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MESTIERI D’ORIENTE E D’OCCIDENTE 

STRUTTURA COMUNE DEI TESTI ORIENTALI E OCCIDENTALI CHE


REGOLAMENTANO I MESTIERI

Pierre Delabaty

René Guénon, quando ha evocato la deviazione dell’Occidente moderno che ha avuto


l’effetto di allontanarlo dalla norma tradizionale ancora rappresentata, nel suo tempo,
dall’Oriente1, ha spesso fatto osservare che questa lontananza non è sempre esistita, e
che in «certe epoche, di cui la più vicina a noi è il Medioevo, lo spirito occidentale era
molto simile, nei suoi aspetti più importanti, a quel che è ancora oggi lo spirito orientale,
molto più di quanto assomigli a quel che è divenuto nei tempi moderni»2. In altre oc-
casioni non ha escluso, per quanto riguarda una rinnovazione delle scienze tradizionali
perdute in Occidente, che «quando avremo i dati indispensabili per comprendere, vale a
dire quando possiederemo la conoscenza dei principi, non si possa ispirarsi in una certa
misura da queste antiche scienze, così come dalle scienze orientali, attingere nelle une e
nelle altre certi elementi utilizzabili, e soprattutto trovarvi l’esempio di quel che occorre
fare per dare ad altre scienze un carattere analogo; ma si tratterà sempre d’adattare, e
non di copiare puramente e semplicemente»3. Quel ch’è detto delle scienze tradizionali
può esserlo anche dei mestieri4, dal momento che René Guénon ha costatato che è in
questo dominio che l’Occidente possiede ancora iniziazioni, ciò che dà loro un vantag-
gio rispetto a certe scienze, e arti, quasi completamente perdute. Gli accostamenti che
possono essere fatti, alla luce dei testi che ci sono pervenuti, tra le iniziazioni basate sui
mestieri in Oriente e in Occidente, sono quindi suscettibili di ispirare coloro che sincera-
mente cercano di rivivificare questi mestieri in un senso conforme alla concezione tra-
dizionale. D’altra parte, è necessario precisare che l’interesse di Guénon verso i mestieri
non era d’ordine solamente “teorico”? Ci sembra infatti particolarmente importante
ricordare che, secondo una menzione fatta da Denys Roman, «Guénon ha potuto essere
iniziato Compagnone tipografo dal momento che aveva redatto dei testi destinata alla
stampa»5.

 Cf. P. Delabaty, Métiers d’Orient et d’Occident, in La Règle d’Abraham, n. 29, giugno 2010.

Ringraziamo il sig. P. Geay, direttore de La Règle d’Abraham, e l’autore dell’articolo per il per-
messo di pubblicare la presente traduzione.
1 La situazione non è più la stessa oggi poiché l’Oriente, nonostante qualche resistenza, ha segui-

to le orme dell’Occidente.
2 R. Guénon, La Crisi del mondo moderno, cap. 2.
3 R. Guénon, Oriente e Occidente, 2a parte, cap. 2. L’espressione: «conoscenza dei principi» dev’es-

sere intesa in senso forte, giacché non si limita a una prospettiva solamente teorica, ogni rivivifica-
zione efficace d’una scienza tradizionale essendo impensabile senza la presenza dello Spirito.
4 Cf. R. Guénon, Mélanges, p. 71.
5 “Per il servizio della Verità”, Aurores, aprile 1983, p. 3. Sappiamo che «i Massoni “operativi”

erano esclusivamente uomini di mestiere [che] “accettarono” tra loro, in qualche modo a titolo
onorifico, persone estranee all’arte del costruire». È meno noto che il Compagnonaggio fece lo
stesso, ed è avendone una conoscenza “diretta” che Guénon scriverà che «i tipografi (il cui rituale,
nella sua parte principale, consisteva nella “leggenda” di Faust) “accettarono” tutti coloro che

14 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

Le scienze tradizionali, «come le arti e mestieri, che tradizionalmente sono una sola e
stessa cosa»6, possono assumere diversi aspetti, secondo i tempi e i luoghi, sposando la
forma d’espressione d’una particolare tradizione ma, siccome tutti derivano dai principi
metafisici della Tradizione, rivelano un’unità che può essere facilmente costatata quando
si facciano gli accostamenti appropriati. Queste scienze, arti e mestieri, essendo così tutti
iscritti nella natura profonda dell’uomo – altrimenti gli sarebbe impossibile prenderne
coscienza – e avendo l’uomo incontestabilmente, nonostante le differenze storiche e
geografiche delle sue manifestazioni, una struttura fondamentale unica, è normale che,
in circostanze analoghe e con intenzioni analoghe, le scienze, arti e mestieri che a lui si
ispirano si somigliano, talvolta fin nei dettagli, essendo per di più, come abbiamo ri-
cordato, il principio d’ispirazione unico. Questo è ciò che si percepisce immediatamente
alla lettura dei testi occidentali e orientali che codificano i mestieri.
Il seguente studio si baserà principalmente, per il lato occidentale, sui documenti la
cui origine è nel Compagnonaggio e nella Massoneria7, dal momento che sono i più
numerosi e i più completi tra quelli a nostra disposizione e, per il lato orientale, sulle
traduzioni delle cosiddette Risâlât dei mestieri che erano ancora in vigore, in alcuni
paesi dell’area islamica, poche decine d’anni fa. Questi documenti provengono da regioni
che si estendono dalla Turchia all’Afghanistan e al Pakistan attuali. Essi comprendono
quel che viene chiamato futuwwah (termine che deriva da fatâ, “giovane”, “eroe”), che
potrebbe essere considerato una spiritualità legata all’azione e alla parte “attiva” della
vita d’un uomo8.
Non ci proponiamo di considerare gli aspetti storici, sociologici, politici, ecc., di que-
sti testi; li prenderemo quali sono, per trarne informazioni svincolate il più possibile
dalle contingenze di tempo e luogo9. Siamo affatto persuasi che tutti questi documenti

avevano qualche rapporto con l’arte del libro, vale a dire non solo i librai, ma gli stessi autori»,
Considerazioni sull’Iniziazione, cap. XXIX; cf. anche R. Guénon, Le Chrisme et le Cœur dans les
anciennes Marques corporatives, Regnabit, T. IX, no 6, novembre 1925, nota 1, p. 397; Études
Traditionnelles, no 289, janvier-février 1951, nota 2, p. 12.
6 R. Guénon, Studi sull’Induismo, p. 112.
7 Siamo indifferenti alle obiezioni di alcuni “storici” che credono che i documenti antichi, risa-

lenti a prima dell’istituzione della cosiddetta “Massoneria speculativa”, sono stati “annessi” da
quest’ultima e non avrebbero, di fatto, alcun nesso organico con essa, poiché questo è ben lungi
dall’essere dimostrato secondo le regole stesse della “scienza storica”. Inoltre, nella misura in cui
la Massoneria attuale possiede effettivamente un’iniziazione trasmessa regolarmente, e per la
complessità degli elementi che integra, come confermato da R. Guénon e dagli iniziati d’orienta-
mento spirituale, il massone, secondo la sua situazione e le sue tendenze, può appoggiarsi, per la
sua meditazione e la sua progressione iniziatica, su qualunque supporto che, in un modo o nell’al-
tro, ha affinità con questa iniziazione; questo supporto diviene, di fatto, un elemento massonico,
da cui l’idea che ci possa essere una Massoneria “ermetica”, una Massoneria “cavalleresca”, una
Massoneria “templare”, ecc. Non si può dire lo stesso di numerosi elementi evidenziati in una
certa Massoneria moderna che non è più “costruttrice”, ma veramente “distruttrice”.
8 Essendo il concetto di futuwwah complesso, non l’affronteremo nel contesto di questo lavoro.

Faremo solo notare che include la “cavalleria” e i mestieri manuali pur essendo aperto al Sufismo.
Ci si trova al cospetto di un insieme che ricorda curiosamente altre convergenze, storiche o
simboliche, tra alcuni mestieri e gli ordini monastici militari, o la cavalleria in generale, nel-
l’Occidente del Medioevo.
9 Non terremo quindi conto del punto di vista degli studi sedicenti “storici” sulla Massoneria e

sul Compagnonaggio, che mirano soprattutto a mostrare come non vi sia alcuna radice comune tra
queste iniziazioni, né continuità iniziatica tra Medioevo e i nostri tempi; essi hanno, nei confronti

Lettera e Spirito n. III 15


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

possono essere stati scritti dopo una lunga trasmissione orale, conformemente a una
pratica abituale, e come attestano senza ambiguità gli Statuti di Ratisbona (1459) che si
presentano come una rinnovazione e un chiarimento delle “vecchie tradizioni”. Peraltro,
gli esempi presi qui come riferimento appartengono a due tradizioni specifiche, il Cri-
stianesimo e l’Islam, ma è evidente, per i ricercatori qualificati, che le modalità, assunte
dai mestieri sotto l’influenza di queste due tradizioni, non fanno che ricoprire un fondo
più antico che non dev’essere, in ogni caso, identificato con una tradizione particolare:
l’unità e la perennità pertengono ai principi che abbiamo evocato sopra. È vero, tuttavia,
che le fonti scritte di cui ci serviremo riflettono, soprattutto per l’Occidente, lo stato dei
mestieri nel Medioevo10, ed è per questo che abbiamo citato questo periodo fin dall’ini-
zio del nostro lavoro. Non si può dire lo stesso per i dati orientali poiché, come abbiamo
precisato, le norme enunciate in queste fonti erano ancora applicate fino a poco tempo
fa, nel quadro attivo dei mestieri.
Essendo i testi massonici e compagnonici più accessibili e conosciuti in Occidente, li
citeremo senza presentazione. Per contro è necessario soffermarsi un po’ sulle “Risâlât
dei mestieri” 11.

delle due sole iniziazioni occidentali ancora accessibili, esattamente la stessa funzione della critica
biblica che mira a desacralizzare la Bibbia. Si può osservare, d’altronde, che quando degli storici
specialisti, difensori del sacro, studiano seriamente gli stessi testi o le stesse informazioni, ne trag-
gono conclusioni completamente opposte a quelle proposte dai sostenitori della desacralizzazione.
Non bisogna quindi farsi impressionare dall’ondata dei lavori profanatori, anche se provengono da
scrittori che possono, formalmente, rivendicare un ricollegamento “iniziatico” e possiedono in ag-
giunta una formazione da storico: il dominio iniziatico è per loro chiuso per mancanza di quali-
ficazione.
10 La maggior parte degli autori riconosce che la datazione dei più antichi testi massonici non è

che un punto di riferimento storico approssimativo poiché, oltre alla questione della trasmissione
orale già evocata, sembra che questi documenti siano spesso copie di testi più antichi distrutti o
perduti, cosa del tutto normale dal momento che questi documenti non erano allora conservati
preziosamente in musei o collezioni. Tuttavia, questi “storici”, che generalmente concordano sul
fatto che la tradizione orale ha preceduto e accompagnato la redazione scritta continuano, con un
ragionamento poco logico, a considerare che una cosa ha esistenza solo quando se ne trovino
tracce scritte, quand’anche in quest’ultime si affermi l’esistenza di documenti precedenti!
11 I ragguagli seguenti riguardano piuttosto la parte orientale del mondo musulmano; sono estratti

principalmente dai seguenti articoli: A.M. Kassim, Études sur les corporations musulmanes indo-
persanes, in Revue des Études Islamiques, 1927, quaderno II; Michel Gavrilov, Les Corps de métiers
en Asie centrale et leurs status (Rissala), in Revue des Études Islamiques, Geuthner, Parigi, 1928;
Pierre Centlivres, Un Bazar d’Asie Centrale. Forme et organisation du bazar de Tâshqurghân (Afgha-
nistan), tesi di laurea presentata alla Facoltà di Lettere di Neuchâtel, 1970; Micheline Centlivres-
Demont, Un corpus de Risâla du Turkestan afghan, in Madrasa, la transmission du savoir dans le
monde musulman, pp. 82-89, Éd. Arguments, Parigi, 1997; Mohamed Mokri, Un traité persan relatif
à la corporation prolétaire des porteurs d’eau musulmans, in Revue des Études Islamiques, Geuthner,
Parigi, 1977; Jean-Claude Vadet, La Futuwwa, Morale professionnelle ou morale mystique, Revue
des Études Islamiques, 46, 1, pp. 57-90; Thierry Zarcone, Secret et sociétés secrètes en Islam, Arché,
Milano, 2002; Owen S. Rye, Kulâl-Nâma: The Potter’s Book, in Smithsonian contributions to Anthro-
pology, 1977, vol. 21, pp 189-193.
Nel seguito della nostra esposizione, citeremo solo il nome dell’autore e la pagina del testo di ri-
ferimento. Le trascrizioni di parole straniere possono variare da un autore all’altro, e li riproduciamo
quali sono. Per quanto riguarda l’arabo, la nostra personale trascrizione può essere leggermente
diversa da quella degli autori citati. Alcune traduzioni dall’arabo, specialmente le più vecchie,
sono molto approssimative.

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Pierre Delabaty

Le Risâlât dei mestieri


Il termine Risâlah, al singolare, può indicare la missione d’un Rasûl (un Inviato, un
Messaggero di Dio), un trattato, un’epistola, una lettera, un messaggio. Nel caso che ci
interessa qui, si tratta di «piccoli quaderni manoscritti, facili da mettere in tasca, poiché
il suo proprietario deve sempre portarla con sé» (Centlivres-Demont, p. 83), e che con-
tengono quel che si potrebbe chiamare la “carta” del mestiere. Il numero di pagine può
variare da alcune a oltre un centinaio. La lingua utilizzata è quella della regione o della
popolazione specifica che pratica il mestiere, ma le formule sacre e rituali sono in arabo,
rispettando il linguaggio formale del Corano. I maestri-artigiani dovevano obbligatoria-
mente possedere una risâlah e portarla su di sé perché la loro attività potesse essere con-
siderata legittima; era lo stesso, a fortiori, del rispetto delle prescrizioni in essa contenu-
te. Copie manoscritte di questi piccoli trattati potevano assumere l’aspetto di talismani o
amuleti indossati al braccio o al collo (Mokri, p. 137). Queste carte sono considerate co-
me ispirate da Dio al santo Patrono della professione (Gavrilov, pp 217-218) al fine di
dirigere in tutti i suoi atti l’artigiano tradizionale, ciò che ha valso loro, all’inizio del XX
secolo, attacchi da parte di modernisti e sapienti exoteristi (Ibid., p. 217). Esse esistono
ogni volta che v’è un corpo di mestiere organizzato (Ibid., pp 211-212)12; gli esperti in
materia sono riluttanti a usare il termine “corporazione”, con il significato tecnico che
noi gli attribuiamo per il Medioevo occidentale (Centlivres, p 164); Gavrilov mantiene
tuttavia l’espressione “corporazioni primitive” (p. 210).
La Risâlah doveva essere letta, normalmente, una volta al giorno dal maestro-arti-
giano e, se non sapeva leggere, doveva almeno tenerla su di sé o farsela recitare da qualcuno
(Gavrilov, p. 222; Mokri, p 159); si vede con ciò che le risâlât più brevi possono essere
considerate come memorandum. Osservare scrupolosamente il contenuto di queste carte
procura enormi vantaggi, poiché alcune dichiarano:
Sappiate e capite, che ogni maestro, che osserverà i regolamenti di questa rissala, sarà
felice in questo mondo e nell’aldilà, se Allâh l’Altissimo lo vuole (Gavrilov, p. 222).
L’esistenza della risâla in ogni negozio proteggerà questo negozio da tutte le calamità e
dalla gelosia dei gelosi (Centlivres-Demont, p. 87)13.
Il contrario attira la maledizione su chi contravviene:
Il suo mestiere sarà harâm (proibito dalla legge religiosa), il suo cibo e i suoi vestiti saranno
impuri, i pîrs e i maestri saranno scontenti di lui, ed egli non trarrà nessun profitto dal suo
mestiere, sanzioni, maledizioni s’abbatteranno su di lui nel Giorno del Giudizio: avrà il viso
nero, sarà vergognoso di fronte ai pîrs e ai maestri, e il perdono non gli sarà concesso14.
Il testo della risâlah è trasmesso al nuovo maestro dopo la sua iniziazione. È difficile,
come per i testi occidentali che regolano i mestieri, datare storicamente i modelli originali

12 Gavrilov fa un’osservazione interessante: in Europa come in Asia si troverebbero tradizioni


che affermano esservi 32 specie di mestieri necessari alla vita di una città. Il numero 32 sarebbe in
rapporto con le trentadue membra che costituiscono l’intero corpo dell’uomo.
13 Questo passaggio è tratto da una carta dei calderai, ma ci sono questi avvertimenti nella mag-

gior parte delle risâlât; la gelosia dei gelosi, fa allusione all’ultimo versetto della sura 113 e al
“malocchio”.
14 Ibid. Il Pîr (il “vecchio”, equivalente dello Shaykh in arabo) è il santo patrono del mestiere;

può essere un Profeta o un santo che la tradizione associa in un modo o nell’altro al mestiere che
avrebbe insegnato, e ne rappresenta la dimensione spirituale o iniziatica; il maestro (ustâd o ustâdh),
pur partecipando a questa dimensione, rappresenta piuttosto il “savoir-faire” tecnico trasmesso di
generazione in generazione (cf. Centlivres, pp. 165-167, e Centlivres-Demont, p. 85).

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Mestieri d’Oriente e d’Occidente

delle risâlât, e questo tanto più che esse sono forse le forme islamizzate di codici che
esistevano a volte nelle civiltà scomparse, senza dimenticare la possibilità, come altrove,
di trasmissioni orali precedenti la redazione scritta. In Afghanistan, queste risâlât erano
ancora in funzione, nonostante gli attacchi dei modernisti e degli Ulema, fino agli anni
settanta. È possibile che in zone remote siano praticate ancora oggi.
Non faremo confronti tra un testo occidentale15 e uno specifico testo orientale, ma mo-
streremo che l’insieme dei documenti studiati fa emergere una struttura simile, pur se
ogni singolo documento non contiene necessariamente tutti gli elementi di questa strut-
tura. Procedendo così, stabiliamo una sorta di “schema-tipo” o di “matrice ideale”, che
può servire come riferimento per lo studio di tutti i documenti di tale specie. Dopo aver
rapidamente identificato gli elementi di questa “matrice”, li svilupperemo più dettaglia-
tamente richiamandoci ai testi.

La partecipazione all’exoterismo
Una costatazione va fatta fin dall’inizio: sia dal lato occidentale, soprattutto per i testi
più antichi, sia da quello orientale, le carte dei mestieri integrano elementi spirituali
innegabili. Il mestiere che, di per sé, come abbiamo detto sopra, non appartiene a una
particolare tradizione, è “rivestito” d’una forma islamica o cristiana che “tinge” la sua
sacralità. Sotto questa forma si ritiene rivelato da Dio16. Gli elementi spirituali più fa-
cilmente identificabili sono d’ordine exoterico, ma la presenza di dati esoterici e inizia-
tici è indubitabile. È su questi ultimi, “liberati” di qualsiasi connotazione “religiosa”, che
s’afferma peraltro una certa concezione della moderna Massoneria che, nel migliore dei
casi, consente d’accettare dei non cristiani ma anche, ciò che è più problematico dal
punto di vista della regolarità tradizionale completa definita da René Guénon, d’inte-
grare esseri che non partecipano ad alcun exoterismo17.
Va da sé che i mestieri, durante il Medioevo occidentale e molto dopo, erano impre-
gnati della tradizione ambiente. Il manoscritto Cooke stabilisce senza ambiguità che Dio
ispira le scienze necessarie all’attuazione del mestiere: «Inoltre egli [Dio] ha dato all’uo-
mo la comprensione e la conoscenza di varie scienze e arti che ci permettono di lavorare
in questo mondo affinché si giunga, guadagnandoci da vivere, a realizzare diverse cose
che piacciono a Dio e contribuiscono al nostro conforto e al nostro bene»18.
Per quanto riguarda la necessità di una pratica exoterica, le cose sono chiare: il mano-
scritto Grand Lodge (1583) spiega che «Il primo dovere è questo. Che dovete essere fe-

15 Nella nostra presentazione, andremo dal noto al meno noto, vale a dire dai testi occidentali ai

testi orientali, senza che questa scelta suggerisca alcuna superiorità di uno sull’altro.
16 Questa “forma”, pur potendo modificarsi, resta adeguata all’essenza del mestiere.
17 Cf. R. Guénon, Necessità dell’exoterismo tradizionale, in Iniziazione e realizzazione spiritua-

le, cap. VII. È inverosimile che vi sia chi riconosce l’autorità di R. Guénon ma continua a ignorare
i dati chiari, “tecnici” e imprescindibili evidenziati in questo capitolo.
18 Se non diversamente indicato, trarremo le traduzioni da La Franc-Maçonnerie: documents fon-

dateurs, Éd. de l’Herne, 2007, Parigi. Per semplicità citeremo solo le pagine del libro, nello spe-
cifico per la presente citazione: p. 71. Si possono consultare con profitto altre compilazioni sullo
stesso soggetto: Ph. Langlet, Les Textes fondateurs de la Franc-Maçonnerie, Dervy, 2006, Parigi; e
dello stesso autore Le Regius, op. cit.; P. Négrier, Textes fondateurs de la Tradition maçonnique,
Grasset, 1995, Parigi. La citazione di questi autori su un argomento specifico non implica assolu-
tamente, da parte nostra, un’adesione alle loro concezioni sulla Massoneria o il Compagnonaggio.

18 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

deli a Dio e alla santa Chiesa», e sarebbe noioso rilevare tutti i passaggi in questo genere
di documenti per dimostrare che il mestiere deve collocarsi nel quadro tradizionale cir-
costante19. Tuttavia, non si può non evocare in dettaglio il Regius (fine del XIV secolo,
inizi del XV, secondo diverse datazioni) che è il più esplicito in merito al coinvolgimento
dell’uomo di mestiere nella vita tradizionale cristiana e soprattutto cattolica. Tutta la parte
dedicata a questo soggetto comincia al versetto 581 e la sua redazione, come l’intero ma-
noscritto, è chiaramente riconducibile all’ambiente clericale20:
Siate molto attenti, ora, vi prego:
Dovete infatti sapere tutto quel che segue.
Seguono:
– l’affermazione della sacralità della chiesa in quanto Tempio della presenza divina
(v. 588-590):
La santa Chiesa è la casa di Dio,
Non è fatta per altri scopi
Che per pregarvi, come dice la Scrittura.
– la raccomandazione dell’uso dell’acqua santa (v. 600-602):
Prenderai un po’ d’acqua santa,
Giacché ogni goccia che toccherà la tua mano
Cancellerà un peccato veniale, siine certo.
– l’ingiunzione d’osservare i dieci comandamenti (v. 611-612);
– quella d’astenersi dai sette peccati capitali (v. 614-616);
– la necessità di dire certe preghiere (v. 622, 643-656):
E di’ il Pater Noster e l’Ave […]
“Signore Gesù, sii il benvenuto,
Tu che vedo sotto le apparenze del pane.
Ora, Gesù, per il tuo santo nome,
Proteggimi dal peccato e dalla vergogna;
Concedimi l’assoluzione e la comunione […]
Concedimi la beatitudine senza fine”;
– la raccomandazione di scrutare il mistero della visione dell’ostia e approfittare di
tutte le grazie che vi sono collegate (v. 658-684);
– il consiglio di presenza formale quotidiana alla messa, se possibile (v. 685-686):
Vieni quindi in chiesa, se puoi,
Ad ascoltare la messa ogni giorno
– e di pregare per l’intenzione quando non si possa partecipare alla messa (v. 687-692).
Abbiamo volutamente tralasciato un’ingiunzione molto forte, che viene dalla pratica
legata esclusivamente alla presenza in chiesa, e che recita (v. 595-598):
Quando sei in cammino verso la chiesa,

19 Numerose carte e regolamenti si pongono sotto la benedizione della Trinità, della Vergine, di

tutti i santi e della Chiesa.


20 La Franc-Maçonnerie: documents fondateurs, p. 61. Al versetto 629 l’autore dice infatti:

«Quando leggerò il Vangelo …». Il fatto che la redazione del Regius derivi probabilmente dal-
l’ambiente clericale dimostra che non vi può essere incompatibilità fondamentale tra le iniziazioni
di mestiere e la Chiesa Cattolica. Sull’autore di questo testo, vedere Ph. Langlet, Le Regius, p. 54-66
(Éd. La Hutte, 2009).

Lettera e Spirito n. III 19


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

Abbi ben presente in ogni momento,


Che devi adorare il signore tuo Dio giorno e notte
Con tutto il tuo spirito e con tutta la tua forza.
Ci torneremo più avanti.
Inoltre, a parte l’obbligo di approfittare della grazia erogata secondo il canale della
Chiesa, è ipotizzabile che il Regius assegni un’efficacia spirituale alle scienze tradizionali in
sé (v. 551-576). Dopo aver affermato che Euclide è all’origine di una «moltitudine di
mestieri diversi», e che «istituì le sette scienze» che sono la grammatica, la dialettica, la
retorica, la musica, l’astronomia, l’aritmetica e la geometria – quest’ultima permettendo
«di discernere con certezza il vero dal falso» – conclude:
Questi sono le sette scienze,
Chi se ne serve correttamente può guadagnare il cielo21.
Philippe Langlet (pp. 66-81) e altri autori hanno fatto interessanti osservazioni sulle
straordinarie coincidenze, tanto di struttura che di sostanza, tra il testo del Regius e le
regole monastiche di S. Benedetto, S. Agostino e la regola cistercense. Possiamo così
stabilire un parallelo tra i voti dei monaci e i giuramenti dei massoni: impegno generale
nella vita cristiana, impegno specifico nella vita della comunità monastica o massonica,
impegno nell’obbedienza al maestro, ecc.
Dal lato islamico «il tratto comune a tutte queste risâla è il principio, fondamentale
nell’Islam, della subordinazione di ogni attività materiale a una finalità spirituale. Ogni
mestiere è d’origine divina ed è stato trasmesso agli uomini tramite l’arcangelo Gabrie-
le22. Ogni operazione legata al mestiere deve essere accompagnata da parole coraniche o
d’invocazioni a Dio o a Muhammad. Nessun mestiere è lecito senza ciò». «I benefici
(del suo mestiere) devono tornare a lui (da Dio) tramite gli spiriti dei pîr e dei maestri,
dicono le risâla» (Centlivres-Demont, p. 84). I “Catechismi” sono formali sull’orientazio-
ne spirituale generale del mestiere che poggia sulla Legge sacra e, spesso, non nascon-
dono la sua relazione con gli ordini iniziatici (Ibid., p. 85).
Formalmente, queste carte iniziano inevitabilmente con la Basmalah23, che è seguita
da formule di glorificazione d’Allâh e da preghiere sul Profeta. Alcune risâlât contengo-
no, nel corpo del testo o in appendice, precisazioni riguardanti i riti exoterici obbligatori
(come fare le abluzioni rituali e la preghiera, ad esempio; Gavrilov, p 227).
Sopra abbiamo richiamato l’attenzione sulle affinità di fondo e di forma tra la “Rego-
la” del Regius e le regole monastiche; un’osservazione simile s’impone sulle corrispon-
denze osservate tra le risâlât e gli statuti delle confraternite sufi: «Le risâla, rituali delle
corporazioni, evocano le confraternite sufi e ne sono probabilmente un accesso» (Cent-
livres-Demont, pag 88). Jean-Claude Vadet, nell’articolo citato alla nota 10, ha chiarito i
rapporti tra sufismo e la futuwwa, l’etica che regge le leggi dei mestieri in una prospet-
tiva spirituale.

21 L’avverbio “correttamente” può essere interpretato in diversi modi: può significare, tra l’altro,
che queste scienze devono trovare il loro posto nel quadro generale dell’exoterismo; ma non si
può escludere che si tratti dell’uso d’influenze spirituali pertinenti alle scienze stesse, indipenden-
temente dal loro collegamento a un exoterismo, il che non significa che ci si debba privare di
quest’ultimo.
22 L’Angelo della Rivelazione.
23 Bismi-llâh ar-Rahmân ar-Rahîm: “In nome d’Allâh, il Compassionevole, il Misericordioso”.

20 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

La leggenda del mestiere


La leggenda del mestiere è presente nella maggior parte degli antichi testi massonici
cristiani così come nelle risâlât. Essa è di natura più simbolica che storica; i personaggi
scelti come elementi della leggenda e gli eventi cui partecipano hanno ben pochi rap-
porti con la storia, nel senso moderno della parola, e anche con una certa idea della sto-
ria tradizionale stimata “ortodossa” nell’ambiente “religioso”. Tanto dal lato cristiano
che da quello islamico, i contenuti delle carte dei mestieri, le credenze e comportamenti
che deducono, sono stati a volte oggetto di condanne da parte delle autorità exoteriche,
in certe epoche. Tutto dipende da ciò che si valuta “ortodosso”: è certo che nel Medio-
evo, molte delle tradizioni che erano accettate furono, in seguito, considerate “apocrife”,
e perfino sospette. Occorre quindi essere molto prudenti nel giudicare questi elementi, e
non rifiutare a priori delle tradizioni di cui non conosciamo l’origine. Inoltre, questi
racconti mirano soprattutto a descrivere delle catene di trasmissione d’influenze spiritua-
li sulle quali la scienza “storica” moderna, con i metodi che conosciamo, non ha di fatto
alcuna presa.
Dal lato cristiano, le leggende delle origini dei mestieri non mancano. I testi massonici
dicono che questa «scienza è antica quanto l’umanità», come afferma il Cavalier Ramsay
nel suo famoso discorso, e se la geometria e l’architettura sono raramente collegate di-
rettamente ad Adamo, questi è almeno citato all’inizio della leggenda del mestiere che si
basa sul Genesi. I dati tratti dal Libro sacro pongono, dal punto di vista tradizionale, una
serie di problemi che non è possibile affrontare qui, e ci limiteremo a seguire formal-
mente quel che descrivono i documenti.
Il manoscritto Cooke24 fa risalire l’invenzione della geometria e della Massoneria a Ja-
bel, uno dei figli di Lameth, perch’egli «fu l’antenato di coloro che vivono sotto la ten-
da». Questi è presentato come il maestro massone di Caino che fece costruire la prima
città chiamata “Enoch”, dal nome di suo figlio25. Durante il diluvio, la trasmissione delle
scienze e tecniche viene fatta con le famose “colonne” o “pilastri” che sono ritrovati uno
«da un grande chierico di nome Pitagora» e l’altro da «Ermete il filosofo»26. Poi viene la
costruzione della torre di Babilonia da parte di «Nembroth»27. A questo punto, il mano-
scritto attribuisce una particolare importanza alla trasmissione delle scienze tradizionali
da parte di Abramo ed Euclide che sarebbe stato suo allievo28. È da quest’ultimo che la
geometria avrebbe avuto il suo nome definitivo. La critica “storica” è dubitativa – per-
fino beffarda – circa l’avvicinamento anacronistico operato tra Abramo29 ed Euclide,

24 Citiamo il testo dalla traduzione data nel Cahier de l’Herne, rispettando l’ortografia dei nomi propri.
25 Il manoscritto William Watson, che si presenta come una copia del 1687 d’un documento più
antico, contiene un’osservazione interessante, essendo la costruzione della prima città così descrit-
ta: «È là che la scienza della Geometria e della Massoneria fu per la prima volta applicata, e pre-
cisata come scienza e mestiere» (il corsivo è nostro). V’è quindi una distinzione da fare tra la con-
cezione interiore di questa scienza e la sua applicazione esteriore; la prima può essere considerata
come primordiale, e la seconda dipendente da necessità cicliche.
26 Esistono varianti sulla natura delle due colonne, e talvolta è affermato che una sola fu ritrovata.
27 Il Regius attribuisce la costruzione della torre di Babele a Nabucodonosor.
28 Cf. D. Roman, René Guénon et les destins de la Franc-Maçonnerie, cap. XII, Éd. de l’Œuvre,

1982, Parigi.
29 Non dimentichiamo che, secondo fonti islamiche, Abramo ricostruisce e adatta un nuovo tem-

pio della Ka‘bah sulle tracce del tempio primordiale frequentato da Adamo.

Lettera e Spirito n. III 21


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

quando è facile costatare che la tradizione vuole qui dimostrare che due tipi di spiritua-
lità possono integrare queste scienze: il tipo rivelato rappresentato da Abramo e il tipo
sapienziale rappresentato da Euclide. Il fatto che quest’ultimo sia considerato come l’al-
lievo del primo indica un rapporto di subordinazione. L’Egitto svolge un ruolo impor-
tante nella trasmissione dell’arte della costruzione prima dell’installazione nella terra
promessa: «Durante tutto il tempo in cui i figli d’Israele abitarono in Egitto appresero
l’arte della massoneria». Poi vennero i regni di Davide e Salomone, e la costruzione del
Tempio di Gerusalemme. La trasmissione dell’arte passa poi in Occidente con Carlo II,
«re di Francia» (Carlo Martello) «che fu massone prima d’essere re», Sant’Albano e il re
d’Inghilterra Athelstan. Il manoscritto Dumfries no 4 assegna un ruolo importante a un
personaggio misterioso di nome «Minus Greenatus, alias Green»30 che avrebbe stabilito
il legame tra la Palestina e l’Occidente, e il manoscritto Grand Lodge no 1 (1583) cita il
famoso Hiram e suo figlio “Aynone”. Un certo Hadrien, che potrebbe ben essere l’Impe-
ratore romano e grande costruttore, è pure talvolta presentato.
In ogni caso, la leggenda del mestiere massonico riflette abbastanza bene le influenze
che diedero, su altri piani, forma alla tradizione cristiana occidentale, con riferimenti da
un lato a nomi dell’Antichità (Grecia, Impero Romano), e dall’altro a personaggi del Vec-
chio e del Nuovo Testamento31. Anche per il Compagnonaggio, le fonti leggendarie sono
molto varie. Jean-François Blondel, nell’Encyclopédie du Compagnonnage (pp. 333-334)
ne enumera le principali: l’Antico e il Nuovo Testamento, i loro apocrifi, la tradizione
cristiana, gli ordini cavallereschi, gli ordini monastici, le fonti comuni alla Massoneria,
la mitologia antica, le leggende legate a un edificio religioso.
Dal lato islamico, per i tessitori ad esempio, la leggenda fa risalire l’origine del me-
stiere a Gabriele, Adamo ed Eva, attorno al tema della nudità da coprire dopo la disob-
bedienza, seguita all’intervento di Satana (Gavrilov, pp. 222-225). Allâh esaudisce una
richiesta d’Adamo, e Gabriele offre a questi due foglie di fico del Paradiso che, dopo
essere state piantate, danno due alberi: un fico e una pianta del cotone. Con questa Eva,
nonostante i tentativi di Satana di far fallire il progetto, utilizzando strumenti e tecniche
provenienti dal Paradiso, fila e tesse il cotone per farne il primo abito a celare la nudità.
In seguito Seth, figlio d’Adamo e Profeta d’Allâh, riceve dal padre l’arte della tessitura
che trasmette alle sue quaranta figlie che filano per quarant’anni abbastanza da fare un
indumento al giorno. Il trattato poi ci dice che i differenti tessuti, che richiedono l’attua-
zione di specifiche tecniche, possono provenire da un profeta (Daniele), da un saggio
(Luqmân), da un santo (Najm ad-Din Kubrâ), ecc. Peraltro (Ibid., p 227), è detto che ci
sono stati quattro profeti-maestri del mestiere: Adamo, Noè, Abramo, Muhammad.

30 Questo nome varia a seconda dei documenti; si trova così: Namus Grecus, Mammongretus Manon
Grecus, ecc. Il soprannome Green, “Verde”, che è il nome di Khidr nell’Islam, potrebbe suggerire
l’intervento d’influenze più “dirette” sulla costituzione della Massoneria come organizzazione ini-
ziatica. Questo enigma ricorda la controversa questione dei Superiori incogniti, con la quale po-
trebbe avere qualche rapporto. Su Khidr, cf. M. Giraud, Rencontre avec Khidr, in La Règle d’Abra-
ham, n. 24. Un avvicinamento è possibile anche con l’Uomo Verde (Green Man), simbolo molto
antico e universale che si ritrova nelle sculture e raffigurazioni di chiese.
31 Ci limitiamo qui all’arte della costruzione in pietra, poiché è evidente che prima di questa i

popoli viventi in Occidente dovevano dominare le arti costruttive che utilizzavano altri materiali
come il legno o la terra.

22 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

Come per i primi testi massonici, la preoccupazione per la logica storica o cronologica
è assente nelle risâlât. Sembra che la cosa più importante, in questo caso, sia di porsi
sotto la barakah, l’influenza spirituale, di patroni spiritualmente importanti. Se il legame
organico con tali protettori non emerge sempre chiaramente, non significa che non esista.
A volte basta che il profeta o il santo abbia aiutato un’anziana signora a portare il suo
secchio d’acqua, o abbia dissetato qualcuno, perché la professione dei portatori d’acqua
sia autenticata e sacralizzata; da questo semplice fatto, il mestiere acquisisce un patrono
di riferimento. Accade anche che gli elementi di un’attività siano sacralizzati d’ufficio,
quando la loro invenzione e la loro attuazione sono, evidentemente, recenti: è il caso,
nelle risâlât dei soldati dell’uso dei fucili o moschetti che, storicamente parlando, non
potevano essere annoverati tra le armi del soldato all’origine (Kassim, pp. 264-270).

Il santo patrocinio e il lignaggio dei maestri del mestiere


Questa questione è strettamente legata al soggetto precedente. Tanto in Oriente che in
Occidente, i corpi di mestieri organizzati si costituiscono spesso come una sorta di
“confraternita” ponendosi sotto l’ispirazione e la protezione d’uno o più santi, e di
maestri conosciuti per il loro “coinvolgimento” nel mestiere. Questi riferimenti hanno la
loro origine nei testi sacri, in particolare l’Antico e il Nuovo Testamento dal lato cri-
stiano, il Corano e le Tradizioni profetiche dal lato musulmano. Ma le fonti da cui è trat-
to sono a volte meno evidenti; pensiamo a certi apocrifi o a leggende particolari che pos-
sono, all’occasione, essere riesumate dai rappresentanti dell’exoterismo, e sembrano
sviare gli storici moderni. In questo dominio, il legame tra i santi patroni scelti e il me-
stiere può apparire talvolta molto debole: spesso ciò accade perché non abbiamo sempre
una conoscenza dettagliata degli elementi che hanno guidato la scelta che si fa a volte su
un dettaglio leggendario32 o su una tradizione assodata, ma che non è significativa per
coloro che sono al di fuori del mestiere. Succede anche che certi mestieri “minori”, ade-
rendo a un mestiere “maggiore”, adottano il santo patrono di quest’ultimo; in questo caso,
il legame diretto con il santo prediletto è meno evidente. In tal caso ancora, è il metodo
basato sul simbolismo che permette, nella maggior parte dei casi, di risolvere le difficoltà.
I santi patroni ai quali più spesso si fa riferimento in Massoneria sono i due san Gio-
vanni, Sant’Andrea di Scozia e i Quatuor Coronati, i “Quattro Coronati”. San Giovanni
Evangelista e san Giovanni Battista sono legati alle feste dei solstizi d’inverno e d’estate
che hanno mantenuto la loro importanza nella Massoneria contemporanea. Tutti i corpi
di mestieri hanno uno o più santi patroni, e molti possono avere lo stesso; così nel Me-
dioevo san Giovanni Evangelista è il protettore di molti mestieri: alchimisti, bottiglieri,
cartai, scrittori, copisti, teologi, pittori, scultori, vignaioli, incisori, stampatori, librai, ecc.
Sarebbe noioso elencarli tutti, tanto più che è un soggetto abbastanza conosciuto33.

32 Gli uomini tradizionali non avevano una visione razionalizzata e limitata del mondo: ogni

attività era aperta sulle influenze spirituali corrispondenti. Succede lo stesso per le guerre, come si
vede con quella di Toia, dove ciascuno contava sul suo dio protettore. Si trova lo stesso tipo di
comportamento nel Medioevo occidentale dove, in certi conflitti, uno degli antagonisti si pone
sotto la protezione di San Michele, e l’altro sotto quella di San Giorgio, suo rappresentante terreno,
per cercare di “contrastare” il primo.
33 Su questa questione, è possibile consultare le varie rubriche dei mestieri nell’Encyclopédie du

Compagnonnage, Éd. du Rocher, 2000.

Lettera e Spirito n. III 23


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

Questo non è il caso per l’Islam, ove i documenti di cui disponiamo sono abbastanza
rari34. Citeremo quindi il prezioso lavoro di Micheline Centlivres-Demont (p. 85) che si
riferisce ai Pîr, o santi patroni35:
I Pîr riconosciuti dai mestieri di cui abbiamo le risâla sono:
– barbieri: Salmân al-Fârisî/Salmân Pâk, compagno del Profeta; liberto d’origine persia-
na; convertito all’Islam, sarebbe stato il primo a radere la testa del Profeta e dei suoi
compagni come segno della loro iniziazione36. Uno dei fondatori del Sufismo.
– macellai: Jawânmard-e qasâb, figlio del primo macellaio di Multan convertito al-
l’Islam, e che fu sacrificato da suo padre su richiesta di ‘Alî per provare la sua fede,
poi risuscitato.
– panettieri: l’arcangelo Gabriele, che avrebbe portato agli uomini l’uso dei cereali.
– falegnami e carpentieri: Nûh, Noè della Bibbia, che l’Islam riconosce come uno dei
profeti. Ha protetto i carpentieri durante la costruzione dell’arca37.
– cordai: imâm Ja‘far, il sesto imâm.
– calzolai: il profeta coranico Sâlîh, uno dei messaggeri divini.
– fabbricanti di halvâ: Sheikh Shakar Ganj, santo indiano di Multan. Si racconta che a
forza di digiunare, il suo corpo era diventato così puro che tutto ciò che metteva in
bocca subito si trasformava in zucchero.
– orefici, fabbri, calderai: Dâwûd, il re Davide della Bibbia. Patrono di tutti i mestieri in
metallo.
– contadini: Bâbâ-e dehqân, letteralmente antenato contadino.
– vasai: Seyyed Mîr kulâl, probabilmente Amîr Kulâl, maestro del famoso Nakhshband
al-Bukhârî a Karchî morto nel 772/1370.
– ciabattini: Bâbâ Pâradûz.
– conciatori: Akhî Abrân, conosciuto in Turchia come Akhî Evrân; religioso musul-
mano, sufi semi-leggendario, il cui mausoleo è a Kirshehir.
– venditori di tessuti: Imâm A‘zam, soprannome d’Abû Hanîfa, fondatore della scuola
hanefita. Viveva del commercio di tessuti, pur consacrando tutta la sua vita alla
scienza religiosa.
Pierre Centlivres aggiunge a questa lista:
– tintori, tintori con l’indaco: ‘Îsâ (Gesù).
– sarti: Idrîs (Enoch), che sarebbe il primo ad avere cucito dei vestiti di fibra.
– merciai, farmacisti: Luqmân (saggio nominato nel Corano).
– massoni: Abramo38.
I mestieri “moderni”, dei quali alcuni pensavano che, per loro natura, avrebbero desa-
cralizzato alcune professioni, sono stati, al contrario, presi a carico dalla tradizione, co-
me è accaduto in Occidente. In tal modo i macchinisti e i conduttori professionali hanno
preso il profeta Davide come patrono, ricollegandosi così ai fabbri e ai mestieri di tra-
sformazione dei metalli.

34 In realtà sono certamente molto numerosi, ma non sfruttati.


35 Questa lista è solo un esempio; essa può variare con la scoperta e lo studio di altri documenti.
36 Riproduciamo questa informazione dell’autore così come scritta nel suo testo ma, in realtà,

nella sua tesi Un Bazar d’Asie centrale, P. Centlivres dice solamente che Salmân sarebbe stato il
primo a radere la testa del Profeta «un atto rituale» (p. 166).
37 I carpentieri sono a volte chiamati “Figli di Noè” nel compagnonaggio occidentale.
38 Senza dubbio per il suo ruolo nella costruzione della Ka‘bah, il tempio della Mecca, aiutato in

questo da suo figlio Ismaele.

24 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

Accanto a questi santi patroni, che rappresentano piuttosto i supporti umani dell’in-
fluenza spirituale informale che collega gli uomini a Dio, la risâlah elenca i maestri da
cui i Pîr hanno appreso il mestiere. Si tratta, come detto sopra, d’un aspetto più diretta-
mente in rapporto con la messa in opera “tecnica” del mestiere, ma che è considerato an-
che come rientrante nel dominio iniziatico (Centlivre-Demont, p. 85). Alcuni “catechi-
smi” comprendono anche, sotto forma di domande e risposte, elementi riguardanti le tre
componenti del cammino spirituale islamico e coloro che li rappresentano: la Sharî‘ah, la
Legge sacra (Adamo, Noè, Mosè, Abramo, Muhammad); la tarîqah, la Via iniziatica (i
primi quattro califfi: Abû Bakr, ‘Umar, Uthmân, ‘Alî, e gli angeli Jibrâ’il (Gabriele),
Mikâ’il (Michele), ‘Izrâ’il (Azraele) Isrâfîl (Serafiele)); la haqîqah, la Verità essenziale:
tre «dei quattro profeti che la tradizione islamica generale riconosce come non essere
stati raggiunti dalla morte corporale: Idrîs (Enoch), Ilyâs (Elia), Aïssâ (Gesù)»39, e
Ya‘qûb (Giacobbe).

Le regole del mestiere


Questa materia è quella che più interessa gli storici e sociologi. Vi si trovano definite
le regole di funzionamento del mestiere, che devono rispettare tutti i suoi membri nelle
loro relazioni con le autorità e nelle loro reciproche relazioni. Queste carte, secondo le
apparenze, mirano a stabilire l’armonia interna del corpo di mestiere e a garantire a
questo il posto che gli spetta nella società. Si può distinguere, nella normativa generale,
una pluralità di aspetti: i rapporti con l’autorità spirituale di cui abbiamo già trattato so-
pra; i rapporti con il potere temporale regolare; i rapporti con gli accomandanti dell’ope-
ra da compiere; quelli che regolano la condotta dei maestri tra di loro; quelli che riguar-
dano i doveri reciproci dei maestri e compagni, o apprendisti, e quelli che riguardano
particolarmente le relazioni tra questi subordinati tra di loro.
Tutti i manoscritti più antichi e più completi rivendicati dalla Massoneria contengono
il dettaglio di questi obblighi. È possibile, secondo certi specialisti, che questi testi fos-
sero oggetto di recitazioni rituali frequenti, a giudicare dallo stato di alcuni manoscritti
(Cahier de l’Herne, p. 137), ciò che ricorda l’uso delle risâlât in ambiente islamico, come
abbiamo già indicato. Si può vedere in questo solo semplici regole etiche o morali che per-
mettono il funzionamento di un’istituzione ma, se guardiamo più da vicino, il rispetto
perfetto di tali obblighi richiede da parte di chi s’impegna un vero e proprio lavoro spiri-
tuale – e non solo “morale” – sulla sua anima. Ogni atto del massone deve essere misurato,
valutato, e rettificato col metro di questi doveri che s’integrano in una prospettiva tradi-
zionale generale che, se scomparisse, rimuoverebbe praticamente ogni sostanza spiritua-
le a queste leggi, riducendole a vaghe considerazioni moralistiche, esse stesse d’altronde
disprezzate nel nostro tempo, visto lo stato mentale dei nostri contemporanei che fati-
cherebbero, in mancanza di criteri, anche a definire una morale qualsiasi. Basti dire che
un massone tradizionale, lungi dal trascurare tali obblighi, dovrebbe farne il necessario
quadro generale della sua attività esteriore e interiore. Data l’importanza che diamo a
questi testi, ci sembra indispensabile, come richiamo, riprodurre degli estratti selezionati in
alcuni di loro. Per il suo carattere sintetico, citeremo di preferenza il manoscritto Grand
Lodge no 1 (Ibid., pp. 121-122).

39Michel Vâlsan, Les derniers hauts grades de l’Écossisme et la réalisation descendante, in


Études Traditionnelles, giugno 1953.

Lettera e Spirito n. III 25


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

Che ogni uomo che è massone presti attenzione a questi doveri: se un uomo è col-
pevole su uno qualunque dei suoi doveri, se ne corregga davanti a Dio; e voi in parti-
colare, che state per prestare la vostra obbligazione, fate attenzione a rispettare perfet-
tamente questi doveri, poiché è un grande pericolo per un uomo spergiurare su un Libro.
Il primo dovere è questo. Siate uomini fedeli a Dio e alla santa Chiesa; il vostro in-
telletto e giudizio non siano intaccati d’errore o eresia, ma siate uomini di buon giu-
dizio e uomini saggi in ogni cosa.
Inoltre, siate uomini fedeli ligi al re d’Inghilterra, astenendovi dal tradimento e ogni
slealtà; e non capiti veniate a conoscenza di un tradimento o fellonia senza che cerchia-
te discretamente d’impedirlo se lo potete o, se non lo potete, senza che ne avvertiate il
re e il suo consiglio […] E anche, siate leali gli uni verso gli altri40 […] E anche che
manteniate fedelmente tutte le deliberazioni dei vostri compagni, sia in loggia o in ca-
mera, e tutte le altre deliberazioni che è opportuno mantenere in Massoneria41 […] E
anche, non dovete prendere criminalmente la moglie del vostro compagno […] né arre-
cargli alcun disonore […] E anche, non commetterete alcuna villania dove alloggiate,
che non si sparli del mestiere […] Nessun maestro o compagno assumerà l’opera di un
signore, o alcun lavoro, se non si sa capace e sufficientemente istruito per completarlo42
[…] Anche nessun maestro prenda un’opera che a un prezzo ragionevole […] Anche,
nessun maestro o compagno estrometterà un altro dal suo lavoro43 […] E anche, nessun
maestro o compagno prenda un apprendista che per un periodo di sette anni; e l’ap-
prendista sia di nascita competente, vale a dire nato libero, e integro delle sue membra
come dev’essere un uomo44 […] E anche, nessun maestro o compagno prenda licenza

40 Il Regius (p. 35) precisa:


«Ci si deve poter fidare del maestro massone
Come a un uomo stabile, leale e veridico …
E presta attenzione, per affetto o per paura,
A non farti corrompere da una parte o dall’altra.
Da chicchessia, signore o compagno,
Non toccare denaro in alcun modo,
E come un giudice mantieniti integro,
In modo da rendere il diritto a ciascuno».
41 Questo punto è considerato come molto serio e da applicarsi rigorosamente.
42 Secondo il Regius (p. 39), il «maestro deve essere pieno di scienza e d’autorità».
43 Il Cooke (p. 86) insiste sull’idea che il cambiamento malintenzionato di maestro nella direzio-

ne del cantiere può essere nocivo per il fatto che il completamento dell’opera poggia sull’inten-
zione originale di colui che l’inaugura:
«L’articolo IX è che nessun
maestro debba soppiantarne
un altro poiché si dice ne
l’arte di massoneria che nessuno
finirebbe così bene un lavoro
avviato da un altro
a beneficio del suo signore
quanto chi lo cominciò
nell’intenzione di completarlo lui stesso».
Tuttavia questo cambiamento può rivelarsi necessario se appare che il maestro inauguratore del-
l’opera conduce questa «alla rovina» (p. 41).
44 Il Regius vieta di prendere un apprendista «deforme», uno «zoppo», un «tarato», uno «storpio»

(p. 37). Su questo punto cf. R. Guénon, Considerazioni sull’Iniziazione, cap. XIV, segnatamente
p. 104, nota 1, sulla “regola della lettera B”.

26 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

di fare un massone senza il consenso e l’avviso dei suoi compagni […] Anche, nessun
massone prenda un apprendista a meno d’avere abbastanza lavoro da dargli, o di poter
mettere tre dei suoi compagni, o almeno due, al lavoro con lui […] Anche, nessun mas-
sone sparlerà alle spalle di un altro, così da fargli perdere la buona reputazione o i suoi
beni terreni […] E anche, nessun massone si darà ai giochi d’azzardo […] non si con-
sumerà nella lussuria, né si darà alla dissolutezza […] Anche ogni maestro e compagno
verrà all’assemblea se questa si tiene entro cinquanta miglia intorno a lui, se ne è stato
avvertito45. E se ha commesso un crimine contro il mestiere, allora (sarà) per sottoporsi
al giudizio dei maestri e compagni46 […] Anche, nessun maestro o compagno faccia
alcuna sagoma, squadra o regola per un massone costruttore; né dia a un massone co-
struttore47, nella loggia o all’esterno delle pietre da tagliare o scolpire48 […] E anche,
ogni massone tratti con affetto i massoni di passaggio.
Diversi articoli disciplinano i rapporti di denaro; il prezzo da chiedere all’accoman-
dante dell’opera, il salario del maestro, dei compagni e apprendisti: tutto questo dev’es-
sere nell’ordine del “ragionevole” e corrispondere alla prestazione di ciascuno49.
Nel contesto islamico, non abbiamo accesso, al momento, a traduzioni di risâlât, lun-
ghe e dettagliate. Alcune, come abbiamo detto, contano un centinaio di pagine; purtrop-
po, sono le più brevi a essere state messe alla nostra portata. Sarebbe auspicabile con-
sultare i documenti che potrebbero consentire un confronto più ricco, segnatamente sulle
regole del mestiere, che sono spesso ridotte a poche righe nei testi a cui ci riferiamo.
Nelle obbligazioni che precedono, tratte d’antichi doveri massonici, un gran numero
può essere assimilato a regole generali che rientrano, di fatto, nel comportamento del
buon cristiano. Quel che si riferisce direttamente al mestiere può, anch’esso, sembrare
una semplice applicazione del diritto sacro a una particolare attività, ciò che non deve
sorprendente in una società tradizionale degna di questo nome. Non dobbiamo mai per-
dere di vista che il primo articolo che obbliga a «essere fedeli a Dio e alla Santa Chiesa»
influenza tutto il resto.
Nell’Islam, questa dipendenza del mestiere nei confronti del diritto sacro è ancora più
marcata ed esplicita, come abbiamo già detto, e come vedremo ancora nel seguito. Il
dovere d’educazione religiosa dell’apprendista viene prima dell’apprendistato del mestiere
(Gavrilov, p. 213). Possiamo già rendercene conto con l’enunciazione dei doveri dei
calderai:

45 Tutti i testi sono estremamente severi sulla necessità di recarsi a questa assemblea che regola,

controlla e unifica le modalità generali del mestiere e delibera anche sui casi particolari.
46 I conflitti irrisolvibili possono essere portati davanti alla giurisdizione “civile”.
47 Coloro che innalzano semplicemente i muri, senza tagliare o scolpire le pietre.
48 È opportuno chiedersi se il divieto di trasmettere sagome o altri modelli atti a facilitare la fab-

bricazione dell’opera a coloro ai quali non sono destinati, deve essere inteso unicamente, come
pensa la maggior parte dei commentatori di questi testi, come una semplice precauzione che mira
a nascondere e difendere gelosamente i segreti del mestiere per un interesse pecuniario o anche
“artistico”. Si deve ricordare che, nelle organizzazioni iniziatiche degne di questo nome, certi
mezzi di avanzamento spirituale possono essere dati solo gradualmente e in rapporto allo stato
spirituale effettivo di colui che li riceve. La trasmissione di tali mezzi a coloro che non vi sono
preparati può provocare in essi risultati negativi o derive dannose.
49 Come si può facilmente costatare, un certo numero di regole mirano ad arginare l’influenza di

tre fattori che sono spesso comunemente considerati le cause di liti e divisioni: il potere, il denaro
e le donne.

Lettera e Spirito n. III 27


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

Il maestro dev’essere veridico nei confronti degli altri artigiani, onesto con i clienti e
giusto con i suoi apprendisti che deve avviare all’Islam. Ad esempio: “Sia amabile con
i vicini del suo laboratorio e si preoccupi della loro salute; parli ai suoi apprendisti e ai
suoi subalterni con gentilezza e dolcezza; sia di buon umore con i clienti e si comporti
con loro con gentilezza; sia veridico quando acquista o vende nel laboratorio; non fac-
cia false promesse e falsi giuramenti; non disponga degli oggetti a lui confidati; non in-
sulti né maledica i padri e le madri dei suoi apprendisti e dei suoi subalterni; dia alme-
no una volta alla settimana, se non può più spesso, delle elemosine ai poveri, poiché la
generosità è il fondamento dell’abbondanza; istruisca incessantemente il suo allievo e/o
il suo subalterno e insegni loro le basi della Sharî‘at50 perché non restino senza istruzione
e senza educazione; non desideri con sguardo concupiscente il suo allievo e/o il suo su-
balterno e li consideri come suoi figli […] Non montare in collera contro il tuo ap-
prendista e il tuo subalterno. Non ridere con loro per tema ti rispettino di meno e sii
avaro di parole perché vi sono molti rifiuti nella parola, e non scherzare né con il tuo
apprendista né con il tuo subalterno51 per tema di leggerezza”. Maestri e apprendisti
hanno dei doveri reciproci. Da parte sua, l’apprendista deve accettare l’insegnamento e
acquisire la conoscenza, parlare dolcemente, essere compassionevole e non sedersi più
alto del maestro, vale a dire non sentirsi superiore a lui. (Centlivres-Demont, p. 87).
La risâlah del mestiere di tessitore ha dodici regole:
La prima dice: occorre essere puliti; la seconda: occorre fare le abluzioni52; la terza:
avere la coscienza tranquilla; la quarta: fare a tempo le cinque preghiere; la quinta: oc-
corre fare penitenza per le anime dei pirs; la sesta: implorare l’assistenza dei pirs; la
settima: coltivare l’amicizia con i sapienti; l’ottava: insegnare agli allievi mattina e sera;
la nona: essere educati; la decima: dare un’elemosina generosa; l’undicesima: mante-
nere il laboratorio nella pulizia, accordando rispetto e deferenza ai visitatori; la dodice-
sima: pronunciare il “dhikr” e “tasbih”53.
La professione di portatori d’acqua beneficia di grande considerazione, per ragioni at-
tinenti l’importanza attribuita all’acqua nella tradizione islamica. Le obbligazioni del
portatore d’acqua sono le seguenti:
Pronunciare le parole pure; professare la propria fede nell’Islam; osservare la pre-
ghiera e il digiuno; offrire la mano al patto e rispettarlo; astenersi dall’illecito; essere
generosi; avere la sincerità pura (cfr. Mokri, p. 153).

50 Ciò include le prescrizioni rituali e il comportamento esteriore generale; tutto questo può es-
sere trasposto e vissuto nell’ordine iniziatico.
51 La distinzione operata tra apprendista e subalterno sotto gli ordini del maestro rimanda senza

dubbio ai tre “gradi”: apprendista, compagno e maestro dei testi occidentali. Le discussioni inter-
minabili sulla realtà di questi tre gradi nella Massoneria è un po’ ridicola, poiché l’esistenza di tre
“gradi” è, secondo il perfezionamento progressivo nel lavoro, nella natura delle cose. Inoltre, gli
“storici” che sostengono la teoria dei due “gradi” ignorano sistematicamente gli antichi testi che li
contraddicono. Del resto, quando la Massoneria si diffuse nei paesi musulmani, segnatamente
nell’Impero Ottomano, ha ripreso naturalmente i nomi tecnici dati dall’antica Futuwwa ai tre gradi
che esistevano in quest’ultima e che corrispondevano esattamente a quelli d’apprendista, compa-
gno e maestro (cf. Thierry Zarcone, op. cit., p. 111).
52 Si tratta questa volta della pulizia rituale, tahârah.
53 Gavrilov, p. 227. Riproduciamo il testo nella sua forma originale. Il “tasbih”, tasbîh, consiste

nel dire la formula Subhâna Allâh!, “Gloria ad Allâh”. Il dhikr, “invocazione”, “ricordo”, “richia-
mo”, ecc, è un termine generico che può comprendere molte forme: nelle risâlât, il takbîr (la for-
mula Allâhu akbar!, Allâh è più grande!), ha una importanza particolare.

28 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

Il portatore d’acqua non dev’essere invidioso; tutto il suo guadagno, deve dispensar-
lo nel cammino di Dio Altissimo? Non un solo giorno, non dev’essere avaro nelle sue
distribuzioni di cibo e acqua. Dio Altissimo arricchirà il suo pane quotidiano, gli pro-
curerà il rispetto del re e dei signori e gli darà la vittoria (Ibid.).
Gavrilov indica che le genti del mestiere erano obbligate a riunirsi il giorno della com-
memorazione (andjouman) del loro santo patrono o pîr (p. 212). In quest’occasione «so-
no sanzionate le nuove destinazioni dei novizi nei ranghi degli artigiani-maestri» (p. 215).

I “catechismi”
Non esitiamo a usare questo termine54, pur potendo ben convenire anche quello di
“istruzioni”, dal momento che sia ben chiaro il loro senso tecnico; useremo quindi en-
trambe le denominazioni indifferentemente. Quanto alla forma, i catechismi si presenta-
no come una sequenza di domande che hanno bisogno di ottenere certe precise risposte.
Quanto al contenuto, offrono una conoscenza teorica basilare indispensabile per porsi
sotto le influenze spirituali vivificanti il mestiere, ad esempio attraverso il rituale o il
ricordo delle leggende.
Le più antiche istruzioni che ci sono pervenute, precedenti la creazione della Gran
Loggia di Londra (1717), sono dei documenti datati dal 1696 a circa 1716. Come sem-
pre in casi simili, è certo che documenti dello stesso tipo esistessero prima, e che questi
stessi sono stati preceduti dalla tradizione orale. Non possiamo pensare di riprodurre
integralmente qui uno di questi catechismi, tanto più che la loro consultazione è facil-
mente accessibile al lettore europeo; riprenderemo solo alcuni passaggi dal Manoscritto
degli Archivi di Edimburgo, che è il più antico documento di carattere rituale ad oggi
conosciuto55:
Alcune domande che i massoni usano porre a coloro che hanno la parola, prima di
riconoscerli.
Domanda 1: Siete un massone?
Risposta: Sì.
D.: Come posso riconoscerlo?
R.: Lo saprete a tempo e luogo opportuni.
D.: Qual è il primo punto?
R.: Ditemi il primo punto ed io vi dirò il secondo […]
D.: Dove siete stato ammesso?
R.: Nella loggia onorevole.
D.: Che cosa rende una loggia giusta e perfetta?
R.: Sette maestri, cinque apprendisti ammessi, una giornata di cammino da un borgo,
senza latrato di cane o canto di gallo [...]

54 Cf. Ph. Langlet, Les Textes fondateurs de la Franc-Maçonnerie, pp. 14-15. L’autore, giusta-

mente, non intende privarsi d’un termine appropriato quanto al suo senso etimologico, con il pre-
testo che questo termine avrebbe preso una connotazione esclusivamente religiosa. Possiamo co-
statare la curiosa contraddizione che consiste, presso numerosi Massoni, a vantarsi apertamente
d’avere un’apertura di spirito e una curiosità intellettuale autentiche, e il “nervosismo” che li coglie
quando certe verità sono loro avanzate sotto un forma “religiosa”. A questo proposito ci sarebbe
da fare, da parte degli uomini di mentalità tradizionale, un lavoro in profondità per mostrare come
il linguaggio iniziatico appoggiato su forme religiose sia suscettibile d’essere compreso in modo uni-
versale, soprattutto nell’opera dei più grandi maestri spirituali che rappresentano queste tradizioni.
55 Cahier de l’Herne, p. 182-183.

Lettera e Spirito n. III 29


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

D.: Com’è posta la vostra loggia?


R.: Est e ovest, come il Tempio di Gerusalemme.
D.: Dove fu la prima loggia?
R.: Nel portico del Tempio di Salomone, ecc.
L’istruzione mediante domande e risposte (su’âl/jawâb, in arabo) occupa la maggior
parte del testo delle risâlât; questo è quel che balza immediatamente agli occhi del let-
tore che conosce i catechismi massonici occidentali. La somiglianza è evidente nella for-
ma e nella sostanza. Nei trattati orientali, la parte “catechismo” è ancora più sviluppata:
essa comprende la storia sacra del mestiere, includendo anche l’origine degli utensili,
delle materie prime, delle operazioni artigianali. Vi si trovano domande e risposte ri-
guardanti i maestri spirituali dei tre gradi della sharî‘ah, della tarîqah e della haqîqah di
cui abbiamo parlato sopra; serie di domande su ciascuno dei gesti operativi dell’artigia-
no, dall’apertura del laboratorio fino alla vendita del prodotto finito, tutti questi atti es-
sendo sacralizzati da formule specifiche recitate, il più delle volte tratte dal Corano. Una
buona parte delle istruzioni insiste sulla purificazione fisica e spirituale che rende l’atti-
vità lecita e proficua56.
Per dare al lettore un’idea di questi catechismi, riproduciamo alcuni passaggi da un
trattato relativo alla professione dei portatori d’acqua, tradotto da Mohamed Mokri57.
Se ti domandano: “Chi, per la prima volta è stato portatore d’acqua?”, rispondi: “Il
Maestro Gabriele – che la pace sia con lui! –”.
Se ti domandano: “Chi, dopo di lui, ha esercitato questa professione?”, rispondi: “Il san-
to Adamo – che la pace sia su di lui –” (Seguono poi i nomi di tutti i profeti o santi che
hanno esercitato il mestiere di portatore d’acqua: Abele, Noè, Abramo, Mosè – quan-
do ha dissetato il suo popolo nel deserto facendo sgorgare l’acqua dalla roccia dopo
averla colpita con il bastone –, Davide, Gesù, Muhammad, ‘Alî – che sarà il coppiere
della sorgente paradisiaca al-Kawthar –. (La risâlah, peraltro cita i due figli di ‘Alî,
Hasan e Husayn) […].
Se ti domandano: “Da dove viene l’acciaio?”, rispondi: “Il ferro proviene dall’occhio
destro e l’acciaio dall’occhio sinistro”.
Se ti domandano: “Qual è la bevanda?”, rispondi: “È l’acqua con cui si purifica il bam-
bino appena nato”.
Se ti domandano: “Qual è il supporto su cui si pone l’otre?”, rispondi: “Il luogo di pas-
saggio dal mondo perituro al mondo eterno” […].
Se ti domandano: “Che porti sulla testa?”, rispondi: “La corona”.
Se ti domandano: “Che hai nell’occhio?”, rispondi: “Il pudore e il ritegno” […].
Se ti domandano: “Che senti nel tuo orecchio?”, rispondi: “La voce della Risurrezione”.
Se ti domandano: “Che hai sulla lingua?”, rispondi: “Le parole pure”58.
Se ti domandano: “Che hai nella mano?”, rispondi: “La generosità”.
Se ti domandano: «A che sei pronto?”, rispondi: “A servire i Maestri, le guide e i santi”.
Se ti domandano: “A che servono le tue ginocchia?”, rispondi: “A inchinarmi”.
Se ti domandano: “A che servono i tuoi piedi?”, rispondi: “Per fare il pellegrinaggio alla
Mecca, la nobile città”.
Altre domande e risposte riguardano il mestiere, e torneremo sul soggetto più avanti.

56 Su tutti questi punti, cf. M. Centlivres-Demont, pp. 85-87.


57 Pp. 150-156. Non riprendiamo i termini tecnici della traduzione dell’autore.
58 Per il sig. Mokri e altri autori, si tratta di “Lâ ilâha illâ Llâh”, “nessuna divinità salvo Allâh”,

che sembra giocare qui il ruolo d’invocazione perpetua.

30 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

Le assemblee
Abbiamo visto in precedenza quanto i più antichi testi di costruttori (ad esempio:
Regius, secondo articolo e dodicesimo punto) diano importanza alle assemblee generali
per la regolamentazione del mestiere e la risoluzione dei conflitti. Queste riunioni perio-
diche, conosciute anche dal Compagnonaggio, possono essere annuali, e si tengono
spesso in occasione della festa del santo patrono; ma possono essere molto più frequenti.
Per scopi specifici, diventano dei veri “congressi”, soprattutto nel periodo “moderno”.
Gavrilov ci dice che i mestieri strutturati, nell’Oriente islamico, hanno anch’essi la
loro unione o consiglio che è tenuto riunirsi il giorno dell’andjûmân, momento della
commemorazione del pîr. Quest’assemblea, ci dice «con una certa forza morale tradizio-
nale e il diritto di regolarizzazione e sanzione su alcuni fenomeni della vita degli arti-
giani» (p. 212). C’era anche un capo per ogni mestiere che ricopriva meglio delle fun-
zioni amministrative, e assumeva il ruolo d’intermediario tra il potere dello Stato e l’ar-
tigiano, e talvolta quella di “onesto mediatore” nelle transazioni commerciali.

I riti iniziatici e d’iniziazione


Nella prima parte del nostro lavoro abbiamo mostrato che i mestieri, tanto dal lato oc-
cidentale che da quello orientale, sono pienamente integrati nella prospettiva tradizio-
nale dominante di tempo e di luogo. Inoltre, le leggende delle origini tutte indicano che
il mestiere s’è conformato ai diversi adattamenti ciclici di rinnovamento simboleggiati
dalla successione dei patriarchi e dei profeti. Abbiamo evidenziato le diverse ingiunzioni
riguardanti la necessaria partecipazione rituale all’exoterismo.
Ci resta d’affrontare ora la questione dei riti iniziatici. Ricordiamo che, secondo René
Guénon:
Quanto alla distinzione tra riti iniziatici e riti exoterici […], i primi sono riservati e
riguardano solo un’élite in possesso di qualificazioni particolari, mentre i secondi sono
pubblici e indirizzati indistintamente a tutti i membri d’un dato ambiente sociale, il che
mostra bene come, qualunque siano le somiglianze apparenti, lo scopo non potrebbe
essere lo stesso in realtà. Infatti, i riti exoterici non sono destinati, come i riti iniziatici,
ad aprire all’essere certe possibilità di conoscenza, cui non saremmo tutti atti; e, d’altra
parte, è essenziale notare che, sebbene necessariamente facciano anche appello all’in-
tervento d’un elemento d’ordine sovra-individuale, la loro azione non è mai destinata a
oltrepassare il dominio dell’individualità59.
Tranne i riti iniziatici della Massoneria dopo il 1717, che sono stati rapidamente cono-
sciuti nel mondo profano a seguito delle prime divulgazioni, non vi sono documenti
massonici che descrivono le iniziazioni e i riti specifici dei massoni, fatta eccezione per
alcuni catechismi considerati come rituali che accompagnano l’iniziazione, come abbia-
mo segnalato in precedenza. Dal lato del Compagnonaggio, conosciamo la risoluzione
della facoltà di teologia della Sorbona che condanna le “pratiche empie” di molti mestie-
ri, pubblicato nel 1655, a seguito di un’inchiesta aperta nel 1635. Le accuse riguardano i
“giuramenti” e “battesimi” – i rituali di ammissione – dei nuovi ammessi, e i riti che
sembrano “duplicare” quelli della Chiesa cattolica, in particolare l’Eucaristia. In alcuni
casi anche, gli iniziati riproducono simbolicamente la passione del Cristo e degli episodi

59 R. Guénon, Aperçus sur l’Initiation, cap. XV.

Lettera e Spirito n. III 31


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

del Vecchio Testamento, con elementi tratti dai loro specifici mestieri. Ci si riconosce
tra iniziati con una parola segreta, “la parola d’ordine”. Altra particolarità: «Gli ugonotti
sono ricevuti  compagnoni dai cattolici, e i cattolici sono ricevuti compagnoni dagli
ugonotti», il che suggerisce che non si teneva conto di certe distinzioni confessionali.
La lettura completa dei capi d’accusa mostra chiaramente che queste pratiche, fino a
quel momento segrete, sono diffuse in molti mestieri, e non possono essere confuse con
dei riti exoterici, ciò che ha ben colto del resto la facoltà di teologia della Sorbona. La
data del 1635, che segna l’inizio dell’inchiesta non è, si comprenderà, che un termine
ultimo, e non indica che il momento in cui questi riti sono stati divulgati. È quindi ipo-
tizzabile che queste usanze risalgano molto più in là nel tempo, e sarebbe sorprendente
che i mestieri della costruzione ne fossero esclusi60.
In ogni caso, non si deve perdere di vista che, nel dominio iniziatico, la trasmissione
dell’influenza spirituale di per sé può essere ridotta ad alcuni atti: patto, benedizione per
contatto, con o senza formule sacre, trasmissione d’oggetti (copricapo, abito, cintura,
calzature, decorazioni), che sono o no accompagnati da riti preliminari o complementari;
quest’ultimi possono essere considerati necessari alla perpetuazione dell’azione dell’in-
fluenza spirituale trasmessa nell’iniziazione, o ancora come supporti simbolici a indicare
il lavoro da compiere61. Generalmente si ritiene che le iniziazioni trasmesse nel Medio-
evo nei corpi di mestieri fossero ridotte alla loro espressione più semplice, ciò che è ab-
bastanza verosimile e non toglie nulla alla qualità ed efficacia dell’influenza trasmessa62.
Purtroppo non v’è traccia dei riti eseguiti allora. Per contro, gli attuali rituali d’inizia-
zione massonica sono oggi di dominio pubblico e sufficientemente conosciuti. La loro
lettura dà l’impressione di una trasmissione complessa, carica di simboli, quest’osserva-
zione da parte nostra non avendo alcun carattere peggiorativo. Quest’apparente comples-
sità dei riti d’iniziazione massonica porta alcuni ad affermare che c’è là la prova di una
discontinuità tra l’iniziazione antica e quella praticata attualmente. Eppure, in tutti questi
casi, non si dovrebbe confondere la pura trasmissione dell’influenza spirituale con gli

 N. del T.: “receus” in corsivo nell’articolo originale.


60 Su questa questione, è possibile consultare la sintesi presentata nell’Encyclopédie du Compa-
gnonnage, pp. 556-563. Numerosi autori indicano che gli scalpellini del Sant’Impero praticavano
riti iniziatici.
61 Considerare, nei riti massonici, i “viaggi” simbolici in rapporto con la purificazione attraverso

gli elementi, come purificazioni virtuali preparatorie all’iniziazione, è senza dubbio vero. Ma sa-
rebbe più interessante prenderli per delle indicazioni di metodi di purificazione che consentono il
passaggio da un’iniziazione virtuale a una realizzazione effettiva. Inoltre occorrerebbe compren-
dere le implicazioni di tali pratiche. Una soluzione potrebbe essere quella di cercare, nei dati della
tradizione cui partecipa ogni Massone, quel che corrisponde ritualmente a queste purificazioni.
Non sarebbe affatto sorprendente che esse coincidano con i metodi generalmente utilizzati in tutte
le tradizioni: concentrazione, invocazione, silenzio, solitudine, fame, veglia, preghiera, pellegri-
naggi, ecc. Vediamo, ancora una volta, che la pratica di un exoterismo può servire come base e ri-
ferimento per il percorso di una via iniziatica autentica.
62 Tutte le tesi che mirano a recidere la Massoneria attuale dalla sua base iniziatica antica cadono

se il minimo necessario alla trasmissione dell’influenza spirituale è stato conservato nella sua con-
tinuità. È sufficiente, infatti, che il rito essenziale sia stato trasmesso correttamente. R. Guénon ha
confermato la validità di tale trasmissione nella Massoneria e nel Compagnonaggio attuali e, nel
suo caso, non aveva bisogno di appoggiarsi su studi storici per avere questa conferma. D’altra
parte, si constata che alcuni studi storici arrivano alle sue stesse conclusioni su questa questione.

32 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

elementi, pur importanti, che l’accompagnano. Nel Sufismo, la trasmissione iniziatica


può ridursi a pochi gesti e poche parole effettuati nello stato di purificazione rituale
abituale; gli altri elementi contornanti questo rito – digiuno preliminare, presenza di te-
stimoni, orientazione spaziale – sono importanti, certo, ma non essenziali63.
Se si considera l’iniziazione massonica del primo grado, sembra a molti che il rito
centrale ed essenziale è quello della “creazione” del massone con gesti e parole appro-
priate; vi è là, in tutta evidenza, il riferimento a una nuova nascita. Un altro elemento del
rito è significativo, poiché simboleggia l’attuazione dell’iniziazione ricevuta: è la conse-
gna del grembiule e dei guanti. Ora, questi elementi si ritrovano al cuore delle inizia-
zioni di mestiere in Oriente. Pierre Centlivres è riuscito a ottenere alcune preziose infor-
mazioni (pp. 167-168 della sua tesi) sul passaggio alla Maestria, il kamarbandî, letteral-
mente “cinturamento”, che riassumiamo. Il rito si svolge durante un pasto in onore del
pîr, il patrono della professione64. Il candidato alla maestria65 offre al suo maestro un
turbante, un abito e dei regali ai venerabili della professione. Il maestro cinge l’appren-
dista con un turbante; a volte pone un pane sotto ciascun braccio e uno in bocca; segue
un simulacro d’inseguimento; se uno dei pani cade, è un cattivo segno. Il maestro poi di-
ce: «il tuo pane sia buono, mangia il pane, non tenere dei propositi orgogliosi». Colpisce
a quel punto il futuro maestro con il palmo della mano sulla schiena e dà la sua benedi-
zione66; un mullah legge la risâlah, e si mangia la halwâ, pasta dolce. La risâlah dei
panettieri studiata da Gavrilov riprende gli stessi temi:
Secondo questa rissala, qualsiasi artigiano voglia entrare legalmente67 e secondo le
tradizioni nella corporazione dei maestri autentici, deve ricevere, dopo i corsi d’ap-
prendistato, una benedizione patakha dal suo maestro-direttore; deve poi compiere
un’usanza arvah-i-pîr, vale a dire organizzare una festa in onore dei suoi confratelli,
commemorandovi anche i passati patroni protettori del suo mestiere, offrire dei regali ai
maestri più anziani e infine passare attraverso l’uso della consacrazione al rango di
maestro, lasciandosi “cingere le reni di una cintura”, compiendo così l’atto di kamarband.
Jean-Claude Vadet ha posto in relazione (pp. 61-63) la benedizione del maestro e la
consegna della cintura con il patto iniziatico tra lo Shaykh e il discepolo, seguita dalla
trasmissione, a quest’ultimo, della khirqa, l’abito rattoppato, in alcuni rami del Sufismo.

63 La trasmissione iniziatica comprende, da un lato il ricollegamento a una catena costituita dalla

successione dei maestri, supporti d’una influenza spirituale che rimonta di anello in anello al Pro-
feta e alll’Angelo Gabriele per trovare la sua sorgente nel Principio; e, d’altro lato l’aggregazione
a una comunità, una “confraternita”. La presenza di testimoni può riferirsi a quest’ultimo aspetto,
senza tuttavia escludere un valore simbolico d’altro ordine.
64 P. Centlivres osserva, p. 169, che il rito si svolge, in generale, all’indomani di un’importante

festa religiosa (‘îd).


65 Secondo certe fonti, il periodo d’apprendistato può durare cinque o sei anni prima di poter

considerare l’apertura di una bottega. È suscettibile d’essere esteso fino a ventanni per professioni
specifiche, come quella degli orafi (cf. J.-C. Vadet, p. 77). Tre anni possono bastare a mestieri più
facili da implementare.
66 Su questa questione della discesa dell’influenza spirituale lungo la schiena e soprattutto la

colonna vertebrale cf. Ch.-A. Gilis, L’Esprit Universel de l’Islam, cap. XX, La Maison des Livres,
Algeri, 1988.
67 In corsivo nel testo.

Lettera e Spirito n. III 33


Mestieri d’Oriente e d’Occidente

La sacralizzazione d’ogni atto del mestiere


Si sarà compreso, leggendo il nostro lavoro, che il mestiere era sacro e sacralizzato,
tanto nell’Occidente cristiano che nell’Oriente islamico. Si trova tuttavia in quest’ultimo
una precisione nei documenti che regolano il mestiere che non si percepisce nel primo.
In aggiunta al quadro generale islamico, dove la parola sacralizzante occupa un posto
centrale, le influenze reciproche, e talvolta concorrenti, della futuwwah e del sufismo
hanno un grosso peso nell’accento che è posto sulla sacralizzazione di ogni gesto attra-
verso la Parola rivelata. Doveva essere frequente che degli artigiani facessero parte allo
stesso tempo della futuwwah e del sufismo68. In questo caso, erano abituati alla pratica
di un dhikr quasi perpetuo.
Per quanto riguarda il mestiere propriamente detto, si è colpiti dalla precisione delle
invocazioni corrispondenti a ogni atto particolare. La risâlah dei portatori d’acqua ci
insegna che delle formule coraniche o tradizionali specifiche devono essere pronunciate
quando il portatore d’acqua arriva presso i pozzi, quando prende il secchio in mano, lo
cala nel pozzo, lo risolleva, quando afferra il collo del suo otre, riempie questo, si mette
in cammino, versa l’acqua dall’otre e se ne ritorna (Mokri, pp. 149-150). La risâlah dei
vasai, similmente, elenca le diverse formule che il vasaio deve pronunciare durante tutte
le manipolazioni di preparazione dell’argilla, quando si siede, pone il suo piede sulla
ruota, l’argilla sul piatto, ecc. Quando vuole fabbricare oggetti differenti, le formule
cambiano: così la fabbricazione del vaso, della giara, di un coperchio richiedono sacra-
lizzazioni differenti.
È possibile che, nei mestieri del Medioevo occidentale, esistessero formule da pronun-
ciare per alcuni atti del lavoro. Ma si può considerare la consapevolezza della presenza
di Dio negli atti in una maniera più generale, e per questo è il momento di ricordare il
passaggio del Regius su cui avevamo previsto di ritornare:
Quando sei in cammino verso la chiesa,
Abbi ben presente in ogni momento,
Che devi adorare il signore tuo Dio giorno e notte
Con tutto il tuo spirito e con tutta la tua forza.
L’ingiunzione contenuta nei due ultimi versi è, quando vi si presti attenzione, estrema-
mente forte. Essa implica almeno che tutto quel che deve essere fatto, deve esserlo in
modo d’adorazione e alla Presenza di Dio. Resta da sapere su quali mezzi “tecnici” d’a-
dorazione questa pratica possa riposare. Non può trattarsi di riti eseguiti in chiesa, e la
menzione: “giorno e notte” implica che si tratti di un’attività spirituale interiore possi-
bile in ogni momento e in ogni luogo. Il termine tradotto qui con “spirito” è wits che, al
singolare, significa: “comprensione”, “finezza”, “abilità”, “lucidità”. Va paragonato al
suo equivalente tedesco witz che ha esattamente gli stessi significati, e precisamente
anche quelli di “cima” e “arguzia”. Quest’ultimo termine è etimologicamente legato a
wissen, “sapere”, “conoscenza”. Quest’adorazione di Dio «con tutto il tuo spirito e con
tutta la tua forza» suggerisce, per essere pienamente realizzata, il ricorso a una sorta
d’incantazione, di dhikr se si vuole? La domanda merita d’essere posta.

68 Non bisogna dimenticare che la vera conversione all’Islam, in Asia centrale, s’è prodotta con
l’intercessione dei grandi santi sufi e delle confraternite.

34 Lettera e Spirito n. III


Pierre Delabaty

Conclusioni
Il nostro presente lavoro è di carattere generale; ha toccato, di sfuggita, una serie di
problemi che abbiamo solo sfiorato; ne siamo consapevoli. È prevedibile che alcuni
“specialisti” non mancheranno di farci notare che non abbiamo preso in considerazione
le loro “conclusioni” – senza dubbio provvisorie d’altronde – su soggetti storici, quali la
continuità tra i costruttori del Medioevo e la Massoneria attuale, ecc. A parte alcune note
che indicano la nostra posizione su queste questioni, abbiamo scarsa propensione a en-
trare in questi dibattiti; altri lo faranno sicuramente meglio di noi, e in modo più effi-
cace. Ci si potrebbe anche obiettare che riguardo all’Oriente islamico, ciascun caso
(Turchia, Iran, Asia centrale, ecc.) dovrebbe essere trattato separatamente e in base alle
sue specificità. Risponderemo che la lettura delle risâlât risolve da sola la questione;
infatti, a parte il linguaggio di base utilizzato nelle diverse regioni, la struttura di questi
documenti rivela indubbiamente la loro unità d’ispirazione nell’intero Oriente islamico.
Su questo punto, del resto, gli “orientalisti” stessi sembrano essere d’accordo.
Abbiamo mostrato che, nella loro struttura generale, i testi d’Oriente e d’Occidente
che regolano i mestieri comprendono gli stessi elementi: obbligo di seguire la legge
exoterica; riferimento a una leggenda del mestiere, ai santi patroni, ai maestri; esposizio-
ne delle regole del mestiere; presenza di catechismi; obbligo di presenza alle assemblee
periodiche; riti d’iniziazione; sacralizzazione di tutta l’attività. Speriamo che questo con-
tributo a un aspetto importante della concezione tradizionale dei mestieri e alla sacralità
del lavoro darà alcune idee a coloro la cui ricerca ha orientato in questa via.

Lettera e Spirito n. III 35

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