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ANTEPRIMA

Dario Gallinaro
ISBN 978-88-99912-53-6

©2017 Uno Editori


collana Libri Eretici

Prima edizione: Ottobre 2017

Tutti i diritti sono riservati


Ogni riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo,
deve essere preventivamente autorizzata dall’Editore.

Copertina: Monica Farinella


Impaginazione: Laura Giai
Editing: Andrea Cogerino

Stampa: Lineagrafica srl Via Carlo Marx, 1 - Cerbara - Città di Castello (PG)

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Dario Gallinaro

GEOVA, UN ELOHIM
DIVENUTO DIO

E l’uomo creò Dio a sua immagine


e somiglianza, dall’antico Israele
ai suoi testimoni
Prefazione di Mauro Biglino
INDICE

7 Prefazione

11 Introduzione

19 Qualcosa di me

31 1 Testimoni di Geova: ma Geova chi?


32 E Dio fu
34 Il miglior nascondiglio è sotto gli occhi di tutti
40 Uno, nessuno o centomila?

55 2 Soluzione: evitare il confronto


55 Disassociazione e ostracismo
66 Ribellione o libero arbitrio?
73 L’invenzione dell’apostasia
79 Quando il gioco si fa duro… noi smettiamo di giocare
96 Perché?

101 3 Il Corpo Direttivo


105 Schiavo fedele e discreto o…?
112 Fatti e misfatti

121 4 Il controllo mentale


122 Semplici pecore o cani pastore?
124 Schema bite
131 Effetto Lucifero: così i buoni diventano cattivi

135 5 Elohim
135 La Bibbia: il libro che non c’è
145 Una coerente incoerenza
154 Divinità in carne e ossa
167 Colonizzazione e spartizione del pianeta Terra
173 Dio è amore
178 La vera personalità di Geova
201 Spirituali o pleiadiani?

207 6 Gesù Cristo


208 Gesù di Nazareth, di Betleem o…
213 … di Gamala?
218 Il vero cristianesimo
221 E Gesù disse: “Porgi l’altra spada”
228 Unico per gli Ebrei, trino per i cristiani, doppio per i Vangeli
236 Altre contraddizioni del mito di Gesù

243 7 La vera causa del problema


246 La dissonanza cognitiva

251 8 Verso il Nuovo Ordine Mondiale


256 I semidei
263 Illuminatori o Illuminati?
265 Chi è il tuo dio?
277 L’intendimento progressivo
279 Questa generazione non passerà

295 Conclusione

299 Bibliografia
1

Testimoni di Geova:
ma Geova chi?
«Nessuno è più pericoloso di chi crede
che i propri pensieri siano i pensieri di Dio».
PINO CARUSO

Una delle prime cose che vengono insegnate a chi studia con i tdG
è che Dio ha un nome: GEOVA (forma italiana dell’ebraico Yehowah
o Yahweh). E che egli vuole che sia usato per identificarlo.
L’antropocentrismo da cui l’uomo è affetto non è certo cosa nuova,
ma nel XXI secolo risulta alquanto obsoleto. Raccontano che l’uo-
mo, l’adham, quello della Terra (adhamah), sia stato creato da Dio
a sua immagine e somiglianza, ma io vedo un dio ch’è stato creato
dall’uomo a sua immagine e somiglianza. Irascibile, violento, che
pensa solo ai suoi interessi infischiandosene delle sofferenze che
quegli interessi procurino agli altri, che prima agisce e poi si pente,
suscettibile, che necessita che i suoi sottoposti lo facciano ragiona-
re, tremendamente geloso (di chi o cosa poi, se era l’unico?), che
per non essere tradito deve ricorrere alle minacce, ecc. E, come se
non bastasse, gli hanno affibbiato anche un nome. Un dio tremen-
damente umano e che di divino pare non avere nulla, insomma.
Ciò che sfugge ai credenti è che il concetto di “nome” è un’inven-
zione sociale, resa possibile dal linguaggio e dal suono (dunque dalla
32 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

materia), necessaria a distinguere unità diverse accomunate dall’ap-


partenenza a un medesimo insieme. Tutto ciò che rientra in questa
definizione è generalmente caratterizzato da due tipi di nome: il no-
me dell’insieme di appartenenza (nome comune) e il nome dell’uni-
tà specifica (nome proprio). Esempio: pianeta (nome che identifica
un determinato insieme di corpi celesti) Terra (nome che identifica
uno specifico pianeta, distinguendolo da tutti gli altri). Quando ciò
non accade, non ci è possibile differenziare le varie unità.
Ma da cosa – o da chi – dovremmo distingue Dio? A quale genere
di suoi simili apparterrebbe mai? Un dio che scegliesse di avere un
nome sarebbe un dio “umano”. Perché, lo ripetiamo, il nome altro
non è che un’invenzione sociale scaturita da una necessità sociale.
Dovremmo dunque concludere che Dio abbia iniziato ad avere un
nome solo dopo aver creato l’uomo?
Attribuirgli un nome è un po’ come attribuirgli un colore degli
occhi, dei capelli, una statura, un numero di scarpe, una taglia dei
pantaloni… Perché non dargli anche un cognome?
Se inoltre Dio è uno e nessuno è simile a Lui, allora ecco che viene
a mancare il senso stesso dell’esistenza di un nome divino.

E Dio fu

La creazione di Dio da parte dell’uomo, perlomeno del dio che oggi


noi conosciamo, è avvenuta in maniera graduale. Presumibilmente
a cominciare dal VI-V secolo a.E.V.6.
I poteri forti, quelle élite di sapienti che governavano il mondo

6
La locuzione a.E.V. sta per “avanti l’Era Volgare”, ossia “avanti l’era del popolo”, “avanti
l’era comune”. Usata invece di a.C., è una forma più corretta per indicare il posiziona-
mento temporale relativamente al calendario gregoriano.
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 33

antico, le cui linee di sangue si protraggono fino ai nostri giorni


nelle attuali figure di potere, iniziarono a elaborare metodi
più efficaci e occulti della bruta forza militare per dominare
i popoli. Ebbero la genialità di ideare una prigione grazie alla
quale non avrebbero dovuto neppure faticare per buttarci dentro
i prigionieri: sarebbero stati essi stessi a voler essere catturati.
Questa prigione la chiamarono “religione” (l’assonanza la
dice lunga): una sorta di prolungamento della fase infantile
dell’essere umano, fase durante la quale egli si esime dal peso
dell’autonomia in quanto affidato totalmente alle cure parentali.
L’essere umano, crescendo, non volendo abbandonare quella
condizione confortevole, la ricrea appunto nella religione, dove
la figura genitoriale diviene Dio.
Per rimanere attinenti al titolo del libro esamineremo soltanto la
religione cristiana, evoluzione di quella ebraica, che altro non è
che una rivisitazione di culti e concetti della religione originatasi
a Babilonia, da cui gli Ebrei hanno attinto durante il loro esilio.
Cos’è la Bibbia nell’immaginario collettivo? Questa vuol essere una
domanda che prescinde dalle convinzioni religiose della persona a
cui è rivolta. Indipendentemente dal fatto che si ritenga affidabile
o meno il suo contenuto, credo che quasi il cento per cento delle
persone che dovessero rispondere affermerebbero che la Bibbia è
quel libro, utilizzato dalla religione cristiana, che si propone di
parlare di Dio.
Ho usato il verbo “proporre” appunto per sottolineare come le
convinzioni religiose della persona non incidano minimamente
sulla risposta.
Ebbene, le cose non sono sempre state così.
I testi biblici, nel corso dei secoli e a partire dalla data pocanzi
indicata, hanno subito forti manipolazioni aventi un obiettivo ben
34 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

preciso: introdurci un qualcosa che, fino a quel momento, non


c’era. Ma cosa?
Al lettore che si apprestasse a simili tematiche per la prima volta
potrà sembrare incredibile apprendere che la parola “dio”, nell’An-
tico Testamento, non ricorre neppure una volta. Non ne è presen-
te nemmeno il concetto. Non sono presenti angeli spirituali. Non
compaiono enunciazioni di contenuti teologici, religiosi. La Bibbia
semplicemente non era – e non è – un libro di religione. Tratta altri
argomenti, altre questioni, è stata scritta con altri obiettivi.
Ecco cos’hanno dovuto infilarci dentro i teologi negli ultimi venti-
sei secoli: Dio e la religione. E, nel farlo, sono stati davvero bravi.

Il miglior nascondiglio è sotto gli occhi di tutti

Per sei secoli (circa tra il 1200 e il 1800) la Chiesa cattolica ha te-
nuto annoverata la Bibbia tra i libri proibiti con restrizioni variabi-
li a seconda del periodo e del concilio di riferimento, ordinandone
spesso il rogo. Il che risulterebbe assai strano, inspiegabile anzi, se
si dovesse credere che sulla Bibbia l’essenza stessa della religione
cristiana si fondi.
Le cose, ovviamente, non stanno affatto così.
Le manipolazioni apportate al testo biblico, per quanto ideate da
menti geniali, hanno dovuto comunque operare ostacolate dai vin-
coli del testo sottostante. Un po’ come la commessa poco onesta
di un negozio d’abbigliamento può mentire solo fino a un certo
punto con una cliente in sovrappeso sulla reale taglia dell’ultimo
capo elasticizzato rimasto. Tira un po’ la spalla, allarga il girovita,
ma oltre i limiti dell’elasticità del tessuto non può spingersi.
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 35

In tal modo ha operato la teologia: delle parole cruciali sono sta-


te tradotte in maniera volutamente sbagliata, dunque falsa e in-
gannevole, così da conferire ulteriore “elasticità” al testo biblico
(un’elasticità già presente a causa della sua necessità di essere voca-
lizzato) e poterlo adattare ai contenuti che si intendeva propinare.
Contenuti che, in origine, quel testo non possedeva. Ma i limiti
della sua elasticità, dati dal contesto, spesso e volentieri ne sma-
scherano le mistificazioni.
Ecco perché per secoli la Chiesa ha tentato di togliere la Bibbia
dalle mani del popolo: c’era il concreto rischio che, leggendola, la
capisse anche.
Tuttavia nel corso della storia sono comparsi sulla scena mondiale,
con una successione più o meno ininterrotta, personaggi onesti,
capaci e caparbi che si sono opposti efficacemente a questi tenta-
tivi di insabbiamento da parte del clero, a volte a costo della vita
stessa. Grazie alla loro tenacia e al loro coraggio la Bibbia, benché
così tanto osteggiata, è divenuta un qualcosa alla portata di tutti.
Come avrebbe ovviato la religione al “pericolo” che la popolazione
capisse l’incolmabile distanza che c’è tra religioni cristiane e Bibbia,
evitando che la plebe comprendesse cosa la Bibbia tratti in realtà?
Parte della “soluzione” era già stata attuata da secoli: manipolare
le traduzioni.
Si iniziò, inoltre, ad allontanare le persone dall’idea che capire fos-
se alla loro portata, ponendo tra loro e il testo biblico una coltre
di mistero che in realtà non esiste, introducendo il concetto di
“mistero della fede”.
Come ultimo “rimedio”, adottato soprattutto dalle religioni cristia-
ne che si scissero poi dalla Chiesa cattolica, si pensò di incoraggiare
i fedeli a leggere la Bibbia ma, nell’intenderla, affidarsi totalmente
36 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

alla guida dei capi religiosi: “Voi la leggete, ma noi vi diciamo come
interpretarla” (al tempo in cui era annoverata tra i libri proibiti, in
certi periodi poteva essere letta solo da chi possedeva una speciale
licenza). Perché il miglior modo per nascondere una cosa è metterla
sotto gli occhi di tutti, e mettercela sotto mentite spoglie.
Il movimento dei tdG è uno dei più eloquenti esempi di quan-
to tutto ciò sia vero. Essi studiano quotidianamente la Bibbia, la
quale è però stracolma di concetti in aperto contrasto con le loro
convinzioni, eppure i proclamatori non se ne rendono conto. La
ragione sta nel fatto che, ogniqualvolta si ritrovino di fronte a un
passo biblico per loro problematico, essi cercano tra le pubblica-
zioni dell’Organizzazione in che modo interpretare quel passo. Le
interpretazioni dettate dall’Organizzazione, ovviamente, saranno
mirate alla dottrina prestabilita e il vero significato del testo biblico
rimarrà “al sicuro”, sigillato.
Nel dire che i contenuti biblici contrastino con gli insegnamenti
del movimento, tuttavia, non intendo certo dire che la situazione
sia migliore relativamente alle dottrine di altre religioni, cattolice-
simo in primis.
La situazione può essere paragonata a una cipolla: il cattolicesimo
si trova nello strato più esterno. La sua infondatezza, l’assenza di
un reale sostegno biblico per le sue dottrine e pratiche (Trinità,
Maria vergine, Immacolata Concezione, idolatria, ecc.), è facil-
mente riscontrabile. Il primo strato, insomma, è facile da togliere.
L’errore dei tdG è quello di credere, una volta smascherate le ine-
sattezze del cattolicesimo, di aver raggiunto il “cuore della cipolla”.
In realtà sono semplicemente passati allo strato successivo. E di
strati ce ne sono tanti.
Pensiamo, ad esempio, all’insegnamento che costituisce tra i
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 37

tdG la prima causa di disassociazione a livello mondiale: il sesso


prematrimoniale.
Il sesso prematrimoniale non è mai condannato né punito in alcun
modo in tutta la Bibbia. Ciò che essa condanna è la fornicazione.
L’accostamento “sesso prematrimoniale = fornicazione” è qualcosa
di successivo alla stesura dei testi biblici, promosso dalla Chiesa
cattolica con la sua demonizzazione del sesso e perpetuato poi dal-
la tradizione. Il movimento geovista ha sposato appieno questa
ideologia cattolica e per nulla scritturale.
La parola “fornicazione” che troviamo nella Bibbia traduce il greco
porneia (da un radicale che vuol dire “vendere”7), che altro non è
che il termine utilizzato per descrivere i bordelli. La Bibbia, infatti,
non condanna i rapporti prematrimoniali, ma la pratica tanto dif-
fusa di andare con prostitute. Anche perché una grossa fetta della
prostituzione antica era costituita dalla prostituzione sacra dei tem-
pli pagani. Il più delle volte, dunque, l’Antico Testamento condan-
na la fornicazione, ossia l’andare con prostitute, di natura “sacra”.
I tdG conoscono bene la diffusa pratica, perfettamente regola-
mentata dalla Legge Mosaica, del concubinato. Stando alla loro
definizione di “fornicazione” (rapporti sessuali al di fuori del ma-
trimonio scritturale8), il popolo ebraico, e Geova stesso, la accetta-
vano di buon grado.
Come mai i tdG, benché siano tanto noti per la loro presunta co-
noscenza biblica, non notano dei particolari così evidenti? Per il
semplice fatto che a dir loro come intendere la parola “fornicazione”

7
Cfr. «La Torre di Guardia» (1° settembre 1983), p. 30, Watch Tower Bible and Tract
Society of Pennsylvania [«La Torre di Guardia» è una rivista religiosa edita e pubblicata dai
Testimoni di Geova - N.d.R.].
8
Cfr. «La Torre di Guardia», cit. (15 luglio 2006), p. 29.
38 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

(e tutto il resto della Bibbia) è il c.d. E, nell’accettare acriticamente


tutto ciò che esso sostiene, divengono ciechi e sordi nei confronti di
tutti quei versetti che smentiscono quanto da loro creduto.
Addirittura i vertici si spingono ben oltre il sesso prematrimoniale
nell’accezione da attribuire a questo termine. Nella rivista prima
citata in nota è anche riportato: «In questa definizione rientrano
[…] la manipolazione sessuale dei genitali di una persona che non
sia il coniuge». Dunque non solo sesso, ma anche tutto ciò che ci
si avvicini.
Eppure la Bibbia serba ben poco mistero in merito: non c’è un
solo versetto che proibisca i rapporti prematrimoniali. Nell’unico
caso in cui viene stabilita una regola, la cosa riguarda soltanto
le vergini: se un uomo ha rapporti con una vergine è costretto a
sposarla. E se il padre di lei non gliela concede, l’uomo deve co-
munque pagare il normale prezzo d’acquisto per le vergini (prezzo
che andava pagato in ogni caso quando un uomo acquistava/spo-
sava una vergine). Non c’erano punizioni. Non c’erano condan-
ne. Soltanto una forma di tutela economica nei confronti della
famiglia della donna (trattata come semplice merce) che, in un
modo o nell’altro, avrebbe comunque venduto al dovuto prezzo la
propria verginità. Nel caso di una non vergine, non c’era neppure
questa clausola (Esodo 22:16-17).
Conoscendo bene le argomentazioni dei tdG, mi si obietterà che,
riferendosi all’episodio descritto in Numeri 25:6-9, l’apostolo
Paolo in 1 Corinti 10:8 riporti l’esempio di una condanna e puni-
zione (ventiquattromila uccisi) per sesso prematrimoniale.
Anche in questa occasione un’attenta analisi del contesto ci per-
metterà di comprendere che le cose non stanno così.
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 39

Abbiamo visto in Esodo che nel caso di rapporti prematrimoniali


non c’erano punizioni neanche minime, figuriamoci pene capitali
(il pagamento del prezzo della verginità non è da equivocare con una
punizione, in quanto qualunque uomo intenzionato a sposare una
vergine avrebbe comunque dovuto pagare quel prezzo). Possibile,
dunque, che Paolo stesse affermando che ventiquattromila Israeliti
fossero stati uccisi per una cosa consentita dalla Legge Mosaica?
Il contesto di Numeri (25:1-3) mostra che gli Israeliti parteciparono
a orge sacre in onore di Baal Peor (queste erano le modalità con cui
egli amava essere servito), alias Chemos. L’ira di Geova stesso – e di
Mosè – si accese per esser stato tradito (fornicazione/adulterio sim-
bolico, commesso dalla sua simbolica moglie, Israele, che lo tradisce
con altri dèi), altro che sesso prematrimoniale. Concetto espresso
più volte nel corso della narrazione (Numeri 25:3-5, 11, 13).
Sottoposi anni fa la questione nientemeno che alla sede centrale di
Brooklyn la quale, ovviamente, non seppe dare delle reali spiega-
zioni, ma soltanto ribadire la propria posizione in merito. Ciò che
mi colpì, tuttavia, fu una frase che ritenni stranamente onesta. Mi
è impossibile riportare le parole precise, in quanto quella lettera mi
è stata sottratta anni fa, non so se volontariamente o meno. Ma gli
anziani della congregazione alla quale mi associavo ne posseggono
almeno una copia, se non due. Pressappoco la frase era questa: “La
definizione di ‘fornicazione’ a cui fai riferimento nasce dalla neces-
sità di non lasciare ai singoli libertà d’interpretazione e d’azione”.
La situazione che si viene a creare a causa di questo continuo dele-
gare ai vertici l’interpretazione del testo biblico è piuttosto eviden-
te: la Bibbia smette di essere l’autorità, la quale confluisce unica-
mente nelle mani del c.d.
40 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

Uno, nessuno o centomila?

Luigi Pirandello, nella sua celebre opera Uno, nessuno e centomi-


la, mostra come l’identità dell’essere umano possa essere fram-
mentata in tanti alter-ego: egli è uno, in quanto è ciò che crede
di essere; non è nessuno, dato il suo non identificarsi nelle pro-
iezioni di sé così come giungono agli altri; è infine centomila a
causa delle infinite maschere che chi lo osserva e interpreta gli
cala addosso.
Nel caso del presunto “dio” dell’Antico Testamento avviene qual-
cosa di simile: per ebrei, musulmani e tdG egli è uno; per atei e
miscredenti è nessuno; per la maggior parte del mondo cristiano
è trino; per gli autori biblici, gli unici che dovrebbero aver voce
in capitolo sull’interpretazione dei testi da loro stessi redatti, è…
centomila.
Come già accennato, uno dei sistemi utilizzati dalla teologia per
nascondere il reale contenuto delle Scritture alla gente è stato quel-
lo di alterare la traduzione di termini chiave, fondamentali. Il più
importante di tutti, ovviamente, è “dio”.
Cosa vuol dire “dio”? A cosa penserebbe una persona dei nostri
giorni se gli venisse chiesto se crede in Dio? Per certo penserebbe a
quell’entità eterna e immateriale che ha creato l’universo e la vita
che è da esso contenuta. Penserebbe a un Creatore.
I termini ebraici che vengono tradotti con “dio” sono in realtà
quattro: el (‫)אל‬, elìm (‫ – אלים‬plurale di el), elohàh (‫)אלוה‬, elohim
(‫ – אלהים‬plurale di elohàh). Il significato di questi termini rima-
ne a oggi sconosciuto. Sono state formulate soltanto ipotesi dalla
filologia, ma nessuna certezza vi è in merito. A parte una: non
significano “dio”.
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 41

Uno dei termini più frequenti è “elohim”, un plurale. E già qui


non occorre un profondo conoscitore della lingua ebraica per ca-
pire che qualcosa non quadra. Geova, l’Onnipotente, l’unico vero
Dio che tanto insiste sull’esclusiva devozione e sulla sua unicità,
che viene identificato con un termine plurale? (Nell’esaminare la
questione del plurale, non perdiamo di vista il fatto che comunque
“elohim” non vuol dire neppure “dèi”…).
Per aggirare questo evidente problema, ostacolo altrimenti insor-
montabile per il monoteismo biblico, teologi ed esegeti si sono
inventati una cosa chiamata “plurale di astrazione/maestà/dignità/
eccellenza”. Secondo tale teoria, il soggetto plurale verrebbe utiliz-
zato con verbi e aggettivi al singolare per esaltare la magnificenza
del Creatore. Quando, invece, usato con verbi e aggettivi al plu-
rale, si tratterebbe di un plurale a tutti gli effetti e indicherebbe le
false divinità pagane.
Vediamo cosa dice la più autorevole opera di consultazione dei
tdG: il Perspicacia. Alla voce “dio” esso riporta:

«Uno dei termini ebraici tradotti “Dio” è ’El, che probabilmente signi-
fica “potente; forte” (Ge 14:18). Ricorre riferito a Geova, ad altri dèi e a
uomini. […] Il sostantivo ebraico ’elohìm (dèi) sembra derivi da una ra-
dice che significa “essere forte”. ’Elohìm è il plurale di ’elòhah (dio). […]
Quando si riferisce a Geova, ’Elohìm è usato come plurale di maestà,
dignità o eccellenza”. (Ge 1:1) A questo proposito Aaron Ember scrisse:
“Che la lingua del VT abbia interamente rinunciato all’idea della plu-
ralità in … [’Elohìm] (quando è riferito all’Iddio d’Israele) è dimostrato
specialmente dal fatto che esso si costruisce quasi invariabilmente con
un predicato verbale singolare e prende un attributo aggettivale singola-
re. … [’Elohìm] dev’essere piuttosto spiegato come un plurale intensivo,
42 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

che denota grandezza e maestà, equivalente a Il grande Dio”. — The


American Journal of Semitic Languages and Literatures, vol. XXI, 1905,
p. 208.
Il titolo ’Elohìm dà risalto alla forza di Geova quale Creatore. Ricorre
35 volte da solo nel racconto della creazione, e ogni volta il verbo che
descrive ciò che Dio disse o fece è al singolare»9.

Oltre a specificare che questi termini (“el” ed “elohim”) non sono


dei titoli esclusivi di Geova, nell’attribuirgli delle ipotesi di signi-
ficato non a caso vengono utilizzate dal Perspicacia le parole “pro-
babilmente” e “sembra”, a indicazione del fatto che sui loro reali
significati sono state avanzate soltanto ipotesi e l’incertezza regna
sovrana. Le ipotesi, tuttavia, nulla hanno a che fare col concetto
di divinità: quella qui indicata come più probabile è infatti un
riferimento al concetto di potere. Potere che ben si addice a qua-
lunque regnante, capo di stato o chiunque altro a cui sia conferita
una certa autorità. Stando a questa accezione, dunque, un premier,
un magistrato e un direttore aziendale sarebbero degli elohim, dei
potenti. “Elohim”, quindi, non significa “Dio”.
Nel tentativo di giustificare la pluralità di “elohim”, come abbia-
mo appena letto, la teologia e l’esegesi tradizionale fanno ricor-
so al cosiddetto plurale di a./m./d./e. Esse sostengono che tale
particolare forma di plurale, da intendersi come un singolare,
si costruirebbe con soggetto plurale accompagnato da verbo e
attributo singolari. Peccato che nella Bibbia assistiamo all’esatto
contrario: in Esodo 14:25 ad esempio possiamo notare che «gli

9
Perspicacia (vol. 1), p. 698, voce “Dio”, Watch Tower Bible and Tract Society of
Pennsylvania, 1990.
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 43

Egiziani [‫ – מצרים‬soggetto plurale – N.d.A.] quindi disse [‫– ויאמר‬


verbo singolare]: “Che io fugga [‫ – אנוסה‬verbo singolare] da facce
di Israele”…».
La costruzione grammaticale di questa scrittura rispetta perfetta-
mente le presunte regole del plurale di a./m./d./e. così come espli-
cate dal Perspicacia, che andrebbe considerato un singolare a tutti
gli effetti meno che nella forma. Eppure non abbiamo alcuna diffi-
coltà a identificare nel soggetto in questione una chiara e concreta
pluralità di sostanza: gli Egiziani erano in tanti!
Cosa, dunque? Il plurale di a./m./d./e. è valido a intermittenza?
Solo quando fa comodo? In realtà allo stesso termine “elohim”
vengono attribuiti dei significati che sono fatti valere soltanto
quando conviene: nella quasi totalità delle volte viene spacciato
per “dio”, quando però il contesto proprio non lo consente, allora
diviene “dèi”, intesi come divinità pagane. E nel Salmo 82 (81
CEI), siccome è detto chiaramente che gli elohim muoiono, buona
parte delle Bibbie moderne lo rende “giudici” (in ebraico shofetim).
L’episodio descritto in Deuteronomio 5:1 presenta una costru-
zione grammaticale decisamente esemplificatrice e chiarificatrice
delle dinamiche che si verificano nel caso di “elohim”. Nel discor-
so che Mosè pronuncia al popolo, dapprima utilizza un verbo al
singolare (riferendosi al popolo come a un’unica collettività) e im-
mediatamente dopo usa verbi al plurale, interscambiandoli senza
il minimo timore di non essere compreso:

«E diceva loro: “Odi, o Israele, i regolamenti e le decisioni giudiziarie


che oggi pronuncio ai vostri orecchi, e dovete impararli e aver cura di
metterli in pratica”».
44 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

Questo è esattamente quanto avviene nel caso del plurale “elohim”.


Continuiamo, tuttavia, a esaminare la spiegazione del Perspicacia:

«Il titolo ’Elohìm dà risalto alla forza di Geova quale Creatore. Ricorre
35 volte da solo nel racconto della creazione, e ogni volta il verbo che
descrive ciò che Dio disse o fece è al singolare».

Quest’affermazione ha dell’incredibile. Non solo essa viene smen-


tita dai testi ebraici non tradotti, ma addirittura dalle traduzioni
moderne che, stiamo apprendendo, sono fortemente manipolate.
Prendiamo il caso di Genesi 1:26: «E Dio [elohim - N.d.A.] proseguì,
dicendo: “Facciamo [plurale] l’uomo a nostra [plurale] immagine,
secondo la nostra [plurale] somiglianza”». E ancora Genesi 3:22 che
afferma: «E Geova Dio [elohim] proseguì, dicendo: “Ecco, l’uomo è
divenuto simile a uno di noi [plurale] conoscendo il bene e il male”».
Questo è ciò che scaturisce volendoci attenere soltanto all’evidenza
più schiacciante, quella data dalle traduzioni moderne, che di vero
hanno poco o nulla. Scavando un po’ più a fondo, invece, possia-
mo constatare che in molti altri casi le traduzioni vengono oppor-
tunamente falsificate con la chiara intenzione di occultare i fatti.
Se fosse vero ciò che sostengono la teologia, l’esegesi ufficiale e il
Perspicacia, dovremmo concludere che Abraamo fosse politeista.
In Genesi 20:13 infatti lo vediamo asserire (leggere da destra verso
sinistra):

‫כאשר התעו אתי אלהים מבית אבי‬


…mio padre di casa da elohim me vagare fecero Quando

Abraamo, il padre del monoteismo ebraico, cristiano e islamico,


che asserisce senza mezzi termini che a chiamarlo dalla sua terra
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 45

natale per fare del suo seme un popolo di speciale possesso non fu
il solo vero Dio, ma più “dèi”? Ovviamente nelle Bibbie che ab-
biamo in casa troveremo il verbo al singolare. In ciò, però, bisogna
riconoscere il giusto merito alla Bibbia edita dai tdG, che nella
sua versione con note in calce, la Rbi8 (quella grande), riporta nel
versetto in questione una nota con la seguente dicitura: «“Fece
errare”: lett. “fecero errare”, pl. per accordarsi con ’Elohìm […]».
In pratica tale nota afferma che, siccome il soggetto è un plurale,
anche il verbo è nella sua forma plurale, e questo per accordarsi
con la pluralità del soggetto. Abbiamo, quindi, un soggetto plu-
rale con un verbo plurale, cioè un plurale numerico. Eppure nelle
lingue moderne essa viene resa totalmente al singolare, senza alcun
fondamento né minima giustificazione linguistica. Le ragioni di
tale scelta sono, piuttosto, esclusivamente teologiche, dottrinali,
ermeneutiche, con una evidenza sulle reali intenzioni del tradut-
tore che l’ha operata che è schiacciante per chiunque sia mosso
da onestà d’intenti. Scelta che contrasta apertamente con quanto
riportato nel testo biblico e col reale pensiero dell’antico autore di
quel brano. Cosa ne è stato, mi chiedo, del plurale di a./m./d./e.?
Mi si consenta questa digressione: l’onestà della Traduzione del
Nuovo Mondo versione Rbi8, evidentemente, è risultata decisa-
mente ardita e poco appropriata agli attuali vertici dell’Organizza-
zione, tanto che essi hanno pensato bene di redigerne una versione
revisionata, non ancora disponibile in italiano10. In realtà, a mio
modesto parere, tra le Bibbie per famiglie maggiormente diffuse,
quella dei tdG risulta essere leggermente più fedele di molte al-

10
La versione revisionata, in inglese, è consultabile sul sito ufficiale dei tdG al seguente
link: http://www.jw.org/en/publications/bible/nwt/. Se la si vuole confrontare con la
precedente, sempre in inglese, la si può consultare a questo link: http://www.jw.org/en/
publications/bible/bi12/books/.
46 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

tre (presenta comunque pro e contro). Fedeltà che viene puntual-


mente a mancare nella versione revisionata. Apprenderemo me-
glio questi aspetti durante la trattazione di alcune tematiche. Per
il momento mi limito ad anticipare al lettore che molti particolari
fondamentali presenti nella vecchia Bibbia (in italiano è ancora
quella in uso), come la nota su Genesi 20:13 o le note che rivelano
la presenza di “elohim” anziché “Dio”, nella versione revisionata
sono stati miratamente eliminati.
Chiusa questa breve parentesi, concentriamoci nuovamente sul
punto che stavamo trattando: i verbi e gli attributi associati al
“dio” biblico sono singolari o plurali?
Abbiamo visto che Abraamo asserisce che furono più elohim a
separarlo dalla sua famiglia paterna per fare della sua progenie il
popolo eletto.
Cosa confermata anche da Genesi 31:53 che afferma: «L’iddio di
Abraamo e l’iddio di Nahor, l’iddio del loro padre giudichi fra noi».
Ancora una volta la Traduzione del Nuovo Mondo Rbi8 riporta varie
note in calce: quella su “iddio” chiarisce che, in realtà, il soggetto è
un plurale; quella su “giudichi” mostra che anche il verbo, diversa-
mente da come reso in italiano, è nella sua forma plurale (“giudichi-
no”). Anche queste note nella nuova Bibbia sono state fatte sparire.
Questa scrittura conferma quanto appreso prima: Abraamo ser-
viva vari elohim, i quali stabilirono di comune accordo un de-
stino diverso per lui e la sua progenie. Ma che dire di suo nipote
Giacobbe, colui che fu poi chiamato Israele (curiosa coincidenza
che questo nome sia la fusione di “Iside”, “Ra” ed “el”) e dai cui
dodici figli maschi si sarebbero formate le dodici – che dodici non
erano, contarle per credere – tribù?
Genesi 35:7 riporta: «Quindi vi edificò un altare e chiamava il
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 47

luogo El-Betel, perché là il [vero] Dio gli si era rivelato al tempo in


cui fuggiva lontano da suo fratello».
L’onestà della traduzione che stiamo esaminando in questo verset-
to – come in molti altri –, però, vacilla: non solo “elohim” viene re-
so con “Dio”, ma esso viene anche, e in modo del tutto inventato,
preceduto dall’aggettivo “vero” (che infatti è messo tra parentesi
quadre, in quanto assente nel testo ebraico – si veda “Parentesi
quadre” nell’introduzione della Bibbia in questione a p. 7). Il pun-
to che mi preme sottolineare, però, è un altro: “Gli si era rivelato”,
in realtà, è al plurale (si erano rivelati – ‫)נגלו‬. La nota in calce, in
questo caso, non c’è neppure nella vecchia Traduzione del Nuovo
Mondo. Dovremmo concludere che a Giacobbe “i veri dèi gli si
erano rivelati”?
Ecco perché al versetto 1 troviamo le seguenti parole, che nel caso
dovessimo attribuire a Dio sarebbero folli: «Dio disse a Giacobbe:
“Levati, sali a Betel e dimora là; e fa’ là un altare al Dio che ti ap-
parve quando fuggivi lontano da Esaù tuo fratello”». Dio che dice
a Giacobbe di costruire un altare “al Dio” che gli è apparso a Betel
anziché a se stesso?
Anche in Esodo 22:9 la pluralità degli elohim è grammaticalmente
documentata. Vi si legge infatti:

‫על־כל־דבר־פשע על־שור על־חמור על־שה על־שלמה על־כל־אבדה אשר יאמר כי־‬


‫הוא זה עד האלהים יבא דבר־שניהם אשר ירשיען אלהים ישלם שנים לרעהו׃‬
sopra ˛toro sopra trasgressione di questione ogni Su
di persa cosa ogni sopra ˛veste sopra ˛pecora sopra ˛asino
venire deve elohim agli fino ˛“!questa È” :dica egli cui
elohim condanneranno che Colui .entrambi di parola la
.prossimo suo al doppio il ripagare dovrà
48 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

Un’altra scrittura con nota in calce che riporta il reale contenuto


del testo ebraico è Deuteronomio 5:26 nel qual caso si parla di
“elohim viventi”, ossia soggetto e verbo plurali, ma resi entrambi
singolari nelle lingue moderne. Inutile ormai precisare che anche
questa nota è sparita dalla versione revisionata.
In Deuteronomio 32:28-30, invece, troviamo una testimonianza
diretta di Geova stesso, il quale afferma che le improbabili vittorie
di Israele contro eserciti numericamente superiori sono dovute ad
accordi presi tra lui (Geova) e gli elohim avversari all’insaputa dei
loro sudditi, ossia degli eserciti combattenti. Gli Israeliti vengono
anche presi in giro in un certo senso da Geova, dato il loro non
sospettare nulla:

«Poiché sono una nazione su cui il consiglio perisce, e fra loro non
c’è intendimento. Oh fossero saggi! Quindi pondererebbero ciò.
Considererebbero la loro fine di poi. Come potrebbe uno inseguirne
mille, e due metterne in fuga diecimila? A meno che la loro Roccia non
li abbia venduti e Geova non li abbia ceduti».

L’ultimo esempio relativamente al verbo plurale utilizzato nel caso


del presunto dio d’Israele che riporto è quello di 2 Samuele 7:23,
che sostiene quanto segue:

«E quale unica nazione sulla terra è simile al tuo popolo Israele, che Dio
andò a redimere a sé come popolo e ad assegnarsi un nome e a fare per
loro cose grandi e tremende: scacciare a causa del tuo popolo, che hai
redento a te stesso dall’Egitto, le nazioni e i loro dèi?».

In tal caso una nota in calce che riporti il reale contenuto di questo
versetto non c’è neppure nella vecchia versione della Traduzione
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 49

del Nuovo Mondo. Ma il lettore deve sapere che tale versetto non
afferma che “Dio andò” a formarsi un popolo personale, ossia
Israele, ma che “gli elohim andarono” (‫ )הלכו־אלהים‬a formarsi que-
sto popolo. Soggetto e verbo plurali. Ulteriore conferma di quanto
appreso in Genesi 20:13 e 31:53. Il lettore accorto avrà proba-
bilmente notato che il versetto termina con la parola “dèi”, cioè
“elohim”. La stessa parola nella prima parte del versetto viene resa
“Dio” mentre nell’ultima parte “dèi”. La discriminante, ovviamen-
te, non ha alcuna base linguistica. I traduttori fanno un po’ come
gli pare nell’esercizio della massima libertà d’espressione. Una li-
bertà che potremmo tranquillamente definire “licenza poetica”.
D’altronde è Geova stesso, in numerosissimi casi, a riconoscere la
reale esistenza degli altri elohim, suoi rivali.
In Deuteronomio 32:36-38, ad esempio, egli sostiene che gli altri,
a differenza sua, si fanno vedere soltanto quando c’è da far baldoria
con cibo e vino, ma che si dileguano nel momento del bisogno:

«Poiché Geova […] certamente dirà: “Dove sono i loro dèi, la roccia in
cui cercarono rifugio, che mangiavano il grasso dei loro sacrifici, beveva-
no il vino delle loro libazioni? Si levino e vi aiutino. Divengano per voi
un nascondiglio”».

Eppure sarebbe sufficiente l’introduzione ai Dieci Comandamenti


per chiarire la questione. Essa, infatti, non sentenzia: “Non ci sono
altri dèi all’infuori di me”, bensì “non avrai” (Esodo 20:3). Per dirla
tutta, il divieto non è neppure assoluto, ma relativo solo al periodo
in cui Geova avrà a che fare con Israele: “Non avrai altri elohim… in
mia presenza”. Anche in quelle rare occasioni in cui Israele, la sim-
bolica moglie di Geova, dice che questi è l’unico “dio”. Cosa pense-
remmo di una donna che dicesse al proprio marito: “Tu sei l’unico
50 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

uomo, non c’è nessun altro”? Ovviamente non penseremmo che lei
stia negando l’esistenza di altri uomini, ma che tra tutti il suo com-
pagno sia l’unico uomo che lei vuole, “tu sei l’unico uomo per me”.
Credo che il concetto sia stato trattato in modo sufficientemente
chiaro e documentato per poter affermare che:

tSostenere che “elohim” significhi “dio” è falso.


tSostenere che un soggetto plurale accompagnato da un verbo
o un attributo singolare vada a formare il fantomatico plurale
di a./m./d./e. da intendersi come un singolare a tutti gli effetti
è falso (Esodo 14:25 docet).
tAffermare che, quando nelle lingue moderne ci viene fatto
credere che si parli dell’Iddio di Israele, che poi sarebbe il
Creatore dell’universo, i verbi e gli aggettivi utilizzati siano al
singolare è falso.
tLe caratteristiche grammaticali che si verificano nel caso di
“elohim” si verificano anche con altri termini: in tali casi non
viene fatto valere il concetto di plurale di a./m./d./e., cosa che
i teologi e gli esegeti applicano solo e solamente a “elohim”.

A smontare il plurale di a./m./d./e., dunque, è la Bibbia stessa: non


solo spesso e volentieri non ritroviamo la costruzione grammati-
cale che la dottrina vorrebbe a esso attribuire nel caso del presun-
to dio dell’Antico Testamento, ma allorquando tali caratteristiche
sono presenti (soggetto plurale accompagnato da verbi e aggettivi
singolari) spesso si parla chiaramente di una grande molteplicità
di individui, a prescindere dal fatto che si tratti di elohim o altri.
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 51

Quella fatta da Platone sembra una fedele descrizione della società


odierna. Dopo quasi venticinque secoli, l’umanità pare non essere
cambiata né maturata di un sol giorno. Oggi come allora, infatti,
i non vedenti (decisamente più numerosi) decidono di attaccare i
pochi che scelgono di aprire gli occhi, i quali vorrebbero soltanto
aiutare i propri compagni a fare lo stesso.

Platone
Il Mito della Caverna11

Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin


dall’infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le
membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera
che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro di-
nanzi a loro.
Si pensi, inoltre, che alle spalle dei prigionieri sia stato acce-
so un enorme fuoco e che, tra il fuoco e i prigionieri, corra
una strada rialzata. Lungo questa strada sia stato eretto un
muretto lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari
oggetti, animali, piante e persone. Le forme proietterebbero
la propria ombra sul muro e questo attrarrebbe l’attenzione
dei prigionieri.
Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme par-
lasse, si formerebbe nella caverna un’eco che spingerebbe i

11
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Mito_della_caverna.
52 GEOVA, UN ELOHIM DIVENUTO DIO

prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre


che vedono passare sul muro. Mentre un personaggio ester-
no avrebbe un’idea completa della situazione, i prigionieri,
non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spal-
le e non avendo esperienza del mondo esterno (incatenati
fin dall’infanzia), sarebbero portati a interpretare le ombre
“parlanti” come oggetti, animali, piante e persone reali.
Si supponga che un prigioniero venga liberato dalle catene
e sia costretto a rimanere in piedi, con la faccia rivolta verso
l’uscita della caverna: in primo luogo, i suoi occhi sarebbe-
ro abbagliati dalla luce del sole ed egli proverebbe dolore.
Inoltre, le forme portate dagli uomini lungo il muretto gli
sembrerebbero meno reali delle ombre alle quali è abituato;
persino se gli fossero mostrati quegli oggetti e gli fosse in-
dicata la fonte di luce, il prigioniero rimarrebbe comunque
dubbioso e, soffrendo nel fissare il fuoco, preferirebbe vol-
gersi verso le ombre.
Se il malcapitato fosse costretto a uscire dalla caverna e ve-
nisse esposto alla diretta luce del sole, rimarrebbe accecato
e non riuscirebbe a vedere alcunché. Il prigioniero si trove-
rebbe sicuramente a disagio e s’irriterebbe per essere stato
trascinato a viva forza in quel luogo. Volendo abituarsi alla
nuova situazione, il prigioniero riuscirebbe inizialmente a
distinguere soltanto le ombre delle persone e le loro immagi-
ni riflesse nell’acqua; solo con il passare del tempo potrebbe
sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi.
TESTIMONI DI GEOVA: MA GEOVA CHI? 53

Resosi conto della situazione, egli vorrebbe senza dubbio


tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo
felice del cambiamento e provando per loro un senso di
pietà: il problema, però, sarebbe proprio quello di convin-
cere gli altri prigionieri a essere liberati. Infatti, dovendo
riabituare gli occhi all’ombra, dovrebbe passare del tempo
prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamen-
te anche nel fondo della caverna; durante questo periodo,
molto probabilmente egli sarebbe oggetto di riso da parte
dei prigionieri, in quanto sarebbe tornato dall’ascesa con
“gli occhi rovinati”.
Inoltre, questa sua temporanea inabilità influirebbe negati-
vamente sulla sua opera di convincimento e, anzi, potrebbe
spingere gli altri prigionieri a ucciderlo, se tentasse di libe-
rarli e portarli verso la luce, in quanto, a loro dire, non var-
rebbe la pena di subire il dolore dell’accecamento e la fatica
della salita per andare ad ammirare le cose da lui descritte.

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