Professional Documents
Culture Documents
T E M I
LE ENTITÀ FITTIZIE
di Carola Barbero
ABSTRACT – Le entità fittizie (quelle che troviamo nelle opere di finzione letteraria, cinema-
tografica, pittorica, ecc.) pongono alla filosofia particolari questioni ontologiche e seman-
tiche perché, se da un lato il fatto che siano frutto dell’immaginazione sembra spingere a
favore di una loro estromissione dalla nostra ontologia, dall’altro sembra che se le esclu-
dessimo andremmo contro le nostre intuizioni riguardo alla verità degli enunciati che li
coinvolgono.
INDICE
1. INTRODUZIONE
2. RUSSELL E MEINONG
3. ANTI-REALISTI
4. REALISTI
1. INTRODUZIONE
Molte delle questioni sollevate riguardo alle entità fittizie potrebbero sembrare dei “pro-
blemi” riservati agli addetti ai lavori, cioè ai filosofi. D’altra parte, si potrebbe dire, che
problema c’è con Hercule Poirot e Anna Karenina? Sono personaggi di romanzi, nulla più.
105
Carola Barbero – Le entità fittizie
Il punto però è più complicato: non basta sostenere che si tratta di personaggi di romanzi
per eliminare il problema perché così, in realtà, non si fa altro che rimandarlo. Infatti, che
“essere il personaggio di un romanzo” significa “essere una persona che non esiste”, per-
ché un personaggio di finzione come Anna Karenina, a differenza di una persona reale co-
me Lady Diana, non esiste (e non è mai esistito) come individuo concreto. Ecco perché
si tratta di due tipi di “oggetti” diversi (fittizio l’uno e reale l’altro), come è possibile che
condividano alcune proprietà, come quelle di essere figure femminili tristi, insoddisfatte e
intenzionate a lasciare il marito andando contro tutte le convenzioni sociali? Poi, se tanto
un personaggio come Madame Bovary quanto un personaggio come Anna Karenina non
sono mai esistite e non sono nulla, come faremmo a distinguerle? Si potrebbe sostenere che
l’altra, ma che dire allora dell’Ulisse dell’Odissea e dell’Ulisse della Divina Commedia? E
infine, come facciamo a stabilire – se accettiamo che entrambi non siano alcunché – che
Per queste e altre ragioni le questioni sollevate dai filosofi sono importanti (anche per il
famoso “uomo della strada”) e non si riducono a sterili esercizi speculativi1. Per poter af-
frontare tali argomenti e altri simili occorre infatti avere innanzitutto già risposto al quesito
ontologico (siamo disposti ad ammettere qualcosa come le entità fittizie?) e al quesito me-
1
Per una presentazione generale del dibattito sulle entità fittizie si veda A. Voltolini [2010]. Un manuale di
filosofia del linguaggio scritto a partire dai problemi presentati dalle entità fittizie è invece quello di F. Orilia
[2002]. Particolarmente interessanti – anche se non li prenderemo in esame in questa sede – sono inoltre gli
studi che indagano i rapporti tra l’etica e la finzione, in particolare I. Murdoch [1970], B. Williams [1985], C.
McGinn [1997].
106
Carola Barbero – Le entità fittizie
tafisico (nel caso ci fossero, di che tipo di oggetti si tratterebbe?)2. I problemi infatti sorgo-
no precisamente non appena si cerchi di comprendere gli oggetti fittizi dando loro una col-
locazione all’interno del nostro inventario ontologico, confrontandoli tra di loro e con altri
generi di oggetti. Ovviamente lo stesso punto di partenza – che ci siano o che si debbano
ammettere le entità fittizie – può essere messo in discussione: perché mai dovremmo in-
cludere nel nostro inventario una entità come Hercule Poirot che non esiste? Una risposta
potrebbe essere che lo si dovrebbe fare perché dobbiamo essere in grado di rendere conto
Inoltre siamo disposti ad ammettere che ci siano enunciati veri ed enunciati falsi3, come
Denver Carew
che sono rispettivamente vero il primo e falso il secondo. Infine talvolta proviamo emo-
2
Per la distinzione tra metafisica e ontologia si veda A. Thomasson [1999], A.C. Varzi [2005] e A. Voltolini
[2006].
3
Non prenderemo qui in esame la variante sul tema che potrebbe offrire la posizione sostenuta da L. Wit-
tgenstein nelle Ricerche filosofiche [1953], secondo la quale il linguaggio, per poter essere compreso, deve
essere inserito nel più vasto ambito delle pratiche sociali: «Il significato di una parola è il suo uso nel lin-
guaggio», come recita il famosissimo paragrafo 43. Da questo punto di vista enunciati come quelli sopra ri-
portati dovrebbero quindi svincolarsi dal richiamo costante a nozioni quali verità e falsità.
107
Carola Barbero – Le entità fittizie
Da esempi di questo tipo dovrebbe essere chiaro come al lato più propriamente ontolo-
gico-metafisico della questione, sia importante affiancarne un altro, quello semantico, in-
centrato sul valore di verità degli enunciati che designano entità fittizie, ossia sul fatto che
2. RUSSELL E MEINONG
Al fine di definire quale possa essere lo statuto ontologico degli oggetti fittizi dobbiamo
preliminarmente soffermarci sulla definizione stessa di oggetto. Che cos’è un oggetto? Og-
getto ed esistente fanno tutt’uno? Secondo Bertrand Russell [1905] oggetto ed esistente so-
no sinonimi, come risulta evidente dalle analisi cui egli propone di sottoporre gli enunciati:
in “Esiste un x tale che x è…” l’esistenza è esplicitamente considerata parte della natura
dell’oggetto. Russell ritiene che “Esistono gli ippopotami” e “Ci sono degli ippopotami”
abbiano esattamente lo stesso significato. Si tratta di una analisi che incorpora già una me-
tafisica per la quale “C’è” ed “Esiste” sono entrambi esemplificati dal medesimo quantifi-
catore esistenziale, il che equivale a dire che ciò che esiste esaurisce ciò che c’è. Per una
posizione di questo tipo gli oggetti fittizi – che, anche volendo ammettere che ci siano in
Russell nega che nel caso di enunciati contenenti nomi di entità fittizie, come ad esempio
“Hercule Poirot è un investigatore privato”, abbiamo a che fare con un enunciato della
forma soggetto-predicato, come invece la struttura superficiale potrebbe farci credere: nel
caso di “Hercule Poirot” non si tratterebbe infatti nemmeno di un vero nome, quanto piut-
108
Carola Barbero – Le entità fittizie
tosto di una descrizione definita mascherata, e gli enunciati contenenti descrizioni definite
nenti l’una l’esistenza e l’altra l’unicità. Il punto problematico è precisamente questo, per-
ché già l’asserzione in cui si afferma l’esistenza di un oggetto x, nel caso di enunciati con-
tenenti “Hercule Poirot”, risulta falsa, poiché evidentemente non esiste nessun oggetto x
avente le proprietà di cui gode Hercule Poirot. L’analisi russelliana pertanto elimina trami-
te le parafrasi4, tutte quelle espressioni che sembrano denotare individui che non esistono.
impegnativo, tuttavia al contempo implica che ogni enunciato in cui compare il termine
“Hercule Poirot” sia falso. In altre parole, in base all’analisi russelliana, non è possibile af-
fermare direttamente nulla di vero sul personaggio creato da Agatha Christie: né che è un
ex ispettore della polizia belga né che ha dei baffi alla militare arricciati sulla punta dei
quali va molto fiero e, probabilmente, non si potrebbe in prima battuta nemmeno dire con
L’incapacità di questa analisi di rendere conto di ciò che normalmente accade quando
parliamo di Hercule Poirot o di Anna Karenina è la ragione per la quale è sempre stata no-
come quella di Alexius Meinong. Mantenendo ben salda la distinzione tra oggetto ed esi-
stente, Meinong [1904] definisce come “oggetto puro” quell’oggetto che è caratterizzato da
sistere (idealmente) o anche solo semplicemente non esistere. Questa mossa è resa possibi-
le dal fatto che l’è della predicazione sia mantenuto distinto dall’è dell’essere. Meinong so-
4
Sulla capacità delle parafrasi di eliminare così come di introdurre entità, si veda A.C. Varzi [2005], A. L.
Thomasson [1999].
109
Carola Barbero – Le entità fittizie
stiene quindi che la circostanza per la quale un oggetto gode di certe proprietà non implica
anche necessariamente che esista un oggetto con tali proprietà, perché si può essere qual-
cosa anche senza esistere. Chimera ad esempio è un animale con la testa di leone, il dorso
baffetti all’insù, e il fatto che entrambi siano oggetti non esistenti non costituisce un pro-
blema. Un enunciato quale “Hercule Poirot è un investigatore privato” è infatti per Mei-
nong – a differenza di Russell secondo il quale in tali casi è necessario andare oltre la for-
ma grammaticale, per arrivare alla forma logica – un normale enunciato della forma sog-
italiana” o “Carla Bruni è una ex modella”, e non richiede pertanto nessuna parafrasi per
essere compreso.
sulle entità fittizie. Le teorie presenti all’interno del dibattito oggi in corso possono infatti
essere suddivise in due gruppi, a seconda del tipo di risposta che forniscono alla domanda
“ci sono oggetti fittizi?”: chi risponde negativamente adotta una posizione anti-realista, chi
invece risponde affermativamente fa propria una posizione realista (anche se non sempre
tali alternative si collocano esplicitamente sulle orme di Russell e Meinong)5. Sarà seguen-
do queste due diverse tipologie di risposte che esporremo le diverse posizioni prese dai fi-
5
Nonostante qui abbiamo voluto fare riferimento esclusivamente alle teorie contrapposte di realisti e anti-
realisti, occorre comunque precisare che sono state anche avanzate proposte teoriche in qualche modo media-
trici, come ad esempio quella di C. Crittenden [1991].
110
Carola Barbero – Le entità fittizie
3. ANTI-REALISTI
Gli anti-realisti sono coloro che, ispirandosi alla linea teorica di matrice russelliana (nelle
sue molteplici varianti), sostengono che non vi sia alcuna necessità di includere le entità
fittizie all’interno del nostro inventario ontologico6: se oggetto ed esistente sono sinonimi,
non sussiste alcuna ragione per la quale gli oggetti fittizi (che non esistono) debbano essere
considerati degli oggetti in senso proprio. Ovviamente occorre poi essere in grado di spie-
gare le modalità di funzionamento degli enunciati designanti entità fittizie, e a questo pro-
posito le soluzioni proposte sono state sostanzialmente di due tipi: o si è scelto di risolvere
esempio l’enunciato
di finzione8 all’interno della quale il lavoro letterario si colloca: infatti è all’interno di una
sorta di gioco, di un “fare finta”, che noi parliamo di Hercule Poirot come se fosse un uo-
6
Per una raccolta dei maggiori contributi al dibattito, fondamentali sono A. Everett e T. Hofweber [2000], S.
Friend [2007] e A. Voltolini [2003]. Una interessante e recentissima proposta del versante anti-realista, che
cerca di rendere conto di molte delle questioni qui trattate estendendo la trattazione agli oggetti non esistenti
in generale, è quella avanzata da J. Azzouni [2010].
7
D. Lewis [1978], ma anche B. Russell [1905], A. Plantinga [1974], A. Orenstein [2003].
8
Posizione difesa in maniera esplicita da K. Walton [1990] e, con sfumature diverse, da G. Ryle [1972], G.
Evans [1982], F. Kroon [1992] e [1994].
111
Carola Barbero – Le entità fittizie
mo con determinate caratteristiche, in realtà sappiamo benissimo che non le possiede, dal
Vediamo adesso nel dettaglio quali sono state le risposte fornite dal versante anti-
realista ai quesiti ontologici e metafisici. Come già anticipato, secondo questa posizione le
entità fittizie non esistono, sono un mero nulla, e pertanto gli enunciati contenenti nomi di
non esprimono alcuna proposizione9. Non avendo un riferimento, i nomi di entità fittizie
si caratterizzano pertanto come nomi vuoti. Una diretta conseguenza di ciò è che gli enun-
quelli fattuali (es. “Di Pietro è il magistrato dell’Operazione Mani Pulite”) – non hanno un
valore di verità, e quindi non sono di per sé né veri né falsi. Tuttavia si tratta di una conse-
dal momento che, nello specifico, l’uno sembra essere falso e l’altro vero. Ma in base a
quali elementi potremmo operare una simile distinzione, se entrambi gli enunciati sono da
9
Questa in realtà è solo una delle possibili conseguenze del referenzialismo. Un’altra conseguenza possibile
è infatti anche quella delle proposizioni gappy (D. Braun [2005]) sulla quale non ci soffermiamo.
112
Carola Barbero – Le entità fittizie
considerarsi come privi di valore di verità? Gli anti-realisti hanno una risposta per doman-
asserito dal piccolo Nicola. Ebbene, secondo gli anti-realisti, tale enunciato sarà vero
esclusivamente all’interno dell’ambito della finzione, mentre fuori da tale ambito non sarà
Un modo per risolvere alcuni dei problemi che possono presentarsi per la posizione eli-
minativista è quindi quello di introdurre l’ambito specifico della finzione – altrimenti defi-
nito come “fare finta” – per rendere conto di quegli enunciati che, in quanto contenenti
nomi di entità fittizie, risultano essere sprovvisti di valore di verità: grazie agli atteggia-
menti di “fare finta” (make-believe), gli anti-realisti riescono infatti a spiegare che cosa
succede in tali casi senza dover al contempo essere costretti ad accettare entità dal dubbio
statuto ontologico come Babbo Natale e Hercule Poirot. Così si rende conto degli enunciati
contenenti nomi di entità fittizie in maniera analoga a come si spiegano i giochi dei bambi-
ni: asserire che Hercule Poirot abita a Londra sarebbe grosso modo equivalente al parteci-
pare a un gioco in cui si fa finta che ci sia un uomo di nome “Hercule Poirot” e che tale
uomo abiti a Londra. L’autrice inviterebbe quindi il lettore a credere che quanto sta leg-
gendo nel libro sia la realtà, e in questa sorta di finzione consisterebbe il gioco di “fare fin-
ta”, in cui autrice e lettori sarebbero coinvolti10. Il gioco della foresta fatto dai bambini sul
10
K. Walton [1990], pur soffermandosi a lungo sulle diverse tipologie di giochi di fare finta non esamina nel
dettaglio il ruolo dell’autore, come fanno invece le teorie illocutive della finzione difese da G. Currie [1990]
e M. García-Carpintero [2007].
113
Carola Barbero – Le entità fittizie
tappeto del salotto in cui si fa finta che la poltrona sia un orso non sarebbe, da questo punto
Però, anche a questo proposito, sembra sorgere un problema, perché non è in ogni caso
chiaro in quale misura l’atteggiamento di “fare finta” dovrebbe essere determinante per il
rifiuto a livello ontologico. Infatti, il fare finta potrebbe, al più, chiarire il modo in cui noi
conosciamo, veniamo in contatto con le entità fittizie, mettendo in evidenza quali differen-
valido contro qualsivoglia tipo di impegno ontologico verso le entità fittizie. Il fare finta
non è che una spiegazione di tipo psicologico che, a meno di non sostenere che gli oggetti
dipendono per la loro stessa definizione dal modo in cui sono afferrati o da come noi ne
rendiamo conto, non può essere utile per dare una soluzione al versante ontologico della
questione12. È interessante notare come gli anti-realisti potrebbero in linea di principio usa-
re un argomento speculare contro la posizione realista sostenendo che ammettere che le en-
tità fittizie siano degli oggetti che ci sono anche se non esistono sia un chiaro segno del fat-
to che non si sia preso nella dovuta considerazione il tipico elemento di fare finta caratteri-
stico delle opere di finzione: fare finta di riferirsi a una entità con determinate proprietà –
Sherlock Holmes o Babbo Natale che sia – non implica impegnarsi ontologicamente su di
11
Non sarebbe un’attività diversa nella sostanza perché in entrambi i casi si tratterebbe di giochi di fare finta,
però si tratterebbe di tipi di gioco diversi: mentre nel caso della storia è in questione un gioco autorizzato (au-
thorized game of make-believe), nel caso del gioco degli orsi si tratta di un gioco non ufficiale (unofficial
game of make-believe). Cfr. K. Walton [1990].
12
Per una critica di questo tipo ci permettiamo di rinviare a C. Barbero [2005]. Il fatto che il fare finta non
possa caratterizzarsi come un argomento anti-realista è provato dalla circostanza per la quale anche molti rea-
listi ne facciano uso, ad esempio A. Voltolini [2010].
114
Carola Barbero – Le entità fittizie
4. REALISTI
Sul versante opposto si collocano quelle linee di pensiero13 che, facendo riferimento a Ale-
xius Meinong [1904] e a Roman Ingarden [1931], sostengono che le entità fittizie ci siano e
che escluderle dal nostro inventario ontologico sarebbe sbagliato14. Il fatto che Anna Kare-
nina e Hercule Poirot abbiano delle caratteristiche diverse rispetto a Lady Diana e Antonio
Di Pietro non ci autorizza a concludere che i primi non siano oggetti, o addirittura che non
siano nulla, anche se, ovviamente, potrà non essere semplice capire di che tipo di oggetti si
che tipo di oggetti siano le entità fittizie. Secondo alcuni pensatori15 neo-meinongiani, ad
esempio, Hercule Poirot è sì un uomo, ma non esattamente allo stesso modo in cui si può
dire che Giorgio Napolitano lo sia: infatti mentre il primo si limita a codificare (o possede-
ca, ossia possiede tale proprietà esternamente, e non per semplice definizione (come avvie-
ne invece nella codificazione). Questa posizione, ammettendo che gli oggetti non godono
tutti allo stesso modo delle proprietà che li caratterizzano, prevede quindi una doppia pre-
dicazione, due modi diversi in cui gli oggetti possono possedere le proprietà che possiedo-
un solo modo in cui un oggetto può possedere le proprietà che possiede e ad essere di due
13
Si tratta rispettivamente delle posizioni neo-meinongiane e artefattualiste, accomunate dall’idea di voler
riconoscere uno statuto ontologico agli oggetti fittizi.
14
Per una vigorosa difesa della teoria realista di stampo meinongiano, congiuntamente alla presentazione di
una sofisticata versione modale della dottrina di Meinong, si veda F. Berto [2010].
15
H.-N. Castañeda [1974], W. Rapaport [1978], E. Zalta [1983], [1988].
16
R. Chisholm [1972], R. Routley [1980], T. Parsons [1980].
115
Carola Barbero – Le entità fittizie
tipi diversi sono le proprietà che possono essere interne (o nucleari) ed esterne (o extra-
nucleari). La differenza tra le due è che mentre le proprietà interne costituiscono l’essenza,
l’oggetto è (se esiste nello spazio e nel tempo, se esiste solo nel tempo, e così via). Secon-
do questi pensatori Hercule Poirot è un uomo esattamente come Giorgio Napolitano, dal
momento che entrambi hanno la proprietà interna di essere un uomo, anche se il secondo
esiste e il primo no. Va da sé che, secondo questa posizione, tanto gli oggetti fittizi quanto
gli oggetti reali sono definiti come corrispondenti a proprietà o a insiemi di proprietà.
gio, rendendo possibile stabilire senza difficoltà le condizioni di verità degli enunciati in
cui compaiono le entità fittizie. Un enunciato come “Hercule Poirot è un uomo” è vero se e
solo se l’individuo designato dal nome “Hercule Poirot” gode della proprietà di essere un
uomo (a seconda della posizione, o nel senso che codifica tale proprietà o nel senso che ta-
Alle posizioni di stampo neo-meinongiano, ontologicamente molto ardite oltre che im-
pegnative e per questo spesso criticate, si affianca poi un’altra corrente di pensiero17, sem-
pre di stampo realista, che si richiama alla teoria di Ingarden e prende il nome di artefat-
tualista. Secondo gli artefattualisti le entità fittizie come Hercule Poirot esistono e sono
degli oggetti, anche se non hanno nulla in comune con Giorgio Napolitano e con Antonio
Di Pietro, da un lato perché sono più simili a oggetti come i tavoli e le sedie, cioè a degli
artefatti, dall’altro perché hanno molte caratteristiche in comune con i numeri e le idee, va-
17
S. Kripke [1973], P. Van Inwagen [1977], [1983], [2000], A.L. Thomasson [1999].
116
Carola Barbero – Le entità fittizie
le a dire con gli oggetti astratti18. Questa è la ragione per la quale le entità fittizie sono de-
finite, con i giochi e le leggi, artefatti astratti che, dopo essere stati creati (l’atto di crea-
zione19, che si configura talvolta come un elemento che distingue gli altri realisti dai neo-
spesso prende il nome di creazionista), diventano oggetti pubblici e sono così riconosciuti
in quanto tali e utilizzati in maniera competente dai fruitori. Non è quindi un caso che sia-
no proprio i fruitori coloro che determinano, con le loro credenze e le loro pratiche, lo sta-
tuto ontologico delle entità fittizie. La posizione artefattualista non presenta richieste ec-
cessive dal punto di vista ontologico, e si caratterizza quindi come particolarmente vantag-
In generale quindi i realisti sostengono che le entità fittizie sono entità a tutti gli effetti,
ovvero cose che si danno, si presentano (in quale maniera questo avvenga varia poi a se-
conda delle posizioni) nel mondo, anche se in modo diverso rispetto a come si presentano
le persone reali. Poi è evidente che le proposte neo-meinongiane siano metafisicamente più
impegnative rispetto a quelle artefattualiste, perché un conto è dire che Hercule Poirot è un
uomo proprio come Giorgio Napolitano o che codifica determinate proprietà che le persone
reali non si limitano a codificare ma esemplificano, altro è dire che Madame Bovary è un
18
Ovviamente l’artefattualista in particolare e il realista in generale dovranno poi anche spiegare come faccia
un nome proprio come “Hercule Poirot” a riferirsi a una entità fittizia che, in senso proprio, non esiste. Un
buon modello di spiegazione è quello offerto da S. Kripke [1980], secondo il quale “Hercule Poirot”, esatta-
mente come ogni altro nome proprio, è un termine direttamente referenziale. Riguardo poi a come possa un
termine direttamente referenziale riferirsi a una entità fittizia, le proposte sono state molteplici e si richiama-
no o a forme di battesimo vicario (A.L. Thomasson [1999]) o a forme di battesimo per descrizione (A. Volto-
lini [2006].)
19
S. Schiffer [1996], J.R. Searle [1979], A.L. Thomasson [1999].
117
Carola Barbero – Le entità fittizie
oggetto simile ad un gioco o a una legge. Infatti, il tipo di oggetto ammesso dagli artefat-
simile ad altri oggetti che già ammettiamo, un altro è dover presupporre due modi diversi
Prendiamo adesso brevemente in esame alcuni dei problemi che queste posizioni devo-
no affrontare. Il primo, e forse il più importante, è quello concernente i criteri d’identità dei
autore in cui tale personaggio compare. Però, come dovremo considerare un medesimo
personaggio che compare in due opere diverse scritte da due autori diversi? O, detto altri-
menti, l’Ulisse dell’Odissea è identico all’Ulisse della Divina Commedia? Non basterebbe
fittizio dovrebbe possedere per essere quel medesimo individuo fittizio x, come ad esempio
fanno i neo-meinongiani che si richiamano alla distinzione tra proprietà interne e proprietà
esterne21, perché in realtà a seconda di come viene specificato, il nucleo di proprietà carat-
terizzanti farebbe in modo che si identificasse o troppo o troppo poco, e in entrambi i casi
non servirebbe a risolvere il problema22. La risposta degli artefattualisti23 non è molto di-
versa da quella dei neo-meinongiani, anzi forse è addirittura più vaga: secondo loro il per-
sonaggio rimane lo stesso a patto che sia preservato il nucleo di proprietà caratterizzanti il
20
Cfr. M. Reicher [1995].
21
Cfr. T. Parsons [1980: 18-19, 188].
22
A. Voltolini [2010: 61-74].
23
Cfr. A.L. Thomasson [1999: 57 ss.].
118
Carola Barbero – Le entità fittizie
personaggio, però poi non specificano quale criterio debba essere adottato per stabilire
Un altro problema per le posizioni realiste è quello riguardante il modo in cui le proprie-
tà caratterizzano gli oggetti fittizi. Che cosa significa che un oggetto fittizio x, Hercule Poi-
rot ad esempio, gode di una certa proprietà, poniamo della proprietà di essere un investiga-
tore? Hercule Poirot gode della proprietà di essere un investigatore allo stesso modo in cui
gode della proprietà di essere stato creato da Agatha Christie o di essere meno famoso di
Sherlock Holmes? Secondo i neo-meinongiani dei due tipi di proprietà, come abbiamo vi-
sto, Hercule Poirot gode di tutte le proprietà allo stesso modo, però le proprietà non sono
tutte dello stesso tipo: infatti mentre la proprietà di essere un uomo è una proprietà interna
di cui godono tanto Hercule Poirot quanto Giorgio Napolitano, la proprietà di essere meno
famoso di Sherlock Holmes è una proprietà esterna, che non fa parte della natura stessa di
Hercule Poirot (nel senso che non si tratta di una proprietà che ne costituisce l’essenza).
Secondo i neo-meinongiani dei due modi di predicazione, invece, Hercule Poirot gode del-
la proprietà di essere un uomo in un modo diverso rispetto a come gode della proprietà di
essere stato creato da Agatha Christie, infatti se da un lato Hercule Poirot codifica la pro-
prietà di essere un uomo, dall’altro esemplifica la proprietà di essere stato creato da Agatha
Christie. Rispetto a questo punto gli artefattualisti hanno qualche problema in più24, perché
considerando le entità fittizie come artefatti astratti – e quindi simili, come già detto, ad al-
tri oggetti come i giochi e le leggi – poi devono essere in grado di spiegare come sia possi-
bile che un artefatto astratto goda di proprietà quali essere basso e grassoccio o avere un
24
Cfr. S. Yablo [1999].
119
Carola Barbero – Le entità fittizie
amico come il Capitano Hastings. Una risposta decisiva a questo riguardo dal fronte arte-
fattualista non c’è ancora stata, anche se molti tentativi in tale direzione sono stati fatti25.
Un altro caso non scevro di problemi è poi quello legato alla sottodeterminazione e alla
Tale enunciato è sottodeterminato perché non abbiamo elementi né per considerarlo ve-
ro né per considerarlo falso, ed è altamente improbabile che ulteriori ricerche possano ag-
giungere qualcosa a ciò che già sappiamo (a meno, ovviamente, di non trovare un mano-
scritto segreto in cui Agatha Christie si dilunga in una mappatura delle voglie a forma di
fragola di cui potrebbe essere cosparso l’investigatore belga). Questo accade perché gli og-
getti fittizi sono oggetti incompleti26: ci sono alcune proprietà nei confronti delle quali non
sono determinati, e pertanto riguardo tali proprietà non sarà né vero né falso che tali oggetti
ve, perché costituisce una violazione del principio del terzo escluso secondo il quale o la
proprietà P o la sua contraddittoria non-P sono possedute da un oggetto e non ci sono altre
25
Come dimostrano i ripetuti sforzi di P. Van Inwagen [1977], N. Salmon [1998] e A.L. Thomasson [1999],
gli artefattualisti sostengono che solo alcune proprietà appartengono propriamente all’oggetto astratto (essere
stato creato da un determinato autore, essere un personaggio di finzione, ecc.), mentre altre proprietà (essere
una donna, avere un figlio, ecc.) pur essendo predicate, non gli appartengono, e pertanto gli enunciati interni
al romanzo sono tutti falsi (possono poi eventualmente essere resi veri dall’aggiunta dell’operatore di finzio-
ne). Sulle teorie artefattualiste e sui loro problemi, A. Voltolini [2010: 74-85].
26
In realtà i tipi di incompletezza che possono essere in questione sono due: da un lato c’è l’incompletezza
epistemologica (possiamo non sapere se è vero o falso che Berlusconi ha i capelli disegnati sulla testa, ma
basta che gli tocchiamo la testa e lo sapremo), dall’altro c’è l’incompletezza ontologica (se non sappiamo se
Hercule Poirot avesse o meno una voglia a forma di fragola sulla scapola destra, non c’è niente da fare). In
questo senso le entità fittizie si caratterizzano come essenzialmente incomplete perché, a differenza delle enti-
tà reali, sono incomplete di fatto e di principio. Le entità fittizie sono incomplete allo stesso modo in cui lo
sono le entità ideali come il triangolo equilatero: così come il triangolo equilatero né ha né non ha la base di
10 cm., così Hercule Poirot né ha né non ha una voglia a forma di fragola sulla scapola destra, e ha senso
chiedere di simili entità soltanto ciò che è esplicitamente contenuto nella loro definizione.
120
Carola Barbero – Le entità fittizie
possibilità. Un caso opposto a quello degli enunciati sottodeterminati è poi quello degli e-
nunciati sovradeterminati, ossia quei casi in cui ci sono sia elementi per considerare tale
enunciato vero, sia elementi per considerarlo falso, come accadrebbe ad esempio
all’enunciato sopra riportato se nei romanzi scritti da Agatha Christie ci fossero tanto evi-
denze per la sua falsità quanto evidenze per la sua verità. Ad esempio, se Agatha Christie
avesse scritto che Hercule Poirot ha un’unica voglia a forma di fragola e poi avesse, in due
romanzi diversi, descritto questo voglia una volta come posizionata sulla scapola destra e
una volta come posizionata sul collo, allora sarebbe vero tanto che la voglia è sulla scapola
destra (e quindi sarebbe falso che l’unica voglia è sul collo) quanto che la voglia è sul collo
(e quindi sarebbe falso che l’unica voglia è sulla scapola destra), ma se rimane vero anche
che Hercule Poirot ha un’unica voglia a forma di fragola, allora chiaramente si giunge ad
una conclusione contraddittoria27. L’autrice attribuisce a una stessa entità proprietà che non
sono tra loro compatibili, come avere un’unica voglia a forma di fragola in due punti diver-
si; tuttavia, poiché nell’ipotesi l’autrice attribuisce entrambe le proprietà, sarà vero che
l’entità in questione le possiede entrambe. Gli oggetti fittizi possono quindi anche essere
oggetti contraddittori, oggetti impossibili, per molti versi simili al tanto criticato quadrato
rotondo.
Sono stati fatti molti tentativi per rendere conto di tali caratteristiche degli oggetti fittizi,
sia sul versante artefattualista sia su quello neo-meinongiano, anche se non sono stati rag-
giunti risultati che possano essere considerati definitivi. Va da sé che il fatto che gli oggetti
27
Soluzioni a questa tipologia di problemi sono quelle offerte rispettivamente da F. Berto [2010], D. Lewis
[1978] e G. Priest [2005]. Per una interessante trattazione della nozione di “mondo possibile” in riferimento
agli oggetti di finzione e ai problemi che questi comportano (soprattutto riguardo all’identità degli oggetti fit-
tizi nei mondi possibili e per le questioni relative alla possibilità di identificazione tra entità fittizie e indivi-
dui reali) si veda inoltre S. Kripke [1980].
121
Carola Barbero – Le entità fittizie
sistenze per una loro rapida immissione nell’ontologia e, anzi, porta acqua al mulino di co-
loro che intendono porre un rigido divieto a un loro eventuale ingresso. Peraltro, erano già
stati la violazione del principio di non contraddizione e del terzo escluso a indurre Russell
[1905] a fare proprio un “robusto senso della realtà” e a rifiutare categoricamente simili
oggetti. La risposta di Meinong, d’altra parte, era stata che soltanto gli oggetti esistenti, e
non tutti gli oggetti, devono essere tali da non violare i suddetti principi, e che non bisogna
cadere vittime del cosiddetto “pregiudizio nei confronti del reale”28. In ogni caso, il pro-
blema rimane. Sulla capacità di risolvere questi problemi e altri affini si deve misurare
qualsiasi posizione realista: non è sufficiente includere gli oggetti fittizi nel nostro inventa-
rio ontologico, è anche importante spiegare di che tipo di oggetti si tratta, in maniera tale
BIBLIOGRAFIA
Azzouni J., (2010), Talking About Nothing, Oxford, Oxford University Press.
Barbero C., (2005), Madame Bovary: Something Like a Melody, Milano, AlboVersorio.
Barbero C., Raspa V. (a c. di), (2005), Il pregiudizio a favore del reale, numero monogra-
Berto F., (2010), L’esistenza non è logica. Dal quadrato rotondo ai mondi impossibili,
Roma-Bari, Laterza.
28
Sul dibattito Meinong-Russell e alcune delle proposte teoriche che ne sono seguite ci permettiamo di rinvi-
are a C. Barbero e V. Raspa [2005].
122
Carola Barbero – Le entità fittizie
Braun D., (2005), “Empty Names, Fictional Names, Mythical Names”, Noûs, 39, pp. 596-
631.
Castañeda H.-N., (1974), “Thinking and the Structure of the World”, Philosophia, 4, pp. 3-
40.
Chisholm R., (1972), “Beyond being and Nonbeing”, in R. Haller (a c. di), Jenseits von
Sein und Nichtsein. Beiträge zur Meinong-Forschung, Graz, Akademische Druck- und
Crittenden C., (1991), Unreality: The Metaphysics of Fictional Objects, Ithaca & London,
Currie G., (1990), The Nature of Fiction, Cambridge, Cambridge University Press.
Everett, A., Hofweber T. (a c. di), (2000), Empty Names, Fiction and the Puzzles of Non-
Kripke S., (1973), “Reference and Existence”, The John Locke Lectures 1973, dattiloscritto
inedito.
Kripke S., (1980), Naming and Necessity, Oxford, Blackwell; tr. it. di M. Santambrogio,
Kroon F., (1992), “Was Meinong Only Pretending?”, Philosophy and Phenomenological
123
Carola Barbero – Le entità fittizie
Kroon F., (1994), “Make-Believe and Fictional Reference”, The Journal of Aesthetics and
Ingarden R., (1931), Das literarische Kunstwerk, Tübingen, Niemeyer; tr. it. parziale di G.
1968.
Lewis D., (1978), “Truth in Fiction”, American Philosophical Quarterly, 15, pp. 37-46.
McGinn C., (1997), Ethics, Evil, and Fiction, Oxford, Oxford University Press.
zur Gegenstandstheorie und Psychologie, Leipzig, J.A. Barth, 1904, pp. 1-50; tr. it di V.
Orenstein A., (2003), “Fiction, Propositional Attitudes, and Some Truths about False-
Orilia F., (2002), Ulisse, il quadrato rotondo e l’attuale re di Francia, Pisa, ETS.
Parsons T., (1980), Nonexistent Objects, New Haven, Yale University Press.
Priest G., (2005), Towards Non-Being: The Logic and Metaphysics of Intentionality, Ox-
Rapaport W., (1978), “Meinongian Theories and a Russellian Paradox”, Noûs, 12, pp. 153-
180.
Reicher M., (1995), “Zur Identität Fiktiver Gegenstände”, Conceptus, 72, pp. 93-116.
124
Carola Barbero – Le entità fittizie
Routley R., (1980), Exploring Meinong’s Jungle and Beyond, Canberra, Australian Na-
tional University.
Russell B., (1905), “On Denoting”, Mind, XIV N.S., pp. 479-493; ora in B. Russell, Logic
and Knowledge. Essays 1901-1950, London, Allen & Unwin, 1956, pp. 41-56; tr. it. di
Ryle G., (1972), “Intentionality-Theory and the Nature of Thinking”, in R. Haller (a c. di),
Jenseits von Sein und Nichtsein. Beiträge zur Meinong-Forschung, Graz, Akademische
Searle J.R., (1979), “The Logical Status of Fictional Discourse”, in P.A. French et al. (a c.
Press.
Van Inwagen P., (1977), “Creatures of Fiction”, American Philosophical Quarterly, 14, pp.
299-308.
Van Inwagen P., (1983), “Fiction and Metaphysics”, Philosophy and Literature, 7, pp. 67-
77.
125
Carola Barbero – Le entità fittizie
Van Inwagen P., (2000), “Quantification and Fictional Discourse”, in A. Everett, T. Hof-
weber (a c. di), Empty Names, Fiction and the Puzzle of Non-Existence, Stanford, CSLI
57.
Voltolini A., (2006), How Ficta Follow Fiction. A Syncretistic Account of Fictional Enti-
Press.
Williams B., (1985), Ethics and the Limits of Philosophy, London, Fontana.
1983.
Yablo S., (1999), “The Strange Thing About the Figure in the Bathhouse. Review of
Zalta E., (1988), Intensional Logic and the Metaphysics of Intentionality, Cambridge
126
Carola Barbero – Le entità fittizie
Aphex.it è un periodico elettronico, registrazione n/ ISSN 2036-9972. Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può ripro-
durli. Unica condizione: mettere in evidenza che il testo riprodotto è tratto da www.aphex.it
Condizioni per riprodurre i materiali --> Tutti i materiali, i dati e le informazioni pubblicati all'interno di questo sito web sono "no
copyright", nel senso che possono essere riprodotti, modificati, distribuiti, trasmessi, ripubblicati o in altro modo utilizzati, in tutto o in
parte, senza il preventivo consenso di Aphex.it, a condizione che tali utilizzazioni avvengano per finalità di uso personale, studio, ri-
cerca o comunque non commerciali e che sia citata la fonte attraverso la seguente dicitura, impressa in caratteri ben visibili:
"www.aphex.it". Ove i materiali, dati o informazioni siano utilizzati in forma digitale, la citazione della fonte dovrà essere effettuata in
modo da consentire un collegamento ipertestuale (link) alla home page www.aphex.it o alla pagina dalla quale i materiali, dati o in-
formazioni sono tratti. In ogni caso, dell'avvenuta riproduzione, in forma analogica o digitale, dei materiali tratti da www.aphex.it do-
vrà essere data tempestiva comunicazione al seguente indirizzo (redazione@aphex.it), allegando, laddove possibile, copia elettronica
dell'articolo in cui i materiali sono stati riprodotti.
In caso di citazione su materiale cartaceo è possibile citare il materiale pubblicato su Aphex.it come una rivista cartacea, indicando il
numero in cui è stato pubblicato l’articolo e l’anno di pubblicazione riportato anche nell’intestazione del pdf. Esempio: Autore, Titolo,
<<www.aphex.it>>, 1 (2010).
127