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i Padri del deserto sono gli eremiti che, dalla fine del III secolo si ritirarono

in luoghi isolati dellalto e basso Egitto, a volte nel deserto (in greco, ermos)
con forme di vita solitaria (anacoretismo), ma anche comune (cenobitismo). I secoli
IV e V furono i periodi di massima vitalita, poi ci fu una progressiva decadenza
fino al secolo VII, in cui la conquista musulmana lo interruppe.

I Padri del deserto vivevano in quasi totale poverta, in capanne o in grotte;


vivevano grazie al lavoro delle proprie mani intrecciando foglie di palma per farne
cesti od altri oggetti utili. A volte si facevano assumere come braccianti
stagionali dagli agricoltori della valle del Nilo.

Fra i centro monastici piu importanti troviamo Nitria (a sud di Alessandria) con
gli eremi delle Celle e la solitudine di Scete, la Tebaide, dove Pacomio fondo nel
323 il primo cenobio.

I Padri del deserto non disponevano di regole scritte, per cui la loro vita fu
libera quanto soggetta ad alcuni inevitabili squilibri.

Nei cenobi, i monaci si riunivano per la sinassi, ossia per la celebrazione


comunitaria dellEucaristia o di altri uffici divini.

In periodi limitati, il monaco si ritirava in assoluta solitudine e in completo


eremitismo. Si alternavano sovente diversi tipi di vita sebbene quella comunitaria
prese il sopravvento.

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Breve profilo spirituale

Il monachesimo degli inizi e quindi quello dei Padri del deserto ha un formidabile
legame con la Sacra Scrittura. Questo appare evidente in alcune scelte precise, che
richiamano il percorso compiuto dal popolo di Dio, soprattutto nell'Antico
Testamento:

1) il deserto, come luogo della prova, della tentazione, dellabbandono in


Dio, della lotta contro i demoni, della precarieta e transitorieta di ogni cosa
(vedi piu avanti);

2) il richiamo ad Abramo e al suo abbandono della patria;

3) i luoghi santi come il Sinai e il Carmelo;

4) la verginita come risposta allinvito di Cristo a seguirlo in una vita


sempre piu perfetta (che ha piu legame col Nuovo Testamento).

Il percorso spirituale compiuto dal monachesimo e stato in primo luogo quello di


rettificare le posizioni dellinizio che portarono ad alcune degenerazioni: scarso
senso ecclesiale, disordini morali, errori teologici, forme di fanatismo. Il
cammino spirituale era visto come un passaggio dalla tristezza alla gioia. Sulla
base delle prime esperienze compiute dai Padri del deserto venne formandosi un
patrimonio comune di dottrina e di idealita. Possiamo individuare alcune tappe
dellideale ascetico, secondo i seguenti temi:
1) pnthos: il tema della compunzione;

2) aptaxis: la rinuncia;

3) anachresis: lallontanamento nella solitudine;

4) skesis: lascesi;

5) agn: il combattimento spirituale;

6) aptheia: il dominio di s;

7) dikrisis: il discernimento degli spiriti;

8) parrhesa: il riacquisto dello spirito colloquiale con Dio;

9) theopoesis: la deificazione.

I temi spirituali non consentono tuttavia di derivare una teologia dei Padri del
deserto. Secondo M. Vannini, nel testo citato, l'esperienza specifica dei Padri
presuppone un certo pelagianesimo, almeno in quanto pone l'accento sulla necessita
dell'impegno personale, e anche sulle autonome capacita dell'uomo e sul suo sforzo,
per conseguire la salvezza. Sta qui la durezza ascetica dei monaci egiziani,
sempre alle prese con l'insuperabile distanza che separa l'uomo da Dio: una
distanza che nessuna pratica ascetica, per quanto rigorosa fino all'impossibile,
puo riuscire a colmare. Senza volere minimamente pretendere di formulare un
giudizio, e chiaro che si giustificano le polemiche di Agostino (e poi di Lutero)
contro il pelagianesimo di tipo monastico se solo si guarda a quella sorta di
bilancio del dare e dell'avere nei confronti di Dio che, a volte, appare negli
apoftegmi dei Padri. Nei suoi aspetti migliori, pero, il rigoroso ascetismo
monastico e funzionale soltanto alla distruzione dell'uomo carnale, dell'uomo
vecchio, dell'uomo esteriore e alla nascita dell'uomo spirituale, dell'uomo nuovo,
dell'uomo interiore. In questo caso l'ascetismo non comporta nessuna pretesa di
merito, nessun giudizio sugli altri che asceti non sono, ma sostiene il netto
primato della carita, che e il vero segno di perfezione, e che e poi quel che
distingue la virtu dei pagani dalla grazia dei cristiani. L'ascetismo realizza la
distruzione totale dell'elemento psicologico determinato e fa emergere il vero io,
l'universale dell'uomo, che perde il suo egoismo, la sua volonta, e diventa
tutt'uno con la volonta divina, unito a Dio nello spirito (cfr. alle pagg. 17-18).

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