Professional Documents
Culture Documents
Pierre Delabaty
Cf. P. Delabaty, Métiers d’Orient et d’Occident, in La Règle d’Abraham, n. 29, giugno 2010.
Ringraziamo il sig. P. Geay, direttore de La Règle d’Abraham, e l’autore dell’articolo per il per-
messo di pubblicare la presente traduzione.
1 La situazione non è più la stessa oggi poiché l’Oriente, nonostante qualche resistenza, ha segui-
to le orme dell’Occidente.
2 R. Guénon, La Crisi del mondo moderno, cap. 2.
3 R. Guénon, Oriente e Occidente, 2a parte, cap. 2. L’espressione: «conoscenza dei principi» dev’es-
sere intesa in senso forte, giacché non si limita a una prospettiva solamente teorica, ogni rivivifica-
zione efficace d’una scienza tradizionale essendo impensabile senza la presenza dello Spirito.
4 Cf. R. Guénon, Mélanges, p. 71.
5 “Per il servizio della Verità”, Aurores, aprile 1983, p. 3. Sappiamo che «i Massoni “operativi”
erano esclusivamente uomini di mestiere [che] “accettarono” tra loro, in qualche modo a titolo
onorifico, persone estranee all’arte del costruire». È meno noto che il Compagnonaggio fece lo
stesso, ed è avendone una conoscenza “diretta” che Guénon scriverà che «i tipografi (il cui rituale,
nella sua parte principale, consisteva nella “leggenda” di Faust) “accettarono” tutti coloro che
Le scienze tradizionali, «come le arti e mestieri, che tradizionalmente sono una sola e
stessa cosa»6, possono assumere diversi aspetti, secondo i tempi e i luoghi, sposando la
forma d’espressione d’una particolare tradizione ma, siccome tutti derivano dai principi
metafisici della Tradizione, rivelano un’unità che può essere facilmente costatata quando
si facciano gli accostamenti appropriati. Queste scienze, arti e mestieri, essendo così tutti
iscritti nella natura profonda dell’uomo – altrimenti gli sarebbe impossibile prenderne
coscienza – e avendo l’uomo incontestabilmente, nonostante le differenze storiche e
geografiche delle sue manifestazioni, una struttura fondamentale unica, è normale che,
in circostanze analoghe e con intenzioni analoghe, le scienze, arti e mestieri che a lui si
ispirano si somigliano, talvolta fin nei dettagli, essendo per di più, come abbiamo ri-
cordato, il principio d’ispirazione unico. Questo è ciò che si percepisce immediatamente
alla lettura dei testi occidentali e orientali che codificano i mestieri.
Il seguente studio si baserà principalmente, per il lato occidentale, sui documenti la
cui origine è nel Compagnonaggio e nella Massoneria7, dal momento che sono i più
numerosi e i più completi tra quelli a nostra disposizione e, per il lato orientale, sulle
traduzioni delle cosiddette Risâlât dei mestieri che erano ancora in vigore, in alcuni
paesi dell’area islamica, poche decine d’anni fa. Questi documenti provengono da regioni
che si estendono dalla Turchia all’Afghanistan e al Pakistan attuali. Essi comprendono
quel che viene chiamato futuwwah (termine che deriva da fatâ, “giovane”, “eroe”), che
potrebbe essere considerato una spiritualità legata all’azione e alla parte “attiva” della
vita d’un uomo8.
Non ci proponiamo di considerare gli aspetti storici, sociologici, politici, ecc., di que-
sti testi; li prenderemo quali sono, per trarne informazioni svincolate il più possibile
dalle contingenze di tempo e luogo9. Siamo affatto persuasi che tutti questi documenti
avevano qualche rapporto con l’arte del libro, vale a dire non solo i librai, ma gli stessi autori»,
Considerazioni sull’Iniziazione, cap. XXIX; cf. anche R. Guénon, Le Chrisme et le Cœur dans les
anciennes Marques corporatives, Regnabit, T. IX, no 6, novembre 1925, nota 1, p. 397; Études
Traditionnelles, no 289, janvier-février 1951, nota 2, p. 12.
6 R. Guénon, Studi sull’Induismo, p. 112.
7 Siamo indifferenti alle obiezioni di alcuni “storici” che credono che i documenti antichi, risa-
lenti a prima dell’istituzione della cosiddetta “Massoneria speculativa”, sono stati “annessi” da
quest’ultima e non avrebbero, di fatto, alcun nesso organico con essa, poiché questo è ben lungi
dall’essere dimostrato secondo le regole stesse della “scienza storica”. Inoltre, nella misura in cui
la Massoneria attuale possiede effettivamente un’iniziazione trasmessa regolarmente, e per la
complessità degli elementi che integra, come confermato da R. Guénon e dagli iniziati d’orienta-
mento spirituale, il massone, secondo la sua situazione e le sue tendenze, può appoggiarsi, per la
sua meditazione e la sua progressione iniziatica, su qualunque supporto che, in un modo o nell’al-
tro, ha affinità con questa iniziazione; questo supporto diviene, di fatto, un elemento massonico,
da cui l’idea che ci possa essere una Massoneria “ermetica”, una Massoneria “cavalleresca”, una
Massoneria “templare”, ecc. Non si può dire lo stesso di numerosi elementi evidenziati in una
certa Massoneria moderna che non è più “costruttrice”, ma veramente “distruttrice”.
8 Essendo il concetto di futuwwah complesso, non l’affronteremo nel contesto di questo lavoro.
Faremo solo notare che include la “cavalleria” e i mestieri manuali pur essendo aperto al Sufismo.
Ci si trova al cospetto di un insieme che ricorda curiosamente altre convergenze, storiche o
simboliche, tra alcuni mestieri e gli ordini monastici militari, o la cavalleria in generale, nel-
l’Occidente del Medioevo.
9 Non terremo quindi conto del punto di vista degli studi sedicenti “storici” sulla Massoneria e
sul Compagnonaggio, che mirano soprattutto a mostrare come non vi sia alcuna radice comune tra
queste iniziazioni, né continuità iniziatica tra Medioevo e i nostri tempi; essi hanno, nei confronti
possono essere stati scritti dopo una lunga trasmissione orale, conformemente a una
pratica abituale, e come attestano senza ambiguità gli Statuti di Ratisbona (1459) che si
presentano come una rinnovazione e un chiarimento delle “vecchie tradizioni”. Peraltro,
gli esempi presi qui come riferimento appartengono a due tradizioni specifiche, il Cri-
stianesimo e l’Islam, ma è evidente, per i ricercatori qualificati, che le modalità, assunte
dai mestieri sotto l’influenza di queste due tradizioni, non fanno che ricoprire un fondo
più antico che non dev’essere, in ogni caso, identificato con una tradizione particolare:
l’unità e la perennità pertengono ai principi che abbiamo evocato sopra. È vero, tuttavia,
che le fonti scritte di cui ci serviremo riflettono, soprattutto per l’Occidente, lo stato dei
mestieri nel Medioevo10, ed è per questo che abbiamo citato questo periodo fin dall’ini-
zio del nostro lavoro. Non si può dire lo stesso per i dati orientali poiché, come abbiamo
precisato, le norme enunciate in queste fonti erano ancora applicate fino a poco tempo
fa, nel quadro attivo dei mestieri.
Essendo i testi massonici e compagnonici più accessibili e conosciuti in Occidente, li
citeremo senza presentazione. Per contro è necessario soffermarsi un po’ sulle “Risâlât
dei mestieri” 11.
delle due sole iniziazioni occidentali ancora accessibili, esattamente la stessa funzione della critica
biblica che mira a desacralizzare la Bibbia. Si può osservare, d’altronde, che quando degli storici
specialisti, difensori del sacro, studiano seriamente gli stessi testi o le stesse informazioni, ne trag-
gono conclusioni completamente opposte a quelle proposte dai sostenitori della desacralizzazione.
Non bisogna quindi farsi impressionare dall’ondata dei lavori profanatori, anche se provengono da
scrittori che possono, formalmente, rivendicare un ricollegamento “iniziatico” e possiedono in ag-
giunta una formazione da storico: il dominio iniziatico è per loro chiuso per mancanza di quali-
ficazione.
10 La maggior parte degli autori riconosce che la datazione dei più antichi testi massonici non è
che un punto di riferimento storico approssimativo poiché, oltre alla questione della trasmissione
orale già evocata, sembra che questi documenti siano spesso copie di testi più antichi distrutti o
perduti, cosa del tutto normale dal momento che questi documenti non erano allora conservati
preziosamente in musei o collezioni. Tuttavia, questi “storici”, che generalmente concordano sul
fatto che la tradizione orale ha preceduto e accompagnato la redazione scritta continuano, con un
ragionamento poco logico, a considerare che una cosa ha esistenza solo quando se ne trovino
tracce scritte, quand’anche in quest’ultime si affermi l’esistenza di documenti precedenti!
11 I ragguagli seguenti riguardano piuttosto la parte orientale del mondo musulmano; sono estratti
principalmente dai seguenti articoli: A.M. Kassim, Études sur les corporations musulmanes indo-
persanes, in Revue des Études Islamiques, 1927, quaderno II; Michel Gavrilov, Les Corps de métiers
en Asie centrale et leurs status (Rissala), in Revue des Études Islamiques, Geuthner, Parigi, 1928;
Pierre Centlivres, Un Bazar d’Asie Centrale. Forme et organisation du bazar de Tâshqurghân (Afgha-
nistan), tesi di laurea presentata alla Facoltà di Lettere di Neuchâtel, 1970; Micheline Centlivres-
Demont, Un corpus de Risâla du Turkestan afghan, in Madrasa, la transmission du savoir dans le
monde musulman, pp. 82-89, Éd. Arguments, Parigi, 1997; Mohamed Mokri, Un traité persan relatif
à la corporation prolétaire des porteurs d’eau musulmans, in Revue des Études Islamiques, Geuthner,
Parigi, 1977; Jean-Claude Vadet, La Futuwwa, Morale professionnelle ou morale mystique, Revue
des Études Islamiques, 46, 1, pp. 57-90; Thierry Zarcone, Secret et sociétés secrètes en Islam, Arché,
Milano, 2002; Owen S. Rye, Kulâl-Nâma: The Potter’s Book, in Smithsonian contributions to Anthro-
pology, 1977, vol. 21, pp 189-193.
Nel seguito della nostra esposizione, citeremo solo il nome dell’autore e la pagina del testo di ri-
ferimento. Le trascrizioni di parole straniere possono variare da un autore all’altro, e li riproduciamo
quali sono. Per quanto riguarda l’arabo, la nostra personale trascrizione può essere leggermente
diversa da quella degli autori citati. Alcune traduzioni dall’arabo, specialmente le più vecchie,
sono molto approssimative.
gior parte delle risâlât; la gelosia dei gelosi, fa allusione all’ultimo versetto della sura 113 e al
“malocchio”.
14 Ibid. Il Pîr (il “vecchio”, equivalente dello Shaykh in arabo) è il santo patrono del mestiere;
può essere un Profeta o un santo che la tradizione associa in un modo o nell’altro al mestiere che
avrebbe insegnato, e ne rappresenta la dimensione spirituale o iniziatica; il maestro (ustâd o ustâdh),
pur partecipando a questa dimensione, rappresenta piuttosto il “savoir-faire” tecnico trasmesso di
generazione in generazione (cf. Centlivres, pp. 165-167, e Centlivres-Demont, p. 85).
delle risâlât, e questo tanto più che esse sono forse le forme islamizzate di codici che
esistevano a volte nelle civiltà scomparse, senza dimenticare la possibilità, come altrove,
di trasmissioni orali precedenti la redazione scritta. In Afghanistan, queste risâlât erano
ancora in funzione, nonostante gli attacchi dei modernisti e degli Ulema, fino agli anni
settanta. È possibile che in zone remote siano praticate ancora oggi.
Non faremo confronti tra un testo occidentale15 e uno specifico testo orientale, ma mo-
streremo che l’insieme dei documenti studiati fa emergere una struttura simile, pur se
ogni singolo documento non contiene necessariamente tutti gli elementi di questa strut-
tura. Procedendo così, stabiliamo una sorta di “schema-tipo” o di “matrice ideale”, che
può servire come riferimento per lo studio di tutti i documenti di tale specie. Dopo aver
rapidamente identificato gli elementi di questa “matrice”, li svilupperemo più dettaglia-
tamente richiamandoci ai testi.
La partecipazione all’exoterismo
Una costatazione va fatta fin dall’inizio: sia dal lato occidentale, soprattutto per i testi
più antichi, sia da quello orientale, le carte dei mestieri integrano elementi spirituali
innegabili. Il mestiere che, di per sé, come abbiamo detto sopra, non appartiene a una
particolare tradizione, è “rivestito” d’una forma islamica o cristiana che “tinge” la sua
sacralità. Sotto questa forma si ritiene rivelato da Dio16. Gli elementi spirituali più fa-
cilmente identificabili sono d’ordine exoterico, ma la presenza di dati esoterici e inizia-
tici è indubitabile. È su questi ultimi, “liberati” di qualsiasi connotazione “religiosa”, che
s’afferma peraltro una certa concezione della moderna Massoneria che, nel migliore dei
casi, consente d’accettare dei non cristiani ma anche, ciò che è più problematico dal
punto di vista della regolarità tradizionale completa definita da René Guénon, d’inte-
grare esseri che non partecipano ad alcun exoterismo17.
Va da sé che i mestieri, durante il Medioevo occidentale e molto dopo, erano impre-
gnati della tradizione ambiente. Il manoscritto Cooke stabilisce senza ambiguità che Dio
ispira le scienze necessarie all’attuazione del mestiere: «Inoltre egli [Dio] ha dato all’uo-
mo la comprensione e la conoscenza di varie scienze e arti che ci permettono di lavorare
in questo mondo affinché si giunga, guadagnandoci da vivere, a realizzare diverse cose
che piacciono a Dio e contribuiscono al nostro conforto e al nostro bene»18.
Per quanto riguarda la necessità di una pratica exoterica, le cose sono chiare: il mano-
scritto Grand Lodge (1583) spiega che «Il primo dovere è questo. Che dovete essere fe-
15 Nella nostra presentazione, andremo dal noto al meno noto, vale a dire dai testi occidentali ai
testi orientali, senza che questa scelta suggerisca alcuna superiorità di uno sull’altro.
16 Questa “forma”, pur potendo modificarsi, resta adeguata all’essenza del mestiere.
17 Cf. R. Guénon, Necessità dell’exoterismo tradizionale, in Iniziazione e realizzazione spiritua-
le, cap. VII. È inverosimile che vi sia chi riconosce l’autorità di R. Guénon ma continua a ignorare
i dati chiari, “tecnici” e imprescindibili evidenziati in questo capitolo.
18 Se non diversamente indicato, trarremo le traduzioni da La Franc-Maçonnerie: documents fon-
dateurs, Éd. de l’Herne, 2007, Parigi. Per semplicità citeremo solo le pagine del libro, nello spe-
cifico per la presente citazione: p. 71. Si possono consultare con profitto altre compilazioni sullo
stesso soggetto: Ph. Langlet, Les Textes fondateurs de la Franc-Maçonnerie, Dervy, 2006, Parigi; e
dello stesso autore Le Regius, op. cit.; P. Négrier, Textes fondateurs de la Tradition maçonnique,
Grasset, 1995, Parigi. La citazione di questi autori su un argomento specifico non implica assolu-
tamente, da parte nostra, un’adesione alle loro concezioni sulla Massoneria o il Compagnonaggio.
deli a Dio e alla santa Chiesa», e sarebbe noioso rilevare tutti i passaggi in questo genere
di documenti per dimostrare che il mestiere deve collocarsi nel quadro tradizionale cir-
costante19. Tuttavia, non si può non evocare in dettaglio il Regius (fine del XIV secolo,
inizi del XV, secondo diverse datazioni) che è il più esplicito in merito al coinvolgimento
dell’uomo di mestiere nella vita tradizionale cristiana e soprattutto cattolica. Tutta la parte
dedicata a questo soggetto comincia al versetto 581 e la sua redazione, come l’intero ma-
noscritto, è chiaramente riconducibile all’ambiente clericale20:
Siate molto attenti, ora, vi prego:
Dovete infatti sapere tutto quel che segue.
Seguono:
– l’affermazione della sacralità della chiesa in quanto Tempio della presenza divina
(v. 588-590):
La santa Chiesa è la casa di Dio,
Non è fatta per altri scopi
Che per pregarvi, come dice la Scrittura.
– la raccomandazione dell’uso dell’acqua santa (v. 600-602):
Prenderai un po’ d’acqua santa,
Giacché ogni goccia che toccherà la tua mano
Cancellerà un peccato veniale, siine certo.
– l’ingiunzione d’osservare i dieci comandamenti (v. 611-612);
– quella d’astenersi dai sette peccati capitali (v. 614-616);
– la necessità di dire certe preghiere (v. 622, 643-656):
E di’ il Pater Noster e l’Ave […]
“Signore Gesù, sii il benvenuto,
Tu che vedo sotto le apparenze del pane.
Ora, Gesù, per il tuo santo nome,
Proteggimi dal peccato e dalla vergogna;
Concedimi l’assoluzione e la comunione […]
Concedimi la beatitudine senza fine”;
– la raccomandazione di scrutare il mistero della visione dell’ostia e approfittare di
tutte le grazie che vi sono collegate (v. 658-684);
– il consiglio di presenza formale quotidiana alla messa, se possibile (v. 685-686):
Vieni quindi in chiesa, se puoi,
Ad ascoltare la messa ogni giorno
– e di pregare per l’intenzione quando non si possa partecipare alla messa (v. 687-692).
Abbiamo volutamente tralasciato un’ingiunzione molto forte, che viene dalla pratica
legata esclusivamente alla presenza in chiesa, e che recita (v. 595-598):
Quando sei in cammino verso la chiesa,
19 Numerose carte e regolamenti si pongono sotto la benedizione della Trinità, della Vergine, di
«Quando leggerò il Vangelo …». Il fatto che la redazione del Regius derivi probabilmente dal-
l’ambiente clericale dimostra che non vi può essere incompatibilità fondamentale tra le iniziazioni
di mestiere e la Chiesa Cattolica. Sull’autore di questo testo, vedere Ph. Langlet, Le Regius, p. 54-66
(Éd. La Hutte, 2009).
21 L’avverbio “correttamente” può essere interpretato in diversi modi: può significare, tra l’altro,
che queste scienze devono trovare il loro posto nel quadro generale dell’exoterismo; ma non si
può escludere che si tratti dell’uso d’influenze spirituali pertinenti alle scienze stesse, indipenden-
temente dal loro collegamento a un exoterismo, il che non significa che ci si debba privare di
quest’ultimo.
22 L’Angelo della Rivelazione.
23 Bismi-llâh ar-Rahmân ar-Rahîm: “In nome d’Allâh, il Compassionevole, il Misericordioso”.
24 Citiamo il testo dalla traduzione data nel Cahier de l’Herne, rispettando l’ortografia dei nomi propri.
25 Il manoscritto William Watson, che si presenta come una copia del 1687 d’un documento più
antico, contiene un’osservazione interessante, essendo la costruzione della prima città così descrit-
ta: «È là che la scienza della Geometria e della Massoneria fu per la prima volta applicata, e pre-
cisata come scienza e mestiere» (il corsivo è nostro). V’è quindi una distinzione da fare tra la con-
cezione interiore di questa scienza e la sua applicazione esteriore; la prima può essere considerata
come primordiale, e la seconda dipendente da necessità cicliche.
26 Esistono varianti sulla natura delle due colonne, e talvolta è affermato che una sola fu ritrovata.
27 Il Regius attribuisce la costruzione della torre di Babele a Nabucodonosor.
28 Cf. D. Roman, René Guénon et les destins de la Franc-Maçonnerie, cap. XII, Éd. de l’Œuvre,
1982, Parigi.
29 Non dimentichiamo che, secondo fonti islamiche, Abramo ricostruisce e adatta un nuovo tem-
pio della Ka‘bah sulle tracce del tempio primordiale frequentato da Adamo.
quando è facile costatare che la tradizione vuole qui dimostrare che due tipi di spiritua-
lità possono integrare queste scienze: il tipo rivelato rappresentato da Abramo e il tipo
sapienziale rappresentato da Euclide. Il fatto che quest’ultimo sia considerato come l’al-
lievo del primo indica un rapporto di subordinazione. L’Egitto svolge un ruolo impor-
tante nella trasmissione dell’arte della costruzione prima dell’installazione nella terra
promessa: «Durante tutto il tempo in cui i figli d’Israele abitarono in Egitto appresero
l’arte della massoneria». Poi vennero i regni di Davide e Salomone, e la costruzione del
Tempio di Gerusalemme. La trasmissione dell’arte passa poi in Occidente con Carlo II,
«re di Francia» (Carlo Martello) «che fu massone prima d’essere re», Sant’Albano e il re
d’Inghilterra Athelstan. Il manoscritto Dumfries no 4 assegna un ruolo importante a un
personaggio misterioso di nome «Minus Greenatus, alias Green»30 che avrebbe stabilito
il legame tra la Palestina e l’Occidente, e il manoscritto Grand Lodge no 1 (1583) cita il
famoso Hiram e suo figlio “Aynone”. Un certo Hadrien, che potrebbe ben essere l’Impe-
ratore romano e grande costruttore, è pure talvolta presentato.
In ogni caso, la leggenda del mestiere massonico riflette abbastanza bene le influenze
che diedero, su altri piani, forma alla tradizione cristiana occidentale, con riferimenti da
un lato a nomi dell’Antichità (Grecia, Impero Romano), e dall’altro a personaggi del Vec-
chio e del Nuovo Testamento31. Anche per il Compagnonaggio, le fonti leggendarie sono
molto varie. Jean-François Blondel, nell’Encyclopédie du Compagnonnage (pp. 333-334)
ne enumera le principali: l’Antico e il Nuovo Testamento, i loro apocrifi, la tradizione
cristiana, gli ordini cavallereschi, gli ordini monastici, le fonti comuni alla Massoneria,
la mitologia antica, le leggende legate a un edificio religioso.
Dal lato islamico, per i tessitori ad esempio, la leggenda fa risalire l’origine del me-
stiere a Gabriele, Adamo ed Eva, attorno al tema della nudità da coprire dopo la disob-
bedienza, seguita all’intervento di Satana (Gavrilov, pp. 222-225). Allâh esaudisce una
richiesta d’Adamo, e Gabriele offre a questi due foglie di fico del Paradiso che, dopo
essere state piantate, danno due alberi: un fico e una pianta del cotone. Con questa Eva,
nonostante i tentativi di Satana di far fallire il progetto, utilizzando strumenti e tecniche
provenienti dal Paradiso, fila e tesse il cotone per farne il primo abito a celare la nudità.
In seguito Seth, figlio d’Adamo e Profeta d’Allâh, riceve dal padre l’arte della tessitura
che trasmette alle sue quaranta figlie che filano per quarant’anni abbastanza da fare un
indumento al giorno. Il trattato poi ci dice che i differenti tessuti, che richiedono l’attua-
zione di specifiche tecniche, possono provenire da un profeta (Daniele), da un saggio
(Luqmân), da un santo (Najm ad-Din Kubrâ), ecc. Peraltro (Ibid., p 227), è detto che ci
sono stati quattro profeti-maestri del mestiere: Adamo, Noè, Abramo, Muhammad.
30 Questo nome varia a seconda dei documenti; si trova così: Namus Grecus, Mammongretus Manon
Grecus, ecc. Il soprannome Green, “Verde”, che è il nome di Khidr nell’Islam, potrebbe suggerire
l’intervento d’influenze più “dirette” sulla costituzione della Massoneria come organizzazione ini-
ziatica. Questo enigma ricorda la controversa questione dei Superiori incogniti, con la quale po-
trebbe avere qualche rapporto. Su Khidr, cf. M. Giraud, Rencontre avec Khidr, in La Règle d’Abra-
ham, n. 24. Un avvicinamento è possibile anche con l’Uomo Verde (Green Man), simbolo molto
antico e universale che si ritrova nelle sculture e raffigurazioni di chiese.
31 Ci limitiamo qui all’arte della costruzione in pietra, poiché è evidente che prima di questa i
popoli viventi in Occidente dovevano dominare le arti costruttive che utilizzavano altri materiali
come il legno o la terra.
Come per i primi testi massonici, la preoccupazione per la logica storica o cronologica
è assente nelle risâlât. Sembra che la cosa più importante, in questo caso, sia di porsi
sotto la barakah, l’influenza spirituale, di patroni spiritualmente importanti. Se il legame
organico con tali protettori non emerge sempre chiaramente, non significa che non esista.
A volte basta che il profeta o il santo abbia aiutato un’anziana signora a portare il suo
secchio d’acqua, o abbia dissetato qualcuno, perché la professione dei portatori d’acqua
sia autenticata e sacralizzata; da questo semplice fatto, il mestiere acquisisce un patrono
di riferimento. Accade anche che gli elementi di un’attività siano sacralizzati d’ufficio,
quando la loro invenzione e la loro attuazione sono, evidentemente, recenti: è il caso,
nelle risâlât dei soldati dell’uso dei fucili o moschetti che, storicamente parlando, non
potevano essere annoverati tra le armi del soldato all’origine (Kassim, pp. 264-270).
32 Gli uomini tradizionali non avevano una visione razionalizzata e limitata del mondo: ogni
attività era aperta sulle influenze spirituali corrispondenti. Succede lo stesso per le guerre, come si
vede con quella di Toia, dove ciascuno contava sul suo dio protettore. Si trova lo stesso tipo di
comportamento nel Medioevo occidentale dove, in certi conflitti, uno degli antagonisti si pone
sotto la protezione di San Michele, e l’altro sotto quella di San Giorgio, suo rappresentante terreno,
per cercare di “contrastare” il primo.
33 Su questa questione, è possibile consultare le varie rubriche dei mestieri nell’Encyclopédie du
Questo non è il caso per l’Islam, ove i documenti di cui disponiamo sono abbastanza
rari34. Citeremo quindi il prezioso lavoro di Micheline Centlivres-Demont (p. 85) che si
riferisce ai Pîr, o santi patroni35:
I Pîr riconosciuti dai mestieri di cui abbiamo le risâla sono:
– barbieri: Salmân al-Fârisî/Salmân Pâk, compagno del Profeta; liberto d’origine persia-
na; convertito all’Islam, sarebbe stato il primo a radere la testa del Profeta e dei suoi
compagni come segno della loro iniziazione36. Uno dei fondatori del Sufismo.
– macellai: Jawânmard-e qasâb, figlio del primo macellaio di Multan convertito al-
l’Islam, e che fu sacrificato da suo padre su richiesta di ‘Alî per provare la sua fede,
poi risuscitato.
– panettieri: l’arcangelo Gabriele, che avrebbe portato agli uomini l’uso dei cereali.
– falegnami e carpentieri: Nûh, Noè della Bibbia, che l’Islam riconosce come uno dei
profeti. Ha protetto i carpentieri durante la costruzione dell’arca37.
– cordai: imâm Ja‘far, il sesto imâm.
– calzolai: il profeta coranico Sâlîh, uno dei messaggeri divini.
– fabbricanti di halvâ: Sheikh Shakar Ganj, santo indiano di Multan. Si racconta che a
forza di digiunare, il suo corpo era diventato così puro che tutto ciò che metteva in
bocca subito si trasformava in zucchero.
– orefici, fabbri, calderai: Dâwûd, il re Davide della Bibbia. Patrono di tutti i mestieri in
metallo.
– contadini: Bâbâ-e dehqân, letteralmente antenato contadino.
– vasai: Seyyed Mîr kulâl, probabilmente Amîr Kulâl, maestro del famoso Nakhshband
al-Bukhârî a Karchî morto nel 772/1370.
– ciabattini: Bâbâ Pâradûz.
– conciatori: Akhî Abrân, conosciuto in Turchia come Akhî Evrân; religioso musul-
mano, sufi semi-leggendario, il cui mausoleo è a Kirshehir.
– venditori di tessuti: Imâm A‘zam, soprannome d’Abû Hanîfa, fondatore della scuola
hanefita. Viveva del commercio di tessuti, pur consacrando tutta la sua vita alla
scienza religiosa.
Pierre Centlivres aggiunge a questa lista:
– tintori, tintori con l’indaco: ‘Îsâ (Gesù).
– sarti: Idrîs (Enoch), che sarebbe il primo ad avere cucito dei vestiti di fibra.
– merciai, farmacisti: Luqmân (saggio nominato nel Corano).
– massoni: Abramo38.
I mestieri “moderni”, dei quali alcuni pensavano che, per loro natura, avrebbero desa-
cralizzato alcune professioni, sono stati, al contrario, presi a carico dalla tradizione, co-
me è accaduto in Occidente. In tal modo i macchinisti e i conduttori professionali hanno
preso il profeta Davide come patrono, ricollegandosi così ai fabbri e ai mestieri di tra-
sformazione dei metalli.
nella sua tesi Un Bazar d’Asie centrale, P. Centlivres dice solamente che Salmân sarebbe stato il
primo a radere la testa del Profeta «un atto rituale» (p. 166).
37 I carpentieri sono a volte chiamati “Figli di Noè” nel compagnonaggio occidentale.
38 Senza dubbio per il suo ruolo nella costruzione della Ka‘bah, il tempio della Mecca, aiutato in
Accanto a questi santi patroni, che rappresentano piuttosto i supporti umani dell’in-
fluenza spirituale informale che collega gli uomini a Dio, la risâlah elenca i maestri da
cui i Pîr hanno appreso il mestiere. Si tratta, come detto sopra, d’un aspetto più diretta-
mente in rapporto con la messa in opera “tecnica” del mestiere, ma che è considerato an-
che come rientrante nel dominio iniziatico (Centlivre-Demont, p. 85). Alcuni “catechi-
smi” comprendono anche, sotto forma di domande e risposte, elementi riguardanti le tre
componenti del cammino spirituale islamico e coloro che li rappresentano: la Sharî‘ah, la
Legge sacra (Adamo, Noè, Mosè, Abramo, Muhammad); la tarîqah, la Via iniziatica (i
primi quattro califfi: Abû Bakr, ‘Umar, Uthmân, ‘Alî, e gli angeli Jibrâ’il (Gabriele),
Mikâ’il (Michele), ‘Izrâ’il (Azraele) Isrâfîl (Serafiele)); la haqîqah, la Verità essenziale:
tre «dei quattro profeti che la tradizione islamica generale riconosce come non essere
stati raggiunti dalla morte corporale: Idrîs (Enoch), Ilyâs (Elia), Aïssâ (Gesù)»39, e
Ya‘qûb (Giacobbe).
Che ogni uomo che è massone presti attenzione a questi doveri: se un uomo è col-
pevole su uno qualunque dei suoi doveri, se ne corregga davanti a Dio; e voi in parti-
colare, che state per prestare la vostra obbligazione, fate attenzione a rispettare perfet-
tamente questi doveri, poiché è un grande pericolo per un uomo spergiurare su un Libro.
Il primo dovere è questo. Siate uomini fedeli a Dio e alla santa Chiesa; il vostro in-
telletto e giudizio non siano intaccati d’errore o eresia, ma siate uomini di buon giu-
dizio e uomini saggi in ogni cosa.
Inoltre, siate uomini fedeli ligi al re d’Inghilterra, astenendovi dal tradimento e ogni
slealtà; e non capiti veniate a conoscenza di un tradimento o fellonia senza che cerchia-
te discretamente d’impedirlo se lo potete o, se non lo potete, senza che ne avvertiate il
re e il suo consiglio […] E anche, siate leali gli uni verso gli altri40 […] E anche che
manteniate fedelmente tutte le deliberazioni dei vostri compagni, sia in loggia o in ca-
mera, e tutte le altre deliberazioni che è opportuno mantenere in Massoneria41 […] E
anche, non dovete prendere criminalmente la moglie del vostro compagno […] né arre-
cargli alcun disonore […] E anche, non commetterete alcuna villania dove alloggiate,
che non si sparli del mestiere […] Nessun maestro o compagno assumerà l’opera di un
signore, o alcun lavoro, se non si sa capace e sufficientemente istruito per completarlo42
[…] Anche nessun maestro prenda un’opera che a un prezzo ragionevole […] Anche,
nessun maestro o compagno estrometterà un altro dal suo lavoro43 […] E anche, nessun
maestro o compagno prenda un apprendista che per un periodo di sette anni; e l’ap-
prendista sia di nascita competente, vale a dire nato libero, e integro delle sue membra
come dev’essere un uomo44 […] E anche, nessun maestro o compagno prenda licenza
ne del cantiere può essere nocivo per il fatto che il completamento dell’opera poggia sull’inten-
zione originale di colui che l’inaugura:
«L’articolo IX è che nessun
maestro debba soppiantarne
un altro poiché si dice ne
l’arte di massoneria che nessuno
finirebbe così bene un lavoro
avviato da un altro
a beneficio del suo signore
quanto chi lo cominciò
nell’intenzione di completarlo lui stesso».
Tuttavia questo cambiamento può rivelarsi necessario se appare che il maestro inauguratore del-
l’opera conduce questa «alla rovina» (p. 41).
44 Il Regius vieta di prendere un apprendista «deforme», uno «zoppo», un «tarato», uno «storpio»
(p. 37). Su questo punto cf. R. Guénon, Considerazioni sull’Iniziazione, cap. XIV, segnatamente
p. 104, nota 1, sulla “regola della lettera B”.
di fare un massone senza il consenso e l’avviso dei suoi compagni […] Anche, nessun
massone prenda un apprendista a meno d’avere abbastanza lavoro da dargli, o di poter
mettere tre dei suoi compagni, o almeno due, al lavoro con lui […] Anche, nessun mas-
sone sparlerà alle spalle di un altro, così da fargli perdere la buona reputazione o i suoi
beni terreni […] E anche, nessun massone si darà ai giochi d’azzardo […] non si con-
sumerà nella lussuria, né si darà alla dissolutezza […] Anche ogni maestro e compagno
verrà all’assemblea se questa si tiene entro cinquanta miglia intorno a lui, se ne è stato
avvertito45. E se ha commesso un crimine contro il mestiere, allora (sarà) per sottoporsi
al giudizio dei maestri e compagni46 […] Anche, nessun maestro o compagno faccia
alcuna sagoma, squadra o regola per un massone costruttore; né dia a un massone co-
struttore47, nella loggia o all’esterno delle pietre da tagliare o scolpire48 […] E anche,
ogni massone tratti con affetto i massoni di passaggio.
Diversi articoli disciplinano i rapporti di denaro; il prezzo da chiedere all’accoman-
dante dell’opera, il salario del maestro, dei compagni e apprendisti: tutto questo dev’es-
sere nell’ordine del “ragionevole” e corrispondere alla prestazione di ciascuno49.
Nel contesto islamico, non abbiamo accesso, al momento, a traduzioni di risâlât, lun-
ghe e dettagliate. Alcune, come abbiamo detto, contano un centinaio di pagine; purtrop-
po, sono le più brevi a essere state messe alla nostra portata. Sarebbe auspicabile con-
sultare i documenti che potrebbero consentire un confronto più ricco, segnatamente sulle
regole del mestiere, che sono spesso ridotte a poche righe nei testi a cui ci riferiamo.
Nelle obbligazioni che precedono, tratte d’antichi doveri massonici, un gran numero
può essere assimilato a regole generali che rientrano, di fatto, nel comportamento del
buon cristiano. Quel che si riferisce direttamente al mestiere può, anch’esso, sembrare
una semplice applicazione del diritto sacro a una particolare attività, ciò che non deve
sorprendente in una società tradizionale degna di questo nome. Non dobbiamo mai per-
dere di vista che il primo articolo che obbliga a «essere fedeli a Dio e alla Santa Chiesa»
influenza tutto il resto.
Nell’Islam, questa dipendenza del mestiere nei confronti del diritto sacro è ancora più
marcata ed esplicita, come abbiamo già detto, e come vedremo ancora nel seguito. Il
dovere d’educazione religiosa dell’apprendista viene prima dell’apprendistato del mestiere
(Gavrilov, p. 213). Possiamo già rendercene conto con l’enunciazione dei doveri dei
calderai:
45 Tutti i testi sono estremamente severi sulla necessità di recarsi a questa assemblea che regola,
controlla e unifica le modalità generali del mestiere e delibera anche sui casi particolari.
46 I conflitti irrisolvibili possono essere portati davanti alla giurisdizione “civile”.
47 Coloro che innalzano semplicemente i muri, senza tagliare o scolpire le pietre.
48 È opportuno chiedersi se il divieto di trasmettere sagome o altri modelli atti a facilitare la fab-
bricazione dell’opera a coloro ai quali non sono destinati, deve essere inteso unicamente, come
pensa la maggior parte dei commentatori di questi testi, come una semplice precauzione che mira
a nascondere e difendere gelosamente i segreti del mestiere per un interesse pecuniario o anche
“artistico”. Si deve ricordare che, nelle organizzazioni iniziatiche degne di questo nome, certi
mezzi di avanzamento spirituale possono essere dati solo gradualmente e in rapporto allo stato
spirituale effettivo di colui che li riceve. La trasmissione di tali mezzi a coloro che non vi sono
preparati può provocare in essi risultati negativi o derive dannose.
49 Come si può facilmente costatare, un certo numero di regole mirano ad arginare l’influenza di
tre fattori che sono spesso comunemente considerati le cause di liti e divisioni: il potere, il denaro
e le donne.
Il maestro dev’essere veridico nei confronti degli altri artigiani, onesto con i clienti e
giusto con i suoi apprendisti che deve avviare all’Islam. Ad esempio: “Sia amabile con
i vicini del suo laboratorio e si preoccupi della loro salute; parli ai suoi apprendisti e ai
suoi subalterni con gentilezza e dolcezza; sia di buon umore con i clienti e si comporti
con loro con gentilezza; sia veridico quando acquista o vende nel laboratorio; non fac-
cia false promesse e falsi giuramenti; non disponga degli oggetti a lui confidati; non in-
sulti né maledica i padri e le madri dei suoi apprendisti e dei suoi subalterni; dia alme-
no una volta alla settimana, se non può più spesso, delle elemosine ai poveri, poiché la
generosità è il fondamento dell’abbondanza; istruisca incessantemente il suo allievo e/o
il suo subalterno e insegni loro le basi della Sharî‘at50 perché non restino senza istruzione
e senza educazione; non desideri con sguardo concupiscente il suo allievo e/o il suo su-
balterno e li consideri come suoi figli […] Non montare in collera contro il tuo ap-
prendista e il tuo subalterno. Non ridere con loro per tema ti rispettino di meno e sii
avaro di parole perché vi sono molti rifiuti nella parola, e non scherzare né con il tuo
apprendista né con il tuo subalterno51 per tema di leggerezza”. Maestri e apprendisti
hanno dei doveri reciproci. Da parte sua, l’apprendista deve accettare l’insegnamento e
acquisire la conoscenza, parlare dolcemente, essere compassionevole e non sedersi più
alto del maestro, vale a dire non sentirsi superiore a lui. (Centlivres-Demont, p. 87).
La risâlah del mestiere di tessitore ha dodici regole:
La prima dice: occorre essere puliti; la seconda: occorre fare le abluzioni52; la terza:
avere la coscienza tranquilla; la quarta: fare a tempo le cinque preghiere; la quinta: oc-
corre fare penitenza per le anime dei pirs; la sesta: implorare l’assistenza dei pirs; la
settima: coltivare l’amicizia con i sapienti; l’ottava: insegnare agli allievi mattina e sera;
la nona: essere educati; la decima: dare un’elemosina generosa; l’undicesima: mante-
nere il laboratorio nella pulizia, accordando rispetto e deferenza ai visitatori; la dodice-
sima: pronunciare il “dhikr” e “tasbih”53.
La professione di portatori d’acqua beneficia di grande considerazione, per ragioni at-
tinenti l’importanza attribuita all’acqua nella tradizione islamica. Le obbligazioni del
portatore d’acqua sono le seguenti:
Pronunciare le parole pure; professare la propria fede nell’Islam; osservare la pre-
ghiera e il digiuno; offrire la mano al patto e rispettarlo; astenersi dall’illecito; essere
generosi; avere la sincerità pura (cfr. Mokri, p. 153).
50 Ciò include le prescrizioni rituali e il comportamento esteriore generale; tutto questo può es-
sere trasposto e vissuto nell’ordine iniziatico.
51 La distinzione operata tra apprendista e subalterno sotto gli ordini del maestro rimanda senza
dubbio ai tre “gradi”: apprendista, compagno e maestro dei testi occidentali. Le discussioni inter-
minabili sulla realtà di questi tre gradi nella Massoneria è un po’ ridicola, poiché l’esistenza di tre
“gradi” è, secondo il perfezionamento progressivo nel lavoro, nella natura delle cose. Inoltre, gli
“storici” che sostengono la teoria dei due “gradi” ignorano sistematicamente gli antichi testi che li
contraddicono. Del resto, quando la Massoneria si diffuse nei paesi musulmani, segnatamente
nell’Impero Ottomano, ha ripreso naturalmente i nomi tecnici dati dall’antica Futuwwa ai tre gradi
che esistevano in quest’ultima e che corrispondevano esattamente a quelli d’apprendista, compa-
gno e maestro (cf. Thierry Zarcone, op. cit., p. 111).
52 Si tratta questa volta della pulizia rituale, tahârah.
53 Gavrilov, p. 227. Riproduciamo il testo nella sua forma originale. Il “tasbih”, tasbîh, consiste
nel dire la formula Subhâna Allâh!, “Gloria ad Allâh”. Il dhikr, “invocazione”, “ricordo”, “richia-
mo”, ecc, è un termine generico che può comprendere molte forme: nelle risâlât, il takbîr (la for-
mula Allâhu akbar!, Allâh è più grande!), ha una importanza particolare.
Il portatore d’acqua non dev’essere invidioso; tutto il suo guadagno, deve dispensar-
lo nel cammino di Dio Altissimo? Non un solo giorno, non dev’essere avaro nelle sue
distribuzioni di cibo e acqua. Dio Altissimo arricchirà il suo pane quotidiano, gli pro-
curerà il rispetto del re e dei signori e gli darà la vittoria (Ibid.).
Gavrilov indica che le genti del mestiere erano obbligate a riunirsi il giorno della com-
memorazione (andjouman) del loro santo patrono o pîr (p. 212). In quest’occasione «so-
no sanzionate le nuove destinazioni dei novizi nei ranghi degli artigiani-maestri» (p. 215).
I “catechismi”
Non esitiamo a usare questo termine54, pur potendo ben convenire anche quello di
“istruzioni”, dal momento che sia ben chiaro il loro senso tecnico; useremo quindi en-
trambe le denominazioni indifferentemente. Quanto alla forma, i catechismi si presenta-
no come una sequenza di domande che hanno bisogno di ottenere certe precise risposte.
Quanto al contenuto, offrono una conoscenza teorica basilare indispensabile per porsi
sotto le influenze spirituali vivificanti il mestiere, ad esempio attraverso il rituale o il
ricordo delle leggende.
Le più antiche istruzioni che ci sono pervenute, precedenti la creazione della Gran
Loggia di Londra (1717), sono dei documenti datati dal 1696 a circa 1716. Come sem-
pre in casi simili, è certo che documenti dello stesso tipo esistessero prima, e che questi
stessi sono stati preceduti dalla tradizione orale. Non possiamo pensare di riprodurre
integralmente qui uno di questi catechismi, tanto più che la loro consultazione è facil-
mente accessibile al lettore europeo; riprenderemo solo alcuni passaggi dal Manoscritto
degli Archivi di Edimburgo, che è il più antico documento di carattere rituale ad oggi
conosciuto55:
Alcune domande che i massoni usano porre a coloro che hanno la parola, prima di
riconoscerli.
Domanda 1: Siete un massone?
Risposta: Sì.
D.: Come posso riconoscerlo?
R.: Lo saprete a tempo e luogo opportuni.
D.: Qual è il primo punto?
R.: Ditemi il primo punto ed io vi dirò il secondo […]
D.: Dove siete stato ammesso?
R.: Nella loggia onorevole.
D.: Che cosa rende una loggia giusta e perfetta?
R.: Sette maestri, cinque apprendisti ammessi, una giornata di cammino da un borgo,
senza latrato di cane o canto di gallo [...]
54 Cf. Ph. Langlet, Les Textes fondateurs de la Franc-Maçonnerie, pp. 14-15. L’autore, giusta-
mente, non intende privarsi d’un termine appropriato quanto al suo senso etimologico, con il pre-
testo che questo termine avrebbe preso una connotazione esclusivamente religiosa. Possiamo co-
statare la curiosa contraddizione che consiste, presso numerosi Massoni, a vantarsi apertamente
d’avere un’apertura di spirito e una curiosità intellettuale autentiche, e il “nervosismo” che li coglie
quando certe verità sono loro avanzate sotto un forma “religiosa”. A questo proposito ci sarebbe
da fare, da parte degli uomini di mentalità tradizionale, un lavoro in profondità per mostrare come
il linguaggio iniziatico appoggiato su forme religiose sia suscettibile d’essere compreso in modo uni-
versale, soprattutto nell’opera dei più grandi maestri spirituali che rappresentano queste tradizioni.
55 Cahier de l’Herne, p. 182-183.
Le assemblee
Abbiamo visto in precedenza quanto i più antichi testi di costruttori (ad esempio:
Regius, secondo articolo e dodicesimo punto) diano importanza alle assemblee generali
per la regolamentazione del mestiere e la risoluzione dei conflitti. Queste riunioni perio-
diche, conosciute anche dal Compagnonaggio, possono essere annuali, e si tengono
spesso in occasione della festa del santo patrono; ma possono essere molto più frequenti.
Per scopi specifici, diventano dei veri “congressi”, soprattutto nel periodo “moderno”.
Gavrilov ci dice che i mestieri strutturati, nell’Oriente islamico, hanno anch’essi la
loro unione o consiglio che è tenuto riunirsi il giorno dell’andjûmân, momento della
commemorazione del pîr. Quest’assemblea, ci dice «con una certa forza morale tradizio-
nale e il diritto di regolarizzazione e sanzione su alcuni fenomeni della vita degli arti-
giani» (p. 212). C’era anche un capo per ogni mestiere che ricopriva meglio delle fun-
zioni amministrative, e assumeva il ruolo d’intermediario tra il potere dello Stato e l’ar-
tigiano, e talvolta quella di “onesto mediatore” nelle transazioni commerciali.
del Vecchio Testamento, con elementi tratti dai loro specifici mestieri. Ci si riconosce
tra iniziati con una parola segreta, “la parola d’ordine”. Altra particolarità: «Gli ugonotti
sono ricevuti compagnoni dai cattolici, e i cattolici sono ricevuti compagnoni dagli
ugonotti», il che suggerisce che non si teneva conto di certe distinzioni confessionali.
La lettura completa dei capi d’accusa mostra chiaramente che queste pratiche, fino a
quel momento segrete, sono diffuse in molti mestieri, e non possono essere confuse con
dei riti exoterici, ciò che ha ben colto del resto la facoltà di teologia della Sorbona. La
data del 1635, che segna l’inizio dell’inchiesta non è, si comprenderà, che un termine
ultimo, e non indica che il momento in cui questi riti sono stati divulgati. È quindi ipo-
tizzabile che queste usanze risalgano molto più in là nel tempo, e sarebbe sorprendente
che i mestieri della costruzione ne fossero esclusi60.
In ogni caso, non si deve perdere di vista che, nel dominio iniziatico, la trasmissione
dell’influenza spirituale di per sé può essere ridotta ad alcuni atti: patto, benedizione per
contatto, con o senza formule sacre, trasmissione d’oggetti (copricapo, abito, cintura,
calzature, decorazioni), che sono o no accompagnati da riti preliminari o complementari;
quest’ultimi possono essere considerati necessari alla perpetuazione dell’azione dell’in-
fluenza spirituale trasmessa nell’iniziazione, o ancora come supporti simbolici a indicare
il lavoro da compiere61. Generalmente si ritiene che le iniziazioni trasmesse nel Medio-
evo nei corpi di mestieri fossero ridotte alla loro espressione più semplice, ciò che è ab-
bastanza verosimile e non toglie nulla alla qualità ed efficacia dell’influenza trasmessa62.
Purtroppo non v’è traccia dei riti eseguiti allora. Per contro, gli attuali rituali d’inizia-
zione massonica sono oggi di dominio pubblico e sufficientemente conosciuti. La loro
lettura dà l’impressione di una trasmissione complessa, carica di simboli, quest’osserva-
zione da parte nostra non avendo alcun carattere peggiorativo. Quest’apparente comples-
sità dei riti d’iniziazione massonica porta alcuni ad affermare che c’è là la prova di una
discontinuità tra l’iniziazione antica e quella praticata attualmente. Eppure, in tutti questi
casi, non si dovrebbe confondere la pura trasmissione dell’influenza spirituale con gli
gli elementi, come purificazioni virtuali preparatorie all’iniziazione, è senza dubbio vero. Ma sa-
rebbe più interessante prenderli per delle indicazioni di metodi di purificazione che consentono il
passaggio da un’iniziazione virtuale a una realizzazione effettiva. Inoltre occorrerebbe compren-
dere le implicazioni di tali pratiche. Una soluzione potrebbe essere quella di cercare, nei dati della
tradizione cui partecipa ogni Massone, quel che corrisponde ritualmente a queste purificazioni.
Non sarebbe affatto sorprendente che esse coincidano con i metodi generalmente utilizzati in tutte
le tradizioni: concentrazione, invocazione, silenzio, solitudine, fame, veglia, preghiera, pellegri-
naggi, ecc. Vediamo, ancora una volta, che la pratica di un exoterismo può servire come base e ri-
ferimento per il percorso di una via iniziatica autentica.
62 Tutte le tesi che mirano a recidere la Massoneria attuale dalla sua base iniziatica antica cadono
se il minimo necessario alla trasmissione dell’influenza spirituale è stato conservato nella sua con-
tinuità. È sufficiente, infatti, che il rito essenziale sia stato trasmesso correttamente. R. Guénon ha
confermato la validità di tale trasmissione nella Massoneria e nel Compagnonaggio attuali e, nel
suo caso, non aveva bisogno di appoggiarsi su studi storici per avere questa conferma. D’altra
parte, si constata che alcuni studi storici arrivano alle sue stesse conclusioni su questa questione.
successione dei maestri, supporti d’una influenza spirituale che rimonta di anello in anello al Pro-
feta e alll’Angelo Gabriele per trovare la sua sorgente nel Principio; e, d’altro lato l’aggregazione
a una comunità, una “confraternita”. La presenza di testimoni può riferirsi a quest’ultimo aspetto,
senza tuttavia escludere un valore simbolico d’altro ordine.
64 P. Centlivres osserva, p. 169, che il rito si svolge, in generale, all’indomani di un’importante
considerare l’apertura di una bottega. È suscettibile d’essere esteso fino a ventanni per professioni
specifiche, come quella degli orafi (cf. J.-C. Vadet, p. 77). Tre anni possono bastare a mestieri più
facili da implementare.
66 Su questa questione della discesa dell’influenza spirituale lungo la schiena e soprattutto la
colonna vertebrale cf. Ch.-A. Gilis, L’Esprit Universel de l’Islam, cap. XX, La Maison des Livres,
Algeri, 1988.
67 In corsivo nel testo.
68 Non bisogna dimenticare che la vera conversione all’Islam, in Asia centrale, s’è prodotta con
l’intercessione dei grandi santi sufi e delle confraternite.
Conclusioni
Il nostro presente lavoro è di carattere generale; ha toccato, di sfuggita, una serie di
problemi che abbiamo solo sfiorato; ne siamo consapevoli. È prevedibile che alcuni
“specialisti” non mancheranno di farci notare che non abbiamo preso in considerazione
le loro “conclusioni” – senza dubbio provvisorie d’altronde – su soggetti storici, quali la
continuità tra i costruttori del Medioevo e la Massoneria attuale, ecc. A parte alcune note
che indicano la nostra posizione su queste questioni, abbiamo scarsa propensione a en-
trare in questi dibattiti; altri lo faranno sicuramente meglio di noi, e in modo più effi-
cace. Ci si potrebbe anche obiettare che riguardo all’Oriente islamico, ciascun caso
(Turchia, Iran, Asia centrale, ecc.) dovrebbe essere trattato separatamente e in base alle
sue specificità. Risponderemo che la lettura delle risâlât risolve da sola la questione;
infatti, a parte il linguaggio di base utilizzato nelle diverse regioni, la struttura di questi
documenti rivela indubbiamente la loro unità d’ispirazione nell’intero Oriente islamico.
Su questo punto, del resto, gli “orientalisti” stessi sembrano essere d’accordo.
Abbiamo mostrato che, nella loro struttura generale, i testi d’Oriente e d’Occidente
che regolano i mestieri comprendono gli stessi elementi: obbligo di seguire la legge
exoterica; riferimento a una leggenda del mestiere, ai santi patroni, ai maestri; esposizio-
ne delle regole del mestiere; presenza di catechismi; obbligo di presenza alle assemblee
periodiche; riti d’iniziazione; sacralizzazione di tutta l’attività. Speriamo che questo con-
tributo a un aspetto importante della concezione tradizionale dei mestieri e alla sacralità
del lavoro darà alcune idee a coloro la cui ricerca ha orientato in questa via.