muova, non possibile trovare posizioni meno elevate);

3. la costruzione assume la forma di una sella; in questo caso il punto centrale


della sella rappresenta un valore minimo rispetto ad una variabile, un
valore massimo rispetto allaltra (muovendosi in una direzione, si trovano
posizioni sempre pi elevate; muovendosi nellaltra, si trovano posizioni
sempre meno elevate).

13 Massimi e minimi vincolati


In economia i massimi e i minimi come quelli presentati nel paragrafo 12 (detti
anche massimi e minimi assoluti ) non trovano unapplicazione molto diusa: il
caso pi celebre di massimizzazione assoluta di una variabile rappresentato
dalla massimizzazione del protto di unimpresa.
Molto pi frequenti sono, invece, i casi di massimi e minimi vincolati. Il clas-
sico esempio, che qui useremo per comprendere in cosa consista un massimo (o,
analogamente, un minimo) vincolato, quello della massimizzazione dellutilit
di un consumatore che soggetto ad un vincolo di bilancio.

40
Supponiamo che un consumatore abbia a disposizione una data somma di
denaro, determinata, ad esempio, dal proprio reddito mensile, e che debba
spendere tale somma in modo da trarne il massimo grado di utilit possibile.
Lesempio ci rende anzitutto chiara la dierenza tra un problema di massimiz-
zazione assoluta, in cui non esiste alcun vincolo, e un problema di massimiz-
zazione vincolata: se noi avessimo a disposizione una somma innita di denaro
potremmo comprare qualunque cosa ci passi per la testa; se, invece, non possi-
amo spendere una lira di pi del nostro reddito, le nostre possibilit sono assai
pi limitate. Anche il livello di utilit massimo che otterremo nei due casi sar
molto diverso. Supponiamo inoltre che spendiamo tutto, cio, non risparmiamo
una lira. Questo ci consente di semplicare il problema usando un vincolo di
uguaglianza 2 .
Possiamo rappresentare il problema di massimizzazione vincolata dellutilit
del consumatore nella seguente forma simbolica generale:

max U = u(x 1; x 2 ; :::; x n )


soggetto a : S(x 1; x2 ; :::; x n ; px1 ;p x2; :::; p xn ; Y ) = 0

Lutilit totale U del consumatore funzione u delle quantit dei beni x1;x 2 ; :::; x n ,
che egli acquista. La sua spesa complessiva S funzione implicita delle quantit
dei beni acquistati, dei loro rispettivi prezzi, pxi , e del suo reddito, Y . Questa
funzione non ha il risparmio tra i suoi argomenti: il reddito viene interamente
speso, il resto , appunto, zero. La funzione di utilit del consumatore viene
massimizzata soggetta al vincolo di spesa complessiva 3 .
Supponiamo per semplicit che il consumatore possa acquistare solo due
beni, x1 e x2 e che la sua funzione di utilit assuma, ad esempio, la seguente
forma funzionale:

U = x1 x 2 + 2x1 (12)
Il vincolo del bilancio impone che la spesa per lacquisto dei due beni, data
dalle quantit dei beni acquistate per i loro prezzi, non superi il reddito del
consumatore; nel nostro caso immaginiamo che il prezzo del bene x1 sia p 1 =
4, il prezzo del bene x 2 sia p 2 = 2, mentre il consumatore abbia un reddito
complessivo di Y = 60. Possiamo quindi scrivere il vincolo di bilancio nella
seguente forma esplicita lineare:

4x 1 + 2x2 = 60 (13)
Se il consumatore decide di comprare solo il bene x 1 , pu acquistarne un mas-
simo pari a x 1 = 60=4 = 15 unit; se, invece, preferisce investire tutto il suo red-
dito nellacquisto di x 2 ne potr acquistare un massimo di x2 = 60=2 = 30unit.
2 Si veda Dixit (1990) per la risoluzione di problemi di ottimizzazione con vincoli di dis-

eguaglianza.
3 Nel contesto dei problemi di massimizzazione vincolata la funzione da massimizzare viene

anche chiamata funzione obiettivo.

41
Altrimenti, potr acquistare una combinazione dei due beni. Il consumatore
sceglier la soluzione che gli ore la massima soddisfazione; quella, cio, che
massimizza la sua funzione di utilit (12).
Esistono due metodi per massimizzare la funzione di utilit (12) soggetta al
vincolo di bilancio (13): il primo metodo quello della sostituzione di variabili;
il secondo quello del moltiplicatore di Lagrange. Vediamoli uno alla volta.

13.1 Massimizzazione mediante sostituzione di variabili


Questo metodo consiste nel risolvere lequazione del vincolo di bilancio per una
delle due variabili in termini dellaltra, sostituire il valore ottenuto nella funzione
di utilit e massimizzarla rispetto allunica variabile rimasta.
Procedendo passaggio per passaggio, risolviamo anzitutto il vincolo (13) per
x 2 in termini di x1 . Otteniamo:

60 4x1
x2 = = 30 2x1 (14)
2
Sostituiamo tale valore nella funzione di utilit (12). Tale funzione sar cos
espressa in una sola variabile, x1 . Precisamente, avremo:

U = x 1 (30 2x 1 ) + 2x1 = 32x 1 2x21


A questo punto, per massimizzare questa funzione possiamo semplicemente
applicare il metodo illustrato nel paragrafo 11. Dovremo dierenziare U rispetto
a x 1 e stabilire il risultato uguale a 0:

dU
= 32 4x 1 = 0
dx 1
Possiamo cos risolvere per il valore di equilibrio di x 1 , denito x 1 :

32
x 1 =
=8 (15)
4
Siccome la condizione di secondo ordine

d2 U
= 4 < 0
dx21
negativa, abbiamo la garanzia che il valore estremo indicato dalla (15) un
massimo vincolato.
Per trovare anche il valore di equilibrio di x 2 , denito x2 , basta sostitutire
il valore di x 1 , dato dalla (15), nel vincolo (14). Avremo quindi:

x2 = 30 2 8 = 14
Il consumatore sceglier di acquistare le quantit di x 1 = 8 e di x 2 = 14.
Moltiplicando tali quantit per i prezzi dei beni possiamo vericare che egli ha
rispettato il vincolo di bilancio:

42
Figure 21:

14 2 + 8 4 = 28 + 32 = 60
A tali quantit di equilibrio la funzione di utilit (12) raggiunge il suo val-
ore massimo. Data la forma funzionale di (12), sostituendo in essa i valori di
equilibrio di x 1 = 8 e di x 2 = 14possiamo stabilire che il suo valore massimo
pari a:

u = 8 14 + 2 8 = 112 + 16 = 128
La rappresentazione graca di questo problema data dalla gura 21.
Come si pu vedere, in corrispondenza dei valori di equilibrio di x1 e x 2 , la
curva che esprime il livello utilit totale massimo (detta curva di indierenza)
tangente al vincolo di bilancio. Il punto di tangenza tra curva di indierenza e
vincolo di bilancio indica infatti il punto di massima soddisfazione del consuma-
tore e la combinazione dei beni che egli decider conseguentemente di acquistare.

13.2 Risoluzione mediante il moltiplicatore di Lagrange


Nei casi in cui il vincolo di bilancio sia una funzione complessa, o in cui vi
sia pi di un vincolo sotto cui massimizzare la funzione obiettivo, il metodo di
sostituzione delle variabili diventa di dicile impiego. In tali casi preferibile
ricorrere al secondo metodo di massimizzazione vincolata di una funzione, detto
dei moltiplicatori (indeterminati) di Lagrange.

43
Tale metodo consiste nel riunire anzitutto la funzione da massimizzare e il
vincolo di bilancio in ununica funzione, chiamata Lagrangiano. Proseguendo
con lesempio sopra illustrato, possiamo costruire il seguente Lagrangiano:

` = x 1 x2 + 2x 1 + (60 4x 1 2x 2 ) (16)
come si vede, la funzione di utilit antecedente al vincolo di bilancio.
Nellequazione (16) ` il Lagrangiano e il moltiplicatore di Lagrange.
Questultimo un concetto importante in economia. Esso misura di quanto
varia il valore della funzione da massimizzare in seguito ad un rilassamento o un
restringimento del vincolo. In altre parole, indica di quanto si riduce il livello
di utilit del consumatore in seguito di un restringimento del vincolo di bilancio
(o, viceversa, di quanto aumenta il livello di utilit in seguito ad un rilassamento
del vincolo di bilancio). Un restringimento del vincolo pu essere determinato,
ad esempio, da un aumento dei prezzi; fermo restando il suo reddito, se i prezzi
dei beni aumentano il consumatore potr acquistarne minori quantit e il suo
livello di utilit diminuir di conseguenza. In tale caso, mostra quanto si riduce
lutilit totale del consumatore a seguito dellaumento dei prezzi.
Per trovare i valori di equilibrio di x 1 e x2 bisogna dierenziare la funzione
(16) rispetto alle sue tre variabili x 1 , x2 e porre i risultati ottenuti uguali a 0.
Avremo quindi il seguente sistema di equazioni:

@`
= x 2 + 2 4 = 0 (17)
@x 1
@`
= x 1 2 = 0
@x 1
@`
= 60 4x 1 2x2 = 0
@
I valori di x 1 , x2 e per i quali le derivate parziali del sistema (17) sono simul-
taneamente uguali a zero vengono deniti condizioni di primo ordine.
Per trovare i valori di equilibrio di x1 , x2 (e quindi di ), risolviamo il
sistema (17) per in termini di x 1, x2 . Ci possibile facendo uso delle prime
due equazioni:

x1 x2 + 2
== (18)
2 4
Dalla (18) possiamo trovare il valore di x 1 in termini di x 2 :

x2 + 2
x1 =
2
Inserendo tale valore nella terza equazione del sistema (17) troveremo il valore
di equilibrio di x 2 :

44

x2 + 2
60 4 2x2 = 0
2
60 2x 2 4 2x2 = 0
60 4 = 4x2
56
x2 = = 14
4
Sostituendo x 2 di nuovo nella terza equazione del sistema (17), troveremo il
valore di equilibrio di x1 :

60 4x 1 28 = 0
60 28 = 4x1
32
x1 = =8
4
Come si pu constatare, i valori di equilibrio di x1 e x2 trovati mediante il
meto do del moltiplicatore di Lagrange sono uguali a quelli ottenuti mediante il
meto do di sostituzione delle variabili.
Non rimane che risolvere per il valore ottimale del moltiplicatore, , per
vericare che, una volta inseriti x 1 , x2 e nel Lagrangiano (equazione (16)),
questultima fornisce lo stesso valore di utilit massima ricavato mediante il
meto do di sostituzione. Per ottenere basta inserire x 1 (o, alternativamente
x 2 ) nellequazione (18). Facendo ad esempio uso di x1 avremo:

8
= =4
2
Sostituendo 8, 14 e 4 rispettivamente a x1 , x2 e nella (16) troviamo:

` = 8 14 + 2 8 + 4(60 4 8 2 14)
` = 112 + 16 + 4(60 32 28)
` = 112 + 16 + 4(0)
` = 128

14 Elasticit di una funzione


Abbiamo capito che lo scopo di una derivata misurare come e di quanto la
variabile dipendente varia al variare della variabile indipendente. Il problema
che la misurazione del quanto sensibile alle unit di misura usate per denire
ciascuna variabile. Ad esempio, se nel problema di ottimizzazione del precedente
paragrafo i prezzi p 1 = 4 e p2 = 2 fossero espressi in euro, la loro trasformazione
(monotna!) in dollari produrrebbe valori di soluzione del problema totalmente
diversi. Per ottenere misure di reattivit insensibili alla scelta delle unit di

45
misura suciente ponderare ciascun cambiamento di valore di una variabile
per il valore iniziale della variabile stessa. Infatti, se io esprimessi il cambiamento
secondo una diversa unit di misura, anche la ponderazione sarebbe in base a
tale nuova unit, e il risultato nale non cambierebbe. La misura di reattivit
cos ottenuta si chiama elasticit.
Lelasticit della funzione misura la variazione proporzionale del valore della
funzione corrispondente ad una variazione proporzionale innitamente piccola
del valore della (o di una) variabile indipendente. Essa quindi ci indica la
reattivit della variabile dipendente al variare di ciascuna delle sue variabili
indipendenti.
Lelasticit di una funzione viene denita come il rapporto tra la variazione
proporzionale della funzione e la variazione proporzionale della variabile:
dy
y
" yx = x
dx

dove "yx denota lelasticit della funzione y rispetto alla variabile x. Tale espres-
sione pu essere ulteriormente semplicata nella formula che viene abitualmente
riportata nei libri di testo di economia:
dy
y dy x dy x
"yx = x (19)
dx y dx dx y
Possiamo quindi denire la seguente regola di calcolo dellelasticit di una fun-
zione:

Regola. Lelasticit di una funzione uguale alla derivata prima della


funzione moltiplicata per il rapporto tra valore della variabile e valore della fun-
zione.

Dalla formula (19) si possono trarre le seguenti conclusioni:

1. poich in economia si trattano in genere grandezze positive, il rapporto


x=y sar sempre positivo; di conseguenza, lelasticit avr lo stesso segno
della derivata della funzione;

2. lelasticit , in valore assoluto, maggiore dellunit se la variazione pro-


porzionale della funzione maggiore della variazione proporzionale della
variabile; inferiore allunit se accade il contrario;

3. lelasticit di una funzione sar a sua volta una funzione o sar una
costante a seconda che la derivata della funzione sia una funzione o una
costante.

Come esempio di calcolo dellelasticit di una funzione, si prenda la funzione:

y = 100 2x

46
La sua derivata prima :

dy
= 2
dx
Il rapporto tra le due grandezze x e y :
x x x
= =
y 100 2x 2(50 x)
Lelasticit della funzione y rispetto alla variabile x pertanto sar:

dy x x x
"yx = 2 =
dx y 2(50 x) 50 x

15 Interesse e valore attuale


Una somma di moneta M che frutti un interesse pari a r per cento allanno,
dopo un anno sar uguale a:

M1 = M0 + rM 0 = M0 (1 + r)
Se linteresse viene computato anno per anno solo sulla somma iniziale, si parla
di interesse semplice. Con linteresse semplice dopo t anni la somma iniziale
sar uguale a:

Mt = M 0 + trM 0 = M 0 (1 + tr)
Se, invece, linteresse viene computato non solo sulla somma iniziale, ma sulla
somma che si accumulata no a quel momento (nella terminologia nanziaria,
sul principale pi linteresse), si parla di interesse composto. Il calcolo dellinte-
resse composto lievemente pi complesso rispetto a quello dellinteresse sem-
plice. Nel caso dellinteresse composto, dopo due anni la somma accumulata
sar:

M2 = M 0 + rM0 + r(M 0 + rM 0) =
= M 0 + rM0 + rM 0 + r2 M 0 =
2
M0(1 + 2r + r ) = M 0 (1 + r) 2

Estendendo questa formula si ottiene che, dopo un periodo di t anni, la somma


accumulata sar uguale a:

M t = M0 (1 + r)t (20)
La formula (20) per il calcolo dellinteresse composto chiamata formula di
capitalizzazione.
Nel caso in cui linteresse, invece di essere computato una volta allanno
nella misura di r%, viene computato due volte allanno nella misura di 12 r%, la
formula di capitalizzazione diviene:

47
1
M t = M 0 (1 + r)2t
2
1
In generale, se linteresse viene computato n volte allanno nella misura di n
r,
la formula della capitalizzazione diviene:

1 nt
M t = M 0 (1 + r)
n
Dalle formule di capitalizzazione possibile ricavare le formule di sconto.
Mentre le prime servono a trovare il valore futuro di una variabile (nel nostro
caso, principale pi interesse), le seconde ricavano il valore attuale (o presente)
di una grandezza che diventer a noi disponibile nel futuro, ad esempio, a t anni
a partire da ora. Il calcolo del valore presente di una variabile fondamentale in
casi come il confronto della redditivit futura di un investimento (ad esempio,
i ricavi dei pedaggi per il transito su un ponte sullo stretto di Messina) con i
suoi costi di realizzazione, che sono sostenuti nel presente. Si pu cos stimare
il protto atteso dallinvestimento e decidere se razionale eettuarlo.
Le formule per il calcolo del valore presente di una variabile sono le seguenti:

1. per linteresse semplice:

Mt
M0 =
1 + rt
2. per linteresse composto:

Mt
M0 = t
(1 + r)

Bibliograa
- Chiang, Alpha C., Fundamental Methods of Mathematical Economics, III
edition, London, McGraw-Hill Book Co., 1984.

- Dixit, Avinash K., Optimization in Economic Theory, II edition, Oxford,


Oxford University Press, 1990.
- Graziani, Augusto, Teoria Economica, Edizioni Scientiche Italiane, 1967.
- Silbeberg, Eugene, The Structure of Economics. A Mathematical Analysis,
II edition, London, McGraw-Hill Book Co., 1990.
- Varian, Hal R., Microeconomic Analysis, III ed., New York, W. W. Norton,
1992.

48

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