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La rinascita dopo l'anno mille

Introduzione
Intorno all’anno 1000 si registrò in Europa una svolta decisiva nella vita e nei costumi dei
popoli. Con lo stanziamento delle varie popolazioni barbariche nelle diverse regioni
d’Europa, si ebbe la cessazione delle terribili invasioni, che affliggevano da tempo il nostro
continente. La vita, quindi, si andò normalizzando e di conseguenza si verificò un vigoroso
incremento demografico, tanto che la popolazione in tre secoli quasi si triplicò, con un
enorme vantaggio per l’economia, perché si ebbero più braccia disponibili per il lavoro
agricolo ed artigianale. Le spopolate città, perciò si rianimarono; sorsero nuovi centri
urbani e rurali; si strapparono ai boschi e ai pascoli terreni per la coltivazione e intere
regioni vennero bonificate. Le migliorate condizioni di vita influirono direttamente sulla
salute degli abitanti, che videro così allontanarsi lo spettro delle epidemie, molto frequenti
nei secoli precedenti unitamente alle guerre, alle invasioni, al brigantaggio e alle carestie.
Alcune invenzioni influirono sul progresso dell’agricoltura, fra queste vi sono la razionale
regolamentazione delle acque, che poterono così essere utilizzate per le irrigazioni e
ancora meglio, per azionare mulini, che macinavano cereali e olive. L’aratro diviene più
pesante per poter scavare con più profondità nel terreno, mentre con l’applicazione del
versoio le zolle venivano meglio rivoltate e il terreno poté meglio rinnovarsi. La rotazione
triennale delle colture permise il più razionale sfruttamento dei terreni, la più avveduta
utilizzazione degli strumenti da traino, come il pettorale che ora veniva applicato al petto e
non alla gola dell’animale. Collaborarono a questa fervida attività rurale anche gli ordini
religiosi, fra i quali si distinsero i cistercensi, i quali si misero a coltivare vaste estensioni di
terreno.

La rinascita delle città

Anche le antiche città si destarono dalla lunga inerzia, dalle campagne numerosi abitanti si
riversarono nei centri urbani. Queste situazioni si verificavano in maggioranza fra le fila
della piccola nobiltà, che si trovava in disagio per il suo diminuito potere economico.
Trovarono conveniente risiedere in città, anche i proprietari terrieri che provenivano dal
nuovo ceto, nato dalla liberalizzazione dell’economia, connessa al ritorno del denaro negli
scambi al posto del baratto e all’incremento dei commerci. Affluirono nella città anche
affittuari, coloni e braccianti, poiché qui riuscivano a trovare maggiori possibilità di lavoro e
migliori condizioni di vita. La grande nobiltà feudale preferì rimanere nelle campagne per
interessarsi direttamente dalla coltivazione delle terre e per poter sorvegliare meglio i loro
averi. I commerci diedero una spinta decisiva alla ripresa delle città, il cui piccolo mondo
economico e sociale si aprì all’afflusso di nuove energie. I vescovi erano riusciti ad
organizzare nelle singole città una dignitosa forma di vita per il non eccessivo numero di
cittadini. Il clero, in tali città, insegnava nella scuola diocesana, s’interessava degli
ospedali, organizzava pellegrinaggi, attendeva ad opere di istruzione e di beneficenza.
Quindi le città apparivano come un luogo molto sicuro e confortevole in cui vivere; questo
spinse altre categorie di persone a trasferirsi dalle campagne in città. Per soddisfare le
esigenze di così tanta gente, bisognosa di tutto, fiorirono commerci e il chiuso mondo
feudale si aprì man mano alle necessità dei nuovi tempi. In questo periodo nacquero fiere
e mercati a cui affluivano abitanti anche dalle città limitrofe. Altri incentivi a rompere
l’isolamento feudale furono i pellegrinaggi religiosi, che facevano affluire masse di fedeli.
Le città a partire dall’11º secolo ripresero quella che era la loro vecchia funzione,
divennero luoghi fiorenti di produzione artigiana e di scambi mercantili con grande
vantaggio dei propri abitanti. Man mano che le città si rinfocolavano e si ingrandivano,
esse assumevano una nuova struttura sociale, perché gli antichi dipendenti del vescovo o
dei feudatari, ribellandosi ai tradizionali padroni, contrastavano la loro autorità e
pretendevano responsabilità di governo.
La definitiva rottura del feudalesimo

Vari fattori concorsero ad incrinare la struttura del mondo feudale, ma in modo particolare
la ripresa dei traffici, l’uso della moneta, l’aumento della popolazione e la circolazione degli
abitanti segnalano il definitivo tramonto del giusto sistema economico e sociale di tale
periodo. Gradualmente il chiuso mondo feudale si sfaldava perché la nuova società si
apriva ad esigenze sempre nuove. Tra i feudatari laici ed ecclesiastici si veniva a creare
un nuovo ceto quello mercantile che con la sua ricchezza minacciava seriamente il
secolare strapotere della nobiltà e del clero. I coloni, oppressi dalle costrizioni feudali,
preferivano la fuga in città oppure la creazione di altri rapporti con i proprietari fondiari,
pertanto le relazioni tra proprietario e contadini incominciavano ad essere poste su altre
basi: questi ultimi ricevevano in concessione terre dietro affitto in denaro (censo, livello,
enfiteusi). In questo modo la proprietà feudale si andava frantumando e la ricchezza
fondiaria perdeva quel valore che per tanti secoli le era stato attribuito.

La rinascita culturale

Unitamente al fervore di attività c’è da registrare anche una vigorosa rinascita degli studi e
della cultura ad opera specialmente della Chiesa. A partire dall’11º secolo la situazione
sociale, politica ed economica favorì quella ripresa della cultura che, a sua volta, interagire
con le altre attività a consolidar sempre più il progresso e rendere la vita sempre migliore.
Le scuole ripresero ad istruire schiere sempre più numerose di giovani secondo il
tradizionale indirizzo delle sette arti liberali (grammatica, dialettica, retorica, geometria,
musica, aritmetica e astronomia), cosiddette perché erano proprie dell’uomo libero. In
quegli anni si fondarono e si affermarono, per iniziativa dei laici, le università, fra di esse
raggiunsero grande prestigio quelli di Bologna e di Parigi. L’Università di Bologna si dedicò
allo studio del diritto, rimettendo in luce la legislazione romana codificata da Giustiniano;
anche Salerno si affermò in quegli anni per la sua università di medicina, che divenne
famosa in tutta Europa e che fece conoscere all’Occidente i metodi curativi e chirurgici
degli Arabi. Anche l’arte subì l’influsso dei nuovi tempi nacque un nuovo stile
architettonico, il romanico, creato e diffuso dai maestri comacini (costruttori e scalpellini,
originari di Como che operarono in varie città italiane ed europee nel corso del basso
medioevo). Sorsero per la prima volta dopo il crollo dell’impero romano anche edifici civili
come palazzi comunali, porte di città, torri e ponti. Infine le lingue neo latine cominciarono
ad affermarsi dando l’impulso a quella che sarà la grande fioritura delle letterature
romanze.

Le repubbliche marinare

Le repubbliche marinare sono alcune città costiere italiane che, dopo il X secolo, godettero
di un'autonomia politica basata su una prosperità economica dovuta alla loro attività
commerciale marittima; Queste città avevano una propria moneta accettata in tutto il
Mediterraneo, possedevano una flotta di navi e avevano partecipato alle crociate.
•Le repubbliche marinare rappresentano una variante delle forme istituzionali della civiltà
comunale, nella quale l’elemento caratterizzante verte più sul ruolo economico che non
sulla tipologia degli istituti di governo. La storia delle repubbliche marinare si intreccia sia
con l’avvio dell’espansione europea verso Oriente, che si realizzò attraverso il controllo
delle rotte mediterranee strappando ai musulmani la supremazia navale, sia con le origini
del moderno capitalismo, inteso come sistema mercantile e finanziario. I mercanti delle
repubbliche marinare italiane istituirono le prime forme economiche del capitalismo:
utilizzarono monete coniate in oro, in disuso da secoli, misero a punto nuove operazioni di
cambio e di contabilità e incentivarono i progressi tecnologici nella navigazione, supporto
fondamentale per la crescita della ricchezza mercantile.

Le città in questione sono:

- Genova, la quale possedeva una forte flotta.


- Pisa, alleata e in seguito rivale di Genova.
- Amalfi, che estese la sua rete commerciale su gran parte del Mediterraneo
centrale meridionale.
- Venezia, la prima che venne a formarsi fra le repubbliche e la più prosperosa, detta
anche la Serenissima.

Le origini

La ripresa economica che si ebbe in Europa attorno l'anno mille, fece sì che le principali
rotte commerciali si sviluppassero lungo le coste del Mediterraneo. Queste città, esposte
alle incursioni dei pirati, organizzarono in modo autonomo la loro difesa e furono in grado,
nei secoli X e XI, di passare all'offensiva.

Lo sviluppo

Le città formarono dei governi autonomi repubblicani. Vennero inoltre incentivati i


progressi tecnologici nella navigazione, supporto fondamentale per la crescita della
ricchezza mercantile. Queste furono le città che si avvantaggiarono della riapertura delle
rotte navali, collegata al movimento delle crociate (XI-XIII secolo), inserendo le loro flotte
mercantili nei traffici con il mondo orientale. Il mondo orientale da sua parte forniva
all’Europa i ricercati prodotti asiatici, come le spezie, i tessuti pregiati e le pietre
preziose.Venezia sopravanzò le altre repubbliche marinare perché aveva alle spalle uno
stato territoriale più esteso e poteva contare su una moderna flotta militare e
mercantile. Con una serie di azioni politiche e con la potenza delle sue navi, Venezia
dapprima acquisì il dominio dell’Adriatico e poi monopolizzò gli scambi con l’Oriente,
grazie al controllo di un gran numero di isole e delle località marittime commercialmente
più importanti dell’impero bizantino. Dopo la quarta crociata (1202-1204) Venezia divenne
il centro di un impero sul mare.

Breve anticipazione

La storia delle Repubbliche Marinare è molto varia: Venezia e Genova ebbero vita lunga e
godettero di una continua indipendenza. Pisa, nonostante avesse avuto una vita lunga,
passò sotto il dominio di Firenze nel 1406. Amalfi perse la propria indipendenza molto
presto, passando nelle mani dei Normanni.

Genova
Genova sorge nel X secolo, quando i suoi abitanti ripresero la via del mare.
Possiede una flotta importante che guadagna il riconoscimento del Sacro Romano Impero.
Molto importante per Genova è la Compagna Communis, una associazione di mercanti e
marinai che amministravano i beni del Comune. Molto utilizzato è il sistema della
Commenda, ossia una pratica che permetteva ad un possessore di denaro di non
rischiarlo in proprio ma di anticiparlo ad un mercante che lo utilizzava poi per svolgere una
determinata attività. Dopo questo andava restituito ed i guadagni divisi. Nel secolo XI Pisa
e Genova, unendo le forze, scacciarono gli arabi dalla Sardegna e dalla Corsica,
ottenendo così il dominio del Tirreno. Si avvantaggiò notevolmente delle Crociate.
Genova gareggiò con Pisa durante le guerre per il possesso dell’Elba, della Corsica e
della Sardegna. Pisa voleva sconfiggere Genova perciò inviò la sua flotta contro essa. La
stessa cosa fece Genova. Nel 1288 fu firmata la pace con Pisa ma Genova non mantenne
la parola e distrusse definitivamente Pisa e Porto Pisano demolendolo totalmente. Genova
gareggiò con Venezia per i possessi e i mercati dell’oriente. Con la quarta crociata i
veneziani avevano ottenuto grandi privilegi e favori commerciali con l’oriente. Genova
stipulò il Trattato di Ninfeo con l' Imperatore di Nicea Michele. Grazie a questo trattato,
Genova ebbe il dominio del commercio sul Mar Nero. Genova infastidita dalla potenza
veneziana decide di attaccarla nuovamente sconfiggendola e conquistando Chioggia.

Pisa

Pisa, posta alle foci del fiume Arno, allora navigabile, aveva fatto parte del Regno italico;
ma verso la fine del secolo X, quando dovette difendersi da sola per le continue scorrerie
degli Arabi divenne completamente autonoma. Nel secolo X i musulmani avevano
raggiunto il controllo su tutto il Mediterraneo. Il loro potere e il loro dominio sul
mediterraneo furono grandi e nulla potevano i cristiani contro le flotte musulmane in
nessuna sua parte. I cristiani erano obbligati a passare con le loro navi nella parte nord-est
del Mediterraneo dove gli arabi non avevano flotte navali. La flotta dei musulmani si
accaniva su quelle dei cristiani. Ma in seguito, per l'azione delle flotte pisane, i musulmani
divennero stranieri al Mediterraneo. La sola eccezione era costituita da pochi abitanti delle
regioni costiere, ancora attivi sul mare. Pisa raggiunse l'apice dello splendore tra il XII e il
XIII secolo, quando le sue navi controllavano le rotte nella zona occidentale del
Mediterraneo proseguendo la guerra fin sulle coste dell'Africa e della Sicilia, occuparono
anche le Baleari. Grazie al controllo sul Mediterraneo Occidentale, essa raggiunse il suo
massimo splendore. Pisa e Venezia rivaleggiarono molto nei secoli. Le due repubbliche,
nel corso dei secoli, stipularono diversi accordi con i quali si stabilivano le zone di
influenza e di azione di Pisa e di Venezia in modo tale da non ostacolarsi.

Amalfi

Amalfi fu la più antica delle repubbliche marinare. Essa aveva fatto parte del dominio
bizantino. A capo dello Stato era il Duca, eletto dai cittadini nel pubblico parlamento.
Amalfi combatté ripetutamente contro gli Arabi. Molto importante fu la famosa vittoria di
Ostia (849), quando una potente flotta di Arabi, che minacciava Roma, fu quasi distrutta.
Amalfi cercò di vivere in pace con i turchi per i suoi traffici commerciali.
Aveva colonie fiorentissime a Costantinopoli, in Siria, in Egitto e sulle coste dell'Africa.
La potenza di Amalfi durò poco: oppressa dai Normanni (1076), vinta e saccheggiata dalla
rivale Pisa (1135), cessò praticamente di esistere nei primi anni del secolo XI.

La lotta per le investiture

Nel 1075 le idee di Gregorio VII sul governo della Chiesa e sui rapporto con l'imperatore
furono definitivamente chiariti con il Dicatus papae. Enrico IV (1056-1106), reagì con
estrema durezza al Dictatus papae: nel 1076 convocò a Worms un concilio di vescovi
tedeschi nel quale il papa venne dichiarato deposto. Lo stesso Enrico IV Inviò a Gregorio
VII una lettera in cui lo malediceva. Gregorio VII rispose scomunicando Enrico IV (1076).
Aveva così inizio uno dei più celebri scontri del Medioevo, la lotta per le investiture. La
posta in gioco infatti era la legittimità dell'investitura dei vescovi-conti: Gregorio VII
sosteneva che l'investitura di un vescovo spettasse al papa; per contro, Enrico IV
affermava che nominare un conte fosse affare dell'imperatore. Nel caso dei vescovi-conti,
dunque, la soluzione non era facile. Le maggiori ripercussioni della lotta si ebbero in
Germania: infatti alla notizia della scomunica inflitta dal papa a Enrico IV, numerosi
feudatari si ribellarono all'imperatore, con l'intento di approfittare della situazione per
sottrarsi alla sua autorità. Altri nobili si schierarono invece a fianco dell'imperatore.
Per impedire che il suo impero si sgretolasse, Enrico IV decise di accordarsi con Gregorio
VII affinché questi gli togliesse la scomunica. Per questo si recò in Italia centrale, a
Canossa, dove ospite della contessa Matilde si trovava Gregorio VII. Chiuso nel castello di
Canossa, il papa lasciò che per tre giorni Enrico IV restasse all'aperto, nella neve, col saio
di penitente, a chiedere il perdono. Solo al terzo giorno, anche sotto la pressione di
Matilde, acconsentì a togliergli la scomunica (gennaio 1077). Enrico IV era di nuovo il
legittimo imperatore. Era lecito dubitare che Enrico IV si fosse realmente pentito. Infatti,
dopo aver sconfitto i nobili che gli erano ostili, l'imperatore convocò un concilio a
Bressanone (1080) dove Gregorio VII fu dichiarato deposto e sostituito da un antipapa,
Clemente III. Ovviamente Gregorio VII non riconobbe come valide le decisioni del concilio
di Bressanone che lo aveva deposto. Enrico IV allora scese in Italia, si fece incoronare
imperatore da Clemente III (1084) e cinse d'assedio Castel Sant'Angelo. Qui si era
asserragliato Gregorio VII che chiamò in suo soccorso il re normanno Roberto il
Guiscardo. I soldati normanni liberarono il papa ma subito dopo si abbandonarono al
saccheggio della città. In collera per le distruzioni e le violenze subite, i Romani insorsero
e a Gregorio VII non rimase che abbandonare Roma e rifugiarsi presso i Normanni a
Salerno, dove morì (1085). Anche Enrico IV fece una triste fine: morì nel 1106 , dopo che
la situazione si era volta decisamente a suo sfavore. Dapprima aveva dovuto fronteggiare
un'alleanza tra Matilde di Canossa e il potente nobile Guelfo di Baviera, alleanza rafforzata
dal matrimonio tra i due. Poi si scontrò con i suoi stessi figli che si rivoltarono contro di lui:
uno di loro, Enrico V, fece imprigionare il padre e assunse il titolo imperiale (1104). La lotta
per le investiture perdeva così i suoi due più illustri protagonisti ma non era affatto
conclusa.
LE CROCIATE

Alla fine dell'XI secolo tutta l’area orientale del bacino Mediterraneo era sotto il dominio
islamico. L’impero bizantino (ciò che rimaneva dell'Impero romano) si era ridotto all’area
corrispondente ai confini attuali della Grecia, della Macedonia e della Bulgaria, spazzati
via dall’Italia in seguito all'arrivo dei Normanni. Ai mercanti, che mantenevano vivi i rapporti
in tutta l’Europa, si aggiungevano i pellegrinaggi verso tre mete principali: Santiago di
Compostela, Roma e Gerusalemme che fino ad allora non erano mai stati ostacolati. Ma
nel corso degli anni l’atteggiamento occidentale cristiano verso le altre confessioni
religiose cambiò radicalmente. Cominciò così un confronto tra l’Europa cristiana e
musulmana che si esplicò con questi eventi:
- La rottura definitiva tra la Chiesa romana e quella ortodossa che spinse le autorità a
considerare i cristiano-orientali come degli eretici.
- L’invasione normanna che scacciò i Bizantini definitivamente e ruppe
definitivamente la collaborazione tra le due Chiese.
- Il papa Alessandro II emanò un decreto col quale concedeva l’indulgenza, ovvero la
cancellazione completa dei peccati, a coloro che partecipavano alla guerra contro
gli islamici.

Inoltre si diffuse l’idea che l’ apostolato potesse essere compiuto con le armi e così si
radicò, in Occidente, la convinzione che esistessero guerre "giuste", perché "sante",
poiché combattute in nome della fede. Queste furono le motivazioni che diedero il via alle
crociate: lo scisma d’Oriente che poneva cristiani contro ortodossi; l'inizio della
Riconquista in Spagna; le guerre nel Tirreno contro i pirati saraceni; la concessione della
clemenza per coloro che avrebbero partecipato alle crociate. Nel 1095, alla fine del XI
secolo il papa Urbano II, proclamò un concilio, nel quale rivolse un appello ai nobili
cavalieri, affinché questi cessassero le lotte tra loro e combattessero contro gli infedeli ed
invita a fare un pellegrinaggio verso Gerusalemme. Quest’ultimo passaggio fu però inteso
come un pellegrinaggio armato. Iniziò così la Prima crociata. Dal XII al XIII secolo vennero
fatte altre sette crociate che deviarono spesso verso Costantinopoli per saccheggiare e
arricchirsi. Un’importante crociata fu quella popolare a cui contadini e bambini presero
parte armati di forconi e uccisero chiunque gli si parasse di fronte. Arrivati in Anatolia
(Turchia) esausti e mal organizzati furono facilmente massacrati dalle Autorità locali. In
una crociata organizzata invece dai signori nobili, francesi e normanni riuscirono ad
espugnare Gerusalemme e organizzarono dei regni crociati gestiti da ordini monastico-
cavallereschi. Le spedizioni erano finanziate dalle repubbliche marinare (Genova e
Venezia) che avevano così un’opportunità per costruire nuove basi commerciali in Medio
Oriente. Durante la Quarta crociata di Innocenzo III deviarono a Costantinopoli e uccisero
pure i cristiani ortodossi, questo segnò l’istituzione dell’impero latino d’oriente che però
cedette dopo pochi anni. Costantinopoli era considerata una città nemica dopo lo scisma
d’Oriente. Dopo poco cominciarono pure le crociate anti-eretiche, ovvero contro le sette. A
partire dal 1209 al 1229 in particolare, la Chiesa perseguitò i Catari in tutta il sud della
Francia e vennero massacrati. I catari vedevano una lotta perpetua tra il bene e il male,
nella quale per mantenere il bene bisognava purificarsi continuamente con l’ascetismo
(ascetismo come tendenza a guardare le cose divine e disprezzare quelle materiali e
terrene, valorizzando la povertà). Le crociate contro i Catari erano una scusante per il re di
Francia che in realtà era intento a estendere e rafforzare il suo potere nel sud.
I francescani e i domenicani erano mendicanti e predicavano l’ideale di povertà. San
Francesco d’Assisi, solo sottomettendosi al papa, riuscì a non farsi ritenere eretico,
facendo così riconoscere i francescani come un ordine legittimo. I Catari invece avevano
un sistema interno nel quale eleggevano i loro vescovi. I Francescani e i domenicani si
trovavano soprattutto nelle città dove potevano diffondere maggiormente la loro influenza.
Nacque poi l’inquisizione (stabilita da Gregorio XI nel Concilio di Roma), che era
controllata dai domenicani. Era un tribunale che incriminava le persone non ortodosse e
avevano la possibilità di sottoporre a torture pur di estrapolare confessioni e verità. La lotta
contro le eresie fu dunque combattuta con due mezzi: l’inquisizione e le Crociate e
l’approvazione di nuovi ordini monastici come quello dei domenicani e dei francescani.
Questi ultimi, dopo la morte di San Francesco, si divisero in spirituali e conventuali.

Gli scontri tra i comuni e l’Impero

Se i comuni potevano consolidarsi nell’Italia settentrionale, ciò dipese anche dalla


debolezza dell’Impero, in preda alla lotta per le investiture contro il papato e ai contrasti
che dividevano i grandi feudatari tedeschi ai quali spettava l’elezione dell’imperatore.
L’Impero era conteso fra i duchi di Svevia, detti Ghibellini e i duchi di Baviera detti Guelfi.
I primi sostenevano l’imperatore e i secondi il Papa. Nel 1152 diventa re di Germania
Federico I° della casata Ghibellina, detto il Barbarossa. L’Impero con lui trovò nuovamente
alla sua guida una personalità fortissima. Egli si trovò subito a dover ristabilire la propria
autorità sull’Italia dove, nella parte settentrionale, si erano sviluppati i comuni. Qui molti
diritti del sovrano erano passati nelle mani del comune (ad esempio, imporre tasse,
coniare monete, promulgare leggi) ed era perciò inevitabile un conflitto tra impero e
comuni. Il Barbarossa non tardò a scendere in Italia, dove si presentò come sovrano
legittimo venuto a restaurare pace e giustizia. Inizialmente sostenitore del Papa, Federico
I°, venne a patti con i normanni dell’Italia meridionale, poiché essi erano nemici troppo
impegnativi per lui, mentre decise di reprimere l’autonomia dei comuni dell’Italia
settentrionale. Dopo aver sottomesso con le armi alcuni comuni, e in particolare Milano,
Federico convocò una Dieta (ossia una riunione) di principi, di vescovi, di Germania e
d’Italia e di ambasciatori dei quattordici comuni, nella quale rivendicò per sé e per l’impero
il pieno esercizio dei diritti che gli spettavano in quanto sovrano. Ai comuni fu negata
qualsiasi forma di riconoscimento legale. Le pretese di Federico trovarono opposizione da
parte di Papa Alessandro III che non poteva accettare la restaurazione di un potere
imperiale tanto invadente. Fu quindi inevitabile che papato e comuni stringessero
un’alleanza. Tra Papa e imperatore iniziò una lotta senza esclusioni di colpi. Alla fine
l’imperatore uscì vincente, ma la vittoria fu di breve durata: pochi anni dopo, alcune città
diedero vita alla Lega Lombarda, cioè un’alleanza tra le città lombarde. Nell’abbazia di
Pontida, presso Bergamo, esse giurarono di essere fedeli la une alle altre e di difendersi
dagli attacchi dell’imperatore (1167). La Lega Lombarda era sostenuta dal Papa, nemico
dell’imperatore. Il Barbarossa mosse contro di lui e prese Roma: il Papa fu costretto a
scappare ed anche l’imperatore fu così costretto a tornare in Germania perché i suoi
soldati morivano colpiti da una grave epidemia. Tornati nuovamente in Italia lo scontro
definitivo avvenne nella Battaglia di Legnano in cui l’esercito della Lega, stretto intorno al
corroccio (il carro sul quale si trovava il gonfalone dell’esercito), sbagliò l’esercito
imperiale. L’imperatore avviò una trattativa con il Papa e stipulò con i comuni una tregua
che si concluse con il trattato di pace firmato a Costanza nel 1183. Con la pace di
Costanza, i comuni si impegnavano a giurare fedeltà all’imperatore il quale da parte sua
concedeva loro di continuare a esercitare la regalia, cioè alcuni diritti spettanti al sovrano.
In realtà l’imperatore concedeva quanto richiesto dai comuni non perché era generoso, ma
perché era stato sconfitto.

L’imperatore estende il suo dominio nell’Italia meridionale

Conclusa la lotta con i comuni il Barbarossa riuscì a far entrare l’Italia meridionale tra i
domini della corona, concordando il matrimonio tra suo figlio Enrico e Costanza D’Altavilla,
erede del re normanno di Sicilia. Fu un'esperienza efficace per non ricorrere alle armi.
Il matrimonio, infatti, era uno dei modi più frequenti per stipulare alleanze, acquisire
matrimoni o addirittura stati. Successivamente il Barbarossa partì per la Terra Santa alla
guida di un esercito di crociati.
Italia dopo Federico II

Dopo la Pace di Costanza, nel 1183, le istituzioni consolari risultarono primitive di fronte
alla crescita demografica e politica dei centri cittadini; i consoli esercitavano e imponevano
il proprio potere all'interno e all'esterno delle mura della città, al posto delle famiglie nobili
inurbate; l'instabilità del consolato derivava dalla divisioni in fazioni della nobiltà stessa.
Grazie a questa debolezza del governo collegiale dei consoli nacque una magistratura
individuale: il Podestà, che doveva mantenere l'ordine e governare sopra le fazioni.
Questi erano eletti dalle assemblee e duravano un anno, ma presto furono scelti da
cittadini di altre città per garantire una neutralità. Il Capitano del Popolo era il capo della
seconda forma di governo dei Comuni, eletto dal popolo, e parallelo al Podestà.
Quando Federico II entrò in guerra con i Comuni, le rivalità di questi si intrecciarono con
le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini: Pisa e Genova erano rivali per il controllo
commerciale del Mediterraneo occidentale; Firenze e Siena si contendevano la
Valdelsa; Pisa e Siena erano Ghibelline e Genova e Firenze Guelfe.
Nel 1250 muore Federico II e nel 1254 anche il suo erede legittimo, così prende il potere
del regno di Sicilia e dei possedimenti italiani dell'impero Manfredi, figlio illegittimo, che si
pone a capo dei Ghibellini, dando inizio ad una lunga storia di contrasti e accordi con il
papato. Il 4 settembre 1260, a Montaperto, ci fu lo scontro tra i Guelfi e i Ghibellini, che
vinsero quest'ultimi e si impadronirono di Firenze e cacciarono i Guelfi; nel 1261 il
papa Urbano IV, desiderando che il regno di Sicilia fosse nelle mani di un sovrano più
bendisposto verso il papato, chiamò in Italia Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia, che
tolse a Manfredi la Sicilia : nel 1266, a Benevento, Manfredi venne sconfitto e poi ucciso.
I senesi tornarono banchieri del Papa e i fiorentini si ripresero il dominio commerciale nel
regno di Carlo d'Angiò. Nel conflitto siciliano si inserì anche il re d'Aragona
trasformando così in una guerra tra gli Aragona e gli Angiò, ciò si concluse nel 1302 con
il compromesso suggerito da Papa Bonifacio VIII: Federico, figlio di Pietro II d'Aragona,
riceveva come feudo personale, e non ereditario, la Sicilia che, alla sua morte, doveva
tornare agli Angioini, ma Federico creò un ramo Aragonese e tenne il potere fino
al 1380 quando la Sicilia venne annessa al regno di Aragona. In tutto ciò l'economia
cadde sotto il controllo dei mercanti stranieri e la Sicilia divenne terra di proprietà
feudale cerealicola. Firenze era un popolo comandato dalla ricca borghesia
mercantile. Nel 1282 i mercanti fiorentini assunsero il governo della città per mezzo di un
consiglio di rappresentanti delle arti: 147 famiglie Guelfe e Ghibelline perderono il diritto
di rivestire cariche pubbliche. Il nuovo comune borghese e il potere era in mano ai Priori
delle arti maggiori. Diversamente successe a Venezia che, a partire dal 1172, il potere
venne diviso fra il Doge e il Maggior Consiglio, ma nel 1297, con una riforma chiuse il
maggior consiglio, il seggio divenne vitalizio e solo chi ne aveva già fatto parte poteva
essere ammesso. Vi poté accedere solo un’elite di circa 200 famiglie.
Nell'area settentrionale si impose la Signoria: derivò da una trasformazione del Podestà o
dal colpo di forza di esponenti di una famiglia nobile, come Ezzelino II che, nel 1236,
divenne signore di Verona, si appoggiò a Federico II e divenne capo dei Ghibellini.

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