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My paper focuses on the much debated

problem of the ending of Adelphoe in its


Licinia Ricottilli
interaction with the play as a whole. I
combine with traditional methods a new Lettura aragmatica
approach, based on relations among
characters and on forms expressing
del fina e degli Adelphoe
those relations both on a linguistic and a
non-linguistic level.This innovative
angle supports a reading that enhances Gli Adelphoe so­ essere di aiuto leggere la commedia adottando un método d’a-
links between the final scenes and the no una com m e­ nalisi nuovo, m a giá applicate ad altri testi antichi, fra cui quel­
preceding ones - a structural dia che ha posto a lo plautino6 e quello virgiliano7, e compatibile con le teorie
phenomenon fully endorsed by ancient gen erazion i di grammaticali e retoriche degli antichi, e cioè la pragmática del­
ideas about the form of comedy. If we critici, fra i vari la comunicazione. Si tratta di un método di analisi che si con­
choose to interpret the text through a p ro blem !, uno centra sulle relazioni fra i personaggi, e sulle forme, linguisti-
relational lens, the closure of Adelphoe particolarmente che e non linguistiche, che esprimono tali relazioni. Secondo
becomes logical and even predictable. d ifficile, cio è quesfottica, il personaggio non viene piü considérate e valuta-
Once we start from a dramatic situation quello del rap ­ to di per sé, come una entitá isolata, ma nei mutamenti e negli
of a deep conflict between brothers, the porto fra le scene equilibri relazionali che instaura con gli altri personaggi8.
likely expectation is that at the end the fin ali e le scene
conflict w ill go away and the brothers precedent!. Alcu- 1. II rapporto fra Micione e Demea
w ill start to experience mutual n i studiosi sono Da un esame del rapporto tra i due ffatelli Micione e Demea,
agreement. arrivati ad affer- possiamo rilevare che nel corso della commedia esso subisce un
mare che «le cin- mutamento di notevole importanza. Fin dalla prima scena ( 1 1)
quiéme acte est fait pour nous étonner, en montrant que la cau­ è evídenziata infatti la ãiversità di vedute e di gusti dei due fra-
se qui a paru la meilleure est en réalité la pire»1; altri si sono chie- telli, diversitá che per di piü è fatta risalire fino al periodo della
sti se sia Demea o Micione ad uscire vindtore alia fine della com­ giovinezza. Micione afferma nel suo monologo iniziale: w . 40-
media: Carrubba (1968), ad es., ritiene che sia Demea a guada- 41 is adeol dissimili studiost iam inde ab adulescentia ; tale di­
gnare una posizione di superiority rispetto al fratello, mentre per versitá porta i due fratelli a scelte opposte di vita: w . 42 ss. ego
Poschl(1975) è Micione che mantiene la sua superiority2. La te- hanc dem entem vitam urbanam atque otium i secutu3sum et,
si che nel finale si arrivi ad affermare una giusta via di mezzo fra quodfortunatum istiputant, i uxorem, numquam habui. Ule con­
le due posizioni estreme di Demea e Micione è seguita, ad es., tra haec omnia: / rurt agere vitam; semper parce ac áuriter I se
da Grant 1975; mentre Arnott 1968 e Fantham 19713 sostengo- habere; uxorem duxit... Anche nelTeducazione dei figli i due ffa­
no la teoría che il finale degli Adelphoe rientri nella técnica tea- telli hanno idee completamente diverse: Micione, che ha adot-
trale del finale comico, che suscita sorpresa. Ma il disagio critico tato fin da piccolo uno dei due figli del fratello, lo ha educate
causato da quello che appare un vero capovolgimento delle po­ con affetto e mitezza, abituandolo a confidarsi con lui e rifiu-
sizioni dei personaggi e delia tonalità della commedia ha anche tando di basare la sua auctoritas sul metus (cf. w . 57-58 pudore
generate per lungo tempo l’impressione che qualsiasi tentativo di et liberalitate liberos / retiñere satius esse credo quam metu), De­
spiegazione sembrasse destínate al fallimento4 e che Túnica so- mea invece, per educare il figlio, ha púntate sulla durezza e sul­
luzione possibile fosse quella di staccare il finale dal resto della la vis e accusa il fratello di rovinare il giovane (w. 59 ss. haecfra-
commedia come una «coda farsesca che non contiene piü alcu- tri mecum non conveniunt ñeque placent. / venit ad me saepe cla-
na lezione seria delTautore»5. mitans “quid agí M ido?/ quorperdis adulescentem nobis?...)- Mi­
Di fronte ad una situazione cosí complessa e difficile, può cione, da parte sua, critica il método educativo del fratello ed

■ 1. G ratwick (1992,371). Si veda anche Perelli (1973, e c o n c lu d e che il pe rso na ggio rappresenta si un
64) «Lo spettatore alia fine rim ane sconcertato, ideale d iT e re n zio (e di M e nandro) «aber in
perché Demea sembra fare la figura del sagglo e ü b e rtre ib e n d e rW e íse ,ve rze rrt durch die allgemein
M icione quella dello sciocco, contrariam ente verbre ítete S elbstgefãlligkeit des Welsen und die
all'opinione che si era venuta fo rm an do per i resta nti ebenfalls n ic h t u n b e trá c h tlich e
nove decim i della com m edia,e si dom anda quale S eíbstzu frie den he it un d Q u e rk o p fig ke lt des
sia ¡I giusto m é tod o di educazione». Guten».
■ 2. « M id o ist de m Dem ea an Lebensw eisheit un d ■ 3. Per Fa n th a m (1971,989 ss.),Terenzio ha scelto un í
M enschenerfahrung, an liebe vo lie m Verstandnis finale che com p orta serie contraddizioni nella
un d H erzensgüte haushoch überlegen» (p.11); caratterizzazione dei personaggi, per fare una

Dioniso 2 tu tta v ia lo studioso rileva com e nel finale M icione


perda la calm a e la sua superíorita venga intaccata
concessione ai gusti del p u b b lico rom ano, le cui
sim patie andavano a personaggi com e Demea.

60-61
edia adottando un método d’a- osserva che chi viene costretto a fare il suo dovere dalla paura del
d altri testi antichi, fra cui quel- castigo, si comporta bene solo se ha paura di essere scoperto,
o7, e compatibile con le teorie cosa che non accade quando si crea un legame di affetto e di
intichi, e cioé la pragmática del­ gratitudine con il figlio: la differenza tra un padre e un padrone,
ft método di analisi che si con- chiarisce Micione, consiste proprio in questo (w. 74 ss. hoc p a-
onaggi, e sulle forme, linguisti- triumst, potiu consuefacere filium / sua sponte rectefacere quam
rimono tali relazioni. Secondo alieno metu: l hoc pater ac dominus interest)9.
viene piü considérate e valuta- Le teorie pedagogiche opposte generano continui scontri
)lata, ma nei mutamenti e negli fra i due fratelli. Nella scena successiva (12) assistiamo proprio
a con gli altri personaggi8. ad un incontro altamente conflittuale fra Micione e Demea:
Eschino, il figlio allevato da Micione, ha sottratto con violenza
Demea una cortigiana ad un lenone; Demea, appena lo viene a sapere,
due fratelli Micione e Demea, corre ad accusare Micione di aver rovinato il figlio con la sua
della commedia esso subisce un educazione troppo permissiva. Micione si difende sostenendo la
inza. Fin dalla prima scena ( I I ) separazione delle responsabilità sui due figli: dal momento che
di vedute e di gusti dei due fra- Demea gli ha date il figlio in adozione, la potestas su di lui è pas-
tta risalire fino al periodo della sata a Micione, solo lui risponde con il suo patrimonio di ció
l suo monologo iniziale: w . 40- che fa il figlio e conclude (w. 129 ss.) verum, Demea , / curemos
n inde ab adulescentia; tale di­ aequam uterque partem: tu alterum , / ego item alterum; nam am ­
te opposte di vita: w . 42 ss. ego bos curare propemodum / reposcere illumst quern dedisti.
n atque otium / secutu sum et, Anche da un punto di vista linguístico i due fratelli risul-
orem , numquam habui. Me con- tano molto diver-
■ 4. G reenberg (1979,221) «The Adeiphoe o f Terence
m ; semper parce ac duriter / se si, in quanto D e­ presents an uncom fortable am algam o f th e serious
dTeducazione dei figli i due ffa- m ea ha un lin ­ and th e com ic. In one o f th e m ost startling com ic
reversals in ancient com edy,the elderFsterner
diverse: Micione, che ha adot- guaggio fo rte- brother, Dem ea,achieves a final farcical triu m p h
figli del fratello, lo ha educate m ente em otivo, w ich Is in strong and jarring contrast w ith th e
seem ingly serious and approving tre atm ent o f M id o
dI o a confidarsi con lui e rifiu- com e è naturale and Micio's theories on child raising th ro u g h o u t th e
preceding bulk o f th e play. This contrast has caused
; sul metus (cf. w . 5 7 -5 8 pudore per una persona
such critical discom fort fo r so long a tim e th a t any
ius esse credo quam metu), D e­ che è sp esso in a tte m p t to explain or soothe it away seems do om ed
to failure».
ha púntate sulla durezza e sui­ preda alF ira, ■ 5.PERELU (1973,93). Una panorám ica degli studi
te il giovane (w. 59 ss. haecfra- q u in d i usa con piu recenti dedicad a questo problem a è presente in
Lentano (1997,517- 522); Perelli (1979,299-303).
placent / venit ad me saepe cla­ freq u en za in te ­ ■ 6. Cf. Ricottilli (2000a).
■ 7 .Si veda Ricottilli (2000,cap. III).
ráis adulescentem nobis ?...). M i­ riezioni primarie
■ 8 .Sui presupposti teorici della pragm ática della
stado educativo del fratello ed e secondarie10 (v. com unicazione, si veda W atzlawick-H elmick Beavin-
Jackson (1971).
:h e il personaggio rappresenta si un ■ 9. Lentano (1996,37), rileva com e la novità della
enzio (e di M enandro) «aber in pedagogia di M icione risieda «nel passaggio dalla
d e r Weise, verzerrt d u rch die a llg e m e in oggettivizzazione esteriore alia interiorizzazione
le lb s tg e fá llig k e it des W eisen und d ie individúale della cosdenza, nella preferenza
:h t u n b e tra c h tlich e accordata al m eccanism o regolativo della colpa su
denheit und Q u e rk õ p fig ke it des qu ello della vergogna».
■ 10. Sulle interiezioni com e form a per eccellenza
h am (1971,989 ss.),Terenzio ha scelto un del linguaggio affettivo si veda H ofmann (1985,103
im porta serie contraddizioni nella ss.); sulla consapevolezza che già i gram mafic!
ione dei personaggi, per fare una antichi avevano della valenza em otiva delle
ai gusti del pu bb lico rom ano, le cui interiezioni,si v e d a n o g li interventi di L Ricottilli in
iavano a personaggi com e Demea. H ofmann (1985,104), n. 2 e Pugliarello (1996).
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

W-

81 Ehem opportune; v. I l l pro Iuppiter; v. 124 ei m ihi ;), firasi ni, Eschino e Ctesifone, improntato ad amicizia e solidarietá: terá colui che prende le iniziative e <
m
esclamative (ad es. w. 92-93 hoc advenienti quot m ihi Mido, i di- sará proprio per aiutare il ff atello che Eschino spingera il padre no ad allora tale ruolo era stato svolfe
xere!), riprese ad eco11 (w. 83-84 MI. dixin hoc fore? / quid fecit? adottivo M idone a infrangere il patto di separazione e pagare le diamo ora piü dettagliatamente con
DE. quid illefecerit?), interrogative affettive o retoriche12 (w. 94- venti mine per la psaltria di cui era innamorato Ctesifone e che rato e accettato il nuovo modello re
95 nonfratrem videt / rei dare operam, ruri esseparcum ac so - Eschino aveva sottratto al lenone. Quando Demea, dopo essere
brium?; v. 112 non est flagitium f acere haec adulescentulum? v. stato ingannato da Siró, scopre finalmente la veritá e accusa il 2.11 nuovo modello relazionale
127 tun consults quicquam?), aposiopesi tipiche del pater iratus fratello di esser venuto meno alTaccordo che lui stesso aveva Communia esse amicorum interse on
(w. 139-140 iste tuus sentietiposteriu\..nolo in ilium graviu di- imposto e di aver portato alia rovina tutti e due i figli (w. 792- tico proverbio15, che era in uso anch
cere), m entre M icione è caratterizzato da un linguaggio piü 93 Eccum adest/com m uni corruptela nostrum liberum), M icio­ innanzitutto nella commedia di Me
tranquillo, pacato, che evita espressioni dure, e che spesso a tal fi­ ne abilmente ristruttura la relazione con il fratello modificán­ K;--- gli Adelphoe di Terenzio, cioè in sAÔf
£ :
ne ricorre alia litote: si veda ad es.Ad.v. 142 (in un monologo) non dola nel senso de\}/amicizia e della comunione dei beni : (V 3) w. <yàq> x à tciüv (pílwv17); sem bra«
|.V connotata come derivante dalla cei
nihil molesta haec sunt mihi; w . 148 s.EtsiAeschinusi non nullam 803 ss. ML non aequom d id ’. DE. non? MI. nam vetu verbum
in hac re nobis facit iniuriam; v. 684 (in un dialogo con il figlio) hoc quidemst; / communia esse amicorum inter se omnia. tante cambiamento nella relazione
sed vereor ne indiligens nimium siesu . Un confronto chiaro dei In genere i critici si concentrano sul problema se Demea, scelta di una ben precisa locuzione <
due diversi registri si riscontra ad es. ai w . 132-33 DE. ah M ido! nelle ultime scene della commedia, cambi realmente o no: non sia a segnalare la proposta di una re
/ ML mihi sic videtur. DE. Quid istic? si tibi istucplacet, / profun­ m i sembra che essi abbiano riservato altrettanta attenzione al mea, sia a evidenziare la messa in c
d ai perdat pereat; nil ad me attinet / iam si verbum unum p o- cambiamento fondamentale della relazione con il fratello av- Micione intende fere a vantaggio d i'.
sthac...MI. rursum, Demea, / irascere? viato da questo intervento di Micione14. La ridefinizione della re­ cambiamento arrivi dei tutto inaspet
La caratteristica della relazione fra i due fratelli appare fin lazione infatti segna un ribaltamento complete delle caratteri- esso per difendersi dalle accuse del f
dalTinizio quella del conflitto originate da una differenza totale stiche cui era improntata, in quanto dalla separazione dei ri- diato contesto20: Demea alTinizio se:
di carattere, di opinioni, di stile di vita e di convinzioni in m a­ spettivi ambiti di azione e dalla conflittualità (derívate dalla di- la proposta, ma considerarla solo u
teria di educazione; il principio che regola il rapporto con i figli versità di opinioni, gusti e di scelte di vita) si passa gradualmente lo per non riconoscere le proprie c
è quello della separazione (che Micione impone a Demea, rilut- alia comunione (di beni), all’amicizia e alfaccordo. Anche se mum istaec nata oratiost?). Solo su a
tante ad accettarlo), vale a dire la non interferenza di ciascuno viene proposto da Micione in modo inaspettato e a fini stru- to relazionale viene ribadito e spiegí
dei due nelfeducazione del figlio allevato dalTaltro. Questi temi mentali, cioé per difendersi dalle giuste rimostranze di Demea, §L da Micione; in questione non c ’é so]
§0. saranno tutti e due i fratelli a prende
fondamentali vengono ribaditi non solo dai due fratelli (cf. D e­ questo nuovo quadro relazionale verrá poi argomentato nei suoi
mea che ribadisce il principio della separazione, impostogli dal dettagli ed una volta accettato da Demea diventerá il sistema vani, m a anche un diverso assetto
fratello, ai w . 436 ss. ilium curo unum, Ule ad me attinet: / quan­ che orienterà (e chiarirá) in modo progressivamente sempre mette a disposizione di Eschino e <
do ita volt frater, de istoc ipse viderit), m a anche dagli altri per- piü palese e deciso il comportamento dei due fratelli (in parti- perché possano goderne, senza che
sonaggi: cf. Siró (in un discorso irónico) ai w . 392 ss. SE nimium colare di Demea che, nella parte finaledella commedia, diven- trimonio che Demea ha risparmiatc
inter vos, D em ea, ac i (non qu ia ades mea che si preoccupa del dispendil
praesens dico hoc) pernímium interest. ■ 11 .C f.le Echofragen in M üller (1996,211 ss.). Nicomachea 9 ,1168b).
rilassato modo di vivere cui i giovan
M 12. Cf. H ofmann (1 9 8 5 ,18 9 ss.). ■ 17. In questa sede,si è preferito prescindere dal telli si stanno abituando viene troi
Diverso da quello dei rispettivi pa-
■ 13. Cf. D onato adAd. 141 ÑEQUE NIHIL... NON problem a del rap po rto degli Adelphoe diTerenzio
dri è il rapporto fra i due fratelli giova- NIHIL A.ltótt] ç figura est conveniens plací dissimo sen i, con í'originale di M enandro: anche se m o lti elem enti sul nascere dalla rassicurazione sullí
qui in reprehendendo adulescente moderatur. im p o rta n ti da un pu n to di vista relazionale
■ 14. Perelli (1973,115 s.) si sofferma sulla"massima potevano essere giá presentí nell'originale, ció che
filantrópica" com m unia esse am icorum interse omnia, qui interessa è ¡I fa tto che il poeta rom ano abbia
ma solo per afferm are che si situa ad un lívello «piü scelto pro prio un m odel lo centrato su tali elem ent!.
basso e piü banale del m o d o di sentiré p ro prio di Su qu an to poi abbia evidenziato e /o a g giunto e
M icione e dITerenzio» e che qu in dí è citata com e m odifícate in tale direzione è estrem am ente difficile
luogo com une. form ulare ipotesi che abbiano un b u on m argine di
■ 15.Ad. 803 nam vetu'verbum h o c quidem st;O c.de sicurezza,partendo dai pochl fra m m e nti rim astici
off. 1,16,51 conferm a la sua valenza p ro v e rb ia le s /n degli AÓ e^tpoi, [3 di sicuro c'é tuttavia la
Graecorum proverbio est, am icorum esse com m unia constatazione di questa presenza, nell'originale
om nia. Cfr. O n o (1890, s:v. amicus, 20). menandreo, della stessa frase-chiave con cui
Dioniso 2 ■ 16.Si vedano alm eno ie significative occorrenze ¡n
Platone (Leggi 5,739 c) ed in Aristotele {Etica
M icione propone un nuovo m ode llo relazionale fra
lui e Demea.
rontato ad amiciziâ e solidarietà: terà colui che prende le iniziative e conduce il gioco, mentre fi­ buone qualita: w . 827 video [eos] sapere intellegere, in loco /vere-
tello che Eschino spingerà il padre no ad allora tale ruolo erastato svolto per lo piü daMidone).Ve- ri>interse amare: scire estliberum / ingenium atque animum: quo -
e il paito di separazione e pagare le diamo ora piü dettagliatamente come viene proposto, configú­ vis illos tu die / redducas21; particolarmente interessante è Tulti-
;ui era innamorato Ctesifone e che rate e accettato il nuovo modello relazionale tra i fratelli. ma affermazione che si configura come una previsione che si at-
lone. Quando Demea, dopo essere tuerá proprio nella scena finale della commedia, quando Eschi­
pre finalmente la verità e accusa il 2. II nuovo modello relazionale no a nome anche di Ctesifone22 si dichiarerá disponibile ad ac-
10 alTaccordo che lui stesso aveva Communia esse amicorum inter se omnia ha Vauctoritas di un an- cettare che Demea giudichi il loro comportamento per repre­
La rovina tutti e due i figli (w. 792- tico proverbio15, che era in uso anche presso i Greci16 (compare henderé corrigere e obsecundare in loco (Ad. v. 994).
orruptela nostrum liberum), M icio- innanzitutto nella commedia di Menandro che è il modello de- Tornando alia scena V 3, Micione, mentre cerca di convin­
‘elazione con il fratello modifican- gli Adelphoe di Terenzio, cioè in ’AôeXqpoi (d 10 (9) K.-Th, x oiv à c e s il fratello ad adottare il nuovo modello di amicizia e comu­
2della comunione dei bent: (V 3) w . <yàg> xà xtõv cpíXcov17); sembra che si tratti di una massima nione fia loro, rafforza la sua proposta anche a livello lingüístico,
i\ DE. non? ML nam vetu verbum connotata come derivante dalla cerchia pitagórica18. L’impor- con un uso sapiente delTaggettivo possessivo di prima persona
>se amicorum inter se omnia. tante cambiamento nella relazione è quindi evidenziato dalla plurale (noster): cf. v. 831 o noster Demea; il fratello accetta il nuo­
ncentrano sul problema se Demea, scelta di una ben precisa locuzione che si prestava ottimamente vo modello proposto, anche se con alcune riserve: w . 835-37 DE.
unedia, cambi realmente o no: non sia a segnalare la proposta di una refazione di amicizia con De­ ne nimium m odoí borne tuae istae nos rationes, Mido, i et tuus iste
>riservato altrettanta attenzione al mea, sia a evidenziare la messa in comune dei propri beni che animus aequo' subvortat. L’accettazione del nuovo schema di
.e della relazione con il fratello av- Midone intende fare a vantaggio di Eschino e Ctesifone19. Che il comportamento da parte di Demea appare piü chiaramente dal­
. Micione14. La ridefinizione della re- cambiamento arrivi dei tutto inaspettato e che Micione ricorra ad la sua decisione di portare via con sé la psaltria amata da Ctesi­
altamento completo delle caratteri- esso per difendersi dalle accuse del fratello è chiarito dalTimme- fone, che era stata acquistata dal fratello. È accettata infatti la mes­
in quanto dalla separazione dei ri- diato contesto20: Demea alFinizio sembra non prendere sul serio sa in comune dei beni del fratello, appunto secondo il principio
.alla conflittualitá (derívate dalla di- la proposta, ma consideraria solo un’abile scappatoia dei fratel­ communia esse amicorum inter se omnia.
i scelte di vita) si passa gradualmente lo per non riconoscere le proprie colpe (v. 805 facete! mine de-
alTamicizia e alTaccordo. Anche se mum istaec nata oratiost?). Solo successívamente il cambiamen­ 3. Le decisioni di Demea (V 4)
a in modo inaspettato e a fini stru- to relazionale viene ribadito e spiegato nelle modalità specifiche La caratterizzazione costante di Demea, fino al monologo dei w.
i dalle giuste rimostranze di Demea, da Micione; in questione non c’è solo il fatto che a questo punto 855 ss., è quella di un pater iratus, che a fatica il fratello tenta di
onale verrà poi argomentato nei suoi saranno tutti e due i fratelli a prendersi cura insieme dei due gio- calmare e di far entrare nelT atmosfera festosa e tranquilla che ri-
tato da Demea diventerà il sistema vani,ma anche un diverso assetto finanzíario: M idone infatti chiede la circostanza del matrimonio di Eschino. Proprio per­
in modo progressivamente sempre mette a disposizione di Eschino e Ctesifone il suo patrimonio ché è il típico pater iratus della commedia, non dobbiamo rae-
'ortamento dei due ffatelli (in parti- perché possano goderne, senza che alcun danno ne venga al pa­ ravigliarci che venga ripetutamente ingannato da altri perso-
parte finale della commedia, diven- trimonio che Demea ha risparmiato per loro. L’obiezione di D e­ naggi, in particolare dallo schiavo Siró; alia fine della comme-
mea che si preoccupa del dispendioso e
nacbea 9 ,1168b). r rilassato modo di vivere cui i giovani fra­ ■ 18. Sulla sua derivazione pitagórica cf.alm eno riecheggiam ento po le m ico dell'accusa che Demea
. In quests sede, si è preferito prescindere dal D onato adAd. 804 COMMUNIA ESSE AMICORUM aveva rivolto po co prim a al fratello (w . 792-93)
telli si stanno abituando viene troncata
Jema del rap po rto deg If Adelphoe di Terenzio INTER SE OMNIA inter Pytagoreos ortum dicitur e ¡1 Eccum a d e s t/c o m m u n i'corruptela nostrum liberum-, si
l'originale di M enandro: anche se m olti elem enti sul nasceré dalla rassicurazione sulle loro suo discepolo G irolam o adv.Ruf. 3,39 Pythagorica et n o ti c om e in entram bi i casi com paia lo stesso
írta n ti da un p u n to di vista relazionale ilia praecepta sunt, am icorum om nia esse comm unia. ag ge ttivo evidenziato in inizio di verso.
‘vano essere giá presentí ne irorigin ale,ciò che Alcuni lo attribuiscono ailo stesso Pitagora (ad es. ■ 21. A to rto vede In questa espressione una sfida di
nteressa è il fa tto che il poeta rom ano abbia Tim eo In Diog. LaertVIll, 10 eZenob.lV,79).Sui!a M icione a D em ea a riprendersi il figiio, cancellando
:o pro prio un m ode llo céntra lo su tali elem enti. questione, si veda Tosí (1991,586 s.). gli effettl dell'adozione, Grant (1975,49 ss.).
uanto poi abbia evidenziato e /o a g giunto e ■ 19.Sulla-messa in com u ne dei beni presso i ÉÍ 22. Eschino, in qu an to fratello m aggiore, aveva una
iificato in tale direzione è estrem am ente d ifficile pitagorici, si veda Ferrero (1955,39) cui si rim anda m aggiore auctoritas di Ctesifone e poteva
tulare ipotesi che abbiano un buon m argine di per Tulteriore bibliografia. rispondere anche a suo nom e. Si veda ad es. Cic.de
rezza, pa rien do dai pochi fra m m e nti rim astici ■ 20. In una com m edia com e gli Adelphoe in cui i am. IX, 31 FANNIUS. Tu vero perge, Laeii. Pro hoc enim,
li "A ó c lcp o i p ';d i sicuro c'é tuttavia la riecheggiam enti e le riprese delle parole del partner, qui m ino r est natu, meo iure respondeo: Gaio Fannio,
statazione di questa presenza, nel l'originale in funzione spesso polem ica, hanno grande spazio, genero di Lelio, risponde anche a nom e dell'altro
landreo, della stessa frase-chiave c on cui non è forse da esdudere che la stessa form ulazione genero di Lelio,Q uin to M u d o Scevola, per il d iritto
ione propone un nuovo m ode llo relazionale fra del nuovo m odello relazionale com m unia esse che gli derivava dall'essere m aggiore di età rispetto
? Demea. am icorum inter se om nia (del v.804) possa essere un a quest'ultim o.
dia, tuttavia, verrà in qualche modo ris;
vista, siamo ancora in una struttura ti
diversa è la serie di eventi che portano
In un importante monologo (\
mostra infatti disponibile ad imparan
tendo sull’esito diverso che ha avuto 1
la del fratello, prende alcune importa:
1. decide di abbandonare la vita
ñora (w . 859-60): nam ego vitam du
hue / iam decurso spatio omitto , perch
p eri / facilitate nil esse homini meliu n
2. decide di sperimentare se riei
suo modo di relazionarsi con gli altri, ]
sultato che ha ottenuto lui, cioé di fars
addiritturalo sfiderà sul suo stesso tc
nel compiacere gli altri) e si propon
age, age, nunciam experiamur contra
de dicere out benignefacere, quando h
meis me am ari et magni pendi postuk
sequendo, non posteriores feram.
3. decide di non curarsi delle ev
(v. 881): deerit: id mea minime referí
I primi risultati della sperimen
portamentale del fratello sono comí
vertenti osservazioni che sembrano c
te a lui stesso, indirizzate al pubblico,
me ad un complice: cf. (w. 883-85) (
quid agitur? / SY. recte. DE. optumes
mum addidi/praeter naturam : ao nosi
(w. 896-97) (meditor esse adfabilis,.
paullatim plebem prim ulum facto mt
Piü rilevante di queste interaz
quella che segue, con il figlio Eschin
citamente al figlio quanto egli sia ir
dia, tuttavia, verrà in qualche modo risarcito. Da questo punto di gli voglia bene, cosí come faceva proprio Micione26. Va rilevato
vista, siamo ancora in una struttura típicamente plautina23, ma pero che la formulazione di questa dichiarazione di affetto al fi­
diversa è la serie di eventi che portano a questo <risarcimento\ glio suona un po’ eccessiva e somiglia piü a quella che Eschino,
In un importante monologo (w . 855-81), Demea si di- sopraffatto dalla riconoscenza, aveva usato con Micione che a
mostra infatti disponibile ad imparare dai nuovi eventi e, riflet- quelle che Micione usava con Eschino: cff. Ad. w . 901 ss.AE.
tendo sulfesito diverso che ha avuto la sua vita rispetto a quel- ehem, pater mi, tu hie eras?/DE. tuos hercle vero et animo et na­
la del fratello, prende alcune importanti decisioni: tura pater, / qui te am atplus quam hosce oculos con Ad. w . 700-
1. decide di abbandonare la vita dura che ha condotto fi- 701 AE. di me, pater, omnes oderint ni mage quam oculos nunc
nora (w. 859-60): nam ego vitam duram quam vixi usque ad- ego am o meos27. Che la formula suoni un po’ spropositata ce lo
hu c/ iam decurso spatio omitto, perché (w. 860-61) re ipsa rep- conferm a la risposta affettuosámente irónica di M icione ad
peri /facilitate nil esse homini meliu ñeque dementia. Eschino: v. 702 MI. quid? quam illam?AE. aeque. MI. perbenigne,
2. decide di sperimentare se riesce a imitare il fratello nel Il registro adottato da Demea, enfatizzante ed esagerato, si pre-
suo modo di relazionarsi con gli altri, pur di ottenere lo stesso ri- stabene ai tipo di sperimentazione emulativa che egli vuole fa­
sultato che ha ottenuto luí, cioé di farsi amare e stimare dai suoi: re del modello comportamentale del fratello: per essere “piü Mi­
addirittura lo sfiderá sul suo stesso terreno (cioé nel far doni e cione di Micione” Demea calca le tinte in modo divertente. Non
nel compiacere gli altri) e si propone di vincerlo (w. 877-81) va tuttavia dimenticato che siamo afrinterno di uríatmosfera di
age, age, nunciam experiamur contra ecquid ego possiem j blan- festa, come richiedeva la celebrazione del matrimonio.
de dicere aut benigne jacere, quando hoc provocai. / ego quoque a
meis me am ari et m agnipendi postulo:/ si id fit dando atque ob - 4 . 1’hila ritas e Yimitatio periocum
sequendo, non posteriores feram. La necessita di allontanare tensioni e malumori, per abbando-
3. decide di non curarsi delle eventuali perdite economiche narsi alTallegria che la circostanza richiedeva, è espressa chiara-
(v. 881): deerit: id mea minime referí qui sum natu maxumus24. mente da Micione che, dopo aver invitato il fratello a smetterla
I primi risultati della sperimentazione del modello com- con le prevision! tetre e a rasserenare la fronte per il giorno di
portamentale del fratello sono commentati da Demea con di- festa (w. 837-39) ML Tace: / non fiiet mitte iam istaec; da te hodie
vertenti osservazioni che sembrano da intendere, piü che diret- mihi: / exporge frontem, e dopo esser stato costretto a ripetere
te a lui stesso, indirizzate al pubblico, cui il vecchio si rivolge co­ questo invito, perché Demea, nonostante sia d’accordo con lui,
me ad un complice: cf. (w. 883-85) o Syre noster, salve: quid fit? continua a restare accigliato (cf. w . 841-42 de n ode censeo: / ho­
quid agitur? / SY. recte. DE. optumest. (iam nunc haec tria pri~ die modo hilarum teface ), finisce per fargli il verso per spinger-
mum addidi l praeter naturam: ao noster, quid fit? quid agitur?”)25; lo almeno a sorridere: (w. 849-54) MI. placet: / nunc mihi videre
(w. 896-97) (meditor esse adfabilis, / et bene procedit); (v. 898) sapere. atque equidem filium / turn, etiam si nolit cogam ut cum il­
paullatim plebem prim ulum facio meam. ia una cubet. / DE. derides? fortunatu’s qui isto animo sies. / ego
Piü rilevante di queste interazioni con Siro e con Geta è sentio...MI. ah pergisne? DE. iam iam desino. / MI. i ergo intro, et
quella che segue, con il figlio Eschino, in cui il padre dice espli- quoi reist ei rei [hilarum] hunc sumamus diem 28. Le parole sotto-
citamente al figlio quanto egli sia importante per lui e quanto lineate sono quelle che Micione pronuncia rifacendo il verso a

H 23. S¡ vedano le costanti nelle tram e plautine, vah! delicatu's, quae te tam quam oculos am et; cf. in
m agistralm ente individuate da Bettini (1991,11 -76). Plaut. Trin. 245-46 ocelle m i d e tto da un innam orato
ffl 24. Per una distinzione fra ció che Demea decide alia donna amata; si veda anche Catull.XIV, 1 N ite
di cam biare e ció che decide soío di sperim entare, si plus oculis meis am arem ; etc.) anche se o w ia m e n te
veda infra § 8. non può essere considérala esclusiva di esso.
B 25. Da rilevare i'originaie riflessione a carattere ■ 28. Cf. D onato ad A d 850 ATQUE EQUIDEM EILIUM
metalingui5tico. TUM ETIAM SI NOUT non solum suadet laetiftam, sed
9 26. Cf. ad es .Ad. 679-80 MLAeschine, audivi om nia / e t etiam ridere cog it invitum ; 852,1 DERIDES?
scio; nam te amo, quo m age quae agi’eurae sunt mihi. FORTUNATUS QUI ISTO ANIMO SIES hoc verbum vultu
B 27. La form ula è proverbiale (cf.O tto 1890 s.v. Demea sic profatur, ut subrisisse videatur invitus; 854,1
oculus, 249), ed è stata particolarm ente usata com e ET CUI RE! ESTcui rei est indultas, hoc est ludo atque
form a di linguaggio erotico (cf.ad es. P la ut AM 984 laetitiae votoque etgau dlo im ponatur.
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

Demea; che Micione lo stia deridendo ce lo confermala reazio- tipo di discorso che spesso gli tiene, e ricreando anche la stessa am m aestrando gli altri schiavi nella

i ne del fratello: l’allegria della festa porta in questo caso ad un di- tonalitá emotiva che è a questi abituale (w. 60-63) venit ad me vecchio am m aestra il figlio (w . 423-
vertente impadronirsi delle parole delfaltro. Ma è esattamente saepe elamitans “quid agi7, M ido?/ quor perdis adulescentem no­ vis a d eundem istunc praecipio mod
questo che a sua volta Demea farà con Micione nelle ultime sce­ bis? quor amat? t quorpotat? quor tu his rebu7sumptum suggeris, adustumst, hoc lautum parum ; / illud
ne della commedia. / vestitu nimio indulges? nimium ineptus e s in questo caso D e­ to.77sedulo l m oneo qu ae possum pro
Questa specifica forma di iocus che consiste nel rifare il mea non è presente, m a è come se le sue parole frnissero per mo, tam quam in speculum, in patinas
verso a qualcuno, in sua presenza, come in questo caso, o in sua evocarlo; la caratterizzazione che ne viene fatta è del tutto fede­ et m oneo quid factum usu7sit35. Ad u
assenza, è definita in genere come im itado (o pípqoLç)29 ed è le, come il pubblico scoprirá fin dalTinizio del primo dialogo tazione delle parole di Ctesifone, se
ulteriormente precisata, nei suoi intenti di gioco e di derisione, fra i due fratelli (1 2 )32. tale da riprendere gli atteggiamenti
dall’aggiunta di qualche altro termine: imitando per iocum irri- Uno specialista nell’ímp adronirsi della parole di Demea, v. 560 M e impulsóte hanc emptam aii
det indica come Augusto prendesse in giro, imitándole, le espres- per manipolare meglio il vecchio, è Siró: cf. w . 390-91 in cui, conferm a il suo accordo con il figli<
sioni tipiche dell'amico Mecenate (Svet. Aug. 86); Eumolpo, nel parlando con Demea, lo schiavo ironicamente critica M icio­ melius, idem qu od ego sentit: te esse)
Satyricon , racconta ad Encolpio che, mentre lo cercava e lo chia- ne con parole analoghe a quelle che userebbe il vecchio: SX glio Ctesifone riproduce le parole dí
mava per nome ad alta voce, un gruppo di ragazzini, per can- inepta lenitas /patris etfad litas prava; piü avanti, sempre nel­ non trovándolo in campagna, ques
zonarlo, gli faceva spudoratamente il verso come se fosse un la stessa scena (III 3) attribuisce falsamente a Ctesifone p a­ dergli dove sia stato e a protestare
matto (XCII, 8 me quidem pueri tanquam insanum imitatione role che solo Demea avrebbe potuto pronunciare (w . 407- fu erim : “Quem ego hodie toto non vi
petulantissima deriserunt). Rifare il verso a qualcuno, ripetendo 410) coepit d am are “[o] Aeschine, Ih a e d n flag itia facere te! In tutti i casi qui esaminati, Mi
in forma piü o meno fedele le sue parole, era in Roma antica, haec te admitiere / indigna genere nostro!77DE. oh lacrumo gáu­ sifone si impadroniscono delle pare
come lo è ancora ai nostri tempi, una forma di canzonatura fre­ dio! / SX “non tu hoc argentum p erdí7sed vitam tuam77, facen- le da fam e oggetto di riso per il pi
quente nelle interazioni della vita reale e come tale veniva ri- do piangere al padre lacrime di gioia al pensiero che il figlio non si accanisce mai contro un perí
presa anche nelle opere letterarie, ad es. nelle commedie, per far gli somigli cosí tanto. Sempre nella stessa scena il divertimento naggi tradizionalmente piü esposti;
divertiré il pubblico. Ma anche la retorica mostra di sapersi ser- delTuditorio toccava probabilmente il culmine, quando Siró dato, il parassita, lo schiavo, vengon
vire di questo procedimento, per suscitare il riso e ridicolizzare ironicamente riecheggiava in contesti culinari le ‘massime au- qualche aspetto positivo34. Egli puó <
raw ersario: per far questo si arriva alia caricatura ( depravata ree’ del vecchio: cf. w . 414-18 in cui Demea conclude il dis­ di un pater, o di un adulescens , ma
imitatio), c orne testimonia Cicerone de orat. II, 24230; la depra­ corso sulla serie di insegnamenti che ha dato a Ctesifone de- m acchiette comiche, anzi ne tutelai
vata imitado compare anche in Rhet. Her. 1 ,10. Da un punto di nique ¡ inspicere, tam quam in speculum, in vitas omnium / iu - il personaggio di Demea che, nelle s
vista retorico, il procedimento rientra nella fjOojtoúa o píp,T|caç beo atque ex alus sumere exemplum sibi: / “hocfacitoESY. rea­ si prende una notevole rivincita imi
per Quint, inst. IX , 2 , 5831. te sane. DE. “hocfugitoESY. collide./D E. “hoc laudist.77SY. istaec petuto ed enfático delle parole del s
Le riprese delle parole altrui, riscontrabili con una certa res est. DE. “ hoc vitio datur.77, ma lo schiavo lo interrompe per­ M icione. C o s í, assumendo finalmei
frequenza negli Adelphoe , assicuravano un sicuro divertimento ché deve dirigere le operazioni di preparazione della cena, sirio ad allora aveva súbito Tinizial
del pubblico. Gia nella prima scena della sorta di depravata imitatio del fratel
■ 29. im ita tio nell'accezione di iterado orationis, vocis, ■ 32. Una form a piü concisa di ripresa delle parole
commedia, Micione, per meglio descri- m otuurn alienorum è chiosata con f)0oXoYÍa, de ll'in te rlo cu to re so n o i riecheggiam enti, per lo piü nella sua dichiarazione di affetto al
yo.QctKTK]q l(T[aóç in ThLL s.v.,430,72 ss. a fine po le m ico e /o iró n ic o : c f.w . 107-108 in cui
vere il suo rapporto con il fratello, lo rap- m odello è Yimitatio che Demea co:
■ 30. In re est item ridiculum, quod ex quadom M ¡done afferma et tu ilium tuom, si esses hom o, /
presenta metiendo in bocea a Demea il depravata im itatione sumí solet, u t idem Crassas: "per sineres nunc facere... ríecheggiato polé m icam en te da le parole di M icione, e ritorcerdogl
tuam nobilitatem , per vestram fa m iiia m rQ u id aliud Demea al v. n 1 DE pro luppiter, tu hom o adig i'm e ad
fu it in quo contio rideret, nisi illa vultus et vocis im itatio? ¡nsaniam! e, piü avanti i w . 732-34 MI. quid fa dam
M 31. Im itatio m orum alienorum, quae r| B o rra d a vel, u t am plias? DE quid facias? si non ipsa re tibí istuc d o le t,/
a lii malunt, ¡j.Í|xt|Olç dicitur, iam inter íeniores adfectus simulare certe est h o rn in í con il v. 736 in cui M icione
numeran potest: est posíta fere in eludendo, sed versatur replica: dempsi m etum om nem : haec m age sunt
et in factis et in dictis. In factis, quod est ía io rv u rb o a homini'. Queste fo rm e polem iche di ripresa
vicinum, in dictis, quale est apud Terentium (Eun. 155 ss.) sem brano caratteristiche dell'interazione fra i due
a t ego nesciebam, quorsum tu ires. P arvola/h inc est senes:si vedano anche, sempre nello stesso dialogo
abrepta, eduxit m ater pro su a /so ro r dicta est cupio dell'esem pio precedentes w . 740-41 in cui alie
abducereutreddam suis. Interessante anche il parole di M icione si illud quodm axum e opus est iactu
com m en to di D onato ad Eun. 156 HINC ESTABREPTA non c a d it,/illu d qu od cecidit forte, id arte u t corrigas
Dioniso 2 EDUXIT MATER PRO SUA vide p ip irfo iv cum odio
inductam etdepravatam pronuntiatione.
Demea replica ironicam ente corrector! (v.742).
Queste fo rm e sono col leg ate per lo piü ad una fo rte
¡ ammaestrando gli altri schiavi nella stessa m aniera in cui il sta al fratello di dare ad Egione in usufrutto Yager che posse-
vecchio ammaestra il figlio (w . 4 23-29): quod queo / conser- deva vicino alia cittá (w. 949 ss.): DE. Agellist hie sub urbepaul-
írvis ad eundem istunc praecipio modum: í “hoc salsumst, hoc lum quod locitas foros: / huic demu quifruatur. M l.paullum id
baáustumst, hoc lautum parum ; / illud rede: iterum sic memen- autemst? DE. si rnuítumst, tamen / faciundumst: pro patre huic
Ho” sedulo / moneo qu ae possum pro m ea sapientia: I postre- est, bonus est, noster est; red e áatur. f postrem o non meum il­
fmo, tamquam in speculum, in patinas, Demea, / inspicere iubeo lud verbum fa ció quod tu, M ido, / bene et sapienter dixti du-
¿timoneo quid factum usa' sit55. Ad una form a indiretta di ci- dum : “vitium commune omniumst f qu od nimium a d rem in
|tazíone delle parole di Ctesifone, sempre invéntate in modo senecta adtenti s u m u s Messo alie strette con una frase che
Stale da riprendere gli atteggiamenti di Demea, Siró ricorre al aveva detto lui stesso35, il senex è costretto ad acconsentire e
|y. 560 Me impulsore hanc emptam ait ; il vecchio, compiaciuto, Demea commenta divertito in un ‘a parte5suo sibi gladio hunc
Jconferma il suo accordo con il figlio al v. 568 DE. non potuit iugulo (v. 958). Oltre a fare il verso a Micione, Demea, sfrut-
trhelius. idem quod ego sentit: te esse huic rei caput. Anche il fi- tando la consuetudine del fratello a mostrarsi accondiscen-
¡jglio Ctesifone riproduce le parole del padre, prevedendo che, dente ai desideri altrui, in particolare a quelli del figlio, una
jíion trovándolo in campagna, questi correrá in citta a chie- volta assicuratosi l’appoggio di Eschino, trascina il povero vec­
li dove sia stato e a protestare (v. 527): rogitabit me ubi chio ad acconsentire, anche se riluttante, a tutte le richieste che
ierim: “Quern ego hodie toto non vidi die!”. gli rivolge, in modo sempre piü incalzante, e con effetti sicu-
In tutti i casi qui esaminati, Micione, Siro e persino Cte­ ramente divertenti per il pubblico. Se nella prima parte della
sifone si impadroniscono delle parole di Demea, in modo ta­ commedia gli spettatori avevano riso alie spalle di Demea, ora
le da fame oggetto di riso per il pubblico. Terenzio tuttavia è M icione che diventa oggetto di riso.
si accanisce mai contro un personaggio: persino i perso-
ílggi tradizionalmente piü esposti alia derisione, come il sól­ 5. Rapporto fra amici e rapporto fra padre e figlio
ito, ilparassita, lo schiavo, vengono da lui rappresentati con negli Adelphoe
qualche aspetto positivo34. Egli può evidenziare gli errori ad es. Oltre al reprehenderé, rientravano fra i compiti dell5amicus il be­
i un pater, o di un adulescens , ma non li trasform a in pure ne velle (che si realizza nel benefacere ) e il credere, doè quel con-
iáechiette comíche, anzí ne tutela la dignità. Cosí è anche per fidare i propri problemi che scaturisce dalla fíducia36.
lipersonaggio di Demea che, nelle scene finali degli Adelphoe, Un esempio lo abbiamo dalla interazione fra i due fratelli
i prende una notevole rivincita impadronendosi in modo ri- giovani, in cui sono presentí, tutti e tre questi motivi: si veda la
jetuto ed enfático delle parole del suo principale antagonista, scena I I 4 in cui Eschino rimprovera il fratello Ctesifone di non es-
ticione. Cosí, assumendo finalmente un ruolo attivo, mentre sersi confidato súbito con lui e Ctesifone a sua volta ringrazia il
¡Jib ad allora aveva súbito 1’iniziativa altrui, egli pratica una fratello di averio aiutato; nella scena precedente ( I I 3) sempre
. di depravata imitatio del fratello, come abbiamo giá visto Ctesifone Iodava
affettivítà:cf. supra a proposito del linguaggio
Ilia sua dichiarazione di afietto al figlio Eschino; piu fedele al il fratello per aver em o tivo di D em ea:si veda anche D onato adAd. 742
CORRECTOR quia dixit'arte u t corrigas'. Sed morís est
iodello è Yimitado che Demea compie impadronendosi del- rischiato persino
iratis ab u ltim o verbo contradícentis incipere.
íarole di Micione, e ritorcerdogliele contro nella sua richíe- la rep utazione ■ BB.Sul valore di questa ripresa irónica di Siro, si
veda Com ero (1994,35).
H 34.Giá Donato si era accorto di questo:cf.ad es.il
suo c o m m e n to adEun. 446.2 et hoc miles u t sapiens
íocutus est ergo meminisse convenir ridiculas personas
non om nino stuitas et excordes induci a poetis comicis,
nam nulla delectarlo est, ubi om nino qui deluditur nihii
sapit; ad Hec. 274.3 offlcium enim poetae boni est
nullum genus hom i num spedaliter laedere; su questi
passi si veda Jakobi (1996, 149 ss.).
■ 35. Cf. Ad. 833-34 solum u num hoc vitium adfert
senectus h o m inib us:/ adtentiores sumus ad rem
omnes quam sa t est.
■ 36. Cf. Raccanelli (1998, passim).
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

pur di ahitarlo, offrendogli un grande benefidum37: (w. 262-64) modello educativo: cfr. w . 65 ss. errat longe m ea quidem senten- un figlio adolescente: NE AUT ILL
quin omnia sibi postputarit esse prae meo commodo ;/ maledicta tia / qui imperium credat gravius esse out stabilius / vi quod fit nimium tenere am at, qui et haec in i
fam am meum laborem etpeccatum in se transtulit. / nil pote supra. quam Mud quod amicitia adiungitut41; lo stesso figlio riconosce ca infantulos cavere solem43. Il secor
II modello che ne risulta è quello di un affetto per l’altro che su­ la somiglianza del rapporto col pater rispetto a quello con un giá awenuta instaurazione di una s
pera l’affetto per se stesso. frater o un amicus : cf. w . 707-708 quid hoc est negoti? hoc estpa- chiusura degli affetti sul figlio, come
Questo modo di voler bene ricorda F affetto di Micione trem esse aut hoc est filium esse? / si frater aut sodalis esset, qui ne (v. 49 in eo me oblecto, solum id e.
per Eschino stesso (cf. Ad. w. 38-39 vah quemquamne hominem mage morem gereret? D ’altro lato, non sembra un cí

in animo instituere out/ parare quod sit carius quam ipsest sibi!). Reprehendere , bene velle e credere , cioè correggere, voler tamento del rapporto padre-figlio t
Certo i principi educativi teorizzati da M icione riprendono e bene, fidarsi e confidarsi sono tratti essenziali sia della relazio- dell’amidzia (che negli Adelphoe è q
perfezionano le novità del modello relazionale fra padre e figlio ne fra amici, sia di quella fra padre e figlio (nel nuovo modello giovani fratelli) corrisponda un rap]
proposte ed in parte attuate nello Heautontimorumenos. Si veda relazionale proposto da Terenzio): tuttavia la prima è una rela- ta con il fratello Demea. In altre pa
Fesplicitazione degli aspetti piü nuovi di tale ideale ‘in forma zione simmetrica, cioè da pari a pari, caratterizzata quindi dal­ che Micione è un padre che ama il fi¡
negativa5in Heaut. w . 155 s. tu ilium numquam ostendisti quan- la possibilita di scambio dei comportamenti, in cui i ruoli di chi tello, perché non ama suo fratello.
f-
ti penderes / nec tibi illest credere ausx¿ quae est aequom patri ammonisce o di chi cerca consiglio e aiuto possono mutare di Da un altro punto di vista, escl
(confidenza verso il padre da parte del figlio ed esplicitazione da volta in volta; la seconda è una relazione complementare, da su- denza, dall’amicizia e dalla solidariet;
parte del padre al figlio di quanto sia importante per lui); ed ‘in periore a inferiore, in cui i due partners sono caratterizzati da che eventuali errori nelFeducaziont
i:
forma positiva’ in Heaut. w . 924 ss. CH. quid faciam ? ME. id una diversa Gestalt comportamentale42; il ruolo di chi ammo- sere corretti da nessuno: nello Hea
quod m efecisse aiebasparum . / f a c tepatrem esse sentiat;fac ut nisce e quello decisionale spetta di pater e non può essere scam- modello relazionale, come tutte le c
audeat / tibi credere omnia , abs tepetere et poscere, / nequam biato con ilfilius. Ma la presenza deW am idtia nella versione che tuare e ríchiede l’aiuto e la collabor;
aliam quaerat copiam ac te deserat 3S. Con questi passi si può Micione fornisce di questo nuovo modello educativo non po- e Menedemo, da veri amici, si amme
confrontare A d 52-54 alii clanculum / paires quaefaciunt, quae trebbe far scivolare il rapporto verso una relazione simmetri­ uno dei due incorre in un errore; ni
fe r t adulescentia , / ea ne me celet consuefeci filium e Ad. 48-50 ca? E da questo ‘scarto’ rispetto alia norma antropológica non ristruttura la relazione con il fratelli
eduxiaparvólo; habui am avipro m eo;/in eo me oblecto, solum potrebbero derivare delle conseguenze negative? Ad es., Eschi­ alia comunione, quest’ultimo può ir
id est carum mihi. / ille ut item contra me habeat fació sedulo39. no, in particolari condizioni, potrebbe tentare di impadronirsi I il fratello, cioè per evidenziare i lim
Oltre alio scopo di formare un sentimento di affetto reciproco del potere decisionale del padre? La risposta la fornira Demea delle sue teorie pedagogiche.
fra padre e figlio, la pedagogia di Micione mira a formare nel tramite la serie di richieste con cui, aiutato da Eschino, assedie-
figlio Fabitudine alia sincerita (cf. w . 55 s. nam qui mentirí aut rà il fratello nelle scene finali della commedia. 6. Forme e funzioni della sperir
fallere institerit patrem aut / audebit, tanto magis audebit cete- Alla presenza anómala delf am idtia, vanno aggiunti altri La sperimentazione che Demea coi
ros), el pudor e alia liberalitas; solo grazie ad un’educazione che due element! che rendono‘atipica’ la relazione fra Micione e il fi­ gria e alia esagerazione, tipica della f
lasci i giovani “liberi e responsabili delle proprie azioni si può in­ glio. Uno è costituito dal fatto che Micione am a troppo suo figlio; in un contesto in cui si festeggia un
culcare loro il senso della coscienza morale e Fonestà d’animo; una nota di Donato ad Ad. 36 ci testimonia che un romano giu- genere delia comicità di tipo plautir
a questo risultato non si arriva col método del terrore”40. dicava, come minimo, singolare questo affetto tenerissimo per diverso, motivate dal micro e macr<
Ma lo stesso Micione presenta Va- rosimile, per reintrodurre il clima fe
m icitia com e parte integrante del suo 9 37.Sull'amiciz¡a nelle com m edie di Terenzio si 9 39. Rispetto al m odello presente nello H eaut, la so ed iperbolico di certe scene plaut
veda Callier (1992). stlma del padre verso il fig lio è venuta ad
9 38.Per un esame piü dettagliato del m odello approfondirsi in un vero e pro prlo affetto,eos) com e
educativo presente nello Heautontimorumenos, cf. anche la confidenza del fig lio verso ¡I padre si è
R icom u (1994). C è da notare, com unque, che le partí am pliata ¡n un sentim ento di affetto: ne risulta una
di questo m odello relazionale su cui si concentrano sia relazione caratterizzata dalla benevolencia reciproca,
10 Heaut.dne gli Ad. sono quelle piü innovative,quindi che di per sé è un tra tto costitu tivo dell‘am idtia.
quelle di cui facilm ente si poteva riscontrare la Cicerone (de crm.V, 19) distinguiera fra a m id tia e
mancanza nei rapporti fra padre e fíglio adolescente propinquitas sulla base delia necessità o m eno della
(im prontati,com e si sa,ac¡ un notevole rigore,nella presenza della benevoientía: Namque hoepraestat
Roma repubblicana:cf.BETTiN] (1986,18 ss.) e per a m id tia propinquitati, quad ex propinquitate
attuare correttam ente le quali occorreva un aiuto benivoientia toíii potest, ex a m id tia non potest: subiata
Dioniso 2 reciproco fra am ici e /o fratres, com e dimostra lo stesso
svolgim ento delle vicende nello Heaut.
enim benivoientia, am icitiae nomen toliitur,
propinquitatis mane t
55 ss. errat longe m ea quidem senten- un figlio adolescente: NE AUT ILLE ALSERIT AUT USPIAM Nelle scene fínali degli Adelphoe, non troviamo una coda farse-
iravius esse aut stabilius / vi quod fit nimium tenere am at , qui et haec in iuvene pertimesdt, quae á r ­ sca sganciata dal resto della commedia44, ma una serie di tróvate
diungitur41; lo stesso figlio riconosce ea infantulos cavere solent43. Il secondo elemento consiste nella che, oltre ad essere ricche di una esuberante comicità, svolgono
:o col pater rispetto a quello con un giá awenuta instaurazione di una sorta di concentrazione e di varie funzioni, in stretta connessione con le scene precedenti.
)7-708 quid hoc est negoti? hoc estpa- chiusura degli afietti sul figlio, come testimonia lo stesso Micio­ Demea, come si è visto, sperimenta fapplicazione della/u-
i esse? I si frater aut sodalis esset, qui ne (v. 49 in eo me oblecto, solum id est carum mihi). rílitas e della dem entia , nella specifica modalitá del blande dicere
D’altro lato, non sembra un caso che in Micione alio slit- e del benigne facere, enfatizzata al massimo grado per vincere
'die e credere, cioè correggere, voler tamento del rapporto padre-figlio verso il modello relazionale quella che aw erte come una sfida implicita da parte del fratel­
uno tratti essenziali sia della relazio- delTamitizia (che negli Adelphoe è quello intercorrente fra i due lo (w . 877 ss.). In realtà, tale esperimento si risolve nel donare e
ra padre e figlio (nel nuovo modello giovani fratelli) corrisponda un rapporto di conflittualità aper­ nell’assecondare indiscriminatamente i desideri altrui, indi-
renzio): tuttavia la prima è una rela- ta con il fratello Demea. In altre parole, si potrebbe ipotizzare pendentemente dal giudizio morale formulabile su di essi: tut-
pari a pari, caratterizzata quindi dal- che Micione è un padre che ama il figlio come un amico, un fra­ to è strumentalizzato al raggiungimento del fine di essere ama­
à comportamenti, in cui i ruoli di chi tello, perché non ama suo fratello. to dai suoi familiari. Come si è già detto, questo è il modo in cui
consiglio e aiuto possono mutare di Da un altro punto di vista, escludere il fratello dalla confi- Demea interpreta il comportamento di Micione45; in esso, è pre­
una relazione complementare, da su- denza, dalTamicizia e dalla solidarietá reciproca può comportare sente una certa dose di fraintendimento, facilmente spiegabile,
i due partners sono caratterizzati da che eventuali errori nelTeducazione del figlio non possano es­ perché la prolungata mancanza di un legame affettivo e di una
>rtamentale42; il molo di chi ammo- sere corretti da nessuno: nello Heautontimorumenos il nuovo comunicazione schietta fra i due fratelli genera malintesi, ma
petta al pater e non può essere scam- modello relazionale, come tutte le cose nuove, è difficile da at- anche risentimenti e reciproche valutazioni negative. Del resto,
senza deW amicitia nella versione che tuare e richiede f aiuto e la collaborazione delT amico. Oremete proprio perché risente degli effetti che il precedente modello di
d nuovo modello educativo non po- e Menedemo, da veri amici, si ammoniscono a vicenda, quando conflitto e diversitá aveva prodotto, anche la transizione al nuo­
)orto verso una relazione simmetri- uno dei due incorre in un errare; nel momento in cui Micione vo modello di amicizia, comunione ed accordo si realizza con
petto alia norma antropológica non ristruttura la relazione con il fratello riaprendola alTamicizia e modalitá brusche e a tratti violente.
conseguenze negative? Ad es., Eschi- alia comunione, quest’ultimo può intervenire per reprehenderé La sperímentazione coinvolge piü settori:
ini, potrebbe tentare di impadronirsi il fratello, cioè per evidenziare i limiti presenti nell’attuazione 1. Demea può vedere come le reazioni degli altri verso le
padre? La risposta la fornirá Demea delle sue teorie pedagogiche. forme in cui ha scelto di attuare il blande dicere ed il benigne fa -
; con cui, aiutato da Eschino, assedie- cere siano sempre piü positive, in una climax ascendente: cfr. ad
ali della commedia, 6. Forme e funzioni della sperímentazione di Demea es. la risposta di Geta (al v. 897) bonus es quom haec existumas;
da d é d amicitia, vanno aggiunti altri La sperímentazione che Demea compie è improntata alTalle- di Eschino (al v. 910) placet, pater lepiáissime ; ancora di Geta
‘atípica’ la relazione fra Micione e il fi- gria e alia esagerazione, típica delia festa (come si è visto, siamo (w . 917-19) di tibi, Demea, benefaciant, quom te video nostrae
tto che Micione am a troppo suo figlio; in un contesto in cui si festeggia un matrimonio), ma anche in fam iliae / tam ex animo factum veíle; di Siró (al v. 961) o noster
. 36 ci testimonia che un romano giu- genere delia comicità di tipo plautino. Terenzio offre un modo Demea, edepol vir bonus', ancora di Siró al v. 967 o lepidum caput!
golare questo aífetto tenerissimo per diverso, motivato dal micro e macro contesto, e quindi piü ve- e al v. 978 di tibi, Demea, omnes semper omnia opiata offerant!
rosimile, per reintrodurre il clima festo-
s. Rispetto al m ode llo presente nello Heaut., la so ed iperbolico di certe scene plautíne. m 40. Perelu (1973,76). che intercorreva nella Grecia antica fra patruus
a del padre verso il fig lio è venuta ad ■ 41.Sulla possibilita di un ¡nflusso del greco cpiAía (come era in realtà M icione) e ñipóte, si veda Bettini
ofondirsi ¡n un vero e pro prio affetto,cosi com e che era usato anche all'interno delle relazioni (1986,42-43).
ie la confidenza del fig lio verso il padre si è parentali, si veda Raccanelli (1998, 139-40, n. 63). H 44. C om e sostengono ad es. Perelu (1973,93) e
data in un sentim ento di affetto:n e risulta una Sempre Raccanelli (1998, 137 ss.), propone un utile G reenberg (1979,234).
:ione caratterizzata dalla benevolentia reciproca, confronto fra M icione e Dem eneto che (neWAsinaria ■ 45. Da un pu n to di vista pragm ático si tratterebbe
di per sé è un tra tto costitutivo dell'amicitia. di Pía uto) presenta un m odello di interazione fra padre della valutazione che l'ego (Demea) da del tu
roñe (de am.M, 19) distinguere fra am icitia e e figlio in cui com pare una sorta di amicitia. Su lia (Micione) ("ecco com e ti vedo"), valutazione che può
'inquitas sulla base delia necessita o m eno della presenza de\\’am icitia nel rapporto padre-figlio in essere espressa direttam ente o m anifestarsi
enza della benevoientia: N am queh o c praestat Aristotele eTeofrasto,si veda H unter (2002,529, n.48). ¡ndirettam ente,com e in questo caso, nelle specifiche
:ítia p ro p in q u íta tiq u o d ex propinquitate ■ 42.Cf. W atzlawick-H elmick Beavin-Jagíson (1972,60 ss.). m otivazioni e nelle m odalitá di attuazlone della
voientia toiii potest, ex am icitia non potest: subiata ■ 43 .Sul sistema di atteg gia m e nti fra padre e fig lio facilitas e delia dementia, che il senex attribulsce al
i benivoientia, am icitiaenom en tollitur, adolescente in Roma antica, cf. Bettini (1 9 8 6 ,18 ss.); fratello,com e risulterá chiaro nelle contestazioni che
'inquitatis manet. per l'influsso sugli Adelphoe del diverso rapporto gli rivolgerá nella scena finale (cf.infra § 9).
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

2. Demea fa attenzione anche alie proprie reazioni ai ri-done detenesse sempre il potere dedsionale nei confront! del figlio:
sultati della sua sperimentazione; oltre alie prime reazioni, di da questo esempio estremo appare chiaro che, contro ogni rego­
cui abbiamo giá parlato, si vedano anche i w . 911 ss.: euge! iam la antropológica vigente in Roma antica, e anche al di fuori delle
lepidus vocor. ffia tr i aedes fien t perviae, turbam domum/ addu­ teorizzazioni pedagogiche dello stesso Midone, il vecchio, sotto-
ced [et] sumptu amittet multa: quid mea ?/ ego lepidus ineo gra- posto a forte pressione, cede il potere dedsionale al figlio (e al fra­
tiam. iube nunciaml dinumeret Mi Babylo viginti minas. tello: in quanto il figlio appoggia quella che è una richiesta parti­
II vecchio ottiene simpatia e riconoscenza facendo doni a ta da Demea). Risulta allora con evidenza quale sia il limite che
spese del ff atello (salvo nel caso delTafffancamento della moglie Demea deve evidenziare: il desiderio di Micione di assecondare
di Siro, in cui sarà lui a mettere a disposizione la somma neces­ le richieste del figlio (ma anche le richieste altrui, come comporta
sária) con una divertente ristrutturazione della pratica dello la facilitas) lo puó spingere, in determinate condizioni, cioè quan­
scambio di beneficia tipica delTamicizia46. Sembra che Demea do è sottoposto ad una forte insistenza da parte di chi chiede, ad ac-
voglia danneggiare Micione, invece che scambiare con lui i do­ consentire anche se si tratta di una richiesta che egli ritiene ingiu-
ni tipici del rapporto di amicizia: ma, se si guarda agli effetti pra- sta o addirittura assurda48.
tici delle iniziative del vecchio, si scopre che esse portano anche Le iniziative che Demea prende nei confronti dei fratello e
alcuni elementi positivi sia a Micione che alio stesso Demea. In le azioni che lo spinge a fare nelle scene finali, se studiate nel
effetti i beneficia arrivano in modo indiretto (proprio attraverso quadro delle relazioni fra i personaggi, acquistano una serie di
la serie di regali che il vecchio costringe il fratello a fare ad altre important! valenze. A proposito tuttavia della evidenziazione
persone) e consistono appunto nella riconoscenza dei benefica- del settore in cui il rapporto fra Micione ed il figlio può dimo-
ti verso i due vecchi e nelTallargamento della sfera degli affetti47; strarsi inadeguato, va ricordato che risulta tale in una situazio-
inoltre, la stessa sperimentazione die Demea fa compiere al fra­ ne in cui il senex è sottoposto a forti pressioni. Non va dimenti-
tello di un modo diverso di percepire il suo abituale modello di cato infatti che, nel corso della commedia, Micione corregge gli
comportamento, nonché fim plidta evidenziazione di eventua- sbagli del figlio49: si veda ad es. come il vecchio presenti ad
li limiti nel modello pedagógico di Micione, si possono consi­ Eschino (colpevole di aver violate uno dei punti fondamentali
derare, da un punto di vista relazionale, come utili doni. del rapporto padre-figlio, cioè la confidenza e la fiducia nei con­
Fra tutte le richieste che Demea, con 1’aiuto di Eschino, co­ fronti del padre) una delle possibili conseguenze negative del
stringe Micione ad esaudire, la piu dura è proprio quella die Mi- suo comportamento, come gik aweratasi50. Si veda anche l’e-
tione si sposi alia sua etá, contro i suoi desideri: il fatto che nel rap­ splitita motivazione che Micione fornisce di tale correzione (w.
porto fra padre e figlio ti sia qualche cosa che non va appare da 639-40): tacet. quor non ludo hunc aliquantisper? melius e s t j
questa incapacità di Micione di opporre un rifiuto a tale richiesta, quandoquidem hoc numquam mihi ipse voluit credere51.
nonostante la ritenga sbagliata, stupida e ■ 46.Sullo scam bio di beneficia com e tra tto B 49. Anche nell'esposizione delle s ueteorie
assurda (w. 944-945 MI. etsi hoc mihipra- pertinente dell'am icizia si veda Raccanelli (1998, educative, M icione prevede ia necessita di retiñere i
passim). fig li (v.58),sebbene con mezzi diversi rispetto al mos
vum ineptum absurdum atque alienum a B 47. In questo senso, anche il m atrim on io con m aiorum ,e non rinuncia all‘im perium tip ic o del pater
vita mea / videtur, si vos tanto opere istuc Sostrata po treb be essere visto in un'ottica non del (w .65-67),che tuttavia, secondo lui,va instaúrate
tu tto negativa;cf.anche N o r w o o d (1923,130) «it non con la vis, ma con fa m ic itia .Sulla som iglianza di
volti\fiat). Ceravamo prima chiesti se Mi- w ithdraw s him [sc M id o ] fro m th a t position o f questa teoria «con le idee politiche degli Scipioni» e
irresponsible de tachm en t w hich is th e ch ie f danger «con i principi dell'im perialism o filan tróp ico e
o f elderlybachelors». illum in ato che saranno poi teorízzati da Panezio» si
B 48. Anche Cremete con M enedem o (se pure in veda Pfrfi i i (1973,80).
m odo diverso,cioè attraverso consigli ed f l 50. Racconta infattí al fig lio che la donna che abita
avvertim enti diretti) evidenzia il rischio im plícito nel ¡n quella casa (e che il fig lio ha messo incinta e si è
mostrarsi sempre accondiscendenti verso il proprio ¡m pegnato a sposare,senza peró trovare il coraggio
figlio: sí veda, in p arti co Iare, Heouf. w . 478 ss.nam si di paríame al padre) verrá data in m oglie ad un
seme! tuom anim um ilte intellexerit,/priu'proditurum te parente di M ile to iil fig lio dísperato scoppia in
Warn vitam e tpriu s/p ecun iam om nem quam abs te lacrime ed il padre inten erito lo rassicura súbito.
am inas fiiium, h u i/q u a n ta m fenestram ad nequitiem B 51. N orwood (1 9 2 3 ,12 2 ss.), individua in questa
patefeceris,/tib¡ autem porro u tn o n sit suave vivere!/ scena (IV 5) II m o m e n to in cui il personaggio di
Dioniso 2 [...] quod quoique quom que incident in mentem v o le t/
ñeque id putabitpravom an rectum sit:petet.
M icione appare nella luce piú nobile e prim eggia su
tu tti gli altri personaggi.
;re dedsionale nei confront! del figlio:
tppare chiaro che, contro ogni rego-
loma antica, e anche al di fuori delle
dlo stesso Micione, il vecchio, sotto-
11potere decisionale al figlio (e al ff a-
ggia quella che è una richiesta parti-
con evidenza quale sia il limite che
lesiderio di Micione di assecondare
he le richieste altrui, come comporta
i determinate condizioni, cioè quan-
isistenza da parte di chi chiede, ad ac-
li ima richiesta che egli ritiene ingiu-

:a prende nei conffonti del fratello e


:e nelle scene finali, se stiidiate nei
lersonaggi, acquistano una serie di
-osito tuttavia della evidenziazione
) fra Micione ed il figlio può dimo-
lato che risulta tale in una situazio-
o a forti pressioni. Non va dimenti-
11a commedia, Micione corregge gli
ad es. come il vecchio presenti ad
violate uno dei punti fondamentali
oè la confidenza e la fiduda nei con-
possibili conseguenze negative del
già aweratasi50. Si veda anche Te-
done fornisce di tale correzione (w .
do hunc aliquantisper? melius e s t j
im mihi ipse voluit crederei51.
\n ch e nell'esposizione delle sue teorie
tive, M icione prevede la necessitá di retiñere i
58),sebbene con mezzi divers! rispetto a! mos
jm , e non rinuncia aW’im perium típ ic o del pater
-67),che tuttavia, secondo lui,va Instaúrate
3n la ws,ma con Yamicitia. Sulla som iglianza di
3teoría «con le Idee politiche degli Scípioni» e
principi dell'im perialisnno filan tróp ico e
ia te che saranno poi teorizzati da Panezio» si
SERELLI (1973,80).
tacconta infatti al fig lio che la donna che abita
Ha casa (e che il fig lio ha messo incinta e si è
inato a sposare, senza pero trovare II coraggio
arne al padre) verrá data ¡n m o giie ad un
:e di M ileto: il fig lio disperato scoppla in
e ed il padre inten erito lo rassicura súbito.
\Iorwood (1923,122 ss.), individua in questa
(IV 5) il m o m e n to in cui il personaggio di
le appare nella luce pió nobile e prim eggia su
li altri personaggi.
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

7. Realizzazione delle basi perché I'amicizia fra puer (rivolto al figlio); v. 942 non omittitis? (rivolto al fiatello ed al r SulTultima richiesta, ci
Micione e Demea possa attuarsi del tutto figlio insieme); v. 943 vis est haec quidem (rivolto al figlio e proba- 1 cola somma a Siró, per le pri
L’amicizia scaturisce fra chi ha opinioni e gusti simüi: cff. Cic. de bilmente anche al ffatello). 1 liberto, M icione esasperato
am . V I, 20 Est enim amicitia nihil aliud nisi omnium divinarum Neüa formula con cui acconsente a dare in usufrutto ad t;- manda la decisione a dopo:
humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio52. Egione un suo ager vicino aña città (v. 956) quid istic? dabitur | pressione che Ü frateüo rifit
Minimizzare le differenze e ottenere l'accordo tra fratelli di- quando quidem hie volt è da notare Tuso del passivo senza com- | acconsentirá55.
venta quindi una premessa importante perché fra le due persone plemento di agente, che indica Ümínimo di partedpazione pos- | Nefia sítuazione confli
possa instaurarsi dawero un rapporto di amicizia. Potrebbe año­ sibile alfazione, nonché ñ ricorso al futuro che allontana nel | media una possibilita di acó
ra non essere un caso che i risultati degli interventi di Demea, nel- tempo la donazione; la risposta affermativa, inoñre, è presenta- ¡ Micione silasciasse contagie
le scene finali, segnino una riduzione delle differenze di vita fra lui ta come condizionata da due fattori: 1. ñ fatto che Demea abbia ¡- pater iratus, cosa che egfi rif
e il frateUo, in quanto una deñe principaH differenze, Ü fatto che rafforzato la sua richiesta con la citazione di una frase pronun- | w . 145-47: verum si augeam
uno sia sposato e Taltro no, viene eñminata. Sembra comunque ciata dallo stesso Micione e che mette quest’ultimo con le spal- I cundiae , / insaniam profectt
ricercato volutamente l’effetto deñe pressioni di Demea sul ffatel- le al muro (quid ísfre?“cosa potrei rispondere a questo punto?”); cordo consisteva nel contaj
lo, cioé Tinstaurarsi di un accordo. L’interazione fra i due fr ateUi, 2. Ü fatto che A figlio voglia cosí ( quando quidem hic volt). m ea si lasciasse contagiare
infatti, in seguito all’adozione, da parte di Demea, del modeño Per accontentare Ü figlio ed A fratefio, Micione acconsente | frateüo: questa è esattamenl
comportamentale di Micione, non puó che riproporre ripetuta- anche a liberare lo schiavo Siró (w. 969-70) ML: si quidem h o c/ ¡f A delphoe , anche se la digni
mente f accordo, anche se rapplicazione cómicamente esagerata volt?: Syreyeho accede hue ad me: liber esto anche se la forma la- la­ sua libera scelta e daña mor
che Demea fa di tale modeño finisce per mettere Micione in con- cônica con cui egli compie la manumissio non lascia trasparire ¡ lasciava ampi margini di lil
flitto con le sue stesse abitudini di vita53. Questo spiega le formu- Übenché mínimo entusiasmo. | denziare il punto debole ne
lazioni particolad con cui Micione acconsente, che denunciano, in Un elemento importante da notare e che sposta il discorso Añ’interno del nuovo
modo sempre piü evidente, come egU dica di si, ma obtorto eolio: su Demea è ü fatto che la successiva richiesta, avanzata da Siró e t due senes sí trovano a gareg;
cf. v. 928 hand aliter cerneo (si noti la litote al posto di un afferma--, súbito fatta propria dal vecchio, di liberare anche la moglie di Si- f co modeño relazionale e ai
zione diretta) è la risposta aña richiesta di Demea, caldeggiata da ro, viene supportata da Demea con Timpegno di pagare lui stes- li­ sítuazioni in cui, piü o men
Eschino, di abbattere il muro che divide le due case di Micione e so ilprezzodeÜa liberta deüaschiava: a differenzadei preceden- % do: m a la ripetizione delfa
delia famigña deüa nuora, per fare m f única famiglia. La risposta ti impegni presi dal frateüo, che tradivano la costrizione e la man- | mento che conferma la relas
definitiva aña forte pressione esercitata da Demea e Eschino per­ canza di convincimento, questo impegno viene preso da Demea | m e commenta divertito De:
ché Micione sposi la madre deña nuora è nei già citati w . 944-45 in modo diretto e sereno (v. 977): postremo a me argentum quan - ¡ pariter animo et corpore.
(ML etsi hoc mihipravum ineptum absurdum atque alienum a vi­ tist sumito. Anticipando un problema che sará affrontato piü ¡ Anche questi element
ta mea / videtur; si vos tanto opere istuc volti\fiat), in cui 'Afia t è avanti, possiamo notare che Demea ha appHcato coerentemen- ¡ nali degli Adelphoe, lungi d;
condizionato da fortissime riserve e comunque arriva dopo i pre- te una deñe decisioni che aveva preso nel monologo citato so- js no una serie di im portantif
cedenti dinieghi: v. 934 ineptis (rivolto al frateüo); v. 935 ML quid pra e cioé queña di non curarsi deñe eventuali perdite economi- i te alie p artiprecedenti della <
tu autem huic, asine, auscultas? (rivolto al figlio); v. 936 deliras (ri­ che (v. 881): deerit: id mea minime referí qui sum natu maxumus. | ca anzi esse risultano in qua
volto al frateüo); v. 937 insanis: aufer (rivolto al figÜo); v. 937 satin Il suo dono si configura come piü convinto di queñi di Micione: f te abbiamo già visto. Da un
sanus es? (rivolto al frateUo); v. 940promisti autem? de te largitor; egfi batte quindi Micione proprio sul terreno defia generosita54. re’ le tesi pedagogiche di M

■ 52. Sul c o n c e tto di consensio nell'am icizia e sulle H 54.Cf. qu an to osserva D onato a d A d 981,3 ¡STOC
sue fo n ti filosofíche, si veda Bellincioní (1970,125 VILIUS hoc egit Terentius, ut converses offidis usque
ss.) adeo prodigum faceret Demeam, doñee pardorem
IB 53. La facilitas e la dem entia, seguito alie redderet Micionem.
rtchieste eccessíve di Demea, da piacevole ed utile ■ 55. Cf. D onato adAd. 938,1 FACIETnequid
scelta di vita diventano per M icione una negatum in fíne fabulae videatur, a d didit Demea
im posizione che è costretto a subiré, sia per non 'faciet'; 938,3 Et m ire 'faciet', quia nec credibile erat
Dioniso 2 rinnegare l'im m agine che tu tti hanno di lui, sia per
non oppo rre un ne tto rifiuto al fig lio e al fratello.
statim consensurum qui negaverat et perpetua negado
esse in fíne non debuit.

72-73
i
í non omittitis? (rivolto al fratello ed al SulTultima richiesta, cioé di concederé in prestito una pic- mento ddl’ideale presente nello Heautontimorumenos) da ció
haec quidem (rivolto al figlio e proba- cola somma a Siró, per le prime necessita della sua nuova vita da che di eccessivo e di errato avrebbe potete insinuarsi nelTap-
liberto, Micione esasperato e ormai deciso a dare battaglia ri- plicazione che il senex ne aveva fatto. Come nello Heautontimo­
li acconsente a dare in usufrutto ad manda la decisione a dopo, anche se Demea, per evitare Tim- rumenos il compito di far rilevare le eventuali esagerazioni’ in un
alia città (v. 956) quid istic? dabitur pressione che il fratello rifiuti quest’ultimo dono, assicura che senso o nelTaltro spettava all5amico, cosi negli Adelphoe tale
i notare Tuso del passivo senza cóm ­ acconsentirá55. compito spetta al fratello che, nel momento in cui Micione ri-
ica il minimo di partecipazione pos- Nella situazione conflittuale presente alTinizio della com ­ struttura la loro relazione come amicizia e comunione di beni,
ricorso al futuro che allontana nel media una possibilitá di accordo fra i due fratelli richiedeva che è finalmente autorizzato ad intervenire per correggere. Dall’al-
osta affermativa, inoltre, è presenta­ Micione si lasciasse contagiare dalTira e diventasse anche lui un tro lato, le scene finali portano ad un rafibrzamento del nuovo
re fattori: 1. il fatto che Demea abbia pater iratus, cosa che egli rifiutava consapevolmente di tare (cf. modello relazionale fra i due senes, grazie ai risultati pratici di ri-
on la citazione di una frase pronun- w. 145-47: verum si au geam /au t etiam adiutor si<e>m eius ira- duzione delle differenze e di riproduzione reiterata di una si-
: che mette quesfultim o con le spal- cundiae, ¡ insaniam profecto cum illo). Daltra possibilitá di ac­ tuázione di accordo, che scaturiscono dalle richieste di Demea.
potrei rispondere a questo punto?”); cordo consisteva nel contagio opposto, cioé nel fatto che D e­
cosi (quando quidem hie volt). mea si lasciasse contagiare dalla facilitas e dalla dem entia del 8. II cambiamento di Demea
lio ed il fratello, Micione acconsente fratello: questa è esattamente la strada che viene percorsa negli Al problema se Demea cambi o meno gli studiosi hanno dedica­
Siro (w. 969-70) MI: si quidem h o c / Adelphoe, anche se la dignitá di Demea è salvaguardata dalla te moita attenzione57. Giá Donato parla ripetutamente di un cam­
d me: liber esto anche se la forma la- sua libera scelta e dalla modalitá della sperimentazione che gli biamento di Demea (ad es. ad Ad. 380,3 SALSAMENTA HAEC
la manumissio non lascia trasparire lasciava ampi margini di libertá e gli consentiva anche di evi- STEPHANIO in tota comoedia opera danda est, ut stomachetur
no. denziare il punto debole nella pedagogia del fratello. Demea, excepto quod se ipse in fine commutat; 856,2 QUIN RES
ate da notare e che sposta il discorso AlTinterno del nuovo modello di amicizia e comunione i AETAS USUS triaposuit, exquibus res'pro experientiaponitur, et
ccessiva richiesta, avanzata da Siro e due senes si trovano a gareggiare nelTapplicazione di un idénti­ hac se dkit esse mutatum: 895,2 [...] hae autempromissiones ad hoc
hio, di liberare anche la moglie di Si- co modello relazionale e arrivano di necessita ad una serie di praemittuntur, ut cum in subiectis agí a Demea huiusmodi res co-
íea con Fimpegno di pagare lui stes- situazioni in cui, piü o meno forzatamente, si trovano d’accor- eperint, non sit absuráum spectatoribus Demeam tam cito esse mu­
a schiava: a differenza dei preceden- do: ma la ripetizione delfaccordo diventa a sua volta un ele­ tatum). Del resto lo stesso Micione parla di un mutamento del
he tradivano la costrizione e la m an­ mento che conferma la relazione di amicizia e di fratellanza, co­ carattere del fratello: Ad. 984 ML quid istuc? quae res tam repente
iste impegno viene preso da Demea me commenta divertito Demea (v. 957): DE. nunc tugermanu’s mores mutavit tuos?C5é tuttavia unosservazione di Donato che ha
T77):postremo a me argentum quan- pariter animo et corpore. create problemi agli studiosi: adAd. 992 QUAE VOS PROPTER
l problema che sará affrontato piü Anche questi dementi ribadiscono il fatto che le scene fi- ADULESCENTIAM MINUS VIDETIS hic ostendit Terentius ma-
Demea ha applicate coerentemen- nali degli Adelphoe, lungi dalTessere una coda farsesca, svolgo- gis Demeam simulasse mutatos mores quam mutavisse da ricolle-
7eva preso nel monologo citato so- no una serie di importantifunzioni e sono collegate strettamen- gare alia sua nota al v. 986,3 QUOD TE ISTIFACILEM ET FE -
rsi delle eventuali perdite economi- te alie parti precedenti della commedia56: da unottica pragmáti­ STIVUM PUTANT bene in postremo dignitas personae huius ser­
inime referí qui sum natu maxumus. ca anzi esse risultano in qualche modo prevedibili, come in par­ vato est, ne perpetuo commutata videretur, ut Truculenti apud Plau-
ie piü convinto di quelli di Micione: te abbiamo giá visto. Da un lato infatti esse servono a purifica­ tum5S. C è da dire che Tosservazione di Donato al v. 992 mi sem-
oprio sul terreno delia generosità54. re5le tesi pedagogiche di Micione (che sono giá un perfeziona- bra che a volte sia stata letta in modo diverso da come la presen-

f. qu an to osserva D onato ad A d 981,3 ISTOC n 56. Anche ció che dice, riguardo a Terenzio, discordí:c'é ch¡ parla di una conversione di Demea,
loe egit Terentius, u t conversis officiis usque Evanzio, nel Defobuio, porta ad escludere che si com e O rlan di ni (1 982,102 ss.), e chi invece arriva alia
'odigum faceret Demeam, donee parciorem possa considerare il fínaie degli Adelphoe com e conclusione opposta, cioé che Demea simuli
tM icionem . un'appendice staccata dal resto della com m edia:(3r7) soltanto, com e Perélli (1973,100 ss.), e Lieberg (1989).
f. D onato ad Ad. 938,1 FACIEI n e q u id Adde [...] quod m edia prim is atque postremis Ha nexuit, m 58. In ne perpetuo com m uta ta videretur, n e é
m in fine fabulae videatur, a d didit Demea u t nihil additum alten, sed e taptum ex se totum et uno cong ettura di Wessner, per il tra d ito u t perpetuo;
938,3 Et mire 'faded quia nec credibile erat corpore videatur esse compositum. Sul passo si veda tu ttavia nel codex Chigianus H Vil 240 com pare
:onsensurum qui negaverat et perpetua negado anche C upaiuolo (1992,89). l'o ttim a lezione u tn o n (su cui si veda Z wierlein
ine non debuit. S 57. Anche in questo caso, le op in ion i sono (1970,65).
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

tava il commentatore terenziano, cioè come se equivalesse ad una allora non solo non gli hanno permesso di raggiungere questo fetto dei figli, rendendolo odioso a le
decisa affermazione che Demea simulava il mutamento: ma, a scopo, ma anzi glielo hanno precluso, decide di abbandonarli. In m o una chiara rinuncia ad im pone 1
parte il fatto che se cosí fosse lo stesso commentatore entrerebbe connessione con questo c e anche un cambiamento di valuta- poteri che aveva in base alio ins, in q
in contraddizione con quanto ha detto prima, va rilevato che egli zione riguardo alia facilitas e alia dem entia , che sono viste come ta ai figli: qui Demea fap rop ri gli ide>
dice solo che Terenzio mostra che in Demea la percentuale della ció che dé di meglio per Puomo. 49 ss. in eo me oblecto, solum id estea
simulazione del cambiamento risulta maggiore di quella del rea­ Se si esaminano le contestazioni che Demea rivolge al ff a- tra m e h a b ea tfa d o sedulo :/ dopraex
le cambiamento: in altre parole, qualche cambiamento c è stato. tello nella scena finale (cf. § 9), si vedra come queste decisioni om nia /pro m eo iure agere ) .
Certo occorre tenere presente che è facile, durante lo svolgimen- vengano rispettate da Demea: egli infatti non rimprovera al fra- La cosa interessante è che qui 1
to della commedia, scambiare per cambiamento ció che era solo tello di essere considérate facilis e festivas, ma di essersi conquí­ nello stesso errore che aveva evidenzi;
sperimentazione: decidere di sperimentare, invece, non equivale stala questa fama non perché sia veramente tale, e quindi dóta­ condare comportamenti ingiusti dei 1
ad impegnarsi a cambiare il proprio carattere59; inoltre la speri­ te di aequitas e bonitas , ma perché ha praticato Yadsentatio, Yin- tere detisionale. Tuttavia, anche se fom
mentazione ha un termine e questo potrebbe ricollegarsi alia già dulgentia e la largitas. D’altro lato, Demea non dichiara di voler bra la stessa, c e qualcosa di diverso: qi
citata nota di Donato ad Ad. 986,3. tornare al labor e alia vita dura; inoltre, di fronte ai figli, propo­ bito del comportamento di cortesia, t
Per impostare in modo chiaro il problema, sembra meglio ne la sua guida, ma è disponibile a rinundare ad essa se loro non Taltro delle alternative61 e di nuovo I
partiré da quello che il senex dice nel monologo in cui prende le saranno disposti ad accettarla: si tratta di un’ow ia rinuncia alia delle teorie educative di Mitione (w. 7
sue decisioni, e tenere ben distinto ció che egli è disposto a cam­ vis e alia potestad0, alio scopo di evitare che la sua vita sia odio­ consuefacere filium / sua sponte red e)
biare da ció che invece è disposto a sperimentare, in vista del sa a loro, quindi per essere amato dai figli, piuttosto che temuto hoc pater ac dominas interest. Inoltre va
raggiungimento dei suoi scopi. ed odiato. Demea resta cosí fedele alia sua dedsione di cercare l’a- conendo un rischio,paradossalmente
b-
Le decisioni relative ad ún cam biam ento (di idee e/o di more dei figli ed è pronto anche ad abbandonare qualsiasi criti­ preoccupazioni, proprio perché feduc
comportamento ) sono: ca, pur di non essere odiato da loro: cf. w . 989 ss. to ad Eschino ha avuto ottimi risultati
1. ego vitam duram quam vixi usque adhuc / iam decurso nunc adeo si ob earn rem vobis mea vita invisa, tello aveva affermato con sicurezza: (v
spatio omitto (w. 859-60); |_Aeschine, est re intellegere, in loco / vereri, interse ar¡
2. re ipsa repperi/facilitate nil esse homini meliu ñeque d e ­ quia non iusta iniusta, prorsus omnia omnino genium atque animum: quovis illos tu c¡
mentia (w . 860-61); |_obsequor, Ma, per comprendere a pieno co.
3. ego quoque a meis me am ari et magni p en d i postulo missa fa d o : effundite emite, facite quod vobis lubet. t/" te mutate, occorre prendere in esame
(v. 879); sed si [id] volti potiu\ quae vos propter adulescentiam avere avuto su di lui la sperimentazior
4. deerit: id m ea m inim e refert qui sum natu maxumus minu’ videtf, magis inpense cupiti, consulitis parum, quello che Demea vuole sperimentare
(v. 881); haec reprehenderé et corrigere me et [ob]secundare cui, ai suoi occhi, Mitione si è conquiste
Relativamente a quesf ultima decisione (n. 4) abbiamo già |_inloco, m a di n om o facilis e clemens cioè il bla
verificato come Demea tenga fed e ad essa e mostri di non curarsi ecce me qui id fatiam vobis. cere , il dare e Yobsequi. La modalitá in
delle eventuali perdite economiche. Per gli altri tre cambiamenti La priorità assegnata alVaffetto dei figli verso di lui, confer- tazione è quella délYesasperazione di q
(n. 1-3), la frase-chiave è quella del v. 879 (n. 3): la priorità, per ma quindi come Demea resú fedele alia decisione che egli ave- una sorta di gara con il fratello. Cf. w . 8
Demea, è quella di essere amato e tenuto in alta considerazione va preso durante il monologo; per di piü, insieme al proposito di experiamur contra ecquid ego possiem /
dai suoi: visto che il labor e la vita dura che ha condotto sino ad abbandonare comportamenti che potrebbero privarlo delTaf- facere, quando hocprovocat. /[...]/ si id f

i
■ 59.Si pu ó sottoscrivere, a questo riguardo, quello ■ 62. Già dietro questa prim a im plícita valutazione
che afferma Lieberg (1989,363), e cioè che Demea che Dem ea dà dei c o m p o rta m e n to del frateílo,
«non pensa di cam biare veram ente carattere, bens) com e abbiam o visto, è presente una percentuale di
di svolgere soltanto un certo ruolo per raggiungere fra in te n d im e n to ,rico n d u cib iie ali'influsso del
determ inad scopi,cioè l'am ore e la stim a dei figli». passato,doè alia m odalitá del co n flitto e del i
■ 60. In qu an to egli,appellandosi alio /U5,avrebbe reciproco giudizio negativo; tale tendenza
p o tu to obbligare alm eno Ctesífone all'obbedienza e com parirá con piCr forza nelle contestazioni che
Dioniso 2 p u nirlo nel caso di un rifiuto.
■ 61. Cf. Lakoff (1978,229 ss.).
Demea, alia fine della c om m edia, rivolgerá al frateílo
é di cui tra ttere m o piü avanti.
in o permesso di raggiungere questo fetto dei figli, rendendolo odioso a loro, in queste parole trovia- do, non posteriores feram 62. Naturalmente la sperimentazione
0 precluso, decide di abbandonarli. In mo una chiara rinuncia ad imporre la sua volontá, a ricorrere ai non tramuta quasi magicamente il carattere di Demea renden­
?h anche un cambiamento di valuta- poteri che aveva in base alio ius, in quanto la decisione è lascia- dolo fad lis e clemens: egli piuttosto adotta un comportamento
; e alia dem entia , che sono viste come ta ai figli: qui Demea fap rop ri gli ideali educativi di M iáone (w. improntato alia facilitas ed alia dementia, cioé apprende un mo­
uomo. 49 ss. in eo me oblecto, solum id est carum mihi. / Ule ut item con­ do di relazionarsi diverso da quello duro e severo che aveva usa-
mtestazioni che Demea rivolge al fra- tra me habeatfacio sedulo: / do praetermitto, non necesse babeo to sino ad allora, e quindi anche grazie alia sperimentazione, ol-
§ 9), si vedrá come queste decisioni omnia /pro meo iure agere) . tre che alie decisioni che aveva preso63, impara a mostrare ri-
lea: egli infatti non rimprovera al fra- La cosa interessante è che qui Demea rischia di incorrere spetto per i desideri dei figli, a tenere conto della loro volontá
fadlis efestivus , m a di essersi conqui- nello stesso errare che aveva evidenziato nel fratello, cioé di asse- (tanto é vero che subordina ad una loro accettazione la possibi­
:hé sia veramente tale, e quindi dota- condare comportamenti ingiusti dei figli, di lasciare a loro il po- lita di guidarli com e pater); impara anche ad assecondare quan­
1 perché ha praticato Yadsentatio, Yin- tere dedsionale. Tuttavia, anche se formalmente la situazione sem- do è il caso (v. 994 [ob]secundare in loco ) e ad essere indulgente
tro lato, Demea non dichiara di voler brala stessa, de qualcosa di diverso: qui siamo piuttosto nelTam- anche se non in modo esagerato (quando, alia fine della com­
dura; inoltre, di fronte ai figli, propo- bito del comportamento di cortesia, che consiste nel lasciare al­ media, consentirá al figlio Ctesifone di tenersi la psaltria).
inibile a rinunciare ad essa se loro non falfan delle alternative61 e di nuovo Demea sta applicando una Quindi, gli effetti della sperimentazione attuata da Demea
arla: si tratta di un ow ia rinuncia alia delle teorie educative di Micione (w. 74-76): hocpatriumst,potiu, appaiono nelle sue ultime parole e nelle decisioni che esse espri-
Dpo di evitare che la sua vita sia odio- consuefacere filium / sua sponte rectefacere quam alieno metu: / mono (V 6). Cosí, sommando il cambiamento che ha realmente
i amato dai figli, piuttosto che temuto hocpater ac dominas interest. Inoltre va aggiunto che, se Demea sta attuato e che lo ha portato ad aderire in parte alie teorie pedago-
i fedele alia sua decisione di cercare la - correndo un rischio, paradossalmente puó correrlo senza troppe giche del fratello e i modi alternativi di interagire che ha appreso
anche ad abbandonare qualsiasi criti- preoccupazioni, proprio perché l’educazione che Micione ha da­ in seguito alia sperimentazione, non meraviglierá constatare co­
;o da loro: cf. w . 989 ss. to ad Eschino ha avuto ottimi risultati ed è vero quello che il fra­ me, nella prima applicazione del nuovo modello relazionale
rem vobis mea vita invisa, tello aveva affermato con sicurezza: (w. 827 ss.) video [eos] supe­ (quando Eschino, dopo aver acconsentito, anche a nome del fra­
|_Aeschine, est re intellegere, in loco / vereri, inter se amare: sdre est liberum / in- tello, a lasciarsi guidare dal pater, gli chiede quale sarà la sorte del
i, prorsus omnia omnino genium atque animum: quovis illos tu die / redducas. fratello Ctesifone), Demea si mostri indulgente e fermo insieme,
|_obsequor, Ma, per comprendere a pieno cosa Demea abbia realmen­ acconsentendo a che Ctesifone si tenga la psaltria di cui è inna-
i emite, facite quod vobis lubet. te mutato, occorre prendere in esame anche gli effetti che puó morato, ma esigendo che questa sia l’ultima awentura amorosa.
quae vos propter adulescentiam avere avuto su di lui la sperimentazione. Abbiamo giá visto che Che in Demea siano awenuti dei cambiamenti lo dimostra anche
npense cupitf, consulitis parum, quello che Demea vuole sperimentare è il comportamento con 1 immediata approvazione che questa sua decisione riscuote dal
corrigere me et [ob] secundare cui, ai suoi occhi, Micione si è conquistato laffetto dei suoi e la fa­ fratello Micione (v. 997 istuc recte)64. È importante che la com­
[_in loco, ma di uomo facilis e clemens cioé il blande dicere e il benigne f a ­ media si chiuda su questa approvazione di Micione, che segna
i vobis. ceré, il dore e Yobsequi. La modalitá in cui awiene la sperimen­ un accordofra i duefratélli, ma anche un accordo finalmente spon-
i aWajfetto dei figli verso di lui, confer- tazione è quella deWesasperazione di questi comportamenti, in taneo , non ottenuto a forza, come nei casi precedenti.
resti fedele alia decisione che egli ave- una sorta di gara con il fratello. Cf. w . 877-80: age, age, nunciam Nel discorso finale di Demea (w. 986-95) sembra di co-
ogo; per di piü, insieme al proposito di experiamur contra ecquid ego possiem / blande dicere aut benigne gliere lironia sorridente di Terenzio: nelle parole del senex infat­
lenti che potrebbero privarlo dell’af- facere, quando hoc provocai. /[...]/ si id fit dando atque obsequen- ti convivono esigenza di correggere sbagli, residui di fraintendi-

¡2. Giá d ie tro questa prim a im plícita valutazione ■ 63. La sperimentazione senza le decision!
: Demea dà del c o m p o rta m e n to del frateüo, precedenti avrebbe anche po tuto non com portare
ríe abbiam o visto,è presente una percentuale di sostanziaii cam biam enti del m odo di vivere di Demea.
ntend im ento, riconducibile ail'influsso del ■ 64, La battuta è sicuramente da a ttrib u te a Micione,
;sato, cíoé alia m oda lita del co n flitto e del com e giá faceva Donato, nonostante alcuni codicí
¡proco giudizío negativo;tale tendenza (Decurtotus, Parisinus Lat. 7899, Vaticanus Lat.3868,
nparirá con piü forza nelle contestazioni che A m brosianus,Riccardianus) la attribuiscano ad Eschino
mea,alia fine della com m edla, rivolgera al fratello ed un códice {Victorianus) om etta il cam biam ento di
i cui tra tte re m o piü avanti. interlocutore attribuendo la battuta a Demea.
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degii Adelphoe

mentí e di risentimenti del passato, desideri di rivincita verso il anche se Tassunzione di tale ruolo è subordinata al loro assenso.
fratello, insieme ad un cambiamento che va proprio nel segno Ma non è solo Demea ad attuare cambiamenti ed a subiré
delTadesione alie priorità ed alie teorie educative del fratello. gli infiussi della sperimentazione; anche Micione cambia: infat-
Paradossalmente, la rivincita di Demea, se guardata piii in pro- ti, come abbiamo anticipate, sotto la pressione delle richieste di
fonditá, appare anche come il trionfo di Micione; al di là degii Demea, egli finisce per sperimentare il suo modo di vita abi-
strascichi di un lungo conflitto, i due fratelli si ritrovano sostan- tuale in una forma talmente esasperata da subirlo come sgra-
zialmente e spontaneamente d’accordo. La battuta finale di M i­ devole e difficile. Ció spinge Ü senex , occasionalmente, verso la
cione (v. 997 istuc recte) potrebbe essere riferita non solo alia de- polaritá opposta, del diniego, delia indisponibilità a donare, o
cisione finale di Demea su Ctesifone, ma anche a tutto il nuovo almeno alTatteggiamento di chi concede controvoglia: la gene-
modo con cui Demea ha impostato il rapporto con i figli. rosita e la disponibilitá ad assecondare gli altri che fino ad allo-
Va osservato inoltre che il giudizio di Donato relativo ad ra erano state una sua scelta diventano qualcosa a cui egli si ve­
una simulazione del cambiamento che prevale su un cambia­ de costretto65. Non c è da meravigliarsi se, come abbiamo visto,
mento reale è formulate a commento dei versi finali (992 ss.) Micione finisca per dare delTasino e del pazzo al figlio (v. 935 e
delT ultimo discorso di Demea, in cui egli si presenta ai figli co- v. 937), comportandosi quindi in un modo per lui del tutto in­
m e pater, in grado di giudicare il loro comportamento, in quan­ consueto. Certo questo non puó comportare che il senex cam-
to dótate di maggior esperienza a causa delTetà. Quindi, alia bi stabilmente carattere, tanto piü che a questo proposito Te-
sperimentazione che ha spinto il vecchio ad acconsentire ai de­ renzio non ci dice nulla.
sideri del figlio Eschino, rinunciando ad imporre la propria vo-
lontà, è subentrata ora la riproposta di un ruolo direttivo. È una 9. Contestazioni che Demea rivolge a Micione nella
vera inversione di rotta che puó far pensare erroneamente che il scena finale (V 9)
senex ritorni alie posizioni iniziali; Donato potrebbe aver equi­ Esaminiamo ora in modo piü approfondito la serie di conte­
párate la maggior parte del cambiamento di Demea alia sua \ stazioni che Demea rivolge a Micione, a conclusione della sua
temporánea adozione del blonde dicere e benignefacere , del da- sperimentazione, ed in risposta alia domanda del fratefio sul
re e dell’obsequi e nel momento in cui il personaggio abbando- motivo di questo im prowiso mutamento (w. 984-88):
na la sperimentazione di questo comportamento, potrebbe aver MI. quid istuc? quae res tam repente mores mutavit
concluso che questi abbia piü simulate il cambiamento che ope­ |_tuos?
rate un vero mutamento. “quod prolubium? quae istaec subitast largitas?” DE.
Ma in realtà il nuovo atteggiamento che assume il senex è di- |_dicam tibi:
retta conseguenza dei risultati che la sperimentazione ha avuto su ut id ostenderem, quod te isti facilem et festivom
Micione. Dopo aver portato il fratello fino alTeccesso di acconsen­ |_putant,
tire a desideri che riteneva sbagliati e ingiusti (come quello di far- id non fieri ex vera vita ñeque adeo ex aequo et bono,
gli prendere moglie), solo per non scontentare il figlio, Demea ne­ sed ex adsentando indulgendo et largiendo, Micio.
cessariamente deve presentarsi ai figli come un punto di riferi- Demea obietta a Micione che rimmagine che gli altri han-
mento stabile, pronto a dire di no e a correggere quando sia il caso, no di lui, come persona socievole e amabile, non deriva da una

■ 65.11 reciproco cam biam ento di Demea e M icione príncípi del senex siano pericolosam ente vicini ad un
puó essere inquadrato anche all'ínterno della teoría difetto (opposto ow ía m e n te a quello presente in
del "giusto mezzo" (per cui si confronti Arist. Et Nic. 2,8 Demea) e com e ne! discorso tíñale proprio Demea si
(11 OS b, 11) ss. In questa o ttic a ja m igliore presentí quale portavoce del "giusto m ezzo"Lo
applicazione di tale teoria agli Adelphoe è quella di studioso ne ricava una im po rtan te conclusione (p.
Barchiesi (1992), che rileva com e fin dall'inizio della 235):«Laurea m ediocrità è una linea sottile,cangÍante,
com m edia M icione appaia il cam pione del "giusto continuam ente in discussione; divide i due fratelli, ma
mezzo(!poiché la sua virtü principale è la liberalitá, slitta dall'uno aiLaltro,e tú n ic o m odo per cercarla è
vale a dire la generositá che caratterizza l'uom o di modificarsi e rieducarsi,continuam ente».
nascita libera (in opposizione ai vizi polar! della Colgo qui l'occasione per ringraziare Alessandro

Dioniso 2 prodigalità e dell'avarizia). Barchiesi {ibid) evidenzia


poi come, talvolta, nel corso della com m edia,i
Barchiesi alia cui cortesia e alia cui com petenza devo
alcune preziose indicazioni.

76-77
le ruolo è subordinata al loro assenso.
ea ad attuare cambiamenti ed a subiré
tazione; anche Micione cambia: infat­
úo, sotto la pressione deUe richieste di
perimentare il suo modo di vita abi­
e te esasperata da subirlo come sgra-
ige il senex, ocasionalm ente, verso la
iego, delia indisponibilità a donare, o
3 di chi concede controvoglia: la gene-
i assecondare gli altri che fino ad allo-
dta diventano qualcosa a cui egli si ve-
lmeravigliarsi se, come abbiamo visto,
delTasino e del pazzo al figlio (v. 935 e
piindi in un modo per lui del tutto in-
íon puó comportare che il senex cam -
, tanto piu che a questo proposito Te-

Demea rivolge a Micione nella

do piü approfondito la serie di conte-


)lge a Micione, a conclusione delia sua
risposta alia domanda del fratello sul
w iso mutamento (w. 984-88):
e res tam repente mores mutavit
|_tuos?
quae istaec subitast largitas?” DE.
|_dicam tibi:
[uod te isti facilem et festivom
|_putant,
vita ñeque adeo ex aequo et bono,
indulgendo et largiendo, Micio.
licione che rimmagine che gli altri han-
. socievole e amabile, non deriva da una

jrin cip i del senex siano pericolosam ente vicini ad un


jife tto (opposto o w ia m e n te a quello presente ¡n
> m e a ) e com e nel discorso finale pro prio D em ea si
^resentí quale portavoce del"giusto mezzo" Lo
itudioso ne ricava una im po rtan te conclusione (p.
235):«l'aurea m ediocrità è una linea sottÜe,cangiante,
continuam ente in discussione; divide i due fratelli, ma
slitta dall'uno all'aItro, e l'unico m o d o per cercarla è
modifica rsi e ried ucarsi, conti n uamente». ^
Colgo qui l'occasione per ringraziare Alessandro
Barchiesi alia cui cortesia e alia cu! com petenza devo:
alcune preziose indicazioni.
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

vita schietta66, né da giustizia e bontà, ma dall’acconsentire sem­ fino ad arrivare all’esasperazione (cf. la reazione al v. 111 DE. M a anche Demea, a sua vo’
pre, dalTessere indulgente e prodigo di doni67. In effetti tale giu- pro Iuppiter, tu hom o adigi me a d insaniam /). giusto con il fratello: cf. w . 98 ss.
dizio puó sembrare troppo severo, soprattutto se si tiene conto Le pesanti conseguenze del comportamento non sincero quicquam iniustust, / qui nisi qu
che è in seguito all’applicazione esagerata della facilitas e della di M icione verso il fratello appaiono in modo evidente anche M icione ritiene che Demea sia ú
largitas ad opera di Demea che Micione ha finito per accon- ndla scena IV 7 in cui il senex, per nascondere a Demea la veri­ sifone ed a questo proposito all’i
sentire e donare di malavoglia68: in altre parole appare una mos­ tá, (e cioé che la psaltria è Lámante di Ctesifone) lascia che que- nei suoi confronti un’accusa ch
sa abile, ma tendenziosa, da parte di Demea, togliere il caratte- sti dia interpretazioni sbagliate della situazione, formuli le ipo- Demea gli lancera contro nella so
re di libera scelta ú lâ facilitas e alia largitas praticate abitual- tesi piü scandalose, pronunzi giudizi sempre piü negativi sul se durustpraeter aequomque et bo
mente da Micione, trasformarle in qualcosa che viene imposto fratello e si esasperi nell’ira (w . 743-52 ):. fieri ex vera vita ñeque adeo ex ae
con violente pressioni e poi ricavare dalle reazioni del fratello DE. corrector! nempe’ tua arte viginti minae Tornando all’esame dei w. 9í
la tesi di una non rispondenza di tali ideali alia sua natura. II ca- pro psaltria periere: quae quantum potest reale cambiamento di Demea conct
rattere‘estremo’ della sperimentazione che egli compie non con­ aliquo abiciundast, si non pretio at gratiis. h. facilitas e alia dementia ■re ipsa r<
sente di ricavare da essa una conclusione valida per le piü nor- MI. ñeque est ñeque illam sane studeo vendere. melhi ñeque dementia (w. 860-86]
mali situazioni della vita quotidiana69. Va comunque ricono- DE. quid igitur facies? MI. domi erit. DE. pro divom valori positivi. La dementia indica
sciuto che, se Demea ha volutamente creato una situazione da Lfidem! mitezza e bontà, un atteggiamento c
cui scaturisse un comportamento criticabile di M icione, egli meretrix et materfamilias una in domo ? lá facilitas, doè delia disponíbilità, t
tuttavia aveva realmente súbito da parte del fratello comporta- MI. quor non? DE. sanum te credis esse? MI. equidem nevolenza73: alcune iuncturae terei
menti improntati alia menzogna e alTingiustizia e che scaturi- campo semántico: cff. Andr. 35 ss. u
[_arbitror.
vano dalla mancanza di una comunicazione schietta fra loro. DE. ita me di ament, ut video tuam ego ineptiam, clemensfuerit servitus / sos; Hec. 47
Oltre al fatto che Micione gü aveva nascosto la veritá su Ctesi- facturum credo ut habeas quicum cantites. hic velim i quamfiáeli animo e tbenig
fone, abbiamo anche altri esempi di mancanza di sinceritá: co­ Mi. quor non? DE. et nova nupta eadem haec discet? 761fadlem henivolumque lingua tua ¡
sí ai w . 142 ss. in cui il senex, dopo lo scontro con Demea, una |_MI. scilicet. m ei patris festivitatem et fadlitatem .
volta rimasto solo, riconosce che in parte il fratello aveva ragio- Un altro momento in cui il comportamento di Micione parte di Demea traspare anche dalla
ne, m a che non ha voluto ammetterlo con lui, per non incre­ appare del tutto ingiusto agli occhi di Demea è quello in cui (w. 986 ss.) quod te istifacüem etfestiv
mentare la sua ira70: nec nil ñeque omnia haec sunt quae dicit: quest3ultimo scopre che il fratello ha violate il patto di separa- ra vita ñeque adeo ex aequo et bono, l
tamen / non nil molesta haec sunt mihi; sed ostendere / me aegre zione che proprio lui aveva imposto (w . 795 ss.); si vedano in do et largiendo, M ido : è proprio perd
pati nolui. Micione quindi non è stato sincero ( verus) e giusto particolare i w . 800-801 in cui Demea protesta: numqui m inus/ stivus è considerate segno di un anirn
(iaequus ) con Demea. Tuttavia entrambi i fratelli contribuisco- mihi idem ius aequom st esse ? sente il bisogno di metiere in guardia
no, con una sorta di retroazione circola- tale fama adulando, mostrandosi m
■ 66. Cosí, a m ío parere, va ¡nterpretata la 'juncture'ex riferim enti bibliog rafía a p. 530, nn.59 e 60.
re71, a perpetuare questa situazione: genti e concedendo doni.
vera vita, ricoitegandola a! passo dello Heaut. che Im portante risulta in tal caso il p rincipio della
quanto piü Demea si adira, tanto piü il precede ¡inm ediatam ente la formulazione'at negativo' relativitá, com e rileva sempre H unter (2002,503).«Ció Per quanto riguarda Yadsenta
dell'ideale educativo proposto nella comm edia: w . 153 che per un o è 'essere amichevoli', per un altro
fratello gli mente e gli si presenta come ss. verum nec tu ilium satis novaras/nec te Ule;hoc qui fit? significa 'essere corriv¡':é da questa relativitá che
c a ra tte ris tic a di p erso n ag g i com
ubi non vere vivitur./tu ilium num quam ostendísti quanti sorgono i fraintendim enti.C osi ció che M icione parassita, m a difficilmente attribuibi
ingiusto, quanto piü egli si comporta in
penderes/nec tibí il/est credere ausu'quae est aequom considera parte della liberalitas, Dem ea lo considera
questo modo, tanto piü Demea si adira patri.Coilega la'iunctura'a questo passo dello Heaut. indulgendum et iargiendum to nd isce n d e n za e M icione, com paiono varie attestazi
anche M artin (1976). largizione'».
■ 67. Püschl (1975,17), com m en ta cosí i w . 986-88: ■ 69. Nella battuta finale di M icione, D onato ha
«In diesen W orten sehen vieie Interpreten eine coito, insiem e all'approvazione per le u ltim e parole
Verurteilung Mícios n ich t nur durch Demea, sondern di Demea, una im plícita contestazione delie accuse
durch den D ichter [...]. M ir scheint aber k!ar,da, w ir che il fratello gli aveva r'N o\to:d.adA d. 997,2 RECTE
hier nur Demeas Perspektive v or uns haben». bene e t M id o non discessit de proposito suo, quasi u t
■ 68. Resta pur sem pre Ia possibilita di ¡ntendere peccasse alias ostenderetfratrem ob n im iam
diversamente, cioé c h e , ín dipendentem ente dalla asperitatem, cum exceptione quadam laudaos verba
situazione estrem a fin o alia quale Dem ea porta eius Istuc recte'dixit, quasi diceret 'non u t cetera'et
M icione neíla sperim entazione, il co m p o rta m e n to sim ui reposuit ei, q u i supra dixerat 'quod te isti faciiem et
nórm ale di q u e s t'u ltim o fosse visto dal senex com e festivum putanf. Sulla stessa linea di D onato anche
Dioniso 3 típ ico «deirãQ EGitoç aristotélico o del piú fam iliare
comico»; H unter (2002,502) con i relativi
Póschl (1975,20).
■ 70.!n realtà,la tattica che M icione usa per non

78-79
razione (cf. la reazione al v. 111 DE . Ma anche Demea, a sua volta, si è comportato in modo in- che confermano come, nelle interazioni fra i personaggi teren-
’ me ad insaniam!). giusto con il fratello: cf. w . 98 ss. MI. homine imperito numquam ziani, essa venisse valutata negativamente; per quanto concerne
nze del comportamento non sincero quicquam iniustust, / qui nisi quod ipse fecit nihil rectum putat; invece Y indulgentia e la largitas, esse acquistano una connota-
0 appaiono in modo evidente anche Micione ritiene che Demea sia ingiusto pure verso il figlio Cte­ zione negativa (alTinterno del nuovo modello educativo propo­
nex, per nascondere a Demea la veri- sifone ed a questo proposito alTinizio della commedia formula sto da Terenzio nelle sue commedie, in particolare nello Heau-
í5amante di Ctesifone) lascia che que- nei suoi confront! unaccusa che somiglia molto a quella che tontimorumenos e negli Adelphoe ) nel caso in cui siano pratica-
gliate della situazione, formuli le ipo- Demea gli lancerà contro nella scena finale; cf. il v. 64 nimium ip­ te in modo eccessivo. Cf. per Yindulgentia il rimprovero di Ore­
unzi giudizi sempre piü negativi sul se durustpraeter aequomque et honum con il già cit. v. 987 id non mete a Menedemo H eaut 861 nimium illi, Menedeme , indulges;
•a (w. 7 4 3 -5 2 ): fieri ex vera vita ñeque adeo ex aequo et bono72. e di Demea a Micione Ad. 63 vestitu nimio indulges. Anche la lar­
tua arte viginti minae Tornando all5esame dei w. 984-86, abbiamo già visto che un gitas esagerata è criticata da Cremete in Heaut. 440 s. vehemens
piae quantum potest male cambiamento di Demea concemeva la valutazione da dare al­ in utramquepartem, Menedeme es nimis/ aut largitate nimia aut
non pretio at gratiis. iajá a ’Ziíos e alia dementia : re ipsa repperUfaálitate nil esse homini ;p arsimonia; ma lo stesso Micione mostra un tono polemico ver­
illam sane studeo vendere. meliu ñeque dementia (w. 860-861); entrambe erano viste come so usi impropri ed eccessivi della largitas: Ad. 940 de te largitor,
? MI. domi erit. DE. pro divom valori positivi. La dementia indica un insieme di comprensione, puer, 985 (rivolto al fratello Demea) quae istaec subitast largitas?
|_fidem! mitezza e bontá, un atteggiamento abbastanza vicino a quello del- Dalle contestazioni di Demea risulta tuttavia anche una
lillas una in domo ? lafadlitas, cioè della disponibilítà, delTarrendevolezza e della be- constatazione che, per il risalto che assume, nella scena finale
mum te credis esse? MI. equidem nevolenza73: alcune iuncturae terenziane ne precisano meglio il della commedia, potrebbe costituire una sorta di insegnamen-
[_arbítror. campo semántico: cfr. Anár. 35 ss. ut semper tibi / apud me justa et to (nei modi in cui il teatro si puó fare portatore di ammaestra-
ut video tuam ego ineptiam, clemens fuerit servitus / seis; Hec. 471 ss. idque si nunc memorare menti)74 e cioè che occorre prudenza e discernimento nel valu-
ibeas quicum cantites. hievelim/quamfideli animo et benigno in illam et dementifui: Hec. tare il vero animus delle persone che si presentano con un at­
: nova nupta eadem haec discet? 16\faálem benivolumque lingua tua iam tibí me reddidit, Eun. 1048 teggiamento di benevolenza e cordialitá.
]_MI. scilicet. mei patris festivitatem et facilitatem. Una valutazione positiva da Gli Adelphoe, in condusione, come si è detto sopra, mostra-
in cui il comportamento di M icione parte di Demea traspare anche dalla sua contestazione a Micione no la stessa temática presente nello Heautontimorumenos relativa
) agli occhi di Demea è quello in cui (w 986 ss.) quod te istifacilem etfestivomputant, / id nonfieri ex ve­ alia difficoltà di evitare gli eccessi nelTapplicazione di un nuovo
1 fratello ha violato il paito di separa­ ra vita ñeque adeo ex aequo et bono,/sed ex adsentando indulgen- modello educativo e alia necessita di non essere soli nelTapplica-
va imposto (w. 795 ss.); si vedano in do et largiendo, M ido : è proprio perché Tessere nteraitofadlis e f e ­ zione di tale modello, ma di poter contare sulTaiuto di un amicus,
n cui Demea protesta: numqui minus / stivas è considerate segno di un animo ghisto e buono che Demea per correggere gli eventual! errori75. Tuttavia, le vicende presentí
sse? sente il bisogno di mettere in guardia dai tentativi di conquistarsi negli Adelphoe appaiono molto diverse, perché diverse sono le re-
tale fama adulando, mostrandosi indul-
■rimenti bibliog rafía a p .5 3 0 ,n n .5 9 e 6 0 . accrescere l'ira del fratello (e che svela codíficata, aequitas il sen tim e n to d¡ giustizia
gentí e concedendo doni. esplicitam ente al pu bb líco ai w . 143-147) sembra naturale).[...] Terenzio tra duce in te rm in i rom ani il
portante risulta in tal caso il principio della
ativltà, com e rileva sempre H unter (2 0 0 2 , 503).«Ció Per quanto riguarda Yadsentatio, avere grossl inconvenienti e qu in d i creare piü c o n flítto tra la norm a giurídica, en tro la quaíe
= per un o è 'essere amichevoli', per un altro problem i di quanti non ne risolva. agisce Dem ea, e ia norm a m orale, che Demea viola:
nifica 'essere corrivi':è da questa relativitá che
caratteristica di p erson aggi com e il ■ 71 .Sulla retroazione circolare, si veda M izzau cioè il c o n flítto tra la p a tria potes tas e la
■gono i fraintendim enti.C osi ció che M icione parassita, ma difficilmente attribuibile a (1979,64):«Per drcolarítà dell'interazione si intende humanitas». Su tali concetti, si vedano anche Perelli
nsidera parte della liberaiitas, Demea lo considera un processo tale per cui il co m p o rta m e n to di A è al (1973,138 ss.) e C omerci (1994,29 ss.).
lulgendum et ¡argiendum 'condíscendenza e Micione, compaiono varie attestazioni te m p o stesso causa ed effetto del c o m p o rta m e n to H 73. Perelli (1973,87) sostiene che la fadlitas e la
gizione'». di B,e la stessa cosa aw ie n e per B.Questa drcolarita dem entia sono vere virtú e fanno parte
69. Nella battuta finale di M icione, D onato ha non è generalm ente percepita dai singol i deNVtumanrtas.Dí parere contrario è invece Lieberg
Ito, insiem e all'approvazlone per le ultim e parole partecipanti a un'ínterazione,a causa di ció che (1989,358).
Demea, una im plícita contestazione delle accuse viene definita la punteggiatura della sequenza di B 74. Sí veda, in relazione a Menandro, Ricüttílu
e il fratello gli aveva riv o lto :c f.adAd. 997,2 RECTE eventi, ossia il m o d o in cui ciascunovede llnízlo (1984,89-90).Su¡ due principi dell'utilitá e del
ne etM icio non discessit de proposito suo, quasi u t della sequenza ¡nterattiva». piacere che già Aristotele riteneva necessari nella
ceasse alias ostenderet fratrem ob nim iam ■ 72. Sul valore della 'iu n c tu ra 'aequom e tb o n u m in poesia e suil'im portanza dello gjtod ô a loyéX oio v,
oeritatem, cum exceptione quadam laudans verba bocea a M icione, si veda T raína (2000,138), adAd. ribadita anche da Elio D onato (de com. V 1,14
is Istuc recte'dixit, quasi diceret 'non u t cetera', et 64 «Aequom et óonum è fo rm ula gíuridica che Comoedia est fabula diversa instituto continens
nul reposuit ei, qui supra dixerat ’q uod te isti facilem et o p p o n e al vecchio e rígido d iritto quiritario, affectuum dvilium ac privatorum , quibus discitur, quid
>tivum putant'. Sulla stessa linea di D onato anche espressione degli interessi della c o llettività sit in vita utiie, quid contra evitandum), cf. C upaiuolo
jschl (1975,20). nazionale,il nu ovo piü u m a n o e piü universale (1992,66-67).
70. In realtà, la tattica che M icione usa per non d iritto fo n d a to sull'o rdin e m orale (ius è la giustizia ■ 75. Su tale tem ática, si veda Ricottillí (1994).
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

lazioni che in tale commedia compaiono. Alla solidarietà premu­ no scomparire per lasciare spazio ad una riconciliazione fra i
rosa con cui gli amid si correggono a vicenda nello Heautontimo­ personaggi principali, trn lieto fine in cui nessuno deve restare
rumenos, corrispondono nelle scene fínali degli Adelphoe forme in uno stato di frustrazione78. Non si puó di conseguenza par­
di castigado derívate dal ffaintendímento, e quindi ingiuste (co­ lare di una vittoria di un personaggio o della sconfitta di un al-
me ai w, 987-88), oppure forme di correzione indirecta, tramite tro. In efietti, quello degli Adelphoe è dawero un lieto fine ge-
interventi improntati ad una certa vis (come nella serie di conces­ neralizzato in cui tutti i personaggi principali hanno qualcosa da
sion! che Demea, con l’aiuto di Eschino, costringe il ffatello a fare); festeggiare. Per primo Eschino, che festeggia le sospirate nozze
tutto questo scaturisce dal fatto che i due protagonisti hanno in­ con la donna amata, e poi il iratello Ctesifone che puó tenersi la
teragito per anni nella forma del conflitto e non delTamicizia. Pro- psaltria di cui è invaghito, ma anche Siró che ha avuto il dupli-
prio perdié le vicende portano, in quest’ultima parte della com­ ce dono delia libertà per lui e per la moglie; la famiglia di So-
media, alia ristrutturazione del loro rapporto nel segno delTami- strata, inoltre, finalmente si vede al riparo dalla povertá e dalla
cizía e della comunione, il cambiamento relazionale non puó che mancanza di protezione, e perfino Egione, potendo ormai con­
awenire per gradi, attraverso modalitá di interazione che ancora tare sulTusufrutto gratuito di un vasto ager, viene a trovarsi in
risentono dei malintesi e delle ostilita precedenti ed anche attra­ una situazione di benessere económico.
verso la piü o meno diretta comunicazione degli eventuali risen- Molti di questi doni sono stati resi possibili dall’intervento di
timenti dell’uno verso l’altro, come presupposto essenziale per Demea, che a sua volta è potuto intervenire sfruttando i beni del
una vera riconciliazione76. Da un punto di vista relazionale, solo al­ fratello, grazie alia ristrutturazione della relazione che prevedeva,
ia fine, nella battuta di Midone (v. 997 istuc rede ) che scaturisce da oltre aU’amidzia, la messa in comune dei beni di Micione. Ánche
un accordo spontaneo con la decisione del fratello, si intravedono questo argomento naturalmente mostra come non si possa parla­
le premesse per una vera amicizia come quella fia Cremete e Me- re di un finale illogico o addirittura contraddittorio con le scene
nedemo nello Heautontimorumenos o come quella fia i due fiatelli precedenti della commedia. Il collegamento di questo lieto fine al­
piü giovani, Eschino e Ctesifone, negli stessi Adelphoe. In qualche ia figura di Demea e ad una sorta di risardmento non è sfuggito al­
modo, alia luce delle teorie degli antichi, questofinale era addirittúta ia fíne analisi di Donato che osserva ad Ad. 984 QUID ISTUC
prevedibile: se infatti la commedia si contrappone alia tragedia per­ QUAERES TAM REPENTE MORES MUTAVITTUOS animad-
ché ha un inizio burrascoso e un finale sereno77, dato un inizio vertendum est, qua calliditate Terentius quaerensfinemfahulae com-
céntrate su un forte conflitto tra due fiatelli, quello che ci si puó ve­ plere laetitia, per ipsum Demeam muneratur universos, qui in tota
rosímilmente aspettare è che alia fine il conflitto scompaia e i due comoedia tristis acsaevus interturbavit etvociferatus est.
fiatelli comincino a trovarsi d’accordo: e questo è esattamente ció Ánche i due protagonisti, Demea e Micione, che sono pas-
che riscontriamo nel finale degli Adelphoe. sati entrambi, come abbiamo visto, attraverso un cambiamen­
to fondamentale della loro relazione e cambiamenti piü o meno
10. Un finale senza perdenti episodic! del loro comportamento, nel finale ricevono dei“do-
E ultima scena degli A delphoe , quindi,
come quella dello Heautontimorumenos, M 7 6 .0 ttim a l'osservazione di PoscHL(1975,22),che tibi, pater, pe rm ittim u s/p lu s seis q u id opu'factost)
nel finale degli Adelphoe si vada nella direzione della com e una replica g e ntile finalizzata alia captado
è il momento in cui le disarmonie devo- riconciliazione fra i due fratelii; mi sembra invece benevolentiae necessaria per ottenere che ia
m eno condivislbile ('idea che ¡I finale veda una richiesta im m ediatam ente successiva, relativa al
"vittoria"di M id o n e (ibid.). fratello (v. 996: sed de fratre quid ftet?) otten ga una
R 77.Illic [sc.in comoedia] prim a turbulenta, tranquilla risposta in du lge nte da parte di Demea.
ultim a, in tragoedia contrario ordine res aguntur ■ SO.Sull’im portanza del vivere s eron do verítá ,che
(Evanth. de com. IV,2).SuU'ambito peripatético da cui im plica schiettezza nella com unicazione, ma anche
deriva quests teoria, si veda C upaiuolo 0 992,44 ss.). onestà e bontá, nelle com m ed ie di Terenzio, si veda
S 78. Per la tendenza di Terenzio a ricom porre i Lana (1987).
co n flitti inserendo nel finale la riconciliazione, si veda ■ 81. L'awerarsi della previsione di M icione
Bianco (1993,24). Per il finale dello Heaut. si cf. caratterizza ¡I senex com e persona che'riesce a
Ricottilli (19 9 4 , 198 ss.). vedere lontano',per riprendere un'espressione che
■ 79.Cf.ad e5.la battuta di Eschino rivolta a M icione Siró aveva usato ironicam ente con D em ea:/W .386
Dioniso 2 (v. 945) bene fads/m é rito te amo. Põschl (1975,18-19),
interpreta la risposta di Eschino a Dem ea (w . 995-96:
ss. istuc est sapere, non quod ante pedes m odost/
videre sed etiam itia quae futura sunt/prospicere.

8 0 -8 1
le

lasciare spazio ad una riconciliazione fra i ni”. Demea riconquista Taffetto dei figli, si prende una sorta di
ali, un lieto fine in cui nessuno deve restare risarcimento o di rivincita sul fratello, evidenziando un limite
trazione78. Non si può di conseguenza par- presente nel comportamento di questi verso il figlio, e può sfo-
di un personaggio o della sconfitta di un al- gare i suoi risentimenti verso di lui, anche se con accuse che ap-
a degli Adelphoe è dawero un lieto fine ge- paiono obiettivamente ingiuste; inoltre egli può anche correg-
tti i personaggi prindpali hanno qualcosa da gere i propri errori: cessa infatti di essere una persona scontro-
n o Eschino, die festeggia le sospirate nozze sa e perennemente scontenta e irata, conquista la simpatia e la ri-
i, e poi il fratello Ctesifone che può tenersi la conoscenza degli altri, ma soprattutto entra in una nuova rela­
aghito, m a anche Siró che ha avuto il dupli- zione di amicizia e di accordo con il fratello.
tá per lui e per la moglíe; la famiglia di So­ Micione, che owiamente conserva l’affetto dei figli79, esce
mente si vede al riparo dalla povertá e dalla dalla concentrazione e dal ripiegamento affettivo sul rapporto con
done, e perfino Egione, potendo ormai con­ Eschino e si apre ad una relazione diversa, di amicizia e di comu­
gratuito di un vasto ager, viene a trovarsi in nicazione schiettaso con il fratello, che non è piü una persona irata
•enessere económico. da cui difendersi, ma ha acquistato, con sollievo di tutti, un visio-
i doni sono stati resi possibili dalTintervento di ne piu serena ed indulgente verso i desideri dei giovani figli: le sfu-
olta è potuto intervertiré sfruttando i beni del riate di Demea che fin dalTinizio apparivano il tormento abituale
istrutturazione della rdazione che prevedeva, di Micione sembrano finalmente essere sparite. Anche se le elar-
messa in comune dei beni di Micione. Anche gizioni finali si sono svolte per la maggior parte a spese sue, Mi­
íaturalmente mostra come non si possa parla- cione non appare in uno state di frustrazione o di sconfitta: infat­
ico o addirittura contraddittorio con le scene ti la conclusione della commedia tramuta in realtà una previsione
nmedia. II collegamento di questo lieto fine al- che egli aveva fatto al fratello81 (w. 827 ss. video [eos] sapere intel-
: ad una sorta di risarcimento non è sfuggito al­ legere, in loco / vereri, inter se amare: scire est liberum / ingenium
ónate che osserva ad Ad. 984 QUID ISTUC atque animum : quovis illos tu die / redducas) e questa appare la
EPENTE MORES MUTAVIT TUOS animad- prova di ció che il senex sosteneva, doé la fondamentale bonta dei
icdliditate Terentiusquaerensfinemfabulae com-
■ due giovani e la confutazione di ció che continuava a rinfacciargli
nim Demeam muneratur universos, qui in tota Demea, vale a dire di aver rovinato Eschino. La validitá del suo
;aevus interturbavit et vociferatus est. método educativo, nonostante i limiti evidenziati da Demea, ap-
>rotagonisti. Demea e Micione, che sono pas- pariva del resto sempre piü chiara in tutta la commedia, una vol­
Le abbiamo visto, attraverso un cambiamen- ta corretti i malintesi e riconosciuto il nobile e generoso compor­
dla loro relazione e cambiamenti piü o meno tamento di Eschino. Per di piü egli ottiene finalmente dal fratello
;omportamento, nel finale ricevono dei “do- quello che gli chiedeva fin dalle scene iniziali, cioé comprensione
e indulgenza nei
tíbi, pater, perm ittim usS plus sc/s quid opu'factost) confronti dei desi- viene invece sm entíta dai fa tti la convinzione di
com e una replica g e ntile finalizzata alia captado Demea di riuscire a prevedere giá sei mesi prim a
benevolentiae necessaria per ottenere che la deri di Ctesifone cosa voglia fare ¡I fig lio Ctesifone (w .39 6 s.DE
richiesta im m ediatam ente successiva, relativa al sinerem ilium? a u t non sex totis m ensibus/prius
fratello (v.996: sed de fratre qu id fiet?) otte n g a una olfecissem quam Ule quícquam coeperet7). Di
risposta in du lge nte da parte di Demea. conseguenza, M icione si rivela colui che, m o lto piu
H SO.Sull'importanza del vivere secondo veritá ,che del fratello, riesce a giudicare con saggezza i figli e
im plica schiettezza nella com unicazione, ma anche qu in d i a prevedere cosa ess¡ faranno.N on va
onestà e bonta,ne!le com m ed ie d¡Terenzio,si veda trascurato il fa tto che questa corrispondenza fra la
U na (1987). form ulazione d i una previsione ed il suo awerarsi
■ 81.L'awerarsi della previsione di M icione proprio nella scena finale delia com m edia sia
caratterizza ¡I sen ex com e persona che'riesce a un'ulteriore dim ostrazione che il finale degli
vedere lontano', per riprendere un'espressione che Adelphoe è strettam ente correlato alie scene
Siró aveva usato ironicam ente con Demea: A f. 386 precedenti e che non sembra possibile considerarlo
ss. istuc est sapere, non quod ante pedes m o d o s t/ una sorta di appendice staccata dai resto della
vi'deresed etiam illa quae futura sunt/prospicere. com m edia.
Licinia Ricottilli
Lettura pragmática del finale degli Adelphoe

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cura di), Gli atti linguistic! Aspetti eproblen
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sulto (asine rivolto al figlio, al v. 935; ed i verbi ineptis, rivolto al (1992) 359-70. L ana 1987
fratello, al v. 934; deliras rivolto al fratello al v. 936; etc.); le frasi C arrubba 1968 I. Lana, I rapporti interpersonali nel teatro d
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o retoriche (v. 935 quid tu auiem huic, asine, auscultas?; in serie
C omerci 1994 L entano 1996
continua nei w . 937-939 satin sanus es? / ego novó maritus an­ G. Comerá, Humanitas, liberalitas, aequitas: nuova paideia e mediazione M. Lentano, Le relazioni difficili. Parentela i
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M 82.Cosi ad es.nello Heaut.W divertim ento del useful, th e n it follow s th a t anterior parts o f th e play
pubblico alie ba ttu te di Siró che prende in giro need n o t be taken to o seriously, since th e ir m ajor
C litifone (II, 3) non to glie niente alia validità dell'ideale purpose is to enhance th e effect o f th e com ic
di rapporto fra padre e figlio espresso dal giovane conclusion. In particular, Micio's theories ab ou t child­
(w . 217-218); cf. Ricottilli (1994,190-191, n. 18). raising need n o t b e ta k e n seriously,or rather one
■ 83. Se si dim entica questo e so p ra ttu tto se si need n o t conclude th a t Micio's theories are seriously
finisce per accettare la teoria del finale farsesco degli attacked. By th e same token, Demea's statem ents at

Dioniso 2 Adelphoe,si può arrivare alia conciusione di


G reenberg (1979,234) «if the paradigm o f th e jo ke is
th e end o f th e play need n o t be seriously
acclaimed».
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