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GOOGLE

SEO
STRATEGIE E TECNICHE MOBILE E DESKTOP PER SITI ED E-COMMERCE

Marco Ziero
Apogeo - IF - Idee editoriali Feltrinelli s.r.l.
Socio Unico Giangiacomo Feltrinelli Editore s.r.l.

ISBN edizione cartacea: 9788850334162

Il presente file pu essere usato esclusivamente per finalit di carattere


personale. Tutti i contenuti sono protetti dalla Legge sul diritto dautore.

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Introduzione
A Elisa e Greta per avermi concesso parte del loro tempo.
A Marco Bianchi perch nel professionista che sono oggi, c molta farina del suo sacco.
A MOCA. Perch non potrebbe essere altrimenti.

Questo libro per chi vuole orientarsi nel mondo della SEO. Per chi
investe tempo e denaro nella SEO. I lettori che dovrebbero trovarlo pi
interessante sono quelli che lavorano a stretto contatto con aziende di varie
dimensioni.
Questo libro anche per chi da anni legge di SEO, a spizzichi e bocconi,
ma desidera fare un po di ordine e unire i puntini; in tal senso penso sia
utile leggere il feedback che ha lasciato Luisa Carrada, business writer,
dopo aver assistito a una delle mie lezioni:
stata una panoramica molto chiara su un tema sfuggente e per niente facile: Marco Ziero ha
un approccio divulgativo che non d mai niente per scontato.

A essere sincero questo libro anche un po per me. Sono un idealista


romantico che non sopporta la mancanza di etica e di onest. Questo mi ha
portato a combattere - e perdere - tante volte con i mulini a vento. Quindi
questo libro una grande opportunit per dare visibilit a un tipo di
messaggio e a un approccio - mio e di tanti altri bravi professionisti - che
spero tanto diventi, nei prossimi anni, lo standard piuttosto che leccezione.
Troppe persone approfittano della complessit (che effettivamente a volte
c) della materia con lobiettivo di guardare prima ai propri fini che a
quelli dellinterlocutore; ecco, vorrei provare a gettare le basi per favorire
dialoghi, conversazioni e confronti (anche commerciali) che si chiudano
con una vittoria su entrambi i fronti.
Per chi non questo libro? Non il libro giusto se sei un professionista
con anni di esperienza nella SEO o hai unestrazione e delle esigenze di
approfondimento squisitamente tecniche: non sono un tecnico, non parlo
quella lingua e, al netto di dove strettamente necessario, ho evitato di
inserire passaggi e dettagli troppo tecnici (codice, server ecc.).
Soprattutto, questo libro non per chi cerca la scorciatoia e la formula
magica: in pi di dieci anni che faccio questo lavoro non ne ho mai trovata
una che valesse davvero la pena utilizzare e che, soprattutto, avrei proposto
a unazienda cliente.
Come leggere questo libro
Nella prima parte ho voluto dare un ruolo e una dimensione alla SEO,
immaginandola allinterno di una strategia di promozione su Internet di pi
ampio respiro. Ho dato quindi spazio a concetti non propriamente SEO, ma
che comunque ne rappresentano parte delle fondamenta come:
customer journey;
funnel di conversione;
intento (di ricerca).
Questi temi mi hanno consentito di dare allargomento il taglio che
voglio e che potrei descrivere con queste due frasi:
prima di applicare tutto quello che Google ci suggerisce dobbiamo
preoccuparci di generare del valore (contenuti, esperienza di
navigazione ecc.) per le persone;
il posizionamento - la mitica prima posizione - un mezzo, non un
fine.
Poi si entra nel vivo dei contenuti tipici della SEO anche se ho voluto
dire la mia in termini di ordine e gerarchia: prima di entrare nel sito web,
mi sono soffermato sulla pagina dei risultati di ricerca di Google (SERP,
Search Engine Result Page), ho voluto descrivere prima gli aspetti, e i
fattori, pi discussi nel 2016 e nel 2017 per poi seguire la tradizionale
struttura di un libro sulla SEO: fattori tecnologici, fattori interni, fattori
esterni, indicizzazione (che non la stessa cosa del posizionamento, ma lo
leggeremo pi avanti).
Ci sono degli approfondimenti sulle penalizzazioni, su specifici ambiti di
ottimizzazione SEO (le ricerche locali o YouTube, per esempio), su contesti
internazionali e per gli e-commerce.
Infine ci sono le conclusioni, le mie preferite, dove in modalit dica la
verit, tutta la verit, nientaltro che la verit ho voluto raccogliere
pensieri, riflessioni e suggerimenti circa i dialoghi e le relazioni tra chi fa
(vende) SEO e chi la compra.
Dove lho ritenuto opportuno, ho chiesto laiuto di alcuni amici e
colleghi; i criteri non sono stati la popolarit e il seguito degli stessi bens
solo e solamente il fatto che sono certo di due cose:
hanno apportato valore a questo libro e a chi lo legge;
condividono il mio approccio: entriamo in empatia con i progetti dei
clienti e li sentiamo nostri.
Vi potete fidare ciecamente delle persone che hanno partecipato alla
realizzazione di questo progetto editoriale.
Non mi resta che augurarvi buona lettura.
Contributi
Questo libro esiste anche grazie a contributi che alcuni colleghi mi hanno
gentilmente fornito.
Queste citazioni e ringraziamenti - rigorosamente in ordine di
apparizione - sono quindi per me doppiamente importanti.
Dario Sarti (https://www.linkedin.com/in/dariosarti/), Head of Web
Marketing in Websolute, affascinato dalla concretezza delle parole e
dalla creativit dei numeri, e vive in un equilibrio tanto perfetto quanto
precario fra ragione e sentimento. A lui si deve nel Capitolo 1 la parte
Oltre le parole chiave.
Nicola Bonora (https://www.linkedin.com/in/nicolabonora/), Design
Strategist in Mentine, da anni disegna e ridisegna esperienze online per
fare incontrare gli obiettivi delle aziende con i bisogni delle persone. A
lui si deve nel Capitolo 3 la parte User experience (UX) e SEO.
Francesco Piersimoni (https://www.linkedin.com/in/francescopiersimoni/),
cofondatore e Head of SEO di Adrias Online, imprenditore digitale
riminese con oltre 10 anni di esperienza nel Search Marketing. A lui si
deve nel Capitolo 4 la parte Fattori esterni.
Piersante Paneghel (https://www.linkedin.com/in/pieropan/), SEO
consultant in Searchbrain.it, ha iniziato a occuparsi di SEO nel 1997
specializzandosi in troubleshooting SEO e penalizzazioni. Proveniente
da una formazione umanistica, adora il suo lavoro e a lui si deve
lintero Capitolo 6.
Capitolo 1
Verso un progetto di visibilit
SEO

Che cos la SEO?


Si tratta di un acronimo: SEO, anzi, S.E.O. sta per Search Engine
Optimization.
Il termine, coniato nellestate del 1995 da Leland Harden, Bob Heyman e
Rick Bruner - in realt su suggestione di un loro cliente - vuole abbracciare
tutte le attivit volte a migliorare, a ottimizzare appunto (optimization), la
visibilit di un sito web a fronte di una ricerca su un motore di ricerca
(search engine).
RIFERIMENTO
Laneddoto riportato nel paragrafo sopra raccolto nel libro di Rick E. Bruner, Net
Results: Web Marketing That Works, Hayden Books, 1998.

In Italia lo scenario dei motori di ricerca piuttosto semplificato: il 95%


circa delle ricerche giornaliere avviene su Google (fonte: StatCounter
GlobalStats, https://goo.gl/J6vrCW, Figura 1.1).
Ne deriva quindi che la definizione si pu rivedere cos: la SEO
rappresenta tutte le attivit per creare le condizioni affinch un sito web sia
pi visibile su Google.
Nella pagina dei risultati di ricerca di Google (successivamente SERP,
Search Engine Results Page) per, convivono due grandi gruppi di risultati:
quelli organici (o naturali) e quelli a pagamento.
Figura 1.1 Percentuale di utilizzo dei motori di ricerca in Italia nel periodo gennaio 2016 -
gennaio 2017.

Una volta si poteva semplificare specificando che i risultati organici


erano quelli a sinistra della SERP mentre quelli a pagamento stavano sulla
destra; solo che poco dopo il 2000 (anno di nascita del programma che
gestisce i risultati a pagamento, Google AdWords), il motore di ricerca ha
progressivamente avvicinato i risultati fino ad arrivare al contesto attuale:
tutti i risultati stanno sulla sinistra della SERP, quelli a pagamento stanno,
spesso, sopra e sotto quelli organici ed possibile distinguerli da
unetichetta - al momento della scrittura di questo libro - bianca e verde con
la scritta Ann. (Figura 1.2).
Perch questo dettaglio rispetto alla presenza simultanea di risultati
naturali e a pagamento? Perch la SEO fa riferimento solo ai primi:
ufficialmente non ci sono correlazioni tra le attivit che si svolgono su una
famiglia di risultati e gli effetti che si possono avere sugli altri.
La definizione, quindi, si pu ulteriormente dettagliare: la SEO
rappresenta tutte quelle attivit per creare le condizioni affinch un sito web
sia pi visibile tra i risultati organici di Google.
facile desumere che i risultati che stanno in cima alla classifica -
perch di classifica si tratta - godano di maggiore visibilit agli occhi della
persona che effettua la ricerca su Google; per chi investe nella SEO, le
prime posizioni sono le pi interessanti, quelle alle quali ambire. E le
recenti mutazioni della SERP - prima solamente accennate - non sono
andate nella direzione di favorire i risultati organici, anzi. Guardiamo la
Figura 1.3: si tratta della no-scroll area (la porzione di monitor
immediatamente visibile, prima di scorrere verso il basso) riferita alla
medesima SERP nella Figura 1.2. I risultati organici sono appena visibili.
Figura 1.2 Un esempio di SERP competitiva per far vedere, assieme, i risultati organici
(naturali) e a pagamento (distinguibili dalletichetta Ann.).

Figura 1.3 La no-scroll area della SERP per la parola chiave assicurazione auto: i risultati
organici sono appena visibili sulla parte bassa dellarea.

E se ripetiamo lesercizio con un dispositivo mobile (smartphone), la


situazione peggiora ulteriormente (Figura 1.4).
Figura 1.4 La no-scroll area della SERP per la parola chiave iphone 7 da smartphone: i
risultati organici non sono visibili se non scendendo verso il basso.

La domanda che ne deriva, quindi, spesso : come si fa a essere primi?


Poniamo molta attenzione alla risposta - sincera - che sto per darvi: non lo
so. E ascoltiamo con un pizzico di dubbio e distanza chi invece afferma il
contrario.
A eccezione, probabilmente, di tre persone sul pianeta Terra, nessuno
conosce la formula matematica (lalgoritmo) alla base del funzionamento di
Google nella sua interezza; ed giusto che sia cos perch, realisticamente,
non pu sussistere una classifica dove siamo tutti primi. Per negli anni
labbiamo conosciuta e capita sempre di pi e abbiamo intuito e compreso
molte delle leve su cui agire per ottenere una maggiore visibilit a fronte di
una ricerca; labbiamo fatto grazie a test, confronti tra colleghi e
comunicazioni ufficiali da parte di Google.
Tralasciando per un momento gli aspetti economici, Google desidera
davvero agevolare la persona che cerca fornendo, in poco tempo e pochi
clic, risultati di qualit (ovvero in grado di rispondere allesigenza
originaria); e sa che chi si occupa di SEO pu avere un ruolo davvero
importante rispetto a questo suo intento perch pu diffondere e distribuire
le buone pratiche per un Web e unesperienza di ricerca migliori. Ed
giusto che venga condiviso anche il medesimo destinatario degli sviluppi
che Google ha avuto negli ultimi anni: le persone.
La SEO si trasformata molto nei suoi primi ventanni: nata come una
disciplina con una profonda connotazione tecnica ha affiancato
progressivamente aspetti che hanno pi a che fare con la psicologia, la
facilit di utilizzare uninterfaccia web, il dispositivo dove avviene la
ricerca, la scrittura, lesperienza del momento di ricerca. Di nuovo, non ha
perso le sue peculiarit tecniche (anchesse evolute), ma nel tempo
diventata una disciplina che, come tutte le attivit che stanno sotto al
cappello del marketing, ha messo al centro la persona.
Esattamente come ha fatto Google agendo direttamente sul suo
algoritmo: ha regolato il peso specifico di alcuni elementi e ne ha introdotti
degli altri; per questo motivo che la SEO cambiata nel tempo, perch
deve per forza rifarsi alle regole dettate da Google e dalla sua formula
magica.
Agli albori un sito web che non generava valore per le persone, ma che
era sviluppato molto bene secondo i principi SEO, aveva ottime possibilit
di raggiungere posizionamenti molto buoni nelle SERP; oggi un sito web di
questo tipo - generalizzando - potrebbe avere possibilit vicine allo zero di
raggiungere il medesimo obiettivo (soprattutto se ragionato sul lungo
periodo). Paradossalmente se un sito web presenta contenuti utili e, quasi di
conseguenza, riceve citazioni e menzioni (sotto forma di link) pu ambire a
un ottimo grado di visibilit anche se non abbraccia al cento per cento
lABC della SEO, quellABC che ai primi tempi rappresentava quasi una
conditio sine qua non. Perch? Perch Google ha iniziato a considerare
anche altri elementi che gli consentono di comprendere se un sito web
meritevole di posizioni elevate nella classifica. E anche se questo ha
costretto chi si occupa di SEO a rivedere i propri metodi di lavoro, ha
comunque generato una situazione migliore per la persona che cerca: tra i
risultati non primegger il sito web migliore lato SEO bens il sito web che
restituisce pi valore alle persone che ci finiscono dentro; se poi
questultimo sito web applica anche i tradizionali principi della SEO,
bingo!

Quali obiettivi raggiunge?


La SEO unattivit che richiede degli investimenti: di tempo e di
denaro.
Come tutte le altre attivit di promozione su Internet, pu essere
classificata secondo le etichette push e pull. Nella fattispecie la SEO
unattivit pull. Significa che chi si occupa di SEO non pu abilitare il
processo di ricerca, al contrario, deve essere proattivo per farsi trovare
pronto quando la persona cerca e scorre i risultati con gli occhi. In altre
parole, affinch la SEO abbia senso, deve esserci una domanda che si
traduce in ricerca.
Per esempio, se abbiamo inventato un oggetto che prima non esisteva, le
persone - senza stimoli da altri canali - probabilmente non digiteranno mai
in Google unespressione che si rifar al nostro oggetto: in questo caso
investire nella SEO avrebbe poco, o addirittura nessun senso.
A fronte dellesistenza di una domanda, quindi, la SEO agevola il fatto di
veicolare tale interesse (ricerca) verso un dato sito web. Lobiettivo, in tal
senso, quello che viene chiamato acquisizione di traffico (dai motori di
ricerca).
Ma guadagnare traffico grazie a un posizionamento ottenuto attraverso
attivit SEO ben svolte, deve essere visto sotto la luce pi corretta: si tratta
di un mezzo, non di un fine; ricavare visite e visite dai motori di ricerca per
poi, per, non ricevere alcuna email oppure, per esempio, non ottenere
nuovi iscritti alla newsletter, una strategia povera e di breve periodo.
La SEO si pu misurare con dei numeri (per esempio il gi citato traffico
o la posizione nella SERP) ma pi corretto che venga vista come un
fattore abilitante per poi far succedere delle cose (allinterno del sito).
Applicare le buone pratiche da un punto di vista SEO ci permette di farci
trovare pronti in un momento molto strategico: lincontro tra domanda e
offerta. In altre parole un alleato per farci intercettare da persone che, via
Google, stanno cercando di soddisfare unesigenza; esigenza alla quale noi
riusciamo a fornire risposta.
Lobiettivo finale non deve essere solo e solamente incrementale: pi
iscritti alla newsletter, pi opportunit commerciali, pi fatturato; la SEO ci
pu aiutare anche ad agire di efficienza abbattendo i costi. Per esempio:
alcune aziende utilizzano dei servizi di assistenza clienti telefonica di terze
parti che fatturano in base al numero di telefonate gestite; converremo che,
in alcuni contesti, rivolgersi allassistenza clienti via telefono rappresenti
lultima spiaggia. quindi realistico pensare che, prima di telefonare, il
cliente un tentativo con Google labbia fatto. Ecco, se lazienda censisse le
domande che vengono fatte allassistenza clienti e realizzasse una sezione
del sito dedicata a fornire delle risposte - facendoci sopra della SEO -
potrebbe intercettare e aiutare le persone che prima di telefonare
allassistenza clienti channo provato da sole con Google, riducendo cos il
numero di telefonate gestite e, di conseguenza, la fattura a fine mese.
Queste esigenze sono davvero numerose - su Google, a livello mondiale
avvengono 3,3 miliardi di ricerche al giorno o, in altri termini, quasi 55.000
ricerche al secondo (fonte: internetlivestats, https://goo.gl/rvQx7W) - e varie - a
ottobre del 2015, Google affermava che ogni giorno registrava in media pi
di 800.000 nuove ricerche. Possiamo quindi affermare che il motore di
ricerca viene utilizzato per risolvere diverse esigenze, per dare risposta a
diverse tipologie di intenti.
Intento una parola che, progressivamente, stata spostata sempre pi al
centro della SEO. Poich questa disciplina ci vuole spiegare come farci
trovare pronti quando le persone cercano, diventato via via sempre pi
strategico capire, oltre a cosa viene cercato, anche qual lintento di
ricerca, in quale punto del processo di acquisto si trova chi sta cercando.
Insomma, le tonalit di grigio sono numerose e anche Google si quasi
visto costretto a richiamare tutti questi intenti - o istanti - allinterno delle
seguenti quattro categorie denominate micro-momenti.
1. I-want-to-know, ricerche di tipo esplorativo per conoscere meglio un
prodotto o un argomento.
2. I-want-to-go, ricerche di connotazione locale per risolvere unesigenza
qui e ora.
3. I-want-to-do, ricerche che fanno intendere una propensione marcata a
unazione.
4. I-want-to-buy, ricerche che fanno intendere una propensione
allacquisto.
Anche se ci sar, pi avanti nel libro, un approfondimento ad hoc sui
micro-momenti, utile richiamarli ora perch consentono di intuire quali
sono gli obiettivi che possiamo aspettarci dalla SEO: dare risposta alle
diverse esigenze - quelle di nostra competenza, almeno - per le quali le
persone cercano una risposta su Google.
Ne deriva, perci, uno studio preliminare di tali bisogni estendendo
lanalisi alla persona in senso pi ampio: quali sono le sue abitudini online,
quali dispositivi utilizza, quali messaggi cerca, quale linguaggio comprende
meglio. Questo oggi il ruolo - anche - della SEO ed da qui che bisogna
partire.
Strategia di visibilit online
Ci sono dei passaggi obbligatori quando si disegna una strategia di
visibilit online: definire che esigenze risolve il prodotto o il servizio in
oggetto, a chi si rivolge, quale messaggio deve essere veicolato, che
obiettivi e tempi ci diamo, quanti soldi vogliamo e dobbiamo investire.
Naturalmente ce ne sono tanti altri e tra questi ci sono anche i canali: dove
andiamo a intercettare le persone che sappiamo essere i destinatari della
proposta di valore? Google e la SEO, in alcuni casi, possono essere
contemplati tra le possibili risposte a questa domanda. In alcuni casi, non
sempre, perch devono verificarsi delle condizioni; sia a livello di offerta
che di domanda. Vediamo quindi, secondo questi due punti di vista, quando
ha senso dedicare parte dellinvestimento alla SEO e quando, invece, non
ha senso.

Quando non utilizzare la SEO


I risultati di ricerca compaiono - logica deduzione - a fronte di una
ricerca; ha quindi senso presenziare il contesto della SERP (sia per i risultati
organici, quindi la SEO, che per quelli a pagamento, quindi Google
AdWords) solo se prima qualcuno ha fatto una ricerca.
Tale ricerca fa sempre riferimento a unesigenza; pi o meno urgente, pi
o meno marcata, ma sempre unesigenza. Pu prendere tante forme: il nome
di unazienda, il nome del prodotto o del servizio di unazienda, la necessit
di comparare due soluzioni offerte dal mercato, la curiosit di cercare delle
opinioni e delle offerte promozionali prima di procedere allacquisto.
Esigenze diverse che poi vengono condensate in ununica espressione, che
nel mondo della SEO prende il nome di parola chiave.
Una piccola digressione: con parola chiave non si fa riferimento al
singolo termine bens allintera espressione utilizzata dalla persona quando
fa una ricerca; come scrivere un libro per la prima volta noi SEO la
consideriamo ununica parola chiave, non otto specifiche parole chiave.
Chiusa la digressione.
Se abbiamo inventato una penna che grazie a un motore interno e alle
relative vibrazioni inferte al braccio, favorisce il sonno, una penna per
dormire insomma (scusate la fantasia vicina al reato) non andiamo a
investire in SEO: nessuno cercher su Google penna per dormire. Se invece la
soluzione risponde a unesigenza percepita, e quindi cercata su Google,
allora la SEO pu essere una strada corretta a condizione, per, che questa
volta siamo noi a essere adatti a lei. Semplificando allestremo, due
fattori molto importanti dellalgoritmo di Google sui quali possiamo agire,
pi o meno direttamente, sono i contenuti e le citazioni o menzioni (link, o
meglio, backlink) provenienti da altri siti web. Se attorno a quellesigenza, a
quella parola chiave, non abbiamo costruito un testo che fornisce una
risposta, in realt, non stiamo risolvendo la conditio sine qua non per
ottenere visibilit sulle SERP di Google; e se invece il contenuto ce
labbiamo ma lazienda cos poco conosciuta, magari perch nata da poco,
da non avere menzioni provenienti da altri siti, stiamo mancando quello che
a oggi, e per tutti questi anni, stato probabilmente il primo fattore di
visibilit su Google, cio la notoriet del nostro sito web, e quindi non
abbiamo creato lecosistema per far aumentare la probabilit di essere
trovati da chi utilizza il motore di ricerca.
In questo contesto, e prima di chiedere a Google di generarci del
fatturato, dobbiamo quindi agire su due piani: un livello editoriale che passa
per una precisa conoscenza del prodotto (o servizio), del cliente e delle sue
necessit e un livello di notoriet che pu essere alimentato, a sua volta, da
altri canali e attivit: i social media e le attivit di pubbliche relazioni online
sono due ottimi strumenti in tal senso.
Ci sono poi altri due contesti dove immaginare di ottenere dei risultati da
attivit SEO parecchio ambizioso.
1. Quegli scenari molto competitivi dove le aziende si fanno la guerra a
colpi di SEO da oramai ventanni (uno a titolo di esempio: il campo
assicurativo e la celebre parola chiave assicurazioni online). In questo
caso la competizione sta andando avanti da troppo tempo per sperare
di riuscire a ottenere degli scampoli di visibilit; come gareggiare la
maratona, partire e realizzare che gli altri corridori sono gi al
kilometro 41.
2. I contesti internazionali che le aziende italiane troppo spesso sperano
di poter soddisfare suggerendo la versione inglese, e solo quella, alle
persone che navigano fuori dallItalia. Ci sar un capitolo dedicato alla
SEO nello scenario internazionale ma in questa fase ci limitiamo a dire
che se non rendiamo facile la vita alle persone (proponendo dei
contenuti in una lingua che noi immaginiamo venga compresa senza
grosse difficolt), stiamo trattando alla stessa maniera Google che, di
fronte a una non chiara interpretazione della nostra identit (locale, in
questo caso), non si fider di suggerirci ai suoi clienti tra i risultati di
ricerca.

Quando utilizzare la SEO


In maniera complementare, se le due principali condizioni descritte sopra
(la presenza di domanda e la disponibilit di contenuti testuali da un lato e
la notoriet del sito web dallaltro) vengono risolte, allora ha senso investire
(tempo e denaro) nella SEO.
E ha senso anche per unaltra ragione: applicare le linee guida SEO e
implementarle in un sito web lo render migliore, perch parecchi dei
fattori ai quali bisogna prestare attenzione oggi fanno riferimento
allesperienza di navigazione (uno su tutti il tempo di caricamento di una
pagina web). Il punto di vista dicotomico: dove non ha proprio senso e
dove invece ha assolutamente senso, anche qualora la domanda dovesse
essere numericamente scarsa e il contesto parecchio competitivo.
Occuparsi di SEO significa anche accertarsi che Google digerisca
correttamente le informazioni che gli diamo in pasto e che poi lui proporr
in momenti che possono essere davvero strategici. Guardiamo, per esempio,
la Figura 1.5.

Figura 1.5 Queste sono alcune delle informazioni, riferite a unazienda, che Google propone
direttamente nella SERP (la pagina dei risultati di ricerca).

Io, uno dei proprietari di MOCA Interactive Srl, voglio, anzi, pretendo
che le informazioni che Google mostra direttamente nella SERP siano
corrette.
Perch chi cerca moca interactive su Google o un amico oppure un
potenziale cliente e non posso immaginare che dietro il pulsante Chiama ci
sia il numero di telefono sbagliato; sarebbe unincredibile occasione persa.
Occuparsi di SEO, in questo caso con connotazione locale, significa
anche accertarsi che Google comprenda - e proponga - correttamente questo
tipo di informazioni.
Il contesto dove la SEO si giustifica pienamente quello dove c
unabbondante disponibilit di contenuti (esistenti o da creare). Perch?
Vediamola da questo punto di vista: quello che esprime la persona su
Google unesigenza, una domanda e quello che noi proponiamo tramite i
contenuti la relativa risposta. Se sviluppiamo un argomento producendo
un numero considerevole di contenuti, ci stiamo mettendo nelle condizioni
di fornire tante risposte a tante domande e riuscire a intercettare tante
domande rappresenta la condizione migliore per ambire a ottenere tante
visite al sito web - via Google - e molta visibilit.
Customer journey
Ma perch abbiamo scritto che ci sono tante domande? E perch
utilizziamo cos tanto, e con cos tanti termini diversi, Google? Perch non
possiamo semplificare dicendo che quando abbiamo bisogno di qualcosa
andiamo su Google, facciamo una ricerca, entriamo in un sito web e
risolviamo la questione? Facile: perch non cos. Non lo mai.
Prendere una decisione, arrivare a una conclusione, solo la fase finale
di un processo che si chiuso; processo che pu essere passato per Internet,
ma non solo, processo che pu essere passato per Google, ma non solo. Le
articolazioni sono tali e tante che a maggio del 2017, in occasione
dellevento Marketing Next, Google ha introdotto lutilizzo di tecnologie
come machine learning e intelligenza artificiale per riuscire a definire il
vero peso (merito) di ciascun canale nellattribuzione della conversione. Il
percorso che si svolge davvero complesso ed difficile individuare chi ha
contribuito maggiormente a trasformare una visita in unazione.
Pi la decisione da prendere ha un impatto significativo nella nostra vita
(anche economico), pi tale percorso ricco di tappe e diluito nel tempo:
proviamo a pensare quanto ci abbiamo messo ad acquistare la cover dello
smartphone e quanto, invece, lo smartphone stesso. Il secondo non riveste
un ruolo significativo nella nostra vita - non dovrebbe - ma probabilmente
abbiamo impiegato pi tempo ad acquistarlo e abbiamo fatto dei passaggi
in pi: pareri di amici, recensioni online, ricerca delloccasione di sconto,
visita in negozio.
Questo percorso, per chi si occupa di SEO (ma non solo), prende il nome
di customer journey; prendiamo in prestito la definizione dal primo sito in
italiano che ci suggerisce Google (fonte: The Marketing Freaks
https://goo.gl/PDBaXy):

con customer journey si intende litinerario che il cliente percorre quando instaura una
relazione con unimpresa nel tempo e nei diversi ambienti di contatto, siano essi offline che
online. Quindi possiamo dire che rappresenta la storia del legame cliente-azienda.
Ma cosa centra la SEO con il customer journey? Centra per due ragioni,
vediamole.

La SEO in relazione agli altri canali


La prima che la SEO, da sola, non arriva sempre al risultato; dove, in
questo caso, il risultato lacquisto dello smartphone.
A livello di strategia questa consapevolezza molto importante per:
sapere che solo e solamente con la SEO sar arduo raggiungere il
risultato;
comprendere che, da qualche parte, la SEO dovr passare il testimone
a un canale che per quella fase pi avanzata del customer journey si
dimostrer pi efficace, per esempio lemail marketing;
capire lobiettivo del singolo contenuto in riferimento alla posizione
della persona lungo il customer journey: se la ricerca esplorativa e,
con il contenuto, stiamo dando una mano al potenziale cliente a
orientarsi, probabilmente chiudere il contenuto suggerendo di
procedere verso lacquisto un passaggio prematuro, meglio chiedere
lindirizzo email per iniziare a coltivare una relazione (sempre tramite
i contenuti ma distribuiti diversamente).
Nei corsi di formazione a questo punto mi piace sempre raccontare del
caso di unazienda che, tramite un contenuto editoriale, della SEO e del
buon email marketing, ha aumentato considerevolmente il contatto - e la
relazione - con nuovi potenziali clienti.
Lo scenario questo: stato creato un documento (non direttamente
connesso al prodotto, bens a unesigenza tangente) gratuito e il relativo
download stato reso disponibile tramite una pagina del sito web. Questa
pagina stata ottimizzata in ottica SEO al fine di farsi trovare proprio da
chi cercava tale contenuto e, al contempo, stata contemplata nella pagina
un form di contatto perch, per ottenere il link utile a scaricare il
documento, era necessario lasciare alcune - poche - informazioni tra cui
lindirizzo email.
Lo step successivo rappresentato da una serie di email - il processo di
invio stato automatizzato - per cui, dopo aver fruito i diversi documenti
disponibili via email e registrato il grado di interazione con questo tipo di
comunicazione, venivano inviate altre due email, con tempistiche diverse, il
cui obiettivo era trasformare quella persona in un possibile contatto
commerciale: indicando il negozio nella zona di residenza, rendendo
disponibili i contatti della figura commerciale di quellarea.
Lesempio di questa azienda lo riprenderemo anche pi avanti perch ci
utile per una sfumatura che in questo momento omettiamo; in questa fase
quello che pi ci premeva condividere era la sinergia tra i due canali: la
SEO ha consentito il primo incontro con una persona effettivamente
interessata ai contenuti, ma lemail marketing ha portato avanti la relazione
fino a quasi chiuderla da un punto di vista commerciale.
Se vogliamo prendere confidenza con il customer journey, giochiamo
con lo strumento The Customer Journey to Online Purchase disponibile
allindirizzo https://www.thinkwithgoogle.com/intl/en-ae/planning-tool/the-customer-
. Si possono fare delle simulazioni modificando le
journey-to-online-purchase/

seguenti informazioni:
la dimensione dellazienda (large, medium, small);
il settore (Arts & Entertainment, Autos & Vehicles, Beauty & Fitness
ecc.);
il Paese (lItalia non disponibile ma sono presenti Germania e
Francia che, in diversi contesti, non si comportano in maniera molto
differente).
Figura 1.6 Il customer journey suggerito da Google per una piccola azienda francese che
opera nel settore del turismo.

Una volta inseriti i dati si ricavano alcune informazioni:


quali sono i canali che favoriscono il proseguire della persona dallo
stimolo iniziale (assist interaction) allacquisto (last interaction);
qual lordine ideale di questi canali (in alcuni scenari, per esempio, il
video ha una capacit di stimolare, emozionare, ma meno di far fare
lultimo passo prima dellacquisto);
la distanza del cerchio colorato rispetto ai due estremi della linea
indica il peso specifico del singolo canale a generare tale azione.

Funnel di conversione
Esiste unaltra rappresentazione che descrive il medesimo principio del
customer journey, che fa ancora pi parte delle dinamiche del marketing
digitale e quindi della SEO: quella del funnel di conversione.
Esistono diversi modelli e uno dei pi celebri quello dellA.I.D.A.
(Awareness, Interest, Desire, Action - Figura 1.7).
Perch proprio questo modello? Perch fa intendere un altro fenomeno
che intrinseco in questo percorso: la dispersione.
Non tutte le persone che hanno visto via Internet la presentazione
dellultima generazione di smartphone andranno in negozio ad acquistarlo;
molte persone non inizieranno nemmeno il percorso ma tante altre s, solo
che non tutte usciranno effettivamente dal negozio con un cellulare nuovo
in tasca. Man mano che si avanza lungo queste tappe, normale che alcuni
decidano a un certo punto di fermarsi per non proseguire (la percentuale di
quelli che arrivano in fondo davvero piccola).

Figura 1.7 Il modello A.I.D.A.

Micro-momenti
Quando si parla di customer journey e funnel di conversione dobbiamo
riprendere il concetto dei micro-momenti.
Verso la fine del 2015, Google ha rilasciato due comunicazioni ufficiali.
5/5/2015: negli Stati Uniti (e in altri nove grandi Paesi) le ricerche da
mobile hanno superato le ricerche da desktop (fonte: Building for the
next moment disponibile allindirizzo https://goo.gl/4oCqPL).
8/10/2015: tale trend si esteso a livello globale (fonte: Worldwide,
More Than Half Of Googles Searches Happen On Mobile disponibile
allindirizzo https://goo.gl/AD5K78).

A questi due dati si aggiunge una statistica pi recente e non correlata a


Google.
2/11/2016: lutilizzo di Internet da mobile ha superato quello da
desktop (fonte: Mobile web browsing overtakes desktop for the first
time, disponibile allindirizzo https://goo.gl/QFguvL).

Anche se noi addetti ai lavori abbiamo gridato allanno del mobile da


qualche tempo prima (non per chiaroveggenza, ma per superficiale
previsione), possiamo essere tranquilli nello scrivere sulla pietra che,
effettivamente, stato il 2016 lanno del mobile. Ma qual la conseguenza
di tale fenomeno nelle nostre vite?
Semplice: abbiamo modificato le abitudini di navigazione, di acquisto e
di ricerca perch abbiamo digerito definitivamente il fatto che abbiamo
uno strumento potente - dove dentro ci sta pure Google - in tasca, a portata
di mano, subito disponibile. E questo ha una deriva immediata anche nei
progetti di visibilit online (anche quelli che contemplano la SEO) per i due
motivi seguenti.
1. Cerchiamo pi di prima: non sono aumentate le domande che ci
gironzolano per la testa ma ogni occasione oggi buona per cercare la
risposta su Internet. Se ci interessa la SEO e produciamo contenuti,
questa una ghiotta opportunit perch l fuori, siamo molti di pi a
cercare molto di pi: sono esplose le occasioni per essere trovati.
2. Molto spesso queste ricerche celano una marcata urgenza di risolvere
la domanda qui e ora: a livello commerciale sono occasioni da non
farsi sfuggire. Questo un aspetto fondamentale nella scrittura di
contenuti che devono favorire un semplice e veloce confluire verso la
risoluzione dellobiettivo (telefonare presso il punto vendita, capire
dov locato nelle mappe, conoscere orari e giorni di apertura,
comprendere la disponibilit di un prodotto e cos via).
Per approfondire la tematica e rimanere aggiornati con studi, ricerche e
guide gratuite, disponibile la sezione Micro-Moments del progetto di
Google Think with Google allindirizzo: https://goo.gl/ZmhbI4.
Intento e parole chiave
La seconda ragione del legame tra la SEO e il customer journey che
utilizziamo Google per molte delle tappe che percorriamo durante questo
viaggio.
Lo facciamo esprimendoci ogni volta in maniera diversa anche se ci
riferiamo sempre al medesimo prodotto o servizio; perch man mano che
proseguiamo lungo questo viaggio, diventiamo via via pi preparati e
abbiamo necessit di affinare la ricerca.
A luglio del 2016 sono diventato pap di Greta; naturalmente lo sapevo
da mesi e, tra le altre cose, mi sono addentrato anche nel mondo dei
passeggini.
Google non stato lunico strumento che Elisa - mia moglie - e io
abbiamo utilizzato per, man mano che leggevamo, siamo passati dalla
parola chiave generica passeggino alla parola chiave passeggino trio quattro
per poi individuare unazienda e infine cercare dove, a Treviso,
ruote grandi

potevamo trovare i loro passeggini (parola chiave nome azienda Treviso).


Di nuovo, Google non stato il solo strumento, per evidente la nostra
crescente preparazione sul tema dei passeggini e lingresso nella fase
decisionale (per brevit ho omesso diverse e altre fasi nel mezzo, come
quella comparativa, per esempio), facilmente distinguibile dalla presenza di
termini riferiti a unazienda in particolare o da un termine di natura locale
che potrebbe far intendere un successivo spostamento nel negozio fisico.
Affinando la ricerca e aggiungendo ogni volta dei termini pi specifici,
stiamo indicando a Google, quasi inconsapevolmente, che tipo di risultati
desideriamo: una volta un sito informativo, unaltra un forum e poi un
comparatore, quindi il sito di un produttore o rivenditore e, magari, in
ultima battuta un e-commerce. Tramite le diverse forme che prende la
parola chiave, stiamo anche comunicando il nostro intento di acquisto.
Tutte queste fasi, tutte queste parole chiave simili ma dalla forma
differente, rappresentano unopportunit, nellesempio per unazienda che
vende passeggini, di essere trovati da una coppia di potenziali nuovi clienti.
Poich la dinamica chiara, diventa altrettanto chiaro quanto sia
strategico individuare queste fasi, queste necessit, costruirci sopra dei
contenuti, ottimizzare i medesimi da un punto di vista SEO e lasciare che
Google favorisca lincontro tra domanda e offerta.
Le aziende pi lungimiranti e in grado di sostenere una buona produzione
di contenuti, hanno sfruttato tale principio spostandosi progressivamente
indietro nel funnel di conversione e cercando di dare risposta anche a chi, in
quel momento, non sta cercando specificatamente il loro servizio o
prodotto.
Ritorniamo allesempio dellazienda italiana (quella del contenuto
scaricabile, della SEO e dellemail marketing): si tratta di unazienda che
vende barbecue. Il contesto descritto sopra, vedeva lazienda aver prodotto
un documento scaricabile che altro non era che una guida per sistemarsi il
gazebo in giardino.
Le domande dovrebbero sorgere spontanee: perch? Ma se lazienda
vende barbecue, perch investire energie nel suggerire come costruirsi un
gazebo? La persona che ha effettuato la ricerca non ha detto di essere
interessata a un barbecue.
Tutto vero, domande corrette, ma solo se ci focalizziamo sul breve
raggio.
Proviamo a pensarci, consapevoli che stiamo ragionando su un assunto (
difficile conoscere quello che passa per la testa delle persone) e che ci
possono essere dei se e dei ma nel mezzo: se una persona vuole
sistemarsi il gazebo perch, probabilmente, si sta mettendo nellordine
delle idee di sistemare il giardino per poterci passare del tempo; passare del
tempo in giardino, probabilmente, significa anche mangiarci. Non
sbagliato, a questo punto, fare lassociazione giardino + mangiare =
barbecue.
vero, potrebbe non funzionare o, meglio, non funzionare per tutti, ma
in linea di principio non del tutto sbagliato.
In questi casi ci che ci fa stare tranquilli che lefficacia, o meno, di
queste azioni facilmente tracciabile e misurabile; ma di questo ne
parleremo nel capitolo dedicato al tracciamento della SEO.

Analisi delle parole chiave per intento


Nellesempio sopra chiaro quanto sia fondamentale, e per nulla
semplice, conoscere e anticipare lintento delle persone.
Spesso lo si pu intuire dalla parola chiave stessa, per esempio bbq
, ma se ci muoviamo allindietro nel funnel di
carbonella da giardino

conversione, e quindi vogliamo produrre anche un contenuto sul gazebo,


questo intento dobbiamo andarlo a cercare pi in profondit.
Gli strumenti che vedremo a breve sono incredibilmente utili, ma
forniscono delle suggestioni solo sulla base di un nostro input.
Trovare input diversi dal prodotto e/o servizio ma comunque inseriti in
un contesto semantico (il gazebo con il barbecue) ci costringe ad andare
oltre, ci costringe a scoprire come si esprimono le persone, dove si
esprimono e, perch no, a volte a chiederglielo direttamente.
Questo orientamento alla persona, allintercettare lintento e anticipare la
necessit per offrire una risposta che soddisfi e abbia senso ha letteralmente
investito quella che, a oggi, una delle fasi pi strategiche, delicate e dove
si pu fare la differenza di unattivit SEO: lanalisi delle parole chiave.
Questa, forse, una delle novit pi forti per la SEO, che si affermata -
non ancora dappertutto, purtroppo - negli ultimi anni: svolgere unanalisi
delle parole chiave che affianchi agli strumenti pi tradizionali della SEO
anche strumenti di natura diversa come i sondaggi e i questionari, le
interviste, lesplorazione di quei luoghi dove le persone si esprimono
liberamente (forum, siti verticali e specifici, social network), quegli
scampoli di conversazione tra lazienda e il cliente, spesso depositati - e
persi - nel client di posta elettronica che gestisce lindirizzo info@.
NOTA
Quando facciamo lanalisi delle parole chiave, facciamoci inoltrare, previa
anonimizzazione, le ultime email che le persone hanno scritto al customer care:
scopriremo di cosa hanno bisogno e quale linguaggio utilizzano.

La SERP rappresenta una competizione e sono diverse le armi a nostra


disposizione; per tante di queste armi sono conosciute e ampiamente
descritte online e su altri libri quindi non su queste che si pu sperare di
fare davvero la differenza.
La magia, invece, si scatena quando abbiamo conosciuto in profondit il
potenziale cliente conoscendone e anticipando esigenze e domande per
fornire una risposta adeguata, attivando gi in quella fase, anche
inconsapevolmente, un piccolo incipit di relazione.
Vediamo ora come scoprire - tramite degli strumenti online e gratuiti -
cosa cercano le persone su Google.

Strumento di pianificazione delle parole chiave di Google


NOTA
Per parte delle informazioni qui esposte ringrazio il collega Stefano Stancari, SEO
Specialist in MOCA Interactive.

Una prima modalit luso dello strumento di pianificazione delle parole


chiave (Keyword Planner Tool) di Google AdWords, la piattaforma di
pubblicit pay per click di Google. Accedendo allo strumento possibile
scegliere tra tre opzioni:
1. cercare idee per parole chiave e per gruppi di annunci;
2. fare una stima del traffico di parole chiave specifiche (scelte da noi);
3. moltiplicare elenchi di parole chiave.
Facciamo clic sulla voce Cerca nuove parole chiave utilizzando una
frase, un sito web o una categoria e inseriamo la parola o lespressione di
cui vogliamo ottenere il volume di traffico.
Nella sezione Targeting, possiamo anche scegliere il Paese nel quale
concentrare la ricerca e la lingua di riferimento.
A questo punto, facendo clic su Trova idee e sulla scheda Idee per le
parole chiave si apre una pagina con diversi parametri di analisi, tra i quali
la media delle ricerche mensili di ognuna. Qui, lo strumento suggerisce
anche una lista di parole chiave correlate che le persone digitano sul motore
di ricerca e che potrebbe essere interessante considerare.

Figura 1.8 Simulazione dellutilizzo dello strumento di pianificazione delle parole chiave di
Google AdWords con lespressione iphone 6.

Google Search Console


Unaltra modalit accedere a Google Search Console, un servizio
gratuito che, tra le altre cose, consente di monitorare e gestire la presenza di
un sito nei risultati della ricerca (ci torneremo spesso nel corso dei vari
capitoli).
Una volta allinterno dello strumento, facendo clic sulla voce Analisi
delle Ricerche nella sezione Traffico di Ricerca possiamo trovare le parole o
frasi digitate su Google che hanno portato traffico al sito.
I dati ottenuti da Google Search Console sono per limitati, in due
termini:
1. lo strumento fornisce informazioni solo sulle parole e frasi che gi
portano visibilit e traffico, senza offrire spunti e indicazioni su quelle
che potrebbero portare traffico in futuro e sulle quali sarebbe
interessante lavorare;
2. la base informativa resa disponibile fa riferimento esclusivamente agli
ultimi 90 giorni.

Figura 1.9 Il report Analisi delle ricerche dello strumento Google Search Console.

La funzione autocomplete di Google


La funzione autocomplete di Google integrata nella funzionalit del
motore di ricerca. Iniziando a digitare una qualsiasi parola nella barra di
ricerca di Google, vedremo comparire dei suggerimenti.
Figura 1.10 Google autocomplete in esecuzione.

In che modo Google decide di fornire questi suggerimenti? Lalgoritmo


dipende primariamente dai trend delle ricerche pi popolari e dalle
precedenti ricerche effettuate; sulla base di esse vengono poi generati i
suggerimenti. Google spiega nei dettagli il funzionamento dello strumento
nellarticolo Ricerca con completamento automatico disponibile
allindirizzo https://goo.gl/mWmQkA.

I dati dei consumatori


Gli strumenti finora proposti forniscono alcuni utili spunti, ma ne
possiamo ottenere altri usando le informazioni che gi abbiamo sotto gli
occhi, ma di cui forse non stiamo sfruttando a pieno il potenziale.
Forum, community, centro assistenza. Se il sito ha un forum con il
centro assistenza o prevede uno spazio di discussione per la
community di consumatori (effettivi e potenziali), vale la pena dare
unocchiata alle domande poste dagli utenti. Quali informazioni
vengono cercate pi spesso? Stiamo offrendo queste informazioni,
scritte con le parole chiave che il pubblico usa? (Consiglio: se non
disponiamo di queste risorse sul sito web, utilizziamo il centro di aiuto
sui siti dei principali competitor.)
Motore di ricerca interno al sito. Che cosa digitano le persone nel
motore di ricerca del sito? Che cosa cercano? Teniamone traccia e
consideriamo le informazioni che possiamo ricavare per fornire al
nostro target quello che cerca.
FAQ - Domande frequenti. Ci sono domande che ci vengono rivolte
cos spesso da poter essere considerate delle FAQ? Chiaramente c un
divario di informazioni in questo senso, cerchiamo di colmarlo
offrendo contenuti ad hoc ai potenziali consumatori.
Forza vendita. Parliamo con la forza vendita per scoprire i bisogni e
le preferenze delle persone. Quali domande si sentono rivolgere tutti i
giorni i venditori? Creiamo un modo semplice grazie al quale i membri
del team di vendita possano presentare le loro osservazioni al reparto
marketing.
Siti orizzontali che pubblicano contenuti generati dagli utenti.
Navighiamo in Rete, visitiamo forum in cui sono trattate tematiche
affini al nostro business, cogliamo le conversazioni e prestiamo
attenzione ai post nei social network. Ascoltando ci che la gente dice
sul Web, conosceremo i temi caldi nel nostro mercato di riferimento e
potremo sfruttare tali informazioni a nostro favore.

Le intenzioni di ricerca
La tradizionale ricerca di parole chiave necessaria, ma lo ancor di pi
indagare e comprendere anche lintenzione delle persone, celata dietro a
una determinata ricerca. Dietro a ogni ricerca, infatti, c sempre un intento
diretto; la persona vuole trovare qualcosa (sta a noi scoprire cosa), ma
come fare?

Studiare regolarmente la SERP


Ritagliamoci del tempo per studiare regolarmente le pagine dei risultati
dei motori di ricerca (SERP) per le parole chiave che riteniamo rilevanti.
Unanalisi dei relativi risultati in prima pagina pu aiutarci a ottenere una
stima, fatta da Google, delle intenzioni di ricerca delle persone.
Google pu non essere perfetto (ancora), ma spesso i suoi risultati
forniscono una buona approssimazione di ci che la gente sta cercando.
Tipi di intenti di ricerca
In un post su SEOmoz, Rand Fishkin segmenta le parole chiave in
quattro categorie per scoprire i potenziali intenti di ricerca delle persone:
navigazionali, informazionali, di ricerca commerciale e transazionali
(lindirizzo allarticolo originale di Rand Fishkin, disponibile in lingua
inglese https://goo.gl/R568E9). Il post in questione ormai un classico nel
mondo del digital marketing, e lapproccio e le informazioni contenute
restano ancora molto valide.
Parole chiave navigazionali. Sono quelle il cui intento raggiungere
un determinato sito internet o una determinata pagina. Per esempio
Facebook, MOCA Interactive, TIM sono parole chiave di questo tipo. Questo

tipo di ricerca effettuato da chi si trova in una fase avanzata del


processo dacquisto e sa gi cosa cerca.
Parole chiave informazionali. Coprono probabilmente la maggior
parte delle parole chiave e sono utilizzate da persone che cercano una
veloce risposta. Pu trattarsi di persone alla ricerca di un numero di
telefono, di indicazioni stradali, di consigli o di una news recente.
Spesso chi le digita si trova in una fase iniziale del processo
dacquisto: ha dei bisogni, ma non sono ancora ben definiti. Un
esempio tipico la parola chiave idee per vacanza di coppia: in questo
caso chi ha effettuato la ricerca probabilmente sta pensando a una
vacanza, ma non ancora sicuro della destinazione. Allo stesso tempo
in questa categoria possono rientrare anche le parole chiave post-
acquisto. Se per esempio abbiamo acquistato unautomobile,
potremmo cercare informazioni su come utilizzare al meglio alcune
sue funzionalit. Per coprire alcune di queste parole chiave possiamo
pensare a scrivere articoli nel nostro blog o realizzare delle guide, cos
da portare sul sito visitatori qualificati che possano, poi, portare a delle
conversioni, anche se probabilmente non nellimmediato.
Parole chiave di ricerca commerciale. Sono le parole chiave che le
persone digitano per ottenere informazioni utili nella decisione di
acquisto, quali per esempio quelle relative alla ricerca di recensioni,
valutazioni e comparazioni di prezzi, che contengono termini come
prezzo, confronto, paragone, pi economico, migliore. Il consumatore, dunque,

si trova nello stadio immediatamente precedente allacquisto: sta


ancora ricercando qualcosa, ma probabile che a breve comprer ci
che ricerca. importante essere presenti per questa tipologia di
ricerche, fornendo alle persone tutte le informazioni necessarie ad
assisterle nelle loro decisioni di acquisto.
Parole chiave transazionali. Sono quelle che le persone usano per
comprare qualcosa, trovare un posto o un sito web dove acquistare o
completare unazione (come per esempio la registrazione a un
servizio). Questa tipologia di parole chiave facilmente riconoscibile
dalla presenza di parole come comprare, sconto, offerta, coupon, spedizione
,
gratuita preventivo, chiari segnali della vicinanza del consumatore al
momento dellacquisto. Lutente ancora non ci conosce (altrimenti
userebbe una parola chiave navigazionale), ma in una fase avanzata
del processo dacquisto, pronto a comprare. Intorno a queste parole
chiave possiamo costruire le pagine servizi o le schede prodotto, per
farci trovare e fare di tutto per facilitare lacquisto, cercando di rendere
il processo il pi facile e intuitivo possibile.
Ricapitolando, tutte le tipologie di parole chiave possono rivelarsi
preziose e nessuno di questi gruppi dovrebbe essere trascurato nella
strategia di contenuti in ottica SEO. Ognuno di essi, infatti, pu ricoprire un
ruolo diverso e ben definito, utile ad attrarre persone che si trovano in stadi
differenti del processo dacquisto.

Coerenza semantica
Capiti i ragionamenti e conosciuti alcuni strumenti alla base dellanalisi
delle parole chiave e degli intenti, procediamo verso la conoscenza di
unaltra condizione sulla quale spesso non ci si sofferma troppo (perch
facilmente risolvibile): la coerenza semantica.
Facciamo un passo indietro: quando qualcuno esegue una ricerca su
Google, di fatto, il motore di ricerca propone quella che secondo lui la
miglior selezione di siti web al mondo per lutente in quel contesto e in
quellistante.
Possiamo semplificare dicendo che ci mette la faccia e bench le
persone abbiano oramai una certa fiducia nei suoi confronti, lui continua
a tenere alta lattenzione nella comprensione sempre migliore del Web
perch non pu permettersi di comprenderne erroneamente i contenuti e
suggerire quindi delle risposte non risposte.
Potremmo pensare che si tratti di una sorta di senso di responsabilit
verso gli utenti che lo utilizzano - e probabilmente anche cos - ma c
anche un altro aspetto che lo costringe a tenere lasticella della qualit alta:
Google AdWords, ovvero una delle fonti pi grandi del suo fatturato.
Alcune statistiche relativamente recenti quantificano lapporto di Google
AdWords, nel fatturato di Google, a un 97%; insomma, da l che Google
fa i soldi.
Qualora gli utenti non dovessero pi trovare quello che cercano su
Google, a furia di esperienze negative, probabilmente a un certo punto
inizierebbero a valutare delle alternative, Bing per esempio; ma se si
spostassero a cercare da unaltra parte, gli annunci di Google AdWords non
comparirebbero, nessuno ci farebbe clic sopra e Google non fatturerebbe.
Per nostra fortuna il business di Google legato a doppia mandata alla
qualit del servizio che eroga; e per continuare a essere percepito come il
miglior motore di ricerca al mondo, deve fornire risposte a domande, il che
significa che, prima, deve aver compreso senza ombra di dubbio la risposta,
cio il contenuto del nostro sito web. E come facciamo, noi che scriviamo
contenuti, a risolvere questa condizione? molto semplice: quando
scriviamo non dobbiamo pensare a Google, ma allinterlocutore; dobbiamo
scrivere da essere umano a essere umano.
Cos, senza nemmeno accorgercene, stiamo risolvendo la condizione
della coerenza semantica. La stiamo soddisfacendo perch, nel contenuto,
stiamo contemplando alcune parole chiave che probabilmente abbiamo
messo al centro della nostra attivit SEO, ma anche altri termini che sono
semanticamente vicini, che sono correlati.
Per comprendere meglio questo concetto, vediamolo al contrario: che
effetto farebbe un testo che parla di barbecue a carbonella e che non
menziona termini quali, per esempio, pranzo, cena, giardino, carne, bbq,
pesce, amici, estate, salsa, gazebo, bombola, gas? Come suonerebbe? Del
tutto innaturale, no? Quasi artificiale? Ci verrebbe da pensare che stato
costruito esclusivamente per Google, per essere primi, senza attenzione a
chi lo legger effettivamente? S? Anche Google potrebbe essere della
stessa idea; e qualora dovesse giungere a tale posizione, non sarebbe un
segnale di valore per il sito web.
Anche se, come scritto, questo processo dovrebbe confluire abbastanza
spontaneamente, ha senso comunque adottare un processo scientifico per
contemplare nel testo le parole chiave giuste. Come impatta sullanalisi
delle parole chiave?
Da un punto di vista metodologico abbiamo iniziato a raggruppare le
parole chiave in due gruppi:
le parole chiave principali, che sono quelle - riferite alla singola pagina
web, al singolo contenuto - attorno alle quali svolgeremo lattivit e
lottimizzazione SEO;
le parole chiave correlate, di secondaria - apparentemente - importanza
e che sono semanticamente vicine alle principali (per riprendere
lesempio del barbecue alla carbonella, si tratta dei termini quali salsa,
, ecc.).
gas giardino

Le parole chiave di entrambi i gruppi dovranno essere collocate in punti


specifici della pagina che Google, rispetto ad altri, predilige; ma questo lo
vedremo nel capitolo dedicato al posizionamento e ai fattori interni.
Circa gli strumenti, quelli gi menzionati favoriscono lattivit di ricerca
soprattutto per il primo gruppo di parole chiave (le principali); per scovare
le seconde, invece, un pizzico pi complicato perch
gli strumenti attendibili che forniscono queste informazioni sono molti
molti meno (per esempio la suite italiana SEOZoom);
saggio uscire dagli strumenti, uscire dallufficio e andare a
conoscere, in alcuni casi ri-conoscere, le persone per le quali stiamo
pensando di costruire il contenuto.

Competitivit (e comodit)
Una volta conclusa lattivit di raccolta e censimento di quelle che
saranno le parole chiave attorno alle quali svolgere attivit SEO, si deve
procedere con la selezione. Perch? Per almeno due ragioni.
La prima che pu capitare che nel sito non ci sia spazio. Premesso
che, per non diluire troppo la capacit SEO di una singola pagina web, ci
limiteremo a contemplare al massimo due parole chiave principali per tale
pagina, non sempre esistono contesti in cui i contenuti del sito web possono
essere moltiplicati allinfinito (perch, magari, non disponibile unarea
editoriale adatta). Non una cosa negativa: la gerarchia dellinformazione e
larchitettura informativa sono due elementi fondamentali per una facile
fruizione del sito web e quindi non sempre facile accumulare e stratificare
tanti e nuovi contenuti.
La seconda che, ipoteticamente, potremmo non essere in grado di
competere per tutte le parole chiave che abbiamo individuato. Esistono,
infatti, degli ambiti semantici dove i principali attori di quei settori stanno
facendo SEO dal principio: hanno solo pi di 15 anni di vantaggio su chi
inizia ora; questi contesti possono essere definiti game over: per le parole
chiave pi rappresentative e pi utilizzate (dagli utenti come ricerche e dai
SEO come obiettivo) la gara conclusa o quasi, il distacco che si
accumulato troppo e non ha senso svolgere attivit SEO.
Non un approccio pessimista, un approccio orientato al ritorno
dellinvestimento, allo scovare dove ha senso investire soldi e tempo e, al
contempo, dove non ha senso: un punto di vista che mette al centro il
concetto di efficienza (del tempo e del budget a disposizione: raramente
esistono situazioni di budget infinito).
Sarebbe bello - nonch utile - disporre di una specie di cartina di
tornasole che possa indicare, da subito, se per la parola chiave selezionata
abbiamo le spalle sufficientemente larghe per competere in termini di
visibilit SEO; alcuni strumenti hanno provato a esplorare questa strada
(cfr. nota) ma hanno fallito perch la competitivit un concetto tanto
affascinante quanto soggettivo: per Amazon praticamente tutte le parole
chiave saranno affrontabili, mentre per un e-commerce appena nato non
certo cos. Gli strumenti dovrebbero capire prima qual la nostra forza e
solo poi immaginarci nellarena competitiva di tale parola chiave; il limite
che il valore della forza, il valore vero, quello che conta ai fini delle nostre
riflessioni sulla SEO, ce lha solo Google e non c modo di ricavarlo, se
non, al massimo, di intuirlo.
NOTA
Google AdWords, tramite lo Strumento delle parole chiave, fornisce linformazione
della competitivit a livello di singola parola chiave, ma tale dato fa esclusivo
riferimento alla competizione su Google AdWords: non sussiste correlazione con la
SEO.

A ogni modo, per considerare comunque delle suggestioni, elenchiamo


alcuni numeri e dati che possiamo guardare per farci unidea di quanto
possa essere difficile, in termini assoluti, competere per una parola
chiave; poi, come menzionato pocanzi, relativizzare tale difficolt alla
capacit di farcela, tutto un altro paio di maniche.
Ecco le dimensioni che possiamo osservare e che possono rappresentare
un buon inizio.
A fronte di una ricerca, Google quanti documenti restituisce? Lo si
vede in alto, scritto in grigio, sotto letichetta Tutti; una frase del tipo
Circa XXX risultati (0,Y secondi) (si noti che da mobile linformazione
non disponibile). Con la premessa che quellespressione
praticamente solo marketing (Google non consente di andare oltre
pagina 100, quindi quei milioni di documenti non sono in realt tutti
disponibili, ed impossibile certificare il fatto che ci abbia messo
davvero 0,49 secondi e non 0,57), si tratta comunque di un piccolo
indizio: se non c troppa documentazione disponibile, probabilmente
largomento attirer poca competizione e viceversa.
Ripetiamo la simulazione utilizzando il comando speciale di Google
allintitle, per esempio allintitle:"iphone 7". Stiamo dicendo a Google di

restringere il campo di ricerca includendo solo i documenti che, nel


<title> (fattore strategico in ottica SEO, ma lo vedremo pi avanti),

riportano la parola chiave di nostro interesse. Con unaltra lente,


stiamo cercando di capire quanti SEO stanno agendo o hanno agito
rispetto a quella parola chiave; stiamo valutando con quante persone
preparate dovremo darci battaglia.
Una volta effettuata la ricerca, osserviamo anche quanti annunci
Google AdWords sono presenti: se ce ne sono quattro sopra i risultati
organici e quattro anche sotto, significa che diversi siti stanno
investendo dei soldi su tale termine di ricerca; ci lascia intendere un
certo grado di interesse e competitivit.
Simuliamo una campagna su Google AdWords e lacquisto della
parola chiave oggetto di valutazione: qual il CPC (Cost Per Click)
suggerito da Google? Con un pizzico di semplificazione, possiamo
dire che il costo direttamente proporzionale al grado di competitivit
su Google AdWords che lascia quindi intendere un grado di
competitivit anche lato SEO.
Una volta digitata la parola chiave per la quale stiamo svolgendo
lanalisi, prendiamo i primi tre risultati a pagamento suggeriti da
Google; tramite lo strumento http://whois.domaintools.com verifichiamo la
loro et, quando sono stati creati e tramite Majestic (https://majestic.com,
pi avanti ne parleremo pi approfonditamente) controlliamo quanti
siti di terze parti riportano dei link verso i tre siti in oggetto. Pi il
secondo che il primo, ma entrambi ci possono dare unidea della
caratura dei siti che sono appena diventati nostri competitor.
In realt di ragioni per cui necessario procedere a una selezione delle
parole chiave ce n una terza: il mobile. Il mobile, almeno in questa fase,
un aspetto che deve essere preso in considerazione nella selezione delle
parole chiave: scrivere da mobile scomodo; si agisce un dito alla volta, se
ne usano al massimo due e non neanche lontanamente comparabile con
lesperienza da desktop. Inoltre, come succede per il desktop, quasi ogni
possibilit di ricerca fornisce la possibilit di utilizzare le suggestioni, alla
stregua dellautocomplete di Google (Figura 1.11).
Figura 1.11 La funzione autocomplete di Safari su iOS 10.2.1.

Perch tenere a mente questo aspetto? Come farne tesoro?


Perch dovrebbe portare a escludere parole chiave eccessivamente
lunghe; complice la scomodit e le suggestioni di auto completamento, si
potrebbe essere ammaliati dalla scorciatoia suggerita e mai arrivare in
fondo a digitare tutta la parola chiave che si aveva in mente.
vero che la ricerca vocale (ne parleremo pi avanti) potr, in teoria,
eliminare completamente laspetto della scomodit, ma non essendosi
ancora stabilmente affermata, oggi facciamo tesoro di questo suggerimento:
non contemplare parole chiave troppo lunghe perch, da mobile, il
potenziale cliente potrebbe non arrivare mai a digitarle tutte per intero.

Contenuti pensati per soddisfare lintento


RIFERIMENTO
Per parte delle informazioni qui esposte ringrazio il collega di MOCA Stefano Stancari
(maggiori approfondimenti nel post Rispondere ai bisogni delle persone per
aumentare le conversioni, disponibile allindirizzo https://goo.gl/fNicpe).

Non si tratta, quindi, di creare contenuti solo con le parole chiave


giuste, ma anche che rispondano alle domande implicite che celano. Uno
strumento utile per scoprirle AnswerThePublic (http://answerthepublic.com/)
che mette in forma grafica e raggruppa le domande che le persone fanno sul
Web in merito a una determinata tematica, come possiamo vedere nella
Figura 1.12.
Nello specifico, AnswerThePublic.com raccoglie tutte le domande
relative alla tematica che digitiamo e le presenta raggruppate in tre diverse
sezioni:
1. le domande pi frequenti che si fanno gli utenti dei motori di ricerca
sul tema;
2. le preposizioni pi usate in combinazione con la parola chiave digitata;
3. ordine alfabetico: tutte le possibili domande ordinate secondo tale
criterio.
Bisogna, dunque, preoccuparsi di creare contenuti che anticipino quanto
pi possibile i desideri e le necessit delle persone e che le guidino nel
processo di ricerca e acquisto online. Ci influisce sulla capacit di attrarre
nuovi clienti e, se non capito, pu portare le persone a ricercare
informazioni, prodotti o servizi nei siti dei competitor, comportamento
certamente non auspicabile ma come fare? Questo il punto in cui le
cose si fanno interessanti (e divertenti). Definite le parole chiave, diamo
unocchiata al contenuto della pagina esistente o pensiamo al testo da creare
per la nuova pagina e rispondiamo ad alcune domande.
Figura 1.12 Quello che suggerisce lo strumento Answerthepublic.com dopo aver inserito
lespressione regalo compleanno.

La comunicazione sulla pagina dei risultati di ricerca (SERP)


risponde allintento?
Ci che le persone vedono nelle pagine dei risultati di ricerca sono molto
spesso i tag <title>, i tag <meta> con valore description ed eventuali dati
strutturati aggiunti manualmente e che evidenziano recensioni, informazioni
sullattivit locale e altre caratteristiche (tutti elementi che approfondiremo
nel corso del testo): si tratta del cosiddetto snippet.
Questo non avviene sempre: Google afferma, infatti, che a volte anche le
pagine con titoli e descrizioni personalizzati ricevono titoli e descrizioni
diversi nei risultati di ricerca per indicare meglio la loro pertinenza alla
parola chiave (a questo indirizzo troviamo la documentazione ufficiale di
Google a riguardo: https://goo.gl/Vs5eCV).
Al fine di attirare lattenzione di un potenziale cliente importante
scrivere un <title> che contenga parole che rispondano al suo bisogno,
qualunque esso sia. Allo stesso tempo necessario attirare e incuriosire il
potenziale cliente attraverso un tag <meta> con valore description che si
rivolga a lei/lui in modo persuasivo e parli direttamente del suo bisogno e di
come il contenuto offerto possa soddisfarlo.
Infine, sarebbe anche auspicabile limplementazione dei dati strutturati
sopra citati utili a evidenziare ulteriori informazioni sulla pagina web e
rilevanti per chi ricerca (recensioni, localit, data, caratteristiche di ricette o
eventi).
Nella Figura 1.13 un esempio di snippet relativo a una ricetta tipica
veneta e contenente dati strutturati.

Figura 1.13 In primo piano lo snippet del primo risultato su Google a fronte della ricerca
ricetta pinza.
Il titolo interno alla pagina coerente con lintento di chi
ricerca?
Una volta che siamo riusciti a catturare lattenzione del potenziale cliente
su Google e lo abbiamo portato a fare clic sulla nostra pagina, importante
mostrargli un titolo che corrisponda al suo intento e che gli confermi che si
trova nel posto giusto per soddisfarlo.
Anche lincipit (abstract) del testo deve rassicurare il lettore, dichiarando
il modo in cui ci che la pagina contiene risponder ai suoi bisogni e
fornendogli unanticipazione del contenuto dellintera pagina (seguendo la
regola della piramide rovesciata, illustrato da Luisa Carrada nel file
disponibile allindirizzo https://goo.gl/4n1Sh9).
Prima di chiudere il paragrafo poniamo attenzione a un aspetto: una
prassi troppo diffusa, anche perch basata su un comportamento di default
dei pi noti CMS (Content Management System, come Wordpress o
Joomla), quella di rendere identici il titolo che viene stampato come tag
<title> SEO nella SERP e il titolo del contenuto del quale si prende visione

una volta atterrati sulla pagina. Si tratta di un errore perch il contesto e i


momenti sono molto diversi:
la SERP un ambiente dove ci sono spesso dieci risultati che
ambiscono alla nostra attenzione e hanno lo spazio di pochi caratteri
per farcela;
del titolo, invece, si prende visione quando si gi scelto e quindi il
sentimento che deve trasmettere quello della conferma, della
sicurezza, della certezza di essere giunti al posto giusto.
chiaro che, a livello di copyright, devono essere svolti due esercizi
diversi.
altrettanto chiaro che non farlo, rappresenta un errore.

Lesperienza offerta sulla pagina e le call-to-action rispondono


allintento della ricerca?
Sappiamo gi cosa vuole una persona quando visita la nostra pagina.
Tutto ci che ci resta da fare, pertanto, progettare e sviluppare la pagina
alla luce di tale intenzione o bisogno. Offrirgli unesperienza il pi coerente
possibile con lintento che lo guida pu davvero fare la differenza e portare
a una conversione.
Non saremo, per, in grado di guidare le persone allacquisto e alla
conversione senza una call-to-action (CTA) efficace. Ogni pagina di
destinazione deve essere progettata in modo che corrisponda allintenzione
dellutente e non solo con lo scopo di promuovere il nostro prodotto o
servizio.
Per esempio, se una persona ha immesso una parola chiave il cui intento
marcatamente informativo, molto improbabile che sia pronto a effettuare
un acquisto. Non sarebbe opportuno, quindi, invitarlo a compiere una
transazione; ci, infatti, potrebbe anche infastidirlo e portarlo a uscire dal
nostro sito web. Unidea, invece, potrebbe essere quella di attirarlo con call-
to-action che lo invitino a registrarsi alla newsletter per restare informato su
tematiche affini o che lo portino ad altri contenuti simili presenti nel nostro
sito. Si tratta, in poche parole, di prestare attenzione alle intenzioni del
cliente e offrire contenuti coerenti con le stesse.
Come descritto, la necessit di soddisfare qualche bisogno o intento
costante in ogni fase del processo di ricerca e di acquisto di un prodotto o
servizio. La realizzazione di diversi contenuti specifici in target con i
bisogni delle persone in ogni fase del processo il modo giusto per
intercettare potenziali clienti e guidarli, passo dopo passo, allacquisto.
Soddisfando le esigenze e i desideri delle persone, inoltre, diverranno pi
probabili buoni posizionamenti e un miglior tasso di conversione.

Anche la forma e la veste del contenuto


influiscono sul posizionamento
Spostare il focus sulle persone, sugli intenti e sugli obiettivi aziendali,
togliendolo dal mero posizionamento un approccio che fa bene alla SEO
perch la inserisce allinterno di uno scenario di attivit e investimenti pi
ampio. Inoltre fa bene agli addetti SEO, perch li mette in una posizione di
divulgare un messaggio positivo alle aziende: produciamo contenuti di
valore che non siano, come al solito, autoreferenziali ma che possano
aiutare la clientela.
Questo cambio di paradigma, che ci porta a guardare meno le SERP e di
pi il Google Analytics di turno, stato reso possibile anche grazie a
Google stesso.
Google ha progressivamente spostato il suo focus su metriche e
dimensioni che meglio descrivono lapprezzamento delle persone verso un
dato contenuto, e personalmente ritengo questa manovra entusiasmante: ha
descritto con una formula matematica il grado di apprezzamento verso un
contenuto mappando quelli che sono i comportamenti in pagina delle
persone.
per questo - richiamando il titolo - che la forma e la veste del contenuto
hanno uninfluenza sul posizionamento, perch hanno uninfluenza sulla
reazione delle persone alla pagina stessa.
Naturalmente non lunico elemento, per ci che viene chiamato dagli
addetti al settore look and feel corretto che restituisca al motore di ricerca
la nostra sensazione rispetto al contenuto.
Il look and feel quella sensazione che sentiamo nella pancia quando
atterriamo su una pagina web: dettagli; pubblicit; gerarchia visuale (quindi
le prime cose che notiamo); impaginazione dei contenuti (quindi le prime
cose che leggiamo); equilibrio tra spazi e porzioni scritte; il supporto di
immagini (che visivamente rappresentano una pausa per locchio) e altri
contenuti visivi; il contrasto tra il testo e lo sfondo, tra gli elementi in
pagina e lo sfondo; tutti questi e altri elementi ci portano a intuire in poche
frazioni di secondo se la pagina contiene la risposta alla nostra domanda e
se ha senso proseguire con la lettura.
A seguito di ci tendiamo ad assumere due atteggiamenti e
comportamenti: se siamo convinti rimaniamo nel sito e proseguiamo la
lettura (e intanto il cronometro del tempo di permanenza sulla pagina va
avanti), magari vediamo pi di una pagina, interagiamo con i vari elementi
e contenuti multimediali disponibili, facciamo clic sui link; se invece non
siamo convinti, blocchiamo molto presto il cronometro e tramite il pulsante
Back del browser torniamo alla pagina dei risultati di ricerca di Google. In
entrambi i casi il motore di ricerca riesce agevolmente a capire cosa
successo; qualora poi nel sito web dovesse essere installato Google
Analytics (cosa assai probabile viste le pi recenti statistiche di adozione di
strumenti di web analytics) allora tutto sarebbe ancora pi chiaro.
Per renderla semplice, qualora il secondo atteggiamento dovesse ripetersi
non una ma N volte (il valore della variabile N, probabilmente, lo
conoscono in pochi sul pianeta Terra), allora plausibile pensare che
Google potrebbe almeno arrivare a chiedersi: ho fatto la scelta giusta nel
suggerire alle persone quel sito web a fronte di quella ricerca? e anche solo
per scrupolo plausibile che prover a sostituire quel contenuto con quello
proveniente da un altro sito (scambiando i posizionamenti dei due siti web
nella SERP: uno avr guadagnato della visibilit ma laltro lavr persa).
Tutto ci, per fortuna, ha portato quindi lattenzione di chi si occupa di
SEO a chiedersi anche cosa succede dopo che la persona atterrata sul sito
web, uscendo dal recinto che descriveva la professione fino a qualche anno
fa; oggi occuparsi di SEO significa anche saper ascoltare il mercato, avere
buon senso (e apprezzare la psicologia), avere capacit di copywriting
senza essere un copywriter di professione, conoscere le abitudini di
navigazione per eliminare dal layout elementi di frizione e favorire quindi
lintera esperienza di ricerca e navigazione. attuale il tentativo di
modificare il significato dellacronimo SEO da Search Engine Optimization
a Search Experience Optimization.
Oltre le parole chiave
Si stima che ogni anno effettuiamo oltre 3.000 miliardi di ricerche su
Google che a sua volta ogni anno fattura miliardi di dollari in raccolta
pubblicitaria proveniente dagli annunci a pagamento collegati a ricerche.
Questi numeri crescono se allarghiamo la statistica a tutti gli altri, da
Bing a Baidu.
Affidiamo le nostre curiosit ai motori di ricerca perch sappiamo che le
informazioni che troviamo sono coerenti rispetto alle nostre aspettative,
aggiornate, complete ed esaurienti.
I motori di ricerca sono obbligati a offrire un servizio di qualit per
poter generare business; devono saper cercare, trovare e premiare chi
racconta meglio degli altri ogni specifico argomento. Devono soddisfare
ciascuna ricerca nella maniera pi esaustiva possibile.
Le prime pagine di ogni SERP mostrano i risultati pi interessanti e
rilevanti per una data ricerca.
Per ottenere visibilit sui motori di ricerca occorre dunque essere i pi
rilevanti e interessanti.
un ragionamento logico e lineare che sempre opportuno ribadire
quando dobbiamo affrontare una pagina bianca del nostro sito web. Come
creare contenuti rilevanti e interessanti?

Spalanchiamo le porte
Nessun segreto: siamo onesti, sinceri, veri. Le storie che pi delle altre
avremo timore di raccontare e liberare sul Web saranno quelle che pi di
tutte determineranno il nostro successo sui motori di ricerca (e non solo).

Rovesciamo i cassetti ed apriamo ogni


armadio
Non diamo nulla per scontato, nei pi reconditi anfratti della nostra
attivit si nascondono notizie, curiosit, storie e informazioni preziose che
sono scontate per noi, ma non per i nostri potenziali clienti.

Essere noi stessi


Esprimiamo il nostro punto di vista, utilizziamo il nostro linguaggio:
siamo online per fare business non per dimostrare le nostre abilit letterarie.
Allo stesso tempo evitiamo giri di parole: rileggiamo quello che abbiamo
appena scritto per il nostro sito web e se non rispecchia il nostro modo di
esprimerci vuol dire che ci siamo adeguati a un linguaggio asettico, vuoto e
inconsistente: i nostri prospect e Google se ne accorgeranno e ci eviteranno.

Senza paura
Nel dubbio pubblichiamo, mettiamo online quanto abbiamo scritto, anche
quando per rendere tutto perfetto stiamo aspettando uninformazione o un
contenuto aggiuntivo che tarda ad arrivare: non stiamo andando in stampa.

Essere completi ed esaurienti


Abbiamo fatto tanto per portare qualcuno sul nostro sito, sarebbe un
peccato accendere una curiosit, ma non soddisfarla: rileggiamo sempre
tutto nellottica di non costringere nessuno a cercare altrove informazioni
che noi stessi abbiamo stimolato.

Essere interpreti, non traduttori


Se vogliamo ottenere successo traduciamo prima ancora la cultura e poi
la lingua. Facciamoci aiutare dai nostri collaboratori allestero, educhiamoli
allimportanza dei contenuti online per trasporre nella loro cultura il know-
how che devono esprimere. Diversamente facciamoci aiutare da agenzie
specializzate: i motori di ricerca sono sempre pi locali.
Non chiamiamolo SEO copywriting
Almeno non allinizio. Scriviamo per raccontarci e non per inserire
parola chiave qua e l nel testo. La SEO viene dopo.

Curiamo i dettagli
Non siamo noi a decidere quali sono le pagine principali ma i nostri
visitatori; curiamo ogni pagina, mettendo nero su bianco tutto ci che
vogliamo che una persona legga e faccia una volta arrivata in quel punto.
Curare i dettagli significa anche prestare attenzione alla forma: oltre agli
errori di grammatica e di ortografia, evitiamo ogni refuso rileggendo pi
volte il testo finito.

Guardiamo i numeri
Se qualche pagina presenta performance sotto le nostre aspettative forse
uno dei motivi che quel contenuto poco chiaro oppure non completo.
Chiediamo a un estraneo di leggere quella pagina con occhio critico; dalle
sue domande sicuramente emerger qualche passaggio da sistemare.

Non fermiamoci
Non stanchiamoci mai di ripetere questo processo: stimoliamo noi stessi
e i nostri colleghi a utilizzare il sito web come un grande diario da
aggiornare ogni volta che accade qualcosa di interessante.
E se pensiamo che non ne valga la pena, che ci che abbiamo da dire
interessi a pochi, fermiamoci e pensiamo che quei pochi sono proprio
coloro che noi stiamo cercando.
Capitolo 2
Comunicazione sulle SERP

Di cosa si tratta?
Il concetto di comunicazione sulle SERP interessante per diverse
ragioni:
non ne parlano tutti anche se, per fortuna, sono sempre di pi quelli
che ne parlano;
costringe chi lavora sulla SEO ad allontanarsi da strumenti, tecnicismi
e scorciatoie per uscire a vedere la stessa cosa che guardano le
persone quando effettuano una ricerca, la SERP;
rappresenta il luogo dove avviene per davvero il primo
appuntamento tra la persona e il sito web (in molti pensano che la
prima interazione avvenga nel sito web stesso, ma non vero);
una miniera doro dove agire - operativamente lato SEO - per
ottenere incrementi di visibilit e traffico.
In altre parole la comunicazione sulle SEPR un piccolo aspetto sul
quale agire, ma che pu avere un peso specifico notevole. Ancora in altre
parole: la comunicazione sulle SERP una grande opportunit.
Per farne percepire la potenzialit, sono solito raccontare di quella volta
che a Pubcon, un evento al quale ho partecipato nel 2015 e che si svolto a
Las Vegas, ho ascoltato la testimonianza di unagenzia che lavorava per
Toyota: dopo aver analizzato come cercavano su Google le persone
interessate a Toyota, hanno deciso di aggiungere nellannuncio testuale
(snippet) la parola official, per marcare maggiormente il fatto che quel
risultato si riferiva al sito ufficiale di Toyota. Il rapporto tra quante volte
quel risultato stato visto e quante persone ci hanno effettivamente fatto
clic sopra (si chiama Click-Through Rate, CTR) aumentato del 20%. Se
immagino quante volte, al giorno e a livello mondiale, la parola chiave
toyota digitata su Google, quel 20% in pi rappresenta un sacco di traffico,

ottenuto solo analizzando meglio la propria clientela online e


modificando la parte testuale del risultato visualizzato su Google. Di nuovo:
una grande opportunit.
In soldoni si tratta di andare a verificare (e in caso modificare) laspetto,
quasi estetico, dellannuncio quando compare di fronte agli occhi di chi
effettua la ricerca.
Dico quasi estetico perch non si tratta solo di un esercizio di scrittura
- riprendendo lesempio di Toyota - ma anche di unattivit che pu
contemplare larricchimento dellannuncio con informazioni visuali (avete
mai notato, per esempio, che ogni tanto allinterno dellannuncio
compaiono le stelle delle recensioni? Guardiamo la Figura 2.1, pi avanti in
questo capitolo vedremo come ottenere tale risultato).

Figura 2.1 Un esempio di risultato arricchito di informazioni relative al contenuto presentato.

La cosa stimolante che possiamo andare a verificare in maniera


puntuale lefficacia di tale attivit.
In uno strumento che abbiamo gi menzionato, Google Search Console,
c un report (Traffico di ricerca /Analisi delle ricerche, Figura 2.2) che
racconta che, per un arco temporale che si pu estendere al massimo a 90
giorni, a fronte della ricerca moca interactive, una pagina del sito web di
MOCA (la home page nella fattispecie) stata vista 319 volte e in 228 casi
c stato un clic (il rapporto tra questi due valori, il CTR, pari al 71,47%).
Figura 2.2 Report Traffico di ricerca/Analisi delle ricerche di Google Search Console.

Potremmo agire, per esempio, sul copyright dellannuncio, dello snippet,


(Figura 2.3), segnarci il giorno della modifica (che Google assimila con
tempi quasi immediati), ritornare sul report dopo un paio di settimane (il
tempo necessario, nel caso di MOCA, per raccogliere un campione
statistico rappresentativo) e verificare se il CTR aumentato (o diminuito).

Figura 2.3 Il primo risultato, snippet, per la ricerca su Google moca interactive.
Tra laltro lo strumento consente di filtrare le informazioni e prendere
visione anche solo delle parole chiave digitate da dispositivi mobile.
Poter osservare, ottimizzare e registrare a stretto giro gli impatti di
quanto fatto va considerata unopportunit stimolante che ci spinge a
continuare a dedicare del tempo a questa attivit.
Google: motore di risposta
La possibilit di svolgere delle attivit di comunicazione sulle SERP ci
consentito da sempre, per lattenzione verso la tematica sorta dopo:
probabilmente in coincidenza del momento in cui Google ha - aveva -
deciso di diventare un motore di risposta piuttosto che un motore di ricerca.
Motore di risposta, questa espressione lho sentita per la prima volta a
New York nel 2008 a un evento di settore (il SES, Search Engine Strategies,
che oggi non c pi) durante una tavola rotonda nella quale Google ha
svelato lintento di ridurre lo spazio e il tempo tra la domanda e la risposta,
tra la persona che cerca e linformazione cercata.
Da quel momento stato un crescere di modifiche e aggiornamenti alle
SERP; pi o meno tutti andati nella direzione di rendere queste ultime
ancora pi ricche di informazioni.
Prima i risultati erano semplicemente una riga di testo blu, due righe pi
piccole nere e poi una quarta e verde ultima riga di testo che rappresentava
lindirizzo web. Questi snippet molto semplici vengono detti blue link.
Oggi una pagina dei risultati composta solo da blue link compare nel 3%
delle ricerche; nel restante 97% ci sono risultati provenienti da,
potenzialmente, Local Pack, risultati di natura locale, tipo esercizi
commerciali locali; shopping quando si cercano dei prodotti; in-app-search,
risultati che si riferiscono a contenuti presenti allinterno di app; Knowledge
Graph, lo spazio di risposta (answer box), cio quella porzione di monitor
che Google prende per rispondere direttamente lui (provate a scrivere film
).
+ [nome della vostra citt]

Questa variet di risultati prende il nome di Universal Search e le prime


tracce le si hanno tra il 2007 e il 2008. Questo fenomeno ha spinto molto
lattenzione dei SEO e dei webmaster verso il come compariva il sito
nelle SERP, perch non era pi solo una questione di blue link.
Protocollo Schema.org
Per capire quali informazioni poter prelevare dal sito web e riproporre
allinterno della SERP, Google deve prima comprendere molto bene
linformazione stessa.
Nel 2011 Bing, Google e Yahoo! (Yandex si unito pochi mesi dopo)
hanno lanciato uniniziativa denominata Schema.org; in questa fase
potremmo quasi chiamarlo un vocabolario mediante il quale dare un nome
alle cose.
In sostanza - intervenendo direttamente sul codice sorgente del sito web -
si possono aggiungere delle etichette, delle indicazioni che si riferiscono
alla specifica informazione e che consentono ai motori di ricerca di
comprenderne meglio la natura (classificandola allinterno di categorie
predefinite); tutto ci si chiama schema di markup di dati strutturati.
Proviamo a vederlo con un esempio, partendo dallo screenshot in Figura
2.4.

Figura 2.4 Screenshot di uno dei risultati per la ricerca ricetta della carbonara su Google.

Il fatto che servano 30 minuti per la preparazione e che lapporto calorico


della carbonara sia di 579 calorie non pu, nellesempio, averlo capito
Google da solo. Sarebbe troppo superficiale lassunto per cui, siccome nel
sito, vicino a 30 min c la scritta Tempo, allora le due informazioni sono
correlate e fanno una riferimento allaltra.
Andiamo a osservare in maniera puntuale il codice sorgente di quella
pagina web e, pi precisamente, il punto dove sono dichiarati i minuti
necessari per la preparazione:
<span class="grassettino" itemprop="prepTime" content="PT30M">30 min</span>
Lelemento che consente di far comprendere a Google, e agli altri motori
di ricerca, che il valore 30 min fa riferimento a un tempo di preparazione,
letichetta itemprop="prepTime".
Il sito web, sia agli occhi di Google che della persona, avrebbe
funzionato bene anche senza tale dettaglio; aggiungendo sopra - markup -
questa etichetta, consentiamo a Google di comprendere la natura
dellinformazione e, quando lo ritiene utile, fargliela stampare
direttamente in SERP.
Lelenco di queste etichette, che possiamo solo ricavare e sul quale non
abbiamo voce in capitolo, va a costituire proprio il protocollo Schema.org
(disponibile allindirizzo https://goo.gl/ynwRT4).
Lelenco delle informazioni che possono essere specificate in crescita
per cui, se oggi non dovessero esserci risposte per la natura della nostra
attivit, potrebbero esserci domani.
NOTA
Per conoscere le ultime etichette aggiunte dal sito ufficiale basta fare clic su Schemas
e See also the release page for; al momento della scrittura di questo capitolo,
21/2/17, lultimo aggiornamento datato 9/8/2016.

Esistono due modalit per aggiungere queste etichette in corrispondenza


dei contenuti: il primo intervenire a mano, il secondo - comunque
dispendioso in termini di tempo, ma molto meno complesso - utilizzare
uno strumento disponibile allinterno di Google Search Console che si
chiama Evidenziatore di dati (poich gli strumenti sono soggetti a
evoluzioni, a volte anche repentine, per capire come funziona e iniziare a
utilizzarlo, vi lascio alla documentazione ufficiale di Google disponibile
allindirizzo https://goo.gl/jKfmMq).
Ma perch farlo? Perch aggiungere questo codice di markup?
assolutamente lecito domandarselo, anche perch, tra le due parti, quello
che ci guadagna di pi Google: di fatto lo mettiamo nelle condizioni di
imparare, di comprendere meglio le cose, di capire la relazione tra i
concetti, che lui chiama entit, gli consentiamo di muovere i primi passi
verso la semantica (anche se un po un azzardo menzionare oggi la
semantica). Diciamo che, tramite queste etichette, collochiamo in uno
spazio e in un ordine chiaro - a Google - le entit e le relazioni tra le entit.
E per lui un guadagno enorme. Ecco perch il beneficio ottenuto dagli
addetti SEO e dai webmaster deve essere altrettanto interessante: pi
visibilit; ma non un posizionamento migliore, assolutamente no!
Pi visibilit da un punto di vista oculare: un risultato condito (un rich
snippet) da pi informazioni ed elementi grafici in grado di raccogliere
maggiormente lattenzione delle persone. Ipoteticamente si potrebbe ambire
a ottenere pi clic, perch lannuncio diventato pi attrattivo, a parit di
posizionamento sui risultati di ricerca.
Naturalmente il vantaggio per chi si occupa di SEO e per i webmaster
valido solamente allinterno di una strategia di breve/medio periodo:
nelle SERP dove praticamente tutti gli attori hanno aderito al protocollo
Schema.org, chiaro che a livello oculare queste informazioni sono meno
in grado di attirare lattenzione delle persone, perch diventate quasi uno
standard.
Laltro vantaggio, importante, ma nel caso specifico di entit minore,
una maggiore comprensione della natura dei contenuti da parte di Google;
non che questo aspetto non sia importante - abbiamo etichettato la coerenza
semantica come conditio sine qua non - che ci sono anche altre strade che
Google percorre per comprendere il contesto di quello che viene scritto.
Diciamo che aggiungere una sovrastruttura di informazioni serve a
prescindere - tutto fa brodo - e applicando Schema.org, in ultima istanza,
soddisfiamo anche questo aspetto.
Google Knowledge Graph
Il sito web non lunico luogo dal quale Google pu attingere
informazioni per presentare ai suoi utenti un messaggio, un annuncio, pi
ricco di dettagli.
probabile che, tanto o poco, abbiamo seminato in lungo e in largo per
la Rete informazioni circa la nostra attivit o la nostra persona, e ci sono dei
luoghi che Google considera come dei database dai quali poter attingere.
Alcuni di questi luoghi sono: il suo stesso database, Wikipedia e WikiData.
E nel maggio del 2012 Google ha rilasciato Google Knowledge Graph.
Immaginiamo una sorta di rete che raccoglie milioni di pezzi di dati sulle
parole chiave pi utilizzate dalle persone e lintento dietro tali parole
chiave, sulla base dei contenuti gi disponibili in Rete. In questa maniera
Google in grado di rispondere a domande relativamente a persone, luoghi
e fatti, senza che la domanda - la parola chiave cercata - debba essere
troppo puntuale. Per vedere Knowledge Graph in azione, iniziamo a
digitare su Google la parola chiave michael jordan (Figura 2.5).
Figura 2.5 I risultati di Knowledge Graph per la ricerca michael jordan.

Qui salta allocchio la collezione di informazioni correlate attorno


allentit di Michael Jordan: data di nascita, altezza, patrimonio netto ecc. Il
dettaglio pi raffinato rappresentato dalle altre entit che Google
suggerisce in coda alle informazioni; e ci sono tre informazioni con un
diverso livello di profondit:
altri giocatori di pallacanestro (facile);
lattuale moglie (gi un pizzico pi arduo, ma non troppo);
lex moglie (che ci fa intendere la memoria storica e laggiornamento
delle relazioni tra le entit; per nulla banale).
Se vogliamo mettere maggiormente alla prova Google, proviamo invece
a digitare una parola chiave un po meno specifica, tipo attori famosi (Figura
2.6).

Figura 2.6 I risultati proposti da Google alla ricerca attori famosi. La risposta evidenzia il
funzionamento di Knowledge Graph.

Qualche ulteriore riflessione rispetto allesempio.


Apparentemente basta aver associato a Brad Pitt il fatto che sia un
attore (facile).
Ha classificato gli attori secondo un indice (quelli famosi), e per
Google non dovrebbe essere complesso redigere una classifica.
Se pensiamo che la risposta (lelenco degli attori) sia sufficientemente
ovvia, allora Google ha fatto un gran lavoro. Dobbiamo tenere
presente, infatti, che se tra esseri umani ci chiediamo di menzionare
alcuni attori famosi, il nostro cervello pu godere di diverse
informazioni di contesto (per citarne alcune): siamo in Italia e,
nonostante la tradizione cinematografica, ci rifacciamo molto a
produzioni statunitensi; possiamo fare una carrellata mentale di ultimi
titoli usciti al cinema, eventuali premi Oscar appena assegnati, titoli
che si rifanno a capolavori del cinema. Molte di queste informazioni
escono dal campo di azione di Google e se il medesimo riuscito ad
arrivare vicino alla stessa risposta che avrebbe dato un essere umano,
allora sta facendo davvero un gran lavoro perch s, in grado di
archiviare molte pi informazioni di noi, ma manchevole di molte
informazioni di contesto che noi esseri umani elaboriamo praticamente
senza rendercene conto.
Lattivit di continuare a incrementare e arricchire il database non certo
conclusa: per Google sono informazioni preziose e quindi continua a
invitare i proprietari dei siti web a fornire via via sempre pi dettagli.
Un esempio la recente (febbraio 2017) osservazione di un test che
sembra aggiungere la possibilit di contemplare delle offerte, delle
promozioni, direttamente nel pannello di Knowledge Graph presente nelle
SERP (Figura 2.7).
Figura 2.7 A febbraio 2017 si tratta solo di un test, ma Google sembra aggiungere la
possibilit di comunicare delle promozioni gi dal pannello di Knowledge Graph.

Per chi si occupa di SEO e per i webmaster, tutto questo correlare tra loro
le entit e riproporre gi nella pagina dei risultati di ricerca le informazioni
desiderate, ha due impatti notevoli, che vedremo nei due paragrafi a
seguire.
Rich snippet e rich card
Riassumendo: nei passaggi precedenti abbiamo menzionato risultati
organici (snippet) che vengono arricchiti con informazioni aggiuntive, si
chiamano rich snippet. In linea di massima si ottengono mediante
ladozione del protocollo Schema.org e la selezione di quali informazioni
inserire allinterno dellannuncio lasciata a Google: tornando allesempio
della ricetta della carbonara, non possiamo scegliere noi se mostrare il
tempo di preparazione e lapporto calorico, oppure la difficolt e il numero
di porzioni (che sono, a titolo di esempio, altre informazioni riportate
allinterno della ricetta). Si tratta di una bella opportunit perch se nessuno
o pochi dei siti che Google presenta assieme al nostro per la parola chiave
che ci interessa, hanno adottato Schema.org, questo ci potrebbe dare una
spinta interessante in termini di visibilit (ma non di posizionamento); come
gi detto, bene sapere che si tratta di una strategia sul breve/medio
periodo (a seconda di quanti nostri competitori hanno gi adottato il
protocollo) ma visto lo sforzo necessario (basso), si tratta sicuramente di
una strada da percorrere. E comunque consente a Google di capire ancora
meglio i contenuti del sito, che un risultato al quale tendere sempre
quando si parla di SEO.
Anche se si tratta di una bella opportunit sono solito contemplare anche
un altro punto di vista, forse meno entusiasta. E per dare il quadro
completo, introduco anche levoluzione dei rich snippet: le rich card, che
sono pensate per funzionare ed essere visualizzate su mobile (Figura 2.8).
Figura 2.8 Levoluzione da snippet a rich snippet a rich card.

Le informazioni presenti nello snippet sono scritte originariamente da un


essere umano e un incaricato SEO ha sufficienti margini di libert per far
stampare a video quello che ritiene pi strategico a livello di copywriting
(anche se non per tutti i casi, a dir la verit).
Nel caso dei rich snippet, le informazioni sono ancora prese dal sito web
- e quindi precedentemente scritte da un essere umano - ma lo schema
consente meno margini di manovra: se Google ha deciso di visualizzare
voto, recensioni, tempo di cottura e calorie, questo andr a ridurre lo spazio
per il copy. Punto.
Le rich card enfatizzano ancor di pi questa direzione: Google si arrangia
a comporre lo snippet con le informazioni riportate nel sito web. vero, tali
informazioni le abbiamo imputate noi, ma non c pi spazio per la
creativit, il copywriting, la comunicazione sulle SERP.
E nonostante questo punto di vista un pizzico pi triste, perch lascia alla
comunicazione meno spazio di manovra, si tratta comunque di una strada
da percorrere; nel caso delle rich card ancora di pi dei rich snippet perch
adottare il protocollo potrebbe significare ricevere una spinta - in termini di
posizionamento - nelle SERP.Facciamo riferimento allesempio riportato
nella Figura 2.9, si tratta della parola chiave greek pistachio fatta su
Google.com.

Figura 2.9 Comparazione dei primi risultati, tra mobile (a sinistra) e desktop (a destra) per la
ricerca greek pistachio svolta su Google.com.

Tra i risultati organici da desktop si vede primeggiare il sito web My


Greek Dish; tra quelli mobile, grazie alladozione delle rich card, invece il
primo risultato il sito web Fine Dining Lovers. Due riflessioni:
1. il sito web My Greek Dish ha perso parecchio in termini di visibilit,
oltre che di posizionamento, perch le rich card attirano maggiormente
lattenzione delle persone che cercano (oltre a essere presentate come
primo elemento);
2. il sito web Fine Dining Lovers ha guadagnato molta visibilit,
considerando il fatto che da desktop non nemmeno tra i primi tre
risultati.
Unaltra bella opportunit offerta dalle rich card rappresentata dalle
pagine elenco: se nel sito web abbiamo una pagina che elenca altre pagine,
per esempio lelenco delle ricette che hanno una base fatta con il curry,
possiamo etichettare le informazioni presenti anche in questa pagina (quindi
senza limitarci alle pagine delle singole ricette) e ambire a ottenere un
risultato simile a quello riportato nella Figura 2.10.

Figura 2.10 Un esempio di rich card per le pagine elenco.

Questa rich card, parlando proprio in termini di pixel, in grado di


occupare ancora pi spazio (leggasi, ancora pi visibilit, attenzione) anche
a discapito degli altri siti che stanno nella stessa SERP e, dettaglio ancora
pi importante, fa riferimento al medesimo sito web.
Featured snippet: la posizione zero
Apparsi per la prima volta nel corso del 2014, i futured snippet sono
unulteriore opportunit che Google si ricavato per accorciare la distanza
tra la domanda (la persona) e la risposta (il sito web), Figura 2.11.
Possono assumere forme diverse:
paragrafi testuali (a oggi i pi frequenti e proposti);
elenco;
immagini;
video;
tabelle (Google sembra stia puntando a questo formato per la sua
intrinseca caratteristica del rendere le informazioni facilmente
leggibili, tra laltro la formattazione per questo formato fa riferimento
al buon vecchio HTML);
dati da Google Knowledge Graph.

Figura 2.11 Un esempio di featured snippet.


Non sono sempre disponibili (ma lo diventano sempre di pi): possono
apparire e scomparire per la stessa parola chiave anche allinterno della
medesima giornata. E la selezione della fonte preposta non manuale, bens
algoritmica. Ma come funziona questa selezione? Quali logiche ci sono
sotto?
Innanzitutto importante dire che non viene premiato solo e solamente il
sito web che gi occupa la prima posizione: ladozione di featured snippet
estesa - abbastanza - a tutti i risultati della prima pagina (fonte: Game of
Featured Snippets: How to Rank in Position 0 disponibile allindirizzo
https://goo.gl/FW2Nwj); quindi per determinare chi eleggibile, vengono

considerati anche altri fattori oltre a quelli gi conosciuti per il


posizionamento organico.
Naturalmente se chi ottiene il featured snippet anche il primo risultato,
questo cannibalizza la parte alta della SERP, quella pi soggetta a visibilit
e clic. E questo concetto ulteriormente stressato se pensiamo al contesto
del mobile (Figura 2.12). Certo, non sicuro che questa sar la situazione
definitiva: gi a maggio 2017 Google ha confermato dei test per i quali il
sito web premiato con featured snippet vede sparire il proprio risultato
dalla porzione di pagina dei risultati pi tradizionale; quindi niente
cannibalizzazione in questo caso (https://goo.gl/Ec6VVs).
Il tutto diventa ancora pi interessante se pensiamo alle ricerche vocali
(teniamo a mente i vari Google Home e Amazon Echo). A domanda
(vocale) Google risponde attingendo proprio dal featured snippet, tra laltro
menzionando come prima porzione della risposta, proprio la fonte (Figura
2.13).
Nel contesto della ricerca vocale, dove schermo e, soprattutto, link (e
clic) vengono omessi, una citazione come fonte autorevole , forse, lunica
speranza di ottenere visibilit e guadagnare autorevolezza da questo lato
della ricerca.
Figura 2.12 Un featured snippet da mobile: praticamente non riservata visibilit agli altri
risultati (fonte: https://goo.gl/G198ph).

Figura 2.13 Google Home pu attingere la risposta dal featured snippet menzionando la
fonte del contenuto (fonte: https://goo.gl/G198ph).
La conditio sine qua non per essere eleggibile a ottenere questo
trattamento il consentire la facile scansione organica del contenuto da
parte di Google (facendo riferimento ai primi e pi diffusi tag HTML); non
c quindi un markup (Schema.org, structured data), almeno per ora, che
consenta di ottenere sistematicamente questo risultato speciale.
Unaltra condizione, non ufficiale, che il contenuto deve essere
facilmente riportato da Google allinterno di uno snippet (una ricerca di
SEMRush suggerisce che la lunghezza debba oscillare tra le 40 e le 50
parole).
Osservazioni da parte degli addetti al settore hanno evidenziato che,
molto probabilmente, degli indici di coinvolgimento (CTR dalle SERP e il
tempo speso allinterno della pagina) potrebbero essere dei segnali
favorevoli per convincere Google ad associare a quel contenuto il featured
snippet (tra laltro questo avvicina il ragionamento a quello che gi
succede dal lato dei risultati a pagamento, quindi Google AdWords). E
questa unulteriore ed ennesima conferma che la strada da percorrere
quella di spostare il focus su contenuti utili che intercettino linteresse delle
persone.
Alcune osservazioni successive hanno gi notato unulteriore evoluzione
dei featured snippet, ovvero delle ricerche correlate (affinamento della
domanda) da poter esplodere/fruire direttamente sulla SERP stessa (Figura
2.14 e Figura 2.15).

Figura 2.14 Ricerche correlate associate al featured snippet (fonte: https://goo.gl/G198ph).


Figura 2.15 Ricerche correlate - associate al featured snippet - che possono essere fruite
direttamente dalla SERP (fonte: https://goo.gl/G198ph).

Da dove partire quindi per ottenere i featured snippet? Risolte le


condizioni pi tecniche, necessario individuare le ricerche effettuate dalle
persone che, implicitamente ed esplicitamente, fanno riferimento a una
domanda e provvedere a dare una risposta allinterno della pagina (sembra
essere una mossa azzeccata quella di prevedere, allinterno del contenuto,
anche la domanda stessa).
Anche la strategia di provare a ottenere visibilit tramite i featured
snippet, dovrebbe - perch non tutti i casi rientrano nellesempio che sto per
descrivere - essere inserita allinterno di un piano di breve/medio periodo; il
tempo, anche in questo caso, gestito da Google.
Vediamo un esempio tratto da unesperienza reale. Dopo aver ottimizzato
i contenuti rendendoli compatibili con le indicazioni di Schema.org, il sito
web stato premiato con il featured snippet per la parola chiave codici a
barre (Figura 2.16).
Figura 2.16 Abbiamo ottenuto visibilit per la parola chiave codici a barre grazie
alladesione al protocollo Schema.org; si trattato di una strategia di breve periodo perch
quattro mesi dopo, la situazione cambiata (si veda figura successiva).

Dettaglio importante: lo screenshot risale al 12 ottobre 2016. Se


simuliamo oggi (28 febbraio 2017) la medesima ricerca, otteniamo il
risultato proposto nella Figura 2.17.
E con questa piccola esperienza abbiamo risposto alla domanda: Ma se
tutti i siti presenti nella prima pagina hanno adottato correttamente
Schema.org (con le indicazioni relative ai featured snippet), chi potr
godere di questa ulteriore spinta di visibilit? Nella maggior parte dei casi
che abbiamo analizzato il primo risultato organico, a volte il secondo;
purtroppo, per chi sta dalla terza posizione in gi, si tratta di una bella
perdita di visibilit.

Figura 2.17 Quello che compare oggi (28/2/2017) per la ricerca codici a barre: la fonte del
featured snippet cambiata.

per questo che suggeriamo di muoversi presto, prima degli altri siti
presenti nelle SERP, ma non di sperare che quellincremento di visibilit
possa durare nel tempo (a meno di non essere gi nelle prime due
posizioni).
Laltra faccia della medaglia: answer
box pi featured snippet
Come spesso accade quando si parla di Google, c anche laltra faccia
della medaglia; s perch lui ha bisogno delle informazioni e le
informazioni, molto spesso, le mettiamo noi allinterno dei siti web: le sue
decisioni hanno sempre un impatto ambivalente sulla realt dei siti web. Per
ricollegarci a questo concetto, una menzione speciale va allanswer box
(Figura 2.18), lo spazio che Google dedica a se stesso allinterno delle
SERP per fornire direttamente una risposta; uno degli esempi, forse il
migliore per spiegare il punto di vista, proprio featured snippet, visto al
paragrafo precedente (Figura 2.19).
Ma perch laltra faccia della medaglia? Perch Google ha prelevato del
contenuto dai siti web rendendo, in alcuni casi, inutile la visita ai siti stessi.
Non una mossa di poco conto perch la bont delle attivit SEO, fino a
qualche anno fa, era misurata anche per mezzo delle visite che si riusciva a
ottenere dalle ricerche svolte su Google; lo scenario cambiato
drasticamente.
La prima risposta che sufficiente cambiare lindicatore di
performance: dalle visite al fatto di fornire le informazioni corrette a
Google prima, e alla persona poi.
Per, in termini di visibilit assoluta - annettendo anche i concetti di
mercato e competitivit - c meno visibilit per alcuni e pi possibilit per
altri attori della filiera: se eravamo uno di quelli che stava fuori dalle prime
posizioni, questo rappresenta una bella opportunit, ma se eravamo uno dei
primi siti web, un pizzico ci ha danneggiato.
In altri casi ancora, ha ulteriormente favorito il primo risultato togliendo
visibilit a quelli che stanno sotto (Figura 2.20).
Figura 2.18 Google Answer Box per la parola chiave meteo treviso; i dati sono prelevati
direttamente dal portale weather.com.
Figura 2.19 Featured snippet per la ricerca come preparare la carbonara; i dati sono
prelevati dal sito web Buttalapasta.it.
Figura 2.20 Featured snippet per la ricerca codice a barre; Google conferisce ancora pi
visibilit a Wikipedia.

Proviamo a simulare una ricerca per dare una dimensione a questo


fenomeno.
Cerchiamo cinema treviso oggi. Google conferisce parecchio spazio a se
stesso proponendo i risultati di Google Knowledge Graph (Figura 2.21).
Figura 2.21 La SERP per cinema treviso oggi un misto di risultati da Google Knowledge
Graph e organici.

Facciamo clic su uno dei risultati e la porzione di informazioni sotto il


carosello si aggiorna fornendo ancora pi visibilit alle informazioni in
possesso di Google (Figura 2.22): answer box sulla sinistra e ancora
Knowledge Graph sulla destra.
Facciamo clic su uno dei cinema proposti (anche se non intuitivo, si
pu fare clic sul nome del cinema). E, solo ora, iniziamo a notare una
maggiore visibilit: il primo risultato organico si vede sopra la piega e
abbiamo un collegamento al sito web anche nella parte destra, dentro il
pannello di Knowledge Graph (Figura 2.23). Anche se, potenzialmente,
potremmo navigare allinterno della programmazione stando dentro
Google.

Figura 2.22 La parte immediatamente visibile della SERP composta di risultati che fanno
riferimento solo a prodotti Google: Knowledge Graph e Answer Box.
Figura 2.23 La SERP per the space cinema silea: Google inizia a rendere pi disponibile
laccesso al sito web di The Space Cinema (dopo due clic dalla ricerca).

Se da una parte comunque Google poi favorisce laccesso al sito web (a


dirla tutta, a persone che hanno gi effettuato delle scelte e quindi,
potenzialmente, pi prossimi e propensi allacquisto), per una buona parte
del processo decisionale abbastanza democratico garantendo una visibilit
a pi attori della filiera (si torni a fare riferimento alla Figura 2.22, sono tre
i cinema ai quali Google conferisce visibilit in quel momento). vero, tali
attori non sono numericamente inferiori (tre contro cinque o sei, quelli che
Google presenta in ricerche diverse ma simili), per probabilmente sono
anche quelli che Google ritiene migliori; il che conferma quanto sia
determinante ricavare, anche lato SEO, unottima reputazione agli occhi di
Google.
La questione, per il singolo sito web che punta ad accaparrarsi tutta la
visibilit - ma solo quella giusta - possibile, che quasi fino allultimo
passaggio, Google pi democratico.
Questo effetto ancora pi visibile nel contesto turistico: se cerchiamo
hotel venezia e facciamo clic su uno dei risultati presenti nel Local Pack

(Figura 2.24), finiamo sulla pagina riportata nella Figura 2.25.


Figura 2.24 Il Local Pack presentato allinterno della SERP per la ricerca hotel venezia.
Figura 2.25 Il risultato per hotel venezia: dopo aver fatto clic sul Local Pack, si viene
riportati sui risultati di Google Maps.

Due osservazioni:
1. dalla prima SERP abbiamo fatto clic su Hotel Venezia, lhotel retr con
colazione e WiFi inclusi (Figura 2.24); abbiamo gi fatto una scelta.
Ma quando arriviamo alla schermata della Figura 2.25, Google
continua - sulla sinistra - a presentarci altri risultati (che potrebbero
farci cambiare idea in un qualsiasi istante);
2. nella parte di monitor dove possiamo verificare disponibilit e prezzi,
in maniera democratica Google suggerisce Booking, Hotels.com e
Hotel Info.
Ecco, se fossimo i proprietari dellhotel, piuttosto che Booking, non
vedremmo cos bene questo essere democratico perch, anche dopo aver
espresso una scelta, Google continua a suggerire delle valide alternative.
Sia ben chiaro, in alcuni casi utile, per esempio quando cerchiamo un
esercizio commerciale locale. Facciamo lesempio di una delle pizzerie pi
famose a Treviso; se cerchiamo pizzeria fausta treviso su mobile, Google
presenta da subito i principali canali di contatto con la pizzeria (e dato che
siamo su mobile, il telefono sar il primo, Figura 2.26).
In questo caso il supporto di Google prezioso perch qualora
decidessimo di accedere al sito web - sempre da mobile - ci troveremmo di
fronte a una cosa di questo tipo (Figura 2.27, si tratta delle prime due
schermate assemblate in ununica immagine): se tocchiamo il numero di
telefono - disponibile nel pi di pagina - la chiamata non parte e se
facciamo clic su Contatti non succede nulla.
Figura 2.26 La SERP per pizzeria fausta treviso; lo spazio immediatamente visibile
interamente occupato da Google Knowledge Graph.

La conclusione del ragionamento duplice:


1. per il proprietario delle informazioni, pu non essere cos interessante
che Google le presenti direttamente in SERP, perch questo fa venire
meno il clic verso il sito web;
2. poich non abbiamo voce in capitolo, dobbiamo cambiare indicatore di
performance e preoccuparci che le informazioni presentate da Google
siano corrette.
Figura 2.27 La versione del sito web disponibile al momento della scrittura di questo libro
della pizzeria Da Fausta di Treviso non rende facile linterazione e lentrare a contatto con
lesercizio commerciale.
Essere primi non pi lunico
obiettivo
Laltro grande cambio di paradigma portato dalla Universal Search la
personalizzazione dei risultati.
Non una novit, ma ancora oggi non si tratta di un concetto totalmente
assimilato; ed comprensibile perch siamo abituati a vedere le SERP con i
nostri occhi e siamo portati a pensare che sar lo stesso anche per gli altri.
Invece non cos. Per semplificare, perch in questa fase non ci interessa
trasferire gli aspetti pi tecnici, ricordiamo che Google tiene in
considerazione, nel presentarci i risultati, elementi quali la cronologia delle
ricerche (cio quello che abbiamo cercato in passato); i risultati sui quali
abbiamo precedentemente fatto clic; dove siamo - fisicamente - nel
momento in cui svolgiamo la ricerca (la parola chiave hotel venezia digitata a
Venezia, a Treviso e a Palermo produrr risultati diversi); il dispositivo dal
quale stiamo effettuando la ricerca.
vero, c modo di far perdere le tracce a Google (cancellando la
cronologia delle ricerche o facendo il logout da Gmail), ma quand
lultima volta che abbiamo effettuato il logout da Google/Gmail?
E questo nuovo punto di vista ha fatto un gran bene al settore e alla
consapevolezza sulla SEO: si tratta di un mezzo, non di un fine.
Non si incontra la soddisfazione arrivando primi per una data parola
chiave, si incontra il massimo della soddisfazione quando siamo riusciti a
organizzare la nostra visibilit su Google al punto tale da condurre al sito
web delle persone interessate che poi acquistano, prenotano, si iscrivono
alla newsletter, insomma raggiungono un obiettivo, compiono unazione per
noi strategica.
C un per: per le attivit quotidiane di chi opera nella SEO, la
posizione era effettivamente un indicatore utile per capire landamento delle
attivit. Siccome le oscillazioni (la differenza di posizione a seconda delle
condizioni sopra riportate) non sono mai enormi (al netto di eccezioni),
Google ci fornisce lindicatore denominato proprio posizione tramite
Google Search Console (Figura 2.28), dopo aver selezionato lopzione
Posizione.

Figura 2.28 Il report Traffico di ricerca/Analisi delle ricerche di Google Search Console dal
quale osservare la posizione media per le nostre parole chiave.

Questa metrica utile per le attivit pi continuative che vengono anche


chiamate di fine tuning: verificare e, in caso, procedere con ulteriore
ottimizzazione lato SEO.
Un esempio su tutti: se vediamo una parola chiave con posizione media
superiore a 10 (quindi la seconda pagina di Google) e con un buon volume
di impression (visualizzazioni o impressioni), allora cercheremo di
ottimizzarla al punto tale da arrivare in prima pagina perch la differenza di
traffico generato (in pi) notevole (Figura 2.29).
Figura 2.29 Anche se i volumi non sono elevati, questo un elenco di parole chiave che
registrano un numero di visualizzazioni (impressioni) interessanti e per i quali il sito di MOCA
non ha posizionamenti troppo soddisfacenti (il calzolaio con le scarpe rotte).
Capitolo 3
Evoluzione e nuove tendenze

Concetti base: funzionamento


Lidea di base non cos complessa: a fronte di una ricerca eseguita da
una persona, Google assegna un punteggio alle pagine dei siti web che
conosce e visualizza una classifica; si tratta di un suo parere, di una sua
opinione, come se rispondesse alla domanda di ricerca con una cosa del
tipo Secondo me questi sono i migliori siti web allinterno dei quali potrai
trovare risposta alla tua domanda.
Due note su questo paragrafo perch abbiamo aggiunto due dettagli che
potrebbero risultare quasi invisibili e invece vale la pena portarli a galla.
Nella dicitura alle pagine dei siti web che conosce ci sono nascosti due
aspetti: che Google, quando si tratta di riportare dei risultati, non ragiona a
livello di sito web bens di pagina (perch vuole portare le persone
direttamente al contenuto che riporta la risposta alla loro domanda) e che
tali pagine Google, prima, le deve conoscere.
Google non Internet, bens ne rappresenta una parte - tra laltro piccola
perch quella sconosciuta, denominata Deep Web, sembra rappresenti il
99% di Internet (fonte: Wikipedia, https://goo.gl/WxqYNo) - e per essere tra i
suggerimenti, Google deve prima aver fatto la nostra conoscenza; per
questo che si attrezzato, dal principio in realt, di software che,
semplificando, espletano due attivit: conoscere nuove pagine e verificare
che quelle gi conosciute siano ancora disponibili. Questi software sono
chiamati bot, spider o crawler e sono gli instancabili aiutanti di Google.
Nel primo paragrafo abbiamo menzionato anche il termine classifica;
facile intuire che si tratta di una graduatoria, ma quello che importante
sottolineare questo: vicino a ogni risultato non c il punteggio (non c
mai stato) e questo non un elemento da poco. Facciamo un esempio: se
guardassimo larrivo dei piloti di una gara di MotoGP solo con i
posizionamenti ma senza i tempi, capiremmo solo, appunto, la classifica ma
della gara in s non sapremmo quasi nulla; se invece vicino al nome dei
piloti aggiungessimo anche il tempo potremmo avere una chiave di lettura
molto pi dettagliata della gara: si trattato del dominio di un pilota oppure
stata combattuta fino allultima curva?
Ecco, chi si occupa di SEO pagherebbe qualsiasi cifra - credo - per
sapere qual il punteggio del proprio sito web; ma non tanto il punteggio in
s, quanto la distanza che lo separa da chi sta sopra e da chi sta sotto.
Questo perch nello svolgere attivit SEO potremmo, per esempio, riuscire
a passare dalla nona posizione alla quarta con pochi interventi, ma poi
potrebbero volerci mesi per passare dalla quarta alla terza posizione. Pu
essere destabilizzante perch, a livello grafico, ogni risultato dista dallaltro
la stessa misura, ma in realt linformazione sulla distanza non
accessibile.
Per assegnare il punteggio, viene applicato il famoso e segreto algoritmo
di Google.
Sono tante le variabili che compongono questo algoritmo: comunemente
si dice che abbia pi di 200 macro-variabili che possono arrivare anche a
10.000 se si considerano le varianti e i sotto-segnali (fonte: Search Engine
Land, https://goo.gl/p6gV3S). Tramite test, sperimentazioni e dichiarazioni
ufficiali di Google, siamo arrivati nel tempo a conoscerne un pezzo,
probabilmente un pezzo significativo.
Lalgoritmo viene lanciato per ogni ricerca; naturalmente Google gi si
fatto unidea della pagina web e del contenuto, per anche il contesto della
singola ricerca viene tenuto in considerazione nel suggerire i risultati: quali
sono le precedenti ricerche? Che lingua si sta utilizzando? Da quale
dispositivo si sta effettuando la ricerca? Dove si trova la persona,
geograficamente parlando, nel momento della ricerca?
Quindi, ogni volta che facciamo una ricerca, Google mette insieme le
informazioni di contesto, le informazioni riferite al singolo contenuto e
restituisce, secondo lui, quali sono i siti web che fanno al caso nostro.
I fattori di posizionamento:
cronistoria
Il peso specifico di questi fattori cambiato nel corso del tempo; per
semplificare, abbiamo individuato tre ragioni:
1. Google migliora costantemente;
2. gli addetti SEO hanno abusato di uno o di un altro fattore e quindi
Google ha deciso di azzerarne limportanza (celebre lesempio del tag
<meta> con valore keywords che, un tempo soggetto a un uso eccessivo,

oggi non ha alcun peso);


3. abbiamo preso confidenza con Internet e con la ricerca e il nostro
comportamento si evoluto: se torniamo indietro a oltre dieci anni fa,
la ricerca era composta da singoli termini o da composizioni di pochi
termini, oggi invece siamo diventati pi bravi e ci esprimiamo
fornendo subito diverse parole per far capire bene al motore di ricerca
quello che vogliamo. La ricerca vocale far evolvere di nuovo il
comportamento: scriveremo come parleremo, anzi, parleremo e basta.
Durante i corsi di formazione utilizziamo una slide che, senza la pretesa
di essere precisa nelle proporzioni, vuole mettere in relazione i fattori sia tra
di loro e sia nel tempo (Figura 3.1).
Figura 3.1 Landamento, nel tempo, dei pesi specifici dei fattori di posizionamento conosciuti
(per semplicit, raggruppati in tre macro categorie).

In questa fase diciamo che:


i fattori interni sono quelle variabili, interne al sito, sulle quali
possiamo facilmente agire intervenendo sul codice sorgente;
i fattori esterni, per adesso, li semplifichiamo con i backlink, ovvero il
numero e la qualit del siti di terze parti che pubblicano un link al
nostro sito;
i fattori tecnologici sono le variabili che si riferiscono a elementi
tecnologici, come le caratteristiche che lecosistema deve assumere
per, per esempio, ridurre il tempo necessario per scaricare e fruire una
pagina web.
Anche tutta la storia di Google, sempre facendo un esercizio di
semplificazione, la riassumiamo nelle quattro fasi che seguono.
Laltro ieri
Google e la SEO sono nate da poco. Si tratta di un sistema dove chi sa
fare SEO - una SEO molto semplice rispetto allattuale - meglio del proprio
competitor, vince senza grossi sforzi. Non quindi un contesto
meritocratico ma, piuttosto, autoreferenziale dove noi diciamo di noi stessi
quanto siamo la soluzione migliore per i nostri clienti. Per renderla ancora
pi semplice, una SEO dove sufficiente ripetere la parola chiave una
volta in pi rispetto al competitor, una SEO dove un sito web che non
offre grosso valore alle persone, ma che lato SEO impeccabile, pu
svettare nelle SERP senza fatica.

Ieri
Questa la fase durante la quale Google si differenzia dagli altri motori
di ricerca perch, rifacendosi a segnali di terze parti (quanti backlink riceve
un sito web: un approccio quantitativo e si parla di Pagerank) riesce a
fornire risultati migliori e a suggerire siti e aziende che sono meritevoli
anche nel mondo reale. Questa fase vede unaltra grande evoluzione di
Google: il passaggio, per quello che concerne i backlink, dallapproccio
quantitativo allapproccio qualitativo, si passa dal Pagerank al Trustrank e
il grado di autorevolezza del sito web su cui presente un link, entra
prepotentemente nellalgoritmo come variabile per il calcolo del
posizionamento. Si tratta di un passo evolutivo che va in due direzioni:
individuare i siti web davvero pi meritevoli di essere premiati con della
visibilit su Google e combattere lo spam e la costruzione forzosa di siti
web (network di siti web) il cui unico obiettivo procacciare un link verso
il sito web di un dato cliente (per inciso, proprio a questo punto e con
queste mansioni che iniziato il mio percorso nella SEO).
Lidea alla base del Pagerank e del Trustrank azzeccata: riprendendo
logiche che succedono nelle pubblicazioni mediche, dove se qualcuno ha
scritto qualcosa prima di noi, la o lo dobbiamo necessariamente
menzionare, riporta nel meccanismo dellalgoritmo la deduzione per la
quale se un documento menzionato e ripreso da tanti e autorevoli trattati,
allora, sar molto autorevole anchesso.
Il grande cambio di paradigma che Google non chiede pi alladdetto
SEO o al webmaster di auto-qualificarsi bens chiede al resto di Internet
qual la sua, chiamiamola, reputazione.

Oggi
Oggi siamo in una situazione dove lequilibrio tra fattori interni ed
esterni rimasto abbastanza intatto: i primi sono cambiati, guardano molto
di pi anche allesperienza di navigazione, ma quelli che possono fare la
differenza sono ancora i secondi.
Molta attenzione viene data anche alla parte tecnologica, come la
velocit di caricamento di una pagina web e ci giustificato dalla sempre
maggior presenza e utilizzo dei dispositivi mobile.
Si tratta della SEO che raccontiamo in questo libro.

Domani
Questa fase, invece, frutto di una personale interpretazione e previsione
delle logiche che regolano il mondo della SEO.
Meno pressione verr data alla componente tecnologica (per esempio la
velocit di caricamento di una pagina web); una minor pressione mediatica,
non tanto perch questo gruppo di fattori smetter di essere importante, ma
perch sar diventato uno standard.
Prevedo anche una rivincita dei fattori interni ma non intendo dire che
torneremo ai tempi del tag <meta> con valore keywords, bens credo che
Google, con sempre maggiori capacit di comprensione del testo, arriver a
capire da solo quanto un contenuto ritenuto di valore da parte delle
persone.
Ottenere autonomia da questo punto di vista gli consentir,
ipoteticamente, di ridurre il peso specifico che avranno i backlink. Sono
abbastanza convinto di questultimo passaggio per due motivi.
Quella, a oggi, la maggiore preoccupazione in termini di
produzione di spam.
Si registrato un precedente: Yandex, principale motore di ricerca
russo, per combattere la generazione di siti web - lo dico senza mezzi
termini - inutili, ha rilasciato una versione del proprio algoritmo che
non prevedeva il richiamo dei backlink come fattore di calcolo; era
marzo 2014. Sono per successe tre cose: i risultati sono calati
drasticamente in termini di qualit (si sono mossi troppo presto); la
produzione di siti con finalit di spam calata di troppi pochi punti
percentuali; il titolo azionario ha perso valore nella borsa russa. A
maggio 2015, sono quindi tornati sui propri passi ma questo
precedente la dice lunga di quale sia, in teoria, la relazione tra un
motore di ricerca e i backlink.
Una cosa affascinante che questi fattori, oltre a muoversi nel tempo, si
adattano - ogni giorno - anche al contesto e allambito semantico di ricerca:
come un equalizzatore che regola alti e bassi a seconda del genere musicale,
lalgoritmo d maggior peso a una variabile piuttosto che a unaltra a
seconda del tema trattato. Per esempio c una variabile denominata
freshness che premia la freschezza e laggiornamento dei contenuti; mentre
in una situazione come quella dellattualit realistico immaginare che
questo aspetto abbia un peso specifico marcato, altrettanto chiaro che ai
siti dellambito assicurativo non si pu chiedere di mantenere una frequenza
di pubblicazione di nuovi contenuti pari ai primi: il ruolo e il peso della
variabile freshness verranno modellati in automatico.
Focus sugli aspetti pi attuali
I paragrafi che seguono sono dedicati ad approfondire alcuni concetti
molto attuali quando si parla di SEO; alcuni sono direttamente correlati a
variabili dellalgoritmo, altri raccontano un cambio di approccio alla ricerca
online e quindi nuovi aspetti che devono essere presi in considerazione da
chi lavora nel search marketing; altri toccano discipline tangenti alla SEO
con le quali per, il confine dove finisce una e inizia laltra davvero
offuscato.
Sleghiamo la trattazione dallalgoritmo in senso stretto, perch per alcuni
- e io mi trovo daccordo - sarebbe opportuno aggiornare lacronimo da
Search Engine Optimization a Search Experience Optimization: non
dobbiamo farci guidare dal motore di ricerca, bens dallutilizzo che le
persone fanno e faranno della ricerca. Tanto, alla fine, le cose
convergeranno e quindi chi lavorer cercando di migliorare e favorire
lesperienza di ricerca, godr di migliore visibilit una volta che la ricerca
stata effettuata.

Ricerca vocale
Diciamocelo: in termini di linguaggio, come esseri umani, abbiamo fatto
una regressione nellazione di parlare con una macchina. Tra persone non
ci esprimeremmo mai con unespressione del tipo pizzeria treviso celiaci,
farebbe sorridere. anche vero che nel tempo abbiamo affinato lapproccio
al computer, a Google e alla ricerca (Figura 3.2) per abbiamo continuato a
forzare il nostro modo naturale di esprimerci.
Figura 3.2 Levoluzione, negli anni, della composizione delle parole chiave intesa anche
come numero di caratteri (fonte: https://goo.gl/R9qKB9).

La ricerca vocale, da un punto di vista teorico, potrebbe farci compiere


un passo indietro - o un passo in avanti, dipende dal punto di vista - per
tornare a esprimerci per quello che siamo, esseri umani: dove posso trovare una
pizzeria per celiaci a treviso? .
Ci reso possibile da tecnologie sempre pi capaci di riconoscere il
parlato - negli ultimi due anni siamo passati da tassi di errore del 20% al pi
attuale 8% (fonte: Search Engine Journal, https://goo.gl/jr9boc) - che cercano
di facilitare lesperienza di ricerca ma, soprattutto, dal mobile che ci ha
messo tale tecnologia in tasca.
NOTA
In modalit vocale, per facilitare lesperienza delle persone, le ricerche sono correlate
la successiva alla precedente, per esempio Chi il presidente degli Stati Uniti?
e poi Dove nato?. Considerano il contesto geografico e considerano le nostre
informazioni, per esempio nella domanda Portami a casa, casa corrisponde a un
indirizzo fisico precedentemente salvato.

Oggi ancora un comportamento di nicchia: tenuto da gente come me


per sperimentare e studiare e da profili pi giovani che, evidentemente,
hanno meno titubanza a svolgere delle ricerche vocali in luoghi, momenti e
contesti pubblici; sicuro, per, che sar unabitudine sempre pi diffusa
(Figura 3.3 e Figura 3.4).

Figura 3.3 Risposte alla domanda: Quando hai iniziato a utilizzare la ricerca e i comandi
vocali? (fonte: http://searchengineland.com/mindmeld-launches-voice-assistant-2-0-says-
voice-search-growing-dramatically-238130).
Figura 3.4 Esplosione di ricerche vocali che fanno intendere azioni da compiere via
smartphone (fonte: http://www.kpcb.com/blog/2016-internet-trends-report).

Il fenomeno della ricerca vocale conduce a due ragionamenti, se si


isolano la ricerca e la risposta.
Partiamo dalla seconda: un cambio di paradigma molto forte perch,
quando a rispondere a una domanda il telefono cellulare tramite
lassistente personale (per esempio Siri, Google Now, Cortana),
spariscono alcuni capisaldi del contesto della ricerca al quale siamo
abituati: una pagina dei risultati di ricerca, dei link, una scelta da fare,
unazione (clic/tap) da compiere. uno scenario che cambier
parecchio come conosciamo le cose adesso.
La ricerca vocale (cio dare linput a Google tramite comando vocale)
ha invece delle implicazioni pi immediate, pi operative e delle quali,
lato SEO, bene tenere conto fin da ora. Approfondiamo nel paragrafo
seguente.

Chiedere a Google dallo smartphone


Lambiente non cambia, siamo sempre su Google, ma cambia la modalit
tramite la quale imputiamo le parole nel campo di ricerca. Questo
comporter delle derive operative pi immediate nella SEO. Non dobbiamo
pi costringerci allinterno di una piccolissima tastiera e siamo liberi di
esprimerci in una maniera molto pi comoda (non dimentichiamoci che
parlare unazione naturale che richiede un carico cognitivo non eccessivo,
mentre scrivere unazione diversa che richiede un carico cognitivo
maggiore).
Cosa succeder alle parole chiave inserite in questa maniera? Alcune
idee:
saranno ipoteticamente pi lunghe (in termini di caratteri);
diventeranno conversazionali (ricorderanno delle vere e proprie
domande o degli ordini);
torneranno a contemplare delle particelle che, ancora oggi, chiamiamo
tecnicamente stop words, ovvero parole che oggi non vengono prese in
considerazione: articoli, preposizioni. Soprattutto: chi, cosa, dove, quando,
,
perch come.

In termini ancora pi pratici e operativi, cosa cambia? Tendenzialmente


tre cose.
1. La fase di ricerca e analisi delle parole chiave richieder ancora pi
risorse perch, domani, le combinazioni di parole chiave alle quali
dovremo prestare attenzione saranno maggiori.
2. Ci sar anche una facilitazione perch una parola chiave esplosa
pi auto esplicativa; torniamo per un momento allesempio della
pizzeria per celiaci: lespressione pizzeria treviso celiaci fa
comprendere molte cose dellintento della persona ma manca la
connotazione temporale: quando ha intenzione di andare in questa
pizzeria, subito oppure sta pianificando una gita a Treviso?
Lespressione dove posso trovare una pizzeria per celiaci a treviso?
potrebbe, il condizionale dobbligo, far intendere invece unurgenza
pi marcata e quindi, velatamente, un intento allazione pi forte. Per
il proprietario della pizzeria facile intuire come la seconda
espressione possa essere pi interessante, da un punto di vista
commerciale, mentre per chi si occuper di SEO e contenuti, questa
necessit di urgenza potrebbe essere sfruttata in termini di messaggio e
promozione giocando la leva della scarsit: La pizzeria molto
spesso affollata e un pizzico bisognerebbe attendere; se prenoti ora
chiamando questo numero, appena arrivi ti siedi. Insomma,
unespressione esplosa, pi auto esplicativa, anche pi semplice da
collocare lungo la customer journey: a quale punto del viaggio si
trova la persona? in fase ispirazionale oppure prossima a compiere
una scelta? Questo un dettaglio strategicamente importante che
spesso non altrettanto facile da evincere da parole chiave pi timide
in termini di dettagli di contesto, come pizzeria treviso celiaci (Figura
3.5).
3. Il terzo aspetto riguarda i contenuti; vero che Google diventato e
diventer sempre pi bravo a comprendere da solo il significato e il
valore - per chi fruisce - del contenuto per realistico immaginare
che, dallaltra parte, continuer a cercare tracce, indizi di parole chiave
allinterno del contenuto stesso. In tal senso sar importante:
contemplare allinterno del contenuto delle componenti testuali
conversazionali (riprendere le domande, dare delle risposte); tornare a
vedere sotto unaltra luce la sezione Domande frequenti dei siti web.
Perch tornare? Perch anche le sezioni dei siti web sono soggette a
mode (da un punto di vista di design e copyright) e per un periodo la
sezione FAQ - Frequently Asked Questions abbiamo smesso di vederla
tra quelle alla moda. Ecco, il caso di farla tornare perch si tratta,
per definizione, del posto migliore atto a cogliere le domande e le
relative risposte che, di fatto, rappresentano pezzi di conversazione.

Figura 3.5 Un aiuto per individuare i termini di ricerca sulla base di alcune particelle e
collocarle lungo la customer journey (fonte: Neilpatel, https://goo.gl/gSkLgk).

Suggeriamo due strumenti per iniziare a esplorare le parole chiave


digitate su Google sotto forma di domanda.
Riprendiamo AnswerThePublic (http://answerthepublic.com/),
probabilmente il primo a suggerire questo approccio: data una parola
chiave, richiama tutte le domande correlate e, in autonomia, le
raggruppa per quelle che iniziano per quando, cosa, quale, come.
Anche se forse stato il primo, non si tratta di uno strumento italiano e
quindi, per le ricerche nella nostra lingua, non sempre restituisce una
mole interessante di informazioni (Figura 3.6).
Figura 3.6 Uno screenshot da Answerthepublic.com.

SEOZoom (https://www.seozoom.it/), una suite SEO nata e sviluppata in


Italia che, tra le varie funzionalit, contempla una funzione molto
simile ad Answerthepublic.com; anche se SEOZoom arrivato dopo
da questo punto di vista, essendo sviluppato in Italia per lItalia,
effettivamente in grado di fornire pi informazioni relativamente a
quali domande sono state digitate su Google in riferimento a una
parola chiave (Figura 3.7).
Figura 3.7 Uno screenshot da SEOZoom, in particolare della funzione Keyword Infinity.

Chiedere allo smartphone


Con chiedere allo smartphone facciamo riferimento a due nuove
tipologie di ricerca:
tramite il motore di ricerca disponibile internamente al dispositivo
mobile;
tramite gli assistenti personali (Siri, Google Now, Cortana - Figura
3.8).
Con gli assistenti personali la ricerca, su dispositivi non Android (dove
Google fondato nel DNA del sistema operativo) salita di un livello
rispetto allarchitettura infrastrutturale.
Pensiamoci un attimo.

Figura 3.8 Gli assistenti personali a oggi pi diffusi nel mercato: Apple Siri, Google Now,
Windows Cortana.

Siamo sullo smartphone (un iPhone) e vogliamo fare una ricerca.


Abbiamo due possibilit:
accediamo a un browser (per esempio Safari) e da qui accediamo a
Google.it per poi fare la ricerca. Google, in questo caso, un sito web
allinterno di unapplicazione (il browser), quindi siamo a due livelli
di profondit;
(se labbiamo scaricata) accediamo allapp di Google e effettuiamo
una ricerca, quindi siamo a un livello di profondit.
Ma quando chiediamo allo smartphone, per esempio a iPhone mediante
Siri, in realt stiamo svolgendo lattivit di ricerca a un livello di
profondit 0, a livello di sistema operativo. Insomma, stato tolto un
passaggio: la ricerca diventata pi importante e pi centrale
nellesperienza di utilizzo dello smartphone. La stessa riflessione se la
ricerca si svolge mediante il motore di ricerca interno al dispositivo mobile.
Ma oltre a muoversi su e gi lungo questi livelli di profondit c un
altro paradigma che cambia: non stiamo pi interrogando il motore di
ricerca, bens il telefono e si perde un po la consapevolezza di quale
motore di ricerca, in background, si stia effettivamente utilizzando: chi sa
chedietro a Siri c Bing (il motore di ricerca di Microsoft) e non
Google? Questo, anche a livello commerciale, un bel colpo per Google
perch, qualora la ricerca vocale verso gli assistenti (Siri, nella fattispecie)
dovesse esplodere, Google perderebbe, immediatamente, uningente quota
di mercato.
Interrogando gli assistenti personali o il motore di ricerca interno c un
altro paradigma che cambia, o forse meglio dire, viene introdotto: una
nuova SERP, una nuova pagina dei risultati di ricerca (Figura 3.9) oltre che
una nuova branca della SEO: PASO, Personal Assistant Search
Optimization.
Figura 3.9 Screenshot della SERP di Google per la ricerca, fatta su iPhone, ristorante
treviso (sono stati disabilitati gli annunci a pagamento - tramite AdBlock - per rendere subito
visibili i risultati organici).

Nella Figura 3.10 la stessa ricerca, ma svolta direttamente su Siri (Figura


3.10).
Figura 3.10 Screenshot della SERP di Siri per la ricerca, fatta su iPhone, ristorante treviso.

Nella Figura 3.11 la medesima ricerca, ma svolta tramite il motore di


ricerca interno a iPhone.
Figura 3.11 Screenshot della SERP del motore di ricerca interno di iPhone per la parola
chiave ristorante treviso.

Proviamo ad analizzare le macro differenze e similitudini.


In tutti i casi la posizione geografica/satellitare, anche se esplicitata
nella parola chiave, viene considerata di default (ho svolto la ricerca
ristorante nei tre contesti che stiamo descrivendo e, locato a Treviso,

posso assicurare che tutti i risultati sono ristoranti in zona, Figura


3.12).
Figura 3.12 Screenshot delle SERP per ristorante su - da sinistra - Google, Siri, il motore
di ricerca interno di iPhone.

Si aggiungono sempre alla ragione sociale altre informazioni di


corredo: indirizzo fisico, stelle/voto, distanza, tipologia di cucina (da
osservare che il protocollo Schema.org viene adottato anche
dallapplicazione Mappe di iOS, Figura 3.12 a destra).
I risultati immediatamente visibili vanno da due a tre e mezzo quindi,
indicativamente, la stessa quantit.
La ricerca interna da iPhone introduce anche le applicazioni: oltre ai
siti web suggeriti dal sistema (e qui il sistema non funziona benissimo
perch suggerisce tre pagine diverse ma sempre di Tripadvisor), i
risultati vengono pescati dalle applicazioni Mappe, il client di posta,
Contatti (la rubrica), WhatsApp, Google Maps, Calendario, Bing.
La ricerca interna di iPhone, e in particolare i risultati prelevati
dallapplicazione Mappe, sono lunico caso dove un invito allazione
immediatamente disponibile a un tap di distanza: fa partire il
navigatore con partenza e destinazione gi impostate; negli altri due
casi, invece, dopo il tap si accede alle schede dellesercizio
commerciale individuato e poi, da qui, i punti di interazione con il
ristorante sono maggiori: numero di telefono, sito web, indicazioni
stradali (Figura 3.13).

Figura 3.13 Screenshot da Siri e da Google delle schede dei singoli esercizi commerciali.

Chiedere alla casa


Con chiedere alla casa facciamo riferimento a un contesto nuovo e
dirompente che vede lintroduzione di sistemi di domotica ai quali si
possono fare delle domande.
Nuovo perch i principali dispositivi - Google Home e Amazon Echo -
sono disponibili, rispettivamente, da maggio 2016 e da giugno 2015.
Dirompente perch, a dicembre 2016, nel mondo sono stati venduti 7,5
milioni di dispositivi Amazon Echo (fonte: Business Insider,
https://goo.gl/W4KLHC) e Google Home , nel periodo di scrittura del presente

libro, ancora sold-out in tanti negozi negli Stati Uniti; immaginando una
composizione familiare di almeno due membri, possiamo dire che,
potenzialmente, nel mondo ora ci sono circa 15-20 milioni di persone che
possono interagire con questi dispositivi direttamente dal divano di casa
loro.
A rendere il fenomeno ancora pi grande, ci sono le previsioni di vendita
per il 2017: secondo i dati di tre fonti messe assieme, nel solo 2017
verranno venduti quasi 25 milioni di dispositivi di questa natura (fonte:
1reddrop, https://goo.gl/2ftS6S) arrivando quindi a una distribuzione
complessiva di 45-50 milioni di oggetti disponibili nel mercato.
Le ricerche, a oggi, non sono completamente paragonabili a quelle che
facciamo su Google.
Amazon Echo, per esempio, consente di ampliare i margini di interazione
con il dispositivo mediante linstallazione di skill che, per semplificare,
possiamo paragonare alle app per gli smartphone: c la skill di Uber
tramite la quale, a voce, prenotare una corsa, oppure la skill di Pizza Hut
per ordinare una pizza. E poi, naturalmente, disponibile la ricerca
allinterno del catalogo di Amazon per fare acquisti.
Con Google Home, invece, si possono svolgere attivit pi pratiche,
per cos dire: per esempio svolgere calcoli aritmetici, tradurre termini e
frasi, configurare sveglie, verificare le condizioni del traffico e ricevere un
avviso quando meglio partire, controllare e gestire il calendario, interagire
con i prodotti compatibili di domotica (come il termostato Nest, di propriet
di Google), prenotare una corsa con Uber, dare informazioni rispetto agli
esercizi locali vicini, parlare con la televisione e YouTube, cercare ricette
e, naturalmente, fare ricerche su Google (lelenco dei comandi a oggi
disponibili si pu consultare allindirizzo https://goo.gl/yA8dyH).
Non si tratta di uno scenario che sostituir completamente quello attuale:
questi dispositivi non sono portatili, ma sostituir le ricerche che
tipicamente compiamo nellambiente domestico e, ne sono certo,
amplificher le occasioni tramite le quali interrogare questi dispositivi
(quasi dei nuovi micro-momenti, domestici).
Focalizzandoci sullesperienza di ricerca, quindi escludendo per un
momento Amazon Echo, alcuni elementi fondanti ai quali siamo abituati
spariscono: a fronte della ricerca non sono pi disponibili un elenco di
risultati e dei link su cui fare clic. Se guardiamo il breve video disponibile
allindirizzo https://goo.gl/fTEf8H e tendiamo lorecchio al minuto 00:16,
scopriremo che Google menziona il sito web (According to) dal quale sta
attingendo le informazioni, ma realizziamo anche che:
non abbiamo scelto noi quel sito web;
scegliendo quel sito web, non ci ha proposto uno dei altri nove che
siamo abituati ad avere a disposizione.
Questa, in ottica SEO e di esperienza di ricerca, la novit pi forte: o
sei la fonte preferita di Google per quel tipo di domanda e risposta,
oppure non esisti.

Intelligenza artificiale e machine learning


Il machine learning e lintelligenza artificiale sono due temi molto
caldi attorno ai quali si sta facendo un gran parlare; forse a volte
esagerando perch vengono trattati pi per incuriosire il lettore che per
fornire informazioni complete e corrette.
In generale si tratta di dinamiche utili a elaborare questioni complesse:
rispondere a una domanda, tutto sommato, non cos complesso per un
computer ma riconoscere il volto di una persona allinterno di una foto
oppure capire se una pagina web contiene spam, invece, un pizzico pi
difficile.
Una deriva di questi argomenti tocca anche i motori di ricerca e la
SEO.
Il machine learning non una novit in casa di Google: probabilmente il
primo esempio di applicazione pubblica di machine learning ai risultati di
Google rappresentato da Panda (un aggiornamento dellalgoritmo di cui
parleremo pi avanti nel libro) che stato rilasciato nel 2011. Da quel
momento tale sistema diventato via via pi importante tant che, a
ottobre del 2015, Google ha parlato per la prima volta di Rankbrain:
apparentemente il terzo fattore di posizionamento in ordine di importanza
(lestratto del video disponibile allindirizzo https://goo.gl/N4k3wh).
Apparentemente perch, in realt, non si conosce molto di Rankbrain, se
non deduzioni e brillanti teorie. Di cosa si tratta?
In sostanza un elemento che aiuta lalgoritmo a capire meglio quali
fattori prendere in considerazione e a dare loro una priorit; realistico
immaginare, per esempio, che in alcuni contesti la freschezza del contenuto
venga premiata (film in italiano su Netflix: in questa ricerca implicita nella
parola chiave che si vorrebbero conoscere quali film sono disponibili oggi)
in altri, pensiamo al mondo delle assicurazioni, meno.
Dal giorno del rilascio stato via via sempre pi utilizzato - usuale che
certe novit vengano rilasciate progressivamente, per esempio, partendo
dalle ricerche in lingua inglese - e oggi si pu dire che agisca dietro un
numero davvero considerevole di ricerche e presentazione dei risultati.
Ma alla fine, in ottica SEO, cosa che ne facciamo di questa novit? Poco,
in realt.
Google stesso dice che non si pu ottimizzare specificatamente per
Rankbrain per qualche accortezza la possiamo avere.
RIFERIMENTO
Una dichiarazione ufficiale di Google disponibile allindirizzo https://goo.gl/hrr9fW;
e un ottimo video di Rand Fishkin di Moz https://goo.gl/mFQsnt.
Se siamo ancora fermi allera in cui si ragionava a singola parola
chiave per la quale, necessariamente, dobbiamo anche creare una
pagina web ad hoc, beh, arrivato il momento di aggiornare il nostro
modus operandi.
Poich Rankbrain cerca di comprendere il linguaggio e interpretare la
ricerca, quello che dobbiamo fare isolare un insieme di espressioni
(parole chiave) che celano il medesimo intento (Figura 3.14) e
sviluppare il contenuto cercando di dare una risposta quanto pi
esaustiva - che non significa sempre e solamente ampia e lunga - alla
persona che cerca. La domanda che ci dobbiamo fare cosa
soddisfer i bisogni di chi cerca film in italiano su Netflix? e dobbiamo
poi farci guidare dalla risposta nella creazione del contenuto: quanti
film contempliamo nellelenco? Se li vogliamo contemplare tutti e
salta fuori che sono qualche centinaia, ha senso prevedere anche dei
filtri? Questi filtri devono funzionare secondo quale logica (genere,
attore nel cast, regista)? Qual il layout migliore di una pagina di
questo tipo se fruita da mobile? Del singolo film, quale informazioni
vorr la persona? Pu essere interessante considerare anche un trailer
per ciascun film?
Trattandosi di un tema di machine learning e intelligenza artificiale,
ovvero a un certo punto il sistema inizia ad apprendere in autonomia,
teniamo in considerazione che i segnali di coinvolgimento
(engagement: frequenza di rimbalzo, numero di pagine viste per
sessione di navigazione, tempo speso nel sito web) hanno un peso
specifico importante perch, tramite questi, Google pu capire
lapprezzamento o meno della persona verso quel contenuto.
Figura 3.14 Esempio di cinque espressioni diverse che lasciano intendere il medesimo
intento (fonte: Moz, https://goo.gl/mFQsnt).

Laspetto positivo di Rankbrain che ci porta a ri-pensare, se non


labbiamo gi fatto, lapproccio alla SEO: meno parola chiave, meno
posizionamento, pi persone al centro, maggiore creazione di valore.
Anche se lato SEO tutto ci non rappresenta una novit che avr un
grosso impatto nella nostra quotidianit, resta comunque interessante
menzionare questi argomenti perch possiamo immaginare quello che sar
lo scenario futuro della ricerca online e della SEO. Che un po quello che
si descriveva allinizio del presente capitolo: tramite i contenuti, il loro
significato, e la reazione delle persone a tali contenuti, Google riuscir a
comprendere da solo il valore dello stesso (senza guardare alla parola
chiave, al tag <meta>, ai backlink - oggi, nel 2017, comunque una
riflessione forte) assegnandovi quindi il giusto punteggio e la giusta
posizione tra i risultati di ricerca.
RIFERIMENTO
Per approfondire la tematica di Rankbrain (senza scendere troppo nei dettagli sul
piano tecnico) la pagina web disponibile allindirizzo https://goo.gl/gSGZzp contiene
(e aggiorna) le principali domande che vengono poste attorno allargomento.
Mobile
Abbiamo gi anticipato la nostra apertura alla modifica dellacronimo
SEO da Search Engine Optimization a Search Experience Optimization.
Poich lesperienza di ricerca si sta largamente esprimendo anche su
mobile, non possiamo non considerare la ricerca - e la SEO con tutti gli
aspetti a corredo - da smartphone.
NOTA
Con il termine mobile intendiamo smartphone e non tablet perch nei secondi
assumiamo un comportamento che molto pi simile a quello che abbiamo su
computer portatili o fissi.

Figura 3.15 Confronto temporale di dove le persone statunitensi trascorrono il tempo online:
desktop, smartphone o tablet? (Fonte: https://goo.gl/UL9A2g)

Inoltre i numeri sono oggi troppo affermati per non considerare questo
aspetto allinterno di una strategia di visibilit online (cfr. Capitolo 1,
Micro-momenti).

Quale soluzione tecnica?


Ovvero, come sviluppare il sito web nellottica di soddisfare lesperienza
di ricerca e navigazione da mobile?
Oggi le soluzioni disponibili e maggiormente utilizzate sono tre.
Responsive web design: stesso codice HTML in grado di mostrare i
contenuti in modo diverso a seconda delle dimensioni dello schermo.
Pubblicazione dinamica: stesso URL ma versione diversa del codice
HTML a seconda del dispositivo, in base alle informazioni acquisite
dal server.
URL separati (http://m.sitoweb.it): viene pubblicato un codice HTML
per ogni dispositivo, in corrispondenza di URL diversi.
Una tabella riepilogativa nella Figura 3.16.

Figura 3.16 In termini di URL e HTML, cosa significa scegliere una soluzione mobile
piuttosto che unaltra?

La prima soluzione, il responsive web design, quella suggerita da


Google e che quindi strizza locchio anche alla SEO; anche se, in realt,
con le opportune accortezze tecniche, Google in grado di digerire tutte e
tre le soluzioni proposte.
per tale ragione che prima in entrare - solo un pizzico - nel tecnicismo,
vanno fatte delle riflessioni di natura pi strategica; per esempio:
se abbiamo in previsione il rifacimento del sito web, allora il momento
propizio per pensarlo pronto per il mobile;
se invece non abbiamo alcun restyling in programma, prevedere
lm.site potrebbe essere la soluzione migliore in termini di budget e
tempi di esecuzione;
inoltre se lesperienza di fruizione dei contenuti da mobile , per
definizione, limitata (perch, magari, alcune porzioni del sito web non
ha senso renderle disponibili da smartphone), allora lm.site potrebbe
essere la soluzione migliore perch vengono caricati nel codice
sorgente solo gli elementi che poi vengono anche stampati a video,
mentre con il responsive web design, alcuni elementi possono essere
nascosti se la navigazione avviene da mobile ma, in sottofondo, ci
sono lo stesso mantenendo il peso (kilobyte) della pagina superiore.
Personalmente sono un fautore del responsive web design, per
importante ragionare ed evitare di buttarsi a capofitto su questa soluzione
solo perch quella suggerita da Google, modificando drasticamente flussi
di lavoro (restyling) che sono stati gi pianificati.
Quando abbiamo un sito web che risponde anche allesperienza di ricerca
e navigazione da mobile, dobbiamo dare una mano a Google a comprendere
la situazione (affinch si sia certi di suggerire alle persone il contenuto -
anche nel layout - pi appropriato a seconda di dove si svolge la ricerca).
Se abbiamo due versioni diverse di pagina, dichiariamo - tramite
piccole iniezioni nel codice sorgente - la relazione tra le due e che una
disegnata per il desktop a differenza dellaltra che disegnata per
mobile.
Assicuriamoci che Google e i suoi spider (o robot) riescano ad
accedere facilmente a entrambe le versioni del sito web.
Evitiamo gli errori pi comuni e diffusi; nella fattispecie i seguenti. a)
Bloccare lo spider di Google nella scansione di alcuni file che sono
frequentemente presenti in un sito web: file JavaScript, fogli di stile
(file .css), immagini; perch questa accortezza? Perch qualche tempo
fa una delle linee guida suggerite era quella di circoscrivere la
scansione da parte di Google ai file strettamente necessari. Se oggi,
per, impediamo la scansione di queste risorse, Google fa molta fatica
a comprendere se, effettivamente, un sito web anche pensato per il
mobile (nota: come si vedr pi avanti, bloccare o abilitare la
scansione implica la modifica di un file - possiamo chiamarlo, di
sistema - che si chiama robots.txt). b) Contemplare file che non
possano essere riprodotti da mobile, come per esempio in Flash. c) Se
abbiamo due versioni del sito web dobbiamo verificare che, tramite dei
reindirizzamenti, si veicolino le persone alla pagina pi appropriata
(Figura 3.17). d) Evitare che alcune pagine del sito web pensato per il
mobile restituiscano un errore 404: la pagina richiesta non esiste.
e)Utilizzare annunci interstitial (affronteremo pi nel dettaglio il tema
tra qualche riga). f) Link incrociati irrilevanti, ovvero quei link,
presenti nella versione per mobile che, inspiegabilmente, rimandano
alla versione per desktop (spesso vengono collocati in fondo alla
pagina e si presentano con letichetta Link alla versione completa del
sito web o qualcosa di simile). g) Pagine pensate per il mobile, ma
troppo lente a caricarsi. h) Utilizzare font troppo piccoli e disegnare
elementi di interazione (pulsanti) troppo vicini tra di loro.
Figura 3.17 La corretta gestione dei reindirizzamenti tra due versioni diverse (desktop e
mobile) dello stesso sito web (fonte: https://goo.gl/khsh2a).

Entriamo maggiormente nel merito del perch Google suggerisce,


tecnicamente e da un punto di vista SEO, la soluzione del responsive web
design:
semplifica il reindirizzamento delle persone ai nostri contenuti (perch
c un solo URL);
semplifica anche la condivisione di tali contenuti contenuti (perch c
un solo URL);
non serve segnalare a Google lesistenza di pagine corrispondenti per
dispositivi mobili/desktop;
richiede un tempo di progettazione inferiore;
richiede tempi di manutenzione inferiori;
si riduce la possibilit di incappare negli errori visti pocanzi;
non richiede alcun reindirizzamento per offrire agli utenti una
visualizzazione ottimizzata in base al dispositivo in uso;
Google riesce a farsi unidea dei contenuti e dei singoli pezzi del
contenuto in una sola scansione (leggasi: i suoi spider lavorano meno,
sono pi efficienti e questo aspetto, per Google ha molto valore: non
dimentichiamoci che si tratta di unazienda con un bilancio, pubblico,
da rendere quanto pi lustro possibile).
Qualora invece si propenda, per motivazioni interne che collocano,
giustamente, la SEO in secondo piano, per due versioni del sito web -
www.sitoweb.it e m.sitoweb.it - ci sono due accortezze particolarmente

importanti da considerare per rendere facile il lavoro di scansione e


comprensione da parte di Google. Prima di vederle: ma perch preoccuparsi
di rendere agevole tale tipo di attivit a Google? Per evitare che per una
ricerca da mobile, Google suggerisca un nostro URL disegnato e sviluppato
per desktop, non agevolando cos lesperienza di navigazione da mobile per
le persone.
Le due accortezze tecniche:
dichiariamo qual la relazione delle due versioni tra di loro: nella
versione desktop, aggiungiamo rel="alternate" che rimandi allURL,
mobile, corrispondente (<link rel="alternate" media="only screen and (max-
width: 640px)" href="http://m.sitoweb.it/pagina1"> ); nella versione mobile,
aggiungiamo rel="canonical" che rimandi allURL, desktop,
corrispondente (<link rel="canonical" href="http://www.sitoweb.it/pagina1">);
confermiamo la relazione delle due diverse versioni di pagina anche
tramite un altro file molto importante per la SEO (che vedremo pi
avanti nel libro): il file sitemap.xml. Tale condizione di ottiene
strutturando il file come segue:
<?xml version="1.0" encoding="UTF-8"?>
<urlset xmlns="http://www.sitemaps.org/schemas/sitemap/0.9"
xmlns:xhtml="http://www.w3.org/1999/xhtml">
<url>
<loc>http://www.example.com/page-1/</loc>
<xhtml:link
rel="alternate"
media="only screen and (max-width: 640px)"
href="http://m.example.com/page-1" />
</url>
</urlset>

Per approfondire ulteriormente, soprattutto da un punto di vista pi


tecnico e di implementazione, si possono consultare le linee guida (in
italiano) fornite direttamente da Google allindirizzo https://goo.gl/7N0kgn.

Mobilegeddon
Questo tema si presta molto bene a essere raccontato come una storia.
Era il 26 febbraio 2015 e Gary Illyes, una figura che lavora in Google
molto preparata ed esposta verso la community SEO, dichiarava:
Starting April 21, we will be expanding our use of mobile-friendliness as a ranking signal.
This change will affect mobile searches in all languages worldwide and will have a significant
impact in our search results.

Il 21 Aprile amplieremo il nostro uso della mobile friendliness come fattore di ranking. Questa
modifica influenzer le ricerche mobile in tutte le lingue, in tutto il mondo e avr un
significativo impatto nei risultati di ricerca.
Molto insolita come dichiarazione. Perch? Perch incredibilmente raro
- anzi, forse non mai successo - che Google, in relazione a un
aggiornamento dellalgoritmo, specifichi:
che limpatto (ovvero movimenti nelle SERP: siti che guadagnano
posizioni e siti che perdono posizioni) sarebbe stato significativo;
(addirittura) una data di rilascio, una scadenza (una scadenza per i
SEO e i webmaster, pi che altro, perch tra le righe scritto: Se vuoi
ottenere pi visibilit sui risultati di ricerca da mobile, il tuo sito web
deve essere pensato per tali dispositivi entro il 21 aprile 2015).
A questo evento stato dato il nome di Mobilegeddon. Perch? Perch,
pensando realisticamente che non tutti sarebbero riusciti ad attenersi alle
nuove linee guida entro la data comunicata, ci si aspettava una sorta di
Armageddon.
Questo perch stata fatta anche cattiva informazione attorno
allargomento. La dichiarazione dice, semplificando: Se hai il sito web
pensato per il mobile, questo potrebbe premiarti nei risultati di ricerca da
mobile, mentre stata parafrasata con una dichiarazione tipo: Da oggi i
siti non ottimizzati per smartphone e tablet saranno penalizzati dal motore
di ricerca oppure: Google ha sganciato larma atomica contro i siti che si
vedono male sugli smartphone o ancora: I siti pensati ancora per essere
visti solo sui computer tradizionali saranno penalizzati (fonte: Il Foglio,
https://goo.gl/2fO0SO).

Fortunatamente questo terrorismo psicologico - alimentato dalla stampa


nazionale, pi che altro - non ha attecchito troppo; Google ha dichiarato che
confrontando i giorni immediatamente successivi al 21 aprile con i due
mesi prima, il numero di siti web compatibili con mobile incrementato del
4.7% (in termini assoluti sono tanti siti web, ma anche vero che il restante
95.3% non si mosso, fonte: Search Engine Land, https://goo.gl/7Vzsyd).
Altre realt hanno rilevato, invece, che a sette giorni dalla data indicata
(21/4/15) il numero di pagine mobile-friendly nei risultati di ricerca di
Google salito solo del 2% (Figura 3.18).
Figura 3.18 La presenza di pagine pensate per il mobile e suggerite da Google nei risultati
di ricerca a sette giorni dalla data di Mobilegeddon (fonte: Moz, https://goo.gl/OLl6mK).

Attenzione, la pagina dei risultati di ricerca una sorta di coperta corta:


se qualche sito web migliora la propria posizione logico che qualcun altro
dovr cedere il passo; ma un conto dire che qualcuno viene premiato, un
altro dire che altri vengono penalizzati (per inciso: penalizzazione il
termine pi abusato lato SEO; Google penalizza se si adottano pratiche che,
ufficialmente, non si possono adottare, non se non si seguono delle linee
guida che rappresentano unopportunit di migliorarsi).
Quello che dobbiamo tenere a mente da questa storia, ulteriormente
rimarcata con un secondo annuncio datato maggio 2016, che un sito web
pensato e sviluppato per la ricerca e navigazione da mobile - quindi pensato
per le persone perch su mobile che le persone passano la maggior parte
del tempo - viene premiato in termini di visibilit per le ricerche da mobile.
E questo fattore diventato cos importante che, come vedremo nel
paragrafo successivo, il premio si estender alla visibilit in generale (sia su
desktop che su mobile).

Mobile-first index
In coda alla dichiarazione del 26 febbraio 2015, sempre Gary Illyes ha
risposto a una serie di domande e tra le risposte emerso un passaggio
interessante:
Google is working on completely separate mobile index from desktop index.

Google sta attualmente lavorando su un indice mobile dedicato.

Nella comunit SEO, effettivamente, si sempre pensato che, vista anche


la diversit delle classifiche (SERP) presentate da mobile e da desktop,
avesse senso pensare a due indici separati: in questo database ci stanno le
pagine desktop e in questaltro le pagine sviluppate per il mobile. Tale
dichiarazione ha confermato, pi o meno, lintuizione. Pi o meno perch
Google stesso ha dichiarato di avere un unico indice, ma di iniziare a
guardarlo da due punti di vista diversi, dando preferenza allaspetto mobile:
Although our search index will continue to be a single index of websites and apps, our
algorithms will eventually primarily use the mobile version of a sites content to rank pages
from that site.

Sebbene il nostro indice di ricerca continui a essere un singolo indice di siti e applicazioni, i
nostri algoritmi utilizzeranno principalmente la versione mobile del contenuto di un sito per
classificarne le pagine.

Fonte: Official Google Wemaster Central Blog, https://goo.gl/RrRIqv.

Ma c di pi: il 4 novembre 2016, tramite un annuncio ufficiale


(disponibile allindirizzo https://goo.gl/RrRIqv), Google ha confermato
lintenzione di adattare lindice a mobile-first, ovvero un unico indice che,
trasversalmente (sia per il desktop per il mobile), tiene prima in
considerazione i segnali che fanno riferimento allesperienza da mobile, la
mobile friendliness, per esempio. Questa lintroduzione del comunicato
(molto esplicativa):
Today, most people are searching on Google using a mobile device. However, our ranking
systems still typically look at the desktop version of a pages content to evaluate its relevance
to the user.

Oggi, la maggior parte delle persone cerca su Google tramite dispositivi mobile. Per il nostro
algoritmo analizza la versione desktop della pagina per comprendere quanto la stessa sia
rilevante per chi ha effettuato la ricerca.
Cosa significa tutto ci per noi? Poche cose, ma importanti:
il mobile diventato e sar sempre di pi un fattore molto rilevante;
se il nostro sito web gi compatibile con i dispositivi mobile, non
dobbiamo fare nulla;
se il nostro sito web non ancora compatibile con i dispositivi mobile,
forse arrivato il momento di aggiornarlo.
Per completezza, per, ci sono due questioni che sono sorte con questo
mettere sempre pi sotto i riflettori il mobile.
La prima.
facile immaginare che, per rispettare lesperienza di navigazione da
mobile, si debbano sacrificare degli elementi di pagina e anche di
contenuto, pensando magari a una versione pi asciutta e meno faticosa
da usare. Ma Google pone molta attenzione ai contenuti; questo potrebbe
quindi sfavorire la versione mobile rispetto alla versione desktop?
Potenzialmente s (come viene risposto nellarticolo FAQ: All about the
Google mobile-first index disponibile allindirizzo https://goo.gl/hssKK6).
Anche un estratto della dichiarazione ufficiale conferma tale scenario:
This can cause issues when the mobile page has less content than the desktop page because
our algorithms are not evaluating the actual page that is seen by a mobile searcher.

Ci pu rappresentare una criticit quando la pagina pensata per il mobile ha meno contenuti
rispetto a quella desktop perch il nostro algoritmo, di fatto, non sta valutando la pagina che
sta fruendo la persona.

La soluzione per stare tranquilli ladozione del responsive web design:


cos Google avr sempre facile accesso alla versione - potenzialmente pi
ricca di contenuti - pensata per il desktop.
A questo punto potremmo chiederci: ma per il mobile non possiamo
pensare a una soluzione per tab, box espandibili oppure allutilizzo degli
accordion (Figura 3.19) per nascondere il contenuto rispettando un layout
mobile ma, al contempo, renderlo disponibile a Google e ai suoi spider?
Mentre per il desktop Google non sembra particolarmente favorire questa
soluzione, per il mobile, invece, sembra essere la soluzione ideale.
La seconda. E i backlink?
Quando si compone un contenuto da mobile - oltre che pensato per il
mobile - lazione concreta di aggiungere un link a un altro sito un pizzico
pi scomoda (ci sono pi passaggi e meno agili); possiamo quindi aspettarci
che verranno generati meno link tra un sito e laltro? Possiamo quindi dire
che, un domani, tale fattore - per via del mobile - avr un peso specifico
inferiore nellalgoritmo?
Ecco, a queste domande, ufficialmente, non c ancora risposta; la
dichiarazione ufficiale:
I dont want to say anything definite about links yet. Its too early for that cos things are very
much in motion

Per il momento preferisco non dire nulla circa i link. troppo presto perch la questione
tuttaltro che stabile

Significa che necessario monitorare levoluzione delle cose e, in caso,


adattare la propria strategia a un possibile nuovo scenario. Monitorare sia il
tema dei backlink che della questione mobile-first index la quale, a quanto
si legge in giro, diventer realt nel 2017, verso la fine dellanno.
Figura 3.19 Esempi di accordion applicato a paragrafi di testo: il contenuto c ma non
immediatamente visibile se non dopo un tap. una soluzione per soddisfare la persona (da
un punto di vista di layout) e Google (da un punto di vista di completezza del contenuto).

AMP
AMP, un altro acronimo, che sta per Accelerated Mobile Pages
(https://www.ampproject.org) e rappresenta uniniziativa open source (ovvero
alla quale possono contribuire attivamente tutti, in termini di sviluppo) che
mira a rendere il Web pi veloce (Web inteso sia come pagine web che
come prodotti pubblicitari).
In sostanza si tratta di un protocollo di sviluppo per progettare delle
pagine web molto veloci nel caricarsi; molto duttile tra dispositivi diversi e
tra piattaforme di pubblicazione di contenuti diverse.
Ma perch questa attenzione puntuale alla velocit? E come questa nuova
frontiera di sviluppo lato web ha impatto sulla SEO?
Perch un caro amico mi ha insegnato che la pazienza delle persone
direttamente proporzionale ai pollici dello schermo (abbastanza su desktop,
scarsa su mobile) e perch una stretta correlazione tra la velocit e la
soddisfazione della persona che fruisce, o cerca di fruire, il contenuto una
facile deduzione (Figura 3.20).
A parit di connessione, per esempio 3G, una pagina sviluppata in AMP
pu caricarsi fino a quattro volte pi velocemente utilizzando meno dati in
una misura che va dalle otto alle dieci volte.
Come vederlo? Innanzitutto si tratta di un protocollo che Google utilizza
esclusivamente da mobile. stato annunciato il 7 ottobre 2015 ed
comparso per la prima volta nelle SERP il 23 febbraio 2016.
Figura 3.20 La correlazione tra il tempo di caricamento di una pagina web e la probabilit
che lutente torni indietro nella navigazione - senza aspettare che la pagina completi il
caricamento (fonte: AMP Project, https://goo.gl/4jFDRS).

Per vederlo in azione sufficiente ricercare una parola chiave che faccia
riferimento a una notizia: per esempio oggi, 30/3/2017, scrivo su Google iOS
10.3, lultima versione del sistema operativo Apple rilasciato in giornata
(Figura 3.21).
Figura 3.21 Dallo screenshot si possono vedere, contestualmente, le due modalit tramite le
quali AMP si presenta nelle SERP di Google: un elenco di tre notizie disposte una sotto
laltra e un carosello che possibile navigare orizzontalmente. In particolare dobbiamo fare
riferimento ai risultati che riportano licona del fulmine e letichetta AMP.

Una volta che si fa tap su uno dei risultati, si accede alla pagina web.
possibile navigare tra i diversi risultati con lo scrolling orizzontale
perch, passaggio importante, siamo ancora dentro a Google: non siamo
fisicamente entrati nel sito web. Se osserviamo gli screenshot nella Figura
3.22 possiamo vedere che il browser ancora su Google.it con alcuni pixel,
allinizio, che riportano la fonte (nel caso specifico Wired.it) e danno la
possibilit di risalire al link originale dellarticolo: funzionalit introdotta in
un secondo momento, anche ascoltando le critiche dei partecipanti
alliniziativa (Figura 3.22 e Figura 3.23).

Figura 3.22 La navigazione delle pagine web sviluppate in AMP da dentro il carosello di
Google.
Figura 3.23 Dettaglio della possibilit di risalire allURL originale del contenuto.

Se abbiamo la sensazione di vivere un dj vu, non stiamo sbagliando: ci


sar capitato di vivere unesperienza molto simile anche su Facebook. I link
trovati su Facebook che si aprono alla velocit della luce sempre dentro
lapp si chiamano Instant Articles e sono lalternativa, anche se in una
piattaforma diversa, di Facebook.
Stando alle ultime dichiarazioni ufficiali, non si tratta di un fattore di
posizionamento (per ora, almeno) ma resta unimplementazione
interessante per le seguenti ragioni.
A questo carosello, per le ricerche da mobile, viene assegnata
parecchia visibilit: molto spesso il primo elemento e, a volte, si
osservato precedere anche gli annunci a pagamento. Chi presente nel
carosello pu aspettarsi una frequenza di clic rispetto alle
visualizzazioni (CTR) parecchio interessante.
Anche se licona del fulmine e letichetta AMP sono poco visibili,
rappresentano comunque un fattore differenziante rispetto ai siti web
che non hanno adottato il protocollo (ricordiamo tutto il tema della
comunicazione sulle SERP?).
Potrebbe - sottolineiamo il condizionale - diventare in futuro un fattore
di posizionamento (ma oggi non dobbiamo ragionare solo con questa
ottica).
Se nei primi momenti tale soluzione poteva essere particolarmente
interessante per testate giornalistiche e blog, ora le cose sono cambiate.
Allinizio, infatti, non si potevano contemplare molti elementi di pagina:
testata;
pie di pagina;
barra laterale;
articoli correlati;
video;
immagini.
Molti dei quali erano riferiti a possibili punti di conversione:
pulsanti per la ricondivisione nei social network;
pulsanti;
form di contatto;
carrello per lacquisto di prodotti.
Se il sito web e la pagina, come in tantissimi casi, sono disegnati per far
convergere le persone verso unazione (pensiamo agli e-commerce, per
esempio), tutto sommato AMP non rappresenta una grande opportunit; o
meglio: non rappresentava.
Oggi le maglie di AMP si sono allargate e molti degli elementi di pagina
e interazione sono accettati allinterno del protocollo. Ecco perch realt
come eBay e Pinterest hanno adottato - sono stati tra i primi grandi nomi a
farlo - il protocollo AMP.
Ma come fa la pagina a essere cos veloce? Le componenti principali
sono tre:
AMP HTML, una versione di HTML con alcune restrizioni e alcuni
tag specifici del protocollo;
AMP JS, una libreria JavaScript sviluppata ad hoc per massimizzare i
tempi di caricamento;
AMP cache, una cache fornita direttamente da Google che ospiter i
nostri contenuti e li render disponibili alle persone, previa ricerca
naturalmente.
Qualora dovessimo aver adottato, per il nostro sito web, alcuni tra i CMS
(Content Management System, sistemi di gestione dei contenuti) pi diffusi
(Wordpress, Joomla ecc.) allora dobbiamo sapere che dei plugin che
facilitano tale trasformazione sono gi disponibili.
Una volta realizzate le necessarie implementazioni, c un passaggio
molto importante: validare il codice sorgente per verificare che,
effettivamente, tutte le linee guida (in alcuni passaggi molto rigorose)
funzionino. Per farlo stato rilasciato uno strumento dedicato, disponibile a
questo URL: https://goo.gl/YS1Kr0.
A cosa dobbiamo porre particolare attenzione se adottiamo il protocollo?
Naturalmente ai primi contenuti resi disponibili alle persone, ovvero a
quelli tecnicamente denominati sopra la piega:
un titolo che attiri lattenzione, coinvolgente e che vada dritto al punto;
unimmagine avvincente;
le prime 100 parole che avranno un ruolo determinante nel convincere
la persona a proseguire nella lettura.
Per quello che concerne il monitoraggio, abbiamo a disposizione due
strumenti:
Google Search Console, che propone un report dedicato a illustrare, su
frequenza giornaliera, quando i nostri contenuti convertiti ad AMP
vengono proposti alle persone (Figura 3.24).
Google Analytics che, mediante una procedura di adattamento, in
grado di misurare le visite al sito anche se sono realmente successe
nella cache di Google (la guida tecnica per approfondire disponibile
allindirizzo https://goo.gl/JmCN7w). Anche se, a dirla tutta, a marzo 2017
sono stati riportati degli errori di tracciamento che prevedono una
procedura di correzione, a carico del webmaster e delladdetto SEO,
per nulla banale (fonte: https://goo.gl/lcxdwP).

Figura 3.24 Il report riferito ad AMP disponibile in Google Search Console (fonte:
https://goo.gl/7HQVO2).

Interstitial
Con interstitial si fa riferimento a un particolare elemento di pagina che
solito occupare una porzione abbondante - quasi totale, a volte - dello
schermo (Figura 3.25).
Figura 3.25 Esempio di interstitial su desktop.

In questo frangente ne parliamo da un punto di vista mobile e da un


punto di vista SEO.
Vediamo prima un interstitial di questo tipo in azione su mobile
(Figura 3.26).
Figura 3.26 Esempio di interstitial su mobile.

Non importa che lelemento (pubblicitario, molto spesso) venga


utilizzato per promuovere il download di unapp, liscrizione a una
newsletter, la registrazione a un social network, lelemento incriminato il
fatto che le persone - e Google - non riescono a vedere il contenuto che c
dietro. E ci infastidisce entrambi i soggetti.
Attenzione a un dettaglio: mentre Google nella documentazione parla
quasi esclusivamente di esperienza di navigazione delle persone, c un
passaggio nelle linee guida (disponibili allindirizzo https://goo.gl/7N0kgn)
che aggiunge un elemento:
Se non viene eseguita con cautela, questa operazione pu causare problemi di indicizzazione e
interferire con la consultazione del sito da parte degli utenti

in particolare
pu causare problemi di indicizzazione

Insomma, anche Google fa fatica a leggere e archiviare i contenuti che


stanno sotto linterstitial e questo blocco, che anche lui subisce da un punto
di vista tecnico, lo infastidisce.
Ma perch elemento incriminato? Proprio perch dopo aver contemplato
questo particolare utilizzo sotto la voce i tipici errori che si fanno quando
si progetta unesperienza da mobile, Google ha anticipato un rischio di
penalizzazione per la possibile adozione di questo strumento in questa
modalit.
E siamo di fronte a un altro caso di anticipata penalizzazione con tanto di
data utile per non rischiare: ad agosto del 2016 Google ha ufficialmente
dichiarato che, dal 10 gennaio 2017, i siti web - da mobile - dotati di
interstitial avrebbero perso delle quote di visibilit (leggasi: posizionamenti
nelle SERP, non il non esserci a fronte di una ricerca), tra laltro un avviso
di questo tipo, circoscritto agli interstitial utilizzati per promuovere delle
app, era gi stato comunicato a settembre 2015 e attivato l1 novembre
dello stesso anno (fonte: Search Engine Land, https://goo.gl/yraKTY).
Per non creare - ancora - terrorismo psicologico, Google:
specifica bene quali tipi di interstitial sono a rischio: popup invadenti
che occupano tutto lo schermo o che comunque impediscono alle
persone - e a Google - di vedere cosa c sotto (Figura 3.27);
specifica quali non sono a rischio: quelli che rappresentano necessit
di natura legale (cookie, et minima per accedere al sito), quelli che
chiedono di fare il login in caso di siti web non pubblici e che quindi
neanche Google potr scansionare, quelli che occupano una porzione
di schermo ridotta (Figura 3.28);
d delle possibili soluzioni: ovvero occupare pochi pixel dello schermo
- circa il 25% o anche meno, Figura 3.29 - o dotarsi di popup che
intuiscono la volont da parte della persona di uscire dal sito web (exit
intent) e solo a quel punto fanno comparire lelemento di pagina.

Figura 3.27 Esempi di interstitial che non vanno bene.


Figura 3.28 Esempi di interstitial accettati.
Figura 3.29 Una possibile soluzione di interstitial accettati.

Tornando alla storia, il 10 gennaio 2017 passato e la penalizzazione


ufficialmente partita.
I giorni immediatamente successivi, naturalmente, molti nella comunit
SEO sono andati alla ricerca di eventuali segnali e penalizzazioni: alcuni -
pochi - siti hanno effettivamente perso delle posizioni nelle ricerche da
mobile ma la stragrande maggioranza sta ancora adottando linterstitial
senza aver subto le conseguenze di tale atteggiamento. Una pagina web,
in costante aggiornamento, che sta osservando il fenomeno si trova
allindirizzo https://goo.gl/CP81fm.
Ancora non si in grado di comprendere se si sia trattato di un bluff
oppure se la penalizzazione arriver, solo in modo un po pi lento.
A ogni modo, il suggerimento quello di progettare le pagine pensando
alle persone, adottando di conseguenza delle pratiche che, al contempo,
soddisfino anche Google e le sue implicazioni tecniche di indicizzazione
(torniamo alla Figura 3.29 per vedere la soluzione che dovremmo adottare).
Un dettaglio, qualora dovessimo gi avere, lato desktop, degli interstitial:
molti dei software con i quali si possono creare questi elementi (per
esempio OptinMonster http://optinmonster.com) consentono di preparare anche
unalternativa diversa - pi piccola - qualora la navigazione avvenga da
mobile.
Un elemento finale da tenere in considerazione: la penalizzazione non
parla di non essere pi disponibili nellindice di Google a fronte di una
ricerca, bens di mancate condizioni per svettare nelle prime posizioni. Ora,
siccome la SEO un mezzo e non un fine, un approccio potrebbe anche
essere quello di, consapevolmente, lasciare le cose inalterate: se il popup,
anche se invasivo, riesce a generare unottima conversione, per esempio, in
termini di iscrizione alla newsletter (dalla quale poi raggiungiamo degli
obiettivi di business) questo potrebbe benissimo controbilanciare una
perdita di traffico da Google (che una delle principali fonti di traffico, ma
non lunica). Non dimentichiamo inoltre che il traffico da mobile
cresciuto al punto tale da diventare, in alcuni casi, la fonte principale, per
quella da desktop, mediamente, pesa ancora il 50%.
Il suggerimento , prima di subre le indicazioni di Google (a volte molto
dirette ed esplicite, come in questo caso), sediamoci, respiriamo e facciamo
qualche calcolo: dobbiamo farci guidare dal business, non dai comunicati
stampa di Google (anche se, a volte, le cose vanno di pari passo).

Gboard
Il fatto che molto del nostro tempo su mobile lo passiamo su applicazioni
di messaggistica istantanea (iMessage, Facebook Messenger, WhatsApp,
Telegram ecc.) ormai noto. La Figura 3.30 per quelli che non sono
ancora convinti.

Figura 3.30 La classifica delle app pi scaricate globalmente a maggio 2016: le prime
posizioni sono occupate da app di messaggistica istantanea (fonte: https://goo.gl/wnhehS).

C un attore che rischia di rimanere fuori dai giochi, in tal senso: Google
(al netto, naturalmente, dellapp di messaggistica disponibile nativamente
nel suo sistema operativo Android).
Per riprendersi delle quote di mercato, ha avuto una bella intuizione:
Gboard. Una tastiera, disponibile sia per iOS che per Android, che aggiunge
la G di Google e che - questa lintuizione - disponibile ovunque,
indipendentemente dallapp, quindi anche su WhatsApp o iMessage,
baluardi dei suoi due principali competitor su mobile, rispettivamente
Facebook e Apple (Figura 3.31).
Figura 3.31 Tramite la tastiera Gboard, la G di Google disponibile anche nelle
applicazioni che richiedono la tastiera, ma non sono di propriet di Google.

Semplificando, questa tastiera consente di svolgere delle ricerche su


Google senza abbandonare lapp di messaggistica. Ma perch ne parliamo
in un libro che tratta di SEO? Perch il mobile, in questo caso, ha introdotto
una nuova SERP (pagina dei risultati di ricerca) che, se prender piede,
bene che iniziamo a studiare: theres a new SERP in town, arrivata una
nuova SERP.
A oggi, con ladozione della tastiera di Google non ancora avvenuta in
misura sensibile, ci limitiamo a osservare un dettaglio (Figura 3.32).
NOTA
La tastiera Gboard a tutti gli effetti unapp che pu essere scaricata da App Store e
Google Play e quindi installata sui dispositivi iOS e Android. A questo punto risulta
disponibile tra le altre tastiere presenti sul dispositivo e va attivata prima di poter
essere utilizzata.
Figura 3.32 SERP di Google su GBoard a fronte della ricerca pizzeria treviso.

Mentre quasi tutti pixel sono riservati al primo risultato e alcuni - pochi,
si vede meno della met dello snippet - al secondo, per il terzo e gli altri
risultati, almeno in prima istanza, non c proprio visibilit. Per stressare
questo aspetto, teniamo a mente che qualche collega oltreoceano ha
rinominato questa SERP single result mobile SERP, cio SERP mobile
mono-risultato.
Confrontando questa situazione con una ricerca identica ma svolta su
Google.it (sempre da mobile), possiamo osservare come le possibilit di
farsi vedere siano sensibilmente ridotte gi dopo la prima posizione (Figura
3.33).
NOTA
Vale la pena osservare che i risultati con Gboard scorrono orizzontalmente, e non
verticalmente come nelle normali esperienze mobili a cui siamo abituati. Questo
impatta sulla UX ma anche, guardando le cose dal punto di vista di Google, sulla
necessit di riadattare lo snippet dei risultati.

Figura 3.33 La stessa ricerca (pizzeria treviso) su Google.it da mobile.

Anche lordinamento dei risultati cambia perch, non era cos scontato,
lalgoritmo di Google dietro a Gboard funziona diversamente, anche se le
dichiarazioni ufficiali affermano che il meccanismo alla base sia il
medesimo (probabilmente cambia il peso specifico assegnato ai diversi
fattori di posizionamento).
Attingendo alle osservazioni di terzi (Figura 3.34), possiamo sintetizzare
che:
le notizie hanno un trattamento di favore;
le ricerche local, tutto sommato, non presentano grandi differenze;
non sono stati osservati risultati che facciano riferimento allacquisto
di prodotti e/o servizi;
se la ricerca mobile presenta, come primo risultato, un annuncio a
pagamento, questo non si ritrova su Gboard;
sembrano non esserci tracce di rimandi ad altri siti che hanno una
corrispondente applicazione per mobile.
Figura 3.34 Come cambia lordinamento dei risultati tra una ricerca su mobile e una su
Gboard (fonte: https://goo.gl/HwTTyS).

App indexing e deep linking


Le applicazioni mobile, originariamente, agli occhi di Google erano
come delle black box: oggetti allinterno dei quali era impossibile entrare
per leggerne i contenuti. Ci non dava visibilit a una quantit di
informazioni davvero enorme: la maggior parte le applicazioni alle quali
non corrisponde un sito web.
Google - ma anche altri attori quali Bing, Facebook, Apple - si quindi
mosso nella direzione di dare delle linee guida affinch questo limite
potesse essere superato: app indexing, appunto. Ovvero aprire, da ottobre
2013, lapplicazione - modificandone alcune parti nel codice sorgente che si
chiama SDK - alla scansione, del singolo elemento e contenuto, a Google.
Qual il primo effetto di tale implementazione tecnica (per noi che
siamo i proprietari dellapp)? Che Google pu suggerire la nostra
applicazione, se rilevante per la persona che cerca, allinterno di due spazi
dedicati (App Pack e App Carousel), per i quali Google riserva molta
visibilit nelle SERP (sia in termini di posizione che di impatto grafico,
quindi in grado di catturare lattenzione della persona: Figura 3.35).

Figura 3.35 Da sinistra: Single App Pack, App Pack, App Carousel.

Questo rappresenta unopportunit, per lapplicazione, di essere trovata


pi facilmente e ottenere dei download da persone interessate alla
medesima o alle funzioni presenti nella stessa.
Tutto ci, per noi, diventa ancora pi interessante se uniamo il concetto
di app indexing a quello di deep linking. Questa seconda espressione indica
lazione di mettere in relazione una schermata di una applicazione con il
relativo e corrispondente contenuto nel sito web (desumiamo quindi che ci
vale solo per le applicazioni che hanno anche un sito web a supporto).
Perch diventa interessante? Perch, come si vede nella Figura 3.36, se
Google suggerisce un sito web tra i risultati di ricerca (ricerca avvenuta su
mobile, naturalmente) ma realizza che lo stesso ha unapplicazione -
importante - da noi precedentemente installata sullo smartphone, allora ci
dar la possibilit di fruire quellinformazione direttamente dallapp, senza
passare per la home page della stessa, bens andando direttamente al
contenuto che contiene la risposta alla domanda.

Figura 3.36 Come cambia lo snippet se Google rileva che, nello smartphone, abbiamo gi
installato lapplicazione corrispondente a un sito web che lui ci sta suggerendo tra i risultati
di ricerca (deep linking).
Questo comportamento importante per una serie di ragioni, anche lato
SEO ma non solo:
Google conferma che ladozione di app indexing e deep linking pu
favorire un incremento di visibilit per il sito web e lapp stessa;
dalla navigazione su app, Google trarr dei segnali di coinvolgimento
(engagement signals, leggasi: alcuni dei fattori di posizionamento)
che, a cascata, andranno a impattare - positivamente o negativamente -
anche sul sito web;
molto spesso lesperienza di navigazione su app pi fluida che sul
sito web e quindi ci possiamo realisticamente aspettare dei tassi di
conversione (indipendentemente dallazione che per noi rappresenta la
conversione) pi alti;
il numero di installazioni dellapp un elemento che Google tiene in
considerazione per capire quali app suggerire a fronte della ricerca;
si pu fare SEO anche per le app allinterno degli store (iTunes Store,
Google Play) - si chiama ASO, App Store Optimization, e ne
parleremo pi avanti nel libro - e quante volte unapp viene lanciata e
ri-lanciata (aperta) dalle persone un elemento che gli store utilizzano
per capire quanto premiarla in termini di visibilit;
anche gli assistenti personali, come Siri per esempio, utilizzano
protocolli simili per dare risposte sempre pi precise quando una
persona interroga il proprio smartphone anzich Google.
C comunque da sapere che:
tale comportamento si attiva solo ed esclusivamente se la persona ha
precedentemente installato lapp;
importante che vi sia una corrispondenza aderente tra la pagina web
e il singolo contenuto presente allinterno dellapplicazione;
la presenza in interstitial invadenti pu essere un deterrente affinch
Google suggerisca la nostra app;
limplementazione tecnica - che effettivamente non cos semplice se
non si degli sviluppatori mobile - deve essere corretta in tutti i
passaggi e dettagli, anche i pi piccoli. Per verificarlo si pu utilizzare
una funzionalit dedicata allinterno di Google Search Console
denominata Visualizza come Google per le app;
si tratta di un argomento che subir ulteriori evoluzioni nei prossimi
mesi ma se gi oggi abbiamo anche unapplicazione, oltre che un sito
web, si tratta di unopportunit - in termini di visibilit - che va
decisamente colta.

User experience (UX) e SEO


La UX quella disciplina che si prende a cuore lesperienza di
navigazione delle persone nella progettazione dei siti web e delle
applicazioni mobile.
La SEO, andando oltre lacronimo, pu essere benissimo descritta come
quella serie di attivit che mirano a migliorare lesperienza di ricerca
online.
C quindi molto in comune:
la missione di migliorare un contesto;
un contesto di esperienza (ricerca/navigazione);
la persona al centro (e non Google).
La SEO si avvicinata ai principi della UX perch, in realt, stato in
primis Google a capire di:
poter carpire informazioni preziose dallesperienza di navigazione
delle persone per valutare se un sito web sia meritevole di unalta
visibilit nelle SERP;
considerare allinterno del proprio algoritmo dei fattori che hanno
molto a che fare con la UX.
Chi si occupa di SEO, di fatto, ha semplicemente seguito a ruota. Ed
stato un bene perch la UX rende la SEO una disciplina migliore.
Soprattutto perch forgia una forma mentis diversa: si deve andare oltre il
mero posizionamento e ci si deve proiettare anche oltre il clic sullo snippet
perch quello che succede allinterno della pagina potrebbe andare ad
agevolare ma anche a deteriorare quello che stato fatto lato SEO.
Un esempio su tutti: se siamo primi su Google, ma il sito lento a
caricarsi e in termini di proposta di valore e copyright non riusciamo a far
capire alla persona che tipo di bisogno soddisfiamo, probabilmente questa
persona, dopo pochi istanti, torner alla pagina dei risultati di ricerca per
tentare la sorte con un altro sito web. Questo comportamento viene preso in
considerazione da parte di Google per capire se il sito, effettivamente,
merita ancora di stare in prima posizione.
Tra i principali punti di contatto tra SEO e UX possiamo elencare i
seguenti.
La ricerca delle parole chiave, che deve essere sviluppata per intento e
non solamente per volumi di ricerca (quelle pi utilizzate): questo
genera dei contenuti in grado di dare una risposta ma, al contempo,
produce anche un menu di navigazione e unarchitettura informativa
(lorganizzazione delle informazioni) molto pi intuitiva.
I contenuti (dai testi, ai titoli, agli inviti allazione - call-to-action)
pensati per essere utili, molto probabilmente incontreranno la curiosit
e linteresse delle persone; aumenter quindi il tempo speso sulla
pagina e il numero di pagine viste in ununica sessione di navigazione,
riducendo il rischio di rimbalzo (bounce rate: tornare alla SERP dopo
aver fruito solamente una pagina, indipendentemente dal tempo che ci
abbiamo passato sopra). Tutti elementi che possono lavorare in
sinergia con la SEO: essere premiati con maggiori quote di visibilit
online.
Un sito web pensato per le persone - persone che passano sempre pi
tempo su mobile - sar un sito web veloce nel caricamento: altro
elemento valutato positivamente da Google.
Un layout ospitale (font grandi e leggibili, giusto bilanciamento tra
porzioni di testo e spazi bianchi, immagini che garantiscono un
momento di pausa per locchio) ridurr il rischio di tornare indietro
sulla pagina dei risultati di ricerca.
Poi, effettivamente, ci sono degli elementi che porterebbero chi si occupa
di SEO e chi si occupa di UX a pensarla diversamente; per esempio:
la UX spesso vorrebbe risolvere quasi tutta lesperienza allinterno di
una pagina per evitare che la persona debba fare troppi clic mentre la
SEO vorrebbe delle pagine sviluppate, in maniera aderente, attorno a
un obiettivo specifico;
la UX predilige strutture e menu di navigazione molto intuibili, snelle,
forse povere da un punto di vista SEO; ma la SEO si deve preoccupare
anche che Google raggiunga un numero pi ampio di pagine nel minor
numero di clic;
alcune esigenze potrebbero essere effettivamente risolte da applicativi
interattivi, per esempio delle mappe incorporate nella pagina web, solo
che la SEO ha necessit di contenuti testuali descrittivi e che questi
siano raggiungibili tramite URL separati e univoci.
Chi ha ragione? Qual la risposta? Dipende. Naturalmente. Dipende
dagli obiettivi del sito web. Per, da chi professionalmente si siede su una
sedia e non sullaltra, mi permetto di aggiungere un dettaglio: la UX ha la
missione di migliorare lesperienza delle persone allinterno del sito, solo
che le persone, nel sito, prima ci devono entrare e in tanti casi Google
molto utile per risolvere questa condizione.

Persone al centro
Lobiettivo di qualsiasi attivit digitale (daccordo, non solo digitale), sia
essa progettuale o promozionale, in fondo uno solo: fare incontrare gli
obiettivi delle aziende con i bisogni delle persone.
Le persone al centro stata la hype ricorrente di questi ultimi anni di
comunicazione aziendale, in virt di una presunta umanizzazione della
macchina del business, a seguito di un recupero di valori etici e
comportamentali che colmassero lo scollamento con la gente.
Pensiamoci: non c brand che di recente non abbia dichiarato
lattenzione per le persone come elemento distintivo; lattenzione per
lambiente in cui vivono come principio ispiratore; il ritrovato rapporto con
una natura di cui siamo tutti figli (persone, aziende) come collante.
Mettere le persone al centro un concetto che pu limitarsi a
unopportunistica e patinata dichiarazione dintenti, oppure essere mosso da
una sincera volont di ripartire dalle persone (oltre le cose) per costruire
intorno a loro il proprio business.
Nel primo caso, la dichiarazione sinfrange facilmente al primo momento
della verit. Nel secondo, meritorio caso, non basta volerlo: diventare una
realt cliente-centrica presuppone un percorso in cui una tale presa di
coscienza solo il primo passo. Come quando ci si rende conto che si ha
bisogno di uno psicologo. Ma poi serve agire, dotarsi di pensiero, metodo,
strumenti e persone che rendano tutto questo reale ed efficace.

SEO, dove sei?


La SEO si dovrebbe essere sempre occupata di favorire la creazione di
relazioni di qualit che vedano vincere aziende e clienti allo stesso modo:
io, persona, ho un bisogno che tu, azienda, puoi risolvere. Come posso io,
persona, sapere che sei proprio tu, azienda, quella che me lo pu risolvere?
Ecco la SEO che entra in campo con la maglia numero 1.
Mettendo le persone al centro. Come, se no?
E allora via ad analizzare ricerche e volumi, intercettare filoni e produrre
contenuti su quei binari, per catturare visite come farfalle da portare nel
retino. Una totale concentrazione, per anni, a costruire questi retini da
farfalle, sotto forma di contenuti opportunamente architettati secondo le
note e necessarie tecniche SEO, quelle che incontravano il concetto di
qualit imposte dai motori di ricerca (incredibile come tuttora il plurale
alberghi nei preventivi delle agenzie di provincia).
E le persone dove stavano?
Nei dati. Persone dedotte, interpretate, classificate secondo pattern
corrispondenti agli schemi semantici di ricerca che - collettivamente -
rappresentavano. Un caso clamoroso di framing, se visto da un punto di
vista giornalistico. Se invece lo vediamo dal punto di vista del moderno
sentire del design dellesperienza-utente, una raccolta parziale di dati,
quantitativa, utile a trovare un local maximum nelle performance di
generazione delle visite, ma condizionato esclusivamente dalle deduzioni
che da quei dati derivavano. Quindi difficilmente portatore di innovazione,
o capace di spostare un comportamento. O, comunque, possibile stimolatore
di pratiche poco etiche, anche solo innocentemente opportunistiche, come
quelle di usare universi semantici non esattamente pertinenti per attirare
farfalle tipicamente pi in armonia con altri fiori.

A volte ritornano: la qualit


Poi a un certo punto La Profezia ha cominciato ad avverarsi: gli algoritmi
dei motori di ricerca hanno riesumato un concetto vecchio quanto il
mondo, addirittura obsoleto a sentire il marketing, che quello di qualit.
Concetto tuttaltro che scaduto, tanto pi quanto esteso a tutta la filiera che
si espande intorno al prodotto/servizio. Quando il consiglio di Google
comincia a essere insistentemente simile a quello che Kurt Vonnegut dava
ai laureandi americani, ovvero Fate i bravi, allora c una speranza che
fare un buon lavoro significhi anche essere premiati.
Quando la qualit di unesperienza diventa giudicabile dallalgoritmo che
ne decide la visibilit, la buona notizia che possiamo finalmente
concentrarci a fare cose buone, non solo cose strumentali. Lutilit sar un
ritorno sullinvestimento ampiamente ripagato, con gli interessi, secondo il
vecchio adagio per cui il destino fa fuoco con la legna che c.
E ora possiamo impegnarci a fare un buon sito, in cui, si diceva, i bisogni
delle persone e gli obiettivi dellazienda si incontrino.
Padroni in casa propria
La SEO che funziona porta visite di qualit alle property aziendali.
Le property principali sono tipicamente siti web; le property ci piacciono
particolarmente perch esprimono un concetto, sano in questo caso, di
padroni in casa propria, non perch escludano lingresso di qualche
forestiero - anzi - ma perch al contrario sono ben altri ambienti, non di
nostra propriet, a escludere noi dalla piena titolarit dei nostri contenuti e
comportamenti. Si vedano le piattaforme social, o anche i motori di
ricerca. L, siamo ospiti, e non possiamo alzare la voce.
Nelle property, nei nostri siti web, facciamo del nostro meglio affinch le
persone, a loro agio, instaurino e coltivino una relazione con noi, proficua
per entrambi. Qui vengono al pettine i nodi, le strategie, le tattiche che
abbiamo messo in opera per richiamare le persone, promettendo loro piccoli
o grandi paradisi.
Qui convertiamo.

Have a nice journey


Il sito web, nella sua evidente centralit, per uno dei tanti touchpoint
che costituiscono lo user journey, anche questo tormentone abusato nei
tempi recenti, ma che una verit di cui prendere atto in modo molto serio
e che vale la pena governare, invece di subire.
Conoscere lo user journey, cio il percorso di relazione che una persona
fa con la nostra azienda, aiuta i progettisti della UX a comprendere con
quali obiettivi, stati danimo, precognizioni una persona si avvicina a ogni
singolo touchpoint, progettandolo di conseguenza nei migliori dei modi. E i
touchpoint possono essere veramente tanti. E anche di questi opportuno
avere coscienza. E controllo.
Come mappare lo user journey? Qui ci viene in aiuto larmamentario di
metodologie dello UX design, nello specifico quelle della ricerca; un
mondo ampio, che attinge a piene mani dallindustrial design, ma anche
dallantropologia e dalla psicologia, per creare tecniche di osservazione,
deduzione e formalizzazione dei bisogni delle persone, cos come delle
organizzazioni. E che realmente mette al centro le persone, coinvolgendole
in modo diretto e disintermediato nellesplorazione dei loro bisogni.
Tema, questo, per il quale esiste unampia letteratura, che non trova
spazio qui. Ma che fondamentale, anche in termini SEO. Lesperienza che
una persona vive nel nostro sito web una questione centrale: se
lesperienza positiva, terminer con una qualche forma di conversione e
proseguir, se saremo bravi a nutrire la relazione cos nata, con il ripetersi
di momenti come questo. Ma succeder anche che, nel tempo, la persona
soddisfatta sparger la voce, regalando al mondo un pezzo della nostra
meravigliosa reputazione. E siccome la reputazione uno dei fattori
qualitativi che i misteriosi algoritmi considerano nel loro insindacabile
giudizio, ecco che il cerchio si chiude.

Meglio una gallina oggi


Nella progettazione di una UX, non ci sono trucchi n inganni n
tecniche poco pulite che tengano: la soglia di giudizio di chi naviga in Rete
oggi in costante crescita di consapevolezza, le persone sono sempre pi in
grado di subodorare quando le stiamo usando. E allora la tecnica di
persuasione, lapplicazione del principio di scarsit (ne rimangono solo
due), il dark pattern (facendo clic su NO rinunci alla felicit) e compagnia
bella potranno funzionare una, due volte, ma oltre il brevissimo termine la
maturit delle persone e poi i meccanismi di costruzione e distruzione della
reputazione faranno il loro corso.
Fine delle tecniche? No. Non esiste arte senza tecnica. Ma la tecnica
assume un valore funzionale: mestiere, modo, non finalit. Oggi la SEO
trova la sua rotta nella distanza tra il sogno o bisogno di una persona e la
sua formalizzazione linguistica; ancora oggi le parole sono chiavi che
aprono porte: come intercettare unintenzione, un embrione di bisogno, che
potrebbe non trovare mai la forma verbale che noi - azienda - gli diamo,
sapendo oltretutto che il nostro prodotto risolver esattamente quel bisogno
senza nome? Come faremo in modo che quelle chiavi aprano le nostre
serrature?
Tenendo, guarda un po, le persone al centro.
Capitolo 4
Posizionamento

Ma come ci si posiziona quindi su Google?


Come abbiamo visto la risposta a tale domanda mutata e si evoluta
nel tempo sia nellottica di mettere in pratica sempre maggiori capacit di
Google di comprendere lintento di ricerca delle persone e il significato
dei contenuti; sia nelladattarsi a nuovi modi di utilizzare la ricerca.
Ma in questo evolversi ci sono dei fattori che, in realt, non si sono persi,
al netto di alcune eccezioni; la loro importanza stata ricalcolata pi volte
ma, nonostante ci, rappresentano ancora degli elementi che meritano di
essere presi in considerazione quando si fa SEO.
Storicamente si sempre parlato di fattori on page o interni e off page o
esterni; nei paragrafi che seguono entreremo nel merito di diversi di loro
aggiungendo una famiglia di fattori: quelli tecnologici perch,
effettivamente, nel tempo sono diventati via via sempre pi importanti.
Questa classificazione a tre una personale interpretazione, che ha il pregio
di far comprendere in quale specifico ambito stiamo operando; unaltra
chiave di lettura di questa classificazione potrebbe essere la seguente.
Fattori tecnologici: che fanno riferimento alla macchina - computer -
dove il sito web ospitato.
Fattori interni: che fanno riferimento al codice sorgente (dove si
possono mettere le parole chiave).
Fattori esterni: che riguardano ancora i siti web ma, questa volta, non
oggetto di attivit di ottimizzazione interna.
Il fattore tempo
Prima di entrare nel merito dei fattori sopra citati, prendiamoci un po di
spazio per raccontare anche di un altro fattore che, in realt, raro trovare
in guide, ebook, white paper e altri libri sulla SEO: il fattore tempo.
Perch ha senso dedicarci qualche riga? Perch un fattore particolare:
ne sappiamo pochissimo, non lo controlliamo, molto spesso ci porta a
conclusioni sbagliate.
Insomma, ha senso soffermarsi a riflettere anche su questo fattore non
tanto nellottica di ricavarne il massimo bens come appunto del fatto che
esiste e che se troppo frettolosamente pensiamo di essere giunti a una
conclusione, probabilmente stiamo dando delle cose per scontato al punto
tale che la conclusione errata.
Proviamo a entrare maggiormente nel merito.
Quando si svolge unattivit di ottimizzazione SEO, spesso si procede
con un controllo generale del sito web evidenziando cose sbagliate e cose
mancanti; quasi sempre si produce un documento di ottimizzazione che
descrive le cose da migliorare (magari ordinate secondo il principio del
bilanciamento costo/beneficio). Ma altrettanto spesso queste migliorie non
possono essere messe in atto tutte insieme: alcune sono semplici, altre di
impatto veramente ingombrante, per altre necessario il coinvolgimento di
un fornitore che, magari, non ha un contratto di assistenza oppure in casa
non ci sono le competenze per procedere in autonomia o ancora bisogna
convincere il capo.
Insomma, lo scenario che si presenta quello di un calendario di attivit
volte a migliorare il sito in ottica SEO che si sviluppa nellarco di settimane
o mesi (a seconda del caso specifico).
Qui il fattore tempo pu diventare critico.
Se siamo nel mezzo del processo di ottimizzazione e, in seguito a un
intervento tecnico, registriamo un miglioramento della posizione nelle
SERP, logico - e quasi ragionevole - associare tale salto allintervento
sul quale siamo concentrati o che abbiamo appena concluso; ma la
conclusione errata perch, in realt, tale incremento di visibilit potrebbe
essere stato il risultato di uno dei primissimi interventi che cha messo un
po per essere digerito da parte di Google.
La stessa logica viene applicata anche se siamo allinizio del processo di
ottimizzazione perch se il sito web ha gi una sua storia, se lazienda ha
gi delle relazioni, sussiste uno scenario dinamico dove praticamente
impossibile staticizzare il processo e comprendere a quale azione ha
corrisposto con precisione quella reazione.
Per giungere a delle conclusioni manca un pezzo fondamentale: i tempi
di reazione di Google a uno specifico intervento tecnico e, soprattutto, in
relazione al nostro sito web perch, altra cosa importante, dobbiamo sapere
che Google non tratta tutti i siti web nella stessa maniera: se, con frequenza
costante, diamo in pasto al motore di ricerca contenuti originali e di valore,
saremo sicuramente visti di buon occhio rispetto a un sito web che, nelle
ultime settimane, ha avuto poco da dire.
Inoltre non dimentichiamo un ultimo aspetto: anche se - chiss poi
perch - spesso si arriva a vedere la SEO come una battaglia tra il sito web
in oggetto e Google, c una terza variabile impazzita che rende difficili
parecchi ragionamenti, ovvero gli altri siti che popolano la medesima SERP
e che possono anche loro essere nel bel mezzo dellattivit di
ottimizzazione SEO.
Anche se si rileva una modifica di Google nelle 24 ore successive a un
intervento, non possibile formulare la conclusione: se fai cos, succede
col. Purtroppo il tempo un elemento ingannatore che, tra laltro, descrive
la SEO come unattivit dove tutto fa brodo: ci sono fattori con un peso
specifico maggiore e altri con importanza minore ma, se le risorse lo
consentono, la linea guida quella di applicare tutte, ma proprio tutte, le
migliorie che unanalisi SEO evidenzia.
Fattori tecnologici
Per logiche proprie del funzionamento di Internet, un occhio alla
soluzione hardware adottata dal sito web - il server - i SEO glielhanno
sempre dato; e cos anche Google.
Avere un server con tempi di risposta veloci (lindicatore, tecnicamente
parlando, si chiama time to first byte) ha sempre favorito la visibilit del
sito web, magari non direttamente, ma lha sempre favorita.
Daltronde anche Google, tramite i suoi spider, naviga e fruisce i
contenuti dei siti web per cui se il sito risponde prontamente alle persone, lo
far anche agli spider. E Google non pu che vedere di buon occhio chi gli
fornisce contenuti in frazioni di secondo senza far fare tanta fatica ai suoi
software.
Lattenzione a questi aspetti si intensificata con lesplosione degli
smartphone e dei dispositivi mobile; sia per educare i webmaster a creare
siti web pi veloci a caricarsi e sia per andare incontro a una nuova ed
evidente tendenza, Google ha ufficialmente contemplato il tempo di
caricamento (con diverse angolature) come uno dei fattori tenuti in
considerazione quando si assegna un punteggio a un sito web per una data
ricerca. Per ottenere tale risultato si pu agire direttamente sul sito web, ma
anche allapparato tecnologico allinterno del quale il sito inserito.
Non perdiamo di vista, inoltre, che il tempo di caricamento ha anche un
impatto quasi diretto sulla capacit del sito web stesso di trasformare la
visita in una conversione; c una dichiarazione del 2008 di Amazon che
affermava che per ogni 100ms di tempo di caricamento guadagnato,
riusciva a fatturare un extra di 1 milione di dollari al giorno.
Per fare nostro questo punto di vista, vediamola cos: se un sito web
lento a caricarsi, soprattutto da mobile, dopo pochi secondi cosa facciamo?
Esatto: usciamo, torniamo indietro, ci spazientiamo; e sicuramente non
convertiamo la visita in qualcosaltro, per esempio un acquisto.
Server
Come anticipato, c un particolare del server che ospita il sito web che
sembra - diciamo sembra perch non ufficiale - avere un impatto diretto
sul posizionamento: il time to first byte, ovvero il tempo di reazione del
server a procedere con lemissione del documento.
Uno studio risalente al 2013, effettuato da Moz (larticolo completo
disponibile allindirizzo https://goo.gl/RCil19) ha evidenziato una
correlazione diretta (Figura 4.1).

Figura 4.1 Correlazione tra time to first byte e posizionamento.

E un secondo test (svolto su quasi 150.000 URL, fonte:


https://goo.gl/Bqscbh) ha confermato tale correlazione (Figura 4.2).
Figura 4.2 La correlazione tra tutti gli elementi con cui si descrive il tempo di caricamento di
una pagina e il relativo posizionamento.

Ma come si ottimizza il TTFB (time to first byte)?


NOTA
La lista di interventi che segue pu essere suggerita al reparto sviluppo e/o IT: loro
sapranno cosa fare.

Di seguito:
utilizzare un CDN (Content Delivery Network);
ottimizzare le query che vengono eseguite dal database;
ridurre il numero di richieste HTTP;
dotarsi di un server migliore;
utilizzare il metodo di caching respond first, process later.
Per vedere il nostro TTBF possiamo utilizzare lo strumento Webpagetest,
disponibile allindirizzo https://goo.gl/78r4tl (Figura 4.3).
Figura 4.3 Lo strumento Webpagetest utilizzato sul dominio http://mocainteractive.com e
in particolare il TTBF di MOCA server.

Poi il server dovrebbe avere altre caratteristiche e funzionalit in grado di


snellire il processo di consegna della pagina dal server stesso al client
(ovvero il dispositivo utilizzato dalla persona per navigare: computer fisso,
portatile, tablet, cellulare), per esempio, la possibilit di gestire il browser
caching (magari a livello di singola risorsa), la funzione keep-alive, la
compressione GZip.

CDN
CDN che sta per Content Delivery Network, indica un network, una rete
di server geograficamente distribuiti sul globo. Rappresentano
unopportunit in termini di velocit di accesso alle informazioni perch il
documento che le contiene, anzich dover essere prelevato e trasportato
dalla fonte originale al computer della persona che naviga, viene
parcheggiato - anzi, ne viene parcheggiata una copia - in tanti punti nel
globo e viene attivato il punto - il nodo - pi vicino a dove si trova la
persona (Figura 4.4).
Il principio che la trasmissione dei dati richiama dei tempi di latenza
fisica - a occhio nudo molto spesso impercettibili - che sono proporzionali
alla distanza che deve compiere linformazione.
Figura 4.4 La logica di distribuzione delle informazioni online secondo una rete CDN (fonte:
GTmetrix, https://goo.gl/YM6XQi).

Certificati SSL e protocolli HTTPS


Era il 6 agosto 2014 quando venne pubblicata la notizia che il protocollo
HTTPS era diventato ufficialmente un fattore di ranking (fonte: Google
Webmaster Central Blog, https://goo.gl/2yzQB6).
HTTPS sta per HyperText Transfer Protocol over Secure Socket Layer e
indica che al pi celebre protocollo HTTP (un protocollo di come vengono
veicolate la trasmissioni in Rete) stato aggiunto un certificato di sicurezza,
lSSL, appunto: Secure Socket Layer.
I siti web che aderiscono a questo protocollo (adottando quindi anche il
certificato di sicurezza SSL) mettono in sicurezza, criptandole, le
informazioni che i due sistemi (client e server) condividono (pensiamo a
indirizzi email, password, nomi account ecc.). E poich anche Google ha a
cuore la sicurezza della Rete, godono anche di una maggiore visibilit nelle
SERP.
Tra laltro la direzione intrapresa netta: non solo chi adotta il protocollo
pu godere di maggiore visibilit, addirittura chi non lo adotter verr, in
qualche modo, marchiato, inducendo la persona a pensarci due volte prima
di accedere al sito: entro la fine del 2017, infatti, Chrome - il browser di
propriet di Google - segnaler come non sicuro il sito web senza
protocollo HTTPS e certificato SSL (fonte: Chromium Blog,
https://goo.gl/Rgbdv9; Figura 4.5).

Come adottare questi protocolli e certificati? Acquistandoli.


Esistono anche delle soluzioni gratuite ma se la quantit di informazioni
riferite alle persone sufficiente, il consiglio quello di optare per una
soluzione a pagamento (che d la sensazione di essere pi professionale,
efficace e duratura nel tempo).
Una volta adottato il protocollo (Figura 4.6) dovremo anche preoccuparci
di avvisare Google che tutti i nostri URL che iniziavano con http:// ora
cominciano con https://; questa fase - che tra addetti al settore chiamiamo
migrazione - un passaggio fondamentale per salvaguardare quanto fatto
lato SEO, ma ne parleremo pi approfonditamente nei capitoli a seguire.

Figura 4.5 Il browser Chrome e la notifica di una connessione non sicura.


Figura 4.6 Il protocollo HTTPS e il certificato SSL nella barra degli indirizzi dei browser pi
utilizzati (fonte: Thames-Coromandel District Council, https://goo.gl/pV47k8).
Fattori interni
Poi c lottimizzazione dei fattori SEO storici, quelli di cui quasi tutti,
almeno una volta almeno uno, hanno sentito parlare.
Sono i primi che il giovane Google osservava, ma sono anche i primi -
molti di essi - che hanno perso importanza nel calcolo complessivo
dellautorevolezza di un sito web; il motivo che non sono meritocratici,
sono autocelebrativi e troppo facilmente manipolabili dal proprietario del
sito o da chi si occupa di SEO.

Velocit di caricamento (riferita al codice


sorgente)
Anche se non si tratta propriamente di uno specifico elemento di pagina,
si pu agire direttamente sul codice sorgente per renderlo snello nellottica
di favorire, complessivamente, i tempi di caricamento della pagina e del
sito web.
Per individuare se ha senso ottimizzare solo alcune pagine piuttosto che
tutte, possiamo fare riferimento a un report di Google Analytics che ci
indica i tempi di caricamento di ciascuna pagina e come la singola si
comporta rispetto al valore medio del sito web (Figura 4.7).
Figura 4.7 Il report di Google Analytics che riporta il tempo di caricamento delle pagine del
sito web.

Per individuare i singoli ambiti di intervento, possiamo avvalerci di


diversi strumenti, tra cui uno di propriet di Google: Pagespeed (disponibile
allindirizzo https://goo.gl/gDHdJK).
Oltre a evidenziare separatamente gli ambiti di ottimizzazione desktop e
mobile, lo strumento classifica gli interventi a seconda di quanto questi
impattano nel tempo di caricamento indicando, per ciascuno, anche la
possibile soluzione (Figura 4.8).
In linea di massima gli ambiti che lo strumento indaga riguardano:
il peso (in termini di kilobyte) delle immagini ed eventuali margini di
miglioramento in questo senso;
la gestione dei file JavaScript e CSS (Cascading Style Sheets), dove
vengono allocati nel codice sorgente e se sono ottimizzati;
ladozione, o meno, di alcune funzionalit come il caching del
browser, la compressione GZip, un eventuale numero eccessivo di
reindirizzamenti.
Il punto forte dello strumento quello di dare un ordine di priorit agli
interventi, non in ottica SEO, ma di velocit di caricamento della pagina (le
due cose, poi, vanno di pari passo). Se non si mastica direttamente la
materia, si pu esportare la lista e condividerla con chi ci gestisce il sito
web o ci aiuta lato SEO.

Figura 4.8 Un estratto del report fornito dallo strumento Google Pagespeed.

Non si tratta dellunico strumento, ma per cominciare - e per semplicit


di utilizzo - sicuramente uno di quelli di riferimento.
Poi, naturalmente, unottima mossa per alleggerire il codice sorgente
togliere tutto quello che non serve strettamente: commenti, tag <meta> inutili,
informazioni che non vengono utilizzate.
Per semplificarla, il peso della pagina (in kilobyte) direttamente
proporzionale alla quantit di codice sorgente che vi scritto.

Tag <title>
Tra tutti i fattori interni in cui poter imputare direttamente la parola
chiave, il tag <title> sicuramente il fattore con maggiore rilevanza in ottica
SEO.
Si tratta del titolo della pagina ed visibile, dallessere umano, o nel
codice sorgente o in corrispondenza del punto pi alto della finestra del
browser (o nella scheda del browser) o nello snippet delle SERP.
Alcune caratteristiche per capire come trarne il massimo:
la lunghezza massima suggerita di 70 caratteri;
vale la regola della prominenza, ci che scritto a sinistra ha pi
valore;
oltre a essere un fattore di posizionamento anche un elemento che
concorre, positivamente e negativamente, al CTR sulle SERP, ovvero
alla capacit dello snippet di attrarre il clic della persona (perch il tag
<title> compare, appunto, anche nelle SERP, Figura 4.9). In termini di

copywriting rappresenta una sfida perch scrivere qualcosa di


attrattivo in massimo 70 caratteri non per nulla semplice.
Figura 4.9 Il tag <title> - in blu - e tutto lo snippet nelle ricerche su Google da mobile.

Una regola, non ufficiale, importante (spesso ignorata): cerchiamo di non


considerare troppe parole chiave SEO nel tag <title>. Il consiglio,
solitamente, di non andare oltre le due. Questo per un paio di ragioni.
La forza di un elemento di pagina, in ottica SEO, finita e definita; se
rendiamo il tag <title> troppo ricco di parole chiave, la sua forza
verr diluita tra queste e ogni singolo termine ricever una percentuale
inferiore della forza totale.
Se nellaggiungere parole chiave ne contempliamo anche alcune di
vicine, ma non strettamente - strettamente - correlate ai contenuti
presenti in pagina, succeder qualcosa simile a questo: la persona
digita una parola chiave su Google, la pagina che abbiamo ottimizzato
si posiziona, ma poi la persona, in quella pagina, non trova esattamente
i contenuti che fanno stretto riferimento a quello che ha cercato.
Risultato? O si rimboccher le maniche e cercher, in autonomia, il
contenuto desiderato oppure - pi probabile - torner su Google e
prover con un altro sito web.
I tipici errori sono quelli di:
non compilare proprio il tag <title>;
assegnare lo stesso tag <title> a tutte le pagine;
scriverci un elenco parole chiave a utilizzo esclusivo della SEO;
eccedere nella lunghezza e vedersi la frase tagliata con i segni di
interpunzione;
compilarlo con una sola parola.

Tag <meta> con valore description


Il tag <meta> con valore description laltro tag che compone, assieme al
tag <title> e allURL, lo snippet (Figura 4.10). (Anche se c un se che
vediamo tra qualche riga.)
Figura 4.10 Le due righe nere di ciascuno snippet rappresentano il tag <meta> con valore
description; anche se c un dettaglio, a seguire, che ne evidenzia con pi precisione il
funzionamento.

Ufficialmente non un fattore di posizionamento quindi non ha molto


senso compilarlo in ottica SEO; comparendo invece nello snippet (e poi nel
codice sorgente il quale, per, spesso non richiama linteresse di persone
non appassionate a SEO e sviluppo web) gioca un ruolo fondamentale in
termini di CTR (Click-Through Rate) ovvero nella capacit di attirare
lattenzione della persona che cerca e, quindi, del clic.
Prima di comprendere come trarne il massimo bene conoscere la logica
che sottende la generazione dello snippet: se la parola digitata dalla persona
gi presente nel tag <meta> con valore description allora Google compiler
quelle due righe nere proprio con quello che scritto nel tag <meta>; se
invece la parola digitata dalla persona non compare nel tag <meta> con valore
description , allora Google - in autonomia - compiler le due righe nere dello
snippet prelevando delle porzioni di testo dove tale parola, invece, compare.
per tale ragione che:
spesso - molto spesso - lo snippet non contempla il nostro tag <meta>
con valore description (le combinazioni con le quali le persone cercano
tendono, per cos dire, allinfinito quindi impossibile contemplarle
tutte in una frase);
nei casi in cui Google si arrangia potrebbero essere stampate a video
delle frasi tronche.
Alcune caratteristiche del tag <meta> con valore description per sapere come
gestirlo:
non c una lunghezza limite, ma Google tronca la visualizzazione
dello stesso oltre, circa, i 160 caratteri quindi ha senso stare allinterno
di questa dimensione;
non in ottica SEO, ma per evitare che il messaggio venga troncato sul
pi bello: possiamo considerare come pi strategiche in ottica di
comunicazione le prime 60 parole circa;
poich, per definizione, il tag <meta> con valore description dovrebbe
contemplare una descrizione pi esaustiva dei contenuti della pagina
web, dovr essere univoco per ciascuna pagina;
poich la parola digitata dalla persona, quando compare nello snippet,
viene evidenziata da Google tramite un grassetto, ha senso
contemplare dei termini strategici perch, qualora la persona dovesse
cercare proprio quelli, il nostro snippet ne dar ulteriore evidenza;
quando diciamo che andrebbero riportate le informazioni rilevanti non
immaginiamo che le medesime siano solo testuali: se ho unattivit
locale e il mio obiettivo che i clienti mi chiamino al telefono,
contemplare nel tag <meta> con valore description il numero potrebbe
essere unidea corretta;
poich questo tipo di contenuto compare agli occhi della persona che
cerca quando ancora su Google e quando deve ancora fare clic, ha
assolutamente senso prevedere anche una call-to-action, ovvero
uninvito allazione che, magari, descriva subito il vantaggio che la
persona acquisir con il clic (Figura 4.11).

Figura 4.11 Il team di Segugio.it fa un ottimo lavoro di copywriting sia nel tag <title> che nel
tag <meta> con valore description: c la parola chiave SEO, c linvito allazione
(confronta, fai un preventivo) e c lanticipazione del benefit (risparmia, trova la polizza
moto pi conveniente per te).

Tag <meta> con valore keywords


Questa, pi che altro, una citazione donore alla storia della SEO. Si
tratta di uno dei primissimi tag <meta> che Google teneva in considerazione e
che gli addetti SEO hanno sfruttato per guadagnare posizioni nelle SERP.
Purtroppo ne abbiamo abusato e comunque si trattava di un tag <meta> che
non impattava sullesperienza delle persone; insomma, anche per queste
due ragioni, oggi deprecato.
Oggi, in ottica SEO, non ha senso compilare il tag <meta> con valore
keywords . Punto.
Semmai non arreca danno il fatto di contemplare pochi termini affinch
Google, anche da l, possa ottenere conferma che la nostra pagina tratta
quellargomento. Ma a fini SEO non ha valore.
Intestazioni (H1, H2 H6)
Iniziamo dal perch lattenzione di Google nei confronti di questo
elemento di pagina. Anche se quello che stiamo per leggere non poggia su
dichiarazioni ufficiali, il parallelismo aiuta nella comprensione.
Immaginiamo la prima pagina di un quotidiano: nome del quotidiano,
pubblicit poi titoli, occhielli, sommari, catenacci, anticipazione
dellarticolo completo; immaginiamo poi come si muove il nostro occhio su
questa pagina: saltiamo da un titolo allaltro, poi la nostra attenzione viene
richiamata da uno in particolare e passiamo a leggere i relativi occhiello e
sommario e se questi confermano la curiosit, procediamo a leggere
larticolo completo. Assumiamo questo comportamento perch, prima di
leggere larticolo, sappiamo che da titolo, occhiello, sommario, catenaccio
possiamo farci unidea sufficientemente chiara del contenuto perch c la
consapevolezza che queste porzioni dellarticolo contengano i concetti
chiave, quelli pi importanti.
Ora spostiamoci dalla prima pagina di un quotidiano cartaceo a un
contenuto web: il comportamento non molto diverso, giusto? E visto che
Google da sempre cerca di comprendere e anticipare il comportamento e le
preferenze delle persone, se noi diamo sufficiente attenzione a titolo,
sommario, occhiello allora lo far anche Google.
E per tale ragione chi si occupa di SEO porr attenzione nel far finire in
corrispondenza del titolo e degli altri elementi le parole chiave pi
strategiche in ottica di visibilit.
Queste intestazioni, per essere comprese dai browser (Chrome, Firefox,
Safari ecc.) e dai motori di ricerca, vengono identificate tramite appositi
codici che sono <h1>, <h2> fino a <h6> (Figura 4.12).
Figura 4.12 Le intestazioni di pagina visualizzate in codice HTML.

Le intestazioni sono in ordine di importanza da <h1> a <h6> (Figura 4.13) e,


a eccezione di <h1> che dovrebbe essere presente solo una volta per pagina,
possono essere ripetute. Se la loro visualizzazione a video non viene
modificata mediante i fogli di stile (CSS, Cascading Style Sheets)
compaiono da pi grande a pi piccolo.
Figura 4.13 Lorganizzazione ideale dei contenuti (titoli, sottotitoli ecc.) tramite lutilizzo dei
tag HTML H1, H2, fino a H6 (fonte: VolumeNine, https://goo.gl/jmfdha).

Oltre contemplare le parole chiave in corrispondenza delle intestazioni di


pagina, ecco altre accortezze:
come abbiamo ripreso in ogni occasione, la SEO viene dopo le persone
per cui, oltre a considerare i termini per noi pi importanti,
preoccupiamoci di formulare una frase che confermi alla persona che
in quella pagina trover la risposta alla sua domanda;
non facciamo copia/incolla del titolo dellarticolo dal tag <title>;
queste due informazioni compaiono in punti diversi, in momenti in cui
la persona, cognitivamente, in stadi diversi: il tag <title> compare
anche nella SERP dove la persona deve scegliere a chi dare il suo clic,
il titolo <h1> compare nella pagina dove, invece, la persona deve essere
convinta a non tornare indietro.
Contenuti
Anche il corpo del testo, naturalmente, unoccasione ghiotta per
considerare delle parole chiave strategiche affinch Google comprenda in
maniera molto chiara qual largomento trattato nella pagina.
In particolare il corpo del testo lopportunit pi comoda per
contemplare anche termini semanticamente vicini, quelle che nei capitoli
precedenti abbiamo chiamato parole chiave correlate; servono per
attribuire una certa naturalezza al testo e rendere tranquillo Google del fatto
che tale contenuto stato scritto per un altro essere umano e non per i suoi
spider.
In particolare approfondiamo tre aspetti legati ai contenuti testuali in
pagina: la ripetizione, il grassetto, la keyword density (ovvero il numero di
volte, in percentuale, che una parola chiave ripetuta nel computo totale dei
termini che compongono il testo).
Andiamo con ordine.
Met del cervello di Google molto raffinata, ma laltra met,
diciamo, lo meno; questo per introdurre laspetto che, anche se
abbiamo descritto Google come un motore di ricerca sempre pi
intelligente e intuitivo, effettivamente dobbiamo continuare a dargli
una mano - soprattutto alla seconda met del suo cervello - a
comprendere largomento trattato ripetendo le parole chiave pi
importanti in ottica SEO. Di solito la domanda che segue : quante
volte? E la naturale risposta : dipende. Sicuramente dipende dalla
lunghezza complessiva, il suggerimento di non scendere sotto le due
o tre ripetizioni (si tratta di una linea guida molto generica) ma la
prova del nove la si ottiene facendo leggere il testo a unaltra persona:
se il giudizio non di un testo eccessivamente pesante (perch dei
termini sono troppo ripetuti) allora abbiamo centrato lobiettivo.
Nella SEO tutti i fattori hanno un peso, alcuni maggiore altri minore,
ma tutti contano. E anche se alcuni di essi hanno un peso effimero e
sono pure un fattore che suona vecchio - perch c dalla notte dei
tempi - ha senso dedicarci un pizzico di risorse. Un approccio valido
il bilanciamento tra costo e beneficio: anche se il beneficio
minuscolo, il costo prossimo allo zero quindi lattivit ha -
algebricamente - senso. Questo per dire: utilizziamo pure i grassetti.
Anche se il tema della keyword density legato a doppia - tripla -
mandata con il concetto di ripetizione, isoliamo questo punto per
dedicarci due righe: ancora oggi si leggono guide SEO che dicono una
cosa del tipo Se raggiungiamo una keyword density pari a X,Y%
allora abbiamo fatto bingo e raggiungeremo le prime posizioni su
Google. un pizzico pi complesso di cos! La keyword density non
va vista come un risultato da raggiungere, bens come una cosa dalla
quale prendere le distanze. Se il giudizio della persona alla quale
abbiamo fatto leggere il nostro testo di uneccessiva pesantezza,
sappiamo che ci stiamo pericolosamente avvicinando a una keyword
density che potrebbe far scattare qualche antenna in Google: meglio
girarci al largo.
Anche i contenuti multimediali (immagini, video, PDF, infografiche)
possono, anzi devono essere oggetto di ottimizzazione SEO; affronteremo il
tema nel Capitolo 7.

Contenuti generati dagli utenti


Alcuni contesti potrebbero prevedere che una pagina web ospiti dei
contenuti generati dagli utenti; i primi che possono venire in mente sono le
recensioni (ai prodotti come nel caso di Amazon, alle esperienze come nel
caso di Booking) e i commenti (si pensi ai blog).
In linea di principio sono un elemento positivo perch:
mantengono fresco e aggiornato il contenuto;
(se in linea con largomento) amplificano lo spettro di parole chiave, a
tema, che Google associa al documento;
forniscono ispirazione per la creazione di nuovi contenuti da inserire
nel piano editoriale.
Bisogna per non perdere di vista il fenomeno perch potrebbero celarsi
dei pericoli:
commenti fuori argomento potrebbero spostare il focus tematico che
Google ha associato alla nostra pagina (anche se non bastano un paio
di commenti);
i commenti potrebbero contenere dei link a risorse che Google non
vede di buon occhio; qualora uno schema di questo tipo dovesse
diventare realt (cio che sul nostro sito siano attivi link verso siti
spam) non passer molto prima che Google ci etichetti alla stessa
maniera.

Contenuti duplicati (interni)


C molta confusione sulla questione dei contenuti duplicati; in parte
giustificata dal fatto che Google, fino a poco tempo fa, non aveva rilasciato
una dichiarazione chiara.
A ogni modo gli approfondimenti pi interessanti sono rispetto al tema
dei contenuti duplicati esterni, ai quali abbiamo dedicato un paragrafo nel
Capitolo 6. Con questo paragrafo, invece, chiariamo definitivamente un
problema che, in realt, non un problema, piuttosto una possibile criticit.
molto frequente che un sito web presenti dei contenuti duplicati interni,
ovvero pezzi di contenuto che sono disponibili in corrispondenza di pi
URL; pensiamo allabstract dellultimo articolo pubblicato nel nostro blog:
questo comparir nella home page, in corrispondenza del suo URL quando
leggiamo larticolo, nellarchivio temporale, nella categoria di riferimento.
Insomma, un abstract disponibile in almeno quattro URL: contenuto
duplicato interno.
Di nuovo, un fenomeno molto frequente e Google non applica una
penalizzazione in tal senso; solo siamo noi stessi a metterlo in difficolt
rispetto a quale pagina - quale dei quattro URL, per tornare allesempio -
dovrebbe suggerire alle persone quando queste compiono una ricerca.
Sempre ancorandosi allesempio, se una persona cerca un
approfondimento che abbiamo esploso nellarticolo, chiaro che la nostra
preferenza che Google suggerisca direttamente larticolo; se per non lo
mettiamo nelle condizioni di comprendere, questo potrebbe non succedere
portando Google, magari, a suggerire larchivio temporale dove
quellarticolo contenuto.
La stessa logica pu avvenire in un e-commerce, in particolare nella
scheda prodotto e nella pagina di categoria con, rispettivamente, le varianti
di prodotto o i criteri di visualizzazione dei vari prodotti: si tratta di URL
diversi che presentano pezzi di contenuto molto, molto simili; Google
potrebbe avere difficolt a comprendere quale dei diversi URL il
canonico, quello che dovrebbe suggerire come principale.
Per chiudere, dobbiamo preoccuparci di non distribuire su troppi URL gli
stessi pezzi di contenuto, non tanto nellottica di tutelarci da eventuali
penalizzazione, bens per mettere nelle condizioni Google di comprendere
qual la pagina migliore da suggerire al potenziale cliente, rendendo quindi
pi agevole la strada che porta tale persona alla conversione.

URL
LURL - Uniform Resource Locator - un altro fattore SEO storico: fin
dalle prime linee guida si suggerito di contemplare dei termini di ricerca
allinterno dellURL stesso. Il suggerimento non cambiato nel tempo e la
prima soluzione della Figura 4.14 meglio della seconda.

Figura 4.14 Comparazione tra un URL ottimizzato in ottica SEO e uno parametrico, non
ottimizzato. La prima la soluzione migliore.
Addirittura lURL ottimizzato nella Figura 4.14 potrebbe essere
ulteriormente raffinato eliminando larticolo un e facendola quindi diventare
, poich un considerata una stop word.
/come-scegliere-agenzia-seo

Ulteriori spunti per convincerci ad adottare URL ottimizzati e non


parametrici:
danno alla persona unidea di dove il contenuto si trova allinterno
dellarchitettura informativa (spesso, infatti, gli URL coincidono con il
percorso che si deve compiere per risalire al contenuto);
gli URL possono essere distribuiti anche in situazioni offline
(televisione, radio, volantini) per cui contemplare delle parole chiave
di senso compiuto e - importante - comporre qualcosa di corto (in
termini di numero di caratteri) potrebbe rendere pi semplice
memorizzare lURL stesso;
quando accediamo a Google Analytics, se vediamo un report come
quello in Figura 4.15, non dovremo accedere a ogni singolo contenuto
per capire, in realt, di quale articolo del blog si trattava.
Figura 4.15 Un report di Google Analytics che evidenzia i contenuti di un blog; aver
ottimizzato gli URL rende pi snella anche lattivit di analisi dei dati perch non siamo
costretti ad accedere a ogni singolo URL per capire di quale contenuto si tratta.

Migrazione
Se il paragrafo sullottimizzazione degli URL ci ha fatto venir voglia di
riscriverli e ottimizzarle; fermiamoci un secondo, prima di combinare un
disastro.
Lassociazione che Google fa tra URL e contenuto molto stretta: quella
pagina disponibile a quellindirizzo (un po come delle coordinate
satellitari: molto, molto dettagliate e precise) e basta.
Quando modifichiamo un URL, in sostanza ne stiamo generando una
nuova; il contesto dicotomico: non c un URL simile, o uguale oppure
diverso. diverso quindi anche se cambiamo un singolo simbolo,
figuriamoci quando passiamo da un URL parametrico a uno non
parametrico e ottimizzato in ottica SEO.
Quando ottimizziamo un URL e ci limitiamo a riscrivere quello
parametrico, succedono alcune cose:
il vecchio URL non sar pi disponibile. Non lo sar per Google
(che quando prover ad accedervi ricever, in risposta, un errore 404)
ma anche per una persona che potrebbe trovare, magari in qualche
vecchio post di un blog, un link allarticolo il cui URL abbiamo
appena riscritto;
il nuovo URL sar, appunto, nuovo; ma lo sar anche agli occhi di
Google per cui andr a perdere tutto quello che ha guadagnato in ottica
SEO nel tempo. E questo pericolosissimo (Figura 4.16).

Figura 4.16 Il grafico del traffico di un sito web che non ha gestito opportunamente una
migrazione.

Quindi cosa bisogna fare? Bisogna notificare a Google che il contenuto


prima disponibile a un certo URL ora disponibile presso un altro URL. E
dobbiamo preoccuparci che quando Google cercher di accedere al vecchio
URL il nostro server restituisca un messaggio del tipo: Il contenuto stato
rediretto permanentemente su questaltro URL; si tratta del
reindirizzamento di tipo 301, di tipo permanente, appunto.
A seconda della tecnologia di sviluppo adottata (PHP, ASP ecc.), il
messaggio pu essere composto diversamente; a titolo di esempio
immaginiamo di essere in ambiente Linux (quindi con PHP disponibile) e di
poter disporre del file .htaccess dove, tra le altre cose, si imputano le regole
di reindirizzamento (Figura 4.17).

Figura 4.17 Le due modalit tramite le quali codificare un reindirizzamento di tipo 301 se si
ha disponibilit del file .htaccess.

Un dettaglio da osservare, per comprendere meglio il funzionamento:


mentre lURL di origine pu essere richiamato solo dal simbolo / in poi
(poich il dominio scontato, in quanto il file .htaccess risiede nel sito web),
lURL di destinazione deve essere interamente esplicitato poich potremmo
essere nel caso di un cambio di dominio, per esempio da www.miosito.it a
www.tuosito.it (in MOCA ci successo quando abbiamo gestito la
migrazione del portale della Regione Trentino: da www.trentino.to a
www.visittrentino.it ).
Perch importante restituire questo tipo di avviso? Perch Google lo
interpreter nella maniera migliore lato SEO: alla stregua di un passaggio di
testimone; tutto quello che il vecchio URL ha guadagnato in termini di
visibilit verr trasferito alla nuova.
Se la migrazione fatta bene e avviene con successo, dal grafico del
traffico in entrata non si arriver a notare quando, effettivamente, la
migrazione avvenuta.
E quanto tempo ci vorr affinch Google digerisca questa fase? La
risposta - data dallesperienza acquisita con diverse migrazioni - :
direttamente proporzionale a quante volte Google scansiona i nostri
contenuti; se viene a farci visita spesso - pi volte al giorno, magari, per
verificare la disponibilit di nuovi contenuti - allora spesso ricever questa
notifica e quanto prima anche nelle SERP compariranno i nuovi URL al
posto di quelli vecchi.
Quando attrezzarsi con la migrazione? importante prepararsi prima,
perch lo storico delle informazioni che la comunit SEO ha a disposizione
ci insegna che dopo una non disponibilit anche solo di pochi giorni
(perch, magari, siamo in ritardo e i 301 non sono pronti subito) anche se si
torner a galla, non lo si far con i toni di prima.
Quando la migrazione potrebbe essere necessaria? I cambi di URL
possono sorgere, tipicamente, nelle seguenti situazioni:
1. ottimizzazione lato SEO (come raccontato fino a ora);
2. restyling di un sito web con annessa ristrutturazione dellarchitettura
informativa;
3. razionalizzazione dei contenuti, intesa come leliminazione di pagine e
sezioni di contenuto;
4. passaggio a un CMS diverso da quello in uso (per esempio da Joomla
a Wordpress);
5. passaggio da HTTP a HTTPS;
6. cambio di dominio;
7. cambio di TLD (per esempio da www.miosito.it a www.miosito.com).

NOTA
Nei casi numero 2 e 3 del precedente elenco, i contenuti del nuovo URL potrebbero
non corrispondere esattamente con quelli del vecchio URL. La ragione che siamo di
fronte a uno scenario in cui alcune pagine non vengono pi previste. Per ambire a
mantenere anche la visibilit associata a queste pagine che spariranno, importante
che il nuovo URL e i nuovi contenuti siamo semanticamente vicini. Qualora dovessero
essere lontani a livello di argomento, in prima istanza Google sostituir nelle SERP
lURL vecchio con il nuovo, ma dopo poco la visibilit di quella nuova inizier a
diminuire in quanto, in termini di contenuto, non completamente rispondente con la
domanda, la ricerca effettuata dalla persona.
Fattori esterni
linsieme di fattori che, nel tempo, diventato via via pi importante,
perch pi in grado di aderire a un concetto di meritocrazia: la logica vuole
che un sito autorevole riesca a guadagnare nel tempo delle menzioni - dei
backlink - da altri siti web, magari anchessi autorevoli.
Sono anche i fattori pi difficilmente manipolabili - anche se alcune
manovre in questa direzione si possono fare - e quelli che pi si avvicinano
al concetto di reputazione: un aspetto centrale nel Google di oggi, ma
soprattutto in quello di domani.

Pensare alla link building out of the box


La link building un argomento molto vasto e pu essere affrontato da
tanti punti di vista.
Come se non bastasse, seppur i link in ingresso siano comunemente
riconosciuti come un fattore dellalgoritmo in grado di incidere
positivamente e negativamente sul posizionamento di un sito, largomento
talmente delicato che le dichiarazioni ufficiali di Google sono storicamente
sporadiche e parziali.
Questo scenario nebuloso si presta facilmente alle cosiddette
chiacchiere da bar fra addetti ai lavori e non, dove chiunque pu dire la
sua e difficilmente essere smentito. Il rischio, ben pi grave rispetto alle
speculazioni fra colleghi, quello di associare cambiamenti di
posizionamento a link acquisiti o persi senza esserne davvero sicuri.
Ecco perch dipende una parola molto usata dai SEO con pi
esperienza e odiata da quelli pi giovani che, smaniosi, vorrebbero imparare
in modo sequenziale una serie di attivit da mettere in pratica sul lavoro.
Nel caso della link building, quello che possiamo fare per allontanarci da
questo rischio : testare, informarci o affidarci allesperienza. Purtroppo,
non ci sono ore sufficienti in una giornata per curare bene tutti questi tre
aspetti.

Affidarsi al pensiero critico e ai dati di fatto


Dato di fatto numero uno: il tag <a> esiste dal 1991, dalla prima versione
di HTML, prima ancora del W3C (un consorzio nato nellottobre del 1994
per portare il World Wide Web alla sua massima potenzialit definendo
protocolli comuni con la finalit di promuoverne levoluzione garantendo
linteroperabilit, fonte: https://goo.gl/l9mFTR). Non mai esistita
unalternativa, un calo di utilizzo o un surrogato del tag <a>. Il tag <a> un
tag importantissimo.
Dato di fatto numero due: il Web esiste perch esistono i link. Lo spider
di Google, tagliando i concetti con laccetta, si muove da un sito allaltro
attraverso i link. Una delle mission di Google Bot quella di scovare e
indicizzare nuove pagine e questo pu avvenire solo in presenza di un link
in uscita da un sito verso un altro.
Fatto numero tre: i link sono alla base del primo e pi famoso algoritmo
core di Google: Pagerank.
Dal 1998, e per molti anni dopo, Pagerank stato la parte pi
importante dellalgoritmo di posizionamento di Google. La logica di
Pagerank era mutuata dal mondo delle pubblicazioni scientifiche: se in
molte pubblicazioni scientifiche riguardanti un determinato argomento
ricorreva la citazione alla fonte A, allora la fonte A era pi autorevole delle
altre. Cos Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Google, immaginarono
che se un sito riceveva molti link doveva essere molto importante.
Fatto numero quattro: i link devono essere visibili, riconoscibili (non
mascherati nel testo) e oggetto di clic da parte delle persone. Se qualcuno fa
clic sul link, abbiamo come effetto collaterale una visita da referral segnata
sul Google Analytics del nostro sito web, come dire: Google ora sa che c
un link utile per le persone.
Il valore di un link
Il valore del link, naturalmente, ha anche una connotazione algoritmica e
sono diversi gli elementi che concorrono a determinare questo valore.
Insomma, i link non sono tutti uguali: c link e link.
Vediamo di seguito le caratteristiche - che conosciamo - che aiutano a
determinare quanto un link pu essere in grado, o meno, di far passare
dellautorevolezza dalla risorsa A alla risorsa B.
La forma: pu trattarsi di un link testuale o, per esempio, sotto forma
di immagine (quello che, spesso, si trova sotto i loghi). La forma
testuale, poich mette Google nelle condizioni di meglio comprendere
il contesto, quella in grado di determinare pi valore del link.
Lncora, ovvero quella parte del link che viene stampata a video
(Figura 4.18): se vi sono contenute delle parole chiave (magari in
ottica SEO) meglio; ma attenzione a non esagerare con le ncore e a
creare un contesto poco naturale e attenzione anche a non dare troppo
valore al fatto che nellncora compaia il brand ( un elemento, magari
non rendicontabile, ma importante per la strategia a lungo periodo).

Figura 4.18 Un link visualizzato nella forma del suo codice sorgente in HTML (fonte:
https://moz.com/beginners-guide-to-link-building).

LURL e lattributo <title>: se contengono delle parole chiave, Google


riuscir a contestualizzare meglio e ad attribuire maggiore valore a
quel link.
Il grado di autorevolezza della pagina A: pi autorevole e pi la
risorsa B ne giover in termini di visibilit.
Viene analizzato anche il testo che, immediatamente, precede e segue
il link; considerare delle parole chiave anche in questo punto
assolutamente strategico.
La coerenza semantica (e linguistica) tra le due risorse collegate da un
link: se trattano lo stesso tema o temi affini, allora maggior valore sar
riconosciuto al link; se invece si tratta di argomenti distanti, potrebbe
non essere preso in considerazione oppure, addirittura, considerato
come elemento sospetto per individuare uno schema artificiale di link
(e quindi, potenzialmente, far scattare una penalizzazione).
La posizione del link allinterno della pagina e del sito web: in tutte
le pagine (magari nel pie di pagina)? in una lista in mezzo ad altri
link? Sicuramente non varr quanto un link pensato per le persone che
leggono il contenuto e inserito nel bel mezzo, appunto, del contenuto
stesso.

I link sono importanti, ma cosa comporta


(tentare di) manipolare questo segnale?
Link building sostanzialmente significa costruire (del tutto o
parzialmente) in modo artificioso il profilo link di un sito. Perch farlo?
Per spiegare i motivi per cui fare link building una metafora molto
utilizzata quella del doping. Ricorrere a sostanze dopanti nello sport
significa cercare di influenzare le performance atletiche con luso di
sostanze. Ugualmente la link building ha uno solo fine: tentare di
influenzare il posizionamento su Google, che avviene normalmente su base
meritocratica, in modo artificiale.
La lotta al doping sportivo avviene attraverso un elenco di farmaci
proibiti e regolamenti sportivi che specificano i tipi e le dosi dei farmaci
consentiti. Se i valori presenti nel sangue dello sportivo rientrano nei limiti
stabiliti dalla federazione non doping, se uno dei valori supera il limite
consentito doping. Molti atleti, professionisti e non, affiancano
allallenamento delle cure di questo tipo. I regolamenti non lo vietano, ma
impongono dei limiti.
Nella link building avviene qualcosa di simile, sotto tre punti di vista.
In primo luogo il doping, da solo, non fa vincere nessuna gara.
Prendiamo un atleta molto allenato, dotato e preparato e uno della stessa
categoria, ma poco in forma e facente uso di sostanze dopanti, la loro gara
gi segnata comunque, vincer latleta che si preparato meglio alla gara.
Punto. Con Google funziona allo stesso modo: molto difficile (ma non
impossibile, ricordi? Dipende!) che se il nostro sito autorevole e
ottimizzato, il pessimo sito del competitor riesca a sovvertire questi valori
solo con la link building.
In secondo luogo i controlli anti-doping si intensificano nelle
competizioni importanti. Allo stesso modo potremmo fare link building per
anni in settori poco competitivi senza richiamare lattenzione del giudice
Google e potremmo essere penalizzati per pochi link sospetti in settori
altamente competitivi. La parola penalty che noi italiani traduciamo come
penalizzazione, pu significare anche punizione, punizione ha un senso
educativo disciplinare. Disciplina e sport vanno a braccetto.
Punto terzo, i limiti variano nel tempo. Nello sport pu avvenire che cure
oggi non consentite fossero accettare qualche anno fa. Per Google avviene
la stessa cosa, il giro di vite pu avvenire in qualsiasi momento, o perch gli
algoritmi si affinano o semplicemente perch il Web sta cambiando.

Tre cose sulla link building di oggi


Ecco tre scenari che caratterizzano il Web oggi e che hanno una ricaduta
nel modo di creare link tra risorse e citarle.

Il tempo
Per tanti anni noi teoreti della link building abbiamo cercato di astrarre le
buone norme per camuffare un link commissionato o comprato e renderlo
pi simile possibile a un link spontaneo. Si passati da banali scambi
reciproci di link, piazzati nel pie di pagina o nella pagina Amici, a link
mimetizzati nel testo, con ancore colloquiali messe vicino a parole chiave
rilevanti e chi pi ne ha pi ne metta.
Fra le tante sfaccettature prese in considerazione c anche il tempo.
Un link, secondo la teoria, aveva pi valenza se proveniva da un sito
online da molti anni (chiaro segnale di autorit), lo stesso dicasi per la
pagina del sito su cui veniva pubblicato il link sintetico, se era online da
molto tempo: meglio.
Stesso discorso per il link, quanti pi anni restava online maggiore era la
sua efficacia, almeno secondo quelle che erano le nostre convinzioni
comunemente accettate.
Pianificando una campagna di link building, si teneva in considerazione
qual era la frequenza con cui il sito target acquisiva link in modo spontaneo.
Andando a manipolare il profilo link del sito si cercava di migliorare la
qualit dei link, ma anche e soprattutto la quantit, sempre rispettando la
curva di acquisizione naturale, cercando di non causare unimpennata
innaturale che di sicuro sarebbe stata sospetta e degna di attenzioni di un
quality rater.
Oggi il Web va al contrario, cos facile e frequente che gli utenti
attivino un account su una piattaforma online e comincino a condividere
contenuti e link che la freschezza e il real-time appaiono importanti quanto
lanzianit di un link, se non di pi.

Le citazioni
Una volta cerano i blog.
Oggi sembra una cosa antiquata, se abbiamo fatto una bella foto la
condividiamo su Instagram, un video su YouTube, una bella citazione su
Facebook, i motivi per aprire un blog personale sono diminuiti.
Le conversazioni e il classico passaparola, hanno trovato il modo di finire
online, questo fa s che le menzioni, anche non supportate da un link, siano
un segnale di popolarit.
comunemente diffusa lopinione, fra noi addetti ai lavori che quattro
citazioni, del brand o dellURL senza che ci sia un tag <a> attivo,
equivalgano a un link.
Lo stesso si pu dire dei link pubblicati sui social media: anche se
sterilizzati dellattributo nofollow (ci ritorneremo nel Capitolo 5), sono
importanti.

Le ricerche di brand
Da ottobre 2016 il traffico mobile ha superato quello desktop e la
navigazione sempre pi frammentata in tanti momenti diversi, Google li
chiama micromoment.
I micromomenti non sono altro che la segmentazione del processo di
acquisto/scelta che una volta avveniva in poche sessioni di navigazione e
oggi in molte di pi, in momenti, tempi e luoghi diversi.
Questa frammentazione fa s che, dati Google alla mano, il 48% completi
lacquisto dopo aver compiuto ricerche con un brand specificato nella
query. Anche questo un chiaro segnale di popolarit per Google.
A ben pensarci possiamo considerare gli smartphone come dei ponti fra
uno stimolo offline e un approfondimento online. Oggi molto pi facile
che un prodotto/brand molto noto e pubblicizzato offline abbia tante
ricerche di brand, potremmo quasi dire che Google riesca a percepire la
popolarit di un brand offline.
Un esempio? Le pubblicit in televisione di Trivago puntano da anni a
stimolare la ricerca online, affinch i telespettatori diventino utenti che
arrivano al sito di Trivago attraverso una ricerca su Google, pilotata dallo
stimolo offline.

Consigli pratici
Il consiglio quello di capire che genere di SEO vogliamo applicare,
quanto pulito vogliamo giocare. Ricordiamoci che giocare pulito significa
avere un orizzonte a medio e lungo termine, tecniche pi spinte possono
portare a risultati veloci, ma non sempre durevoli.
Se il settore in cui stiamo operando competitivo e il sito molto
trafficato, mantenere pulito il profilo di link del sito pi determinante che
acquisire nuovi link artificiali.
Viviamo un momento storico in cui Google scarta parecchi link, ovvero
nota che un sito ha acquisito dei link ma, nel dubbio, sceglie di non tenerne
considerazione.
Vale sia per il nostro sito che per quello dei concorrenti, quindi in uno
scenario livellato in basso, meglio mantenere il rapporto a favore della
qualit piuttosto che alzare il numero dei link.
Esistono tanti strumenti per tenere sotto controllo il profilo link di un sito
tra cui Majestic.com e SEOzoom. Una volta individuati dei link che
sporcano il profilo link del nostro sito possiamo rifiutarli attraverso il
Disavow Links Tool di Google.
Il nostro compito in alcuni ambiti rimuovere link e far emergere un
buon profilo di link.
Cerchiamo di vedere la link building in modo diverso, chiediamoci: cosa
possiamo fare offline e online per meritarci dei link?
Qualsiasi strategia si decida di attuare, lasciamo che sia il copywriter a
stabilire su quali parole attivare il link. Se un buon copy e se non
passato sotto le mani di un addetto SEO estremista sceglier lncora pi
utile per il lettore e quindi anche per Google.

Due tecniche in particolare


Dedichiamo un piccolo approfondimento a due tecniche che richiedono
tempo e impegno, ma sono facilmente applicabili. Non si tratta delle due
migliori tecniche, ma sicuramente di un buon punto di partenza.
La prima lanalisi dei competitor.
La Rete piena di strumenti che consentono di rilevare da dove i nostri
competitor ricevono backlink; una volta ricavato lelenco dei siti su cui
sono presenti link ai nostri concorrenti (ma non a noi), la domanda che
dobbiamo porci : perch? e quindi cosa possiamo fare per cambiare
questa situazione?.
Molto spesso sufficiente far presente della nostra esistenza per
giustificare la menzione; se ci occupassimo di SEO per un ristorante a
Treviso, dovremmo andare a cercare articoli del genere I migliori ristoranti
di carne a Treviso, Ristoranti per vegetariani a Treviso e fare presente
dellesistenza del ristorante per il quale lavoriamo che meriterebbe di essere
menzionato per arricchire ulteriormente questi contributi scovati in Rete.
Un caso concreto, lavorando su MOCA. Partendo da uno dei nostri
competitor abbiamo trovato un sito che menzionava delle agenzie, ma non
MOCA. Ora c la fase delicata: la richiesta (Figura 4.19).

Figura 4.19 Esempio reale di una richiesta via email atta a ottenere un backlink. (Per la
cronaca, la richiesta in quel caso andata a buon fine.)
Alcune linee guida che dobbiamo cercare di non perdere mai di vista in
questo passaggio:
presentarsi;
far presente perch si scrive;
la cortesia fondamentale;
non chiedere al destinatario di fare troppe cose (rendergli la vita
facile);
essere rispettosi del fatto che ci stiamo riferendo a un contenuto altrui;
mettere le mani avanti accettando il rifiuto.
La seconda tecnica, anche se oggetto di discussione nella comunit
SEO rispetto alla sua efficacia (soprattutto guardando al futuro), il guest
posting, ovvero offrire dei contenuti unici e di valore a un altro sito/blog in
cambio di un link, verso lautore o una sua risorsa, allinterno del contenuto
stesso. A maggio 2017 potremmo essere inciampati sul comunicato ufficiale
di Google (disponibile qui: https://goo.gl/6Uy47u) che alza il grado di
attenzione attorno anche a questa pratica. Come succede - troppo - spesso,
si fatto un gran parlare di questa notizia arrivando, per, a descrivere
anche dei titoli sensazionali, del tipo fare guest posting non si pu pi fare
perch Google ti penalizza. Ancora una volta, sbagliato. Il comunicato
dice che anche questa tecnica pu portare una penalizzazione se lapproccio
quello di scalare le SERP e basta, senza portare del valore; quando
lintento quello, il modus operandi facilmente individuabile: quel
contenuto prodotto per terzi inizier a essere pubblicato pi e pi volte in
siti dal valore aggiunto variabile. Se invece il tentativo quello di
ottenere visibilit in cambio di valore, lapproccio sar diverso e ci sar, per
esempio, una selezione pi curata dei siti a cui offrire il contenuto.
Quindi, oltre che la generazione del contenuto di valore, strategica
anche la selezione del sito/blog presso il quale chiedere ospitalit:
la prima condizione che i lettori di questo sito dovrebbero essere
nostri potenziali clienti;
poi che il sito sia semanticamente in linea con gli argomenti da noi
trattati;
se si tratta di un blog, una frequenza troppo elevata potrebbe far finire
il nostro contributo a pagina 2, 3, 4 in pochi giorni;
la presenza di una newsletter (con tanti iscritti) e di profili sui social
network (con tanti follower) dove il proprietario del sito web solito
ricondividere gli articoli pubblicati un segnale positivo.
Una volta pubblicato il guest post, anche noi con i nostri asset
(newsletter, profili sui social network) dovremo cercare di fornire visibilit
al medesimo.
Nella Figura 4.20 un esempio di guest posting ottenuto da MOCA,
tramite la figura di Rosario Toscano, e ospitato presso il TagliaBlog, un
blog molto autorevole nella comunit SEO e del web marketing in generale
in Italia.
A prescindere dalla tecnica adottata, ecco tre suggerimenti legati
allattivit di link building.
bene puntare ad ampliare il numero di fonti che ci raggiungono
tramite link; un nuovo link da una fonte gi nota un segnale positivo,
ma un link da una nuova fonte autorevole e semanticamente rilevante
un segnale migliore.
Ricordiamoci che, fisiologicamente, la home page la pagina che
guadagner pi backlink; siccome a lei ci pensano gli altri, noi
preoccupiamoci di ottenere dei backlink da indirizzare alle pagine
interne, alle fondamenta del nostro sito web.
Non dimentichiamoci che se abbiamo dei contenuti che hanno
funzionato in passato li possiamo sempre riprendere, aggiornare e
rilanciare online nella speranza che il successo si ripeta.
Figura 4.20 Esempio reale di guest post sul Tagliablog; da notare la chiusura del post che
contiene un link a una pagina del sito di MOCA che tratta il medesimo argomento: la CRO.

Una SEO senza backlink?


Si tratta di un sospetto, una domanda che aleggia da un po nella
comunit SEO. Non c una risposta a questo punto, per ci dedichiamo
qualche riga perch potrebbe - il condizionale dobbligo - rappresentare
uno scenario futuro. Partiamo da questi due assunti:
l fuori pieno di persone che ambiscono a ottenere il massimo della
resa con il minimo della spesa (anche nella SEO);
i backlink rappresentano un elemento molto importante dellalgoritmo.
Se nella SEO vogliamo ottenere molto in poco tempo e con poco
impegno - s, ci stiamo avvicinando allemisfero dello spam - sicuramente
lambito di sviluppo quello dei backlink: ottenere tanti link, di bassissimo
valore e di facile acquisizione. Anche andando nella direzione di creare
della spazzatura che alle persone non serve, anzi, quasi inquina
lecosistema. E questo gi succede. Tutti i giorni.
In Google hanno istituito il web spam team per tenere lattenzione alta
sul problema dello spam e preoccuparsi di tenere le SERP sempre pulite.
Siccome a oggi i backlink rappresentano il fianco scoperto di Google,
stanno succedendo due cose:
in molti stanno cercando di colpire l per ottenere con poco sforzo le
prime posizioni delle pagine dei risultati;
Google si mette nelle condizioni di difendersi, anche passando al
contrattacco a volte (sono celebri alcune penalizzazioni a brand
autorevoli che sembravano quasi voler dare un forte segnale alla
comunit prendendo a esempio un brand molto noto).
Quindi la domanda che aleggia - ci sar mai una SEO senza backlink? -
tutto sommato ha senso. Ed confermata dal fatto che un altro motore di
ricerca (Yandex, il principale motore di ricerca russo) ha fatto un tentativo -
fallito - proprio in questa direzione.
Inoltre la sempre maggiore diffusione del mobile si porta dietro una pi
scarsa produzione di contenuti (se togliamo i social network, quando e dove
abbiamo pubblicato qualcosa online da smartphone?) e la conseguente
riduzione di link tra le risorse. Insomma, un trittico di considerazioni:
il mobile rende pi scomoda la creazione di contenuti e link;
molto spam lo si fa per ottenere backlink;
i backlink rappresentano - anche - una spina sul fianco di Google.
Immaginare un algoritmo che riesca a codificare la popolarit e
autorevolezza di un sito web andando oltre i link effettivamente uno
scenario quasi fantascientifico ma, magari, non cos distante da un futuro
prossimo.
Questa riflessione sposta ancor di pi lattenzione sul percorrere strategie
di lungo periodo che puntino a far conoscere il brand allinterno della
nicchia di clienti e potenziali tali.

Le due regole sacre


Chiudiamo con due regole sacre (ma personalissime) mediante le quali
rispondere a tutte le domande circa il valore del link (per esempio: Ma se
ho un blog parallelo e da l linko il sito principale, il link vale?).
Piuttosto di niente meglio piuttosto: un link un link, male che vada
varr pochissimo o avr un valore vicino allo zero, ma un link un
link e lo dobbiamo valutare anche in ottica di traffico e popolarit, non
solo in ottica SEO.
Il valore di un link direttamente proporzionale alla fatica che
abbiamo investito per ottenerlo: se stato facile, probabilmente nel
medio e lungo periodo non varr molto.
Capitolo 5
Indicizzazione

Esiste una storica confusione tra i termini indicizzazione e


posizionamento.
Mentre la seconda parola fa riferimento alle attivit da svolgere e alle
buone pratiche da applicare per incrementare il posizionamento (la
posizione) tra i risultati di ricerca allinterno di una SERP di Google, la
prima ha ben altro significato. Indicizzazione richiama il termine indice che
a sua volta sinonimo delle parole elenco e lista. Con indicizzazione si
intendono le attivit da eseguire affinch un sito e le sue pagine (URL)
finiscano nellelenco, nella lista di pagine che Google ha memorizzato, ha
archiviato. Essere indicizzati condizione indispensabile per poi ambire a
posizionarsi pi in alto possibile, per le parole chiave giuste. In altre parole,
non possiamo correre la maratona di New York se prima non ci siamo
iscritti e non abbiamo prenotato la pettorina.
La confusione tra i due termini spesso porta a delle domande - e
addirittura a delle richieste di preventivo - che altrettanto spesso vengono
accolte con il sorriso: Mi indicizzi meglio il sito web?.
In realt, per i pi precisi, la domanda non sbagliata, ma in questa fase,
sia pensando allinterlocutore che a questa introduzione, prendiamo come
buona esclusivamente la sfumatura ingenua e genuina del quesito. Lo
stesso, quindi, sbagliato.
Se ragioniamo a livello di singolo URL, lindicizzazione una
condizione dicotomica: o siamo indicizzati o non siamo indicizzati. Se
invece spostiamo lattenzione a livello di intero sito web, allora la domanda
lecita e pi avanti nel capitolo vedremo perch.
Ok, ma come si fa a essere indicizzati? Come possiamo indicare a
Google che abbiamo un nuovo sito web oppure che allo stesso abbiamo
aggiunto una pagina, un nuovo URL?
Prima di rispondere puntualmente teniamo in considerazione un aspetto
molto importante: una delle missioni principali di Google proprio quella
di scansionare il Web alla ricerca di nuovi URL, nuove risorse di valore.
Quindi molto facile essere indicizzati: dobbiamo solo evitare di non farci
trovare.
La maniera migliore di farci trovare ottenere un link da una pagina che
Google ha gi precedentemente indicizzato. Per comprendere se un URL
gi stato archiviato o meno da Google sufficiente fare copia/incolla nel
campo di ricerca del motore, come se stessimo svolgendo una ricerca
(Figura 5.1).

Figura 5.1 Per verificare se una pagina web stata indicizzata, sufficiente utilizzare il
relativo URL come una parola chiave nel campo di ricerca e poi accertarsi che il primo
risultato suggerito sia proprio tale pagina.

Concretamente, alcune strade possono essere:


pubblicare un rimando al nuovo URL nella home page (che gi in
indice) del nostro sito web;
pubblicare nei social network il link alla nostra nuova pagina;

NOTA
Evitiamo di utilizzare i social network solo in ottica SEO: quello che si pu ottenere da
quegli spazi sociali molto di pi che farsi indicizzare un URL da Google.

tenere una buona frequenza di pubblicazione di nuovi contenuti:


Google si metter alla finestra in attesa di nuovi URL, un po come gli
orsi che aspettano i salmoni che risalgono la corrente.
Solo per dovere di cronaca, esiste anche un form tramite il quale fare
richiesta di inclusione (Figura 5.2). Lo citiamo, ma non lo annoveriamo tra i
suggerimenti perch, a oggi, non si tratta sicuramente di uno dei metodi pi
veloci per ottenere lindicizzazione.
Una volta poteva avere una certa utilit perch, a differenza di oggi, circa
dieci anni fa potevano servire anche intere settimane per vedere la propria
pagina disponibile tra i risultati di ricerca di Google: oggi questione di
ore, se non di minuti in molti casi.

Figura 5.2 Il form di richiesta inclusione di un nuovo URL nellindice di Google:


https://goo.gl/d9BZkQ.

Ma se cos automatico che Google indicizzi nuovi contenuti, perch un


capitolo dedicato allindicizzazione? Principalmente per tre motivi:
per essere certi di facilitare comunque questo processo; tutto sommato
scrivere nuovi contenuti un mezzo per raggiungere un obiettivo pi
grande, che passa per Google, quindi non si pu perdere di vista
limportanza di un passaggio, comunque semplice, come quello
dellindicizzazione;
perch pu essere che noi si desideri di non indicizzare alcune parti del
nostro sito web;
perch non possiamo permetterci che il nostro sito web abbia dei
problemi che impediscono una fluida indicizzazione.
Protocollo Sitemap XML
Si tratta di un protocollo attorno al quale si sono allineati, dal 2006 in poi
(anche se il progetto stato presentato a giugno del 2005) i principali
motori di ricerca, tra cui, naturalmente, Google.
un progetto collaterale che non identifica un solo motore di ricerca ed
esiste un sito web ufficiale, disponibie allindirizzo: https://goo.gl/61BByC.
E ce ne serviamo per riportare la definizione di sitemap:
Le Sitemap consentono ai webmaster di indicare ai motori di ricerca le pagine dei loro siti
disponibili per la scansione. Nella sua forma pi semplice, una Sitemap un file XML
contenente gli URL di un sito insieme ai rispettivi metadati aggiuntivi (data dellultimo
aggiornamento, frequenza tipica delle modifiche, importanza rispetto agli altri URL del sito)
che consente ai motori di ricerca di eseguire la scansione del sito in modo pi efficiente.

Vediamo una versione semplice di sitemap.xml (Figura 5.3).

Figura 5.3 sitemap.xml: di fatto, lelenco puntuale - una versione molto piatta - degli URL
che compongono un sito web.

Dallo screenshot si possono identificare degli elementi e degli attributi:


<loc> indica lURL e <lastmod> indica la data di ultima modifica (questultimo
un attributo opzionale, non obbligatorio). Ci sono poi altri elementi:
per anticipare al motore di ricerca quella che sar la
<changefreq>

frequenza di aggiornamento, ovvero la disponibilit di nuovi contenuti


(attributo opzionale);
<priority> per esprimere, da 0.1 a 1.0, limportanza di quello specifico

URL rispetto al complessivo del sito web (attributo opzionale).


Non ci dedicheremo troppe righe in ottica SEO: un tempo si credeva alla
loro efficacia (soprattutto tramite lattributo <priority>) ma a livello di
complessit sembrava di essere tornati ai tempi del tag <meta> con valore
: troppo basilare, troppo semplice da manipolare. Inoltre una
keywords

dichiarazione ufficiale di John Muller, un esponente di Google, chiuse - era


maggio del 2015 - la questione: https://goo.gl/l7blyQ.
Ma perch un file cos semplice piace tanto a Google che, in parte,
progettato per scoprire nuovi URL? Perch gli fa risparmiare tempo.
Google, naturalmente, poi proceder alla scansione e allo studio del
singolo contenuto, ma poter disporre di un elenco di questo tipo gli
consente:
di non perdere per strada neanche un URL;
di avere, in prima battuta, una fotografia delle dimensioni, dal punto di
vista del numero degli URL, di un sito web.
Ad aprile 2007 stata aggiunta una linea guida alla storia del protocollo:
per trovare leventuale presenza di un file sitemap.xml (che non obbligatorio
ma rappresenta unopportunit), in prima battuta Google guarder a un altro
file di sistema: il file robots.txt (Figura 5.4).
Figura 5.4 Il protocollo Sitemap indica anche che Google cercher lindicazione del file
stesso nella prima riga di robots.txt (un altro file di sistema).

Per creare il file sitemap.xml ci sono alcune soluzioni online; tra le pi


citate e utilizzate dagli addetti SEO c XML-Sitemaps Genetor
(disponibile allindirizzo https://goo.gl/Qm5e7u). una buona soluzione anche
se ha due limiti:
non va oltre i 500 URL, quindi va bene per i siti web di medio-piccole
dimensioni;
lattributo <changefreq>, se specificato, esteso a tutti gli URL con il
medesimo valore quando, per fare le cose pi certosine, avrebbe senso
differenziarlo a livello di URL o gruppi di URL.
Se invece il sito web stato costruito con CMS sufficientemente diffusi
(per esempio Wordpress), esistono dei plugin in grado, con pochi clic, di
costruire un file sitemap.xml aggiornato e fedele alle linee guida.
Una volta creato il file sitemap.xml, e aggiunto anche al file robots.txt, per
essere ancora pi sicuri che Google lo scovi, possiamo utilizzare lapposita
funzione contenuta in Google Search Console che, ancora quando si
chiamava Google Webmaster Tool, era nato proprio per la gestione dei file
sitemap.xml (Figura 5.5).

Qualora dovessimo avere un sito web molto corposo, teniamo in


considerazione anche il fatto che possiamo creare pi file sitemap.xml -
magari per sezione o per lingua - e poi richiamarli tutti tramite un unico
file, sempre in formato XML, che fa da indice.
Anche perch il singolo file sitemap.xml ha dei limiti:

10 megabyte in termini di spazio;


50.000 URL riportati nel file.
Figura 5.5 Il repor dedicato al file sitemap.xml disponibile nello strumento Google Search
Console (fonte: https://goo.gl/ien2D8).
Crawl budget
Da un punto di vista aziendale - e non solo - lattivit di scansione del
Web rappresenta un costo per Google. chiaro quindi come una certa
attenzione venga posta allottimizzazione, alla massimizzazione della resa
di questi costi.
In termini di indicizzazione ne risulta che non a tutti i siti web vengono
destinate le stesse risorse; come se Google, per ciascuno dei nostri siti
web, avesse destinato uno specifico budget: il crawl budget.
Non spaventiamoci per:
se la nostra pagina viene indicizzata lo stesso giorno in cui viene
pubblicata, non abbiamo nessun problema di crawl budget;
idem se il nostro sito web non composto da migliaia di URL.
Se invece il nostro sito web bello grosso, allora ha senso sapere come
gestire questo budget: cosa far scansionare, quando e quante risorse del
server - del nostro server - destinare allattivit di scansione.
Ma perch anche noi dobbiamo porre attenzione a questo elemento?
Perch possiamo fare unassociazione logica non del tutto sbagliata: se
Google ci ha assegnato un budget alto, significa che i nostri contenuti gli
piacciono; significa, forse, che possiamo intuire la nostra reputazione -
algoritmica - ai suoi occhi?
Sono due gli aspetti che bene conoscere per ottimizzare il proprio crawl
budget.
Il primo il crawl rate limit, ovvero il numero di connessioni simultanee
che Google pu intrattenere con il nostro server; e pu essere modellato
secondo i seguenti due criteri.
La risposta del server: se veloce, allora Google prover a stabilire un
numero maggiore di connessioni, ma se scende, allora Google
rallenter, quindi si tratta di un valore che pu fluttuare nel tempo.
Eventuali limiti di scansione imputati dalladdetto SEO e/o dal
webmaster tramite Google Search Console (Figura 5.6).

Figura 5.6 Il report di Google Search Console tramite il quale impostare - eventualmente -
un limite di scansione per Googlebot, lo spider di Google.

Il secondo fattore il crawl demand, ovvero la necessit di Google di


fare delle richieste di scansione; anche in questo caso sussistono due criteri.
La popolarit dellURL: se molto popolare, allora anche Google
tender a eseguirne la scansione pi spesso.
Il rischio che la pagina diventi vecchia, stantia: Google tende a evitare
URL di questo tipo.
Se mettiamo assieme crawl rate limit e crawl demand, in pratica vengono
fuori gli URL del nostro sito che Google pu e vuole scansionare: il crawl
budget. E che, con una qualche approssimazione, possiamo vedere messo in
mostra tramite questaltro report di Google Search Console, quello che
descrive quante pagine - e quanti kilobyte - Google ha scansionato a livello
giornaliero (negli ultimi 90 giorni), oltre alla velocit che ha impiegato
(Figura 5.7).
Una maniera di ottimizzare il proprio crawl budget - anche se
ufficialmente non si tratta di un fattore di posizionamento - quella, anche,
di evitare i seguenti errori (fonte: https://goo.gl/63mVN7).

Riportare negli URL il parametro di sessione di navigazione (che


varia, appunto, per ogni sessione, anche se il contenuto dellURL
sempre quello).
Avere dei contenuti duplicati interni.
Pagine che restituiscono errori (per esempio 404 - Pagina non trovata).
Pagine hackerate o di bassa qualit (spam).
Pagine infinite: tanti URL, ma pochissimo contenuto per ciascuno di
essi (il calendario con il Mese successivo il classico esempio:
https://goo.gl/qCDKxL).

E sicuramente seguire le seguenti linee guida.


Scrivere contenuti unici e di valore che possano ambire a ottenere tanti
backlink.
Tenere una buona frequenza di pubblicazione.
Ottimizzare il peso (kilobyte) delle pagine web: pi leggere sono,
meglio .
Ottimizzare le performance della macchina (server) dove installato il
nostro sito web.
Figura 5.7 Il report di Google Search Console che descrive quante pagine e quanti kilobyte
Google ha scansionato, su base giornaliera, del nostro sito web (e quanto tempo cha
messo).
robots.txt (e meta name=robots)
robots.txt un file di sistema che Google, appena comincia la scansione
di un sito web, solitamente va a cercare (e che deve essere sempre collocato
nella radice del dominio, quindi il livello pi alto: per esempio
http://www.miosito.it/robots.txt - e funziona solo con la r minuscola). Questo

perch fa parte del protocollo REP, Robots Exclusion Protocol


(https://goo.gl/v72LWi) che d istruzioni ai motori di ricerca rispetto a come
dovrebbe procedere lattivit di scansione delle pagine.
Tradizionalmente nel file robots.txt sono scritte queste cose:

secondo il protocollo Sitemap.XML, la prima riga dovrebbe contenere


lURL del file sitemap.xml;
le richieste di non scansionare e rendere disponibili tra i risultati di
ricerca alcuni URL del sito web.
Un approfondimento sul secondo punto: non una modalit efficace per
non far scansionare tali pagine, forzando un po la natura di Google;
probabilmente il motore di ricerca andr ad analizzare immediatamente di
cosa si tratta. Laccortezza utile se preferiamo non rendere disponibili
nelle SERP alcune pagine (o varie tipologie di file, tipo PDF), ma fare
questo tipo di richiesta in corrispondenza del file robots.txt non ci dar la
garanzia che questo succeder con certezza. I comandi per procedere in tal
senso sono (Figura 5.8):
User-agent per indicare il destinatario del messaggio ovvero lo spider
che si vuole escludere;
Disallow per specificare lURL da escludere;

il carattere logico * significa tutti e pu essere applicato sia a User-


agent sia a Disallow.
Teniamo in considerazione che ci si pu riferire simultaneamente a pi
interlocutori (User-agent); la grammatica di questo file di testo vuole che per
cambiare destinatario sia sufficiente lasciare una riga vuota.

Figura 5.8 Le istruzioni che, solitamente, si ritrovano allinterno di un file robots.txt.

Esiste anche un report di Google Search Console il cui obiettivo


confermare, o meno, che Google legga i contenuti del file robots.txt
correttamente (Figura 5.9).
Figura 5.9 Il report di Google Search Console che mostra come i contenuti del file robots.txt
vengono rilevati da Google.

Da un punto di vista squisitamente SEO, teniamo in considerazione tre


aspetti.
1. Non commettiamo lerrore di bloccare delle risorse che non vogliamo
bloccare. Sono innumerevoli i casi di siti web che avevano problemi di
indicizzazione, ma che avevano anche unistruzione, nel file robots.txt,
scritta cos:
User-agent: *

Disallow:
queste due righe chiedono ai motori di ricerca di non scansionare
lintero sito web!
2. Se vogliamo bloccare totalmente un motore di ricerca, ricordiamoci
che il medesimo potrebbe avere pi spider (Google, per esempio, si
pu presentare come Googlebot, Googleblot-Image ecc.).
3. Un URL inserito nel robots.txt verr isolato - tagliato fuori - anche dal
flusso di autorevolezza SEO (SEO juice) che viene trasmesso da
pagina a pagina tramite i link (link equity).
Nel REP, Robots Exclusion Protocol, contemplato anche il tag <meta>
con attributo robots, un elemento HTML che si imputa direttamente nel
codice sorgente della singola pagina web (Figura 5.10) e che d istruzioni
rispetto a come quella pagina dovrebbe essere scansionata; ma come nel
caso del file robots.txt, ricordiamoci che il motore di ricerca non deve
obbligatoriamente seguire queste indicazioni.

Figura 5.10 Come si scrive e si compone il tag <meta> robots (fonte:


https://goo.gl/OID9OV).

La Figura 5.10 fa vedere due dei possibili parametri che possono essere
specificati, vediamone ancora altri ma quelli pi conosciuti e utilizzati.
noindex: non indicizzare la pagina;
nofollow : non considerare i link nella trasmissione di valore (juice) e per
la link equity;
none: ovvero noindex e nofollow assieme;

noarchive : per non rendere disponibile la copia cache che Google


archivia, nella SERP;
nocache: uguale a noarchive ma che funziona solo per Internet Explorer e

Firefox;
nosnippet : non mostrare parti della pagina nello snippet sulle SERP di
Google.
Valori che, invece, non ha proprio senso esplicitare da un punto di vista
SEO: index e follow. Letteralmente indicano che il motore di ricerca pu
scansionare la pagina e considerare validi, nel computo della link equity, in
link presenti nella medesima. Solo che trattandosi del comportamento per
definizione degli spider del motore di ricerca, non serve specificarlo.
Se desideriamo destinare le istruzioni solo a uno specifico motore di
ricerca, possiamo cambiare anche il destinatario modificando da <meta
a <meta name="googlebot" content="[PARAMETRO]">.
name="robots" content="[PARAMETRO]">
Architettura informativa
Se eseguissimo la radiografia di un sito web, probabilmente risulterebbe
una cosa di questo tipo (Figura 5.11).

Figura 5.11 Radiografia di un sito web.

Da un punto di indicizzazione sussiste una semplice indicazione quando


si disegna larchitettura informativa: non esagerare con il numero di livelli
di profondit e con i clic che lo spider, figurativamente, deve fare per
partire dalla home page e giungere allultima pagina (denominata foglia):
da due a tre va bene; da quattro a cinque gi un po oltre il limite (limite
ideale).
Solo che quando si disegna unarchitettura, la SEO e i motori di ricerca
sono solo una delle tre componenti che bene tenere in considerazione,
assieme a:
lusabilit e le persone che navigheranno il sito;
la conversione e il fatto che lobiettivo del sito - e dellarchitettura -
che una visita, a un certo punto, si deve trasformare in unazione.
Anche se pu sembrare ambizioso, per fortuna dare una risposta a tutti e
tre gli aspetti non complesso, infatti SEO e architettura informativa sono
accumunati dallo stesso obiettivo macro di essere trovati: la SEO fa s che il
contenuto venga trovato dalla persona nel motore di ricerca, larchitettura
informativa fa s che il contenuto venga trovato dalla persona che ha gi
effettuato laccesso nel sito web.
Oggi, per via di altrettanta fortuna, si arrivati alla conclusione che le
due materie sono molto vicine; fino a cinque o sei anni fa, invece, sembrava
che una delle due voci dovesse sovrastare altra e quindi sono state
pubblicate orrende opere come quella in Figura 5.12.

Figura 5.12 Situazioni dove, allinterno della pagina, vengono considerati elementi a utilizzo
esclusivo della SEO e non delle persone.

Il motore di ricerca si evoluto ed in grado di comprendere se una


pagina studiata per le persone e, soprattutto, utilizzata delle persone
(come abbiamo visto, esistono dei fattori dellalgoritmo che vanno a pesare
il loro grado di coinvolgimento e lutilizzo del sito web).
Inoltre (sempre Figura 5.12) se dei link o degli elementi di pagina sono
stati pensati solo per il motore di ricerca, arrivando spesso ad aggiungere
nella pagina degli elementi che stonano proprio, dobbiamo sapere che oggi
Google nelle condizioni di capire il perch della presenza di
quellelemento e, in caso, non tenerlo in considerazione per i suoi calcoli:
ha compreso che si tratta di qualcosa di artificiale, sviluppato pensando solo
alla SEO.
Dare voce solo alla SEO significava, prendendo un altro esempio reale
ma anonimo, creare tante pagine di sottocategoria molto simili nei contenuti
(perch, di fatto, si tratta di chiamare in modi diversi la stessa cosa) solo
pensando a Google - ambendo a posizionarsi per ogni combinazione - e
dando meno peso al fatto che la persona, probabilmente, si sarebbe sentita
disorientata durante la navigazione. sbagliato: se due pagine hanno lo
stesso intento, allora dobbiamo creare ununica pagina.
O ancora, ascoltare solo la SEO significava sapere di avere una pagina
con una bella immagine che cattura lattenzione, ma volerci mettere per
forza sopra del testo - perch a Google sembrava piacere cos - facendo
finire contestualmente limmagine che funziona fuori dallo schermo; si
tratta di un autogol.
In sostanza, se oggi iniziamo a disegnare unarchitettura informativa
pensata per la persona, immaginando il suo fruire dei contenuti del sito, il
suo muoversi progressivamente verso unazione, con pochissime accortezze
soddisfiamo anche il motore di ricerca.
Matrice interna di link
Concettualmente, la rappresentazione grafica della matrice interna di link
non differisce troppo dalla radiografia del sito web vista poco fa; piuttosto
pi completa perch evidenzia tutte le interconnessioni - i link - anche
quelli tra pagine di diversi livelli (perch nella realt cos: con un menu
sempre disponibile, da qualsiasi pagina spesso possiamo raggiungere
qualsiasi altra pagina).
Per farne percepire lintensit - in termini di ramificazione - abbiamo
modificato la Figura 5.11 descrivendo tutti i link che possono partire da una
- sola una - delle pagine presenti nella radiografia (Figura 5.13).

Figura 5.13 La rappresentazione grafica - parziale - di una matrice di link: sono evidenziati
anche i collegamenti tra pagine che stanno su livelli diversi.
Quello che dobbiamo sapere, langolatura dalla quale dobbiamo vedere
tale rappresentazione la seguente: tramite tutte quelle linee nere e rosse
passa, fluttua lautorevolezza, il trust rank, il succo SEO, il juice.
E tale fluttuazione pu essere ottimizzata, principalmente per due
ragioni.
1. Tramite una maggiore intensit di collegamenti tra pagine
semanticamente di argomenti molto vicini, Google meglio comprende
la tematicit delle pagine ( come se i nostri vicini di quartiere
potessero anchessi rappresentare qualcosa di noi e del nostro modo di
vivere); tecnicamente si chiama topical authority.
2. Dare la possibilit alla persona che naviga il sito di continuare la
sessione di navigazione su altre pagine, porta a incrementare il tempo
di permanenza e d modo a Google di capire che le persone hanno
passato un buon ammontare di tempo tra i nostri contenuti (questo
uno dei fattori di coinvolgimento presi in considerazione
dallalgoritmo).
Anche per quello che concerne la matrice interna di link, non cerchiamo
scorciatoie, ma pensiamo allesperienza di navigazione delle persone. A
cosa ci riferiamo? A quella serie di plugin - funzionalit accessorie al CMS
- che, per esempio, consentono di dare unistruzione del tipo Ovunque,
allinterno dei miei contenuti, compare la parola chiave SEO, aggiungi un
link - con ncora proprio quella parola chiave - che punta alla pagina del
servizio SEO della mia agenzia; ecco, questo il classico caso di
manipolazione della matrice interna di link che non viene visto troppo
positivamente da Google.
Cinque note sui link esterni (intesi come link a un sito di terze parti):
1. non assolutamente vero che creare un link ad altri siti ci impoverisce;
questa affermazione non ha e non ha mai avuto senso;
2. pericoloso solo se creiamo un link a risorse sospettate di essere
spam: a quel punto verremo considerati anche noi siti di bassa qualit;
3. pericolosissimo se prendiamo dei soldi per creare un link a siti web
(anche se non contengono spam, anche se sono in tema con il nostro);
4. creare un link a siti autorevoli e a tema con il nostro sito web
rappresenta un segnale positivo che, naturalmente assieme ad altri,
potrebbe servire a fornire a Google una nostra reputazione ancora
migliore. Questa affermazione logica: se pensiamo al bene delle
persone che leggono il nostro sito, sussistono numerosi scenari per cui
suggerire lapprofondimento verso un sito semanticamente vicino
garantisce una buona esperienza ai visitatori;
5. anche una maniera di farsi notare dai siti verso cui creiamo link,
ipoteticamente, da l le strade che potrebbero aprirsi sono tante.
Un ultimo accorgimento: se le persone che mettono mano al sito web
sono pi di una, anche se fa sorridere, la probabilit di rompere qualcosa
altissima; tra queste, per esempio, laver rinominato delle pagine e quindi
aver reso inutilizzabili dei link. Tecnicamente vengono chiamati broken link
e cos come la persona non riesce a continuare la sessione di navigazione,
non lo potr fare nemmeno lo spider dei motori di ricerca. Verifichiamo
quindi, anche tramite Google Search Console (Figura 5.14), di non avere
dei link tra pagine interne che, perch magari scritti male, conducono a un
avviso di pagina non trovata (Errore 404).
Figura 5.14 Il report di Google Search Console per verificare gli errori di tipo 404.

Rel=nofollow
assolutamente normale che un sito contempli delle pagine che non
sono funzionali al business, da un punto di vista SEO: pensiamo alla pagina
Privacy o alle condizioni di vendita di un e-commerce. Con tale premessa,
potrebbe essere utile decidere di veicolare il flusso verso altre pagine
escludendo dalla circolazione quelle incriminate. Su questo principio
sorto il credo per cui eliminare qualche link sarebbe andato a beneficio di
altri; il nome attribuito a questa pratica era PageRank Sculpting ma Google
stesso ha affermato che non una pratica consigliata (https://goo.gl/udwtvd).
La teoria consiglia di sterilizzare i link che dalle nostre pagine interne
puntano, per esempio, alla pagina Privacy; infatti, agendo nel codice
sorgente, in corrispondenza della porzione di codice che descrive il link,
possiamo spegnere la capacit di quel link di passare autorevolezza dalla
pagina A alla pagina B. In particolare, quello che dobbiamo fare
aggiungere al tag <a> (che rappresenta il link) lattributo rel="nofollow"
(Figura 5.15).
Figura 5.15 Come lattributo rel=nofollow si presenta nel codice sorgente di un link testuale
(HTML).

Nella realt, lutilizzo pi ragionevole del rel="nofollow" che possiamo fare


in corrispondenza di link esterni al nostro sito web. Se si tratta di un link:
a un contenuto sponsorizzato;
un po forzoso e non totalmente aderente allesperienza di navigazione
e fruizione dei contenuti;
a un sito che tratta un argomento molto diverso;
pubblicato tramite commenti a un blog e a un forum;
allora potrebbe essere saggio corredare quel link dellattributo
rel="nofollow".
Paginazione
molto facile imbattersi in contenuti che vengono resi disponibili in pi
pagine: dallarticolo che viene somministrato tra pi URL (Prima parte,
Seconda parte ecc.) agli indici che, anchessi, sono divisi in Pagina 1,
Pagina 2 ecc. per non offrire troppi link in ununica schermata e quindi
alleggerire un po lesperienza - anche visiva - di navigazione delle persone
(esempio tipico sono le pagine di categoria di un e-commerce dove non tutti
i prodotti sono immediatamente disponibili a un clic di distanza).
bene porre attenzione a questa tipologia di contenuti perch, se non
opportunamente gestiti, potrebbero portarsi dietro delle piccole minacce:
i link che larticolo o la categoria ricevono da siti di terze parti
(backlink) potrebbero essere diluiti tra i vari URL e questa una
mancata opportunit per lURL principale dellarticolo o della
categoria;
(connesso al punto precedente) Google potrebbe dare maggiore
visibilit alla pagina meno rilevante da un punto di vista strategico e
quindi potremmo presentarci sulle SERP non con il nostro biglietto da
visita preferito.
Esistono un paio di soluzioni per gestire questi scenari.
1. Avere una pagina che consenta di prendere visione di tutti i contenuti
in un unico URL (attenzione che, vista la grande quantit dei
contenuti, sia veloce a caricarsi) e renderla facilmente trovabile
allinterno dellarchitettura informativa. Tra laltro Google ha fatto dei
test (raccontati in una parte del video disponibile allindirizzo
https://goo.gl/cMCn7Z) dai quali ha compreso che se anche,

potenzialmente, una pagina complessiva pu caricarsi pi lentamente


di una singola porzione di contenuto, le persone preferiscono
comunque accedere a quella complessiva. Infine Google ha introdotto
la possibilit di confermare ulteriormente che la pagina che aggrega
tutti i contenuti quella per noi pi rilevante, con lattributo
rel="canonical".

2. Qualora una pagina complessiva non dovesse essere disponibile,


possiamo adottare gli attributi HTML rel="next" e rel="prev" per indicare
a Google la sequenza delle pagine e la relazione tra le medesime:
ovvero fanno tutte parte di ununica serie (Figura 5.16). In questo caso
Google dovrebbe presentare nelle SERP la prima puntata della serie.

Figura 5.16 Come far digerire a Google una serie di pi contenuti in sequenza con gli
attributi rel=prev e rel=next (fonte: Search Engine Land, https://goo.gl/rcrexe).

Attenzione a non utilizzare il rel="canonical" quando si ha una serie di


pagine in sequenza e non si dispone di una pagina che aggrega tutti i
contenuti: qualora dovessimo puntare lattributo, per esempio, a Pagina 1,
di fatto Google non andr a indicizzare i contenuti di Pagina 2 e 3; ma noi
non vogliamo questo, noi vogliamo che Google indicizzi tutti i contenuti,
ma presenti nella SERP, possibilmente, la prima pagina della serie.
Infinite scroll
Linfinite scroll, in termini di web design, una soluzione abbastanza
nuova; le virgolette sono dobbligo perch tutti quanti, almeno una volta,
abbiamo navigato un sito dotato di infinite scroll: Facebook! Praticamente i
contenuti si caricano man mano che usiamo lo scroll, e solo se lo usiamo.
Lato SEO dobbiamo avere delle accortezze perch Google fa fatica a
simulare questo comportamento con il mouse o il trackpad (fare scroll o
clic sui pulsanti tipo Carica altro). La risposta quella di tradurre
linfinite scroll con una sequenza di URL paginati (Figura 5.17).

Figura 5.17 Dallinfinite scroll alla sequenza di URL paginati (fonte: Google Webmaster
Central Blog, https://goo.gl/DYkGkU).
In questo modo rendiamo tutti gli elementi singolarmente raggiungibili
senza il rischio di creare contenuti duplicati.
Alcune accortezze pi operative:
poich linfinite scroll fruibile tramite JavaScript, per verificare e
testare la soluzione alternativa proposta da Google, dobbiamo svolgere
delle osservazioni disabilitando, nel nostro browser, JavaScript (anche
solo per il test);
decidiamo quanti elementi destinare alle virtuali Pagina 1, Pagina 2;
verifichiamo che non ci siano degli elementi di sovrapposizione tra
Pagina 1, Pagina 2 (Figura 5.18);
creiamo, per ciascun elemento, degli URL affinch Google possa
accedere al singolo contenuto;
utilizziamo gli attributi rel="prev" e rel="next" (contenuti allinterno
della sezione <head> del codice sorgente);
adottiamo il metodo pushState() (un tecnicismo che pu essere
approfondito nellarticolo disponibile allindirizzo
https://goo.gl/CzJ7af).
Figura 5.18 La corretta suddivisione degli elementi tra Pagina 1, Pagina 2 ecc. senza
incorrere nel rischio di generare dei contenuti duplicati (fonte: Google Webmaster Central
Blog, https://goo.gl/6oFhUj).

La sostanza quella di facilitare Google nellaccesso al singolo


contenuto senza immaginare che il motore di ricerca sia in grado di fare
scroll o clic su Carica altro.
Altri contenuti duplicati (interni)
Possiamo anche non crederci, ma molto frequente che un sito web
registri una presenza di contenuti duplicati interni: pagine identiche o, in
misura considerevole, molto simili tra di loro, disponibili per su URL
differenti. Nella Figura 5.19 c unimmagine che ci porter con i piedi per
terra: per un essere umano questi cinque URL sono la stessa cosa perch
fanno tutti riferimento alla home page; per il motore di ricerca, invece, si
tratta di cinque URL diversi.

Figura 5.19 Anche se gli URL si possono assomigliare, di tratta di un contesto dicotomico: o
sono uguali o sono diversi (fonte: Moz, https://goo.gl/2YjWaB).

Ma la generazione di contenuti duplicati interni pu succedere anche


senza che il webmaster se ne accorga perch potrebbe dipendere da un
comportamento intrinseco del CMS: immaginiamo la pagina di una
categoria di un e-commerce e la possibilit di cambiare lordine di
visualizzazione dei prodotti (Figura 5.20); se ogni volta che cambiamo
criterio viene modificato anche lURL, in sostanza avremo diverse pagine
che, a livello contenutistico, presentano gli stessi elementi, solo distribuiti
con un ordine diverso.

Figura 5.20 Se ognuno di questi criteri di visualizzazione produce un URL diverso, siamo di
fronte a un tipico caso di contenuti duplicati interni.

Oppure pensiamo alla situazione in cui rendiamo disponibile, tramite un


URL diverso, la medesima versione della pagina, ma in un formato pronto
per la stampa: stessi contenuti, URL differente.
Insomma, il fenomeno c - si stima nella misura del 29% dellintero web
(fonte: Raven, https://goo.gl/dbnnS2) non sorge con mire maligne, ma deve
essere gestito e ottimizzato.
Lato SEO la criticit rappresentata dal fatto che:
pu avvenire una dispersione di autorevolezza trasferita tramite i
backlink (alcuni siti mettono un link a un URL, altri siti hanno un
collegamento verso unaltra variante di URL);
non possiamo essere certi dellURL che Google render disponibile
nella SERP.
Ed ecco le possibili soluzioni per gestire il fenomeno:
(se possibile) differenziare, da un punto di vista contenutistico, i due
URL aggiungendo in una delle varianti dei pezzi di contenuti atti a
fornire una identit propria a quella pagina;
reindirizzare - con un redirect 301 - verso la pagina canonica
(attenzione che questo reindirizzamento, oltre al motore di ricerca, lo
subir anche la persona che naviga);
utilizzare il rel="canonical";
contemplare, allinterno del codice sorgente della pagina duplicata, il
tag <meta> con attributo robots="noindex";
tramite Google Search Console, istruire Google a gestire le pagine
duplicate che, negli URL, presentano certi parametri (Figura 5.21) e
impostare il dominio preferito (Figura 5.22);
istruire il CMS a forzare i link interni: indipendentemente da come
vengano scritti da chi produce contenuti, prima della pubblicazione il
sistema converte tutti i link alla versione corretta.

Figura 5.21 Report di Google Search Console per dare istruzioni a Google rispetto a come
gestire URL che riportano determinati parametri.

Figura 5.22 Impostazione di Google Search Console per configurare il dominio preferito.

Il fenomeno deve essere arginato e ottimizzato per i motivi gi descritti:


avere propriet dei contenuti nella misura per cui tutti i backlink
confluiscano verso la risorsa che vogliamo noi e che sia effettivamente tale
risorsa a essere presentata in SERP.
Sicuramente non per un tema di penalizzazione. Innanzitutto si dovrebbe
parlare di filtro, pi che di penalizzazione (anche perch, come abbiamo
visto, spesso i contenuti duplicati interni sono generati senza cattive
intenzioni) ma, in generale, unaffermazione sbagliata.
Nel 2006 Google suggeriva di bloccare le risorse che noi sapevamo
duplicate tramite robots.txt (fonte: https://goo.gl/ZgYxv1) ma da qualche anno
ritornato sui propri passi:
We now recommend not blocking access to duplicate content on your website, whether with a
robots.txt file or other methods.

Oggi raccomandiamo di non bloccare laccesso ai contenuti duplicati sul vostro sito, sia con il
file robots.txt sia con altri metodi.

John Mueller (fonte: Hobo, https://goo.gl/mDyxyt).

Insomma, non allarmiamoci, cerchiamo di arginare il problema e


manteniamo il focus, in primis, sullesperienza di navigazione e fruizione
dei contenuti delle persone.

Rel=canonical
Labbiamo gi menzionato, ma questo il paragrafo giusto per
approfondirlo: lattributo rel="canonical" uninformazione che mette in
chiaro la relazione tra pagine simili (Figura 5.23).
Figura 5.23 Lattributo rel=canonical e la sua funzione di chiarire la relazione tra pagine
simili, o molto simili, tra di loro (fonte: Moz, https://goo.gl/7v0G9l).

Pi specificatamente, pensato per gestire situazioni di contenuti


duplicati o identici: in sostanza possiamo indicare a Google quale tra
diversi URL dovrebbe essere tenuta in considerazione come principale; e
quando diciamo tenuta in considerazione, intendiamo che verso questo
URL dovrebbero essere riversati i segnali SEO raccolti dalle altre e che
proprio questa dovr essere resa disponibile nelle SERP.
Attenzione che Google segue molto fedelmente le specifiche di questo
comando: se dovessimo sbagliarne la configurazione indicando che
lURL canonico una pagina che non esiste, Google seguir alla lettera e,
di fatto, trasferir a unentit nulla tutto il nostro bagaglio SEO con il
risultato che perderemo tutto quello fatto fino a quel momento; un
bellautogol, insomma.
Qualche buona pratica SEO nella gestione del rel="canonical".

Il tag pu essere autoreferenziale, ovvero una pagina pu riportare un


canonical che indica se stessa; male non fa e pu prevenire. Ed utile
qualora dovessero brutalmente rubarci il codice sorgente del
contenuto ripubblicandolo altrove: nel fare copia-incolla il ladro
potrebbe - potrebbe - lasciare il rel="canonical" come labbiamo scritto
noi dichiarando, di fatto, chi lautore originale e chi ha rubato.
In tal senso, proattivamente appuntiamo un rel="canonical" in
corrispondenza della nostra home page (sempre auto referenziando).
Stiamo attenti a essere coerenti: se la pagina A ha un canonical verso
la pagina B, allora evitiamo che poi la pagina B, per esempio, abbia
configurato un reindirizzamento verso la pagina A.
Se gestiamo pi siti web, possiamo impostare un rel="canonical" tra
domini diversi.
Risposte (errori) del server
Quando navighiamo, dietro le quinte avviene un dialogo tra due
computer dove il primo fa una domanda (Mi fai vedere i contenuti
disponibili allURL http://sitoweb.com?) e il secondo fornisce una risposta.
Queste risposte - ce ne sono diverse - sono richiamate con un codice (una
pagina di Wikipedia con lelenco completo disponibile allindirizzo
https://goo.gl/K1WnW0).

Lato SEO dobbiamo porre attenzione agli errori e, quindi, preoccuparci


che la risposta sia sempre 200: OK, richiesta andata a buon fine;
dobbiamo verificare e arginare tutti i casi in cui il codice della risposta di
errore comincia con 4 e con 5.
A codici diversi corrispondono risposte diverse e motivazioni diverse, ma
noi dobbiamo preoccuparci di bonificare il contesto arrivando a ottenere
solo risposte affermative (200).
Questo perch, cos come la persona subisce il messaggio di errore
(Figura 5.24), lo subir - e registrer - anche il motore di ricerca; dopo
diversi errori registrati e non risolti, oltre a non aver pensato alle persone
che navigano il nostro sito, Google potrebbe iniziare a diminuire
progressivamente la nostra reputazione: lui a caccia di nuovi contenuti,
non gli piacciono gli errori e le situazioni che non gli danno nuove pagine
da mangiare.
Per tenere sottocchio la presenza - e landamento nel tempo - di questi
errori, possiamo rifarci a un utilissimo report di Google Search Console
(Figura 5.25).
Figura 5.24 Un esempio di sito web che restituisce un errore di tipo 404: pagina non trovata.

Figura 5.25 Il report di Google Search Console utile a monitorare - anche nel tempo - la
comparsa di errori.
Reindirizzamenti
I reindirizzamenti sono quelle istruzioni per cui possiamo rimandare una
persona che cerca di visitare la pagina A alla pagina B; e tra i destinatari di
questa istruzione, ci sono anche i motori di ricerca.
Nello specifico della SEO, i reindirizzamenti che ci possono interessare
sono:
301, la risorsa stata spostata definitivamente da unaltra parte;
302, la risorsa stata spostata temporaneamente da unaltra parte;
il tag <meta> refresh, delle righe di codice da imputare direttamente nella
sorgente della pagina che d il via al rendirizzamento (Figura 5.26).

Figura 5.26 La corretta codifica del tag <meta> refresh: funziona alla stregua di un
reindirizzamento 301, per il motore di ricerca, se il tempo (content) impostato sullo 0.

La soluzione pi adottata nella SEO la prima: il redirect di tipo 301.


Poich la sua formulazione dipende dallambiente dove ci troviamo
(ambiente inteso come server e ambiente di sviluppo per esempio Linux,
Windows), di seguito ci focalizziamo solo sulle dinamiche che interessano
la SEO: se la pagina A ha un redirect verso la pagina B, tutto lo storico SEO
(il profilo di backlink, lautorevolezza, la sua forza), verr trasferito alla
pagina B, come una sorta di passaggio di testimone (una volta non veniva
trasferito tutto il peso, ma oggi s, fonte: Moz, https://goo.gl/gvDD2E).
Si tratta di quella soluzione per cui, a fronte di un 301, se la pagina A e la
pagina B sono molto vicine - da un punto di vista semantico - la seconda
sostituir la prima nelle SERP, senza registrare grossi cali di
posizionamento (switch).
Il redirect di tipo 302, utilizzato pi in termini di comunicazione che altro
(appunto, una risorsa non momentaneamente disponibile e dobbiamo
suggerire unaltrettanto momentanea soluzione surrogata), comunque passa
autorevolezza (link juice) tra le due risorse (sempre nella misura del 100%
come il redirect 301).
Il tag <meta> refresh, simpaticamente rinominato meta tag dei poveri - a
indicare quelle situazioni dove non si ha permesso di agire a livello di
server ma solo di codice sorgente - la soluzione pi vicino al 301, anche
se il passaggio di informazioni SEO dalla pagina A alla pagina B ,
appunto, pi povero.
Rimozione di una pagina da Google
Anche se lintero capitolo si focalizzato su come far s che Google
indicizzi le pagine del nostro sito web, potrebbero esserci dei casi -
particolari - per i quali vogliamo esattamente il contrario.
Per dovere di cronaca, ecco le strade perseguibili per rimuovere una
risorsa dallindice di Google:
lasciare che lURL corrispondente alla pagina da far sparire continui a
rispondere con un errore di tipo 404 o 410;
bloccare laccesso a tale contenuto con, per esempio, una password
(che, come possiamo ben immaginare, Google non in grado di
utilizzare);
utilizzare il tag <meta> robots con il valore noindex, anche se questa la
strada meno efficace.
Attenzione a non confondere la finalit dello strumento di rimozione
degli URL fornito da Google Search Console (Figura 5.27): si tratta di una
richiesta di rimozione temporanea che, se andata a buon fine, pu durare
fino a 90 giorni.

Figura 5.27 Lo strumento di richiesta di rimozione - temporanea - di un URL fornito da


Google Search Console.

Inoltre, qualora la richiesta dovesse essere connessa a motivazioni legali,


esiste una procedura ad hoc (Diritto alloblio), un po articolata da
approfondire allindirizzo https://goo.gl/4doSDj.
Capitolo 6
Penalizzazioni

Penalizzazione, forse il termine pi abusato nella SEO.


Esiste parecchia confusione: il termine usato spesso in modo improprio
e sempre pi estensivo.
Calo di traffico senza spiegazioni a portata di mano? Penalizzazione!
Oppure: Google mi ha penalizzato per duplicazioni!
Ancora: I pop-over mi penalizzano!
Circoscriviamo loggetto della discussione.
La penalizzazione in senso stretto un gravame (un contrappeso
negativo) che insiste su una singola risorsa, un gruppo di risorse o su un sito
in quanto tale, con granularit variabile. Ovvero pu riguardare una
determinata risorsa per una determinata parola chiave, oppure una risorsa
per molte parole chiave, oppure un sito per una o molte o tutte le parole
chiave, o perfino la scomparsa totale dalle SERP.
Il punto principale, il focus gravame: contrappeso negativo. Nelle
penalizzazioni vere e proprie Google applica intenzionalmente un avviso
(flag) a una determinata risorsa/sito al fine di abbassarne la visibilit, con
ripercussioni pi o meno drammatiche sul traffico.
Per non tutto ci che penalizza una penalit.
Il termine stato tradotto anche con una connotazione pi severa del
dovuto: una delle traduzioni del termine penalty infatti punizione, che
lascia intendere una mossa quasi a scopo educativo.
Se non seguiamo i suggerimenti scritti in questo libro non andremo mai e
poi mai in corso a una penalizzazione, semmai non coglieremo delle
opportunit. Per essere penalizzati - cos come lo intende Google - bisogna
fare il contrario di quello che specifiche linee guida qualitative indicano.
Non per prendere sotto gamba la questione, ma solo per calarla nel
concreto: in pi di dieci anni di lavoro nella SEO, non ho mai visto un sito
web aziendale soggetto a penalizzazione.
E anche se questa pu sembrare unaffermazione forte, teniamo a mente
che non si fa spam per caso, non si supera per sbaglio il limite delle cose
che non si possono fare, lo si fa consapevolmente; al massimo non si
conosce con precisione dove sta il limite, ma si sa benissimo che si sta
compiendo quellazione, diciamo furbescamente, per ottenere una spinta in
termini di visibilit SEO.
Possiamo paragonarlo a una multa per eccesso di velocit: molto facile
non prenderla, basta stare sotto il limite di velocit indicato; quando siamo
vicini al limite guardiamo con pi attenzione al tachimetro perch siamo in
zona rischio; quando corriamo pi del dovuto (che non si deve fare!)
sappiamo che solo una questione di tempo e/o di fortuna prima di ricevere
la contravvenzione. E se la riceviamo non possiamo lamentarci troppo: lo
sappiamo di aver guidato sul filo. La morale : se stiamo sotto il limite e
non andiamo contro le regole, non corriamo nessun rischio; se sopra ci
aggiungiamo i suggerimenti contenuti in questo libro, allora facciamo
ancora meglio.
Inoltre, prima di assegnare una penalizzazione, il motore di ricerca valuta
diversi segnali e svolge unattivit di analisi che coinvolge diversi membri
di un team dedicato a queste mansioni.
Per stressare ancora di pi il concetto, facciamo tesoro del perch
esistono le penalizzazioni: tramite queste azioni Google vuole raggiungere
il solo scopo di fare pulizia nelle SERP per favorire i siti e le risorse che
restituiscono valore alle persone.
La penalizzazione subentrata come azione necessaria quando troppe
persone hanno cercato di ottenere il massimo della resa con il minimo dello
sforzo.
Essere penalizzati, in sostanza, significa non essere pi resi disponibili
tra i risultati di ricerca; il sito non verr cancellato dal database di Google,
ma il motore di ricerca non lo suggerir pi; che di fatto equiparabile a
essere cancellati dallindice.
Quali sono le pratiche pi diffuse che ci mettono a rischio penalizzazione
(o in alcuni casi la fanno scattare con certezza)? Eccole.
Cloaking: unaccortezza tecnica che permette di servire una versione
diversa del sito a seconda del fatto che sia un essere umano o un
motore di ricerca a richiederlo; Google reagisce - severamente - in
maniera molto veloce a questa tecnica.
Keyword stuffing cio ripetere un numero eccessivo di volte una parola
chiave/espressione: si tratta di una delle pratiche SEO pi antiche e
non c un limite definito entro il quale stare; il suggerimento questo:
facciamo leggere il testo a un altro essere umano, se la reazione di un
testo troppo pesante alla lettura, ecco, abbiamo superato il limite.
Testo nascosto (indipendentemente dal tecnicismo): altra vecchia
tecnica oggi facilmente individuabile da parte di Google.
Pubblicazione di contenuti protetti da diritto dautore per i quali non
abbiamo diritti di distribuzione: c stato un aggiornamento ufficiale di
Google, in data agosto 2012, denominato DMCA Penalty (Pirate).
Page layout algorithm: quando c troppa pubblicit nella parte alta -
pi esposta ai clic - della pagina (introdotta a gennaio 2012).
Link a pagamento: non si pu n comprarli n venderli perch, di base,
lo si fa per alternare (migliorare) il proprio posizionamento in barba
ai principi meritocratici dellalgoritmo. Google ha penalizzato anche
se stesso e, in particolare, la sua divisione giapponese: era il 2009 e
non fu lunica volta: (per approfondire: Search Egine Land,
https://goo.gl/jpJ3zv, https://goo.gl/T564tP).

NOTA
Se riportiamo link a siti web che ci hanno pagato, dobbiamo essere trasparenti nei
confronti di chi ci legge e specificare che si tratta di un contenuto/link a pagamento e
dobbiamo corredare quel link dellattributo "nofollow"
<a href="http://www.sitodidestinazione.it" rel="nofollow">Parte visibile a
monitor</a>
Link spam: cercare di ottenere link a destra e a manca in velocit,
magari con la stessa ncora (commentando blog o partecipando a
forum).
Malware (software infetto): ovvero quei tentativi, attraverso laccesso
a siti web, di danneggiare il computer della persona che naviga; in
questi casi un avviso di allerta compare direttamente nelle SERP
(Figura 6.1).
Come possiamo dedurre dallelenco sopra riportato, le due grandi aree
sulle quali Google si focalizza per individuare eventuali cattive pratiche
sono quelle dei contenuti e dei link.
In particolare, per i link, ecco altri aspetti che potrebbero far nascere dei
sospetti a Google rispetto a come stiamo facendo le cose lato SEO:
ricevere troppi link da un solo sito web;
ricevere troppi link dalla stessa classe IP (un approfondimento
disponibile su Wikipedia allindirizzo https://goo.gl/Bo39ZL);
ricevere troppi link con la stessa ncora o dalla stessa posizione in
pagina (per esempio pie di pagina);
ricevere troppi link da siti di bassa qualit;
ricevere troppi link da siti che non hanno rilevanza con la nostra area
semantica;
un ottenimento troppo veloce nel tempo di nuovi backlink.
Di base Google si preoccupa di comprendere lautenticit o meno dei
link. Trattandosi di un fattore di posizionamento con un peso rilevante
nellalgoritmo, viene posta molta attenzione nellanalisi e comprensione di
questo elemento perch, avendo molta importanza, dallaltra parte molta
attivit SEO sporca (black hat) viene veicolata in questa direzione.
Quando rileva grosse violazioni che hanno a che fare con i link, Google
reagisce molto severamente, senza guardare nessuno in faccia: sono
famose, nellambiente SEO, le penalizzazioni di brand del calibro di JC
Penney, Overstock, Interflora, BBC, Washington Post.
Figura 6.1 Lavviso che Google mostra direttamente nelle SERP quando il sito web stato
compromesso o rischia di danneggiare il dispositivo di chi naviga.

Concretamente la penalizzazione pu avvenire a livello di intero sito web


(allinizio era sempre cos) oppure, come succede oggi in alcuni casi, a
livello di singola pagina/risorsa.
E il tempo tra lazione e la reazione spesso un elemento del quale non
disponiamo: le penalizzazioni possono essere applicate anche ad attivit
fatte mesi, se non anni, prima, diventando sempre pi difficili da
individuare
SUGGERIMENTO
Se affidiamo il lavoro a qualcuno (freelance, agenzia), raccontiamo anche il passato
in termini di attivit di link building.
Ci sono - semplificando - due maniere di accorgersi di una
penalizzazione:
1. un apposito avviso consegnato via Google Search Console (dipende
dal tipo di penalizzazione, come vedremo a breve);
2. un calo di traffico da Google individuabile tramite il sistema di web
analytics adottato (per esempio Google Analytics).
Qualora dovessimo essere al corrente del motivo di uneventuale
penalizzazione riferita a backlink sospetti, Google ha creato uno strumento
tramite il quale indicare per quali backlink non siamo riusciti a ottenere
leliminazione (perch comunque la strada quella di fare un po di
pulizia): Google Disavow Tool (https://goo.gl/koHEQY).
Tra laltro c una teoria - non ufficiale, ma intrigante - dietro a questo
strumento: collezionando tutte le intuizioni tramite le quali noi essere umani
consideriamo un link come non autorevole (e quindi per il quale chiediamo
la rimozione o la non considerazione tramite Disavow), Google sar in
grado di istruire lintelligenza artificiale per ancor meglio comprendere, da
solo, quando il caso di far scattare una penalizzazione (perch,
ricordiamocelo, in molti casi c anche un intervento umano di persone di
Google addette a questo).
Quando, invece, pu non essere un caso di penalizzazione? Quando, per
esempio, si scende dalle SERP di poche posizioni: non dimentichiamoci che
la pagina dei risultati di ricerca una coperta corta quindi per un nostro
competitor che sale, ci sar qualcuno che dovr scendere. E possiamo
scendere di qualche posizione anche se alcuni nostri backlink, guadagnati
nel tempo, vengono svalutati da Google: i siti muoiono, vengono cancellati,
cambiano di argomento, possono cambiare anima.
Penalizzazioni manuali
Le SERP sono un ecosistema informativo relativamente consolidato e al
contempo talmente vasto da rendere impossibile un controllo manuale.
Gran parte del lavoro demandato ad algoritmi e meta-algoritmi. Le stesse
pratiche o segnalazioni che devono essere sottoposte al giudizio di operatori
umani sono pre-istruite da algoritmi, e non potrebbe essere diversamente.
Matt Cutts, un ex impiegato di Google molto in vista nella comunit
SEO, una volta ha dichiarato che mediamente avvengono 400.000
penalizzazioni manuali al mese (a livello mondiale).
Esistono sostanzialmente due grandi categorie di penalit manuali. Per
noi gestori del sito web (SEO, webmaster) sono le pi difficili da
riconoscere e succedono quando qualcuno (che non mai un singolo essere
umano, ma un gruppo di professionisti) nella stanza dei bottoni ha
ritenuto il nostro sito non meritevole della visibilit ottenuta.
Il primo tipo di penalit manuale - il pi diffuso - segnalato dalla lettera
con cui Google comunica di aver amputato il valore di determinati link
innaturali che atterravano sulle nostre risorse. A voler essere pignoli
neppure questa una penalit in senso stretto, dato che nessun avviso (flag)
viene assegnato alla risorsa/sito obiettivo dei link. Questo dellamputazione
del link juice abusivo (della trasmissione artificiale di passaggio di
autorevolezza SEO) un fenomeno costante e continuo, a cui cooperano
diversi algoritmi e che solo in relativamente pochi casi viene notificato
manualmente dalla lettera in Google Search Console. il trattamento pi
blando ed abbastanza comune che non produca effetti negativi sul traffico.
Ripetuti avvertimenti ignorati possono per aggravare la situazione e far
scivolare il sito verso profili di penalit pi gravi.
Se torniamo alla metafora della multa e paragoniamo gli algoritmi a un
sistema giudiziario, le penalit di questo tipo sono per violazione del
Codice Civile, pene blande, mai detentive.
Qualora dovesse succedere, riceveremo una notifica, appunto, via Google
Search Console (Figura 6.2 e Figura 6.3).

Figura 6.2 Un esempio di notifica di penalizzazione manuale consegnata via Google Search
Console.

Figura 6.3 Un esempio di testo integrale della notifica per penalizzazione ricevuta via
Google Search Console.
Il secondo tipo di penalit manuale invece segnalato dalla lettera con
cui Google notifica di aver preso provvedimenti contro la risorsa o sito in
quanto tale, per varie ragioni: link in entrata o in uscita o comportamenti
fuori policy in genere. Qui il flag c, grosso come una casa (siamo per cos
dire sul Codice Penale, pene severe, detentive), e generalmente per il
traffico sono dolori, ci si accorge subito che la situazione cambiata in
peggio.
In ogni caso il tratto comune delle penalit manuali la comunicazione:
Google ci scrive, vuole farci sapere che ha preso dei provvedimenti, il lato
educativo della filiera e c una via duscita.
Quando ci saremo messi a posto e saremo tornati sulla retta via,
invieremo richiesta di ri-considerazione e la risposta potr essere positiva
oppure negativa, ma in questo caso verranno forniti preziosi esempi di
pattern negativi ancora presenti da eliminare.
Tale richiesta dovr essere molto dettagliata - suonare quasi come
unammenda - e veritiera: dobbiamo sapere che tale richiesta verr presa in
carico da un essere umano, il cui tempo dovr godere del nostro rispetto.
Non c niente di peggio che far perdere del tempo raccontando delle cose,
nella richiesta di riconsiderazione, che in realt non abbiamo concretamente
fatto nel sito web.
Penalizzazioni algoritmiche
Le penalit algoritmiche sono invece pi subdole: nessuna
comunicazione, nessun umano decide nulla, non possiamo chiedere di
essere riconsiderati. Ce ne accorgiamo perch di colpo qualche parola
chiave ci viene vietata, oppure messa in posizioni marginali, o ancora da
crolli drammatici di traffico e di entrate. Qui solo Codice Penale, pene
detentive.
Tra le penalit algoritmiche le pi famose storicamente sono il Penguin e
il Panda, incentrata la prima sulla popolarit abusiva (profili di link storti),
la seconda sulla pertinenza abusiva (siti che hanno poco da dire ma
sgomitano molto per dirlo); li vedremo entrambi a breve.
Oltre a questi tipi di penalit riepilogative - per cos dire moderne e
sofisticate - continuano a lavorare anche antiche penalit, come la
sovraottimizzazione (OOP) o per esempio gli algoritmi deputati a
intercettare i link dissimulati agli utenti (per colore o ancore puntiforme).
Dalle penalit algoritmiche si esce con pi difficolt e in genere
obbligatorio un cambiamento di rotta/stile.
Sono le penalizzazioni meno difficili da riconoscere perch come se si
cadesse allinterno di filtri le cui regole sono abbastanza note.
Alcune evidenze per intuire che si stati penalizzati sono queste:
non posizionarsi sufficientemente bene per il proprio nome (nel caso di
omonimie, necessario fare approfondimenti);
essere catapultati nella SERP in pagina due o tre;
sparire dalla cache di Google.
In linea di principio, una volta capita la causa e fatta un po di pulizia,
necessario attendere il prossimo aggiornamento dellalgoritmo per uscire
dai filtri, anche se, come vedremo nei prossimi paragrafi, recentemente
questa condizione cambiata.
Google Panda
Su base annuale gli aggiornamenti dellalgoritmo di Google possono
arrivare anche ad alcune centinaia; la maggior parte di essi sono
impercettibili ma alcuni - pochi, a dir la verit - lasciano invece il segno.
Uno di questi stato Google Panda. Era il 23 febbraio 2011 (in Europa
arrivato ad aprile dello stesso anno) e ha interessato il 12% delle ricerche
mondiali; rispetto allo storico degli altri aggiornamenti, unenormit.
Questo aggiornamento era particolarmente attratto dalla qualit dei
contenuti anzi, dalla non qualit dei contenuti: scarsi, superficiali, privi di
sostanza.
Si trattava di una penalizzazione a livello di intero dominio che ha fatto
un bel po di pulizia e generato parecchio rumore allinterno della
comunit SEO anche perch la qualit un concetto, un valore, di non cos
semplice decodifica e Google non ha mai condiviso, puntualmente, quando
un contenuto - secondo lui - di qualit o meno; certo, alcune linee guida
ce le ha fornite - la sua mission quella di un Web migliore - ma la
discussione attorno al concetto oggetto di qualit resta.
Lultimo rilascio di Google Panda, il 28, successo a giugno 2015.
Google Penguin
Questo un altro aggiornamento che ha lasciato un segno della storia
della SEO: Google Penguin.
Rilasciato il 24 aprile 2012, con lo scopo di identificare - e pulire -
schemi di backlink non naturali, artificiali, poco autorevoli.
Tra settembre e ottobre 2016 uscita la sua quarta versione: Penguin 4.0,
con novit notevoli rispetto alle precedenti:
in real-time quindi il controllo viene fatto ogni volta che una pagina
viene scansionata e ri-scansionata;
(collegato al punto precedente) sar pi veloce venirne fuori (fino a
Penguin 3.X potevano volerci anche mesi prima di rivedere la luce);
parte integrante dellalgoritmo e non pi un filtro;
diventato pi granulare, quindi la penalizzazione avviene a livello di
pagina e non di sito web.
Come si esce da una penalizzazione?
Una volta che si certi si tratti di una penalizzazione e non di un
fenomeno di natura diversa, la cosa migliore da fare il classico esame di
coscienza: dove abbiamo esagerato con la SEO? dipeso da noi? Cosa
abbiamo fatto?
Contrariamente a quello che si ritiene comunemente, i falsi positivi sono
piuttosto rari. Se il sito stato penalizzato in genere qualcosa di sbagliato
stato fatto. Magari non recentemente, magari inconsapevolmente.
Se la penalit stata inflitta per link innaturali si dovr ripulire il profilo
di link, con rimozioni, nofollow e disavow file. Se invece il sito stato colpito,
per esempio, per thin content (contenuti poveri, scarni) allora dovranno
essere ri-progettati e arricchiti i contenuti stessi. Il percorso di uscita da una
penalit non mai agevole e di solito non immediato.
Il modo migliore per non pagare il prezzo prevenire i problemi,
modulando con discernimento le attivit SEO ed evitando le pi pacchiane,
gli sciami di link con ncora precisa, i testi automatici e i barbatrucchi in
genere che tentano di gabbare gli spider e gli algoritmi dei motori di ricerca.
Contenuti copiati (non duplicati)
Specifichiamo non duplicati perch lespressione contenuti duplicati
sicuramente pi diffusa nellambito SEO. E, ancora pi nello specifico,
circoscriviamo ai contenuti esterni, non quelli interni. Quelli interni non
rappresentano un problema di per s, i siti web sono pieni di contenuti
duplicati interni e lunico neo rappresentato dal fatto che Google far
fatica a capire quale dovr essere la principale e pi di valore risorsa da
suggerire nella SERP; come dire, un caso interno di inefficienza e quindi
decontestualizzato rispetto al tema delle penalizzazioni.
Rivolgendosi allesterno, invece, la questione diversa.
Torniamo per un momento ai contenuti duplicati per arginare dal
principio la questione: i contenuti duplicati sono soggetti a filtri, non a
penalizzazioni (la dichiarazione ufficiale datata 71 giugno 2016
disponibile allindirizzo https://goo.gl/qTN3km).
I contenuti copiati, invece, a Google proprio non piacciono e qui s che
sussiste un tema di penalizzazione. E per contenuti copiati si intendono:
intere pagine, ma anche porzioni delle stesse;
testi copiati integralmente e anche solo leggermente rivisti (sono pi
difficili da scovare, lato Google, ma sono considerati copiati).
Google, in generale, assegna un punteggio molto basso a una pagina se la
porzione principale di contenuto della stessa considerata copiata.
Se siamo noi a copiare, minimizziamo lutilizzo (o azzeriamolo proprio)
di boilerplate (porzione di testo riutilizzata in altri contesti o applicazioni
senza essere eccessivamente modificata dalloriginale); in caso di eccesso,
potrebbe scattare la penalizzazione piuttosto che il filtro.
Chiudiamo con alcuni strumenti utili a scovare i contenuti copiati:
Google, facendo una ricerca per unintera porzione di testo al posto
della solita parola chiave che siamo abituati a imputare;
Copyscape (https://goo.gl/u2NBQJ);
lo strumento Compare sempre di Copyscape, che paragona due URL
(https://goo.gl/HuOPqJ).

Qualora, invece, dovessimo imbatterci in contenuti copiati altrui,


possiamo sempre segnalarli chiedendone la rimozione dallindice tramite
unapposita procedura: https://goo.gl/ll965E.
A cosa prestare attenzione oggi per
non essere penalizzati
Ci vuole pazienza, orizzonte lungo e metodo.
Forzare i link in entrata non paga. Le attivit volumetriche e gli sciami di
link sono pericolosi. Il percorso di acquisizione di link per essere
considerato naturale dovr essere giocoforza pi lento che in passato e
focalizzato sulla IP-diversity. Quindi pazienza, non ci sono scorciatoie. La
SEO non pi attivit di cacciatori-raccoglitori, ma di agricoltori. Ha tempi
agricoli, stagionali.
Sopra ogni altra cosa, metodo e attenzione.
Analizzare nella Google Search Console i nuovi link arrivati sul sito
nellultimo mese unattivit che porta via un quarto dora e che va fatta.
Sono tre ore di lavoro lanno che permetterebbero di evitare il 90% delle
penalit per link innaturali, le pi diffuse.
Capitolo 7
Ottimizzazioni specifiche

Ricercare: in senso pi ampio


La ricerca online uno scenario che va pi in l di Google e delle pagine
web. Da un lato, siamo abituati a ricercare su Google qualsiasi genere di
contenuto (per esempio, video, informazioni rispetto a un esercizio
commerciale locale ecc.) dallaltra, gi oggi facciamo delle ricerche che
non avvengono su Google.
per tale ragione che in questo capitolo vedremo le peculiarit dei
diversi contesti di ricerca.
Si tratta di peculiarit, appunto, perch la teoria alla base
sufficientemente sovrapponibile per la teoria della SEO: le buone pratiche
descritte nel libro possono essere replicate tale e quali, in aggiunta di
dettagli che sono propri dello specifico contesto di ricerca.
Local (Google My Business)
Le ricerche con connotazione locale sono incrementate notevolmente, in
termini di volume, dal 2007 in poi quando Google, introducendo la
Universal Search, ha iniziato a richiamare nelle SERP informazioni prese
anche da Google Maps (Figura 7.1).

Figura 7.1 Risultati dalle mappe direttamente nelle SERP. Era il 2007. Si chiama Universal
Search.

Quella locale - quindi cercare informazioni riferite a un esercizio


commerciale locale - sempre stata una fetta importante delle ricerche su
Google (Figura 7.2).
Figura 7.2 Il volume delle ricerche che contengono near me cresciuto negli anni (fonte:
Search Engine Watch, https://goo.gl/s9O3Vk).

Laltro scatto in termini di diffusione avvenuto con lesplosione dei


dispositivi mobile: oggi le ricerche dagli smartphone sono di natura locale
in un rapporto di uno a tre (Figura 7.3, Figura 7.4).

Figura 7.3 Il mobile ha avuto un ruolo determinante nel far esplodere le ricerche di natura
locale (fonte: Search Engine Watch, https://goo.gl/s9O3Vk).
Figura 7.4 Il 34% della popolazione italiana, nel 2016, ha utilizzato servizi locali da mobile
(fonte: We Are Social, https://goo.gl/J8gDgQ).

Da un punto di vista strategico, questo tipo di ricerca rappresenta una


ghiotta opportunit per le aziende che possono trarne un beneficio per due
motivi.
Si inseriscono allinterno di uno scenario di omnicanalit (dalla ricerca
online alla visita offline presso il negozio fisico);
Google conferma che la propensione allazione (allacquisto) delle
persone che svolgono questo tipo di ricerca particolarmente marcato:
- il 92% degli utenti smartphone ha cercato informazioni locali;
- l84% di essi ha intrapreso unazione di conseguenza;
- il 28% delle ricerche del tipo locali si trasformato in un acquisto;
- il 50% delle persone che cercano nelle vicinanze visita lattivit
fisica nel giro di un giorno;
- il 78% delle ricerche del tipo vicino a me si trasforma in un acquisto
offline.
Allesercizio commerciale viene assegnato un tipo di visibilit molto alta
direttamente nelle SERP di Google: da desktop (Figura 7.5) ma soprattutto
da mobile (Figura 7.6). Si chiama Local Knowledge Panel e contempla le
informazioni essenziali per (valutare di) entrare in contatto con tale azienda.
Il riquadro contiene:
foto (compreso Google Street View);
mappa;
ragione sociale;
categoria di appartenenza;
recensioni e voto;
link al sito web;
link per far partire il navigatore (da mobile) o Google Maps (da
desktop, Indicazioni stradali);
indirizzo fisico;
telefono;
orari di apertura;
provincia;
possibilit di scrivere una recensione e aggiungere una foto.
Figura 7.5 Local Knowledge Panel da desktop.
Figura 7.6 Local Knowledge Panel da mobile.

A queste informazioni, anche a seconda della tipologia di esercizio


commerciale, se ne possono aggiungere altre, per esempio:
possibilit di inviarsi le informazioni di contatto da desktop a mobile
via SMS;
indicazioni sullaffluenza delle persone in negozio;
eventuali eventi in programma;
collegamenti ai profili sui social network.
E altre se ne aggiungeranno (Figura 7.7), come la possibilit di:
mettere in vetrina dei prodotti e dare visibilit a delle promozioni;
attivare una chat per favorire il dialogo immediatamente;
prenotare un appuntamento.

Figura 7.7 Alcune funzionalit test che potrebbero essere rilasciate allinterno di Local
Knowledge Panel.

Da dove vengono prelevate tutte queste informazioni? Tendenzialmente,


attraverso accordi commerciali, da questi grandi database di informazioni
locali: Yelp, TomTom, Pagine Gialle, Tripadvisor, Apple Maps, Bing,
Foursquare, Facebook.
E come funziona lalgoritmo di Google nella sua veste local? Ecco quali
fattori tiene in considerazione.
Pertinenza: si pu migliorare indicando informazioni corrette e
complete.
Distanza: oltre ad accertarsi di aver indicato la corretta posizione
dellesercizio commerciale, su questo aspetto non si pu agire pi di
tanto.
Evidenza, cio quanto unattivit nota sul territorio: alcune lo
saranno pi di altre e ci, probabilmente, trover una corrispondenza
anche nei risultati local online (quindi diventa importante la
promozione della propria attivit in senso pi ampio, anche offline).
A livello metodologico di ottimizzazione, per quello che concerne
lanalisi delle parole chiave, oltre a contemplare la ragione sociale e lo
spettro di termini che rappresenta ci che facciamo, dobbiamo anche
considerare le aree geografiche; non importa poi che la persona che cerca le
utilizzi (ricerca esplicita) o meno (ricerca implicita) allinterno della parola
chiave, Google ne terr conto da solo (grazie alle preferenze e alla
posizione dello smartphone nel globo).
Per ambire a ottenere visibilit a livello locale, oltre che il sito web,
bene ottimizzare anche la scheda allinterno di Google My Business, uno
strumento rilasciato nel 2014 che, dopo qualche anno di confusione, ha
messo ordine rispetto a tutti i servizi di connotazione locale che Google
mette a disposizione.

Ottimizzazione del sito web


Di seguito le azioni di ottimizzazione che sarebbe bene svolgere a livello
di sito web:
contemplare i termini di connotazione locale nei punti pi strategici, in
ottica SEO, della pagina e del sito web;
ripetere in tutte le pagine - magari nel pie di pagina - lindirizzo fisico
(con particolare attenzione alla combinazione NAP: Name, Address,
Phone number, quindi ragione sociale, indirizzo fisico e numero di
telefono);
adottare il codice di markup, riferito alle informazioni di natura locale,
che Schema.org suggerisce (disponibile allindirizzo
https://goo.gl/Tpzo8D).
Ottimizzazione della scheda di Google My
Business
Avere cura della propria scheda di Google My Business fondamentale.
Concretamente, significa:
contemplare il nome dellattivit, ovvero la ragione sociale con annessi
alcuni (pochi!) termini per contestualizzare;
scegliere da un elenco di categorie gi disponibili (il pi precise
possibili e senza esagerare nel numero di scelte);
NAP (Name, Address, Phone number);
specificare gli orari di apertura. Teniamo a mente che le ricerche per
negozio aperto adesso sono aumentate negli ultimi anni e per ottenere

letichetta Oggi aperto (Figura 7.8) dobbiamo specificare gli orari


(sapendo che possiamo aggiungere anche gli orari riferiti alle aperture
speciali);
inserire tutte le altre informazioni, disponibili oggi e domani, che
Google My Business fornisce.

Figura 7.8 Letichetta Oggi aperto. Questa dicitura ha il potere, in molti casi, di convertire la
visita online in una visita fisica: secondo Google il doppio rispetto ai casi rispetto ai risultati
dove non compare.

Teniamo infine a mente che:


la scheda della nostra attivit potrebbe essere gi presente perch,
tramite scansione del Web e ottenimento di informazioni via accordi
commerciali, Google potrebbe esserne gi venuto a conoscenza; in
questo caso dobbiamo rivendicarne la propriet con una specifica
procedura (cartolina postale, telefono, email e, non sempre, Google
Search Console);
ci potrebbero essere pagine duplicate del medesimo esercizio
(collegato al punto precedente);
in caso di trasferimento o cambio di numero di telefono, bene
prevedere unattivit di bonifica andando ad aggiornare - o chiedere di
aggiornare - le informazioni che ci riguardano.

Altre attivit da svolgere


Probabilmente le pi importanti perch si riferiscono a quei fattori che
hanno il maggior peso specifico:
le recensioni;
le citazioni, che dopo laggiornamento Google Pigeon (2014; maggiori
informazioni sono disponibili allindirizzo https://goo.gl/RCjXvJ) hanno
perso un po di importanza.
Alcune buone pratiche per lottenimento di recensioni:
in primis la pi semplice: chiederle; troppe volte diamo per scontato
che per il cliente la questione sia logica. Chiederle, e chiederle bene,
un ottimo primo passo;
mettere le persone nelle condizioni migliori di recensire e in questo
caso, per esempio, diventa fondamentale azzeccare il momento giusto;
offrire qualcosa in cambio;
utilizzare anche altri canali (come lemail marketing).
Per monitorare lo stato di visibilit local e della nostra scheda, Google
My Business fornisce alcune utili indicazioni.
Statistiche: come la scheda stata trovata, quante volte successo, le
azioni successe sulla scheda tra richiesta di indicazioni stradali,
accesso al sito web e telefonate, quante volte sono state visualizzate le
foto.
Recensioni, con la possibilit di rispondere.
Un collegamento a Google Analytics (se abbiamo collegato lo
strumento).
Un collegamento al canale di YouTube (se abbiamo associato un
profilo).
Ottimizzare per Google e per lecosistema immediatamente attorno,
significa poi amplificare ulteriormente la propria visibilit ad altri sistemi;
per esempio Google tiene in considerazione ci che succede in Foursquare
(oltre che su Yelp e Facebook) e le informazioni qui depositate, vengono
utilizzate a loro volta da sistemi quali Pinterest e Uber, per esempio.
Google News
Probabilmente a tutti successo, almeno una volta nella vita, di cercare e
leggere una notizia su Google News, lo strumento di Google che aggrega
notizie da oltre 50.000 fonti - approvate - nel mondo.
Considerando laffermarsi dello strumento stesso ma, soprattutto, il fatto
che nelle pagine dei risultati di ricerca (SERP) sempre pi spesso vengono
richiamati dei contenuti proprio da Google News (a oggi ci si attesta attorno
a un 12%) facile intuire quanto questo rappresenti una forte tentazione per
ottenere - una volta classificati come fonte autorevole - visibilit, traffico e
credibilit.
In termini di traffico al sito web ci sono pareri discordanti, che
certamente dipendono dal punto di partenza: qualcuno afferma che Google
News possa descrivere il 15% del traffico complessivo, altri testimoniano di
aver incrementato la visite di un +300% circa; casi specifici e traffico a
parte, il grande vero risultato che si ottiene, indirettamente, nellessere
inclusi in Google News la credibilit.
Google News rappresenta probabilmente uno dei pochi scenari dove
lapproccio SEO viene sensibilmente ribaltato: mentre molte linee guida e
requisiti tecnici SEO sono mantenuti e rispettati, il pensiero alla base
diverso, infatti vince la notizia, il fatto di cronaca, la tempestivit del
contenuto e quindi si salta a pie pari il percorso comprensione dei bisogni,
ricerca delle parole chiave, produzione di contenuti ecc..
Le altre due grandi differenze.
Non tutti sono abilitati, per definizione, a essere ammessi a Google
News: semplificando con laccetta, possono accedervi solo siti di
informazione, di notizie. Sono esclusi, per esempio, siti con annunci di
lavoro, rubriche di consigli, previsioni del tempo, quotazioni di borsa,
inserzioni immobiliari, contenuti puramente informativi, istruzioni
pratiche.
necessario soddisfare dei requisiti generici, tecnici, qualitativi e, per
cos dire, aziendali.

Requisiti generici
Se manteniamo lattenzione sul fatto che si tratta di Google News e
quindi di notizie, questi sono i requisiti pi semplici da intuire, che si
rifanno quasi a uno stampo giornalistico:
il contenuto deve essere riferito a eventi recenti (resoconti o analisi);
deve essere originale;
non deve essere fuorviante rispetto allidentit del proprietario o allo
scopo primario del sito web.

Requisiti tecnici
Le pagine web, nella loro composizione, devono seguire le seguenti linee
guida.
Le notizie devono essere ospitate nello stesso dominio del progetto
principale.
Se nella pagina web sono presenti anche contenuti aggregati da altre
fonti, dobbiamo mettere Google nelle condizioni di distinguerli
chiaramente dai contenuti originali (scritti da noi). Per consentire
questa distinzione ci sono alcune strade: destinare i contenuti riferiti
alla news, per esempio, allinterno di una cartella dedicata
(http://www.miosito.it/news), oppure non consentire a Googlebot-news la
scansione di contenuti che non siano notizie (tramite robots.txt o un tag
<meta> specifico).
<meta name="Googlebot-News" content="noindex, nofollow">

Gli URL degli articoli devono essere univoci e permanenti.


Lncora che cela un link in HTML, dovrebbe contenere qualche
parola chiave riferita ai contenuti dellarticolo.
Google, in questo caso, non in grado di procedere con la scansione di
file JavaScript, link grafici, link contenuti in frame, PDF bens solo ed
esclusivamente HTML.
Tramite file robots.txt bisogna essere certi di non bloccare
lindicizzazione dei contenuti agli spider Googlebot e Googlebot-
news.
I contenuti devono essere presentati in ununica lingua (e la codifica
UTF-8 quella preferita da Google).
Circa i contenuti multimediali, a oggi Google fa ancora fatica in tal
senso: piuttosto legge il testo alternativo a supporto di tali contenuti
(per esempio la traccia audio) e solo con YouTube riuscito a
includere dei video nelle news.
Il sito web che ospita la news deve caricarsi velocemente ed essere
ottimizzato per mobile. E anche se non ufficialmente un requisito,
molti iniziano a parlare anche di AMP (Accelerated Mobile Pages)
come unopportunit da cogliere se si progetta il sito web nellottica di
provare a farlo finire dentro Google News.
Non un requisito, ma caldamente consigliata la creazione di un file
sitemap.xml (Figura 7.9) dedicato alla news (da indicare a Google tramite lo

strumento Google Search Console).


Figura 7.9 Dettaglio di una voce (URL) nel file sitemap.xml pensato per Google News.

Perch caldamente consigliato? Perch, come per le pagine web, il file


sitemap.xml consente a Google, in maniera molto snella, di identificare e

scansionare gli URL dellarticolo, di individuare immediatamente elementi


chiave (come il titolo e la data di pubblicazione), di comprendere la natura
del contenuto (grazie ai tag <access> e <genres>). Naturalmente anche questo
tipo di file deve sottostare a delle indicazioni precise:
devono essere riportati solo gli URL riferiti agli articoli scritti negli
ultimi due giorni;
il file sitemap.xml non pu contenere pi di 1000 URL (per si possono
creare pi file sitemap.xml se gli URL sono di pi);
un nuovo articolo non deve creare una sitemap ex novo, piuttosto deve
andare ad aggiornare un file sitemap.xml esistente.

Google suggerisce alcuni strumenti di terze parti (non sviluppati


direttamente da Google stesso) e li elenca allindirizzo https://goo.gl/nW46pj.
Inoltre per favorire la comprensione del contenuto, Google ha messo a
disposizione un tag <meta> specifico:
<meta name="news_keywords" content="parola chiave 1, parola chiave 2, ... parola
chiave 10 ">

Anche se apparentemente ci potrebbe far tornare in mente il buon


vecchio tag <meta> con valore <keywords>, del quale noi SEO, in passato,
abbiamo abusato, in realt si tratta di un tag <meta> il cui obiettivo solo
quello di dare una mano a Google a meglio contestualizzare. Ci sono un
paio di linee guida:
il numero massimo di parole chiave/frasi chiave dieci;
le parole chiave a sinistra - scritte per prime - non hanno un peso
specifico superiore rispetto alle ultime.
E se il sito web prevede formule di abbonamento per consentire la lettura
delle notizie, dobbiamo adottare pratiche come il First Clic Free per far s
che Google riesca comunque ad accedervi, altrimenti rischiamo di inibire,
lato motore di ricerca, lindicizzazione del contenuto.

Requisiti qualitativi
Poich prima di tutto ci sono le persone, anche questi requisiti devono
essere rispettati:
non devono essere presenti errori di grammatica e battitura;
deve essere posta attenzione allesperienza di navigazione e lettura,
quindi occorre creare unimpaginazione, un layout che la favorisca;
la presenza di annunci o prodotti pubblicitari deve essere contenuta e
sicuramente non in misura superiore al contenuto stesso;
il contenuto deve avere un certo livello di approfondimento e includere
il parere di esperti, numeri e dati a supporto;
(non un requisito tecnico e quindi lo annoveriamo qui) il testo
dovrebbe essere di almeno 300 parole. Daltra parte, vediamola cos: si
riesce davvero a fornire un contenuto rilevante di valore, connesso a
una notizia, con meno di 300 parole?

Requisiti aziendali
Nellottica della trasparenza, necessario dedicare dello spazio anche a
chi lavora dietro le news. Ecco come:
gli articoli devono riportare data e autore;
devono essere presenti le biografie degli autori (meglio se assieme alle
foto) e le informazioni di contatto quali indirizzi postali, indirizzi
email, numeri telefonici, profili sui social network (se ci sono).
Attenzione che un form da compilare non contemplato tra i metodi di
contatto;
dovrebbe esserci una pagina Redazione, che avvalori il concetto di
trasparenza nellottica di confermare chi c dietro al progetto;
dovrebbe esserci una pagina Disclaimer in cui descriviamo la propriet
intellettuale dei contenuti.
Ma sufficiente rispettare questi requisiti? Pi o meno.
Per essere inclusi in Google News bisogna innanzitutto chiederlo. Esiste
un processo per richiedere linserimento (disponibile a questo indirizzo
https://goo.gl/knDWSh) che pu durare da una a tre settimane (poich

manualmente eseguito).
E anche se, tecnicamente, tutti i requisiti sono rispettati, il controllo
umano che c alla base potrebbe decidere, per aspetti esterni a queste linee
guida, di non includere il sito in Google News.

Linee guida SEO


Di seguito sono elencate alcune linee guida - non ufficiali - pi
direttamente riconducibili alla SEO.
bene che la parola chiave principale sia contenuta nel titolo (nella
headline).
La headline (lunga al massimo 110 caratteri) dovrebbe essere
qualificata con il tag HTML <h1> e non dovrebbe contenere, al suo
interno, altri tag (per esempio <span>).
Pubblicare di frequente una cosa positiva.
Spezzare il contenuto in pi blocchi di codice sorgente, adottando la
pratica del Leggi di pi per esempio, potrebbe generare delle difficolt
di scansione del contenuto.
La matrice interna di link gioca un ruolo molto importante ed cosa
buona e utile rifarsi, tramite dei link interni, a quelli che vengono
denominati topic hub, quasi delle pagine di categoria.
bene seguire le linee guida di Schema.org dedicate agli articoli
(disponibili allindirizzo https://goo.gl/AJxPvN) per far meglio
comprendere lorganizzazione delle informazioni e la natura dei
contenuti a Google. E per ottenere una presentazione direttamente
sulle SERP pi accattivante e in grado di catturare lattenzione di chi
cerca (Figura 7.10).
Figura 7.10 Come una notizia, opportunamente etichettata con i dati strutturati (per
esempio Schema.org) viene presentata direttamente nelle SERP.

Risposta al fenomeno delle notizie false


Linizio del 2017 stato contraddistinto anche dal grande tema delle
notizie false.
Si tratta di un fenomeno pi grande che non riguarda solo Google News e
va oltre Google, ma facile comprendere che il motore di ricerca di
Mountain View sia stato chiamato in causa in quanto principale fonte di
accesso alle news stesse.
Non entrer nel merito del fenomeno, bens delle implicazioni pi
immediate e dirette frutto delle novit rilasciate ad aprile 2017.
Con una notizia pubblicata nel blog ufficiale (disponibile allindirizzo
https://goo.gl/M15pI9) Google conferma ladozione delletichetta Fact Check
(Figura 7.11), ovvero articolo di verifica dei fatti, ai contenuti in tutte le
lingue e ai risultati della ricerca web, non solo di Google News.
In sostanza, gi dalla pagina dei risultati di ricerca, Google:
far immediatamente capire che il risultato contiene la verifica dei fatti
di uno o pi affermazioni pubbliche;
evidenzier la dichiarazione e chi lha fatta;
indicher se una fonte ha verificato tale dichiarazione.
una prima risposta alla tutela della trasparenza rispetto al tema delle
notizie false, non sicuramente la soluzione perfetta e risolutiva. E
comunque, per essere classificati come fonte autorevole, bisogna anche
rispettare i requisiti di cui sopra, oltre che adottare le indicazioni di
Schema.org proprie per il fact checking ovvero ClaimReview (si veda
allindirizzo https://goo.gl/yZkWBY e https://goo.gl/rd0zdX).

Figura 7.11 Come Google indica, direttamente nelle SERP, che una notizia supportata da
Fact Check.
Google Immagini
In questo caso vediamo prima le cose da fare per ottenere visibilit sul
canale Immagini di Google e solo dopo riflettiamo sul perch lavorare in tal
senso. La scelta legata ad alcune recenti novit che, effettivamente,
devono far ripensare alle ragioni per cui procedere a questo tipo di
ottimizzazione.
In primis confermiamo che ottimizzare le immagini ha due derive
immediate:
come si scriveva pocanzi, ottenere visibilit su Google Immagini;
consentire a Google di comprendere ancora meglio la natura del
contenuto (un obiettivo che, lato SEO, non deve mai essere perso di
vista).
Ecco le linee guida da applicare (anche in ottica SEO).
Come prima cosa, se utilizziamo immagini trovate in Rete,
verifichiamo che la relativa licenza ci confermi la possibilit di
utilizzarle. Se cerchiamo proprio tramite Google Immagini, esiste un
filtro che ci facilita. Lo si trova con un clic su Strumenti / Diritti di
utilizzo e poi scegliendo uno dei quattro filtri a seconda dellobiettivo
(Figura 7.12).
bene ridurre le dimensioni (in termini di kilobyte) dellimmagine,
senza per intaccarne la qualit. Ci sono alcuni strumenti gratuiti
online che rendono facile questo tipo di attivit (per esempio:
https://goo.gl/5xrZll, https://goo.gl/3OUqEJ).
Figura 7.12 Il filtro di Google Immagini che consente di trovare materiale che possiamo
liberamente utilizzare.

La dimensione dellimmagine deve essere ridotta prima del caricamento


e non corretta solo dopo; se carichiamo unimmagine grande (e pesante) e
poi ne riduciamo le dimensioni quando viene visualizzata tramite le
opportune istruzioni HTML (width, height), in realt continueremo a servire
unimmagine pesante che impiegher del tempo prima di essere visualizzata
(dalla persona) e scaricata (da Google).
Se stiamo agendo su immagini gi presenti allinterno della nostra
pagina web possiamo verificare con lo strumento disponibile
allindirizzo https://goo.gl/owOp1H (che non lunico) che alcune delle
immagini non stiano rallentando il caricamento della pagina perch
troppo pesanti.
Se limmagine stata creata tramite una macchina fotografica o uno
smartphone, molto probabile che i dispositivi abbiano lasciato delle
tracce. Queste informazioni si chiamano dati EXIF e Google afferma
di essere in grado di leggerle, ma non chiaro se vi sia un impatto lato
SEO (https://goo.gl/7YUZFW). Daltra parte queste informazioni, in una
qualche misura, pesano sulle dimensioni (kilobyte) complessive del
file, quindi potremmo valutare anche di eliminarle (con strumenti tipo
View Exif online, https://goo.gl/HbKEHB).
Google suggerisce i formati JPG e PNG, tenendo in considerazione
peso, grado di compressione, ottimizzazione e qualit.
Supponendo che limmagine venga inserita allinterno di una pagina
web e che i contenuti di questa pagina siano stati ottimizzati per una
parola chiave, sarebbe bene ripetere tale parola chiave anche nel nome
del file, quindi parola_chiave.jpg anzich ABC123.jpg; negli attributi title e
che si possono aggiungere allimmagine (Figura 7.13). Lattributo
alt

title indica quella porzione di testo che compare se, con il cursore, ci
fermiamo sopra limmagine; mentre lattributo alt designa quella
porzione di testo che viene visualizzata se limmagine, per qualche
ragione, non viene caricata (solo Internet Explorer utilizza lattributo
alt come gli altri browser utilizzano title). Entrambe le informazioni

vengono lette da Google: <img


src="http://www.miosito.it/immagini/parola_chiave.JPG" alt="Qui ci va

. Poich title e alt


l'attributo ALT" title="E qui ci va l'attributo TITLE" />

hanno scopi diversi, sarebbe cosa buona e giusta non ripetere la


medesima parola chiave. Si pu sfruttare la didascalia per confermare
la parola chiave, ed anche importante ottimizzare il contenuto
testuale immediatamente attorno allimmagine (quello che,
fisicamente, si distribuisce attorno alla creativit).
Figura 7.13 Come corredare - dal CMS Wordpress - unimmagine degli attributi title e alt.

Se il sito web fa ampio utilizzo di immagini - perch, magari, si tratta


del mezzo migliore per esporre il messaggio (pensiamo, per esempio,
agli e-commerce di abbigliamento) - pu aver senso realizzare un file
sitemap.xml riferito alle immagini (e non alle pagine web, quindi) con un

limite di 1000 immagini per pagina (Figura 7.14) da dare in pasto a


Google sempre tramite Google Search Console.
Figura 7.14 Dettaglio del file sitemap.xml per le immagini.

Se sappiamo che i nostri contenuti si prestano a essere condivisi nei


social network, tra le righe di codice che danno istruzione ai Facebook,
Twitter e Pinterest di turno su come far apparire il pezzo di contenuto,
bene contemplare anche limmagine (Figura 7.15).
Figura 7.15 consigliabile prevedere di utilizzare limmagine anche qualora il nostro
contenuto dovesse essere ripreso e condiviso nei social network (fonte: yoast,
https://goo.gl/c3nixy).

Un appunto sulle anteprime, ovvero le immagini di dimensioni ridotte


che facile trovare, per esempio, nella pagina di categoria di un e-
commerce (la pagina che, di solito, sta prima della scheda del prodotto).
In molti casi quello che succede che limmagine una sola e il CMS,
quando deve pubblicare la foto come se fosse unanteprima (thumbnail)
altro non fa che ridurne le dimensioni via HTML; ecco, questo non un
comportamento propriamente corretto soprattutto se le immagini nella
pagina di categoria sono numerose.
Il suggerimento di gestire separatamente queste immagini come se
fossero dei file diversi.
Naturalmente anche le immagini possono essere introdotte meglio a
Google tramite alcune istruzioni specifiche contenute nel protocollo
Schema.org (https://goo.gl/rsp26H). In questo caso limplementazione del
codice di markup particolarmente interessante per due ragioni.
La prima che, in associazione alla ricerca di un prodotto da mobile,
Google in grado di corredare lo snippet anche dellimmagine del prodotto
stesso (Figura 7.16). Si tratta di un elemento visivo molto forte e in grado di
raccogliere lattenzione - e il clic - della persona che cerca. Lo specifico
codice di markup per ottenere questo risultato disponibile allindirizzo
https://goo.gl/wOXloZ.
Figura 7.16 Il risultato, corredato da una foto, di una ricerca per prodotto su Google da
mobile (fonte: Search Engine Land https://goo.gl/cK6A1Y).

La seconda ragione strettamente correlata a una notizia del 10 aprile


2017 (fonte: Google Webmaster Central Blog, https://goo.gl/ssaqZz). In
sostanza, grazie a una migliore comprensione dellimmagine - e del
contesto - Google inizia a suggerire degli ambiti di applicazione del
prodotto nellimmagine. Lo screenshot della Figura 7.17 render pi facile
la comprensione del passaggio.
Figura 7.17 Google inizia a suggerire oggetti simili allimmagine data come input.

Perch tanto importante questo passaggio? Ricollegandoci allapertura


del paragrafo, importante perch fornisce alle persone una nuova
consapevolezza allimmagine e ci introduce allutilizzo dellimmagine
come input primario della ricerca (con lo smartphone che sostituisce,
nellimmaginario, i nostri occhi - e le nostre dita).
Nellarticolo citato sopra si legge:
The Similar items feature enables users to browse and shop inspirational fashion photography
and find product info about items theyre interested in
La funzionalit degli oggetti simili consente alle persone di navigare - e comprare - partendo
da unimmagine di ispirazione per poi trovare prodotti che potrebbero essere interessati ad
acquistare

Questo passaggio dovrebbe richiamare anche a una delle pi recenti


novit di Pinterest: Pinterest Lens (https://goo.gl/4JSaVZ), grazie alla
tecnologia, in grado di riconoscere limmagine catturata e di ripresentarne
di simili, anche in contesti di utilizzo diversi.
Se quindi vediamo la ricerca per le immagini come una nuova possibile
frontiera della ricerca di domani - coadiuvata dallesplosione degli
smartphone e dallavanzamento della tecnologia - naturale tornare ad
assegnare una certa dignit allottimizzazione delle immagini in ottica SEO
e di ricerca.
YouTube
Il secondo motore di ricerca pi utilizzato al mondo YouTube.
E ci sono fior fiori di statistiche che evidenziamo lesplosione del
consumo di video online (complice la diffusione degli smartphone e la
sempre maggior affidabilit della tecnologia, 4G e WiFi in testa). Ne
riportiamo per completezza alcune, rilevate ad aprile 2017 (ma prendiamole
con le pinze, lobiettivo descrivere lenormit del fenomeno):
pi di 1 miliardo di visitatori unici al mese;
ogni minuto vengono caricate 100 ore di nuovi video;
YouTube rappresenta il 14% del traffico mondiale;
ogni mese vengono visualizzate oltre 6 miliardi di ore di filmati
(praticamente quasi unora per ogni essere umano presente sul pianeta
Terra).
Qualora il nostro progetto web dovesse presentarsi bene anche sotto
forma di video, ne deriva che ha assolutamente senso ottimizzare, lato SEO,
i nostri video per ambire a ottenere una sempre maggiore visibilit su
YouTube.
Anche in questo caso ha senso partire dalla ricerca delle parole chiave e
per tale ragione introduciamo due strumenti che possono essere utili:
Keywordtool.io (https://goo.gl/rNohtQ) che consente, partendo da un
termine, di ottenere parole chiave correlate per, su YouTube (Figura
7.18).
Figura 7.18 Keywordtool.io consente di esplorare le parole chiave utilizzate dalle persone su
YouTube.

vidIQ Vision (https://goo.gl/ztKdIi) unestensione per il browser


Chrome che consente di comprendere quali sono i tag (le parole
chiave) associate a qualsiasi video presente su YouTube (Figura 7.19).
Relativamente alla lista di parole chiave sulla quale andiamo a costruire
strategia e contenuti, ricordiamo di contemplare il termine video perch una
buona percentuale di ricerche che restituisce dei video non avviene su
YouTube, bens su Google (solo che qui ci siamo abituati a esplicitare il
termine video se vogliamo che Google ci restituisca davvero dei video).
Per ambire a ottenere visibilit su YouTube tramite i video che andremo a
pubblicare, utile sapere quali sono i fattori che definiscono il grado di
visibilit da associare al singolo contenuto. Vediamoli di seguito.
Figura 7.19 Lo strumento vidIQ Vision consente di vedere i tag - e non solo - dei video su
YouTube.

Fattori relativi alla fruizione del video


Iniziamo da questi fattori perch il primo elemento che vogliamo far
emergere quello del valore: cos come nella SEO, su YouTube non si
vince azzeccando la combinazione giusta dei vari fattori, bens creando
contenuti interessanti e coinvolgenti. E se la cosa non ci piace, dobbiamo un
po arrenderci a questa direzione presa da Google perch quello che sta
succedendo, di fatto, laffermarsi - nellalgoritmo - di metriche e variabili
che descrivono la nostra reazione al video: se ci piaciuto e se non ci
piaciuto, entrambi i sentimenti andranno a impattare sulla visibilit dello
stesso.
Di seguito i fattori relativi al grado di coinvolgimento sul singolo video.
Il tempo di visione: fattore che fa riferimento alla capacit del video di
trattenere la persona non solo sul video stesso, ma sullintera
piattaforma YouTube.
La fidelizzazione del video: la percentuale del video che viene
visualizzata (dove il 100% rappresenta la visualizzazione totale,
dallinizio alla fine).
Le visualizzazioni: che per, dal 2012, sono sempre meno importanti
anche perch troppo facilmente manipolabili (leggasi: comprate).
Il fatto di essere inclusi nelle playlist (che sono suggerite sia a fronte di
una ricerca su YouTube che su Google) e sono una sorta di segnale
esterno.
Lessere aggiunti tra i preferiti (simile alle playlist).
Le azioni social, quindi il like, il commento, la ricondivisione, anche
se non hanno un impatto diretto nel posizionamento del video.

Fattori relativi al video


Ci sono poi delle azioni che possiamo fare immediatamente sul video,
anche prima di caricarlo nella piattaforma. Complessivamente hanno un
peso specifico inferiore per anche vero che le risorse necessarie per
compiere tali azioni non sono dispendiose, quindi ha senso farle.
Una premessa importante: la maggior parte di queste informazioni, dove
possiamo inserire la parola chiave, ha una buona efficacia nelle prime ore
dal caricamento perch aiutano Google/YouTube a comprendere la natura
del video, ma pi passano le ore, pi questi fattori cedono il passo a quelli
che abbiamo letto pocanzi.
Ecco i fattori sui quali possiamo agire, a livello di singolo video (forse
ricordano le pratiche SEO pi tradizionali).
Titolo: un fattore interno e bisogna tenere a mente che compare nei
risultati di ricerca, potendo quindi impattare positivamente, o
negativamente, sul CTR.
Descrizione:
- Le prime dieci parole circa saranno visibili nei risultati di ricerca,
quindi avranno un ruolo sul CTR;
- le prime frasi sono importanti perch sono visualizzabili
immediatamente senza dover necessariamente esplodere la descrizione
(quando siamo in modalit di visualizzazione del singolo video);
- contempliamo le parole chiave strategiche per i nostri obiettivi, ma
non sotto forma di elenco puntato ( contro le norme di YouTube e non
genera valore per la persona che si appresta a vedere il video);
- consideriamo link di approfondimento (ad altri video, a un sito web)
e una call-to-action;
- ci sono anche i sommari, ovvero la possibilit di avanzare
direttamente a uno specifico punto del video.
Tag: importanti soprattutto nelle prime ore post caricamento e per
comparire tra i video correlati. In tal senso bene utilizzare
simultaneamente tag specifici (come le parole chiave utilizzate nel
titolo e nella descrizione, per primi) ma anche generici. Utilizziamo
tutti i 500 caratteri disponibili.
una buona pratica considerare la parola chiave nel nome del file.
HD: non ufficiale, ma facendo delle ricerche sembra evidente che
Google strizzi locchio ai video registrati in alta definizione.
Sottotitoli: mediante il caricamento di un file di testo, possiamo
aggiungere i sottotitoli al nostro video. Alcuni benefici, in ordine di
importanza: consentiamo a chi non in condizione di sentire, di fruire
comunque il nostro video; Google legge e digerisce le informazioni
contenute nei sottotitoli; inoltre, se un video presenta questa opzione,
tale caratteristica immediatamente disponibile tra i risultati di ricerca.

Fattori relativi al canale


Tutto sommato ha senso che anche chi sta dietro alla creazione e
distribuzione di video possa avere un valore nel determinare la visibilit del
singolo contenuto; un po come dare per scontato che un giornalista
autorevole scriver un pezzo che merita di essere letto: il pi delle volte il
ragionamento regge.
Ecco i fattori che YouTube tiene in considerazione e osserva:
il titolo, la descrizione e i tag a livello di canale (per comprenderne
meglio la tematica);
il numero di iscritti e la capacit di attirare nuovi iscritti (lambizione
grande, grandissima, in questi casi finire su Sfoglia i canali la
sezione di YouTube dove, sulla base dellargomento, vengono
suggeriti i migliori canali);
lautorevolezza del canale che, anche se non ufficialmente, sembra
venga calcolata prendendo in considerazione elementi come
lanzianit, le caratteristiche del profilo di Google Plus collegato, il
sito web associato, i link esterni verso il canale, i commenti, la
frequenza di pubblicazione dei video;
e infine il tasso di attivit, intesa come commenti, azioni social che
avvengono direttamente sul canale.

Fattori esterni a YouTube


Poich, alla fine, sempre di Google si tratta, facile dedurre come
lalgoritmo tenga in considerazione anche segnali esterni alla piattaforma
per comprendere il grado di apprezzamento di un contenuto video. Nello
specifico vengono considerati:
quante volte un video viene incorporato in altre pagine web;
il suo grado di diffusione nei social network.
In tal senso potrebbe essere interessante e strategico:
aggiungere il pulsante Guarda il video nella pagina Facebook;
rimandare al canale con un pop-up che suggerisce liscrizione al
medesimo (cos evitiamo di far fare un ulteriore clic alle persone),
basta aggiungere ?sub_confirmation=1 alla fine del link al canale;
aggiungere, nel nostro sito web, il widget per favorire liscrizione al
canale.
Ma laspetto che pi dobbiamo tenere a mente - perch YouTube lo tiene
ampiamente in considerazione - lesperienza complessiva delle persone
sulla piattaforma: dobbiamo essere bravi a intrattenere sul video, sul canale,
su YouTube. Ne deriva quindi che creare delle playlist tematiche oppure
legare i video uno allaltro (per esempio tramite le annotazioni) sono
strategie utili per favorire il fatto che la persona continui a visualizzare i
contenuti uno dopo laltro.

YouTube Analytics
Per capire se le risorse che stiamo investendo su YouTube ci stanno
ripagando, Google ha reso disponibile un buon numero di report di analisi
statistica.
Poich stiamo parlando di SEO per i video, in questo caso facciamo
esclusivamente riferimento al report Sorgenti di traffico (Figura 7.20).
Figura 7.20 Il report Sorgenti di traffico nelle analytics di YouTube.

Per comprendere lefficacia o meno delle nostre attivit di ottimizzazione


dei video e del canale, quello che dobbiamo attenderci un incremento
delle visualizzazioni e, soprattutto, del tempo di visualizzazione
relativamente alla voce Ricerca su YouTube. Tra laltro, facendo clic sulla
voce, accediamo a un report successivo che ci fa vedere per quali parole
chiave YouTube ha suggerito, e fatto visualizzare, un nostro video, con
limite alle prime 500 combinazioni per volume di utilizzo (Figura 7.21).
Figura 7.21 Analytics di YouTube: il report Sorgenti di traffico in Ricerca su YouTube.
PDF
Effettivamente la documentazione disponibile in formato PDF,
soprattutto nellambito della ricerca, rischia di essere vista come una cosa
secondaria, meno importante. Complice il fatto che spesso si tratta di
materiale tecnico e di non immediata comprensione e che Google, a ogni
modo, non li restituisce tra i risultati cos di frequente, la riflessione in
apertura di paragrafo comprensibile. Comprensibile ma sbagliata.
Sono numerosi i contesti dove, invece, si utilizza Google per rintracciare
informazioni di natura tecnica, spesso contenute in file PDF.
Di recente, per preparare un evento presso la sede di un cliente, abbiamo
intervistato gli interlocutori a cui il cliente stesso si rif; dallintervista
emersa, tra gli altri, una chiara abitudine di questi professionisti: utilizzare
Google, da smartphone, per rintracciare le schede tecniche di un dispositivo
quando non hanno un computer o un tablet a disposizione; e c di pi,
ricercare linformazione in formato PDF perch non ci sono pubblicit,
pop-up, elementi di distrazione. Il PDF serve aperto e sempre disponibile
per svolgere delle attivit.
Anche solo questo scenario ci deve portare ad affermare che svolgere
delle attivit SEO sui file in formato PDF ha assolutamente senso.
Riprendendo lintroduzione del capitolo - la teoria alla base la
medesima della SEO tradizionale - ecco di seguito le peculiarit che
dobbiamo seguire quando siamo in questo particolare contesto di
ottimizzazione.
In molti casi il file PDF viene salvato, come tale, dopo aver elaborato
dei contenuti tramite un editor tipo Microsoft Word. Gi qui c un
passaggio critico: affinch il PDF risultante venga correttamente
scansionato anche da Google, necessario salvare il file in formato
text-based; lalternativa salvarlo alla stregua di unimmagine (anche
se lestensione sempre .pdf) ma in quel caso Google non sar in
grado di leggerne i contenuti.
Oltre alle pratiche lato SEO che hanno a che fare principalmente con il
contenuto testuale (parola chiave principale, parole chiave
secondarie/correlate, impaginazione, header di formattazione - H1, H2,
H6 -, immagini, enfasi, bilanciamento dello spazio con i paragrafi)
bene riportare la parola chiave anche nel nome del file e in alcune
meta informazioni che stanno nei dettagli del file (se ne pu prendere
visione tramite i software che si utilizzano per creare il PDF): titolo,
descrizione, informazioni sullautore, parola chiave ecc.
I software di creazione dei PDF - come, per esempio, Adobe Acrobat -
consentono di salvare il file riducendone le dimensioni, senza intaccare
la qualit, prevedendo la fruizione del documento stesso da Web
(Optimize the PDF for fast web view).
Una buona pratica quella di contemplare sempre un link: qualsiasi
link, a una qualsiasi risorsa/sito web (purch non sospetto o contenente
spam). Lobiettivo quello di evitare che lo spider di Google, una
volta entrato nel PDF, si ritrovi in un vicolo cieco, ovvero non sia in
grado di proseguire la scansione verso altri documenti; sar costretto a
fare marcia indietro tornando su una risorsa che ha gi
precedentemente scansionato e questo non gli piace molto.
Contemplare un link allinterno di un PDF, anche un semplice link alla
home page del nostro sito web, gi la soluzione alla questione.
Infine, per fornire un pizzico di visibilit e di link, al documento PDF,
se in linea con la nostra strategia digital, potremmo condividerlo
allinterno di piattaforme sociali che ospitano i documenti PDF come,
per esempio, Slideshare e Issuu.
ASO: App Store Optimization
ASO un acronimo che sta per App Store Optimization. E che possiamo
definire la SEO per gli store dove si possono scaricare le app mobile (Apple
App Store e Google Play).
Se nella nostra strategia digitale abbiamo previsto la presenza di unapp,
ha assolutamente senso dedicare delle risorse alla ASO; principalmente per
due ragioni.
Il contesto molto competitivo: sommando le informazioni associate
ai due store, oggi al mondo sono disponibili pi di 3 milioni di
applicazioni.
La ricerca allinterno dello store (per digitazione di parola chiave o per
navigazione di categorie) rappresenta lattivit che, pi di tutte, guida
la scoperta e linstallazione di nuove applicazioni (Figura 7.22).
LASO particolarmente interessante anche per un altro motivo: una
volta rilasciata unapp dobbiamo concentrarci sul fatto che qualcuno la
scarichi; per farlo possiamo percorrere la strada di diverse soluzioni a
pagamento, ma la ASO, al netto del tempo, resta unattivit organica
(gratuita) che consentir di abbattere, complessivamente, il costo di
acquisizione di un download.
Operativamente parlando, ASO e SEO si somigliano soprattutto nelle
prime fasi.
Partiamo dallanalisi delle parole chiave. Anche in questo caso dobbiamo
riuscire a immedesimarci nel nostro possibile cliente e, soprattutto, nel suo
modo di esprimersi e ricercare; un passaggio cruciale per individuare le
prime parole chiave.
Una fonte di ispirazione per provare ad anticipare i termini utilizzati dai
nostri possibili clienti quella di analizzare i competitor - le altre app - sia
nella descrizione ma, soprattutto, nello spazio delle recensioni (dove il
cliente finale si pu esprimere liberamente).
Individuate alcune idee, lo step successivo pu essere quello di farsi
aiutare da alcuni strumenti; per iniziare a sperimentare con la ASO ne
suggerisco due: Keywordtool.io (https://goo.gl/pe3e2M) e Recommended
Keywords di Apple Search Ads, che per fornisce informazioni
esclusivamente riferite allApp Store di Apple (Figura 7.23).

Figura 7.22 Quali sono le attivit che consentono di scoprire nuove applicazioni mobile da
scaricare?
Figura 7.23 Come funziona lo strumento Recommended Keyword di Apple Search Ads.

Una volta completata la lista delle parole chiave necessario procedere a


una fase di selezione anche perch, a differenza della SEO e come vedremo
a breve, qui lo spazio molto inferiore. E, sempre prendendo le distanze da
come si agisce lato SEO, nel caso della ASO abbiamo anche degli strumenti
che ci facilitano questa attivit: il punto interessante che questi strumenti
si sono spinti fino a fornire degli indici di difficolt o competitivit (che poi
prendono nomi differenti ma indicano tutti la difficolt che si cela dietro
quella parola chiave), per esempio la piattaforma AppTweak ha inventato
KEI Keyword Efficiency Index (Figura 7.24).
Figura 7.24 Lapplicazione AppTweak e lindice proprietario KEI.

Una nota importante: non si tratta di dati ufficiali associati ai due


principali store quindi il suggerimento duplice. Primo: prendere con le
pinze queste informazioni; Secondo: analizzare i dati - riferiti al medesimo
elenco di parole chiave - utilizzando due strumenti diversi.
Lunico strumento che fornisce unindicazione simile, ma ufficiale
Apple Search Ads con lindice denominato Search popularity: pi una
ricerca popolare e, molto probabilmente, pi sar competitiva (Figura
7.25).
Una buona prassi nella selezione delle parole chiave la seguente: se
lapplicazione giovane bene inserirla in un contesto poco competitivo
rappresentato da parole chiave pi semplici, al contrario, se lapp matura e
robusta, possiamo alzare lasticella della difficolt contemplando parole
chiave pi competitive.
Una cosa fondamentale, a livello operativo, che la ricerca delle parole
chiave non unattivit che si risolve una tantum, anzi, deve essere
periodicamente ripresa, criticata e affinata.
Figura 7.25 Search Popularity di Apple Search Ads.

Ora che abbiamo un elenco di parole chiave che descrive la nostra


strategia di visibilit lato ASO, dobbiamo inserirle nei punti pi strategici.
Vediamoli uno alla volta.

Il nome dellapplicazione
Rappresenta il fattore interno pi influente.
In Google Play ha un limite di 30 caratteri mentre per App Store, da
settembre 2016, il limite stato ridotto a 50 caratteri (da 255 che era in
precedenza).
Il nome particolarmente strategico anche perch tra le prime cose che
vediamo quando facciamo una ricerca e perch, per Apple, va a comporre
lURL della scheda dellapp (quindi bene metterci delle parole chiave ed
altrettanto importante evitare caratteri speciali tipo @ o ).
Una buona regola quella di utilizzare la composizione con Nome brand
- parola chiave (Figura 7.26).
C da sapere inoltre che:
lordine delle parole contenute nel nome dellapplicazione non
rilevante a fini ASO;
il prezzo e la parola free/gratis non possono essere richiamati nel nome
dellapp (fonte: Venture Beat https://goo.gl/Is57Zp).
Figura 7.26 Anche i grandi nomi non perdono loccasione di ottimizzare le proprie
applicazioni.

Descrizione
Per Google un fattore di posizionamento mentre per Apple no.
Quindi, oltre che contemplare delle parole chiave, bene pensare alla
descrizione da un punto di vista pi alto: di marketing, di persuasione, di
conversione.
E visto che meno del 5% delle persone fa clic/tap su Leggi di pi, ne
deriva che le prime battute sono fondamentali: le prime tre righe per Apple
e i primi 167 caratteri per Google (Figura 7.27).

Figura 7.27 Quello che possono leggere le persone, senza ulteriori clic/tap, rispetto alla
descrizione di unapplicazione negli store.

Sapendo che la descrizione pu essere corredata anche da elenchi puntati


e che bene sfruttare tutti i 4.000 caratteri messi a disposizione su Google
Play, nelle prime battute bene giocarsi il perch una persona dovrebbe
scaricare quellapp, quali sono i benefici che ne trarr.

Il campo parole chiave (solo su iOS per


App Store)
Si tratta di un campo dalle caratteristiche molto stringenti e precise:
sono disponibili al massimo 100 caratteri (spazi inclusi);
bene separare i termini, ma non utilizzare gli spazi (Figura 7.28);
evitare articoli e preposizioni;
non si devono ripetere le parole chiave contemplate in altri campi
come il nome dellapp, la categoria, lazienda;
non occorre mettere sia singolare che plurale (come si faceva i primi
giorni), ora Apple gestisce bene la questione e comprende che si tratta
del medesimo concetto;
non si possono utilizzare nomi di celebrit e marchi registrati;
le combinazioni di pi parole chiave vanno inserite, ancora, parola per
parola separando con la virgola perch sar Apple, in autonomia, a
calcolare tutte le possibili combinazioni partendo dalle parole inserite
nel campo.

Figura 7.28 Come dovrebbe essere compilato il campo delle parole chiave su App Store.

E sarebbe una mancata opportunit anche utilizzare (leggasi: sprecare


dello spazio) le seguenti parole chiave perch sono intrinseche e Apple non
le considera ai fini del posizionamento: app, applicazione, iphone e il nome
delle varie categorie.

Altri punti
consigliabile riportare la parola chiave anche allinterno del nome del
proprietario dellapp (se compatibile con i fini della comunicazione
aziendale) e nei nomi dei pacchetti aggiuntivi che si possono acquistare via
in-app purchase.

Ottimizzazione della pagina


bene ottimizzare anche la pagina che presenta lapplicazione perch,
anche se non da un punto di vista algoritmico, riveste un ruolo determinante
nella trasformazione da visita a conversione, ovvero download (Figura
7.29).

Figura 7.29 Il flusso di ragionamento che dovrebbe seguire lottimizzazione della


conversione da visualizzazione a download.

Vediamo dove e come possiamo rendere la scheda pi efficace.


Icona
Lapproccio pu essere duplice: richiamare il logo del brand oppure
richiamare delle funzionalit dellapp; dipende da caso a caso (Figura 7.30).
A ogni modo licona dovrebbe essere in grado di attirare lattenzione della
persona che cerca.
Figura 7.30 Esempio di icone che richiamano il brand (Uber) e che richiamano le
funzionalit (7 Minutes).

Screenshot, immagine di vetrina e video di anteprima


Che siano lo screenshot, limmagine di vetrina (Google Play) o il video
di anteprima lobiettivo duplice: catturare lattenzione e linteresse della
persona che cerca e anticipare quella che sar lesperienza allinterno
dellapp, ed evitare che qualcuno scarichi, installi e dopo pochi secondi dal
primo accesso cancelli lapp perch si era immaginato una cosa diversa (
un segnale negativo a livello algoritmico). Un trend che vale la pena seguire
quello applicato, oramai, da moltissime applicazioni: individuare le
schermate principali con delle scritte in sovraimpressione che ne
chiariscano ulteriormente luso (Figura 7.31).

Figura 7.31 Un buon esempio di utilizzo degli screenshot.


Teniamo a mente che il 60% delle persone non va oltre il terzo screenshot
(fonte: 10 Killer App Store Marketing Tips, https://goo.gl/oUsdZj).
Dimensione
Dimensione, in megabyte.
Sottolineare che lapplicazione pesa pi di 100 Megabyte, oltre a essere
un deterrente, rappresenta anche un limite perch iOS consentirebbe di
procedere con il download solo sotto rete wireless.
Altri aspetti
La frequenza di aggiornamento, fino a dichiarazioni ufficiali, sempre
stata sospettata di essere un fattore di posizionamento; lintuizione la si
ricavava principalmente lato Google: siccome lalgoritmo - quello della
SEO - in molti contesti premia la freschezza del contenuto, perch non
dovrebbe farlo anche il suo alterego con le app?
Poi, lato Apple, l1/9/2016 arrivata la conferma (o la nuova linea guida,
dipende da dove la si guarda): obbligatorio almeno un aggiornamento al
mese altrimenti il rischio quello della cancellazione dallindice (fonte:
Apple, https://goo.gl/Gp4lGe, Figura 7.32).
Da qui, per, scaturisce un altro tema: convincere le persone che hanno
gi scaricato lapp a effettuare effettivamente laggiornamento; non una
questione lato ASO ma, in senso pi ampio, lato strategico. In questi casi
utilizzare le notifiche push ed essere persuasivi tramite la sezione Whats
new, che aggiorna delle novit dellapp, determinante (Figura 7.33).
Figura 7.32 Il numero di applicazioni rimosse da Apple da gennaio 2016; evidente il picco
di ottobre 2016.
Figura 7.33 Ecco come lapplicazione Medium racconta i suoi aggiornamenti: una modalit
geniale a mio avviso.

Se la platea dellapplicazione internazionale, bisogna cogliere


lopportunit di localizzare lapplicazione stessa su pi mercati; e tale
attivit pu essere svolta anche nei casi di mercati con una forte
compresenza di pi lingue (basti pensare agli Stati Uniti dove sia inglese
che spagnolo sono largamente parlati).
Un beneficio, non da poco, che si ottiene attraverso il processo di
localizzazione lottenimento di pi spazio - caratteri - per svolgere le
attivit ASO: agendo su due lingue, avremo infatti a disposizione due campi
descrizione, due campi delle parole chiave ecc.
Oltre alla soluzione nativa offerta da Google Play, mediante dei servizi di
terze parti possibile attuare degli A/B test sulle pagine dellapplicazione,
accedendo alla possibilit di testare praticamente ogni elemento di pagina (a
seconda delle visualizzazioni che tale pagina in grado di registrare).
Va per tenuto presente che, di fatto, queste soluzioni creano delle pagine
clone dello store che solo dopo un clic in pi rimandano effettivamente allo
store stesso; una buona occasione, ma bisogna anche considerare questo
clic in pi.
Come leggeremo a breve, il fatto che unapp gi scaricata venga
utilizzata con frequenza, un elemento tenuto in considerazione dagli store.
In tal senso pu essere interessante limplementazione dei protocolli app
indexing e deep linking affinch, a fronte di una ricerca su Google da
mobile e qualora un risultato dovesse essere associato a unapplicazione gi
presente nel telefono, Google suggerir di aprire lapp stessa, che poi verr
lanciata non nella schermata principale bens in quella del singolo
contenuto (Figura 7.34).
Figura 7.34 Applicazione di app indexing e deep linking sulle SERP di Google.

Fattori esterni di posizionamento


Le recensioni e i voti sono due tra i principali fattori di posizionamento.
giusto e facile intuire perch sia cos: sono unespressione diretta del
grado di apprezzamento - o meno - delle persone nei confronti dellapp.
Diventa quindi strategico saper chiedere la recensione alla persona giusta
e al momento giusto (solitamente un istante dopo il completamento di
unattivit con associazione positiva). Uno schema di strategica intelligente
quello evidenziato in Figura 7.35.
Figura 7.35 Strategia per chiedere una recensione (fonte: https://goo.gl/8iDJ3J).

Anche se dalla versione di iOS 10.3 per gli sviluppatori sar possibile
richiedere una recensione senza far abbandonare alla persona lapplicazione
(Figura 7.36).
Quali sono i fattori ai quali Google Play e App Store assegnano maggiore
peso?
Vediamoli di seguito:
il numero di voti;
il numero di recensioni;
il tipo di voti: una stella o cinque stelle?
il totale dei download;
la crescita del numero di download nel tempo;
le disinstallazioni;
lutilizzo: quanto spesso viene utilizzata lapp?
(solo per Google Play) il numero di backlink che la scheda
dellapplicazione ha raccolto;
la lunghezza delle sessioni di navigazione allinterno dellapp.
Come si vede chiaramente, anche nel caso della ASO lalgoritmo cerca di
capire tramite dei fattori genuini e difficilmente manipolabili se lapp
meritevole di visibilit.
Figura 7.36 Da marzo 2017 e dalla versione 10.3 di iOS, possibile chiedere di lasciare una
recensione senza abbandonare lapplicazione.

ASO Analytics
Uno spazio va dedicato alla sfera della misurazione per quello che
concerne lASO.
Mentre alcuni strumenti provano a stimare, incrociando la posizione e il
traffico generato da una parola chiave, quanti download ha generato la
singola ricerca, la verit che si tratta di assunti (Figura 7.37); assunti che
potrebbero essere ancora meno veri se, per esempio, in parallelo alle attivit
ASO stiamo svolgendo una campagna advertising di acquisizione
download. E laltra verit che i dati veri ce li hanno Google e Apple.
Attualmente non esistono strumenti in grado di fornirci lassociazione
perfetta: parola chiave-download.

Figura 7.37 Tentativi di calcolare il contributo della singola parola chiave nella generazione
di download dellapplicazione.

Esistono delle soluzioni per provare, comunque, ad avere unidea del


fatto che le risorse dedicate alla ASO generino degli effetti: per esempio
Firebase (di propriet di Google, https://goo.gl/rZzXnT) oppure passando per
lintegrazione di Admob allinterno dellSDK (il codice sorgente) dellapp,
cos facendo si otterrebbe un report allinterno di Google Analytics in grado
di incrociare sorgente e sessioni, questultima voce potremmo, per un
momento, paragonarla ai download (Figura 7.38).
Utilizzare alcuni degli strumenti ASO sopra menzionati per il
monitoraggio - pi frequente - comunque una buona pratica perch il
successo lato ASO, come per la SEO, deve passare per il posizionamento
(Figura 7.39).
Ha senso monitorare il posizionamento perch, nel tempo, potrebbero
esserci aggiornamenti dellalgoritmo (come successe per Apple verso la
fine del 2016), nuovi competitor o applicazioni che riescono a scalzarci
nelle posizioni.
Quando facciamo questo tipo di monitoraggio pi quantitativo che
qualitativo, dobbiamo tenere a mente due coordinate:
il tempo necessario per digerire nuove app, nuove versioni e nuove
parole chiave di circa due settimane;
nei primi sette giorni lalgoritmo ad alterare il posizionamento
premiando le novit, per poi assegnare la posizione pi corretta; quindi
i dati di questo arco temporale potrebbero essere falsati.
Figura 7.38 Il report che si crea facendo parlare Admob e Google Analytics.

Figura 7.39 Uno degli strumenti ASO che, tra le altre cose, fornisce indicazioni circa il
posizionamento della singola parola chiave.

Dovendo definire un elenco degli indicatori di performance (KPI) che ha


senso osservare in ottica ASO, sicuramente possiamo menzionare:
il numero delle installazioni;
il numero delle recensioni;
il posizionamento per determinate parole chiave;
il posizionamento nella categoria di appartenenza;
il tasso di conversione della pagina dellapplicazione.
In generale quello a cui ambire non il numero dei download e il costo
per download (il pi basso possibile) perch finire con la propria app nello
smartphone di tante persone che poi lapp non la useranno (o la
cancelleranno) una deriva che pu, al contrario, deteriorare la visibilit
dellapplicazione negli store. Come in tutte le cose, anche nella ASO vale la
regola meglio pochi, ma buoni.
Chiudiamo con un elenco di strumenti utili per muovere i primi passi
nellASO, disponibile allindirizzo https://goo.gl/ipk7YY.
Capitolo 8
Internazionalizzazione

Con internazionalizzazione si intende quel processo per cui vogliamo


estendere la nostra visibilit su Google anche quando la ricerca viene svolta
in una lingua diversa o da un Paese diverso da quelli principali
(strategicamente parlando).
un processo che deve riguardare anche la SEO perch risulta
fondamentale anticipare tre aspetti (uno legato allaltro):
1. Google deve comprendere com strutturata la presenza online (multi-
lingua/multi-Paese) di unazienda avendo ben chiaro qual la
relazione tra i siti web (se ce ne sono pi di uno), le pagine, i singoli
pezzi di contenuto;
2. ambire a un grado di visibilit soddisfacente anche negli altri scenari
(lingua/Paese) di ricerca;
3. far s che Google suggerisca, direttamente nella SERP, il giusto
contenuto nella giusta lingua.
I principi SEO alla base sono gli stessi, ma ci sono delle accortezze da
adottare - soprattutto tecniche - e delle cose da non fare per evitare di
mandare in confusione Google (che la questione pi diffusa quando si
parla di SEO internazionale).
Lingua e Paesi (e cultura)
Quando si decide di internazionalizzare, un passaggio obbligatorio la
definizione della strategia in termini di Paesi e lingua.
Il contesto italiano non ci aiuta molto perch qui in Italia, in pratica,
abbiamo solo una lingua riconosciuta e sufficientemente parlata, ma
esistono casi diversi: non detto che una lingua venga parlata solo in un
Paese e non detto che in quel Paese venga parlata solo quella lingua;
insomma, la lingua andata oltre i confini geografici e lassociazione
lingua = Paese diventata tanto complicata da diventare, in molti casi tra
cui quello SEO, errata.
Dobbiamo decidere quindi, a livello strategico, unottimizzazione sia a
livello geografico (Paese) che linguistico (lingua) pensando alle persone e
ai luoghi dove si trovano.
E, cosa molto importante, non c la soluzione universale perch dipende
dallazienda e dal tipo di sviluppo internazionale che questa azienda
desidera avere. Per esempio se unazienda offre prodotti diversi in Paesi
diversi e si presenta anche diversamente (valuta, prezzi, spese di
spedizione, condizioni di vendita ecc.) bene adottare un approccio
geografico (per Paese) per essere certi di presentarsi diversamente sulla
base del Paese da cui naviga la persona.
Questa soluzione va bene solo se i contenuti differiscono; se vogliamo,
invece, essere presenti in pi Paesi con la medesima lingua e i medesimi
contenuti (per esempio gli Stati Uniti, il Regno Unito e lAustralia)
dobbiamo adottare un approccio linguistico per evitare il rischio che Google
presenti i contenuti da una versione non appropriata (tornando allesempio,
contenuto dallAustralia per una persona dal Regno Unito).
Prendendo per un momento le distanze in senso stretto dalla SEO, non
dimentichiamoci che il sito web un tramite che presenta lofferta alla
domanda di mercato; tale domanda ha delle abitudini, degli usi e costumi,
delle preferenze che spesso sono annidiate nella cultura e nellambiente
dove vivono le persone.
Ecco, in ottica di business e non solo di SEO, le versioni alternative del
sito web dovrebbero tenere in considerazione anche questi aspetti: una
palette di colori sul rosso magari pu andar bene per Paesi latini, mentre
potrebbe non funzionare altrettanto bene per nazioni scandinave.
Struttura degli URL
Uno dei primi elementi di un sito web che pu subire le riflessioni di un
processo di internazionalizzazione sono gli URL.
Le possibili soluzioni sono pi di una e le pi diffuse sono le seguenti:
una ccTLD (Generic Country Code Top Level Domains) dedicata,
ovvero le lettere che stanno alla fine del dominio (lestensione) che
molto spesso hanno delle connotazioni locali (pensiamo, per esempio,
al .it);
un sottodominio, per esempio http://fr.miosito.it (in particolare la
particella fr.);
una cartella o directory con una gTLD (generic Top Level Domains)
per esempio http://www.miosito.it/fr (in particolare la particella /fr);
una gTLD (Generic Top Level Domains) con la lingua specificata
come parametro nellURL, per esempio http://www.miosito.it/?lingua=fr
(in particolare la particella ?lingua=fr);
un dominio totalmente diverso http://www.ilmiositoperilmercatofrancese.fr.

Si tratta, appunto, di soluzioni diverse che, lato SEO, hanno tutte pro e
contro.
NOTA
Queste scelte hanno ricadute anche sul marketing in senso pi ampio quindi le
riflessioni lato SEO dovrebbero giungere solo in seconda battuta.

Google, per agevolarci, ha realizzato una tabella molto utile in tal senso,
circoscritta alle prime quattro delle cinque soluzioni descritte (Figura 8.1).
Figura 8.1 Rappresentazione grafica dei pro e dei contro rispetto alle diverse soluzioni per
gli URL in scenari internazionali.

Aggiungiamo una riflessione lato SEO che non si evince direttamente


dalla tabella riportata: le prime due soluzioni prevedono la realizzazione di
qualcosa di nuovo che agli occhi di Google non pu godere
dellautorevolezza guadagnata nel tempo dal sito web; la terza soluzione,
invece, una costola di un sito web esistente, un qualcosa di nuovo che si
aggiunge a qualcosa di gi conosciuto e che potr goderne in termini di
autorevolezza ereditata/condivisa.
Moz.com, su questi diversi scenari, ha realizzato unaltrettanto utile
tabella che descrive linterpretazione del motore di ricerca rispetto agli
scenari ipotizzati (Figura 8.2).

Figura 8.2 Linterpretazione dei motori di ricerca rispetto agli scenari sopra descritti.
Annotazioni di lingua
Oltre agli URL, esistono altri strumenti mediante i quali possiamo
mettere Google nelle condizioni di comprendere con efficacia la struttura
del nostro sito web e la relazione delle diverse pagine che lo compongono.
Nel 2010 Google ha introdotto lelemento hreflang.
Cosa non ? Un fattore di ranking; adottare questa soluzione non
contribuir, a livello algoritmico, a ottenere pi visibilit su Google.
Si tratta, invece, di un attributo che pu essere aggiunto a livello di
pagina o - dal 2012 - nel file sitemap.xml (il suggerimento di propendere per
la seconda soluzione per non andare ad appesantire e rendere il codice
sorgente pi lento nel caricamento).
Esistono delle linee guida - precise - da dover seguire per poter validare
il proprio utilizzo dellattributo hreflang; di seguito:

il codice ISO delle lingue deve essere correttamente formattato (per


esempio de vale per i contenuti in tedesco indipendentemente dallarea
geografica, en-GB vale per i contenuti in inglese e per le persone dal
Regno Unito, de-ES vale per i contenuti in tedesco e per le persone che
navigano dalla Spagna);
la versione italiana di una pagina e la sua alternativa in inglese,
mediante lattributo hreflang, devono menzionarsi entrambe, in
entrambe le direzioni;
la versione italiana della pagina deve anche menzionare se stessa (a
mo di conferma);
lURL al quale si punta, tramite lattributo, deve naturalmente
funzionare;
tramite lattributo hreflang dobbiamo indicare tutte le pagine alternative
di lingua diversa, non solo alcune.
Questo un esempio di attributo applicato nellintestazione della pagina
HTML:
<link rel="alternate" hreflang="es" href="http://es.example.com/" />

Nella Figura 8.3, invece, come viene applicato lattributo hreflang


allinterno del file sitemap.xml.

Figura 8.3 Esempio di file sitemap.xml con lattributo hreflang utilizzato.

Un altro metodo utilizzato per i file non HTML (per esempio, PDF)
quello di sfruttare le informazioni passate nellheader HTTP per indicare a
Google le diverse versioni di lingua di un URL.
Se stiamo approcciando il contesto internazionale bene tenere a mente
come gli altri motori di ricerca gestiscano questi scenari un pizzico pi
complessi; Bing, per esempio, cerca di farsi unidea della relazione tra le
pagine osservando tre elementi, uno alternativo allaltro:
un tag <meta> dedicato a questa funzione (<meta http-equiv="content-
language" content="en-us"> );
il tag <html> nella dichiarazione della pagina HTML (<html lang="en-us">);
il tag <title> nella dichiarazione della pagina HTML (<title lang="en-
us"> ).

Una volta scelta e adottata la soluzione, possiamo verificarne la corretta


implementazione tramite alcuni strumenti: https://goo.gl/FbTM3m oppure
https://goo.gl/RjFdpJ .
Invece, qualora dovessimo aver fatto qualcosa di errato, teniamo a mente
che Google utilizzer Google Search Console per notificarci lerrore
(Figura 8.4).

Figura 8.4 Il report di Google Search Console dedicato alla visibilit internazionale.

bene sapere che esistono anche altri segnali che il motore di ricerca
tiene in considerazione per comprendere il profilo geografico e linguistico;
possiamo agirci meno direttamente, ma utile conoscerli:
le informazioni NAP (Name, Address, Phone number);
lindirizzo IP del servizio di hosting che abbiamo acquistato per il
nostro sito web (ma sempre meno attendibile con il diffondersi delle
CDN - Content Delivery Network - ovvero soluzioni che, virtualmente
e non fisicamente, distribuiscono i nostri contenuti nel globo per
renderli prima disponibili, perch pi vicini, a chi li cerca);
il profilo di backlink (qual la nazionalit dei siti su cui sono
presenti i link che puntano verso di noi?).
Cose da non fare
Il primo grande errore, un po nostro a dire la verit, pensare che con
linglese si ottenga copertura a livello mondiale; le imprecisioni sono due:
pensare che allestero le persone fruiscano contenuti in inglese e
contenuti nella loro lingua nativa con la stessa facilit;
non tenere in considerazione che in numerosi di contesti di ricerca
Google calcola anche la territorialit della risorsa.
E, legato a doppia mandata al primo, ecco il secondo grande errore:
tradurre il contenuto, magari facendolo fare a uno strumento. Anche qui
alcuni approfondimenti:
spesso ricorrere a degli strumenti, il primo che sovviene il traduttore
di Google, cela un atteggiamento poco attento - anche da un punto di
vista economico - allinternazionalizzazione: mancano quindi tante
delle basi per riuscire a ottenere successo in questo ambito;
alcuni termini tradotti letteralmente non sono sbagliati ma, magari, non
sono utilizzati dalla popolazione locale.
Il nome corretto dellattivit, infatti, non di traduzione bens di
localizzazione.
Oltre a questioni contenutistiche, gli errori pi diffusi sono poi a livello
tecnico e in particolare a livello di reindirizzamento: per rendere
lesperienza di navigazione pi snella, il sito intercetta la lingua del browser
della persona e lindirizzo IP della connessione per prendere al posto suo la
decisione e reindirizzare alla corretta - secondo il sito - versione in lingua.
Alcuni necessari approfondimenti:
lindirizzo IP identifica, approssimativamente, la localit della persona,
non la sua lingua;
Google utilizza IP americani per la sua attivit di scansione.
La soluzione migliore utilizzare lingua e indirizzo IP per indovinare
la lingua, chiedere alla persona di confermare (tramite un pop up in
JavaScript) e salvare queste preferenze in un cookie; questa soluzione non
mander Google in confusione (diversi siti di brand conosciuti hanno
adottato questa pratica).
Qualora non dovessimo aver pensato a una soluzione per una data lingua,
dobbiamo sapere che Google ha pensato a un hreflang neutro, una sorta di
jolly. Anche se impropriamente utilizzato per identificare la pagina di
benvenuto (dove si sceglie la lingua), hreflang x-default serve a dare una
risposta - magari in questo caso s, potrebbe essere linglese - alle persone
per le quali non abbiamo pensato a una soluzione ad hoc (Figura 8.5).

Figura 8.5 Lutilizzo corretto di hreflang x-default.

Parlando di pagine di benvenuto, un errore diffuso quello di indicare


proprio la lingua con la bandiera di un Paese; una soluzione migliore pu
essere qualcosa che assomiglia alla Figura 8.6.

Figura 8.6 Un esempio efficace di pagina di benvenuto dalla quale scegliere la corretta
versione del sito sulla base del Paese e della lingua (fonte: https://goo.gl/w2DI3M).
x-default come pagina originale di benvenuto, invece, serve per gli utenti
per i quali non prevista una localizzazione del sito web; Google Search
Console (Search traffic/International targeting) avvisa se c qualcosa che
non va.
Infine non perdiamo di vista il fatto che in Russia il principale motore di
ricerca Yandex, in Cina c Baidu, in Corea del Sud c Naver e in
Repubblica Ceca c Seznam.
Capitolo 9
SEO per gli e-commerce

Le linee guida descritte fino a questo punto sono applicabili anche a un e-


commerce, ma lo stesso caratterizzato da alcune peculiarit che ha senso
descrivere a parte e investigare meglio.
Per esempio, siccome rispetto ad altri progetti web la dimensione
economica pi accentuata - ci non significa che sia assente nelle altre
tipologie di progetti - dobbiamo stressare ancor di pi il concetto per cui la
SEO al servizio degli obiettivi dellazienda e deve modellarsi attorno alle
specifiche dinamiche della stessa; non il contrario come ancora tante volte
succede.
Inoltre, quando si parla di e-commerce, dobbiamo introdurre anche il
concetto dei vasi comunicanti che vede da una parte la SEO e dellaltra
Google AdWords. Poich un progetto di e-commerce, una volta reso
disponibile online, dovrebbe iniziare a fatturare il pi possibile quanto
prima, ha senso considerare dal principio degli investimenti con Google
AdWords per ottenere immediatamente visibilit, traffico, conversioni. Tali
investimenti, per, possono spostarsi e/o diminuire in funzione del fatto
che, man mano che il tempo passa, le attivit SEO produrranno dei
posizionamenti organici che potrebbero, appunto, consentire di
interrompere lacquisto di certi termini di ricerca per spostare il budget di
spesa su altri. Tra i due canali si crea una una relazione che muta nel tempo,
cercando di mantenere inalterata la sinergia.
La SEO, per un e-commerce, particolarmente utile perch le persone
compiono un percorso, pi o meno lungo, che nella fase iniziale passa
inevitabilmente per la ricerca di alcune risposte a delle domande, per la
ricerca di soluzioni a un problema, ancor prima di aver compreso la
necessit di acquistare un prodotto o un servizio. Per un e-commerce che
considera anche questa natura di contenuti, quindi non strettamente correlati
al prodotto e alla vendita, la strategia SEO potrebbe rivelarsi lungimirante
perch consentirebbe allazienda di mettersi in contatto - e farsi conoscere -
con il potenziale cliente ancora in una fase non sospetta.
Entriamo ora nel merito di alcuni aspetti SEO, gi discussi, che meritano
un approfondimento quando si parla di e-commerce.
HTTPS
Nel caso delle-commerce, ladozione del protocollo HTTPS (HyperText
Transfer Protocol over Secure Socket Layer) quasi un passaggio
obbligatorio dato che molto probabile che la persona, tramite form,
processo di check-out, area riservata ai clienti condivida con noi delle
informazioni.
Oltre a garantire un maggior livello di tutela verso dati non nostri,
potremo beneficiare anche del fatto che il protocollo HTTPS visto di buon
occhio da parte di Google il quale, ufficialmente, riconoscer lo sforzo di
implementazione tecnica con un incremento di visibilit sulle SERP (fonte:
Google, https://goo.gl/2yzQB6).
Crawl budget e rel=canonical
Poich un sito di e-commerce spesso consente il raffinamento della
ricerca e della navigazione tramite dei filtri, altrettanto spesso ci troviamo
di fronte a una quantit quasi esagerata di URL che, in buona percentuale,
non presentano contenuti univoci e di valore; al contrario si tratta di URL
che ripetono dei contenuti, variando una piccolissima percentuale di testo e
che possono essere visti quasi come dei duplicati.
In questo caso, quello che dobbiamo fare incanalare le risorse dello
spider di Google verso gli URL che meritano - e solo quelli - dichiarando
che ci sono altri URL che non ha senso (o non strategico) che vengano
scansionati.
Connesso al punto precedente, ripristiniamo i ragionamenti anche per il
rel="canonical": poich frequente la generazione di URL quasi duplicati che

non generano valore per la persona - e per il motore di ricerca - una mossa
saggia quella di dichiarare la relazione tra la pagina canonica e quelle clone
(Figura 9.1).
Per evitare che Google investa energie a indicizzare URL che non hanno
valore aggiunto, possiamo anche utilizzare Google Search Console e
indicare che se un URL contiene un certo parametro, pu essere ignorato
dalle attivit di crawling (Figura 9.2).
Figura 9.1 Come esplicitare la relazione tra pagine uguali tramite il rel=canonical (fonte:
Moz, https://goo.gl/7v0G9l).

Figura 9.2 Come indicare a Google, tramite Google Search Console, che atteggiamento
adottare di fronte a certi URL contenenti determinati parametri.
Sitemap.xml: pi di una
Se linventario di prodotti sufficientemente ampio, il sito web potrebbe
risultare caratterizzato da una complessa architettura informativa.
Lato SEO dobbiamo preoccuparci che lo spider di Google,
indistintamente, riesca a raggiungere, leggere e digerire tutte le pagine del
nostro sito web, tutte le pagine pi strategiche (Figura 9.3).

Figura 9.3 Un esempio di architettura informativa e di come si distribuisce lindice di


autorevolezza - lato SEO - tra pagine che stanno a livelli diversi (fonte: Kissmetrics,
https://goo.gl/XHryaI).

Abbiamo visto che uno strumento molto utile per favorire


lindicizzazione degli URL di un sito web il file sitemap.xml; possiamo
creare pi file sitemap.xml (magari dedicandone uno a ciascuna categoria di
prodotto) richiamandoli poi tramite un file sitemap.xml che funge da indice
(molto simile nella struttura, per altro, al singolo file sitemap.xml).
Un risvolto positivo che in questo modo possiamo monitorare - sempre
tramite Google Search Console - in maniera pi puntuale il processo di
indicizzazione degli URL e accorgerci, per esempio, che per una specifica
categoria di prodotti sussiste un problema.
Se avessimo aggregato tutti gli URL in un unico file, individuare la
criticit sarebbe stato pi complesso (Figura 9.4).

Figura 9.4 Come si aggiorna il pannello di Google Search Console quando abbiamo
adottato pi file sitemap.xml (nellesempio una per le pagine web e una seconda per le
immagini).
URL
Prestiamo attenzione al fatto che, in prima battuta, alcuni tra i CMS pi
diffusi per realizzare un e-commerce non generano URL parlanti e
ottimizzati, bens parametrici.
Onde evitare di dover procedere in un secondo momento con unattivit
di migrazione, preoccupiamoci di configurare dal principio il CMS affinch
gi i primi URL vengano generati applicando le linee guida SEO.
Inoltre, in alcuni casi, i CMS tendono a costruire lURL in maniera
dinamica sulla base del percorso di navigazione della persona. La
questione critica qui che, potenzialmente, si pu arrivare alla medesima
pagina di prodotto seguendo due percorsi diversi: otteniamo quindi due
URL con gli stessi contenuti, due pagine clone. Abbiamo visto che si tratta
di una potenziale criticit che meglio non perdere di vista, quindi
configuriamo il CMS affinch lURL venga costruito sulla base della
posizione di quel prodotto rispetto allarchitettura informatica - che, al netto
di ristrutturazioni, sempre quella - e non sulla base del percorso svolto
dalla persona allinterno delle-commerce.
Briciole di pane
Le briciole di pane sono quellelemento di pagina che consentono alla
persona che arriva su una data pagina di comprendere, rispetto allintera
architettura informativa, a che punto si trova (Figura 9.5).

Figura 9.5 Un esempio di briciole di pane: elemento di supporto alla navigazione.

Il risvolto positivo lato SEO che i livelli rappresentati nelle briciole di


pane (o breadcrumb) si collegano tra di loro, rafforzando quindi - tramite
appunto i link - la matrice interna di relazione tra pagine semanticamente
vicine.
Descrizione del prodotto
La descrizione del prodotto un elemento centrale e critico perch ancor
prima di strizzare locchio a Google deve essere progettata per favorire la
conversione (nel caso delle-commerce, lacquisto). E con descrizione, in
questo frangente, non consideriamo solo la parte testuale, bens un po tutti
gli elementi che costituiscono il corpo di questa pagina.
Ecco le principali cose da tenere a mente.
Applichiamo il concetto della piramide invertita: prima i contenuti
essenziali che rispondo alle prime domande che potrebbero venire in
mente al possibile acquirente.
Le informazioni principali (di cosa si tratta, a cosa serve, quale
problema risolve, disponibile, quanto costa) dovrebbero essere
immediatamente visibili a video (tecnicamente si dice sopra la piega).
Le informazioni che rispondono alle persone desiderose di pi dettagli,
possono stare sotto la piega, tanto questo profilo di persona propenso
a fare un po di fatica per trovare quello che sta cercando.
Se siamo dei distributori e utilizziamo la descrizione del prodotto
fornita dal produttore, ricordiamoci che lo faranno anche gli altri
distributori. Inoltre, tornando alla descrizione fornita dal produttore,
non dimentichiamoci che i destinatari di quel testo siamo proprio noi,
mentre i destinatari del testo che comparir nella nostra pagina web
sono diversi: sono i nostri possibili clienti. Una maniera di
differenziare il tono quello di descrivere un po meno il prodotto e
concedere pi spazio ai benefici che lacquirente ricaver
acquistandolo (naturalmente non pensiamo di risolvere questo
specifico punto con una frase da 140 caratteri).
I contenuti generati dagli utenti (commenti e recensioni) sono un
ottimo elemento che differenzier, anche agli occhi di Google, la
nostra pagina da quella di altri e-commerce che vendono lo stesso
prodotto.
In generale, cerchiamo di anticipare le risposte alle domande che
spesso non sono verbalizzate, neanche sotto forma di ricerca su
Google, ma che aleggiano nella mente del potenziale cliente quando
arriva sulla pagina.
Ultimo suggerimento, forse il pi importante: uno dei benefici della SEO
che Google porta la persona dalla SERP direttamente alla pagina del sito
web, delle-commerce, che contiene la risposta a quella domanda; questo
significa che quella persona potrebbe non transitare per la home page e per
la pagina Chi siamo. Il suggerimento quello di considerare una minima
parte - testuale, ma anche uno slogan sotto il logo - che faccia riferimento
alla azienda, ai valori, al posizionamento sul mercato.
Non dimentichiamo mai che alla base della vendita online - cos come
nella vendita offline - sussiste il concetto di fiducia: possiamo avere il sito
web meglio studiato al mondo, ma se non raccontiamo chi siamo,
probabile che la persona dallaltra parte dello schermo sia restia a fornirci la
sua carta di credito.
Immagini
In alcuni contesti di acquisto online - tipo labbigliamento - il supporto di
un elemento visivo fondamentale per la conversione.
Inoltre limmagine, proprio nel corso del 2017, si sta ritagliando un
nuovo ruolo: sta diventando quasi il primo elemento di stimolo alla ricerca.
Complice la diffusione degli smartphone e della fotocamera di cui tutti sono
dotati, si sta configurando uno scenario dove la ricerca, anzich avvenire
digitando una parola chiave su Google, avverr fotografando un oggetto di
cui vogliamo sapere di pi. Sia Pinterest (https://goo.gl/4JSaVZ) che Google
(https://goo.gl/ssaqZz) stanno esplorando questo percorso e fornendo le prime
soluzioni. Sta di fatto che, a maggior ragione, importante considerare il
supporto e lottimizzazione di elementi visivi.
Inoltre, poich molto spesso in un e-commerce, e pi specificatamente in
una pagina di prodotto, le immagini disponibili sono pi di una (da diverse
angolature e con la possibilit di zoomare), dobbiamo porre attenzione al
fatto che questo assembramento di elementi non diventi troppo pesante (in
termini di kilobyte). Dobbiamo essere attenti a ottimizzarle per ridurre il
tempo di caricamento della pagina web nel suo complesso; il tempo, ormai
labbiamo capito, ha una correlazione diretta con la capacit del sito web di
trattenere la persona sulla pagina (Figura 9.6).
Figura 9.6 La correlazione tra velocit di caricamento e tasso di abbandono di una pagina
web (fonte: Kissmetrics, https://goo.gl/3nKT9l).
Schema.org
Il protocollo Schema.org fornisce alcuni schemi di dati strutturati che
sono pensati proprio per gli e-commerce (Figura 9.7) e consentono di
fornire indicazioni su:
colore, peso, dimensioni;
relazioni tra i prodotti: un oggetto parte di qualcosa di pi grande
oppure c la possibilit di acquistarlo assieme a un secondo prodotto;
identificativo del prodotto (per esempio SKU, Store Keeping Unit);
disponibilit (intesa anche come la possibilit di vendere solo in certi
Paesi);
prezzo;
offerte (con data inizio, data fine e indicazione del prezzo ribassato);
condizioni di vendita e garanzie;
informazioni sul negozio fisico (orari di apertura e chiusura);
voti e recensioni.
Come sappiamo, adottare il protocollo Schema.org non rappresenta una
garanzia di spinta in termini di visibilit sulle SERP, ma sicuramente in
grado di impattare positivamente sulla capacit del nostro snippet di attirare
dei clic (CTR, Click-Through Rate) e quindi di portare visitatori sulle-
commerce.
Figura 9.7 Alcuni tra gli snippet, riferiti agli e-commerce, pi di frequente avvistati nelle
SERP (fonte: Kissmetrics, https://goo.gl/3nKT9l).
Condivisione nei social network
Il fatto che un URL venga postato, ma soprattutto ricondiviso, nei social
network un segnale positivo. Non si tratta del segnale esterno pi forte - e
pi efficace in ottica SEO - che una pagina pu ricevere, per un segnale
positivo.
Quindi non sbagliato offrire alle persone la possibilit di ricondividere
nei social network le pagine di prodotto di un e-commerce. Solo che
dobbiamo scegliere il modo giusto perch troppo spesso, nella foga di
aggiungere le icone di Facebook & co., si genera del rumore inserendo
quelli che in gergo vengono definiti elementi di disturbo e distrazione
(magari nelle pagine pi strategiche per lacquisto).
Quando progettiamo la scheda di un prodotto, dobbiamo mantenere il
focus su una e una sola azione: il clic sul pulsante Compra.
Le opportunit di aggiungere lo spazio Condividi su ci sono, ma sono
altrove.
Un esempio efficace quello di Amazon: una volta completato lacquisto
di un oggetto suggerisce di spargere la voce, addirittura precompilando il
messaggio con titolo, descrizione e foto gi impostati. Perfetto (Figura 9.8).

Figura 9.8 Ricondivisione nei social network appena confermato lacquisto su Amazon.
Pagine di categoria
Si tratta di una tipologia di pagina web molto importante per la SEO: qui
si possono - devono - collocare le parole chiave di prodotto (a esclusione
del nome/brand del prodotto venduto); quelle generiche, per intenderci. E si
tratta della migliore occasione per contemplare questa natura di termini.
Spesso lo si fa in corrispondenza della singola pagina di prodotto, ma il
risultato quello di cannibalizzare e farsi concorrenza internamente.
Un approccio allottimizzazione di queste specifiche pagine anche
quello di seguire lintento di ricerca delle persone.
Le pagine di categoria solitamente seguono lorganizzazione gerarchica
dei prodotti:
orologi;
orologi da donna;
orologi da donna con cinturino in pelle.
Ma a seconda del caso potrebbe essere unidea quella di creare anche
delle pagine di categorie sviluppate attorno allesigenza, alle occasioni,
allintento:
regalare un orologio;
orologi da indossare al matrimonio.
Nel cogliere questa opportunit, per, dobbiamo prestare attenzione a
non creare delle versioni di pagina troppo simili tra di loro perch rischiamo
di ridurre il nostro crawl budget in quanto Google potrebbe classificare
come non di qualit queste nuove pagine.
Una maniera per differenziarle quella di contemplare del contenuto
testuale - che piace tanto a Google e che fa tanto bene alla SEO - univoco
per ogni intento, cercando di fornire una risposta alle possibili domande che
potrebbe avere la persona intenta ad acquistare; una pratica efficace la
creazione di una guida allacquisto: tornando allesempio di prima, da
dove parto per scegliere lorologio giusto che fa per me?.
Prodotti temporaneamente non
disponibili
Succede che un prodotto possa risultare non disponibile
temporaneamente: il magazzino vuoto, la produzione in ritardo; possono
esserci diverse motivazioni. Ma cosa fare lato SEO? Nulla.
sufficiente, nel rispetto dellesperienza di navigazione della persona e
nella speranza di non perdere un potenziale cliente, modificare il messaggio
facendo presente della momentanea indisponibilit (Figura 9.9) e
immaginare due tipi di proseguimento della navigazione:
prendere visione di prodotti simili o correlati in alternativa a quello
che non c pi;
chiedere di lasciare un riferimento email per ricevere una notifica
quando il prodotto torner a essere disponibile.
Figura 9.9 Una possibile soluzione grafica per comunicare che il prodotto che si sta
visualizzando non pi disponibile; lato SEO, in questo specifico caso, non stato fatto
nulla.
Prodotti definitivamente non
disponibili
Caso diverso se sappiamo che il prodotto non torner a essere
disponibile, anche questo un fenomeno molto diffuso nella vendita online.
In questa situazione, invece, ci dobbiamo attrezzare per notificare sia la
persona che naviga sia Google.
Ci che si deve fare procedere con la configurazione di un
reindirizzamento permanente - di tipo 301 - che pu avere due destinazioni:
un prodotto simile che pu soddisfare anchesso le esigenze della
persona;
la categoria merceologica di appartenenza per garantire alla persona di
trovare in autonomia una soluzione diversa.
Gli effetti benefici sono due:
Google rimuover dalle SERP gli URL che si riferiscono al prodotto
non pi disponibile evitando di presentarle alle persone allatto della
ricerca;
lURL di destinazione del reindirizzamento giover di quanto applicato
lato SEO nel tempo allURL di origine.
Se non gestiamo tale dinamica con un redirect di tipo 301, potrebbe
essere che il CMS (il sistema di gestione dei contenuti) si adoperi da solo
per rispondere con un errore 404 - pagina non trovata - che rappresenta un
segnale che non piace molto al motore di ricerca.
Link in home page a prodotti
Questa pi una possibilit che una tecnica, perch dovrebbe essere
primariamente guidata da logiche di natura commerciale.
Qualora volessimo spingere uno o pi prodotti in particolare, quello
che possiamo fare presentarli direttamente in home page (che facendo un
parallelismo con il mondo vero, sarebbe un po come metterli in vetrina). I
benefici sono molteplici:
una maggiore visibilit in termini di visualizzazioni;
una maggiore visibilit intesa come clic e visite alla specifica pagina di
prodotto;
(e quello che ci interessa visto che stiamo parlando di SEO) una bella
spinta a livello di passaggio di autorevolezza (link juice) poich, di
tutto il nostro sito web, la home page sempre la pagina pi ricca,
autorevole, forte e ricevere una menzione, una citazione, un link -
bench interno - dalla prima della classe un bel beneficio in
termini SEO.
Motore di ricerca interno
Il motore di ricerca interno una fonte preziosissima di informazioni.
Solitamente utilizziamo questa funzionalit quando:
non riusciamo a trovare il prodotto mediante la tradizionale
navigazione da menu;
ci aspettiamo, in quel sito web, di trovare quel prodotto.
Nel primo caso stiamo raccogliendo un feedback in termini di
architettura informativa ed esperienza di navigazione. Nel secondo caso,
invece, il segnale potrebbe essere interpretato come una timidissima analisi
di mercato.
Innanzitutto dobbiamo aver preventivamente configurato il software di
web analytics (per esempio Google Analytics) affinch le informazioni -
parole chiave - scritte nel motore di ricerca interno vengano
opportunamente salvare in un report ad hoc.
Inoltre dobbiamo preoccuparci, lato SEO, di evitare che il motore di
ricerca indicizzi gli URL generati dallattivit di ricerca interna.
Questo perch, se ogni volta che qualcuno - anche Google (s, anche
Google prende pezzi di contenuto che usa per eseguire delle ricerche di test)
- fa una ricerca interna viene generata un nuovo URL, al nostro sito web
inizieranno a essere associati molti URL che, in termini di valore, o
presentano contenuti che stanno anche altrove o non ne presentano proprio
(Nessun risultato trovato). Questi URL sono poveri, scarsi ed bene che
noi si indichi a Google che pu tranquillamente fare a meno di scansionarli
e indicizzarli (per esempio tramite file robots.txt o opportuno tag <meta>,
come visto nel Capitolo 5).
Le conversioni da mobile
Lobiettivo di un e-commerce vendere, questo lampante.
Altrettanto cristallino il fenomeno per cui sempre pi sessioni di
navigazione avvengono da mobile; e gli e-commerce non fanno eccezione.
La questione si fa interessante quando mettiamo assieme questi due
aspetti perch dobbiamo sapere che il tasso di conversione da mobile -
almeno per adesso - mediamente inferiore.
saggio quindi immaginare, per le sessioni di navigazione da mobile,
anche un punto di conversione pi semplice, cognitivamente meno carico
dellacquisto online, per non perdere lopportunit di vendere alla persona
che sta cercando: la registrazione per accedere a una lista dei
preferiti/desideri, liscrizione alla newsletter; entrambi punti di conversione
che ci consentono di ottenere lindirizzo email del potenziale cliente e poi
riprendere il dialogo in un secondo momento (dato che da mobile, ancora,
non ci sentiamo troppo sicuri a procedere con degli acquisti online).
Ciclo ricorsivo
Questo concetto vale anche per gli altri progetti web, ma soprattutto per
gli e-commerce perch:
il catalogo cos ampio che non realistico immaginare di destinare lo
stesso quantitativo di risorse in maniera omogenea a tutti i prodotti;
si tratta di una tipologia di progetto web che fornisce a chi ci sta
dietro numerosi feedback da parte di chi lo naviga.
Ne deriva che ha assolutamente senso vedere la SEO come un processo
ricorsivo che continua a spostare le energie e il focus da una categoria
allaltra, da un prodotto allaltro seguendo fenomeni del tipo: interessi
temporanei del consumatore (mode), stagionalit, micro-stagionalit, saldi,
disponibilit a magazzino.
Tornando al concetto iniziale dei vasi comunicanti, continuare a investire
sulla SEO potrebbe anche trasformarsi con la libert di non dover pi
acquistare delle parole chiave con Google AdWords e quindi liberare un po
di budget per destinarlo altrove.
Conclusioni
La verit, tutta la verit,
nientaltro che la verit

Questo il capitolo che, come quello seduto dalla parte di chi scrive,
apprezzo di pi. Tant che - piccola confessione - non ho aspettato di finire
gli altri per scriverlo. bello e utile, ma anche difficile.
Perch difficile? Perch, anche se non far nomi, realistico che
qualcuno riconosca se stesso o il proprio modo di lavorare in queste righe.
Scrivendo questo libro ho deciso di prendere una posizione ed naturale
che qualcuno la veda in modo diverso.
Perch bello e utile? Perch descrive come dovrebbero essere condotte la
questioni lato SEO da un punto di vista di servizio venduto (dalla vendita,
al contratto, alla rendicontazione) e spero che queste indicazioni possano
eventualmente aiutare nel condurre una conversazione con chi, tra le altre
cose, vende attivit SEO.
Come scegliere un partner
NOTA
Per il contenuto di questo paragrafo ringrazio Nicole Fiorini, Digital Advertising in
MOCA Interactive.

Iniziamo subito saltando un passaggio, ovvero come decidere se fare


attivit SEO in casa oppure comprare una consulenza da qualcuno
(freelance o agenzia). Labbiamo saltato perch ci sono pro e contro in
entrambe le possibilit e una leva che deve guidare la scelta anche quella
economica. Non potendo immaginare un potere di spesa medio per tutti i
soggetti che leggeranno questo libro, abbiamo deciso di non rispondere alla
domanda, anche perch la risposta prescinde dalla SEO.
Non affronteremo nemmeno alla questione: Meglio un freelance o
unagenzia?, piuttosto vogliamo provare a rispondere alla domanda: Dei
tre o pi interlocutori che avete incontrato, a cosa guardare per scegliere?.
La risposta secca : Scegliete chi fa pi domande sul vostro business.
Anche se, tradizionalmente, un incontro commerciale prevede che lazienda
ascolti e il possibile fornitore sbrodoli tutto quello che ha fatto in quegli
anni, bisogna considerare che comprare un servizio diverso da comprare
un bene: quando si acquista un servizio si sta accendendo una
collaborazione, si sta parlando con persone con le quali, anche se da uffici
diversi, inizierete a lavorare per raggiungere gli stessi obiettivi.
Dovete scegliere una compagna o un compagno di squadra e quindi
dovete creare le condizioni affinch, ipoteticamente, si arrivi anche alla
conclusione per la quale non siete fatti luno per laltro; tanto, se
effettivamente sussistono delle incompatibilit, queste dopo un po
emergeranno e ne andrete a perdere entrambi: lazienda che avr perso, in
ordine di importanza, tempo (sul mercato, sulla concorrenza) e soldi; e il
fornitore, che avr un cliente che, probabilmente, non user belle parole per
descrivere lesperienza vissuta. vero che, lato fornitore, intanto ci si
guadagnati una firma su un contratto ma, in tal senso, sono illuminanti le
parole di un amico e imprenditore francese: Se un cliente entra troppo
facilmente nel tuo portfolio, ne uscir altrettanto facilmente e viceversa.
Quindi la prima cosa che si dovrebbe osservare il desiderio
dellinterlocutore di entrare nel business (in termini di contributo) per
provare davvero a cambiare le cose (in meglio).
Una seconda cosa da osservare la capacit del possibile fornitore di
adattare il proprio servizio e il proprio modus operandi al caso specifico
dellazienda con la quale si trova a parlare.
Sono numerose le variabili che possono introdurre una diversa tonalit di
grigio rispetto a come si soliti erogare un servizio SEO (e per fortuna!).
Il pregresso: sono gi state fatte attivit SEO?
Il livello di conoscenza interno allazienda: sono a digiuno oppure
hanno gi esperienza oppure per un periodo, qualche collega si
occupato di questa mansione?
La necessit di sostenere un dialogo denso o pi diluito nel tempo.
Lorganizzazione aziendale: a chi ci si rivolge in azienda? E il
referente, a sua volta, a chi deve rispondere? Questo pu determinare
la qualit e quantit dei report.
Ne deriva quindi che un approccio rigido - semplificando - a pacchetto,
non va bene; n per lazienda n per il freelance o lagenzia.
I casi, infatti, possono essere due: prima di metterci la testa il fornitore ha
sovrastimato limpegno e proposto un pacchetto dal prezzo elevato rispetto
al listino prezzi, che, per inciso, non dovrebbe proprio esistere nella SEO,
oppure, al contrario, ha sottostimato lammontare di tempo che dovr
dedicare al progetto (suggerendo quindi un pacchetto relativamente
economico).
Nel primo caso lazienda cliente si trover a pagare pi del dovuto e nel
secondo caso il servizio verr erogato male perch, una volta che il
freelance o lagenzia ha realizzato di aver calcolato la stima a ribasso,
sicuramente non andr in perdita su quel progetto e cercher di ridurre le
attivit allo stretto necessario per non lavorare pi del dovuto.
In entrambi i casi si parte gi con il piede sbagliato quando, invece,
lapproccio dovrebbe essere di reciproca apertura: lazienda dice quali sono
i suoi obiettivi - passaggio che, spesso, non cos banale - lagenzia
conferma quelli che sono i suoi costi; con la consapevolezza che le cose si
imparano, un po per volta, assieme.
Un terzo elemento il rispetto: per eventuali altri fornitori gi presenti
sul progetto e per il lavoro che gi stato fatto (e pagato dallazienda).
Al netto di situazioni iniziali disastrose - che per si possono facilmente
documentare - da evitare chi suggerisce di sostituirsi ad altri fornitori in
essere e di rifare tutto.
Non deve essere una forma di rispetto professionale a prescindere
(succede anche di subentrare a colleghi e su progetti che hanno avuto esito
negativo) ma si tratta del manifestarsi dellapproccio del possibile nuovo
fornitore: Ascolto e valuto quello che c oppure Si fa di testa mia e
basta? Questo approccio mentale racconta gi un sacco di cose di come,
purtroppo, la collaborazione andr avanti.
Proseguiamo con la lista di aspetti da osservare e cercare.

Conoscere meglio il prossimo partner


la cosa pi ovvia, ma anche quella che pi frequentemente viene
dimenticata.
Utile nella ricerca dare un occhiata ai social network, LinkedIn e
Facebook in testa. Questi canali, a volte, sono una sorta di biglietto da visita
per unagenzia, in quanto danno spazio alla capacit di espressione del
team. sempre interessante leggere post di blog aziendali o condivisioni di
articoli dei pi famosi siti del settore.
Cercate le testimonianze dei clienti dellagenzia che avete puntato: potete
iniziare a contattare chi presente nel loro portfolio e chiedere come si
sono trovati.
Potreste anche pensare di vedere se questi fornitori partecipano con dei
post in siti autorevoli o a degli eventi come speaker.
Fare domande schiette
A questo proposito fondamentale mettere a fuoco ci che vorrete sapere
dal fornitore che vi troverete davanti: cosa offrir in pi rispetto al
precedente partner?
Sentire frasi fatte come: La vostra soddisfazione la nostra mission
non di certo la cosa che ispira pi fiducia. invece appagante sentirsi
illustrare soluzioni basate sui bisogni reali, perch il segnale che chi avete
davanti ha realmente inquadrato la situazione.
Sarebbe utile fare le due domande ben precise: perch le aziende
scelgono quellagenzia e perch altre no. Non un trucchetto, ma ricerca di
una risposta sincera. Ci sono infatti agenzie specializzate in e-commerce e
meno orientate a progetti di brand awareness, per cui rivolgersi a chi pi
adatto alle specifiche esigenze la scelta pi saggia.
Non dimenticate che, come importante fare domande a chi vi sta
davanti, un forte segnale positivo riceverne: se linterlocutore inizia a
chiedervi pi informazioni, dimostra interesse nel conoscere davvero
lazienda.

Parlare di obiettivi e numeri chiari


Non solo una questione di: Devo vendere, quindi il mio obiettivo
aumentare le transazioni. Bisogna avere unidea chiara di cosa si vuole
ottenere e dove si vuole arrivare, come per esempio il totale delle entrate da
raggiungere entro la fine dellanno o la raccolta di candidature per
unattivit.
Molto spesso si arriva gi con unidea di budget da mettere a
disposizione, senza neanche sapere su che canali applicarlo. In questi casi
utile discutere insieme al potenziale partner di come quel budget possa
contribuire a raggiungere lobiettivo prefissato e se sia il caso o meno di
riequilibrarlo/ridistribuirlo.
Per monitorare al meglio le attivit che verranno svolte, necessario
definire i KPI. Che siano un costo per conversione o, per esempio, la
raccolta di un numero predefinito di lead al mese o anno, fondamentale
sapere quali sono queste cifre. Solo cos il fornitore potr soppesare tutti gli
interventi che andranno fatti nel piano di azione e avrete costantemente
sottocchio landamento.

Definire i mezzi di confronto


Nel definire le dinamiche lavorative con il fornitore dovreste anche
definire il tipo di reportistica. Alcuni clienti vogliono ricevere un report che
raccolga solo la spesa mensile, i lead raccolti e il costo per conversione,
mentre altri richiedono molti dettagli in pi (tempo sulle pagine, frequenza
di rimbalzo, percorso di acquisto ecc.) perch hanno necessit di conoscere
in profondit tutte le azioni fatte. Fate presente a chi vi sta di fronte
lesigenza di una panoramica settimanale o mensile. Questo tipo di report
potr anche essere automatizzato per essere inviato in caso di necessit:
avrete sempre i dati sotto mano e misurare gli interventi diventer giorno
dopo giorno pi fluido.
Se avete bisogno di numerosi momenti di contatto con il fornitore, fatelo
presente e trovate la formula ideale.

Definire il flusso di lavoro


Se non vostra intenzione occuparvi direttamente dello scambio di
informazioni azienda-fornitore, avrete bisogno certamente di un referente
interno. Scegliete tra i vostri collaboratori la persona che far da ponte tra le
due realt per comunicare in maniera fluida.
Come per le tempistiche legate alla ricezione di reportistica,
bisognerebbe anche definire allineamenti e incontri.
Informate il potenziale partner di tutti i fornitori coinvolti nel progetto: la
strategia che verr sviluppata avr la necessit di fondarsi su una rete
comunicativa molto elastica tra i team di grafici, sviluppatori, eventuali
uffici stampa ecc.

Essere aperti
Chiudiamo con un ultimo aspetto, non meno importante degli altri:
lapertura a raccontare e condividere le proprie conoscenze.
Google ha scritto in lungo e in largo che non ci sono segreti, trucchi e
scorciatoie. Quindi non deve sussistere una situazione in cui laddetto SEO
ingaggiato non racconti il proprio lavoro ed eviti di insegnare allazienda i
principi che regolano il funzionamento dei motori di ricerca (almeno quello
che ampiamente documentato su Internet). Tenere alloscuro lazienda
delle pratiche che si vogliono attuare non significa non voler svelare le
mosse segrete, piuttosto pu significare che nemmeno laddetto SEO
sicuro di quello che si sta accingendo a fare con il sito web.
Prezzi e preventivi
Un piccolo aiuto per la domanda: Meglio un freelance, unagenzia
piccola o una grande e strutturata? lo diamo, anche se non arriviamo a
rispondere nel dettaglio; solo un aiutino.
A volte capita di ascoltare confessioni di aziende che, dopo aver chiesto
lo stesso servizio, si sono viste recapitare offerte molto diverse tra di loro;
naturalmente la differenza pi evidente il prezzo (anche perch la
variabile che pi facilmente si pu confrontare). Ci destabilizzante:
siamo abituati che tre preventivi diversi per uno stesso bene, pi o meno,
stiano tutti e tre in un intorno della stessa cifra. Ma la SEO un servizio che
viene venduto a ore e la differenza sta, spesso, nel come il singolo soggetto
coinvolto calcola la propria tariffa oraria (oltre che la stima dellimpegno
che immagina di dedicare al progetto).
Non entriamo nel merito delle logiche di definizione del prezzo, quello
che vogliamo sottolineare che non detto che chi fa il prezzo pi basso
sia veramente il pi economico e chi vi fa il prezzo pi alto, invece, se ne
voglia approfittare.
Per scegliere - di nuovo - date peso a chi ha fatto pi domande sul
business (non a chi ha fatto pi affermazioni su se stesso); date valore a
quanto percepite che il preventivo, soprattutto nei contenuti, sia pensato e
declinato sulla base del vostro contesto e dei vostro obiettivi; chiedete che
venga dettagliato il programma delle attivit e che siano codificati i
momenti di confronto.
Con la premessa che nessun fornitore di servizio andr mai in perdita per
lavorare con unazienda (a meno che non si tratti di unazienda
incredibilmente conosciuta o grande che apre altre opportunit in termini di
business o comunicazione), guardate al preventivo pi economico anche
con la lente che vi fa vedere, potenzialmente, un dialogo pi rarefatto nel
tempo, una reportistica non codificata, la mancanza di un momento
(intenso) di allineamento iniziale; un prezzo troppo basso potrebbe far
intendere un ammontare di ore da lavorare altrettanto basso e, spesso,
insufficiente per arrivare a generare dei risultati.
Audit SEO
Questo momento lo collochiamo dopo la questione prezzi anche se,
realisticamente, dovrebbe avvenire prima, perch un audit SEO, unanalisi
dello stato dellarte, pu essere utilizzato come strumento per valutare la
collaborazione da attivare; per, realisticamente, si tratta di unattivit che
dovrebbe essere pagata prima di ingaggiare lagenzia o il freelance in
esame.
In Italia raro incontrare questa apertura e consapevolezza; si preferisce
immaginare che questo impegno sia a carico del fornitore nella fase di pre-
vendita, per accreditarsi e convincere il cliente di essere soluzione giusta.
Negli anni tanti professionisti hanno elargito troppe consulenze gratuite
vestite da attivit pre-vendita; giusto rispettare la professionalit
dellagenzia e del freelance e pagare per il tempo che viene dedicato alla
creazione di questo audit.
Entrando nel dettaglio delle modalit e dei contenuti di questo audit, ecco
alcune caratteristiche:
tanti aspetti possono essere analizzati prima di mettere le mani al sito
web;
laudit dovrebbe elencare, in ordine di priorit (pesando criticit, costo
e beneficio): i problemi, le possibili soluzioni, una stima dellimpegno
(tempo, soldi, energia) da destinare;
realistico immaginare che chi si occupa dellaudit SEO debba poter
confrontarsi con chi ha sviluppato il sito web per comprendere se
sussistono delle costrizioni tecniche.
Report
Il report gioca un ruolo molto importante perch, tra le righe delle varie
tabelle risiede il risultato che si arriver a ottenere: bisogna prendere
confidenza con i numeri, le metriche, i volumi e le dinamiche
dellinvestimento che si fatto. E, di conseguenza, ricavare la motivazione
che porter a non perdere mai il focus sulle attivit SEO (Figura 10.1).

Figura 10.1 Fonte: https://www.gapingvoidart.com/.

Per giungere a questo risultato fondamentale associare gli indici giusti


(KPI) agli interlocutori giusti in azienda: al referente SEO si parler di
posizionamenti su Google e traffico organico; al marketing manager di
conversioni e micro-conversioni; allamministratore delegato di fatturato.
Questo un contributo tanto piccolo e apparentemente semplice quanto
prezioso; proviamo a prenderla al contrario: cosa succede se, ogni mese,
chiediamo allamministratore delegato di incontrarci per parlare di ranking,
backlink e altre questioni lato SEO? Al netto degli amministratori delegati
appassionati di SEO, probabilmente nella testa alegger solo un pensiero:
Ho la sensazione di perdere tempo, non capisco di cosa si sta parlando,
speriamo che la riunione si concluda presto. facile intuire se la riunione
sta andando in questa direzione: se nessuno interrompe lesposizione con
domande e richieste di approfondimenti, probabilmente si sta sentendo, ma
non ascoltando. E si perde tempo da entrambi i lati.
La composizione dei report, quindi, un passaggio che deve essere fatto
e al quale deve essere data massima importanza.
Circa i contenuti del report, questi possono variare a seconda del cliente e
del contesto, ma sicuramente devono considerare tre argomentazioni:
metriche strettamente correlate allattivit SEO (posizionamenti,
traffico organico, CTR dalle SERP ecc.);
metriche che si riferiscono al business (conversioni, micro-
conversioni, tasso di conversione da organico, fatturato);
aspetti che descrivono nuove soluzioni da implementare e che, al
contempo, devono anche raccontare quelli che potrebbero essere i
relativi benefici.
Cose a cui prestare attenzione (per
prenderne le distanze)
Sotto forma di elenco puntato, alcuni elementi che utile non
dimenticare.
La visibilit del sito web correlata ai contenuti che si hanno e,
soprattutto, a quelli che si sar in grado di produrre.
I risultati devono essere valutati sul medio, lungo e lunghissimo
periodo (guardate il video di Google How to hire an SEO disponibile
allindirizzo https://goo.gl/qTq4qS e soffermatevi al minuto 1:39).
Fare promozione SEO allestero costoso, sia per gli sforzi che
lazienda deve fare (per esempio, nuovo dominio, nuovo spazio web,
nuovi contenuti) sia per il listino prezzi al quale ci si affaccia (i
colleghi fuori dallItalia adottano tariffa orarie diverse).
Attenzione, se viene utilizzata la parola garanzia, girate alla larga:
nessuno, a casa di Google, pu garantire per Google. Ci sono anche
delle linee guida ufficiali che riportano questo concetto: si veda
larticolo e il video disponibili a questo indirizzo https://goo.gl/rcnm0u in
particolare il passaggio Nessuno pu garantire il raggiungimento della
prima posizione nei risultati di Google.
Non esiste nessuna agenzia o freelance che, lato SEO, abbia una
relazione preferenziale con Google: Google non ha cugini.
La SEO deve toccare tutta lazienda: dallufficio stampa che produce
contenuti e pu, in alcuni casi, giocare la partita della link building;
allufficio commerciale che, nelle clausole che vengono contemplate
relativamente ai contratti che discute, pu inserire degli articoli che,
anchessi, si rifanno alla link building (per esempio, se sussiste un
contratto di fornitura di prodotti, possono chiedere al distributore, nel
suo sito web, di inserire un link al vostro).
Concorrenza
Il verbo concorrere e letimologia correre insieme. Insieme.
realistico che lazienda si affider a diversi attori per coprire tutta la
filiera delle attivit di marketing online: immagine coordinata (anche
offline), sviluppo (siti web, applicazioni mobile), copywriting, promozione,
analytics; e una suggestione quella di mettere assieme pi realt che, dal
punto di vista della concorrenza, la vedono alla stessa maniera, ovvero che
uno pi uno deve fare tre.
Troppe volte si assiste a investimenti andati a rotoli e a progetti che non
hanno funzionato perch i fornitori erano pi focalizzati a definire le
gerarchie (il capo progetto) che a comprendere come gestire i soldi
dellazienda committente e a raggiungere gli obiettivi assegnati.
Lultima verit
Se voi che leggete lavorate per unazienda, probabilmente questultimo
paragrafo non vi piacer per mi sento tranquillo nel riportarlo perch
Google e io la pensiamo alla stessa maniera (fate sempre riferimento al
video How to hire an SEO menzionato prima): spesso la pi grande
difficolt che si incontra, operativamente parlando, lato SEO non tanto
lindividuazione delle implementazioni bens il tempo che si rende
necessario per lapplicazione di tali suggerimenti.
Di nuovo, anche se apparentemente il fornitore SEO unazienda
esterna, la materia deve essere vista come un modus operandi che tocca
lazienda cliente - in diversi dei suoi reparti - e anche gli altri fornitori gi
attivi sul progetto.
Appendice
Strumenti di Google

Misurare la SEO
Se abbiamo dedicato energie, tempo e soldi a unattivit, dobbiamo
comprendere se linvestimento ha generato dei risultati positivi e tangibili;
neanche la SEO sfugge a questo tipo di ragionamento.
Forse lunica cosa che le possiamo concedere sono i tempi utili a
maturare i risultati: anche se tagliare con laccetta stimando una media
valida per tutti molto approssimativo, possiamo considerare un arco
temporale minimo che va dai quattro ai sei mesi; poi, se ce la facciamo
prima, tanto meglio. Daltra parte, non demordiamo se, invece, ci vorr pi
tempo per vedere gli effetti della nostra attivit.
Come per altre discipline che concorrono a un obiettivo pi grande
(fatturato?), anche in questo caso utile individuare almeno tre classi di
KPI (Key Performance Indicator, indicatori chiave di performance)
connesse:
al business;
alla SEO, sul medio-lungo periodo;
alla SEO, ma con una frequenza pi incalzante, per poter passare da
unattivit di ottimizzazione allaltra senza dover, per forza di cose,
aspettare mesi.
Scorreremo queste tre tipologie di indici con lesplorazione dei tre
strumenti che non possono mancare nellarsenale di chi si occupa di SEO
(certo, ce ne sono altri - che non tratteremo in questo libro - ma questi sono
indispensabili, anche perch sono gratuiti e di propriet di Google).
Google Search Console: un mix tra visione strategica e, soprattutto,
performance con una forte anima tecnica;
Google Analytics: un ottimo ponte tra gli indici macro e quelli legati
alla SEO;
Google Pagespeed: fondamentale per capire, per certi ambiti, da dove
partire.
Non osserveremo tutti i report di tutti gli strumenti, ma solo quelli che
possono avere un impatto sulloperativit e sulla strategia per quello che
concerne la SEO.
Tre note prima di cominciare: abbiamo parlato tanto di parole chiave e di
posizionamento e quindi ha senso contemplare anche questultimo tra gli
indici da osservare ma
dal 2011 Google non fornisce pi in maniera ottimale linformazione
della singola parola chiave che la persona ha utilizzato per trovarci,
sono cambiate un po di cose, linformazione pi sommaria e anzich
trovarsi - completa - in Google Analytics, disponibile tramite Google
Search Console;
il posizionamento un mezzo, non il fine delle attivit SEO quindi
ha senso considerarlo come un KPI indicativo che faccia da
termometro, ma non certo come un parametro che possa raccontare o
meno il successo dellinvestimento;
le pagine dei risultati di ricerca sono sempre pi personalizzate sulla
base di, per esempio, posizione geografica di chi cerca, preferenze,
precedenti ricerche, dispositivo utilizzato per la ricerca; inoltre sono
fisiologiche delle fluttuazioni (di circa un paio di posizioni in su e in
gi). Ha quindi sempre meno senso battezzare che un sito web, per
una data parola chiave, occupa quella posizione; ha sempre pi senso,
invece, considerare un posizionamento medio. Ecco, questa
informazione - in veste ufficiale - risiede solo in Google Search
Console.
Naturalmente questa Appendice non vuole sostituire o semplificare interi
libri dedicati alla web analytics o guide per lapprendimento di questi
strumenti, bens dare una direzione per muovere i primi passi in termini di
misurazione relativa alla SEO.
Google Search Console
Google Search Console, si chiamava Google Webmaster Tools, ma nel
2015 stato rinominato, anche per rappresentarne meglio la natura.
uno strumento gratuito - lennesimo strumento gratuito fornito da
Google - che inizialmente aveva unanima molto tecnica (nasce per
consentire ai webmaster di indicare a Google dove si trova il file sitemap.xml)
ma che progressivamente andato verso un supporto di respiro pi ampio,
senza perdere i tratti pi tecnici.
Ancora pi apprezzato da chi si occupa di SEO quando, dopo
lintroduzione del Not Provided (ovvero da quando Google ha smesso di
fornire linformazione della parola chiave utilizzata dalle persone che ci
hanno trovato, se loggate con il loro account Gmail), ha ospitato
linformazione delle parole chiave (insieme ad altre metriche interessanti).
Prima di iniziare a esplorarlo, due note:
molti report di Google Search Console sono limitati nella
visualizzazione, per esempio il report delle parole chiave evidenzia
quelle registrate solo negli ultimi 90 giorni;
quando si attiva e configura Google Search Console per il nostro sito
web i report sono, magicamente, pre-popolati. Questo significa che
Google, a prescindere dal fatto si attivi o meno lo strumento,
comunque archivia quelle informazioni per ciascun sito e per ciascuna
pagina; e sicuramente ne immagazzina anche altre: wow!

NOTA
Allindirizzo https://goo.gl/5V3ne9 disponibile unestensione gratuita per il browser
Chrome che si interfaccia con Google Search Console e ne estrapola i dati con -
attenzione - la possibilit di programmare questi travasi di informazione, archiviando
lo storico di quanto raccolto. Insomma, raggira il limite dei 90 giorni.

NOTA
Per agevolare lesplorazione, riportiamo degli screenshot dellinterfaccia dello
strumento; sono stati fatti a maggio 2017 quindi ipotizzabile che in un qualche
momento nel futuro possano diventare obsoleti.

Partiamo da alcuni report che consentono, in maniera molto operativa, di


osservare degli aspetti e, in caso, agire immediatamente.
Seguiamo, pi o meno, lo stesso ordine di visualizzazione del menu.
Aspetto nella ricerca/Dati strutturati, Schede informative, Accelerated
Mobile Pages
Sono tre report che qui riprendiamo assieme (Figura A.1).

Figura A.1 Il report Aspetto nella ricerca/Dati strutturati.

In sostanza evidenzia, su base temporale, quante volte queste tipologie di


informazioni sono state fruite dalle persone - quindi visualizzate nelle SERP
- e, cosa importante, quante volte questi elementi hanno riportato un errore
(fornendo un link per procedere con la correzione). bene controllare
questi tre report con una frequenza, almeno, mensile.
Aspetto nella ricerca/Evidenziatore di dati
Se per il nostro progetto lapplicazione dei dati strutturati di Schema.org
ha senso, ma non sappiamo intervenire direttamente nel codice sorgente del
sito web o non labbiamo ancora fatto, allora potremmo utilizzare questo
strumento. Evidenziando - veramente - degli elementi di pagina, e
indicando a quale tipologia di dato strutturato si fa riferimento, chiediamo a
Google di attribuire tale codice di markup a quella informazione senza
intervenire direttamente nel codice sorgente.
un buon risparmio di tempo e non si va ad appesantire il codice della
pagina (ricordiamoci che pi scriviamo del codice in una pagina web e pi
questa peser in termini di kilobyte).
Aspetto nella ricerca/Miglioramenti HTML
Un report molto utile che fa emergere, per tag <title> e tag <meta> con
valore description, ambiti di miglioramento per via di:

contenuti troppo corti;


contenuti mancanti;
contenuti duplicati su pi URL (evidenziando gli URL interessati).
Sono evidenziate anche eventuali criticit in termini di incapacit di
indicizzare alcuni contenuti.
Lobiettivo che il report dica una cosa del tipo: Non abbiamo rilevato
alcun problema con i contenuti del tuo sito.
Traffico di ricerca /Link interni
Si tratta di un report che descrive la matrice interna di link: ci dice, per
ogni singola pagina, quanti link interni raccoglie e da quali pagine li riceve
(Figura A.2).
La domanda che ci dobbiamo fare questa: immaginando che una pagina
sia pi strategica rispetto ad altre, sta ricevendo un sufficiente numero di
link interni? E questi link provengono da pagine che sono, da un punto di
vista di contenuto, affini?
Qualora la risposta dovesse essere no, allora la maniera pi semplice di
intervenire agire sullarchitettura informativa anche aggiungendo dei link
allinterno dei contenuti di alcune pagine che rimandano a questa pagina
strategica.
Traffico di ricerca /Azioni manuali
Questo lo spazio dove Google si preoccupa di comunicarci eventuali
penalizzazioni manuali; verifichiamo che sia sempre vuoto. Qualora non
dovesse essere cos, rimbocchiamoci immediatamente le mani per provare a
uscire dalla penalizzazione.
Traffico di ricerca /Targeting internazionale
Se il nostro progetto si rivolge a un pubblico internazionale, possiamo da
qui specificare a quali Paesi ci rivolgiamo con il nostro contenuto.
Figura A.2 Il report Traffico di ricerca/Link interni.

Traffico di ricerca/Usabilit sui dispositivi mobili


Qualora Google dovesse rilevare degli errori legati allusabilit (per
esempio Elementi selezionabili troppo vicini tra loro, Testo troppo piccolo
da leggere), sar qui che andr a notificarceli. In questo caso, anche se
lusabilit legata a doppia mandata alla SEO, non scordiamoci che si tratta
di uno strumento che applica, a sua volta, delle linee guida standard; se
nella SEO ha senso, nellusabilit meno.
Quindi teniamo a mente che anche se Google segnala Elementi
selezionabili troppo vicini tra loro, noi potremmo avere una sensibilit
diversa e, nel rispetto dellesperienza di navigazione, ritenere gli elementi
sufficientemente distanti.
Indice Google/Stato dellindicizzazione
Verifichiamo che questo grafico riporti informazioni delle quali siamo
consapevoli per esempio - rifacendoci alla figura A.3 - dobbiamo sapere
esattamente quali sono le risorse bloccate da robots.txt (perch labbiamo
configurato cos noi); se i numeri non dovessero tornare, verifichiamo
subito di non aver riportato nel file robots.txt qualche istruzione errata.

Figura A.3 Il report Indice Google/Stato dellindicizzazione.

Scansione/Errori di scansione
In questo report (Figura A.4) vengono riportati errori del server, di
accesso negato e di risorse non trovate (errore 404); sia da desktop che da
mobile. Qui lindicazione facilmente intuibile: correggere tutti gli errori.
Scansione/Statistiche di scansione
Il report che, pi da vicino, racconta il crawl budget.
Tra le varie attivit di ottimizzazione, qualora non potessimo godere di
un alto budget, c anche una telefonata durgenza a chi gestisce il server
soprattutto quando il report Tempo trascorso per il download di una pagina
(in millisecondi) (Figura A.5) inizia a descrivere una salita.
Scansione /Visualizza come Google, Tester del file robots.txt
Due report per verificare che la connessione tra client e server e che il
file robots.txt siano letti e interpretati correttamente da Google.

Figura A.4 Il report Scansione/Errori di scansione.


Figura A.5 Il report Scansione/Statistiche di scansione/Tempo trascorso per il download di
una pagina (in millisecondi).

Scansione/Sitemap
Questo report (Figura A.6) racconta lo stato di salute del file sitemap.xml (o
dei file, se ne abbiamo caricati pi di uno).
Dobbiamo verificare che, con le opportune approssimazioni, il numero di
URL inviati corrisponda al numero di URL indicizzati.
Nella Figura A.6 i numeri sono 247 e 221 e non deve far scattare un
allarme il fatto che uno sia il 90% dellaltro: va bene cos.
Scansione/Parametri URL
Questo report (Figura A.7) consente di istruire Google
nellinterpretazione dei nostri URL nel caso in cui siano popolate con
specifici parametri.
In prima istanza dobbiamo specificare se tale parametro cambi o meno i
contenuti della pagina; qualora la risposta dovesse essere S, allora
dobbiamo anche indicare come cambia, scegliendo tra le ipotesi disponibili
ordina, circoscrive, specifica, traduce, numera le pagine, altro.
Infine istruiamo Google indicandogli se deve procedere o meno con la
scansione di questi URL.
Anche Google lo specifica: Attualmente Googlebot non ha problemi con
la copertura del tuo sito, quindi non devi configurare i parametri degli
URL. Utilizziamo questa funzionalit solo se strettamente necessario.
Traffico di ricerca/Link che rimandano al tuo sito
Torniamo indietro per un momento nel menu per soffermarci su questo
report.
Il nome descrittivo e rappresenta un report utile per valutare la bont
delle attivit di link building che abbiamo svolto.
Il sottoreport I tuoi contenuti con pi link fa vedere, per ciascun URL,
quanti backlink sono stati rilevati da Google e a quanti domini questi
backlink fanno riferimento (perch pu sussistere il caso per cui un dominio
inserisca un link al nostro sito in pi di unoccasione). Tre valutazioni che
possiamo fare da qui sono le seguenti.
1. Immaginando di avere una pagina pi strategica delle altre, questa sta
anche raccogliendo un maggior numero di backlink rispetto alle altre?
Se no, dobbiamo darci da fare nellincrementare la sua visibilit (e link
popularity).
2. C qualche sito web, che gi ci segnala con un link, dal quale
possiamo provare a ricavare una seconda e ulteriore citazione?
3. Ci sono delle pagine interne, semanticamente vicine a quella in
oggetto, che raccolgono un buon quantitativo di backlink e dalle quali
possono proseguire il fluire di link juice verso la pagina oggetto di link
building?
Dedichiamo, invece, qualche pensiero in pi a quello che probabilmente
il report pi interessante: Traffico di ricerca/Analisi delle ricerche.
Figura A.6 Il report Scansione/Sitemap.
Figura A.7 Il report Scansione/Parametri URL.

Traffico di ricerca/Analisi delle ricerche


Innanzitutto, rispetto a come si presenta appena accediamo (Figura A.8),
ha senso aggiornare il report caricando anche le informazioni riferite a
Impressioni, CTR, Posizione (Figura A.9).
Figura A.8 Il report Traffico di ricerca/Analisi delle ricerche.

Figura A.9 I dati che possibile osservare dal report Traffico di ricerca/Analisi delle ricerche.

I dati raccontano le parole chiave che hanno generato impressioni e visite


negli ultimi 90 giorni - con impressioni si intende quando, a fronte di una
ricerca, uno degli URL del sito web stata visualizzata nelle SERP.
Mettendo in relazione queste due informazioni ne otteniamo una terza: il
CTR, (Click-Through Rate).
E infine il report fornisce una quarta informazione: la posizione media -
per quello espressa con un numero decimale dopo la virgola - di ciascuna
parola chiave.
A questo report possiamo applicare alcuni filtri:
la finestra temporale, da un minimo di un giorno a un massimo di 90;
il tipo di ricerca, quale tipo di Google abbiamo utilizzato (web,
immagini, video);
i dispositivi (desktop, cellulare, tablet);
i Paesi.
E possiamo restringere queste informazioni focalizzandoci solo su un
URL o su un gruppo di URL anzich su tutto il sito web come succede con
limpostazione iniziale.
Alcune modalit SEO per estrarre del valore da questi dati.
Creare dei sottoinsiemi di parole chiave (per esempio tutte quelle che
contengono il termine X) e misurare il livello di visibilit sulle SERP
per quellargomento semantico.
Cercare le opportunit incrociando posizione media e CTR. Questa
modalit si basa sul fatto che, a seconda della posizione e della parola
chiave, ci possiamo aspettare - mediamente - un certo CTR; ecco,
qualora questo valore dovesse essere sotto la media, possiamo agire a
livello di copywriting in corrispondenza dello snippet per creare
qualcosa di pi attraente.
Cercare le opportunit incrociando clic/impressioni e posizione.
Qualora dovessimo incrociare una parola chiave per la quale ci
posizionamo nella posizione media uguale o superiore a undici (quindi
la seconda pagina di Google) e con un contributo, in termini di clic e
impressioni, paragonabile a quelle che stanno in prima pagina, allora
dobbiamo fare uno sforzo lato SEO per portare quella parola chiave in
prima pagina: la differenza di traffico tra la prima e la seconda pagina
di Google davvero notevole e avanzare in questo senso potrebbe
portarci molte, ma molte, pi visite.
Google Analytics
Google Analytics il termometro di come stanno andando le cose in
senso pi ampio rispetto alla SEO. lo strumento cuore dellapparato di
misurazione perch:
qui possiamo far confluire anche dei dati di provenienza terza (per
esempio il gestionale);
specifichiamo allo strumento quali sono gli obiettivi del sito web e
valutiamo cosa succede nel sito in funzione di questi obiettivi;
questo strumento, anzich raccontare solo il passato, ci permette
concretamente di pianificare i prossimi passi (con una base
informativa a sostegno della pianificazione).
A differenza di Google Search Console, i dati vengono registrati e
mostrati dal giorno successivo allinstallazione per cui, se non labbiamo
gi fatto, installiamolo. Oggi. E vengono resi disponibili per sempre per cui,
a fronte del possesso di uno storico di dati, possiamo muoverci avanti e
indietro nel tempo.
Tra le prime cose da fare, per poter analizzare i dati da ancora pi
angolature, dobbiamo far parlare Google Analytics e Google Search
Console con il risultato che nel primo compariranno dei report alimentati
dati del secondo (sempre con il limite dei 90 giorni, per). Se abbiamo la
propriet di entrambi gli strumenti allora il collegamento semplice:
sufficiente abilitare unapposita funzione che si trova nel pannello di
amministrazione di Google Analytics (Figura A.10).
Figura A.10 Lopzione, nel pannello di configurazione di Google Analytics, per importare
nello stesso i dati di Google Search Console.

Acquisizione/Tutto il traffico/Canali
Da questo report otteniamo diverse informazioni:
il contributo in termini di traffico per il singolo canale (tra cui anche
Organic search che quello che ci interessa per la SEO);
tale contributo in termini percentuali sul totale del traffico registrato
dal sito;
landamento, nel tempo del traffico complessivo.
Facendo clic sulletichetta Organic search, da dentro la tabella,
scendiamo di un livello (Figura A.11) e gli indici si rimodulano solo in
relazione al traffico organico dai motori di ricerca. Inoltre, per questo
canale, possiamo anche osservare gli indici che descrivono la bont del
traffico:
frequenza di rimbalzo;
pagine/sessione;
durata sessione media;
numero di conversioni procurate;
tasso di conversione (la percentuale di trasformazione rispetto alle
sessioni associate a tale canale).
Cos come per tutti i report di Google Analytics, saggio modificare la
finestra temporale a seconda che si voglia fare un confronto anno su anno,
mese su mese o se si vuole analizzare un particolare periodo (giorno,
settimana, mese, anno) senza procedere con confronti.

Figura A.11 Il report Organic search.

Ora che abbiamo osservato landamento del traffico organico, ma anche


il suo contributo rispetto agli altri canali di acquisizione del traffico,
possiamo applicare un segmento avanzato - gi pronto tra quelli suggeriti
da Google Analytics - e rimodulare tutti i report in funzione del traffico
rappresentato dal segmento: Traffico organico (Figura A.12).
Ora tutti i report che vediamo in Google Analytics fanno riferimento solo
e solamente al traffico organico proveniente dai motori di ricerca. In
particolare ha senso studiare anche i report che seguono.
Figura A.12 Il segmento avanzato Traffico organico.

Comportamento/Contenuti del sito/Pagine di destinazione


Poich unattivit SEO favorisce la possibilit che una persona, tramite
Google, acceda direttamente alla pagina che contiene la risposta alla
domanda, ipoteticamente un numero sempre maggiore di pagine del sito
diventeranno delle pagine di destinazione, ovvero le prime pagine dalle
quali la sessione di navigazione della persona partita.
Verificare che questo numero cresca nel tempo significa trovare
conferma che la SEO, giustamente, sta dando sempre pi visibilit al sito
per mezzo di ogni singolo contenuto che lo compone; sta sfruttando
appieno la disponibilit di pagine.
Dallo stesso report, inoltre, possiamo osservare il ruolo - come pagina di
destinazione - della home page. Realisticamente un accesso alla home page
potr avvenire anche tramite digitazione su Google del brand dellazienda.
Anche se quellaccesso ricade sotto letichetta di traffico organico, non
certo merito delle attivit SEO.
Se la stessa cosa avviene su pagine interne, invece, pi plausibile che si
stia osservando il frutto delle attivit ottimizzazione; dobbiamo quindi
osservare la somma di sessioni registrate dai motori di ricerca escludendo,
dal calcolo, la home page.
Conversioni/Obiettivi/Panoramica
Da questo report possiamo determinare quante conversioni sono state
associate al traffico dai motori di ricerca (Figura A13).

Figura A.13 Il report Conversioni/Obiettivi/Panoramica.

Conversioni/Canalizzazione multicanale/Conversioni indirette


Questa tabella (Figura A.14) risponde alla domanda: a quante
conversioni, indirettamente, ha contribuito il traffico organico da motore di
ricerca?
La domanda ha senso perch, invece, improbabile una dinamica per cui
cerchiamo su Google, entriamo in un sito web e acquistiamo; pi
complessa di cos: (a titolo di esempio) cerchiamo, esploriamo, usciamo, ri-
entriamo, ne guardiamo un altro, chiediamo un parere, acquistiamo.
Ci sta che uno di questi momenti di interazione con il sito web sia stato
veicolato dal motore di ricerca, ma non detto che si tratti dellultimo
passaggio: ecco, in questo caso si parla di conversione indiretta. Il canale -
il traffico organico da motore di ricerca, in questo caso - ha avuto un ruolo,
indiretto, nel trasformare una visita in conversione.
Figura A.14 Il report Conversioni/Canalizzazione multicanale/Conversioni indirette.

Di seguito altri tre report che possiamo osservare senza necessit di


applicare il segmento avanzato dedicato al traffico organico dai motori di
ricerca.
Acquisizione/Tutto il traffico/Referral
Questo report ci racconta quali siti - e in che quantit - generano sessioni
di navigazione verso il nostro sito.
Poich, quando si fa link building - una buona link building - si deve
appurare anche che il sito dal quale otteniamo il link non ci porti solo link
juice ma anche popolarit, visibilit ai suoi lettori e alle sue lettrici, visite al
nostro sito, corretto fare una valutazione dellattivit di link building
anche con le informazioni contenute in questo report.
Non raro, inoltre, scovare siti - che hanno un link e che portano traffico
- dei quali non eravamo a conoscenza; una bella opportunit potrebbe
essere quella di mettersi in contatto con i proprietari di questi siti e capire se
sussiste la possibilit, per noi, di ottenere ancora pi visibilit.
Comportamento/Velocit del sito/Tempi pagine
Questo report racconta le performance, in termini di tempi di
caricamento, dei singoli URL che compongono il sito web (Figura A.15).
La visualizzazione proposta nello screenshot comoda perch, facendo
un confronto tra le performance di tutte le pagine (nellesempio, le prime
dieci), emergono chiaramente gli ambiti pi critici e dove necessario
intervenire subito per abbassare i tempi di caricamento.

Figura A.15 Il report Comportamento/Velocit del sito/Tempi pagine.

Acquisizione/Tutto il traffico/Canali
Ancora questo grafico, ma questa volta guardiamo un altro canale, il
traffico diretto. Perch? Perch la SEO un mezzo, ma anche Google un
mezzo.
Sono mezzi per farci conoscere dalle persone, potenzialmente in target
con la nostra offerta, con le quali iniziare e intrattenere una relazione.
Lavorando bene - sul cliente finale - si accresce positivamente la
reputazione, che poi diventa passaparola e che infine si trasforma in traffico
diretto: persone che hanno scritto direttamente nella barra degli indirizzi del
browser il nostro sito web perch
gli siamo entrati in testa;
vogliono noi.
Ecco, la SEO, sul lungo-lunghissimo periodo concorre anche in questo
senso e cos pu essere, in parte, misurata.

Per concludere
Chiudiamo il paragrafo dedicato a Google Analytics con tre
suggerimenti, anzi, i primi due sono suggerimenti, lultima una gemma:
le informazioni riportate dallo strumento sono, obiettivamente, troppe;
se il nostro lavoro non quello del web analyst e, come SEO, ci
interessano una frazione di quelle metriche e quelle dimensioni,
possiamo raggrupparle tutte in un cruscotto (dashboard)
personalizzato eliminando quindi il rumore di fondo;
se siamo nuovi alla web analytics - anche solo per quello che concerne
la SEO - allora fondamentale instaurare una relazione quasi
quotidiana con lo strumento; per non doverci ricordare di accedere
ogni giorno a Google Analytics, possiamo impostare che, con una
frequenza definita, sia lo strumento a venire da noi tramite linvio, via
email, di quella dashboard in formato, per esempio, PDF;
quando iniziamo il processo di creazione di una dashboard, c un
momento in cui Google Analytics chiede se vogliamo attingere da una
galleria di dashboard gi pronte e fatte da terzi; le possiamo ordinare
per recensioni e per categoria (SEO). Ecco, ho sempre visto queste
dashboard gi pronte come delle vere e proprie gemme perch alcune
di esse sono state sviluppate da professionisti incredibilmente preparati
e, da unaltra angolatura, come se rispondessero a una domanda tipo:
Caro guru americano, ma se tu dovessi occuparti di SEO per un
progetto, quali report di Google Analytics guarderesti?, si tratta di
una consulenza ad altissimo livello e gratuita.
Google Pagespeed
Ottimo strumento per - se ce n bisogno e se seguiamo tutti i
suggerimenti indicati - portare il nostro sito web a un ottimo livello di
performance in termini di tempo necessario affinch le nostre pagine si
carichino, aspetto apprezzato dalle persone e, di conseguenza, anche dal
motore di ricerca. disponibile allindirizzo: https://goo.gl/t0VGVK.
Un appunto quasi storico: appena rilasciato, lo strumento ha da subito
esplicitato le due schede Desktop e Dispositivi mobili - in questordine - ma
a un certo punto ha invertito le informazioni, ovvero oggi in prima istanza
suggerisce lesito del test da un punto di vista mobile, a conferma
dellimportanza del dispositivo nellesperienza di navigazione e nella SEO
(Figura A.16).
molto utile sia che noi si voglia agire in prima persona su server e
codice sorgente per apportare le migliorie, sia che noi le si debba solo
inoltrare a una persona pi tecnica di noi; utile perch gli interventi sono
ordinati secondo dei criteri di priorit che, in un documento di questo tipo,
diventano fondamentali perch, molto spesso, la SEO deve scendere a
compromessi e prevedere che non tutto quello che suggerisce pu essere
implementato. In questo contesto, preziosissimo sapere se un intervento
ha delle ricadute pesanti o meno sul progetto; questo guider la decisione
se percorrere la strada dellimplementazione o meno.
Il funzionamento molto semplice: si inserisce un URL (attenzione che
se di un sito specifichiamo la home page, lo strumento analizzer solo
quella, non lintero sito web) e si fa clic su Analizza.
Loutput sar diviso, appunto, tra dispositivi mobile e desktop e per
ciascuno verr specificato un punteggio su base 100. Immediatamente sotto,
tre gruppi di informazioni:
1. ambiti di ottimizzazione critici, nel senso che il loro impatto sar
evidente (indicati con un punto esclamativo rosso);
2. ambiti di possibile ottimizzazione, ma che ha senso portare avanti se
non richiedono interventi troppo complessi (indicati con un punto
esclamativo giallo);
3. gli ambiti che sono gi stati ottimizzati (indicati con una spunta verde).
In particolare, rispetto al primo punto, verranno dettagliati gli specifici
ambiti di ottimizzazione, per esempio:
ottimizzare le immagini;
eliminare JavaScript e CSS che bloccano la visualizzazione dei
contenuti sopra la piega (la parte visibile nella prima schermata, prima
di fare scroll);
sfruttare il caching del browser;
minimizzare JavaScript;
minimizzare CSS.
Figura A.16 Come Google Pagespeed mostra lanalisi dellURL che abbiamo indicato.

Per ciascuno di questi punti, facendo clic sulletichetta Mostra come


risolvere il problema, troviamo un approfondimento rispetto a come
ottimizzare il singolo aspetto.
Inoltre, per quello che concerne i contenuti come immagini, JavaScript e
fogli di stile (CSS), disponibile un comodo link - posto verso la fine della
pagina - per scaricare la versione dei nostri file che Google ha gi
ottimizzato al posto nostro. Dopo opportuna verifica - pur sempre uno
strumento online - ci sufficiente caricare online questi file sovrascrivendo
gli esistenti (dopo aver fatto una copia di backup).
Una domanda comune : ma a quale punteggio aspirare? La prima
risposta - la pi semplice - il pi alto possibile ma spesso bisogna avere
la consapevolezza che, per mille ragioni, non tutto si potr fare. Allora la
risposta viene ricalibrata cos:
innanzitutto vediamo di non farci dare un punteggio che Google
classifica con letichetta Poor (da 65/100 in gi) e quindi cerchiamo di
ottenere un punteggio migliore pensando allesperienza di
navigazione;
teniamo a mente che Google, per le sue medie, valuta come sufficiente
(Good) un punteggio di 85/100 (tra 66/100 e 84/100 la valutazione
Needs Work);
se proprio vogliamo darci un numero, analizziamo le performance dei
nostri competitor e diamoci come obiettivo quello di fare almeno +1
rispetto al migliore.
A livello metodologico, se abbiamo sufficiente traffico dai dispositivi
mobili (questo lo vediamo per mezzo di Google Analytics), allora ha
sicuramente senso partire dallottimizzazione suggerita con la prima
scheda; caricare le modifiche, rilanciare il test e valutare, in seconda
istanza, di procedere con le ottimizzazioni specifiche per il desktop (Figura
A.17).
Figura A.17 Google Pagespeed evidenzia anche le migliorie da apportare lato desktop.

Molto spesso, infatti, ottimizzare per mobile soddisfa anche


lottimizzazione desktop; non sempre, ma molto spesso.
Indice
Introduzione
Come leggere questo libro
Contributi
Capitolo 1 - Verso un progetto di visibilit SEO
Che cos la SEO?
Strategia di visibilit online
Customer journey
Intento e parole chiave
Oltre le parole chiave
Capitolo 2 - Comunicazione sulle SERP
Di cosa si tratta?
Google: motore di risposta
Protocollo Schema.org
Google Knowledge Graph
Rich snippet e rich card
Featured snippet: la posizione zero
Laltra faccia della medaglia: answer box pi featured snippet
Essere primi non pi lunico obiettivo
Capitolo 3 - Evoluzione e nuove tendenze
Concetti base: funzionamento
I fattori di posizionamento: cronistoria
Focus sugli aspetti pi attuali
Capitolo 4 - Posizionamento
Il fattore tempo
Fattori tecnologici
Fattori interni
Fattori esterni
Capitolo 5 - Indicizzazione
Protocollo Sitemap XML
Crawl budget
robots.txt (e meta name=robots)
Architettura informativa
Matrice interna di link
Paginazione
Infinite scroll
Altri contenuti duplicati (interni)
Risposte (errori) del server
Reindirizzamenti
Rimozione di una pagina da Google
Capitolo 6 - Penalizzazioni
Penalizzazioni manuali
Penalizzazioni algoritmiche
Google Panda
Google Penguin
Come si esce da una penalizzazione?
Contenuti copiati (non duplicati)
A cosa prestare attenzione oggi per non essere penalizzati
Capitolo 7 - Ottimizzazioni specifiche
Ricercare: in senso pi ampio
Local (Google My Business)
Google News
Google Immagini
YouTube
PDF
ASO: App Store Optimization
Capitolo 8 - Internazionalizzazione
Lingua e Paesi (e cultura)
Struttura degli URL
Annotazioni di lingua
Cose da non fare
Capitolo 9 - SEO per gli e-commerce
HTTPS
Crawl budget e rel=canonical
Sitemap.xml: pi di una
URL
Briciole di pane
Descrizione del prodotto
Immagini
Schema.org
Condivisione nei social network
Pagine di categoria
Prodotti temporaneamente non disponibili
Prodotti definitivamente non disponibili
Link in home page a prodotti
Motore di ricerca interno
Le conversioni da mobile
Ciclo ricorsivo
Conclusioni - La verit, tutta la verit, nientaltro che la verit
Come scegliere un partner
Prezzi e preventivi
Audit SEO
Report
Cose a cui prestare attenzione (per prenderne le distanze)
Concorrenza
Lultima verit
Appendice - Strumenti di Google
Misurare la SEO
Google Search Console
Google Analytics
Google Pagespeed

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