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LA RICERCA DEL PENSIERO

QUADERNO
DEL SAPERE FILOSOFICO
Il pensiero moderno
978 88 395 32022 C
Redazione: Elisa Bruno
Progetto grafico e copertina: Sunrise Advertising, Torino
Coordinamento grafico: Elena Petruccelli
Ricerca iconografica: Paola Barbieri

SG 0395 00592U C
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Controllo qualit: Andrea Mensio
Segreteria di redazione: Enza Menel

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2012, Pearson Italia, Milano - Torino

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Grafica Veneta, Trebaseleghe (PD), Italia

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Presentazione

IL
Quaderno del sapere filosofico vuole essere uno strumento agile ed essenziale per con-
sentire di approfondire i temi e le questioni pi importanti della storia della filosofia.
Lorganizzazione espositiva per discipline o ambiti del sapere filosofico (Ontologia,
Antropologia, Gnoseologia, Teologia, Etica, Politica, Filosofia della storia, Estetica) intende an-
che rispondere alle Indicazioni nazionali della recente riforma, che sottolineano come lo studente
debba acquisire la capacit di orientarsi sui seguenti problemi fondamentali: lontologia, letica
e la questione della felicit, il rapporto della filosofia con le tradizioni religiose, il problema della
conoscenza, i problemi logici, il rapporto tra la filosofia e le altre forme del sapere, in particolare la
scienza, il senso della bellezza, la libert e il potere nel pensiero politico.

I contenuti del Quaderno affiancano la trattazione manualistica, di impianto storico-cronologico,


proponendo unanalisi tematico-problematica e possono essere utilizzati per chiarire e fissare le
informazioni apprese nel manuale, individuando i nessi e le relazioni che, intorno a uno stesso nu-
cleo tematico, legano correnti di pensiero e autori diversi.
Del resto la storia della filosofia (la cui conoscenza rimane irrinunciabile) custodisce, rispetto alle
grandi questioni del pensiero, una ricca gamma di modelli e paradigmi ermeneutici, con i quali
interpretare la realt e rispondere a una serie di problemi eterni. Anche su questo punto il Qua-
derno va incontro alle pi recenti tendenze ed esigenze della didattica della filosofia, nonch alle
Indicazioni nazionali, laddove affermano che lo studente deve saper cogliere di ogni autore o tema
trattato sia il legame col contesto storico-culturale, sia la portata potenzialmente universalistica che
ogni filosofia possiede.

Infine, poich lo studio della filosofia non pu avere come unico obiettivo lacquisizione di infor-
mazioni sulle idee del passato, ma deve altres consentire lo sviluppo di abilit critiche anche in
relazione alla propria esperienza e alla propria valutazione della realt, sono proposte sezioni
operative che consentono di verificare le conoscenze apprese e di esercitare le competenze disci-
plinari, ma che soprattutto chiamano in causa il vissuto personale dello studente.
Gli argomenti trattati potranno essere approfonditi sia attraverso le rubriche del manuale (Tavole
rotonde, Questioni, Echi del pensiero, Il concetto e limmagine) che a quel tema specifico fanno
riferimento, sia attraverso la biografia e la sitografia poste alla fine di ogni percorso.
ON
TO
GIA
ONONTOLOGIA
Quella che Aristotele chiama filosofia pri- sulla sostanza (in greco ousa), dal momento
ma o scienza dellessere in quanto essere che riserva un particolare interesse alla que-
(successivamente denominata metafisica) stione della sostanza intesa come fonda-
a partire dal XVII secolo prende il nome di mento della realt, ovvero come primum fi-
ontologia (dal greco to v, ci che o losofico.
lente, e lgos, discorso).
Tuttavia, la modernit mette anche in atto
Nella Metafisica, Aristotele afferma che la do- un radicale processo di revisione e, in parte,
manda che cos lessere? si riduce a che di dissoluzione del concetto classico di
cos la sostanza?, perch tutto ci che o sostanza (inteso come qualcosa di perma-
sostanza (vale a dire un soggetto determi- nente che fa da sostegno alla realt) e, muo-
nato, ad esempio Socrate) o si riferisce alla vendo da una prospettiva oggettivistica
sostanza (vale a dire ne una propriet, ad
(la sostanza come oggetto pensato) approda
esempio bianco). Per Aristotele, infatti, la
a una visione soggettivistica (la sostanza
sostanza, in quanto sub-iectum (in greco
come soggetto pensante), spostando quindi
upo-kimenon, ci che giace sotto) sussiste
lattenzione da ci che sorregge il muta-
in s e si concepisce per s, mentre i cosid-
mento e le molteplici propriet delle cose
detti accidenti, cio le propriet che il sog-
getto sostanziale pu o meno possedere, (principio oggettivo) a chi percepisce o
sussistono nella sostanza e si concepiscono pensa questo stesso mutamento e la molte-
in relazione ad essa (rosso un ente ma plicit delle cose (principio soggettivo).
non esiste in s, dal momento che deve ine- Assumendo come filo conduttore la nozione
rire a qualcosa di rosso e, per essere concepi- di sostanza, dunque possibile ricostruire gli
to, va pensato come una qualit di un sog- aspetti pi significativi dellontologia moder-
getto o di una sostanza prima). na, che, seguendo la curvatura soggettivi-
La filosofia moderna, pur indagando mol- stica che va da Cartesio a Hegel, abbandona
teplici questioni metafisiche, in un certo sen- lidea della sostanza delle cose per assume-
so accetta la riduzione aristotelica dellon- re come punto di riferimento il soggetto
tologia allusiologia, cio al discorso costruttore del mondo.

2
1 La sostanza come cogito

1. La sostanza come cogito Nel manuale


Cartesio, vol. 2A, p. 175
Cartesio
La distinzione tra soggetto e oggetto risale al Medioevo: con il termine obiectum, in partico- Oggetto
lare, gli scolastici intendevano il termine correlativo, o il punto darrivo, di una certa attivit, e soggetto
nella scolastica
ad esempio la vista: cosicch il colore qualificava gli oggetti della vista, il suono quelli delludi-
to e cos via. Per oggetto non si intendeva tanto qualcosa di esistente, ma il correlato di un
atto, nel senso che, ad esempio, il desiderio comportava un desiderato, il percepire un perce-
pito, il pensare un pensato ecc.
Con il termine subiectum, che letteralmente significa ci che posto sotto, si intendevano
invece due cose diverse: o il mero soggetto logico-grammaticale, la cosa su cui verte un
discorso ( questo il significato del termine nella filosofia antica), oppure chi possiede
quegli abiti, quelle disposizioni, quelle azioni a cui loggetto si riferisce. Soggetti in questo
senso siamo noi stessi, coloro che agiscono e ai quali attribuiamo pensieri, azioni, sentimen-
ti e cos via.
A partire da Cartesio, la filosofia moderna opera un passaggio dalla prima definizione del Il principio
soggetto alla seconda, ovvero allaffermazione del cosiddetto principio soggettivo. soggettivo
Per Tommaso dAquino, che rappresenta il culmine dellontologia classica, il principio
indiscutibile da cui prende avvio il processo conoscitivo poteva essere formulato cos:
aliquid est, c qualcosa, il mondo l, la sua sostanza qualcosa di dato, prima e in-
dipendentemente dal soggetto che deve conoscerlo.
Per Cartesio, invece, lesistenza della realt esterna non affatto evidente (di essa si pu
dubitare), n originaria: la realt non data, ma sussiste in quanto pensata, ovve-
ro inclusa nellattivit di una coscienza.
Per questo il principio indiscutibile di ogni sapere non aliquid est, bens cogito (io penso).
Infatti posso dubitare di qualsiasi cosa a me esterna, ma non posso dubitare di compiere un
tale atto, e cio di pensare, e, in quanto pensante, di esistere.
Secondo questa prospettiva soggettivistica, nellincessante divenire del mondo il vero punto Lio come
di riferimento stabile non la cosa (res) o loggetto, con il mutare delle sue qualit o proprie- sostanza prima
t, ma il soggetto, che si pone come fondamento della stessa costituzione delloggetto: una
cosa pu diventare verde perch c un soggetto che la vede e che vede il mutare del suo
colore; senza un soggetto che lo percepisca, non soltanto non ci sarebbe il cambiamento, ma
neppure loggetto che cambia.
Sulla base di questo ragionamento, Cartesio costruisce una metafisica del soggetto, secon-
do la quale lio diventa la prima sostanza, in ordine logico, e lunica che possa costituire il
fondamento dellesistenza di tutte le altre.
Il filosofo francese concepisce il soggetto come sostanza pensante (res cogitans), a cui La res cogitans
oppone la sostanza estesa (res extensa), vale a dire il dominio dei corpi che, diversamente
dai soggetti pensanti, non sono liberi, ma meccanicamente determinati, secondo un rigoro-
so dualismo ontologico che oppone libert e necessit, spirito e materia, uomo e natura,
mente e realt esterna: opposizioni che si possono ricondurre a quella originaria di soggetto
e oggetto.

3
ONTOLOGIA

Gli elementi
Tuttavia, la dottrina cartesiana della sostanza, innestata nel creazionismo cristiano, mostra
di criticit alcuni elementi di complicazione: il pensiero e la materia, infatti, si rivelano come sostanze
derivate, in quanto create da una sostanza divina o prima che sostanza in senso
forte, in quanto causa di s (causa sui), cio in s sussistente.
LESSICO

dualismo ontologico Con questa formula si in- trovano posto tutte le forme della realt: il pensare,
tende la concezione cartesiana della realt che vie- il volere, il desiderare (cio tutte le attivit spiri-
ne spezzata in due zone eterogenee e radicalmen- tuali) sono modi dessere della sostanza pen-
te opposte: la sostanza pensante (res cogitans) che sante, che ne il subiectum (sostegno) e che Car-
inestesa, consapevole e libera, e la sostanza este- tesio tende a identificare con lanima individuale;
sa (res extensa), che spaziale, inconsapevole e do- al contrario, i corpi non sono altro che modifica-
minata dal meccanicismo. Nel dualismo cartesiano zioni accidentali dellunica sostanza estesa.

2. La sostanza unica Nel manuale


Spinoza, vol. 2A, p. 262
e molteplice Leibniz, vol. 2A, p. 312

Spinoza e Leibniz
Spinoza
La riflessione di Spinoza prende le mosse proprio dalle incertezze presenti nella dottrina
cartesiana della sostanza.
Per il filosofo olandese il problema della sostanza non riguarda la sua origine, ma la sua
definizione: egli, infatti, parte dalla definizione cartesiana di sostanza come ci che in s
ed concepito per s e da tale definizione cerca di dedurre alcune conseguenze per via
esclusivamente razionale.

Esiste ununica
Innanzitutto, a tale definizione non possono corrispondere sostanze diverse, poich essa
infinita sostanza adeguata solo alla sostanza divina, lunica che sia effettivamente causa sui. C dunque
ununica sostanza (Dio o Natura), che si presenta con infiniti attributi (di cui noi cono-
sciamo solo il pensiero e lestensione) e in svariati modi, ovvero particolarizzazioni finite
della realt infinita.
Tutti gli esseri finiti, dunque, non sono che modi della sostanza infinita. Spinoza recupera,
in tal modo, una dimensione oggettivistica dellidea di sostanza che rilegge alla luce della
rivoluzione scientifica e del meccanicismo moderno: il soggetto o fondamento del mondo
non pu che essere sostanza, in base al fatto che, come implicito nella sua definizione
letterale, esso sta sotto ogni altra determinazione della realt.

La sostanza
La sostanza di tutte le cose Dio: siano esse singole idee o singoli corpi, possono essere pen-
come Dio, sate ed esistono solo se ricondotte ai due orizzonti infiniti del pensiero e dellestensione,
ordine che a loro volta si appoggiano a un sostegno ulteriore, la sostanza divina (unica e infini-
necessario
del Tutto ta), di cui sono manifestazioni.
Tale sostanza la natura meccanica, lordine necessario delluniverso, la catena infinita dei
corpi e delle menti, lordine della realt e delle idee.

4
3 La dissoluzione della sostanza

Leibniz
Mentre Spinoza arriva a concepire ununica sostanza divina, in cui tutte le entit finite si
risolvono, Leibniz pensa le singole sostanze come individualit uniche e tutte diverse luna
dallaltra, realt dinamiche dotate di una forza intrinseca, e perci attive.
Rispetto al monismo spinoziano, Leibniz riprende alcuni motivi dellatomismo antico per Le monadi
affermare il carattere dinamico della realt, e afferma che vi sono molteplici sostanze sem-
plici, le monadi: atomi di attivit di cui i corpi materiali sono composti.
Le monadi si distinguono luna dallaltra qualitativamente, ma non quantitativamente, e la
loro descrizione completa impossibile a una mente finita.
Tra le monadi che compongono un corpo organico, Leibniz attribuisce particolare impor-
tanza alla monade centrale o appercezione, intesa come il principio di unit di un or-
ganismo.

LESSICO
sostanza Il termine latino substantia (da substare, considerandole nozioni prime attribuisce loro una
soggiacere) traduce il greco ousa e indica ci che qualche sostanzialit) ma non esistono indipen-
sta sotto, il soggetto o sostrato che permane sot- dentemente e separatamente dalla sostanza.
to il mutevole avvicendarsi delle determinazioni monadi Con il termine monade Leibniz designa
accidentali. Questo carattere di autonomia e auto- lelemento minimo costitutivo della realt, lunit
sussistenza si ritrova nella definizione cartesiana spirituale che ne il principio dinamico. Il sostanti-
della sostanza: una cosa che esiste in tal maniera vo greco mnas significa infatti unit e, osserva
che non ha bisogno per esistere daltro che di se Leibniz, le sostanze semplici, le vite, le anime, gli
stessa (Principi di filosofia, I, 51). Spinoza riprende spiriti, sono unit. Caratteristica peculiare delle
dalla tradizione aristotelica e cartesiana la sua defi- monadi lessere dotate di una vis repraesentativa,
nizione di sostanza: ci che in s e per s si con- cio di una capacit di rappresentazione che, at-
cepisce. Da questa definizione ricava una critica tualizzandosi, realizza una delle infinite possibilit
alla dottrina cartesiana che aveva ammesso tre so- prospettiche della monade sulluniverso: Ci
stanze (Dio, il pensiero e lestensione): pensiero ed paragonabile a un centro o punto nel quale, per
estensione, obietta Spinoza, non possono essere quanto semplice, si trovino uninfinit di angoli
sostanze dal momento che derivano da Dio, il qua- formati dalle linee che vi convergono (Principi ra-
le, solo, sostanza perch causa sui, cio sussi- zionali della natura e della grazia, par. 2). La mona-
stente in s. Al centro dellobiezione di Spinoza sta de quindi un punto prospettico sulluniverso, le
la distinzione tra esistenza in s e concepibilit per s: cui possibili modificazioni sono il risultato dellap-
mentre la sostanza esiste in s e si concepisce per petizione, cio della sua tendenza a rapportarsi
s, gli attributi (pensiero ed estensione), in un certo diversamente alle cose, a percepirle diversamen-
senso, si concepiscono per s (per questo Cartesio, te, sotto differenti angolazioni.

3. La dissoluzione della sostanza Nel manuale


Locke, vol. 2A, p. 407
Locke e Hume Hume, vol. 2A, p. 452

Locke
Lempirismo inglese mette in atto un processo di dissoluzione della sostanza che ha inizio
con Locke, il quale non nega lesistenza di una sostanza materiale e di una sostanza spiritua-
le (secondo il dualismo cartesiano) ma la loro conoscibilit.

5
ONTOLOGIA

La genesi
Assumendo una prospettiva empiristica in base alla quale solo ci che oggetto di esperien-
dellidea za propriamente conoscibile, Locke afferma che delle cose conosciamo solo le qualit
di sostanza
sensibili (che corrispondono alle idee semplici di sensazione) ma, poich queste si pre-
sentano alla percezione come concomitanti, supponiamo o congetturiamo lesistenza di
un sostrato unico e permanente a cui ineriscono.
Tale fondamento o sostrato delle cose, per, non unidea semplice, bens unidea comples-
sa, poich deriva da unoperazione dellintelletto che mette insieme pi idee semplici. In
quanto effettivo sostegno ontologico la sostanza una x sconosciuta.

La genesi
Analogamente, lidea di un soggetto spirituale non che il frutto del mettere insieme le
dellidea dellio idee semplici di riflessione: noi facciamo esperienza di molteplici attivit (pensare, ricorda-
re, immaginare ecc.) e supponiamo che esista un sostrato unico che fa da sostegno a que-
ste attivit. Ma a questa idea complessa non corrisponde alcuna realt sostanziale.
Sia lidea di sostanza, sia quella di soggetto hanno, per Locke, unutilit linguistica, in quan-
to ci consentono di tenere insieme in un unico concetto, o nome, unidea complessa fatta
di singole percezioni.

Hume
La critica radicale
Proseguendo sulla strada inaugurata da Locke, Hume afferma che lorigine dellidea di so-
dellidea di sostanza stanza da ricercarsi nellabitudine: nella nostra esperienza non c nulla di invariabile e
di permanente, e tutto ci che riguarda una qualche costanza della realt non che frutto di
abitudine.
Particolarmente radicale la critica humeana della sostanza cartesiana: deducendo lesi-
stenza della sostanza spirituale (della res cogitans) dallesistenza del pensiero (dal cogito),
Cartesio avrebbe indebitamente sostanzializzato un atto (latto del pensare), confondendo
unazione con il soggetto che la compie. Se davvero il soggetto riconducibile ai suoi atti,
come pu definirsi sostanza? La sostanza, infatti, una realt sempre identica a se stessa,
mentre gli atti che essa sorregge sono mutevoli.

Un fascio
A partire da questa considerazione, Hume arriva a concepire il soggetto come semplice
di sensazioni fascio di sensazioni, negando che nellesperienza spirituale (come in quella fisica) possa
rintracciarsi alcunch di stabile, duraturo, necessario. Labitudine psicologica con cui colle-
ghiamo certe attivit ad un unico soggetto non va dunque assolutamente scambiata con
lammissione di un loro effettivo sostegno ontologico.
LESSICO

sostanza materiale / sostanza spirituale Secon- larit, una serie di propriet sensibili che riceve
do Hume, labitudine che abbiamo a percepire dallesperienza. Lunica realt di cui siamo certi
certe impressioni (ad esempio giallo e durez- costituita dalle percezioni: che esista anche una
za) in modo costante e ripetitivo ci induce a realt esterna alla percezione (il mondo delle so-
supporre lesistenza di un loro sostrato comune: stanze materiali) non si pu affermare con cer-
la sostanza materiale (ad esempio oro), im- tezza ma frutto si una credenza fondata
maginando che le cose abbiamo unesistenza sullabitudine.
continua. In realt lidea di una cosa (cio di un Un analogo discorso Hume svolge sulla sostanza
alcunch di identico e permanente) solo il frut- spirituale, cio sullidentit dellio: non abbiamo
to di una supposizione della mente che associa alcuna impressione del nostro io, in quanto perce-
e mette insieme, con una certa costanza e rego- piamo solo stati danimo successivi e mutevoli.

6
4 Dalla sostanza pensata al soggetto pensante

Quello che i filosofi definiscono io o sostanza spi- un fascio di impressioni, che la mente riferisce a
rituale, intesa come soggetto o sostrato perma- un sostrato unitario e permanente, della cui esi-
nente di alcune attivit, per Hume non altro che stenza non possiamo fare esperienza.

4. Dalla sostanza pensata Nel manuale


Kant, vol. 2B, p. 155
al soggetto pensante
Kant
Prendendo le mosse dallesito scettico di Hume e dalla sua analisi critica della sostanza,
Kant segna una svolta decisiva nella storia dellontologia moderna, che da studio della real-
t diventa analitica dellintelletto.
Operando la cosiddetta rivoluzione copernicana, il filosofo tedesco sposta lattenzione Le forme a priori
della filosofia dalla realt che luomo conosce alle strutture mentali con le quali le si acco- della conoscenza
sta, riconoscendo a queste ultime la capacit di contribuire alla stessa costituzione degli
oggetti di conoscenza.
Se nella prospettiva sostanzialistica la realt formata da un ordine stabile di sostanze, ri-
specchiate nella mente umana da altrettanti concetti, nella prospettiva kantiana (sotto
questo aspetto gi anticipata dalla riflessione di Hume) le sostanze cos intese non esistono
pi: il termine sostanza, cos come causalit (cio il rapporto tra sostanze), non si riferi-
sce alla realt in s, ma una delle forme soggettive, tipiche dellintelletto umano, utilizzate
per produrre un contesto di possibili relazioni in cui gli oggetti, con i nessi che li collegano,
si costituiscono come fenomeno (realt che si manifestano al soggetto pensante).
Queste forme dellintelletto, che Kant chiama categorie o concetti puri (poich non de-
rivano dallesperienza), non sono propriet delle cose (da registrare in maniera passiva) ma
funzioni del soggetto, che si applicano (attivamente) ai dati provenienti dalla sensibilit.
Una volta dissolta lidea di sostanza (in generale), Kant affranca anche la nozione dellio Tra Cartesio e
da quei residui sostanzialistici ancora presenti in Cartesio. In questa operazione tiene conto Hume: lio come
della critica humeana alla natura sostanziale dellio, ma senza ignorare i meriti della rifles- autocoscienza

sione dello stesso Cartesio, che con il cogito (di cui la formula io penso non , letteralmen-
te, che la traduzione) aveva inteso ricondurre la conoscenza a un fondamento soggettivo.
Questa sorta di mediazione tra la riflessione cartesiana e quella humeana conduce Kant a
concepire lio non come una cosa, ma come unattivit, ovvero, pi precisamente, come
una funzione connettiva capace di dare una forma unitaria allesperienza.
Nel dubitare, infatti, io so di dubitare; nel percepire, so di percepire ecc. Questo significa che
sono consapevole della mia distinzione non soltanto dagli oggetti, ma anche dalle operazioni
mentali che di volta in volta compio. Lio, quindi, non coincide interamente con le sue opera-
zioni, ma un sapere che in qualche modo le trascende e nello stesso tempo le unifica in s:
coscienza di s, autocoscienza, vale a dire consapevolezza unitaria di tutte le sue attivit.
Questa permanenza del soggetto, cio questo collegamento costante tra le varie esperienze, Lerrore metafisico
non va per intesa ( bene ripeterlo) come permanenza di una sostanza, ma come latto di di Cartesio
unificare continuo e consapevole. Che lIo penso o autocoscienza sia una cosa (la res

7
ONTOLOGIA

cogitans o anima di cui parla Cartesio) il frutto di un errore metafisico, ovvero lo


scambiare la rappresentazione Io penso, che la condizione formale di ogni esperienza,
con una qualunque rappresentazione empirica, tanto da applicare ad essa la categoria di
sostanza, il cui uso legittimo solo se riferito a dati sensibili. In altri termini: lIo penso non
pu essere oggetto di conoscenza in quanto una rappresentazione pura, che precede e
rende possibile ogni esperienza.
LESSICO

realt in s / fenomeno La realt, nella prospetti- La realt fenomenica dunque relativa al nostro
va kantiana, pu essere considerata secondo due modo di conoscere, ma ci non vuol dire che sia
prospettive diverse: da una parte c il fenomeno una realt illusoria, una deformazione soggettiva
(dal greco phinomai, appaio), che la realt qua- relativisticamente intesa da ciascun individuo. Non
le appare attraverso le forme a priori della nostra a caso, Kant, parla di oggetto fenomenico, per
mente (spazio, tempo e categorie); dallaltra c la indicare che non si tratta di una rappresentazione
realt in s o la cosa in s, cio la realt pensata indi- della coscienza, di un fatto puramente mentale,
pendentemente dalle forme a priori. Questultima dal momento che il fenomeno ha una sua ogget-
inconoscibile, sebbene costituisca il necessario tivit, essendo lunica realt universale e necessa-
correlato del fenomeno, in quanto se esiste una ria, che cio tale per tutti gli uomini dotati delle
cosa per noi deve esistere anche una cosa in s. stesse forme a priori.

5. Lio come libert Nel manuale


Fichte, vol. 2B, p. 376
e attivit creatrice Schelling, vol. 2B, p. 416

Fichte e Schelling
Il pensiero kantiano segna, in un certo senso, la dissoluzione definitiva dellontologia clas-
sica: nella sua filosofia, infatti, la nozione di sostanza perde ogni connotato oggettivo e
realistico e diventa una funzione del soggetto che, a sua volta, pi che sostanza (realt stati-
ca) soggetto attivo e costruttivo.

Le estreme
Con lidealismo tedesco la prospettiva kantiana attinge il suo punto estremo: non solo la real-
conseguenze t perde ogni sostanzialit oggettiva, ogni elemento di stabilit e permanenza, ma lo stesso
del kantismo
Io si pone come principio dinamico e attivo, che non si oppone a una realt gi data ma n
la sostanza nel senso di soggetto creatore e costruttore. Il soggettivismo kantiano si estremiz-
za cos in un panteismo spiritualistico (tutto soggettivit o spirito) che finisce per ridurre
la natura e la sostanza del mondo a materiale che sussiste in funzione dellattivit dellio.

Fichte
Lidealismo prende le mosse da Fichte, il quale interpreta in senso morale il carattere di
spontaneit che Kant aveva attribuito allIo penso: loggetto sempre per una coscienza, e
questo significa che la coscienza lo pone come tale per mezzo della propria attivit formatri-
ce. I principi dellidealismo etico fichtiano sono volti a mostrare come dalla semplice auto-
posizione dellIo (lIo pone se stesso), cio dallassoluta autoconsapevolezza di essere la
fonte di ogni realt, consegua la posizione delloggetto, o non-io, e quindi la divisione
dellIo e del non-Io infiniti in soggetti e oggetti finiti.
La concezione dellessere acquista cos, nellidealismo fichtiano, un carattere radicalmente
nuovo: poich ogni fatto o ogni dato rimanda allatto che lo pone, la realt non pi data,
ma creata da un Io assoluto in cui coincidono autocoscienza ed autocreazione. Il principio

8
6 La sostanza etica, ovvero lo Spirito

di questo idealismo etico che esse sequitur operari, lessere segue lazione: la realt non
riducibile allob-iectum (letteralmente, ci che sta di fronte allio), ma il frutto della sua
libera attivit.
Schelling reinterpreta il monismo spinoziano concependo Io e natura come momenti Schelling
distinti di ununica realt, di un Assoluto indifferenziato e in s identico.
Se lIo costituisce il momento cosciente dellAssoluto, la natura ne il momento incon-
scio; si pu perci procedere dallIo alla natura (filosofia trascendentale) o dalla natura
allIo (filosofia della natura), in un continuum la cui unit colta solo attraverso unin-
tuizione intellettuale, vale a dire attraverso quella privilegiata forma di attivit, a un tem-
po conscia e inconscia, intellettuale e naturale, che imita la creazione naturale, e cio la
creazione artistica.

LESSICO
panteismo spiritualistico Questa espressione in- In quanto panteismo spiritualistico, lidealismo
dica la concezione idealistica secondo cui tutto anche monismo dialettico, nel senso che ricon-
spirito (tutto riconducibile a Dio inteso come duce il tutto a ununica sostanza (che soggetto
lattivit libera delluomo operante nel mondo), attivo), la quale si realizza attraverso la negazione
visione che si differenzia dal panteismo naturalisti- o alienazione nella natura, che esiste solo per lIo
co di matrice spinoziana, secondo cui Dio lordi- e nellIo.
ne della natura.

6. La sostanza etica, Nel manuale


Hegel, vol. 2B, p. 458
ovvero lo Spirito
Hegel
Hegel ritiene inadeguato sia il modo in cui Spinoza concepisce la sostanza (priva di rifles- Oltre Spinoza
sione, ovvero di un principio soggettivo), sia quello in cui Kant concepisce il soggetto (del e Kant
tutto formale e vuoto). Risolvendo ogni individualit nellunica sostanza divina, Spinoza
aveva concepito la sostanza senza il soggetto; svuotando lio penso di ogni contenuto
sostanziale e riducendolo alla forma unitaria dellesperienza, Kant aveva invece pensato il
soggetto senza la sostanza. Il tentativo hegeliano stato quello di superare questa astratta
e sterile opposizione tra il sostanzialismo di Spinoza e il soggettivismo kantiano.
Poich il soggetto innanzitutto attivit, la sua sostanza non pu che essere il risultato di La sostanza etica
questa libera attivit, ovvero coincidere con le concrete formazioni culturali delluomo, nel-
le quali si oggettivata la sua libert. Hegel chiama questa base sostanziale sostanza etica.
Non si tratta n di una realt metafisica, n di una realt naturale. Essa piuttosto linsieme
delle credenze, degli usi, delle istituzioni, in una parola la cultura che accomuna un po-
polo e sostanzia, appunto, la sua vita.
Intesa in questo senso, leticit la base sostanziale pi idonea a sorreggere gli indivi-
dui, la loro consapevolezza e la loro libert. La natura, infatti, rimane in un certo senso
estranea allio, a cui anzi si oppone con il determinismo delle sue leggi; nella dimensione
culturale, invece, lio ha modo di riconoscere le proprie libere produzioni e, quindi, di ri-
conoscere se stesso.

9
ONTOLOGIA

Dallo Spirito
Non a caso, proprio riferendosi alle produzioni culturali e alle formazioni sociali di una
oggettivo comunit (famiglia, societ civile e Stato), Hegel parla di Spirito oggettivo, espressione con
allautocoscienza:
il viaggio
la quale vuole sottolineare che si tratta di una sorta di seconda natura, ovvero di qualco-
dello Spirito sa che sta di fronte allindividuo come qualcosa di apparentemente dato, di gi costitui-
to, appunto come un oggetto.
Ma, andando oltre Spinoza, Hegel restituisce il giusto peso al soggetto, evidenziando che
questa sostanza etica si fa autocoscienza solo quando viene assimilata dalle singole co-
scienze, le quali se ne riappropriano riconoscendo che i prodotti culturali (a differenza
del mondo naturale) sono in realt un loro prodotto, in quanto frutto della libera creativit
delluomo nella storia.
Nella Fenomenologia dello Spirito, il filosofo tedesco descrive quindi il processo di assimi-
lazione che porta il soggetto a (ri-)appropriarsi della sua sostanza (etica), evidenziando le
diverse tappe attraverso le quali lio, accrescendo gradualmente il proprio sapere (o, meglio,
la propria autoconsapevolezza), giunge a riconoscersi in ci che lumanit in cammino (lo
spirito) ha prodotto.
LESSICO

Spirito oggettivo Se lo Spirito soggettivo, per mondo delle istituzioni storico-sociali, in cui si rea-
Hegel, la coscienza individuale considerata nel lizza concretamente la libert dellindividuo. I mo-
suo emergere dalla natura e nel suo costituirsi menti in cui si articola lo Spirito oggettivo sono
come attivit libera, lo Spirito oggettivo il tre: il diritto astratto, la moralit e leticit.

LABORATORIO DELLE IDEE


VERSO LE COMPETENZE
1. Tutto dipende dallintendere e dallesprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente
prendere le radici
come soggetto: questa affermazione, contenuta nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel, sintetizza Com ali e filosofiche dei principali
concettu
in modo efficace il passaggio da quella che possiamo considerare lontologia classica (presente parzial-
problemi della contemporaneit
mente in Spinoza), che concepisce la realt come qualcosa di statico, allontologia idealistica, che con-
cepisce la realt come spirito, vale a dire come attivit che produce se stessa. A partire dalla posizione Riflettere e argomentare,
di Hegel, ripercorri il passaggio dallontologia della sostanza allontologia del soggetto. individuando collegamenti
e relazioni
2. Lontologia classica rintraccia nella permanenza della sostanza il rimedio alla forza nullificante del
divenire. Cartesio e Kant (anche se in modi diversi, come abbiamo visto) indicano nella centralit
dellio il perno stabile della realt. Con Hegel il soggetto stesso ingoiato, per cos dire, nel mare del divenire, al punto che la sua
sostanza, in fondo, appare non essere altro che la sua storia. Luomo, per Hegel, non , ma diviene: il risultato della sua storia cul-
turale (cos come per Darwin sar il frutto della sua evoluzione biologica). Hegel inaugura cos quella crisi e quella critica post-
moderna del soggetto che saranno riprese e radicalizzate dal pensiero del Novecento. Con lui, la filosofia scopre che tutto si muove
e vacilla, per cui lunico punto di riferimento stabile nel mare del divenire , per il naufrago, se stesso.
Illustra e commenta questo approdo dellontologia moderna traendo spunto dal seguente brano, in cui il filosofo tedesco Hans
Blumenberg (1920-1996) indica nel naufragio la metafora pi propria dellesistenza umana:
Luomo conduce la sua vita ed erige le sue istituzioni sulla terraferma. Ma il movimento della propria esistenza cerca di compren-
derlo, nella sua totalit, specialmente con la metafora del temerario navigare. Il repertorio di questa metafora nautica dellesisten-
za ricco. Ci sono coste e isole, porti e alto mare, scogliere e tempeste, secche e bonacce, vele e timoni, timonieri e ancoraggi, bus-
sola e navigazione astronomica, fari e piloti. (H. Blumenberg, Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dellesistenza,
Il Mulino, Bologna 1985, p. 27)

10
Per approfondire
Nel manuale
ECHI DEL PENSIERO Dal reale al virtuale vol. 2A, p. 198
IL CONCETTO E LIMMAGINE Spinoza nella pittura seicentesca vol. 2A, p. 310
IL CONCETTO E LIMMAGINE Analisi e sintesi: Magritte e il carattere surreale dellesperienza vol. 2B, p. 226
TAVOLA ROTONDA Spazio e tempo tra realt fisica e soggettivit vol. 2B, p. 317
TAVOLA ROTONDA Dalla sostanza delle cose al soggetto del mondo vol. 2B, p. 552

In libreria
Rossella Bonito Oliva, Soggettivit. Modelli, strutture, vissuti, Guida, Napoli 2003
Ernst Cassirer, Sostanza e funzione. Ricerche sui problemi fondamentali della critica della conoscenza,
trad. it. di G.A. De Toni, La Nuova Italia, Firenze 1999
Nigel Warburton, Il primo libro di filosofia, trad. it. di G. Bonino, Einaudi, Torino 1999
(capitolo IV: Il mondo esterno)

In rete
http://www.emsf.rai.it
http://www.filosofico.net
http://www.ildiogene.it

11
AN
TR
LO
GI ANTROPOLOGIA
e PSICOLOGIA

Nella filosofia occidentale, lindagine appro- vimento e di sensibilit), dal momento che
fondita della natura umana e di ci che chia- studia lanima in quanto principio o forma
miamo anima (psych) risale a Platone, il indissolubilmente legata al corpo materiale.
quale per primo, uscendo da una prospetti- In epoca moderna lanima diventa loggetto
va mitica e religiosa, indaga la questione del della psicologia razionale, che, secondo
rapporto anima-corpo, affermando lesi- Christian Wolff (1679-1754), insieme alla
stenza di unanima immortale, affine al mon- teologia razionale e alla cosmologia razio-
do delle idee e indipendente dal corpo ma- nale, costituisce la metafisica generale.
teriale e mortale. La concezione platonica
inaugura cos una visione dualistica desti- Fin dalla sua origine, quindi, la riflessione
nata a esercitare una millenaria influenza moderna si impegna nellindagine filosofica
sulla civilt occidentale. sulluomo per fissarne la natura specifica
nellordine naturale, esplorarne le funzioni
Contro la tesi platonica, Aristotele ritiene in- psichiche e mentali (pensiero, memoria, per-
vece che lanima sia intimamente unita al cezione) e le esperienze interiori (passioni,
corpo e che ne costituisca la forma, o il prin- emozioni). Tuttavia, sar solo nella secon-
cipio di organizzazione, regolandone le pi da met dellOttocento, in pieno clima po-
importanti funzioni. sitivistico, che Wilhelm Wundt (1832-1920)
Con Aristotele nasce anche la psicologia far della psicologia una vera e propria
come disciplina filosofica, la quale per, scienza sperimentale, mutuando il suo sta-
nel sistema aristotelico, appartiene alla fisica tuto operativo dal metodo delle scienze na-
(scienza che studia le sostanze dotate di mo- turali.

12
2 Le origini dellantropologia moderna

1. La visione delluomo Nel manuale


Salutati, vol. 2A, p. 20
nellUmanesimo Ficino, vol. 2A, p. 29

Salutati e Ficino
La rivoluzione culturale, astronomica e scientifica, che a partire dalla fine del XV secolo Il nuovo paradigma
segna lavvento dellepoca moderna, conduce la ricerca filosofica a una rifondazione del antropologico
sapere che si traduce, anche e soprattutto, nellelaborazione di una nuova immagine
delluomo. la cultura italiana dellUmanesimo e del Rinascimento a formulare un nuovo
paradigma antropologico, che, celebrando la dignit delluomo e la sua capacit di autode-
terminarsi, ne legittima appieno la dimensione mondana, esaltandone loperosit, lagire
economico e politico, e sostituendo allideale intellettualistico e contemplativo dei secoli
precedenti quello della vita activa e dellimpegno civile.
Caratteristico di questimmagine marcatamente dinamica delluomo il ruolo assegnato da Volont
Coluccio Salutati, esponente del cosiddetto umanesimo civico, alla volont, facolt in e vita attiva
grado di determinare lintera struttura psichica dellindividuo. Salutati esalta anche la vita
attiva, quale strumento mediante il quale luomo in grado di realizzare nella storia una
missione trascendente.
Nella seconda met del secolo, grazie anche al recupero della metafisica platonica messo in Il ruolo centrale
atto da Marsilio Ficino, si assiste a una vera e propria fondazione filosofica del nuovo idea- dellanima
le antropologico, che trova il suo fulcro nellanima, termine medio tra il mondo corporeo
e quello spirituale, tra il finito e linfinito, tra le creature celesti e la perfezione di Dio: il
possesso dellanima, quindi, a determinare la centralit delluomo nel cosmo.

2. Le origini Nel manuale


Montaigne, vol. 2A, p. 23
dellantropologia moderna Bruno, vol. 2A, p. 68

Montaigne e Bruno
Lottimismo metafisico e antropologico della tradizione umanistico-rinascimentale si incri-
na con la crisi della cosmologia medievale e con quei profondi mutamenti storici e cultu-
rali che concorrono tutti, seppure in ambiti diversi e con differenti modalit, a infrangere
lunitariet della concezione tradizionale della realt.
In tale malfermo contesto si assiste allemergere di una soggettivit che ricerca nuove Un nuovo orizzonte
certezze e punti di riferimento e che, per certi aspetti, prefigura linquietudine delluomo per luomo
moderno. Dal disordine causato dalle nuove teorie astronomiche, non meno che dai con-
trasti tra le varie fedi, la filosofia del Cinquecento indotta a ricercare nuovi orizzonti di
senso per lessere e per il fare delluomo.
Cos, per Montaigne, la socratica conoscenza di s, unica certezza in un mondo divenuto
improvvisamente incerto, costituisce la premessa indispensabile per lacquisizione di un
nuovo equilibrio esistenziale, fondato sul riconoscimento dei limiti e delle contraddizioni
propri delluomo, a cui il filosofo francese guarda con disincantato scetticismo, scorgendo-
vi un essere meravigliosamente vano, vario e ondeggiante.

13
ANTROPOLOGIA e PSICOLOGIA

Divina operosit
Per Bruno, invece, luomo nuovo trae consapevolezza del proprio ruolo dal riconoscersi
ed eroico furore parte della materia infinita, corpo dotato di una particolare configurazione che gli consente,
soprattutto attraverso il possesso e luso delle mani, di sviluppare sia lintelligenza sia la capa-
cit di trasformare la realt attraverso il lavoro, unico fattore di progresso del genere umano.
Accanto a questa divina operosit, nelluomo Bruno riconosce un eroico furore, cio una
bramosia di sapere che lo spinge a unappassionata (erotica) conoscenza della natura,
grazie alla quale si scopre parte del Tutto e del divino che al Tutto d forma.
LESSICO

eroico furore Lespressione eroico furore (nel Bruno dedica un dialogo del 1585 intitolato Gli
senso di erotico furore) risale al Simposio, in cui eroici furori, in cui distingue tre forme di furore:
Platone traccia il mito di Eros elevandolo a meta- quello bestiale, che assimila luomo allanima-
fora della filosofia quale tensione appassionata le; quello divino, che conduce al misticismo
verso la conoscenza, che trova la sua molla nel religioso; quello erotico, che animato da
desiderio e nella bellezza. Il primo a paragonare Eros, cio dallamore per la conoscenza e condu-
la creativit intellettuale del filosofo a un furore ce luomo a comprendersi come parte della na-
divino era stato Marsilio Ficino; ad esso Giordano tura infinita.

3. Anima e corpo, Nel manuale


Cartesio, vol. 2A, p. 175
ragione e passione Hobbes, vol. 2A, p. 370
Spinoza, vol. 2A, p. 262
Cartesio, Hobbes, Pascal, vol. 2A, p. 233

Spinoza, Pascal
Cartesio
Il processo di rifondazione del sapere che alla base della filosofia moderna non pu non
riguardare anche la riflessione sulluomo. Essa ha il proprio inizio nel cogito di Cartesio,
che fa del soggetto pensante il fondamento di ogni certezza, evidenziando cos la necessit
di unindagine preliminare sulla natura di tale soggetto.

Limmaterialit
Affrancandosi radicalmente dalla tradizione aristotelica e scolastica, Cartesio respinge il
dellanima concetto di anima come forma del corpo e inquadra luomo nel dualismo ontologico che
o della mente
separa la res cogitans (sostanza pensante) dalla res extensa (sostanza estesa). La materia, se-
condo Cartesio, non semplicemente potenza, capacit di accogliere la forma, ma sus-
sistente in s, sostanza, proprio come la sostanza psichica.
Le conseguenze di questo dualismo sono notevoli: dal momento che luomo pu concepire
in modo chiaro e distinto di esistere come pura cosa che pensa, ogni altra propriet, com-
presa quella di avere un corpo, non fa parte di una essenza. Inoltre, se tutti gli enti e i feno-
meni naturali sono riconducibili a un modello meccanicistico (alla materia e al movimen-
to), allora la mente umana irriducibile al modello esplicativo dei corpi.

Il problema
Per Cartesio, le due sostanze che entrano nella costituzione dellessere umano sono sostanzial-
del rapporto mente eterogenee, ma necessariamente interagenti, come attesta in particolare la fisiologia
mente-corpo cartesiana delle passioni, modificazioni dellanima determinate, attraverso la ghiandola pi-
neale, dagli spiriti animali, cio da forze meccaniche e involontarie che operano nel corpo.

14
3 Anima e corpo, ragione e passione

In altre parole: quella che in Aristotele era una normale relazione tra forma e materia, co-
mune a tutte le realt finite, diviene in Cartesio un rapporto problematico e misterioso, che
si manifesta appunto nelle passioni. Esse rappresentano uno stato di passivit, perch le
azioni che determinano non sono causate dal soggetto consapevole, cio dallanima ragio-
nevole, ma dai movimenti del corpo. Luomo, per, in grado di governare e dirigere le
passioni, le quali del resto svolgono un ruolo positivo, segnalando, mediante il desiderio che
suscitano, ci che giova allanima e al corpo.
Con Cartesio, fa quindi il suo esplicito ingresso nella storia del pensiero il cosiddetto pro-
blema mente-corpo, destinato a dominare la filosofia del Seicento. Mente, corpo e passio-
ni diventano termini-chiave, che la riflessione antropologica decliner e correler varia-
mente tra loro.

Oltre Cartesio
Coerentemente con lassunto materialista del proprio pensiero, Hobbes intende superare il Il materialismo
dualismo antropologico di matrice cartesiana e, rifiutando lidea di una sostanza pensante, di Hobbes
descrive le funzioni psichiche come particolari forme di movimento della materia: le sen-
sazioni derivano dai movimenti provenienti dagli oggetti esterni e le passioni, analogamen-
te, sono movimenti trasmessi dagli organi di senso al cervello e da questo al cuore, dove
incontrano il movimento vitale (un flusso che assicura la sopravvivenza): se lo favori-
scono generano il desiderio per loggetto esterno (che risulta piacevole); se lo ostacolano
producono avversione verso loggetto esterno (che risulta nocivo). Le passioni, quindi, in
Hobbes esprimono in ultima istanza luniversale tendenza allautoconservazione e al piacere.
Anche Spinoza rifiuta il dualismo cartesiano e inquadra la sua antropologia nel generale Il monismo
monismo della sostanza: se lestensione e il pensiero sono attributi di una medesima so- di Spinoza
stanza divina, da tale unicit si ricava lidentit di natura tra la mente (termine con cui
Spinoza sostituisce quello cartesiano di anima) e il corpo. Come lunica sostanza si espri-
me nel dominio dellestensione e in quello del pensiero, cos nelluomo il corpo laspetto
esteriore dellanima e lanima laspetto interiore del corpo.
Tra mente e corpo non c interazione; quello che accade nella mente va di pari passo con Il parallelismo
quello che accade nel corpo, secondo un parallelismo psico-fisico con cui Spinoza supera psico-fisico
il dualismo cartesiano. Su questo punto Spinoza inaugura un approccio che si potrebbe
definire psicosomatico.
Dal parallelismo tra mente e corpo, Spinoza ricava inoltre il supermento dellidea di matri-
ce platonico-cartesiana di una superiorit dellanima sul corpo. Non esatto parlare di pas-
sioni dellanima, dal momento che non esiste una passivit dellanima rispetto al corpo.
Le passioni riguardano parallelamente la mente e il corpo: per questo non possibile vin-
cerle con la mente. Esse sono necessarie e noi possiamo solo averne una conoscenza ade-
guata che, in un certo senso, ne stempera gli effetti nocivi.
Anticartesiano per molti aspetti, Pascal rimprovera a Cartesio la superbia intellettuale di aver La natura
voluto fornire una spiegazione razionale della natura delluomo, mistero accessibile solo delluomo
tra mistero e fede
alla religione cristiana. La compresenza di anima e corpo e la loro relazione, che invano
Cartesio aveva cercato di spiegare con la ghiandola pineale, secondo Pascal fa dellessere
umano un mostro incomprensibile, la cui esistenza si nutre di paradossi e contraddizioni.

15
ANTROPOLOGIA e PSICOLOGIA

Luomo pu attingere la conoscenza della sua natura solamente nel mistero di un Dio che
lo chiama alla scommessa della fede. Il cristianesimo, infatti, parlando della creazione
delluomo quale re del creato, e del successivo peccato originale, svela la sua grandezza e la
sua miseria, la sua dignit e la sua caducit.

Gli spiriti
Il modello antropologico di Pascal quindi radicalmente diverso da quello cartesiano: luo-
che animano mo non solo una cosa che pensa, non animato solo dallo spirito di geometria, cio
luomo
dalla ragione deduttiva, ma possiede anche uno spirito di finezza, un intuito istintivo che
lo orienta alla verit e che Pascal chiama anche cuore. il cuore, ad esempio, a sentire
Dio, la cui esistenza (a differenza di quanto afferma Cartesio) non dimostrabile con la sola
forza della ragione.
LESSICO

passioni Il termine passione (dal verbo latino I, par. IV). Lo stesso Cartesio, che pure considera le
pati, sopportare, patire) indica, secondo una passioni come elementi perturbanti, mostra un inte-
definizione che risale ad Aristotele, la categoria resse inusuale verso di esse, ritenendo che la ragio-
dellessere contraria allazione. Il termine pas- ne possa governarle e pensandole come forme del-
sato poi a indicare una condizione di passivit o la vita psichica che segnalano i bisogni delluomo.
modificazione dellanimo umano, che, in una sor- cuore Con la parola cuore (coeur) Pascal designa
ta di patologica condizione, subisce delle affe- una sorta di istinto intuitivo che orienta lessere
zioni che determinano inclinazioni o tendenze umano alla verit. Esso alla base dellesprit de fi-
difficilmente controllabili dalla volont razionale. nesse, un atteggiamento conoscitivo che si oppo-
Nella filosofia antica e medievale le passioni sono ne allesprit de gometrie, cio alla ragione dedut-
dunque state considerate negativamente e viste tiva e analitica. Al cuore Pascal attribuisce due
come una forma di limitazione della libera volon- forme di conoscenza: 1. la comprensione dei rap-
t umana. porti umani, per cui il cuore guida autorevole nel-
La filosofia moderna guarda invece con maggior la vita morale; 2. la conoscenza dei principi primi
disincanto e benevolenza alle passioni umane, con- delle scienze, in particolare della matematica: I
cependole come una parte strutturale e naturale principi si sentono, le proposizioni si deducono; e
della vita umana. Contro ogni astratto moralismo, tutto con certezza, sebbene questa si raggiunga
Spinoza afferma che il compito della filosofia mora- per vie diverse (Pensieri, 282). Dunque per Pascal
le non quello di deriderle, compiangerle o con- la certezza dei fondamenti e delle verit prime non
dannarle, ma di comprenderle, trattandole non si attinge con la ragione (come riteneva Cartesio),
come vizi della natura umana, ma quali propriet ma con una capacit intuitiva che alla ragione di-
che le appartengono necessariamente, cos come scorsiva sfugge. La stessa esistenza di Dio senti-
alla natura dellaria appartengono il caldo, il fred- ta dal cuore (che in tal modo diventa organo
do, il temporale, il tuono e simili (Trattato politico, della fede) e non dimostrabile per via razionale.

4. Dalla psiche Nel manuale


Locke, vol. 2A, p. 407
come sostanza Hume, vol. 2A, p. 452
Kant, vol. 2B, p. 156
allio come attivit
Locke, Hume e Kant
Lanticartesianesimo seicentesco si fa ancor pi marcato nella filosofia del Settecento, che
respinge con forza la trasformazione cartesiana del cogito in sostanza e abbandona ogni
quesito sulla natura ultima dellanima a favore di una concezione funzionalistica della
psiche, concepita non pi come sostanza immateriale, ma come centro delle attivit men-
tali che fondano lidentit del soggetto.

16
4 Dalla psiche come sostanza allio come attivit

Nel corso del Settecento muta anche la prospettiva che fa da sfondo allanalisi delle passioni,
considerate ora nella loro sostanziale e irriducibile alterit rispetto alla razionalit del-
lindividuo.
Locke il primo filosofo che critica lidea sostanzialistica dellanima e la possibilit di cono- La genesi
scere, accanto alla permanenza delle cose esterne, anche quella della sostanza pensante. dellidea
dellanima
Egli convinto che lintelletto si limiti a constatare che varie idee semplici di sensazione
sono costantemente unite tra loro e che da una tale constatazione sia portato a supporre
(senza poterla appurare con certezza) lesistenza di un substratum comune che ne sia la base.
In tal modo costruisce lidea di unidentit e permanenza della cosa, la quale, a rigore, non
altro che linsieme delle propriet percepibili.
Allo stesso modo, constatando che diverse idee di riflessione, vale a dire le idee delle operazioni
dello spirito (pensare, desiderare, volere ecc.), sembrano riferirsi a un sostrato comune, lintel-
letto costruisce lidea complessa del soggetto spirituale che la tradizione chiama anima.
Questa nozione propria della tradizione metafisico-religiosa sostituita da Locke con la Dallanima
nozione di coscienza, intesa come identit della persona. Essa indica un elemento per- alla coscienza
manente nel succedersi dei pensieri e degli stati mentali. Questo significa che luomo non
solo pensa, percepisce, ricorda, ma sa di avere tali funzioni, percepisce di percepire. Ed
proprio questa consapevolezza a permettere che le varie percezioni costituiscano un unico
soggetto, che trova il suo fondamento nellunit della persona intesa non come sostanza o
anima, ma come continuit della memoria.
La critica allidea sostanzialistica dellanima ripresa e radicalizzata da Hume, il quale ritiene Il soggetto
che il soggetto spirituale non sia altro che il flusso di successivi stati di coscienza, un fascio come fascio
di percezioni
di percezioni che erroneamente si suppone ineriscano ad un unico sostegno o soggetto.
Anche per quanto riguarda le passioni la riflessione di Hume prende le distanze da Cartesio: La naturalit
per Hume, infatti, la ragione non pu mai contrapporsi alle passioni. Nellagire gioca un ruo- delle passioni
lo determinante il sentimento che il filosofo scozzese chiama gusto morale, che fa avvertire
una certa azione come preferibile perch pi piacevole. La passione dunque un impulso na-
turale, un fatto che accade e che la ragione pu solo constatare, ma non ostacolare o dirigere.

Kant
Proseguendo sulla strada dellempirismo inglese, Kant giunge alla teorizzazione dellio Lattivit sintetica
penso, che non n una sostanza n una collezione di percezioni, bens una funzione di dellio penso
sintesi che unifica le percezioni e fa s che il processo conoscitivo, altrimenti frammentato
in varie rappresentazioni, sia ricondotto a unit.
Con lio penso, Kant non si riferisce n al soggetto individuale n al soggetto spirituale
della tradizione metafisica, ma ad una autocoscienza universale che rende possibile a
ciascun intelletto la sintesi delle proprie rappresentazioni.
La pretesa della psicologia razionale di conoscere la cosiddetta anima , per Kant, priva Contro la
di fondamento. La sua pretesa di stabilire la natura e il destino dellanima, infatti, si fonda psicologia
razionale
su un ragionamento fallace, su un paralogismo della ragione che assume il soggetto intor-
no a cui svolge le sue considerazioni in un duplice ed equivoco significato: quello di sogget-
to formale e quello di sostanza metafisica.

17
ANTROPOLOGIA e PSICOLOGIA

Le passioni
In polemica con i filosofi del Seicento, nellAntropologia pragmatica (1798) Kant delinea
come malattia non una fisiologia ma una patologia delle passioni, che egli definisce cancri della ragion
pratica, inguaribili forze nocive che ostacolano la realizzazione delluomo quale essere ra-
zionale. Esse infatti si oppongono allimperativo categorico, ovvero a quel comando interio-
re che garanzia di un comportamento autenticamente morale.
LESSICO

paralogismo della ragione Il termine paralogi- psicologia razionale applica la categoria di sostan-
smo coniato da Aristotele, che lo considera za allio penso, trasformandolo in una realt
come una forma di sofisma, cio di ragionamen- permanente chiamata anima. In realt lio
to formalmente errato. Un caso particolare di pa- penso non un dato empirico, ma solo una fun-
ralogismo la cosiddetta quaternio termono- zione, ununit formale sconosciuta a cui non
rum, un sillogismo in cui un termine usato in possibile applicare nessuna categoria. Lequivoco
due significati diversi nella premessa maggiore e della psicologia razionale consiste quindi nel de-
in quella minore. terminare come sostanza immateriale, personale
Kant chiama paralogismo il ragionamento dia- e spirituale quella che invece una condizione for-
lettico (cio sofistico e fallace) con cui la ragione, male del costituirsi dellesperienza. Lio in se stesso,
nella psicologia razionale, pretende di parlare cio lio noumenico, in realt inconoscibile e si
dellanima, assumendo il soggetto su cui argo- pu conoscere solo lio fenomenico, cio quale
menta nel duplice senso di unit formale della co- appare alle forme a priori del conoscere. Lunica
noscenza e di sostanza spirituale. In particolare, la psicologia possibile pertanto quella empirica.

5. Natura e spirito Nel manuale


Hegel, vol. 2B, p. 458
nellidealismo
Hegel
La sostituzione kantiana della mente, o dellanima, con un io concepito come centro di at-
tivit trova nellidealismo di Hegel i suoi sviluppi pi innovativi. Con Hegel lindividuo
non solo non si coglie pi come anima sostanziale, come centro metafisico del mondo, ma
si innalza al noi dello Spirito, si com-prende in una totalit dinamica di cui parte.

La ragione,
Nella prospettiva idealistica hegeliana, la filosofia il luogo in cui si superano le scissioni
oltre le divisioni intellettuali e si coglie lunicit e la concretezza dinamica del reale. Se lintelletto fissa e se-
dellintelletto
para le determinazioni e, ad esempio, isola e assolutizza lindividuo empirico astraendolo
dalla totalit di cui fa parte, la ragione, quale facolt dialettica in grado di ricomporre le
scissioni tipiche della filosofia moderna (tra soggetto e oggetto, tra infinito e finito, tra spi-
rito e natura) supera (tra le altre cose) il dualismo su cui si era incentrata la riflessione
antropologica precedente, inglobando sia il corpo sia lanima nel dispiegarsi omnicom-
prensivo e dialettico dellIdea, motore e senso del reale.

La risoluzione,
In tal senso lidealismo hegeliano segna la fine del problema mente-corpo, cos comera
nello Spirito, stato impostato dal pensiero moderno, poich, riducendo sia la mente sia il corpo a mo-
del problema menti dello Spirito, ne elimina ogni statica contrapposizione, annullando la problematicit
mente-corpo
della loro interazione.
Per Hegel lo Spirito lAssoluto, lintero, il vero, lessenza che si completa mediante il suo
sviluppo: esso dunque movimento, le cui fasi acquistano un senso solo se non vengono
considerate isolatamente, ciascuna per s, ma sono pensate in rapporto allintero che in esse

18
5 Natura e spirito nellidealismo

si esplica. Lanima, in particolare, non una sostanza diversa dalla materia, ma il primo gra-
do di sviluppo di quello che Hegel chiama Spirito. Oggetto di studio dellantropologia
(che nel sistema hegeliano il primo momento dello Spirito soggettivo), lanima segna il
lento e progressivo emergere dello spirito dalla materia, il sorgere della coscienza individuale.
Anche sul tema delle passioni Hegel fa valere il suo metodo della com-prensione dialettica. Le passioni
Per il filosofo tedesco la passione una sorta di energia, forza propulsiva che spinge come astuzia
della ragione
dellazione, tanto che niente di grande stato compiuto, n pu essere compiuto, senza
passione. In ogni accadimento c un elemento particolare e sensibile, che concerne lindivi-
duo che vuole e tende a uno scopo, e c la realizzazione di un senso universale che va oltre
lintenzione del singolo. Le passioni sono, in un certo senso, lo strumento e il materiale di
cui lo Spirito universale si serve per realizzare i suoi scopi, mettendo in atto quella che Hegel
chiama astuzia della ragione. La passione, quindi, non in contrasto con la ragione, di
cui anzi costituisce lo strumento e il materiale, come risulta evidente dalle grandi passioni
che hanno animato i grandi personaggi della storia.

LESSICO
Spirito In Hegel il termine spirito (Geist) indica vare la sua realizzazione. Per questo Hegel distingue
lIdea che, dopo essersi alienata nella natura, cio uno Spirito soggettivo e uno Spirito oggettivo:
nella dimensione spazio-temporale del mondo, il primo lo spirito individuale nel suo graduale e
torna presso di s nelluomo. Superando la natu- lento emergere dalla natura e porsi come libert,
ra quale ordine meccanico, lo spirito si pone come cio come capacit di autodeterminarsi affrancan-
libert e si manifesta nelle libere creazioni umane. dosi dai vincoli della natura, e si articola in tre mo-
La libert, per, solo astrattamente e parzialmente menti: anima (oggetto dellantropologia), coscien-
pu essere intesa come libert individuale (in tal za (oggetto della fenomenologia) e spirito in senso
senso, per Hegel, piuttosto arbitrio), dal mo- stretto (oggetto della psicologia); il secondo inve-
mento che non esiste libert se non in un contesto ce la libert dellindividuo che si realizza nel mondo
concreto, in un mondo esteriore nel quale pu tro- delle istituzioni sociali e sovra-individuali.

LABORATORIO DELLE IDEE


VERSO LE COMPETENZE
Nel nostro viaggio intorno alluomo moderno abbiamo incontrato autori, quali Bruno, Cartesio e Hob-
prendere le radici
bes, che hanno istituito una significativa correlazione tra passione e conoscenza. Leroico furore del Com ali e filosofiche dei principali
concettu
filosofo italiano, ad esempio, rappresenta la condizione estrema e totalizzante a cui conduce la passione
problemi della contemporaneit
per la conoscenza, cos come la meraviglia, sia in Cartesio sia in Hobbes, riveste unimportanza fonda-
mentale, perch la passione che induce a conoscere loggetto che lha suscitata. Riflettere e argomentare,
Questa correlazione viene a configurarsi come la pi efficace smentita della rigida contrapposizione individuando collegamenti
tra ragione e passioni, che, destituita di ogni valore dallo sviluppo della filosofia moderna e contem- e relazioni
poranea, nonch delle attuali scienze delluomo, permane tuttavia a livello di senso comune.
Particolarmente stimolante per approfondire il tema della passionalit implicata nel processo conoscitivo si rivela unintervista
realizzata nel 1998 da alcuni studenti del Liceo scientifico Isacco Newton di Roma a Elio Franzini, docente di estetica presso lUni-
versit statale di Milano. Afferma infatti lo studioso:
Ci che non bisogna fare, a mio parere, contrapporre ragione e passione come se fossero completamente distinte: in realt
appartengono a due mondi in continua collaborazione. La passionalit si rivela essenziale nella stessa scienza, perch indica quello
che il nostro rapporto originario con il mondo: noi viviamo nel mondo, non secondo ragione, ma attraverso un corpo,
una sensibilit [].

19
ANTROPOLOGIA e PSICOLOGIA

La scienza sicuramente animata dalla passione: esercitare bene il pensiero vuol dire avere voglia di occuparsi di qualcosa, di capi-
re meglio quella che la nostra realt. Perch cominciamo a occuparci di filosofia o di scienza? Non certo per motivazioni di carat-
tere puramente razionale: iniziamo a farlo perch c un fuoco che ci porta a interessarci di qualcosa piuttosto che di qualcosaltro.
Allorigine della nostra capacit di avvicinarci al mondo e di scoprire nuovi particolari della natura e dei nostri simili, c sempre una
passione, che in tale maniera diventa il fondamento della scientificit stessa. [] La volont di pensare, che riconducibile alla
volont di sapere, una forza che per non deve diventare quella tracotanza che tutto travolge e tutto distrugge. Si tratta piuttosto
di cogliere la forza costruttiva della passionalit. (E. Franzini, Le ragioni delle passioni,
www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=140)
Condividi la centralit assegnata da Franzini alla passione quale punto di partenza dellindagine razionale?
Hai mai sperimentato tale passionalit?
Quale rapporto intercorre, a tuo parere, tra la passione per la conoscenza e lapprendimento scolastico? In altri termini: i contenuti
scolastici, anche se imposti, possono appassionare uno studente?

Per approfondire
Nel manuale
QUESTIONE Luomo, per natura, cattivo o buono? vol. 2B, p. 149
TAVOLA ROTONDA Dalla sostanza delle cose al soggetto del mondo vol. 2B, p. 552

In libreria
Remo Bodei, Geometria delle passioni, Feltrinelli, Milano 1991
Antonio R. Damasio, Lerrore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, trad. it. di F. Macaluso,
Adelphi, Milano 1995
Umberto Galimberti, Paesaggi dellanima, Mondadori, Milano 1996
Sandro Nannini, Lanima e il corpo. Unintroduzione storica alla filosofia della mente, Laterza, Roma-Bari 2002
Silvia Vegetti Finzi (a cura di), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari 2000
Nigel Warburton, Il primo libro di filosofia, trad. it. di G. Bonino, Einaudi, Torino 1999 (capitolo VI: La mente)

In rete
http://www.emsf.rai.it
http://www.filosofico.net
http://www.ildiogene.it

20
GN
OS
LO
GNOSEOLOGIA
GI
Alla gnoseologia (dal greco gnsis, cono- lesistenza della realt esterna ed incline a
scenza, e lgos, dottrina), cio allindagine trovare nel soggetto il fondamento della
sullorigine, la natura e lestensione della co- conoscenza: il mondo, infatti, non sempli-
noscenza, la filosofia moderna attribuisce cemente dato, ma sussiste in quanto pensa-
unimportanza centrale. to, ovvero incluso nellattivit della coscienza.
Il pensiero antico e medievale considerava Indipendentemente dalla prospettiva (empi-
loggetto da conoscere come qualcosa di ristica o razionalistica) abbracciata, il comune
dato, un presupposto indipendente dal sog- punto di partenza dellindagine gnoseologica
getto che lo ap-prende. Loggetto era quindi, moderna cartesiano: pensare vuol dire
in senso letterale, un ob-iectum, ovvero qual- avere idee, il che significa che loggetto della
cosa che sta di fronte alla coscienza, la quale, conoscenza non sono le cose, bens, appun-
se vuole conseguire la verit, deve semplice- to, le idee, che delle cose sono rappresenta-
mente conformarsi a esso. Per Tommaso, che zioni soggettive. Si impone in tal modo un
rappresenta il culmine dellaristotelismo cri- problema cruciale, determinato dal fatto che,
stiano, la verit era adequatio rei et intellec- se tutto ci di cui luomo pu avere consape-
tus e il principio indiscutibile da cui prende volezza sono le rappresentazioni mentali, il
avvio il processo conoscitivo poteva essere mondo reale sar conoscibile solo in modo
formulato cos: aliquid est, cio c qualcosa, problematico, cio attraverso la mediazione
il mondo l e si offre ai miei sensi, che atte- dellidea. In altre parole, il soggettivismo mo-
stano levidenza di un mondo esterno, ante- derno contiene in s il rischio di un esito
cedente e indipendente rispetto al soggetto scettico, che Kant cercher di superare indi-
che lo conosce. cando nel soggetto non la ragione del relati-
A partire da Cartesio, invece, il pensiero mo- vismo, ma lunica garanzia possibile di una
derno non considera pacifica ed evidente conoscenza oggettiva.

21
GNOSEOLOGIA

1. Tra razionalismo ed empirismo


La riflessione gnoseologica moderna eredita dalla tradizione classica lopposizione tra la
dottrina platonica delle idee innate e il principio aristotelico dellesperienza. La polemica tra
razionalismo ed empirismo, che si sviluppa nel corso del XVI e del XVII secolo, si colloca
entro lorizzonte di questa antica e consolidata alternativa.

Il problema
In realt, al di l della facile schematizzazione che lo oppone a Platone, Aristotele aveva colto
delle premesse lintimo nesso che lega ragione ed esperienza, intuendo nei suoi termini essenziali la questione
in Aristotele
che sarebbe stata al centro della riflessione gnoseologica moderna. Secondo Aristotele, infatti,
per essere scientifico un sillogismo deve essere valido e vero, cio non solo corretto formal-
mente, ma anche basato su premesse vere. Ma come si ottengono le premesse vere? nellaf-
frontare questo problema che il filosofo svela linterna complessit del processo conoscitivo.
Se si cercasse di ottenere proposizioni vere attraverso le dimostrazioni sillogistiche (cio de-
ducendole da premesse pi generali), si determinerebbe un processo allinfinito. Ma anche
per via induttiva sarebbe impossibile approdare ad affermazioni universali e necessarie, per-
ch, per essere tali, queste richiederebbero la verifica di tutti i casi possibili, compresi quelli
futuri: ecco perch Aristotele afferma che il ragionamento induttivo riguarda luniversale
per lo pi, cio il dominio del probabile, e non quello della certezza scientifica. Secondo
Aristotele, dunque, deduzione e induzione, la pura ragione e losservazione empirica sono
insufficienti per costruire un sapere vero. Per questo, accanto a queste due facolt, annovera
lintuizione, cio la capacit dellintelletto di cogliere, a partire dalla generalizzazione em-
pirica, delle essenze o forme universali.
LESSICO

razionalismo / empirismo Dopo aver richiamato e Hume) afferma invece il primato dellesperienza,
lattenzione sul soggetto quale centro della cono- grazie alla quale la ragione, che una sorta di tabu-
scenza, il pensiero moderno si divide sul modo di la rasa, riceve le impressioni sensibili delle cose e
concepire lorigine e la natura del processo cono- costruisce il suo sapere.
scitivo. Il razionalismo (che, vome vedremo, ha in Per gli empiristi lesperienza non solo la fonte
Cartesio il proprio fondatore e in Leibniz e Spinoza della conoscenza, ma anche il criterio della verit:
i suoi maggiori esponenti) pone laccento sulla li- se per i razionalisti vero ci che evidente,
bera attivit della ragione, che a partire dal proprio cio ci che si impone alla mente con chiarezza e
patrimonio di idee innate costruisce deduttiva- distinzione, per gli empiristi la norma ultima del
mente, cio mediante catene di ragionamenti ne- sapere si trova nellaccertamento dei dati, cio
cessari, un sapere universale. Lempirismo (iniziato, nella conformit delle idee (o delle rappresenta-
come vedremo, da Locke e sviluppato da Berkeley zioni mentali) ai fatti.

2. Da Aristotele Nel manuale


Galilei, vol. 2A, p. 111
alla scienza moderna
Galilei
Una ragione
La riflessione moderna sul metodo della scienza, nonostante la sua polemica contro la fisica
che si nutre aristotelica, prende avvio proprio dalla consapevolezza dellinevitabile compresenza, nel
dellesperienza
processo conoscitivo, di esperienza e ragione o, per usare le celebri formule di Galilei,
delle sensate esperienze e delle necessarie dimostrazioni.

22
3 La conoscenza come visione della mente

Il sapere scientifico, per Galileo, non si fonda sulla semplice osservazione empirica, ma piut-
tosto sullesperimento, che presuppone la formulazione, da parte della ragione, di unipo-
tesi che per essere verificata ha bisogno di una complessa procedura.
La ragione scientifica, diversamente dalla ragione speculativa, formula le proprie supposi-
zioni sulla scorta di dati empirici e allo scopo di spiegare i fatti: si nutre, cio, dellesperien-
za, che la precede e la orienta. Le ipotesi razionali esigono poi una conferma o una smen-
tita sperimentale (il cimento, la messa alla prova) mediante la riproduzione artificiale di
fenomeni che verifichino (o falsifichino) lintuizione di partenza.
Ma anche la ragione, in un certo senso, precede e condiziona losservazione mediante le
sue ipotesi (ad esempio inducendo Galileo a puntare il cannocchiale sulle macchie solari o
sui crateri della luna per verificare unintuizione teorica precedente, e cio lidentit tra
mondo terrestre e mondo celeste), per poi filtrare i fenomeni osservati, spogliandoli delle
loro propriet qualitative e riducendoli a elementi e grandezze misurabili, cio quantitativi.
Nella prospettiva galileiana, quindi, il difetto della scienza antica rispetto alla scienza speri- Oltre la scienza
mentale dei moderni non consiste, come comunemente si dice, in una sua scarsa adesione antica
ai fatti (al contrario, essa accettava spesso in modo acritico lapparenza sensibile), bens
nella sua incapacit di intrecciare in modo organico il momento osservativo con quello ra-
zionale, che si condizionano reciprocamente in un rapporto circolare.
In conclusione, per Galileo la ragione ricerca se stessa nelle cose, cercando di attingere,
oltre la relativit delle percezioni sensoriali, loggettivit di una razionalit matematica.

3. La conoscenza Nel manuale


Cartesio, vol. 2A, p. 175
come visione della mente
Cartesio
Della scienza galileiana Cartesio enfatizza la componente razionale, deduttiva e matema-
tizzante, nella convinzione che lesperienza sensibile sia ingannevole e non possa quindi
costituire la base e la condizione per un sapere saldo.
Criterio di verit, secondo il filosofo francese, levidenza, che a sua volta si fonda sulla Levidenza del cogito
certezza soggettiva del cogito, cio sullindubitabile coscienza che lio ha di essere una
cosa che pensa. Una proposizione, quindi, assolutamente vera se e quando riproduce la
necessit logica di questa autoevidenza originaria: in quanto io sono certo di essere una
cosa che pensa, cos so gi che cosa richiesto perch io sia certo di qualcosa (Meditazioni
metafisiche, III, 33).
Per avere la certezza dellesistenza dei corpi e per conoscere la loro essenza, cio la loro natu- La conoscenza
ra, la mente deve abbandonare il dominio dei sensi e rivolgersi in qualche modo a se stessa, del mondo esterno
per analizzare le idee, o rappresentazioni, dei corpi materiali e stabilire che cosa di essi
pu conoscere in modo chiaro e distinto.
Come per Galilei, anche per Cartesio le qualit sensibili (colore, odore, sapore ecc.) non
appartengono ai corpi in quanto tali, dal momento che sono mutevoli, confuse e soggettive:
relative, cio, al soggetto senziente. Ci che delle cose materiali la ragione concepisce invece
in modo chiaro e distinto, e dunque ci che afferisce alla vera natura dei corpi, sono le

23
GNOSEOLOGIA

propriet geometriche e misurabili, cio il fatto di avere una figura, un numero, di occu-
pare uno spazio, di muoversi o essere in quiete, in una parola tutto ci che inerisce allam-
bito dellestensione.

La conoscenza
Lestensione, per, non un dato percettivo o sensibile, poich le infinite possibilit di
del mondo configurazione della sostanza estesa possono essere concepite dal pensiero, ma non raffi-
come fisica a priori
gurate mediante limmaginazione. Diversamente dalla materia, che qualitativamente
determinata in quanto cade sotto i sensi, lestensione (che assimilabile allo spazio eucli-
deo) uniforme e qualitativamente indifferenziata. In quanto tale, non un concetto ri-
cavato, mediante astrazione, dallesperienza, bens una nozione innata, una pura visione
della mente.
Una volta ridotta la materia (sensibile) a estensione geometrica (idea innata), la conoscenza
del mondo coincide con la costruzione deduttiva della geometria, con una fisica a priori.
LESSICO

fisica a priori La fisica cartesiana si configura come qualit attribuite dai sensi alla materia sono sog-
un sapere geometrico rigorosamente a priori, che gettive). Linfinita variet qualitativa dei fenomeni
dalla nozione prima ed evidente di estensione ri- si riduce dunque, secondo Cartesio, a due pure no-
cava alcune conseguenze: in quanto assimilabile zioni della mente: lestensione e il movimento. Se-
allestensione geometrica, la sostanza estesa infi- condo il filosofo francese, anche questultimo in-
nita, infinitamente divisibile (non esistono gli ato- fatti interpretabile in termini geometrici, come
mi), continua (non esiste il vuoto), qualitativamen- spostamento di alcune parti di spazio rispetto ad
te indifferenziata e perfettamente omogenea (le altre e in un tempo quantitativamente misurabile.

4. La fondazione empirica Nel manuale


Locke, vol. 2A, p. 407
della conoscenza
Locke
Il punto di partenza dellindagine gnoseologica di Locke cartesiano: pensare significa
avere idee. Ci che noi conosciamo non sono le cose in se stesse, ma le nostre rappresentazio-
ni delle cose, ovvero, appunto, le idee.

Idee semplici
sullorigine delle idee che Locke dissente dallinnatismo di Cartesio. Se per il filosofo fran-
e idee complesse cese nella mente di ogni uomo sono impresse fin dalla nascita alcune nozioni primarie su
cui sar possibile costruire ledifico del sapere, per Locke la nostra mente, prima dellespe-
rienza, invece una tabula rasa priva di contenuti, che riceve passivamente dai sensi il
materiale della conoscenza: le cosiddette idee semplici.
Sul materiale originario e involontario costituito dalle idee semplici, lintelletto esercita il
proprio libero potere costruttivo, dando forma alle idee complesse (di modo, di sostanza
e di relazione).

Dalle cose
Le cose, secondo questa prospettiva, non sono altro che collezioni di qualit sensibili.
al soggetto Noi non possiamo conoscere la sostanza, che infatti non altro che lo sconosciuto soste-
gno che tiene unite le varie propriet che il soggetto percepisce delle cose.
Locke sposta cos linteresse dellindagine gnoseologica dalla cosa in s al soggetto conoscente.

24
4 La fondazione empirica della conoscenza

La stessa verit, pi che nella conformit a presunte cose esistenti oggettivamente, consiste,
secondo Locke, nella coerenza discorsiva, cio nel corretto collegamento tra le idee allin-
terno della mente.
La gnoseologia di Locke oscilla quindi tra lesigenza del realismo, che impone di ricondur- Tra la realt esterna
re qualsiasi costrutto mentale (le idee complesse) ai dati percettivi dellesperienza, e la e la mente
tendenza al mentalismo, per cui la conoscenza concerne non le cose ma la percezione del-
la concordanza o della discordanza tra le idee. Per questo, alla fine, anche Locke si cimenta
con il problema che era stato di Cartesio: come pu luomo uscire dal cerchio della propria
mente, per attingere la concretezza della realt extramentale?
Locke ritiene che, entro certi limiti, possiamo essere certi che alle nostre idee corrispondano Intuizione,
delle cose. Dellesistenza dellio siamo certi per intuizione (secondo il procedimento carte- dimostrazione,
sensazione
siano); la conoscenza di Dio la otteniamo per dimostrazione (in base alle tradizionali prove
a posteriori); la conoscenza delle cose esterne per sensazione, e in particolare aggiunge
Locke per sensazione attuale, attraverso la quale sappiamo che in un dato momento
esiste fuori di noi qualcosa che causa in noi una certa idea (poich, come abbiamo visto, le
idee semplici non possono che essere leffetto dellazione delle cose esterne, o meglio delle
loro propriet, sui nostri organi di senso).
Intuizione, dimostrazione e sensazione attuale conducono a una conoscenza certa, anche Conoscenza
se di grado diverso. Quando invece non si percepisce una qualit sensibile in atto, la certezza matematica e
dellesistenza della cosa viene meno. Per questo la matematica (che si fonda sulla coerenza conoscenza
della natura
deduttiva tra idee, senza alcun riferimento alla realt esterna) il modello ideale della
conoscenza. La conoscenza della natura, al contrario, un sapere solo probabile, poich
le nostre idee delle cose non riproducono la loro struttura oggettiva se non in modo con-
venzionale e congetturale.
In conclusione, possiamo affermare che Locke suddivide il sapere in due ambiti eterogenei:
da un lato la conoscenza matematica, priva di riferimento alle cose, ma necessaria e univer-
sale; dallaltra la conoscenza del mondo fisico, che ci informa sul mondo, ma che proba-
bile e ipotetica in quanto costruita mediante segni convenzionali che si riferiscono alle cose.
La riflessione filosofica successiva prender le mosse proprio da questa opposizione tra
verit di ragione e verit di fatto (Leibniz), relazioni tra idee e proposizioni che
concernono fatti (Hume), giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori (Kant).
LESSICO

realismo / mentalismo Nella sua accezione gno- come una forma di realismo, perch assume il dato
seologica, il termine realismo sar introdotto da empirico come il punto di partenza di ogni attivit
Kant per indicare (in opposizione allidealismo, dellintelletto. Ma dal momento che la conoscenza
che riduce le cose allatto con cui il soggetto le co- non riguarda le cose ma piuttosto le idee sempli-
nosce) la prospettiva filosofica da lui difesa, secon- ci e le idee complesse, cio dei contenuti della
do la quale le cose esterne, da cui provengono le mente, la gnoseologica di Locke subisce una fatale
impressioni sensibili, sono reali. Il realista empi- curvatura verso il mentalismo. Questo termine,
rico, osserva Kant, riconosce alla materia [] utilizzato soprattutto nellambito della filosofia an-
una realt che non ha bisogno di essere dedotta glosassone contemporanea, indica una forma di
ma immediatamente percepita (Critica della ra- soggettivismo, o idealismo soggettivo, che riduce
gion pura, A 370). le propriet fisiche delle cose e le cose stesse a rap-
Lempirismo di Locke si configura naturalmente presentazioni e operazioni mentali.

25
GNOSEOLOGIA

5. Dallempirismo Nel manuale


Hume, vol. 2A, p. 452
allo scetticismo
Hume
Con Hume lesito scettico implicito nellempirismo attinge la sua formulazione pi compiuta.

Il carattere
Per il filosofo scozzese i contenuti della mente sono di due tipi: le impressioni e le
soggettivo idee. Le prime rappresentano il percepire attuale e sono particolarmente vivide e incisive;
delloggettivit
le seconde sono copie, o immagini illanguidite, lasciate nella mente dalle prime.
Ma, se lidea va ricondotta allimpressione di cui copia, esiste qualcosa di pi originario
dellimpressione, cio una realt esterna e oggettiva a cui riferirla? Mentre Locke ritiene che
la mente possa conoscere qualcosa di esterno e di corrispettivo alle proprie impressioni (le
qualit primarie della materia), per Hume questo impossibile, perch il presunto dato
esterno cui riferire limpressione pu essere appreso solo per mezzo dellimpressione e
nellimpressione. La cosiddetta oggettivit non appartiene a una realt esterna rispetto al
percepire soggettivo, ma un carattere specifico di questo percepire, cio il suo avere una
forza e una vivacit tali da indurre nella mente una credenza nella sua realt.
Lesperienza, vale a dire il riferimento ai dati esterni, non giustifica n lidea di sostanza
(corporea o spirituale), n il principio di causalit; ogni presunta realt oggettiva (lio, le
cose, il loro nesso causale) si risolve nelle impressioni soggettive della mente o, pi preci-
samente, nellabitudine che essa ha di connetterle e associarle in modo arbitrario.

La critica allidea
Hume sottopone a una critica particolarmente serrata lo strumento principale con cui ope-
di causalit ra la spiegazione scientifica: lidea di causalit. Essa osserva Hume inferisce dallosserva-
zione di un fatto una connessione che non cade sotto la testimonianza dei sensi: in altre
parole, dal fatto che (in un numero limitato di casi osservati) B segue A conclude che
B deve (sempre ed ovunque) seguire A. Ora, dallosservazione di una connessione costante
tra due eventi possiamo inferire lidea di un loro nesso necessario (valido cio anche per i
casi futuri) solo se presupponiamo che il corso della natura sia uniforme, cio solo se ri-
teniamo che i casi dei quali non abbiamo avuto nessuna esperienza debbono somigliare a
quelli dei quali labbiamo avuta. Ma il principio delluniformit della natura non vero
a priori (che il corso della natura cambi uneventualit logicamente non contraddittoria,
e dunque possibile), n si pu provare induttivamente, poich per passare dallosservazione
di un certo numero di connessioni naturali regolari alla necessit di una regolarit generale
dei fenomeni naturali sarebbe necessario presupporre luniformit della natura, ovvero
esattamente ci che si pretende di dimostrare.
Il presupposto delluniformit della natura non ha dunque alcun fondamento oggettivo, e
si basa piuttosto su unaspettativa soggettiva: loggetto di una credenza non razionale, di
una sorta di istinto presente nelluomo. E tale aspettativa soggettiva a sua volta il frutto
dellabitudine. Per utilizzare lesempio di Hume: essendo abituato a vedere che una palla
di biliardo, quando ne urta unaltra, la mette in moto, luomo portato a credere che ci
accadr anche in futuro; ogni volta che una palla si muover verso unaltra palla, la mente
anticiper dunque il senso della vista e concepir il movimento della seconda palla come
effetto dellurto della prima. Si tratta di un processo associativo istintivo, per cui la mente
portata a concepire due eventi solitamente congiunti come necessariamente congiunti.

26
6 Oltre il razionalismo e lempirismo

Con la negazione humiana del soggetto conoscente, delle cose esterne e dei loro stabili e ogget- Lo scetticismo
tivi nessi causali, viene meno lintera ossatura della conoscenza, che ha i suoi fondamenti
proprio nella permanenza delle cose in quanto distinte dalla mente conoscente, nella per-
manenza e identit dellio quale unico centro di consapevolezza, e nella capacit di questul-
timo di individuare collegamenti necessari e stabili tra le cose stesse.
Da questo sconfortante esito prender le mosse Kant, con il suo tentativo di andare oltre
una fondazione puramente empirica della conoscenza.

LESSICO
credenza La credenza, che secondo Hume costi- ci che vediamo o sentiamo), bens dal fatto che
tuisce uno dei pi grandi misteri della filosofia, costantemente congiunta con unimpressione
una sorta di istinto, o sentimento, con cui la natura presente. Essa si fonda, cio, sulla ripetizione di
umana, senza ricorrere a un atto della ragione, rico- unesperienza associativa, la quale determina una
nosce la realt di qualcosa. Hume la definisce una rappresentazione che va oltre limpressione pre-
specie di sensazione, per sottolineare come essa sente. Se, ad esempio, siamo stati abituati in pas-
abbia la stessa realt e la stessa forza di unimpres- sato a collegare la rappresentazione del fuoco con
sione attuale. La credenza infatti unidea vivace quella del calore, in presenza del primo dato sare-
associata a unimpressione presente. mo indotti a pensare che si determiner anche
La vivacit, o la forza, di questidea non deriva dal quello che a esso sempre seguito in passato:
fatto che essa riconducibile direttamente a lidea di questo evento cos viva nella nostra
unimpressione (come nel caso della credenza in mente da indurci a credere che si verificher.

6. Oltre il razionalismo Nel manuale


Kant, vol. 2B, p. 155
e lempirismo
Kant
Linsufficienza dei due orientamenti gnoseologici tradizionali, quello razionalistico che sfo-
cia nel dogmatismo e quello empiristico che sfocia nello scetticismo, induce Kant a elabora-
re unoriginale posizione, nota come criticismo (dal greco krno, analizzo), che consiste
nellanalizzare e scomporre la facolt del pensiero umano per cogliervi quegli elementi a
priori che consentono di organizzare il materiale dellesperienza.
Mentre i razionalisti e gli empiristi considerano la realt come gi costituita, Kant ritiene Lattivit unificatrice
che il mondo dellesperienza sia il risultato dellattivit ordinatrice e unificatrice della della mente
mente umana, che opera mediante forme a priori sulla materia fornita dai sensi.
In altre parole, loggetto della conoscenza non la cosa nella sua materialit, ma il risultato
di una sintesi tra la molteplicit delle impressioni sensibili (la materia dellesperienza, che
riceviamo a posteriori), e ci che lintelletto vi aggiunge, filtrando e ordinando i dati empi-
rici attraverso nessi stabili, universali e oggettivi (la forma dellesperienza, che a priori).
La gnoseologia di Kant pu quindi essere interpretata come una sintesi tra il razionalismo
(anche se considera innate solo delle forme vuote) e lempirismo: Bench ogni nostra cono-
scenza cominci con lesperienza, da ci non segue che essa derivi interamente dallesperienza.
Lempirismo riteneva che la conoscenza derivasse interamente dalla ricettivit dei sensi: per Il carattere
Locke, ad esempio, non soltanto i dati empirici, ma anche le operazioni con cui la mente li or- trascendentale
ganizza sono loggetto di unesperienza sensibile (il senso interno). Secondo Kant, invece, le della conoscenza

forme, o le regole, con cui la coscienza opera sono loggetto di una conoscenza trascendentale,

27
GNOSEOLOGIA

che cio trascende lesperienza, ma solo nel senso che non si occupa tanto di oggetti, quanto
del nostro modo di conoscerli. Si tratta di una conoscenza trascendentale, e non trascendente,
perch i principi a priori con cui lintelletto organizza i dati dellesperienza, per quanto non
nascano dallesperienza e siano presenti nel soggetto prima e indipendentemente rispetto a
essa, non fanno che rendere possibile la conoscenza nellesperienza.

Lerrore di Hume
Non aver distinto i giudizi sintetici a priori (che sono riempiti con contenuti tratti
dallesperienza) dai giudizi della metafisica (che invece travalicano completamente il dato
empirico) , a giudizio di Kant, lerrore fondamentale di Hume.

Loggettivit
Abbiamo gi detto che per Kant la conoscenza il frutto di una sintesi tra un elemento a
della conoscenza priori (forma della conoscenza, vuota di contenuto) e un dato della sensibilit (contenuto della
conoscenza). Tale sintesi ci che Kant chiama oggetto fenomenico. Ma loggetto fenome-
nico ha una propria oggettivit, perch su di esso concordano tutti gli esseri pensanti, la cui
mente strutturata in modo analogo. Le categorie (o forme a priori) dellintelletto rappre-
sentano dunque le condizioni stesse delloggettivit del nostro conoscere, ovvero le condi-
zioni delluniversalit e della necessit della conoscenza, ma anche le condizioni che garanti-
scono che la nostra conoscenza si riferisca a qualcosa di oggettivo (ovvero al fenomeno,
inteso come distinto dalla soggettiva, contingente e relativa percezione sensibile delle cose).
Se, per Hume, dallosservazione di una successione negli oggetti era possibile inferire la regola
La critica a Hume soggettiva, ma puramente psicologica, della causalit, per Kant accade esattamente il contrario:
e il soggetto
legislatore le cose non sarebbero (e non ci apparirebbero) in successione, se non fossero pensate secondo
della natura il principio della causalit, poich la successione nel tempo pu essere ritenuta oggettiva solo
sulla base di un nesso causale con cui lintelletto struttura a priori il materiale dellesperienza.
In questo modo, lo scetticismo di Hume definitivamente superato: nessuna esperienza
pu smentire le leggi della natura, perch nessuna esperienza pu costituirsi al di fuori di
quelle leggi che lintelletto le impone. evidente, dunque, che possiamo prevedere con cer-
tezza che qualunque fenomeno sar sottoposto ai nessi causali e alle altre regole formali
della nostra mente in base al principio che noi tanto conosciamo a priori delle cose, quan-
to noi stessi poniamo in esse (Critica della ragion pura, B 18). Lordine oggettivo della na-
tura coincide quindi con le condizioni formali del soggetto, che il legislatore della natu-
ra e lunica garanzia di una conoscenza salda.
LESSICO

trascendentale Il termine trascendentale indica- logia diventa indagine intorno alle forme pure, o a
va, nel lessico della scolastica medievale, ci che priori, della conoscenza, cio studio del modo in cui
trascende le categorie aristoteliche, cio i supre- i dati dellesperienza appaiono alla coscienza: chia-
mi predicati delle cose. Trascendentali erano dun- mo trascendentale ogni conoscenza che ha a che
que quegli aspetti cos universali (lessere, luno fare non con oggetti, ma coi nostri concetti a priori
ecc.) da essere posseduti da tutte le cose. Detto in degli oggetti in generale (Critica della ragion pura,
altri termini, trascendentale era ci che necessa- A 12). La filosofia trascendentale diventa cos linda-
riamente si trova in ogni cosa, essendo una pro- gine sul nostro modo di conoscere gli oggetti, in
priet strutturale degli enti. In epoca prekantiana quanto li costituisce o rende possibili.
la filosofia trascendentale era dunque la metafisica Per lo pi Kant attribuisce laggettivo trascenden-
generale, o ontologia, che studia lessere e le sue tale alla conoscenza delle forme a priori della sen-
propriet fondamentali. sibilit (estetica trascendentale) e dellintelletto
Poich nella prospettiva kantiana le propriet strut- (analitica trascendentale); talvolta, per, lo riferi-
turali delle cose non sono determinazioni ontologi- sce alle forme stesse, adoperando il termine come
che, bens condizioni o forme gnoseologiche, lonto- sinonimo di a priori.

28
LABORATORIO DELLE IDEE
VERSO LE COMPETENZE
Nella prefazione alla seconda edizione della Critica della ragion pura, Kant afferma:
Comprendere le radici
Allorch Galilei fece rotolare lungo un piano inclinato le sue sfere, il cui peso era stato da lui stesso concettuali e filosofiche dei principali
prestabilito, e Torricelli fece sopportare allaria un peso, da lui precedentemente calcolato pari a quel- problemi della contemporaneit
lo di una colonna dacqua nota [] una gran luce risplendette per tutti gli indagatori della natura. Si Riflettere e argomentare,
resero allora conto che la ragione scorge soltanto ci che essa stessa produce secondo il proprio dise- individuando collegamenti
gno, e compresero che essa deve procedere innanzi coi princpi dei suoi giudizi secondo leggi stabili, e relazioni
costringendo la natura a rispondere alle proprie domande, senza lasciarsi guidare da essa, per cos
dire, colle dande [fasce]. In caso diverso le nostre osservazioni casuali, fatte senza un piano preciso,
non trovano connessione in alcuna delle leggi necessarie di cui invece la ragione va alla ricerca ed ha
impellente bisogno. (Critica della ragion pura, B XII-XIII, a cura di P. Chiodi, UTET, Torino 1967, p. 42)
Commenta questo brano spiegando in che senso esso segna il culmine della gnoseologia moderna inaugurata da Galilei e il defini-
tivo superamento della gnoseologia antica e medievale, che concepiva la verit come adequatio rei et intellectus.

Per approfondire
Nel manuale
ECHI DEL PENSIERO Lidea galileiana del mondo come libro vol. 2A, p. 140
IL CONCETTO E LIMMAGINE Caravaggio e la rivoluzione scientifica vol. 2A, p. 146
QUESTIONE La natura: soggetto vivente o oggetto meccanico? vol. 2A, p. 166
ECHI DEL PENSIERO Dal reale al virtuale vol. 2A, p. 198
TAVOLA ROTONDA La conquista dellinfinito vol. 2A, p. 225
TAVOLA ROTONDA Le verit eterne vol. 2A, p. 350
QUESTIONE La conoscenza si fonda sulla ragione o sullesperienza? vol. 2A, p. 488
IL CONCETTO E LIMMAGINE La sconfitta della ragione illuministica nellarte di Goya vol. 2B, p. 52
IL CONCETTO E LIMMAGINE Analisi e sintesi: Magritte e il carattere surreale dellesperienza vol. 2B, p. 226
TAVOLA ROTONDA Spazio e tempo tra realt fisica e soggettivit vol. 2B, p. 317
TAVOLA ROTONDA Dal limite del pensiero al pensiero del limite vol. 2B, p. 452
TAVOLA ROTONDA Dalla sostanza delle cose al soggetto del mondo vol. 2B, p. 552

In libreria
Ernst Cassirer, Storia della filosofia moderna. Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza.
Da Bacone a Kant (vol. II), trad. it. di G. Colli, Einaudi, Torino 1971
Arrigo Pacchi (a cura di), Il razionalismo del Seicento, Loescher, Torino 1982
Nigel Warburton, Il primo libro di filosofia, trad. it. di G. Bonino, Einaudi, Torino 1999 (capitolo IV: Il mondo
esterno; capitolo V: La scienza)
Silvio Zaghi (a cura di), Il Trattato sulla natura umana di Hume e il problema della causalit nel XVII
e nel XVIII secolo, Paravia, Torino 1991

In rete
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http://www.filosofico.net
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29
TE
OL
OG
IA TEOLOGIA
Ci che contraddistingue la teologia moder- La filosofia moderna, invece, in virt della
na non il ricorso alla ragione (che caratteriz- prospettiva antropocentrica che la contrad-
zava anche il pensiero medievale), ma il fatto distingue, cerca le tracce della divinit (ve-
che essa si ponga di fronte alloggetto da inda- stigia Dei) soprattutto nelluomo, nella sua
gare con un atteggiamento di radicale messa mente, nei suoi bisogni esistenziali e nel suo
in discussione, che prevede anche la possibi- agire pratico.
lit di un esito scettico o, in alcuni casi, ateo.
Nella filosofia scolastica fede e ragione, per Questa esaltazione delluomo parallela a
quanto autonome, erano accomunate dal- una desacralizzazione della natura, sentita
lunitaria fiducia del filosofo-teologo, che come qualcosa di inferiore rispetto al domi-
conosceva per credere e credeva per conoscere. nio dello spirito e a quellinteriorit dellio
ll pensiero moderno, da Galilei fino a Hegel, su cui occorre ripiegarsi per scoprire le trac-
approda invece a una netta demarcazione ce di Dio.
tra fede e sapere, tra religione e filosofia. Nellorizzonte della riflessione moderna la
Due, secondo la teologia medievale, erano le questione di Dio ha trovato una trattazione
questioni che la ragione deve porre intorno ampia, articolata e multiforme. Facendo ricor-
a Dio: se esista (an sit) e che cosa sia (quid sit). so a una schematizzazione, possibile ricon-
Accanto a tali interrogativi, i filosofi moderni durla a tre interrogativi, o dilemmi, di fondo:
pongono come essenziale e, in un certo sen- a Dio si perviene con la ragione o con la fede?
so, preliminare la questione del quomodo:
per sapere se Dio esista e che cosa o chi sia, Dio persona o natura?
bisogna prima sapere come interrogarsi, ov- la religione speranza (per cui Dio resta in-
vero in quale modo svolgere lindagine conoscibile) oppure sapere (per cui Dio si
teologica. La questione di Dio si intreccia manifesta nel pensiero)?
cos con la questione tipicamente moderna Ciascuna di queste tre domande richiama,
del metodo, cio della via di ricerca. nelle due risposte alternative, il confronto tra
La filosofia greca e medievale aveva cercato alcuni grandi filosofi dellet moderna, la cui
Dio soprattutto interrogando e scrutando il posizione assume un significato esemplare e
cosmo, considerato divino esso stesso, oppu- rappresenta, in un certo senso, un paradigma
re recante in s le tracce del proprio creatore. di riferimento.

30
1 Il Dio della ragione e il Dio della fede

1. Il Dio della ragione Nel manuale


Cartesio, vol. 2A, p. 174
e il Dio della fede Pascal, vol. 2A, p. 233

Cartesio e Pascal
Nel caso della prima questione (a Dio si perviene con la ragione o con la fede?) le soluzioni
alternative sono rappresentate da Cartesio e da Pascal, che incarnano due prospettive teolo-
giche per certi versi opposte.

Cartesio
Rifacendosi ad Agostino, il quale nei Soliloquia aveva detto che due sole cose sono degne di Il ruolo di Dio
indagine, lanima e Dio, Cartesio ritiene che la prima certezza che luomo pu attingere nel fondare
la conoscenza
non sia quella del mondo esterno attestato dai sensi, ma quella dellanima che pensa e, suc-
cessivamente, quella di Dio che garante della verit.
Dio svolge dunque un ruolo decisivo nel percorso cartesiano del dubbio metodico volto
alla fondazione della conoscenza. Dopo aver dimostrato la certezza incontrovertibile del
cogito, cio dellesistenza del soggetto pensante, Cartesio, avendo messo in dubbio lesisten-
za del mondo esterno e levidenza delle verit matematiche (dubbio iperbolico), si trova
nella necessit di dimostrare lesistenza di un Dio buono, che annulli, per cos dire, lipo-
tesi di un genio malvagio e ingannatore che ci fa credere evidente ci che non lo .
Solo una volta trovata la garanzia della conoscenza umana, possibile non solo restituire un
fondamento alla matematica, ma fondare la stessa esistenza di un mondo esterno, che sim-
pone come evidente alla ragione.
Il Dio cartesiano, dunque, interamente un Dio della ragione, sia nel senso che la veridicit Un Dio
di Dio offre alla ragione la garanzia della verit, sia nel senso che lesistenza di Dio ogget- a cui si giunge
con la ragione
to solo di indagine razionale e non di fede.
Assumendo una prospettiva rigorosamente razionalistica e antiempirista, Cartesio rifiuta le
tradizionali vie tomistiche, che partono dalla considerazione degli effetti della creazione
per giungere, con un procedimento a posteriori, allesistenza di un principio creatore e ordi-
natore del mondo. La sua via ad Deum, al contrario, procede a priori e prende le mosse
dalla mente umana e dai suoi contenuti rappresentativi. Per questo Cartesio, tra le prove
dellesistenza di Dio, recupera largomento ontologico di Anselmo dAosta: quando penso
Dio, penso un ente perfettissimo, cio un ente dotato di tutte le perfezioni. Dal momento
che lesistenza una perfezione (poich qualcosa che non esiste sarebbe meno perfetto di
qualcosa di corrispondente che avesse anche lesistenza), allora Dio esiste necessariamente.

Pascal
Radicalmente opposta la concezione dello scienziato e filosofo Pascal, che al cartesiano Un Dio-persona
Dio dei filosofi oppone il Dio-persona della Bibbia. da raggiungere
con il cuore
Il freddo Dio del razionalismo cartesiano, che ha impresso il movimento alla macchina del
mondo ma che non si fa carico della domanda di senso e di felicit degli uomini, secondo
Pascal ha poco in comune con il Dio che si rivela nella storia (il Dio di Abramo, di Isacco e
di Giacobbe) e che interpella la fede degli uomini per salvarli (il Dio di Ges Cristo).

31
TEOLOGIA

Se il Dio dei cristiani non solo il creatore e il garante delle verit matematiche e liniziato-
re del movimento del mondo, ma una persona, cio un soggetto che ama, consola e salva,
la via per attingerlo non sar conoscitiva, ma caritativa, perch solo lamore (caritas) pu
conoscere. Lorgano della fede, lo strumento per accedere al mistero di Dio, non dunque
la ragione, ma quello che Pascal chiama cuore (coeur). Di Dio non si pu avere dimostra-
zione razionale, ma solo intuizione e persuasione.

Il mistero di Dio
Il cuore sente la presenza di Dio proprio perch la ragione non ne ha segni evidenti.
Pascal, infatti, ritiene che luomo, corrotto dal peccato, non sia capace con le sue sole forze
di innalzarsi alla divinit. Se il Dio cartesiano simpone alla ragione umana con la stessa
evidenza delle verit matematiche, il Dio pascaliano rimane inaccessibile, avvolto nel miste-
ro e, con il suo nascondimento, interpella il tragico, rischioso e insicuro salto della fede.
E, poich Dio non si mostra in maniera evidente, luomo ha buoni motivi per credere, cos
come per non credere, il che rende pi meritoria la scelta della fede.

Una fede
Per Pascal la fede non pu essere razionale, cio svelata alla trasparenza della ragione; ma
ragionevole questo non significa che sia irrazionale, cio contro ragione. Ladesione al cristianesimo,
infatti, ha una sua ragionevolezza: innanzitutto perch la ragione non completamente
estranea allesperienza di fede, che infatti inizia l dove essa, riconoscendo i suoi limiti, si
ritrae: Niente cos conforme alla ragione come questa rinunzia della ragione (Pensieri,
272). In secondo luogo, il cristianesimo vero e ragionevole perch svela i tratti para-
dossali e aporetici di quel mostro incomprensibile (Pensieri, 420) che luomo, un essere
contraddittoriamente miserevole e grandioso. Con la sua dottrina della creazione (per cui il
mondo e luomo nascono perfetti) e del peccato originale (per cui il male corrompe questa
perfezione), il cristianesimo in qualche modo spiega sia la dignit, sia la bassezza delluo-
mo, creatura divina decaduta, re spodestato: Infatti chi si sente infelice di non essere re,
se non un re spodestato? (Pensieri, 409).

Perch scommettere
Lidea che la fede sia ragionevole, pur non essendo razionale, trova conferma nella celebre
su Dio dottrina pascaliana della scommessa (pari). In mancanza di prove razionali inconfutabili,
secondo Pascal conviene comunque ( ragionevole) scommettere sullesistenza di Dio e
comportarsi come se Dio esistesse. Credendo in Dio, infatti, non si perde niente, ma si pu
guadagnare tutto: per questo non bisogna esitare nellazzardo.
LESSICO

Dio garante della verit Nel sistema cartesiano la volont di Dio, che, come un sovrano legislato-
Dio il garante della verit: il filosofo francese re, le ha ordinate e stabilite da tutta leternit (Me-
fonda questa convinzione sulla dottrina della crea- ditazioni metafisiche, Quinte obiezioni). Del resto,
zione delle verit eterne (matematiche), che con- solo ammettendo che Dio avrebbe potuto creare
siste nel concepirle non come modelli eterni pre- una logica diversa da quella con cui opera la men-
esistenti allintelletto di Dio, ma come arbitrarie te umana, Cartesio pu formulare lipotesi del ge-
creazioni della sua volont, la quale liberamente nio ingannatore, sostenendo che anche le verit
stabilisce ci che buono, ma anche ci che di ragione (proprio come le conoscenze di origine
vero. Scrive infatti Cartesio: poich [] com- sensibile) sono esposte al dubbio. Levidenza, alla
prendiamo benissimo che nulla pu esistere [] fine, trova la propria garanzia in un Dio perfetto e
che non dipenda da Dio [], non bisogna pensa- buono, tale, cio, che non ci inganni. Solo cos pos-
re che le verit eterne dipendano dallintelletto siamo infatti considerare vero ci che percepiamo
umano o dallesistenza delle cose, ma soltanto dal- come evidente, cio chiaro e distinto.

32
2 Dio come natura necessaria e come persona libera

scommessa Largomento della scommessa, za etica, una speranza nata da una domanda di
noto come il pari di Pascal, unoriginale difesa senso circa il proprio destino.
della ragionevolezza della fede cristiana. Nel Ma largomento di Pascal ha carattere morale anche
gioco della vita, sostiene Pascal, luomo deve perch implica una decisione pratica, pi che una
necessariamente scommettere a favore o contro convinzione teorica. Pascal intende rimuovere le
lesistenza di Dio. Nel primo caso, se vince guada- paure o le incertezze di chi gi incline a credere: un
gna tutto e non perde nulla; nel secondo caso, credente troverebbe riprovevole una simile giustifi-
rischia di perdere tutto e anche se vince non gua- cazione utilitaristica della fede, e un ateo convinto
dagna niente. sarebbe irremovibile nella sua posizione, mentre un
Si tratta di una prova morale dellesistenza di Dio, agnostico che non sapesse risolversi, da un punto di
lunica dimostrazione possibile, dal momento vista teorico, per lesistenza o la non esistenza di Dio
che Dio non un oggetto della ragione conosciti- potrebbe trovare nella riflessione pascaliana una
va, bens (come preciser meglio Kant) unesigen- valida ragione per decidersi al salto nella fede.

2. Dio come natura necessaria Nel manuale


Spinoza, vol. 2A, p. 262
e come persona libera Leibniz, vol. 2A, p. 312

Spinoza e Leibniz
Riguardo alla questione della natura di Dio, lalternativa pi radicale quella tra il natura-
lismo di Spinoza e il personalismo di Leibniz.

Spinoza
Pur assumendo una prospettiva rigorosamente razionalistica, Cartesio non aveva rinuncia-
to a una stretta integrazione tra sapere filosofico e tradizione cristiana. Anche il suo mecca-
nicismo, per quanto radicale, conservava un residuo finalistico, poich non escludeva lidea
di un Dio personale e creatore del mondo. Il razionalismo di Spinoza, invece, si spinge ben
oltre e perviene a una totale dissoluzione della tradizione teologica in una geometrica
ontologia filosofica.
Dio viene identificato da Spinoza con una sostanza infinita causa di se stessa e delle Dio come unica
infinite determinazioni del mondo e perde le propriet che le religioni rivelate, e in parti- sostanza
colare il monoteismo ebraico-cristiano, gli attribuivano (trascendenza, personalit, libert,
causalit creatrice ecc.).
Al di l del linguaggio tecnico, facile capire che cosa intenda Spinoza quando afferma che
tutto ci che esiste o un attributo di Dio, o una modificazione interna alla sua essenza:
Dio la totalit e lunit di tutte le cose, le quali, infatti, o sono idee o sono corpi, ovvero
sono eventi che cadono o nel dominio del pensiero o in quello della materia, e che esistono
e possono essere pensati solo se ricondotti a questi due orizzonti infiniti. Ora, per quanto
pensiero ed estensione siano concetti originari, essi sussistono solo in virt di un soste-
gno ulteriore, la sostanza divina unica e infinita di cui sono manifestazioni. Per questo
Dio cosa che pensa (Etica, II, prop. I) e cosa estesa (Etica, II, prop. II), pensiero e
materia; la realt profonda, o fondamento, che sostiene le menti e i corpi.

33
TEOLOGIA

Anche il mondo, quindi, non pu essere una sostanza separata da Dio: Dio non una realt
fuori dal mondo (trascendente), ma nel mondo (immanente). Quella cui Spinoza perviene
quindi una rigorosa forma di panteismo (Dio in tutto) e di panenteismo (tutto in
Dio), secondo cui c un ordine naturale e divino entro cui si collocano tutte le cose.

Oltre il creazionismo
Lidentificazione panteistica di Dio con la natura non costituisce una novit assoluta nella
e lemanatismo storia del pensiero; eppure il concetto spinoziano del Dio-natura rappresenta una singo-
lare eccezione (Karl Lwith) e segna un cambiamento epocale nellorizzonte metafisico e
teologico dellOccidente. La radicale novit della proposta filosofica di Spinoza emerge dal
rifiuto di entrambi i modelli con cui la tradizione aveva pensato il rapporto causativo tra
Dio e il mondo: quello creazionistico e quello emanatistico.
Il rifiuto del creazionismo, infatti, non conduce allaccettazione della teoria emanatistica, che
Spinoza rifiuta sia nella variante neoplatonica (per cui il mondo scaturisce per irradiazione
dalla potenza generatrice dellUno), sia in quella bruniana (per cui il mondo vita infinita che
trabocca dalla potenza infinita di Dio). Ecco perch al posto dei verbi fare, produrre o
generare, per designare la causalit di Dio Spinoza preferisce usare un termine tratto dalla
geometria: seguire. Il mondo segue da Dio, esattamente come dalla definizione del triango-
lo segue, o si deduce, che la somma dei suoi angoli interni sia uguale a due retti. Il costituirsi
del mondo una sorta di teorema, ovvero il necessario ed eterno seguire di alcune con-
seguenze da determinate premesse. Si tratta di una forma estrema di determinismo, secondo
cui non solo ogni evento si verifica necessariamente, ma la sua necessit di tipo logico.

Il determinismo
Spinoza consapevole della carica eversiva insita nel suo Deus sive natura, che non conserva
alcuno dei tratti personali e trascendenti propri del demiurgo platonico o del Dio biblico.
La metafisica platonica e la teologia ebraico-cristiana concordavano per la loro prospettiva
finalistica, secondo cui il mondo la produzione di un soggetto dotato di intelletto e volon-
t un Dio-persona che conosce il bene e vuole realizzarlo. Per Spinoza, al contrario, Dio
(cos come luomo) va restituito allinnocenza di una natura che non ospita il bene o il
male, ma in cui tutto accade secondo necessit.
In questa prospettiva rigorosamente deterministica la stessa affermazione secondo cui Dio
causa del mondo acquista un significato radicalmente nuovo. Dio e mondo, causa ed ef-
fetto, non sono due realt diverse, ma sono entrambi natura (letteralmente genitura, pro-
duzione). Dio la causa infinita (natura naturans) di un effetto infinito (natura naturata).
Questo vuol dire che il mondo ac-cade dentro la sostanza: per spiegare lorigine e il senso
del mondo questo il significato profondo della teologia spinoziana non bisogna uscire
da esso, poich il principio del mondo, che Dio, il mondo stesso.

Leibniz
Allidea tradizionale di un Dio personale, libero e creatore intende invece tornare Leibniz.
Se per Spinoza il mondo, in quanto sostanza infinita, cio essere necessario coincidente
con Dio, trova in se stesso la sua ragion dessere, per Leibniz reclama una ragione suffi-
ciente che ne spieghi lesistenza.

La prova
Pertanto, della prova a posteriori dellesistenza di Dio, denominata a contingentia mundi,
dellesistenza Leibniz formula unesposizione fondata sul suo principio di ragion sufficiente, applicato
di Dio
alla questione filosofica fondamentale: perch c qualcosa piuttosto che nulla?.

34
2 Dio come natura necessaria e come persona libera

Se qualcosa c, per Leibniz, ci devessere una ragione. Ma il mondo non ha in s la ragione


sufficiente della propria esistenza, dal momento che tutto ci che esiste contingente e ri-
manda ad altro: dunque, per evitare un regresso allinfinito nella catena causale, deve esiste-
re un essere necessario che sia causa sufficiente o ragione ultima di se stesso e del mondo.
Ma Leibniz va oltre: se lessere necessario di Dio la ragione dellesistenza del mondo, Il finalismo
la scelta libera di Dio la ragione del fatto che il mondo sia cos com, con le sue perfezioni,
il suo ordine e la sua armonia. In altri termini, per spiegare il mondo non sufficiente il ricor-
so a una prospettiva meccanicistica (che faccia riferimento alle sole cause efficienti), perch
lordine delle leggi della natura risponde a un progetto di Dio e, dunque, reclama una
prospettiva finalistica.
La prospettiva teologica di Leibniz si rivela dunque assolutamente alternativa rispetto a quella
di Spinoza, il quale aveva riabilitato lantica physis dei Greci, intesa come eterna forza autopro-
duttrice. Alla domanda metafisica suprema perch c lessere piuttosto che il nulla Leibniz
non risponde, come i Greci e come Spinoza, affermando limpossibilit del nulla e la necessit
dellessere, ma indica il fondamento dellessere in un Dio personale che ha voluto crearlo (ma
avrebbe potuto trattenerlo nel nulla) per offrirlo alluomo quale teatro della sua libert.
La questione di Dio coinvolge, da sempre, la questione del male. In Spinoza la questione La giustificazione
non si pone, perch il mondo non stato originato dalla volont di un Dio a cui si possa di Dio
rimproverare di essere malvagio o non onnipotente. Nella prospettiva di Leibniz, invece, la
questione del male riacquista tutta la sua drammatica urgenza e induce il filosofo tedesco a
coniare il termine teodicea per indicare la giustificazione di Dio, cio la dimostrazione del
fatto che Dio non colpevole del male, pur essendo il creatore del mondo.
La soluzione prospettata da Leibniz la seguente: poich buono, Dio vorrebbe che tutte le
perfezioni possibili (quelle pensate dal suo intelletto) diventassero effettivamente esistenti.
Ma non tutti i possibili sono com-possibili, cio compatibili nello stesso mondo reale. La
libert, per esempio, un valore positivo, che dovrebbe esistere, ma evidentemente incom-
patibile con quello dellassenza di colpa, che pure pretenderebbe di essere realizzato: nel mon-
do reale, quindi, uno di questi due valori andr sacrificato a vantaggio dellaltro. Ora, tra i
diversi mondi possibili, costituiti dalle diverse combinazioni di qualit positive, secondo
Leibniz Dio sceglie il migliore, cio quello che implica la minore quantit di male. Il mondo
creato non dunque lottimo, tant che in esso c il male, ma comunque il migliore pos-
sibile, poich per eliminare il male Dio avrebbe dovuto o non creare alcun mondo, o crearne
uno peggiore, ovvero un mondo abitato da esseri forse incapaci di peccare, ma non liberi.
LESSICO

Dio causa del mondo In apparente accordo con In secondo luogo, quella divina non una causa-
la tradizione teologica ebraico-cristiana, di cui uti- lit transitiva, ma immanente: non un atto per cui
lizza concetti e termini, Spinoza afferma che Dio dal nulla si produce qualcosa che poi esiste sepa-
[] deve essere detto causa di tutte le cose (Eti- ratamente dalla causa creatrice (come avviene
ca, I, scolio alla prop. XXV). Ma la causalit di Dio nella creazione biblica), ma un atto per cui ci che
rispetto al mondo acquista in Spinoza un senso prodotto rimane dentro la causa produttrice,
assolutamente inedito. continuando a sussistere in essa, dal momento
Innanzitutto, si tratta di una causalit atemporale, che nulla fuori di Dio (Breve trattato su Dio e su
poich non si pu certo dire che prima ci fosse Dio luomo e la sua felicit, I, 3).
e poi il mondo: la genesi del mondo infatti un Infine, la causalit divina libera, ma non nel sen-
processo eterno, perch eterna la sostanza divina. so che Dio avrebbe potuto scegliere di non pro-

35
TEOLOGIA

durre il mondo (come nel caso del concetto bibli- I Saggi di teodicea sulla bont di Dio, la libert
co di creazione), bens nel senso che Dio agisce delluomo e lorigine del male (1710) furono scritti
seguendo le sole leggi della propria natura, senza da Leibniz in risposta al filosofo francese Pierre
essere costretto da nulla, n in s n fuori di s. Bayle (1647-1706), il quale sosteneva come unica
Questo lo differenzia dagli enti finiti (compreso spiegazione ragionevole dellorigine del male
luomo), i quali in ogni azione sono determinati lipotesi dualistica (presente nel mazdeismo e nel
dalla catena causale che li precede. Dunque in Dio manicheismo), secondo cui bene e male sono due
la libert (intesa come assenza di costrizione) e la principi metafisici tra loro in conflitto. Il male, che
necessit (intesa come azione determinata dalle alla ragione appare incomprensibile (se non op-
leggi della propria natura) coincidono. ponendo al Dio buono una divinit che ne limiti la
teodicea Il termineteodicea(dal greco thes,dio, potenza), secondo Bayle pu avere un senso solo
e dke, giustizia) viene coniato da Leibniz, il quale per la fede. Proprio tale separazione tra fede e ra-
cos lo definisce: dottrina del diritto e della giustizia gione per Leibniz inaccettabile: per questo con
di Dio. Pi precisamente, esso designa la giustifi- la sua teodicea egli cerca di difendere la confor-
cazione di Dio, cio il tentativo, condotto dalla ra- mit della fede con la ragione (come suona il tito-
gione, di scagionarlo dallaccusa di essere respon- lo del Discorso preliminare allopera).
sabile del male dimostrando che creatore del
mondo, ma non autore del male in esso presente.

3. Religione come speranza Nel manuale


Kant, vol. 2B, p. 155
e come conoscenza Hegel, vol 2B, p. 458

Kant e Hegel
Lultima questione, che in un certo senso precisa e approfondisce le precedenti, riguarda lo
statuto dellesperienza religiosa.
Per Kant Dio loggetto di una speranza ragionevole, cio di una fede razionale:
luomo non pu conoscere Dio, ma solo pensarlo, e postularlo a partire da unesigen-
za morale. Per Hegel, al contrario, il Dio di cui si occupa la religione non altro che
lAssoluto di cui si occupa la filosofia, cio il fondamento stesso del reale, la realt nella
sua totalit e razionalit. Esso oggetto di conoscenza e non di fede, conoscenza di cui
la religione costituisce una forma imperfetta, mentre la filosofia la forma compiuta.
Lopposizione tra la kantiana teologia della speranza e lhegeliana teologia del concetto,
cio tra fede e sapere, riassume in un certo senso lintero percorso della modernit intor-
no al problema di Dio.

Kant
Se nella prospettiva razionalistica di Cartesio, Leibniz e Spinoza Dio un contenuto di-
mostrabile della ragione, che della sua esistenza pu fornire prove convincenti, per Kant
(che in questo appare pi vicino al fideismo pascaliano) la ragione umana, a causa dei limiti
imposti dallesperienza, risulta strutturalmente inadeguata ad attingere lesistenza di
Dio e conoscerne la natura.

Dio come postulato


Lidea di Dio, come quella dellanima e del mondo, rappresenta una totalit incondiziona-
della ragion pratica ta o assoluta, che cade al di fuori di ogni esperienza possibile. Le prove dellesistenza di
Dio sia quella a priori (prova ontologica) sia quelle a posteriori (prova cosmologica e fisico-

36
3 Religione come speranza e come conoscenza

teologica) non hanno alcun valore dimostrativo. Inattingibile per la ragione conoscitiva,
lesistenza di Dio un postulato della ragion pratica, cio loggetto di una fede raziona-
le o ragionevole speranza. La ragione, infatti, nel suo agire morale esige, quale condizio-
ne del sommo bene (cio di una corrispondenza tra virt e felicit) lesistenza di una
mente ordinatrice della natura che, scrutando la bont dellinvisibile intenzione morale,
possa remunerare il bene con cui luomo si reso degno della felicit.

Hegel
Ispirandosi allidea romantica di Dio come Uno-Tutto e al panteismo naturalistico di Spi-
noza (che rilegge in chiave spiritualistica e storicistica), Hegel critica il deismo illuministico
che concepisce Dio come un astratto e trascendente oggetto dellintelletto, e lo identifica
piuttosto con lo Spirito, vale a dire un Soggetto assoluto che si realizza nellimmanenza
della storia.
Si tratta di una nozione che ha unevidente coloritura cristiana, ma che Hegel reinterpreta Dio come
nel quadro di una concezione rigorosamente immanentistica. Dio Spirito, ma non nel razionalit
senso di un qualcosa di trascendente, personale, attivo e creatore, bens nel senso delluma-
nit stessa, intesa come coscienza e libert che si realizza nella storia e che nella storia
prende coscienza di s. Il Dio di Hegel non unintelligenza al di l delle cose, ma la razio-
nalit che tutto pervade e che opera attraverso la soggettivit umana (Spirito soggetti-
vo), si incarna nelle istituzioni della storia (Spirito oggettivo) e si conosce attraverso le
forme pi alte della conoscenza: larte, la religione e la filosofia (Spirito assoluto).
Dio, per Hegel, non un oltre inattingibile, loggetto di una fede soggettiva, di una speran- La religione
za pratica o di unaspirazione del sentimento, ma loggetto pi alto del pensiero, il conte-
nuto della verit.
La religione quindi conoscenza effettiva, dottrina della verit. questa lidea centrale
della filosofia hegeliana della religione: nei dogmi del cristianesimo non sono contenute
superstizioni o affermazioni irrazionali, ma verit espresse in modo inadeguato, cio non
concettuale. Il cristianesimo ha insegnato alle coscienza che Dio spirito, che lo spirito
causa della natura, che la natura una caduta o imperfezione rispetto a Dio e che liden-
tit originaria di Dio va ricostituita, oltre la natura e il finito. Attraverso il cristianesimo,
dunque, tutti hanno appreso, per quanto in termini imperfetti, la verit sul mondo.
Per questo la religione, insieme allarte e alla filosofia, una forma dello spirito assoluto, Religione
ovvero dello spirito che conosce se stesso, che cio cosciente della propria infinit e asso- e filosofia
lutezza. Se, da una parte, la religione la conoscenza che luomo ha dellAssoluto e del pro-
prio risolversi in esso come coscienza finita, dallaltra il luogo in cui lAssoluto stesso
diventa cosciente di s. Come aveva affermato Spinoza, la conoscenza di Dio la conoscenza
che Dio ha di se stesso.
La religione e la filosofia hanno dunque lo stesso contenuto, cio lAssoluto, o Dio, che per
esprimono rispettivamente nella forma della rappresentazione e in quella del concetto.
Hegel intende quindi com-prendere la religione, cio ricondurla e risolverla senza resi-
dui nella filosofia, che ne il superamento, ma anche linveramento, nel senso che ne
assume e conserva tutti i contenuti esprimendoli nella razionalit trasparente del concetto.
Si tratta di una posizione ben pi radicale rispetto a quella assunta dalla critica illuministica,

37
TEOLOGIA

che si era limitata a condannare la religione come un tessuto di superstizioni, pregiudizi,


errori, cio come linganno del clero che congiura contro la coscienza, senza con questo
penetrarne lintima essenza e porre le basi di un suo superamento effettivo.
LESSICO

idea di Dio Nellindagine teologica Kant distingue bile propria dellarte e il concetto proprio del pen-
due questioni: 1) come si costituisce nel pensiero siero filosofico. Questo significa che la religione, in
lidea di Dio; 2) come si dimostra la sua esistenza. quanto speculazione teologica, certamente
Lidea di Dio, che la tradizione definisce essere per- pensiero, ma ancora affetto da un elemento sensi-
fettissimo o essere supremo, per Kant lideale bile. Essa non esprime Dio, o il divino, in una forma
della ragion pura, cio il supremo modello [pro- materiale (come avviene nellarte), ma neppure
ttypon] di tutte le cose che da esso traggono la pensa in termini concettuali puri (come avviene
materia della loro possibilit personificato in un nella filosofia): la religione pensa Dio ancora come
individuo. Per capire che cosa Kant intenda, dobbia- un oggetto distinto dal soggetto, come un qual-
mo chiarire il processo mentale con cui luomo co- cosa che sta di fronte alla coscienza.
struisce questo ideale: una cosa determinata, cio Inoltre, diversamente dal pensiero, la rappresen-
quella che , rispetto alla totalit dei suoi possibili tazione colloca il suo oggetto nello spazio e nel
predicati e dei loro opposti: ad esempio o bianca o tempo. Questo significa che la religione separa e
non bianca, o buona o non buona e cos via. Per de- collega esteriormente le immagini dellAssoluto,
finire una cosa, dunque, dobbiamo avere presente incapace di cogliere il movimento puramente lo-
tutto il possibile o pensabile (la totalit delle coppie gico e atemporale del concetto. Nel dogma della
di contraddittori), da cui estraiamo, per cos dire, le creazione, ad esempio, Dio padre separato dal-
propriet che si predicano di quella determinata la natura che crea. In realt la rappresentazione
cosa. Prescindendo dai predicati negativi che rap- della creazione la metafora di una verit filoso-
presentano privazioni o mancanze, il pensiero pu fica, e cio di quella che afferma che la natura
allora rappresentarsi un ideale, che altro non se solo un momento dialettico della vita dello Spiri-
non la totalit delle propriet positive, o perfezioni, to, che si fa natura. Analogamente, la rappre-
di cui ogni singola cosa una determinazione par- sentazione teologica per cui un Dio provvidente
ziale e imperfetta. Questa omnitudo realitatis vie- regge il mondo una metafora della verit filo-
ne trasformata dalla ragione in un ente individuale, sofica secondo cui la realt ha una sua razionali-
considerato originario e supremo, ovvero nellente t, e cos via.
perfettissimo (ens realissimum) che racchiude in s Nella religione, infine, lAssoluto rappresentato
tutte le perfezioni possibili: Dio. Siamo, per, anco- in forma storica, cio come un evento (articolato
ra nel dominio delle idee e per dimostrare lesisten- nella creazione, nellincarnazione, nella redenzio-
za di questo ente di ragione occorrono proprio ne ecc.) la cui verit accettata sulla base dellau-
quegli argomenti di cui Kant contesta la validit. torit di una rivelazione. La filosofia, invece, attin-
rappresentazione La rappresentazione religiosa, ge la verit non come fatto storico e contingente,
secondo Hegel, intermedia tra lintuizione sensi- ma come concetto eterno e necessario.

LABORATORIO DELLE IDEE


VERSO LE COMPETENZE
1. Spiega in che senso la nozione di rivelazione assume un significato diverso nei filosofi di cui ci siamo
Comprendere le radici
occupati, indicando lapparire di Dio allevidenza della ragione (Cartesio), il suo offrirsi al rischio della fede
concettuali e filosofiche dei principali
(Pascal), il suo manifestarsi come ordine della natura (Spinoza), come Saggezza che opera per il meglio
problemi della contemporaneit
(Leibniz), o come compiuto manifestarsi della verit nel cristianesimo quale religione disvelata (Hegel).
Riflettere e argomentare,
2. Giuseppe Prezzolini (1882-1992), nel libro intitolato Dio un rischio (1969), afferma che credere in Dio individuando collegamenti
una scelta rischiosa, perch della sua esistenza non si hanno indizi ragionevoli: e relazioni
Giocare al gioco di Dio non prendersi gioco di Dio. riconoscerlo nella sua natura misteriosa di pos-
sibilit interiore e quindi di esperienza personale. Come tutte le esperienze, anche quella di Dio un
fatto stupido, ossia irrazionale e quindi stupendo, cio che desta stupore. []

38
Uomo, non ne puoi fare a meno.
Gioca, gioca.
Doppio Sei, o doppio Zero? Nero o Rosso?
Settebello o Due di coppe?
Se ti rifiuti, giochi lo stesso. (G. Prezzolini, Dio un rischio, Rusconi, Milano 1980, pp. 144 e 148)
La partita con Dio suggerisce Prezzolini una scommessa a cui non possiamo sottrarci: anche non scegliere una scelta. Su Dio
e con Dio non possibile la neutralit o lindifferenza. Anche tu sei dunque chiamato a prendere posizione, poich se ti rifiuti,
giochi lo stesso.
Prova, in particolare, a rispondere ai seguenti quesiti:
utile riflettere in termini filosofici su Dio, oppure la fede una scelta indipendente da ogni sapere?
la riflessione filosofica su Dio genera incredulit, oppure pu servire a rendere ragione della fede?
tra il Dio dei filosofi e il Dio dei credenti ci pu essere una relazione o si tratta di concetti diametralmente opposti?

Per approfondire
Nel manuale
TAVOLA ROTONDA La conquista dellinfinito vol. 2A, p. 225
IL CONCETTO E LIMMAGINE Il Dio nascosto di Pascal nella pittura del Seicento vol. 2A, p. 260
TAVOLA ROTONDA Dio e lo scandalo del male vol. 2A, p. 356
QUESTIONE Dio si conosce con la ragione o si sceglie per fede? vol. 2A, p. 362
ECHI DEL PENSIERO La sfida del male vol. 2B, p. 82

In libreria
Sergio Landucci, La teodicea nellet cartesiana, Bibliopolis, Napoli 1986
Steven Nadler, Il migliore dei mondi possibili. Una storia di filosofi, di Dio e del male, trad. it. di F. Piro,
Einaudi, Torino 2009
Michele Federico Sciacca, Con Dio e contro Dio. Raccolta sistematica degli argomenti pro e contro
lesistenza di Dio, Marzorati, Milano 1972, vol. II
Maria Emanuela Scribano, Da Descartes a Spinoza. Percorsi della teologia razionale del 600,
Franco Angeli, Milano 1988
Nigel Warburton, Il primo libro di filosofia, trad. it. di G. Bonino, Einaudi, Torino 1999 (capitolo I: Dio)
Wilhelm Weischedel, Il Dio dei filosofi, trad. it. di L. Mauro, Il Melangolo, Genova 1995, voll. I e II

In rete
http://www.emsf.rai.it
http://www.filosofico.net
http://www.ildiogene.it

39
ET
IC
AT
IC ETICA
La parola etica (dal greco thos, costume, Modulata attraverso le voci dei suoi princi-
abitudine, comportamento) indica in ge- pali interpreti, la morale del Seicento e del
nerale la filosofia della prassi, cio lanalisi Settecento i due secoli doro della cultura
dei principi che orientano lagire umano e moderna della felicit ci appare come una
dei criteri con cui lo si deve valutare. Il termi- multiforme strategia borghese del benes-
ne morale (dal latino mos, costume) viene sere. Esemplare, in tal senso, laffermazio-
per lo pi utilizzato con lo stesso significato. ne del filosofo francese Denis Diderot (1713-
Letica pu essere intesa come la prescrizione 1784): propriamente parlando c un solo
del fine che luomo deve conseguire per rea- dovere, essere felici. In quanto mondana e at-
lizzare compiutamente la propria natura, e tivistica, letica moderna comincia cio a rico-
dunque la propria destinazione ultima, oppu- noscere lutile (ci che appaga i bisogni delluo-
re come la descrizione del movente che di fat- mo e lo rende felice) come un autonomo
to determina il suo comportamento. A que- valore spirituale, da opporre non al bene (se-
sta seconda impostazione si ispira la riflessione condo una prospettiva astrattamente mora-
dei filosofi moderni, che si oppongono ad listica), ma a ci che dannoso o inefficace.
ogni morale prescrittiva, privilegiando il reali- Dissonante rispetto a questa comune sensi-
smo di una morale descrittiva: partendo dal- bilit utilitaristica la voce severa di Kant,
lindagine intorno alla natura umana, essi as- il quale afferma con forza che letica una
sumono il bene non pi come una prescrizione dottrina del dovere piuttosto che una tec-
astratta o come un dovere religioso, ma come nica della felicit, perch questultima non
la soddisfazione di una tendenza umana inti- pu essere elevata a movente morale del no-
ma e naturale, quella dellamore di s, che ri- stro agire.
conoscono come una forza imperiosa, difficile
da contrastare, e legittima.

40
1 Il materialismo etico

1. Il materialismo etico Nel manuale


Hobbes, vol. 2A, p. 370
Hobbes
La rottura definitiva con la visione premoderna delluomo e delletica si ha con lantropo-
logia materialistica di Hobbes.
Ogni discorso morale, secondo il filosofo inglese, deve indagare come luomo di fatto e Bene, male
non come dovrebbe essere. Secondo Hobbes, anche la vita pratica, come quella conoscitiva, e felicit
riducibile a un movimento meccanico, cio allattrazione o alla repulsione che i corpi
esercitano sulluomo, assecondando o contrastando quello che egli chiama movimento
vitale (cio una sorta di meccanismo inerziale di autoconservazione). Nel primo caso si
determina una sensazione di piacere, nel secondo di dolore: piacere e dolore, a loro volta,
dopo ripetute esperienze determinano la valutazione morale, per cui bene ci che piace e
attrae, ed male ci che dispiace e determina unavversione.
Nella prospettiva hobbesiana la felicit perde quindi ogni connotazione spiritualistica o
religiosa, per acquisire quei tratti tipicamente moderni che la legano alla ricerca dellutile e
del piacere.
Dal materialismo hobbesiano scaturisce anche un perentorio relativismo morale: bene e Il relativismo
male non sono propriet delle cose, o principi oggettivi, ma dipendono dal rapporto delle morale
cose con il soggetto senziente; sono percezioni soggettive.
In natura, cio in assenza di quellartificio convenzionale che lo Stato, non esistono bene Le regole
e male, ma solo il diritto naturale di ogni individuo al possesso e alla sopravvivenza. della ragione
nello
Avendo tutti lo stesso diritto, nella condizione naturale si determina una guerra di tutti stato di natura
contro tutti che porterebbe al rischio di una morte violenta, cio proprio a ci che luo-
mo vuole evitare. Riconoscendo che la tendenza naturale alla conservazione della vita il
massimo bene da tutelare, la ragione indica allora la strada pi efficace per conseguire
questo scopo.
Essa non prescrive moralisticamente il bene contro il piacere, o contro lutile, ma opera una
sorta di epicureo calcolo dei piaceri: valutando le conseguenze di ogni scelta possibile,
individua i precetti indispensabili per liberare luomo dallo stato di paura e tutelare cos
in modo pi avveduto il diritto alla sopravvivenza. Queste norme, che Hobbes chiama leggi
di natura e che non sono da confondere con il diritto naturale, non sono quindi altro che
dettami della retta ragione volti a limitare lo ius in omnia dellindividuo.
Per Hobbes, dunque, la filosofia morale coincide con la scienza delle leggi di natura, Il legalismo
intese non come norme assolute, ma come strumenti di auto-tutela delluomo che vive morale
in societ, come regole finalizzate a una convivenza pacifica. Queste norme naturali, per,
proprio perch suggeriscono e non costringono, risultano insufficienti in assenza della
forza dello Stato che le interpreta e le fa rispettare. Il filosofo inglese perviene cos a
quella che possiamo definire etica della legge, o legalismo morale: un atto giusto
(iustum) quando ordinato (iussum), ovvero prescritto coattivamente dalla norma giu-
ridica (ius).

41
ETICA

In conclusione, lunico modo per uscire dal relativismo individualistico dello stato di
natura consiste, per Hobbes, nel convenzionalismo della vita civile. La vera etica la poli-
tica: giusto e ingiusto sono convenzioni sociali poste, cio stabilite in virt di un comu-
ne accordo e fondate su un potere che esige che siano rispettate e che punisce la loro tra-
sgressione.
LESSICO

leggi di natura / diritto naturale Al diritto positi- che la legge naturale un dettame della retta ra-
vo, cio posto (positum) e fatto valere dallo Stato, gione, ma questultima, in quanto capacit di
il pensiero antico e medievale contrappone il dirit- calcolare le conseguenze, non prescrive ci che
to naturale, ovvero un insieme di norme univer- bene in senso assoluto (come ritiene il giusnatu-
sali ed eterne precedenti e superiori a quelle poste ralismo tradizionale), bens ci che utile in vista
dai mutevoli Stati. Con il giusnaturalismo moder- della conservazione della vita.
no, il diritto naturale cessa di essere un ordine co- A limitare il diritto di natura (ius naturalis), che indi-
smico o divino, trascendente, per diventare un in- ca che cosa luomo pu fare per conservare la vita,
sieme di leggi naturali poste autonomamente ma che non garantisce la sua efficacia rispetto al
dalla ragione alla base della convivenza umana. In fine, interviene la ragione: essa fissa una norma, la
questo processo di affrancamento del diritto da legge di natura (lex naturalis), che suggerisce
una fondazione teologica o metafisica Hobbes alluomo ci che egli deve fare se vuole efficace-
compie un ulteriore passo in avanti, sostenendo mente perseguire il medesimo scopo.

2. Il bene come libert Nel manuale


Spinoza, vol. 2A, p. 262
della mente
Spinoza
Lideale laico e moderno di una felicit mondana conseguita mediante lesercizio della ra-
gione trova la sua pi compiuta formulazione nella filosofia morale di Spinoza. Per il filo-
sofo olandese, anzi, la filosofia essenzialmente etica, perch il suo scopo consiste nel con-
durre luomo al possesso del sommo bene, che la felicit.

Tra etica e fisica


Nella terza parte dellEtica, intitolata Della natura e dellorigine degli affetti, Spinoza dimo-
meccanicistica stra che illusorio credere che luomo sia libero. Essendo, come ogni altro ente finito, una
modificazione della sostanza infinita, cio di Dio, luomo non un impero nellimpero
della natura e non pu sottrarsi a quellordine necessario e immutabile che regola tutto ci
che accade, compreso il suo desiderare e il suo agire.
Ecco perch letica (scienza del comportamento umano) deve essere costruita in analogia
con la fisica meccanicistica: cos come questultima si basa sul principio di inerzia, analoga-
mente luomo dominato dal conatus, cio da una sorta di sforzo di autoconservazione
con cui tende a perseverare nel suo essere (Etica, III, prop. 7) e che, in quanto consapevo-
le, si chiama cupiditas.
Se questultima viene assecondata e la potenza individuale viene accresciuta, si ha la leti-
zia (laetitia); se la potenza individuale risulta diminuita si ha la tristezza (tristitia).

42
2 Il bene come libert della mente

Da questi tre affetti primari (cupidit, letizia e tristezza) Spinoza fa derivare anche il bene Il bene e il male
e il male, che non considera principi etici assoluti, ma valutazioni soggettive. bene ci che
utile allo sforzo di autoconservazione ed fonte di letizia; male ci che nuoce alla con-
servazione e produce tristezza.
Per comprendere letica di Spinoza dobbiamo tenere presente la sua originale concezione Schiavi
antropologica. Se una lunga e autorevole tradizione filosofica, da Platone a Cartesio, conce- delle passioni?
piva lanima come sostanza autosussistente e, dunque, superiore al corpo e capace di domi-
narlo, per Spinoza, cos come pensiero ed estensione sono la medesima sostanza espressa
sotto forme diverse, cos il corpo e la mente sono la stessa cosa, cio un solo e medesimo
individuo (che modo della sostanza) concepito sotto due diversi aspetti. Per Spinoza,
quindi, sbagliato parlare, cartesianamente, di passioni dellanima, perch non esiste una
passivit dellanima rispetto al corpo: gli affetti riguardano parallelamente e contestual-
mente la mente e il corpo.
La presunta schiavit dagli affetti trova infatti un corrispettivo nel primo grado della co-
noscenza, in cui luomo si forma idee inadeguate delle cose, cio nozioni oscure e con-
fuse che derivano dai sensi. Adeguate, invece, per Spinoza sono le idee chiare e distinte
della scienza (estensione, causalit, movimento), che non si ricavano dai sensi o da altre
idee, ma trovano la loro origine nella forza stessa della mente che, essendo causa totale ed
esclusiva di esse, , in tal modo, attiva. Ora, secondo Spinoza ed questo il nucleo cen-
trale della sua etica la mente pu essere educata a produrre quante pi idee adeguate
possibile, superando la parzialit e la passivit della conoscenza sensibile. In tal modo si
pu conseguire quella condizione che Spinoza chiama libert dalle passioni.
Proviamo a comprendere meglio questo punto. Nella prospettiva spinoziana la virt non La virt
pu consistere in un astratto esercizio della ragione contro linclinazione naturale. La mente, come razionalit
infatti, non pu modificare un affetto (poich non pu agire direttamente su di esso o
sullordine delle cause esterne), ma pu limitarne il potere conoscendolo adeguatamente,
ovvero modificando lidea della causa che lo produce. La conoscenza adeguata, infatti,
quella che percepisce le cose sotto laspetto della necessit. Secondo Spinoza, laffetto
prodotto da ci che immaginiamo nella sua particolarit, slegato da altre cause e dalla tota-
lit in cui inserito, risulta pi nocivo di un affetto che comprendiamo razionalmente come
parte di un ordine necessario di cause. Dunque, quando comprendiamo che non c libert,
o contingenza, e che tutto necessario, la forza violenta dellaffetto e la carica di minaccia
che esso trattiene si stemperano. Un comportamento virtuoso coincider allora con un
comportamento razionale: comprendendo che niente contingente tale cio che avrebbe
potuto non essere viene meno ogni velleit, paura e infelicit.
Si perviene cos a una situazione paradossale, poich la libert, alla fine, si rivela non essere La libert
altro che la consapevolezza della propria necessit. Di conseguenza, virtuoso e felice chi della necessit
sa di essere una modificazione finita e transitoria nellinfinito e dellinfinito, e ci avviene
nella conoscenza di terzo grado, in cui la mente prende coscienza del fatto che tutto ci
che appare ai sensi nel tempo (sub specie temporis) cio tutti i corpi e tutte le menti con le
loro idee sussiste in Dio ed comprensibile in relazione a Dio, essendo una modificazione
dei suoi attributi (pensiero ed estensione).

43
ETICA

Lamore
evidente che una conoscenza totalmente adeguata si d solo in Dio, il quale conosce se
intellettuale di Dio stesso come totalit e unit; la mente umana, tuttavia, in grado di guardare il mondo in-
nalzandosi al punto di vista di Dio, cio quello di una ragione che intuisce lunit del tutto,
superando limmaginazione sensibile ma anche la ragione dimostrativa che colloca le cose
nella catena necessaria ma temporale dei nessi causali.
Un tale supremo grado del conoscere definito da Spinoza amore intellettuale di Dio. Esso
coincide con la virt suprema e con la suprema beatitudine delluomo.
LESSICO

amore intellettuale di Dio Nella celebre formula le Dio ama se stesso (Etica, V, prop. XXXVI). La
spinoziana amore intellettuale di Dio la parola parola amore, infine, non allude a una sorta di
Dio non va intesa come persona da amare (se- unione mistica con la divinit, perch lunit tra il
condo il senso ebraico-cristiano), ma come ordine finito e lInfinito gi data, e dunque non bisogna
della natura da comprendere e in cui riconoscere realizzarla, ma solo comprenderla adeguatamen-
se stessi e le cose come momenti di ununica tota- te. Quel che Spinoza intende dire che la cono-
lit. La proposizione di ha valore sia oggettivo sia scenza di Dio (in quanto ordine della natura)
soggettivo: poich la mente umana, in quanto amore in quanto genera unemozione di gioia,
modificazione del pensiero infinito, un momen- quella che accompagna la vita della mente quan-
to della sostanza divina, lamore intellettuale del- do comprende di essere parte dellordine necessa-
la Mente verso Dio lamore stesso di Dio, col qua- rio del mondo.

3. Il bene lutile Nel manuale


Hume, vol. 2A, p. 452
Hume e Bentham
Hume
Proseguendo sulla via tracciata da Hobbes e da Spinoza nello studio del comportamento
umano, Hume elabora unetica rigorosamente descrittiva, il cui intento non quello di
prescrivere regole di comportamento (in base a principi morali assoluti, siano essi di origine
divina o innati nella ragione) fissando fini e scopi dellagire, ma quello di descrivere come
di fatto gli uomini si comportano. Questo metodo risulta chiaro dal sottotitolo dellope-
ra principale di Hume, il Trattato sulla natura umana: un tentativo per introdurre il meto-
do del ragionamento sperimentale negli argomenti morali.

Ragione
Secondo Hume losservazione empirica ci dice che luomo non agisce sulla base della ragio-
e passione ne, come riteneva la tradizione cartesiana, bens sulla base di un gusto morale (moral
taste) in virt del quale una certa azione si avverte come preferibile, in quanto fonte di pia-
cere. tale sentimento morale, e non la ragione, a determinare la volont e a indurre
luomo allazione.
Hume afferma, infatti, che la ragione non pu mai contrapporsi alla passione nella guida
della volont. Incapace di reprimere o di modificare le passioni giustificandole o condan-
nandole, la ragione ha tuttavia la capacit di giudicarle irragionevoli, o mostrando che si
fondano sulla supposizione dellesistenza di oggetti che in realt non esistono, o mostran-
do che i mezzi necessari per soddisfarle sono insufficienti o indisponibili. In questi casi, pur
non potendo decidere circa la validit del fine a cui il desiderio tende, la ragione pu mo-
strarne linfondatezza e determinarne laffievolimento o addirittura lestinzione.

44
3 Il bene lutile

Ma possibile fondare una morale (che esige che qualcosa sia buono in senso universale) La morale
sulle passioni, che sono fatti individuali? Hume consapevole di queste difficolt e nel cor- della simpatia
so della sua riflessione cerca di mantenere fermo il carattere sentimentale della valutazione
morale (paragonabile a quella estetica), pur tentando di salvaguardarne luniversalit e lin-
tersoggettivit. Approda cos alla nozione di sentimento morale come sentimento comune
a tutta lumanit. Su di esso si basa la valutazione morale: sono moralmente lodevoli le
azioni collettivamente utili, mentre sono degne di biasimo quelle dannose ai pi. Il bene
e il male, dunque, non sono riducibili al piacere e al dolore individuali, ma si fondano su
quella che Hume chiama simpatia, o generoso interesse per lumanit, per cui si giudica
buono ci che giova a se stessi e ai propri simili.

Bentham
Il punto di arrivo della filosofia morale anglosassone costituito dalla riflessione di Jeremy
Bentham, considerato il fondatore del cosiddetto utilitarismo.
Secondo questa dottrina morale, lutile, inteso come massimizzazione del piacere e La morale
minimizzazione del dolore lunico movente delle azioni umane e lunico criterio con come calcolo
cui valutarle. La morale si riduce cos, a un calcolo felicifico (felicific calculous), ovvero a
una misurazione empirica e pragmatica delle conseguenze di unazione, in modo da poter
scegliere quella che produrr il maggior numero di vantaggi e il minor numero di svantaggi.
Il criterio del bene, in questa prospettiva, coincider quindi con lutilit pubblica, cio con
la massima felicit per il maggior numero di persone.

LESSICO
simpatia Il termine simpatia (dal greco syn, con, utilitarismo Il termine utilitarismo indica, in ge-
e pthos, affezione, dolore) indica comunemen- nerale, una prospettiva morale (opposta a quella
te la partecipazione ai vissuti interiori degli altri, deontologica) in cui il bene viene identificato con
soprattutto a quelli di dolore. questo il significa- lutile e in cui unazione giusta o ingiusta non in
to del vocabolo italiano com-passione. termini assoluti, ma in base ai vantaggi o agli svan-
In ambito filosofico il termine usato dagli stoici sia taggi che da essa scaturiscono. In senso pi speci-
in senso oggettivo, per indicare unaffinit esistente fico, il termine indica la corrente filosofica iniziata
tra le cose che, governate dallidentica ragione, da Jeremy Bentham.
sono capaci di influenzarsi vicendevolmente, sia in John Stuart Mill criticher alcuni aspetti dellutili-
senso soggettivo, per alludere al simpatizzare con le tarismo di Bentham, notando come egli non con-
situazioni emotive altrui. Esso acquista per un valo- sideri, accanto alla felicit, altri moventi dellazione
re decisivo nella filosofia inglese del XVIII secolo: su (il sacrificio, il senso del dovere, la ricerca dellordi-
questa nozione Hume fonda la propria morale del ne ecc.). E laccusa di giustificare anche atti palese-
sentimento, in opposizione al razionalismo etico. mente immorali solo perch vantaggiosi porter,
Alla base dei nostri giudizi morali, secondo Hume, in tempi a noi pi vicini, a una variante dellutilita-
sta una particolare qualit della mente umana rismo tradizionale, o utilitarismo dellatto: il co-
che ci consente di immedesimarci nella pena o nel siddetto utilitarismo della regola. Esso non valuta
piacere degli altri come se fosse in gioco il nostro le conseguenze di ciascuna singola azione, ma
svantaggio o vantaggio. In base a questo princi- adotta una serie di regole generali tese a indivi-
pio potentissimo, proviamo piacere per ci che duare quelle tipologie dazione che, in generale,
utile e benefico per gli altri, e dolore per ci che li tendono a incrementare la felicit complessiva,
danneggia. Su questa sensazione di piacere e di- anche se, in qualche caso, potrebbero essere svan-
spiacere non individuale ma simpatetico si fonda- taggiose.
no le nozioni di bene e male, di virt e vizio.

45
ETICA

4. Letica del dovere Nel manuale


Kant, vol. 2B, p. 155
per il dovere
Kant
Opposta alletica utilitaristica letica deontologica (dal greco don, dovere), che trova la
sua pi rigorosa formulazione nel pensiero di Kant.

Unetica
Per Kant luomo un ente diviso tra la ragione che prescrive il dovere e linclinazione sen-
della ragione sibile che tende al piacere, cosa che rende inconcepibile lidea di una destinazione naturale
dellessere umano alla felicit. bene ossevare che Kant non mette in discussione la forza
condizionante dei desideri e degli impulsi, ma nega che una tale forza possa essere conside-
rata un movente morale. Il piacere ci per cui di fatto vogliamo una cosa, ma non pu esse-
re ci che la rende degna di essere voluta. Del resto, il sentimento e linclinazione al piacere,
per il loro carattere mutevole e soggettivo, non possono essere posti alla base delletica, che
deve invece avere un valore universale, cio essere valida per tutti e sempre. Dunque solo
sulla ragione, cio su una facolt di cui ogni uomo provvisto, possibile fondare la morale.

Fatti e morale
Che ci sia una legge morale, ovvero degli obblighi prescritti dalla ragione, per Kant un
fatto che non va dedotto o giustificato, ma solo constatato. Inoltre la morale non pu
essere fondata empiricamente, dal momento che non concerne lessere (come di fatto gli
uomini si comportano), ma il dover-essere (come gli uomini dovrebbero comportarsi).
I fatti possono anche smentire la legge morale, ma ci non incrina la sua validit. Kant fa
questo esempio: pu anche darsi che nessun uomo sia stato di fatto sempre sincero, ma ci
non toglie che la sincerit sia un valore morale che gli uomini devono perseguire.

Gli imperativi
Dal momento che tra legge morale e volont non c, per Kant, una spontanea coincidenza,
pratici e limperativo la prima si presenta alluomo nella forma dellimperativo, ovvero di un comando che ri-
morale
chiede di sacrificare le proprie inclinazioni sensibili.
Gli imperativi ipotetici hanno la forma se vuoi allora devi (ad esempio, se vuoi esse-
re sano, allora devi astenerti dal fumo) e sono comandi pratici, ma non morali, poich pre-
scrivono un mezzo in vista di un fine, ma non dicono nulla circa la validit morale del fine. Per
fare un esempio, un medico che voglia guarire un paziente e un assassino che voglia avvelenare
qualcuno possono equivalersi rispetto allefficacia dei mezzi scelti per realizzare i loro scopi.
La legge morale si esprime invece attraverso limperativo categorico, che ordina il dovere
per il dovere, a prescindere da qualsiasi condizione o scopo, nella forma inesorabile, severa
e inflessibile del tu devi.
Secondo Kant questo imperativo si impone assolutamente e incondizionatamente, cio in-
dipendentemente dal fatto che sia io o un altro ad agire, che si voglia qualcosa o qualcosaltro,
che ci si trovi in una circostanza piuttosto che in unaltra. Esso si fonda sulla ragione, che al
di l delle preferenze soggettive e contingenti garanzia delloggettivit e delluniversalit
della legge morale.

Lantiutilitarismo
La morale kantiana rigorosamente antiutilitaristica. Per Kant, infatti, la moralit di un atto
e il dovere- si misura sulla base dellintenzione, indipendentemente dalle conseguenze, dal successo o
per-il-dovere dai vantaggi dellazione stessa. Perch unazione sia morale, non basta che sia conforme al
dovere, ma occorre anche che sia compiuta per il dovere, cio con la sola pura intenzio-
ne di rispettare la legge morale.

46
5 Letica del costume

Si fonda su questo la distinzione kantiana tra legalit e moralit. La prima concerne


lazione visibile (ad esempio pagare le tasse), mentre la seconda concerne lintenzione invisibile
(pagare le tasse non per paura del fisco, ma per dovere). evidente che in base a questa distin-
zione non tutte le azioni legali, cio esteriormente conformi alla legge, sono anche morali.
La legge morale presuppone, cio postula la libert come sua condizione necessaria: poi- I postulati
ch, infatti, essa comanda di reprimere linclinazione sensibile, allora la volont delluomo della moralit
deve poter essere libera di non seguire tale comando.
La libert il postulato principale della ragion pratica, essendo la condizione stessa della
moralit. Ma Kant indica altri due postulati: limmortalit dellanima e lesistenza di Dio,
indispensabili per rendere possibile il sommo bene inteso come unit di virt e felicit:
limmortalit dellanima postulata perch la santit (perfetta coincidenza di volont e
legge morale) che ci rende degni della felicit pensabile solo come un processo allinfini-
to, come un progressivo miglioramento che esige una vita interminabile;
lesistenza di Dio postulata per rendere possibile la corrispondenza tra virt e felicit. Dio
va pensato come Colui che giudica se luomo degno della felicit e come Colui che deve
poter far s che luomo sia partecipe della felicit. Egli va dunque pensato come onnisciente
(intelligenza capace di scrutare i cuori per vedere la purezza delle intenzioni morali) e
come onnipotente (essere che ha la natura intera in suo potere, cos da poter piegare il suo
corso alle esigenze della morale).
La fede nellimmortalit dellanima e in Dio non sono le condizioni della morale, ma il loro
possibile effetto. Luomo virtuoso colui che agisce solo per il dovere, con in pi la ragio-
nevole speranza di meritare da Dio la felicit.

LESSICO
imperativo categorico Secondo Kant le massi- In quanto categorico, limperativo kantiano una
me sono principi pratici soggettivi, cio regole di legge pratica, cio una norma che, proprio come
comportamento che lindividuo considera valide le leggi fisiche, ha i caratteri delluniversalit e della
solo per se stesso. Ad esempio, qualcuno pu as- necessit. Tuttavia, mentre la legge fisica neces-
sumere come massima del proprio agire quella di saria nel senso che non pu essere altrimenti la
vendicarsi per ogni offesa subita. legge morale necessaria nel senso che obbliga
Gli imperativi, al contrario, sono prescrizioni che tutti gli esseri razionali, ma implica la possibilit di
hanno validit oggettiva, nel senso che valgono per essere trasgredita. La necessit della legge fisica
chiunque. La legge morale, dal momento che si (tutti gli uomini devono nutrirsi) espressa in tede-
presenta come valida per tutti gli esseri razionali a sco dal verbo mssen, mentre la necessit morale
prescindere dalle condizioni accidentali e soggetti- (tutti gli uomini devono restituire un prestito)
ve che distinguono un uomo da un altro, secondo espressa dal verbo sollen.
Kant non pu che avere la forma dellimperativo
categorico.

5. Letica del costume Nel manuale


Hegel, vol. 2B, p. 458
Hegel
Lautonomia del volere, che trova in Kant il suo massimo interprete, riconosciuta da Hegel
come il punto di arrivo dellintera cultura cristiana e moderna e come la base su cui trova il
suo fondamento la moralit.

47
ETICA

I limiti
Tuttavia, per quanto sia una conquista perenne dello spirito, la moralit una forma imper-
della moralit fetta e incompleta di libert, che Hegel in pi occasioni sottopone a critica serrata. Il limite
kantiana
principale della moralit (kantianamente intesa) la separazione dualistica (che lacera
luomo rendendolo infelice) tra la ragione che esige il dovere e la sensibilit che tende al
piacere, tra lessere (luomo cos com, con le sue pulsioni, le sue passioni e i suoi legittimi
interessi) e il dover essere (luomo come dovrebbe essere).
Da questo dualismo irrisolto deriva un altro limite della morale, e cio il suo carattere con-
traddittorio: poich lesercizio della virt implica la lotta contro linclinazione sensibile,
questultima deve essere eliminata ma nello stesso tempo non deve essere eliminata, altri-
menti non sarebbe possibile la moralit stessa, che implica un limite da superare e si confi-
gura come compito infinito e sforzo senza fine.

Contro il formalismo
Hegel critica anche il formalismo della morale kantiana, cio lidea che limperativo catego-
morale rico prescriva la forma e non il contenuto dellazione, e non dica che cosa dobbiamo fare ma
come dobbiamo farlo. Infatti, se si assume come criterio morale lintenzione invisibile, al di
l dellazione concreta, allora il bene non solo rimane astratto, ma diventa una vuota for-
mula che possibile riempire con qualsiasi contenuto: ogni illecito e immorale modo
dagire pu in questo modo venir giustificato. La morale dunque, alla fine, questo gio-
care con la propria coscienza, la quale pu fare il male sofisticando sulla nobilt della sua
intenzione o addirittura spacciando il male per bene.

La dimensione etica
Luomo, per Hegel, pu realizzare la propria aspirazione al bene solo nellorizzonte storico
e oggettivo dellthos, che indica la dimora storica in cui collocato e il costume acqui-
sito. Il momento culminante dello spirito oggettivo , infatti, leticit, sintesi dei due mo-
menti anteriori, ovvero del diritto astratto e della moralit.
Lindividuo etico, concretamente, non agisce n sulla base di principi giuridici che riguar-
dano il suo agire esteriore, n sulla base di uninteriore intenzione morale che prescinde da
doveri determinati; obbedisce, piuttosto, a regole universali (quelle della famiglia, della
societ civile e dello Stato) che acquisisce collocandosi nella vita etica di un popolo in un
determinato contesto storico. In tal mondo interiormente consapevole del bene a cui
aspira, ma lo realizza anche esteriormente.
LESSICO

moralit / eticit Hegel distingue tra moralit soggetto morale vive sempre in un tessuto di rela-
(Moralitt) ed eticit (Sittlichkeit, da Sitte, costu- zioni: la morale non pu dunque essere un fatto
me): la prima riguarda la volont soggettiva che privato, ma ha sempre una dimensione sociale e si
aspira al bene; la seconda, in quanto moralit so- incarna necessariamente in un mondo. In questo
ciale, invece lincarnazione del bene nelle istitu- senso, leticit costituisce il superamento sia del
zioni storiche della famiglia, della societ civile e diritto oggettivo, sia della moralit soggettiva: essa
dello Stato. sintesi di universale e individuale, esteriorit e
La coscienza morale, secondo Hegel, contraddi- interiorit. Se, infatti, da una parte una morale
stinta dal dualismo tra il soggetto che vuole il che ha assunto le forme del diritto (in quanto la
bene e il bene che va realizzato, cio tra individua- volont soggettiva del bene si oggettiva nellope-
lit e universalit, tra interno ed esterno, intenzio- rare esteriore delle istituzioni), dallaltra un dirit-
ne e azione concreta. Se per si assume una pro- to che ha assunto le forme della morale (in quanto
spettiva concreta, capace di superare le divisioni questo operare esterno implica una consapevole
dellintelletto astratto, appare evidente che il e interiore aspirazione al bene).

48
LABORATORIO DELLE IDEE
VERSO LE COMPETENZE
Il cristianesimo ha profondamente condizionato la riflessione morale dellOccidente: da una parte sotto-
prendere le radici
lineando la distinzione tra felicit e virt, piacere e dovere; dallaltra diffondendo lidea secondo cui Com ali e filosofiche dei principali
concettu
bene ci che Dio vuole e male ci che Dio proibisce, indipendentemente dalle conseguenze e dai vantag-
problemi della contemporaneit
gi che possono scaturire dalle nostre azioni. Eppure il rapporto tra la felicit e il dovere, tra lutile indivi-
duale e il bene universale, costituisce il comune orizzonte problematico sia delletica cristiana, sia di quel- Riflettere e argomentare,
la utilitaristica. Esemplare, in tal senso, il confronto polemico tra il cattolico Alessandro Manzoni e il individuando collegamenti
laico Jeremy Bentham. Un breve testo dello scrittore milanese, intitolato Del sistema che fonda la morale e relazioni
sullutilit, pubblicato nel 1855 come appendice al terzo capitolo delle Osservazioni sulla morale cattolica,
costituisce una delle prime critiche religiose e cristiane rivolte alla dottrina utilitaristica. Scrive Manzoni:
Questo sistema [utilitaristico] pone che la vera utilit dellindividuo saccorda sempre con lutilit generale, dimanieracch luomo,
giovando agli altri, procaccia il maggior utile a se stesso. E da ci vuole che si deva ricavare la regola morale delle deliberazioni
umane. Il nostro assunto principale desaminar se si possa.
(A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica, in Tutte le opere,
a cura di M. Martelli, Sansoni, Firenze 1990, vol. II, p. 1433)
Lo scrittore ammette che luomo non pu volere il suo proprio danno, per cui il dovere non pu essere in conflitto con la felicit, ma so-
stiene che laccordo tra lutile e il giusto loggetto di una speranza ultraterrena, secondo la dottrina cristiana della remunerazione:
La concordia finale dellutile col giusto, alla quale [gli uomini] credevano in astratto, senza poterne vedere il modo [] stata
spiegata dalla rivelazione []. La felicit non pu essere realizzata fuorch in un presente il quale comprenda lavvenire, in un
momento senza fine, vale a dire leternit. (A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica, cit., pp. 1443-1444)
In conclusione, per Manzoni, non un calcolo congetturale circa lutile il criterio della morale, bens, come insegna il cristiane-
simo, una legge morale assoluta che prescrive il bene in vista di un vantaggio oltremondano.
Immagina una disputa morale tra un filosofo utilitarista e un filosofo manzoniano, cio di ispirazione cristiana. Dai un nome ai due
personaggi e traccia di essi un breve profilo biografico e intellettuale. Prova poi a sviluppare le loro argomentazioni in forma di
dialogo, in modo da metterne in evidenza anche eventuali debolezze e difficolt. Alla fine prendi tu stesso posizione per luna o per
laltra prospettiva, spiegando quale delle due, secondo te, pu meglio orientare le nostre scelte.

Per approfondire
Nel manaule
ECHI DEL PENSIERO Legge e giustizia vol. 2A, p. 390
ECHI DEL PENSIERO La sfida del male vol. 2B, p. 82
QUESTIONE Il bene consiste nellutile o nel dovere? vol. 2B, p. 322
ECHI DEL PENSIERO La forza delle istituzioni vol. 2B, p. 532

In libreria
Remo Bodei, Geometria delle passioni, Feltrinelli, Milano 2003
Fulvia de Luise - Giuseppe Farinetti, Storia della felicit. Gli antichi e i moderni, Einaudi, Torino 2001
Piergiorgio Donatelli, La filosofia morale, Laterza, Roma-Bari 2001
Jan Rohls, Storia delletica, trad. it. di P. Kobau, Il Mulino, Bologna 1991
Carlo Augusto Viano, Etica, Mondadori, Milano 1981
Nigel Warburton, Il primo libro di filosofia, trad. it. di G. Bonino, Einaudi, Torino 1999 (capitolo II: Giusto e sbagliato)
Bernard Williams, La moralit. Unintroduzione alletica, trad. it. di M. Reichlin, Einaudi, Torino 2000

In rete
http://www.emsf.rai.it http://www.filosofico.net http://www.ildiogene.it

49
PO
LIT
CA
POPOLITICA
Come centro della sua indagine, la filosofia tesi allo stato di natura (di cui chiama-
politica moderna assume la questione del- to a correggere o eliminare i difetti);
lorigine e della natura dello Stato, cercan- 3. lo stato di natura uno stato i cui elemen-
do di individuare quale sia la fonte ultima ti costitutivi sono principalmente e prima-
della legittimit del suo potere. Per quanto riamente gli individui singoli e non asso-
diversificata e articolata, essa fa riferimento a ciati, se pure associabili;
un modello filosofico-giuridico unitario, il gius-
naturalismo, che nasce con Ugo Grozio allini- 4. [] lo stato di natura viene sempre raffi-
zio del XVII secolo. gurato come uno stato in cui regnano la
libert e luguaglianza (se pure con va-
riazioni sensibili che dipendono dalle di-
Per comprendere preliminarmente i tratti es-
verse accezioni in cui vengono adoperati i
senziali del giusnaturalismo moderno, pos-
due termini);
siamo qui fare ricorso alla descrizione che ne
d Norberto Bobbio, uno dei pi autorevoli 5. il passaggio dallo stato di natura allo stato
filosofi e storici della politica contemporanei: civile non avviene necessariamente, per la
forza stessa delle cose, ma mediante una o
Il modello giusnaturalistico costruito sulla
pi convenzioni, cio mediante uno o pi
grande dicotomia stato (o societ) di natura
atti volontari e deliberati degli individui in-
- stato (o societ) civile, e contiene alcuni
teressati a uscire dallo stato di natura, con
elementi caratterizzanti, che possono essere
la conseguenza che lo stato civile viene
elencati nel modo seguente:
concepito come un ente artificiale o,
1. il punto di partenza dellanalisi dellorigine come si direbbe oggi, come un prodotto
e del fondamento dello Stato lo stato di della cultura e non della natura [];
natura, cio uno stato non politico e an-
6. il principio di legittimazione della societ
tipolitico;
politica, a differenza di ogni altra forma di
2. tra lo stato di natura e lo stato politico c societ naturale [] il consenso.
un rapporto di contrapposizione, nel sen- (N. Bobbio, Il modello giusnaturalistico,
so che lo stato politico sorge come anti- in Thomas Hobbes, Einaudi, Torino 2004, pp. 3-4)

50
1 La scoperta della politica

1. La scoperta della politica Nel manuale


Machiavelli, vol. 2A, p. 55
Machiavelli
La riflessione politica moderna ha la sua origine, da una parte, nel processo di laicizzazione
innescato dalla cultura umanistica con il suo interesse per la dimensione civile e mondana
delluomo, e dallaltra nel processo di formazione e consolidamento degli Stati nazionali
avviato tra Quattrocento e Cinquecento. in questo orizzonte che si colloca la riflessione di
Machiavelli, la cui opera pi nota, Il Principe, considerata il testo fondativo del pensiero
politico moderno.
Per la sua critica alla tradizione utopistica, che a partire dalla Repubblica di Platone aveva Il Galileo
dominato la trattatistica medievale e rinascimentale, Machiavelli considerato il Galileo della politica
della politica. Lo scrittore fiorentino, infatti, inaugura quella sensibilit realistica, tipica-
mente moderna, che fonda larte dello Stato sulla conoscenza della realt cos com e non
come dovrebbe essere.
Lazione del principe, vale a dire delluomo di governo, non dovr quindi conformarsi ad La separazione
astratti principi morali o religiosi, bens perseguire la salute dello Stato e il mantenimento tra politica
dellordine pubblico. Per questo lambito dellutilit politica, secondo Machiavelli, va distin- morale

to dallambito del bene morale: lagire politico a-morale, o pre-morale; un buon politico
non necessariamente un politico buono (in senso morale), ma piuttosto colui che sa uti-
lizzare efficacemente i mezzi pi idonei alla costituzione e al mantenimento dello Stato.
Questultimo, secondo Machiavelli, non risponde a un disegno salvifico, o soprannaturale, Lo Stato
ma una cosa della natura, cio un organismo che cresce, aspira alla salute, vive nella come organismo
minaccia di patologie interne (le guerre civili, leccessiva ricchezza di alcuni ceti, il fiaccar-
si del senso civico ecc.), si sviluppa e, alla fine, declina.
Lo scopo ultimo del politico non linteresse privato o lambizione personale, ma il bene Bene comune
comune, che per Machiavelli coincide con il vivere libero. Con questa espressione, per, e ragion di Stato
lo scrittore fiorentino non indica la partecipazione alla decisione politica, ma la cessazione
di ogni violenza privata, indica cio quella condizione di legalit e sicurezza che il presup-
posto per godere tranquillamente del proprio privato benessere.
Alla salute dello Stato, cio alla stabilit e allordine della comunit, ovvero a quella che pi
tardi verr detta ragion di Stato, tutto deve essere subordinato, compresa la religione e listi-
tuzione ecclesiastica, che Machiavelli intende come strumenti di governo e di educazione per
mezzo dei quali si deve sviluppare nelle coscienze il senso di devozione verso la cosa pubblica.
LESSICO

ragion di Stato In termini generali, lespressione atti a fondare, conservare ed ampliare un dominio
ragion di Stato indica la regola autonoma dellagi- cos fatto (Della Ragion di Stato, a cura di L. Firpo,
re politico, ovvero il principio in base al quale il fine UTET, Torino 1948, p. 55). Nella trattatistica politica
della salute dello Stato, in quanto ragione ultima successiva, la tesi della ragion di Stato verr utilizza-
dellazione di governo, giustifica luso di qualsiasi ta per giustificare loperato di un potere statuale
mezzo. Il primo a parlare esplicitamente di ragion che, di fronte allesigenza primaria di garantire lor-
di Stato Giovanni Botero, che in un testo del 1589 dine della comunit civile, si arroga il diritto-dovere
scrive: Stato un dominio fermo sopra i popoli e di violare quelle stesse norme politiche, morali e
Ragione di Stato notizia [conoscenza] dei mezzi giuridiche che in altri momenti considera assolute.

51
POLITICA

2. La fondazione Nel manuale


Grozio, vol. 2A, p. 60
giusnaturalistica
del potere
Grozio
Lidea di un diritto naturale che precede e giustifica la legge positiva costituisce lelemen-
to centrale del giusnaturalismo moderno, di cui Grozio considerato il fondatore.

Le norme autonome
Diversamente dai giusnaturalisti medievali, Grozio ritiene infatti che le leggi naturali
della ragione siano norme autonome della ragione, che sarebbero valide anche se Dio non ci fosse (etsi
Deus non daretur): egli ipotizza infatti uno stato di natura in cui gli uomini, anche in as-
senza dellautorit politica, sono associati sulla base delle sole leggi naturali, che prescrivono
ci che bene e proibiscono ci che male.
Secondo Grozio la natura razionale delluomo (su cui si fondano le norme del diritto
naturale) da una parte implica la tendenza alla vita sociale (appetitus societatis), cio
la naturale inclinazione alla socievolezza, con il connesso desiderio di vivere in un ordine
sociale pacifico in quanto vantaggioso per tutti; dallaltra comporta la facolt di cono-
scere e agire secondo principi generali, cio la capacit di stabilire regole sovraindivi-
duali cui uniformarsi.

Lartificialit
Nonostante questa fiducia nellinclinazione umana alla socialit, per Grozio lo Stato, cio la
dello Stato macchina dellautorit e dellobbedienza, non qualcosa di naturale, come per la tradi-
zione aristotelica, n un rimedio offerto da Dio alluomo, come riteneva la tradizione cristiana.
Al contrario, per Grozio il potere dello Stato una costruzione autonoma della ragione,
cio il frutto di una decisione volontaria (patto) che implica luscita dallo stato di natura
e laccettazione da parte di ogni individuo di una nuova condizione artificiale.

Volontarismo
Nel pensatore olandese, dunque, trova la sua prima formulazione quella prospettiva volon-
e contrattualismo taristica e contrattualistica propria del pensiero politico moderno. Se per Aristotele tra
famiglia e Stato non c contrapposizione ma continuit, dal momento che luomo, in
quanto animale politico, naturalmente incline alla socialit (teoria naturalistica del
potere statale), al contrario, per il pensiero moderno, lo Stato si fonda su un accordo volon-
tario tra i suoi membri (teoria contrattualistica del potere statale) e la comunit politica
sorge dalla dicotomia tra stato di natura (prepolitico) e stato civile.

3. Il modello assolutistico Nel manuale


Hobbes, vol. 2A, p. 370
Hobbes
Il relativismo morale
Poich ci che piace e si desidera avvertito come bene, e poich ci che si rifugge perch ci
procura dolore avvertito come male, lo stato di natura, secondo Hobbes, caratterizza-
to da un assoluto relativismo morale: in una tale condizione, infatti, lungi dallessere pro-
priet delle cose o principi oggettivi, il bene e il male sono percezioni soggettive, cio di-
pendono dal rapporto di ogni singolo soggetto senziente con le cose.

52
3 Il modello assolutistico

Accanto al relativismo morale, compare nella riflessione hobbesiana sullo stato di natura un La naturale
altro elemento importante: luguaglianza naturale di tutti gli esseri umani. Oltre a posse- uguaglianza
degli uomini
dere nel medesimo grado intelligenza e forza, gli uomini godono infatti di un identico dirit-
to su tutto (ius in omnia). Questa condizione produce uno stato di guerra di tutti contro
tutti (bellum omnium contra omnes) in cui luomo esposto al peggiore dei mali, la morte.
Si tratta dunque di unuguaglianza naturale fondata sulla comune vulnerabilit: poich
ciascuno pu eliminare laltro, tutti vivono nella paura di una morte violenta.
Di fronte ai pericoli dello stato di natura, la ragione (che Hobbes considera come una facol- Diritto naturale
t calcolante, ovvero capace di scegliere i mezzi pi opportuni per raggiungere i fini che si e legge di natura
prefigge) soccorre luomo suggerendogli (e non prescrivendogli) le leggi naturali, cio
alcune regole di prudenza volte a tutelare la sua autoconservazione.
Il diritto di natura (ius naturalis) e la legge di natura (lex naturalis) non vanno dunque con-
fusi: il primo si riferisce a uno stato di libert illimitata, mentre la seconda indica una re-
strizione di tale libert mediante una norma. Il diritto naturale dice che cosa luomo pu
fare per conservare la vita, ma non garantisce lesito di tali possibilit; la legge naturale dice
che cosa luomo deve fare, o evitare di fare, se vuole efficacemente garantirsi la sicurezza.
Hobbes enumera una ventina di leggi naturali, ma ritiene che esse si possano ricavare da Un patto
ununica legge fondamentale, secondo la quale ogni uomo deve tendere alla pace, finch per cercare la pace
ha speranza di ottenerla (pax est quaerenda). Da questa prima legge di natura ne deriva
una seconda, che prescrive di rinunciare al diritto su tutto (ius in omnia est retinendum),
dal momento che, finch permane questo diritto, permane lo stato di guerra.
La rinuncia al proprio potere illimitato implica un patto, cio una promessa reciproca in
base alla quale tutti si auto-limitano nella stessa misura. Per questo la terza legge di natura
afferma che bisogna rispettare i patti (pacta servanda sunt), cio onorare la parola data.
Perch gli uomini possano vivere in pace, le leggi naturali non sono sufficienti: come ab- Un patto di unione
biamo detto, infatti, esse non sono comandi assoluti, ma regole prudenziali condizionate al
fine da conseguire e per questo espresse in forma di imperativi ipotetici. Si dunque tenuti
a rispettare le leggi di natura solo se in tal modo si ottiene pi facilmente il vantaggio della
propria sicurezza: affinch questo avvenga, per, necessario che ognuno sia certo che le
prescrizioni della ragione vengano rispettate anche dagli altri, e ci non pu accadere nello
stato di natura, in cui non vi alcun individuo cos forte da costringere tutti gli altri al
rispetto delle regole della ragione.
Per questo necessario abbandonare lo stato di natura ed entrare nella societ civile me-
diante una scelta volontaria, un patto in base al quale ciascuno rinuncia al proprio diritto
su tutto (tranne che al diritto alla sopravvivenza) e lo trasferisce a ununica persona (sia
essa fisica, come un monarca, o giuridica, come unassemblea) che con la forza impedir a
ognuno di violare il patto stabilito esercitando il proprio potere a danno di altri.
Il pactum unionis al tempo stesso un pactum subiectionis, perch i contraenti, oltre a im- Un patto
pegnarsi reciprocamente, si sottomettono a un sovrano e contraggono lobbligo di obbedire di soggezione
a tutto quello che esso, in quanto detentore di un potere liberamente istituito e per questo
legittimo, ordiner.
Essendo il contratto unilaterale e non bilaterale (dal momento che viene stipulato tra gli Lassolutismo
individui e non tra questi e il sovrano), il sovrano assoluto, cio, letteralmente, sciolto

53
POLITICA

(ab-solutus) dal vincolo del patto. Ci rende il contratto irrevocabile e toglie ogni legittimi-
t al diritto di resistenza contro di esso (v. assolutismo).
Il potere per Hobbes assoluto anche nel senso che non trova un limite o vincolo nella
coscienza degli individui, i quali che non possono dire di non volere quello che il sovra-
no, mediante la legge, ordina, dal momento che lo loro volont stata completamente tra-
sferita nelle persona del sovrano.
LESSICO

assolutismo Il termine assolutismo simpone nei La dottrina assolutistica trova unoriginale inter-
circoli liberali della prima met dellOttocento per pretazione in Hobbes, per il quale il potere sovra-
indicare in termini polemici gli aspetti deteriori di no dello Stato assoluto in quanto non conosce
un potere monarchico illimitato, arbitrario e sciol- n un limite giuridico (lo ius si riduce allo iussum e
to (ab-solutus) da qualunque limite e controllo. non esiste un giusto in s che preceda la volont
Nellaccezione corrente la parola indica una forma dello Stato) n un limite etico (lo iussum anche
di governo, non necessariamente monarchica, in iustum, non essendoci bene e male oggettivi sen-
cui la volont sovrana del potere statuale sia la fon- za lo Stato): questo il senso della celebre espres-
te unica e suprema del diritto. Se nel Medioevo il re sione hobbesiana: auctoritas, non veritas facit le-
era sub lege, cio legiferava ispirandosi a una legge gem. La sovranit statuale, per Hobbes, anche
naturale o consuetudinaria, a partire dallepoca unica, perch la persona giuridica del sovrano
moderna il sovrano infatti supra legem, o legibus (un solo uomo o unassemblea) riduce a unit la
solutus, nel senso che crea la legge senza doversi molteplicit delle volont singole.
conformare a una giustizia naturale e prestatuale.

4. Il modello liberale Nel manuale


Locke, vol. 2A, p. 407
Locke
Se Hobbes il difensore dellassolutismo, Locke pone le basi del liberalismo politico.

Tra libert
Nello stato di natura, che Locke peraltro concepisce non come ipotesi teorica, ma come
e legge reale fase storica attraversata dallumanit, ogni uomo perfettamente libero, cio non
di natura
sottoposto ad alcun potere. Questultimo, infatti, non qualcosa di naturale, bens una crea-
zione artificiale, di cui nessun uomo, nello stato di natura, pu disporre.
Per quanto caratterizzato dalla libert, lo stato di natura non coincide, come riteneva Hob-
bes, con una condizione di sfrenata licenza, perch regolato dalla legge di natura. Que-
sta, secondo Locke, una legge della ragione, ma non nel senso che indica alluomo come
conseguire il vantaggio della sopravvivenza, bens nel senso che stabilisce, con universale
forza vincolante, ci che bene e ci che male. La legge di natura ha un contenuto assolu-
to e incondizionato: essa rivela a tutti gli uomini, in quanto ugualmente dotati di ragione,
alcuni diritti (alla vita, alla propriet e alla libert) ma anche alcuni limiti invalicabili, fis-
sati dalla libert, dalla vita e dalla propriet altrui.

La fragilit
In virt della legge di natura, lo stato di natura non , come riteneva Hobbes, una condizio-
della pace ne di guerra di tutti contro tutti, ma una condizione di pacifica coesistenza, in cui la legge
nello stato della ragione fissa la propriet e i diritti dellindividuo, nonch le punizioni per le trasgressioni.
di natura
Stato di natura e stato di guerra sono concettualmente diversi: per questo Locke (differente-
mente da Hobbes) ritiene che essi non coincidano necessariamente; di fatto, per, a causa
della malvagit e dellignoranza degli uomini, lo stato di natura si presenta fragile e precario,

54
5 Il modello democratico

e pu degenerare in uno stato di guerra. In assenza di un comune criterio del giusto e


dellingiusto, di un giudice imparziale e di un potere superiore in grado di eseguire le
sentenze, ogni violazione della legge naturale comporta infatti una legittima reazione indi-
viduale commisurata al torto subito. Ma questo pu determinare una catena di reazioni
eccessive e la degenerazione in uno stato di guerra.
La fragilit della pace nello stato di natura ci che rende necessaria la societ civile. Lo La societ civile:
Stato, infatti, quel potere superiore in grado di risolvere le controversie e di imporre una il potere dello Stato
e i suoi limiti
misura alla riparazione delle offese.
Stipulando il patto e costituendo un potere sovraindividuale, gli individui non rinunciano,
come ritiene Hobbes, a tutti i loro diritti naturali, ma solo a quelli di difesa e di punizione
per cui ciascuno giudice ed esecutore della legge di natura. Il potere sovrano dello Stato
trova dunque un limite invalicabile nel fine stesso per il quale sorge, ossia nel tutelare e nel
garantire i diritti naturali e inalienabili di ogni individuo, difendendo ci che lindividuo ha
di proprio: vita, libert e propriet dei beni.
Per questo, nel caso in cui chi detiene il potere legislativo tradisca il proprio mandato vio-
lando la libert e la propriet dei sudditi, il popolo, detentore unico e legittimo del potere
sovrano, pu e deve intervenire per porre fine allabuso, revocando la delega al potere costi-
tuito. Locke riconosce cos al popolo il diritto di resistenza, cio il diritto di riprendersi
la sua libert originaria e provvedere con listituzione di un nuovo [organo] legislativo alla
propria salvezza e sicurezza, che il fine in vista del quale esso si costituisce in societ.

LESSICO
liberalismo Il termine liberalismo deriva proba- di unorganizzazione politica finalizzata a tutelare i
bilmente dallaggettivo spagnolo liberal, che si dif- diritti che lindividuo ha per natura. Inteso in questi
fuse a Cadice durante i moti costituzionali del 1812 termini, il liberalismo trova il proprio fondatore in
per indicare il partito che, in opposizione a quello Locke e si intreccia con il giusnaturalismo (che rico-
servil, difendeva gli ideali libertari della Rivoluzione nosce allindividuo diritti originari e inalienabili),
francese. con il contrattualismo (che considera lautorit pub-
Nel corso della cosiddetta et liberale (1815-1848), blica come il frutto di un accordo che gli individui
nelle varie nazioni europee furono perseguite di- stipulano a loro vantaggio) e con il costituzionali-
verse forme di libert politica: lindipendenza nazio- smo (che mediante una legge fondamentale fissa le
nale; la libert dopinione, di stampa e dassocia- regole di uno Stato fondato sulla separazione dei
zione; le prerogative dei parlamenti; la libert poteri e sulla superiorit della legge su ogni forma
economica contro i vincoli e i privilegi della societ di privilegio e arbitrio, secondo il modello della mo-
per ceti ecc., nella comune lotta contro lassolu- narchia costituzionale inglese).
tismo politico e a favore di uno Stato liberale, cio

5. Il modello democratico Nel manuale


Rousseau, vol. 2B, p. 101
Rousseau
Il modello giusnaturalistico-contrattualistico, adottato con esiti diversi sia da Hobbes sia da
Locke, trova unoriginale interpretazione nel pensiero di Rousseau, che ne modifica pro-
fondamente la struttura.
Se per Hobbes e per Locke luomo naturale in relazione con i suoi simili (qualunque sia la Lo stato di natura
natura di questa relazione), per Rousseau luomo naturale isolato e asociale, e gode di

55
POLITICA

unindipendenza che lo rende completamente libero. Nello stato di natura, infatti, gli
uomini sono tutti uguali e naturalmente buoni: non essendoci alcuna propriet da di-
fendere, n alcun potere da esercitare sugli altri, essi non devono ricorrere alla forza; basta-
no a se stessi e desiderano solo ci di cui hanno bisogno, avvalendosi della guida infallibile
dellistinto, che li orienta alla conservazione di s (mediante la nutrizione) e della specie
(mediante la riproduzione sessuale).

Lo stadio del
A questa condizione segue lo stadio del buon selvaggio, tappa intermedia tra le due fasi
buon selvaggio delluomo puramente naturale e delluomo civile. Nello stadio del buon selvaggio sorgono
infatti elementi di artificialit e di calcolo razionale: lessere umano impara a utilizzare gli
oggetti che trova in natura al di l della loro destinazione naturale e a costruire cos gli ar-
nesi necessari alla caccia e alla pesca, che pu ancora praticare in solitudine, e dunque in
una situazione di indipendenza e libert. In tale societ nascente, a met tra natura e cul-
tura, Rousseau indica lepoca pi felice dellumanit.

Lorigine delle
Il progresso della civilt determina nellumanit unepoca di decadenza: non accontentan-
disuguaglianze dosi di usare gli oggetti della natura come mezzi artificiali per soddisfare esigenze naturali
e delle guerre
(la nutrizione e la conservazione di s), luomo comincia ad avvertire, al di l di unecono-
mia di pura sussistenza, nuovi bisogni (la volont di primeggiare, di possedere pi di altri,
di accumulare prodotti e cos via). Con la delimitazione della propriet della terra e listi-
tuzione della propriet privata (che per Rousseau, dunque, non ha un fondamento natu-
rale), con lo sfruttamento del lavoro altrui, con la divisione tra ricchi e poveri ecc., nasce
una condizione di disuguaglianza sociale (che subentra alloriginaria uguaglianza naturale)
e di reciproca dipendenza.
Questa nuova condizione rappresenta il pi orribile stato di guerra, il regno della violen-
za e degli egoismi sfrenati, della prepotenza dei ricchi e del brigantaggio dei poveri.

Un doppio
Rousseau, dunque, in un certo senso duplica lo stadio originario delluomo, articolandolo
stato di natura? in uno stato di natura propriamente detto, ovvero in uno stadio sociale e pacifico (diverso
da quello descritto da Hobbes, contrassegnato da guerra e infelicit), e in una societ civile
molto somigliante, per le sue propriet negative, allo stato di natura hobbesiano.
Gli stadi attraversati dallumanit sarebbero dunque tre: quello delluguaglianza naturale, ca-
ratteristico delluomo sano e felice, che agisce guidato dallistinto; quello della disuguaglianza
civile, caratteristico (come vedremo meglio tra poco) delluomo corrotto, che pone la ragione
al servizio delliniquit; quello delluguaglianza giuridica (che sorge con il patto democratico).

Il contratto
Il problema fondamentale affrontato da Rousseau nel Contratto sociale consiste appunto
sociale nellindividuare una forma di potere politico che, pur presupponendo la perdita dello sta-
to di natura, possa essere legittimo, ovvero giusto e addirittura vantaggioso. In altre pa-
role, si tratta di vedere come sia possibile che lindividuo, pur diventando cittadino, cio
membro di una comunit artificiale, possa riprendersi, per mezzo della ragione, la libert
e luguaglianza di cui godeva istintivamente come uomo naturale.
La soluzione sta in un contratto fondato su un consenso unanime, in base al quale gli
individui trasferiscono totalmente e senza riserve tutti i propri diritti a un io comune che
ne diventer il garante.
Come in Hobbes (e diversamente rispetto a Locke), nel contratto sociale descritto da Rousseau
lindividuo cede tutti i suoi diritti, ma non a un soggetto altro da s, bens allio comune,

56
6 Il superamento del giusnaturalismo

cio a una totalit in cui egli si riconosce interamente (a differenza di quanto sostenuto sia da
Hobbes sia da Locke, per i quali, mediante il pactum subiectionis, lindividuo si sottomette a un
potere sovrano diverso da s). Sottomettendosi a una volont con cui si identifica interamente,
lindividuo rimane suddito solo di se stesso: pur alienandosi completamente in quanto ente
naturale, lindividuo resta libero in quanto cittadino, cio in quanto ente civile.

6. Il superamento Nel manuale


Hegel, vol. 2B, p. 458
del giusnaturalismo
Hegel
Alla nozione di volont generale proposta da Rousseau guarda con interesse Hegel, il quale,
come il filosofo ginevrino, intende superare il punto di vista dellindividuo privato, che con-
cepisce la libert come arbitrio soggettivo, per porre laccento su quello del cittadino, che
membro di una comunit di cui condivide regole, norme e costumi e in cui soltanto rea-
lizza il proprio essere libero.
Lo Stato nazionale moderno rappresenta per Hegel il superamento del liberalismo politico, Una nuova nozione
dottrina che intende tutelare i diritti naturali e la libert dellindividuo prima e indipenden- di libert
temente rispetto allo Stato.
Lo sviluppo della storia etico-politica europea, secondo Hegel, ha condotto a una nuova
nozione di libert, chiarendo che non basta affermare il principio della libert del singolo,
perch bisogna stabilire che cosa il singolo debba fare, ovvero quali leggi e costumi debbano
orientare il suo libero volere. Per quanto legittima e decisiva, la libert soggettiva e formale
deve dunque oggettivarsi, attingendo i propri contenuti e scopi non dallinteriorit della
coscienza individuale, ma dalla vita di un popolo storicamente determinato. La libert diventa
cos partecipazione alla comunit politica, ovvero libert in situazione.
Lindividuo in s, per Hegel, unastrazione inesistente: la volont particolare, infatti, Leticit
sincarna necessariamente in contesti sociali sempre pi vasti: la famiglia, la societ civile, lo
Stato. Come per Hobbes, anche per Hegel la questione del bene e del male cessa dunque di
essere un problema dellindividuo, cio di morale, per riguardare invece luomo che vive in
societ, diventando in tal modo una questione di moralit sociale: questo il senso della
parola eticit, che Hegel oppone a moralit.
Lo Stato etico rappresenta per Hegel la ri-affermazione dellunit della famiglia oltre e at- Lo Stato etico
traverso la separazione e la scissione proprie della societ civile: esso il culmine delleticit,
listituzione sociale per eccellenza. Nelleticit dello Stato, come abbiamo in qualche modo
anticipato, si realizza la massima forma di libert, che alla fine coincide con il supremo
dovere, poich rinunciare alla propria volont particolare significa ritrovare se stessi nella
volont della comunit.
La dottrina hegeliana dello Stato etico costituisce una radicale alternativa al modello gius- Lorganicismo
naturalistico, di cui Hegel contesta le principali nozioni: stato di natura, diritto di natura,
contratto sociale e cos via. Alla visione atomistica e individualistica del giusnaturalismo, il
filosofo oppone infatti una prospettiva organicistica, in base alla quale lo Stato una totalit

57
POLITICA

vivente e storica, il cui soggetto non pi il singolo, n una somma di singoli, ma una col-
lettivit organica e originaria.
Il modello liberale, democratico, contrattualistico e giusnaturalistico appaiono a Hegel
come astrazioni che hanno in comune lerronea convinzione che lo Stato abbia fuori di s
(nellindividuo, nel popolo, nei diritti naturali, nel contratto) la propria origine: secondo la
prospettiva organicistica di Hegel, al contrario, non lo Stato a fondarsi sugli individui, ma
lindividuo a trovare il proprio fondamento nello Stato in cui egli sussiste e opera, supe-
rando la propria particolarit e innalzandosi alluniversale.
LESSICO

Stato etico Per comprendere lespressione hege- degli individui, che gli riconoscono lautorit e la for-
liana Stato etico bisogna chiarire il significato za di tutelare diritti di cui essi godono per natura;
delle due parole che la compongono. La prima 2. la concezione organicistica, secondo la quale lo
deriva dal latino status, che fino allepoca tardo- Stato indipendente e antecedente rispetto alle
medievale si riferiva genericamente alla condizio- volont individuali, e come tale costituisce una to-
ne o situazione dellimpero (status imperii) o di un talit organica anteriore e superiore agli individui
regno (status regni) e che a partire da Machiavelli che in esso sussistono.
passa a indicare lorganizzazione di un popolo su Lorganicismo politico (gi presente in Platone e, in
un dato territorio, cio quella particolare forma di parte, in Rousseau) raggiunge il proprio culmine
ordinamento politico unitario sorta in Europa con Hegel. Entit autonoma che sgorga dalla vita
nellepoca moderna. storica di un popolo, lo Stato hegeliano etico
Nella storia del pensiero filosofico si possono distin- perch costituisce la dimora o il costume (thos) di
guere due concezioni fondamentali dello Stato: cui lindividuo partecipa, realizzando nelle leggi
1. la concezione atomistica, o contrattualistica, se- della comunit la propria autentica libert, che
condo la quale, essendo il frutto di un accordo tra non arbitrio, ma destinazione a un compito uni-
volont singole, esso non ha unit e volont in s versale, capacit di disciplinarsi superando il parti-
(cio non sostanziale), ma sussiste solo in virt colarismo dellinclinazione sensibile.

LABORATORIO DELLE IDEE


VERSO LE COMPETENZE
1. Nel testo citato in apertura, dopo aver delineato il modello teorico unitario del giusnaturalismo,
Comprendere le radici
Norberto Bobbio ne indica alcune varianti: concettuali e filosofiche dei principali
1. quelle che riguardano i caratteri dello stato di natura, che si raccolgono intorno a questi tre temi problemi della contemporaneit
classici: a) se lo stato di natura sia uno stato storico o soltanto immaginato (unipotesi razionale, uno Riflettere e argomentare,
stato ideale); b) se sia pacifico o bellicoso; c) se sia uno stato di isolamento (nel senso che ogni individuo individuando collegamenti
vive per conto suo senza aver bisogno degli altri) oppure sociale (se pure di una societ primordiale); e relazioni
2. quelle che riguardano la forma e il contenuto del contratto o dei contratti posti a fondamento della
societ civile: a) se il contratto sociale sia un contratto degli individui tra loro a beneficio della colletti-
vit oppure a favore di un terzo; b) se al contratto degli individui tra loro (il cosiddetto pactum societatis) debba seguire un secondo
contratto tra il populus e il princeps (il cosiddetto pactum subiectionis); c) se il contratto o i contratti una volta stipulati possano esse-
re sciolti e a quali condizioni []; d) se loggetto del contratto o dei contratti sia la rinunzia totale o parziale dei diritti naturali;
3. quelle che riguardano la natura del potere politico che ne deriva, se sia assoluto o limitato, incondizionato o condizionato, indivi-
sibile o divisibile, irrevocabile o revocabile ecc.
Ci che importa osservare che nessuna di queste variazioni investe e modifica gli elementi essenziali [] che riguardano il punto di
partenza (lo stato di natura), il punto di arrivo (lo stato civile) e il mezzo attraverso il quale avviene il passaggio (il contratto sociale).
(N. Bobbio, Il modello giusnaturalistico, in Thomas Hobbes, Einaudi, Torino 2004, pp. 4-5).

58
Completa la seguente tabella, indicando le varianti che ciascun modello politico ha apportato al comune schema giusnaturalistico
per quanto riguarda i tre elementi essenziali (indicati da Bobbio) che lo costituiscono:
stato di natura (pacifico / bellicoso; individui isolati / individui in relazione tra loro);
patto (tra individui a beneficio della collettivit / a favore di un terzo; tra individui / tra il popolo e il sovrano; irreversibile / reversibile;
determina unalienazione dei diritti totale / parziale);
sovranit (assoluta / limitata; irrevocabile / revocabile; indivisibile / divisibile; volont unica / unione di pi volont).

CARATTERISTICHE
MODELLO FORMA E CONTENUTO NATURA
DELLO STATO AUTORI
POLITICO DEL PATTO DELLA SOVRANIT
DI NATURA

assolutistico
liberale
democratico

2. Assolutismo, liberalismo, democrazia, nazionalismo: utilizzando il tuo manuale di storia e le informazioni presenti nel percorso,
mostra come fatti e idee, rivoluzioni politiche e argomentazioni teoriche sintreccino e si alimentino vicendevolmente nello sviluppo
di questi modelli politici in et moderna.

Per approfondire
Nel manuale
ECHI DEL PENSIERO Le ragioni della pace vol. 2A, p. 50
ECHI DEL PENSIERO Legge e giustizia vol. 2A, p. 390
ECHI DEL PENSIERO Locke e il principio della laicit dello Stato vol. 2A, p. 426
IL CONCETTO E LIMMAGINE Lorenzetti e larchitettura del bene comune vol. 2A, p. 440
IL CONCETTO E LIMMAGINE La sconfitta della ragione illuministica nellarte di Goya vol. 2B, p. 52
TAVOLA ROTONDA La fondazione del potere politico vol. 2B, p. 144
QUESTIONE Luomo, per natura, cattivo o buono? vol. 2B, p. 149
ECHI DEL PENSIERO Come superare la guerra? vol. 2B, p. 308
ECHI DEL PENSIERO La forza delle istituzioni vol. 2B, p. 532
QUESTIONE La guerra: follia da evitare o tragica necessit? vol. 2B, p. 558

In libreria
Norberto Bobbio, Let dei diritti, Einaudi, Torino 2004
Norberto Bobbio, Societ e Stato nella filosofia politica moderna, Il Saggiatore, Milano 1984
George H. Sabine, Storia delle dottrine politiche, a cura di U. Campagnolo, Etas Kompass, Milano 1985, 2 voll.
Volker Sellin, Politica, trad. it. di P. Barbesino e F. DAmicis, Marsilio, Venezia 1993
Quentin Skinner, Le origini del pensiero politico moderno, trad. it. di G. Ceccarelli, Il Mulino, Bologna 1992
Nigel Warburton, Il primo libro di filosofia, trad. it. di G. Bonino, Einaudi, Torino 1999 (capitolo III: La politica)

In rete
http://www.emsf.rai.it
http://www.filosofico.net
http://www.ildiogene.it

59
FI
LO
ST
IA FILOSOFIA DELLA STORIA
Il termine storia deriva dal greco histora storiografica: essa pone anche problemi
(che, a sua volta, deriva dalla radice indoeu- filosofici, che riguardano la natura della
ropea wid-, vedere) e significa resoconto, realt storica (nella sua distinzione dalla re-
racconto di ci che si visto o si sentito rac- alt naturale) e la natura della conoscenza
contare da altri che hanno visto. Il termine, in storica (nelle sue relazioni e differenze con
seguito, passato a indicare, oltre che il re- altre forme di conoscenza). Se, poi, come ri-
soconto degli eventi, anche gli eventi stessi, tiene lo storicismo assoluto di matrice
nella loro oggettivit. Questa duplicit di si- hegeliana, la storia finisce per inglobare in
gnificato permane anche nel termine italia- s ogni realt (secondo la formula tutto
no, che designa tanto gli accadimenti storici storia), essa acquista allora un valore onto-
(res gestae), quanto la loro narrazione e logico assoluto, determinando la riduzione
spiegazione (historia rerum gestarum). A di ogni conoscenza a conoscenza storica.
questo secondo significato allude, in modo
pi proprio, il termine storiografia. Per quanto alcune visioni complessive circa il
Le due accezioni appena chiarite la storia senso del divenire storico siano presenti an-
nella sua realt e la storiografia quale cono- che nel mondo antico e medievale, lespres-
scenza della storia sono tra loro connesse, sione filosofia della storia stata coniata
proprio come, nellindagine filosofica gene- da Voltaire, il quale lha utilizzata come titolo
rale, risultano connesse lindagine intorno dellintroduzione al Saggio sulla storia univer-
allessere e quella intorno al conoscere. In ef- sale, sui costumi e lo spirito delle nazioni (1756).
fetti, qualunque idea relativa alla realt stori- Limportanza dellopera di Voltaire risiede nel
ca (se sia governata da leggi o sia affidata al fatto che in essa, per la prima volta, gli eventi
caso, se sia un processo lineare o meno ecc.) storici, contemplati secondo una prospettiva
presuppone una conoscenza di tale realt, e laica, sono sottratti al controllo di potenze
viceversa. Non esiste il fatto storico a pre- sovrumane e vengono interpretati alla luce
scindere dalluomo che lo indaga e che di una meta che conferisce loro senso: il pro-
appronta categorie e metodologie per con- gresso della ragione umana. E che la storia
durre la sua indagine in modo appropriato. abbia un senso (nella duplice accezione del
termine, cio una direzione e un significa-
Ma la storia non sollecita solo questioni me- to) sar il presupposto di ogni moderna filo-
todologiche interne allesercizio dellattivit sofia della storia.

60
1 La storia per gli antichi

1. La storia per gli antichi


Dalla grecit al cristianesimo
La storiografia occidentale si fa tradizionalmente iniziare con le Storie di Erodoto e con la Erodoto
Guerra del Peloponneso di Tucidide: due opere fondative della ricerca storica intesa come e Tucidide
ricerca della verit intorno ai fatti accaduti, cio come ricostruzione attendibile del dato
obiettivo, sulla base di testimonianze opportunamente vagliate.
Al di l di queste indagini storiografiche particolari, il pensiero antico ha elaborato anche Le narrazioni
alcune visioni complessive intorno alla vicenda storica umana. Considerazioni circa lorigi- mitologiche
e Platone
ne dellumanit e il suo sviluppo sono presenti non solo nei miti cosmogonici e religiosi,
ma anche in alcuni dialoghi di Platone, in cui convivono due opposte concezioni del dive-
nire storico: quella di una decadenza progressiva a partire da una perduta et delloro e
quella ciclica delleterno ritorno, per cui la successione di epoche si ripete indefinitivamen-
te nel tempo.
Questa visione ciclica della storia sar fatta propria, intorno alla seconda met del II secolo La storia
a.C. dallo storico Polibio (206-124 a.C. ca.), il quale costruisce una prima storia universale universale
che, nel superare i localismi delle storie greche e nellindagare leconomia degli avveni- di Polibio

menti nel loro complesso, costituisce lantecedente antico della moderna filosofia della
storia.
Le cose del mondo, secondo Polibio, convergono verso ununica direzione che ne costi-
tuisce il senso e lo scopo: la costituzione di un impero unitario (quello romano) capace di
governare lintera terra conosciuta. Esso, come tutte le costruzioni umane, non durer per
sempre, ma sar sottoposto alleterna rotazione ciclica (anakyklosis) che domina tutte le
formazioni politiche, le quali, una volta affermate, si corrompono e tramontano.

La prospettiva cristiana
Il cristianesimo introduce una nuova consapevolezza del divenire storico, apportando in
particolare quattro novit, che trovano la loro pi compiuta formulazione nella Citt di
Dio, lopera in cui Agostino traccia i fondamenti di una filosofia cristiana della storia.
1. La rivelazione cristiana introduce lidea di una storia effettivamente universale. Supe- Una storia
rando la prospettiva di un impero mirante allunificazione politica dei popoli, Agostino universale
delinea una visione del processo storico che, per la prima volta, coinvolge lintera umani-
t: liberi e schiavi, civilizzati e barbari. Ci possibile perch, gi con San Paolo, il cristia-
nesimo aveva cancellato la contrapposizione tra un popolo eletto e la storia minore
delle altre gentes, radicando nelle coscienze la convinzione che tutti gli uomini sono tra
loro uguali, in quanto figli di Dio.
2. Contro la concezione ciclica degli antichi, la riflessione cristiana introduce lidea di un tem- lineare
po lineare e progressivo, che tende a un scathon (in greco fine ultimo) che conferisce un
senso unitario al destino storico e metastorico delluomo (v. escatologia). Questa rap-
presentazione affonda le sue radici nellevento dellincarnazione di Dio in Ges di Naza-
reth: evento che nella concezione cristiana unico e irripetibile, e segna in modo definitivo
la vicenda umana proiettandola verso la parousa, il ritorno del Cristo e la fine della storia.

61
FILOSOFIA DELLA STORIA

e provvidenzialistica
3. Lidea di un orientamento progressivo della storia (di un suo ordine e senso) raffor-
zata dalla fede nella Provvidenza divina. La storia diventa, da una parte, lorizzonte della
libert delluomo, che artefice del suo destino, e, dallaltra, lopera di una Provvidenza
o Ragione trascendente che tesse la trama degli accadimenti, volgendo al bene le inten-
zioni degli individui. In questo modo la storia acquista un proprio interno finalismo,
una sua logica o razionalit, dal momento che lidea della Provvidenza divina esclude
quella del caso capriccioso, cos come lidea della libert umana esclude quella del fato o
di una cieca necessit.

Linnocenza di Dio
4. La concezione cristiana della storia implica anche una teodicea, una giustificazione di
Dio per il male che nel mondo. Per Agostino, infatti, Dio il giustissimo ordinatore
delle cattive volont, di modo che, come le cattive volont usano male le cose buone, cos
Egli adopera bene le cattive volont (La citt di Dio, XI, 17).
LESSICO

escatologia Il termine escatologia deriva dal gre- stato il filosofo tedesco Karl Lwith a rintraccia-
co schata, cose ultime, e indica quellinsieme di re nellescatologia ebraico-cristiana lorigine della
dottrine religiose che concernono il destino ulti- moderna filosofia della storia. Nel fissare un ter-
mo delluomo e della storia. mine ultimo della vicenda umana (il trionfo della
NellAntico Testamento la speranza escatologica ragione per lIlluminismo, il trionfo della scienza
coincide con lattesa messianica; nel Nuovo Testa- per il positivismo, il trionfo della libert per Hegel,
mento il messianismo ebraico viene interpretato alla il trionfo del comunismo per Marx ecc.), le mo-
luce della resurrezione del Cristo (segno della sconfit- derne filosofie della storia rappresenterebbero
ta della morte) e della sua seconda venuta, che com- infatti la graduale secolarizzazione della speran-
porter la piena instaurazione del Regno di Dio. za biblica.

2. La scoperta Nel manuale


Prospettiva storica e storia
della prospettiva storica nel Rinascimento, vol. 2A, p. 14
Machiavelli, vol. 2A, p. 55
LUmanesimo
e il Rinascimento
Nel pensiero rinascimentale assistiamo, da una parte (con Machiavelli), a un parziale recu-
pero della concezione ciclica della storia e, dallaltra, a un nuovo modo di volgersi al passa-
to, visto come detentore di exempla perenni per lumanit (classicismo).

Machiavelli
Indagando la natura dellazione politica incarnata dal principe e interrogandosi su
come possa costituirsi un nuovo Stato e, una volta sorto, su come possa conservarsi,
Machiavelli delinea una innovativa visione della storia, che nel suo pensiero si salda
allindagine politica.

62
2 La scoperta della prospettiva storica

Relativamente alla storia politica, Machiavelli sembra recuperare lo schema ciclico di Poli- Il ritorno
bio, secondo il quale uno Stato, una volta conseguito il massimo dello splendore, destina- alle origini
to, come un organismo biologico, alla decadenza. A questo modello interpretativo, per,
Machiavelli apporta una modifica decisiva: la decadenza degli Stati non inevitabile, ma
pu essere contrastata dalla virt del popolo e dei suoi governanti attraverso un ritor-
no alle origini, un recupero dei principi originari della comunit.
Cos, se la nazione italiana vuole superare la fase di decadenza che sta attraversando e riac-
quistare unit, libert e dignit, deve ritornare alle sue origini fondative: alla Roma repub-
blicana.
Nellaffrontare una simile questione, Machiavelli delinea una concezione complessiva Virt e fortuna
della storia che gli appare dominata dalla virt e dalla fortuna: due forze che conflig-
gono dialetticamente nella trama delle vicende umane. La fortuna, che Machiavelli
paragona a un fiume impetuoso che tutto travolge, rappresenta il divenire storico nella
sua ineluttabile necessit, contro cui lo sforzo delluomo non pu fare nulla. Luomo,
tuttavia, non deve adattarsi passivamente a un fatalismo senza speranza, perch entro
certi limiti pu agire sugli eventi e volgerli a proprio vantaggio mediante la sua ordinata
virt, cio con la sua consapevole (in quanto storicamente fondata) capacit di ricon-
nettere il presente al passato.
Nella misura in cui guarda alla storia come magistra vitae, Machiavelli stato definito Machiavelli
forse un po impropriamente storicista; nella misura in cui invita a tornare ai principi, storicista
cio a una specifica situazione del passato (le comunit antiche) condivide con lUmanesi- e classicista?

mo il tema del ritorno al mondo classico.


Il classicismo umanista non va inteso, per, come un generico vagheggiamento del passato,
ma come il tentativo di recuperare la sapienza degli antichi nella loro effettiva realt sto-
rica. In tal senso lUmanesimo esprime una consapevolezza della dimensione storica degli
eventi che le epoche precedenti non avevano. Anche il Medioevo, infatti, aveva mostrato un
interesse per i classici del passato, ma lo aveva fatto in modo anacronistico, assimilando il
passato agli interessi e ai paradigmi interpretativi del presente. LUmanesimo guadagna in-
vece, nei confronti del passato, quel senso di profondit e di distanza che insito nella
prospettiva storica: i fatti e le opere dei secoli trascorsi vengono colti nel loro tratto speci-
fico e irripetibile, collocati nel loro effettivo contesto e studiati nella loro irriducibilit al
presente.
LESSICO

prospettiva storica La conquista umanistica di che ci separa dal passato, in un colloquio con gli
una prospettiva storica rispetto al tempo (che antichi che li riconosca nella loro alterit rispetto
trova un corrispondente, nello spazio, nella pro- al presente. questo lo scopo della filologia
spettiva ottica realizzata dalla pittura rinasci- (dal greco phlos, amante, amico, e lgos, pa-
mentale) contribuisce alla maturazione di unef- rola, discorso), la disciplina istituita da Lorenzo
fettiva consapevolezza storica, rafforzando lidea Valla allo scopo di ripristinare i documenti e i
agostiniana di uno sviluppo irreversibile e conti- testi del passato nella loro materiale autenticit,
nuo della civilt umana, che, secondo una pro- eliminando deformazioni, interpolazioni e falsi-
gressione lineare, dal passato tende al futuro. ficazioni dovute alla mentalit antistorica del
Fare storia significa proprio varcare la distanza Medioevo.

63
FILOSOFIA DELLA STORIA

3. La storia come Nel manuale


Vico, vol. 2B, p. 5
scienza nuova
Vico
Un originale intreccio tra la concezione ciclica della storia e quella provvidenzialistica del
cristianesimo si trova nella riflessione condotta da Vico nelle tre edizioni della Scienza nuova.

Una nuova
Tra il XV e il XVII secolo, due eventi epocali avevano imposto un ripensamento dellidea di
scienza storia: le scoperte geografiche, con il conseguente impatto con forme diverse di umanit, la
della storia
cui storia non era assimilabile a quella delle genti civilizzate dEuropa, e lo sviluppo del
sapere scientifico e del metodo cartesiano, che, svelando una natura meccanicamente or-
dinata, avevano finito per svalutare la realt storica come il regno dellirrazionale, spiegabi-
le con il caso o ricorrendo allintervento divino.
In questo contesto, in cui non era pi ipotizzabile pensare alla Storia come qualcosa di uni-
tario, lineare e omogeneo,Vico si assume, un compito arduo: rintracciare nella storia un signi-
ficato e una logica diversi sia dal meccanicismo della natura sia dalla fede cristiana. In questo
senso, la storia diventa in Vico loggetto di una scienza nuova, dalle coordinate inedite.

Solo la storia
Nel cercare le leggi degli eventi umani, il filosofo napoletano chiama questi ultimi fatti
conoscibile (facta, creazioni delluomo) e li distingue dai dati (data, fenomeni naturali). I fatti della
per luomo
storia, nella sua prospettiva, acquistano dunque la loro piena intelligibilit nel collegamento
con chi li produce: luomo.
Alla base di questa affermazione sta la convinzione di Vico che si possa comprendere
compiutamente solo ci che si fa: verum e factum sono quindi la stessa cosa. E, dal mo-
mento che dei fatti della storia (lingue, miti, leggi, istituzioni) autore luomo, questo pu
conoscerli adeguatamente. La natura, al contrario, essendo creata da Dio, rimane inacces-
sibile alla sua conoscenza.

Il senso
Considerata filosoficamente, la storia non solo la successione cronologica degli eventi uma-
della storia ni, ma svela un suo intimo ordine, al quale i singoli eventi tendono e che costituisce il suo
significato finale. Il significato attribuito da Vico alla storia di tipo etico-religioso: la storia
lorizzonte in cui luomo cerca di risollevarsi dalla caduta; lo sforzo di civilizzazione
che conduce luomo da una condizione ferina e pulsionale a un vivere razionale e ordinato.

La storia
Nella libera contingenza delle loro scelte, gli uomini cercano il loro utile, ma, indipendente-
ideale eterna mente dal fatto che lo sappiano o meno, contribuiscono a realizzare la gran citt del gene-
tra libert umana
e Provvidenza
re umano, che la meta finale della storia, lumanit nel suo ordine ideale. Questo ordine
divina provvidenziale, che costituisce il senso degli eventi storici, la storia ideale eterna, so-
pra la quale corron nel tempo le storie di tutte le nazioni ne loro sorgimenti, progressi,
stati, decadenze e fini (Scienza nuova, I, IV).
Detto in altri termini, la storia deve fondarsi sulla filologia o coscienza del certo, che stu-
dia i fatti dei popoli, cio luomo cos com, e sulla filosofia o scienza del vero, che studia
le cause e le leggi degli accadimenti storici, cio luomo quale deve essere: questo secondo
ambito coincide con la storia ideale eterna.
Detto in altri termini ancora: la storia fatta dalluomo, il quale proprio per questo pu
trovare in s le cause degli eventi storici e i principi della loro intelligibilit. Ma il divenire

64
4 La storia come progresso

storico intelligibile anche in relazione alla storia ideale eterna. Vico dice che luomo
fabbro, mentre la Provvidenza architetto del mondo delle nazioni.
Lintreccio tra iniziativa umana e ordine provvidenziale ricondotto da Vico a quella che in Leterogenesi
seguito verr chiamata eterogenesi dei fini: la Provvidenza volge al meglio (cio allordine dei fini
e alla giustizia) gli istinti e le intenzioni degli individui e dei popoli. Il che significa che i fini
particolari perseguiti dagli uomini diventano, nelleconomia complessiva del divenire stori-
co, mezzi per il conseguimento di fini universali.
La storia ideale eterna costituita, secondo Vico, dal succedersi di tre et (degli dei, degli Le tre et
eroi e degli uomini), che tracciano un cammino ideale dellumanit. Poich la causa della della storia
storia luomo, le leggi che regolano lo sviluppo della storia saranno quelle che regolano il
funzionamento della mente umana. Per questo alle tre et corrispondono tre gradi ascen-
denti della mente umana: senso, fantasia e ragione. Come lindividuo progredisce passan-
do da una fase ingenua e istintiva a una razionale e consapevole, cos a queste tre fasi dello
sviluppo umano corrispondono tre epoche diverse di costumi, istituzioni giuridiche, forme
di autorit e cos via.

eterogenesi dei fini Lespressione eterogenesi dei egli questo mondo, senza dubbio, uscito da una
fini si deve allo psicologo e filosofo tedesco Wilhelm mente spesso diversa ed alle volte tutta contraria

LESSICO
Maximilian Wundt (1832-1920), il quale denomina e sempre superiore ad essi fini particolari chessi
cos la dottrina secondo cui il corso degli eventi stori- uomini s avevan proposti; quali fini ristretti, fatti
ci realizza fini diversi da quelli che gli individui o i mezzi per servire a fini pi ampi, gli ha sempre
gruppi umani si propongono. La storia sarebbe dun- adoperati per conservare lumana generazione in
que la complicata e imprevedibile risultante della questa terra (Scienza nuova, 1744, Conchiusione
combinazione e dellintreccio tra le volont umane e dellopera). Ad esempio, secondo Vico dallimpulso
del loro rapporto con la condizione storica oggettiva. sessuale nato listituto del matrimonio, dallam-
Vico anticipa questa convinzione in una celebre bizione dei capi sono nate le citt e gli ordinamen-
pagina della Scienza nuova: Perch pur gli uomini ti civili; dalla prepotenza dei forti sulla plebe sono
hanno essi fatto questo mondo di nazioni []; ma nate le leggi e cos via.

4. La storia come progresso Nel manuale


Illuminismo e mondo storico, vol. 2B, p. 40
LIlluminismo Voltaire, vol. 2B, p. 57

La visione della storia propria dellIlluminismo si ispira a due principi fondamentali: la


laicit e il razionalismo. Abbandonando lo schema biblico e provvidenzialistico, i filosofi
illuministi adottano infatti un modello razionalistico e antropocentrico che rifiuta lidea di
un governo divino del mondo e celebra la ragione umana come indagatrice critica del pas-
sato e autonoma artefice del corso della storia.
Nella riflessione di Voltaire (al quale, come abbiamo visto in apertura, si deve lespressione Voltaire e il male
filosofia della storia) che la Provvidenza divina non diriga le vicende degli uomini e che della storia
Dio non sia il coautore del corso degli eventi (come ritenevano, seppure in prospettive di-
verse, Agostino e Vico) risulta in maniera evidente dalla considerazione del male che affligge
lumanit. Non a caso, nel romanzo voltairiano intitolato Candido lidea leibniziana secondo

65
FILOSOFIA DELLA STORIA

cui il nostro sarebbe il migliore dei mondi possibili smentita dal racconto di molteplici
disgrazie, cataclismi, prepotenze e ingiustizie.
E, dal momento che il Dio degli illuministi garante solo del cosmo fisico ma non pi lar-
chitetto morale del mondo storico, luomo resta lunico responsabile della vicenda storica,
nel bene e nel male. Il male, in particolare, non trova la sua redenzione nellorizzonte della
storia, ma pu essere fronteggiato solo dalluomo, con la forza della sua ragione e limpegno
della sua volont.

Ottimismo o
A proposito della visione illuministica della storia, gli interpeti hanno parlato sia di pessi-
pessimismo? mismo sia di ottimismo. In effetti entrambe le valutazioni sono pertinenti. Il passato, per gli
illuministi, un cumulo di errori, superstizioni, violenze e soprusi. Se la visione cristiana
tradizionale incline a unattitudine giustificazionistica, lIlluminismo contrassegnato da
una mentalit polemica e critica, che sottopone al tribunale della ragione un passato col-
pevole di irrazionalit.
Al contrario, in relazione al presente e al futuro, cio al nuovo secolo dei Lumi, lIllumini-
smo assume un atteggiamento di ottimistico slancio riformistico. In tal senso la storia non
pi la ruggine dei secoli, ma la speranza nel trionfo della ragione, che capace di edi-
ficare sullerrore e sui soprusi una societ senza superstizioni, violenze e ingiustizie.

La fede
La storia si configura quindi come storia della civilt, lotta della ragione contro le tenebre
nel progresso del male e dellirrazionale e, dunque, come progresso. La laica fede nel progresso diven-
ta cos larchitrave della concezione illuministica della storia. Alla salvezza ultraterrena (sco-
po ultimo della visione cristiana della storia) lIlluminismo sostituisce una felicit terrena,
laica, mondana: il corso degli eventi deve tendere alla realizzazione di quello che il prin-
cipio ispiratore del riformismo illuministico: una societ caratterizzata dalla felicit pubbli-
ca, cio dalla massima felicit per il maggior numero di persone.

5. Tra Illuminismo Nel manuale


Herder, vol. 2B, p. 332
e Romanticismo Kant, vol. 2B, p. 155

Herder e Kant
Herder:
Nel 1774 Herder pubblica lopera intitolata Ancora una filosofia della storia per leduca-
una risposta zione dellumanit, in cui dissente da alcuni luoghi comuni espressi da Voltaire circa
a Voltaire
ventanni prima e, in generale, dalla filosofia della storia quale appare al cieco occhio di
talpa di questo luminosissimo secolo.
La storia, per Herder, non una marcia trionfale della ragione verso il meglio, un processo
cumulativo, lineare e progressivo rispetto al quale il passato si presenta come un cumulo di
oscurit, errori e orrori. Guadagnando in razionalit, infatti, luomo rischia di perdere forza
nelle emozioni e nelle passioni.

Un pensatore
Per la sua positiva valutazione del sentimento e per lattenzione mostrata verso le identit
romantico nazionali (le cui tradizioni, mitologie e simbologie apparivano alla fredda ragione illumini-
stica come superstizioni), Herder stato considerato un precursore del successivo Ro-

66
5 Tra Illuminismo e Romanticismo

manticismo. In realt il filosofo tedesco vuole promuovere una nuova idea di umanit,
criticando lastrattezza del cosmopolitismo illuministico (che proclamava il valore delluo-
mo in generale) e sottolineando che leducazione del genere umano avviene attraverso la
specificit degli spiriti dei popoli (nozione che sar ripresa dallidealismo romantico di
Hegel).
In unopera intitolata Idee per una filosofia della storia dellumanit (1784-91), Herder affer- o ancora
ma tuttavia che la storia, pur tra cadute, regressi e difficolt, un lento ma inesorabile illuminista?
cammino delluomo verso una sempre pi compiuta e diffusa felicit, secondo quella che
una convinzione diffusa della mentalit illuministica.
Discepolo e ammiratore di Herder, su questultimo punto Kant dissente dal maestro. Egli Kant: una nuova
convinto che il criterio di valutazione della storia non pu essere la felicit, ma la libert e la nozione
di progresso
dignit delluomo. Nellopera intitolata Idee per una storia universale da un punto di vista
cosmopolitico (1784), afferma che per le sue stesse disposizioni naturali luomo non tende
alla felicit, ma alla civilt.
Quella di Kant una rilettura dellidea illuministica di progresso, che egli intende come
un mai compiuto avvicinamento a un ideale di perfezione morale che ha come protagoni-
sta non lindividuo finito, ma lintero genere umano, concepito come la totalit di una
serie di generazioni che vanno allinfinito.
La storia, per Kant, fatica, infinita lotta della ragione, liberazione progressiva. La molla di Linsocievole
questo processo di civilizzazione data da quella che, con un efficace ossimoro, Kant chia- socievolezza
delluomo
ma insocievole socievolezza: da un lato, infatti, gli individui tendono a riunirsi in comu-
nit, dallaltro sono in conflitto reciproco. Senza conflitto, per, gli uomini sarebbero un
gregge innocente e improduttivo e non realizzerebbero la loro natura di enti razionali. Sono
proprio lantagonismo e la competizione a indurli ad abbandonare la pigrizia e ad indu-
striarsi, passando dalla barbarie alla civilt, disciplinando progressivamente la loro origina-
ria insocievolezza.
Fine supremo della storia per Kant la conquista di una compiuta razionalit e libert, gra- Verso lideale
zie alle quali luomo, uscendo da una condizione di minorit, affrancandosi dai condizio- di una
pace perpetua
namenti della natura e da quelli di un potere dispotico, capace di vivere da adulto e in
autonomia. In tal senso la storia appare a Kant come la progressiva conquista di un sempre
pi perfetto diritto, inteso come linsieme delle condizioni per mezzo delle quali lar-
bitrio delluno pu accordarsi con larbitrio di un altro secondo una legge universale di
libert.
Tra loriginaria condizione dello stato di natura e lideale razionale di una comunit pacifi-
ca e ordinata, tra il peggio (mai superato, essendo luomo afflitto da un male radicale) e il
meglio, scorre il fiume infinito della storia, riconducibile al dispiegarsi di un conflitto tra ci
che luomo e ci che, secondo ragione, deve essere.
Lideale che guida la storia quindi un ideale regolativo: la costruzione di una societ
civile che faccia vivere universalmente il diritto attuando una costituzione civile perfet-
tamente giusta, cio una federazione di popoli, un ordinamento cosmopolitico volto alla
realizzazione di una pace perpetua, supremo ideale dellimpegno morale e del perfezio-
namento storico delluomo.

67
FILOSOFIA DELLA STORIA

6. Tutto storia: Nel manuale


Hegel, vol. 2B, p. 458
lo storicismo assoluto
Hegel
La domanda che, da Vico a Kant, attraversa lintera modernit (se vi sia razionalit e senso
solo nello spazio e non anche nel tempo, solo nella natura e non anche nella storia) trova in
Hegel una convinta risposta: il presupposto della storia che la ragione governi il mondo,
e che quindi anche la storia universale debba essersi svolta razionalmente (Lezioni sulla
filosofia della storia).

Lintrinseca
Ma in che senso la ragione hegeliana governa il mondo? Certamente non nel senso che
razionalit lo rischiara ponendosi come ideale regolativo di una realt che appare caotica e irraziona-
della storia
le, come ritenevano gli illuministi. Nel noto aforisma dei Lineamenti della filosofia del dirit-
to Hegel afferma: Ci che razionale reale; e ci che reale razionale. Questo signifi-
ca che la ragione non lideale della storia, ci a cui essa deve conformarsi o tendere, bens
la forma stessa della realt, che ha in s unintrinseca razionalit.
Che si possano dare lezioni alla storia, giudicandola moralisticamente sulla base di un
astratto ideale di ragione, per Hegel assurdo: la storia del mondo lunico tribunale
del mondo e la filosofia pu solo comprendere la realt nel suo svolgimento.

Una dottrina
Quella di Hegel certamente la pi poderosa, complessa e ricca filosofia della storia che il
spesso travisata pensiero moderno abbia prodotto; ma, in un certo senso, stata anche la pi fraintesa e
contestata nei suoi presunti aspetti trionfalistici e fatalistici, talvolta interpretati come tesi a
santificare ogni momento storico, in un piatto conformismo giustificazionista. Cerchia-
mo allora di chiarire meglio la prospettiva hegeliana.

Il cammino
Hegel individua il soggetto della storia nello spirito del mondo, vale a dire nellumanit
dello Spirito e in marcia nel tempo; il fine della storia sta nellautocoscienza dello Spirito, che, dopo
lidentit di storia
e filosofia
essersi realizzato nella realt storica (incarnandosi nelle sue concrete istituzioni), si conosce
nella storia dellarte, della religione e della filosofia. Lo spirito, dunque, si fa e si compren-
de nel processo storico: la storia diventa cos lorizzonte della filosofia, che non altro che
il proprio tempo appreso con il pensiero, cio consapevolezza storica. La filosofia si
identifica quindi con la storia della filosofia, nel senso che non altro che una totalit
processuale che si sviluppa, nel tempo, attraverso momenti o gradi, ciascuno dei quali una
tappa necessaria nel costituirsi della verit (il vero lintero).

Dalla plis
Lo spirito del mondo, cio lumanit in generale, per Hegel sincarna sempre negli spi-
allo Stato riti dei popoli, che si susseguono realizzando ciascuno una missione civilizzatrice. Questo
nazionale
significa che, in concreto, la storia una successione di forme statuali che tendono a rea-
lizzare una libert sempre maggiore: nel dispotismo orientale uno solo libero; nel
mondo greco-romano alcuni sono liberi; nel mondo cristiano-franco-tedesco tutti sono
liberi.
Il mondo occidentale, in tal senso, figlio della plis greca, del diritto romano, della Rivo-
luzione francese e della conquista prussiana dello Stato nazionale. Dunque anche per Hegel
la storia procede verso il meglio, sebbene questo meglio non sia lincremento della liber-
t effettiva, ma della coscienza della libert.

68
6 Tutto storia: lo storicismo assoluto

Se la coscienza religiosa rintraccia una Provvidenza che guida il corso della storia, la filosofia La coscienza
(che della religione il superamento) afferma che ci che reale razionale. Se la religio- filosofica
della storia
ne si rappresenta il mondo storico come ordinato verso un fine trascendente, la filosofia
comprende che solo allintelletto umano finito, cio allindividuo, la storia pu apparire
frutto del capriccio, del caos e del disordine, dal momento che essa non si cura delle sue
intenzioni e dei suoi bisogni, alla luce dei quali il singolo misura il valore della storia.
La convinzione secondo cui la storia travolge interessi, passioni e intenzioni dei singoli Lastuzia
espressa da Hegel con la celebre metafora dellastuzia della ragione, che volge al bene anche della ragione
e la mestizia
il male e ricava dalle ambizioni e dagli sforzi degli individui le grandi opere dello Spirito. del finito
Che la storia sia razionale non significa dunque che essa tenda al conseguimento della
felicit degli individui. Su questa mestizia del finito, sullinconsistenza dellindividuo
travolto dalla tragica imponenza della storia (indifferente al bene e al male dei singoli)
Hegel scrive pagine particolarmente aspre e drammatiche: La storia non il terreno della
felicit. I periodi della felicit sono in essa pagine vuote. [] Il diritto dello spirito del mon-
do oltrepassa tutti i diritti particolari (Lezioni sulla filosofia della storia).
Proprio per questi suoi tratti anti-individualistici e tragici, forse, la filosofia della storia Tra libert
hegeliana ha suscitato ostilit e profonde avversioni. Essa, in effetti, non indulge a nessun individuale
volontarismo (di matrice illuministica), sebbene respinga anche il cieco fatalismo. Per Hegel e caso

non esiste una necessit che preordini il divenire storico: gli accadimenti sono il frutto
della libert dei singoli e dellintreccio delle loro intenzioni; tuttavia, un ruolo determi-
nante gioca anche il caso. Ad esempio, sono talvolta scoperte accidentali (come quella
dellAmerica o della polvere da sparo) a cambiare il corso degli eventi, cos come sono gli
individui cosmico-storici che, perseguendo spesso basse ambizioni e oscure passioni,
contribuiscono senza saperlo al progresso dellumanit.
Lo storicismo di Hegel non pu essere ridotto a una trionfalistica fede nel progresso. Laffer- Tutto rischio
mazione tutto storia, infatti, per Hegel, significa anche che tutto rischio: solo nellatto
della comprensione concettuale o filosofica gli eventi storici svelano la loro trama razio-
nale, il senso complessivo che li connette. Ecco perch la storia non consente alcuna previ-
sione razionale o profezia, cos come la conoscenza del passato non offre nulla di istruttivo
per il presente: Si suole additare a re, statisti, a popoli linsegnamento dellesperienza sto-
rica. Ma ci che esperienza e storia insegnano proprio che i popoli e i governi non hanno
mai appreso nulla dalla storia (Lezioni sulla filosofia della storia).
LESSICO

astuzia della ragione Con questa celeberrima Questa convinzione Hegel laveva maturata gi ne-
espressione Hegel vuole alludere al fatto che la gli anni giovanili, parlando dellastuzia della mac-
Ragione universale usa e consuma le passioni e gli china: in effetti mechan, in greco, significa astu-
sforzi degli individui degradandoli a strumenti zia e solo in seguito macchina, come emerge
di un fine ad essi sconosciuto: LIdea paga il tribu- dalla nota formula deus ex machina che allude
to dellesistenza e della caducit non di sua tasca, allastuzia con cui lirruzione del dio sulla scena
ma con le passioni degli individui. Cesare doveva teatrale metteva fine alle vicende della tragedia.
compiere quello che era necessario per rovesciare Hegel intendeva dire che, come il vento, il vapore e
la decrepita libert; la sua persona per nella lotta gli elementi naturali sono la macchina della natu-
ma quello che era necessario rest: la libert se- ra, cos le passioni degli individui sono lenergia, il
condo lidea giaceva pi profonda dellaccadere materiale di consumo e le forze motrici che la mac-
esterno (Lezioni sulla filosofia della storia). china della storia brucia per attuare i suoi fini.

69
FILOSOFIA DELLA STORIA

LABORATORIO DELLE IDEE


VERSO LE COMPETENZE
Svelando che lumanit in marcia verso il meglio e che la storia ha un senso, il cristianesimo immette
prendere le radici
nella coscienza occidentale moderna una tensione verso il futuro. Per questo (come abbiamo affermato Com ali e filosofiche dei principali
concettu
in apertura) la fede moderna nel progresso pu essere intesa come la secolarizzazione e la laicizzazione
problemi della contemporaneit
del provvidenzialismo biblico quale fede nella salvezza. Remo Bodei illustra cos questo passaggio:
Riflettere e argomentare,
Con Herder, Kant e Condorcet la filosofia della storia inizia il suo tentativo di radicale razionalizzazio- individuando collegamenti
ne del tempo umano, di donazione di senso non solo al passato o al presente, ma sia pure in modo e relazioni
congetturale anche a un futuro considerato in termini sempre pi positivi. [] Per progredire
lumanit deve ora rivolgere coraggiosamente in avanti quello stesso sguardo che, in cerca di prote-
zione, aveva sollevato verso lalto, in direzione del Trono o del paradiso. [] Limmanentismo delle filosofie della storia, rifiutando
ogni trascendenza, considera ora il tempo, il mondo e la vita terrena lunica patria e la sola casa degli uomini.
(R. Bodei, Filosofia della storia,
ne Le filosofie speciali, a cura di P. Rossi, UTET, Torino 1995, p. 475)
A partire dal brano citato e facendo riferimento agli autori presenti in queste pagine, spiega in che senso il cristianesimo inventi la
storia e in che modo le moderne filosofie della storia (da Vico a Hegel) intrattengano con lescatologia biblica e la teologia della
salvezza un rapporto problematico ma fecondo.

Per approfondire
Nel manuale
ECHI DEL PENSIERO Le ragioni della pace vol. 2A, p. 50
IL CONCETTO E LIMMAGINE La sconfitta della ragione illuministica nellarte di Goya vol. 2B, p. 52
ECHI DEL PENSIERO Come superare la guerra? vol. 2B, p. 308
QUESTIONE La guerra: follia da evitare o tragica necessit? vol. 2B, p. 558

In libreria
Remo Bodei, Filosofia della storia, ne Le filosofie speciali, a cura di P. Rossi, UTET, Torino 1995
Remo Bodei, Se la storia ha un senso, Moretti & Vitali, Bergamo, 1997
Karl Lwith, Significato e fine della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia,
trad. it. di F. Tedeschi Neri, Edizioni di Comunit, Milano 1963
Roberto Mordacci (a cura di), Prospettive di filosofia della storia, Bruno Mondadori, Milano 2009
Paolo Rossi, Il passato, la memoria, loblio, Bologna, Il Mulino 1991

In rete
http://www.emsf.rai.it
http://www.filosofico.net
http://www.ildiogene.it

70
ES
TE
TI
ESTETICA
CA
Lestetica (dal greco isthesis, sensazione) Non un caso che lestetica, come disciplina
quella parte della filosofia che si occupa filosofica autonoma, nasca solo in epoca mo-
della bellezza e dellarte. derna. La riflessione estetica della modernit
infatti segnata da una lenta ma progressiva
in questo senso che la parola viene usata erosione dellegemonia della concezione me-
per la prima volta da Baumgarten nellope- tafisica del bello elaborata dallantichit e fat-
ra intitolata Meditazioni filosofiche su argo- ta propria dal Medioevo: definito dalle idee di
menti concernenti la poesia (1735) e nella ordine, di misura e di proporzione, e pertanto
successiva Aesthetica (1750-1758). perfettamente percepibile dai sensi nobili
Lestetica, per Baumgarten, consiste innanzi- della vista e delludito, il bello veniva identifi-
tutto nella dottrina della conoscenza sensi- cato con il vero (cio con le leggi matemati-
bile e chiama in causa la bellezza (dal mo- che delluniverso, attingibili attraverso i sensi
mento che indaga anche il piacere connesso citati e lintelletto) e con il bene (cio con la
alle percezioni sensibil) e lopera darte, nella giusta misura, ovvero con larmonia delluo-
quale si realizzano al massimo grado la per- mo con se stesso e con lordine cosmico).
fezione e la verit delloggetto sensibile, non La riflessione moderna disarticola la triade
pi contrapposto negativamente a ci che classica bellezza-verit-virt (pulchurm,
spirituale o intellettuale. verum et bonum convertuntur, dicevano i me-
dievali), restituendo progressivamente auto-
Questo legame tra percezione sensibile, nomia a ognuna delle sue tre componenti e
bellezza e arte particolarmente evidente alle loro rispettive discipline: estetica, logica
in Kant, il quale con laggettivo estetico e morale.
allude sia al giudizio che concerne il bello
nella natura e nellarte, sia allintuizione
sensibile, la facolt umana che riceve i dati
dellesperienza (e che il filosofo indaga nella
sua Estetica trascendentale).

71
ESTETICA

1. La nuova dignit Nel manuale


Umanesimo e Rinascimento.
dellarte e dellartista Coordinate storico-sociali
e concetti generali, vol. 2A, p. 4
La riflessione
umanistico-rinascimentale
stata la civilt umanistico-rinascimentale a favorire il delinearsi di quella nuova prospet-
tiva che, nel corso dei due secoli successivi, sfocer nel riconoscimento dellautonomia
dellarte e nella consapevolezza teorica dei suoi fondamenti. In particolare, tale processo
prende le mosse da una rivalutazione delle arti figurative (architettura, pittura e scultura),
tradizionalmente annoverate tra le arti servili e ora assimilate alle arti liberali.

La pittura
Leon Battista Alberti, che nellelaborazione dei suoi progetti fa ampio uso dellaritmetica e
per Alberti e della geometria, considera la pittura come unimitazione razionale della natura, mentre
per Leonardo
Leonardo da Vinci giunge a rivendicarne la superiorit rispetto alle altre arti (soprattutto
alla poesia), in quanto essa sola in grado di ri-creare lordine e la bellezza del mondo na-
turale. In effetti, non essendo pi finalizzata alla trasmissione del vero (che diviene loggetto
specifico del sapere scientifico), nel corso dellet moderna larte accentuer via via la pro-
pria funzione creatrice, distinguendosi sempre meglio dalla conoscenza razionale.

La secolarizzazione
La consapevolezza di questa differenza, alimentata anche dal crescente prestigio goduto da-
dellarte gli artisti presso le munifiche corti rinascimentali, si riflette nel significato sempre pi auto-
nomo e intrinseco assegnato allarte, che tende a secolarizzarsi, cio a perdere la connota-
zione religiosa e la funzione didattica e morale che le attribuiva la cultura precedente.

Vasari e il genio
Anche la figura dellartista perde la propria tradizionale identit di artigiano e acquista la
di Michelangelo connotazione del genio, cio dellindividuo dotato di una forza creatrice innata e straordi-
naria. La nascita dellimmagine moderna dellartista, pur essendo stata ovviamente un pro-
cesso diluito nel tempo, pu essere ricondotta simbolicamente a una data precisa: il 1550,
anno della pubblicazione della prima stesura delle Vite de pi eccellenti architetti, pittori, et
scultori italiani, da Cimabue insino a tempi nostri di Giorgio Vasari (1511-1574), pittore,
architetto e, per lappunto, primo storico dellarte italiana, che nella sua ricostruzione cul-
mina con lattivit del divino Michelangelo, vero e proprio dono di Dio al genere umano.

2. Larte diventa bella


Lepoca barocca
La Querelle
Proprio il concetto di genio, tratto specifico e quindi discriminante dellartista, ricorre con
insistenza in un importante dibattito svoltosi in Francia, e poi in Europa, a partire dalla secon-
da met del Seicento: la Querelle des Anciens et des Modernes (Disputa degli antichi e dei
moderni), che fiss la peculiarit della creazione e della fruizione artistiche quali manifesta-
zioni umane non improntate al metodo della ragione, ma non per questo prive di una loro
dignit teoretica e, pertanto, passibili di divenire oggetto di una specifica riflessione filosofica.
Sorta come polemica letteraria concernente la superiorit o meno delle lingue e delle lettera-
ture classiche rispetto a quelle moderne, la Disputa condusse al definitivo riconoscimento

72
2 Larte diventa bella

della separazione tra arte e scienza, e allidea che larte non fosse, al pari delle altre tecni-
che, solo unattivit produttiva fondata su un sistema di regole e di procedimenti che si
potevano insegnare e apprendere, bens che dipendesse innanzitutto da due facolt eminen-
temente soggettive: il gusto, ossia la capacit di cogliere istintivamente la bellezza, e il genio,
ovvero quel particolarissimo talento naturale che non suscettibile n di insegnamento-
apprendimento n di sviluppi progressivi.
Produzione caratteristica delluomo di genio, naturalmente dotato di gusto, lopera darte di- Batteux:
viene il luogo privilegiato della bellezza, tanto da connotare le arti stesse come belle. la classificazione
delle arti
Dobbiamo al filosofo e letterato francese Charles Batteux (1713-1780), autore del trattato
Le Belle Arti ricondotte ad un unico principio (1746), il primo tentativo sia di fondare teoreti-
camente la sovrapposizione tra arte e bellezza, sia di pervenire a un principio cui ricondurre,
al di l delle differenti modalit espressive, le varie arti, connettendole in un sistema unitario
e sistematico. Batteux distingue le arti in tre classi, a seconda dei fini da esse perseguiti:
la prima classe formata dalle tradizionali arti meccaniche o tecniche, che hanno lo scopo
di soddisfare i bisogni e le necessit delluomo;
la seconda costituita dallarchitettura e dalleloquenza, il cui fine quello dellutilit unita
al piacere;
la terza classe raggruppa le arti belle o maggiori, cio la poesia, la musica, la scultura e la
danza, che hanno come obiettivo esclusivo quello di procurare piacere mediante la produ-
zione di ci che ne costituisce una fonte inesauribile: la bellezza.
Il raggiungimento del fine perseguito da tutte le belle arti garantito da quello che Batteux Limitazione
considera il loro minimo comun denominatore: limitazione della bella natura. Si tratta, della natura
secondo il filosofo, di una riproduzione saggia e illuminante degli oggetti, che li presen-
ta in tutta la loro possibile, anche se non reale, perfezione.
Una volta individuato nellimitazione della bella natura lelemento costitutivo dellatti- Il gusto
vit artistica, Batteux indica la facolt che la rende possibile ricorrendo appunto ai concetti come sentimento
di genio e di gusto, che si richiamano reciprocamente: per il filosofo francese, infatti, il ge-
nio colui che dotato di gusto, ossia della capacit naturale e spontanea di cogliere
nella natura quei rapporti che ne definiscono larmonia delle parti. Ma una tale facolt non
va confusa con lintelligenza, poich, mentre questultima considera gli oggetti in rapporto
a se stessi, il gusto li giudica in relazione al soggetto che li percepisce. Esso dunque un
sentire soggettivo, un sentimento.
Batteux codifica cos le principali acquisizioni concettuali della riflessione seicentesca
sullarte, facendo di questultima unattivit intimamente connessa allambito della sensi-
bilit e, perci, della soggettivit delluomo, e inaugura luso di quei termini immagina-
zione, fantasia, gusto, genio e arti belle destinati a costituire, nel Settecento, il lessi-
co di base di una nuova disciplina filosofica.
LESSICO

gusto In ambito estetico, con il termine gusto (dal particolare, nella Querelle des Anciens et des Moder-
latino gustus, che indicava il senso del gusto non- nes, il cui dibattito favorisce unimportante presa di
ch lattivit a questo connessa, ovvero il gustare) coscienza nei confronti della specificit dellespe-
si fa riferimento alla facolt di cogliere la bellezza e rienza estetica, riconosciuta come irriducibile agli
goderne. Con tale accezione il vocabolo fa la sua schemi interpretativi propri della razionalit scien-
comparsa nella cultura francese del Seicento e, in tifica. In tale prospettiva, il gusto viene definito

73
ESTETICA

come la capacit di cogliere la bellezza per via intui- corpo assimilando alcune accezioni della nozione
tiva e spontanea (mentre la ragione la coglie per di ingenium, quali la facolt inventiva e lacutezza.
via analitica) e comincia a essere considerato requi- Genio viene cos a designare sia una speciale atti-
sito indispensabile sia per la produzione sia per la tudine innata, eventualmente suscettibile di essere
fruizione dellopera darte; la cultura del Settecento educata ma non acquisita o trasmessa, sia lindivi-
ne far poi un termine-chiave della nuova discipli- duo che possiede una tale inclinazione.
na estetica, correlandolo, da un lato, al concetto di In ambito artistico, il Rinascimento a inaugurare
genio e, dallaltro, alle forme e ai modi dellespe- limmagine dellartista-genio (in particolare con la
rienza percettiva del soggetto. figura di Michelangelo), mentre sono i secoli suc-
genio Il termine genioderiva dal latino genius, che cessivi il Seicento, il Settecento e soprattutto il
indicava il nume tutelare, lo spirito buono che si ri- primo Ottocento a trasformare questo concetto
teneva accompagnasse ciascun uomo fin dalla sua in una categoria fondamentale della riflessione
nascita; il suo significato principale, tuttavia, prende filosofica relativa allarte.

3. La nascita dellestetica Nel manuale


Vico, vol. 2B, p. 5
Vico e Baumgarten
Le intuizioni e le acquisizioni concettuali dellepoca rinascimentale e barocca acquistano
compiutezza e sistematicit nella filosofia del Settecento, contrassegnata (oltre che dal
trionfo della ragione) anche dallaffermazione dellestetica, che rivendica con forza la sua
autonomia rispetto ad altre discipline pi tradizionali, quali la logica, letica e la teologia.

I fondatori
Come Machiavelli considerato il fondatore della politica quale scienza autonoma ed eco-
dellestetica nomica (in quanto ha come oggetto lutile), cos Vico, Baumgarten e (come vedremo nel
prossimo paragrafo) Kant sono considerati i fondatori dellestetica quale disciplina autono-
ma che ha come oggetto il bello, valore distinto dal vero, dal bene e dallutile.
In altri termini, come latto economico e politico non valutabile in termini di approvazio-
ne o disapprovazione morale (essendo a-morale o pre-morale) ma solo come conveniente
o sconveniente, utile o dannoso, cos la produzione artistica non valutabile positivamente
perch vera (logicismo) o buona (moralismo) o utile (utilitarismo): unopera darte bella
o brutta e nientaltro.

Larte per larte


A questo punto pu apparirci pi chiaro il senso della nota sentenza con cui si pu sintetiz-
zare lo spirito estetico moderno: larte per larte. Ci che desta ammirazione nellarte non
la verit cui pu alludere, o lutilit pratica che pu determinare o ledificazione morale
che pu suscitare, ma solo la bellezza, che va dunque chiarita nella sua natura specifica.

Vico
Gli universali
Cercando di individuare la facolt umana che ha reso possibile la pi antica forma di com-
fantastici prensione del mondo, cio la sapienza poetica, Vico la indica nella fantasia, riconoscendo
in tal modo alla facolt immaginativa la possibilit di instaurare uno stretto rapporto con
la verit, anche se di tipo diverso rispetto a quello instaurato dalla ragione.

74
3 La nascita dellestetica

La sapienza dellumanit delle origini, secondo Vico, non si sostanziava di concetti, bens di
universali fantastici, ossia di modelli ideali per mezzo dei quali si cercava di attingere il
senso profondo del reale. Poich la mente delluomo tende per natura a cogliere somiglian-
ze e differenze, prima di giungere alla formazione di concetti mediante astrazione intellet-
tuale, essa produsse una serie di rappresentazioni universali fantastiche, cui attribu concre-
tezza e, in un certo senso, realt: il caso (secondo lesempio dello stesso Vico) della figura
di Ermete Trismegisto, mediante la quale gli Egizi rappresentarono tutto quello che noi in-
tendiamo con i concetti di sapiente e di sapienza.
La fantasia, pertanto, non si oppone alla verit ma attiene ad essa, anche se con forme e
secondo modi che le sono propri, diversi da quelli dellintelletto.

Baumgarten
Se per Vico non possibile prescindere da tutti quei fattori non logici, come la sensibilit e
la fantasia, che hanno permesso alluomo di dare inizio alla propria storia, per il filosofo
tedesco Alexander Gottlieb Baumgarten (1714-1762) la conoscenza sensibile, che ha il suo
traguardo nella fruizione della bellezza e dei prodotti delle belle arti, non il risultato di
facolt fallaci perch lontane dalla perfezione della mente, bens semplicemente diverse, e
non per questo necessariamente manchevoli.

Baumgarten si ispira a Leibniz, il quale, in uno scritto del 1684 intitolato Meditazioni sulla I gradi
conoscenza, la verit e le idee, aveva distinto diversi gradi della conoscenza: questa poteva della conoscenza
secondo Leibniz
essere oscura oppure chiara, e quella chiara, a sua volta, confusa o distinta.
Oscura, in particolare, per Leibniz quellidea, o quella conoscenza, che non permette di
riconoscere appieno la cosa rappresentata, come quando ci si ricorda di un oggetto, ma non
cos bene da distinguerlo allorch lo si riveda. Chiara, invece, la rappresentazione che
permette di orientarsi nellesperienza comune, come nel caso, osserva Leibniz, in cui si ri-
conosce loro in base a certi suoi caratteri sensibili: colore, durezza, malleabilit.
Unidea chiara non necessariamente anche distinta, mentre lo quando coglie lessen-
za delloggetto, risolvendola nei suoi elementi costitutivi. Cos, per riprendere lesempio
proposto da Leibniz, mentre lorafo ha una conoscenza chiara ma confusa delloro, il
chimico ne ha una conoscenza chiara e distinta, in quanto frutto di una serie di analisi
che permettono di distinguere con precisione tale metallo da tutti gli altri simili confron-
tandone le componenti essenziali.

Baumgarten sottolinea che lestetica non va intesa alla stregua di una mera teoria della sen- Larte come forma
sibilit, bens come una scienza che, essendo finalizzata allanalisi dellorganizzazione sensi- di conoscenza
bile del conoscere, non pu non assumere larte e la bellezza come propri oggetti privilegia-
ti, in quanto ambiti esemplari di detta organizzazione.
Una rappresentazione chiara ma confusa nel senso di indistinta si manifesta infatti in
modo esemplare nellesperienza artistica. Ad esempio, limmagine poetica o pittorica di un
paesaggio ci si presenta come qualcosa di unico, come una totalit indistinta nella quale
impossibile la scomposizione dei suoi elementi.

75
ESTETICA

Baumgarten contribuisce cos in modo decisivo al riconoscimento della legittimit delle facolt
a-logiche dellindividuo e, dato il ruolo da queste esercitato nellesperienza artistica, ad attirare
lattenzione della riflessione filosofica sulla possibile valenza gnoseologica dellarte, indubbia-
mente non assimilabile alla scienza, ma non per questo necessariamente lontana dalla verit.
LESSICO

fantasia In ambito filosofico il termine fantasia scenza della verit. Nellet moderna, quando laf-
(dal greco phantzo, faccio apparire) stato ge- fermarsi delle scienze matematiche della natura
neralmente utilizzato come sinonimo di immagi- accentua lopposizione tra il sapere scientifico e le
nazione (dal latino imago, immagine) per indi- altre forme di conoscenza, limmaginazione, esclu-
care la facolt che produce, conserva e riproduce sa da ogni rapporto con la conoscenza razionale,
immagini, anche indipendentemente dalla pre- rafforza, fino a renderlo definitivo ed esclusivo, il
senza degli oggetti cui esse si riferiscono. proprio legame con larte e, in particolare, con la
Da sempre la riflessione filosofica si posta il pro- poesia. In Vico, per, tale legame assume uninedita
blema della validit gnoseologica della facolt fan- valenza gnoseologica, che fa guadagnare alla fan-
tastica, o immaginativa, oscillando in genere tra un tasia un ruolo fondamentale nella storia del genere
atteggiamento che la considera come un momen- umano, poich per il pensatore italiano essa la fa-
to proficuamente legato allattivit conoscitiva e colt che ha presieduto allelaborazione della pi
una valutazione sostanzialmente negativa, che la antica comprensione del mondo, la sapienza poeti-
ritiene inutile o addirittura dannosa per la cono- ca, espressione immediata e spontanea della verit.

4. Il soggetto giudice Nel manuale


Kant, vol 2B, p. 155
della bellezza
Kant
Con Kant la riflessione estetica moderna assume compiutezza e piena consapevolezza di s,
riconducendo a unit la molteplicit di problemi trattati nel corso del secolo.

Il sentimento
Diversamente da quanto affermato da Baumgarten, lesperienza del bello esula, per Kant,
come base del dalla gnoseologia e si basa sul sentimento, facolt specifica e autonoma sia rispetto allin-
giudizio estetico
telletto (preposto alla conoscenza), sia rispetto alla ragione (preposta alla morale). Nella Cri-
tica del Giudizio (1790) il filosofo di Knigsberg affronta il problema estetico concentrandosi
proprio sulla facolt del sentimento, che connette a quella del giudizio, propria dellintelletto.

I giudizi riflettenti
In particolare, Kant fonda sul sentimento i giudizi riflettenti, definiti cos perch riflet-
tono sulla natura in quanto gi determinata dai giudizi della scienza (determinanti).
Nel giudizio riflettente si considera il mondo naturale (che lintelletto conosce come
concatenazione determinata e necessaria di fenomeni) come se fosse ordinato secondo
un fine. Questo avviene perch luomo per natura un essere che si pone dei fini (primo
fra tutti quello morale, del bene) e che dunque avverte linsopprimibile esigenza di pro-
iettare fuori di s la finalit che si porta dentro, nel tentativo di giungere a una conce-
zione unitaria, armonica e umanamente significativa del Tutto. In altre parole, attraverso
la facolt del giudicare luomo cerca di colmare labisso che separa il mondo degli og-
getti conoscibili (fenomeni) da un progetto inconoscibile a questi preesistente (ovvero
dal mondo solo postulato dei noumeni). Cos, ad esempio, il dinamismo intrinseco nella
crescita degli organismi, il loro strutturarsi in vista di una forma, fa pensare a un fine
preordinato che supera la frammentariet dei singoli fenomeni e li giustifica in vista di un

76
4 Il soggetto giudice della bellezza

disegno pi ampio. Allo stesso modo, secondo Kant, la bellezza di un paesaggio o di


unopera darte ci d il senso di un ordine superiore, diverso da quello espresso dalle ca-
tegorie dellintelletto.
In questo senso, il giudizio riflettente la rappresentazione del mondo come una totalit Il mondo sentito
intelligibile. Totalit, si badi, non esperita, ma sentita: infatti il sentimento (come abbiamo come totalit
gi detto) a guidarci nella sua costruzione, rapportando la rappresentazione del mondo fe-
nomenico al nostro strutturale bisogno di dare un senso alle cose.
In particolare, poich il giudizio riflettente porta il soggetto a vedere riflessa negli oggetti
belli e nella natura la propria esigenza di finalismo, esso si suddivide ulteriormente in due
sottotipi: il giudizio estetico e il giudizio teleologico, entrambi giudizi sentimentali puri,
ossia indipendenti dallesperienza.
Effettuando una rivoluzione copernicana estetica, Kant afferma che la bellezza non ap- La rivoluzione
partiene alle cose, ma piuttosto il prodotto di un giudizio che valuta il rapporto tra una copernicana estetica
rappresentazione e il sentimento di piacere o dispiacere che essa provoca nel soggetto.
Questa valutazione si traduce in vera e propria contemplazione, ovvero in un atteggia-
mento privo di qualsiasi interesse per la reale esistenza delloggetto. In tal senso il bello si
differenzia sia dal piacevole, che dipende dallattrattiva immediata esercitata dalle cose sui
sensi, sia dal buono, che consiste in ci che la ragione valuta degno di essere perseguito.
Nella sua analisi Kant perviene a una quadruplice definizione del bello: La definizione
1. ci che piace senza alcun interesse, nel senso che i giudizi estetici sono contemplativi e del bello
disinteressati;
2. ci che piace universalmente senza concetto, nel senso che i giudizi estetici hanno la
pretesa di valere per tutti senza dipendere da una conoscenza;
3. ci che percepito come finalit senza scopo, nel senso che i giudizi estetici colgono
larmonia delle parti e una certa finalit non esprimibile in concetti;
4. ci che riconosciuto come oggetto di un piacere necessario, nel senso che il bello
percepito intuitivamente ma non pu essere spiegato intellettualmente.
Ma come pu avere validit universale un giudizio, come quello di gusto, che sempre sog- Perch i giudizi
gettivo e concerne il sentimento, cio unemozione individuale? E, soprattutto, non para- di gusto non
dossale la stessa nozione di universalit soggettiva? sono arbitrari?

Per comprendere come Kant risolva questo problema opportuno innanzitutto distinguere
tra arbitrariet e soggettivit: il giudizio di gusto non , in Kant, abbandonato allarbitrio
individuale, bens soggettivo in quanto reso possibile da un a priori comune a tutti i
soggetti e, perci, universale. Per il filosofo di Knigsberg vi dunque unaffinit profonda
che accomuna tutti gli uomini nel pronunciare i loro giudizi di gusto. Questa consiste nella
realizzazione di un libero gioco tra immaginazione e intelletto, ossia tra la molteplicit
intuitiva della prima e lesigenza di unit del secondo.
LESSICO

giudizio estetico / giudizio teleologico Il giudi- baleno si possono formulare due tipi di affermazio-
zio estetico caratterizzato da una finalit mera- ni: questo arcobaleno un fenomeno ottico e
mente soggettiva o esterna: gli oggetti belli sem- questo arcobaleno bello. Nel primo caso, secon-
brano esistere al fine di suscitare emozioni estetiche do Kant, siamo di fronte a un giudizio determinan-
e un senso di armonia in chi li contempla, ovvero te, in cui il particolare, ossia larcobaleno che si sta
nel soggetto. Cos, ad esempio, di fronte a un arco- osservando, viene ricondotto al (o determinato a

77
ESTETICA

partire dal) concetto di fenomeno ottico; nel secon- oggettiva della natura o interna: esso esprime
do caso siamo invece di fronte a un giudizio riflet- un carattere proprio delloggetto, come quando,
tente, in cui a partire da un oggetto gi determina- ad esempio, si considera un organo di un essere
to si esercita una riflessione, cio una comparazione vivente in vista della vita dellorganismo nella sua
tra le possibili rappresentazioni delloggetto e tra interezza: il braccio, il cuore, il fegato, le radici, le
queste e le facolt conoscitive, alla ricerca di un uni- foglie, non hanno senso se non in quanto servono
versale in cui comprendere ci che si sta osservando. al mantenimento in vita, rispettivamente, delluo-
Il giudizio teleologico riguarda invece la finalit mo e delle pianta.

5. Larte come Nel manuale


Schelling, vol. 2B, p. 416
manifestazione Hegel, vol. 2B, p. 459

dellAssoluto
Schelling e Hegel
la cultura romantica, e in particolare il Romanticismo tedesco, a sancire il punto di
approdo di quel processo di emancipazione dellarte di cui abbiamo indicato lorigine
nellepoca umanistico-rinascimentale. Tale cultura riconosce infatti allarte non solo una
totale autonomia, ma anche una supremazia culturale, in quanto la ritiene capace di rivelare
e manifestare lAssoluto, cio lInfinito e la Totalit delluniverso.

Schelling:
Il filosofo che pi di ogni altro ha conferito allarte questa funzione Schelling, che lha
il primato dellarte definita organo [strumento] della filosofia, attraverso il quale si rivela lAssoluto, conce-
sulla filosofia
pito come identit originaria di spirito e natura, libert e necessit. Il genio, infatti, produce
cose di cui consapevole solo in parte. Cos, mentre la filosofia pu cogliere solo per via
teoretica lAssoluto, ma non in grado di elevare la coscienza comune a tale grado di con-
sapevolezza, larte rende manifesta attraverso le sue opere la conciliazione di conscio e in-
conscio, di natura e spirito, di reale e ideale, trasformando la conquista teoretica del filo-
sofo in un possesso stabile e permanente per lintera umanit.

Hegel: il bello
Pur collocando larte, insieme con la religione e la filosofia, al vertice del processo di
come apparenza autoconsapevolezza dello Spirito (cio dellAssoluto), Hegel non accoglie la tesi schel-
sensibile dellIdea
linghiana della sua supremazia. A differenza di quella romantica, lestetica hegeliana ha
infatti un contenuto essenzialmente razionale, in quanto concepisce il bello come appa-
renza sensibile dellIdea. Loggetto dellarte, della religione e della filosofia dunque
il medesimo, ma colto secondo modalit diverse. Quello che la filosofia sar in grado di
esprimere concettualmente, larte lo esprime sensibilmente, rendendolo presente alluo-
mo attraverso lopera darte.

Lestraneit
Proprio per la sua funzione speculativa, larte, in quanto oggetto di riflessione, non avvi-
di arte e natura cinabile allestetica, cio alla scienza del senso, bens alla filosofia, unica forma di sapere
in grado di com-prendere la complessit del reale correlandone i molteplici aspetti in una

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5 Larte come manifestazione dellAssoluto

sintesi significativa. Del resto, afferma Hegel, le opere darte sono prodotti dello spirito e, in
quanto tali, stanno pi in alto della natura e dei suoi fenomeni. Conseguentemente, anche
la bellezza delle opere darte sar superiore a quella presente in natura, poich la prima
il frutto di quella libera creativit che caratterizza luomo in quanto spirito. Lautentica bel-
lezza, quindi, non risiede nella suggestivit di un paesaggio o nellarmonica proporzione
che lega tra loro i petali di un fiore, bens nella verit assoluta che lopera darte che la ri-
produce, in quanto libera creazione spirituale, esprime.
Il primo tentativo di rappresentare lAssoluto attraverso larte fu realizzato dalle grandi ci- Il viaggio
vilt orientali e pre-elleniche. Pur anelando allAssoluto, queste popolazioni non riuscivano dellarte: dallarte
simbolica
tuttavia a esprimerlo per una duplice carenza: da una parte non riuscivano ancora a coglie-
re che cosa esso fosse realmente e, non avendone unidea precisa, non potevano di conse-
guenza rappresentarlo; dallaltra mancavano della capacit di dare alla materia forme ade-
guate a esprimere tale assolutezza.
questo il periodo dellarte simbolica. Essa contraddistinta da uno squilibrio tra il conte-
nuto (lAssoluto) e la forma (la rappresentazione sensibile attraverso la quale si cerca di
esprimerlo) dellopera darte, riconducibile alluso dei simboli (da cui il nome dato da He-
gel alla produzione artistica di questa prima fase), cio allutilizzo di realt materiali per
rappresentare significati astratti. A tale inadeguatezza luomo cerca di ovviare soprattutto
con le grandi dimensioni delle opere: non un caso, infatti, che la forma espressiva tipica
dellarte simbolica sia larchitettura, il cui compito , secondo Hegel, in primo luogo quello
di nobilitare la materia: attraverso lenormit della costruzione (pensiamo alle piramidi
dEgitto) il mondo inorganico della pietra pu essere valorizzato e trasformato, ad esempio,
in un tempio, ovvero in uno spazio sacro, dedicato al divino.
La seconda fase attraversata dallarte quella in cui lAssoluto viene espresso nel modo pi allarte classica
adeguato: il momento dellarte classica, in cui forma e contenuto raggiungono un equili-
brio perfetto, soprattutto attraverso la rappresentazione di quella perfetta unione di natura
e spirito che costituita dalluomo. Forma artistica peculiare, in questo periodo, natural-
mente la scultura, la quale, come dimostrano i capolavori della statuaria antica, realizza una
perfetta compenetrazione tra lelemento spirituale (limmagine delluomo) e quello mate-
riale (il marmo o il bronzo).
Infine, lumanit giunge alla fase dellarte romantica, propria dellEuropa cristiana e mo- allarte romantica
derna, in cui lequilibrio tra forma e contenuto si incrina nuovamente. Se con larte simbo-
lica si verifica un eccesso, per cos dire, di forma, nellarte romantica lo squilibrio a favore
del contenuto: bench, infatti, larte cristiana (arte romantica per eccellenza) cerchi di rap-
presentare lAssoluto, ovvero Dio, questo svela la propria essenza non attraverso le rappre-
sentazioni sensibili, bens nella pura interiorit dello spirito, ovvero nella religione e nella
dimensione a essa correlata del sentimento e dellamore.
Di fronte a uno spirituale non pi contenibile in rappresentazioni sensibili quali i tem-
pli o le statue, larte romantica si avvale di nuove forme di simbolismo, in cui la materia-
lit delle opere va via via rarefacendosi: sono la pittura, la musica e la poesia le forme
artistiche tipicamente romantiche, in quanto meno compromesse, rispetto allarchitettura
e alla scultura, dal rapporto con la materia. Le opere pittoriche, perdendo la tridimensionalit

79
ESTETICA

di quelle scultoree, non aderiscono pi alle forme materiali esteriori, ma le riportano a


puri giochi di luce e di colori. La musica costituisce poi un ulteriore distacco dal sensibile:
prescindendo dalla spazialit, essa si affida al suono, pura temporalit ed espressione
dellinteriorit. Ma questo processo di astrazione e di elevazione dal sensibile allo spiri-
tuale raggiunge il proprio culmine nella poesia, in cui il suono (la parola) non viene fru-
ito di per s, bens come semplice rimando a un significato ulteriore.
LESSICO

arte simbolica / arte classica / arte romantica pria dellantica Grecia, rappresenta invece il mo-
Sulla base del rapporto che nellopera darte si sta- mento di perfetta coerenza tra contenuto concet-
bilisce tra forma sensibile e contenuto concettuale o tuale ed espressione sensibile. Questo equilibrio
spirituale, tra finito e infinito, Hegel traccia una sto- torna a spezzarsi nellarte romantica, caratteristica
ria dellarte tripartita dialetticamente in arte sim- dellEuropa cristiana e moderna; si tratta per di
bolica, arte classica e arte romantica. La prima, uno squilibrio di segno opposto rispetto a quello
che contraddistingue lantico Egitto e lOriente, della fase simbolica: ora lestrema ricchezza del
caratterizzata da una rappresentazione sensibile contenuto concettuale, lo spirito svelatosi come
inadeguata allelemento concettuale che esprime, infinito, a eccedere rispetto alla forma sensibile, la
perch il simbolo realizza una connessione solo quale perci non riesce a rappresentarlo adegua-
parziale tra forma e contenuto. Larte classica, pro- tamente.

LABORATORIO DELLE IDEE


VERSO LE COMPETENZE
Dopo essere venuto a conoscenza di tante concezioni dellarte, e di tante definizioni a essa legate, ora
prendere le radici
tocca a te esplicitare la tua visione di unattivit peculiarmente umana quale la creazione/fruizione Com ali e filosofiche dei principali
concettu
artistica. A tale scopo ti proponiamo, qui di seguito, alcuni interrogativi, utilizzabili sia come traccia
problemi della contemporaneit
per la stesura di un testo, sia come spunti per la discussione e il confronto in classe (magari con laiuto
degli insegnanti di filosofia e di storia dellarte in compresenza). Riflettere e argomentare,
Ritieni che la funzione primaria dellarte consista nel rivelarci (o nel nasconderci) la realt? individuando collegamenti
Quali sono le caratteristiche che unopera darte deve possedere per essere definita tale? E in che e relazioni
cosa consiste il suo valore?
A tuo avviso, larte un linguaggio rivolto a tutti, oppure richiede una certa cultura per essere compresa? E in questo senso pu
essere considerata uno strumento democratico oppure no?
concepibile una societ senza arte? E, in tal caso, essa sarebbe migliore, peggiore o equivalente?

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Per approfondire
Nel manuale
IL CONCETTO E LIMMAGINE Caravaggio e la rivoluzione scientifica vol. 2A, p. 146
IL CONCETTO E LIMMAGINE Il Dio nascosto di Pascal nella pittura del Seicento vol. 2A, p. 260
IL CONCETTO E LIMMAGINE Spinoza nella pittura seicentesca vol. 2A, p. 310
IL CONCETTO E LIMMAGINE Lorenzetti e larchitettura del bene comune vol. 2A, p. 440
IL CONCETTO E LIMMAGINE La sconfitta della ragione illuministica nellarte di Goya vol. 2B, p. 52
IL CONCETTO E LIMMAGINE Analisi e sintesi: Magritte e il carattere surreale dellesperienza vol. 2B, p. 226
IL CONCETTO E LIMMAGINE Il sublime tra arte e filosofia vol. 2B, p. 374

In libreria
Remo Bodei, Le forme del bello, Il Mulino, Bologna 1985
Sergio Givone, Storia dellestetica, Laterza, Roma-Bari 1988
Massimo Modica, Che cos lestetica. Filosofia, poetiche e teorie delle arti: storia, problemi, confini,
Editori Riuniti, Roma 1987
Gianni Vattimo (a cura di), Estetica moderna, Il Mulino, Bologna 1997
Nigel Warburton, Il primo libro di filosofia, trad. it. di G. Bonino, Einaudi, Torino 1999 (capitolo VII: Larte)

In rete
http://www.emsf.rai.it
http://www.filosofico.net
http://www.ildiogene.it

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
ONTOLOGIA
William Morris, Acanthus, 1875, tappezzeria, part., collezione privata

ANTROPOLOGIA e PSICOLOGIA
William Blake, Newton, 1795-1805, stampa a colori rifinita a inchiostro e acquarello, part.,
Londra, Tate Gallery

GNOSEOLOGIA
Jan Vermeer, Lastronomo, 1668, olio su tela, part., Parigi, Muse du Louvre

TEOLOGIA
Antonio Allegri detto il Correggio, Visione di San Giovanni Evangelista, 1520-1523, affresco, part.,
Parma, San Giovanni Evangelista

ETICA
Artista dellItalia centrale, Veduta di citt ideale, XV sec., Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

POLITICA
Gillis van Tilborgh, The Tichborne Dole, 1671, Tichborne (Hampshire, UK), Tichborne House

FILOSOFIA DELLA STORIA


Giovanni Antonio Canal detto Canaletto, Veduta di Piazza del Campidoglio e Cordonata, XVIII sec.,
olio su tela, part., collezione privata

ESTETICA
Alessandro Filipepi detto Botticelli, Allegoria della Primavera, 1482-1485, tempera su tavola, part.,
Firenze, Galleria degli Uffizi

REFERENZE ICONOGRAFICHE
Archivio Iconografico Pearson Italia

Bettmann/Corbis
Christies Images/Corbis
Namur Archive/Scala, Firenze
Foto Scala, Firenze su concessione Ministero Beni e Attivit Culturali

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APPUNTI

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