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CINZIA PULNERI

APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Cinzia Pulneri
2 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Cinzia Pulneri
Appunti di Economia politica rivolto agli
studenti delle classi quinte dellindirizzo
informatico e dellindirizzo linguistico
dellIstituto ITGS ad indirizzo sperimentale B.
Pascal.
Il lavoro presenta i temi trattati in tali classi
nei termini stessi in cui vengono svolti e non
viene inteso, pertanto, come un esaustivo
manuale di economia politica, n, tantomeno,di
storia del pensiero economico.

Reggio Emilia, 20 aprile 2004

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 7
LA VISIONE CLASSICA DEL SISTEMA ECONOMICO pag. 21
LA SCUOLA NEOCLASSICA CENNI INTRODUTTIVI pag. 29
LANALISI KEYNESIANA LE GRANDEZZE REALI DEL SISTEMA pag. 35
Le funzioni del consumo e del risparmio pag. 39
La funzione degli investimenti pag. 42
Il moltiplicatore del reddito pag. 46
Lequilibrio di disoccupazione pag. 48
Il mercato del lavoro secondo i neoclassici pag. 49
Il mercato del lavoro secondo Keynes pag. 52
La necessit dellintervento dello Stato pag. 54
LE TEORIE MONETARIE E IL MERCATO DELLA MONETA pag. 57
La domanda di moneta pag. 60
Lofferta di moneta pag. 65
Lequilibrio del mercato della moneta pag. 66
LEQUILIBRIO GENERALE IL MODELLO IS LM pag. 73
LINFLAZIONE pag. 81
LE RELAZIONI ECONOMICHE CON LESTERO pag. 93

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APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

INTRODUZIONE
ALLECONOMIA POLITICA

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Introduzione allEconomia politica
LA SCIENZA ECONOMICA

Loggetto di studio della scienza economica

Leconomia politica una scienza che studia i problemi economici della societ.
I problemi economici nascono dalla necessit di soddisfare i bisogni economici che gli uomini avvertono
sia a livello individuale, sia a livello collettivo. Tali bisogni possono essere primari, cio legati alla
sopravvivenza fisica, o secondari, cio legati al momento storico e alla condizione sociale e culturale cui
si appartiene
Un bisogno pu essere definito economico quando la possibilit di soddisfarlo dipende dalla disponibilit
di risorse e di beni idonei a tale scopo ma scarsi in natura.
La scarsit di tali beni e risorse fa s che luomo debba provvedere a:
Reperirli
Produrli o renderli atte alluso
Conservarli
Impiegarli con il minor spreco possibile
Distribuirli fra i componenti della societ.
I problemi economici riguardano, quindi, la produzione di beni, la loro distribuzione, il loro consumo , o
il loro risparmio, al fine di soddisfare i bisogni economici della collettivit.
Dunque, leconomia politica analizza tali problemi per formulare delle teorie economiche in base alle
quali spiegarli e individuarne le migliori soluzioni che si traducano in scelte e in azioni concrete di
politica economica.

Leconomia politica come scienza sociale

Se leconomia politica studia i problemi economici propri della societ cercando di analizzare i rapporti
che intervengono fra le classi sociali, o le parti sociali, essa pu certamente essere definita come una
scienza sociale. Una scienza, cio, che studia problemi di natura sociale, tipici dellorganizzazione datasi
dalla collettivit residente in una data area territoriale in un dato momento storico.
Sono scienze sociali tutte le discipline che si occupano di particolari aspetti della societ, come la storia,
la politica, la sociologia, leconomia politica, lantropologia, la medicina sociale ecc.
La peculiarit delle scienze sociali, che le distingue dalle scienze esatte, che esse non assumono come
dato di partenza, n scoprono, leggi di natura sempre vere e sempre verificabili, che consentono, in date
condizioni, di ripetere esperimenti e di prevedere determinati eventi. Infatti, studiando la societ, le
scienze sociali si occupano della dimensione collettiva delluomo, in cui sono presenti elementi
imponderabili che rendono il suo comportamento imprevedibile; e, se questo vero per luomo singolo,
lo ancor pi per la collettivit, in quanto entrano in gioco elementi di condizionamento reciproco che
rendono ancor pi difficoltosa la prevedibilit dei comportamenti. Ci vale, naturalmente, anche per i
comportamenti economici.
Tuttavia, la scienza economica, cos come le altre scienze sociali, cerca ugualmente di individuare alcune
leggi che aiutino a cogliere quelle che possono o potranno essere le linee di tendenza dei comportamenti
economici. Ci al fine di comprendere meglio la realt economica formulando teorie che aiutino ad
interpretarla e a prevederne gli sviluppi, in modo da poter individuare le scelte e le strategie che
consentano di evitare o di superare condizioni problematiche e critiche del sistema.
Porre in atto le strategie individuate dalleconomia politica attraverso le teorie economiche spetta allo
Stato, attraverso la politica del Governo.
LEconomia politica, quindi, studia i problemi economici e cerca delle soluzioni individuando leggi di
tendenza; la Politica economica traduce in strategie, rendendole operative, le soluzioni individuate
dallEconomia politica.

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Introduzione allEconomia politica
Il problema del metodo

Interpretare la realt economica porta a soluzioni dalle quali dipenderanno, o potranno dipendere, le
scelte dello Stato e, quindi, il grado di benessere dei cittadini.
In modo particolare, tale benessere dipender dalla ricchezza prodotta e disponibile, dalla sua
distribuzione tra le parti sociali e da come essa verr destinata.
Si capisce, allora, che lanalisi economica, osservando una data societ in un determinato periodo storico,
e cercando soluzioni di tipo politico sociale, avr un approccio, un modo di osservare e di indagare, che
dipender dallepoca e dalla cultura in cui viene sviluppata e dalla filosofia e dallideologia assunta dal
pensatore, o dai pensatori, che la conducono ed elaborano le conseguenti teorie.
In particolare, si pu ragionevolmente affermare che:
gli economisti analizzano i problemi tipici della loro realt sociale
gli economisti possono essere influenzati dalle idee in circolazione del loro tempo
gli economisti sono guidati nellanalisi da particolari verit, legate spesso ad una ideologia, che
vogliono dimostrare
ogni teoria si fonda su assunti di partenza, verit date per scontate che, per, non sempre sono
assiomi, non sempre, cio, sono vere di per se stesse, senza dover essere dimostrate; aspetto, questo,
di tutto riguardo, se si pensa che da tali assunti dipendono in gran parte le conclusioni della teoria
Questo pu spiegare perch spesso la teoria economica non fornisce risposte univoche alle stesse
domande, ed offre soluzioni diverse, a volte inconciliabili, allo stesso problema.
Non v dubbio, tuttavia, che, oltre ad esprimere alcune verit vere sempre, la conoscenza delle teorie
economiche, insieme alla consapevolezza degli elementi che possono averle influenzate, costituisce
lirrinunciabile bagaglio di strumenti attraverso il quale gli operatori economici, gli economisti ed i
politici interpretano la realt e individuano le scelte economiche che, nel bene e nel male, condizionano
lesistenza dei popoli.

I MODELLI DI SISTEMA ECONOMICO

Il sistema economico lorganizzazione economica che una collettivit si data e da cui dipende il modo
in cui la societ cerca di risolvere i propri problemi economici e realizza le proprie attivit economiche.
I sistemi economici storicamente realizzati possono essere ricondotti, a grandi linee, a tre modelli:
leconomia di autoproduzione e autoconsumo, leconomia capitalistica, leconomia collettivista.

Leconomia di autoproduzioe e autoconosumo

Il modello si riferisce, fatte le dovute differenze, alla lunghissima epoca preindustriale.


Il modello caratterizzato dalla coincidenza fra il centro produttivo e il centro di consumo, entrambi
costituiti dalla famiglia. Allinterno della famiglia, quindi, avviene la produzione dei beni necessari ai
suoi consumi e alla sua sussistenza.
Dal momento che la funzione della produzione viene assolta dalle famiglie, i mezzi di produzione
appartengono e vengono organizzati dalle stesse. Si tratta, ovviamente, dei semplici e poveri mezzi
richiesti dalla produzione di artigianato povero.
Inoltre, il fatto che il soggetto produttore e il soggetto consumatore siano lo stesso implica che gli scambi
siano quasi inesistenti e limitati ai casi di produzione su commessa realizzata da artigiani professionisti.
In questo modello, i sistemi di produzione sono tali consentire di ottenere un prodotto sufficiente alla
sussistenza delle persone e al risparmio dei fattori produttivi necessari a ripetere tal quali gli stessi
processi produttivi. Ci significa che questo sistema economico un sistema a riproduzione semplice,
che tende cio a riprodursi nel tempo senza registrare n crescita economica, n crescita del livello di
benessere.

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Introduzione allEconomia politica
Leconomia capitalistica

Il modello nasce con la rivoluzione industriale (1700), che segna il passaggio nel modo di produrre i beni
da artigianale ad industriale.
In questo modello i mezzi di produzione appartengono e vengono organizzati dagli imprenditori. A tal
fine, gli imprenditori devono disporre di ingenti capitali, necessari all acquisizione delle macchine e
allanticipazione dei salari necessari al mantenimento della forza lavoro impiegata. In questo modello,
macchine e forza lavoro sono fattori indispensabili alla produzione organizzata su scala industriale.
Lesistenza degli imprenditori e del lavoro salariato comporta la netta divisione sociale fra la classe degli
imprenditori capitalisti e la classe dei lavoratori salariati.
I processi produttivi vengono organizzati sulla divisione del lavoro, per cui ogni singolo lavoratore si
specializza in una speciale fase della lavorazione; ma la divisione del lavoro riguarda anche la produzione
nel suo complesso, per cui ogni impresa si specializza nella produzione di un solo bene o di poche
tipologie di beni.
Inoltre, la produzione realizza grandi quantit di prodotti, offerti a chiunque li voglia acquistare, ed
quindi rivolta al mercato.
La specializzazione del lavoro e le ingenti quantit di prodotto ottenuto comportano che leconomia
capitalistica sia fondata sullo scambio, ovvero, sia uneconomia di mercato.
Inoltre, leconomia capitalistica pu essere definita come uneconomia decentrata, in quanto le decisioni
sulla produzione spettano alle imprese, mentre le decisioni sul consumo spettano alle famiglie, per cui
non esiste un unico centro di potere.
E impossibile non osservare, tuttavia, che perch il centro di potere che presiede alla produzione
(imprese) e il centro di potere che presiede al consumo (famiglie) siano paritetici, sarebbe necessario che
ognuno disponesse dello stesso reddito e dello stesso potere decisionale, il che pare piuttosto improbabile,
se si pensa che gran parte delle famiglie composta da lavoratori, salariati dalle imprese.
Daltra parte, anche allinterno delle medesime categorie, affinch ogni soggetto possa scegliere senza
condizionamenti, sarebbe necessario che ogni impresa avesse le stesse dimensioni, e che ogni
consumatore disponesse dello stesso reddito.
Ulteriore caratteristica delleconomia capitalistica quella di dar luogo a sistemi economici a
riproduzione allargata. Per definizione, infatti, i processi produttivi industriali consentono di ottenere dal
capitale investito un prodotto molto superiore, tanto da consentire, oltre che la sussistenza e un certo
grado di benessere alle persone, di disporre, da parte degli imprenditori, di una quantit di risorse
economiche (profitto) che non solo bastano a ripristinare le precedenti condizioni produttive, ma
consentono di realizzarle su una base pi ampia per poi ottenere un prodotto maggiore.
Contrariamente a quanto osservato per leconomia di autoproduzione e autoconsumo, dunque, leconomia
capitalistica destinata a riprodursi in modo sempre pi amplificato, e il sistema economico a crescere
nel tempo.

Leconomia collettivistica

E il modello storicamente pi recente in quanto viene per la prima volta realizzato in Russia dopo la
Rivoluzione dottobre (1917).
In Europa, ha trovato applicazione in Unione sovietica e nei sei paesi cosiddetti satelliti (Germania
dellEst, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia ) fino al 1989, quando la caduta del
muro di Berlino stigmatizz la caduta dei regimi comunisti europei. Ancora oggi, il modello trova
attuazione in Cina (che per ha da tempo messo in atto un graduale ma inarrestabile processo di
trasformazione verso leconomia capitalistica), in Libia, a Cuba e nella Corea del Nord.
Il modello si fonda su un sistema politico centralizzato (dittatura).
I mezzi di produzione appartengono allo stato, che organizza la produzione attraverso il Piano economico
e trasmette alle imprese le scelte operate perch le realizzino.
Tutti i cittadini sono lavoratori, al di l della loro mansione; quindi, non esistono classi sociali. Ogni
individuo al servizio non del proprio benessere personale ma della collettivit, rappresentata dallo Stato
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Introduzione allEconomia politica
che, a sua volta, garantisce ad ognuno uno standard di vita modesto ma sufficiente a garantire i bisogni
fondamentali (cibo, abitazione, sanit, istruzione, ecc.).
I lavoratori, cos come i singoli consumatori, non sono liberi nelle scelte economiche; i cittadini non
godono di libert politica e di pensiero, n della libert di uscire dal proprio paese.

LE ORIGINI STORICHE DEL CAPITALISMO: LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Il sistema economico capitalistico nasce con la Rivoluzione industriale nellInghilterra del 700 e si
diffonde in tutta Europa, anche se non in tutti i Paesi con la stessa rapidit.
La sua nascita e la sua affermazione legata alla possibilit di organizzare la produzione secondo nuovi
criteri, che segnano il passaggio dalla produzione di tipo artigianale alla produzione di tipo industriale.
Fino al 700 la produzione di tipo artigianale.
Lartigiano dispone di una bottega e degli attrezzi che gli consentono di produrre beni di consumo; fattori
produttivi per la disponibilit dei quali non richiesta la disponibilit di ingenti capitali.
Il processo di produzione vede lartigiano impegnato dalla prima fino allultima fase della lavorazione.
Questo implica che la produzione sia lenta; che venga prodotto un bene alla volta; che ogni oggetto sia
un prodotto unico.
Il capitalismo nasce con lintroduzione delle macchine nei processi produttivi. Le macchine svolgono
contemporaneamente il lavoro di pi artigiani e consentono di produrre pi beni alla volta.
Inoltre, ogni operaio, non pi artigiano, segue accanto alla macchina una sola fase del processo di
lavorazione (catena di montaggio).
Tutto questo consente una produzione su larga scala di beni tra loro identici: la produzione in serie.
Limprenditore, per realizzare questo tipo di processo produttivo, deve disporre dei capitali necessari
allacquisizione delle macchine e allanticipazione dei salari necessari al sostentamento dei lavoratori e
delle loro famiglie; gli imprenditori, dunque, sono capitalisti.
Le ragioni per cui la rivoluzione industriale avvenne nel 700 e in Inghilterra possono essere ricondotte
ad una serie di concomitanze:
invenzione della macchina a vapore che fu applicata alle macchine tessili
disponibilit di ingenti capitali dovuti al capitalismo mercantile originato dalle attivit mercantili
coloniali del Regno
libert politica di intraprendere iniziative imprenditoriali
disponibilit di manodopera che, grazie alla legge delle Recinzioni, era stata allontanata dai villaggi
rurali e spinta a rifugiarsi nelle aree urbane dove fioriva la neonata industria.

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Introduzione allEconomia politica
LA STRUTTURA DEL SISTEMA ECONOMICO CAPITALISTICO

Per definizione, un sistema caratterizzato dalla presenza di pi elementi posti fra loro in relazione, in
base ad un rapporto di qualsivoglia natura.
Il sistema economico pu essere considerato sistema in quanto composto da pi elementi, che
corrispondono agli aggregati sociali (gruppi) che sovrintendono alle funzioni economiche, posti fra loro
in relazione, oltre che da flussi di informazione, da flussi economici reali o monetari.

Gli aggregati sociali - economici

Gli aggregati costituiscono gli elementi del sistema e corrispondono ai gruppi di soggetti che svolgono
ben precise funzioni economiche. Essi sono costituiti da:
Le imprese, che organizzano e realizzano la produzione di beni e servizi investendo il proprio
capitale in beni strumentali alla produzione e nella retribuzione della forza lavoro; funzione
economica delle imprese, quindi, effettuare scelte sul come e sul quanto produrre, investire ed
assumere lavoro salariato.
Lo Stato, che attraverso limposizione fiscale cerca di redistribuire la ricchezza allinterno della
societ in modo da garantire a tutti i suoi componenti (cittadini) i diritti umani e i diritti sociali
fondamentali; a tal fine, lo Stato produce quei beni e quei servizi come la sanit, listruzione
pubblica, la previdenza sociale, le infrastrutture, che costituiscono la spesa pubblica. Quindi, con la
ricchezza raccolta tramite le imposte, lo Stato produce beni e servizi di pubblica utilit cui ogni
cittadino pu accedere indipendentemente dalla ricchezza e dal reddito di cui dispone.
Le famiglie, che cedono alle imprese e allo Stato il loro lavoro in cambio di un reddito (salario) che
verr in parte speso in beni di consumo e in servizi e in parte risparmiato. La funzione economica
delle famiglie dunque quella di offrire la propria forza lavoro e di effettuare scelte sui consumi e
sul risparmio.

Stato
famiglie

imprese

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Introduzione allEconomia politica
I flussi economici

Le relazioni che intercorrono tra i soggetti del sistema economico si manifestano con atti di scambio,
ecco perch si dice che il capitalismo uneconomia di scambio, o di mercato, che il luogo ideale dove
avvengono gli scambi.
Ogni atto di scambio prevede reciprocit di rapporti fra due soggetti, per cui possiamo dire che c
scambio economico solo se si producono due flussi di ricchezza in direzione opposta. In effetti, se si
pensa che gli scambi sono regolati dalla moneta, si pu ben capire che ad ogni flusso di beni o servizi,
flusso di ricchezza reale (o flusso reale), corrisponder un flusso di eguale valore ma di direzione
contraria in moneta, flusso di ricchezza monetaria (o flusso monetario).
Nel sistema possiamo allora distinguere due tipi di ricchezza: la ricchezza reale (lavoro, beni e servizi) e
la ricchezza monetaria (moneta e prodotti finanziari).
Il sistema degli scambi, a sua volta, pu essere rappresentato dal seguente schema in cui le linee continue
rappresentano i flussi reali e le linee tratteggiate rappresentano i flussi monetari.

beni e servizi
imprese famiglie

prezzo dei beni e dei


servizi

beni e servizi
Stato famiglie

imposte / prezzo dei beni


e dei servizi

lavoro
famiglie imprese e Stato

salari e stipendi

beni e servizi
Stato imprese

imposte / prezzo dei beni


e dei servizi

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Introduzione allEconomia politica
LO SCHEMA DI FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA ECONOMICO CAPITALISTICO

Lo schema seguente rappresenta le fasi principali del processo economico capitalistico, distinguendo le grandezze economiche, inserite in riquadri tratteggiati, dai
processi economici, inseriti in riquadri a linea continua.
Come si pu osservare, il primo processo, quello della produzione, parte dallimmissione nel processo dei fattori produttivi: il capitale, detenuto dagli
imprenditori, il lavoro, detenuto dai lavoratori, le risorse naturali (terreni, miniere, pozzi petroliferi, cave ecc.), genericamente definite come terra. Il risultato di
tale processo il prodotto, che coincide con lofferta O.
Per consentire ai soggetti detentori dei fattori produttivi che hanno partecipato alla produzione di appropriarsi del prodotto, necessario procedere alla sua
distribuzione che, tuttavia, non pu essere realizzata sul prodotto reale. Il prodotto reale viene quindi tradotto in valore monetario, attraverso il processo della
monetizzazione; la monetizzazione del prodotto reale d luogo al reddito. A questo punto, nel sistema economico coesistono due forme di ricchezza: quella reale,
il prodotto P, e quella monetaria, il reddito Y; il reddito la rappresentazione monetaria del prodotto, la ricchezza reale del sistema; possiamo quindi affermare
che Y = P e, dato che P = O, possiamo dire che Y = P = O. Le quote di reddito (profitti alle imprese, salari al lavoro, rendite ai proprietari di risorse naturali)
sono a questo punto destinate dalle famiglie al consumo oppure al risparmio; questultimo, a sua volta, pu essere investito dalle imprese, oppure pu restare, in
tutto o in parte, sotto forma di risparmio. I beni di consumo e i servizi richiesti dalle famiglie e i beni di investimento e i servizi richiesti dalle imprese
costituiscono la domanda D.
Osservando lo schema, appare evidente che nel caso in cui il risparmio delle famiglie S1 si traduca totalmente in investimenti I, con S2 = 0, lofferta ( Y) sar
uguale alla domanda (C + I) per cui sar Y = C + I.; soltanto in questo caso si pu affermare che il mercato in equilibrio. Si pu affermare, cio, che nel sistema
non c alcuna parte della produzione rimasta invenduta.
Dunque, condizione dequilibrio del sistema che il risparmio si traduca in investimenti S = I, che come dire che non resta risparmio S = 0, per cui pu essere
Y = C +I.

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Destinazione
fattori produttivi (input) produzione monetizzazione distribuzione quote di reddito del reddito
capitale K profitti K
lavoro L prodotto P reddito Y salari W L Y
terra T (output) rendite R T
offerta

Destinazione
del reddito Consumi C
domanda Se il risparmio S1 si traduce totalmente in I (S = I)
Y allora il risparmio S2 resta nullo (S = 0).
investimenti I
Quindi, tutto il reddito destinato a consumi e a investimenti (Y = C + I)
risparmio al
tempo 1 S1 Espressione dellequilibrio di mercato: Y = C + I + G
risparmio al Condizione dequilibrio S=0
tempo 2 S2
oppure, che lo stesso, I=S

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LEQUILIBRIO DI MERCATO

Come abbiamo visto, lequilibrio di mercato esprime quella condizione in cui il prodotto offerto dal
sistema viene interamente assorbito dalla domanda, evitando che nei magazzini delle imprese resti parte
del prodotto invenduto.
Lequilibrio di mercato si verifica, quindi, quando lofferta uguale alla domanda:
Y = C + I;
condizione necessaria e sufficiente che sia S = I oppure S = 0.
Ma perch tanto importante stabilire che cosa lequilibrio di mercato e quale la condizione che lo
realizza?
Non ci sar difficile capirlo se proviamo a pensare allo scenario che si prospetta quando lequilibrio non
viene realizzato.
Naturalmente, quando domanda e offerta sono diverse la loro relazione pu essere D > O oppure D < O.
Analizziamo i due casi separatamente.
Se accade che D > O, dobbiamo distinguere due condizioni:
il sistema ha impiegato tutte le risorse e i fattori produttivi (pieno impiego dei fattori produttivi), per
cui gli imprenditori non possono aumentare lofferta per soddisfare leccedenza di domanda. In
questo caso, la carenza di beni porter ad un aumento del loro prezzo, e questo costringer i
consumatori con minor disponibilit di reddito a diminuire i consumi, fino a riportare in equilibrio
domanda e offerta.
il sistema non ancora raggiunto il pieno impiego dei fattori produttivi; in questo caso gli
imprenditori, aspettandosi maggiori vendite e maggiori profitti, aumenteranno la produzione fino a
soddisfare tutta leccedenza di domanda.
Molto pi drammatico il caso in cui sia D < O; questa condizione conosciuta come sovrapproduzione
e spesso si risolve in un rallentamento dellattivit economica e in un impoverimento dei soggetti
economici.
Infatti, se la domanda non assorbe tutta lofferta, gli imprenditori si ritroveranno in magazzino merci
invendute; questo li porter, nel periodo successivo, a rallentare la produzione, in parte per smaltire le
scorte, in parte aspettando una domanda inferiore a quella stimata nel periodo produttivo precedente.
La diminuzione della produzione, a sua volta, richieder un minor impiego di fattori produttivi, fra cui il
lavoro e, quindi, comporter anche dei licenziamenti.
Nel sistema, a questo punto, i redditi distribuiti alle famiglie e destinanti principalmente al consumo
diminuiranno e, di conseguenza, diminuiranno ulteriormente i consumi aggravando la crisi di
sovrapproduzione e provocando altri licenziamenti.
Il diffondersi della disoccupazione e il conseguente impoverimento delle famiglie provocher, a sua
volta, disagi economici gravi che sfoceranno in disordini sociali e instabilit politica.
La crisi di sovrapproduzione, dunque, se non evitata, o prontamente governata, pu comportare gravi
conseguenze per il sistema economico e per la stabilit e la pace sociale.
Questo spiega perch molti economisti si sono cimentati nella dimostrazione che il sistema capitalistico
non pu incorrere in crisi di sovrapproduzione, cercando di dimostrare, al tempo stesso, la bont del
sistema; oppure perch, altri, si sono sforzati di individuare le strategie pi idonee a prevenire o a
superare tale eventuale condizione.

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APPUNTI DI
ECONOMIA
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LA VISIONE CLASSICA DEL


SISTEMA ECONOMICO

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LA VISIONE CLASSICA DEL


SISTEMA ECONOMICO

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LA LEGGE DI SAY

Jean Batiste Say (1767 1832)

La legge di Say (1803), o legge degli sbocchi, una teoria economica che esprime la convinzione,
propria dei classici, che il mercato, grazie a meccanismi autogeni, si trovi sempre in equilibrio e non
possa incorrere in crisi di sovrapproduzione.
In particolare, la tesi di questa teoria afferma che Lofferta crea sempre la sua domanda il che esclude,
evidentemente, la possibilit che una data quantit di prodotto, offerta, resti invenduta per carenza di
domanda.
La dimostrazione di questa tesi si basa su un semplice modello comportamentale delle tre classi sociali
del tempo: imprenditori capitalisti, lavoratori salariati e rentiers (proprietari terrieri o di risorse naturali).
Il modello mostra le decisioni che ogni classe assume sulla destinazione delle proprie quote di reddito: i
profitti per gli imprenditori, i salari per i lavoratori, le rendite per i rentiers.
In particolare, le tre quote risultano cos destinate:
i profitti vengono tutti destinanti agli investimenti a causa dellinnata propensione dei capitalisti ad
aumentare il proprio capitale (non dimentichiamo che, per definizione, il sistema capitalistico un
sistema economico a riproduzione allargata);
le rendite vengono impiegate interamente in beni di consumo per il fatto che i rentiers, avendo la
certezza delle rendite future, non hanno nessuna ragione per risparmiare;
i salari vengono spesi interamente in beni di consumo in quanto raggiungono appena il livello di
sussistenza dei lavoratori e delle loro famiglie che, pertanto, non hanno nessuna possibilit di
risparmiare (cfr. il Principio della crescita della popolazione di Mallthus).
Quindi, riepilogando, le tre quote di reddito, che sommate danno il reddito, quindi il prodotto, quindi
lofferta, vengono impiegate interamente o in beni di investimento, dai capitalisti, o in beni di consumo,
dai lavoratori e dai rentiers, senza che nel sistema possa restare alcuna forma di risparmio, cio di reddito
non speso, o di prodotto non richiesto:
Risultando il risparmio nullo, S = 0, il
= I S=0 modello verifica la condizione
W = C S=0 necessaria e sufficiente ad ottenere
R = C S=0 lequilibrio di mercato, Y = C + I e ad
totali Y = C+I S=0 escludere crisi di sovrapproduzione.
E inoltre evidente che, secondo il modello, la produzione, quindi lofferta, che, creando le quote di
reddito, crea anche i presupposti per la formazione della domanda.
La domanda, quindi, viene creata dallofferta stessa, si adatta a posteriori allofferta, in modo automatico
e non pu disattendere lofferta neppure in minima parte.
E ovvio che il punto chiave della validit della legge di Say che il risparmio risulti sempre uguale a zero,
e ci garantito dalle tendenze comportamentali di capitalisti e rentiers e dal fatto che, per il principio di
crescita della popolazione di Malthus, il salario tende naturalmente a mantenersi al livello di sussistenza.
Principale conseguenza della legge di Say che, almeno nel breve periodo, la produzione sar massima e
costante e il sistema si trover in condizione di piena occupazione dei fattori.
Infatti
la domanda non costituisce un limite alla crescita della produzione, per cui non esiste il pericolo di
incontrare crisi di sovrapproduzione
per il Principio di concorrenza, e per innato istinto dei capitalisti ad aumentare i propri profitti per poi
accumulare sempre pi capitale, lofferta tender ad aumentare fino a quando non incontrer un unico
limite nella scarsit dei fattori produttivi (o risorse). Questi potranno essere rinnovati ed aumentati
soltanto grazie alla tecnologia che, dipendendo dallo sviluppo e dalla ricerca, una variabile di lungo
periodo; nel breve periodo, pertanto, i fattori produttivi resteranno completamente assorbiti dalla
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La visione classica del sistema economico
produzione che, non potendo pi aumentare, e non diminuendo per insufficienza di domanda, rimarr
costante al suo livello massimo.

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La visione classica del sistema economico
IL PRINCIPIO DELLA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE

R. H. Malthus 1798 1803

Basandosi su uno studio statistico effettuato sulla crescita della popolazione e sulla la crescita della
produzione di derrate alimentari, Malthus afferma che la prima segue il ritmo della progressione
geometrica mentre la seconda segue il ritmo della progressione aritmetica.
Ci significa che, nel tempo, pur aumentando entrambe le grandezze, data la differenza del loro tasso di
crescita, queste si allontaneranno sempre di pi e sempre pi ampio sar il divario che le separa.
La rappresentazione grafica dellenunciato potrebbe essere la seguente:

Popolazione
Popolazione
Popolazione / prodotto scarsit

Popolazione / prodotto

Popolazione / prodotto
pari a w di sussistenza

abbondanza

tempo

In una prima fase di abbondanza la popolazione sar inferiore alle disponibilit di derrate alimentari, i W
saranno pertanto superiori al livello di sussistenza. In tale situazione la tendenza della popolazione sar
quella di aumentare, grazie ad un certo ottimismo nel futuro ed al conseguente maggior numero di
matrimoni.
Tuttavia, il diverso tasso di crescita porter le due grandezze ad eguagliarsi. Nel punto di eguaglianza fra
le due curve (punto di equilibrio), i salari si assesteranno intorno al livello di sussistenza, dato che il
prodotto pari a quello necessario alla stretta sopravvivenza della popolazione.
Cos, evidente che se la popolazione oltrepassasse questo punto si troverebbe in condizioni di scarsit;
ma, non potendo i salari scendere sotto al livello di sussistenza, una parte della popolazione non
percepirebbe alcun salario e non disporrebbe di alcuna risorsa per la sopravvivenza.
Questa situazione porterebbe ad un processo di impoverimento della popolazione, con conseguenti disagi
e malesseri sociali (aumento delle malattie, della delinquenza, instabilit politica) che porterebbero
inevitabilmente a formulare aspettative assai pessimistiche per il futuro e il conseguente rallentamento
delle nascite.
La caduta demografica porterebbe cos nuovamente la popolazione a raggiungere nuovamente il livello di
equilibrio, corrispondente al livello di sussistenza dei salari.
Secondo Malthus, pertanto, i salari sono destinati a tendere al livello di sussistenza per cause naturali,
vale a dire il diverso ritmo di crescita della popolazione e della produzione, e possono essere ritenuti
costanti a tale livello nel breve periodo.

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Cinzia Pulneri
La visione classica del sistema economico
LA TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA

Formulata dai classici, e in seguito adottata dai neoclassici e, pi recentemente, dai monetaristi, la teoria
esprime una precisa idea sulla funzione della moneta e sulle relazioni che possono eventualmente
intercorrere fra le grandezze monetarie e le grandezze reali.
In particolare:
unica funzione della moneta quella di facilitare e consentire gli scambi
la moneta ininfluente sulle grandezze economiche reali
la moneta presente nel sistema in una quantit determinata da una frazione della ricchezza reale,
dipendente dal numero di passaggi cui una unit monetaria mediamente sottoposta (velocit di
circolazione V)
la moneta presente nel sistema M tale da consentire gli scambi del prodotto, anche se il suo valore
non deve raggiungere il valore del prodotto, in quanto ogni unit monetaria viene utilizzata un
numero di volte pari a V

dunque sar M=Y/V


ma dato che Y=Qxp produzione x livello generale dei prezzi = prodotto monetizzato
allora sar M=Qxp/V
moltiplicando per V MV = QP conosciuta come equazione degli scambi, espressione formale
della teoria

Lequazione degli scambi afferma la perfetta identit fra sfera reale (Qp) e sfera monetari (MV).
Nel sistema, cio, presente una quantit di moneta (M) tale che, moltiplicata per la sua velocit di
circolazione (V), raggiunge un valore monetario pari al valore monetario della produzione (Qp).

In tale uguaglianza V e Q sono costanti in quanto:


per Q vale la legge di Say, per cui Q massimo e costante nel breve periodo
per V si ritiene che questo sia un fattore istituzionale, dipendente dalle tecniche, dagli usi, dalle
abitudini che in un determinato momento storico si affermano nei regolamenti degli scambi (cio nei
pagamenti) e che, almeno nel breve periodo, possono essere considerati costanti.

Ora, per verificare gli effetti creati dalla moneta sulla sfera reale, si rende necessaria una variazione della
moneta stessa.
Ipotizzando un aumento dellofferta di moneta, dovendo permanere luguaglianza espressa
dallequazione, dovr aumentare il livello generale dei prezzi.

Quindi un incremento di M comporta un incremento dei P M P

Ma essendo Q e V costanti, tale variazione dei prezzi non potr che essere proporzionale alla variazione
della moneta.

Dunque sar M% P%

Ci significa che, pur aumentando i prezzi, nel sistema sar presente la quantit di moneta esattamente
necessaria a scambiare la stessa quantit di beni reali scambiata prima che la quantit di moneta M e, di
conseguenza, i prezzi P aumentassero.
Secondo i classici, ci dovrebbe bastare a dimostrare che, nonostante laumento dei prezzi, il livello di
benessere resta invariato, per cui si pu affermare che le variabili monetarie ( M e p) non influenzano le
variabili reali a livello di benessere.
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La visione classica del sistema economico
Tuttavia, non si pu non osservare che a questa conclusione sottesa lipotesi, non dichiarata, che
lincremento di moneta venga distribuito secondo le stesse proporzioni distributive; cio che ogni
soggetto veda aumentare il proprio reddito, e quindi la moneta di cui dispone, nella stessa proporzione in
cui sono aumentati i prezzi. Il sistema, tuttavia, non possiede alcuna caratteristica che possa garantire il
verificarsi di questa ipotesi.
Va inoltre osservato che la teoria presenta una evidente tautologia. Infatti, dimostra leguaglianza fra la
sfera monetaria e la sfera reale partendo dallipotesi che la moneta non ha altra funzione di regolare gli
scambi e, quindi, di rappresentare in forma astratta lo stesso valore della ricchezza reale.

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La visione classica del sistema economico
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La visione classica del sistema economico
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APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

LA SCUOLA NEOCLASSICA
CENNI INTRODUTTIVI

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Cinzia Pulneri
La scuola neoclassica cenni introduttivi
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Cinzia Pulneri
La scuola neoclassica cenni introduttivi
LA TEORIA NEOCLASSICA (O MARGINALISMO)

Fondata intorno al 1870 da alcuni economisti (Jevons, Menger, Warlas), questa teoria si sviluppata fino ai
primi decenni del 900 grazie a molteplici contributi successivi (Wicksell, Pareto, Fisher, Marshall) ed ha
rappresentato per tutti questi decenni la Teoria economica ufficiale.

I PRINCIPI DI BASE DELLA TEORIA

Lapproccio filosofico e ideologico

1. La teoria si ispira alle idee liberiste che affermano la validit del mercato e del sistema
economico capitalistico (economia di mercato, appunto), come il sistema che meglio di tutti
consente di realizzare il massimo benessere per tutta la societ, o per il maggior numero di
individui possibile.
2. Ricollegandosi alla Teoria della Mano invisibile di A. Smith, la teoria afferma lassoluta capacit
del sistema economico di autogovernarsi grazie alle proprie forze endogene ed esclude, pertanto,
lopportunit degli interventi dello Stato sulleconomia.
3. A. Smith, a sua volta, deriva i presupposti ideologici del suo schema economico dal Naturalismo.
Tali presupposti sono:
Lutilitarismo, che la convinzione che lindividuo, agendo secondo i suoi istinti naturali,
realizzi allo stesso tempo il massimo vantaggio personale e lordine morale: la massima
felicit per il maggior numero di persone (Hutcheson, filosofo che A. Smith considera come
il suo maestro).
Lindividualismo, che la convinzione che il massimo vantaggio individuale coincida col
massimo vantaggio sociale perch la societ altro non che la somma degli individui.
Il liberismo, che la logica conseguenza dellutilitarismo e dellindividualismo, e secondo il
quale ogni uomo deve essere lasciato libero nel perseguimento del proprio interesse, sul
quale lunico a poter giudicare.
4. In particolare, la Teoria neoclassica vuole dimostrare che lintero sistema, il cui governo
lasciato allincontro delle libere forze di mercato, che poi coincide con la libera azione degli
individui, si muove secondo una perfetta armonia (cfr. Mano invisibile) che consente di
realizzare:
Il Principio di equit della distribuzione delle risorse fra i soggetti economici, vale a dire la
distribuzione della ricchezza secondo giustizia.
Il principio di efficienza nello sfruttamento delle risorse economiche, vale a dire la capacit
di ottenere il massimo prodotto con una data quantit di risorse, oppure, una data quantit di
prodotto con il minimo impiego di risorse.
La condizione di equilibrio generale, equilibrio raggiunto contemporaneamente su tutti i
mercati, logica conseguenza dellaffermazione dei primi due principi.

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La scuola neoclassica cenni introduttivi
Gli assunti e le ipotesi

1. Dallanalisi della societ non emerge la presenza di classi sociali diverse ma soltanto di diverse
funzioni sociali che gli individui svolgono.
2. Ogni individuo procede nelle proprie scelte economiche cercando di massimizzare il proprio
benessere. Ognuno, cio, ricerca per s il massimo beneficio, o massima utilit.
3. Lindividuo ha piena libert dazione, e, nel perseguire il proprio obbiettivo di massima utilit,
mantiene un comportamento razionale.
4. La razionalit del comportamento individuale rispetto ad un unico obiettivo (massimo beneficio)
rende ogni singolo comportamento omogeneo rispetto agli altri.
5. Il comportamento del singolo rispetto allobiettivo (massimo beneficio) pu essere cos previsto
in quanto razionale e, successivamente, esteso alla collettivit in quanto omogeneo rispetto a tutti
gli individui che la compongono. In pratica, ci significa considerare il comportamento collettivo
di tutti i consumatori, ad esempio, come la sommatoria del comportamento di ogni singolo
consumatore; lo stesso vale per gli imprenditori, per i lavoratori ecc).
6. Questo assunto permette alla teoria neoclassica di procedere secondo un approccio definito
microeconomico che si concentra, cio, sullanalisi dellindividuo. In tal modo, vengono
analizzati il comportamento dellimpresa, del consumatore, del lavoratore ecc. senza che ci
impedisca di ritenere i risultati validi a livello macroeconomico cio dellintera collettivit.

Il modello di riferimento

1. Il modello di mercato su cui si basa lanalisi il Modello di Concorrenza perfetta. Ci significa


che i risultati e le conclusioni a cui la teoria perviene sono veri solo a condizione che il modello
sia completamente realizzato. In altre parole, perch i principi di equit e di efficienza si
verifichino, e perch si verifichi la condizione di equilibrio generale, condizione necessaria che
il mercato funzioni a regime di concorrenza perfetta.

2. Il regime di concorrenza perfetta un insieme di condizioni che devono verificarsi sul mercato
tutte contemporaneamente: latomismo, omogeneit del prododotto, trasparenza del mercato,
libert di entrata e di uscita.
Latomismo richiede che in ogni mercato sia presente un numero tanto elevato di operatori,
sia dal lato della domanda che dellofferta, tale per cui nessun singolo operatore pu
influenzare landamento del mercato stesso come, ad es., fissare il prezzo del bene trattato o
le quantit offerte e domandate di un dato bene.
La libert di entrata (e di uscita) richiede che qualunque operatore sia libero di entrare, come
di uscire, in qualunque momento sia dal lato della domanda che dellofferta. Se cos non
fosse, non si realizzerebbe la condizione dellatomismo.
Lomogeneit del prodotto richiede che in ogni mercato sia trattato un unico prodotto, o bene
in modo tale che tutti i beni di un mercato siano fra loro perfettamente omogenei e, quindi,
indifferenti sul piano qualitativo.
La trasparenza del mercato richiede che ogni operatore possieda tutte le informazioni relative
alle condizioni del mercato. Questo presuppone, naturalmente, che ogni informazione
pervenga alloperatore in tempo reale, in modo che questi sia sempre a conoscenza
dellevoluzione dellandamento del mercato.
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Cinzia Pulneri
La scuola neoclassica cenni introduttivi
Loggetto dellanalisi

Per dimostrare lesistenza dellEquilibrio generale del mercato necessario studiare le componenti
del mercato, cio la domanda e lofferta.
Secondo lapproccio economico dei neoclassici, studiare la domanda e lofferta significa studiare il
comportamento individuale dei soggetti che le costituiscono su ogni mercato.
Ci significa che
Sul mercato dei beni la domanda viene studiata attraverso lanalisi del comportamento del
consumatore e lofferta viene studiata attraverso lanalisi del comportamento dellimpresa.
Sul mercato dei fattori produttivi la domanda viene studiata attraverso lanalisi del
comportamento dellimpresa, cos come lofferta.
Sul mercato del lavoro lofferta viene studiata attraverso lanalisi del comportamento del
lavoratore e la domanda viene studiata attraverso lanalisi del comportamento dellimpresa.
Sul mercato del capitale monetario la domanda viene studiata attraverso lanalisi del
comportamento dell investitore e lofferta viene studiata attraverso lanalisi del comportamento
del risparmiatore.

Lequilibrio di mercato

Per equilibrio di mercato si intende la condizione in cui la domanda e lofferta si eguagliano. In tale
condizione il livello della domanda assorbe tutta lofferta e, al tempo stesso, lofferta soddisfa tutta la
domanda.

Il punto di identit fra le due


funzioni determina come coordinate
un livello dei prezzi definito prezzo
O dequilibrio (pe e una quantit
scambiata definita dequilibrio; si
pe tratta della stessa quantit che
definisce tanto lofferta quanto la
D domanda.

qe

In questa condizione, D = O ogni componente del mercato si trova nella condizione ottima, cio ogni
individuo raggiunge la massima soddisfazione possibilie.

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Cinzia Pulneri
La scuola neoclassica cenni introduttivi
La stabilit dellequilibrio di mercato

Se, data una certa condizione dequilibrio del mercato, questa dovesse venir meno per fattori estranei
al mercato stesso, ci si troverebbe nella condizione per cui D O, p pe, q qe.
Se, ad esempio, il mercato si trovasse nella condizione per cui D < O avremmo:

D = Ds < De
D = Ds < Oe
A questo punto, grazie alla
O
flessibilit del p e grazie al
meccanismo di concorrenza interna
pe fra imprenditori e fra consumatori,
si innescher un meccanismo per
cui:
D

Ds De
Oe
Gli imprenditori, pur di vendere il loro prodotto, saranno disposti ad abbassare il prezzo ma, in
conseguenza di ci, abbasseranno anche la quantit di prodotto offerta.
I consumatori, data la diminuzione del prezzo, aumenteranno la domanda, tanto che il prezzo
torner a salire perch, data la minor quantit offerta, i consumatori offriranno prezzi pi elevati
pur di appropriarsi dei beni.
Dato laumento del prezzo, gli imprenditori aumenteranno lofferta, ma i consumatori, proprio
perch il prezzo salito, diminuiranno la domanda.

Il prezzo e le quantit domandate e offerte continuano cos ad oscillare anche se entro intervalli
sempre pi piccoli. In tal modo, sia il prezzo che le quantit oscilleranno intorno al punto dequilibrio
avvicinandosi ad esso sempre di pi fino a raggiungerlo nuovamente.

O Il punto di equilibrio, con pe e


qe tali per cui D = O, si ripristina
grazie alle seguenti condizioni:
pe D = f(p) decrescente
O = f(p) crescente
D p flessibile
principio di concorrenza
vigente allinterno di ogni
categoria.
Ds De
Oe
La conclusione che, in un mercato di concorrenza perfetta, qualsiasi squilibrio pu essere sanato
dagli automatismi del mercato stesso.
Il mercato, quindi, un sistema perfetto ed autonomo che non ha necessit di interventi esterni, come
quelli dello Stato. Raggiunge lequilibrio naturalmente e, se lo perde, lo perde soltanto a causa di
fattori esterni. In tal caso, comunque, in grado di ripristinarlo automaticamente. Ci significa che il
mercato, da solo, non soltanto in grado di garantire lequilibrio, ma, di tale equilibrio, anche in
grado di garantire la stabilit.

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APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

LANALISI KEYNESIANA

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Cinzia Pulneri
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Cinzia Pulneri
INTRODUZIONE

Negli anni '30 la dottrina economica ufficiale, che determina le scelte di politica economica dei principali
paesi del mondo, quella neoclassica.
I capisaldi della dottrina sono, essenzialmente, i seguenti:
1. il sistema in grado di raggiungere e di mantenere stabilmente l'equilibrio nel mercato dei beni e la
piena occupazione dei fattori. Questo significa che il reddito prodotto dal sistema il massimo ottenibile
in quel momento, la ricchezza prodotta e il livello di benessere della collettivit sono il massimo
ottenibile in quel momento.
2. anche il mercato della moneta si trova in equilibrio ed in grado di ripristinarlo autonomamente nel
caso in cui questo venga meno; questo equilibrio pu essere considerato conseguenza logica
dell'equilibrio del mercato dei beni. Per poter sostenere tale affermazione necessario presuppore che:

a. la moneta ha la sola funzione di transazione, cio di servire come mezzo di scambio rappresentando
simbolicamente la ricchezza reale e - di conseguenza - assumendo un valore strettamente proporzionale
alla ricchezza reale.

b. non avendo altra funzione che questa, la moneta non pu allora avere effetti reali sul sistema, non pu
cio provocare variazioni che incidano sulle ricchezza e il livello di benessere. La stessa inflazione, che
pure sintomo di squilibrio monetario, rappresenta di fatto il mezzo di riequilibrio del valore monetario e
non comporta - se non nel breve periodo - momentanei e lievi effetti reali.
Quest'armonioso e perfetto funzionamento del sistema economico si basa sulla possibilit dei mercati di
funzionare in regime di libera concorrenza. Pi il sistema si avviciner al modello ideale della
concorrenza perfetta, pi sar favorita la sua condizione di equilibrio e di stabilit.
Ci significa, allora, che lo Stato dovr consentire il pi possibile l'espressione della libert economica da
parte degli operatori promuovendo la libera iniziativa imprenditoriale secondo il principio politico del
Laissez faire.

La crisi del '29

Nel 1929 il mondo capitalistico viene investito da una gravissima crisi di sovrapproduzione e di
disoccupazione (squilibrio di tipo relae - sul mercato dei beni e sul mercato del lavoro) e da una
devastante inflazione (squilibrio sul mercato monetario), situazione che si protrae in una condizione di
grave recessione e di progressivo impoverimento della popolazione.
La gravit della crisi viene osservata da Keynes che, lungi dal criticare in modo negativo il sistema
capitalistico, mira per ad una rilettura critica dell'analisi economica fin l condotta dalla dottrina ufficiale
che non in grado di spiegare, negandone il possibile manifestarsi a priori, i fenomeni che stavano
devastando l'economia mondiale.
L'analisi di Keynes parte da un dato osservato nella realt: il sistema non dotato di automatismi che ne
garantiscano sempre il buon funzionamento e l'equilibrio; quindi necessario individuare i punti deboli
del sistema per poterne poi ricercare i correttivi dopo, eventualmente, aver verificato anche l'esistenza di
punti di forza del sistema.

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Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


Cinzia Pulneri
L'analisi della domanda aggregata

In antitesi all'idea che l'offerta si muova prima della domanda influenzando poi quest'ultima (L. di Say)
Keynes si chiede se la struttura della Domanda non possa presentare componenti autonomi che la
rendano, in tal modo, non una variabile dipendente dall'offerta ma, piuttosto, una grandezza che,
muovendosi autonomamente, non comporti addirittura un condizionamento dell'offerta stessa.
A questo scopo egli concentra la sua analisi sulla Domanda aggregata.
In primo luogo individua i soggetti che la esprimono, per poi dedurne le relative componenti:
le famiglie che esprimono i consumi (C)
le imprese che esprimono gli investimenti (I)
lo Stato che esprime la spesa pubblica (G) - a sua volta composta da C e da I
il resto del mondo, con cui si intrattengono rapporti di scambio reali - esportazioni ed importazioni (X
ed M) - e monetari.
Nella condizione d'equlibrio, con il risparmio (S) pari a zero, la produzione-offerta (Y) - o reddito - sar
tutta acquistata, per cui la domanda avr assorbito tutta l'offerta, e non si sar verificato alcun episodio di
sovraproduzione. Tale condizione viene formalmente espressa con la seguente equazione:

Y=C+I+G+X-M

L'analisi consister nel verificare quanto ognuna di queste variabili concorre alla realizzazione
dell'equilibrio, oppure a porlo in pericolo minandone il raggiungimento o la stabilit.

38 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


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LE FUNZIONI DEL CONSUMO E DEL RISPARMIO

Le famiglie consumano tanto pi quanto maggiore il reddito di cui dispongono.


Al crescere del reddito, per, la collettivit, a fronte di un tenore di vita progressivamente migliore,
sentir sempre meno il bisogno di aumentare i propri consumi.
I consumi, quindi, cresceranno all'aumentare del Y, ma non in misura proporzionale quanto,
piuttosto, in misura men che proporzionale.
La funzione sar quindi crescente a tassi decrescenti.

C
A reddito zero i C saranno
ugualmente positivi ad un
livello minimo di sussistenza:
la funzione presenta quindi
un'intercetta positiva (C0) cui
corrisponde un risparmio
negativo (indebitamento).
Procedendo da Y= 0 verso
destra, in ogni punto la curva
presenter un rapporto
C0 incrementale fra C ed Y
Y sempre pi piccolo: C/Y
decrescente.

Tale rapporto rappresenta la pendenza della curva, e per infinitamente piccoli, calcolando la
funzione in ogni suo punto si ottiene una nuova funzione, derivata dalla prima (funzione primitiva),
che si definisce appunto derivata prima e che, in questo caso, mostra la crescita men che
proporzionale (quindi decrescente, o a tassi decrescenti) dei C rispetto al Y.
Keynes definisce il rapporto C/Y propensione marginale al consumo ()

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Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


Cinzia Pulneri
La funzione dei C dovrebbe essere rappresentata da una curva. Tuttavia, al fine di semplificarla,
Keynes la linearizza e la trasforma in una retta.
C Y L'equazione dei consumi
diventa cos la seguente:
C C = C0 + Y dove la
propensione marginale al C
da cui dipende il tasso di
crescita dei consumi rispetto
al reddito.
C0 La funzione del reddito,
invece, non pu che
coincidere con la bisettrice
del primo quadrante con
1
pendenza = 1.
Evidentemente, dividendo il
quadrante in due parti
Y uguali, la bisettrice non solo
coincide con il reddito, ma
anche con i C nel
caso in cui assorbissero tutto il prodotto. Dunque, la bisettrice rappresenta la funzione del reddito e,
al tempo stesso, la condizione di equilibrio Y = C. Dal punto di vista geometrico, il fatto che i C
crescano in misura men che proporzionale rispetto alla crescita del Y viene cos espressa in modo
molto agevole dal fatto che sia sempre < 1. E ovvio che, essendo la funzione dei consumi
rappresentata da una retta, la propensione marginale al C, , sar una costante, non pi una
variabile decrescente come nel caso dei consumi rappresentati da una curva crescente a tassi
decrescenti.

Dall'equazione della retta C = C0 +Y, si pu dedurre che i consumi sono determinati da:
1. una componente autonoma (fissa) che risponde alle necessit di sussistenza (o di minimo
sociale del tenore di vita) e che, pertanto, viene consumata anche in assenza di reddito.
2. una componente dipendente dal reddito (variabile) che aumenta allaumentare del reddito ma
con incrementi minori a quelli del reddito, perch appunto < 1.
Ci significa che se, ad es., per 1 di Y fosse 0.7, allora i consumi aumenterebbero di 0,7 ( 1 x
0,7 = 0,7), mentre i restanti 0,3, venendo sottratti al consumo, sarebbero risparmiati.

40 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


Cinzia Pulneri
Ma, se vero che il risparmio altro non che Y sottratto al consumo, allora possiamo considerare
questa grandezza come complementare del consumo al Y. Infatti, come gi abbiamo osservato, Y =
C + S; cio, per Y = 1, se C = 0,7 allora S = 0,3.
Da queste considerazioni si pu facilmente dedurre l'esistenza di un'altra grandezza economica che
altro non il complemento ad 1 della propensione marginale al C: la propensione marginale al S
(). Si tratta del rapporto incrementale fra S e Y, ossia S/Y, ed , ovviamente, crescente rispetto
al reddito.

C, S Y
Cos, la funzione del risparmio sar
una funzione crescente al crescere
C
del reddito in base a , un numero
costante, < 1 e complementare ad
C=Y
: ( + = 1). Considerando che in
corrispondenza della componente
autonoma C0 dei consumi, in cui il

S Y = 0, il sistema dovr indebitarsi
C0 creando risparmio negativo,
1 lequazione del risparmio sar la
seguente: S = - S0 + Y.
S=0 Y
- S0

In corrispondenza di consumi positivi e di reddito nullo il risparmio negativo (indebitamento);


con reddito positivo sia i consumi che il risparmio crescono, ma il risparmio rimane negativo,
anche se, via via, si avvicina sempre di pi allo zero; in corrispondenza del punto in cui S = 0
tutto il reddito viene impiegato in consumi, per cui C = Y. Da quel punto in poi al crescere del
reddito si assiste, oltre che allaumento dei consumi, anche alla formazione di risparmio positivo.
Cos, non sar pi Y = C, ma sar certamente Y = C + S.
Si pu dunque concludere che, a causa della natura della funzione dei consumi, in particolare di
, che essendo sempre < 1 consentir sempre che > 0, la crisi di sovrapproduzione di beni di
consumo nel destino stesso del sistema.
Il divario fra Y e C andr amplificandosi man mano che il reddito crescer; la crescita del reddito,
peraltro, la condizione prima necessaria allo sviluppo e all'allargarsi del sistema capitalistico che, per
sua natura, tende alla crescita attraverso la ricapitalizzazione dei profitti.
La crisi di sovrapproduzione, dunque, dipende non tanto da fatti esogeni, ma da elementi ingeniti al
sistema, dipende dalla natura stessa del sistema e dalla sua fisiologia.
Si nega, fin qui, la capacit autonoma ed automatica del mercato di ripristinare e, soprattutto, conservare
l'equilibrio.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 41

Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


Cinzia Pulneri
LA FUNZIONE DEGLI INVESTIMENTI

I soggetti che presiedono alla funzione degli Investimenti sono gli imprenditori (o imprese).

Per capire il comportamento degli Investimenti necessario individuare da quale variabile


indipendente essi dipendano.
Per questo necessario chiedersi quale sia la molla che spinge le imprese all'investimento.

Il fine principale dell'impresa il conseguimento del profitto () e il mezzo con cui conseguirlo
la produzione di beni e servizi e la loro successiva vendita. I mezzi necessari alla produzione
vengono acquisiti dalle imprese attraverso l'investimento.

Quindi il fine ultimo dell'investimento (I) il profitto () che costituisce la remunerazione del
capitale (K) impiegato nell'investimento stesso.

L'investimento, pertanto, dovr portare al conseguimento di profitti che ne giustifichino -


superandolo o almeno uguagliandolo-
la realizzazione.

Il profitto pu essere definito come la differenza fra i costi variabili (materie prime, lavoro,
energia, ammortamenti dei costi fissi) e i ricavi conseguiti dalle vendite.

Considerando che l'Investimento parteciper per pi anni alla produzione, si intende che il suo
costo dovr essere coperto dalla somma dei profitti che, anno per anno, saranno ottenuti nel corso
del periodo di utilizzo dell'Investimento stesso.

Il vincolo dell'imprenditore ora espresso pu, allora, essere formalizzato come segue:

I (R - C)1a + (R - C)2a + ....... + (R - C)3a

R1 R2 Rn

dove Rn = Rendimento anno n

Nell'espressione sono tuttavia presenti valori fra loro eterogenei rispetto al tempo cui si riferiscono:
I ed R1a all'anno 1, R2a all'anno 2, fino al Rn che riferito all'anno n.

Ci comporta la necessit di trasformare i valori trasferendoli tutti al tempo anno 1 rendendoli, in


tal modo omogenei e, pertanto, confrontabili. Si tratta, in pratica, di scontare i valori futuri in modo
da riportarli al loro valore attuale secondo l'elementare principio finanziario per cui Capitale -
Sconto = Valore Attuale.

Per calcolare lo sconto - e di conseguenza il Va - sar necessario applicare un tasso di sconto: tale
tasso di sconto non viene scelto ma viene ricercato. Esso, infatti, rappresenta la nostra incognita.
Ci in quanto ci interessa conoscere il tasso di sconto che rende l'I iniziale almeno uguale alla
somma dei valori attuali dei singoli R che negli anni verranno conseguiti.

42 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


Cinzia Pulneri
In altre parole - dati il Costo iniziale dell'I e i Rendimenti futuri - vogliamo determinare il tasso di
sconto che rende il Va dei Rendimenti futuri tale da far s che la loro somma eguagli il costo dell'I
iniziale.

Il problema si risolve semplicemente utilizzando una formula finanziaria in cui e (tasso di sconto)
la nostra incognita

R1 R2 Rn
I= ----------- + --------- + -----------
(1+e)1 (1+e)2 (1+e)3

Il tasso di sconto e definito efficienza marginale del capitale e, come gi detto, rappresenta il
tasso di sconto che consente di eguagliare il costo dell'I alla somma dei rendimenti futuri riportati
al loro Va.

In altri termini e rappresenta il tasso di rendimento che l'imprenditore si aspetta di ottenere dall'I.
Questo tasso, inoltre, pu essere considerato un punto critico (di passaggio) dei rendimenti. Ci in
quanto, essendo ottenuto dalla soluzione di un'equazione, rappresenta il tasso di rendimento che
consentir solo di coprire l'I iniziale.

Perch e un tasso di rendimento aspettato?


Per rispondere dobbiamo solo ricordare che i rendimenti inseriti nella formula sono rendimenti
futuri ottenuti, quindi, dalla differenza di costi e ricavi futuri.

Tali costi e ricavi futuri dipenderanno a loro volta dai seguenti elementi:
costo del lavoro: salari (W) e lavoro (L) impiegato *
costo materie prime: prezzi futuri e quantit impiegata *
costo fonti energetiche: " " " " *
ricavi di vendita: prezzi futuri e quantit venduta

* la quantit impiegata, per ogni fattore, dipender dalla quantit che si presume di vendere.
Questi elementi (prezzi, W, volume delle vendite) dovranno essere previsti in quanto si
manifesteranno solo nel futuro.

E' qui che entra un elemento irrazionale in uno schema di ragionamento che, in apparenza, risulta
logico e rigoroso. Di fatto, il calcolo di convenienza dell'impresa si basa sulle aspettative
dell'imprenditore, dipendenti a loro volta dalle sue intuizioni e valutazioni istintive (Keynes parla
di animals spirits).

L'entit di e, dunque, dipende dalle aspettative degli imprenditori sull'andamento del mercato. Ci
nonostante e resta l'indicatore di cui l'imprenditore tiene conto per decidere circa l'investimento.

Tuttavia un indicatore non tale se non ha un parametro di riferimento col quale confrontarsi.
L'individuazione di tale parametro non difficile se si pensa all'impiego alternativo che
l'imprenditore potrebbe scegliere per il proprio capitale.

Disponendo di un determinato capitale, l'imprenditore pu scegliere fra un investimento produttivo


(contribuendo cos a sostenere la domanda aggregata nell'acquistare beni di I) oppure in un

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investimento finanziario (prestando a banche o a societ - acquistando titoli - il proprio capitale,
ottenendo in compenso un interesse).

L'imprenditore quindi pu scegliere fra:


I produttivo con remunerazione e
I finanziario con remunerazione i

A questo punto evidente che il parametro di confronto per e i.


se e > i allora l'imprenditore sceglier un investimento produttivo
se e < i allora l'imprenditore sceglier un investimento finanziario
se e = i allora l'imprenditore sceglier un investimento finanziario
che - a parit di rendimento - esclude il rischio
d'impresa.

Il discorso resta immutato se, da parte dell'imprenditore, si ipotizza l'indisponibilit del K. In


questo caso, infatti, il tasso di interesse deve essere visto come il costo del finanziamento che dovr
essere sostenuto per effettuare l'investimento.

Per cui, mentre nel caso di disponibilit del K i viene visto come un mancato ricavo, nel caso
contrario i rappresenta un costo che sar giustificato solo se sar superato da e.

Conclusioni

Se l'investimento viene effettuato per e>i l'imprenditore sceglier di investire:


a parit di i quanto pi grande sar e
a parit di e quanto pi piccolo sar i

Gli I, quindi, sono funzione sia di i che di e ma, essendo e a sua volta funzione delle aspettative, si
pu affermare che gli I sono funzione sia di i che delle Aspettative:

I = f (i, Asp)
inversa rispetto ad i
diretta rispetto alle Aspettative

F degli investimenti rispetto ad i

I = I0 + h i
i la funzione una retta
decrescente rispetto ad i
nella misura data da h
(pendenza della retta)

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h rappresenta lelasticit degli investimenti (propensione a variare in quantit minore o maggiore
rispetto ad una variazione di i: h = I / i
Funzione degli I rispetto ad i e alle Asp

La funzione mantiene la sua forma e si presenta decrescente rispetto ad i. Attraverso una sua
traslazione sul piano, tuttavia, possibile notare come, a parit di i, un miglioramento delle
aspettative faccia aumentare l'entit degli I e viceversa.

i
per Asp = Asp1 I = 0-I1
per Asp = Asp2 I = 0- I 2
per Asp = Asp3 I = 0-I3
dove (0-I3) > (0-12) > (0-I3)
per Asp1 < Asp2 < Asp3

i1 --------------------

I1 I2 I3 I

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IL MOLTIPLICATORE DEL REDDITO

Il moltiplicatore del reddito un processo economico attraverso il quale un incremento degli I produce
una serie successiva di reazioni delle variabili economiche che ha per risultato un aumento del reddito
superiore all'incremento iniziale degli I.

Dalla Y = C+ I+ G si deduce facilmente che un iniziale aumento degli I sposter verso l'alto la
domanda aggregata: graficamente avremo una curva caratterizzata dalla stessa pendenza ma traslata di un
valore pari a quello dell'incremento degli I.

D C+I+G (2)

C+I+G (1)

Tuttavia l'effetto dell'aumento degli I produrr una serie di variazioni successive per cui, di fatto, il
risultato sar uno spostamento della domanda aggregata, e del reddito, superiore:

D C+I+G (2)

C+I+G (1)

Y
Y

Ci che accaduto pu essere schematizzato come segue:


46 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

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un aumento degli I (aumento della domanda di beni di I) produce un aumento della produzione di
questo tipo di beni.
L'aumento della produzione provocher un aumento del reddito distribuito anche sottoforma di W e,
di conseguenza, un aumento dei C in base alla propensione marginale ai consumi () e, al tempo
stesso, un aumento del S in base alla propensione marginale al risparmio (1-).
D'altra parte l'aumento degli I presuppone un aumento, in un secondo momento, della produzione di
beni di consumo.
Questo aumento di produzione alimenter nuovamente i consumi ed il risparmio.
L'aumento dei consumi provocher un aumento del reddito distribuito sia sottoforma di W che di
profitti, alimentando da una parte nuovamente i consumi e dall'altra le aspettative e, nuovamente gli I.
Ad un nuovo incremento degli I il ciclo ricomincer da capo.

Il moltiplicatore, dunque, si presenta come un ciclo iterativo alimentato dalla funzione dei consumi.
Proprio in quanto alimentato dai C, che presentano propensione marginale decrescente, il ciclo
destinato a fermarsi, in quanto si presenter il momento in cui C = 0 e, di conseguenza, anche I=0.
A questo punto il Y sar aumentato di

I * 1/(1-)

Ci sta a significare che l'effetto del moltiplicatore direttamente proporzionale all'entit


dell'investimento iniziale e alla propensione marginale al C.
Proprio quest'ultima, infatti, rappresenta la pendenza della funzione dei consumi e, per analogia, quella
della funzione della domanda aggregata.

E' importante ricordare, inoltre, che al termine del processo del moltiplicatore si sar formato risparmio la
cui entit sar pari all'investimento iniziale:

S = I

Ci significa che il sistema potrebbe effettuare un aumento di I anche senza disporre della liquidit
necessaria, semplicemente indebitandosi, dato che al termine del ciclo il sistema stesso avr ripristinato
un S pari all'ammontare della spesa sostenuta.

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L'EQUILIBRIO DI DISOCCUPAZIONE
E IL MERCATO DEL LAVORO
L'equilibrio di disoccupazione una condizione in cui, secondo Keynes, il sistema destinato a trovarsi.
Tale condizione si configura come una condizione di equilibrio sul mercato dei beni cui corrisponde,
per, una situazione di disoccupazione sul mercato del lavoro.

Partendo dal presupposto che i C presentano una propensione marginale decrescente, il sistema
destinato, prima o poi, a raggiungere una condizione di sovrapproduzione:

Y C
C
sovrapproduzione

Y
Il mercato delle merci reagir in modo molto semplice: i produttori, trovandosi scorte invendute,
ridurranno la produzione cercando di esaurire le scorte: l'offerta, in tal modo, diminuir fino ad eguagliare
la domanda e a ripristinare, cos, l'equilibrio.

La riduzione della produzione, tuttavia, avr provocato un minor impiego di fattori produttivi e, di
conseguenza, anche di lavoro. Sul mercato del lavoro ci si tradurr con una diminuzione
dell'occupazione che provocher disoccupazione (o aumento di disoccupazione se questa gi presente).
Ci significa, in pratica, che il mercato dei beni raggiunge in modo automatico l'equilibrio passando da
uno squilibrio - o da un peggioramento dello squilibrio - del mercato del lavoro.

C+I+G Y

dove y* y di piena occupazione


e yd il y di eq. ma di non piena
occupazione

yd y*

A questo punto pare logico chiedersi se esistano automatismi che garantiscano l'equilibrio sul mercato del
lavoro cos come accade per il mercato delle merci. In questo caso, infatti, il sistema sarebbe in grado di
raggiungere autonomamente l'equilibrio in tutta la sfera reale risolvendo il grave problema politico e
sociale della disoccupazione.
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IL MERCATO DEL LAVORO
SECONDO LA SCUOLA NEOCLASSICA

Lo schema neoclassico prevede, per ogni singolo operatore esaminato, un comportamento tendente a
basare le scelte economiche nella condizione in cui si realizza la propria situazione di equilibrio.
In particolare, l'imprenditore che deve stabilire quanto lavoro impiegare, e quindi domandare sul mercato,
sceglier la quantit che realizzer la seguente condizione:

P'(L) = w
produttivit marginale del lavoro uguale al saggio salariale

Tale condizione, infatti, secondo i neoclassici ottimizza le scelte dell'imprenditore, uguagliando il


sacrificio che dovrebbe sostenere impiegando una unit incrementale di fattore lavoro (w) al beneficio
che ne otterrebbe P'(L). Ricordiamo che la produttivit marginale del lavoro va intesa come la quantit
di prodotto ottenuta da una unit incrementale di lavoro impiegato.

Ora, essendo la produttivit marginale decrescente:

P P'
funzione di produzione funzione della produttivit
marginale

L L

una volta raggiunto il proprio punto di equilibrio l'imprenditore sar disposto ad aumentare il lavoro
impiegato solo a condizione che il salario diminuisca. Aumentando l'impiego di lavoro, infatti, la P'(L)
diminuir, e la condizione di equilibrio potr essere rispettata solo per un livello del saggio salariale (w)
inferiore a quello iniziale.
Da questo ragionamento si deduce, allora, che la domanda di lavoro da parte dell'imprenditore non potr
che essere decrescente rispetto al w:

D di lavoro

L
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Analogamente, per il lavoratore dovremo tenere conto della propria condizione di equilibrio, cio della
condizione che uguaglia il sacrificio sostenuto per l'applicazione di un'unit incrementale di lavoro al
beneficio che gliene deriva.

Tale condizione sar realizzata quando

- U'(L) = w

disutilit marginale del lavoro uguale saggio di salario

Anche in questo caso la condizione individuata consente al lavoratore di ottimizzare la sua posizione.
Ricordiamo che la disutilit marginale del lavoro rappresenta il sacrificio che il lavoratore deve
sostenere per applicare un'unit incrementale di lavoro, mentre il saggio salariale rappresenta il
beneficio che da questa deriva.

Ora, essendo la disutilit marginale del lavoro crescente:

-U -U'
disutilit totale

disutilit marginale

L L

appare abbastanza evidente che il lavoratore sar disposto ad offrire una quantit maggiore di lavoro solo
a condizione che il w aumenti. Infatti, un aumento del lavoro applicato comporter un aumento della
disutilit marginale. Perch l'equilibrio del lavoratore si ripristini, a questo punto, sar necessario che il
saggio salariale aumenti fino a raggiungere il nuovo valore assunto dalla disutilit marginale.

Da tutto questo, allora, si deduce che la funzione di offerta di lavoro sar crescente rispetto al w:

offerta di lavoro

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Questa rappresentazione del comportamento degli operatori esaminati presuppone, naturalmente, una
perfetta mobilit del w (per i neoclassici si tratta del w reale = w/p).

Il mercato che ne consegue un mercato di libera concorrenza in cui gli automatismi tipici di tale regime
agiscono in modo da garantire il ripristino autonomo dell'equilibrio qualora questo venga perso:

w
O di lavoro
w2

weq

w1
D di lavoro

L1 Le L2 L

Come appare dal grafico, se il mercato si trovasse, per un qualsiasi motivo, al livello di occupazione L1,
il saggio salariale dovrebbe essere lasciato libero di oscillare da w2 a w1 per consentire al mercato di
raggiungere nuovamente l'equilibrio.
D'altra parte, la perfetta mobilit dei prezzi condizione necessaria a garantire la libera espressione delle
dinamiche concorrenziali su cui si basa il modello presentato. Solo cos, infatti, potr agire la concorrenza
fra i lavoratori che, di fronte ad una carenza di domanda come in L1, saranno disposti a percepire un w
minore pur di sostituire un altro lavoratore e di occuparsi. Allo stesso modo agir la concorrenza degli
imprenditori che, a fronte di una carenza di offerta come in L2, scatener una corsa al rialzo dei w pur di
colmare la carenza di lavoratori.

La conclusione sul mercato del lavoro cui i neoclassici pervengono del tutto coerente col loro modello e
con l'idea di un equilibrio generale costante e stabile. D'altra parte va ricordato che secondo questa
impostazione basta l'equilibrio su uno dei mercati del sistema per garantire l'equilibrio all'intero sistema.
Ci significa che una volta dimostrato che il mercato dei beni in grado di ritornare all'equilibrio una
volta perdutolo, la capacit del mercato del lavoro di ripristinare a sua volta l'equilibrio gi scontata: al
limite, la dimostrazione sopra esposta non sarebbe neppure necessaria.

Il pensiero di Keynes, tuttavia, diverge notevolmente da quello neoclassico, portando a conclusioni


affatto confortanti.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 51

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IL MERCATO DEL LAVORO
SECONDO LA TEORIA KEYNESIANA

La visione neoclassica dellequilibrio di mercato, sia esso il mercato del lavoro, sia il mercato dei beni o
qualunque altro mercato, legata al verificarsi delle condizioni necessarie a garantire il funzionamento
del mercato secondo il modello di concorrenza perfetta. In particolare, come abbiamo visto, necessario
che:
D = f (p) inversa
O = f (p) diretta
p = f(D) diretta
p = f(O) inversa
p flessibile verso il basso e verso lalto
concorrenza interna alla D e allO.

Rispetto il mercato del lavoro, Keynes dimostra che almeno due di queste condizioni non si
possono verificare e che, di conseguenza, il mercato del lavoro non pu raggiungere
autonomamente lequilibrio perch, a causa delle due condizioni mancanti, non dotato degli
automatismi necessari.

Lofferta di lavoro non funzione del salario

La prima condizione mancante riguarda lofferta di lavoro. Keynes, infatti, osserva che lofferta di
lavoro non funzione del prezzo del lavoro, vale a dire del salario.
E ovvio, infatti, che lofferta di lavoro dipenda, piuttosto, da un fattore demografico e,
precisamente, dal numero di persone in et lavorativa che, in un dato momento, si offrono sul
mercato del lavoro intenzionate a lavorare. Lofferta di lavoro, dunque, costituita da tutte le
persone che lavorano e che vorrebbero lavorare, indipendentemente dal livello del salario che
percepiscono o che potrebbero percepire.
Ci significa che la funzione di OL rispetto al w rigida, in quanto dipendente da variabili di tipo
demografico. Solo per saggi salariali molto elevati Keynes ammette la possibilit che sul mercato
del lavoro si affaccino lavoratori che altrimenti si sarebbe astenuti. LOL, dunque, solo per un
breve tratto, corrispondente a livelli salariali molto elevati, si presenter dipendente dal w.

OL
w3
Il grafico mostra come per
w2 qualunque livello salariale lofferta
di lavoro sia costante e cominci a
w1 crescere rispetto al salario solo per
livelli salariali superiori a w3 .

OL

52 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

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Il salario rigido verso il basso

La seconda condizione mancante riguarda la flessibilit del prezzo, nel nostro caso il w, verso il
basso. Grazie alle organizzazioni dei lavoratori e ai sindacati, infatti, i lavoratori non potrebbero
offrire il proprio lavoro a condizioni salriali minori di quelle praticate. Se anche la concorrenza
interna allofferta tendesse a spingere i salari verso il basso, a causa della disponibilit dei
lavoratori disoccupati ad offrirsi per salari minori in modo da poter cos accedere a posti di lavoro
gi occupati, le imprese, grazie ai fattori istituzionali ricordati, non potrebbero aderire alle nuove
condizioni offerte dai lavoratori.
Quindi, non potendo diminuire il w, la domanda di lavoro, che pure lo stesso Keynes riconoscere
essere funzione inversa del w, non potr certo aumentare a causa della rigidit verso il basso dei
salari.
Ci equivale a dire che, se lofferta rigida rispetto al w, da parte sua la domanda, che in teoria
dovrebbe aumentare al diminuire del w, di fatto anchessa rigida, data la rigidit del w.

Domanda e offerta di lavoro sono rigide rispetto al salario

Si pu cos concludere che non esistono sul mercato del lavoro automatismi in grado di garantire
lequilibrio. In particolare:
Lofferta rigida perch dipende da fattori demografici.
La domanda non pu assorbire lofferta perch, dato un certo livello di w fissato dal mercato,
questo non diminuir, per fattori istituzionali, impedendo in tal modo laumento della
domanda.
La domanda pu aumentare
fino a raggiungere la
lunghezza del segmento 0o,
corrispondente allofferta,
soltanto per un livello di
w salario pari a we.
Tuttavia, non potendo il w
OL diminuire da w1 a we per
fattori istituzionali, la
domanda rester costante, pari
al segmento 0d; lofferta,
w1 indipendente dal w in quanto
we dipendente da fattori
DL demografici, rester costante e
pari al segmento 0o. Lo
squilibrio resta insanabile
d o L

Inevitabilit dellequilibrio di disoccupazione

Lo squilibrio del mercato del lavoro (disoccupazione), che stato il mezzo per raggiungere
lequilibrio del mercato dei beni, non sanabile dal suo interno. Ecco perch Keynes afferma che
lequilibrio di disoccupazione la condizione alla quale il sistema capitalistico tende naturalmente
e dalla quale non pu uscire con le sole proprie forze.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 53

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LA NECESSITA DELLINTERVENTO DELLO STATO

Linevitabilit dellequilibrio di disoccupazione e lincapacit del sistema economico di superarlo


con meccanismi endogeni, porta Keynes ad affermare la necessit di un intervento esogeno sul
sistema proprio da parte del soggetto al quale la dottrina classica e la dottrina neoclassica avevano
lungamente raccomandato di mantenersi il pi possibile estraneo al mercato: lo Stato.
In particolare, come mettere a frutto lopportunit costituita dal meccanismo del moltiplicatore? La
consapevolezza della sua esistenza e la conoscenza del suo funzionamento pu consentire di
ottenere un aumento del reddito dequilibrio in modo tale da avvicinarlo, se non a farlo
corrispondere, al reddito di piena occupazione?
Il moltiplicatore del reddito, per definizione, fa aumentare il reddito; ma perch il meccanismo si
attivi, come gi visto, necessario un incremento degli investimenti. Ora, come aspettarsi dagli
imprenditori un incremento degli investimenti in una condizione caratterizzata dalla
disoccupazione, in cui certamente il livello dei consumi non tale da sostenere positive aspettative
da parte degli imprenditori?

La manovra della Spesa pubblica (G) in investimenti

Ricordando che la spesa dello Stato composta sia da I che da C, appare evidente che il
moltiplicatore del reddito si attiva indipendentemente dalla natura privata o pubblica
dellincremento della domanda, purch si tratti di investimenti.
Keynes afferma perci che lo Stato pu ottenere un aumento del reddito con un investimento
iniziale pubblico che faccia attivare il moltiplicatore.
Questa idea di Keynes fu certamente la pi innovativa, se non la pi rivoluzionaria, rispetto alla
dottrina tradizionale e costitu per molti anni unidea vincente, visto che accompagn il New Deal
negli Stati Uniti, la ricostruzione del secondo dopoguerra, la ripresa e il Boom economico in
Europa e, in generale, la nascita e laffermazione dello Stato sociale successivo allo Stato liberale
dellottocento e dei primi decenni del novecento.
Inoltre, va osservato che se lo Stato non dispone delle risorse necessarie, il sistema pu indebitarsi
con se stesso emettendo nuova moneta, oppure, lo Stato pu indebitarsi con i cittadini emettendo
titoli del debito pubblico, senza che ci crei alcun vuoto inflazionistico, dato che a fronte di un
aumento della moneta in circolazione, il moltiplicatore garantisce un aumento della produzione in
modo che, nel brevissimo periodo, la nuova ricchezza monetaria si trovi a rappresentare un
aumento di produzione, cio un pari aumento di ricchezza reale, in modo da lasciare intatto il
valore reale, o potere dacquisto, della moneta
Il grafico mostra come lincremento
degli investimenti portino ad un
incremento della domanda aggregata
C +I +G tale da far passare il reddito
Y dequilibrio dal livello Ye, di molto
inferiore al reddito di piena
occupazione Ypo, al livello Ypo. Il
nuovo livello di reddito, cio,
contemporaneamente reddito
dequilibrio e di piena occupazione.
E, anche in assenza di un risultato
tanto perfetto, il nuovo reddito
I dequilibrio si sar comunque
avvicinato al reddito di piena
occupazione.
Ye Y Y po Y
54 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

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La manovra della Spesa pubblica in investimenti considerata una manovra che consente di agire
direttamente sul reddito, perch non induce, ma produce, un aumento della domanda aggregata e un
aumento del reddito dequilibrio sia per effetto della relazione sommatoria che lega reddito e domanda
(Y = C + I + G), sia per effetto del moltiplicatore del reddito.
Inoltre, questa manovra di natura reale, visto che agisce su grandezze reali, i beni di investimento, in
questo caso. Possiamo aggiungere che, nellesempio considerato, teso ad avvicinare il reddito dequilibrio
al maggiore reddito doccupazione, la manovra di tipo espansivo, dato che tende ad un aumento del
reddito.
Quindi, la manovra della spesa pubblica in investimenti una manovra diretta, reale che pu essere
espansiva ma anche, quando ritenuto opportuno restrittiva.

La manovra della Spesa pubblica (G) in consumi

Se la spesa pubblica in consumi, la domanda aggregata subisce ugualmente un incremento pari


allincremento stesso dei consumi per effetto della relazione sommatoria che lega reddito e
domanda. Laumento dei consumi, a sua volta, potrebbe indurre, attraverso un miglioramento delle
aspettative, un aumento degli investimenti privati e, infine, lattivazione del moltiplicatore che
consentirebbe di ottenere un aumento di reddito superiore alliniziale aumento dei consumi, Ma,
evidentemente, in questo caso lattivazione del meccanismo pu avvenire soltanto in seconda
istanza, e nulla pu garantirlo a priori. Anche questa manovra, agendo sul fronte delle grandezze
reali, beni di consumo, una manovra reale; una manovra diretta, perch agisce direttamente
sulla domanda, e, a seconda del segno, pu essere espansiva o restrittiva.

La manovra della Spessa pubblica (G) in trasferimenti

Tale manovra consiste nel concedere trasferimenti di reddito alle famiglie o alle imprese sperando cos di
indurre un aumento dei consumi o degli investimenti. Questa rappresenta una manovra indiretta, dato che
cerca di indurre un aumento della domanda, in termini di consumi o di investimenti, che per, potrebbe
anche non esserci, dato che i trasferimenti di reddito ai privati potrebbero anche tradursi prevalentemente
in un aumento del risparmio. Va tuttavia osservato che nel caso di uneconomia particolarmente depressa,
il livello dei consumi sar cos basso da garantire che le maggiori disponibilit di reddito delle famiglie
non potranno che tradursi in spesa per consumi, migliorando le aspettative degli imprenditori e, forse,
attivando il meccanismo del moltiplicatore.
Tale manovra pu essere classificata come reale, perch agisce sul livello di benessere delle famiglie o
sulle disponibilit delle imprese, indiretta, perch la sua azione indotta, e non diretta, e, a seconda del
segno, espansiva o restrittiva.

La manovra dellimposizione fiscale sui redditi

Anche attraverso limposizione fiscale diretta lo Stato pu tentare di indurre una variazione della
domanda aggregata. Infatti, operando una redistribuzione del reddito a mo di Robin Hood, pu
aumentare limposizione fiscale sul redditi pi elevati per aumentare i trasferimenti e/o diminuire
limposizione fiscale verso le famiglie meno abbienti. In questo modo, i redditi a maggior propensione al
consumo ( i pi bassi) aumentano traducendosi in un aumento di spesa per consumi, mentre i redditi a
minor propensione al consumo (i pi elevati) diluiscono lasciando per inalterato il loro livelli di
consumo ma, eventualmente, riducendo la quota di risparmio cui destinarlo.
Questa manovra pu essere classificata come reale, perch agisce sul livello di benessere dei soggetti
economici e, in ultima analisi, sulle loro possibilit di spesa in beni; diretta, perch non comporta effetti
indotti, ma produce effetti certi (per chi le tasse aumentano certo che si riduca il reddito disponibile,
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 55

Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


Cinzia Pulneri
cos come, al contrario, per chi le tasse diminuiscono certo che aumenti il reddito disponibile) e, anche
in questo caso, a seconda del segno pu essere una manovra espansiva o restrittiva.

La manovra dellimposizione fiscale indiretta

Questa manovra tende ad aumentare, o a diminuire, la capacit di acquisto dei redditi semplicemente
agendo sui prezzi dei beni. La manovra, quindi, indiretta perch induce un aumento, o una diminuzione,
dei consumi agendo non sul reddito dei soggetti, ma sulla quantit e qualit di beni che con quel reddito
possono acquistare. La manovra definibile reale, indiretta e, a seconda del segno, espansiva o restrittiva.

La politica fiscale

Con il termine di politica fiscale ci si riferisce ad entrambi i lati della politica dello Stato: quello delle
entrate, rappresentato dallimposizione fiscale, e quello delle uscite, rappresentato dalla spesa pubblica.
Alla manovre fiscali, come abbiamo visto di natura reale, si affiancano le manovre monetarie, che
agiscono su grandezze monetarie.

I principi di classificazione delle manovre economiche

Natura delle grandezze su cui si Certezza delleffetto Segno


agisce
Reali ( o fiscali) Monetarie Dirette Indirette Espansive Restrittive

56 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lanalisi keynesiana: le grandezze reali del sistema.


Cinzia Pulneri
CINZIA PULNERI

APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

LE TEORIE MONETARIE E IL
MERCATO DELLA MONETA

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Cinzia Pulneri
58 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Le teorie monetarie e il mercato della moneta


Cinzia Pulneri
INTRODUZIONE

Abbiamo fin qui osservato il comportamento delle grandezze reali nel sistema economico secondo
lapproccio classico, secondo lapproccio neoclassico e secondo lanalisi keynesiana relativamente ad
uneconomia chiusa e, nel caso di Keynes, a due settori.
Ora, prima di passare allanalisi di uneconomia aperta, vale la pena di affrontare gli aspetti monetari del
sistema per poi analizzare i rapporti con il resto del mondo dal punto di vista reale e dal punto di vista
monetario contemporaneamente.

Considerando che allinterno del sistema economico le grandezze monetarie costituiscono un vero e
proprio sistema, bene partire con una semplice definizione di sistema monetario e con alcune
precisazioni sulla moneta.

Il Sistema monetario

Un sistema monetario costituito da tutti i tipi di moneta ammessi a circolare, dalle norme giuridiche e
dagli organi istituzionali incaricati del controllo e della regolamentazione della moneta.

I tipi di moneta

I tipi di moneta sono:


moneta a corso forzoso (o legale) accettata per legge obbligatoriamente, garantita dallo Stato. E
costituita dalla carta moneta (emessa dalla Banca di emissione, nel nostro caso la Banca Centrale
Europea) e dalla moneta divisionaria (la moneta metallica), nel nostro caso coniata dai singoli stati.
La moneta a corso fiduciario, accettata a discrezione dei singoli sulla base della fiducia che
riconoscono al proprio debitore; si tratta della moneta bancaria (assegni bancari e altri prodotti di
pagamento bancari) e della moneta commerciale (le cambiali).

Liquidit monetaria ( o medio circolante)

La liquidit monetaria rappresenta la quantit complessiva di tutti i mezzi monetari ammessi in un


sistema monetario.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 59

Le teorie monetarie e il mercato della moneta


Cinzia Pulneri
LA DOMANDA DI MONETA

Per domanda di moneta si intende la quantit di moneta che i soggetti economici detengono in forma
liquida.

Il pensiero classico, neoclassico, monetarista.

Secondo lapproccio classico e neoclassico, la domanda di moneta dipende dalla quantit di beni che
leconomia vuole scambiare, dal livello generale dei prezzi e dalla velocit di circolazione della moneta
stessa, cos come suggerisce La teoria quantitativa della moneta che possiamo ricordare riproponendo
lEquazione degli scambi: MV = Qp con Q e V costanti.
In pratica, secondo la teoria quantitativa della moneta, la domanda di moneta coincide con la moneta
offerta, fermo restando che la massa monetaria destinata ad essere tutta impiegata nello scambio di
beni; come dire che non esiste una domanda di domanda di moneta autonoma, che dipenda dalle
preferenze della liquidit dei soggetti economici.
Va precisato che la formulazione della Teoria quantitativa della moneta secondo lEquazione degli
scambi dovuta al contributo di un economista neoclassico, Irving Fisher (1867 1947), che riprese
lidea dei classici, in particolare di David Ricardo (1772 1823).
Fisher si bas sui contributi teorici di David Hume (1711 -1776), di Jean Bodin (1529 1596),
dellitaliano Bernardo Davanzati (1529 1606) e di Jhon Loke (1632 1704), a conferma che lidea che
la moneta avesse soltanto scopo transazionale, che rappresentasse, pertanto, soltanto la ricchezza reale e
che la sua massa influenzasse il livello generale dei prezzi era gi stata elaborata ancor prima che
leconomia nascesse come scienza autonoma.
Fisher mise a punto lequazione degli scambi nel 1911, ma gli esponenti della scuola di Cambridge,
Marshall, Robertson, Pigou e Keynes, ne individuarono i limiti cercando di superarli con la formulazione
dellEquazione di Cambridge.
LEquazione di Cambridge, infatti, tiene conto del fatto che la moneta pu essere detenuta, per motivi
diversi, anche in forma liquida. Ci significa che se i soggetti economici aumentano la loro preferenza
per la liquidit, allora la velocit di circolazione, V, rallenter. La V dellEquazione degli scambi, non
contemplando questo aspetto, non pu quindi rappresentare in modo esaustivo la velocit di circolazione
della moneta che, invece, pu essere rappresentata da una grandezza ad essa reciproca. Se chiamiamo K
la grandezza reciproca di V (per cui sar K = 1/V, e quindi V = 1/K), allora lequazione degli scambi
potr essere riscritta come segue:
M 1/K = Q p
cio, moltiplicando tutto per K, M = KQp
considerando poi che Qp non altro che il reddito (prodotto monetizzato), allora lequazione pu essere
riscritta come M = KY
dove K potrebbe anche non essere costante, dato che prevede variazioni nelle preferenze di liquidit dei
soggetti economici. La variabilit di K attenua cos la relazione fra massa monetaria e livello generale dei
prezzi che, da relazione di diretta proporzionalit, diventa soltanto una relazione diretta, a causa del fatto
che Q resta comunque costante.
LEquazione di Cambridge pu essere considerata espressione della domanda di moneta, tenendo conto
di K che, appunto, esprime le preferenze per la liquidit.
Il contributo di Keynes alla formulazione dellEquazione degli scambi non gli imped, in seguito, di
dissociarsene soprattutto per il fatto che, nel rispetto della visione neoclassica dellequilibrio generale, nel
breve periodo Q restasse costante a livello di piena occupazione dei fattori.
Come abbiamo gi osservato, secondo Keynes un aumento della moneta in circolazione, ad esempio a
finanziamento degli investimenti pubblici, attivando il moltiplicatore del reddito non darebbe luogo al
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Le teorie monetarie e il mercato della moneta


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vuoto inflazionistico, producendo un effetto sul reddito maggiore dellinvestimento iniziale e, quindi,
dello stesso incremento di moneta necessaria a finanziarlo.
Di tuttaltro parere sono le teorie neo quantitative, o monetariste, sviluppatesi intorno agli anni sessanta
intorno al capo scuola Milton Friedman.
Tali teorie rivalutano completamente lEquazione degli scambi di Fisher, considerando V costante nel
breve periodo e, sempre nel breve periodo, Q costante a livello di piena occupazione. Secondo i
monetaristi, laumento della massa monetaria porterebbe ad un aumento del livello generale dei prezzi
perch leccesso di moneta alimenterebbe la domanda di beni a fronte della quale lofferta non potrebbe
aumentare, essendo il sistema in piena occupazione dei fattori. Cos, mentre il finanziamento di un
investimento pubblico attraverso il debito pubblico non comporterebbe inflazione, rastrellando liquidit
presso i risparmiatori, il finanziamento dello stesso mediante emissione di moneta, comporterebbe
certamente inflazione.
Ne deriva che la politica monetaria dovr essere rigorosa nellemettere moneta soltanto in proporzione
allaumento della capacit produttiva del paese.

Il pensiero di Keynes.

Per indagare sulla domanda di moneta, Keynes cerca di individuare i motivi per cui i soggetti economici
possono desiderare di detenere moneta, il che equivale ad interrogarsi sulle funzioni della moneta.
Secondo Keynes la domanda di moneta pu avere:
scopo transazionale: si tratta della moneta che le persone desiderano detenere per effettuare gli
scambi di beni; evidente che la domanda di moneta a scopo transazionale dipender in primo luogo
dal reddito che i soggetti hanno a disposizione e che desiderano spendere.
Cos come i consumi, questa parte della domanda di moneta dipende dal reddito in modo diretto.
scopo precauzionale: si tratta della moneta che le persone desiderano detenere sotto forma di liquidit
per far fronte ad improvvise esigenze che nel tempo possono presentarsi. La moneta detenuta a scopo
precauzionale corrisponde a reddito sottratto al consumo ma non destinato ad alcun investimento
finanziario; si tratta di risparmio tenuto sotto forma di risparmio.
Cos come il risparmio, questa parte di domanda di moneta dipende dal reddito in modo diretto.
Dunque, domanda di moneta a scopo transazionale e domanda di moneta a scopo precauzionale
possono essere assimilate in ununica funzione, conosciuta come L1, in cui

L1 = f (Y) diretta

scopo speculativo: si tratta di moneta che le persone desiderano detenere in alternativa agli
investimenti finanziari: obbligazioni ed azioni private, titoli del debito pubblico. In pratica, chi chiede
moneta a scopo speculativo si disfa di titoli posseduti, mentre chi rinuncia a moneta a scopo
speculativo, acquista titoli cedendo moneta. Si pu affermare, quindi, che la domanda di moneta a
scopo speculativo sia il reciproco della domanda di titoli. Se chiamiamo questa porzione della
domanda di moneta L2, allora possiamo stabilire che

L2 = f (DT) inversa

ma la domanda di titoli, a sua volta, funzione inversa del prezzo dei titoli, il livello delle quotazioni,
per cui, quanto maggiori sono le quotazioni di borsa, tanto minore sar la domanda di titoli:

DT = f(pt) inversa

Ora, basandoci sulle due relazioni precedenti, si pu affermare che

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 61

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L2 = f(pt) diretta (inversa x inverso = diretta)

A questo punto, necessario precisare che il pt, a sua volta, si pone in relazione inversa con il tasso
di rendimento finanziario, o tasso di interesse. Questa relazione pu essere facilmente compresa se si
pensa che, a parit di interessi o di dividendi pagati da un titolo, il tasso di rendimento corrispondente
sar tanto pi elevato quanto minore sar il capitale investito, corrispondente allesborso iniziale.
Se, ad esempio, un titolo paga una cedola di 10 , questa sar riscossa da un investitore che ha pagato
il titolo 100, da un investitore che, in un altro momento, ha pagato il titolo 80 e da un investitore
che, in un altro momento ancora ha pagato il titolo 120. Fissando il rendimento ottenuto
dallinvestitore che ha pagato il titolo 100 nel 10%, si capisce bene che chi ha pagato il titolo 80
avr ottenuto un rendimento certamente superiore al 10%, cos come chi avr pagato il titolo 120
avr certamente ottenuto un rendimento inferiore al 10%. Ci significa dunque che a rendimenti
elevati corrispondono pT bassi e, viceversa, a rendimenti bassi corrispondono pT elevati:

relazione inversa fra i e pT.

Ora, tenendo conto di questa ultima relazione, possiamo riscrivere la funzione L2 come segue:

L2 = f (i) inversa (inversa x diretta = inversa).

Vale a dire che la funzione di domanda di moneta a scopo speculativo funzione inversa del tasso di
interesse che, in ultima analisi, la grandezza che esprime il costo del denaro.

Il ragionamento economico molto semplice: se i rendimenti dei titoli sono elevati, le persone
rinunciano a detenere moneta a scopo speculativo per acquistare titoli (diminuzione di L2); se i
rendimenti dei titoli sono bassi, le persone possono non riconoscere alcuna convenienza nel privarsi
della moneta a scopo speculativo per acquistare titoli. Va inoltre osservato che, se a fronte di
rendimenti bassi i prezzi dei titoli sono elevati, chi detiene titoli sar portato a venderli chiedendo
moneta speculativa, cos come nuovi investitori si asterranno, in presenza di prezzi elevati (tassi
bassi) dallacquistare titoli cedendo moneta.

La funzione della domanda L2 pu essere cos rappresentata:

La funzione si presenta asintotica rispetto allasse


delle ascisse a significare che al di sotto di un dato
tasso di interesse (i min) la domanda di moneta
i teoricamente infinita e la domanda di titoli tende a
zero. In corrispondenza di questo tasso e al di sotto
di esso la liquidit sar talmente elevata da lasciare
i soggetti economici insensibili a qualsiasi
variazione del tasso di interesse. Per questa
condizione che si creerebbe tale zona asintotica
i max stata definita da Keynes trappola della liquidit.
Lasintoto rispetto allasse delle ordinate
rappresenta invece la domanda di moneta che tende
i min a zero per un tasso di interesse massimo (i max).

L2

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Dunque, riassumendo, per Keynes, la domanda di moneta pu essere espressa come

L = L1 + L2, dove L1 = f (Y) diretta L2 = f (i) inversa.

Tuttavia, non si pu trascurare il fatto che, in presenza di tassi di rendimento particolarmente


appetibili, i soggetti economici potrebbero decidere di destinare parte della moneta detenuta a scopo
di transazione o a scopo precauzionale ( L1) allinvestimento in titoli; cos come non si pu escludere

che tassi di interesse particolarmente bassi potrebbero indurre i soggetti economici a destinare parte
della moneta detenuta a scopo speculativo (L2) alla moneta detenuta a scopo di transazione e
precauzionale ( L1). Ci equivale a dire che anche la domanda di moneta L1 dipende, almeno in parte,
anche dal tasso di interesse.

L1 = f (Y, i) diretta

In generale, dunque, la domanda di moneta pu essere vista come funzione del tasso di interesse e, in
parte, come funzione del reddito

L = L1 f (Y, i) + L2 f ( i ).

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LOFFERTA DI MONETA

Lofferta globale di moneta costituita dalla quantit di moneta circolante nel sistema economico in un
dato momento.

La moneta legale e la moneta bancaria

Possiamo dire che la moneta, in generale, costituisce un mezzo di pagamento.


Fra i mezzi di pagamento, tuttavia, necessario distinguere quelli a corso forzoso da quelli a corso
fiduciario.
La moneta legale ha corso forzoso, in quanto allinterno del territorio nazionale o, nel caso della UE,
allinterno dellUnione, la sua consegna ha potere liberatorio da qualunque debito; in altre parole, non
pu essere rifiutato alcun pagamento in moneta legale in quanto la sua validit garantita dallo Stato e,
per esso, dal suo Istituto di emissione. La moneta legale costituita dalla carta moneta, emessa
esclusivamente dalle Banche centrali, nel caso dellUE dalla Banca Centrale Europea con sede a
Dussendorf, e dalla moneta divisionaria, nel caso dellUE emessa dalle Banche Centrali Nazionali (in
Italia presso la Zecca).
Al contrario, la moneta bancaria costituita da mezzi di pagamento a supporto cartaceo (come gli
assegni bancari e gli assegni circolari) e da mezzi di pagamento a supporto elettronico (come le carte di
credito, i bancomat, gli ordini di accredito ecc.) creati dalle banche; la moneta bancaria ha corso
fiduciario, per cui la sua accettazione a regolamento di un debito non obbligatoria e, normalmente, si
basa sulla fiducia che il creditore ripone nel debitore.

La creazione di moneta

La creazione di moneta dipende sostanzialmente dai rapporti fra:


 la Banca centrale e il Ministero del Tesoro; infatti, la Banca centrale, che emette moneta a corso
forzoso, pu generare liquidit finanziando il disavanzo pubblico (differenza negativa fra la spesa
pubblica e le entrate dello Stato). Infatti, nel caso in cui il disavanzo venga finanziato con lemissione
di titoli del debito pubblico, la parte di questi che non venisse eventualmente sottoscritta dalle
famiglie e dalle imprese, viene sottoscritta dalla Banca centrale che, a questo scopo, deve emettere
nuova carta moneta (monetizzazione del disavanzo). Va osservato che il Trattato di Maastrich
proibisce questa manovra da parte tanto dalle Banche centrali statali quanto della Banca centrale
europea.
 la Banca centrale e il sistema bancario; le operazioni di rifinanziamento effettuate dalle Banche
ordinarie presso la Banca centrale attraverso anticipazioni di cassa e il risconto di cambiali
comportano creazione di carta moneta che va ad aumentare la liquidit delle banche e, quindi, del
sistema.
 gli operatori nazionali e il resto del mondo; lofferta di moneta del sistema aumenta ogni volta che un
operatore commerciale con lestero converte valuta straniera in valuta nazionale.
In particolare, sono gli esportatori che, a fronte dei loro crediti verso lestero, ricevendo in pagamento
valuta straniera la cedono al sistema bancario che, a sua volta, restituisce valuta nazionale al sistema
economico alimentandone la liquidit.
Viceversa, gli importatori, a fronte dei loro debiti verso lestero, convertono valuta nazionale in
valuta straniera presso il sistema bancario con cui effettuare i relativi pagamenti. In questo caso, il
sistema bancario sottrae liquidit al sistema economico.

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Il moltiplicatore dei depositi

Il moltiplicatore dei depositi un processo attraverso il quale il sistema bancario, che pure non pu
emettere moneta, in grado, di fatto, di aumentare la liquidit del sistema economico.
Il meccanismo si basa sullesercizio da parte delle banche della loro principale funzione,
lintermediazione creditizia, e sullimpiego della moneta bancaria.
E bene basare la sua illustrazione su un Esempio

pensiamo allintero sistema bancario come ad ununica


banca, e ipotizziamo che nel sistema economico agiscano
soltanto tre soggetti: il signor A, il signor B e il signor C.
Il signor A dispone di un deposito di 1.000 presso la Banca; il
signor B chiede un prestito alla banca per effettuare dei
pagamenti al signor C; la banca, dopo aver accantonato il 20%
del deposito a riserva di liquidit per far fronte ad eventuali
prelevamenti da parte di A, presta 800 a B mettendoli a sua
disposizione su un conto corrente.
B finalmente pu pagare C ma, per farlo, costretto ad emettere
un assegno bancario, o ad ordinare un accredito sul conto
corrente di C, visto che la sua liquidit pu essere attinta
esclusivamente dal sistema bancario. C, a sua volta, per
riscuotere il suo credito lo deposita, o la lascia depositato, sul
suo conto corrente.
A questo punto facile verificare che, ora, il signor A titolare
di un deposito di 1000 e che il signor C titolare di un deposito
di 800: i depositi sono passati da 1000 a 1800; avendo subito un
aumento pari al deposito iniziale al netto della riserva di
liquidit accantonata dalla banca.

E facile capire che il nostro esempio potrebbe andare avanti ancora, immaginando che la Banca potrebbe
prestare, ora, l80% di 1800 che, per poter essere riscosso, tornerebbe al sistema bancario sotto forma di
depositi; questi, in tal modo, registrerebbero un ulteriore aumento, pari appunto all80% di 1800.
Si pu concludere, quindi, che il moltiplicatore dei depositi aumenta la liquidit del sistema economico
aumentando i depositi disponibili presso il sistema bancario e aumentando, di conseguenza, le sue
possibilit di finanziare i privati.

66 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Le teorie monetarie e il mercato della moneta


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Si pu osservare, inoltre, che il processo iterativo, cio si ripete, ma non infinito; infatti, il coefficiente
di riserva, reso obbligatorio dalle Autorit monetarie che ne controllano laliquota, fa si che ogni volta
che il ciclo si ripete lincremento dei depositi sia sempre minore, fino ad azzerarsi.
E evidente, quindi, che leffetto del moltiplicatore dei depositi direttamente proporzionale ai depositi
iniziali e inversamente proporzionali al coefficiente di riserva obbligatorio:

Depositi = Deposito iniziale / coefficiente di riserva

La funzione dellofferta di moneta

Come abbiamo visto, lofferta di moneta (M) dipende dalle autorit monetarie, in particolare dalle
Banche Centrali (per lUE la Banca centrale europea).
Rispetto alle altre variabili economiche, dunque, lofferta di moneta assolutamente indipendente e,
quindi, pu essere considerata una grandezza esogena rispetto al sistema economico.
Dunque, se riferita al sistema di coordinate che accoglie la funzione della domanda di moneta,
complementare allofferta sul mercato monetario, lofferta di moneta pu essere rappresentata come una
costante, indipendente dal tasso di interesse.

i Cos, le variazioni dellofferta di moneta possono


essere rappresentate graficamente attraverso una
traslazione della funzione; come si pu osservare, le
quantit 0 M1, 0 M2, 0 M3 si verificano in
corrispondenza di tutti i livelli di tasso di interesse e,
al tempo stesso, per uno stesso tasso di interesse, la
quantit di offerta di moneta pu essere 0 M1
0 M2, 0 M3.

M1 M2 M3 M

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LEQUILIBRIO DEL MERCATO DELLA MONETA

Come ogni mercato, anche il mercato della moneta deve essere rappresentato attraverso le sue
componenti.
Ricordiamo, quindi, la funzione della domanda di moneta: L = L1 f (Y, i) + L2 f ( i ).
La sua rappresentazione a due variabili indipendenti pu essere ottenuta, come nel caso gi visto degli
Investimenti, tracciando la L2 f ( i ), per poi traslarla nel caso di variazioni di reddito.

Ricordando che la domanda di moneta


funzione diretta del reddito, a parit di
I L = f(Y1) L = f(Y2) tasso di interesse, la domanda di moneta
subisce uno spostamento verso destra in
seguito ad un aumento del reddito,
mentre subisce uno spostamento verso
sinistra per una diminuzione del reddito.
i1
E possibile osservare infatti che in
corrispondenza del tasso i1 la domanda
sia pari a L1 o a L2 a seconda che il
reddito sia pari a Y1 o a Y2, dove Y1>Y2.

L1 L2 L

La funzione dellofferta di moneta, come abbiamo visto, una funzione costante rispetto al tasso di
interesse, che varia soltanto in modo esogeno, in relazione alle scelte delle autorit monetarie.
Il grafico che rappresenta il mercato della moneta, dunque, pu essere rappresentato con il grafico
seguente
Il punto di equilibrio fra quantit domandata e
quantit offerta di moneta corrisponde ad un solo
tasso di interesse, tasso di equilibrio ie.
i Nel caso in cui lequilibrio si perdesse, cio se
L M per un qualunque motivo il tasso di interesse si
spostasse dal livello ie, lequilibrio si
ripristinerebbe automaticamente.
ie1 Infatti, se il tasso di interesse passasse da ie ad
ie1, con L < M, laumento dei tassi di rendimento
ie provocherebbe un aumento della domanda di
ie2 titoli e, di conseguenza, una diminuzione della
domanda di moneta (ricordiamo che le due
funzioni sono funzioni reciproche).
L1 Le L2 L

Laumento della domanda di titoli, a sua volta, provocherebbe un aumento del prezzo dei titoli e una
corrispondente diminuzione del tasso di interesse (data la relazione inversa che intercorre fra il tasso di
interesse e il prezzo dei titoli); il processo continuerebbe fino a riportare il tasso di interesse al livello
ie:

se i allora DT e L ma DT comporta pt e pt comporta i


68 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Le teorie monetarie e il mercato della moneta


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Analogamente, se il tasso di interesse diminuisse passando da ie ad ie2, con L > M la diminuzione dei
tassi di rendimento provocherebbe una diminuzione della domanda di titoli e, di conseguenza, un
aumento della domanda di moneta. La diminuzione della domanda di titoli, a sua volta, provocherebbe
una diminuzione del prezzo dei titoli e un corrispondente aumento del tasso di interesse fino a
riportarlo al livello ie:

se i allora DT e L ma DT comporta pt e pt comporta i

In conclusione, si pu affermare che il mercato della moneta si trova sempre in equilibrio grazie agli
automatismi descritti che, come abbiamo visto, sono in grado di ripristinare lequilibrio
eventualmente perduto.

i
L M M1

ie1

ie

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Le teorie monetarie e il mercato della moneta


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LE LEVE DI CONTROLLO DELLOFFERTA DI MONETA

Come abbiamo visto, lofferta di moneta dipende dalle politiche delle autorit monetarie, dalle modalit
di finanziamento della spesa pubblica e, infine, dai movimenti valutari da e verso lestero.
Le leve attraverso le quali le autorit monetarie (Banche centrali) controllano lofferta di moneta sono le
seguenti:

La manovra del TUS

TUS significa Tasso Ufficiale di Sconto e corrisponde al tasso al quale la Banca centrale sconta alle
banche ordinarie che si rifinanziano presso di essa le cambiali gi scontate alla propria clientela; per le
banche ordinarie il TUS rappresenta un costo di finanziamento che incide sui tassi che esse praticano alla
clientela; questi ultimi, invece, rappresentano i ricavi ottenuti dallattivit di finanziamento dei privati.
Una diminuzione del TUS, quindi, facendo diminuire il costo del denaro sostenuto dalle banche ordinarie,
dovrebbe portare queste a farsi concorrenza riducendo, a loro volta, i tassi praticati alla clientela e, in tal
modo, dovrebbe portare ad una generale diminuzione dei tassi di interesse.
Considerando che I = f (i) inversa, la diminuzione cos ottenuta dei tassi di interesse dovrebbe portare ad
un aumento degli investimenti e, di conseguenza, del reddito attraverso linnesco del meccanismo del
moltiplicatore del reddito.
Va tenuto tuttavia conto del fatto che lefficacia della manovra dipende:
- grado di concorrenzialit del sistema bancario
necessario osservare, infatti, che se fra gli istituti bancari non intercorre la concorrenza necessaria a
stimolare la riduzione dei tassi, le banche non trovano alcuna convenienza a ridurre i tassi praticati ai
clienti, potendo mantenere costanti i ricavi a fronte di una diminuzione dei costi. In questi casi, molto
spesso liniziativa demandata agli istituti di rilevanza nazionale ai quali viene attribuita anche a livello
politico la responsabilit di dare inizio alla reazione virtuosa aspettata.
- livello delle aspettative degli imprenditori
non va dimenticato che, a fronte di aspettative negative, una diminuzione del costo del denaro potrebbe
non sortire alcun effetto positivo sugli investimenti; infatti, anche se un investimento costasse poco sul
piano finanziario, nessun imprenditore gli attribuirebbe alcuna convenienza se pensasse di rimanere con
parte della produzione invenduta.
Dobbiamo osservare che nel caso la manovra sia di segno restrittivo anzich espansivo, il suo impatto
immediato e assolutamente efficace; in questo caso, infatti, la reazione del sistema bancario sar pronta a
far fronte allaumento del costo del denaro applicando lo stesso aumento ai propri tassi; inoltre, per
ragioni analoghe, laumento del costo del denaro avr certamente effetto negativo sugli investimenti
portando al rallentamento della produzione e ad una diminuzione del reddito.

70 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Le teorie monetarie e il mercato della moneta


Cinzia Pulneri
Laumento dellofferta e della liquidit del sistema

Lofferta di moneta e la liquidit del sistema economico


possono essere aumentate attraverso
- nuove emissioni di circolante,
i - diminuzione del coefficiente obbligatorio di liquidit,
L M2 M M1 - sottoscrizione del debito pubblico da parte della Banca
centrale (manovra proibita nella UE).
Le manovre hanno segno espansivo. Infatti, a parit di
domanda di moneta, un aumento dellofferta produce una
ie2 diminuzione del tasso di interesse dequilibrio.
ie Il grafico mostra come lincremento dellofferta da M ad M1
provochi una perdita dellequilibrio in corrispondenza del
ie1 tasso ie e ad un ripristino dellequilibrio in corrispondenza del
tasso ie1 < ie.
L Anche in questo caso leffetto sperato riguarda una ripresa
degli investimenti attraverso la relazione I = f (i) inversa.
Come gi osservato, lefficacia della manovra dipende anche
dal livello delle aspettative degli imprenditori.
Al contrario, la diminuzione dellofferta di moneta e della liquidit del sistema economico pu essere
ottenuta attraverso
- aumento del coefficiente obbligatorio di liquidit,
- diminuzione del debito pubblico.
In questo caso le manovre hanno segno restrittivo. Infatti, a parit di domanda di moneta, una
diminuzione dellofferta produce un aumento del tasso di interesse dequilibrio.
Il grafico mostra come la diminuzione dellofferta da M ad M2 provochi una perdita dellequilibrio in
corrispondenza del tasso ie e ad un ripristino dellequilibrio in corrispondenza del tasso ie2 > ie.
Leffetto cercato quello di incidere negativamente sugli investimenti attraverso un aumento del loro
costo finanziario al fine di ottenere un rallentamento della produzione e una diminuzione del reddito.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 71

Le teorie monetarie e il mercato della moneta


Cinzia Pulneri
72 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Le teorie monetarie e il mercato della moneta


Cinzia Pulneri
CINZIA PULNERI

APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

LEQUILIBRIO GENERALE
IL MODELLO IS LM

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Cinzia Pulneri
74 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
LEQUILIBRIO GENERALE

In riferimento ad un sistema economico chiuso, senza considerane cio le relazioni economiche con
lestero, abbiamo analizzato il mercato dei beni e le variabili reali da esso implicate: i consumi privati,
gli investimenti privati e la spesa pubblica (consumi e investimenti); in termini di domanda aggregata,
cio, abbiamo analizzato la parte Y = C + I + G.
Sempre nellambito delle grandezze economiche reali, ci siamo occupati del mercato di un particolare
fattore produttivo, vale a dire del mercato del lavoro; a questo proposito, ci siamo preoccupati di
evidenziare i meccanismi di funzionamento di questo mercato e di cogliere, a seconda della scuola di
pensiero di riferimento, le relazioni che intercorrono fra mercato dei beni e mercato del lavoro.
Cos, ci siamo resi conto che per Say la Legge degli sbocchi esclude con la sovrapproduzione anche la
disoccupazione, per cui si pu dire che il garantito equilibrio sul mercato dei beni garantisce a sua volta
la piena occupazione dei fattori; abbiamo in seguito osservato come i Neoclassici arrivino alla stessa
conclusione affidando lequilibrio su tutti i mercati, dei beni e del lavoro, ai meccanismi del mercato di
concorrenza perfetta; infine, abbiamo visto come Keynes individui una relazione del tutto nuova fra
mercato dei beni e mercato del lavoro, affermando che le crisi di sovrapproduzione, rese necessarie dalla
natura stessa della funzione dei consumi, comportino la necessit di ridurre la produzione e limpiego dei
fattori per ripristinare lequilibrio sul mercato dei beni: come dire che lequilibrio del mercato dei beni
passa quasi sempre dalla disoccupazione sul mercato del lavoro portando allEquilibrio di
disoccupazione.
La nostra analisi si poi rivolta alle grandezze monetarie. Abbiamo cos analizzato il mercato della
moneta e le sue componenti, con particolare riguardo allofferta di moneta e alle leve di politica
monetaria che le autorit monetarie hanno a disposizione per controllarla, alla domanda di moneta e alle
sue due componenti, L1 ed L2, e al costo del denaro, o prezzo della moneta, costituito dal tasso di
interesse.
Abbiamo cos dimostrato lautomatismo dellequilibrio del mercato della moneta per cui, data una certa
quantit di moneta offerta dalle autorit monetarie, questa viene tutta domandata perch la parte non
spesa o trattenuta per precauzione (L1) viene utilizzata per le attivit speculative sui mercati finanziari
(L2), per cui, necessariamente, sar sempre M = L1 + L2.
Abbiamo potuto altres osservare che, mentre per classici e neoclassici le variabili monetarie non
influenzano le variabili reali, cos come dimostra la Teoria quantitativa della moneta, secondo Keynes
esiste una determinante relazione causale fra variabili monetarie e variabili reali, in particolare messa in
luce dalla relazione I = f(i).

Nel corso dellanalisi abbiamo constatato come la Teoria quantitativa della moneta, tanto attraverso
lEquazione degli scambi quanto attraverso lEquazione di Cambridge, sia, per Classici e Neoclassici, un
modello di rappresentazione del sistema economico presentandone, da una parte, la sfera reale (Q x p),
dallaltra, la sfera monetaria (M x V) e ponendo in relazione le due parti ( = ):

Q x p = M x V.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 75

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
Il MODELLO KEYNESIANO DI EQUILIBRIO GENERALE IS - LM

Per rappresentare contemporaneamente la parte reale e la parte monetaria del sistema, Keynes ricerca due
funzioni che sintetizzino, luna, lequilibrio sul mercato dei beni e, laltra, lequilibrio sul mercato della
moneta. Una volta individuate le due funzioni, ponendole in relazione, cio inserendole in un unico
sistema di riferimento, Keynes ottiene un modello che presenta insieme la sfera reale e la sfera monetaria
del sistema ed evidenzia le relazioni che le legano.

Lequilibrio sul mercato dei beni: la funzione IS

Per ottenere un modello che rappresenti lequilibrio sul mercato dei beni conviene partire dalla
condizione di equilibrio sul mercato dei beni. Ricordiamo a questo proposito che tale condizione ricorre
quando tutto il reddito viene speso in beni di consumo o in beni di investimento, azzerando il risparmio.
Ora, dato che per definizione il risparmio reddito sottratto al consumo, appare evidente che in un primo
momento, a causa del fatto che non tutto il reddito sar consumato (ricordiamo che la propensione
marginale al consumo minore di 1 e che complemento ad 1 della propensione marginale al risparmio),
si former una certa quantit di risparmio (S). Lequilibrio, allora, sar raggiunto nel momento in cui il
risparmio si annuller essendosi tutto convertito in investimenti (I): I = S ed rappresentato da una
funzione chiamata, appunto, IS.

Ora appare evidente che, per rappresentare tale condizione, siano necessarie tanto la funzione degli
investimenti I = f(i) inversa quanto la funzione del risparmio S = f(Y) diretta.

Dal punto di vista grafico, dovendo poi porre in relazione di equilibrio (eguaglianza) le due funzioni,
conviene presentare le funzioni in questo ordine:
S
1. la funzione del risparmio S = f(Y) diretta
Y

2. la condizione di equilibrio fra la funzione del risparmio e la funzione degli investimenti; tale
condizione dequilibrio pu essere rappresentata dalla bisettrice di un sistema di riferimento
ortogonale con il risparmio misurato sulle ordinate e gli investimenti misurati sulle ascisse; in ogni
punto della bisettrice, infatti, x = y, quindi S = I.

i
3. la funzione degli investimenti I = f(i) inversa

76 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
Ponendo ora in relazione le tre funzioni, si segue il seguente ragionamento:

1 S = f (Y) 2 S = I

S S

S1 S1

S2 S2

I2 I1 I
Y2 Y1 Y

4 IS 3 I = f(i)

i i

i2
i2
i1
i1

Y2 Y1 Y I2 I1 I

Dalla funzione del risparmio, si pu vedere che un livello di risparmio pari a S1 richiede un livello di
reddito pari a Y1; sulla bisettrice, condizione di equilibrio, il livello S1 del risparmio corrisponde ad una
quantit di investimento pari a I1; ma perch gli investimenti siano al livello I1, leggiamo sulla funzione
degli investimenti che il tasso di interesse dovr essere pari a i1. Ora, immaginiamo che il quarto grafico
sia ancora bianco e fissiamo un punto in corrispondenza delle coordinate Y1; i1.
Analogamente, dalla funzione del risparmio si pu verificare che un livello di risparmio pari a S2 richiede
un livello di reddito pari a Y2; sulla condizione di equilibrio, il livello S2 del risparmio corrisponde ad
una quantit di investimento pari a I2; ma perch gli investimenti siano al livello I2, la funzione degli
investimenti ci suggerisce che il tasso di interesse dovr essere pari a i2. Ora, nel quarto grafico fissiamo
un punto in corrispondenza delle coordinate Y2; i2.
I due punti cos ottenuti consentono di tracciare la retta IS (da due punti passa una e una sola retta); la
retta, essendo decrescente, pone in relazione inversa il reddito e il tasso di interesse.

La retta IS rappresenta tutte le infinite combinazioni fra i e Y che garantiscono lequilibrio sul mercato
dei beni.
Il significato economico di tale relazione che perch si mantenga lequilibrio sul mercato dei beni,ad
una diminuzione del tasso di interesse deve corrispondere un aumento del reddito, cos come ad un
aumento del tasso di interesse deve corrispondere una diminuzione dello stesso.
Questa scoperta non dovrebbe stupire. Infatti, se si pensa che
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 77

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
il reddito funzione diretta degli investimenti ( Y = C + I + G .): Y = f(I) diretta
gli investimenti, a loro volta, sono funzione inversa del tasso di interesse (I = I0 hi): I = f(i) inversa
diretta x inversa = inversa
quindi
Y = f(i) inversa.

Ma questa spiegazione appare tautologica, dato che siamo partiti gi affermando che Y = f(I) diretta e che
I = f(i) inversa.
Proviamo allora a pensare che quando il tasso di interesse diminuisce, il rendimento dei titoli diminuisce,
cos che gli investitori sono portati a distrarre moneta dai loro investimenti finanziari per indirizzarla o in
investimenti produttivi (lefficienza marginale del capitale potrebbe essere maggiore di i o aver
aumentato ulteriormente la sua superiorit: e > i) o in consumi. In ogni caso ci che si ottiene un
aumento della domanda aggregata che si traduce in un aumento del reddito (lofferta si adegua ad un
aumento della domanda). Se cos non fosse, non si avrebbe equilibrio sul mercato dei beni perch sarebbe
Domanda > Offerta.
Al contrario, quando il tasso di interesse aumenta, il rendimento dei titoli aumenta, cos che gli investitori
sono portati ad investire moneta in investimenti finanziari sottraendola cos o ad investimenti produttivi
(lefficienza marginale del capitale potrebbe essere minore di i o aver peggiorato la sua inferiorit: e < i)
o ai consumi. In ogni caso ci che si ottiene una diminuzione della domanda aggregata che si traduce in
una diminuzione del reddito (lofferta si adegua ad una diminuzione della domanda). Se cos non fosse,
non si avrebbe equilibrio sul mercato dei beni perch sarebbe Domanda < Offerta.

Lequilibrio sul mercato della moneta: la funzione LM

Per ottenere un modello che rappresenti lequilibrio sul mercato della moneta necessario partire dalla
condizione di equilibrio sul mercato della moneta. Ricordiamo a questo proposito che tale condizione
ricorre automaticamente in quanto la quantit di moneta offerta dalle autorit monetarie non domandata
dal pubblico per effettuare transazioni o per motivi precauzionali, viene comunque domandata per essere
investita sui mercati finanziari: M = L1 + L2.
Per rappresentare tale condizione, sono necessarie sia la funzione L1 = f(Y) diretta, sia la funzione
L2 = f(i) inversa.

Dal punto di vista grafico, dovendo poi porre in relazione di equilibrio (eguaglianza) la somma delle due
funzioni, si rende necessario presentare le funzioni in questo ordine: L1

1. la funzione della domanda di moneta a scopo transattivo L1 = f(y) diretta


Y

L1
2. la condizione di equilibrio M = L1 + L2. Per capirne la rappresentazione grafica,
dobbiamo pensare che se L1 = 0 allora L2 = M e che se L2 = 0 allora L1 = M. Ci
significa che la condizione dequilibrio rappresentata da una retta che ha
L2
intercetta positiva su entrambi gli assi in corrispondenza delle due situazioni estreme
L1 = M e L2 = M e che rappresenta nei suoi punti intermedi tutte le infinite combinazioni
possibili fra L1 ed L2. Ponendo L = L1 + L2, la condizione dequilibrio pu essere
espressa come L = M ed rappresentata da una funzione nota come LM. i

3. la funzione di domanda di moneta a scopo speculativo L2 = f(i) inversa.


L2

78 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
Ponendo ora in relazione le tre funzioni, si segue il seguente ragionamento:

1 L1 = f(y) 2 L = M

L1 L1

L11 L11

L12 L12

L21 L22 L2
Y2 Y1 Y

4 LM 3 L2 = f(i)

i i

i1
i1
i2
i2

Y2 Y1 Y L21 L22 L2

Dalla funzione di domanda di moneta a scopo transattivo, si pu vedere che un livello di domanda pari a
L 11 corrisponde un livello di reddito pari a Y1; sulla funzione che rappresenta la condizione di equilibrio,
il livello L11 corrisponde ad una quantit di domanda di moneta a scopo speculativo pari a L21; ma, perch
la L2 sia a livello L21, necessario che il tasso di interesse si fissi a livello i1, come ci mostra la funzione
della domanda di moneta a scopo speculativo. Ora, immaginiamo che il quarto grafico sia ancora bianco
e fissiamo un punto in corrispondenza delle coordinate Y1; i1.
Analogamente, dalla funzione della domanda di moneta transattiva si pu verificare che un livello pari a
L12 richiede un livello di reddito pari a Y2; sulla condizione di equilibrio, il livello L12 della L1
corrisponde ad una quantit di L2 pari a L22; ma, perch la L2 si trovi al livello L22, il tasso di interesse
dovr fissarsi al livello i2, come ci mostra la funzione della domanda di moneta a scopo speculativo. Ora,
nel quarto grafico fissiamo un punto in corrispondenza delle coordinate Y2; i2.
I due punti cos ottenuti consentono di tracciare la curva LM; la curva, essendo crescente, pone in
relazione diretta il reddito e il tasso di interesse.

La curva LM rappresenta tutte le infinite combinazioni fra i e Y che garantiscono lequilibrio sul mercato
della moneta.
Il significato economico di tale relazione che perch si mantenga lequilibrio sul mercato della
monetai, ad un aumento del reddito deve corrispondere un aumento del tasso di interesse, cos come ad
una diminuzione del reddito deve corrispondere una diminuzione del tasso di interesse
quindi
i = f(Y) diretta.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 79

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
La spiegazione di tale relazione si trova pensando che, ad un aumento del reddito corrisponde un
aumento dei consumi e, per induzione, potrebbe corrispondere anche un aumento degli investimenti. Ci
significa certamente un aumento di domanda di moneta a scopo transazionale che, a parit di offerta di
moneta, dove essere reperita sottraendola alla domanda di moneta a scopo speculativo, attraverso la
vendita di titoli. Ma la vendita di titoli comporta una diminuzione del prezzo dei titoli e, di conseguenza,
laumento del tasso di interesse.
Al contrario, una diminuzione del reddito corrisponde una diminuzione dei consumi e, per induzione, una
diminuzione degli investimenti. Ci significa certamente una diminuzione di domanda di moneta a scopo
transazionale che, a parit di offerta di moneta, comporta un aumento della domanda di moneta a scopo
speculativo per poi procedere all acquisto di titoli. Ma lacquisto di titoli comporta un aumento del
prezzo dei titoli e, di conseguenza, a diminuzione del tasso di interesse.

Lequilibrio generale

Considerando che la IS rappresenta in ogni suo punto lequilibrio del mercato dei beni e che la LM
rappresenta in ogni suo punto lequilibrio del mercato della moneta, individuando un punto in comune
alle due funzioni si determina un punto dequilibrio per lintero sistema.

Lequilibrio generale corrisponde ad un solo


tasso di interesse dequilibrio e ad un solo
i LM1 LM2
reddito dequilibrio.
Un aumento del reddito dovuto a un fattore
esogeno come, ad esempio, un aumento della
ie2 spesa pubblica, comporta uno spostamento
ie1 della IS dalla IS1 allIS2, confermando che
IS2 ad un aumento di reddito, da Ye1 ad Ye2,
data lofferta di moneta, deve corrispondere
IS1 un aumento del tasso di interesse, da ie1 a
ie2.
Se in corrispondenza si verificasse anche un
Ye1 Ye2 Ye3 Y aumento dellofferta di moneta, anche la LM
si sposterebbe verso destra, passando da
LM1 a LM2.

Laumento potrebbe essere tale da fissare un nuovo equilibrio, caratterizzato da un reddito maggiore di
Ye2, Ye3, e dal tasso di interesse iniziale ie1; si realizzerebbe, cos, un effetto sinergico fra manovra
fiscale e manovra monetaria di segno espansivo.
A ragionamento e a risultati opposti porterebbero le stesse manovre ma di segno restrittivo.

Va osservato, infine, che secondo il modello keynesiano non sussiste alcuna dicotomia fra le variabili
reali e le variabili monetarie del sistema economico come, invece, affermavano i Classici e i Neoclassici
basandosi sulla Teoria quantitativa della moneta. La relazione IS, infatti, mostra come le variabili reali
dipendano da quelle monetarie Y = f(i) inversa, cos come la relazione LM mostra come le variabili
monetarie dipendano dalle variabili reali i = f(Y) diretta, se non altro, per rispettare la condizione di
equilibrio dei rispettivi mercati.

80 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
CINZIA PULNERI

APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

LINFLAZIONE

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Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Cinzia Pulneri
IL FENOMENO DELLINFLAZIONE

Definizione

Il fenomeno dellinflazione pu essere definito in due modi che, di fatto, corrispondono ai due aspetti che
esso presenta come le due facce di una stessa medaglia:
Continuo aumento del livello generale dei prezzi
Conseguente diminuzione del potere dacquisto della moneta., dato che il potere dacquisto della
moneta linverso del livello generale dei prezzi.

Esempio
Se il prezzo di una stecca di cioccolato di , 5 , significa che il potere
dacquisto di una banconota da 5 pari ad una stecca di cioccolato.
Ora, se il livello generale dei prezzi raddoppiasse, ipotesi remota ma
comoda per i nostri calcoli, una stecca di cioccolato costerebbe 10 , con
la conseguenza che con la nostra banconota da 5 potremmo ora
acquistare soltanto mezza stecca di cioccolato.
Dunque, raddoppiando il prezzo, (5 x 2 = 10 ), il potere dacquisto della
moneta si dimezzato (1/2 = 0,5 stecche di cioccolato).
Si pu dunque concludere che il potere dacquisto della moneta un
valore inverso al livello generale dei prezzi
Cenni storici

In et moderna, la Rivoluzione dei prezzi il primo eclatante caso di inflazione; essa si verific
principalmente in Europa fra il 1540 e il 1610 a causa dell ingente disponibilit di oro e di argento per il
conio della moneta che fece seguito alla scoperta dellAmerica e alle successive conquiste dei territori
americani da parte, in particolare, della Spagna.
Molto pi grave ed eclatante fu linflazione che si verific in Germania nel 1923, durante la Repubblica
di Weimar.
Inflazione di rilevanza mondiale fu quella che accompagn la crisi del 29.
In Italia, nel secondo dopoguerra, linflazione registr un livello del 3.000 %.
Dagli anni 70 80, linflazione si presenta non pi come un fenomeno nazionale, legato al potere
dacquisto di una singola valuta, ma, piuttosto, un fenomeno generalizzato, relativo a quasi tutti i paesi
del mondo.
Daltra parte, se si pensa allaffermazione sempre maggiore e sempre pi estesa del fenomeno della
globalizzazione, non pu stupire il carattere di universalit che anche linflazione tende ad assumere.

La misurazione dellinflazione

La misurazione dellinflazione viene realizzata attraverso uno strumento statistico definito indice dei
prezzi. Posto pari a cento lindice generale dei prezzi rispetto ad un dato anno (anno base), lindice dei
prezzi di un anno successivo esprime il tasso di inflazione registrato nel periodo intercorso come
differenza fra il suo valore e 100.

Esempio
se poniamo pari a 100 lindice generale dei prezzi riferito allanno 2000, e se
lindice generale dei prezzi dellanno 2001 pari a 105 e quello dellanno
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal
2002 pari a 110, RE APPUNTI
significa che rispetto allanno 2000 siDI ECONOMIA
registrata POLITICA
inflazione 83
del 5% nel 2001 e del 10% nel 2002; mentre rispetto allanno 2001 (nuovo
anno base) nel 2002 si registrata uninflazione del 4,76%.
. Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
Il calcolo dellindice dei prezzi deriva da una media dei prezzi di alcuni beni considerati significativi nel
rappresentare la spesa delle famiglie o i beni trattati allingrosso; tali prezzi vengono ponderati per un peso
attribuito ad ogni bene in funzione della sua rilevanza.
Linsieme dei beni considerati, che rappresenta il cosiddetto paniere, deve essere spesso rivisto in funzione dei
cambiamenti delle abitudini di spesa che intervengono; in particolare, deve essere spesso rivisto il peso attribuito ai
singoli componenti del paniere stesso per evitare che lo strumento di rilevazione diventi obsoleto. Va
osservato, inoltre, che lindice dei prezzi pu essere riferito ai prezzi:

allingrosso, se riguarda i prezzi pagati nelle operazioni commerciali tra imprese


al consumo, se riguarda i prezzi pagati da tutte le famigli alle imprese
al consumo per le famiglie di lavoratori dipendenti (indice del costo della vita).

LE CAUSE DELLINFLAZIONE

Inflazione causata da un eccesso di offerta di moneta

Tale punto di vista va ricondotto alla Teoria quantitativa della moneta; in condizioni di piena
occupazione, infatti, un aumento della moneta in circolazione porta ad un aumento della domanda di beni
che, a causa della piena occupazione, non pu essere soddisfatta da un aumento della produzione e,
inevitabilmente, si scarica sui prezzi. Se poi si accetta che V nellequazione degli scambi, o K
nellequazione di Cambridge, sia costante, allora laumento dei prezzi sar proporzionale allaumento di
moneta.
Questa tesi sostenuta soprattutto dalla scuola monetarista e, in particolare, fa riferimento alle politiche
espansive che le autorit monetarie pongono in atto per sostenere incrementi di spesa pubblica che,
appunto, in presenza di piena occupazione farebbe registrare un aumento di domanda in assenza
delladeguamento dellofferta.

Inflazione da domanda

Questa tesi accettata anche da Keynes e da alcuni keynesiani, ma soltanto nellipotesi che il sistema si
trovi in condizione di piena occupazione. Infatti, come gi chiarito sopra, un aumento della domanda
aggregata, non importa se causata da C, I, G, X M, se non soddisfatta da un corrispondente aumento
della produzione, impossibile con la piena occupazione dei fattori, non pu che produrre tensioni
inflazionistiche.
Invece, secondo gli economisti neoclassici, anche in assenza di piena occupazione un aumento della
domanda comporta aumento dei prezzi in quanto il corrispondente aumento dellofferta avviene a costi di
produzione crescenti (secondo la teoria neoclassica i costi di produzione sono crescenti allaumentare
della produzione, dato che la produttivit decrescente) che, inevitabilmente, si scaricano sui prezzi.
Per i neoclassici e i monetaristi, laumento della domanda che provoca linstabilit dei prezzi viene dallo
Stato attraverso gli incrementi della spesa pubblica che, nel caso siano sostenuti da politiche monetarie
espansive, enfatizzeranno gli effetti inflazionistici.

Va osservato, tuttavia, che n linflazione da eccesso di offerta di moneta, n linflazione da domanda


riescono a spiegare come spesso, soprattutto a partire dagli anni 70, allinflazione si accompagnino
anche disoccupazione e stagnazione della produzione.

84 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
Linflazione da costi

Questa tesi, contrariamente alle prime due analizzate, non si trova in contraddizione con la
contemporanea presenza di inflazione, disoccupazione e stagnazione, dato che non contempla la piena
occupazione dei fattori produttivi.
Inoltre, consente di liberarsi dellipotesi neoclassica dei costi di produzione crescenti che, normalmente,
non trova applicazione nei settori secondario e terziario, a meno che non si superi la capacit produttiva.
Infatti, il costo totale di produzione dato da due componenti: i costi fissi e i costi variabili. I costi fissi
(gli impianti, affitti, spese fisse) non variano al variare della quantit prodotta, per cui la loro incidenza
sul costo unitario di produzione sar tanto minore quanto maggiore sar la quantit prodotta: sono
decrescenti; i costi variabili (materie prime), invece, variano al variare della quantit prodotta, e la loro
incidenza sul costo unitario costante: sono costanti. Dunque, allaumentare della quantit prodotta il
costo unitario di produzione normalmente diminuir a causa della minor incidenza dei costi fissi, data
lincidenza costante dei costi variabili: decrescente.

Esempio

Per produrre il bene A sono necessari 1 kg di materia X, 2 kg di materia Y e costi


fissi per 100.000.
Il prezzo della materia X di 100 al kg, mentre il prezzo della materia Y di 50
al kg.
I costi variabili per ogni prodotto saranno quindi di 1 x 100 = 100 e di 2 x 50 =
100 che, sommati, danno 200.

Se ipotizziamo di produrre 1.000 prodotti, il costo di produzione sar dato da


- costi variabili = 1.000 prodotti x 200 = 200.000
- costi fissi = = 100.000
300.000
Ora, avendo prodotto 1.000 unit, il costo di ogni prodotto sar pari a 300.000 :
1.000 = 300

Se, invece, ipotizziamo di produrre 2.000 prodotti il costo di produzione sar


dato da
- costi variabili = 2.000 prodotti x 200 = 400.000
- costi fissi = = 100.000
500.000
Ora, avendo prodotto 2.000 unit, il costo di ogni prodotto sar pari a 500.000 :
2.000 = 250

Il costo di produzione diminuito di 50 (300 250) che corrisponde alla minor


incidenza dei costi fissi.

Infatti
100.000 : 1.000 = 100 incidenza sui costi fissi su una produzione di 1.000
100.000 : 2.000 = 50 incidenza sui costi fissi su una produzione di 2.000
100 50 = 50 diminuzione dellincidenza dei costi fissi

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 85

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
La tesi dellinflazione da costi, dunque, non spiega linflazione con un aumento dei costi di produzione
dovuto ad un aumento di domanda, ma con un aumento dei costi di produzione, in particolare quelli
variabili, dovuti ad altri fattori, anche di carattere esogeno.
Un aumento del costo di acquisto delle materie prime, o un aumento del costo del lavoro, a parit di
prezzo di vendita comporterebbero una riduzione dei profitti degli imprenditori. Per mantenere costanti i
profitti, quindi, gli imprenditori scaricano laumento del costo di produzione sui prezzi.
Una scelta alternativa potrebbe essere la diminuzione della produzione che, a parit di domanda e data la
flessione dellofferta, porterebbe comunque un aumento dei prezzi, senza contare gli effetti depressivi
sulleconomia che una contrazione della produzione provocherebbe.
La spiegazione del meccanismo generale non pu tuttavia considerarsi esauriente rispetto al fenomeno;
per questo, necessario distinguere i due casi principali, in cui laumento dei costi di produzione sia
dovuto ad un aumento del costo delle materie prime, oppure, allaumento del costo del lavoro.

Aumento del costo delle materie prime


Il costo delle materie prime pu variare a causa di ragioni di ordine tecnico (costo di estrazione, costo del
trasporto ecc.), per motivi di politica internazionale (imposizione di prezzi pi elevati da parte dei paesi
produttori, soprattutto se si pensa al caso del petrolio), oppure a causa della svalutazione della valuta
nazionale.
In ogni caso, per un paese come lItalia, povero di materie prime ed economicamente concentrato
sullattivit di trasformazione industriale, corretto parlare di inflazione importata.

Aumento del costo del lavoro


Innanzitutto necessario chiarire che laumento del costo del lavoro non coincide necessariamente con
laumento dei salari. Infatti, il costo del lavoro una grandezza relativa che dipende s dai salari, ma che
dipende anche dalla produttivit del lavoro, cio dalla quantit di prodotto ottenuta da una unit di
lavoro impiegata (ad esempio unora di lavoro).
Infatti, se i salari aumentassero del 50% a fronte di un aumento della produttivit del lavoro del 100%, il
costo del lavoro, nonostante il considerevole aumento dei salari, diminuirebbe del 50%, portando, a parit
dei prezzi di vendita, ad un aumento del 50% dei profitti.
Questo significa che un aumento salariale, di per se stesso, non giustifica alcuna tensione inflazionistica
quando accompagnato, nella stessa misura o in misura maggiore, dallaumento della produttivit del
lavoro.
Tuttavia, quando la dinamica salariale pi veloce della dinamica della produttivit del lavoro, gli
aumenti salariali comportano laumento del costo del lavoro che, come gi osservato, al pari
dellaumento di qualsiasi altro costo di produzione, si scarica sui prezzi di vendita.
Ma come pu accadere che i salari aumentino pi di quanto sia aumentata la produttivit del lavoro?
Di fatto, a meno che le organizzazioni sindacali dei lavoratori non dimostrino una forza storicamente non
ancora riscontrata, aumenti salariali non giustificati da aumenti della produttivit possono verificarsi in
seguito ad uninflazione continua e particolarmente erosiva dei salari reali (cio del potere dacquisto dei
salari monetari), a difesa dei quali si introduca un meccanismo di adeguamento automatico dei salari
monetari allinflazione.
Tale meccanismo, noto come scala mobile, comportando automatici aumenti salariali dovuti
allinflazione e alla necessit di difendere i salari dallerosione inflazionistica, quindi indipendenti dalla
produttivit del lavoro, comportano certamente un aumento del costo del lavoro e, di conseguenza, un
aumento dei costi di produzione che, a loro volta, producono un aumento dei prezzi di vendita
alimentando linflazione. Tuttavia, questo fenomeno, definito come spirale prezzi salari prezzi, non
infinito, dato che ladeguamento salariale allinflazione non mai totale e che, comunque, avviene
sempre con alcuni mesi di ritardo, data la necessit di misurare lintensit del fenomeno.
86 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
In Italia, la scala mobile ha trovato applicazione fino ai primi anni 80 quando, per salvaguardare
leconomia dalla spirale inflazionistica, con un referendum, i lavoratori scelsero di rinunciarvi a favore
della politica dei redditi, cio di una politica di concertazione fra le parti sociali in cui i lavoratori, al
fine di frenare il fenomeno inflazionistico, si impegnavano a non chiedere aumenti salariali contro
limpegno degli imprenditori di non aumentare i prezzi dei beni. In Italia, questa politica ha avuto
applicazione fino alla fine degli anni 90.

GLI EFFETTI REALI DELLINFLAZIONE

Gli effetti sulla distribuzione del reddito e del patrimonio

Gli effetti sperequativi fra redditi fissi e redditi variabili


Linflazione, riducendo il potere dacquisto della moneta, comporta una diminuzione del potere
dacquisto dei redditi fissi, quei redditi, cio, che non hanno possibilit di essere adeguati allinflazione in
modo autonomo, come i redditi da lavoro dipendente e le pensioni. Una diminuzione della capacit di
spesa di tali redditi, stipendi, salari e pensioni, consiste, di fatto, in una loro diminuzione in termini reali;
infatti, anche se il loro valore nominale resta invariato, il livello di benessere che possono garantire a
coloro che li percepiscono e alle loro famiglie risulta minore.
Il ragionamento contrario vale per quei redditi che, come i redditi da lavoro autonomo e i redditi da
impresa, possono essere adeguati allinflazione direttamente dai loro percettori. Questi redditi, infatti, si
adeguano allinflazione attraverso laumento dei prezzi dei beni ceduti e dei servizi prestati mantenendo
inalterata la loro capacit dacquisto. Va inoltre osservato che, talvolta, quando ladeguamento avviene
in anticipo in base a previsioni inflazionistiche e in misura maggiore del tasso dinflazione, questi redditi
non solo difendono il loro potere dacquisto, ma lo aumentano (rendita da inflazione) a scapito di quelli
fissi che, a fronte di un ulteriore aumento dei prezzi, subiscono un ulteriore diminuzione del loro potere
dacquisto.
E poi appena il caso di sottolineare che un tale comportamento contribuisce ad alimentare linflazione
attraverso le aspettative che si autorealizzano; infatti, se aspettandosi inflazione gli imprenditori e i
lavoratori autonomi applicano da subito prezzi maggiori, ovviamente determinano essi stessi linflazione
che si aspettavano.
E evidente, dunque, come attraverso questi meccanismi linflazione comporti una redistribuzione del
reddito favorendo i redditi da lavoro autonomo e da impresa e penalizzando quelli da lavoro dipendente.

Il fiscal drag
Va inoltre osservato che in un sistema fiscale progressivo, come quello di tutte le democrazie, un
adeguamento salariale allinflazione, pur non facendo aumentare il salario reale e, spesso, non
mantenendolo neppure costante (dato che ladeguamento sempre inferiore al tasso di inflazione)
comporta un aumento del salario monetario che pu far progredire laliquota fiscale applicata. In questo
caso, il salario reale, che pure non aumentato ed anzi diminuito a causa del suo non pieno
adeguamento allinflazione, subisce una maggior tassazione, diminuendo ulteriormente. Questo
fenomeno, noto come fiscal drag (drenaggio fiscale) penalizza particolarmente i redditi medio bassi,
che, normalmente, coincidono con i redditi fissi.

Gli effetti sui rapporti fra debitori e creditori e gli effetti sul risparmio
Come abbiamo gi pi volte osservato, linflazione erode il valore reale della moneta; questo significa
che chi in passato ha contratto dei debiti per una dato valore nominale, oggi, in presenza di inflazione, si
trover a rimborsare un debito che a parit di valore monetario avr un valore reale inferiore. Anche sul
piano del costo del finanziamento, se il tasso di interesse fissato in passato inferiore al tasso di
inflazione, il debitore si trover avvantaggiato. Ovviamente, quelli che costituiscono vantaggi per i
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 87

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
debitori costituiscono svantaggi per i creditori che, pertanto, vengono penalizzati sia rispetto al valore del
capitale investito nel prestito, sia rispetto alla remunerazione dello stesso.
Questo ci spiega, allora, come linflazione produca effetti sulla destinazione del risparmio, scoraggiando
gli investimenti finanziari a reddito fisso (quelli cui normalmente si rivolgono le famiglie) a favore degli
investimenti finanziari a reddito variabile e, soprattutto, degli investimenti in beni cosiddetti rifugio
(come gli immobili, loro, le opere darte ecc).
Dobbiamo concludere, dunque, che linflazione non solo produce uniniqua redistribuzione del reddito,
ma causa anche una iniqua redistribuzione del patrimonio.
Essa, infatti, favorisce coloro che hanno investito in beni reali ( imprese e speculatori) a scapito di coloro
che hanno investito in attivit finanziarie, cio in prestiti (famiglie); e se si pensa poi che, come spesso
accade, i primi finanziano i propri investimenti attingendo ai prestiti delle famiglie, al danno si aggiunge
anche la beffa!

Gli effetti sulle scelte delle imprese

Come abbiamo appena osservato, linflazione opera una redistribuzione del reddito e del patrimonio che
penalizza le famiglie e, in genere, i percettori dei redditi medio bassi, vale a dire, dei redditi con
propensione marginale al consumo pi elevata; mentre, al contrario, favorisce i redditi medio alti, quelli,
cio, con propensione marginale al consumo pi bassa. I redditi penalizzati, data lalta propensione al
consumo, contrarranno i consumi pi di quanto i redditi favoriti, data la loro bassa propensione al
consumo, li aumenteranno. La logica conseguenza sar, quindi, una diminuzione dei consumi e, in
generale, un peggioramento delle aspettative degli imprenditori.
Le imprese, pertanto, saranno portate a frenare gli investimenti e, spesso, a rallentare la produzione e a
diminuire loccupazione scegliendo, come gi osservato in precedenza, di investire le proprie attivit
finanziarie in beni reali e in attivit speculative.

Gli effetti sulla finanza pubblica

Linflazione avvantaggia lo Stato in quanto grande debitore verso i cittadini (titoli del debito pubblico) e
grazie al maggior gettito fiscale prodotto dal fiscal drag.
Tuttavia, rispetto alla sua funzione di Spesa, lo Stato viene penalizzato sia dallaumento dei prezzi dei
beni e dei servizi sia dalladeguamento delle retribuzioni del pubblico impiego. Laumento della Spesa
pubblica normalmente supera laumento delle entrate portando spesso ad una crisi fiscale dello Stato.
Laumento della Spesa pubblica, a sua volta, comporterebbe un inasprimento dellinflazione qualora
fosse finanziata con moneta di nuova emissione (va ricordato che questa manovra non consentita per i
paesi UE).

Gli effetti sulle relazioni economiche internazionali

Un aumento del livello generale dei prezzi interno ad una nazione produce una diminuzione della
competitivit dei suoi prodotti per i paesi esteri che, come chi acquista allinterno, si trovano a pagare per
gli stessi beni prezzi pi elevati. E facile comprendere come la diminuzione di tale competitivit porti ad
una contrazione delle esportazioni.
Inoltre, anche se vero che in una tale condizione la valuta nazionale potrebbe essere svalutata, non
detto, come vedremo pi avanti studiando i rapporti economici con lestero, che il vantaggio che ne
deriverebbe in termini di competitivit sia sufficiente a compensare lo svantaggio iniziale.

88 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
Va poi osservato che la perdita di competitivit dei prodotti interni porta ad un aumento delle
importazioni e che, anche in questo caso, uneventuale svalutazione della moneta nazionale non
garantirebbe il ripristino della situazione di partenza garantendo, tuttavia, nuova inflazione importata a
causa del rincaro delle importazioni di materie prime e di fonti di energia indispensabili alla produzione.
Dunque, le esportazioni diminuiscono facendo diminuire i crediti verso lestero, mentre le importazioni
aumentano facendo aumentare i debiti verso lestero. Questa situazione, avendo le esportazioni segno
positivo e le importazioni segno negativo,. comporta effetti negativi sulla domanda aggregata e sul
reddito, e, evidentemente, sulla Bilancia dei pagamenti

La stagflazione

Con questo termine si intende definire la condizione di inflazione accompagnata da disoccupazione e


stagnazione della produzione.
In altre parole, questa una condizione in cui, insieme allinflazione, si verifica una diminuzione della
domanda aggregata e, di conseguenza, del reddito.
Di fatto, se si pensa agli effetti reali dellinflazione appena analizzati, appare evidente limpatto negativo
che essa pu avere su ognuna delle componenti della domanda aggregata.

I consumi
Abbiamo gi osservato che gli effetti redistributivi del reddito e del patrimonio a favore dei redditi pi
elevati e con minor propensione al consumo e a scapito dei redditi pi bassi e con maggior propensione al
consumo producono una diminuzione dei consumi.

Gli investimenti
In seguito alla diminuzione dei consumi, e date le pessimistiche aspettative nel futuro, gli investimenti
produttivi diminuiscono a favore di attivit speculative o di investimenti in beni reali. Gi questo basta a
produrre stagnazione e disoccupazione che, attraverso un effetto demoltiplicativo, comporta ulteriore
diminuzione dei consumi, peggioramento delle aspettative, diminuzione degli investimenti, contrazione
della produzione e delloccupazione .
Tuttavia, anche le altre componenti della domanda aggregata fanno la loro parte! Infatti ..

La spesa pubblica
Certo, la spesa pubblica, per contenere la stagnazione e la disoccupazione, dovrebbe aumentare. Tuttavia,
dovendo le autorit monetarie contenere lofferta di moneta e la liquidit del sistema che, concordi tutte
le scuole di pensiero, ad inflazione conclamata non farebbero che alimentarla a prescindere dalla causa
che lha scatenata, il governo si vede costretto a contenere la spesa il pi possibile.
Resta, tuttavia, il problema di finanziare la spesa che non pu essere tagliata e, in questa ottica, non da
escludere che il governo si veda costretto anche ad aumentare il gettito fiscale inasprendo la tassazione
dei redditi., manovra particolarmente necessaria se linflazione da domanda Infatti, in questo modo,
oltre che la diminuzione, o il contenimento, della spesa pubblica, si produce anche unulteriore
diminuzione dei consumi ed un ulteriore peggioramento delleffetto demoltiplicativo del reddito gi
descritto.

Le esportazioni e le importazioni
Ci gi noto che laumento dei prezzi interni rispetto lestero produce una diminuzione delle esportazioni
e un aumento delle importazioni, cio una diminuzione della domanda di beni prodotti allinterno del
paese con ulteriore diminuzione degli investimenti, della produzione e delloccupazione.
Inoltre, abbiamo osservato che il conseguente peggioramento della bilancia dei pagamenti potrebbe
portare ad una svalutazione della moneta nazionale che, a sua volta, renderebbe pi costosi i prodotti di
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 89

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
importazione indispensabili alla produzione (materie prime e fonti energetiche) causando ulteriore
inflazione (inflazione importata) e, ovviamente, acuendo le reazioni delle componenti della domanda
aggregata che stiamo ora analizzando.
In conclusione, in seguito allinflazione, tendono a diminuire tutte le componenti della domanda
aggregata eccetto una: lunica componente negativa che, invece, tende ad aumentare.

Quindi, dato che


Y= C +I +G +X M
se
C I G X M
allora
Y e occupazione

LE POLITICHE ANTIINFLAZIONISTICHE

Le politiche antinflazionistiche si basano sulle leve di politica monetaria e di politica fiscale che gi
conosciamo. Il loro impiego dipende dallorigine del fenomeno anche se, in generale, la necessit di
controllare la liquidit, una volta avviato il processo inflazionistico, richiede politiche di carattere
restrittivo.

Rispetto alle leve monetarie, quindi, un aumento del TUS e del coefficiente di liquidit obbligatorio sui
depositi bancari consente una riduzione della liquidit; lo stesso obbiettivo pu essere raggiunto, o
rafforzato, evitando di emettere nuovi titoli del debito pubblico e nuova moneta.

Rispetto alle leve fiscali, il contenimento della domanda aggregata attraverso la diminuzione della spesa
pubblica e laumento dellimposizione fiscale diretta comporta una diminuzione della domanda aggregata
e un contenimento delle spinte inflazionistiche da domanda. Va appena osservato che un aumento
dellimposizione fiscale indiretta produrrebbe s una diminuzione della domanda, ma attraverso
laumento dei prezzi e, quindi, alimentando linflazione.

Il contenimento della liquidit del sistema contribuisce al contenimento della domanda aggregata e
appare particolarmente utile nel contrastare linflazione causata da domanda.
Infatti, la diminuzione del debito pubblico e dellemissione di nuova moneta impone un contenimento
della spesa pubblica; laumento del TUS e del coefficiente obbligatorio di liquidit, garantendo
laumento dei tassi di interesse, inducono con certezza una diminuzione degli investimenti privati; la
diminuzione della spesa pubblica comporta la diminuzione della capacit di spesa dei redditi e, di
conseguenza, la diminuzione dei consumi; la diminuzione degli investimenti comporta la diminuzione
della produzione, delloccupazione e, ancora una volta, dei consumi.
A sostegno, possibile introdurre una maggior tassazione dei redditi che, facendo diminuire salari e
profitti, pu contribuire ad una ulteriore diminuzione di consumi e investimenti.

Il rischio di promuovere la crisi economica per difendersi dallinflazione evidente.

Anche per questo, va sottolineata la rilevanza della politica dei redditi, e non solo nel caso in cui
linflazione sia originata da un aumento dei costi di produzione dovuto ad un aumento del costo del
lavoro.

90 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
Infatti, da una parte, la difesa dei salari determinante per evitare la crisi economica e le tensioni sociali
e, dallaltra, il contenimento della loro crescita, a meno che non si verifichino aumenti della produttivit
del lavoro, determinante per non innescare la spirale prezzi salari prezzi e non alimentare, cos,
linflazione.
Come abbiamo avuto modo di osservare, linflazione sposta inevitabilmente reddito e benessere dai salari
e dagli stipendi ai profitti; un patto sociale, cio un accordo fra le parti sociali che percepiscono queste
contrapposte quote di reddito, pu limitare e contenere gli effetti sperequativi dellinflazione, pu limitare
il rischio di incorrere nella crisi economica e, in ultima analisi, pu gradualmente aiutare a controllare
linflazione.
Per questa politica, detta anche della concertazione, determinante il ruolo del governo, garante per
entrambe le parti, arbitro nel far rispettare le regole e, infine, attento nellattuazione di politiche fiscali a
sostegno dei salari, dunque dei consumi, e dei profitti, dunque degli investimenti e delle innovazioni
tecnologiche che, migliorando la produttivit, consentono di contenere i prezzi e linflazione.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 91

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

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92 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
CINZIA PULNERI

APPUNTI DI
ECONOMIA
POLITICA

LE RELAZIONI
ECONOMICHE CON
LESTER0

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Lequilibrio generale: il sistema IS LM

Cinzia Pulneri
ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

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LE ESPORTAZIONI E LE IMPORTAZIONI

Le esportazioni e le importazioni sono le variabili reali che nella domanda aggregata rappresentano le
variabili implicate da un sistema economico aperto alle relazioni con lestero.
In particolare, le esportazioni (X) rappresentano le cessioni di beni della nazione verso lestero, e le
importazioni (M) rappresentano gli acquisti di beni della nazione verso lestero:

Y=C+I+G+XM

Il loro contributo al reddito nazionale positivo per le esportazioni e negativo per le importazioni; il
saldo fra esportazioni e importazioni rappresenta il saldo della bilancia commerciale ed indica la capacit
della nazione di compensare con le vendite estere gli acquisti esteri.

La funzione delle esportazioni

Il livello di esportazioni di un paese dipende dal grado di competitivit dei suoi prodotti rispetto a quelli
esteri.
Infatti, a meno che questo non possieda beni in esclusiva e al tempo stesso indispensabili per tutti, anche
per i paesi che non ne dispongono, come, ad esempio, il petrolio, soltanto la convenienza pu attirare
verso un mercato straniero acquirenti che, altrimenti, compirebbero i loro acquisti nel proprio paese.
Ma che cosa si intende esattamente per competitivit? Va osservato che la competitivit di un prodotto,
cio la sua maggior convenienza o la sua maggior preferibilit rispetto agli altri prodotti simili, pu
dipendere dal suo prezzo, ma anche dalla sua qualit. Si pu parlare, quindi, di competitivit di prezzo e
di competitivit di qualit.

Competitivit di prezzo
La possibilit da parte di un paese di offrire sul mercato internazionale i propri prodotti a prezzi inferiori
di quelli praticati dagli altri paesi dipende da pi fattori:
il livello dei costi di produzione che, a loro volta, dipendono dal livello degli investimenti e dallo
sviluppo della ricerca (quindi dallo sviluppo tecnologico) e perci, in ultima analisi, dal reddito
interno, dal livello dei profitti e dalla possibilit delle imprese di investire sulla ricerca e
sullinnovazione tecnologica.
il livello del cambio, cio dal rapporto di valore che si stabilisce fra la moneta nazionale e le valute
estere;
il livello generale dei prezzi interno e la stabilit dei prezzi (cio il livello di inflazione).

Competitivit di qualit
In gran parte, la competitivit di qualit dipende dallo sviluppo tecnologico per il quale si rimanda a
quanto appena sopra osservato.

Come si pu notare, le esportazioni dipendono da variabili di lungo periodo, fatta eccezione per il
cambio, quando questo sia libero di oscillare e di variare liberamente sul mercato valutario (regime a
cambi flessibili) il che ci porta a considerare le esportazioni come una grandezza prevalentemente
costante nel breve periodo.

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 95

Linflazione

Cinzia Pulneri
La funzione delle importazioni

Considerando che le importazioni di un paese equivalgono alle esportazioni del paese controparte,
parrebbe di poter affermare che, allopposto delle esportazioni, le importazioni dipendono dal grado di
competitivit dei prodotti esteri rispetto a quelli nazionali.
Tuttavia, non sempre le importazioni sono motivate dalla convenienza; esistono, infatti, anche le
importazioni necessarie, relative a quei prodotti che, carenti o totalmente assenti sul territorio nazionale,
sono di fatto indispensabili alleconomia come, ad esempio, le fonti di energia e le materie prime che
vengono impiegate nei processi di trasformazione industriale.

Le importazioni competitive
Questa categoria di importazioni, come abbiamo osservato, dipendono dalla maggior competitivit di
pezzo e di qualit dei prodotti esteri rispetto a quelli nazionali. Naturalmente, le considerazioni in merito
alla competitivit sono le stesse, con segno opposto, che valgono per le esportazioni.

Le importazioni necessarie
Essendo necessario alla produzione, questo tipo di importazioni dipende fondamentalmente da due
fattori:
il livello del reddito, o della produzione, per cui le importazioni saranno tanto maggiori quanto
maggiore sar il reddito:
M = f (Y)
il grado di dipendenza della nazione dallestero che, a sua volta, dipende, da una parte, dalla scarsit
di materie prime e di fonti di energia e, dallaltra, dai settori produttivi prevalenti nella nazione; il
caso dellItalia, ad esempio, il caso di una nazione fortemente dipendente in quanto, non solo
povera di materie prime e di fonti energetiche, ma base anche gran parte della sua economia
sullattivit di trasformazione industriale.
Il grado di dipendenza dallestero determina lincremento di importazioni dovuto allincremento di
una unit di reddito; indicando tale grandezza con m minuscolo:
m=M/Y
che rappresenta lelasticit delle importazioni, cio la misura in cui le importazioni aumentano
allaumentare del reddito, o diminuiscono al diminuire del reddito.

La funzione delle importazioni, quindi, pu essere considerata variabile nel breve periodo in quanto
dipendente dal reddito e pu essere espressa come funzione diretta di questultimo in base alla
dipendenza del paese dallestero:
M = Ym

Leffetto di reddito

Va osservato, a questo punto, che, essendo le esportazioni costanti nel breve periodo ed essendo le
importazioni funzione diretta del reddito nel breve periodo, ad un aumento del reddito corrisponde un
aumento delle importazioni, componente negativa della domanda aggregata, ed una invarianza delle
esportazioni, componente positiva della domanda aggregata.
Ci ci porta allora a concludere che, in presenza di relazioni economiche con lestero, un aumento di
reddito subisce una correzione negativa a causa delleffetto negativo che esso comporta sul saldo della
bilancia commerciale:
0Y (X - M) 1Y < 0Y .
LA BILANCIA DEI PAGAMENTI

96 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Linflazione

Cinzia Pulneri
Ai flussi reali di beni e servizi che vengono importati ed esportati corrispondono i flussi monetari che
rappresentano i pagamenti verso lestero e le riscossioni dallestero e che, a loro volta, implicano i relativi
scambi valutari.
Infatti, se, ad esempio, lItalia esporta negli Stati Uniti, ricever in pagamento dollari che, poi, convertir
in euro, oppure, ricever euro che il cliente statunitense si sar procurato cedendo dollari; analogamente,
se, ad esempio., lItalia importa dal Giappone, dovr inviare in pagamento euro che il fornitore
giapponese convertir in yen, oppure, dovr inviare in Giappone yen acquistati cedendo euro. In entrambi
i casi avremo osservato uno scambio valutario: euro contro dollaro nel primo, yen contro euro nel
secondo.
Va ricordato, tuttavia, che i flussi monetari internazionali, e pertanto gli scambi valutari, non sono
giustificati dal solo regolamento degli scambi commerciali, ma da un insieme complesso di operazioni
che determinano la struttura della Bilancia dei pagamenti.

La struttura della Bilancia dei pagamenti

La bilancia dei pagamenti un prospetto contabile che registra tutti i movimenti monetari (valutari) che
avvengono fra un paese ed il resto del mondo.
Essa si compone di tre sezioni:
1. le partite correnti
costituite da
la bilancia commerciale (esportazioni importazioni di beni) E U
le partite invisibili (esportazioni importazioni di servizi, spese per il turismo, redditi da capitale)
EU
i trasferimenti unilaterali (rimesse degli immigrati, contributi ad organismi internazionali, aiuti
internazionali a titolo gratuito pubblici o privati) U
2. i movimenti di capitale
costituiti da
investimenti finanziari (acquisto e vendita di attivit finanziarie, come titoli azionari o
obbligazionari) E U
i prestiti internazionali (concessione ed estinzione di crediti da parte di istituzioni finanziarie ad
operatori economici) E U
investimenti diretti (investimenti reali) E U
3. i movimenti monetari compensativi
costituiti dai trasferimenti di valuta operati dalle autorit monetarie E U.

Il mercato valutario e il saldo della Bilancia dei pagamenti

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 97

Linflazione

Cinzia Pulneri
Indipendentemente dalle transazioni economiche da cui traggono origine, i pagamenti verso lestero (U)
implicano lacquisto di valuta estera, cos come le riscossioni dallestero (E) implicano la vendita di
valuta estera. A sua volta, lacquisto di valuta estera implica domanda di valuta estera, cos come la
vendita di valuta estera implica offerta di valuta estera:

U ACQUISTO VALUTA ESTERA DOMANDA VALUTA ESTERA (= OFFERTA VALUTA NAZIONALE)


E VENDITA VALUTA ESTERA OFFERTA VALUTA ESTERA (= DOMANDA VALUTA NAZIONALE).

Ma lespressione della domanda e dellofferta di un qualsiasi bene, in questo caso la valuta, presuppone
lesistenza del relativo mercato, sul quale lincontro fra domanda e offerta determiner lequilibrio di
mercato fisser un prezzo di equilibrio, in questo caso il cambio di equilibrio.

N.B.
Il cambio rappresenta il valore di una valuta espresso in termini
di unaltra valuta.
Se, ad esempio, consideriamo il dollaro e leuro, sapendo che un
euro vale circa 1,2 dollari, possiamo affermare che per gli USA il
cambio delleuro sar di 1,2 dollari:
1 euro costa agli USA 1,2 dollari.
Allo stesso modo, possiamo affermare che per lUE il cambio
del dollaro di 0.833 euro:
1 dollaro costa allUE 0,833 euro.

Volendo rappresentare il mercato valutario, dunque, dovremo rappresentare la domanda di valuta estera,
che equivale alle uscite verso lestero, e lofferta di valuta estera, che equivale alle entrate dallestero.
La domanda funzione inversa del cambio,
quindi rappresentata da una retta decrescente
cb rispetto al cambio: se il cambio aumenta, la
valuta costa di pi e la domanda diminuisce;
cb1 O (E)
lofferta funzione diretta del cambio, quindi
rappresentata da una retta crescente rispetto al
cbe cambio: se il cambio aumenta, la valuta costa
di pi e consente a chi la detiene un maggior
cb2 realizzo e lofferta aumenta.
E facile leggere dal grafico che lequilibrio
D (U) non corrisponde soltanto alluguaglianza fra
domanda e offerta, ma anche alluguaglianza
fra entrate ed uscite: si pu allora affermare che
lequilibrio fra domanda e offerta rappresenta
qe q1 q2 q valuta
lequilibrio della bilancia dei pagamenti.

98 ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Linflazione

Cinzia Pulneri
Quindi:
per cb = cbe D=O U=E EQUILIBRIO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI
per cb = cb1 D<O U<E AVANZO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI
per cb = cb2 D>O U>E DISAVANZO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI

Nella condizione sopra rappresentata, lequilibrio si verifica solo in corrispondenza del cambio cbe e, sia
in caso di avanzo, sia in caso di disavanzo, lequilibrio sar ripristinato soltanto raggiungendo
nuovamente tale cambio. Ci potr accadere se, in caso di avanzo, la domanda aumenter e lofferta
diminuir fino alleguaglianza e, al contrario, in caso di disavanzo, la domanda diminuir e lofferta
aumenter fino alleguaglianza.

Nel caso di squilibrio, tuttavia, il mercato pu ripristinare lequilibrio anche determinando un nuovo
cambio di equilibrio.
Se la domanda di valuta dovesse aumentare per
ragioni indipendenti dal cambio, per esempio
cb perch sono aumentate le importazioni, potrebbe
verificarsi un nuovo equilibrio, al livello del
O (E) cambio cbe2,.
In questo caso, il cambio dequilibrio
cbe2
aumenterebbe da cbe1 a cbe2, cos come i volumi
cbe1
di valuta scambiati aumenterebbero da q1 a q2, ma
D2 (U) la bilancia dei pagamenti si troverebbe
nuovamente in equilibrio, anche se in un nuovo
D1 (U) equilibrio.
Laumento del cambio dequilibrio equivale ad
una svalutazione della moneta nazionale, dato
che laumento del cambio corrisponde ad un
q1 q2 valuta maggior costo della valuta straniera in termini di
valuta nazionale.
La svalutazione della moneta nazionale la rende meno costosa per le valute estere e questo fa si che, a
parit di prezzi interni, i prodotti nazionali risultino pi convenienti per i paesi esteri. Questo recupero di
competitivit dovrebbe corrispondere ad un aumento delle esportazioni che, a loro volta, dovrebbero
tradursi in aumento di offerta di valuta estera (domanda di valuta nazionale) tale da compensare liniziale
aumento di uscite con un aumento di entrate.
Parallelamente, la svalutazione rende pi costosa per la valuta nazionale la valuta straniera e questo fa si
che, a parit di prezzi interni, i prodotti stranieri risultino per la nazione pi cari, provocando una
diminuzione delle importazioni concorrenziali. La diminuzione delle importazioni concorrenziali dovrebbe
tradursi in una diminuzione di domanda di valuta straniera (offerta di valuta nazionale) tale, anchessa,
da contribuire alla compensazione delliniziale aumento di uscite ( ad esempio per importazioni
necessarie) con una diminuzione di uscite ( ad esempio per importazioni concorrenziali).

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 99

Linflazione

Cinzia Pulneri
Analogamente, la rivalutazione della valuta nazionale potrebbe portare la bilancia dei pagamenti ad un
nuovo equilibrio attraverso laumento delle importazioni e la diminuzione delle esportazioni.

Il cambio di equilibrio diminuirebbe da cbe1 a


cbe2, cos come i volumi di valuta scambiata
cb diminuirebbero da q1 a q2
Il maggior valore della valuta nazionale
O (E) comporterebbe, al tempo stesso, una diminuzione
della competitivit dei prodotti nazionali, e
Cbe1
quindi una diminuzione delle esportazioni, ed un
Cbe2
aumento della competitivit dei prodotti
stranierei, e quindi un aumento delle
importazioni. Tutto ci si tradurrebbe in una
D (U) diminuzione delle entrate ed in un aumento delle
D1 (U) uscite fino a riportarle ad un livello di
eguaglianza.
q2 q1 valuta

La svalutazione, quindi, cos come la rivalutazione, sembrerebbero un sicuro rimedio contro gli squilibri,
sia positivi che negativi, della bilancia dei pagamenti.
Tuttavia, a tal proposito dovremmo porci almeno quattro domande:
1. Lesito di una svalutazione (o rivalutazione) sempre garantito?
2. E sempre opportuno svalutare la valuta nazionale?
3. E sempre possibile svalutare la valuta nazionale?
4. Se non si intende consentire la svalutazione della propria moneta, come si pu contrastare la tendenza
del mercato?

Lesito di una svalutazione sempre garantito? La condizione di Marshall - Lerner

E evidente che la principale preoccupazione riguardi lesito positivo della svalutazione: sempre vero
che per un paese indebitato con il resto del mondo, cio con la Bilancia dei pagamenti in deficit (U > E)
la svalutazione della propria valuta pu portare un effetto positivo facendo diminuire il deficit o
addirittura portando al pareggio?
Appare ovvio che, perch ci accadesse, sarebbe necessario che le E aumentassero in misura sufficiente a
bilanciare leccedenza di U, oppure che le U diminuissero in misura sufficiente ad annullare leccedenza
precedentemente formatasi.

100ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Linflazione

Cinzia Pulneri
Proviamo, con un esempio numerico, a verificare ci che pu accadere

Per comodit di calcolo, supponiamo una variazione del cambio, altamente improbabile,
del 100% e la conseguente svalutazione delleuro rispetto al dollaro, causata da un
aumento del 100% delle uscite ( pari a $ 100.000) a seguito del raddoppio di
importazioni necessarie, e osserviamo quali variazioni possono verificarsi rispetto
allesportazione di beni concorrenziali dalla UE agli USA (A) e quali variazioni possono
verificarsi rispetto allimportazione di beni concorrenziali dagli USA alla UE (B) e le
ripercussioni sulle entrate e sulle uscite

Bene A Prezzo Cambio Prezzo Quantit Entrate Effetto sulla


unitario unitario esportate di Bilancia dei
in in $ valuta pagamenti
prima della 100 1 100 1.000 100.000
svalutazione
Dopo la 100 2 50 2.000 100.000 0
svalutazione

Nel caso ipotizzato, il cambio raddoppiato, dimezzando il prezzo in dollari del bene A
che, in Europa, ha mantenuto il prezzo di 100 euro. Il recupero di competitivit del bene
A negli USA ha dato luogo ad un aumento delle esportazioni proporzionale alla
variazione del cambio; ci nonostante, la situazione della bilancia dei pagamenti
rimasta invariata, perch il raddoppio delle quantit esportate (da 1.000 a 2.000),
essendosi dimezzate le entrate in dollari per unit esportata (da 100 $ a 50 $) ha
mantenuto inalterate le entrate.

Bene B Prezzo Cambio Prezzo Quantit Uscite Effetto sulla


unitario unitario importate di Bilancia dei
in $ in valuta pagamenti
prima della 1.000 1 1.000 100 100.000
svalutazione
Dopo la 1.000 2 2.000 50 100.000 0
svalutazione

Anche in questo caso, il cambio raddoppiato, raddoppiando il prezzo in euro


del bene B che, negli Stati Uniti, ha mantenuto il prezzo di 1.000 dollari. La
perdita di competitivit del bene B nella UE ha dato luogo ad una diminuzione
delle importazioni proporzionale alla variazione del cambio; ci nonostante, la
situazione della bilancia dei pagamenti rimasta invariata, perch il
dimezzamento delle quantit importate (da 200 a 100), essendo raddoppiate le
uscite in dollari per unit importata (1.000 a 2.000), ha mantenuto le uscite
costanti.
Dallesempio possiamo trarre una conclusione:

ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA 101

Linflazione

Cinzia Pulneri
E vero che la svalutazione fa guadagnare competitivit ai prodotti nazionali e fa perdere competitivit
ai prodotti stranieri, ed vero che ci comporta un aumento delle esportazioni ed una diminuzione delle
importazioni; tuttavia, altrettanto vero che la svalutazione, cui corrisponde una diminuzione di valore
della valuta nazionale rispetto alla valuta straniera, comporta anche una diminuzione di valuta estera
guadagnata su unit esportata ed un aumento di valuta estera persa su una unit importata.
Ci fa si che laumento delle esportazioni (o la diminuzione delle importazioni) non portino alcun
beneficio neppure quando la loro variazione perfettamente proporzionale rispetto alla variazione del
cambio.

In effetti, perch la variazione delle esportazioni porti ad un aumento delle entrate, necessario che essa
sia pi che proporzionale rispetto alla variazione del cambio:
% X > % cb
il che pu essere espresso anche con la formula seguente:
% X / % cb > 1
dove % X / % cb rappresenta lelasticit delle esportazioni, cio la prontezza e la consistenza della
variazione delle esportazioni rispetto ad una variazione del cambio.
Come abbiamo potuto osservare nellesempio, una elasticit delle esportazioni uguale ad uno lascia le
entrate costanti; possiamo cos dedurre che una elasticit delle esportazioni minore di uno provochi una
diminuzione delle entrate.

Dunque:

Elasticit delle Ristpetto a 1 Tipo di esportazioni Variazione delle Effetto sulla


esportazioni entrate bilancia dei
pagamenti
% X / % cb =1 Ad elasticit unitaria Nulla Nullo
% X / % cb >1 Elastiche Aumento Positiva
% X / % cb <1 Rigide Diminuzione Negativa

Allo stesso modo, perch la variazione delle importazioni porti ad una diminuzione delle uscite,
necessario che essa sia pi che proporzionale rispetto alla variazione del cambio:
- % M > % cb
il che pu essere espresso anche con la formula seguente:
- % M / % cb > 1
dove% M/ % cb rappresenta lelasticit delle importazioni, cio la prontezza e la consistenza della
variazione delle importazioni rispetto ad una variazione del cambio.
Come abbiamo potuto osservare nellesempio, una elasticit delle importazioni uguale ad uno lascia le
uscite costanti; possiamo cos dedurre che una elasticit delle importazioni minore di uno provochi un
aumento delle uscite.

Dunque:

Elasticit delle Ristpetto a 1 Tipo di importazioni Variazione delle Effetto sulla


importazioni uscite bilancia dei
pagamenti
- % M / % cb =1 Ad elasticit unitaria Nulla Nullo
- % M / % cb >1 Elastiche Diminuzione Positiva
- % M / % cb <1 Rigide Aumento Negativa

102ITGS ad indirizzo sperimentale B. Pascal RE APPUNTI DI ECONOMIA POLITICA

Linflazione

Cinzia Pulneri
Dobbiamo tuttavia osservare che, considerando insieme leffetto della variazione delle importazioni e
delle esportazioni, un effetto positivo si pu ottenere anche con la somma della diminuzione di
importazioni (diminuzione di uscite) e dellaumento di esportazioni (aumento di entrate) se questo tale
da compensare il deficit della bilancia dei pagamenti.

Ci significa, allora, che non necessario che in assoluto siano maggiori di uno sia lelasticit delle
esportazioni che lelasticit delle importazioni, ma soltanto che la loro somma sia maggiore di uno,
cio che leffetto congiunto della variazione delle importazioni e delle esportazioni porti o ad una
diminuzione di uscite, o ad un aumento di entrate, che insieme compensino il deficit della bilancia dei
pagamenti:
( % X / % cb + - % M / % cb ) >1

Questa condizione, conosciuta come condizione di Marshall Lerner necessaria e sufficiente perch la
svalutazione della valuta nazionale garantisca un miglioramento del deficit della bilancia dei pagamenti.
Ci significa che, qualora la condizione suddetta non fosse rispettata, il paese che avesse proceduto alla
svalutazione, non solo si troverebbe con la propria moneta svalutata, ma avrebbe peggiorato o, nella
migliore delle ipotesi, lasciato inalterato il deficit della propria bilancia dei pagamenti.

E sempre opportuno svalutare la valuta nazionale? Linflazione importata.

Anche quando la condizione di Marshall Lerner fosse rispettata, necessario chiedersi, comunque, se la
svalutazione della moneta nazionale sia una scelta consigliabile.
Va tenuto presente, infatti, che talvolta la perdita di valore della valuta nazionale potrebbe rappresentare,
nel quadro degli equilibri politici internazionali, una scelta strategicamente negativa.
Inoltre, necessario tener conto del fatto che la svalutazione, comportando un aumento del costo delle
importazioni, pu facilmente provocare inflazione importata, a causa del maggior costo delle materie
prime e delle fonti di energia. In questo caso leconomia interna dovrebbe fronteggiare la conseguente
inflazione da costi.

E sempre possibile svalutare la valuta nazionale? Il regime a cambi fissi

Va tenuto presente, inoltre, che non sempre le nazioni sono libere di lasciare fluttuare il proprio cambio
liberamente sul mercato.
In realt, accordi ufficiali sottoscritti da alcuni paesi possono creare i cosiddetti regimi a cambi fissi,
nellambito dei quali, i paesi aderenti, una volta fissato di comune accordo il valore reciproco della
propria valuta rispetto alla valuta degli altri paesi aderenti, si impegnano a mantenere inalterato tale
rapporto di cambio, eccezion fatta per una limitata banda di oscillazione che, realisticamente, prevede la
variabilit quotidiana, seppur minima, dei cambi.
In questi casi, dunque, sono dei veri e propri accordi politici che impediscono la possibilit di svalutare
la propria moneta e la possibilit di porre in atto delle vere e proprie strategie concorrenziali, nei
confronti dei partners commerciali pi vicini.
E, questo, il caso dello SME, il Sistema Monetario Europeo, che ha preceduto lavvento delleuro. Fino
allintroduzione della moneta unica, infatti, i paesi della Comunit Europea, in seguito Unione Europea,
si impegnavano a mantenere costante il rapporto di cambio fra la propria moneta e la moneta degli altri
paesi. Il regime di cambi a cui aderivano era dunque un regime a cambi fissi.
Oggi, leuro contiene e ha superato le singole monete europee, per cui la nostra valuta non pi vincolata
alla valuta dei nostri partners europei: di fatto, lintroduzione delleuro ci ha riportato ad un antico
regime a cambi flessibili.
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Linflazione

Cinzia Pulneri
Se non si intende consentire la svalutazione della propria moneta, come si pu contrastare la
tendenza del mercato? Le manovre contro la svalutazione e per lequilibrio della bilanci a dei
pagamenti

Chiarito che, ammesso e non concesso che si verifichi la condizione di Marshall Lerner, non sempre
possibile e non sempre opportuno lasciare che la propria valuta si svaluti, quali sono le manovre a
disposizione delle autorit monetarie e del Governo per contrastare la tendenza di mercato alla
svalutazione che, inevitabilmente, si propone quanto la bilancia dei pagamenti presenta un deficit?

La manovra delle riserve valutarie (movimenti monetari compensativi)


Se teniamo presente che il deficit della bilancia dei pagamenti coincide con leccedenza delle uscite
(domanda di valuta estera) con le entrate (offerta di valuta estera), facile capire che le Banca centrale,
che detiene riserve di valuta estera, pu contrastare la tendenza del mercato alla svalutazione vendendo
valuta estera. In questo modo, laumento di offerta di valuta estera e il corrispondente aumento di
domanda di valuta nazionale possono portare alla diminuzione del cambio e alla rivalutazione della
moneta nazionale.
Va tuttavia osservato che per le banche centrali le riserve valutarie sono degli stock, cio sono delle
quantit finite, che non consentono lapplicazione strutturale di questa manovra a fronte di un deficit
continuo della bilancia dei pagamenti.

La manovra del TUS (movimenti di capitali finanziari)


Un aumento del TUS comporta un aumento generale dei tassi di rendimento finanziari attirando capitali
finanziari dallestero. Ci comporta un aumento di entrate di capitali stranieri e un rientro di capitali
nazionali. Anche in questo modo, quindi, possibile ottenere un aumento delle entrate valuta estera e una
diminuzione delle uscite di valuta estera.
Purtroppo, per, i capitali finanziari mondiali costituiscono uno stock, non un flusso, e, come quantit
finite, non consentono di ottenere effetti duraturi nel tempo, tali da fronteggiare deficit strutturali della
bilancia dei pagamenti.

Le politiche restrittive
Di fatto, a fronte di un deficit della bilancia dei pagamenti di tipo strutturale, quando non sia possibile
cio utilizzare manovre efficaci solo nel breve periodo (come la svalutazione quando si verifichi la
condizione di Marshall Lerner, la manovra delle riserve valutarie, la manovra del TUS), necessario
agire sullunica variabile di breve periodo relativa alle relazioni con lestero, cio sulle importazioni.
Diminuire le importazioni, infatti, consente una diretta diminuzione delle uscite di valuta e un
miglioramento della bilancia dei pagamenti.
Purtroppo, la diminuzione delle importazioni non pu che basarsi sulla relazione M = Ym, e quindi su
una diminuzione di reddito.
Ci significa che a tal fine saranno efficaci politiche restrittive sia di natura reale che di natura monetaria.
Cos, la diminuzione della spesa pubblica, laumento dellimposizione fiscale, laumento del TUS (che
attira anche capitali finanziari stranieri verso la nazione), consentiranno una diminuzione delle uscite, a
causa della diminuzione delle importazioni dovuta alla diminuzione del reddito.
Non va dimenticato, tuttavia, che le manovre restrittive sopra ricordate avranno un effetto depressivo
sulleconomia, sul suo grado di sviluppo e sul livello di benessere della popolazione.

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Questo il motivo per cui i profitti dovranno essere comunque salvaguardati dallimposizione fiscale, a
patto che si traducano in un potenziamento degli investimenti in ricerca e in tecnologia che porti ad un
recupero di competitivit e, finalmente, ad un aumento delle esportazioni e al riequilibrio della bilancia
dei pagamenti.

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