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Iniziazione:
memorie di un’Egizia
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Presso le Edizioni Arista:
nella collana delle opere di Anne e Daniel MEUROIS-GIVAUDAN:
- L’ALTRO VOLTO DI GESÙ’ (Memorie d’un Esseno - voi. I)
- LE STRADE D’UN TEMPO (Memorie d’un Esseno - voi. II)
- VIAGGIO A SHAMBHALLA
- LE VESTI DI LUCE: leggere l’aura e curare per mezzo dell’Amore
- TERRA DI SMERALDO: testimonianze dall’Oltrecorpo
- RACCONTI D’UN VIAGGIATORE ASTRALE
- L’INCONTRO CON LUI
- I NOVE SCALINI: cronaca di una reincarnazione
nella collana dedicata alle FAVOLE INIZIATICHE:
- USA CIO’ CHE SEI, di Fun-Chang
- IL SUONATOR DI FLAUTO, di Paule Riby
nella collana SAGGEZZA:
- INIPI, IL CANTO DELLA TERRA, di A. Pazzogna e A.F. Cervo Zoppo
- SAGGEZZA: come far buon uso delle religioni, di Anagarika Silananda
- MEDITAZIONE: cos’è e come praticarla, di Sogyal Rinpoche
- SUFI: oltre l’ultima barriera, di Reshad T. Feild
nella collana FINDHORN:
- LE PORTE INTERIORI, di Eileen Caddy
nella collana I DEVA:
- FRATELLO ELFO, SORELLA FATA, di Johfra, Lórien, Kaijan
- IL RITORNO DEL POPOLO ALATO (Il libro degli Angeli), di Ken Carey
nella collana I GRANDI PRECURSORI:
- GIORDANO BRUNO, IL VULCANO DI VENEZIA, di Y. Caroutch
- LUCI DELLA GRANDE LOGGIA BIANCA, di Michel Coquet
nella collana ALTRI UNIVERSI:
- DI STELLA IN STELLA, di Serge Reiver
nella collana ENERGIE:
- REIKI: energia e guarigione, di Giancarlo Tarozzi
- CASA TRA TERRA E CIELO, di Jean-Charles Fabre
carte:
- I MESSAGGI DELL’UNIVERSO: un gioco di carte per andare oltre la mente
Riceverete gratuitamente il nostro catalogo ed
i successivi aggiornamenti richiedendolo a:
Edizioni ÀRISTA - Casella Postale - 10094 Giaveno (To)
telefono e fax (Oli) 9349128
Prefazione
Introduzione Cerco...................................................................... 1
Cap. I - Il risveglio.............................................................. 6
Cap. II - Luci e leoni........................................................... 15
Cap. Ili - I miei genitori non sono “i miei” genitori...........18
Cap. IV - Un’alba è un’altra cosa! .......................................24
Cap. V - Voglio andarmene................................................29
Cap. VI - Aspiro all’unità..................................................... 36
Cap. VII - L’uomo rosso........................................................ 38
Cap. VIE - Si delinea il mio futuro......... ............................... 41
Cap. IX - L’amore ed i suoi problemi..................................46
Cap. X - Primo incontro con la morte.................................50
Cap. XI - Prime visioni del futuro........................................54
Cap. XII - Il risveglio del passato..........................................57
Cap. XIII - Secondo incontro con la morte.............................62
Cap. XIV - Tenebre..................................................................66
Cap. XV - Una svolta decisiva............................................... 72
Cap. XVI - Lotta per ritrovare la luce.....................................79
Cap. XVII - Auspici..................................................................93
Cap. XVIII- Bagliori..................................................................96
Cap. XIX- Visioni.................................................................101
Cap. XX - L’aurora — Gli Ayur-Veda................................129
Cap. XXI - E la luce fu.......................................................... 144
Cap. XXII - Nota dell’autrice................................................. 147
Cap. XXHI - Il passato diventa presente..................................150
Cap. XXIV - Lui.......................................................................158
Cap. XXV - I figli di Dio........................................................ 167
Cap. XXVI - Anni di preparazione..........................................176
Cap. XXVII - L’albero della conoscenza del bene e del male . 190
Cap. XXVIII - Le dodici paia di qualità gemelle...................... 197
Cap. XXIX- I leoni.................................................................. 206
Cap. XXX- Esercizi di telepatia............................................210
Cap. XXXI- Il futuro...............................................................215
Cap. XXXII - Bo-Ghar ed il bastone della vita.........................229
Cap. XXXIII - Dall’insegnamento di Ptahhotep
Le sette ottave di vibrazioni
L’Arca dell’Alleanza................................236
Cap. XXXIV - La forma delle piramidi.....................................255
Cap. XXXV - I quattro volti di Dio..........................................273
Cap. XXXVI - Le epoche del mondo........................................296
Cap. XXXVH - Ultime preparazioni...........................................309
Cap. XXXVIII - L’iniziazione......................................................326
Cap. XXXIX - Sacerdotessa......................................................364
Cap. XL - Ci rivedremo......................................................370
Cap. XLI - Il leone...............................................................381
Cap. XLH - Nebbia e risveglio..............................................389
Cap. XLHI - Roo-Kha e le dodici compresse........................ 400
Cap. XLIV - ... e compare il giovane sacerdote.....................407
Cap. XLV - ImaeBo-Ghar...................................................411
Cap. XLVI - Le prove si ripetono...........................................416
Epilogo ........................................................................... 422
PREFAZIONE ALL’EDIZIONE FRANCOFONA
Cerco...
Cerco una spiegazione alla vita terrestre. Mi piacerebbe sapere
perché l’uomo nasce, perché, con tanta difficoltà, il bambino diventa
adulto, si sposa, mette al mondo altri bambini che, con altrettanti
problemi, diventeranno adulti, si sposeranno, avranno ancora più
bambini che, in età avanzata, perderanno le facoltà acquisite a prezzo
di immensi sforzi, per poi morire. Un’interminabile catena, senza
inizio né fine! Bambini che nascono continuamente, che apprendono,
che lavorano come matti per sviluppare appieno il loro corpo e la loro
mente, e che dopo un tempo relativamente breve vengono dati in
pasto ai vermi: tutto è ormai consumato.
Che senso può avere tutto questo? L’unico scopo è forse produrre
generazioni future?
E perché coloro che non si preoccupano soltanto di moltiplicare la
loro discendenza e ci lasciano un’opera spirituale, perché si trovano
anch’essi sottoposti alle stesse condizioni? Invecchiano, e la pietra
tombale si chiude su di loro e sul loro talento. Perché mai un Michelan
gelo, un Leonardo da Vinci, un Giordano Bruno, un Goethe e tanti
altri sono venuti al mondo se poi hanno dovuto marcire, divorati dai
vermi che si sono ingrassati sui loro corpi di titani?
No! È impossibile che la vita sulla Terra sia così senza senso!
Dietro a questo ciclo apparentemente interminabile di nascite e morti
ci deve pur essere un senso profondo, per quanto possa apparire in
spiegabile ad una mente confusa; deve pur esserci una ragione piena
mente soddisfacente e sensata, vedendo la cosa dall’altra parte!
Ma dove, e come trovare quest’altra parte, quest’altro lato di ogni
cosa che deve assolutamente esistere? Dove e come trovare la via che
conduce a questa conoscenza?
Chi può indicarmi la direzione, dove trovare una persona che sia
2 Elisabeth Haich
Il risveglio
Simile ad un lampo, un dolore folgorante mi attraversò il corpo;
un attimo dopo, mi ritrovai a terra.
Pericolo! Aiuto! Ma non voglio quest’adulto qui, accanto a me,
quest’uomo spaventato che adesso mi vuole esaminare, non lo voglio!
Non mi piace, la sua presenza mi indispone in questo momento di
pericolo.
Mi precipitai nella camera in cui ci eravamo appena accomiatati
da quella bella estranea, dandole la buonanotte. Sapevo che poteva
aiutarmi e comprendermi; con lei mi sentivo sempre a mio agio: mi
piaceva il profumo che l’avvolgeva e, vicino a lei, mi sentivo sicura.
In quel momento, impaurita, corsi da lei, in cerca di aiuto; gemendo,
le mostrai la mano grassottella che penzolava pietosamente, rifiutan
do di obbedire ai miei comandi. La bella signora mi guardò la mano,
posò precipitosamente l’abito al quale lavorava e gridò:
«Robert! Robert! Presto, vieni!»
Si aprì una porta ed entrò un uomo del quale sapevo vagamente
che apparteneva alla nostra famiglia; lo guardai per la prima volta con
attenzione: era alto, con un volto che sembrava d’avorio, capelli,
barba e baffi neri come l’ebano, e come i suoi occhi. Sprigionava un
tale vigore, una tale forza, che pareva tenesse tutti a debita distanza.
Diede un’occhiata al mio braccio e alla mia mano inutile e disse:
«Un medico, Stefi, chiama subito un medico!»
Zio Stefi corse via, e l’omone chiese come fosse accaduto. Gli rac
contai che, dopo che Greta ed io avevamo dato la buonanotte, zio Stefi
mi aveva preso in spalla e portata fino in camera nostra. Scendendo ero
scivolata e, per impedirmi di cadere, zio Stefi mi aveva afferrata per la
mano: era proprio in quel preciso istante che il dolore mi aveva trapassa
to il polso destro. Poi avevo cercato di muovere la mano, senza riuscirci.
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 7
più. Ma non riuscii a chiarire il mistero degli aghi, perché zio Stefi
entrò con il medico.
Il dottore era alto, impressionante e gentile; mi guardò come se
* N.d.T.: il lettore deve situare questi eventi nell’Ungheria dell’inizio del seco
lo; ne risultano alcune espressioni quali “essere sugli aghi” (cioè: “sulle spine”) che si
prestano nel corso del racconto ad un gioco di parole, e che quindi non sono state
tradotte. Questo vale anche per i termini “Padre” e “Madre”, che abbiamo lasciato
intatti e che traducono meglio di “mia madre” e “mio padre” il senso di estraneità che
anima la protagonista.
8 Elisabeth Haich
Luci e leoni
L’inverno e l’estate si susseguirono e un giorno mi dissero che
avevo quattro anni. Greta andava già a scuola ed io l’ascoltavo con
grande attenzione quando leggeva fiera l’alfabeto. Quando non era a
casa, tormentavo mia nonna, la madre di Padre, che da qualche tempo
era venuta ad abitare con noi, affinché mi leggesse delle storie: ero
curiosa di sapere come sarebbero finite; volevo sempre sapere che
cosa succedeva alla gente, ed ero divorata dalla curiosità per la vita! Era
semplicemente meraviglioso pensare a tutto ciò che poteva succedere!
Naturalmente preferivo le favole, e zia Adi, una sorella di Madre
che veniva spesso a trovarci, era sempre pronta a soddisfare quel mio
desiderio: aveva un volto bellissimo, era adorabile e graziosa come
un gatto. I suoi occhi scuri avevano uno sguardo caldo, e da lei
emanava qualcosa che solo possiedono coloro che sono animati dal
l’amore. Respiravo quel profumo di tenerezza che così poca gente
esalava. Quando arrivava zia Adi, ci precipitavamo gioiosamente su
di lei, tirandole impazienti il cappotto, e gridando: «Zia Adi, raccon
ta!» E lei ci raccontava le più meravigliose storie di fate. Era infatica
bile: sempre favole nuove, le più belle che, in seguito, abbia mai letto
o sentito. Quando ero ammalata, zia Adi veniva, raccontava ed io
dimenticavo la mia malattia: non osava interrompersi, perché allora le
chiedevamo: «... e allora... e poi... e dopo...???» finché non si decide
va a riprendere il corso della favola. Ma quando zia Adi doveva
tornare a casa, da sua madre, quell’altra mia nonna che suonava il
piano così bene, restavo con Greta e la guardavo leggere il suo libro
di fiabe: volevo imparare anch’io. Le fiabe dei giornaletti per bambini
e dei libri non erano certamente belle quanto le fiabe di zia Adi, ma
erano pur sempre delle favole e quindi volevo conoscerle. Cominciai
dunque a studiare più da vicino i libri di Greta: contemplavo a lungo
16 Elisabeth Haich
Padre! A casa mia non era mio Padre, lo era soltanto dove mi trovavo
in quel momento! Infatti, mi era estraneo quanto la bella signora;
semplicemente, mi ero a poco a poco abituata a loro. Erano persone
deliziose che mi volevano bene, per le quali ero importante e che mi
erano molto care; tuttavia, non erano né mio Padre, né mia Madre.
Soltanto l’abitudine aveva fatto sì che li chiamassi in quel modo;
fino a quel momento non ci avevo mai riflettuto sul serio: avevo
preso le cose come venivano giacché stavo bene con loro, mi davano
sicurezza, apprezzavano la mia presenza e trovavano che tutto ciò che
facevo fosse affascinante, delizioso, notevole. Allora, per quale ragio
ne non avrei dovuto sentirmi bene in loro compagnia? Mi succedeva
persino di giocare piacevolmente con Greta, quando lei accettava di
dimenticare di essere più vecchia di me, “più vecchia di tre anni”. Sì,
tutto andava nel migliore dei modi. Zio Stefi veniva spesso, suonava
il piano e mi faceva vedere un sacco di cose affascinanti: faceva per
me delle bolle di sapone, oppure, con il temperino, fabbricava una
raganella con un guscio di noce, o un porcellino con un prugnolo e
degli stuzzicadenti. Una volta, mi portò una scatola di colori e un
pennello: potevo dipingere fiori meravigliosi e multicolori in un qua
derno che era solo miol Finalmente, una cosa che non dovevo divide
re con Greta! Zia Adi con tutte le sue buffe storie, le sue favole, era
adorabile; nonna, la madre di Madre, mi amava molto, era dolce, fine,
e mi sorrideva con molto amore: ogni volta che si sedeva al piano, era
una festa, e la sua musica divina mi incantava; stavo ad ascoltarla
affascinata. In questo campo, Madre ed io eravamo in assoluta armo
nia: entrambe amavamo la musica più di ogni altra cosa.
L’altra mia nonna era una donna molto interessante, che mi rac
contava dei suoi viaggi in paesi lontani, e spesso mi accompagnava al
museo nazionale dove c’erano tante cose affascinanti: grandi farfalle
provenienti da un’altra parte del globo (eppure, io le conoscevo be
nissimo) e certi animali impagliati, immensi, che mi avevano spaven
tata, ma poi Nonna mi aveva rassicurata.
Mi piaceva molto quando tutta la famiglia parlava con stupore e
piacere dei miei “talenti e successi” che, per me, erano del tutto
naturali. A quattro anni, Madre mi mostrò come usare l’uncinetto: in
men che non si dica, avevo confezionato un vestito per la bambola,
quella che restava sempre seduta su una poltrona perché non sapevo
che fame. Era senza vita, mentre io ero attratta solo da ciò che viveva.
Una volta finito il vestitino, si era rivelata una meraviglia per la
famiglia, e questo mi aveva sorpresa molto: se Madre poteva fare
ft Elisabeth Haich
pizzi così fini e così belli, perché mai si stupivano che io sapessi
lavorare con l’uncinetto? I miei dipinti sollevavano un tale entusia
smo che Padre mi aveva regalato un salvadanaio a forma di maialino,
in cui infilava una moneta ogni volta che dipingevo un bel fiore.
Tutto questo, dunque, era così gradevole... Ma un giorno, arrivò quel
la terribile sorpresa: Padre aveva un superiore!
Fu in quel momento che divenni assolutamente cosciente del fatto
di trovarmi qui, in questo ambiente, chiamato “casa”, e che tuttavia
non ero a casa, qui... Casa mia non era qui. Ne ero profondamente
convinta.
Se, in quell’epoca, avessi avuto le conoscenze di fisiologia che ho
oggi, avrei cercato immediatamente di sapere da dove venissero le
idee che mi passavano per la testa; ma, appunto, ero soltanto una
bambina, e sentivo ogni cosa in modo molto diretto, convinta co
m’ero di essere stata strappata con violenza alla mia famiglia. Non
sapevo da dove venissi solo perché nel frattempo avevo dimenticato
ogni cosa: e chi altri, se non coloro che mi chiamavano “la loro
bambina”, avrebbero potuto darmi spiegazioni in proposito? Ma a
quelle domande certamente avrei ricevuto risposte incomprensibili,
che si sarebbero probabilmente concluse con il solito ritornello:
«Aspetta, quando sarai grande!»
Oh, quanto odiavo quelle parole! Aspettare di diventar grande? E
perché perdere ancora tanto tempo, camminando nell’ignoto, nel
buio? Volevo sapere tutto ora, non “un’altra volta”!
Rimuginai tutti questi pensieri fino a sera; quando fu ora di andare
a letto, Madre si sedette al mio capezzale e mi chiese:
«Come mai sei così calma, invece di giocare con la bambola? Sei
andata in giro per tutta la casa riflettendo: cosa ti tormenta? Dimme
lo! Puoi raccontarmi tutto, chiedermi tutto.»
In quel momento l’amavo con tutto il cuore, aveva tutta la mia
fiducia: era dolce, tenera, bella. Mi dicevano spesso che era sempre
pronta a prendere le mie difese quando venivo rimproverata, e che
potevo trovar sempre rifugio in lei; e in quel momento, eravamo così
vicine l’una all’altra che pensai di poterle davvero dire ogni cosa. Le
gettai le braccia al collo e chiesi:
«Madre, da dove mi avete portata, da dove sono venuta fino a
voi?»
Un’espressione di sorpresa le si accese negli occhi, persino un po’
di timore, poi sorrise teneramente e mi disse:
«Esiste un mare grandissimo dove nuotano tutti i bambini piccoli;
Iniziazione: memorie di un 'Egizia 21
sia soddisfatta dei fenomeni della natura e voglia dire al sole come
deve alzarsi! E come fai a sapere che dovrebbe essere diversa, dal
momento che è la prima volta che la vedi? Allora?»
Lo guardai e risposi:
«Non so da dove mi viene questa idea, né dove ho già visto un’al
ba, ma so che è diversa. Il sole deve sorgere in un cielo buio e tutto
deve diventare chiaro istantaneamente, e non in modo noioso, opaco
e grigio, ma meravigliosamente rosso, porpora, luminoso, tutto il
cielo ed ogni cosa sulla Terra deve essere inondata di porpora. De
v’essere molto, molto più bello, più sorprendente, più sublime. So...
me ne ricordo!»
«Ah, ah, te ne ricordi — rispose Padre sorridendo e prendendomi
in giro con dolcezza. — La tua immaginazione è davvero fertile!»
Poi prese la tazza di caffè che Madre gli porgeva ed aggiunse:
«Sono spiacente che l’alba non abbia avuto la fortuna di piacerti;
eppure oggi fa bello, e mi è difficile immaginare uno spettacolo mi
gliore e più colorato. In questo, non posso esserti d’aiuto, sono del
tutto impotente!»
Non risposi, perché stavo tenendo il broncio. Non soltanto a causa
26 Elisabeth Haich
e notai i ciuffi di lunghi capelli neri molto fini che gli pendevano
dalle orecchie, come una scimmietta. Mi ero appena lavata, così fui
autorizzata ad accarezzargli la manina: tutti mi guardavano, tutti era
no così solenni... così gravi...
Ora eravamo in tre bambini, ed ero più sola che mai.
CAPITOLO V
Voglio andarmene
In quel periodo, conobbi la sorella di mio padre: zia Raphaela, che
viveva in un’altra città con suo marito, zio Ferdinando. Vennero a
conoscere il nuovo arrivato, e quella donna così bella, così regale, mi
impressionò. Era alta quanto Padre, simile ad una dea greca, con un
volto di bellezza classica, nobile, imperturbabile, coronato da una
chioma d’ebano. Aveva gli stessi occhi neri e ardenti di Padre, e i
suoi movimenti erano maestosi, pieni di dignità, eppure così affasci
nanti. Era il simbolo della bellezza e della distinzione, e l’amai appe
na la vidi. Ne fui davvero contraccambiata, e spesso mi portava con
sé quando andava a far compere; suo marito era un uomo molto
saggio ed amabile, e ci intendemmo subito. Fu dunque con gran pia
cere che appresi che avremmo trascorso l’estate in un paesino di
montagna, vicino al luogo in cui zio Ferdinando e zia Raphaela vive
vano con i loro bambini.
Fu un’estate magnifica: Padre e zio Ferdinando mi permisero
spesso di accompagnarli nelle loro passeggiate. Com’erano belli, i
boschi ed i prati! Che meraviglia arrivare in cima ad una montagna ed
abbracciare con lo sguardo l’intero paesaggio... Laggiù in fondo, la
città, i villaggi con le loro case minuscole! Sì, qui, ero felice!
Ma di ritorno nell’ambiente familiare, quella gioia svaniva: Greta
era molto diversa da me, i suoi giochi erano molti diversi dai miei e
Madre si dedicava interamente al fratellino nuovo. Non cuciva più
insieme a me, non aveva più il tempo di rispondere alle mie sempiter
ne domande, ed il senso di solitudine si acuì talmente in me che, a
poco a poco, mi staccai da tutti e non partecipai più alle attività
familiari. Per mia Madre ero diventata semplicemente disobbediente.
Una sera, all’ora di andare a letto, Madre mi sgridò: ero rientrata
troppo tardi dal giardino e non volevo andare a dormire. Stetti zitta,
30 Elisabeth Haich
Aspiro all’unità
Un giorno mia madre ricevette l’invito di una cugina che, con i
suoi, aveva traslocato nella nostra città; ci vennero incontro sulla
scala esterna e i due ragazzi ci guardarono dall’alto in basso, mentre
noi li ispezionammo dalla testa ai piedi, senza una parola, fino al
momento in cui ci mandarono nella camera dei bambini.
Ci trovammo d’un tratto immerse in un universo maschile: un
treno che scivolava sulle sue rotaie, una tipografia in miniatura e una
lanterna magica. Ne fui molto impressionata, ma ciò che soprattutto
mi impressionò fu la quantità di libri che vidi: tutti libri di Giulio
Veme! Fu davvero un incontro importante e tornammo a casa a tarda
ora. Le due famiglie simpatizzarono, e ci incontrammo regolarmente
ogni settimana: quei pomeriggi si rivelavano gradevoli e divertenti,
perché i due ragazzi erano allegri e ben educati.
Come avevo letto una volta in un libro, ero alla ricerca “di un’uni
tà eterna nell’amicizia”, ma i miei compagni di scuola si facevano
beffe di me e dicevano di non interessarsi a cose tanto stupide. Feci
dunque la mia proposta di concludere un patto “di eterna amicizia” a
quei due bambini, e loro trovarono che fosse un’ottima idea. Ma il più
giovane, che era anche il più volitivo e sapeva imporsi, rispose:
«Bisogna prima che ognuno di noi mostri la propria firma.»
Dovemmo dunque scrivere tutti il nostro nome su un pezzo di
carta; Greta e i due bambini ce la misero tutta per scrivere molto
grosso, dotando le loro iniziali di stupefacenti decorazioni, e renden
do tutto il resto il più illeggibile possibile, completando l’opera con
una lunga coda ondulata; trovai tutto questo del tutto inutile, e scrissi
semplicemente il mio nome in modo leggibile.
Il più giovane dei due bambini guardò le firme e, considerando la
mia con uno sguardo di disprezzo, disse:
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 37
L’uomo rosso
All’età di nove anni vissi un’esperienza sconvolgente. Il mio fra
tellino, che amavo teneramente, aveva allora due anni, e si ammalò
senza che il medico riuscisse a diagnosticarne la causa. Condividevo
la sua stessa camera e Madre era al suo capezzale. Il bambino dormi
va ma, d’un tratto, fu colto dalla paura, guardò in una precisa direzio
ne come se vedesse qualcuno, si alzò a sedere sul letto e urlò, spaven
tato, con gli occhi spalancati per l’angoscia:
«Mamma, mamma, l’uomo rosso... l’uomo rosso mi assale!» e
agitò le mani come a difendersi da qualcuno; ancora una volta urlò:
«Mamma, aiutami, l’uomo rosso!» poi ricadde svenuto.
Madre lo prese subito in braccio, poi lo riadagiò pian piano nel
letto. Fece chiamare un medico, e mentre lo stavamo aspettando chiesi:
«Chi è quell’uomo rosso che ha visto il piccolo?»
Madre rispose: «Niente di reale, piccola mia. E la febbre che lo fa
V
ma mio fratello l’aveva visto, c’era qualcosa che gli aveva permesso
di vedere un uomo rosso: e perché non doveva essere reale? La fac
cenda di sapere che cosa avesse visto mio fratello non era affatto
chiusa per me, e ci pensavo spesso; allora, non sapevo che la risposta
sarebbe stata data un giorno, in India, molti, molti anni dopo.
Passò un anno, e traslocammo in un altro quartiere della città, un
quartiere pieno di verde, dove le case erano circondate da giardini;
dalle finestre, potevamo vedere le montagne.
Ripresi la scuola, e ricominciò la vecchia storia: le altre bambine
si stupivano di me quanto io di loro; giocavano con le bambole, e
trovavo che non fosse affatto divertente. Io invece leggevo libri, e
loro trovavano che fosse una cosa noiosa. Più crescevo, più leggevo
freneticamente: e non solo i libri che solitamente ricevono i bambini,
ma tutti i libri della biblioteca di mio padre. Fu lì che scoprii una serie
di volumi che mi fecero letteralmente venire la febbre: le opere com
plete di Shakespeare! Divorai un libro dopo l’altro, e mi fecero una
tale impressione che per tutto il giorno non riuscivo a pensare ad
altro, né potevo separarmi neppure per un istante dal libro che stavo
leggendo. Vivevo come una sonnambula; a tavola non sentivo neppu
re quando venivo interpellata. Vivevo il destino degli eroi e delle
eroine delle varie tragedie o commedie. In primo luogo cominciai con
leggere tutte le tragedie, sentendone gli effetti profondi nella mia
anima sconvolta; poi lessi le commedie, e risi a crepapelle sul divano.
A parte le opere di Shakespeare, un’altra imponente serie di libri
mi incuriosì e mi impressionò soprattutto il volume intitolato “Ricer
che etnografiche”. In esso, scoprii la descrizione dettagliata delle va
rie pratiche di superstizione e di magia nera. Ah! imparai cose che
fino allora mi erano state ignote, e che non potevo capire davvero... e
che riguardavano incantesimi, filtri d’amore e altre oscure usanze che
avevano a che fare con la vita amorosa. Dopo aver letto cose inimma
ginabili ed aver mischiato tutto nella mia testa, andai da Madre per
chiederle:
«Madre, è proprio vero che quando uno vuol farsi amare da un’al
tra, bisogna forare una carota dal di sopra, sputare tre volte attraverso
il buco e, a mezzanotte, lanciarla sopra la casa in cui dorme la perso
na amata? Oppure bisogna bruciare un pezzettino di una camicia da
notte già usata, introdurne le ceneri in un dolce prima di cuocerlo, e
quando uno mangia quel dolce, si innamora perdutamente della pro
prietaria della camicia da notte e poi fa tutto ciò che lei vuole?»
Madre, sempre più sconvolta, mi aveva comunque lasciata finire;
40 Elisabeth Haich
e tenibile, tra le forze di due anime! Più sentiva che gli stavo sfug
gendo, più tentava di riprendere le redini, e quando ebbi diciassette
anni, volle annunciare ufficialmente il nostro fidanzamento.
Suo padre venne quindi a trovare il mio, che non si mostrò troppo
entusiasta: mi confessò più tardi che la natura aggressiva del mio
fidanzato non gli era mai piaciuta, ma che, in nessun caso, avrebbe
voluto influenzarci.
Egli rispettava il diritto di scelta di tutti, dunque anche dei suoi
figli, e fu così che diede il consenso... un tiepido consenso! Quanto a
me, pensavo che la gelosia del mio fidanzato si sarebbe calmata dopo
il fidanzamento, ma invece crebbe contemporaneamente all’affermar
si della mia femminilità. Le scenate spaventose si moltiplicarono, e
dopo avermi torturata per ore, cadeva nell’estremo opposto, chieden
domi perdono in ginocchio, piangendo come un bambino, mendican
do il mio amore e giurando di non farlo mai più.
Tutto questo era intollerabile: non avevo mai assistito a scene
simili nella mia famiglia; Padre era autoritario, ma il suo potere ema
nava da lui in modo naturale, e non aveva mai cercato di imporre la
sua volontà a nessuno. Lasciava a tutti il diritto di essere quello che
erano e non pretese mai che lo seguissimo o che gli obbedissimo
ciecamente. A quel tempo aveva un’ottima posizione, e potevo esser
ne soddisfatta: non c’era più nessun direttore sopra di lui! Ma non
tiranneggiò mai i suoi dipendenti e, nella vita privata come nella vita
professionale, fu sempre una colonna pronta a sostenere gli altri.
Per tutti era una fonte di buoni consigli: era giusto, generoso,
servizievole... Oh, pensai, se tutti fossero come lui! Non avevo mai
conosciuto la mancanza di riguardo o l’egoismo in seno alla nostra
famiglia, perché l’amore che in essa regnava era sano, autentico,
disinteressato.
Il sadismo ed il masochismo mi erano ignoti, e questo rendeva
ancor più incomprensibili ed insopportabili le scenate del mio fidan
zato. Volevo essere libera, libera!
A lungo fui incapace di opporre resistenza alla sua autorità; inol
tre, la mia naturale fedeltà, la mia facoltà di capire le debolezze altrui,
mi trattenevano al suo fianco; ma la mia volontà era andata consoli
dandosi con gli anni, e d’un tratto mi chiesi perché tollerassi ancora
quella situazione.
Un giorno gli annunciai che intendevo riprendermi la mia libertà;
lui non volle saperne e, con la forza della disperazione, ci demmo
battaglia: il suo^potere su di me era come una morsa, e mi teneva
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 49
per bene, mentre io volevo sforzarmi, con ogni goccia del mio san
gue, di realizzare completamente il mio essere nella musica e nell’ar
te! Potevo quindi contare solo su me stessa, e mi ero abituata a
pensare, a riflettere e ad agire con tutta l’indipendenza che la cerchia
familiare mi consentiva. Cercavo di immaginare il mio futuro da sola,
senza chiedere consiglio a nessuno: volevo frequentare l’Accademia
di Musica fino a conseguire un diploma. Padre aveva sempre detto:
«Non lasciatevi ingannare dalla vita agiata che potete permettervi
oggi, perché i beni materiali possono venire distrutti, mentre ciò che
voi saprete resterà sempre vostro, e nessuno potrà mai sottrarvelo.
Imparate il più possibile: dovreste avere almeno un diploma; se vi
andrà per il verso giusto, potrete anche tenerlo in un cassetto, ma se
vi troverete in difficoltà, vi aiuterà a guadagnarvi il pane!»
Ah! Padre, caro Padre, saggio e colmo d’amore! Questo consiglio,
fra tutti i tesori che mi hai trasmesso, è stato il più importante.
Allora non potevamo immaginare che un giorno le cose potessero
mettersi male per noi, e, sul momento, consideravamo le tue parole
dal punto di vista puramente pedagogico; quante volte ci ho invece
pensato più tardi, quando la guerra aveva distrutto tutti i nostri averi,
ed io ero sola, con un marito gravemente ferito ed inabile al lavoro,
senza mezzi! L’unica cosa che ci salvò fu proprio ciò che io avevo in
me, ciò che sapevo ; perché tutti i nostri beni esteriori erano andati
perduti.
Quando, da ragazza, pensavo al mio futuro, lassù sui monti, non
sapevo ancora ciò che il destino mi avrebbe riservato, ma avevo
sentito che quel consiglio andava seguito.
Sicché, quando tomai a casa durante l’estate per cominciare un
nuovo capitolo della mia vita, concentrai tutta la mia energia per
conseguire il diploma di insegnante di pianoforte. E lasciai tutto il
resto fra le mani del destino.
CAPITOLO XI
qui, con gli occhi sbarrati, gemi da far pietà, come se stessi per
morire! Non stai bene? Devo chiamare la mamma?»
Volevo risponderle, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono. Il
terrore che avevo appena provato mi paralizzava ancora. Feci cenno a
mia sorella di star tranquilla, ricaddi sul cuscino e cercai di riflettere,
ma non mi riuscì neppure di pensare: rimasi così per un bel po’,
ancora terrorizzata, aspettando che il mio cuore si calmasse ed io con
lui; cercavo di riprender il controllo della situazione, di sapere chi e
dove fossi. Mia sorella mi tenne compagnia, poi, constatando che ora
ero più tranquilla e che respiravo più regolarmente, mi chiese:
«Hai bisogno di qualcosa?»
E finalmente riuscii a rispondere:
«No, grazie.»
Il giorno seguente cercai di far ordine fra le mie idee: che cosa
avevo visto? Che era accaduto durante la notte? Sembrava una delle
mie visioni del futuro, ma non poteva essere stato un sogno premoni
tore: nella visione del futuro, io sono sempre quella che sono allo
stato di veglia, mentre questa volta ero stata qualcuno di compieta-
mente diversoi Mi guardai a lungo nello specchio, cercando di capire
come un unico essere potesse essere contemporaneamente due perso
ne; perché ora mi vedevo nello specchio, ma, avevo anche un’altra
immagine di- me, dentro, un ’immagine che avevo visto in un altro
specchio, un enorme specchio d ’argento quando ero quell’altra per
sonal
Ero dunque colei che ero qui, ma, nel contempo, ero anche quel-
l’altro essere che era stato condotto nella tomba, laggiù, laggiù dove
mi sentivo a casa. Nel giro di pochi minuti, avevo vissuto l’esperien
za di essere qualcuno che sapeva con molta precisione chi fosse, di
cosa facesse parte, dove si sentisse a casa, e che portava in sé tutta la
propria vita come ogni altro essere, anche se non ci aveva mai pensa
to. D’un tratto mi era stato dato di rivivere episodi di una vita, di un
nucleo famigliare, e mi rendevo conto, ora, che quella famiglia era
proprio quella che avevo sempre cercato da bambina, quando la mia
coscienza aveva cominciato a svegliarsi: il posto in cui mi sentivo a
casa, e che il “grand’uomo” era mio padre e anche il mio sposo di
allora, il mio vero “padre”.
Gli anni e l’accettazione progressiva della mia situazione presente
mi avevano aiutata ad assuefarmi all’idea che mio padre e mia madre
fossero anch’essi i miei “veri” genitori, ma mi era rimasta sempre una
strana impressione, ed ora prendeva il sopravvento: era sorprendente
60 Elisabeth Haich
che certe cose che mi erano parse ovvie quando le avevo “rivissute”
mi sembrassero ora strane. In me si opponevano proprio questi due
atteggiamenti, sicché, ad esempio, sapevo quanto fosse perfettamente
normale essere contemporaneamente la figlia e la sposa di mio padre
- il Faraone - anzi, era un onore: ma, nella mia vita presente, era
un’idea ripugnante a causa dei principi morali del tutto diversi che mi
erano stati inculcati. A quel tempo, invece, non era immorale, era
normale: quando la moglie di un Faraone moriva, se questi non aveva
sorelle, sua figlia veniva elevata al rango di sposa. Non avrebbe mai
posto sopra alla propria figlia un’altra donna che non appartenesse
alla famiglia reale, dunque, chi altri, se non lei, avrebbe potuto sedere
al suo fianco, sposa e regina? E che c’era in questo di immorale?
Sarebbe stato immorale, invece, introdurre un’estranea in famiglia.
Mi ricordavo di molte cose, in particolare del Tempio in cui così
spesso mi ero recata, ma rimanevano oscuri molti altri punti: non
sapevo perché mi fossi trovata in quella bara, stretta dalle bende, né
perché mi avessero portata alla tomba. E di chi era quella voce fami
liare? Di chi? Sembrava che una barriera si ergesse lungo il percorso
della memoria ogni volta che mi sforzavo di ricordare: c’era qualcosa
di simile ad una scossa elettrica che mi tratteneva, impedendomi di
farmi strada fino a raggiungere il mio passato!
Il giorno seguente, a colazione, dissi a Padre:
«A scuola ho imparato che le piramidi erano tombe dei re, ma non
è vero! Non tutte: a volte erano qualcosa di molto diverso. I morti
venivano sepolti fuori le mura, nella Città dei Morti, e le salme veni
vano portate fuori dal palazzo reale su una sorta di bara-slitta, fino ad
un luogo in cui venivano murate. La tomba veniva poi richiusa con
una porta di pietra.»
Stupito, Padre mi guardò e disse:
«Come puoi pretendere di saperne più degli egittologi su queste
cose, quando loro sostengono che le piramidi sono le tombe dei re?
Non abbiamo mai sentito parlare della Città dei Morti!»
«Eppure, Padre, so che era così» risposi cosciente della veridicità
delle mie affermazioni.
«E come l’hai scoperto?» mi chiese. Tutti gli sguardi si puntarono
su di me.
«Mi è difficile dirlo con esattezza, non so spiegarlo» risposi, e
raccontai la mia visione di quella notte.
Padre mi ascoltò con molta attenzione e constatò che tremavo
ancora a quel ricordo, e che quindi avevo dovuto vivere proprio qual
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 61
Tenebre
Assomigliavo molto a mio padre per corporatura e costituzione:
ero alta, con i capelli molto scuri, sebbene non neri come i suoi; la
mia carnagione non era rosea come quella di Madre, ma pallida come
quella di Padre: soltanto i miei occhi erano di un colore azzurro cupo,
mentre i suoi erano davvero neri.
Dopo il matrimonio, diventai ancora più pallida e più magra; non
riuscivo a liberarmi dall’idea della transitorietà e della precarietà di
ogni cosa, e non mi sentivo né libera né felice. Questa preoccupazio
ne psichica costante non tardò ad avere ripercussioni fisiche molto
sgradevoli.
Una sera andai a dormire in buona salute e l’indomani aprii gli
occhi guardando per caso il soffitto: con mia grande sorpresa vi sco
prii uno spesso segmento nero. Stupita, mi sedetti per vedere con
precisione che cosa poteva essere quella macchia nera che, nel mo
mento stesso in cui mi ero mossa, mi era parsa saltare e poi ridiscen
dere lentamente.
Con il cuore in preda all’angoscia mi resi conto che il segmento
non si trovava sul soffitto, ma nel mio occhio. Aprii e chiusi gli occhi
più volte, prima uno e poi l’altro, e constatai che il segmento nero era
solo nell’occhio destro.
Una volta avevo sentito parlare di un disturbo visivo chiamato
“mosche volanti”: davanti agli occhi si vedevano danzare dei puntoli
ni neri simili ad un disordinato sciame di mosche e, per quel che ne
sapevo, era un disturbo di origine nervosa, e non era una faccenda
seria.
Cercai dunque di vedere queste “mosche volanti”: guardando in
alto e in basso, il segmento si muoveva seguendo le leggi gravitazio
nali, come se si trattasse di uno spesso filo nero con un'estremità fissa
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 67
no? Il presente non è poi tanto male per te: goditi la vita e aumenterai
le probabilità di guarire. La tua depressione non fa che accelerare il
processo di deterioramento della vista. Goditi il presente, e pensa che
quando cesserà la tua cecità spirituale, i tuoi occhi fisici ritroveran
no la vista.»
Come aveva ragione, quella voce benedetta! Nei momenti di mag
gior sconforto mi rendevo conto che le macchie nere riflettevano la
mia oscurità interiore, la mia cecità spirituale; ma come fare, per
guarire? Era precisamente ciò che mi tormentava l’animo: non capivo
- ero cieca - il mistero della vita e della morte, ero immersa nell’oscu
rità, giacché ovunque vedevo la morte e non potevo cogliere il senso
della vita. Il mio massimo desiderio era diventare “veggente”, ma come?
La voce rispose:
«Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.»
Ancora non riuscivo a cogliere il senso di quelle parole, ma volli
obbedire, sicché mi misi a respirare con calma e profondamente, con
centrandomi soltanto sul presente ! Com’era difficile! Le macchie
nere mi danzavano davanti agli occhi, ricordandomi la mia afflizione,
ma perseverai ancora e ancora, fintantoché accadde che mi sentii
nuovamente piena di gioia. Sì, dovevo essere allegra, perché mi face
va bene agli occhi. Bisognava che aiutassi me stessa, e mi misi a
pensare: quale occupazione potrebbe darmi una gioia costante? Mio
marito, ingegnere, era molto occupato dal suo lavoro, la costruzione
di ponti, e ci vedevamo soltanto per i pasti, sicché rimanevo da sola
per tutto il giorno. Un pensiero folgorante mi attraversò la mente: un
bambino! Desideravo così ardentemente un bambino, e da così tanto
tempo! Che magnifica gioia! E così non sarei mai più stata sola!
Dischiusi l’anima a quell’essere sconosciuto che, in qualche po
sto, aspettava di diventare il mio bambino. E lo sconosciuto udì il mio
richiamo...
Durante la gravidanza, l’essudato non si produsse più e, quando
giunse il momento di partorire, avevo completamente dimenticato di
aver sofferto di disturbi alla vista.
Come in sogno, mi rivedo in sala travaglio, in clinica, ancora sotto
l’effetto dell’anestesia, spossata: ma un suono fa trasalire il mio cuo
re, e mi sveglia del tutto: un grido che però non sembra il grido di un
neonato, no, è piuttosto il ruggito di un leoncino! «Il bambino è vivo»
dico a me stessa, piena di riconoscenza, e apro gli occhi.
Su di me, un volto:
«È un bel maschietto, uno splendido maschietto in ottima salute!» e
74 Elisabeth Haich
a cui non avevo mai voluto credere e che avevo sempre considerato
come un’invenzione delle religioni necessaria per forzare i popoli
primitivi a vivere secondo un codice morale ben definito, grazie alla
promessa di un “paradiso” e alla minaccia di un “inferno”? Era dun
que possibile che soltanto questo mio corpo vivesse in questo mondo
materiale, mentre il mio “Io”, il quale conosceva quell’unità impossi
bile da realizzare nel corpo e che desiderava ristabilirla , sarebbe dun
que appartenuto ad un altro mondo, ad un mondo dell’“aldilà”? Era
dunque possibile che tutti gli esseri umani provenissero da un’altra
sfera, quella dell’unità realizzata, e da lì fossero “cadutF , usciti da
quel mondo per entrare nella materia, nel corpo, nel mondo materia
le... portando poi quel nostro ardente desiderio di felicità perduta nel
nostro “Io”, nella nostra anima che non era di qui, e che tuffava le sue
radici in un “altro mondo”?
E commettevamo un errore che ripetevamo continuamente: voler
raggiungere e vivere quella felicità, quell’unione nel corpo e per mez
zo del corpo attraverso la sessualità. In quel corpo che, giustappunto,
ce lo impediva. Ora, comprendevo ciò che significasse “la cacciata
dal paradiso”!
Quella gioia tanto auspicata era dunque solo possibile nell’aldilà,
in paradiso! E giacché non potevo attirare a me quella felicità, forzar
la ad entrare nel mondo materiale, bisognava che imparassi a cono
scere quell’aldilà in cui risiedeva la mia vera gioia! Ma come riuscir
ci? Le parole senza senso non mi bastavano: volevo la veritàì Volevo
qualcosa di concreto.
Quella notte segnò una svolta decisiva nella mia vita; divenni
conscia del fatto che la sessualità era la più grande impostura che
fosse mai esistita: la natura ci promette qualcosa di magnifico, di
straordinario, ci promette la gioia, il supremo compimento, ma poi ci
priva della facoltà di realizzarlo; e nel momento in cui crediamo di
raggiungere il culmine, ci ritroviamo d’un tratto ancora più giù di
prima. Perdiamo molta energia e ci sentiamo poi come poveri mendi
canti; un proverbio latino dice che uomini ed animali sono tristi dopo
l’unione fisica...
Volevo una gioia costante, eterna e non quella offerta dalla ses
sualità; quella no! All’alba, che resta del piacere sessuale più grande?
Nulla, al massimo un po’ di stanchezza! E si deve quindi continuare
sempre così? Sempre invano, giacché è soltanto uno sforzo disperato
per raggiungere l’unità! L’essere umano non può mai realizzare il suo
desiderio, né fondersi in un’unità eterna... Prima dell’atto, se non
78 Elisabeth Haich
altro c’è la forza di attrazione, c’è il desiderio che unisce i due ricer
catori... Ma una volta soddisfatto il desiderio, resta solo più il vuoto,
entrambi rimangono soli di per sé, disperatamente soli, eternamente
soli...
Non era questo che volevo.
Volevo qualcos’altro. E se la sessualità mi aveva ingannata fino a
quel momento, da allora in poi mi sarei rifiutata di prolungarne il
gioco: non mi sarei più lasciata prendere in giro! La sessualità poteva
soddisfare il corpo, ma mai l’anima, l’“Io”! Il piacere sessuale non
avrebbe mai potuto aiutarmi a trovare l’unità che avevo vissuta nel-
l’“Io”!
E allora? Volevo, dovevo trovare la felicità! Dovevo trovare una
soluzione a questi problemi così importanti: non potevo fermarmi,
dovevo andare avanti, ma in quale direzione?
Se dunque la gioia si trovava nell’aldilà, sarei andata a cercarla lì:
fu così che mi misi in cerca della felicità e della perfezione laddove
avevo il presentimento di trovarle, nell’aldilà...
CAPITOLO XVI
colpo, allora vuol dire “sì”; quando ne batte due, allora vuol dire
“no”. Wolfgang, prendi un foglio di carta ed una matita e scrivi le
lettere: c’è uno spirito, qui!»
Wolfgang, con la matita in mano, rimase in attesa. La tavola ripre
se a muoversi, diede un colpo, poi un altro, poi un terzo. Recitavamo
l’alfabeto e Wolfgang scriveva la lettera su cui si fermava la tavola.
Non so spiegare perché tutto questo ci sembrasse tanto comico.
Era buffo recitare l’alfabeto e, naturalmente, vedere con quanto serie
tà la signora dirigesse il nostro lavoro; non credetti neppure per un
attimo che quel tavolo si muovesse da solo: era certamente opera di
Nicolas, l’altro nipotino della signora. Quei colpi ripetuti ci divertiro
no moltissimo, ma non fu niente in confronto a quanto seguì, che ci
fece proprio scoppiare a ridere. Quanto alla signora, scosse il capo
con uno sguardo carico di rimprovero.
Ma non c’era nulla da fare, non potevamo smettere di ridere: la
tavola si inclinò più volte bruscamente, così tanto da toccare quasi
terra con l’orlo del piano, e credetti davvero che sarebbe scivolata a
terra... e invece no, si rialzò ogni volta con una forza irresistibile e poi
si mise a girare intorno alla camera. Per seguirla, ci toccò correre.
Infine si calmò e si fermò in un angolino del salotto. La signora
chiese:
«Non c’è più nessuno?»
La tavola non si mosse più.
«Era uno spirito burlone, dal momento che vi siete tanto divertiti.
Adesso tutti gli spiriti se ne sono andati — riprese. — Un istante,
ragazzi, vado a farvi fare del caffè» e scomparve in cucina.
Rimanemmo dunque soli per un attimo, e io ne approfittai per
chiedere a Nicolas:
«Sei tu che hai fatto muovere il tavolo, vero?»
Sorpreso, egli rispose:
«Io? Credevo che fossi tu o Emmerich, comunque io non ero di
certo. Le mie dita sfioravano appena il tavolo.»
Ci volgemmo tutti verso Emmerich, che protestò vigorosamente:
«Ah! no, io non l’ho fatto muovere, il tavolo.»
«State a sentire — dissi — adesso vedremo se la tavola può dav
vero muoversi da sola.»
Ci precipitammo intorno al tavolo per cercare di farlo muovere
spingendolo con le mani: con nostro grande stupore, non si mosse! Il
tavolo rimase immobile, senza vita, come era giusto che fosse quel
pezzo di legno. Insistemmo e spingemmo ancora più forte, sicché il
84 Elisabeth Haich
vo. La corrente che emetteva era più debole, più sottile e di diametro
inferiore a quella di mio marito; ripetei l’esperimento con degli zii,
delle zie e altri parenti riuniti intorno al desco familiare, e fu così che
imparai che ogni persona emette una diversa corrente. Uno zio, che
aveva scarso potere di concentrazione e di decisione, aveva una cor
rente spessa e forte, ma le particelle di questa corrente non andavano
nella stessa direzione, i loro movimenti erano disordinati e, di conse
guenza, lo era anche il loro effetto. Era molto difficile per me scoprire
cosa volesse. Una zia aveva una corrente molto sottile ma perforante,
acuta, che percepivo come del fil di ferro duro e rigido, che mi feriva:
in generale, era una donna molto aggressiva. Dunque, ognuno aveva
la propria emanazione di volontà.
Mi si schiudeva un mondo nuovo! Cominciai a capire certi feno
meni che non avevo mai intuito, di c(ui non mi ero mai accorta, che
non avevo neppure notato; ora sapevp perché ci si sentiva tanto stan
chi dopo un diverbio, quanto dopo aver disputato un incontro di pugi
lato. Comprendevo perché potesse essere così spossante restare in
compagnia di certe persone e come, invece, potesse essere stimolante
e rinfrescante la compagnia di altre. Colsi in modo quasi palpabile
che cosa fossero la simpatia e l’antipatia: ci sono emanazioni che
danno, altre che assorbono, certe emettono forza, altre sono appicci
cose come tentacoli di un polipo e succhiano l’energia di un indivi
duo. Gli esperimenti fatti con persone di questo tipo mi lasciavano
debole, con le ginocchia tremolanti, del tutto spossata, sicché dovevo
poi riposarmi per ritrovare le forze prima di poter proseguire; infatti
avvenne che tutti vollero fare quell’esperimento, anche la domestica,
la cuoca e il resto del personale della casa dei miei genitori. Presi
anche coscienza di un fatto che non può essere mutato da alcun decre
to umano: le persone colte e disciplinate avevano emanazioni molto
diverse da quelle delle persone ignoranti e primitive che vivevano
solo per soddisfare i loro istinti. Evidentemente, questo non dipende
va dalla loro classe sociale o economica, tant’è che percepii in perso
ne semplici, che vivevano nel bosco, in montagna o in luoghi non
raggiunti dalla civiltà, emanazioni molto più pure ed elevate di quelle
di certi eruditi assolutamente egoisti. Non si possono nascondere,
rinnegare né falsificare queste emanazioni, che rivelano immediata
mente la natura di colui che abbiamo di fronte. Durante questi esperi
menti, imparai ancora qualcos’altro di interessante: quando qualcuno
voleva qualcosa di riprovevole da me, la mia educazione si ergeva fra
la volontà dell’altro e la mia, come un muro isolante, ed era solo al
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 89
Auspici
A poco a poco mi arresi all’evidenza: lo spiritismo non aveva più
nulla da offrirmi. Gli esperimenti che avevo spigolato qua e là mi
avevano però aperto le porte dell’anima umana, e fu con grande co
sternazione che osservai quanto l’uomo fosse solo nella grande oscu
rità della sua ignoranza.
La mia medianità mi permetteva di penetrare nel campo straordi
nario dell’inconscio: mi analizzavo senza alcuna pietà e rifiutavo di
lasciarmi accecare da teorie tanto fumose quanto incerte. Con la mia
piccola ascia in mano progredivo in quella giungla passo dopo passo:
lo spiritismo mi condusse infine allo studio della psicologia, e sicco
me in quei tempi non avevo idea alcuna dell’immensa conoscenza
psicologia degli Orientali (Indiani e Cinesi) mi dedicai alla psicologia
occidentale.
Quando lottiamo seriamente per ottenere qualcosa e ci dedichia
mo a questa lotta anima e corpo, il destino si compiace di favorirci;
sicché, dopo aver acquisito una solida formazione teorica, riuscii ad
entrare in buoni rapporti con il direttore dell’ospedale psichiatrico di
Stato, il quale mi aiutò a perfezionare le mie conoscenze consenten
domi di esercitarmi sistematicamente nella pratica. Ottenni l’autoriz
zazione di studiare i malati di quel manicomio in qualsiasi reparto si
trovassero, compreso quello dei pazzi furiosi di entrambi i sessi.
Una sera rincasai e rimasi a lungo da sola per riordinare le idee,
giacché avevo visto qualcosa di spaventoso in quel manicomio. Orri
bile! L’inferno dantesco non era nulla al confronto di ciò che accade
va là dentro: quanti ammalati, rinchiusi o no, su questa Terra, soffro
no a quel modo? Quante persone sane soffrono a causa di questi
malati, perdendo la loro salute e ritrovandosi annientate? Quanti am
malati ingannano gli ingenui ignoranti con un comportamento norma
94 Elisabeth Haich
Bagliori
Trascorsero i giorni, le settimane, i mesi... e io aspettavo un se
gno, un’indicazione per sapere che cosa dovessi fare, quale sarebbe
stato il mio compito e il mio sacrificio, secondo quanto annunciato
dalla voce invisibile; ma la voce non si faceva più sentire...
Spesso cercavo di creare l’atmosfera adatta per sentire ancora quel
pizzicore sul corpo, come un’immersione in un’acqua gassata, cer
cando di sbloccare i sensi ed aprirmi interamente a ricevere quella
voce... ma non ci riuscivo.
Ero perplessa. Stavo aspettando invano, e mi rifiutai di perdere
altro tempo, sicché decisi che la miglior cosa da fare sarebbe stata di
badare alle mie faccende terrene il meglio possibile, sperando di rice
vere presto, dalla voce interiore, istruzioni circa il mio compito per
collaborare alla grande opera. Sentii anche che avrei dovuto purificar
mi da ogni egoismo se volevo riconoscere la verità con precisione,
proprio come il vetro della finestra doveva essere pulito per lasciar
passare la luce del sole in tutto il suo splendore. Il primo passo fu
dunque di sapere che cosa ci fosse in me: conoscendomi perfettamen
te, mi sarebbe stato allora possibile purificarmi.
Mi misi dunque a sondare, ad analizzare la fonte e la causa di tutti
i miei pensieri, parole e azioni. Qual era la forza inconscia che lavora
va dentro di me? Da dove provenivano i miei pensieri? Chi era che,
in me, voleva che pronunciassi questa o quest’altra parola? Perché
volevo fare questo e non quest’altro? Se qualcosa mi faceva piacere,
esaminavo perché provassi gioia, se mi sentivo depressa o in collera,
volevo conoscerne la ragione; se qualcuno mi sembrava simpatico o
antipatico, mi analizzavo immediatamente per conoscere quali fosse
ro le caratteristiche responsabili del mio giudizio... Mi osservavo co
stantemente, per sapere perché facessi volentieri una certa cosa men
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 97
Visioni
Vi fu un periodo in cui ricevetti una quantità davvero straordinaria
di visioni in stato di veglia, alcune delle quali così incredibili da
esercitare una fortissima influenza su di me e sul resto della mia vita.
Ecco le più importanti.
Alla fine di ogni estate mio marito ed io facevamo un viaggio in
vari paesi; un anno, ci fermammo nelle Dolomiti al ritorno dall’Italia
per fare qualche passeggiata. Fu lì, che ebbi una delle visioni più
impressionanti.
Una sera, rientrando in albergo dopo una camminata faticosa, mi
sdraiai. Durante il giorno il sole era stato talmente forte che mi sem
brava che i suoi raggi, come lance, mi trapassassero la schiena ed il
cuore; le immani pareti rocciose rossastre li riflettevano moltiplican
doli per mille, e l’atmosfera aveva qualcosa di demoniaco; tutto era
infuocato, sembrava quasi l’anticamera dell’infemo. Ero stata molto
contenta di prendere la via del ritorno e di vedere quel sole, un vero
lanciafiamme, scomparire all’orizzonte.
Andai a letto di buon’ora, pronta ad addormentarmi, ma fu allora
che ebbi la sensazione che il soffitto stesse cadendo su di me e che io
stessi cadendo in un vuoto senza fondo, nel nulla, come se stessi per
morire. Mio marito chiamò d’urgenza il medico, il quale constatò che
avevo avuto un attacco cardiaco. Mi fece un’iniezione. La notte tra
scorse, ma il mio polso era ancora debole ed ero torturata da una
sensazione di annientamento. Stavo imparando che cosa fosse la pau
ra di morire. Come sempre, e malgrado le circostanze, mi osservavo e
dovetti riconoscere che la paura della morte era una condizione fisica;
nella mia coscienza ero calma, non avevo alcun timore della morte, e
tuttavia provavo davanti ad essa una spaventosa angoscia: era insop
portabile! Non ero più completamente in questo mondo, e non ancora
102 Elisabeth Haich
nell’altro; fluttuavo nel nulla. La sofferenza era così intensa che pen
savo: meglio morire subito che continuare ancora questa tortura. Ab
bandonavo la lotta, perché desideravo entrare coscientemente nella
morte al fine di liberarmi da quella paura di morire...
Ma proprio quando mi preparavo a scivolare consciamente in quel
nulla - di cui avevo tanta paura - lo spazio si aprì d’un tratto sull’infi
nito che i miei occhi contemplarono sbalorditi: vidi un sentiero, un
sentiero lunghissimo in fondo al quale, al di là di tutto ciò che è
materiale, già neH’etemità, c’era una figura maschile di una luce ab
bagliante che tendeva le braccia in un gesto d’amore ineffabile. Sem
brava infinitamente lontano da me, il suo volto brillava ed irradiava
con tale intensità che non potevo discemere i tratti, ma sapevo che era
il Salvatore del mondo.
Lungo la strada avanzavano lentamente creature simili a uova, che
mi facevano pensare ad un gregge di pecore visto dall’alto. Ero lì in
piedi, all’inizio di quel sentiero, ed indicavo a quegli esseri quale
direzione prendere: essi si dirigevano quietamente verso la figura di
luce che li attendeva a braccia aperte. Coloro che Lo raggiungevano si
fondevano nella sua luce e scomparivano. Quella strada così lunga
era come un fiume incessante di creature ovali, che sapevo essere
anime umane. Instancabilmente mostravo il cammino a tutti coloro
che passavano, mettendo tutte quelle anime sulla buona strada...
Questo mi fece capire che non stavo per morire, giacché quel
lavoro era ancora da sbrigare, e che non sarei morta prima di averlo
compiuto. Sapevo che quella missione sarebbe stata di lunga durata, e
che sarebbe passato molto tempo prima che il mio orologio cosmico
suonasse l’ora della partenza verso la mia patria di luce, dove l’amore
eterno mi attendeva...
Una pace infinita mi avvolse, ed il mio cuore riprese a funzionare
normalmente, sebbene ancora debolmente. Guardai il volto preoccu
pato di mio marito: dal momento che potevo di nuovo muovere la
lingua, gli dissi piano che andavo meglio. Quel caro ragazzo pianse
come un bambino, felice di sentirmi parlare e di rivedere la luce nei
miei occhi.
Dovetti rimanere a letto ancora un giorno, dopodiché potemmo
ritornare a casa. Poco tempo dopo tutto era di nuovo nella normalità.
D’estate, in riva al lago, ero sempre più ricettiva rispetto alle
visioni, sempre più sensibile ai messaggi telepatici emessi o ricevuti.
Un giorno di vacanza, dopo una giornata allegra, andammo a
dormire. La casa era immersa nella calma, e mi addormentai vicino a
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 103
mio marito. Cominciai a sognare ogni sorta di cose, senza alcun ordi
ne e apparentemente senza rapporto tra loro, quando, nel mio sogno,
udii passi lenti e strascicati che mi risvegliarono di colpo... sì, eviden
temente mi ero assopita seduta su un gradino, e dal momento che
nessuno era passato da quelle parti, non avevo potuto chiedere la
carità. Ma il rumore di passi mi aveva risvegliata, qualcuno si avvici
nava, ero all’erta, con gli occhi spalancati.
Constato dunque che questi passi appartengono ad un vecchio
curvo che finisce col sedersi proprio in faccia a me; la scalinata
collega la città alta ai quartieri più bassi. Dal momento che molti
funzionari della città e dello Stato lavorano lassù, ogni giorno quel
passaggio viene attraversato da migliaia di persone, ed è un posto
molto piacevole per me; una tettoia mi protegge dalla pioggia e le
entrate sono buone. Ho “i miei clienti regolari” che mi fanno l’elemo
sina ogni giorno, andando al lavoro. Chi è dunque quel vecchio im
pertinente che viene a mendicare proprio in questo posto? Ne avrò un
danno, perché la gente non fa l’elemosina a due mendicanti. Prenderò
la metà del solito. Lo squadro, sto per dirgli di andarsene a mendicare
altrove, perché qui è il mio posto, e che deve andarsene subito quan
do, nel guardarlo, provo un senso di incertezza... Lo fisso e mi sento a
disagio... vedo che anche lui è imbarazzato, che abbozza un movi
mento, come a voler fuggire, ma ormai è troppo tardi: lo riconosco,
lui mi riconosce. Oh! Misericordia, non abbandonarmi! Lui è colui
che ho cercato per tutta la vita, che mi ha abbandonata e che non ho
mai potuto dimenticare... Ed ora eccolo di fronte a me, anch’egli
mendicante... Perché, perché dobbiamo ritrovarci in questa situazio
ne?
Lo guardo, lui e quel suo volto vecchio e rugoso, con la pelle
flaccida, le labbra cadenti, i radi capelli e la barba incolta, gli abiti
composti da vecchi stracci spaiati e laceri. Che cosa è accaduto al
giovane cavaliere elegante che era stato un tempo? Anche lui mi
guarda con spavento, cosciente del suo errore, pieno di vergogna. Il
suo volto si torce in una smorfia e comincia a piangere silenziosa
mente. Quando solleva le mani per asciugarsi gli occhi, vedo che
sono callose, ricoperte di ferite, con le unghie lunghe e sporche e dita
ripugnanti, irrigidite dalla gotta. Oh, quelle sue mani un tempo così
belle, così eleganti ed accurate, che avevo baciato con tanto fervore...
Guardo le mie mani... Che orrore!... Sono trascurate ed invecchia
te quanto le sue, mi vedo le dita deformate dalla gotta, piene di ferite
anch’esse... da quanto tempo sono così orride, queste mie mani? Non
104 Elisabeth Haich
Era scomparso dalla mia vita. Mi era rimasta la bambina, e per me era
tutto: riempiva tutti i miei pensieri, era la mia stessa vita!
Fregavo le piastrelle del corridoio e pensavo alla mia bambina,
prendevo l’acqua al pozzo e pensavo alla mia bambina... lavoravo in
fretta per tornare presto da lei; era una ragazzina bella ed intelligente,
come suo padre, ma faceva sempre il contrario di ciò che le dicevo e
non sopportava alcuna contraddizione. Più diventavo la sua schiava, e
meno era gentile con me. Fin da piccola, mi mancava di rispetto e mi
disprezzava, e nulla di ciò che dicevo o facevo le andava mai a genio:
le piaceva andare in giro dappertutto e, a volte, si allontanava così
tanto che ritornava soltanto il giorno dopo. Questo mi faceva dispera
re e dovevo andarla a cercare, ma non appena ritornava la mia vita
riprendeva senso.
Un giorno partì e non tornò più, mai più: la cercai ovunque,
l’aspettai, la cercai ancora: niente, era scomparsa. Non riuscii più a
lavorare, annientata dal dolore: il sole non esisteva più, il mondo era
svuotato. Non ce la facevo più, sicché lasciai la fattoria per continua
re a cercarla, e mi spostai da un posto all’altro sempre chiedendo a
tutte le persone che incontravo se l’avessero vista. Gli anni passava
no, ed io cercavo ancora, ma senza più speranza, unicamente sospinta
dall’agitazione interiore. La gente mi dava da mangiare e, quando i
miei abiti erano laceri, mi regalavano altri stracci. Vagabondavo, er
ravo sempre più lontano...
Attraversando una città, un giorno incontrai la cuoca che, nel
frattempo, si era sposata e si era trasferita lì con il marito; mi portò a
casa, mi rimise in sesto, e mi raccontò che il padre della bambina...»
A questo punto, mio marito mi prese la mano, mi interruppe. Era
pallido, e con la voce tremolante mi disse:
«Aspetta un attimo! La continuo io, questa storia! So com’è anda
ta a finire, mi ricordo ciò che accadde ! Mentre raccontavi, d’un tratto
si è fatta luce nella mia mente e mi sono riconosciuto: so di essere
stato l’uomo che ti abbandonò a quel tempo, so di aver agito in modo
frivolo ed irresponsabile allora, perché vivevo solo per divertirmi;
sprecavo i soldi, e un giorno persi tutto ciò che possedevo: la proprie
tà della mia famiglia venne venduta all’asta e dovetti abbandonare le
mie terre ed il mio castello. Dapprima andai a casa di certi miei amici
dissipati che mi aiutarono a dilapidare ciò che avevo ereditato, e
qualche settimana dopo mi fecero capire che ormai ero di troppo.
Quell’esperienza si ripetè finché un amico vero mi consigliò di cer
carmi un lavoro, cosa che feci perché volevo cominciare una vita
108 Elisabeth Haich
nuova: ma nessuno mi prese sul serio, anche perché non sapevo lavo
rare e non sapevo nemmeno che cosa volessi fare. Cadevo sempre più
in basso, finché si fece strada in me un’idea: la mia disgrazia era la
punizione inflittami da Dio per averti abbandonata con la bambina.
Mi recai quindi dai miei amici di un tempo presso i quali lavoravi per
sapere ciò che era accaduto di voi, ma non ti trovai e nessuno seppe
darmi informazioni... Continuai per la mia strada, incontrando sempre
meno amici disposti a prestarmi un po’ di soldi, finché arrivarono a
rifiutarmi anche l’ospitalità. Cominciai quindi a chiedere aiuto a per
fetti estranei, diventando un vagabondo. A volte qualcuno aveva pietà
di me e mi lasciava passare la notte nella scuderia o nel fienile. L’età,
la fame, la decrepitezza, mi condussero in quella città in cui, mendi
canti, dovevamo incontrarci ancora una volta.»
Lo ascoltavo con grande interesse, perché sapevo che diceva il
vero; avevo riconosciuto subito mio marito in quel mendicante. Era
proprio quanto mi aveva raccontato la cuoca: aveva dilapidato tutti i
suoi beni ed era ritornato una volta dai nostri padroni, molti anni
dopo, ma non era più l’uomo elegante di un tempo; anzi, lo aveva
trovato molto trascurato nel vestire, e indossava abiti consunti. Dopo
aver lasciato la cuoca, mi ero recata in quella proprietà per chiedere il
suo indirizzo, ma nessuno sapeva dove potesse essere. Avevo quindi
continuato a vagabondare, ma l’età si era fatta sentire, ed avevo deci
so di fermarmi in quella città, stabilendomi a mendicare lungo la
scalinata. Era E che avevo ritrovato colui che avevo tanto cercato,
proprio nel momento della morte, in quei pochi istanti in cui mi era
stato dato di riconoscere il totale fallimento della mia vita, in cui non
avevo alcun modo di riparare quanto avevo compiuto. Era troppo
tardi... troppo tardi... la bambina era scomparsa... la vita era finita...
ed io ero morta, seduta su un gradino. Là si fermavano i miei ricordi.
Ci guardammo senza dire una parola, senza capire come una simi
le cosa fosse potuto accadere a due persone moderne ed intelligenti.
L’esperienza che avevamo appena vissuto non poteva spiegarsi con le
teorie più accreditate sull’ereditarietà e sulla psicologia: sapevamo
che tutto questo era davvero accaduto ! E non si trattava della nostra
immaginazione.
Eravamo molto scossi. Mio marito mi disse:
«Non mi ero mai preoccupato di sapere perché, fin dall’infanzia,
mi ero sempre tenuto rigorosamente lontano dall’alcool, dalle carte, o
da qualsiasi gioco d’azzardo, dalla danza e dai piaceri mondani. Ora,
tutto è chiaro: dopo aver buttato via una fortuna e vissuto in una tale
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 109
nere, come ombre, non le vedevo a tre dimensioni, anzi, avevo l’im
pressione che fossero visibili soltanto perché assorbivano tutta la
luce nel posto in cui si trovavano. In altri termini non le vedevo, ma
vedevo soltanto il buco che facevano nella luce. In termini scientifici,
causavano un’interferenza completa nei raggi luminosi e per questo le
si poteva “vedere” soltanto perché la luce mancava nel punto in cui si
trovavano. Altrimenti, di per se stesse, sarebbero state invisibili.
E molto difficile descrivere a parole un fenomeno di questo gene
re e compresi immediatamente perché i contadini, quando parlavano
di fantasmi o di altre apparizioni spettrali, utilizzassero la parola “om
bra”. Quelle figure erano veramente “ombre”, ma non proiettate da
qualcosa, bensì create da un’assenza assoluta di luce. Ecco una cosa
del tutto nuova, per me.
Più tardi, mi ritornò in mente che gli astronomi conoscevano un
buco nero di quella natura, in cielo; una totale assenza di luce che
chiamavano “testa di Cavallo” a causa della sua forma, ma che non
sapevano spiegare; si trattava di un’interferenza nei raggi luminosi.
Qualcosa nell’Universo ingoiava, distruggeva la luce e noi perce
pivamo soltanto un’ombra immensa; le due figure erano simili, e
avanzavano a passi lenti, portando un bastone sulla spalla, dal quale
pendeva qualcosa di indescrivibile, simile ad un polipo ma senza una
forma organizzata né organica. Pendeva come una massa amorfa che
si allungava per poi ritrarsi, era qualcosa di orribile, di disgustoso,
una massa purulenta, marcia e verdastra che, sapevo istintivamente,
esalava malattie, disgrazie, catastrofi e morte. Sapevo che quel mo
stro era un concentrato di “male”. Si muoveva e si tendeva sul basto
ne con evidenti intenzioni cattive e mi resi conto che cercava occa
sioni e vittime per manifestare il suo atroce potere. Spaventata, vidi le
ombre dirigersi verso la camera di mia sorella: bisognava evitare ad
ogni costo che quella forza satanica causasse qualche guaio, sicché
mi sedetti sul letto e urlai con tutte le forze:
«Greta! Greta!»
Alle mie urla, le due figure d’ombra scomparvero, mentre la mas
sa mostruosa si restrinse, trasformandosi in una palla verde fosfore
scente non più grossa di un pallone da calcio, salì la scala un po’
rotolando e un po’ saltellando e mi urlò, con una voce carica di
disprezzo, accompagnata da una risata infernale (che non udii con le
orecchie ma che percepii perfettamente):
«Tu credi di potermi prendere? Hihihihi!»
Scivolò via dalla finestra, e svanì nel buio.
114 Elisabeth Haich
Saltai giù dal letto, mi precipitai nel vestibolo per vedere che cosa
fosse, ma in tutta la casa regnava la massima calma!
In quello stesso momento mio fratello uscì da camera sua, guardò
giù e chiese:
«Chi è là?»
Accesi una candela e risposi:
«Sono io; perché sei uscito?»
«Mi sono svegliato di soprassalto da un incubo, con l’impressione
che ci fosse per casa un qualcosa di cattivo, un pericolo; volevo
proprio vedere che cosa stesse accadendo ed ecco che incontro te: è
accaduto qualcosa?»
Mentre parlava arrivarono anche le mie sorelle, con tutto il perso
nale e tutti mi chiesero perché avessi urlato. Raccontai loro la storia,
dopodiché passammo in rassegna tutta la casa: la porta di entrata era
ben chiusa e tutto era a posto.
In seguito pregai mio fratello di controllare la finestra di sopra:
avrebbe potuto essere stata aperta da una corrente d’aria, la luna
avrebbe potuto riflettersi nel vetro e spiegare così la palla fosfore
scente e verdastra che avevo visto. Ma, in quel momento, la luna
illuminava l’altra facciata della casa e, dal mio letto, era impossibile
vederla o vederne il riflesso.
Non avendo trovato nulla, non ci restò altro da fare che tornare a
letto, ma per molto tempo ancora mi echeggiò nella mente la risata
demoniaca:
«Credi di potermi prendere? Hihihihi!»
Pochi giorni dopo, mio figlio si lamentò di dolori addominali; ero
certa che si trattasse di un’appendicite e andai con lui nella capitale
perché un amico di mio padre, un celebre chirurgo a capo di un
grande ospedale, gli desse un’occhiata; diagnosticò un’irritazione del
l’appendice ma decise di aspettare l’autunno per operare. Ritornam
mo dunque nella nostra casa sul lago, dove il bambino trascorse anco
ra altri giorni felici, giocando con i suoi piccoli amici.
Preferirei non dover raccontare il periodo che seguì per non rivi
vere quei momenti, ma è necessario per la comprensione di ciò che
accadde dopo.
Il bambino fu dunque operato, tutto andò bene e tornò a casa dopo
otto giorni di ospedale. Nel frattempo la figlia di mia sorella si era
ammalata, ed aveva un tenace e strano mal di gola; le fecero degli
impacchi, e un giorno notai che aveva un’eruzione rossa sul collo,
che tutti attribuirono agli impacchi umidi. Venne curata con una poi
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 115
za del fatto che facevo questo per me, che volevo tenere quel bambi
no per me\ lo stringevo al petto per cercare di trasmettergli un po’
della mia energia vitale affinché non mi abbandonasse; sì, sapevo che
una forza invisibile irradiava dal plesso solare, una forza che, quan
do l’uomo vuole davvero qualcosa, può diventare immensa e vincere
persino l’attrazione terrestre. Ora, ciò che desideravo era il contrario,
volevo che quella forza planetaria si accentuasse per trattenere il
bambino sulla Terra. Concentravo tutti i miei pensieri affinché mio
figlio ricevesse l’energia necessaria per vincere il male, eppure non
cedetti mai alla tentazione di pregare Dio di lasciarmi il bambino: “Le
cose non sono mai brutte, di per sé, tutto dipende dal modo in cui le
vedi.” Il pensiero di Epitteto era presente in me. Dal mio punto di vi
sta personale, perdere il bambino sarebbe stata una catastrofe, ma
non dovevo chiedere cose soggettive e personali alla più grande po
tenza, al Creatore, giacché Egli sapeva ciò che era giusto e perché.
Non dovevo dunque voler tenere mio figlio per ragioni personali. E il
bambino? Anche per lui, il meglio sarebbe stato che si compisse la
volontà divina, quale che fosse. Rimasi dunque con il mio bimbo in
braccio, mentre il mio piccolo ego umano materno tremava per la sua
vita, ed io continuamente pregavo:
«Sia fatta la Tua volontà!... Sia fatta la Tua volontà!...»
Ripetevo centinaia di volte quelle parole in quelle ore interminabi
li; il mio corpo si irrigidiva, si ribellava, non sentivo più la schiena.
Una volta tentai impercettibilmente di cambiare posizione, ma subito
il bambino se ne accorse e urlò:
«Resta qui! Resta qui! Tienimi stretto! Se rimani e mi tieni stretto
a te, ti perdonerò tutto il male che mi hai fatto!»
Mi si gelò il sangue nelle vene... che cosa doveva perdonarmi,
quel bambino?
Fino a quel momento avevo creduto di aver fatto tutto ciò che una
madre doveva fare per suo figlio; era stato sempre il mio primo pen
siero fin da quando era nato, mi ero sempre data da fare per renderlo
felice... Che cosa avevo mai potuto fare, da dover essere perdonata?
Cercai di chiederglielo:
«Stai tranquillo, piccolo mio, resto accanto a te, ti tengo stretto.
Cosa devi perdonarmi?»
Egli rispose:
«Non lo so, ma tienimi forte e ti perdonerò tutto...»
Guardai il medico che mi disse piano:
«Sta delirando, non faccia caso a quello che dice.»
118 Elisabeth Haich
una borsa del ghiaccio sul cuore, guardando l’universo come se nuo
tassi nell’acqua.
Descrivere tutte le sofferenze che provai ci porterebbe troppo lon
tano, ma basti dire, qui, che per mesi percorsi tutte le sfere dell’infer
no.
L’estate mi aiutò a ricuperare un po’ di salute: il medico ci aveva
consigliato di andare in riva al lago, perché un cambiamento di clima
mi avrebbe fatto bene; rimasi quindi sdraiata sul terrazzo della villa di
famiglia, cercando di calmare e di controllare i miei nervi agitati. Mi
ripetevo migliaia di volte:
«Caaaalma... caaaalma... caaaalma...»
A poco a poco il mio stato migliorò e, addirittura, di quando in
quando, ripresi a dormire...
Un giorno mi accorsi che mio figlio, invece di giocare sulla spiag
gia come al solito, girava attorno al mio divano ed era stranamente
calmo; mi spaventai molto: era forse di nuovo malato? Siccome non
mi piaceva vedere i bambini così stranamente quieti gli chiesi:
«Cosa succede? Perché non giochi con gli altri bambini?»
Mio figlio si appoggiò al divano, mi osservò, e poi chiese:
«Mamma, è possibile che io abbia già vissuto un’altra vita?»
La domanda mi lasciò perplessa sicché gli chiesi:
«Come ti è venuta questa idea?»
«In giardino ho visto un grosso scarabeo nero; ci ho giocato un
po’, con un ramoscello, e lui si è girato sul dorso, restando perfetta
mente immobile come se fosse morto. Siccome ero curioso di vedere
che cosa sarebbe successo, ho continuato a tenerlo d’occhio, e siamo
andati avanti un sacco, forse mezz’ora. Poi lo scarabeo si è rigirato
sulle zampe, e se n’è andato. In quel preciso momento ho avuto la
certezza di aver già vissuto una volta; la gente aveva soltanto creduto
che fossi morto ma, come lo scarabeo, ho continuato ed ora sono qui,
vivo di nuovo. Questo vuol dire che non sono mai morto! E vedi,
mamma, ti faccio questa domanda perché, ogni mattina, quando mi
sveglio, prima ancora di aprire gli occhi, mi sembra di dovermi sbri
gare ad alzarmi per andare a caccia e portare qualcosa da mangiare a
mia moglie ed ai miei figli. Soltanto quando apro gli occhi e ricono
sco tutti gli angoli della camera, sono di nuovo cosciente di essere un
ragazzino e tuo figlio; ma mia moglie, i miei bambini e tutta la gente
di laggiù non sono come noi. Sono... sono... sono tutti neri, e tutti
nudi» disse il bambino con un sorriso imbarazzato.
Avevo ascoltato con interesse crescente, ma non avevo voluto che
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 121
mai. Ora capisci perché ho tanto pianto, l’anno scorso, quando volevi
mettermi a bagno: avevo paura che qualcosa mi divorasse le gambe
nell’acqua. E ancora adesso, sebbene io sappia che non c’è nulla di
pericoloso nel lago, non posso fare a meno di pensarci. Ti ricordi che
l’anno scorso, quando abbiamo ricevuto la barca, ho voluto remare
subito? E tu, tu mi avevi detto di no perché, dicevi, prima dovevo
imparare! Ma io sapevo di saper remare, ed ero così a mio agio nel
mio battellino di bambù che potevo muovermi sull’acqua come se la
mia barca ed io fossimo un’unica cosa. E, ti ricordi, ho tanto insistito
che, alla fine, spazientita mi hai detto: “E allora prova, così vedrai
che non sai remare!” E tutti sono rimasti sorpresi nel vedere che
remavo con un remo solo perché ero troppo piccolo per usarne due; e
che, anche con uno solo, ero in grado di portare la barca con sicurez
za fra le altre e persino fra i bagnanti. Sì, potevo fare di tutto, con la
barca in cui abitavo allora! Avresti dovuto vedere! E gli alberi non
erano come qui, c’erano alberi come questi — disse, disegnandoli. —
E poi altri ancora, piante così diverse fra loro. Guarda, eccomi qui a
caccia di un grande uccello, ed ecco il mio cappello, vicino a me!»
Tutto ciò che disegnava descriveva un paesaggio tropicale, con le
sue palme e la sua tipica vegetazione; il disegno che lo rappresentava
era quello di un uomo di colore, tranne che per il cappello, che mi
sembrò sospetto: sembrava ai cappelli moderni di feltro. Ma non volli
distrarlo e con molta precauzione gli feci qualche domanda. Non
volevo risvegliare la sua immaginazione. Giacché in vita sua non
122 Elisabeth Haich
aveva mai visto donne nude se non sui quadri, dove per altro non
avevano lunghi seni pendenti, gli chiesi:
«Perché hai disegnato tua moglie con seni così lunghi, pendenti e
brutti?»
Il bambino mi guardò sorpreso di sentirmi rivolgere quella do
manda. Poi, senza esitare e con assoluta naturalezza, replicò:
«Perché era così che aveva i seni: e non è una cosa brutta. Era
molto bella!» aggiunse fieramente.
La sua risposta mi convinse del fatto che non avesse potuto vedere
queste cose nel nostro ambiente; non era mai andato al cinema, non
aveva ancora letto libri sull’Africa. Come gli era venuto in mente che
una donna con i seni lunghi e pendenti fosse bella? Certamente il
nostro ideale di bellezza era molto diverso, e volli ancora fargli delle
domande.
«Qual è il tuo ultimo ricordo?»
«Ero a caccia quando sbucò una tigre. Lanciai la mia lancia che le
si infilò nel petto, ma essa non morì e si precipitò su di me. Dopo,
non ricordo più niente.»
«Bene; è una cosa molto interessante, ed è possibile che tu abbia
già vissuto e che tutto questo sia davvero accaduto. Ora però, sei qui:
non pensare dunque a ciò che fu, ma a ciò che è. Puoi raccontarmi
ogni cosa, ma non parlare di questi tuoi ricordi con gli altri.»
«Lo so, mamma — riprese — so che gli adulti credono che i
bambini siano stupidi e ci prendono sempre in giro. Ma, hai idea di
ciò che può essere accaduto a mia moglie e ai miei bambini?»
«No, non saprei dirti. Non dimenticare che tutto passa, e che solo
l’amore è eterno: e l’amore vi riunirà di certo in questa vita.»
«Allora, va bene» disse il bambino, tornando a giocare con i suoi
amici.
Presi i suoi disegni e li infilai nel diario che tenevo da quando era
nato... Non gli feci mai più nessuna domanda: volevo evitare di sti
molare la sua immaginazione e che vivesse troppo nel mondo dei
ricordi. D’altronde, a quale scopo? Sapevo che non aveva mai avuto
occasione di vedere o leggere un solo libro sull’Africa, conoscevo
ogni suo passo, ogni sua occupazione. D’altra parte, non era stupefa
cente che quel ragazzino, solitamente così coraggioso, addirittura te
merario, si fosse dibattuto con la forza della disperazione quando
avevamo deciso di portarlo a fare il bagno, come se avessimo l’inten
zione di ucciderlo? Avevo dovuto spiegargli che poteva andarci tran
quillamente, che non gli sarebbe successo nulla ed alla fine aveva
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 123
aver visto d’un tratto sul suolo di camera mia una luce grossa come la
luna piena che, come una palla luminosa, era apparsa sulla soglia
socchiusa per poi sparire dietro la parete.»
Non credevo ai miei occhi. Di nuovo quella palla che assomiglia
va alla luna piena? Quella palla di luce, a quanto pareva, non era
affatto rara! Che strano! Eppure, a rifletterci, c’è un esempio analogo
in elettricità: il fulmine globulare che rotola nell’aria. Sono noti di
versi casi in cui questo globo entra in camera attraverso una finestra,
rotola per tutta la stanza e poi scompare da un’altra via di uscita;
fintantoché esso mantiene la sua forma sferica non c’è alcun pericolo,
ma se esce da essa, distrugge tutto ciò che trova sul suo passaggio.
Questa forma di fulmine è infinitamente più pericolosa di un fulmine
normale. E quella sfera verdastra e fosforescente che poteva causare
tanti danni, non era forse anch’essa un fulmine globulare, sebbene su
un livello diverso?
Dalla notte dei tempi ci viene una profonda verità attribuita al
grande iniziato Ermete Trismegisto che conosceva tutti i misteri della
terra e del cielo:
«Così in alto come in basso, così in basso come in alto.»
Quel fenomeno parallelo non era poi così strano: la sfera verde e
il fulmine globulare.
CAPITOLO XX
maggiore, per soddisfare sempre meglio i loro istinti più bassi. Molti
hanno tentato di estorcerci i nostri segreti con tutti i mezzi, ma abbia
mo capito che il loro scopo era guadagnare immense fortune con
queste conoscenze, o nutrire la loro vanità diventando celebri. Sicché
abbiamo taciuto. È triste dover constatare che il potere straniero in
questo Paese è andato fino a torturare alcuni medici Ayur-Vedici per
tentare di strappar loro i loro segreti; da quel momento, gli stranieri
non hanno più potuto trovare alcun iniziato dell’Ayur-Veda, giacché
nessuno di noi ammette di possedere tali conoscenze. Ci hanno obbli
gato a portare una maschera e a diventare dei “misteriosi Orientali”;
abbiamo pagato a caro prezzo questa lezione, e tuttavia devo dirle
che, in tutti questi anni, ci sono stati medici stranieri, esseri umani
veri, che hanno voluto conoscere i nostri segreti allo scopo di aiutare
gli altri, e che non hanno esitato a fare il voto di Brahmacharya
(castità). Costoro hanno ricevuto l’iniziazione e lavorano sempre con
noi, ma, come noi, non fanno mostra del loro sapere. Quando l’uma
nità sarà abbastanza progredita ed avrà raggiunto un livello che farà
dei suoi medici, in gran parte, uomini pronti a sacrificare i desideri
sessuali per poter guarire la gente, allora gli iniziati Ayur-Vedici
saranno presenti per svelar loro le verità ed i misteri. Per il momento,
gli Occidentali usano tutte le loro scoperte per nuocersi: qual è il
risultato della scoperta della dinamite, degli aerei? Nuove armi! E che
fareste, se scopriste il segreto dell’energia cosmica e dell’energia vi
tale ancora più potente?... Altri mezzi per distruggere, altri soldi da
guadagnare. La guerra è un affare colossale. E perché sempre più
soldi? Per soddisfare ancor di più gli istinti, i piaceri sessuali, le
perversità. Vi chiedete perché non riveliamo il nostro sapere? I medi
ci stranieri non lo vogliono! Appena ne conoscono le condizioni,
immediatamente il loro interesse viene a cadere; non possono imma
ginare che, pagando un tributo tanto modesto, riveleremmo loro il
segreto di tutta la vita. È molto più semplice, senza tentare il minimo
sforzo, farsi beffe degli Orientali. La maggior parte degli stranieri
sembra pensare che la soddisfazione degli istinti sessuali rappresenti
la gioia suprema sulla Terra, e quindi come possono riuscire a cono
scere la straordinaria potenza di un essere spirituale, se non cercano
neppure di acquisirla? Questa potenza non si può ottenere né con i
soldi né con la forza: il suo prezzo è la rinuncia. Ora, colui che l’ha
pagato scopre poi di non aver di fatto rinunciato a nulla, giacché in
vece di una gioia passeggera e mortale, ha trovato la gioia imperitura
e immortale. Quale affare migliore di questo uno può concludere? Ma
138 Elisabeth Haich
non parliamone più: questi misteri non possono essere capiti con
l’intelletto; non si può capire lo spirito, se ne può fare soltanto
l’esperienza, lo si può vivere. Non si può che essere lo spirito\ La
sciamo dunque gli altri camminare sulla via dell’intelletto: hanno
imparato già molte cose e progrediranno ancora, ma le “verità ultime”
rimarranno nascoste all’uomo guidato dalla ragione che non conosce
rà mai la felicità di ESSERE a cui conduce la rinuncia. Hanno fatto
una caricatura dello yogi orientale: è dunque tanto sorprendente se gli
iniziati non rivelano i loro segreti, se si ritirano e sono introvabili per
gli Occidentali?
Le ho detto tutto questo perché posso vedere che nel suo caso non
si tratta di curiosità, ma del desiderio profondo di studiare la nostra
scienza. Lei cerca la verità, lei cerca Dio! Quelli come lei vanno
aiutati. Mi lasci dunque dare un consiglio: se vuole progredire più in
fretta, se vuole penetrare ancora più profondamente i misteri dell’es
sere umano e della vita, pratichi lo Yoga!»
«Poi — continuò il nostro amico — egli mi spiegò che gli Orien
tali avevano scoperto e perfezionato nel corso dei millenni diversi
metodi per permettere all’uomo di raggiungere lo scopo, ossia quella
felicità che ognuno porta in sé e a cui tende persino l’essere più
ignorante, la creatura più incosciente. Il compimento, la salvezza, la
felicità, o Nirvana come dicono gli Orientali: l’uomo può raggiunger
lo qui, sulla Terra. La porta è aperta per chiunque ne abbia trovato la
chiave.
Lo Yoga è questa chiave!
Il medico indiano continuò le sue spiegazioni. In realtà, ogni azio
ne eseguita dirigendo appropriatamente la coscienza, è già Yoga, per
ché l’unico modo di cui disponiamo per raggiungere il grande scopo è
la concentrazione. Con metodi perfezionati nel corso delle ere, lo
Yoga insegna come concentrarsi e migliorare sistematicamente il no
stro potere di concentrazione, offrendoci diverse vie: gli esercizi fisi
ci, mentali e spirituali di concentrazione. Questi sviluppano le facoltà
più elevate dell’uomo, aprendogli occhi ed orecchi spirituali: egli
diviene il maestro di se stesso e il padrone delle forze creatrici e delle
forze del destino. La via verso la felicità gli è aperta o, in altri termi
ni, la via verso la realizzazione di sé, verso Dioì La via yogica supre
ma più difficile è quella del Raja-Yoga, dove “raja” significa “re”.
Possiamo quindi tradurre il termine “Raja-Yoga” con “Yoga regale”.
È la via più breve, la più ardua, la più stretta, quella insegnata dal
Cristo nella Bibbia; con pazienza e perseveranza si giunge alla meta.
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 139
E la luce fu
Da quel preciso momento, le persone, uomini e donne, giovani e
vecchi, che venivano a consultarmi aumentò costantemente: desidera
vano un consiglio per trovare la via della felicità. Sempre più “ricer
catori” mi chiedevano aiuto, eppure avevo l’impressione di essere
ancora nel buio più assoluto; allora, come aiutarli? Come lenire tutte
le ferite che queste creature portavano sulla loro anima, quando io
stessa non avevo ancora chiarito il problema della vita e della morte?
L’importante era uscire dalle mie proprie tenebre: “cercavo” come
mi era stato consigliato dalla voce interiore, e cercavo di avanzare
leggendo buoni libri; ne trovai uno che descriveva gli esercizi segreti
del Raja-Yoga, cioè il cammino verso di sé. Li misi subito in pratica,
giacché sapevo che la lettura è necessaria soltanto per sapere ciò che
bisogna fare. Se si vuole raggiungere la meta (il Sé) bisogna realizza
re ciò che si è imparato!
Ero dunque in cerca della realtà, non quella delle belle parole o
delle teorie, ma lo Yoga spirituale che richiedeva la più stretta ascesi.
Ne parlai a mio marito, che era il mio migliore amico, e che
sapeva che la risposta alle tre grandi domande, cioè da dove, dove e
perché, era per me di importanza vitale. Mi diede il suo pieno accordo.
Mio padre aveva comprato, per tutta la famiglia, una proprietà in
montagna, sicché avevamo una casetta proprio nel bosco. Mi ci tra
sferii da sola per un lungo periodo, giacché mio figlio, ormai, era
studente in un collegio e tornava a casa soltanto nel periodo delle
vacanze; mio marito viaggiava molto, e ci incontravamo soltanto per
il fine settimana.
Dal grande spiazzo davanti alla casa si godeva di una vista magni
fica su tutta la valle, lo sguardo si perdeva all’infinito nelle vaste
pianure di quella regione e, ai piedi del monte, scorreva lentamente il
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 145
questa vita: i loro abiti, i loro nomi, la lingua nella quale conversava
mo in sogno, mi erano estranei ed erano lontanissimi da tutto ciò che
allora conoscevo.
Quando mi sedevo a meditare, dirigevo tutta la mia attenzione
verso l’interno; allora si accendeva in me una luce turchese, che
andava crescendo, e sembrava provenire dagli occhi invisibili di un
essere potente e puramente spirituale. Quello sguardo mi permeava di
una forza, di un amore e di una bontà indicibili. Con assoluta fiducia,
mi immergevo in quella fonte di energia benefattrice e in essa mi
sentivo sicura, senza alcuna apprensione, penetrando sempre più pro
fondamente nel mondo ignoto dell’inconscio.
Un giorno, d’un tratto, la luce cacciò le tenebre che avevano na
scosto il passato e la realtà. Tutto diventò chiaro.
Quando, come al solito, mi ero seduta a meditare, la luce fosfore
scente era apparsa al mio sguardo interiore ma, quella volta, sentii più
chiaramente ancora che la fonte di tale luce erano gli occhi di un
essere potente e familiare; quella sensazione aumentò talmente che
seppi che quei due occhi posavano il loro sguardo su di me: li sentivo,
sentivo la loro luce, la loro potenza, l’amore di quello sguardo. Un
istante dopo, apparentemente per effetto di quello sguardo, il resto
della nebbia che ancora avvolgeva la mia coscienza scomparve: da
vanti a me stava una figura maestosa dagli occhi di un azzurro molto
scuro, infinitamente profondi, la sua forma, il suo volto, i suoi occhi:
LUI\
CAPITOLO XXII
Nota dell’autrice
Lungi da me l’idea di voler dare un ritratto storico dell’Egitto: una
persona che vive in un certo luogo, non considera i costumi, la lingua
e la religione del proprio Paese dal punto di vista etnografico, li trova
semplicemente naturali; è un essere umano con le sue gioie ed i suoi
dolori, come qualsiasi altro essere umano di qualsiasi altra epoca,
perché l’essere umano resta sempre uguale.
Ciò che racconto qui riguarda soltanto il fattore umano, non l’et
nografia o la storia. I concetti vengono dunque espressi intenzional
mente in modo moderno, e gli insegnamenti del gran sacerdote
Ptahhotep sono tradotti in termini contemporanei affinché la gente di
oggi possa comprenderli. Allo stesso modo, ho dato ai simboli reli
giosi la denominazione attuale che tutti conosciamo: se diciamo Dio,
l’uomo moderno capisce meglio di cosa stiamo parlando che se do
vessimo usare, per lo stesso concetto, l’espressione Ptah', perché, se
dicessimo Ptah, tutti penserebbero: «Ah! Ptah, il dio egizio!»
No: Ptah non è mai stato un dio egizio, perché gli Egizi hanno lo
stesso nostro Dio , ma, nella loro lingua, lo chiamano Ptah. Allo stes
so modo, per esempio, Satana è chiamato Seth. Sappiamo esattamen
te che cosa significano le parole Dio e Satana, mentre le parole Ptah
e Seth ci sono estranee, quindi sono prive di senso per noi.
L’espressione Logos ovvero principio creatore, ci dice molto di
più che non falco Horus. Da sempre l’elettricità è l’elettricità, l’atomo
è l’atomo, ma un tempo li chiamavano diversamente. Nessuno dun
que si scandalizzi e parli di anacronismo, quando il gran sacerdote
egizio, per esempio, utilizza l’espressione “reazione a catena”! Ri
nuncio intenzionalmente ad imitare le antiche espressioni.
Il principio
creatore
attraversa lo
spazio proprio
come il falco
Horus, e crea i
mondi. Incarna
la legge di Dio;
ecco perché
porta sul capo le
tavole dei dieci
comandamenti
divini.
senza averne diritto, giacché non sono stata iniziata. Il mio massimo
desiderio, ciò che ti chiedo, è l’iniziazione!»
Padre si fece molto serio:
«Figlia mia, chiedimi qualcos’altro. Sei ancora molto giovane e
non ancora abbastanza matura per ricevere l’iniziazione. I giovani
germogli non devono essere esposti al sole violento, perché altrimenti
si bruciano senza aver potuto fiorire. Aspetta di aver acquisito le
esperienze necessarie nella vita terrena, nella vita fisica. Prepararti
ora all’iniziazione renderebbe infinitamente più difficili le prove che
dovresti attraversare più tardi. Perché causare inutili tormenti? Chie
dimi quacos’altro, figlia mia.»
Ma io insisto:
«Padre, a parte questo non c’è nulla che io desideri. Le cose che
interessano gli altri giovani, mi annoiano; dietro ogni piacere terreno,
vedo i desideri della carne. I bei gioielli mi piacciono molto, ma, per
me, l’oro è una materia che diventa preziosa soltanto quando lo spiri
to si manifesta attraverso il lavoro dell’orefice. Quando viaggio, mi
piacciono i paesi nuovi, tutte le cose degne di essere viste, ma non
posso dimenticare neppure un istante che tutto questo è soltanto la
creazione, mai il creatore. Desidero fare l’esperienza delle verità su
preme nella loro realtà. Voglio conoscere Dio creatore. Padre, sai che
questo processo attraverso il quale tutti passiamo e che chiamiamo
“vita” è solo sogno, apparenza; tutto ci sfugge fra le dita, non si può
gioire definitivamente di nulla, tutto è passeggero, effimero, tra il
passato e il futuro. Ma io voglio vivere il presente che non diventerà
mai passato e che non fu mai futuro. E voglio anche trovare quel
“luogo”, quello stato che non è mai “laggiù” prima che io possa arri
varci, ma che si chiama “qui” non appena vi giungo, e che non è mai
“qui” fintantoché io non ci sono, ma che si trasforma di nuovo in
“laggiù” quando lo lascio. Voglio vivere il presente assoluto nel tem
po e nello spazio. Padre, voglio la realtà suprema, voglio l’iniziazio
ne.»
Padre mi ascolta attentamente, ma diventa sempre più triste, e poi
dice:
«Il tuo risveglio spirituale si è manifestato prima del dovuto. Tutto
ciò che posso fare è autorizzarti ad andare da mio fratello Ptahhotep,
il gran sacerdote del Tempio, Capo della nostra razza. Gliene parlerò,
ti affido a lui ed egli ti guiderà. Che Dio rischiari la tua via con la sua
luce eterna!» ¿
Mi pone una mano sul capo e mi dà la sua benedizione. Vorrei
154 Elisabeth Haich
Luì
Quella sera stessa, pesantemente velata, esco da palazzo. Menu mi
accompagna, e procediamo lungo il peristilio che conduce dal palazzo
al Tempio, verso il gran sacerdote, fratello di mio padre, figlio di Dio:
Ptahhotep...
Ptahhotep è il capo di tutti gli altri sacerdoti; siccome conosce e sa
padroneggiare tutti i misteri delle leggi della natura, è anche il capo
dei medici e degli architetti. E venuto sulla Terra con la missione di
V
I figli di Dio
Il giorno seguente, il Faraone mi manda a chiamare; devo recarmi
da lui dopo le sue udienze.
Nell’ora indicata, l’intendente viene a prendermi per condurmi da
mio Padre.
«Entra, figlia mia, voglio parlare con te di ciò che Ptahhotep ed io
abbiamo deciso sulla tua iniziazione.»
«E venuto da te?»
V
varie parti del mondo in cui i figli di Dio sbarcarono, portando seco
ciò che avevano potuto salvare.»
Avevo ascoltato con la massima attenzione il racconto di quegli
eventi sconvolgenti; molte cose, fino ad allora incomprese, si erano
chiarite, ma c’era una domanda che mi aveva richiesto ore di rifles
sione, e che ancora non aveva trovato risposta:
«I figli di Dio, come sono riusciti a trasportare, sollevare e posi
zionare al giusto posto questi enormi blocchi di pietra?»
«Ricordati, figlia mia, quanto ti ho detto: i figli di Dio non lavora
vano con le loro forze fisiche, ma facevano lavorare le forze della
natura.
Ancora oggi, possediamo alcuni degli strumenti con i quali pos
siamo neutralizzare o aumentare la forza di gravità, a seconda del
nostro scopo. In questo modo possiamo neutralizzare il peso di un
oggetto pesante o, invece, aumentarlo ancora di più. Persino un bam
bino, con le sue piccole dita, potrebbe spostare e sollevare un masso
di pietra una volta che fosse liberato dal peso. In questo modo è stato
possibile sovraccaricare quelle barche senza pericolo, giacché i bloc
chi di pietra erano stati lungamente irradiati prima e non avevano più
peso. Tutte le costruzioni straordinarie disseminate per il mondo, e
che la forza umana non avrebbe mai potuto edificare, sono state edifi
cate in questo modo dai figli di Dio.
Ovunque sbarcarono, i figli di Dio diedero origine ad una cultura
elevata; ovunque regnino oggi, guidano gli uomini con un amore
disinteressato ed accettano il sacrificio di rimanere ancora un po’
sulla Terra per insegnare e propagare le loro forze spirituali. Un tem
po il Faraone ed il gran sacerdote erano un’unica persona, contempo
raneamente guida spirituale e temporale del popolo; poi, con la cultu
ra e le ricchezze, il Paese divenne più grande, ed i figli di Dio decise
ro di suddividersi i compiti: uno di essi prese in mano il governo
temporale del Paese, mentre l’altro, il primogenito e capo della stirpe,
ne divenne la guida spirituale. E da allora è sempre stato così: il Fara
one governa il Paese ed il gran sacerdote svolge le sue funzioni nel
Tempio; egli è il guardiano della conoscenza in tutti i campi, e sicco
me la conoscenza sgorga da un’unica fonte, egli dà l’iniziazione nelle
scienze, nelle arti e, nel Tempio, la grande iniziazione nell’“Arie
senz ’A rte dello Spirito”.
Ora sai perché gli uomini del popolo hanno un cranio diverso da
quello dei figli di Dio che oggi compongono ancora la famiglia reale;
noi, che abbiamo questo cranio allungato, utilizziamo poco la nostra
Iniziazione: memorie di un’Egizia 173
soltanto i figli di Dio hanno avuto dei bambini con le figlie degli
uomini, e non è accaduto che le figlie di Dio avessero dei bambini
con i figli degli uomini?»
Padre affonda i suoi occhi nei miei:
«Scolpisciti bene questa mia risposta nella memoria e non scor
darla mai. Se capisci bene questa verità, allora forse possiamo ancora
cambiare la direzione del tuo destino.
Se, da un bicchiere di vino rosso, togli una goccia per metterla in
un bicchiere di vino bianco, il vino rosso nel primo bicchiere rimane
immutato; invece il vino bianco non è più tale, diventa un miscuglio.
Ed ora, se prendi un po’ di questo vino bianco, ciò che versi è un
insieme di vino rosso e bianco. Capisci, figlia mia?»
«Sì, Padre, capisco. Significa che il sangue di un figlio di Dio di
razza pura, resta puro anche quando procrea con una figlia degli
uomini; ma il sangue di una figlia di Dio di pura razza si mischiereb-
be se sposasse un figlio degli uomini. E, da quel momento, sarebbe
anch’essa un ibrido, proprio come i suoi futuri bambini.»
«Mantieni questa verità viva e cosciente in te in ogni istante della
tua vita» mi dice Padre.
Si alza, io mi inchino, lui mi benedice. Esco con l’unità dello
spirito nel cuore.
CAPITOLO XXVI
Anni di preparazione
Menu mi accompagna al Tempio.
Quante volte, nel corso dei molti anni a venire, seguirò quel co
lonnato che va dal palazzo al Tempio, oh, quante volte! fino a diven
tare io stessa la strada, fino a che i miei piedi faranno il percorso da
soli, procedendo senza l’aiuto dei miei occhi!
Per la prima volta entro nel Tempio in qualità di neofita; proprio
perché vorrei fare in fretta, mi sforzo di camminare piano, solenne
mente. Sono felice che abbia inizio la mia iniziazione, e voglio gu
starmene ogni istante. Immersa nel mio universo interiore, ove ancora
risuona l’eco delle parole pronunciate ieri da mio padre, vado, con
sciamente, incontro ai miei doveri di futura iniziata...
All’entrata è ad attendermi lo stesso neofita della volta preceden
te; Menu si congeda baciandomi e stingendomi al petto come se non
dovessimo mai più rivederci, poi, finalmente, si calma e si inchina
davanti a me come crede di dover fare. La bacio e sento che, attraver
so il tocco delle sua labbra, mia madre stessa mi sta baciando.
Il neofita mi accompagna nella piccola stanza di ricevimento di
Ptahhotep: quante volte ancora mi troverò così, davanti a Lui, quante
volte ancora poserà lo sguardo su di me, sondandomi con calma,
sicurezza e forza!
Egli esordisce dicendo:
«Mia cara bambina, come ti ho già spiegato, iniziazione significa
diventare cosciente a livello divino supremo. Questo richiede un lun
go allenamento del corpo e dell’anima, perché bisogna preparare i
nervi a sopportare quelle vibrazioni così elevate senza esserne dan
neggiati, senza dover morire.
Diventare coscienti ad un certo livello, significa dirigere nei nervi
la vibrazione corrispondente a tale livello, poi, attraverso i nervi,
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 177
dirigerla nel corpo. Fin dalla nascita, quindi dacché è abitato dal Sé, il
corpo sviluppa una forza di resistenza in armonia con il grado medio
di coscienza dello spirito che lo anima. Il grado di coscienza di una
creatura varia a seconda della sua anima, ma rimane entro i limiti di
un’ottava di vibrazione. Queste fluttuazioni non debbono comunque
andare oltre l’elasticità dei nervi, perché altrimenti si possono avere
malattie più o meno serie, addirittura la morte. La vibrazione del
l’energia vitale creatrice è mortale per colui che non ha raggiunto il
livello di coscienza necessario per sostenerla: essa brucia allora i suoi
centri nervosi ed i nervi, ed è per questo che l’energia vitale, la quale ha
sede nel midollo spinale, viene trasformata in vari centri nervosi in una
vibrazione ridotta. Questa corrente soltanto viene incanalata nel corpo.
È così che la vibrazione vitale che anima gli animali è inferiore a
quella dell’uomo primitivo, e l’uomo primitivo, animalesco ed egoista, è
animato da una vibrazione vitale inferiore a quella di un essere spiritual-
mente avanzato. Se trasferissimo l’energia vitale di un uomo superio
re in un animale o in un uomo inferiore, questi morirebbe all’istante.
La grande iniziazione significa vivere coscientemente e condurre
simultaneamente nei nervi e nel corpo la vibrazione creatrice dell’ES-
SERE eterno ad ogni livello di sviluppo e alla sua frequenza originale
senza trasformazione. Questo richiede una forza di resistenza in gra
do di sopportarla, e che può essere acquisita con un lungo allenamen
to del corpo e dell’anima; significa che bisogna preparare i nervi
lentamente, prudentemente, imparare a risvegliarli e a controllarli.
Questi esercizi del corpo e dell’anima ti verranno insegnati dapprima
da Mentuptah, direttore della scuola dei neofiti, e verrai aiutata a
svolgere i tuoi esercizi di concentrazione da Ima, il neofita che ti ha
accompagnata qui. Quando avrai superato tutti gli esami con Mentuptah
e Ima, allora continuerò personalmente l’insegnamento e ti darò l’ini
ziazione. Ora Ima ti condurrà a scuola e ti mostrerà tutto ciò che è
necessario; se, in questo periodo, desideri parlarmi, puoi chiedere di
vedermi una qualsiasi sera. Che Dio guidi i tuoi passi!»
Ptahhotep mi benedice, io mi inchino e seguo Ima fino alla scuola
dei neofiti.
Ima mi conduce verso una delle piccole celle costruite nelle mura
del Tempio, mi tende una tunica bianca e dei sandali semplicissimi e
mi informa che quella cella è mia.
Quando ne esco, dopo avere tolto i miei abiti principeschi ed
indossato quelli del Tempio, anch’io sono una neofita, come Ima; egli
mi conduce lungo un peristilio verso il giardino del Tempio, un giar
178 Elisabeth Haich
O
4—1
C/3
S'
182 Elisabeth Haich
Ima sorride:
«Vedremo dove ti porta, tutto questo. Riprovaci, e poi toma a
trovarmi!»
Mi concentro sul senso della frase “Io manifesto sempre il divi
no”, soltanto sul senso...
Tomo da Ima che, proprio in questo momento, sta concludendo
una conversazione con un neofita; quando mi vede, mi lancia uno
guardo malizioso, come se già sapesse ciò che è accaduto in me:
«Allora?» mi chiede.
«Ima! Che strano! Quando ho cercato di concentrarmi sul senso
della frase, non sono riuscita a pensarci. Tutto il processo interiore è
passato dalla testa nel petto, e non potevo più pensare al senso, ma lo
sentivo, lo vivevo. Nel momento in cui mi concentro sul senso , di
questa frase senza parole, io ne divento il sensol Bisogna quindi cam
biare: “Io manifesto sempre il divino” in una frase molto più corretta:
“Io sono il divino che si manifesta continuamente”.»
Ascoltandomi, Ima mi sorride:
«Benissimo, ti sei concentrata ottimamente; hai scoperto che la
concentrazione non può essere uno stato durevole, ma una transizione
fra il mondo proiettato e lo stato di ESSERE. Quando concentri il
pensiero su qualcosa, non puoi limitarti a questa attività di pensiero,
perché la concentrazione ti riporta a te, e allora diventi quel qualcosa
stesso su cui ti concentri. Con la concentrazione, pensare diventa uno
stato d ’ESSEREl L’attività di pensare cessa, ed il pensatore diventa
identico alla cosa pensata.
Pensare a qualcosa significa proiettare un pensiero verso l’esterno
per mezzo dell’intelletto, come in uno specchio, e quindi uscire da sé.
Con la concentrazione richiamiamo la proiezione, e il soggetto pensa
to ritorna ad essere identico al pensatore, a lui stesso. I due fattori
sono perfettamente riuniti: ciò che è stato creato ritorna al creatore!
Continua ad esercitarti; questo processo ti si chiarirà sempre più.
Visto che ti piace tanto sederti sotto questa palma, allora concentrati
su di essa»... e Ima scompare.
Mi siedo e guardo la palma: nessun altro pensiero mi distrae da
quest’albero. Le ore scorrono, viene la sera e devo rientrare a casa.
Menu mi aspetta fuori, ed insieme ci dirigiamo alla volta del palazzo.
Il giorno seguente, dopo gli esercizi di gruppo, mi ritrovo sotto la
palma e mi concentro su di essa.
Quando avevo cominciato l’esercizio, ero stata assalita da molti
pensieri estranei all’oggetto della mia concentrazione, come ciò che
184 Elisabeth Haich
Poi, entri in acqua: senti che cos’è l’acqua. Per sensazione diretta,
ti rendi conto che l’acqua è liquida, che bagna tutto il tuo corpo, ne
senti la temperatura, sicché non hai più bisogno di misurarla: senti se
è fredda o calda. Puoi giocherellare nell’acqua, fra piccole o grandi
onde... e sperimenti tutte le caratteristiche dell’acqua a livello delle
sensazioni. Questa è la concentrazione sensoriale.
D’un tratto, smetti di sentirti separata dall’acqua. Ora ti fondi in
essa, non hai più un corpo umano, sei diventata acqua; quindi non hai
più bisogno di pensare alle caratteristiche dell’acqua, né di sentire
che cos’è l’acqua, giacché, ora, tu sei l’acqua. La perfetta concentra
zione consiste nel divenire identico all’oggetto della concentrazione!
Le altre fasi della concentrazione presentano uno stato di separazione
mentre lo stato d ’ESSERE rappresenta la perfetta unità risultante dal
la comprensione totale e dalla conoscenza assoluta proveniente dal
l’interno. Naturalmente, non è che il tuo corpo diventi acqua ma, in
coscienza, vivi quest’elemento, ne fai l’esperienza completa.
Osserva la gente intorno a te: alcuni parlano sempre di amore e di
bontà, hanno un sorriso dolce ma pieno di sufficienza; non perdono
occasione per far notare quanto sono “buoni e pieni d’amore”... Ma
tutto questo, è solo esteriorità! Indossano la maschera dell’amore, ma
quando si passa all’azione il loro egoismo si manifesta, giacché essi
sono egoismo.
Un altro, invece, non parla mai di bontà, non pensa neppure di
essere buono, eppure tutto ciò che dice, pensa e fa, deriva dalla bontà
giacché egli è la bontàl Non si deve né pensare né sentire ciò che si è,
proprio perché lo si è\ non se ne parla, ma tutto ciò che si pensa, si
dice e si fa, è una manifestazione di ciò che siamo: la manifestazione
del nostro Sé\
Allora, eccoti l’esercizio più difficile: concentrati su te stessa ! Co
mincia col riflettere su ciò che sei, poi senti ciò che sei e, infine, sii
ciò che seiì
Per diventare cosciente qui, sulla Terra, sei caduta fino al Uvello
del tuo intelletto e delle tue sensazioni: quindi non fai che pensare a
ciò che sei, sentire ciò che sei, ma non sei mai ciò che seiì
Osserva la gente intorno a te e vedrai che non sono ciò che sono
in realtà, ma che si identificano sempre con pensieri, sensazioni e
parti che interpretano quaggiù. Sono usciti da loro stessi, sono dei
facsimili. Negli occhi di un bambino piccolo, potrai ancora riconosce
re la scintilla, la luce del Sé, ma quando la sua ragione si sveglia, il
bambino comincia ad identificarsi con la sua persona esteriore e si
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 189
tiene tutta la luce della seconda lampada e l’ombra, da quel lato della
parete, sembra essere diventata rossa.»
«Giustissimo — dice Ptahhotep. — Come vedi, questi due colori
non possono esistere l’uno senza l’altro, così come non possono esi
stere l’uno senza l’altro il silenzio e la parola. Qualsiasi cosa tu renda
visibile nel mondo esterno, il suo opposto complementare rimane nel
mondo non manifesto. c
Quando parli, ciò che resta nel non-manifesto è il silenzio, ovvero
il lato negativo complementare della parola; e quando taci, ciò che
resta nel non-manifesto è la parola, l’atto complementare positivo del
silenzio. Quando si forma una montagna, deve formarsi anche la sua
immagine negativa, cioè la valle. Come immaginare una montagna
senza valle o una valle senza montagna? Nulla può essere manifesto e
riconoscibile senza che il suo contrario (la sua metà complementare
e opposta) sia simultaneamente presente nel non-manifesto. Quando
qualcosa di positivo si manifesta, il negativo resta non-manifesto e,
inversamente, quando qualcosa di negativo si manifesta, il positivo
resta nel non-manifesto. Non appena l’uno compare, la sua parte
complementare deve obbligatoriamente essere presente, anche se sol
tanto allo stato di non-manifestazione: sono legati l ’uno all’altra per
tutta l ’eternità.
La separazione è dunque solo apparente, perché le due metà com
plementari, sebbene siano separate ed uscite dall’unità assoluta del
Tutto, non possono allontanarsi l ’una dall’altra né abbandonarsi.
L 'unità divina ed indivisibile si manifesta quindi sempre e dovunque,
giacché questa separazione apparente agisce di continuo sotto forma
di forza d ’attrazione, onnipresente, tra il positivo ed il negativo. Sia il
positivo che il negativo aspirano a ritrovare il loro stato originario,
Vunità divina. Se qualcosa compare nel mondo manifesto, questo
qualcosa non può mai allontanarsi definitivamente dall’unità: presto o
tardi, riunendosi con la sua metà complementare, egli la ritroverà. La
forza che anima tutto ciò che esiste, che spinge ogni forma creata a
ritornare nell’unità, è ciò che chiamiamo Dio.
La creazione, ossia il mondo visibile, è simile ad un albero: a
destra porta frutti positivi e buoni, a sinistra frutti negativi e cattivi.
Ma i due lati fanno parte dello stesso tronco e derivano tutti dalla
stessa unità.
Il bene ed il male sono il risultato di questa separazione dall’uni
tà che non è né buona né cattiva, ma divina. Soltanto questa separa
zione ha reso possibile la conoscenza, di conseguenza il mondo visi
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 193
bile dev ’essere composto dal bene e dal male, altrimenti non sarebbe
riconoscibile, sarebbe inesistente.
L’intera creazione rappresenta l’albero della conoscenza del bene
e del male. Il creatore, Dio , non è una metà separata dell’Unità, giac
ché Dio è l’unità. Egli è al di sopra di tutto ciò che è creato, e che è
nato dall’unità; Egli è sito in Se stesso, in un’unità perfetta. Egli è il
Nulla da cui il Tutto sorge e si manifesta, ma in Lui, il Nulla ed il Tut
to compongono l’unità divina assoluta!
La creazione è sempre e soltanto una metà del Tutto, quella che si
è separata dall’unità e che, tramite il paragone, è diventata riconosci
bile, mentre la sua altra metà complementare è rimasta non-manife-
sta. Ecco perché non puoi mai trovare Dio, il creatore, nel mondo cre
ato, giacché Dio non ha alcuna metà complementare con cui Lo si
potrebbe paragonare. E del tutto impossibile compararlo a qualcosa,
di conseguenza non esiste alcuna possibilità di riconoscerlo: non ri
mane che ESSERE DIO\
Ora ascolta, figlia mia: c’è solo un ESSERE eterno, un solo Dio.
Questo solo ed unico ESSERE, questo solo ed unico Dio , vive in tutto
ciò che vive. Dio è l’unità indivisibile. Egli è onnipresente, Egli riem
pie l’intero universo; e tutto questo universo vive perché Dio lo ani
ma del suo ESSERE proprio ed eterno\ Dio è dunque come un albero
della vita che dona la sua essenza al mondo creato e visibile, questa
parte che si è separata dalla sua metà complementare, animandolo: è
l’albero della conoscenza del bene e del male. L’albero della cono
scenza, il mondo creato, vive soltanto perché l’albero della vita (Dio)
infonde la propria vita nelle vene dell’albero e vive in essol
Il mondo materiale è simile ad un albero morto: l’albero della
conoscenza del bene e del male, con il Dio che vi abita, è l’albero
della vita che vive in tutto ciò che è creato. Dio è uno. Questo Dio
unico è il Sé, l’essere più profondo di ogni creatura. Dio è onnipresente,
e siccome due cose non possono stare contemporaneamente nello
stesso luogo, e giacché nulla può cancellare Dio in un punto qualsiasi
dell’universo, può essere soltanto questo Dio unico a manifestarsi
come Sé in tutto e in ogni luogo. Dio è l’unità indivisibile. Tutte le
creature viventi, tutte le piante, gli animali, persino l’uomo sono frutti
sull’albero della conoscenza del bene e del male, e possono vivere
grazie al fluido vitale dell’albero della vita che corre nelle loro vene,
perché l ’albero della vita vive in loro. Anche in me, piccola mia! An
che il tuo corpo è un frutto sull’albero della morte, sull’albero della
conoscenza del bene e del male, e non ha vita propria; l’albero della
194 Elisabeth Haich
vita vive anche in te, perché il tuo Sé è un rametto del grande albero
della vita di Dio, e tu vivi solo perché Dio, il tuo Sé, vive in te e man
tiene la vita nel tuo corpo, nella tua persona.
Sei un essere riconoscibile perché sei nata in un corpo. La tua
coscienza si è separata dal Nulla-Tutto, da Dio, dal tuo vero Sé. Dallo
stato originale divino e paradisiaco in cui tutte le possibilità di mani
festazione (dunque tutte le piante, tutti gli animali e l’uomo stesso)
sono contenute, dall’unirà assoluta sei caduta nel mondo della diver
sità, della differenziazione. Tu sei diventata una manifestazione, una
forma creata, e quindi tutto ciò che sei qui, sul piano terreno, è soltan
to la metà manifesta dell’unità composta di bene e di male. Siccome
la tua coscienza si è spostata nel tuo corpo, tu ti sei svegliata in esso,
ovvero la tua coscienza si è identificata con il tuo corpo.
“Mangiare” qualcosa significa “diventare identico”, e dal momen
to che sarai composta da ciò che mangi, diventerai ciò che mangi. Dal
momento che la tua coscienza si è identificata al corpo, tu hai “man
giato”, per dirla simbolicamente, i frutti dell’albero della conoscenza
del bene e del male, diventando, in tal modo, un suddito del regno
della morte.
Ora ascolta attentamente: il tuo corpo è la conseguenza, il risultato
della separazione; è soltanto la parte visibile del tuo vero Sé. L’altra
metà è rimasta nel non-manifesto, nella parte inconscia del tuo essere.
Se riunisci le due metà complementari, puoi ritrovare l'unità divina!
E assolutamente impossibile vivere fisicamente questa unità, rendere
s
cos’è l’iniziazione!»
Ptahhotep tace. Nell’insondabile profondità del suo sguardo cele
ste, riconosco quest’unità divina. L’infinita felicità, la calma e la pace
che emanano dai suoi occhi inondano la mia anima, e vedo nel suo
sguardo il compimento della verità.
Mi benedice, ed esco.
CAPITOLO XXVIII
nel momento e nel luogo in cui è bene tacere, ma se uno tace dove e
quando dovrebbe parlare (ad esempio quando, con una parola, si po
trebbe salvare qualcuno da un grave pericolo), questo “silenzio” di
venta satanico.
Quando si parla nel momento e nel luogo inopportuni, la facoltà
divina di parlare diventa un “ciarlare” satanico.
Una metà del secondo paio di qualità, la ricettività, è divina quan
do ci si apre a tutto ciò che è superiore, al Bello, al Buono e al Vero,
ossia a Dio, lasciandolo agire in sé, ricevendoLo in sé, ma diventa di
sastrosa e satanica quando si trasforma in un carattere debole, incapa
ce di resistere alle influenze esterne.
L’altro aspetto di questa qualità, la resistenza alle influenze, è la
facoltà di opporsi incrollabilmente alle influenze di bassa lega: se
questa resistenza, però, si oppone alle energie superiori, la facoltà
divina della “resistenza alle influenze” diventa “isolamento satanico”.
Ogni membro che lavora alla grande opera vota un’obbedienza
assoluta alla volontà divina; questa può manifestarsi direttamente at
traverso te stessa, ma anche attraverso altri, ed impari a riconoscerla
dopo aver esaminato a fondo tutto ciò che viene richiesto da te, quan
do, cioè, sei certa che questo corrisponde alla tua più profonda con
vinzione. Dio ci parla per mezzo della nostra convinzione profonda, e
gli dobbiamo obbedienza assoluta: obbedire a qualcuno contro la no
stra convinzione, per viltà, per timore, magari per essere “gentile” o
per trame vantaggi materiali, e quindi per motivi di bassa lega e
personali, equivale ad essere “servili” il che è satanico.
Regnare significa dare la propria forza di volontà agli esseri igno
ranti e deboli. L’amore universale deve condurre al benessere genera
le, mobilitando tutte le forze attive del popolo ma senza mai violare il
suo diritto all’auto-determinazione. Colui che, senza amore, impone
la propria volontà agli altri e viola il loro diritto all’auto-determina
zione, trasforma la qualità divina del “regnare” in una “tirannia” sata
nica.
Dobbiamo comportarci con umiltà davanti al Sé supremo che ci
anima, davanti al divino in noi. Devi essere cosciente del fatto che
tutte le qualità belle, buone ed autentiche Gli appartengono, che la
persona è uno strumento di manifestazione, un apparato di proiezione
del divino, ma che è soltanto un guscio vuoto. Devi riconoscere in te
la divinità che si manifesta ovunque nell’universo, VESSERE eterno,
e sottometterti umilmente a questa divinità. Invece, non devi mai
sottometterti alle potenze terrene o infernali, né piegare il capo da
200 Elisabeth Haich
to Dio\ sei fedele a Dio attraverso di loro, giacché ami la loro persona
solo quale strumento divino. Così, il rispetto e la lealtà che dimostri
verso i tuoi maestri e verso i tuoi collaboratori non si trasformeranno
mai in adorazione né in un “culto della personalità”.
Se vuoi essere utile alla grande causa, devi possedere l’arte di
padroneggiare la tua personalità e di servirtene in pubblico come di
uno strumento obbediente. Davanti ad un gruppo di persone, devi
essere capace di far valere i tuoi talenti e le tue facoltà, grazie alle
tue forze spirituali, conducendoli al loro stesso apogeo in modo che,
attraverso l’intero tuo corpo, tu manifesti il tuo spirito elevato; sia per
il tuo modo di comportarti, sia con i movimenti delle tue mani, con
l’espressione degli occhi, con le tue parole persuasive, devi poter
riunire il gruppo sotto la tua influenza ed elevarlo insieme a te su un
gradino spirituale superiore. Devi dunque poter comparire in pubblico
senza vergogna né complessi, per mostrare il tuo spirito per mezzo
della tua personalità; ma questa qualità non deve risvegliare in te il
diavolo della vanità, né trasformarsi in sufficienza utilizzando i doni
ricevuti da Dio per diventare fanfarona. Se il pubblico ti fa festa e ti
applaude, sia sempre presente nella tua coscienza il fatto che questa
gente non è stata conquistata dalla tua persona, che non è altro che un
guscio vuoto, bensì da Dio che si è manifestato attraverso il tuo invo
lucro terreno.
Se, esercitandoti nell’arte di “mostrarti”, non soccombi alla vani
tà, allora non ti disturberà certo di dover passare inosservata com
piendo altre funzioni; in tal caso, non devi far mostra delle tue quali
tà, ma restare anonima e scomparire tra la folla. Che questo modesto
“restar nell’ombra” non diventi però una sotto stima di sé né un’auto
distruzione: la tua dignità umana deve restare sempre presente in cuor
tuo.
Onde partecipare validamente al piano divino, devi poter dar pro
va del tuo disprezzo per la morte', devi avere la fermissima convinzio
ne che la morte non esiste. Quando il tuo corpo è consunto, il tuo Sé
se ne libera; il Sé è un ramo dell’albero della vita, la Vita stessa, e la
vita è immortale. Se, nella tua coscienza, ti sei identificata con la vita,
saprai far fronte alla morte (qualora la tua missione ti metta in perico
lo mortale) senza paura e con il più assoluto sdegno davanti ad essa.
Ma che questo “disprezzo per la morte” non si trasformi mai in una
sottostima della vita, un “disprezzo della vita”.
Devi rispettare la vita al di sopra di ogni cosa. La vita è Dio. In
tutto ciò che vive, VESSERE eterno si manifesta. Non devi mai espor-
204 Elisabeth Haich
ti al pericolo senza ragione: apprezza la Vita nel tuo corpo, vivi con
gioia, ma che questa gioia di vivere non divenga uno scopo di per sé,
e non degeneri in “sensualità”.
Poi viene la prova più difficile, quella dèli’amore e dell ’amor cru
dele, Y indifférénzà. Quest’ultimo paio di qualità gemelle rappresenta
giàTulla Terra un’unità inseparabile; ogni volta che ne manifesti una
metà, automàticamente si manifesta anche l’altra. Devi rinunciare ap
pieno al tuo punto di vista personale, alle tue preferenze!;' àTtuoi
sentimenti personali: poter amare come ama Dio, amare tutto, senza
disiìnzi^è^~disclrìminazioneì Anìiafe nell’unità déìTESSÈRÈ eterno.
Simile" a! sòie che illuminà "che ama - con perfetta indifferenza piò
che è bello come~ciò che è brutto, ciò che buono come ciò che è
cattivo, ciò che è vero come ciò che è falso, devi amare senza distin
zióne: iì bèllo e il brutto, il buono e il cattivo, il vérò e il falso.
L’amore divino supremo è Vamoreperfettamente imparzialel Che
uno sia bello oppure brutto, buono oppure cattivo, autentico oppure
falso, dev’esserti del tutto indifferente: devi amarli tutti con lo stesso
amore. Devi imparare che la bellezza non esiste senza la bruttezza; '
che la bontà non esiste senzail male e che non può esistere il vero"
senza il falso. Ècco perché devi amare tutto: devi riconoscere che il
belloe il bmtto, il buono ed il cattivo, il vero ed il falso sono solo
immagini complementari d&WIneffabile che, per poterlo nominare,
chiamiamo “Dio”.
Se irradi quest’amore perfettamente imparziale e completo verso
ogni creatura vivente, allora questo amore non ha più nulla in comune
con le inclinazioni personali, consideri ogni cosa dal punto di vista
del Tutto. Se l’interesse generale differisce da certi interessi persona
li, difendi senza esitare l’interesse generale, senza considerare l’inte
resse individuale. Ma che questa mancanza di considerazione derivi
sempre dall’amore universale e divino e non da un’antipatia persona
le.
Ma devi anche manifestare il tuo amore impersonale, crudelmente
imparziale per il tuo prossimo quando, ad esempio, la sua anima può
essere salvata solo a prezzo del suo benessere terreno, anche se si
tratta di una persona che ti è molto vicina. Quando è necessario, se
una persona a te molto cara è in grave pericolo, devi rimanere spetta
tore indifferente: se non reagisce con i metodi ordinari, non hai il
diritto di intervenire usando la tua forza spirituale, l’ipnosi o mezzi
magici, quando la salvezza della sua anima dipende da quest’espe
rienza. È meglio, per un uomo, essere rovinato materialmente o fisi-
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 205
I leoni
Il giorno seguente è festa grande: come al solito, Menu mi veste,
calzo sandali dorati, e entro nella mia stanza da ricevimento ove mi
attendono le dame di Corte, il cancelliere Roo-Kha, e due portatori di
gioielli. Roo-Kha avanza con aria cerimoniosa alla volta dei due por
tatori ed apre il cofano: la prima dama di Corte, che è statarla mia
principale governante, ne estrae una splendida gorgiera d’oro, si avvi
cina a me con passo solenne e me la posa sulle spalle. Con altrettanta
solennità fissa sulla mia cuffia il diadema a testa di serpente, poi mi
infila i braccialetti, e infine gli anelli alle caviglie. Io resto in piedi,
immobile come una statua, dignitosamente. Mi comporto in modo
irreprensibile, eppure mi piacerebbe molto di più tirar violentemente
la barba di Roo-Kha che mi guarda con aria impertinente. Non è un
uomo cattivo, ed ha, anche lui, un po’ di sangue dei figli di Dio nelle
vene; è molto intelligente ed astuto e può leggere anch’egli, nel cuo
re, i pensieri altrui, ma è un dono di cui non si serve molto. Quando si
inchina davanti a me, non lo fa con il rispetto di un cancelliere per la
regina, ma come un uomo si inchinerebbe davanti alla mia bellezza
femminile: mi guarda ancora con bramosia. Che impudente! Eppure,
sa che posso leggere chiaramente i suoi pensieri e sapere quali sono i
suoi sentimenti... Ma mi vengono in mente le parole di Ptahhotep:
«Ogni essere è animato dal desiderio di trovare l’unità divina. Il
maschile cerca il femminile, il femminile il maschile, è l’attrazione
fra le due forme di manifestazione delle forze creatrici...» e allora
capisco Roo-Kha; questa forza è attiva anche in lui, e non è colpa sua
se mi trova di suo gusto. Questa è la causa della sua impertinenza.
Senza quella forza non mi guarderebbe nemmeno... In fondo in fon
do, non sono poi tanto seccata che ammiri la mia bellezza...
Terminata la cerimonia della vestizione, le dame di Corte e Roo-
Iniziazione: memorie di un’Egizia 207
Esercizi di telepatia
Un giorno, Ptahhotep mi convoca per la sera stessa. Quando mi
presento al suo cospetto mi dice:
«Fin qui hai superato bene le prove preparatorie, e puoi cercare di
metterti coscientemente in contatto spirituale con qualcuno. Questi
esercizi riescono meglio dopo il tramonto, perché i raggi solari hanno
un’azione stimolante sui centri nervosi e sulle glandole che servono
per la manifestazione corporea dello spirito, e collegano la coscienza
alla materia. I raggi del sole ostacolano le manifestazioni spirituali.
Una volta tramontato, il sole smette di agire, e la coscienza può
liberarsi dall’influenza di certi centri nervosi ed elevarsi verso lo
spirito. Gli esseri viventi vanno a dormire, e “dormire” significa che
la coscienza si ritira dal corpo per entrare nel campo dello spirito. Gli
uomini, per la maggior parte, non hanno ancora potuto raggiungerne
coscientemente neppure i livelli inferiori, sicché perdono conoscenza
e si addormentano; con la pratica, si può sviluppare la resistenza dei
nervi in modo da rimanere coscienti fino al piano inferiore; così, i
centri nervosi e cerebrali, che sono a riposo durante la giornata, si
animano e possono assorbire e trasmettere le vibrazioni dello spirito,
del Sé.
E così che puoi stabilire un contatto a distanza, un contatto telepa
tico; preferibilmente, quando si inizia, è bene cominciare dopo il
tramonto, per non subire l’influenza solare; in seguito, sarà possibile
stabilire un contatto telepatico in qualsiasi momento.
Come per gli esercizi di concentrazione, l’attenzione dev’essere
interamente focalizzata su un solo pensiero; concentrati compieta-
mente sulla persona con cui vuoi entrare in contatto, magari aiutando
ti con la forza dell’immaginazione: ad occhi chiusi immaginala da
vanti a te, vedila dentro di te, con il suo profilo, il suo volto, i suoi
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 211
occhi, immagina di essere lei e che lei è te, finché hai veramente la
sensazione che le sue mani siano le tue, che il tuo corpo sia il suo,
fino ad identificarti perfettamente con essa. Quando hai raggiunto
questo stato, pensa in modo chiaro e concentrato al messaggio che
vuoi trasmettere; pensaci essendo cosciente del fatto che tu sei il de
stinatario che pensa dentro di te quel pensiero.
Questo esercizio si divide in tre fasi: nella prima, ti eserciti in
presenza della persona con cui vuoi stabilire un contatto, ed è lei a
regolarsi su di te.
Nella seconda fase, farai il medesimo esercizio ma a distanza, in
un momento convenuto, sicché ognuno di voi sa che si sta concen
trando sull’altro.
Infine, stabilirai un contatto a distanza senza che l ’altro ne sia av
vertito. Queste tre fasi formano la parte positiva dell’esercizio telepa
tico: quando sei tu che vuoi trasmettere qualcosa. La metà negativa
dello stesso esercizio consiste nel poter ricevere e comprendere una
comunicazione telepatica. Questa metà, a sua volta, si divide in tre
fasi, nella prima delle quali ti metti in stato ricettivo e fai “il vuoto” in
presenza della persona dalla quale vuoi ricevere un messaggio; poi,
da sola e in un momento convenuto, sai quando e chi si concentrerà
su di te; infine, dovrai poter ricevere tutti i messaggi telepatici senza
sapere né quando né chi si concentra su di te.
Col tempo, svilupperai così bene questa facoltà da reagire istanta
neamente ad ogni messaggio telepatico emesso da chicchessia in
qualsiasi momento. Quale che sia la tua occupazione, ti accorgerai
quando qualcuno si concentra su di te, e sentirai in te la sua voce. Ad
un grado ancora più elevato della trasmissione telepatica, non solo
sentirai la voce, ma vedrai l’immagine della persona con cui sarai al
lora in contatto; la sua figura, il suo volto, e specialmente i suoi occhi
sorgeranno dentro di te, simile a un fantasma, ad una visione onirica...
Quando sarai giunta a questo livello, le catene della materia (il tuo
corpo) non ti sembreranno più così pesanti, perché l’isolamento si
sarà sensibilmente ridotto: potrai godere della libertà dello spirito già
nel corpo.
Dunque, è di notte che puoi stabilire più facilmente un contatto
telepatico. La coscienza è meno occupata dai pensieri, l’uomo è meno
isolato e passivo e la tua radianza telepatica ha più probabilità di
raggiungerne i centri nervosi. Ma questi centri, nella maggior parte
delle persone, sono così addormentati, così poco sviluppati, che prima
che reagiscano ci vuole un’azione molto intensa. Durante il sonno
212 Elisabeth Haich
Il futuro
Mi si schiude dinnanzi un lungo periodo di vita: esamino ogni mio
pensiero, ogni mia parola, ogni mia azione; rifletto ed osservo per
saper se davvero esprimo il divino nel luogo e nel momento opportu
no, e mai il satanico. Questo stato di vigilanza e di osservazione
costante di sé mi fa scoprire fino a che punto sono ancora indiscipli
nata, spontanea, sensuale; per dirla in breve, quanto ancora sono “per
sonale”. Quanto tempo ci vorrà ancora per riuscire infine a non farmi
più trascinare dalle mie passioni, per non identificarmi più con le mie
impressioni esteriori, e restare sempre padrona di tutte le mie energie
fisiche, psichiche e spirituali?
In questo periodo di preparazione all’iniziazione vado al Tempio
soltanto al mattino; dopo gli esercizi fisici e psichici ritorno a palazzo
e, il pomeriggio, partecipo alla vita pubblica ed ufficiale. Le escursio
ni in battello o sul carro si alternano con i viaggi, le visite agli im
pianti, ai terreni, ai vari edifici, e tutto questo mi annoia terribilmente.
Non che non mi piaccia stare in società, al contrario! Mi piace molto
stare con gli altri, ma soltanto con coloro che sono vicini a me e che
hanno qualcosa da dire. Ora, gli umani sono così diversi da noi, nati
dai figli di Dio! Anche noi abbiamo sangue umano, naturalmente non
siamo più una razza pura, ma viviamo ancora consciamente nello
spirito, e non siamo così materiali come i figli degli uomini. Si direb
be che abbiano completamente dimenticato che, nel loro Sé, essi sono
spiriti liberi, e che il corpo è soltanto uno strumento di manifestazio
ne: si identificano con esso al punto da vivere nell’illusione di essere
il corpo soltanto. Quando esso desidera cibo, gli uomini credono di
essere loro a voler mangiare, di essere loro ad aver fame, e invece di
assumere il cibo sotto il controllo dello spirito, agiscono come se
fossero loro a mangiare e non come se fossero spettatori dell’attività
216 Elisabeth Haich
che un tempo fece scomparire la patria dei figli di Dio, non deve
accadere mai più: una volta che tutti questi apparecchi altamente
sviluppati saranno stati annientati, quando la conoscenza sarà stata
perduta, allora gli uomini dovranno lavorare la terra con la loro forza
fisica, e con le loro mani dovranno rompere le pietre come gli uomini
primitivi; dovranno anche sopportare la tirannia dei loro simili, per
quanto nati dalla loro stessa razza. Tuttavia, giacché ciò che si mani
festa sulla Terra è animato da forze originate dall’unità inseparabile
che aspira all’equilibrio, quella tirannia dei dirigenti egoisti risveglie-
rà la coscienza della massa, mentre sofferenza e dolore attireranno
l’attenzione su verità più spirituali.
Apparentemente le guide spirituali della Terra devono lasciare che
l’umanità cerchi e trovi da sola le verità divine in sé e nella natura, in
modo indipendente e liberamente consentito: altrimenti essa non po
trà elevarsi fino all’ultimo gradino. Anche una madre lascia che il suo
bambino faccia da solo i primi passi perché diventi indipendente, ma
resta vigile, ad una certa distanza, pronta a rimetterlo in piedi se
dovesse cadere. Le guide spirituali della Terra sono pronte ad interve
nire, se sarà necessario, per aiutare gli uomini a superare delle diffi
coltà eccessive: lavorano, dirigono e guidano l’umanità dal piano
spirituale, ed ogni volta che, invece della conoscenza, trionfano sulla
Terra la superstizione e l’errore, ogni volta che l’oscurità è tanto
profonda da minacciare di andare oltre tutti i limiti possibili, c’è
sempre un figlio di Dio che si sacrifica e scende sulla Terra, incarnan
dosi in un corpo umano per portare all’umanità il conforto e la luce
divina.
Con l’incrocio fra la razza divina e la razza umana, le caratteristi
che divine ereditarie si diffonderanno. Così, un figlio di Dio potrà
sempre ricevere, grazie ad una donna pura, un corpo munito di tutti
gli organi che gli saranno necessari per manifestarsi appieno. Per
molti millenni, ogni epoca dell’evoluzione della Terra vedrà incarnar
si dei figli di Dio per insegnare agli umani le leggi dello spirito,
dell’amore disinteressato, nonché per compiere molte altre funzioni.
Anche quando il potere sarà passato fra le mani degli uomini, ci
saranno ancora alcuni paesi governati saggiamente e con giustizia dai
figli di Dio che daranno i natali ad una nuova cultura avanzata sulla
Terra o, perlomeno, in alcuni luoghi del pianeta. Altri saranno scien
ziati, artisti, mistici e porteranno all’umanità Yarte suprema, la musi
ca, la letteratura. Regaleranno al mondo idee nuove, consentiranno
scoperte che orienteranno lo sviluppo umano verso un’altra direzione;
222 Elisabeth Haich
dei figli di Dio e loro pari. I figli di Dio che sono “caduti”, che sono
sprofondati nella materia, che hanno bruciano i loro centri nervosi e
cerebrali avendo condotto in essi, senza trasformarle, vibrazioni alta
mente spirituali e penetranti e che per questo sono morti, anch’essi
lavoreranno con Ptahhotep. Soltanto le esperienze che raccoglieranno
nel corso di molte incarnazioni consentiranno loro di ritrovare il loro
livello originale di divinità; infatti, dovranno risvegliare in un corpo
di livello inferiore, i loro centri nervosi e cerebrali superiori nella
sofferenza e nel dolore e dovranno essere molto perseveranti, pazien
ti, fare molti sforzi per manifestare nuovamente facoltà spirituali e
magiche. Non si sentiranno mai davvero a casa fra gli uomini, perché
avranno un modo di pensare del tutto diverso; non comprenderanno
né potranno davvero adattarsi alla vita terrena: .l’universo umano re
sterà loro estraneo, saranno incompresi, solitari, e considerati strani.
Come già ti ho detto, in gran parte avranno la missione di insegnare le
scienze, l’arte e la letteratura, e portare idee nuove: saranno onorati
da coloro che li comprenderanno mentre gli altri, invidiosi e gelosi, li
odieranno perché saranno obbligati a riconoscere la loro superiorità.
Queste sofferenze, questi dolori, serviranno a risvegliare dal loro so
gno materiale i figli e le figlie di Dio che vi erano sprofondati; ritro
veranno il contatto perduto con i loro fratelli e potranno così acquisire
di nuovo la loro coscienza cosmica', allora, saranno pronti a cooperare
consciamente con il piano divino e a proclamare sulla Terra le verità
divine.»
Ho ancora una domanda:
«Hai detto che i figli di Dio a poco a poco scompariranno comple
tamente dalla Terra, e che gli uomini prenderanno il potere, sebbene
il loro livello spirituale sia molto basso e sebbene, quindi, non siano
ancora coscienti d’altro che dei loro corpi. E come potranno, costoro,
controllare i leoni? Questi magnifici animali sono così sensibili che
già adesso non possono tollerare la presenza dei figli degli uomini
egoisti: al loro livello animale, sono una manifestazione della massi
ma energia, l’energia solare, sono in armonia con le vibrazioni solari,
l’onestà, il coraggio e l’amore. Hanno dei nervi così affinati che non
sopportano nessuna radiazione inferiore ed immediatamente sentono
se qualcuno si avvicina con amore, con paura o persino col desiderio
di dominarli. Ecco perché detestano i figli degli uomini così egoisti e
avidi di potere. I leoni, come potranno dunque essere al servizio degli
uomini? Questa è una cosa che non riesco ad immaginare, Padre.»
«La tua immaginazione ha ragione se non ti mostra come i leoni
226 Elisabeth Haich
non saranno mai tanto sicuri quanto quelli dei figli di Dio. Tuttavia,
più tardi, gli uomini scopriranno tutti i segreti dei figli di Dio nonché
i misteri supremi della vita, ed allora il ciclo di sviluppo sarà comple
to.»
«Padre, parlami del mio avvenire.»
Di nuovo Padre mi lancia uno sguardo strano, triste, mi avvicina
ancora di più a sé e, con una voce nella quale la tristezza è appena
velata, mi dice:
«Piccola mia, ho parlato anche del tuo avvenire, ma non l’hai
riconosciuto. Questo, come d’altronde il fatto che tu non possa vedere
il tuo futuro se non avvolto in una spessa nebbia, prova proprio che il
Sé del mondo - Dio - ha ottime ragioni per non rivelartelo. E come
potrei andare contro la sua volontà? Accontentati di sapere che è
preferibile non conoscerlo. Se tu lo conoscessi non potresti svolgere
correttamente le tue funzioni e i tuoi compiti presenti.
Ma ti posso dire una cosa: vivremo insieme tutti gli eventi di cui ti
ho parlato, anche senza essere fisicamente riuniti. Di quando in quan
do dovremo reincarnarci, ma non nella stessa epoca, né nello stesso
luogo. Verrà tempo, anche per te, di vivere e lavorare sulla Terra
mentre io sarò attivo nel mondo spirituale ed influenzerò l’atmosfera
terrestre insieme a Ptahhotep e molti altri figli di Dio. Tuttavia, nei
tuoi sogni, ci incontreremo spesso... Ma tutto questo non ha molta
importanza perché, qualsiasi cosa ti accada, sei unita con il Sé supe
riore e legata eternamente a noi...»
Gli getto le braccia al collo e, felice, gli dico:
«Sì, Padre, faccio parte di voi e non mi abbandonerete mai!»
«Non ti abbandoneremo mai» ripete Padre con tono grave e solen
ne.
Scende la sera, ed io mi siedo in terrazza con Padre, ad ammirare
quello straordinario tramonto. Mentre l’astro si immerge sempre di
più ad ovest, Padre indica il grande estuario del fiume e dice:
«Tra molto, molto tempo, là dove vedi abbattersi le onde del
mare, ci sarà la terraferma, ricoperta da città animate. Il Nilo porta
molta terra con sé, la depone sulla spiaggia, e questa si espande
sempre di più. Migliaia di anni fa, qui dove siamo seduti c’era soltan
to acqua e, fra migliaia di anni, là dove vedi quella barca ci sarà la
terra ferma. Non soltanto le catastrofi cambiano la faccia della Terra,
ma anche il lento lavorio dell’acqua.»
Mentre parla, il sole si abbassa ancora all’orizzonte. Tutti i colori
dell’arcobaleno illuminano il cielo, trasformandolo senza sosta. Poi il
228 Elisabeth Haich
l’insegnamento del Tempio. Vedi che la sua anima è pura, che \a sua
intelligenza è molto viva: lo condurrò al Tempio affinché possa svi
luppare le sue facoltà. Allora, vedremo come si evolve e di cosa è
capace. Forse diventerà sacerdote. Permetti che resti con me.»
«Benissimo — dice Padre — puoi tenerlo con te. Il vostro destino
vi ha legati l’uno all’altra da molto tempo, e continuerà a farlo: per
questo sei stata tu a vederlo e a trovarlo per prima. Secondo le leggi
segrete del destino,/« parte di te.»
Mentre parliamo, il bambino ci osserva e, come se ci avesse com
presi, si getta ai miei piedi manifestando la sua gratitudine e la sua
fiducia.
Lo prendo per mano, lo conduco da un servo che ha l’incarico di
vestirlo e ristorarlo. Mangia con tale appetito che non si nota neppure
la sua stanchezza. E stanco davvero, però, e si addormenta subito sul
letto che gli è stato preparato in un angolo della mia camera.
Padre ed io rimaniamo ancora sulla terrazza. Il mare finalmente si
calma e assistiamo meravigliati al gioco dei colori del tramonto.
«Padre, quel bastone, di quale energia è carico? Da dove viene e
come? Il suo effetto sul bambino è stato quasi magico; era mezzo
morto e, dopo il tuo trattamento, si è ritrovato colmo di nuova vita.»
Padre tace per alcuni secondi prima di rispondere:
«Il piccolo è stato davvero riempito di nuove forze vitali. Il miste
ro di quel bastone fa parte dei segreti dell’iniziazione, e dobbiamo
tenerlo nascosto perché non soltanto il bastone è dispensatore di vita,
ma può uccidere. Se il suo segreto cadesse nelle mani di qualche
ignorante animato dalla cupidigia, lo utilizzerebbe subito per uno
scopo vile. Presto riceverai l’iniziazione, e già conosci l’arte di tace
re; ecco perché hai assistito al trattamento che ho fatto al bambino
con il bastone. Ptahhotep te ne spiegherà il mistero in ogni particolare
e, dopo l’iniziazione, ti insegnerà ad usarlo. Domani rientriamo a
palazzo e andrai da lui: hai compiuto grandi progressi nell’autocon
trollo e la tua iniziazione è vicina; ancora gli ultimi insegnamenti, poi
la riceverai.»
Sono profondamente scossa, e taccio. La mia iniziazione, fra
poco! Tutti i lunghi anni di preparazione si concluderanno, infine, e
sarò ammessa nel santuario segreto del Tempio. Iniziata! In silenzio
ammiriamo la gloria del tramonto.
I giorni felici e liberi passano troppo in fretta, ed eccoci di ritorno
a palazzo. Porto con me il piccolo, quel povero uccellino senza nido,
nei miei appartamenti, e racconto a Menu ciò che è avvenuto. Il suo
232 Elisabeth Haich
Dall’insegnamento di Ptahhotep
Le sette ottave di vibrazioni
L’Arca dell9Alleanza
tibili agli organi di senso, vengono vissute dall’uomo nella sua anima
sotto forma di odio. L’iniziato userà sempre correttamente il bastone
della vita e irradierà sempre la forza necessaria per fare del bene, e
quindi sarà una benedizione. Quanto alle vibrazioni ultra-materiali,
se necessario ne farà uso per creare un muro di protezione invisibile
ed impenetrabile. Con l’aiuto del bastone, l’iniziato può padroneggia
re, amplificare o neutralizzare tutte le forze della natura.
Tutti gli esseri viventi possiedono queste forze, ma soltanto ad un
livello che corrisponde al loro sviluppo; se ne servono, ma non ne
sono coscienti. Hai mai incontrato un uomo che si chieda, ad esem
pio, come mai può alzare le braccia o i piedi? Oppure, come mai,
anche per un breve istante, può allontanarsi dalla Terra saltando?
Alza un braccio, ed osserva: non stai forse contraendo i muscoli, i
quali sollevano il braccio? La contrazione dei muscoli ti permette di
eseguire tutti i movimenti del corpo ma, figlia mia, che cos’è che
contrae i muscoli? Rifletti!»
«La mia volontà, Padre.»
«Sì, la tua volontà. Ma ora ti chiedo: che cos’è la volontà? Che mi
rispondi?»
«Padre, mi sono spesso osservata, quando volevo qualcosa; ma ho
potuto constatare soltanto che, quando voglio qualcosa, emetto una
forza e le imprimo una direzione. Per riprendere l’esempio che hai
fatto tu, se voglio alzare il braccio abbandonato e rilassato (pende
verso il basso perché la Terra lo attira a sé) questa energia scorre in
esso per mezzo della mia volontà, forza i muscoli a contrarsi e ad
alzarlo.»
«Giustissimo — dice Ptahhotep. — Con il fatto stesso che la tua
forza di volontà è affluita nei muscoli hai vinto nel tuo braccio la for
za d ’attrazione terrestre, questa forza immensa della natura. La stessa
cosa avviene quando salti, anche se solo per un attimo, giacché solo
per un breve istante la tua forza di volontà ha superato la forza del
l’attrazione terrestre. Il tempo consuma la tua forza di volontà trasfor
mata in energia fisica. Il tempol
E lo spazio? Hai usato la tua forza per alzare il braccio, il corpo,
in altezza, per allontanarlo dalla Terra, dunque muoverlo nello spa
zio. Constati allora che la tua forza viene consumata da due fattori
importanti: il tempo e lo spazio. Se potessi amplificarla ed immagaz
zinarla nel corpo, allora potresti vincere la forza di attrazione terrestre
più a lungo, e restare ad una maggiore distanza da terra. Potresti
fluttuare per aria! Ma non ci riesci, perché non sei ancora cosciente
Iniziazione: memorie di un’Egizia 245
loro salute, alla pioggia, alle loro comodità e al loro benessere spiri
tuale.»
«Padre della mia anima, come si fa a caricare l’Arca dell’Alleanza
di energia creatrice?»
Ptahhotep mi scruta con uno sguardo acuto e dice:
«Vedo che già sai come la si può caricare. Come ti ho detto, sulla
Terra esiste un’unica fonte capace di irradiare questa forza, l’uomo
dio. È un dovere del gran sacerdote caricare l’Arca deH’AIleanza di
forza creatrice divina, risultato a cui giunge incanalando direttamente
la propria energia nell’Arca dell’Alleanza oppure, con il bastone della
vita, convertendo in forza divina creatrice una corrente energetica as
solutamente positiva , che irradia dalla sua mano a frequenza inferio
re, per poi condurla nell’Arca dell’Alleanza. Perché, nella sua vita
quotidiana, anche l’uomo-dio irradia la forza creatrice soltanto tra
sformata. Soltanto quando tutte le sue forze spirituali sono concentra
te, quando, nella sua coscienza, è identico a Dio, egli emette l’energia
divina nella sua vibrazione prima: deve essere in uno stato di coscien
za cosmica assoluta, se vuole irradiare tale forza creatrice. Se i figli
degli uomini non iniziati lo vedessero in quello stato ne avrebbero
paura, perché l’uomo-dio irradia una luce sovrannaturale insopporta
bile per gli occhi umani. Se un non-iniziato toccasse un iniziato che
fosse in questo stato di ESSERE divino, morirebbe istantaneamente
come se toccasse l’Arca dell’Alleanza.
Così, quando un iniziato emette i suoi raggi di vita a scopo
curativo, deve concentrarsi affinché la sua radianza possa essere sop
portata senza danni; grazie al bastone, è possibile amplificare l’ener
gia e poi condurla nei centri nervosi appropriati fino al livello del
l’energia creatrice; il bastone è progettato non solo per trasmettere
queste radiazioni, ma anche per trasformarle a piacere onde poterle
irradiare amplificate o ridotte. L’iniziato non deve quindi mettersi in
uno stato di ESSERE divino per condurre la radiazione suprema nel-
l’Arca dell’Alleanza, ma in uno stato di concentrazione inferiore da
cui convoglia, nell’Arca dell’Alleanza, grazie al bastone, la forza
corrispondente al proprio stato, amplificandola in seguito fino al li
vello dell’energia creatrice. Caricata in questo modo, l’Arca può, per
un lungo periodo, irradiare tale energia, la più elevata e la più potente
che esista, come fonte di ogni altra energia sulla Terra.
Grazie al bastone, l’iniziato può creare e trasmettere le frequenze
più diverse, giacché questo strumento è un’Arca dell’Alleanza in mi
niatura, tranne per il fatto che non può immagazzinare l’energia crea
250 Elisabeth Haich
attira la Terra e tutti gli esseri viventi verso il centro dev’essere que
sto desiderio di riunione fra la Terra e la sua metà complementare
rimasta nel nulla, quale riflesso negativo. La forza d’attrazione terre
stre, attira dunque tutta la Terra nel Nulla che si trova al di là del
tempo e dello spazio per pervenire a questa unione. E se la Terra
cedesse, allora scomparirebbe nel centro, nel Nulla. Questo signifi
cherebbe il ritorno all’unità paradisiaca, a Dio, alla felicità! E allora,
perché non può accadere, Padre?»
«Piccola mia, l’ostacolo sta nella resistenza della material Nessu
na creazione è possibile senza resistenza! E la forza di resistenza del
la materia che impedisce alla Terra e a tutto il creato di scomparire, di
essere distrutto; qualsiasi cosa appaia nel mondo visibile, cade da un
punto dell’universo che, da quel momento, diventa il suo stesso cen
tro. La caduta fa di questa cosa la materia, la quale non può più
ritornare all’unità divina, giacché la sua stessa resistenza glielo impe
disce. Un ritorno all’unità divina, paradisiaca, a Dio, è possibile sol
tanto mediante la spiritualizzazione della materia, quando la materia
si trasforma in spirito. Senza un aiuto spirituale, essa non potrebbe
mai diventare spirito da sola, ed ecco perché un aspetto di Dio scende
nella materia, assume le sembianze e le proprietà di questa materia, la
anima in qualità di Sé per permetterne la spiritualizzazione, la salvez
za.
L’effetto esercitato costantemente da questo Sé (rivestito di mate
ria nel corso dei tempi) dal centro di ogni cosa creata sulla struttura
più intima della materia, ha condotto allo sviluppo di tutte le forme
esistenti, ad ogni livello della scala evolutiva. E così che ogni creatu
ra è stata creata, dal protozoo alla manifestazione più elevata.
Sulla Terra, la creatura più elevata è l’essere umano. La sua mis
sione è perfezionare la spiritualizzazione della materia, un lavoro al
quale qualsiasi essere vivente partecipa secondo il proprio sviluppo.
Ogni essere umano che, dallo stato di identificazione con il proprio
corpo, si trasforma risvegliandosi allo spirito e, in coscienza, si iden
tifica finalmente con il Sé divino, ha compiuto la propria missionel
Ha spiritualizzato un pezzettino di Terra, ha fatto progredire la Terra
di un passo verso la redenzione. Solo allora, può collaborare alla
salvezza degli altri.
Ora sai perché puoi stare in piedi, qui davanti a me: perché il Sé
della Terra, che è contemporaneamente anche il nostro, ama la Terra
e tutti i suoi esseri viventi, li attira a sé, nell’Unità divina, simile allo
sposo che vuole unirsi alla sposa. Questa volontà, quest’aspirazione
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 257
Come vedi, il cubo nasconde una forma che dipende da leggi del
tutto diverse da quelle che reggono il cubo, giacché essa non si com
pone di quadrati ma di triangoli. Se apriamo il tetraedro e appiattiamo
i triangoli, otteniamo un unico triangolo equilatero, che è la rappre
sentazione simbolica di Dio.
Simile al triangolo equilatero che forma il suo guscio, il tetraedro
è Fincamazione deU’arindnia^énleirequilibrio. Siccome ognuno dei
vertici è ad uguale distanza dagli altri; non c’è in esso alcuna tensio
ne, ma uno stato di ripòsò equilibrato. Invece i vertici del cubo, come
il vertice del quadrato, sono a distanze diverse gli uni dagli altri, il
che significa che esiste nel quadrato come nel cubo uno stato di
tensione che rimarrà sempre presente. La materia del mondo tridi
mensionale viene edificata sulla forma del cubo, ma nasconde in sé
quella del tetraedro costruito sull’equilibrio divino. La materia non
può esistere senza il contenuto divino.
Il mondo tridimensionale intero è edificato secondo questa stessa
legge, sia che la forma di cui si parla si componga di materia “inani
mata”, sia che si tratti di un essere vivente. Perché, che si tratti di un
minerale, di una pianta, di un animale o di un essere umano, tutti
hanno un corpo sottoposto alle leggi del mondo tridimensionale; ma
in questo corpo si trova, nascosto ed invisibile, il Sé superiore divino,
la vita, YESSERE eterno. Soltanto un uomo è capace di manifestare il
suo Sé superiore, e quindi Dio, tramite i suoi pensieri, le sue parole e
le sue azioni, qualora non identifichi la sua coscienza con il corpo ma
con il contenuto spirituale di esso, ovvero con il Sé. Fintantoché l’uo
mo si identifica con il corpo materiale, è come un cubo opaco che ri
vela soltanto le caratteristiche della materia, mantenendo il divino
Creatore allo stato latente, nel non-manifesto, senza mai lasciare in
tendere d’essere abitato dal tetraedro, dal Sé divino, tanto diverso da
lui!
Ma colui che utilizza il proprio corpo, i pensieri, le parole e le
azioni unicamente per manifestare il divino-creatore, colui che dun
que lascia nel non-manifesto le caratteristiche della propria esistenza
corporea - la sua persona - costui è un cubo sezionato, i cui angoli
sono rivolti verso l’esterno, il cui contenuto è visibile e, in tal modo,
mostra i propri triangoli interiori che sono i triangoli equilateri del
tetraedro divino.
La forma quadrata materiale rappresenta per lui soltanto la base
solida nel mondo tridimensionale, sulla quale egli poggia il suo peso.
264 Elisabeth Haich
quando il suo pensiero, le sue parole e i suoi atti non servono la legge
divina ma quella della materia, l ’uomo fa vivere Satana: l’uomo di
venta satanico. Senza l’uomo, Satana non potrebbe esistere giacché
senza il Sé dell’uomo Satana è soltanto una forza priva di coscienza,
una legge necessaria della natura. Satana può diventare vivo soltanto
nella coscienza di colui che manifesta nello spirito la legge della
materia, della carne, identificando la propria coscienza con la sua
persona, con la sua natura inferiore, con i desideri del proprio corpo,
con i propri istinti di procreazione e di conservazione, manifestando
la forza contraente ed indurente della materia quale caratteristica spi
rituale (ad esempio con l’avarizia, l’invidia, la vanità, la durezza di
cuore e di anima, l’egoismo). Nessuna creatura ha mai incontrato
Satana in persona perché, senza l’uomo, Satana non può esistere.
Senza l’uomo, Satana rimane legge della materia. È nell’uomo soltan
to che si può incontrare Satana vivente; è nello sguardo di un uomo
che si può riconoscere Satana, neW espressione dei suoi occhi.
Quando, alla morte di una tale creatura, il Sé si ritira dal corpo,
Satana, ritornato ad essere legge della materia, rimane nel cadavere.
Era diventato Satana grazie alla forza vitalizzante del sé nella co
scienza , ma la coscienza di colui che si era identificato con la legge
della materia e che quindi era diventato egli stesso satanico, muore
con Satana e resta inconscia dopo la morte. Satana la prende quale
schiava, l’attira a sé nella materia morta, nel buio, nell’incoscienza.
Invece, la coscienza dell’uomo che si è identificato con la legge
dello spirito divino e l’ha servita, rimane sveglia e all’erta dopo la
morte del corpo e, libera dalle catene dell’isolamento della materia, si
fonde nella luce eterna, in Dio.
I due tetraedri che si compenetrano mostrano i due poli della
creazione in uno stato di perfetto equilibrio. Tutto il creato, nell’uni-
verso dell’agitazione e del movimento, si basa su questo equilibrio
divino. E la legge più profonda di ogni forma, quindi anche quella
s
AQUILA TORO
SCORPIONE DIO terra
acqua
\K
ACQUARIO
aria
282 Elisabeth Haich
Ogni volto di Dio, ogni punto cardinale della volta celeste, contie
ne in sé i tre aspetti della divinità non manifesta, ed è così che sono
nate le quattro volte tre manifestazioni, cioè i dodici segni zodiacali:
ACQUARIO
Cancro Vergine
IV
Triangolo di terra
TORO
Capricorno
I tre aspetti di fuoco del primo volto di Dio (il primo gruppo) si
manifestano nelle tre costellazioni chiamate Ariete, Leone e Sagitta
rio.
II Leone è la prima manifestazione di Dio, e di conseguenza è il
capostipite di tutto lo zodiaco. Ecco perché le tre manifestazioni del
primo volto di Dio hanno un carattere paterno, dispensatore di vita.
L’Ariete irradia il fuoco della gioventù, la forza di procreazione
del giovane padre che penetra il cuore della natura, risveglia una
nuova vita e la mette in moto. L’Ariete è la forza della primavera che
agisce in modo focoso e senza riflettere, proprio come l’ariete.
Il Leone è il fuoco dell’uomo rispettabile e nobile d’animo, giunto
a perfetta maturità, il fuoco del padre che irradia la propria forza
creatrice, il suo amore e il suo calore su tutti i suoi figli, permettendo
loro di svilupparsi sotto la sua egida. Il Leone è la forza deli’estate.
Iniziazione: memorie di un’Egizia 283
LEONE
Vergine Cancro
Bilancia Gemelli
AQUILA TORO
SCORPIONE
Sagittario Ariete
Capricorno Pesci
ACQUARIO
dei volti di Dio; i quattro triangoli sono in così stretto rapporto tra
loro che il loro centro è identico. Formano così il cerchio zodiacale di
dodici manifestazioni, in cui i vari aspetti dei quattro triangoli costitu
iscono una serie perfettamente coerente di tappe nello sviluppo, il
progresso. C’è una terza relazione ancora, fra le varie costellazioni.
Quella tra due costellazioni opposte che sono reciprocamente com
plementari. Vediamo dapprima la relazione tra le tappe di sviluppo.
La serie comincia naturalmente dalla costellazione d&WAriete,
giacché l’inizio di ogni espressione di vita, e anche l’inizio della
primavera, si trovano nell’Ariete. Ricordati che esistono due inizi di
primavera, l’uno assoluto, l’altro relativo. Ogni manifestazione -
quindi anche la Terra e tutte le sue creature- porta in sé l ’inizio
assoluto della primavera: questo è del tutto indipendente dal mondo
esterno. L’inizio relativo della primavera dipende dalla posizione
delle stelle in un dato momento. Ma i vari movimenti della Terra ne
fanno un punto instabile, giacché cambia continuamente di posizione.
Ma ritorneremo su questo argomento.
La sequenza delle costellazioni zodiacali è: Ariete, Toro, Gemelli,
Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione-Aquila, Centauro-Sagit
tario, Capricorno, Acquario, Pesci.
Tutto ciò che si condensa sul piano della materia ed assume una
parvenza materiale, durante la propria vita percorre l’intera ruota zo
diacale. La vita dell’uomo forma un grande periodo che si suddivide
in periodi più brevi (infanzia, gioventù, maturità, vecchiaia) i quali, a
loro volta, si scompongono in periodi ancora più brevi: anni, stagioni,
mesi, settimane e giorni.
Ogni periodo, sia esso di un giorno, di un anno o di tutta una vita,
percorre l’intero cerchio zodiacale. La nascita corrisponde all’Ariete,
dopo di che l’uomo passa attraverso tutte le costellazioni; raggiun
gendo la maturità nel Leone e morendo nel segno dei Pesci. Lo stesso
avviene per il giorno: usciamo dal sonno per comparire in questo
mondo, poi il giorno si sviluppa raggiungendo la propria maturità a
mezzogiorno, che è anche il suo culmine; e poi declina, e dopo varie
trasformazioni giunge la sera, quando mettiamo a riposo il corpo.
Veniamo colti dal sonno, ritiriamo la coscienza nel Sé e ci addormen
tiamo, proprio come facciamo alla fine della vita quando lasciamo
definitivamente il corpo. Ogni periodo ha un inizio, uno sviluppo, un
culmine, un declino e poi la dissoluzione.
Le caratteristiche principali dei vari segni zodiacali sono le seguenti:
L’Ariete fa sì che qualcosa appaia in questo mondo, che qualcosa
288 Elisabeth Haich
nasca. Questo è vero anche se l’ora della nascita non si situa in questo
segno! Giacché ogni nascita porta in sé, indipendentemente dal mon
do esterno, e dunque dalle costellazioni, l’energia dell’inizio che
chiamiamo Ariete, sia all’esterno (nella volta celeste) che all’interno
di ogni essere, e che è la costellazione assoluta dell’Ariete in ogni
espressione della manifestazione. Così è per tutte le costellazioni, per
tutte le manifestazioni e tutti gli aspetti dei quattro volti di Dio. C’è
una manifestazione interiore assoluta ed una esteriore, relativa.
L’essere vivente, in seguito, deve mettere radici in un nuovo am
biente, e lo fa grazie all’aiuto del Toro. L’essere nuovo assume il cibo
e lo assimila, sicché si stabilisce una relazione materiale in questo
mondo e viene garantito l’approvvigionamento del corpo.
La forza dei Gemelli spinge questo essere ad accumulare esperien
ze, i suoi passi lo conducono in ogni direzione come i rami di un
albero, sicché acquisisce un sapere molto esteso.
Nel Cancro, eccolo rientrare in sé, digerendo le proprie esperienze
spirituali, mentre il suo nucleo interiore incomincia a prendere forma.
L’energia di fuoco e dispensatrice di vita del Leone ne fa un esse
re maturo e degno; sboccia, sviluppando i suoi poteri e le sue facoltà
e svolge il suo compito terreno dando nascita ad una nuova genera
zione, diventando padre di famiglia.
La Vergine porta il frutto e l’uomo immagazzina quanto ha rac
colto dalla propria opera. Nella profondità dell’anima sua si sviluppo
il bambino divino: Vamore universale.
La Bilancia pesa i suoi atti smistandoli: quelli positivi a credito, e
quelli negativi a debito; la sua attenzione si volge sia verso le cose
materiali che verso quelle spirituali, giacché in lui si armonizzano in
un perfetto equilibrio. Realizza così la legge interiore divina, superio
re a tutto ciò che è relativo.
Con lo Scorpione, l’uomo giunge ad una svolta della propria esi
stenza: deve spiritualizzare la forza divina creatrice che si era espres
sa fino a quel momento nei suoi desideri, e metterla al servizio della
comunità. Ciò significa che deve trionfare su se stesso. Vive, prova in
sé la morte mistica della propria persona, poi la resurrezione e l’im
mortalità nello spirito. Da questo momento, smette di servire il mate
rialismo: lassù, molto più in alto della Terra, in una perfetta libertà
spirituale, vola come uri Aquila, come il falco Horus.
Con la forza del Sagittario diventa un grande maestro, come il
centauro stesso, un essere che si eleva al di sopra del livello animale
ed utilizza il corpo solo più per raggiungere il più rapidamente possi
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 289
bile il grande scopo che già vede con precisione. I pensieri, come
lampi, illuminano le spesse nubi dell’oscurità e dell’ignoranza, e fa sì
che la nuova generazione possa beneficiare delle sue esperienze.
Nel Capricorno, il bambino divino (l’amore universale) nasce nel
suo cuore. Egli diventa identico al Sé divino e cosciente in sé. L’uo
mo che rende visibile il bambino divino nato nel suo cuore, diventa
puro quanto il cristallo; Vamore universale si esprime attraverso le
sue parole ed i suoi atti.
Neli'Acquario, l’uomo distribuisce tutti i suoi tesori; è diventato il
bambino divino raggiante che si libra al di sopra della sessualità.
Raggiante egli stesso, è fonte della massima energia spirituale
divina. Il processo di trasformazione, di smaterializzazione, comincia.
Nei Pesci, l’uomo fa l’esperienza della riunificazione con la pro
pria metà complementare nascosta. Ciò significa, allora, disintegra
zione della materia, ritorno a casa, nella patria celeste, nell’unità uni
versale, in Dio. La sua coscienza scivola nella coscienza cosmica, ab
bandona il corpo e termina così la sua vita terrena.
Ecco la via dell’uomo, anche se ancora non ha raggiunto i livelli
superiori di coscienza. I gradi di sviluppo possono essere diversi, ma
la sfera di sviluppo rimane la medesima.
Quanto alle costellazioni opposte, esse si completano in questo
modo: l’enorme forza propulsiva dell 'Ariete viene moderata dalla Bi
lancia, grazie alla legge che controlla l’energia selvaggia e cieca
dell’Ariete e la guida verso la buona direzione.
L’energia della fidanzata che attende di essere fecondata, costella
zione del Toro, completa e soddisfa gli istinti dello Scorpione.
La forza materna del Cancro che si ritira nella sua casa, completa
la radiazione cristallizzante, quella che genera la nascita, propria del
Capricorno. Il bambino neonato fa parte della famiglia.
La radiazione patema del Leone trova il suo complemento nella
forza del bambino de\YAcquario. Il padre sostiene, protegge ed educa
il bambino.
Nella costellazione dei Gemelli, il giovane avido di imparare rice
ve l’insegnamento di cui è bramoso dal Centauro, il Sagittario.
Quanto alla Vergine celeste che porta il divino bambino nel suo
sacro seno, riceve il proprio nutrimento dal mondo mistico dei Pesci.
Ora conosci le radiazioni dei quattro volti di Dio nei diversi effetti
delle costellazioni, ma per capire bene la vita dell’universo e quella
delle migliaia di esseri viventi, ivi compresa la tua, devi sapere che il
cerchio delle manifestazioni con le dodici famiglie di energia rag
290 Elisabeth Haich
Già sai cosa accadrà quando l’ultimo gran sacerdote avrà iniziato
l’ultimo candidato degno di ricevere il nostro sapere: gli consegnerà
l’Arca dell’Alleanza ed un bastone della vita, poi si chiuderà con un
suo assistente nella grande piramide, ne bloccherà l’entrata dall’inter
no con una roccia che corrisponderà esattamente all’apertura; smate
rializzeranno tutti i nostri apparecchi ed i nostri strumenti, e si smate
rializzeranno loro stessi allo scopo di proteggere i nostri segreti da
mani indegne. Allora l’ultimo iniziato, nato da una nazione il cui
compito sarà di creare e realizzare la nuova epoca, salverà l’Arca
dell’Alleanza e il suo bastone della vita, portandoli fuori dal Paese.
Proclamerà al suo popolo le idee della nuova epoca il cui punto
vernale si troverà nella costellazione dell 'Ariete che, con il suo segno
complementare, la Bilancia, eserciteranno in quei giorni la loro mas
sima influenza.
Vieni, piccola mia, ti poserò una mano sul capo e avrai visioni del
futuro.»
Ptahhotep mi conduce verso un letto sul quale i neofiti si esercita
no, sotto la sua guida, a muovere liberamente la loro coscienza nel
tempo, ossia a dedicarsi coscientemente a ricerche sul passato o sul
futuro, per vivere entrambi come se fossero istanti presenti.
Ptahhotep mi dice di distendermi e non appena mi appoggia una
mano sulla fronte, sento il ronzio ed il pizzicore familiare nella testa.
Subito appaiono immagini che, nel linguaggio simbolico dei sogni,
mi mostrano il senso degli eventi di un futuro lontano.
Vedo la sala dei ricevimenti di un Faraone, una sala sconosciuta,
proprio come il Faraone, che non è un iniziato come mio padre ma la
cui radianza tradisce un livello inferiore; vedo due magnifiche figure
di nobile aspetto davanti a lui: due fratelli, uomini belli e fieri. Rico
nosco dalla radianza che uno è un iniziato, mentre l’altro è un abile
parlatore, molto intelligente. L’iniziato tace mentre suo fratello tenta,
con le parole, di convincere il Faraone a lasciar andare il loro popolo
ridotto in schiavitù al servizio del sovrano. I due fratelli desiderano
condurre il popolo fuori dal Paese ma il Faraone dal cuore duro
rifiuta, vuole miracoli; allora l’abile parlatore lancia ai piedi del Fara
one il bastone che tiene in mano, e questo si trasforma in serpente e
comincia a strisciare. Il Faraone fa chiamare i suoi maghi per dare
una risposta ai due uomini, ed anche questi lanciano i loro bastoni che
si trasformano in serpenti, ma il rettile del giovane ingoia tutti quelli
dei maghi.
Interpreto la visione: il bastone rappresenta l’intelletto che è un
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 301
animale simile alla zebra, più grande e di vari colori: bruni, bianchi,
grigi e persino neri. Non ho mai visto animali simili! Saranno forse i
quadrupedi di cui mi aveva parlato una volta Padre? Sono magnifici!
Ma le immagini cambiano: l’iniziato è “nel deserto” con il suo
popolo. È il periodo sempre difficile fra due epoche, giacché non
esiste una linea definita che le separi e scorrono l’una nell’altra, me
scolandosi per un certo tempo. Ne risulta un periodo di transizione
durante il quale due costellazioni, quella dell’epoca vecchia e quella
dell’epoca nuova, agiscono l’una contro l’altra, anche se in modo
ridotto. Le idee acquisite non soddisfano più la nuova generazione, ed
i vecchi non riescono più ad adattarsi ad assimilare le nuove idee. La
maggior parte del popolo si ostina a conservare dei modi di vedere
ormai sclerotici, ossia le idee della costellazione del Toro che tuttavia
non agisce più con la foga del toro adulto; è indebolito, è solo più un
piccolo toro, un vitello. Nel linguaggio simbolico dei sogni, lo spirito
è sempre rappresentato dall’oro e, nella mia visione, vedo che il po
polo dell’iniziato danza intorno al vitello d ’oro e l ’adora.
Nel frattempo l’iniziato si trova “sulla montagna” e parla “faccia a
faccia con Dio”. Si trova nello stato di coscienza supremo, identico a
Dio. E il recipiente della volontà divina, e deve proclamare al suo
popolo le nuove idee sotto forma di due simboli religiosi: l’agnello
del sacrificio, simbolo della costellazione deWAriete, e le due tavole
della legge con i dieci comandamenti, simbolo della costellazione
complementare, la Bilancia.
L’agnello del sacrificio è il Sé divino che, nella materia, si fa cro
cifiggere sulle due grandi braccia del mondo tridimensionale, ij tempo
e lo spazio, offrendo la propria vita per spiritualizzare la Terra e sal
varla.
Le due tavole della legge che, nel nostro Tempio, sono poste sulla
testa del falco sacro Horus, simbolo del Sé divino, del principio crea
tore che attraversa lo spazio, rappresentano la struttura interna del Sé
che si rivela nell’anima sotto forma di leggi morali.
Tali verità divine resteranno per più di duemila anni le idee-guida,
i simboli religiosi di quel popolo.
Quando l’iniziato porta le tavole della legge e constata che il suo
popolo adora il vitello d’oro, spezza le due tavole con rabbia e chiede
a Dio di punire il popolo disobbediente. Allora cadono dal cielo pic
coli serpenti velenosi - simboli della tentazione, del serpente del desi
derio e degli istinti fisici della costellazione dello Scorpione - che
mordono tutti coloro che hanno adorato il vitello d’oro. La sofferenza
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 303
sto figlio di Dio che, nel suo corpo umano, manifesta appieno il Sé
divino, deve sopportare la vendetta dello spirito della materia ed ac
cettare la morte inflittagli dagli ignoranti.
Colui che, nella sua coscienza, si identifica al corpo, vive nelle
tenebre ed è simile ad una stalla abitata da diversi animali, i desideri
ed i bisogni istintivi fìsici. Ma una notte, in questa stalla ed in questa
oscurità, nasce il bambino divino: la coscienza di Sé. Due tipi di esse
ri riconoscono il bambino divino e si prosternano davanti a lui: i
semplici, illetterati ed ignoranti che non conoscono ancora il dubbio
seminato dall’intelletto, e che vivono in armonia con la natura, come
ad esempio i pastori; e coloro che sanno, gli iniziati che hanno già
percorso tutto il lungo cammino, tutta la scala dell’intelletto, trionfan
do sulle astuzie di quest’ultimo e considerando le cose dall’interno,
come i Saggi venuti dall 'Oriente]
I simboli religiosi della nuova epoca sono i Pesci e la Vergine, ov
vero le due costellazioni complementari. Il figlio di Dio sceglie chi
deve aiutarlo fra i pescatori, e paga la tassa che deve alla Terra con
una moneta che prende nella bocca di un “pesce”. Da queste due
costellazioni complementari egli trae l’insegnamento che trasmette
all’umanità, ma coloro che l’ascoltano hanno livelli di sviluppo molto
diversi: a coloro che sono già coscienti nello spirito, e che quindi
hanno raggiunto il quinto livello, il piano spirituale (le cinquemila
persone) egli dà tutto il suo insegnamento, i due pesci ed i cinque
pani, cioè i cinque semi di cereali che si trovano sulla spiga della
Vergine, nella sua rappresentazione simbolica.
Ma queste “cinquemila persone” che tuttavia sono già sveglie
nello spirito, non possono assimilare completamente le sue idee più
elevate: per questo non basterebbe tutta un’epoca! Del cibo che ha
distribuito restano ancora dodici ceste piene, e questo vuol dire che
l’umanità deve imparare a conoscere i misteri del Sé nella manifesta
zione di ognuno dei segni zodiacali. E per comprendere tali verità e
realizzarle completamente, l’umanità ha bisogno di dodici periodi,
dunque di un anno cosmico, più di venticinquemila anni terrestri.
A coloro che non possono elevare la propria coscienza oltre il quarto
livello (i quattromila) il figlio di Dio non trasmette tutte le verità dei due
segni zodiacali, distribuendo loro “soltanto un po’” di pesce e cinque
pani. Non possono neanche assimilare quel “po’” del suo insegnamento,
e restano ancora sette ceste piene: gli uomini volti verso la materia devo
no dapprima apprendere i misteri dei sette livelli, e soltanto dopo saran
no abbastanza maturi per ricevere le verità cosmiche del Sé.
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 305
Ultime preparazioni
Solo colui che ha seguito una preparazione molto stretta può esse
re iniziato a questo alto livello senza che ne consegua un danno, e
solo colui che può controllare il corpo con una volontà ferrea grazie
al suo intelletto e al suo ragionamento, può tollerare che i suoi nervi
sopportino vibrazioni superiori.
Sai già che un animale non può cambiare né il suo modo né le sue
condizioni di vita e che, di conseguenza, è incapace di sopportare
frequenze superiori alle sue. Ad esempio, se si conducesse nel corpo
di una scimmia la corrente corrispondente al corpo di un uomo, l’ani
male soffrirebbe di crampi nervosi fino a morire per la scossa.
Invece, l’uomo può sopportare senza morire le vibrazioni dell’ot
tava superiore ed adattarsi ad essa; così, un uomo ordinario con un
corpo abbastanza preparato, potrebbe sopportare senza danni le vibra
zioni di un genio: ne avrebbe persino una gioia divina. Perché ogni
frequenza superiore, purché rimanga sopportabile, risveglia una sen
sazione di grande gioia; poi però, si trasforma in una vera tortura,
giacché i nervi non possono reggere più a lungo questa tensione ec
cessiva per loro.
Le vibrazioni inferiori alle proprie causano invece depressione,
paura e disperazione. Se, dopo aver fatto l’esperienza di quella gioia
divina, l’uomo conseguisse, con le sue proprie forze, con i suoi sforzi
ripetuti e il suo desiderio di ritrovare tale gioia, l’iniziazione al quinto
grado, i nervi e le cellule del suo corpo si agguerrirebbero, trasfor
mandosi a poco a poco: si eleverebbe di un’ottava per diventare dav
vero un genio, e vivrebbe alimentato da un costante flusso di intuizione.
Qualsiasi essere intuitivo conosce la sensazione di gioia legata ad
uno stato di coscienza intensificata; chi beve vino o fa uso di stimo
lanti, ricerca quella stessa gioia, dovuta ad una maggiore tensione
nervosa. Ma il contraccolpo lo fa cadere sempre più in basso di
prima.
La grande iniziazione consiste nel condurre nel corpo tutte le cor
renti di energia che corrispondono ai sette gradi di coscienza , a co
minciare dal basso, e poi progredendo via via fino all’energia divina
creatrice suprema. Il candidato viene iniziato in tutte le energie: di
venta cosciente su tutti i livelli. Il candidato, sopravvivendo alla pro
va, dimostra di essere riuscito ad elevare la propria coscienza, e quin
di anche la forza di resistenza del corpo fino al sesto grado. Se così
non fosse, sarebbe morto.
Durante l’iniziazione e grazie alle correnti di energia, il candidato
raggiunge il settimo livello divino, cosa che non potrebbe mai fare
318 Elisabeth Haich
con i propri mezzi. Infatti un essere umano, con i suoi soli sforzi, non
può raggiungere l’iniziazione al grado divino creatore. È qui, il gran
de cambiamento: dal suo atteggiamento ancora negativo e “ricevente”
passa ad un atteggiamento positivo e “trasmittente”, “che dà”, ma per
questo ha bisogno di aiuto; a volte, certi candidati si preparano perfet
tamente con i loro mezzi, e sono maturi per ricevere questa iniziazio
ne al settimo grado; in tal caso, basta una semplice imposizione delle
mani per iniziarli alla coscienza di Sé cosmica divina, dalla quale non
usciranno mai più giacché hanno concluso il ciclo della coscienza
assoluta con tutte le esperienze necessarie, e resta loro solo l’ultimo
passo: riunire le due metà complementari già perfettamente coscienti.
Solo per questo hanno ancora bisogno di un aiuto esterno, dopodiché
vivranno perpetuamente in uno stato di coscienza divina.
Nel nostro Tempio, un candidato che non è ancora pienamente
sviluppato fino al settimo grado divino ha comunque la possibilità di
ricevere l’iniziazione se è già cosciente al sesto livello e se ha allena
to sufficientemente il corpo. Questo aiuto esterno (l’iniziazione) apre
al candidato la via verso il Sé reale e permette alla sua coscienza di
innestarsi nella corrente delle forze divine per la durata dell’iniziazio
ne. In seguito un iniziato di questo tipo non potrà mantenere conti
nuamente lo stato divino di coscienza di Sé e ritornerà al suo stato
precedente ma, memore della gioia provata durante l’iniziazione, e
dal momento che la via verso Dio gli è stata aperta, avrà la possibilità
di raggiungere il settimo grado con le sue forze più in fretta e più
facilmente che se avesse percorso la lunga strada dell’esperienza ter
rena e del progressivo risveglio della coscienza. L’iniziazione nel
Tempio è un aiuto che consente di condurre molte più persone a
quella gioia che è l’unione con il Sé divino.
Tuttavia, c’è il reale pericolo che la persona così iniziata non
sappia resistere alle tentazioni terrene prima di essersi elevata con i
propri mezzi al livello dell’uomo-dio, mentre senza iniziazione non
corre nessun pericolo.
Chi conclude il suo ciclo di vite dopo aver seguito la lunga via dei
mortali fino al grande scopo, fino al ritorno al Giardino dell’Eden,
avrà sperimentato tutto, e non ci sarà nulla che non le sia noto; rag
giungerà il livello divino dopo aver accumulato le esperienze necessarie
ad ogni gradino, e cancellato a poco a poco la propria persona. Ma per
arrivare a quel punto, le sarà necessario tutto un periodo di creazione.
Tuttavia, la volontà divina vuole che la grande iniziazione nel
Tempio continui ad essere data, malgrado questo pericolo, ancora per
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 319
un certo tempo. Sono stai molti, e ancora saranno molti, coloro che
troveranno così la loro redenzione ed il cammino verso Dio. Ed i
pochi che cadono dopo l’iniziazione si reincarneranno più tardi, quan
do l’umanità sarà abbandonata a se stessa; si ricorderanno allora delle
grandi verità vissute durante l’iniziazione e le proclameranno ai loro
prossimi attraverso i loro discorsi, per iscritto o attraverso le loro
azioni. Il mistero dell’iniziazione del Tempio sarà protetto ancora per
un po’, ma quando gli uomini guidati da idee materialistiche prende
ranno sempre di più il potere sulla Terra, sigilleremo la piramide
dell’iniziazione dall’interno con blocchi di pietra e smaterializzeremo
la camera iniziatica. Il mistero dell’energia divina creatrice non deve
in alcun caso cadere fra le mani dei non-iniziati. Coloro che penetre
ranno nella piramide fra migliaia di anni non troveranno nulla nelle
camere chiuse dall’interno, assolutamente nulla, neppure scheletri
umani.
Ancora oggi molti, sulla Terra, presentano le condizioni per rice
vere la grande iniziazione: ecco perché è nostro dovere, dopo averli
avvertiti, darla a tutti i candidati che per tre volte la chiedono.
Nell’iniziazione, il candidato diventa coscienza ad ogni livello
della creazione. Tutte le parti inconsce della sua anima diventano
coscienti, non ha più né subconscio né superconscio. Durante l’inizia
zione, la coscienza dell’iniziato diventa coscienza assoluta del Tutto.
Si compie il ciclo cominciato nel momento in cui, separandosi dal
l’unità, egli era diventato cosciente nella materia, nel corpo: il candi
dato si unisce coscientemente alla sua metà complementare che, fino
ad allora, era la parte inconscia della sua anima, un riflesso negativo,
un essere estraneo che, col suo potere d’attrazione si manifestava nel
corpo come forza motrice, facendo nascere l’agitazione ed una co
stante nostalgia. La coscienza toma nell’unità, non c’è più nessuna
metà complementare giacché anche questa è stata resa cosciente.
Questa ri-unione è detta “matrimonio mistico”.
“Matrimonio” significa riunione del positivo e del negativo. Tut
tavia, sulla Terra, è solo un vano tentativo di trovare nel corpo l’unità
con un altro essere. Il matrimonio spirituale mistico si svolge nella
coscienza e porta ad una realizzazione, ad un perfetto ed infinito
compimento. In effetti, la riunione con la propria metà complementa
re significa: riunione con Dio. Ed il ciclo è compiuto!
Il corpo umano è concepito in modo da avere un centro nervoso
per ogni ottava di vibrazioni; da un lato questi centri nervosi sono
distributori che diffondono nel sistema nervoso le vibrazioni ricevute
320 Elisabeth Haich
L’iniziazione
O era forse presente, senza farsi notare? Questo volto senza corpo
è simile alla testa di un capro; la sagoma lascia apparire chiaramente
la forma delle coma, del muso lungo e stretto, con una piccola barba.
Oppure queste forme sono soltanto radiazioni di forze invisibili?
Gli occhi così ravvicinati sono terrificanti, sono come un turbine senza
fondo che attira irresistibilmente ogni cosa verso un totale annulla
mento.
Ora, il mostro irradia tutte le sue forze distruttive concentrandole
su di me e in me, con quel suo sguardo sinistro. Gli occhi penetranti
mi entrano dentro, mi avvolgono, mi stringono con spaventosa potenza.
Il cuore ed miei stessi movimenti sono paralizzati da un panico
indicibile: l’orrore ha toccato il culmine, gli occhi si avvicinano e
divengono sempre più penetranti. Sento questo essere satanico - è
forse Satana stesso? - possedermi sempre di più; si allunga sopra di
me, mi inghiotte e d’un tratto mi accorgo che io non sono più io, ma
sono diventata lui. Sento i suoi tratti sul mio volto, il suo corpo disin
carnato nel mio corpo, le sue forze infernali scorrere nelle mie vene: a
questa spaventosa sensazione, tutto il mio essere si irrigidisce, diven
ta freddo e si contorce in orribili convulsioni.
Dentro di me sento... non parole, ma attraverso l’energia che crea
le parole, ne colgo il senso :
«Ora sei la mia preda! Sei in mio potere! Hai tentato invano di
estrarmi dalla tua coscienza: tu mi appartieni! Tu e io siamo uno,
nulla può più separarci. Io sono l’“io” in te e tu sei l’“io” in me.
Subisci la mia legge del raffreddamento, della contrazione e della
rigidità. Senti forse il corpo irrigidirsi, le gambe che si rialzano sul
ventre indurendosi, i piedi strettamente premuti contro il corpo, le tue
braccia incrociarsi sul petto, le mani formare il pugno, come incollate
al corpo? La tua testa è reclinata sul petto, fra i pugni. Ti raccogli
sempre di più. Hai ripreso la forma che avevi nell’utero materno,
saldata in un blocco unico, sempre più piccola, più rigida, più fredda,
fino a diventare una pietra, una piccola roccia dura e morta! Ma la tua
coscienza ti permette di sapere che sei morta, prigioniera, murata in
quella roccia per un tempo infinito... per un’eternità senza tempo...
Guardati intorno, guarda queste immense montagne! Vedi queste
rocce, queste pietre? Guarda in esse, guarda il loro essere interiore, e
vedrai che sono tutti esseri coscienti, prigionieri come te, esposti al
sole implacabile, alle tempeste e al gelo! Ogni creatura, animale o
uomo, cammina su di loro come camminerà su di te. Le nevi si
fondono, ingrossando i torrenti e portando a valle le pietre fra i flutti
328 Elisabeth Haich
Poco dopo eccoli di nuovo accanto a me, mentre l’uomo, con gli
occhi socchiusi, chiede:
«Sei mia?»
«Sì, sono tua» risponde ancora la donna.
Che succede? Se uno chiede qualcosa una volta e riceve una ri
sposta, forse non basta? Bisogna ripetere cento volte la stessa cosa? E
poi, che domanda insensata! Un essere umano appartiene solo a se
stesso. È un essere libero, dotato del diritto inalienabile di disporre di
sé; come può pensare, quest’uomo, di possedere una donna? Già è
difficile possedere un leone! Se neppure questi animali regali riesco
no a disfarsi della loro indipendenza, come potrebbe quest’uomo im
maginare che la donna “gli appartenga” e perché ripete cento volte la
stessa domanda? E forse un malato mentale? E la donna, che a sua
volta risponde continuamente alla stessa domanda? E tutti questi uo
mini, queste donne, che si comportano così ridicolmente ed insensata
mente? In quel preciso momento, un uomo alto, con le spalle larghe si
avvicina a me; sembra che possa leggermi nel pensiero perché rispon
de alle mie domande inespresse.
«Bellezza, non sai che questo è l’amore?»
V
care giacché non hai mai provato. Vieni, danza con me e vedrai da
te.»
Mi abbraccia e mi conduce in un turbine; si comporta con me in
modo insensato come tutti gli altri...
Danzo, e intanto mi osservo con curiosità... Questo contatto così
stretto, mi stordirà, mi inebrierà come avviene a questa povera gente?
Ma posso constatare soltanto che per me è molto sgradevole sentire
quest’uomo così vicino: ha un alito bruciante, e trovo ripugnante
percepirlo sul volto e sul collo. Espira un’aria viziata! Perché dovrei
inspirare aria viziata? Inoltre, quest’uomo emana un odore che non
mi piace, l’odore del sudore è ancora più forte quando si tratta di un
uomo piuttosto che di una donna. Ho voglia di aria fresca, ho voglia
di andarmene da questo luogo deprimente.
Allora cerco di liberarmi dal suo abbraccio, e d’un tratto l’uomo si
trasforma, diventa uno spirito infiammato, rosso ed immenso, senza
più corpo, una fiamma che vuole sottomettermi a sé. Mi avvolge,
cerca di entrarmi in bocca, nel corpo, ma la forza che emano, l’ener
gia della mia coscienza serena e sobria la frena. Non può raggiunger
mi: la fiamma diventa ancora più grande, più potente, riempie l’intera
sala e consuma tutti questi posseduti dalla passione. Non vedo più
nessuno, soltanto più un mare di fiamme che inghiotte e divora ogni
cosa...
Ma io sono sana e salva: io sono colui che sonol
Allora, tra le fiamme, si alza una voce:
«Hai vinto, hai superato l’esame. Mai stai bene attenta! Non hai
vinto perché sei più forte, non puoi essere più forte di me, giacché io
sono il fuoco del tuo stesso io, ma perché non potevi infiammarti, in
quanto la tua purezza e la tua inesperienza si ergono ancora fra te e
me.
Il tuo corpo, i sensi, dormono ancora, ed è questo che ti ha protet
ta; ci rivedremo... ci rivedremo !...»
Poi ogni cosa scompare: la cantina, il fuoco, il fumo, tutto. Ri
mango da sola... “ci rivedremo ”? Ripeto quelle parole.
«Non ti temo! Perché se anche il mio corpo si fosse acceso, questo
non avrebbe potuto toccare il mio “Io”. “Io” sono al di sopra di tutto
ciò che è fisico.»
Ma, cos’è? Cosa ho sentito? Una risata sarcastica?
Mi guardo intorno: da dove proviene, questa voce? Mi trovo su
una prateria verde come lo smeraldo, e vedo venirmi incontro una
bella figura, un uomo grande e bello, circondato, velato da una spessa
332 Elisabeth Haich
tare alla gioia perfetta! E in me che voglio trovare la mia metà com
plementare.»
«Trovare in te la tua metà complementare significa precisamente
esserti già identificata in coscienza con il Sé divino. E come puoi vi
vere la conseguenza, prima della causa? Il Sé divino è lo stato di unità
paradisiaca che puoi trovare soltanto quando ti sei unita alla tua metà
complementare; come vuoi riuscirci senza di me, la tua metà? Dimen
tichi che, se tu incarni una parte del tutto, io incarno l’altra metà:
siamo i riflessi incarnati l’uno dell’altra, e ci apparteniamo anche
nella persona. Io ti contengo nel mio inconscio così come tu mi
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 333
«Sa bene che vivo qui da tre anni, ormai. Come mai me lo chie
de?»
Non riesco a capire... Non è proprio come lo conoscevo io. E
cresciuto, eppure so che è ancora un bambino, che dovrebbe essere un
bambino! Ma perché? Lo conosco da quando è arrivato dalla sua
patria lontana, è un giovanotto adulto. Perché ho la sensazione che
dovrebbe essere un ragazzino di dodici anni? Perché ho di nuovo la
strana sensazione di sognare?
Ma ecco mio marito. L’appartamento è pieno di fiori... Com’è
adorabile ad accogliermi così in casa dopo tutti questi anni di vita
insieme, come se fossimo ancora in luna di miele!
Dopo pranzo ci sediamo vicino ad una strana scatola di legno che
diffonde, con voce maschile, le ultime notizie sulla guerra e dà istru
zioni che dobbiamo seguire. Che strano! Ecco di nuovo la materializ
zazione di un processo spirituale, come l’apparecchio telepatico della
piccola casa nel bosco. Ptahhotep, il mio caro e venerato maestro,
emette anche lui energie spirituali nell’atmosfera del Paese e, durante
il sonno, la gente assorbe le sue energie benefiche e tutto il suo
amore. Ma le sue vibrazioni agiscono nella profondità degli esseri,
non come questa scatola che emette vibrazioni di bassa frequenza che
udiamo solo con le orecchie esterne.
Poi, andiamo a dormire.
Le notti si susseguono, e spesso veniamo svegliati da rumori spa
ventosi: le sirene urlano in tutta la città! Saltiamo giù dal letto, affer
riamo rapidamente le scarpe, delle coperte calde, giacche da camera,
pellicce, e poi via, giù, mio marito ed io scendiamo in cantina: io con
un foulard sulla testa, con la valigetta dei gioielli, i soldi e un vecchio
album di disegni mistici e simbolici. Lungo la scala incontriamo la
mia sorella minore con un neonato in braccio, il figlio di tre anni e la
piccola di due che le trotterellano accanto. Ad ogni piano si aprono le
porte lasciando uscire tutti i membri della famiglia e tutto il persona
le, in cerca di rifugio in cantina. A pian terreno un uomo alto e
anziano compare sulla soglia: è di nobile aspetto, con i capelli e la
barba bianchi come la neve... E i suoi occhi? Com’è che mi sono così
familiari? In me, un lampo: è il volto del generale di mio padre che ha
fatto carriera: Thiss-Thaì Quegli occhi... Ma che fa, qui? E com’è
vecchio! Ed ora, perché gli dico:
«Padre caro, hai preso abiti abbastanza caldi?»
Sorride per rassicurarmi:
«Sì, sì, non preoccuparti.»
338 Elisabeth Haich
figlio alle mani di Dio, e nulla può accadere senza la Sua volontà.
Qualsiasi cosa accada, non può essere che bene, giacché è la Sua
volontà. Compensazione! Tutto ciò che accade è solo uno sforzo per
ritrovare l’equilibrio perduto, il paradiso perduto! Queste parole del
mio caro maestro Ptahhotep, come tutto l’insegnamento che Lui mi
aveva impartito nella grande piramide, sono profondamente impressi
dentro di me, e questo mi dà il coraggio necessario per continuare a
vivere, a svolgere i miei compiti quotidiani, malgrado il peso di sape
re mio figlio, con milioni di altri, trasformato in bersaglio vivente.
Ma ora sapevo che saremmo stati separati dal momento in cui
avesse lasciato la città. L’assedio totale della capitale era imminente:
sarebbe uscito vivo da questo massacro? E noi? Ci saremmo ancora
rivisti, in questa vita? Era un grande punto interrogativo...
Tuttavia questo non deve farmi soffrire, non devo sviluppare at
taccamento per nessuno. Di questo giovanotto che ho portato in seno
perché potesse reincarnarsi, e che ora è mio figlio, non amo il corpo,
non amo la forma manifesta, ma lo amo in Dio! Il suo Sé divino ha
costruito questo corpo anche per potersi manifestare; lo stesso avvie
ne per il corpo di ognuno, di ogni pianta, animale, ed anche per la
materia inerte. Amo dunque anche la sua persona, lo amo in questo
corpo bellissimo, manifestazione del divino impersonale. L ’intero
universo è la manifestazione del Dio unico . Perché, allora, dovrei tre
mare al pensiero di perdere eventualmente questa manifestazione di
vina, e non vederla più? Perché la sua carne è la mia carne, e il suo
sangue è il mio sangue? Ma il mio Io ed il suo Io sono lo stesso Io - lo
stesso Sé - che non è né carne né sangue; dunque non devo identifi
carmi con la carne ed il sangue. Devo ritirarmi nel mio Sé, diventare
pienamente cosciente, giacché sono identica al Sé di mio figlio - e al
Sé dell ’intero universo - non posso perdere nulla e nessuno! Per me,
non deve far differenza se coloro che muoiono mi sono legati dalla
carne e dal sangue o se mi sono totalmente estranei, perché lo stesso
Sé divino cambia uno dei suoi numerosi corpi ogni volta che muore
una creatura, sia il corpo del mio unico figlio o quello di un estraneo.
Devo vincere la mia carne ed il mio sangue che mi fanno soffrire ora
crudelmente, devo vincerli del tutto... Oh, Dio! Dammi la forza di
superare questa prova! Sebbene non abbia ancora raggiunto il piano
della coscienza cosmica, dammi la forza di agire come agirei se fossi
in quello stato di coscienza divina!
Le ginocchia mi tremano mentre mi avvicino a mio figlio. Lo
bacio e gli dico:
340 Elisabeth Haich
«Figlio amatissimo, bambino mio, mio unico figlio così caro, arri
vederci! Ti raccomando a Dio. Egli non ti abbandonerà. Sappi che
tutto passa, tranne il vero amore. Anche ora ci amiamo perché siamo
uno in Dio, ed è questa unità spirituale - questo amore autentico - che
ci ha riuniti qui sulla Terra: non potremo perderci l’un l’altra! Ci
ritroveremo, ci rivedremo, se non in questa vita nella prossima, o
sotto un’altra forma. Ovunque andiamo, l’amore ci condurrà l’uno
all’altra. Addio, figlio mio adorato. Nelle ore difficili, aggrappati a
questa potenza invisibile che sta dietro di noi, che non ci abbandona
mai e che chiamiamo Dio!»
Nessuno piange. Restiamo abbracciati a lungo, gli bacio la fronte,
quella fronte bella e spaziosa. Mi stringe a sé e se ne va. Dalla
finestra gli faccio un cenno, lui mi sorride e scompare.
Questa sera celebreremo il Natale. Il tuono dei cannoni non smette
più, ma prepariamo ogni cosa affinché questa serata sia la più bella
possibile. Per me ha ben poca importanza perché nell’eternità non c’è
nessun Natale, nessun giorno di festa, nessun giorno lavorativo: ogni
giorno è una festa, perché nell’eternità ogni giorno è in Dio. Mio
marito ama molto queste serate natalizie, è felice di potermi preparare
delle sorprese ed adora riceverne, e sta già adomando l’abete insieme
a Bo-Ghar.
Da alcune settimane Bo-Ghar si è trasferito da noi perché, la sera,
i bombardamenti non gli consentono di tornare a casa. Dorme nella
camera di mio figlio.
Qualche anno fa, Bo-Ghar è venuto dalla sua patria lontana con la
missione di portare agli uomini in questa parte del mondo l’insegna
mento plurimillenario dei suoi antenati: come dominare il corpo con
lo spirito. La guerra m’impedisce di procurarmi la pietra e il bronzo
necessari per le sculture, sicché ho lasciato a Bo-Ghar il mio laborato
rio perché possa farvi lezione. Fin dal suo arrivo, si è sempre compor
tato come se fosse nostro figlio ed ora, eccolo che orna l’abete in
perfetta armonia con mio marito.
Insieme alla cuoca, malgrado la difficoltà di approvvigionamento,
tento di preparare qualcosa di “speciale” per domani. Oggi, siamo
invitati da mio padre con tutta la famiglia. Qualcuno suona alla porta.
Entra il mio cugino più giovane, pallidissimo:
«Esther, il nemico ha preso d’assedio l’intera città, e le truppe che
aspettavamo dall’altro lato stanno venendoci direttamente addosso.
Ero in città con mio padre e ho telefonato a mamma che ci ha detto
che la nostra casa era già occupata dalle truppe nemiche, e che si
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 341
vostro appartamento.»
Gli riferisco ciò che mio marito mi ha appena detto e Bo-Ghar,
solitamente quieto, allegro e sorridente, d’un tratto si agita:
«Devo salire! Devo salvare le nostre diapositive, il mio film sullo
Yoga! Il mio compito, il mio stesso lavoro si riducono a zero se non
riesco a salvarli. Vado!»
«Bo-Ghar, non puoi, stanno sparando sulla casa da tutti i lati. Non
ti permetto di salire!»
Mio fratello, che ha udito la nostra conversazione, dice:
«Lo accompagnerò io, gli darò una mano» ed entrambi, pian pia
no, escono dal rifugio...
Siamo in attesa, tesi, minuto per minuto... un quarto d’ora...
un’ora... aspettiamo ancora.
Finalmente si apre la porta: Bo-Ghar e mio fratello, entrambi feli
ci ma spaventosamente sporchi, entrano con la scatola delle diapositi
ve e le bobine del film in mano. Mio fratello racconta:
«I muri sono crollati, ma l’armadio è rimasto al suo posto nel suo
angolo, su un pezzettino di pavimento di legno! Non riuscivamo ad
arrivarci perché il resto del pavimento è sprofondato, sono rimaste
solo le putrelle metalliche. Inoltre, abbiamo dovuto fare molta atten
zione ai tiratori scelti, per non farci notare. Così, Bo-Ghar ed io
abbiamo dovuto strisciare su queste putrelle; Bo-Ghar ha preso tutte
le scatole nell’armadio e io ho preso il resto. Abbiamo portato giù
tutto!»
Siamo molto felici di rivederli entrambi al sicuro, nel rifugio. Bo-
Ghar nasconde i suoi tesori in un angolo affinché nessuno possa
scoprirli; l’istante seguente una spaventosa esplosione ci fa sussultare
e scuote tutta la casa: un altro attacco aereo. Sentiamo passare sopra
di noi gli aerei in un boato spaventoso, le bombe, le mine, l’artiglieria
e la fucileria, è una pioggia di fuoco che si abbatte sulla casa. Le
detonazioni, le deflagrazioni diventano sempre più forti, più vicine,
più frequenti, seguite dal fracasso di mattoni, tegole, pietre che crolla
no un po’ di più ogni volta. Ci aspettiamo che la prossima bomba
cada sul pavimento di sopra, in corrispondenza del soffitto della can
tina, l’ultima nostra risorsa: e allora, sarà la morte. Restiamo lì, sedu
ti, muti, estremamente tesi, angosciati al pensiero della morte. Per
quanto tempo ancora potranno reggere i muri? Un colpo mostruoso,
ed il pavimento della cantina si mette a danzare sotto i nostri piedi, la
cameriera di Padre comincia ad urlare sotto l’effetto di una crisi di
nervi, seguita immediatamente da tutte le donne di servizio. Mi alzo
Iniziazione: memorie di un’Egizia 347
occhi: una minuscola collina con in cima una candela simile a quella
di un albero di Natale, con la fiamma che luccica. La collinetta cre
sce, coprendosi davanti ai miei occhi di una bella erbetta verde sme
raldo. La candela diventa una torcia con una fiamma alta e chiara! La
mia visione scompare. Allora so che non morirò, ma che dovrò diven
tare quella torcia. Dovrò portare la luce al mio prossimo, luce, luce,
luce, luce...
Durante la notte, il piccolo piange finché Bo-Ghar non lo prende
in braccio. Cerchiamo di dormire, ma una mina esplode vicinissima, e
sento l’aria gelida infiltrarsi nel rifugio. Gli uomini corrono a consta
tare i danni: uno dei muri della cantina è crollato. C’è un buco e tutti
pensiamo al prossimo attacco... Aspettiamo. Sussurro a mia sorella:
«La fine è vicina. Domani mattina, la nostra casa cadrà.»
«Sì — risponde mia sorella — anch’io sento così. Oppure morire
mo tutti.»
Mio marito mormora:
«Con oggi, sono esattamente cinque settimane che viviamo nel
rifugio...»
Stranamente il cannone nemico tace; non cade più nessuna bom
ba. Le mitragliatrici, invece, non smettono un attimo di crepitare. Mio
marito, seduto accanto a me, mi dice:
«Questo vuol dire che la fanteria è già vicinissima: non sparano
più con i cannoni perché potrebbero colpire i loro. Il nemico può
entrare qui da un momento all’altro.»
Nel pomeriggio esco per vedere che ne è di Padre; non appena
faccio un passo fuori dal rifugio, scorgo soldati stranieri vestiti di
bianco correre nella nostra direzione, provenienti dalla casa vicina, e
urlo:
«Padre, Padre, venite tutti, il nemico è arrivato!»
Ci precipitiamo tutti all’interno, ma i soldati nemici armati sono
già qui. Silenzio di morte. Per un attimo ci osserviamo. Mi sembra
che si sia fermato il tempo...
I soldati indossano tutti ampi mantelli bianchi, e fuori tutto è
bianco; sembrano bambini che giochino davanti all’asilo...
Un soldato dice qualcosa di incomprensibile indicando le donne, e
supponiamo di dover andare verso destra. Poi, ancora qualche strana
parola che riguarda gli uomini, i quali devono immediatamente anda
re via, seguire i soldati. Non abbiamo neppure il tempo di salutarci.
Gli uomini sono già lontani e noi donne restiamo con i soldati. Pronti
a sparare, frugano ogni angolo della cantina per snidare qualche sol
350 Elisabeth Haich
mani dei bambini con il fiato. Poi ripartiamo, spingendoci più lonta
no, senza una meta, guidate da una forza interiore...
Ci sembra di sognare quando, finalmente, ci accolgono in una
casa: un caporale dell’esercito nemico ci protegge dalle brutalità dei
suoi stessi compagni e, un giorno, mi dice:
«Attenzione, piccola madre. Un buon soldato, dieci cattivi soldati!
Non sono tutti gentili come me nel nostro esercito, io che vi proteggo.
Attenzione, quando dovrò andarmene!»
Sì, sappiamo che i soldati nemici non sono tutti così umani! L’ab
biamo scoperto in quella notte di orrore che non dimenticheremo mai.
Gli uomini sono scomparsi... Abbiamo ritrovato quasi subito Pa
dre, Dio sia lodato. Il vecchio signore se ne andava tranquillamente a
spasso in mezzo al massacro, senza preoccuparsi, delle palle di canno
ne. E mentre tutti venivano spogliati di qualsiasi cosa avessero addos
so, pelliccia, cappotto, guanti, soldi, orologio, stilografica, ecc., Padre
era andato a trovare una vecchia amica senza incontrare ostacoli,
senza che un solo soldato l’avesse disturbato. La sua radianza possen
te aveva agito anche sui soldati nemici, proteggendolo da loro.
Pochi giorni dopo qualcuno bussa alla casa che ci ospita, nella
quale abitano quattordici soldati, alcuni rifugiati e noi, donne e bam
bini: è Bo-Ghar, con gli abiti a brandelli, con i piedi sanguinanti. E un
miracolo che sia ancora vivo, dopo tutto quello che ha dovuto passa
re. Alcuni vicini gli hanno indicato la direzione che avevamo presa, e
lui ci ha ritrovati...
Poi tocca a mio fratello ricomparire, anche lui in uno stato misere
vole, giacché ha dovuto camminare per centinaia di chilometri. Ha
trovato due scarpe... Entrambe per il piede sinistro, ma le indossa con
la sua solita dignità. E vivo, e questo è l’importante...
Nessuna notizia di mio marito. Un giorno ho avuto una visione che
non mi ha più abbandonata: lo vedo giacere nella neve, lungo la
strada... Cosa gli è successo?
Dopo lunghe, lunghissime settimane di vana attesa, finalmente lo
ritrovo, gravemente ferito, nella fattoria di un contadino caritatevole.
La mia visione non mi aveva ingannata...
Passano settimane, mesi. Abbiamo fame, e non si sa mai se il
giorno dopo si mangerà. Eppure, un giorno, la guerra finisce.
Cerchiamo di rendere abitabili le rovine della nostra casa; Bo-
Ghar ed io lavoriamo giorno e notte per cercare di procurarci il cibo
malgrado la penuria generale. Mio marito resta a letto per mesi prima
di poter finalmente camminare con due stampelle. Che fortuna, essere
354 Elisabeth Haich
abbracciamo con calma, con aria grave. Ora respiro meglio! E vivo,
non ha subito danni, tranne una cicatrice sulla sua bella fronte, unico
segno di una caduta con l’aereo.
Ma ho molta paura: conosco Ima, e so che in questo Paese ove
attualmente regnano la brutalità, la volgarità, la stupidità, lo spirito
del caos, non c’è posto per lui! E soltanto colui che conserva un’asso
luta fiducia in Dio, una completa pace interiore e tace per sopportare
queste condizioni, potrà restare senza mettere la sua vita in pericolo.
Ma Ima non starà zitto! Non capisce che non siamo nel Tempio dove
l’amore, la verità, la sincerità regnano incontrastati, dove ognuno può
esprimere le sue idee senza rischiare di essere mal interpretato. Ima
non riuscirà ad adattarsi a questo mondo, non tollererà le ingiustizie e
vorrà combattere lo spirito infernale che ormai prevale in questo Pae
se. Apparentemente ha dimenticato chi è, anche se gli è rimasto un
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 355
concetto molto elevato delle cose, gli sono rimasti la sua onestà ed il
suo coraggio. Crede di potersi aspettare altrettanto dai figli degli uo
mini, vuole credere nell’uomo, e rimuove nel suo inconscio l’incrolla
bile fede in Dio che impregna perfettamente la sua anima.
Va da una delusione all’altra; perché rimuove quella sua fede in
Dio? Perché non vuole più credere in Dio? Questo spiega tuttavia la
sua mancanza di fiducia in se stesso! Constato che deve aver subito
una terribile scossa psichica, ma dove, e quando? Perché ho la sensa
zione continua e pesante d ’essere stata io a causargli questo male,
questa spaventosa delusione? So che è per causa mia che ha perso la
sua fiducia, una volta, chissà in quali circostanze, ma non riesco a
scoprirne la ragione. Una cosa mi sembra perfettamente chiara: sono
io che devo ricondurlo a Dio, ed è per questo che è diventato mio
figlio. Devo risvegliare in lui, rendere cosciente la sua fiducia in se
stesso che è identica alla fiducia in Dio, perché è a causa mia che l’ha
persa. Deve riconoscere che l’amore profondo e la fiducia che ha in
me sono solo una proiezione della grande fiducia che ha in Dio,
racchiusa nel suo inconscio. Deve riconoscere ed amare cosciente
mente Dio in ogni persona. La persona è soltanto un guscio, la ma
schera attraverso la quale Dio si manifesta. Deve vedere chiaramente
che ciò che egli ama in una persona, è quanto di bello, buono, autenti
co ci sia in essa, ovvero Dio, e non la persona. Anche in me, che so di
essere la persona che egli ama di più! Tocca a me dirigere questo
amore verso Dio. Deve capire che ama anche Dio in me, e che la mia
persona non è altro che uno strumento mediante il quale Dio si mani
festa sotto forma di amore materno ; che attraverso ogni persona che
ama - quindi anche me - egli ama Dio, non la persona. Allora potrà
capire meglio me e tutti gli altri, ma soprattutto se stesso, e sarà la
fine di tutte le delusioni.
Più tardi, devo sopportare di vedere il mio unico figlio, l’essere
che amo di più al mondo, abitare in una camera non scaldata, senza
coperta, praticamente senza nulla da mangiare, mentre fuori la tempe
ratura è da settimane a 20° sotto zero. Potrei facilmente trovargli una
camera riscaldata, potrei dargli da mangiare e procurargli tutto ciò di
cui ha bisogno. Ma so che è meglio per lui salvare la sua anima piut
tosto che il suo corpo. Per amor suo, devo essere crudele !
Mi inginocchio ai piedi del mio letto, e nel buio parlo con Dio:
«Sii con lui, o Dio! e fai che egli Ti ritrovi e che si ritrovi.
Consentigli di trovare la strada che conduce a Te e fai che non se ne
allontani mai! Sveglialo, svegliaTi .in lui, Dio, giacché abiti anche in
356 Elisabeth Haich
di cui il Creatore ha dotato ognuno dei suoi figli, forze che durante
quella mia lunga escursione non si sono esaurite ma, anzi, sembrano
essersi moltiplicate.
Il primo gradino è facile: devo vincere il peso del mio corpo per
superarlo. È davvero facile.
Il secondo gradino è già un po’ più alto, e risveglia la resistenza
del corpo; ma è già molto tempo che padroneggio le energie del cor
p o , e salgo il gradino senza alcuna fatica.
Il terzo è parecchio più alto. Devo trionfare dei miei sentimenti
per issarmici, e non appena li controllo mi ci trovo sopra.
Quando guardo il quarto gradino, vengo colta dal dubbio: come
riuscirò ad arrampicarmi lassù? Ho ancora abbastanza energia? In
quel momento, riconosco che è proprio il dubbio a togliermi le forze
ed a paralizzarmi; il dubbio è un pensiero, quindi devo vincere i mìei
pensieri per trionfare sul dubbio. Grazie al lungo allenamento e a tutti
gli esercizi praticati nel Tempio, so come fare: chiamo a raccolta tutte
le forze del mio spirito, io sono la fiducia in Dio e non penso a nulla.
E, con i miei pensieri, scompare anche il dubbio, sicché eccomi sul
quarto gradino.
Ho la strana sensazione di crescere a mano a mano che salgo.
Sono già molto più alta di quanto non fossi sul primo gradino; eppu
re, il quinto è così alto che non riesco a salirci se non usando le
braccia ed i piedi. Con grande difficoltà mi aggrappo, mi isso ed
avanzo con molta fatica, ma d’un tratto provo l’indescrivibile sorpre
sa di non aver più corpo; tutto ciò che era materiale in me è scompar
so, ed io sono diventata uno spirito invisibile.
Ai piedi del sesto gradino mi attende un’altra difficoltà: giacché
non ho più corpo, non ho più né piedi né mani per aggrapparmi e
arrampicarmi; come fare?
Mi guardo intorno per trovare una soluzione e d’un tratto vedo,
disteso ai miei piedi, il mondo intero! Tutti i paesi, le città, le case e
le innumerevoli creature, simili a giocattoli... Mi sento invadere da un
amore infinito per loro; penso alle sofferenze di tutti coloro che per
corrono il lungo e laborioso cammino della conoscenza, penso a tutti
quelli, così numerosi, oh! talmente numerosi, che ancora errano nel
buio, prigionieri del loro stesso egoismo, come anch’io sono stata un
tempo!...
Oh miracolo! nel momento in cui il cuore mi si riempie d ’amore
universale, salgo sul sesto gradino.
È così che mi trovo davanti al settimo ed ultimo gradino, il più
358 Elisabeth Haich
re, con Ptahhotep, con Atothis, con Ima, Bo-Ghar e tanti altri. In tutte
queste relazioni che abbiamo vissuto, vedo come anime più avanzate
ci abbiano aiutati, come ci siamo aiutati reciprocamente, come abbia
mo assistito quelli che erano meno avanzati di noi, come abbiamo
lavorato per la spiritualizzazione della Terra sviluppando la nostra
coscienza nella materia, nel corpo. L’esperienza che abbiamo accu
mulato nel corso di tutte queste vite e di cui tutti beneficiamo, serve
ad allargare e ad approfondire la coscienza nel corpo che, progressi
vamente, diventa più spirituale e più bello. La materia che compone
le nostre varie forme di manifestazione si fa più elastica, più morbida
e risponde sempre meglio alla volontà e alle radianze dello spirito,
fino a che il corpo diventa, finalmente, il servo obbediente del Sé che
non maschera e non trattiene più alcun raggio luminoso dello spirito.
Comprendo il mistero della piramide perché sono diventata piramide
usando la materia, il corpo, esclusivamente come base solida, ma che
manifesta costantemente il divino !
Intorno a me, la terra, il cielo, l’intero universo si fondono in un
mare di fuoco; sono circondata da fiamme immense. Per un attimo ho
l’impressione che verrò distrutta con tutto il cosmo: ci sono lampi che
mi percorrono le vene, il fuoco mi consuma tutta e poi, d’un tratto,
tutto cambia; il fuoco non brucia più, io stessa sono questo fuoco ce
leste che penetra, anima e consuma ogni cosa. Vengo inondata di
luce, ma questa luce emana da me. Io sono la fonte di questa luce e di
tutto ciò che è. La Terra non ha più alcuna influenza su di me, la sua
forza gravitazionale che mi ci incatenava non agisce più e io fluttuo
nel Nulla, il mio ESSERE non conosce più alcun limite. Ora, io sono
colei che attrae tutto a sé giacché nulla più mi àncora, nulla più mi
attira...
Cerco coloro che ho amato, giacché so che non hanno potuto
essere distrutti; ma invano cerco nel Nulla intorno a me: nel vuoto,
non c’è altri che me\ allora rivolgo la mia attenzione all’intemo.
Ed ecco! Riconosco che tutto e tutti vivono in me\ L’universo è in
me perché tutto ciò che è vive in me; io sono tutto ciò che è; io mi
amo in ciò che amo; comprendo che tutto ciò che avevo creduto di
non amare era soltanto ciò che ancora non avevo riconosciuto dentro
di me\ Ora che mi conosco perfettamente, amo tutto e tutti con lo
stesso amore, giacché io sono una con essi, io sono “io ” in Tutto,
uno-in-Tuttol
Io sono il compimento, la vita, TESSERE raggiante, eterno ed
immortale... Non c’è più né lotta, né rimpianto, né sofferenza. Non
360 Elisabeth Haich
c’è neanche più declino, né fine, né morte. In tutto ciò che nasce io,
l ’immortale, comincio una nuova forma di vita e, in tutto ciò che
muore io, l ’immortale, mi ritiro in me stesso, nel Sé eterno, divino,
creatore, mantenendo e rinnovando ogni cosa.
Noto che lo spazio e il tempo esistono soltanto alla periferia del
mondo creato, simile ad un disco che gira a folle velocità. Ma in me,
10 sono l ’eternità senza tempo né spazio. E mentre riposo in me, con
11 mio ESSERE eterno riempio lo spazio e tutto ciò che in esso vive:
IO SONO L’UNICA REALTÀ
10 SONO LA VITA! IO SONO COLUI CHE SONO!
Riposo in me e sento una pace infinita... Ma in quella pace, odo
un richiamo che mi obbliga a reintegrare il corpo che avevo disertato.
Volgo il faro della mia coscienza nella direzione da cui giunge questo
appello, e riconosco la voce che si rivolge al mio essere, la voce
familiare ed amata del mio maestro Ptahhotep. Mi chiama...
Lascio il mio Sé celeste per rivestire l’abito dell’“io” personale.
Ma in me, resto cosciente di ciò che sono...
Sono di nuovo umana, ma nel cuore porto il Sé divino divenuto
cosciente, Dio. Ormai, è Lui che agirà attraverso la mia persona... e
lentamente apro gli occhi.
11 mio sguardo incontra gli occhi azzurri e incredibilmente profon
di del mio maestro Ptahhotep, che emettono la stessa luce, lo stesso
amore, la stessa pace che ho appena vissuto nello stato di liberazione
e beatitudine dell’iniziazione e che mi porto nel cuore.
Non posso articolare alcuna parola. Non riesco ancora a trovare il
giusto rapporto tra il mio Sé e il mio corpo.
Ma non ho più bisogno di parlare, giacché conosco i pensieri e la
volontà del mio maestro. Siamo nell’unità spirituale, in Dio. Tutti in
uno!
Mi appoggia sul cuore la sua mano destra, e sento la vita ritornar
mi nel corpo. Respiro profondamente, la corrente vitale penetra nei
miei arti anchilosati; il cuore riprende a battere vigorosamente e, a
poco a poco, riprendo il controllo del corpo.
Ptahhotep ed il suo assistente mi aiutano a sedermi, poi ad uscire
lentamente dalla bara. Sono ancora vacillante. Ptahhotep e l’altro
gran sacerdote mi prendono per mano e mi conducono fuori dalla
nicchia in cui si trova il sarcofago iniziatico. Vedo che tutti gli iniziati
del Tempio, tutti i sacerdoti e le sacerdotesse sono riuniti nella grande
sala dell’Arca dell’Alleanza e mi attendono solennemente. Quando
entro, accompagnata dai due gran sacerdoti, mi accolgono con il salu
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 361
Sacerdotessa
delle mie mani e dei miei piedi. Lo stesso Sé divino è la vita di ogni
creatura, e 1’“amore” degli animali non è altro che lo sforzo inconscio
di realizzare quest’unità del Sé ad un livello di coscienza inferiore,
fisica. Il bambino incosciente fa la stessa cosa quando tenta di realiz
zare quest’unità, questa identità, portando tutto alla bocca.
Gli animali hanno questo stesso istinto: l’unità, ovvero l’amore fra
me ed i miei leoni, è così grande che mi prendono la mano o a volte
la testa fra le mascelle e fanno finta di mangiarmi. Non mi mordono,
è soltanto un gioco, ma capisco che, quando ad esempio questi ani
mali divorano una gazzella, seguono soltanto quest’istinto che li spin
ge all’unità. L’istinto di conservazione e l’istinto di preservazione
della specie hanno dunque la stessa fonte originaria: l’aspirazione di
ritrovare lo stato di unità divina.
Ecco perché le manifestazioni di questi due istinti sono così stret
tamente legate e frammiste le une alle altre; la natura sfrutta le ten
denze originali verso l’unità per garantire la discendenza mediante
l’istinto di procreazione, e mediante la fame per mantenere il corpo in
buona salute. Infatti la carne che i leoni ricevono dal guardiano non è
mai buona per loro quanto quella che strappano dalla preda appena
uccisa perché, tramite quest’atto, fanno l’esperienza di una specie di
unione con ciò che vive, con la vita stessa. Con ciò che è morto
possono soltanto placare la fame, non il loro desiderio di unitàl
Mi diverto molto in compagnia dei leoni: è affascinante osservare
questi animali magnifici manifestare tutte le caratteristiche del Ra
(sole) divino trasformate sul piano animale. Il piccolo Bo-Ghar condi
vide questa mia gioia, è in perfetta armonia con tutto ciò che faccio e
dico. Ora tocca a me insegnargli l’arte di stare in equilibrio sul carro,
proprio come ha fatto un tempo mio padre con tanta pazienza. Bo-Ghar
è molto dotato anche per questo, ed esegue istintivamente i movimenti
giusti sicché, in breve, può già accompagnarmi nelle corse più lunghe.
Durante i periodi più calmi accompagno Padre al mare, nella no
stra casetta delle vacanze. Bo-Ghar viene con noi e, in tre, ci godiamo
i piaceri del mare. Padre si occupa con gioia del ragazzino: è una
gioia vedere la sua anima pura sbocciare come un bel fiore. Un gior
no, Padre osserva a lungo Bo-Ghar prima di chiamarlo e chiedergli:
«Bo-Ghar, vuoi diventare il mio collaboratore?»
Bo-Ghar si prosterna davanti a Padre e, a mani giunte, gli rispon
de con profondo rispetto:
«Maestro e signore, dedicherò tutta la vita al compito che mi
affiderai per poterne essere degno.»
368 Elisabeth Haich
Ci rivedremo
benissimo che c’è qualcosa che non sai o che ti sei completamente
dimenticata, ovvero ciò che sei tu\ Cioè, che sei una donna! Come
puoi insegnarmi i misteri profondi dell’uomo e dell’universo, quando
non conosci la verità fondamentale che tutti possono constatare?»
Con aria dignitosa, rispondo:
«So benissimo di essere una donna.»
Lo straniero si diverte con impertinenza, ma continuo senza la
sciarmi disturbare da questo atteggiamento.
«La forma esterna è soltanto il guscio dell’essere profondo. Quan
do si conosce l’essenza dell’essere e si è questa essenza, la forma
esterna diventa solo più uno strumento con il quale non ci si identifica
piiì! Il corpo è soltanto l’abito del Sé. Anche tu porti abiti, eppure non
sei i tuoi abiti; lo stesso avviene con il tuo corpo, sia esso maschile o
femminile, ma il tuo Sé è il creatore. La persona, la manifestazione
fisica e materiale, è solo una metà dell’essere reale: l’altra metà resta
nel non-manifesto, nell’inconscio. Che la parvenza sia maschile o
femminile, dipende soltanto dalla metà che si è incarnata. Quando
una persona ha reso coscienti entrambe le metà del suo essere, le ha
provate in sé e le ha vissute, allora diventa identica al suo Sé, e porta
in lei, in perfetto equilibrio, i due principi: quello maschile e quello
femminile.»
«Eppure il suo corpo resta o maschile o femminile, non è vero?»
«Naturalmente la manifestazione materiale può essere soltanto
unilaterale, parziale: non c’è più nulla di fisico là dove le due metà si
uniscono. L’Unione delle metà complementari, dei due poli, signifi
cherebbe la totale distruzione della materia, la smaterializzazione del
corpo. Soltanto spiritualmente si può essere androgini.»
«Regina, di tutte queste belle parole una cosa mi sembra chiara, e
qui sono proprio d’accordo con i vostri “misteri”: la mia parvenza
fisica, come dici tu, è solo la metà di un’unità. Fin qui ho spesso
cercato e trovato un complemento, ma non mi sono affatto distrutto.
Forse non ho mai trovato una reale unità? Ora, se anche questo do
vesse significare l’annullamento, continuerei comunque a cercare la
mia vera metà complementare. Sono un uomo, e la mia altra metà
può essere soltanto una donna che mi darà la gioia perfetta. E per
quella donna, darei volentieri la mia vita.»
Nel mio corpo il sangue si surriscalda, salendomi alla testa; da
vanti a questo modo di vedere le cose, mi sento davvero impotente.
Come spiegargli che la felicità che sta cercando in una donna di carne
ed ossa è effimera, e che non potrà soddisfare il suo spirito immortale?
376 Elisabeth Haich
«Sì, vedo i tuoi pensieri, ma devo metterti alla prova per sapere se
sei davvero sincero.»
Mi sento a disagio, inquieta, ma non ho il tempo di analizzare
questa sensazione perché lo straniero chiede:
«Vuoi sapere se sono sincero ed onesto con te? Perché non comin
ci col rivolgere questa domanda a te stessa, per sapere se sei sincera
ed onesta con me e con te stessa ?»
Resto muta. Non so che rispondere: per molti anni ho imparato ad
osservarmi, a tenermi sotto controllo, ad analizzare le cause di tutte le
mie azioni, di ogni gesto e di ogni pensiero. Sono certa di essere
onesta con me stessa, quindi con il mondo esterno e di conseguenza
anche con lui; eppure quelle sue parole mi causano un’imbarazzante
sorpresa: e se avesse ragione? Non ho forse il . coraggio di essere
sincera in tutti i miei pensieri e i miei sentimenti? Decido di sottopor
mi ad una seria analisi ma, ad ogni modo, concentrerò tutte le mie
energie per non perdere la lotta con lui. Devo trionfare, non posso
ammettere che uno straniero così incolto immagini che io possa esse
re più debole di lui, non posso ammettere che creda di essermi supe
riore!
Il giorno seguente ci prepariamo ad uscire con i leoni. Poco prima
di salire sul carro, lo straniero si mette accanto a loro e inchina la sua
rossa capigliatura davanti a me:
«Non vuoi per caso constatare da te se i miei capelli sono davvero
simili alla criniera dei leoni? Perché se questi animali sopportano le
tue carezze, può anche darsi che le tolleri anch’io!»
E scoppia a ridere, scoprendo i denti bianchi. Davvero, è un bam-
binone; non è una mancanza di rispetto, è un segno di puerilità e non
è possibile prendersela con lui. Rido insieme a lui e, se non ci fosse il
guardiano dei leoni, avrei voglia di tirargli i capelli e scompigliarli!
I giorni passano, e si avvicina il momento in cui lo straniero dovrà
ritornare in patria. Dovrei essere soddisfatta, la “donna” in me do
vrebbe trionfare: il suo atteggiamento è davvero cambiato, ha perso
l’arroganza, ed ogni giorno attende il momento di potermi vedere.
Ora so che non si è mai sentito superiore, ma che i suoi modi erano
una difesa per proteggersi da una completa “capitolazione”. Non vo
leva separarsi dalla sua superbia maschile, mi aveva ammirata fin dal
primo istante del nostro incontro e la mia vanità, che all’inizio mi
aveva spinta a passare più tempo con lui, ora poteva dirsi pienamente
soddisfatta. Eppure, non lo ero; un’angoscia costante mi tormentava.
Ma ogni volta che avevo analizzato i miei sentimenti, quest’ansia mi
378 Elisabeth Haich
aveva dato la garanzia che il mio interesse per lui non derivava dal
l’istinto femminile della mia natura inferiore. Io mi tengo sempre
sotto controllo! Menu sostiene che ho tutti i sintomi dell’innamora
mento, ed è al massimo della gioia perché “sto sbocciando”. Che
errore! Menu non può giudicare, giacché vede tutte le cose dal punto
di vista terreno. Non può immaginare che non voglio né devo essere
innamorata, cosa che, d’altronde, non mi sta affatto succedendo. E
come potrei innamorarmi di questo gigante rosso e volgare? Non mi
piace. L’effetto che produce su di me è sgradevole, persino ripugnan
te. In certi momenti di autoanalisi, mi sono chiesta se avrei voluto
avere un figlio da lui, giacché le relazioni fra uomini e donne servono
alla procreazione. Dio me ne guardi! Un bambino con quelle orec
chie, con quella struttura ossea? Con forme così brutali, con un corpo
tanto villoso? No! Assolutamente! Il che voleva dire che non ero
affatto innamorata di lui.
Voglio soltanto aiutarlo a trovare Dio. Mi occupo con altrettanto
interesse di tutti i miei allievi, ed ecco perché penso a lui e mi con
centro su di lui con tutta l’anima. Ma non ha ancora trovato Dio, ecco
una cosa in cui ho fallito! Questa è la causa della mia tristezza, della
mia ansia, perché se penso che fra non molto lascerà il Paese e forse
non lo rivedrò più in questa vita...
Poi, tutto precipita con la rapidità di un fulmine.
L’ultima sera mi reco al Tempio per congedarmi da lui. Come al
solito se ne sta appoggiato alla parete, ma non tenta più di assumere
un atteggiamento di dominazione, come aveva fato la prima volta.
Non mi guarda, fissa il vuoto con ostinazione.
«Che cos’hai?»
«Mi chiedo perché sia venuto a trovarti qui, ogni sera. Che senso
ha? Che volevi da me, bella Regina senza cuore? A che mi sono
serviti i tuoi insegnamenti, se non a rendermi infelice? Non hai smes
so di dirmi che dovevo trovare me stesso, ma ad ogni tua parola, ad
ogni tuo gesto, mi sono perso sempre un po’ di più. Ero un soldato
coraggioso, senza paura, che non temeva nessuno, e sono diventato
uno schiavo: lo schiavo di una donnina che non mi arriva neanche
alla spalla. Ora ho paura del futuro: come potrò vivere senza di te?»
Un’ondata di gioia m’invade... e l’attribuisco alla vanità. Ma, co
munque, mi fa paura! All’inizio avevo davvero voluto che ricono
scesse la mia bellezza femminile ed il mio potere, ma dopo aver
raggiunto quel risultato avevo usato l’una e l’altro per aiutarlo a tro
vare la via interiore. Mi ero data molto da fare per risvegliare in lui il
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 379
Sé, e lui, invece, si era innamorato di me! Non avevo certo voluto
andare così lontano, e non volevo né voglio un amore terreno, volevo
creare con lui un’unità infinitamente superiore, l’unità del Sé\ Volevo
condurlo a Dio! Ho fatto emergere invano dal mio intimo le più
profonde verità: lui vede solo la donna in me, e non può elevarsi al di
sopra della sessualità. Non mi vede, non nota neppure che non mi
ama, io non esisto per lui, ama il mio corpo, il guscio che è solo una
manifestazione del mio Io autentico! Che umiliazione, che delusione!
Allora, tremando, gli dico:
«Vedi, per te davvero non ha avuto senso venire qui ogni giorno a
trovarmi giacché è impossibile che noi ci incontriamo. Io voglio ele
varti al livello dello spirito e tu vuoi abbassarmi al livello del corpo.
Questa, è stata una lotta senza senso. Tornatene in pace nel tuo paese,
e non ci vedremo mai più!»
A queste parole il sangue gli sale alla testa, l’uomo diventa intera
mente rosso scuro, così scuro che i capelli sembrano più chiari della
pelle. Dagli occhi escono lampi e, spaventata, vedo il suo corpo spiri
tuale infiammarsi con ardore. Senza darmi il tempo di reagire, mi
prende per un braccio, mi attira appassionatamente contro il suo petto
robusto, rovescia all’indietro la mia testa, preme la sua bocca sulle
mie labbra con tanta forza che non riesco più a respirare... Poi mi
bacia il volto, il collo, nuovamente le labbra, ripetendomi all’orec
chio, fra quei baci brucianti:
«Non vuoi più rivedermi? Ma io voglio rivederti, e allora ci rive
dremo... ci rivedremo...»
Quando avevo visto il suo volto selvaggio avvicinarsi a me, ero
stata colta da uno spavento mortale: volevo respingerlo, liberarmi, ma
quando mi aveva abbracciata in quella stretta vigorosa, quando avevo
sentito su di me i suoi baci appassionati, ero stata invasa dalla sua
stessa fiamma, avevo perso l’autocontrollo, e senza più alcuna resi
stenza ero passata dall’orrore ad un’estasi sublime, ad un indicibile
piacere: mi ero accorta allora che l’amavo, che l’avevo amato fin dal
primo istante, con l’anima, il corpo, con tutta me stessa, infinitamen
te, appassionatamente!
Il fuoco mi invade irresistibile: come sfuggite da un vulcano enor
me, le fiamme brucianti mi avvolgono, mi divorano; sento che la mia
colonna vertebrale diventa un ponte incandescente che brucia con
sette torce. Ma non mi trovo più nell’asse immobile della colonna,
non sono più nel centro da cui si irradia il mio Sé autentico, il Sé del
fuoco della vita, perché la mia coscienza è caduta nel corpo acceso; i
380 Elisabeth Haich
Il leone
della stessa divinità. Volevi diventar cosciente nella perfezione che ri
posa in se stessa, ed ora sei caduta nella rigidità !
Sì, i sacerdoti imbalsamano le spoglie mortali degli iniziati affin
ché il loro corpo, come un accumulatore, irradi ancora a lungo l’ener
gia divina; il loro spirito è libero e nella loro coscienza non sono più
legati alla Terra: ma tu, a causa dell’amore fisico, hai condotto nei
tuoi centri nervosi inferiori l’energia divina che possedevi, e ti sei
bruciata; ora la tua coscienza ed il tuo corpo spirituale sono incatenati
al tuo guscio materiale, e sei per sempre mia prigioniera. Benché il
corpo spirimale dell’iniziato resti legato alla mummia dall’imbalsa
mazione, la sua coscienza rimane nell 'eternità, mentre la ma è esiliata
nell'infinità !
L ’eternità è l ’eterno presente, l ’infinità è l ’eterno futuro che non
sarà mai raggiunto, che non diventa mai presente.
L’eternità non ha mai avuto inizio, sicché non ha fine. L’eternità è
il presente assoluto che non conosce né passato né futuro, mentre
Y infinità, invece, è la caduta al di fuori d&ÌYeternità, nel futuro senza
presente !
Volevi partecipare alla spiritualizzazione della Terra? E allora co
mincia, se puoi, a spiritualizzare questo mucchietto di terra che era il
tuo corpo! Hihihi! Qui giace la sacerdotessa, e la sua coscienza è solo
più un sassolino!
Ti trovi davanti alla prima prova iniziatica: nello stato di coscien
za proprio della materia, ma con una coscienza umanal Allora, per
ché non cerchi di scappare? Sei mia prigioniera! Non puoi più liberar
ti, non puoi più disfarti di me perché tu sei diventata me. Durante
l’iniziazione sei stata tu a vincermi, perché davanti alla tua divina
coscienza di Sé spirituale ho dovuto riconoscere che non posso esiste
re senza il Sé; ho dunque dovuto riconoscere che io sono te. Ma ora, è
il contrario: nella tua coscienza, tu sei diventata materia, ti sei identi
ficata con il corpo, eppure, come me, sei spirito: lo spirito della mate
ria. Di conseguenza, sei tu che sei diventata me\
Sei mia prigioniera per l’infinità, nel buio... chiusa in questo cada
vere che era il tuo corpo e che, grazie all’imbalsamazione, non si
altererà. Senza questo processo avresti potuto liberartene, ma d’ora in
poi la ma punizione consiste nell’osservare questa mummia che con
serverà la ma bellezza imbalsamata, ma poi si accartoccerà a poco a
poco, diventando la mia immagine, il mio ritratto. Volevi diventare
immortale nello spirito d ell’eternità ed ora, in questa mummia, sei
diventata immortale nell’infinità, nell’infinità... nell’infinità...»
388 Elisabeth Haich
Nebbia e risveglio
Ciò che accadde in seguito fu così rapido che nel mio ricordo tutti
questi eventi sembrano un sogno.
Cominciai a trasmettere agli altri le verità che Ptahhotep mi aveva
insegnato nel Tempio; la gente veniva sempre più numerosa alle mie
conferenze, come viaggiatori assetati, avidi di dissetarsi all’acqua del
la vita nei misteri profondi dell’iniziazione, nel Sé divino. Da quel
momento in poi, il mio lavoro è sempre stato lo stesso: sono qui,
all’inizio di un cammino che sembra interminabile, in fondo al quale
si erge la figura brillante tutta fatta di luce - il Sé cosmico creatore -
che attende, a braccia aperte, ognuno di noi. Sono qui a mostrare la
via alle pecore innumerevoli che, tutte, cercano la luce ed avanzano
lentamente, una accanto all’altra, nella direzione dell’essere di luce...
così come la mia visione di un tempo, sulle Dolomiti.
Il mio karma, che aveva creato il mio destino ed il mio carattere,
si svolgeva nel mondo tridimensionale secondo le leggi del tempo e
dello spazio; ero sola con la mia missione, senza guida per consigliar
mi, come debbono restare soli tutti coloro che vogliono diventare
collaboratori indipendenti e degni di fiducia per lavorare alla grande
opera. Molto di rado, e soltanto quando mi sono trovata ad una svolta
della mia esistenza, ho potuto giovarmi di un aiuto e di qualche
indicazione proveniente dalle forze superiori che governano la Terra.
Quanto ai miei problemi, ho sempre dovuto risolverli da sola, ma nel
corso degli anni ci fu sempre qualcosa a ricordarmi le mie esperienze
egizie.
Per la prima volta mi recai in un paese straniero per partecipare ad
una conferenza, e vi incontrai qualcuno che conoscevo dai tempi
dell’Egitto: genti di tutto il mondo erano riunite in quel luogo, e
passai davanti ad una sala in cui alcuni membri di quell’associazione
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 401
Ima e Bo-Ghar
«E un colpo, un colpo...»
Rimane a lungo a letto e, con difficoltà, riesce a spiegarci che
sente una parte del corpo come se fosse già morta.
«E, sapete — aggiunge — è molto interessante, perché sono per
metà di qui e per metà nell’aldilà; vedo tutti voi anche dall’esterno,
ma solo a metà, perché già vedo come siete dentro. E vedo anche
tutto il vostro destino. Quando starò meglio, vi racconterò. Adesso
faccio così fatica a parlare.»
\
Le prove si ripetono
Poi, venne l’ultimo inverno prima della fine delle ostilità; il nostro
giardiniere era già da un pezzo sotto le armi, e l’orto era stata abban
donato a se stesso. Così, andai nella casetta, su in montagna, per
salvare ciò che poteva essere salvato.
Una notte venni svegliata da un orribile ululato: le sirene! Nella
capitale!
Saltai giù dal letto e corsi alla finestra della sala da pranzo da cui
si poteva vedere la città: nel buio sentii passare molti aerei; l’aria era
vibrante del loro boato. Sotto i miei occhi, un terribile gioco di luci:
erano le bombe che cadevano dal cielo esplodendo come fuochi d’ar
tificio. Innumerevoli cannoni della contraerea sparavano senza inter
ruzione e, visto da qui, ogni tiro sembrava un lampione rossastro che
fluttuasse per un attimo. A volte, dal cielo, cadeva una torcia in
fiamme, e sapevo che una madre avrebbe atteso invano il ritorno di
suo figlio. Questo gioco di luci accompagnato da un boato assordante
durò un’ora e mezza circa, eppure mi sembrava di essere alla finestra
da un’eternità, pietrificata.
Laggiù, dove questo gioco significava morte e distruzione per
migliaia di persone, vivevano tutti quelli che amavo, e mio figlio
doveva trovarsi in cielo, come un bersaglio contro il quale altri poveri
ragazzi, su aerei migliori del suo, dovevano per forza sparare, contro
le loro convinzioni di uomini, come mio figlio.
D’un tratto mi sentii attratta verso un albero: vidi due occhi verdi
e brillanti che mi osservavano. Un gufo! Era appollaiato su un ramo,
immobile come una statua; non avevo ancora mai visto un gufo in
quella zona... Come ci era arrivato? Senza volere, cominciai a parlar
gli:
«Uccello, caro uccello, non è proprio colpa tua se la credenza
Iniziazione: memorie di un ’Egizia 417
L’INIZIAZIONE.
Epilogo
ne.
dalla Nuo
Composizi
RISTAMPA ANNO
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 92 93 94 95 96 97 98 99 2000
fiLB00052572