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Giovannella Cresci Marrone, Margherita Tirelli

Il bosco sacro nel santuario di Altino: una proposta di lettura

I dati archeologici

Il santuario periurbano di Altino, ubicato a sud-est della citt presso la sponda del
canale Santa Maria (fig. 1), stato oggetto di indagine, come ormai ampiamente noto,
a partire dal 1997 nellambito del cantiere della futura sede del Museo Archeologico
Nazionale1.
Nel loro lungo arco di vita, iniziato nella seconda met del VI secolo a.C. e conclu-
sosi nel III secolo d.C., le strutture dellarea sacra risultano essere state sottoposte senza
soluzione di continuit ad unevoluzione ininterrotta. Agli inizi del V secolo a.C. prende
forma infatti un modello architettonico un porticato articolato attorno ad una corte
centrale ipetra che perdurer per tutto il corso dellet preromana, ampliandosi suc-
cessivamente sempre sullo stesso sedime e con il medesimo orientamento, fino a trasfor-
marsi nei secoli della romanizzazione in un ampio quadriportico di stampo ellenistico.
A partire dalla prima met del I secolo d.C. ubicazione ed orientamento subirono un
radicale cambiamento: le strutture di et romana infatti risultano occupare anche larea
posta a settentrione delle strutture preromane mentre il rispettivo orientamento, visto-
samente divergente dal precedente, veniva ad allinearsi con quello del quartiere augusteo
individuato nel comparto orientale della citt2.
Anche se le molteplici tematiche relative al santuario sono state argomento del V
Convegno di Studi Altinati3, tuttavia opportuno ritornare sulla descrizione dei resti
riferibili ai primi secoli dellet imperiale, i quali risultano sostanzialmente riconducibili
a due fasi successive, rispettivamente databili alla prima met del I secolo d.C. la pri-
ma e tra la seconda met del I e linizio del III la seconda, e che, anche in questo caso,
appaiono stratificate sul medesimo areale4.
1
Tirelli 2002, Tirelli 2003, Tirelli 2005a, Tirelli 2005b. Per una sintesi generale: Altnoi 2009.
2
Per un quadro aggiornato dellurbanistica altinate: Tirelli 2011a; Tirelli 2011b.
3
Altnoi 2009.
4
Per unanalisi di dettaglio: Cipriano, Tirelli 2009.

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Quella che potremmo definire come la prima iniziativa edilizia presente nellarea
sacra in et ormai pienamente romana costituita da unedicola di modeste dimensioni5,
edificata qualche decina di metri a nord del quadriportico ellenistico, allepoca ancora
esistente. Delledicola restavano unicamente le fosse di fondazione dei sette plinti del
colonnato, forse ligneo nella fase iniziale, sostituito successivamente da elementi pro-
babilmente lapidei, come sembrano suggerire le fondazioni quadrangolari dei plinti in
pezzame laterizio e mattoni6. Deposti allinterno delle fosse di fondazione dei plinti,
sono stati rinvenuti numerosi frammenti di lucerne, in alcuni casi associati a frammenti
di coppe a pareti sottili. La fronte delledificio prospettava su di un pozzo, dotato di
un puteale in trachite; nuovamente frammenti di lucerne e di ceramica a pareti sottili
costituivano il nucleo principale dei materiali rinvenuti al suo interno, databili soprat-
tutto alla prima met del I secolo d.C., ma con qualche attestazione pi tarda che ne
testimonia il perdurare dellutilizzo anche nel periodo seguente. Frammisti ai materiali
del riempimento si rinvennero numerose ossa animali, anche con tracce di macellazio-
ne, riferibili ad ovicaprini, maiali, buoi, uccelli e molluschi marini. Un secondo pozzo,
ubicato originariamente allinterno dellangolo nord-orientale del quadriportico, a circa
20 metri di distanza in direzione sud-est dal primo, doveva anchesso far parte del com-
plesso delle strutture legate al culto in et romana. Il pozzo ha restituito infatti un varie-
gato insieme di materiali, databili tra il I secolo a.C. ed il II secolo d.C., che ne attesta
lutilizzo anche dopo la dismissione e la demolizione del quadriportico stesso, avvenuta
nella prima met del I secolo d.C. Nel settore superiore del riempimento della canna
sono stati rinvenuti, tra i numerosi reperti laterizi e lapidei, anche frammenti pertinenti
al puteale in arenaria, la cui conformazione, a fusto liscio con cornici di coronamento e
di base modanate e ghirlanda mediana di foglie stilizzate, richiama il modello dellaltare
cilindrico, tanto amato dalla produzione scultorea altinate. Dagli strati inferiori proven-
gono, oltre a frammenti ceramici di I e II secolo d.C., manufatti in legno, una ventina
di pedine, una statuetta fittile di Telesforo, una testina femminile diademata essa pure
fittile, una figurina femminile acefala in osso, tre gemme inquadrabili nella seconda
met del I secolo a.C. ed un nucleo di 215 monete databili dagli ultimi decenni del
I secolo a.C. al II secolo d.C., con una particolare concentrazione in et flavia. A tali
reperti si aggiungono molteplici resti faunistici riferibili ad uccelli, ad un gran numero
di molluschi ed a tre cuccioli di cane neonati, ed una notevole quantit di resti botanici,
tra cui molti semi di frutta coltivata e numerosi rami di olmo, frassino, pioppo, salice,
carpino, noce, ginepro e pino da pinoli.

5
5 x 6,5 metri.
6
2 x 2 pedes.

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La fisionomia del luogo di culto risulta sottoposta nel corso della seconda met del
I secolo d.C. ad una radicale trasformazione, avviata probabilmente con lintervento
preliminare dello scavo di un sistema di fossati che, oltre a ridefinire lassetto idraulico-
ambientale dellarea, ne comportava inevitabilmente anche significative suddivisioni
funzionali, incorniciando nel contempo lo scenario del santuario in un ideale confine
acqueo (fig. 2). Allineati entrambi con il margine occidentale del lungo fossato che
attraversava lintera area in direzione nord-est/sud-ovest, sono venuti in luce i resti di
due strutture isorientate, distanti una quarantina di metri luna dallaltra. Di quella
meridionale, apparentemente una sorta di recinto, si rinvennero unicamente i resti delle
fondazioni murarie perimetrali che delimitavano uno spazio di 27 metri per pi di 24,
al cui interno vennero individuate alcune fosse di diverse dimensioni. A nord, inqua-
drato nellangolo disegnato dallincrocio di due fossati trovava posto quello che sembra
lecito interpretare come un bosco sacro, che copriva unarea quadrangolare approssi-
mativamente di 28 x 20 metri, e che ospitava lungo il margine orientale un piccolo
tempio tetrastilo orientato ad ovest. Questultimo7, il cui schema planimetrico risulta
tipologicamente assimilabile a quello degli edifici a cella trasversale, presentava fronte
colonnata, come documentano quattro fosse di spolio circolari ubicate, rispettivamente
due a ridosso dellestremit dei muri laterali e due, con interasse maggiore, nel settore
centrale. Del muro di fondo, dotato di quattro contrafforti, e dei due muri laterali resta-
va unicamente il primo corso di fondazione8.
Tutta larea quadrangolare conservava la documentazione di apprestamenti destinati
alla messa a dimora di piante, in quanto risultava percorsa da una fitta serie di cavit, in
molte delle quali era rilevabile levidenza di apparati radicali, quasi tutte ad andamento
circolare con diametro variabile tra i 60 e i 110 centimetri, alcune dotate anche di una
corona di zeppatura (fig. 3). Sulla scorta degli allineamenti, delle peculiarit dimen-
sionali e delle caratteristiche strutturali si identificato un reticolo regolare, composto
da 22 fosse disposte su tre file parallele davanti al tempietto e su due file singole lungo
ciascuno dei lati di questo, che sembra verosimilmente attribuibile al primo allestimento
del bosco sacro, cui dovettero di necessit seguire successive ripiantumazioni ed integra-
zioni. Dimensioni e distanza reciproca delle fosse risultano inoltre ben accordarsi con la
messa a dimora di alberi ad alto fusto come il salice, lolmo ed il carpino, specie cui sono
riferibili numerosi rami rinvenuti nel pozzo meridionale. I materiali ritrovati allinterno
delle fosse, frammenti ceramici, vitrei e lapidei, datano la realizzazione dellimpianto
a partire dalla seconda met del I secolo d.C. Delle tre file antistanti il tempietto, va
notato inoltre che, mentre quella pi prossima alledificio conta sei cavit, riproponen-

7
12 x 5 metri.
8
In scaglie lapidee e pezzame laterizio legati a malta.

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done quindi il ritmo della facciata, le altre due, dispari, che ne annoverano invece sette,
risultano progettate con un elemento centrale. In questa prospettiva risulta di particolare
interesse il rinvenimento di unalta concentrazione di frammenti, ancora una volta di
lucerne e di ceramica a pareti sottili, allinterno della fossa centrale del secondo allinea-
mento, a indicare, sembrerebbe, un significativo elemento di culto, se non uno di quegli
alberi sacri documentati in molti santuari laziali9.
Il boschetto veniva ad essere racchiuso ad est dal fossato e lungo gli altri tre lati da
una serie di elementi strutturali di recinzione, probabilmente realizzati in un secondo
tempo, di cui restavano unicamente le fosse di spolio, due in corrispondenza dei lati
nord e sud, e tre del lato ovest, dove si conservava un lacerto di fondazione in sesquipe-
dali. Risultava cos rispecchiata la prescrizione augurale di varroniana memoria per cui
omne templum esse debet continuo septum nec plus unum introitum habere10. Problematico
risulta evidentemente nel nostro caso identificare lintroitum, localizzabile usualmente
nel perimetro anteriore.
Va rilevato da ultimo che il bosco sacro, nella sua strutturazione arborea che diventa
quasi architettonica, ed il tempietto tetrastilo sembrano richiamare nel loro complesso
la planimetria di un periptero sine postico, al cui modello tutta la composizione appare
adeguarsi (fig. 4).
Il numeroso materiale rinvenuto negli strati di riempimento dei fossati, per quanto
in condizioni di estrema frammentariet, lascia trasparire, pur in via indiretta, sia lim-
magine dellapparato architettonico del tempietto, come i frammenti di capitelli corinzi,
di colonne e di fregi modanati, sia la presenza di elementi pi strettamente collegati al
culto, quali frammenti di cornici di are, di lastre e lastrine, anche iscritte, di piccola
coroplastica11 e di produzione statuaria, come una bella testa maschile in pietra tenera
di Vicenza. A questi sembra verosimilmente di poter aggiungere anche lormai noto
frammento di lastra marmorea iscritta menzionante Giove, rinvenuto nei pressi dellarea
in questione12. In tale scenario si inquadrano anche i due pozzi, entrambi utilizzati come
anticipato fino al II secolo d.C., di cui ipotizzabile, oltre ad una funzione strettamente
legata alle pratiche di culto, forse anche un impiego di carattere pi pratico come quello
dellirrigazione delle piante.
Levidenza di successivi interventi di sistemazione delle cavit e di scavo di nuovi al-
lestimenti, talvolta con la realizzazione, documentata in pi casi, di due buche contigue

9
Coarelli 1993, p. 51.
10
Varro ling. 7.13.
11
Si segnala una statuetta di Artemide frammentaria.
12
Cfr. Cozzarini et aliae 2001; Cresci Marrone 2001; Cresci Marrone 2009; Cresci Marrone
2011: [- -I]ovis [- - / - -] exterio[rem- - / - -] et supell[ectilem - / - cum s]uis omn[ibus - /
- -]tius [- - / - -]tus [- - / - -]uus [- -].

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Il bosco sacro nel santuario di Altino: una proposta di lettura

che rimanda alla pratica, attestata anche da Virgilio13, di sorreggere con un palo il fusto
di un albero appena piantumato, documenta il perdurare del mantenimento dellassetto
del luogo di culto per lintero arco di vita, che risulta concludersi agli inizi del III secolo
d.C. La fine dellapprestamento appare significativamente sancita da un atto rituale, i cui
esiti sono documentati da un deposito votivo venuto in luce allinterno della cavit pi
prossima, in direzione nord, alla gi ricordata fossa centrale del secondo allineamento.
Racchiusa in una teca formata da tegole e poggiante su di un piano di tessere in cotto,
era stata infatti deposta una mandibola equina, il cui rinvenimento non pu non evoca-
re, da un lato analoghe pratiche rituali connesse al culto del cavallo che appaiono, fino
dallet arcaica, peculiari del santuario altinate, e dallaltro un piaculum, un sacrificio
espiatorio quindi compiuto forse in occasione dellabbattimento finale degli alberi.
Nellambito della documentazione archeologica disponibile, appartenente per la
maggioranza allet repubblicana, i monumenti pi significativi con cui confrontare il
caso altinate risultano sicuramente il santuario di Gabii, dedicato probabilmente a Giu-
none, uno degli esempi pi antichi conservati nel Lazio di un complesso ellenistico, da-
tabile alla met circa del II secolo a.C.14, ed il santuario iberico di Munigua di et flavia,
che ne riflette il modello15. Del resto, come giustamente rilevato da Filippo Coarelli16,
tali apprestamenti risultano forse molto meno isolati di quanto finora supposto, ma solo
raramente rilevati come nei pochi casi conservati eccezionalmente, in quanto la man-
canza di pavimentazione in tante aree circostanti il tempio, unitamente al contestuale
rinvenimento di infrastrutture idrauliche, potrebbero indirettamente indiziare in molti
altri santuari la presenza di altrettanti giardini sacri.

Le pratiche rituali

Partendo da tale realt documentaria opportuno indagare il fatto religioso attraver-


so la ricostruzione, se possibile, degli eventi liturgici, della modalit di vita cultuale, dei
gesti rituali compresi allinterno del quadro topografico appena definito. Per conseguire
tale obbiettivo soccorrer, a livello di confronto e talora di supplenza, quanto noto in
riferimento ai boschi sacri, sia, in termini generali, attraverso i dati lessicografici e le
testimonianze antiquarie sia, pi in particolare, attraverso le evidenze archeologiche, le
fonti letterarie e i documenti epigrafici assimilabili al caso di studio in esame.

13
Verg. georg. 2.223-25: Hic plantas tenero abscindens de corpore matrum / deposuit sulcis, hic stirpes
obruit arvo / quadrifidas sudes et acuto robore vallos.
14
Lauter 1968; Santuario de Juno 1982; Coarelli 1993, pp. 48-51.
15
Coarelli 1987; Coarelli 1993, p. 51.
16
Coarelli 1993, p. 51.

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A proposito della delimitazione e dellaccesso, dal complesso di testimonianze emer-


ge con chiarezza limportanza della definizione dello spazio boschivo di propriet della
divinit tramite un elemento separativo visivamente non equivoco. Tale preoccupazione
ricordata ad esempio nelliscrizione del monte Oppio nella quale i magistri et flami-
nes Montanorum montis Oppi sacellum claudendum et coaquandum et arbores serundas
coeraverunt, cio curarono che il sacello venisse chiuso, nonch spianato, e venissero
piantati degli alberi17; una simile operazione si registra nelliscrizione di I secolo a.C. di
Cosilinum in cui si ricorda come si provvide alla costruzione circa lucum, di un muro
(murum) e di un ingresso (ianuam)18.
Sotto il profilo religioso infatti la delimitazione era funzionale ad evidenziare il dif-
ferente statuto che connotava la dimensione spaziale: umano, quello esterno alla re-
cinzione, divino, quello interno, il quale necessitava di apposite precauzioni rituali per
consentire laccesso. I vincoli di frequentazione e i regolamenti del lucus, espressi da
apposite leges, erano debitamente pubblicizzati su supporti solitamente apposti in pros-
simit degli accessi allo spazio recintato19. Nel caso della lex luci Spoletina la sua scrittura
esposta fu, ad esempio, replicata in due copie gemelle che stato ipotizzato corrispon-
denti ai due accessi dellarea sacra20.
Nel caso altinate risulta documentata la presenza di una struttura di recinzione, an-
che se messa in opera solo successivamente alla piantumazione degli alberi e supplita
lungo un lato dal fossato che scorreva alle spalle del tempietto. Laccesso, condizionante
evidentemente linizio e la fine del percorso devozionale, non individuabile sulla base
della documentazione archeologica, ma solo ipoteticamente localizzabile in corrispon-
denza del lato ovest, secondo il modello canonico.
Un altro elemento connotativo e preferenziale dei luci sacri era costituito dalla pre-
senza dellelemento-acqua, che svolgeva talora funzione salutifera, talaltra oracolare21.
Ad Altino lo scenario stesso del santuario risulta incorniciato allinterno di una deli-
mitazione acquea e significativamente dotato di due pozzi, dei quali luno interno, anti-
stante il tempietto tetrastilo e compreso tra due file di alberi, laltro ubicato allesterno,

17
CIL I2, 1003 = Supplementa Italica. Imagines n. 1236: M[ag(istri)] et flamines / Montan(orum) montis
/ Oppi / de pecunia Mont(anorum) /5 montis Oppi / sacellum / claudend(um) / et coaquand(um) / et arbores /10
serundas / coeraverunt. Sul testo si vedano LTUR III, s.v. Montes, p. 282 (A. Fraschetti) e Nonnis 2003,
p. 27.
18
CIL I2, 1688: Ansia Tarvi f. / Rufa ex d(ecurionum) d(ecreto) circ(a) / lucum macer(iam) / et murum et
ianu(am) / d(e) s(ua) p(ecunia) f(acienda) c(uravit).
19
Cos Benucci 1999, p. 83, nt. 3.
20
CIL XI, 4766 = CIL I2, 366 = ILS 4911= ILLRP 505-506. Sul tema Panciera 1994 (ora 2006) e
Sisani 2012, pp. 421-422, nonch p. 442.
21
Per larea veneta cfr. un momento riassuntivo del rapporto fra lacqua e il sacro in Bassignano
2006, con bibliografia precedente.

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Il bosco sacro nel santuario di Altino: una proposta di lettura

oltre il fossato. I materiali rinvenuti nei pozzi sembrano indicare per entrambi ruoli spe-
cifici nellambito liturgico, probabilmente diversificati in relazione allo svolgimento del-
le procedure cultuali. I resti di sacrifici animali e di strumenti liturgici minuziosamente
frantumati, quali i frammenti di coppe e lucerne, racchiusi allinterno del primo dei due
pozzi, alludono infatti significativamente agli atti finali del ciclo rituale, la cui conclu-
sione prevedeva la defunzionalizzazione degli strumenti impiegati e lobliterazione degli
esiti del sacrificio. Labbinamento di coppe, connesse ad usi lustrali forse anche legati al
pozzo stesso, e di lucerne, elementi funzionali di arredo evocanti anche riti notturni, vie-
ne del resto significativamente rispecchiato, come vedemmo, da altre liturgie praticate
allinterno del santuario altinate, riferibili forse a peculiari ritualit di fondazione, come
nel caso delle trincee dei plinti del primo sacello, o di sacralizzazione, come nel caso della
fossa di allocazione dellalbero centrale dellapprestamento.
Diverso il ruolo rivestito dal secondo pozzo, contenitore di molteplici doni o offerte
alla divinit, in natura quali fichi, susine, ciliegie, pesche e noci, preziosi quali gemme e
monete, carichi forse di pregnanti significati simbolici quali le statuette fittili e in osso,
le pedine ed i manufatti lignei. Allusivi forse a specifiche ritualit praticate allesterno
dellarea sacra sembrano essere inoltre i resti animali, appartenenti esclusivamente ad
uccelli, a molluschi in gran quantit ed a tre cuccioli di cane neonati.
Il nostro con tutta evidenza un boschetto artificiale che richiese, al momento del
suo impianto, una preordinata messa a cultura delle essenze arboree. Dalle Bucoliche
virgiliane, come anticipato, conosciamo le modalit operative di tale apprestamento che
si traduceva nellinfissione di pali di sostegno i quali producono, evidentemente, mol-
teplici fori a supporto di ciascuna essenza; dalla gi menzionata iscrizione del monte
Oppio conosciamo la formulazione lessicale di tale operazione, cio arbores serere. Da
Catone conosciamo per anche il rito prescritto per la messa a coltura di nuove piante,
cio il piaculum operis faciendi causa22. Tali indicazioni sono confermate e precisate dagli
Atti dei Fratelli Arvali, i quali illustrano le modalit rituali per consentire le due opera-
zioni, quella riferita alla potatura degli alberi, detta lucum coinquere, e quella riferita alla
sostituzione degli alberi morti con la messa a coltura di nuove piante, detta opus facere.
Tale rito espiatorio preliminare si sostanziava nel sacrificio di due scrofe piacolari23.
stato ipotizzato che il piaculum fosse finalizzato a consentire lintroduzione dei sacerdoti,

22
Cato agr. 139-140 (Plin. nat. 17.28.267): Lucum conlucare Romano more sic oportet: porco piaculo
facito, sic verba concipito: si deus, si dea es, quoium illud sacrum est, uti tibi ius est porco piaculo facere illiusce
sacri coercendi ergo harumque rerum ergo, sive ego sive quis iussu meo fecerit, uti id recte factum siet, eius rei ergo
te hoc porco piaculo immolando bonas preces precor, uti sies volens propitius mihi domo familiaeque meae libe-
risque meis: harumce rerum ergo macte hoc porco piaculo immolando esto. Si fodere velis altero piaculo, eodem
modo facito, hoc amplius dicito:operis faciundi causa.
23
Sul tema cfr. Scheid 1990, pp. 554-558.

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Giovannella CRESCI MARRONE, Margherita TIRELLI

cio di uomini, in uno spazio loro interdetto, a istituire, cio, uno spazio umano in un
luogo strettamente divino, e che lannuale potatura riproducesse latto di introdurre nel
bosco sacro la chiarit necessaria agli uomini per celebrare il culto, permettendo lincon-
tro con la divinit e dunque in funzione dellatto rituale24.
Peraltro le azioni di potatura sono quelle descritte anche dalla Lex luci Spoletina che
recita: Questo bosco sacro nessuno profani, n alcuno asporti su carro o a braccia ci
che al bosco sacro appartenga, n lo tagli, se non nel giorno in cui sar fatto il sacrificio
annuo; in quel giorno sia lecito tagliarlo senza commettere azione illegale in quanto lo
si faccia per il sacrificio. Se qualcuno lo profaner, faccia espiazione offrendo un bue a
Giove; se lo far consapevole di commettere azione illegale, faccia espiazione offrendo
un bue a Giove ed inoltre paghi 300 assi di multa. Il compito di far rispettare lobbligo
tanto dellespiazione quanto della multa sia svolto dal dicator25. Tali azioni sono con-
fermate dalla Tabula Veliterna che cos si esprime in osco: (Questo) stabilito per la
dea Declona: se qualcuno che far una potatura (di fogliame e legno) avr preso per s
(lo sfalcio), ci sia un sacrificio. (Il colpevole) metta a disposizione un bue e un asse per
i vasi (colle polte) e (un altro) per il vino. Se (prender lo sfalcio) con lapprovazione
dellassemblea, latto di asportazione sia considerato senza contaminazione. Eg(natius)
Cossutius (figlio) di Se(ppis) e Ma(rcus) Tafanius (figlio) di Ga(ius), meddices (l)hanno
stabilito26. Sono regole che accumunano tutti i boschi sacri del mondo italico; esse
rispondono alla descrizione di tali aree come luoghi impenetrabili allinterno dei quali
si predispone annualmente unopera di sfrondatura, ritualmente regolamentata, che im-
pedisce lasportazione dei rami senza preventivo sacrificio. Tali prescrizioni concernono
anche la rimozione degli alberi caduti come si apprende dai verbali dei Fratelli Arvali per
il lucus della dea Dia: quando un albero caduto per vecchiaia nel lucus della dea
Dia, sia approntato un sacrificio nel bosco, n sia asportato nessun legno27.
Nel caso altinate i numerosi rami rinvenuti allinterno del secondo pozzo, se riferiti
come ipotizzato agli alberi presenti nel bosco sacro, rappresenterebbero una significativa
24
Cos Broise, Scheid 1993, pp. 150-151.
25
CIL I2, 366: Honce loucum / nequ<is violatod, / neque exvehito, ne//ue / exfertoquod luoc//i /5 siet, neque
cedito / nesei quo dies res de//ina / anua fiet; eod die, / quod rei dinai cau//sa / fiat, sine dolo ced//re /10[l]icetod.
Siquis / violasit, Iove bov//id / piaclum datod; / seiquis scies / violasid dolo ml//o, /15Iovei bovid piaclu//m / datod
et a(sses) ((trecenti)) / moltai suntod; / eius piacli / moltaique dicator//[ei], /20exactio est[od]. Per la traduzione si
veda Panciera 1994, p. 30 [906].
26
Vetter 1953, pp. 156-158, n. 222 = Rix 1992 (da cui la traduzione): Deve Declune statom. Sepis
atahus pis velestrom / faia esaristrom se. Bim asif vesclis vinu arpatitu. / Sepis toticu covehriu sepu ferom pihom
estu. / Ec. Se. Cosuties, Ma.Ca. Tafanies medix sistiatiens.
27
CIL VI, 2023, I = ILS 5042: quod] / [Cn(aeus) Corneliu]s Cn(aei) f(ilius) Lentulus augur, mag(ister)
in locum [- -] /[factus, ad] fratres Arvales rettulit: arborem /[in luco deae] Diae vetustate cecidisse q(uid) d(e)
e(a) r(e) f(ieri) p(laceret) d(e) e(a) r(e) i(ta) c(ensuerunt): /5[cum arbo]r vetustate in luco deae Diae cecidisset ut
/[in luc]o ad sacrificium consumeretur neve quid / [ligni] exportaretur. Cfr. Broise, Scheid 1993, p. 152.

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Il bosco sacro nel santuario di Altino: una proposta di lettura

conferma a quanto documentato dalle fonti circa la potatura da eseguirsi nel giorno
del sacrificio annuo, i cui esiti sarebbero stati quindi in questo caso ritualmente sepolti
allinterno del pozzo, ubicato allesterno del bosco stesso. Parallelamente, in questa pro-
spettiva, la presenza delle monete e dei resti animali potrebbe rispettivamente documen-
tare la prescrizione del pagamento espiatorio per la profanazione del bosco e lofferta di
un sacrificio animale che, nel caso dei molluschi, appare peculiare dellambiente perila-
gunare altinate.
Dalla documentazione letteraria si ricava che gli alberi nei luci non sono solitamente
di specie fruttifera, connotazione invece propria dellhortus e la mescolanza di essenze
vegetali sembra essere la regola28. La fisionomia del bosco altinate non sembra discostarsi
da tale consuetudine: tra le diverse tipologie riferibili ai resti rinvenuti nel pozzo, olmo,
salice e carpino, tutti alberi dalto fusto, risultano infatti le specie meglio compatibili,
come si visto, con la documentazione restituita dal terreno.
I luci sacri sono soliti ospitare non solo alberi ma anche una pluralit di componenti
architettoniche e di apprestamenti funzionali29. Non stupisce, dunque, che il testo fram-
mentario delliscrizione menzionante Giove, rinvenuta nei pressi del bosco artificiale al-
tinate e verosimilmente ad esso relativa, ricordi la dedica, da parte di un soggetto rimasto
anonimo per la lacunosit della pietra, di suppellectiles (oggetti sacri) e verosimilmente
di ornamenta (elementi di arredo) (fig. 5). Inoltre laggettivo exterior sembra suggerire
lesistenza di un limite separativo tale da consentire al lettore il riconoscimento di un
dentro e di un fuori, di un interno e di un esterno30. Problematico risulta, per, risalire al
sostantivo cui lattributo era connesso; si trattava forse di un apprestamento strutturale
(una porticus, una pars, etc.), interpretabile quale annesso funzionale o quale struttura di
accoglienza dei devoti, ma pi probabilmente esso alludeva allubicazione dellarea sacra
in riferimento allarea urbana, per marcarne la qualificazione esterna in opposizione a
quella interna capitolina, la cui ubicazione stata recentemente individuata31.
Ovviamente non mancavano gli ex voto32. I frammenti lapidei iscritti, rinvenuti
allinterno dei riempimenti dei fossati perimetrali appartengono per lo pi alla tipologia
delle lastre33; presumibile che esse fossero oggetto di affissione tabellare alla parete del

28
Jacob 1993, pp. 40-44 e Montepaone 1993, p. 70.
29
Ancora Jacob 1993, pp. 36-37. Si veda, a livello esemplificativo, il testo epigrafico CIL VIII, 10627
= 16532 = ILAlg 2996: [- -] s(acrum) [- -]/[- - conservatri]ci populi R(omani) /[- - - -] / [- -]
M(arcus) Val(erius) Novius Elphideforus / coronatus cistifer cum suis / lucum(!) a solo cum signis et ornamentis /
suis fecerunt et dedicaver(unt).
30
Si veda nt. 12.
31
Sul concetto di liminarit e sulla sua definizione in Altino cfr. Cresci, Tirelli 2007. Sullindividua-
zione del Capitolium cfr. Tirelli 2011c, p. 63.
32
Sul tema dellallocazione degli ex voto nei boschi sacri cfr. de Cazanove 1993.
33
Cresci Marrone 2009; Perissinotto, Palermo 2009.

173
Giovannella CRESCI MARRONE, Margherita TIRELLI

tempietto testrastilo34; pi difficilmente la loro conformazione si presta a corrispondere


alle memores tabellae appese agli alberi cui fa riferimento Ovidio nella narrazione del
mito dellempio Erisittone profanatore di boschi sacri, laddove menziona unimmensa
quercia dal tronco annoso tale che essa sola era un bosco; al mezzo la cingevano infule
sacre, tavolette commemorative e ghirlande di fiori, testimonianze desauditi voti35.
presente, anche se in misura inferiore, la tipologia delle are votive, che sono giunte o,
in forma frammentaria o, lunica integra, in forma anonima (fig. 6)36. Limpiego per la
maggior parte dei casi del marmo per il supporto dei votivi iscritti ben si accorda con la
destinazione religiosa, avvertita come privilegiata, di prestigio, a fronte di un impiego
assai raro di tale litotipo nellepigrafia altinate che predilige in et imperiale per gli usi
consuetudinari il calcare di Aurisina37. La presenza di statue infine documentata dal
rinvenimento della bella testa maschile.
Circa la titolarit della struttura sacra, di nessun aiuto si rivela lo strumento com-
parativo, poich i luci sacri italici contano casi sia di titolarit divina femminile che
maschile, sia unica che mista. Nel caso di Altino le risultanze sono contraddittorie. Il
numero limitato delle lettere conservate nei frammenti votivi non consente di indivi-
duare con certezza alcun teonimo: a titolo esemplificativo, il lacerto di tabella marmorea
contenente il nesso -ER potrebbe, in via del tutto teorica, costituire la parte interna del
teonimo Min]er[va o di quello M]er[curius, o di quello H]er[cules, ovvero del vocabo-
lo sac]er[dos38. A tuttoggi, dunque, nessuna altra entit divina attestata con certezza
quale destinataria di culto nel santuario se non Giove, menzionato in caso genitivo nella
gi ricordata lastra marmorea di dedica. In essa la probabile presenza di un epiteto di
corredo al teonimo giovio, suggerita dalla quasi certa integrazione della riga 4 omn[ibus

34
Cfr. per le tabelle attaccate alla parete di un tempio Hor. carm. 1.5.13-16: Me tabula sacer / votiva
paries indicat uvida / suspendisse potenti / vestimenta maris deo.
35
Ov. met. 8.741-745: Ille etiam Cereale nemus violasse securi / dicitur et lucos ferro temerasse vetustos. /
Stabat in his in gens annoso robore quercus, una nemus; vittae mediam memoresque tabellae / sertaque cingebant,
voti argumenta potentis.
36
Cfr. Cresci Marrone 2009, fig. 2 a cui si aggiunga il reperto rinvenuto nel 2011 dal semplicissimo
testo: V(otum) s(olvit) l(ibens) m(erito).
37
Per luso del marmo nei contesti altinati cfr. Capiotto 2006-2007.
38
AL 49167+49214: - - - ? / [- -]er[- - /- -]cin[- - /- -]ol[- -/- -]+ L[- - ] / - - - ?
Per simulazioni ricostruttive cfr. Palermo 2004-2005, figg. 8-9. La presenza di Minerva, Mercurio ed Erco-
le nel municipio lagunare per ora limitata a numerosi bronzetti probabilmente riferibili a larari domestici,
per i quali si veda Sandrini 2001, pp. 185-195. Per lattestazione di un sacerdos, probabilmente altinate,
cfr. CIL V, 2181 su cui Zampieri 2000, pp. 151-152 n. 21. Infine, le due litterae singulares incise su due
frammenti solidali (AL 45449+45448) autorizzerebbe lipotesi della lettura D(eo) O(ptimo) [M(aximo)], ma
la presenza di pedici di lettere nella parte superiore implica che non si tratti di una prima riga che meglio si
attaglierebbe ad ospitare il teonimo.

174
Il bosco sacro nel santuario di Altino: una proposta di lettura

ornamentis], ha spinto ad avanzare la proposta Altinatis39, sulla base del nome della divi-
nit Altno/Altino che le attestazioni votive in lingua venetica documentano come unica
divinit presente nellarea sacra fino al II secolo a.C.40. Tale epiteto, esito assimilativo del
nume locale, si dimostra compatibile con lo spazio mancante sulla destra e trova confor-
to di analogia in altri numerosi esempi nei quali Giove accompagnato da unepiclesi
derivante dal nome della divinit epicorica.
Le evidenze archeologiche indirizzano tuttavia verso altre direzioni. gi stato osser-
vato infatti come, pur tra i modesti indicatori disponibili, sia il sacrificio del cane, do-
cumentato dai resti rinvenuti nel pozzo esterno, che il gran numero di lucerne evocanti
rituali notturni, rinvenute frammentate in contesti diversi ma accomunati comunque
da una pregnante sacralit, riflettano concordemente ritualit dai profondi connotati
ctonii, la cui convivenza accanto al culto giovio risulta per problematica e difficilmente
prospettabile, poich ridurrebbe Giove ad un semplice synnaos.
Il bosco sacro che emerge da tale disamina potrebbe essere ricondotto, sotto certi
aspetti di carattere principalmente formale, al modello attestato nei santuari di tradizio-
ne ellenistica ma, attesa la coincidenza topografica con unarea santuariale di lunghissi-
ma tradizione veneta, altres ineludibile domandarsi se non si tratti invece di un puro
rivestimento formale di precedenti contenuti cultuali indigeni. infatti noto come in
area alto-adriatica in generale e in area veneta in particolare sia attestata una tradizione
locale di boschi sacri, la cui esistenza trova inoltre un significativo riscontro, allinterno
del patrimonio archeologico-linguistico venetico, nel testo del noto cippo patavino Pa
14, che fa esplicita menzione di un lucus41.
La testimonianza di Strabone, dipendente verosimilmente da Timeo, ha ubicato,
come noto, presso i Veneti due alse dedicati rispettivamente ad Era Argiva e ad Arte-
mide Etolica, caratterizzati da forti aspetti connotativi: laddomesticamento delle fiere,
la convivenza di cervi e lupi, la garanzia di salvataggio della selvaggina dallinseguimento
dei cani. Collegata agli alse risulta inoltre la nota leggenda, citata di seguito nel mede-
simo passo, che vede come protagonisti un garante, un lupo e delle cavalle licofore42.
La critica ha a lungo dibattuto il tema, sia in relazione allubicazione dei boschi sia
al riconoscimento dei portatori di tali culti43. C chi vi rinviene le tracce di riti ellenici

39
Cos Colonna 2005, pp. 328-329.
40
Marinetti 2009.
41
In generale Lejeune 1993; sul testo patavino cfr. Prosdocimi 1979; Marinetti, Cresci Marro-
ne 2011, pp. 290-291, fig. 7-8; Montagnaro 2011.
42
Str. 5.1.9.
43
Si vedano Braccesi 1984, pp. 13-15; Lepore 1986, pp. 149-150; Mastrocinque 1987, pp. 72,
84; Strazzulla 1987, pp. 86-87; Braccesi 1988, p. 137; Lepore 1989, pp. 113-114; Montepaone 1993,
p. 71; Fontana 1997, p. 138; Rossignoli 2004, pp. 71-90, 208-216.

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Giovannella CRESCI MARRONE, Margherita TIRELLI

impiantati in area alto adriatica dai primi frequentatori greci, chi ritiene invece che i
dati straboniani travestano di una patina ellenica realt religiose indigene. In entrambi
i casi presumibile comunque che il riferimento andasse rivolto a realt topografiche
costiere, in quanto le pi facilmente individuabili oltre che accessibili dai frequentatori
delle rotte marittime.
Il santuario veneto in localit Fornace, la cui posizione litoranea ne determina fin
dalle origini la vocazione emporica, non si pu evidentemente sovrapporre allalsos del
racconto straboniano, anche se alcune delle metafore sottese dal racconto stesso, quali la
convivenza di realt etniche diverse, e in taluni casi potenzialmente conflittuali, e lasylia
rimandano innegabilmente alla peculiarit stessa dei santuari emporici ed allala della
protezione divina operante allinterno dei loro temenoi.
Nessuna evidenza per finora emersa di una presenza divina femminile, mentre la
documentazione archeologica ne attesta esplicitamente la titolarit della divinit ma-
schile encorica Altino/Altno, ed anche la frequentazione, per quanto traspare dalla natura
dei votivi, sembra far prevalere connotati maschili e guerrieri. Tuttavia altri dati dimo-
strano come nellarea sacra fossero praticati riti e incubate leggende chiaramente espresse
dal resoconto del geografo: cos i sacrifici dei cavalli, i cui esiti sono stati documentati,
per la prima volta nel panorama veneto del sacro, allinterno di una fossa rituale del
santuario altinate e che risultano adombrati anche da offerte votive44; cos la presenza
del lupo, la cui immagine, posta sulla sommit di un altare, viene restituita da un cippo
dedicato al dio45. Il sacrificio del cavallo in particolare, che proprio ad Altino conosce an-
che su altri versanti numerosi confronti, sembra profondamente radicato nella ritualit
intrinseca del santuario, come emerge anche da peculiari liturgie volte a sigillare la fine
dellutilizzo delle fosse di scarico. A distanza di secoli la medesima ritualit verr prati-
cata, come vedemmo, in un rito di espiazione a sancire la fine, in questo caso definitiva,
del plurisecolare luogo di culto, testimoniando un profondo legame mai interrotto con
la cultualit veneta precedente.
forse una vana esercitazione accademica chiedersi, in conclusione, quale defini-
zione potrebbe attagliarsi al nostro bosco fra le tre (nemus, silva e lucus) elaborate da
Servio46: interest inter nemus et silvam et lucum; lucus enim est arborum multitudo cum
religione, nemus vero composita multitudo arborum, silva diffusa et inculta. Se tutti e tre
sono spazi occupati da una moltitudine di alberi, il nemus sembra sottomesso allazione
umana che lo trasforma in un bosco armonioso, la silva invece sottratta da ogni opera
44
Tirelli 2002.
45
Marinetti, Prosdocimi, Tirelli c.s.
46
Serv. Aen. 1.310: C differenza fra bosco (nemus), foresta (silva) e bosco sacro (lucus). Infatti lucus
definisce uno spazio boschivo cultuale; con il termine nemus si caratterizza uno spazio boschivo regolato, la
silva connotata dal suo essere vegetazione arbustiva estesa e non coltivata.

176
Il bosco sacro nel santuario di Altino: una proposta di lettura

civilizzatrice. Il lucus non n armonioso n abbandonato a se stesso ma regolato dalla


volont del dio, anche se sta nello spazio umano ed caratterizzato dalla dominanza del
sacro, assente negli altri due spazi47. Il caso altinate esclude per certo la silva; laspetto
artificiale, coltivato e ordinato lo connoterebbe come un nemus, ma la presenza sacra lo
qualificherebbe come un lucus: [lucum I]ovis potrebbe, quindi, corrispondere allincipit
del testo inciso sulla lastra marmorea di dedica a Giove48.

Riflessioni in merito in Scheid 1993.


47

Si vedano le altre ipotesi integrative in Panciera 2002, pp. 175-177, oltre che in Cozzarini et aliae
48

2001, pp. 164-165 con simulazione ricostruttiva a p. 169, fig. 2.

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Giovannella CRESCI MARRONE, Margherita TIRELLI

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Giovannella CRESCI MARRONE, Margherita TIRELLI

illustrazioni

Fig. 1 Planimetria di Altino in et imperiale con la localizzazione del luogo di culto in localit
Fornace (da Altino antica. Dai Veneti a Venezia 2011).
Fig. 2 Planimetria relativa alla fase databile fra la seconda met del I e l inizio del III secolo d.C.
(elaborazione grafica di C. Miele).
Fig. 3 Planimetria di scavo (disegno di S. La Camera).
Fig. 4 Ipotesi ricostruttiva del bosco sacro (acquarello di E. De Poli).
Fig. 5 Lastra marmorea con iscrizione di dedica (Archivio Fotografico MANA).
Fig. 6 Aretta votiva (Archivio Fotografico MANA).

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