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LA RIVOLUZIONE RUSSA

L’IMPERO ZARISTA
La Russia zarista fra arretratezza e modernizzazione
Nel febbraio del '17 uno sciopero, seguito da un'insurrezione dell'esercito, costrinse lo zar ad abdicare (15 marzo).
Venne istituito un governo costituente presieduto da Kerenskij (vicino alle idee socialiste rivoluzionarie). Le cause
del crollo del regno degli zar, che solo pochi anni prima (dal 1861) aveva dato inizio ad un processo di
modernizzazione della Russia (abolizione servitù della gleba, industrializzazione ecc.) sono principalmente:
Questione contadina: la liberazione della servitù determinò un incremento della produzione ed esportazione
agricola nel paese, ma continuava a sussistere il problema delle terre; queste erano infatti suddivise in maniera
estremamente diseguale. Quasi la metà dei campi coltivabili erano in possesso di grandi proprietari terrieri e dei
Kulaki (contadini agiati); il resto era distribuito tra milioni di contadini poverissimi, che non riuscivano così ad
acquistare merci che non fossero di prima necessità.
Questione operaia: nonostante l'industrializzazione iniziata nell'ultimo decennio dell'800, la classe operaia era
molto poco numerosa; questo perché mancava in gran parte una mentalità imprenditoriale, le industrie
nascevano solo grazie a investimenti statali o esteri. In questa condizione i lavoratori erano ben poco tutelati e
lavoravano in condizioni pessime, con salari bassissimi e orari prolungati.
I partiti d'opposizione e gli obiettivi della lotta politica
La Russia, politicamente, agli inizi del '900 era autocratica e si riteneva che il potere dello zar derivasse da Dio,
quindi non esisteva parlamento e l'attività politica era strettamente controllata; nonostante tutto si
organizzarono diversi partiti d'opposizione:
Partito costituzionale-democratico: d'ispirazione borghese liberale, aveva come principale obiettivo l'istituzione di
un parlamento elettivo e forte.
Partito social-rivoluzionario: nasce nel 1901 ispirato al populismo russo; il suo obiettivo è la redistribuzione della
terra e la valorizzazione delle tradizioni comunitarie del mondo contadino.
Partito operaio socialdemocratico: di orientamento marxista e in linea con le idee della Seconda Internazionale,
nasce nel 1898; riteneva che solo lo sviluppo di una forte classe operaia avrebbe permesso la rivoluzione; infatti le
rivendicazioni dei contadini erano ritenute di tipo conservatore. Dal 1903 iniziò a crearsi una profonda spaccatura
tra i moderati Menscevichi e i rivoluzionari Bolscevichi; le principali polemiche furono:
Concezione del partito:
Menscevichi: doveva organizzarsi come un'organizzazione di massa aperta ad ogni simpatizzante.
Bolscevichi: doveva essere forte e amministrato da pochi ristretti “gruppi” rivoluzionari, con un potere
fortemente centralizzato.
Valutazioni sulle possibilità e modalità di riuscita della rivoluzione:
Menscevichi: ritenevano le possibilità che scoppiasse e riuscisse molto remote, data la debolezza della classe
operaia; puntavano dunque su una rivoluzione democratico-borghese, per far crollare il regime zarista.
Bolscevichi: guidati dalle idee di Lenin, ritenevano che la borghesia non fosse in grado di portare avanti alcuna
rivolta; doveva quindi essere il proletariato a far scoppiare una rivoluzione democratico-borghese come preludio
di quella socialista; inoltre Lenin era convinto che le condizioni fossero ormai propizie per far questo.
La rivoluzione del 1905
La prima esplosione rivoluzionaria ebbe luogo a causa della guerra russo-giapponese, che vide la marina dello zar
in grave difficoltà. Fu così che nel gennaio 1905, contro il governo, scoppiò uno sciopero seguito da una grande e
pacifica manifestazione popolare in favore del miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dell'istituzione di
un'assemblea costituente. La risposta a questa manifestazione fu brutale: i soldati spararono sulla folla. Il giorno
viene ricordato come “Domenica di sangue” e fece dissolvere momentaneamente i contrasti fra le opposizioni che
si unirono contro il regime. Nell'ottobre del '05, a causa degli scioperi, lo zar istituì un parlamento: la Duma. I
liberali a questo punto, ritenendosi soddisfatti, abbandonarono le altre opposizioni (che invece continuavano a
chiedere riforme più sostanziali). Alle nuove richieste lo Zar rispose sciogliendo la Duma, che in seguito fu riaperta
ma con un suffragio molto ristretto, in modo che fosse costituita da forze unicamente conservatrici.
La rivoluzione del '05 convinse i bolscevichi riguardo la veridicità delle loro idee, e cioè:
Dell'incapacità della borghesia a portare avanti un processo rivoluzionario, dato che questa era troppo spaventata
dalla possibilità che lo scontro sociale si trasformasse in una rivoluzione proletaria, preferendo quindi allearsi con
la vecchia aristocrazia che voleva abbattere.
Del fatto che la classe operaia era matura per portare avanti la rivoluzione alleandosi come i contadini; questo fu
dimostrato dall'istituzione del Soviet dei lavoratori, seppure avesse poi avuto vita brevissima.
Le riforme di Stolypin e i rapporti sociali nelle campagne.
Il nuovo governo cercò così di ottenere il successo per mezzo di una politica riformatrice riguardo la questione
delle terre. Il primo ministro Stolypin emanò così dei provvedimenti al fine di:
Creare un ceto medio agrario che doveva rafforzare la produzione e dare maggiore stabilità sociale allo stato. Fino
a quel momento infatti le terre erano in mano o ai grandi proprietari terrieri, o ai Mir (assemblee dei villaggi che
ogni anno distribuivano le terre tra i contadini e li pagavano per il loro lavoro). Stolypin diede, dunque, in
possesso ai contadini quei terreni che prima venivano affidati loro annualmente dai Mir.
La riforma però ebbe anche diversi risvolti negativi:
I contadini, privi dei mezzi per sostenere i terreni acquisiti, furono costretti a rivenderla, non più ai Mir, ma ai
contadini ricchi; questi, che avevano precedentemente ceduto anche parte dei loro terreni venendo rimborsati
dallo stato, li ricomprarono così a prezzo più basso.
I contadini agiati (Kulaki) furono così i veri beneficiari della riforma, dato che riuscirono ad arricchirsi
enormemente. Così i contadini ormai senza terra diventarono Braccianti o andarono a cercare lavoro come operai
nelle città; l'esiguo numero delle industrie però non poteva soddisfare l'enorme richiesta di lavoro, pertanto
aumentò tantissimo la tensione sociale. L'obiettivo bolscevico dell'alleanza tra contadini e operai era sempre più
vicino.

LA CADUTA DEGLI ZAR


Le ripercussioni della Grande guerra
La grande guerra minò profondamente la stabilità del regime zarista, tantissimi aspetti portarono la popolazione a
prendere posizioni ostili alla guerra:
Le nazionalità minori, in particolare ucraini e polacchi, erano contro; i loro stati, infatti, furono i primi a venire
invasi.
I socialisti si opponevano per una questione ideologica.
I soldati non erano convinti della necessità del conflitto; la gran parte di loro erano semplici contadini.
Sin dal primo anno vi furono gravissime perdite, quasi due milioni di uomini.
I comandi militari erano incapaci (in gran parte) e fecero spesso errori grossolani che mandavano i soldati alla
morte.
Non c'erano mezzi di trasporto adeguati, così gli approvvigionamenti alimentari e bellici scarseggiavano sul fronte
e nelle città; a causa della mancanza di beni di consumo, aumentò enormemente il loro prezzo sul mercato. Tutto
ciò portò a una serie di grandi scioperi a partire dal 1915.
Vi fu poi un tentativo di svolta reazionaria appoggiata dalle forze vicine alla corte, così venne sciolta la Duma e
vennero revocate le riforme costituzionali. Tutto questo, insieme all'incapacità di razionalizzare la produzione
(anche a causa della burocrazia corrotta), determinò una sempre maggiore avversione al regime.
La rivoluzione di febbraio: l'abdicazione dello zar
La situazione precipitò agli inizi del '17; una protesta di operai e soldati scoppiata in marzo a Pietrogrado,
appoggiata dalle truppe che si rifiutarono di sparare sulla folla, fece abdicare lo Zar Nicola II. Questa rivolta si
diffuse in tutta la Russia e si trasformò in una rivoluzione politica (“Rivoluzione di Febbraio”) con la creazione di
due organismi indipendenti di governo:
Governo provvisorio: costituzionalista, controllato dai liberal-democratici e nel quale spiccava la figura del
socialrivoluzionario Kerenskij.
Soviet di Pietrogrado: che era stato ricostituito dopo che era stato sciolto nel '05; era controllato dalle varie
correnti socialiste (socialrivoluzionari, menscevichi, bolscevichi).
Il governo provvisorio si presentò subito agli alleati della Grande guerra come l'unico legittimo detentore del
potere. Il governo provvisorio voleva:
Proseguire la guerra al fianco dell'Intesa.
Formare un'assemblea costituente eletta con elezioni a suffragio universale.
Il Soviet invece:
Premeva per la pace immediata.
Ridistribuire le terre.
Intanto stava nascendo una rete di Soviet per tutta la Russia; il governo liberale era sempre più in difficoltà.
Il rientro di Lenin dall'esilio e le “Tesi d'aprile”
All'interno dei Soviet non mancavano comunque grossi contrasti, aggravati dal fatto che, quando era scoppiata la
rivoluzione, molti dirigenti bolscevichi erano in esilio all'estero. L'egemonia politica, quindi, in questo periodo era
in mano ai Menscevichi, che erano riconosciuti come una opposizione legale da parte del governo. Ma su cosa
divergevano le posizioni interne ai Soviet?
Menscevichi: erano convinti che, nelle condizioni della Russia del tempo, la rivoluzione borghese fosse il massimo
obiettivo raggiungibile.
Bolscevichi: credevano che solo una svolta radicale avrebbe permesso la creazione di uno stato davvero
democratico. Essi si dividevano inoltre tra:
Minoranza di sinistra: guidata da Molotov; voleva creare immediatamente un governo rivoluzionario per emanare
delle radicali riforme sociali.
Ala moderata: si impose col passare delle settimane; nella prima conferenza di tutti i Soviet russi venne infatti
accettata la proposta di Stalin di appoggiare il governo provvisorio fino a quando questo avrebbe rappresentato le
necessità dei proletari.
La distanza tra l'ala moderata -maggioritaria-bolscevica e i menscevichi era minima e determinò l'emarginazione
della sinistra di Molotov.
In questa situazione, fu il ritorno di Lenin in aprile ad eliminare la confusione. Contrariamente a quanto si credeva,
il leader era vicino alle posizioni di Molotov e il giorno dopo il suo ritorno riassunse il suo pensiero leggendo le sue
“tesi d'aprile”; queste affermavano:
Che il governo provvisorio era nelle mani della borghesia perché i proletari non erano abbastanza organizzati e
consapevoli; pertanto l'esecutivo borghese doveva cadere.
Che la Russia doveva subito uscire dalla guerra.
Che non bisognava instaurare una repubblica parlamentare, sarebbe stato un passo indietro, ma una Repubblica
dei Soviet.
Quindi nella nuova conferenza dei Soviet russi la posizione di Lenin divenne maggioritaria e il motto “tutti i poteri
ai Soviet” divenne il simbolo dei proletari nell'assalto al Palazzo d'inverno di Pietrogrado che avvenne di lì a poco.

LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE
La crisi di luglio: disgregazione dell'esercito e delegittimazione del governo
La possibilità di realizzare il programma di Lenin aumentarono in Luglio. Tutto ciò a causa di un'offensiva in Galizia
che si rivelò fallimentare e che ebbe gravi ripercussioni sulla stabilità del governo di Kerenskij. Infatti:
L'esercito si disunì generalmente.
I contadini intensificarono le azioni di occupazione dei terreni signorili.
Il governo era ormai in gravissima crisi e i Menscevichi, che lo avevano appoggiato, persero credibilità insieme ad
esso; si stava creando un vuoto di potere. La situazione venne così sfruttata dai soldati, che con un tentativo di
colpo di stato misero fuorilegge i bolscevichi e cercarono di instaurare una dittatura militare (liquidando i Soviet)
guidata dal capo di stato maggiore Kornilov; il tentativo fallì grazie alla resistenza dei soldati rivoluzionari di
Pietrogrado. Nel mentre l'inflazione cresceva enormemente; la quantità di cartamoneta in circolo e i prezzi erano
aumentati esponenzialmente. Esplosero dunque varie rivolte all'interno dell'esercito: i reparti si rifiutavano di
partire al fronte; la situazione per l'esecutivo di Kerenskij era ormai disperata. Alla successive elezioni della Duma,
i Bolscevichi, che prima erano in minoranza, ottennero la maggioranza relativa e iniziarono a concretizzare il loro
progetto.
La scelta rivoluzionaria e la presa del Palazzo d'inverno
Il 10 ottobre fu convocato il comitato centrale bolscevico e fu approvato il programma che sarebbe stato portato
avanti, si scelse la soluzione rivoluzionaria:
Rovesciare Kerenskij.
Impadronirsi del potere.
Prevenire l'Assemblea costituente.
Fu così eletto, per la prima volta, il Politbjuro (ufficio politico) cui delegare le più importanti scelte politiche, ne
facevano parte i più importanti esponenti del partito. I Soviet, nel vuoto legale che si era formato nel mentre,
erano ormai l'unico punto di riferimento politico riconosciuto dalla popolazione. Nell'ottobre (ortodosso) del '17
ebbe quindi inizio l'insurrezione guidata dall'appena istituito Comitato militare rivoluzionario; la rivolta fu guidata
da Trockij e portò i rivoluzionari ad impadronirsi di punti strategici, appoggiati dall'esercito e dagli operai. Il
governo fu sciolto dopo l'assalto al Palazzo d'inverno e al suo posto venne instaurato il Consiglio dei commissari
del popolo (presieduto da Lenin) che da novembre promulgò i primi provvedimenti:
Pace senza annessioni né indennità.
Sopprimere le grandi proprietà per spartirle tra i contadini.
Istituire un controllo per operai e impiegati.
Uguaglianza e autodecisione di tutti i popoli russi.
La rivoluzione era basata sull'alleanza tra contadini e operai e riconosceva il potere dei Soviet. A novembre, come
previsto, si votò per l'Assemblea costituente (sperando che il potere venisse definitivamente legittimato), ma i
bolscevichi vennero battuti dal partito Socialrivoluzionario; aperta l'assemblea, i bolscevichi non la riconobbero
come valida e la sciolsero; la sovranità era infatti solo dei Soviet, in realtà il potere era ormai nelle mani del
partito, che si era ribattezzato Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
L'uscita dalla guerra: la pace di Brest-Litovsk
Il problema più complesso e urgente che il nuovo governo rivoluzionario dovette affrontare fu l'uscita della Russia
dalla guerra. Il problema principale era rappresentato dal fatto che le forze alleate erano contrarie e si erano
dichiarate disposte ad appoggiare finanziariamente, militarmente ecc. coloro che si opponevano al nuovo
governo. La scelta dunque oscillava tra due opzioni:
Impiegare le proprie risorse, militari e non, per una guerra estenuante contro l'esercito tedesco al fine di
esportare la rivoluzione in Germania.
Concentrare le forze nella guerra civile che sarebbe scoppiata, in difesa del nuovo stato sovietico, contro le forze
controrivoluzionarie che andavano organizzandosi (come l'Armata Bianca).
Dopo grandi polemiche, si appoggiò la posizione di Lenin e venne approvato il secondo progetto. Fu firmata così la
pace di Brest-Litovsk, che sanciva la perdita di grandi territori e la cessione di molte industrie. Questa catastrofica
resa era comunque ritenuta indispensabile per:
Rafforzare il governo.
Ricostruire il paese.
Affrontare la guerra civile che, comunque, sarebbe scoppiata in ogni caso (anche se la guerra fosse continuata).

IL PERIODO DEL “COMUNISMO DI GUERRA”


Lo scoppio della guerra civile e la vittoria bolscevica.
Gli anni '20 furono un periodo molto duro per l'Unione Sovietica, vi furono tensioni e la trasformazione da
Repubblica dei Soviet a dittatura guidata da Stalin. Sin dall'inizio i bolscevichi dovettero infatti scontrarsi con
problemi interni ed esterni che sfociarono nella guerra civile dove alla fine prevalsero:
Internamente: la situazione era costantemente turbata da rivolte; erano contro il governo i grandi proprietari
terrieri, i Kulaki, i democratici ecc.
Esternamente: gli alleati di un tempo, spaventati dalla possibilità dell'esportazione della rivoluzione, intendevano
vendicarsi contro la Russia per la sua uscita precoce dalla guerra; fu così che appoggiarono le forze
controrivoluzionarie (che, principalmente, volevano la restituzione del potere agli Zar) finanziandole e portando in
aiuto loro truppe.
Truppe di vari stati stranieri entrarono in Russia allo scopo di far cadere il governo sovietico; scoppiò così la guerra
civile (1918-1921). Come primo atto i bolscevichi fecero fucilare la famiglia reale, dopodiché sbaragliarono una ad
una le Armate bianche. L'ultima battaglia fu quella con la Polonia, che aveva cercato di conquistare l'Ucraina e che
si era infine trovata costretta a firmare il trattato di Riga.
Il “cordone sanitario” e la nascita del Komintern
Per prevenire la diffusione del socialismo in Europa, i governi occidentali appoggiarono quelli anticomunisti
confinanti con l'Unione Sovietica, formando il “Cordone sanitario”, contro il “contagio bolscevico”. Le vicende
russe avevano infatti dato il via a tentativi rivoluzionari per tutto il continente (il “Biennio Rosso”), durante i quali
il movimento operaio si era mobilitato per seguire il modello russo. Il fatto che il governo sovietico si pose a sua
volta come modello di questi, portò al contrasto tra la necessità di guidare le rivolte, da una parte, e difendere la
patria dall'altra (problema che attanagliò sempre la politica sovietica). La “rivoluzione d'occidente” però fallì;
nonostante la chiarezza che i paesi occidentali non fossero ancora pronti per una rivoluzione, venne fondato il
Komintern (Terza Internazionale), per poter organizzare negli anni le spinte rivoluzionarie. Nel mentre, in Russia si
delineavano quei caratteri che divennero permanenti con Stalin e che mostravano una netta virata verso il
Totalitarismo:
Accentramento del potere nelle mani del leader del partito comunista, che col tempo divenne l'unico e finì per
essere tutt'uno con lo stato.
Soffocamento di ogni voce di dissenso, compresi i sindacati; questo fatto inizialmente era giustificato dalla
necessità di respingere le forze nemiche interne ed esterne, in seguito divenne consuetudine.
I primi passi del governo: accentramento del potere e questione agraria
Vi fu inoltre una grave incomprensione sulla questione agraria. I bolscevichi, per assicurare gli approvvigionamenti
in quel periodo di grave carestia, misero in atto dei drastici provvedimenti, requisendo integralmente tutti i
prodotti che venivano prodotti dai contadini. Con queste azioni (“Comunismo di guerra”), si volevano colpire i
contadini ricchi, ma finirono per schiacciare quelli stessi contadini che avevano rappresentato la base (insieme agli
operai) della rivoluzione. Tutto ciò portò ad una sempre maggiore contrapposizione tra città e campagna e
divaricazione tra contadini e operai; costoro si allontanarono sempre più dalle posizioni del governo, mettendo
così in pericolo le basi stesse della rivoluzione. Si diffuse quindi un grande malcontento che vide il suo più grave
episodio nell'insurrezione dei marinai della guarnigione Kronstadt, nel '21.

LA NASCITA DELL’URSS
Fine del “comunismo di guerra”” e nascita dell'Urss
Nel 1921 il regime comunista trovò stabilità interna, che prima di tutto si tradusse con l'abbandono dell'economia
di guerra; la classe dirigente bolscevica introdusse la Nep, in cui sarebbero dovuti coesistere i principi del
socialismo e la crescita di libere forze economiche. Nel '22 fu poi definito l'assetto istituzionale dello stato:
federazione → Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS); all'interno dello stato federale formalmente
tutte le repubbliche avevano gli stessi diritti della Russia. Negli anni seguenti l'URSS si riprese economicamente e
ottenne i primi riconoscimenti diplomatici, stava quindi diventando un punto di riferimento per la “rivoluzione
mondiale”. Lenin inoltre proponeva la nascita della Terza internazionale (il “partito internazionale
dell'insurrezione”), la quale avrebbe dovuto avere:
Lo spirito intransigente e rigoroso della prima internazionale.
Il senso dell'organizzazione della seconda. Rifiutando però da questa il parlamentarismo e l'inclinazione al
compromesso.
La Terza internazionale e la nascita dei partiti comunisti
All'interno della Terza internazionale si definirono due correnti:
Una con sede ad Amsterdam, seguace del sindacalismo rivoluzionario e della concezione di democrazia popolare.
L'altra con sede a Berlino, fedele alle posizioni di Lenin e Trockij.
Riuscì a prevalere questa linea: Lenin in un opuscolo ( L'estremismo, malattia infantile del comunismo) sosteneva
la necessità di abbandonare il sindacalismo rivoluzionario, cercare una più matura organizzazione e aderire ai
sindacati maggioritari (anche se di estrema destra). Al congresso di Mosca vennero poi stabilite le 21 condizioni
per aderire all'Internazionale: i partiti dovevano conformarsi al modello bolscevico, quindi optare per il
“centralismo democratico” scegliendo una struttura interna rigida e gerarchica, inoltre il partito doveva orientarsi
alla prospettiva rivoluzionaria, solidale con l'Unione Sovietica, e espellere le correnti rivoluzionarie.
Ecco che in Francia (1920), Italia (1921) e Germania a causa di varie scissioni fra i socialisti nacquero i nuovi partiti
comunisti, quelli cioè che avevano accettato, fra i vecchi socialisti, le condizioni per entrare nell'Internazionale.
L'Internazionale era un'organizzazione molto vasta, ma divisa al suo interno. C'era infatti chi sperava in una
rivoluzione in tempi brevi (questione accantonata durante i congressi) e criticava la Nep; la dirigenza reagì in
maniera netta e intransigente nei loro confronti.
Accumulazione o pianificazione: i contrasti sulla Nep
Nel 1921 prese via la Nep che introdusse una debole economia di mercato (i contadini potevano vendere i loro
prodotti, pagando un'imposta), tornò in circolo la moneta unica e fu ripristinata parzialmente la proprietà
privata; infatti le piccole aziende con meno di 20 operai erano a conduzione privata, le restanti (medie e grandi)
erano invece controllate dallo stato. Il massimo teorico della Nep, Bucharin, era convinto che si sarebbe potuto
avviare un processo industriale solo dopo il rafforzamento dell'economia agricola (con il motto “contadini
arricchitevi”), grazie alla quale sarebbe aumentata la domanda industriale avviando così un circolo virtuoso. La
Nep infatti riuscì a risanare le finanze russe e a rimediare all'inflazione. Gli oppositori, capeggiati da Lev Trockij,
sostenevano invece un programma di pianificazione economica fortemente centralizzata con il
ridimensionamento dell'agricoltura.

GLI INIZI DELL’EGEMONIA DI STALIN


L'ascesa di Stalin e la ridefinizione degli equilibri nel partito.
Stalin si avvicinò da giovane al marxismo e, dopo la divisione fra menscevichi e bolscevichi, parteggiò per questi
ultimi. In seguito gli venne affidata la direzione della “Pravda”, l'organo di stampa bolscevico, durante la guerra
civile mostrò di possedere doti organizzative e dopo il 1922 venne nominato segretario generale del comitato
centrale. Stalin era ai vertici del partito dopo la morte di Lenin, così furono ridefiniti gli equilibri all'interno del
partito stesso: prima di tutto per ciò che riguarda il dibattito teorico, in secondo luogo ci fu una lotta personale
per il potere e infine fu inaugurata, dallo stesso Stalin, la tradizione di eliminare fisicamente i propri avversari. I
contendenti al potere erano:
Stalin, ricopriva la carica di segretario generale del comitato centrale del partito. Era convinto che il socialismo si
potesse creare in un solo paese grazie alle risorse del movimento operaio mondiale.
Trockij, il quale aveva un grande prestigio per aver guidato l'Armata rossa, credeva invece nella validità della
rivoluzione internazionale. Costui si trovò però in minoranza perché Stalin si alleò con Bucharin.
Così il potere andò a Stalin, Zinov'ev e Kamenev, con cui per il momento si abbandonò il programma di
pianificazione economica alternativo alla Nep.
Stalin padrone incontrastato dello stato sovietico.
L'idea di una rivoluzione mondiale si affievolì presto (sia in Europa che in Asia) e in Russia la lotta fra Stalin e
Trockij era arrivata ad un punto cruciale:
Kamenev e Zinov'ev si allearono con Trockij, e Stalin li accusò di “avventurismo” poiché credevano ancora nella
rivoluzione mondiale. Trockij fu esiliato nel '29 e fino alla morte (nel '37, commissionata da Stalin) denunciò la
degenerazione del sistema socialista. Stalin rimase il padrone incontrastato del partito e del paese.
Il primo piano quinquennale.
Stalin doveva affrontare il problema dell'industrializzazione, infatti la Nep era in crisi e fu varato il primo piano
quinquennale (1928-32) caratterizzato dall'industrializzazione forzata e gestita dallo stato. Per realizzare tale
piano era necessario prendere dalle campagne tutte le risorse (i kulaki, proprietari terrieri, vennero espropriati
dei loro beni e successivamente deportati o uccisi) e controllare la produzione tramite la creazione di cooperative
statali:
Kolchoz, in cui la terra e i prodotti erano collettivi, ma i contadini avevano un piccolo lotto privato.
Sovchoz, in cui la terra era unicamente dello stato.
La produzione industriale triplicò grazie alla militarizzazione del lavoro, e il '28 costituì l'anno della svolta in cui fu
segnato il destino della società sovietica. L'assoluto centralismo della pianificazione infatti portò presto
inefficienze, clientelismi, sprechi.
Scheda → “La pianificazione economica socialista”

IL MITO DELL’URSS E L’INTERNAZIONALE COMUNISTA


Il fronte unito
Dagli anni '20 agli anni '50 l'Urss si impose come stato-guida del movimento operaio internazionale e spesso i
partiti comunisti europei erano subordinati agli interessi dell'Urss per via della volontà di Stalin di “affermare il
socialismo in un solo paese”, cioè consolidare e rafforzare l'unico stato socialista esistente. Nell'Internazionale
inoltre aderire a qualche corrente che fosse diversa dalle direttive di Mosca significava “tradire” la causa
rivoluzionaria; ciò portò ad una riduzione della democrazia interna. D'altra parte l'Urss sosteneva i partiti
comunisti di tutta Europa che dovevano agire clandestinamente così che fra il 1922 e il 1929 la linea seguita dal
movimento comunista internazionale è riassunta dalla parola chiave: fronte unito.
Venne elaborata una strategia che permetteva ai vari partiti comunisti di collaborare con i governi guidati da
partiti democratici o socialdemocratici. Ciò ebbe risultati in Germania e Cina.
La lotta contro il socialfascismo
Dopo poco tempo la strategia del fronte unito mostrò le sue debolezze: in Cina l'alleanza fra comunisti e
nazionalisti si ruppe dando vita a varie repressioni. In secondo luogo, preso atto del fatto che in Germania i
socialdemocratici avevano assunto dei tratti conservatori, l'Internazionale promosse la strategia “classe contro
classe”, cioè ora era necessario combattere socialdemocratici e socialisti perchè questi (etichettati come
socialfascisti) favorivano il consolidarsi di nazismo e fascismo a discapito della rivoluzione. Questa strategia ebbe
esiti tragici: in Germania non solo il nazismo riuscì ad imporsi ma i comunisti furono poi spazzati via a causa di
questo.
L'unità antifascista: unità d'azione e governi di coalizione
In Europa le tensioni crescevano a causa dell'imperialismo nazifascista, così il nuovo indirizzo politico e strategico
dell'Urss fu l'unità antifascista. Al VII congresso del Comintern Togliatti e Dimitrov evidenziarono la gravità del
nazifascismo, proponendo quindi dei fronti popolari antifascisti. Nacquero così le prime coalizioni antifasciste in
Europa, ad esempio in Italia socialisti e comunisti tornarono alleati dopo la scissione del '21.
LA SOCIETA’ SOVIETICA E LA DITTATURA DI STALIN
La pianificazione economica e i suoi effetti sulla struttura sociale.
La pianificazione economica decisa da Stalin aveva portato i suoi frutti: l'industria pesante era enormemente
cresciuta e la disoccupazione diminuita. D'altra parte l'agricoltura era rimasta a livelli infimi di sviluppo poiché era
sfruttata (tramite la collettivizzazione delle campagne) per fornire capitali utili allo sviluppo industriale. A questo
si aggiunse la distruzione, anche fisica, della borghesia agraria (“Dekulakizzazione”). Questi due processi
(collettivizzazione e dekulakizzazione) furono intrapresi come una guerra con tanto di saccheggi e deportazioni,
così da colpire alla fine, oltre alla borghesia agraria, anche gli oppositori del regime, nazionalisti, ecc. L'opera di
collettivizzazione invece scatenò l'ostilità e la ribellione contadina, ciò portò Stalin a fermarsi per qualche tempo
per poi riprendere più ferocemente di prima.
In seguito ad una grave carestia morirono 6 milioni di persone, ciò indebolì ancor di più l'agricoltura → l'unica
possibilità era abbandonare le campagne per trasferirsi in città, dove le persone divennero forza-lavoro per
l'industria.
L'Urss diventa una grande potenza.
Anche se la popolazione russa era decimata a più riprese, lo sviluppo industriale dell'Urss sembrava miracoloso.
Negli altri paesi d'Europa l'industrializzazione era stata graduale e c'erano stati anni in cui la produzione di ferro e
carbone raddoppiò, ma nell'unione sovietica in 10 anni la produzione di carbone aumentò del 359% e quella
siderurgica quadruplicò. L'Urss si sforzò per rendere il paese competitivo tramite un sistema di trasporti che
collegava centri industriali alle grandi città del paese. L'industria pesante inoltre fu privilegiata rispetto agli altri
settori, nonostante nel piano quinquennale fossero considerati, poiché si riteneva che quel tipo di industria
avrebbe portato l'Urss in alto e velocemente. Ci furono però degli squilibri:
Concentrarsi solo sui settori siderurgici, meccanici, ecc, non fece sviluppare l'industria leggera e del consumo, le
quali rimasero al pari dell'agricoltura.
Il prezzo dell'industrializzazione: la mobilitazione totalitaria delle masse lavoratrici.
L'industrializzazione sovietica portò varie trasformazioni nella società:
L'analfabetismo (che raggiungeva durante la Grande Guerra il 90% in alcune regioni), fu quasi completamente
eliminato grazie al grande sviluppo dell'istruzione e dei servizi sociali.
Creazione di un vasto apparato di controllo rappresentato dalla burocrazia di partito. La burocrazia, onnipresente
e diffusa a livello capillare, sorvegliava le masse che costituivano la forza-lavoro, solo così si poteva controllare
l'industrializzazione di un paese tanto grande.
Elevati costi sociali: ci furono infatti milioni di morti per fame, prigionia, deportazione. La popolazione rurale
venne sradicata e reclutata per lavorare nelle aziende collettive, campi di lavoro forzato (gulag) o nelle città
industriali.
Scheda → “Gulag”
L'emulazione socialista, il modello ideologico dello stakhanovismo.
Anche l'organizzazione del lavoro si modificò, innanzi tutto vennero eliminati le leggi operaie e i sindacati, e i
salari furono ridotti al minimo. I ritmi di lavoro erano insostenibili, gli operai continuamente sotto pressione.
Venne poi proposto il modello ideologico dello stakhanovismo (da Stakhanov, eroe del lavoro dell'epoca
staliniana) che premiava gli operai più produttivi; lo stakhanovismo fu propagandato tramite radio, giornali, ecc.
Nonostante questo il lavoro si svolgeva in un clima di militarizzazione, dunque l'assenteismo e la bassa
produttività non diminuirono → questa poteva essere l'unica forma di protesta operaia contro le scarsissime
condizioni.
Un regime autoritario fondato sul culto della personalità.
Dopo aver stroncato la resistenza Stalin passò all'eliminazione di chiunque fosse sospettabile e non in linea con lui
all'interno del partito; queste azioni repressive prendono il nome di “purghe”. Tra il '34 e il '38 ci fu un'ondata di
terrore e repressione guidata dalla polizia segreta (Gpu) che investì popolazione, partito e Armata rossa. Ci furono
migliaia di processi (fondati su basi giuridiche irregolari, senza prove o strumenti di difesa), fucilazioni di massa,
arresti, deportazioni; gli stessi Kamenev e Zinov'ev furono condannati a morte. La polizia politica rimase così
l'unico potere attivo nel paese e il partito era completamente nelle mani di Stalin, il quale nel mentre costruiva il
mito di se stesso con il culto della personalità. Ci fu un'identificazione fra partito e stato, tutti i poteri erano
sottomessi alla volontà del capo che ormai era sotto controllo. La stessa Costituzione emanata da Stalin nel '36
nonostante promulgasse i diritti umani era resa inerte dal potere politico personale del dittatore.

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