You are on page 1of 25

ESTETICA E ANALISI – STORIA I 900'

Claude Debussy (1862 – 1918)


vita e formazione → Nasce da una famiglia di estrazione umile e si forma al conservatorio di Parigi. Nei mesi
estivi tra il 1880 e il 1882 viaggia attraverso l'europa come pianista e accompagnatore della nobildonna
nadezda Von Meck (amica e protetrice di Cajkovskij).
vinse il prix de Rome e fu ospite per due anni a Roma. In francia diede lezioni di pianoforte e frequentò cenacoli
artistici come il salone di Mallarmè e il salone di cabaret “le chat noir”, proiettato in un ambiente intriso di
cultura simbolista.
Il compositore francese fu in tutto e per tutto fglio del suo tempo: decadente e post-romantico. Detestava l’arte
grossolana, disprezzava quella di facile effetto e basso divertimento, partecipando così a quell’isolamento
artistico tipico di letterati e pittori del decadentismo. Ecco facilmente spiegato il motivo per cui fno ai primi
anni del ‘900, Debussy fu estraneo a qualsiasi istituzione musicale trovandosi spesso in gravi diffcoltà
economiche. Nell’esperienza musicale, come per tutti, anche per Debussy il punto di partenza fu Wagner.
Ancora Wagner e di questo non ci si spaventi, molte altre volte tornerà in questo viaggio il nome del compositore
delTristan.

Debussy si confrontò sempre con l’esperienza wagneriana in atteggiamento critico, condizione che potremo
riscontrare in molti altri musicisti della stessa generazione. Contemporaneamente, mentre il suo
personalissimo stile andava mettendosi in evidenza, il francese si distaccò sempre più da Wagner. Ammirava di
Wagner l’estetica, il ruolo supremo e religioso della musica nel sondaggio del mistero umano, ciò che Claude non
riuscì mai a digerire del maestro, fu l’innegabile necessità germanica d’insistere ostinatamente sullo stesso
concetto (musicale ma anche intellettuale). Debussy si distaccò quindi dalla ripetizione come necessità di
reiterare e soprattutto di farsi capire, puntò a un’arte fatta di accenni e misteriose analogie, perché partorita
dal presupposto di un’arte che non deve necessariamente comunicare tutto. Debussy alla via germanica preferì
la nebbia dell’indeterminazione, lasciando all’immaginazione e al sentimento dell’ascoltatore la libertà di
defnire.
La musica comincia là dove la parola è impotente ad esprimere, la musica è scritta per l’inesprimibile, vorrei
che essa sembrasse uscire dall’ombra e che, qualche istante dopo, vi ritornasse; che sempre fosse persona
discreta.Parole dello stesso Debussy. Claude pose quindi fne al fusso discorsivo continuo tipico del Tristan, e
dell’opera wagneriana in generale, per lasciar spazio a una forma drammaturgica “circolare” fatta di
accostamenti e frammenti. Debussy lavorò fn da giovane su di un linguaggio musicale che potesse farsi
portatore di un così complesso ideale.

a ricerca pose come proprio obiettivo un linguaggio musicale puro e autentico, si concentrò sul rielaborare
l’utilizzo dei valori melodici, armonici e degli schemi ritmici. Debussy accentuò il lavoro sul timbro, sull’uso
della dinamica (spesso sull’annullamento dei tempi forti) e sull’importanza dell’istintualità del suono,
proseguendo alla ricerca di suoni piacevolmente combinabili invece che grammaticalmente corretti.
Durante l’Exposition Debussy, rimase affascinato dalle musiche spagnole e russe, fu colpito dalle sonorità dei
gong di un gruppo teatrale vietnamita, ma soprattutto dalle particolarità di un ensembledi gamelan di
Java dall’atmosfera ipnotica e dalle scale essenziali di sole cinque note. Debussy ne rimase tanto entusiasta
da dire che la musica del gamelan conteneva tutte le sfumature, anche quelle cui non sappiamo più assegnare
un nome, di modo che la tonica e la dominante non divenivano niente più che vuoti fantasmi, la cui unica utilità
risiede nell’ammaestrare i bambini.
Abbiamo visto come la predisposizione di Debussy fosse, fn da giovane, quella d’interrogarsi sempre sulla
ricerca di qualcosa d’inedito, capace di trasmettere in musica il cambiamento che il mondo viveva. Era
necessario mutare perché il mondo circostante stava per varcare l’avvento del nuovo secolo ed essere investito
dalla sempre più ingente volontà generale di cambiamento.

Infuenze principali →
1) tradizione musicale europea di fne 800 : sopratutto Wagner. Fu infuenzato dal Tristan e dal Parsifal →
mostrò una grande ammirazione artistica per Wagner pur disprezzandone le sue idee flosofche.
2) Subì l'infusso dei compositori russi, in particolare di Mussorgskij : studiò il Boris Godunov nella
versione per pianoforte e voce
3) Risente dell'infuenza del contrappunto e del canto gregoriano, si rifesse nell'impiego di arcaismi
melodici e armonici
4) nell'esposizione universale di parigi del 1889 rimase colpito dalla musica dell'estremo oriente, li ascolta
per la prima volta un'orchestra tipica dell'isola di Giava , dove le voci sono accompagnate da strumenti
metallofoni

Rapporto con impressionismo e simbolismo → la musica di Debussy fu spesso accostata all'impressionismo


pittorico. Il termine apparve per la prima volta in una tela di Claude Monet “impression. Soleil Levant”. Gli
impressioisti si distinguevano da altri movimenti poiché il loro intento era di cogliere in ogni quadro
l'impressione momentanea e fuggevole di un determinato soggetto raffgurato. Rifutano la pittura d'atelier ed
escono all'aperto per rappresentare un realtà in divenire nell'arco della giornata e si concentrano appunto
sull'idea del “divenire”.
Egli rifuta tuttavia l'etichetta di impressionista. La sua musica corrisponde alla poetica degli scrittori
simbolisti, questi si prefssero di ottenere in musica ciò che Wagner aveva compiuto in musica. Per Mallarmè la
poesia è allusione ad immagini che ondeggiano e svaporano nella mente del lettore. Nominare un oggetto
signifca eliminare il piacere di individuarlo. Vi è un'interpretazione non univoca dei simboli, per cui qualsiasi
oggetto rimanda ad altro, in un rapporto in cui l'occhio e l'orecchio di chi osserva ed ascolta agisce in un piano
meramente irrazionale. Puo' essere paragonato al concetto di correlativo oggetivo di Montale.

Nella produzione complessiva, l'uso dell'orchestra e del pianoforte fgurano in maniera massiccia.

Scrisse diverse opere sinfoniche tra cui : Jeux, Preludès a l'après midi d'un faune, le serie di images, i
nocturnes .
La musica per pianoforte composta tra il 1903 e il 1915 segnò uno sviluppo notevole nella tecnica pianistica : si
ricordano “la cathedrale engloutie” “le vent dans la plaine”. Si tratta di due libri di 24 pezzi per pianoforte,
imbevuti di simbolismo. Basti pensare che Debussy non faceva uso di titoli, bensì di “évocations” che il
compositore collocava tra parentesi alla fne di ogni partitura. Il signifcato di questa scelta è nella sua poetica
musicale : mediante l'utilizzo di parole chiave, l'ascoltare era in grado di associare musica ad immagini vaghe ed
inde fnite, intrise della propria irrazionalità.
Egli segue uno schema ABA' in continuo divenire di variazioni. Tipo in voiles e in “preludio alle foglie morte” vi
sono numerosi elementi in trasformazione continua.

PRELUDES → Préludes ("Preludi") è il titolo di due raccolte per pianoforte solista composte da Claude
Debussy fra il 1909 e il 1913. Entrambe le raccolte (chiamate solitamente Premier livre e Deuxième livre)
contengono ciascuna 12 brani di tonalità ed ispirazioni differenti.
Il titolo è un evidente riferimento all'opera omonima di Fryderyk Chopin, il quale si era a sua volta ispirato ai
preludi delClavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach. L'opera di Debussy si distacca tuttavia da
questi modelli per l'assenza di un ordine programmatico nella scelta della tonalità dei pezzi e più in generale per
una maggiore libertà formale. Le Préludes di Debussy non si possono infatti considerare "preludi" in senso
classico e rifuggono da qualsiasi forma codifcata.

Pelleas et Melisande → unica opera teatrale che scrisse. Riprese il testo della drammaturgo Maurice
Maeterlinck, musicandolo direttamente senza l'intermediazione di un librettista. L'opera mostra un uso
notevole di allusioni simboliche che rimandano al mistero dell'esistenza, alla fatale incapacità dell'uomo di
sfuggire alle forze misteriose che governano la natura e la psiche dell'uomo.
n effetti, quel testo corrispondeva esattamente a ciò che Debussy da tempo stava cercando: un dramma che si
allontanasse dai modelli correnti di teatro borghese (ad esempio lepiècesdi successo d’un Sardou) e tanto di più
dagli argomenti letterari e fantastici cari ai musicisti suoi contemporanei, più o meno infuenzati dal teatro
wagneriano. Già in una dichiarazione del 1889, raccolta da Maurice Emmanuel, Debussy sosteneva che il poeta
dei suoi sogni avrebbe dovuto essere quello che «disant le choses à demi, me permettra de greffer mon rêve sur
le sien», quel poeta che concepirà dei personaggi la cui storia e il cui ambiente non apparterranno ad alcun
tempo e ad alcun luogo. Dunque conPelléasle sue aspirazioni si trovavano improvvisamente realizzate, grazie a
un testo che fa della reticenza, del mistero, della lontananza dalla storia la radice principale della sua poetica. Il
musicista chiese a Maeterlinck l’autorizzazione a mettere in musica il suo dramma, e la ottenne senza problemi.
Pertanto, Debussy fu il primo compositore a mettere in musica un testo teatrale preesistente così com’era stato
scritto, scelta che si rivelò ancora una volta rivoluzionaria e che aprì la strada a un nuovo modo d’intendere il
rapporto fra teatro di prosa e teatro musicale.
e l’architettura musicale dell’opera risente di un wagnerismo depurato d’ogni enfasi epica e flosofca, e
ricondotto a nudo sistema di costruzione motivica, la ricchezza timbrica diPelléase il nuovissimo modellato
parlante delle linee vocali sono fgli piuttosto della conoscenza dell’opera di Musorgskij. Debussy aveva fatto il
suo primo incontro con la partitura diBoris Godunovnel 1889.
Gli «accordi incompleti, futtuanti» che la sua anarchia armonica consegnerà maturati alla scrittura
diPelléassono senza dubbio alcuno la cifra più personale di questo padre della musica moderna, nume tutelare
di tutto il Novecento. Su quella base armonica innovativa e sospesa, l’orchestra si fa carico del diffcile compito
di unire le brevi scene di un testo che rinuncia all’unità di tempo distribuendo l’azione in una regione del sogno
e dell’indeterminato, assai pericolosa per l’effcacia drammatica. La scommessa fu vinta a usura, perché l’unità
diPelléas et Mélisandeè garantita anche dalla sfaccettatura espressiva, sempre appannaggio dell’orchestra, dei
personaggi che vi agiscono, appena tratteggiati da Maeterlinck e resi invece vivi, commoventi, da Debussy:
laddove il dramma è fatto spesso di silenzi e reticenze, di mistero fn troppo didascalicamente simbolista, il
musicista riesce col solo ausilio di una preziosa e palpitante cornice sonora a rendere credibili
lesilhouettesquasi fantasmatiche che mette in scena. D’altronde, solo la superfcie diPelléas appartiene al
mondo poetico di Maeterlinck.

Si tratta di un dramma lirico in 5 atti e 12 quadri (= scene indipendenti l'una dall'altra) : come nel Boris
Godunov di Mussorgskij, egli segue una struttura simile dove ogni preludio anticipa ciò che avvene nella scena
successiva.
L'opera è ambientata in una foresta → gusto per l'indefnito che caratterizza l'intera opera
Di Wagner non riufta la tecnica del leitmotiv, ma wagner la utilizza in maniera indefnita, Debusssy sebbene ne
utilizzi pochi, gli conferisce una carica allusiva notevole.

La scrittura è confgurata come un continuo declamato con poche note sostenute → tipo di recitativo che
valorizza le sfumature della lingua francese. L'orchestra fa da tappeto musicale senza mai sovrastare la parte
cantata. È negli interludi che l'orchestra assume un ruolo protagonista.
Utilizza una forma aperta, evitando la quadratura ritmica delle frasi e le tradizionali simmetrie del discorso
musicale. I motivi leitmotivici si riferiscono agli stati d'animo dei personaggi o a passaggi d'ambiente. Non
rappresenta un divenire tematico che viene elaborato in uno sviluppo sinfonico, come wagner fa. Il motivo
puntato si collega l desiderio di opporsi alla fatalità della vita che pervade Goulad, pelleas et Melisande.

TRAMA : he plot concerns a love triangle. Prince Golaud fnds a mysterious young woman, Mélisande, lost in a
forest. He marries her and brings her back to the castle of his grandfather, King Arkel of Allemonde. Here
Mélisande becomes increasingly attached to Golaud’s younger half-brother Pelléas, arousing Golaud’s jealousy.
Golaud goes to excessive lengths to fnd out the truth about Pelléas and Mélisande’s relationship, even forcing
his own child, Yniold, to spy on the couple. Pelléas decides to leave the castle but arranges to meet Mélisande
one last time and the two fnally confess their love for one another. Golaud, who has been eavesdropping, rushes
out and kills Pelléas. Mélisande dies shortly after, having given birth to a daughter, with Golaud still begging her
to tell him “the truth”.

la storia tuttativa non ha uno svolgimento logico e coneguente, ma è una svolta per accenni e allusioni e i
personaggi si muovono come in un sogno.

Tratti stilistici :

Debussy ritiene infatti inutile quella musica che intende spiegare stati d'animo ed emozioni, quando è solo il
personaggio il più autorizzato a farlo. Da qui la confusione tra melodia ed «espressione lirica». La trama
sinfonica, wagneriana e neo-wagnenana, «pretende di rendere nello stesso istante il sentimento espresso dal
personaggio e le rifessioni interiori che lo fanno agire» (L, 18-4-1909): ciò per Debussy è contraddittorio e
arbitrario, mentre atmosfere, stati d'animo, sentimenti vanno resi secondo lui «man mano che si producono». È
allora preferibile rinunciare alla trama sinfonica e seguire con naturalezza e «semplicità» le situazioni, senza
astrattamente premunirsi di «fli conduttori» o leitmotiven da sviluppare. «Ho cercato di dimostrare che quelli
che cantano potessero rimanere umani e naturali, senza mai il bisogno di assomigliare a dei matti o a dei rebus.»
(Ibid.)
Infatti per Debussy il leitmotiv deve avere una funzione di pura reminiscenza, simbolica, non di semplice
esplicazione; tanto che nella sua opera i temi riappaiono anche trasformati, frammentati, e persino un
intervallo isolato si può caricare di funzioni evocative. Colloquialità, pudore espressivo, minuziosa ricerca delle
«innumerevoli sfumature attraverso cui passa un personaggio», il misterioso e impalpabile spessore che anima
intimamente la vita e le azioni dei protagonisti, il minimalismo delle frasi e delle situazioni: tutto ciò costituisce
la drammaticità-non-drammatica del Pelléas et Mélisande. Coerentemente con gli intenti drammaturgici, la
musica svolge una funzione non amplifcativa, ma di purifcazione espressiva: segue umilmente la vicenda, i
protagonisti e le loro parole, a cui si attaglia con discrezione, capace anche, quando occorre, di ritirarsi nella
brachilogia e nel silenzio. L'orchestra, per quanto massiccia, viene sfruttata cameristicamente, solo raramente
nella sua pienezza e in dinamiche superiori al forte.'armonia viene poi portata alle estreme conseguenze della
sua emancipazione dai vincoli della funzionalità tonale. Come i personaggi del dramma, gli accordi impiegati,
consonanti o dissonanti, non hanno storia, non alludono ad alcuna evoluzione o risoluzione: si presentano nella
loro nudità e semplicità, senza indicare né provenienza né destinazione.

sonorità → valorizzazione dei timbri : si ispira a Wagner per la confgurazione dell'orchestra, la quale fgura
come medium tra ascoltatore e natura.
L'orchestra non raggiunge mai sonorità massicce, ma funge da tappeto musicale. Assume ruolo protagonista
soltanto negli interludi nel quale l'esecuzione preannuncia la scena che verrà poi presentata.
L'orchestra viene costantemente frammentata in modo tale da ottenere un numero illimitato di combinazioni di
timbri motivo per cui ogni frase presenta un colore orchestrale diverso.
Predilige i suoni puri dei legni su altri timbri e impiega registri sonori opposti → gli strumenti sono spinti
all'estremo dei loro registri musicali.
Corni e trombe perdono il ruolo di strumenti squillanti, ma utilizzano sonorità lontane ed attenuate, che fanno
da sfondo al tema.
Impega diversi tipi di percussione e predile i suoni lunari della celesta e dello xilofono e fa un uso massiccio delle
sonorità percussive degli archi.
La scrittura pianistica si fonda su liszt e chopin.
Gioca col pedale di risonanza per generare sovrapposizione di armoniche

armonia e melodia → le costruzioni di accordi poggiano ancora sull'intervallo perfetto di quinta e mantengono la
funzione di nucleo generativo nell'accordo di terza, ma le attrazioni tonali vengono o neutralizzate o esasperate
attraverso l'impiego di sistemi di scale esatonali, pentatoniche e modali che non hanno un centro tonale in
quanto vengono a mancare i rapporti tradizionali tra tono e semitono. La melodia non segue una struttura
periodica, ma si articola in piccoli nuclei di frasi melodiche che compaiono, scompaiono e ricompaiono variate.

Ritmo → supera il concetto di battuta come rapporto fsso di note accentato. Gli accenti ritmici si mescolano in
unità binarie e ternarie.

Dall'inizio alla fne di un brano, il discorso musicale procede per immagini sonore mutevoli e fuggevoli, fra loro
staccate, e si discosta dalle successioni logiche wagneriane.
Sospensione del tempo → i materiali tematici vengono costantemente elaborati, trastormati ed intrecciati → si
concentra sui valori momentanei del discorso.
IGOR STRAVINSKIJ (1882 -1971)

Nato nei pressi di San Pietroburgo, passa quasi tutta la vita in espatrio. Viaggiò molto in europa. Allo scoppio
della seconda guerra mondiale si trasferì negli stati uniti. Egli si interessò di qualsiasi tipo di arte e visse
sempre del mestiere di compositore.
Stravinskij scrisse per ogni tipo di organico, spesso riutilizzando forme classiche. La sua opera omnia include
composizioni d'ogni genere, dalle sinfonie alle miniature perpianoforte.
Ottenne grande fama come pianista e direttore d'orchestra, dirigendo spesso le prime delle sue composizioni, e
fu anche pubblicista. Scrisse anche due saggi di flosofa musicale, nei quali esponeva le giustifcazioni riguardo
alla sua visione della musica come suprema arte dinamica che non può essere mai rinchiusa in canoni
prestabiliti e un libriccino teorico intitolato Poetica della musica,

I) PERIODO RUSSO
Tra il 1903e il 1908 rimskij Korsakov gli diede lezioni di composizione e orchestrazione e sotto la sua guida
scrisse “scherzo Fantastique” e “feu d'artifce”. L'esecuzione a S. Pietroburgo nel maggio del 1905 destò
l'attenzione del pubblico e in particolare dell'impresario sergej Djagilev, il quale gli commissionò
l'orchestrazione di alcuni brani per la stagione dei “ballets russes” a Parigi.
Nacquero così “l'oiseau de feu” “petrouchka” “sacre du printemps”.
I primi lavori scritti sotto rimski Korsakov possiedono le caratteristiche stilistiche tipiche della tradizione
russa : orchestrazione ricca e brillante, numerosi ostinati e disegni ritmici asimmetrice, uso di scale modali ed
octatoniche e trae ispirazione dal materiale folkloristico russo. Emblema rappresentativo di questo periodo è
“petrouchka” fantasia di marionette ambientata nella piazza dell'ammiragliato di S.Pietroburgo in una fera di
carnevale. 4 sono i personaggi : il burattinaio, Petrouchka, la ballerina e il moro.

PETROUCHKA ---> La storia è basata sull'omonimo personaggio della tradizione russa, una marionetta dal
corpo di segatura e la testa di legno, che prende vita e riesce a provare dei sentimenti. Assimilabile per molti
versi a Pinocchio: "essere" non del tutto reale, le cui passioni provocano il desiderio impossibile di vivere una
vita umana. Le sue movenze a scatti rivelano il tormento delle emozioni imprigionate in un corpo di burattino.
L'orchestrazione e i ritmi rapidi e mutevoli suggeriscono l'andirivieni della folla nelle scene della piazza
dell'ammiragliato. Opera in 4 scene.
Nelle scene della fera la musica è prevalentemente di carattere diatoniche dove sono presenti elementi della
tradizione folkloristica russa. Nelle scene dei burattini troviamo aggregazioni accordali dissonanti. Il tema di
Petrouchka ad esempio è formato da due accordi distanti una quarta eccedente eseguiti da due clarinetti, in
arpeggio.

II) PERIODO FAUVISTA


Le sacre du printemps (1913) è considerato l'apoteosi del fauvismo.
Vi troviamo violente sonorità, vertiginosa vitalità ritmica. Quest'opera creò uno scandalo estremo. L'ispirazione
per questa opera viene da una visione che gli ebbe S. Pietroburgo : inscena una rito pagano di inizio primavera
in Russia--> una giovinetta veniva scelta per ballare fno allo sfnimento e la sua morte era un sacrifcio offerto
agli dei.
L'opera è divisa in 2 parti, costituita da quadri staccati. Nell'intento di trasportare l'ascoltare in un mondo
primigenio e primitivista, si serve di sonorità orchestrali colosalli, percussive e aggressive di aggregazioni
politonali accordali dissonanti e ritmi ossessionanti. P. Boulez scrive che fu il ritmo dell'opera a caratterizzarne
la sua grandiosità.
olti i passaggi famosi, ma due degni di particolare nota: il motivo d'apertura suonato da un fagotto con note
all'estremo del suo registro, quasi fuori estensione; e il poliaccordo di otto note eseguito dagli archi e accentato
dai corni in controtempo. La ritmica ossessiva a blocchi unita alla politonalità fece scandalo nella Parigi
dell'epoca quasi come un secondo Wagner.
Tuttavia il linguaggio armonico è lontano dal concetto di atonalità. Egli crea centri tonali su tonica, dominante,
e sottodominante, inserendo temi su sistemi diatonici o su scale di modi difettivi.

III) PERIODO NEOCLASSICO


negli anni dell'esilio in svizzera (1914-1920) Stravinskij cominciò a fare uso di certe forme tipiche della
tradizione musicae dell'europa occidentale. Abbandonò inoltre i giganteschi organici. Per il balletto Pulcinella
(1920) basato su musiche strumentali ed operistiche di Pergolesi, usa parti vocali ed una piccola orchestra con
una strumentazione molto varia; e l' Ottetto (1923) perstrumenti a fato. Entrambe queste opere presentano il
tratto distintivo di questo periodo: il ritorno di Stravinskij agli stilemi della musica antica. Questa svolta
neoclassica o meglio - per usare il termine preferito dal compositore - formalista, comportò l'abbandono delle
grandi orchestre impiegate per i balletti. In queste nuove opere, scritte tra il 1920 e il1951, Stravinskij opta per
organici variamente ridotti, tali da conferire a ciascuna composizione una "tinta" caratteristica e unica l suo
neoclassicismo è una CONTAMINATIO con stilemi antichi e il suo stile politonali. Egli attinge ai materiali di
tradizione europea proiettandoli in un contesto diverso da quello originario. Come modo di procedere di parla di
“parodia” : 1) prendere un modello ed elaborarlo | B) rifarsi ad uno strile interpolandolo con il proprio in un
contesto diverso da quello originario.
Il vertice di questo periodo è “the Rake's progress”, melodramma in 3 atti messo in scena al teatro “la Fenice” di
Venizia nel 1951, primo lavoro nella storia del teatro musicale ispirato agli schizzi di Hogart,su libretto di
Auden e Kallman (storia di un giovane che si lascia distruggere da una sorte positiva) la struttura fa ricordo
alle forme del 700 (recitativi, arie, cori). Prende spunto dall'armonia taonle classica, ma intervalla anche
sorprendenti dissonanze. Contiene persino un recitativo secco al clavicembalo, duetti, terzetti. Lo scalpore
suscitato da quest opera fece capire allo stesso stravinskij che la sua regressione al passato per inglobarlo nel
suo carattere musicale era arrivato ad un limite invalicabile.

Concezione musicale e passaggio a dodecafonia seriale

il suo atteggiamento nei confronti dell atto creativo è espresso nella terza delle sei conferenze che tenne ad
harvard. Egli sostiene che la musica non debba trasmettere nulla ed egli si considera un artigiano che utilizza
diversi materiali. Quindi se la musica non trasmette nulla, la musica non è altro che un insieme di note
afunzionali. La musica è impotente a trasmettere qualsiasi cosa, il suo valore risiede unicamente nel realizzare
certe strutture formali.
Composizione = processo razionale → no emotività, no ispirazione.

Fra il 1952 e il 1962 si estese il suo interesse per procedimenti contrappuntistici complessi e calcolati e quelli
per la scrittura seriale. Dopo la morte Schonberg, egli conobbe anton webern che divene il suo punto di
riferimento. Egli comprese che la tecnica seriale offriva il mezzo compositivo piu idoneo alla realizzazione di
strutture architettoniche simmetriche.
Cominciò a dilettarsi con la dodecafonia dapprima in piccole opere e parzialmente come “in memoriam dylan
thomas” : scelse una serie di 5 noteracchiuse nell'ambito di una terza maggiore : tutta la composizione è basata
su questa serie e sulle sue permtuazioni : 2 quartetti tromba e archi : materiale trattato canonicamente.
Successivamente cominciò ad espandere l'uso di questa tecnica in lavori basati sulle sacre scritture dove
approcciò completamente alla dodecafonica come “threni, id est lamentiones jeremiae prophetae” per soli coro e
orchestra. Anche in movemente la dodecafonia raggiunge l'apice, ma è sempre vicina alla tonalità. Egli vedeva
nel serialismo un rigoroso e formale recupero delle antiche forme contrapputistiche.
Rifuta i due postulati irrinunciabili della musica occidentale classica : 1) originalità della composizione e “)
funzionalità di esprimesere l'interiorità del soggetto. Dichiara che la musica non deve esprimere nulla di
esterno da se, essendo un organismo autosuffcente. Nel comporre si traveste da qualcun altro, indossando
forme e linguaggi di altre epoche e construendovi sopra quella che è stata defnita musica al quadrato : musica
su musica.

Lo sviluppo del motivo musicale, che usa una distinta frase musicale successivamente alterata e sviluppata
lungo un brano, ha le sue radici nelle sonatedell'era di Mozart. Il primo maggiore innovatore in questo metodo
fu Beethoven; il celebre motivo d'apertura della Quinta Sinfonia riappare in tutta l'opera con sorprendenti e
fresche variazioni. Ad ogni modo, l'uso da parte di Stravinskij dello sviluppo dei motivi musicali fu unico per la
maniera in cui sviluppò i suoi motivi. Ne Le Sacre du printemps introduce variazioni "additive", quelle che
aggiungono o sottraggono una nota a un motivo, senza riguardo alle modifche metriche.
Lo stesso balletto è degno di nota per il suo uso massiccio dell'ostinato. Il passaggio più conosciuto è formato da
un ostinato di 8 note da parte degli archi accentato da 8 corni che si può ascoltare nella sezione "Danza degli
auguri primaverili". Questo è forse il primo caso in musica di un ostinato "allargato" che non viene usato né per
variazione né per accompagnamento della melodia. In altri momenti in quest'opera Stravinskij "nasconde"
altri ostinatoopposti tra loro, senza riguardo all'armonia o al tempo, creando uno zibaldone musicale,
equivalente di un quadro cubista. Questi passaggi sono da tenere in considerazione non solo per la loro qualità
di pastiche ma anche per la loro lunghezza, in quanto il Nostro li tratta come una sezione musicale completa e
separata. L’orchestrazione è postromantica e conta 5 fauti, 4 oboi, 1 corno inglese, 5 clarinetti, 4 fagotti, 1
controfagotto, 8 corni, 5 trombe, 3 tromboni, 2 tube e un organico vastissimo di percussioni (2 percussionisti ai
timpani). Stravinskij non è paragonabile a nessun compositore russo del periodo poiché da un punto di vista
ritmico e armonico è più vicino a Béla Bartók, anche se c’è una fondamentale differenza di carattere musicale
essendo Bartók un etnomusicologo. Queste tecniche sopra citate anticipano di alcuni decenni i lavori
minimalisti di compositori come Terry Riley e Steve Reich.

ARNOLD SCHONBERG

espressionismo

La sua famiglia, ebrea, non viveva affatto nell'agiatezza economica; il padre Samuel aveva un negozietto di
scarpe e viveva molto spesso di espedienti, e i suoi genitori non possedevano attitudini musicali. Il piccolo
Schönberg infatti fu prevalentemente educato nelle lettere e dal modesto insegnante di francese che era
conosciuto a Vienna in particolare come poeta dilettante. I suoi due fratelli invece, Ottilie ed Heinrich, si
cimentarono ben presto nella musica. Arnold all'età di otto anni grazie ad un compagno di scuola scoprì
il violino e iniziò con grande entusiasmo a studiarlo; ntorno al 1889, quando aveva 15 anni, Schönberg fu
costretto a causa di un disastro economico familiare a lasciare la scuola: il padre era morto, e per sopravvivere
si impiegò come commesso in una piccola banca privata viennese. Dal 1903 insegnò armonia e contrappunto a
Vienna; continuò a insegnare durante tutta la sua vita, ed ebbe tra i suoi allieviAnton Webern, Alban Berg e
John Cage.

Il movimento dell'espressionismo si sviluppa in germania e in austria tra il 1095 e il 1925, sulla strada già
spianata dal movimento romantico.
Essi non avevano un programma musicale comune, ma tutti erano nell'istanza di ridurre al minimo in un'opera
lo spazio occupato dagli elementi formali, alla cui oggettività contrapponevano l'esasperazione del
soggettivismo (in primo piano la materia dell'inconscio” → esaltazione dell'irrazionalità. In musica questa
corrente si identifca con la seconda scuola di vienna formata da Schonberg, Berg, Webern. Le loro composizioni
non furono apprezzate dal pubblico viennese che era assai conservatore.
Il musicologo adorno contrappose la flosofa di Schonberg a quella di stravinskij per cui il primo rappresentava
il progresso e l'altro la restaurazione ; questa critica si rivela tuttavia inadeguata essendo entrambi
conservatori ed entrambi progressisti.

Il primo, che abbracciava gli anni delle prime esperienze musicali, identifcabile all'incirca fno al 1900, mostra
chiaramente la matrice di derivazione tardo-romantica, wagneriana, seppur ad un livello più evoluto ed
esasperato del cromatismo e dell'armonia, dello stile del compositore. Appartengono a questo periodo i poemi
sinfonici: "Notte trasfgurata", "Pelléas et Melisande" e l'enorme ciclo di leader "Gurrerlieder".

La seconda fase artistica si identifcò temporalmente dai primissimi anni del secolo fno agli anni '20. Durante
questo periodo nacque e si sviluppò il concetto di "atonalità" con il quale si aprì formalmente l'attacco
all'armonia tonale tradizionale. Fu il periodo in cui effettivamente nasceva la scuola di Vienna, con tanti allievi
che apprendevano le nuove vie musicali dalle sessioni di Schönberg. In realtà, più che di atonalità sarebbe
opportuno parlare di "emancipazione della dissonanza", per usare un'espressione diretta del compositore, dal
momento che proprio nell'estremo, costante uso della stessa, in luogo del ruolo solamente culminante del
passato, si sviluppò il sistema di assoluta parità di importanza di tutte e dodici le note costituenti l'ottava.

Appartennero a questa seconda fase il ciclo di lieder "Pierrot Lunaire" per voci soliste e accompagnamento dei
più svariati strumenti, nei quali venne inventata una nuova forma di recitazione cantata denominata
"Schprechgesang" che prevedeva la totale rottura con il melodismo, la legatura e il portamento delle varie note
del canto tipicamente rossiniano a favore di un'intonazione rapida, metallica, quasi discorsiva.

Importantissimo in questa direzione, anche il monodramma in un singolo atto "Erwartung" (l'attesa) per voce
soprano femminile solo, che narrava la vicenda di una dama che si trovava nel bosco ad aspettare, di notte e in
un ambiente ostile, il suo uomo, scoprendolo tragicamente morto.

Nel 1911 Schönberg pubblicò il suo "manuale di armonia": un'opera estremamente interessante, ancora attuale
per certi aspetti, nel quale descriveva e razionalizzava le proprie teorie attaccando ovviamente il sistema
tradizionale.

La terza ed ultima fase coincise con gli ultimi anni, dal 1920 alla morte, durante i quali il compositore viennese,
ormai spintosi in un'avanguardia estrema nell'arditezza delle sue teorie sulla atonalità, sentì la necessità di
creare un nuovo ordine formale da applicare nelle sue composizioni, che servisse da nuova ossatura portante: il
risultato delle sue elaborazioni si chiamò "dodecafonia".

Schonberg fu un noto didatta : scrisse un manuale d'armonia.


Egli cerca di indirizzare il suo bagaglio culturale nella conciliazione tra espressione e forma.

Stile
variazione continua dell'elaborazione metrica → tecnica usata in passato per ottenere unità e varietà ma
schonberg la applica in composizioni dodecafoniche congiungendo variazione e germinazione motivica →
ENTIWICKELENDE VARIATION, un unico motivo contiene elementi generativi : accordi per quarte |
klangfarben melodie | atonalità, pantonalità | rifuta l'etichetta atonale, in quanto in tedesco signifca “senza
suono” in favore di un libero uso di tutte le relazioni tonali possibili = pantonalità

Primo periodo : segue il sentiero già tracciato dai compositori romantici : cromatismo wagneriano ed
elaborazione motivi di beethoven, liszt e brahms. Si ritrova nell'opera 4 e nell'opera 9. le opere composte tra il
1908 e il 1913 constituiscono la base del suo espressionismo. Caratteristica principale è la rinuncia totale alla
tonalità nell'emancipazione della dissonanza.
Fa uso di una dissonanza non solo armonica ma anche melodica (usa intervalli di II maggiore, VII e tritono)
il timbro viene utilizzato come fattore espressivo nei cinque pezzi per orchestra, in cui il terzo movimento si
chiama”farben” = colori, è costituito da un accordo di 5 note, che cambia colore strumentale trasferendo le note
da uno strumento all'altro in maniera così tenue e organizzata che l'ascoltatore non percepisce il netto stacco di
timbro, in quanto pone le uscite e le entrate sul tempo debole in modo da eliminare i transienti del suono-
i lavori piu importanti di questo periodo furono i lieder per voce e orchestra, il monodramma erwatung, pierrot
lunaire op 21 (21 brani x voce femminile recitantee complesso da camera) → lavoro tratto da un monodramma
di Marie Pappenheim diviso in due piani : A) presente (angoscia) B) passato (positivo)
i lieder sono legati al tardo romanticismo essendo improntanti su una base wagneriana in cui predomina una
grandezza orchestrale che esegue le opere dalla buca in modo tale da rendere “cieco” l'ascolto e così da
avvicinare l'uditore alla natura.

Secondo Schonberg per far emergere il contenuto irrazionale vi era la necessità di stravolgete la forma.

Egli passa dalla tontalità sospesa (tonalità in secondo piano, esplicita|implicita) → all'atonalità → alla
dodecafonia

Pierrot Lunaire OP.21


Ciclo di 21 brani su poesi di Giraud. I brani chiamati “melodramen” sono raggruppati in 3 parti di 7 sottoparti
ciascune. La ripetitivà del numero aveva signifcato apotropaico, cioè come autoprotezione verso il numero
iettatorio dei versi (13) contenuto in ogni brano, in forma di rondeau. Pierrot Lunaire è una composizione di
Arnold Schönberg (op. 21) per voce femminile recitante (Sprechgesang), clarinetto in la (alternato con il
clarinetto basso in si bemolle),violoncello, violino (alternato con la viola), flauto (alternato con l'ottavino) e
pianoforte.
È considerata una sorta di manifesto dell'espressionismo musicale, che propone in musica le stesse tematiche
di quello fgurativo.Il protagonista, il poeta virtuoso Pierrot, eroe malinconico e triste, si destreggia
poeticamente esprimendo se stesso e il suo ambiguo carattere. L'immagine romantica è deformata in smorfe e
proiettata in immagini ora grottesche ora allucinate: canta alla luna che lo ispira, vive l'angoscia più profonda,
si immagina assassino, ed infne dopo tormenti e attimi di puro cinismo, torna alla sua patria, Bergamo,
invocando nell'ultimo brano «l'antico profumo dei tempi delle fabe».

Parte I : pierrot si presenta in veste di poeta della disperazione della sofferenza


parte II follia, paranoia, visioni di morte
parte III : sfugge dall'incubo per abbandonarsi alla buffoneria e sdolcinata sentimentalità.

Brano per voce e 5 strumenti : pianoforte, fauto, clarinetto, violino e violoncello. Per ogni brano raggiunge una
contraddistinta tonalità e un determinato registro.
Al canto sostituisce lo SPRECHSTIMME (VOCE PARLATA) E SPRECHSANG (CANTO PARLATO) = sistema di
declamazione; l'autore scrive a riguardo : “Lo Sprechgesang deve essere a metà strada tra la parola cantata e
quella parlata. Scrive infatti nell'introduzione:
«La melodia segnata con note nella Sprechstimme [la parte del recitante] non è destinata (tranne singole
eccezioni, del resto indicate) ad essere cantata. L'esecutore [...] si renda cosciente della differenza tra "suono
parlato" e "suono cantato": il suono cantato conserva immutata la sua altezza, mentre il suono parlato dà sì
l'altezza della nota, ma la abbandona subito salendo e scendendo [...] non desidera affatto un parlare realistico-
naturalistico. Al contrario, deve essere ben chiara la differenza tra il parlare comune ed il parlato che operi in
una forma musicale. Ma esso non deve ricordare neppure il canto.»
Nella prefazione all'opera spiega che la voce deve comportarsi ritmicamente come le altri parti strumentali. Se
ci sono le note con una croce sopra, signifca che la nota va declamata. Ripreso dal teatro delle opere
espressioniste Pierrot è l'alter ego del poeta che ironizza su se stesso → mondo del cabaret. Con questa tecnica
contribuì all'ampliamento delle tecniche vocali, verrà poi ripresa da Berg nel Wozzeck.

DODECAFONIA

Nel periodo atonale scrive composizioni lineari perchè mascherando la tonalità vengono a mancare dei supporti
per architettare grandi strutture. Arriva ad elaborare il metodo dodecafonico che esplica nel saggio “stile e
idea” : il principio è escogitare una serie di 12 note tale che nessuna venga ripetuta prima che siano eseguite
tutte le altre note.
Uso del totale cromatico: la scala diatonica è sostituita da quella cromatica; è quindi previsto l'uso di tutti e
dodici suoni disponibili nella divisione dell'ottava secondo il temperamento equabile.
•Onde evitare la prevalenza di suono sugli altri, bisogna che nessuno di essi si ripeta prima che tutti gli altri
siano comparsi. All'inizio viene quindi stabilita una serie, per fssare l'ordine in cui le note devono succedersi in
quella determinata composizione.
Intorno al 1920 Arnold Schönberg creò il sistema dodecafonico, che, se da una parte è fglio della crisi del
sistema tonale (da cui quindi, in un certo senso, discende), dall’altra vi si contrappone, avendo come obiettivo
quello di dare a tutte le note della scala cromatica la stessa importanza.

Nei lavori della maturità poi tornerà ad utilizzare una tontalità allargata.
La serie è presentata si in successione (come melodia-orizzonalità tipica di bach) che simultaneamente (come
armonia-vericalità tipica di beethoven) in qualsiasi ottava e con qualunque ritmo.
La serie può essere presentata in 4 modi:
O I) serie originale
I II) serie originale per moto contrario (inversione : partendo dalla nota iniziale gli intervalli ascendenti di O,
diventano discendenti)
R III) serie per retrogrado (la serie O va letta da dx a sx)
RI IV) retrogrado dell'inversione (la serie R va letta da Dx a Sx)
ciascuno delle 4 versioni puo' essere iniziata su qualsiasi altra restante delle 12 note della scala cromatica. Vi
sono sempre 48 versioni.
Acquisisce importanza la simmetria e da rilievo alla metà dell'ottava : quinta diminuita e quarta eccedente.

Suite op.25 valzer

prima composizione interamente dodecafonica. Tutti e 7 i movimenti di danza sono composti non solo in base
alla serie, suddivisa in 3 gruppi, ma anche in base allo sviluppo intenso delle trasformazioni O R RI e delle
trasposizioni. Qui raggiungere il suo dichirato scopo di unità e forma. Nelle composizioni successive continul a
sperimentare sulla serie con molta fessibilità.
1. Präludium
2. Gavotte
3. Musette
4. Intermezzo
5. Menuet
Schoenberg's search for "unity and regularity" in music was to be achieved without the procedures of tonality,
for Schoenberg felt tonality had run its course. For ffteen years, he followed a path that led to his "discovery" of
the "method of composing with twelve tones which are related only with one
another."Schoenberg experimented with the serialization of smaller groups of notes before applying the idea to
all twelve; some of these experiments appear in the Five Piano Pieces, Op. 23. Schoenberg's frst compositions
in the new, twelve-tone idiom were published in the Suite for Piano. Op. 25, in which each of the six pieces is
dodecaphonic. Each piece bears a title as well as a tempo marking. The six works are labeled Prelude, Gavotte,
Musette, Intermezzo, Minuet and Gigue. Schoenberg's use of Baroque-era titles for each of the individual pieces
elicited questions from his contemporaries. Was he trying to revive the old dance forms? Was he trying to
create an impression in the listener that would assist in the interpretation of the pieces? When asked about this
very point, Schoenberg replied, "As far as I am concerned, I would call [them] all exercises…." That doesn't help
very much. The Prelude and part of the Intermezzo (No. 3) of Op. 25 were composed in July 1921; the rest of
the set was completed in February and March 1923, at the same time Schoenberg completed his Five Piano
Pieces, Op. 23. Thus, despite their later opus number, portions of the twelve-tone works of Op. 25 were
composed before the "Walzer" of Op. 23, which is Schoenberg's frst published twelve-tone work. A single row--E,
F, G, D fat, G fat, E fat, A fat, D, B, C, A, B fat--forms the basis for the entire suite. Various permutations, such
as transpositions, inversions, retrogrades and retrograde inversions provide contrasting "harmonic" areas.
Often, the rows are broken into tetrachords (four-note groups) that are presented either vertically,
horizontally, or both. Schoenberg's application of the method in the Suite, Op. 25, is almost academically strict.
Like the Quintet for Winds, Op. 26, composed with the same rigor, the suite is not an easy listen. Other than the
repetition of row forms, almost all material bombarding the audience is, at any moment, new, and a tremendous
amount of concentration is necessary to follow these works. His decision to use repeats in the individual pieces
of Op. 25 forced him to direct his developing variation tendencies to create a structure that made sense when
repeated. Because Schoenberg used the series for both melody and accompaniment, the possibility exists for
two or more of the same pitch to occur simultaneously. From the beginning of the Prelude, however, we see how
the composer avoids this. While the primary form of the row appears in the upper voice, a form transposed by a
tritone (from E natural down to B fat) follows the melody in the left hand. Occasional passages in the "Gavotte"
use the pitches of the series in the wrong order. Schoenbergjustifed this by noting that the "Gavotte" is the
second movement, and the set would already be familiar to the listener. Furthermore, since the Gavotte uses
the series in tetrachords, and the integrity of each tetrachord remains constant, Schoenberg does not fnd the
discrepancies problematic. The Minuet contains a trio that is a strict canon. However, the style of counterpoint
is not like that of the Baroque. All voices are not equal; the main theme is clearly of greater importance than the
other accompanimental lines.

ANTON WEBERN (1883 - 1945)

A 10 anni (1893) intraprese gli studi musicali (pianoforte e violoncello).


Dal 1902 al 1906 Webern studiò musicologia con Guido Adler all'Università di Vienna in seguito studiò
composizione privatamente con Arnold Schoenberg: la sua Passacaglia, Op. 1 è il saggio di conclusione (1908)
del percorso di studi musicali. L'amicizia con Alban Berg, anch'egli allievo di Schoenberg, fu stimolante fonte di
creatività e radice di un sodalizio lungo e profondo.
Dopo la laurea, Webern svolse il ruolo di direttore d'orchestra e diede lezioni private di composizione e
pianoforte.

La sua musica fu defnita “arte degenerata o bolscevismo culturale : ENTARTETE KUNST) dal partito nazista,
motivo per cui la sua musica fu proibita in russia e in germania. Eredita gli aspetti del tardo romanticismo
(wagner) e sperimenta con la dodecafonia.

Espressionista : esasperazione materia dell'inconscio.


Tendenza all'essenzialità : rifuta elementi ornamentali e ridonanti → pensava che la ripetizione togliesse froza
alla comunicazione musicale.

L'apprendistato con schonberg fno al 1908 fu determinante per il suo sviluppo musicale. Nei lavori per
orchestra op 6, op 9 troviamo un'anticipazione della dodecafonia. Non scriveva musica perchè sosteneva che
l'ascoltatore dovesse prestare attenzione alla percezione e non alla lettura delle note.
Nonostante lo scherno e l'indifferenza con cui furono accolte le sue composizioni, egli proseguì con fede lungo la
strada intrapresa.
Mentre Berg mira ad integrare la dodecafonia recuperando il passato, Webern, al contrario, spinge alle estreme
conseguenze le nuove conquiste sonore di Schönberg sino ai limiti dell'inesprimibile.
Egli applicò la dodecafonia evitando ogni richiamo di tipo tonale.

Lo stile della musica di Webern è cambiato nel tempo. Sua caratteristica sono le trame sonore fliformi in cui
ogni nota assume un peso determinante; timbri scelti con rara sensibilità; uso di tecniche strumentali
particolari (frullato, col legno, e simili); utilizzo sistematico di intervalli melodici molto ampi (frequenti sono
settime maggiori e none minori); la brevità, come nelle Sei Bagatelle op. 9 per quartetto d'archi (1913), che
durano circa tre minuti in tutto.

Sviluppa un brano da una singola idea per mezzo del contrappunto imitativo. Utilizza segmenti di 3,4, 5 note e
ne risulta una struttura atomizzata in cui le note sono distruibuite in uno spazio indefnito in cui le note
vengono contraddistinte da un timbro coloristico differente, da molteplici modi di attacco.
Il suono raramente supera il mf e arriva spesso ai limiti del silenzio, zona dinamica musicale che egli predilige.

Variazione e permutazione di ogni singolo elemento germinale.


Massima concentrazione in brani di brevissima durata come SECHS BAGATELLEN OP 9 per quartetto d'archi →
esperienza aforistica.
Cerca di evitare ogni forma di ridondanza che causano una contaminazione nel piano espressivo.
Si puo' parlare di POINTILLISMO musicale ( tecnica che tende ad usare i suoni come eventi timbrici isolati
anziché come elementi di un discorso musicale conrario. Ne deriva una composizione divisionistica atomizzata
in note singole o in piccole cellule disperse in cui i registri risultano distanti dallo spazio sonoro. Modifca i
concetti tradizionali di armonia e melodia e il rapporto fra spazio e tempo musicale. Egli tuttavia così facendo
non spezzza il discorso musicale ma pone in luce la connessione dei motivi → economia costruita con variazioni
e permutazioni continue di un motivo germinale) e di musica costruita come immagini : distruggeva le note
dopo averle utilizzate. Al contrario berg cercava di inserire elementi diversi integrandoli nella tonalità, ma in
Webern non ci sono contrasti che richiedono risoluzione, così le dissonanze non hanno necessità di essere
risolte su un accordo disonnante.
Webern applicà una atonalità a tutto tondo, motivo per cui fungerà da infuenza alla musica del secondo dopo
guerra nella corrente della nuova avanguardia defnita poi “avanguardia post-weberniana”
.
op 21
La SINFONIA op. 21, per clarinetto, clarinetto basso, due corni, arpa e quartetto d'archi è dedicata alla fglia
Christine (1928).
e in due movimenti. II primo - lo si nota sia a occhio nudo sia a orecchio - è diviso in due sezioni ritornellate, di
ventiquattro e quaranta battute; il secondo è indicato come tema, sette variazioni e coda. Tutto ciò denuncia
una posizione estetica in netto contrasto con quasi tutta l'opera anteriore d Webern. Come sempre in Webern dal
Trio in poi, la Sinfonia è costituita su un'unica serie, dominata dagli intervalli di semitono.

struttura simmetrica. Si tratta del suo primo lavoro interamente dodecafonico per orchestra (9 strumenti) ed è
basata su un'unica serie in cui le note 7-12 sono il retrogrado trasposto di un tritono delle note 1-6.
pezzo ripartito in due gruppi :
I movimento | lento | canone doppio per moto contrario a 4 voci + coda a canone semplice (due voci) spezza
ogni linea polifonica e fa uso della klangfarben melodie

II movimento | mosso | tema con variazioni costruito sulla serie principale trasposta di una terza maggiore,
sempre per moto contrario, costruendo il tema applicando il principio del retrogrado.

7 variazioni + coda con canone

Ma questa serie ha anche un'altra caratteristica, tipica del pensiero seriale di Webern: è palindroma, cioè letta
da sinistra o da destra dà gli stessi intervalli. Sicché l'Originale risulta identico al Retrogrado trasposto, e lo
stesso si dica delle rispettive Inversioni. Ciò esclude, in quanto identiche, metà delle quarantotto forme possibili;
il compositore deve perciò estrarre le relazioni motiviche soprattutto dall'interno della serie. L'opera ha un
impianto ciclico: il primo movimento funge quasi da preludio al secondo, nel cui tema è esposta, nel suo aspetto
più "comprensibile", la forma della serie (RI2, ovvero I8) che è poi oggetto delle variazioni.
La tecnica compositiva della Sinfonia rivela quanto sia cambiato il pensiero musicale di Webern. Nel canone,
come pure nella prima variazione, le quattro forme della serie appaiono tutte insieme. In questo modo è
inevitabile il ritorno immediato delle stesse note, a parte le ripetizioni interne. All'inizio dell'opera, il totale
cromatico è esaurito dopo solo ventitré note: per l'ortodossia seriale ce ne sono undici "sbagliate". Salta così una
regola base di Schónberg, che Webern aveva sempre seguito, dall'op. 17 in poi. Forse capì che, per evitare
attrazioni tonali (la pars destruens della serialità) un cromatismo quasi totale basta e avanza. D'altronde, a
questo punto, balza in primo piano l'interesse per la serialità come mezzo per una condotta polifonica più
concentrata.
Come egli amava ripetere, la serie era per lui la «cellula originaria»:

“La pianta primigenia di Goethe: la radice non è che gambo, il gambo null'altro che foglia, la foglia di nuovo
null'altro che petalo: variazioni della medesima idea". La stessa legge vale per tutti gli essere viventi: "variazioni
su un tema". Questa è la forma primigenia, cui tutto si rifà. Ciò che in apparenza è altro, in realtà è lo stesso. Da
ciò proviene la più profonda unità. Questa è dunque la «pianta primigenia» di cui parlavamo di recente! - Sempre
diversa eppure sempre la stessa! Dovunque se ne ritagli un pezzo, si ritrova sempre il decorso della serie. Ciò
assicura l'unità...”

Del secondo movimento abbiamo l'auto-analisi di Webern:

La serie riecheggia... Essa ha la peculiarità che la seconda parte è il Retrogrado della prima. È un'unità molto
intima. Sicché qui sono possibili solo ventiquattro forme, dato che le altre sono identiche a due a due con queste.
All'inizio, il Retrogrado appare nell'accompagnamento del tema, e la prima variazione ha per melodia la
trasposizione della serie a partire da do. L'accompagnamento è un canone doppio. È im possibile una maggiore
unitarietà; neanche i Fiamminghi sono arrivati a tanto.
Nella sua ricerca di tensione espressiva, Webern era già approdato alla dodecafonia quando Schónberg non la
presentiva neppure. Nel metodo di Schónberg - o meglio, nella parte relativa all'uso del totale cromatico -, tale
urgenza espressionista viene come pietrifcata. Webern respinse questo aspetto della "legge" nella sua forma
rigorosa, proprio nel momento in cui la sua poetica si trasformava in "espressionismo depurato".

ALBAN BERG (1885 – 1935)

Nel 1904 inizia lo studio della composizione con Schonberg, che rappresentò la sua infuenza musicale maggiore
insieme a Mahler.
Con l' avvento del potere di hitler la sua musica fu proibita in germania e russia → gli vennero meno i diritti
d'autore da cui seguì un tracollo economico.

Discendeva da una famiglia ebrea di origine tedesca che si era stabilita a Vienna, dove il padre Konrad, nativo
diNorimberga, era diventato un agiato commerciante di libri usati e di articoli religiosi. Ma Alban non ebbe
un'infanzia felice e fu tormentato per molti anni della sua vita da una forma di depressione, che lo spinse, dopo
un bruciante insuccesso scolastico, a tentare il suicidio già all'età di diciotto anni.

I suoi lavori tendono all'emancipazione della tonalitàprima attraverso l'uso della tonalità allargata, poi
dell'atonalità ed infne delle tecniche dodecafoniche, anche se i critici assegnano alle composizioni di Berg una
funzione più conservatrice rispetto a quella dei suoi due colleghi.
Nei primi lavori tipo i Lieder si assiste alla rottura armonica degli schem del romanticismo per aderire alla
“emancipazione della dissonanza” dalle funzioni tonali → verso l'atonlità.
La sua produzione musicale giovanile risentì dell'infuenza di Schönberg, del tardo Romanticismo (in
particolare di Gustav Mahler e Richard Strauss) e dell'impressionismo francese (Debussy).
Nel 1912 il suo percorso di ricerca di una espressione musicale svincolata dall'armonia tonale, si concretizzò in
un utilizzo sistematico della dissonanza, suscitando reazioni ambivalenti.
WOZZECK

Gli anni tra il 1915 e il 1918, prestò servizio militare alla fne del quale matura l'idea del suo primo lavoro
teatrale Wozzeck, dal Woyzeck del drammaturgo tedesco George Buchner.
Wozzeck è la denuncia all'angoscia della rivolta che la scoietà borghese alimentava dentro di se in quel
drammatico momento storico. Egli rinunciò all'intermediazione di un librettista come debussy fece per pelleas
et melisande.

Opera divisa in 3 atti, ciascuno suddiviso in 5 scene, alle quali corrispondono altrettante forme musicali
barocche o classiche, 16 in tutto con l'aggiunta di un interludio nel terzo atto.
Si serve dei motivi leitmotivici come “wir arme leute” noi povera gente, e organizza in forme chiuse il brano per
dare all'opera una logica costruittiva.
I atto : funzione spositiva : temi rappresentativi dei personaggi e il rapporto che interocrre tra essi
II atto : peripezia → sinfonia in 5 tempi
II atto : catastrofe fnale ed invenzioni

he expression of madness and alienation was amplifed with atonal music.

Though the music is atonal in the sense that it does not follow the techniques of the major/minor tonality
system dominant in the West during the Baroque, Classical, and Romantic periods, the piece is written with
other methods for controlling pitch to direct the harmonic fow. The tritone B-F, for example, represents
Wozzeck and Marie, permanently in a struggle with one another. The combination of B♭ and D♭ (a minor third)
represents the link between Marie and the child. In this way, the opera continually returns to certain pitches to
mark out key moments in the plot. This is not the same as a key center, but over time the repetition of these
pitches establishes continuity and structure.

Berg uses a variety of musical techniques to create unity and coherence in the opera. The frst is the use
of leitmotifs. As with most composers who have used this method, each leitmotif is used in a much more subtle
manner than being directly attached to a character or object. Even so, motifs for the Captain, the Doctor and the
Drum Major are very prominent. Wozzeck is clearly associated with two motifs, one often heard as he rushes on
or off stage, the other more languidly expressing his misery and helplessness in the face of the pressures he
experiences. Marie is accompanied by motifs that express her sensuality, as when she accepts a pair of earrings
from the Drum major (an act that indicates that her submission to the 'rape' at the end of act 1 was not so
reluctant). A motif that is not explicitly linked with a physical object would be the pair of chords that are used
to close each of the three acts, used in an oscillating repetition until they almost blur into one another.

The most signifcant motif is frst heard sung by Wozzeck himself (in the frst scene with the Captain), to the
words 'Wir arme Leut' (poor folk like us). Tracing out a minor chord with added major seventh, it is frequently
heard as the signal of the inability of the opera's characters to transcend their situation.

Beyond this, Berg also reuses motifs from set pieces heard earlier in the opera to give us an insight into the
character's thoughts. The reappearance of military band music, as in the last scene of Act I, for example,
informs the audience that Marie is musing on the Drum major's physical desirability.

l'opera non è del tutto atonale anche se ricca di dissonanze.


Ci sono zone tonalit come nella scena II1 in cui Marie racconta un favola al bambino.
La grande orchestra è protagonista ora con sonorità massiccesse, aggressive e violente, ora con inediti effetti
cameristici di estrame trasparenza e delicatezza. La scrittura vocale va da stili eterogenei morbidi al puro e
semplice parlato, allo SPRECHSANG a linee melodiche spezzatem fatte di salti e sussulti.

BELA BARTOK (1881 – 1945)

Fu compositore, pianista ed etnomusicologo ungherese. Iniziò lo studio del pianoforte all'età di 5 anni sotto la
guida della madre per poi essere seguito dal maestro Erkel che lo avviò alla composizione. Fu ammesso
all'accademia reale della musica di Budapest. Si sviluppò sotto l infuenza di lizst e strauss, successivamente il
suo stile si colloca nel dibattito culturale ungherese e per alcuni sembrò una chiusura verso la cultura
occidentale.

Conobbe in conservatorio zoltan kodaly. Intorno al 1905 questo gli propose di fare uno studio sulla musica
popolare ungherese. Era convinto che attingendo alla propria storia avrebbe trovato un nuovo sviluppo
musicale. Così frequentò le campagne ungheresi per studiare la musica popolare con approccio scientifco → fare
ricerca sul campo. Nelle campagne Machava registrò direttamente con tecniche allora moderne (rulli di cera
ancora esistenti).
Egli non voleva che l'esecuzione fosse streilizzata dalla propria sonorità e originalità, motivo per cui prese le
musiche così come erano affdando l'esecuzione ai contadini.
Constatò che nella musica popolare, le scale erano ben diverse. Ricorrente era l'utilizzo di intervalli di IV
eccedente che egli stesso poi riutilizzò. Applicò così quelle scale e le svincolò dalla tradizione occidentale.
Frequente era l'uso del ritmo bulgaro 5/8 7/8 → viene meno la simmetria romantica. Studiò anche la musica
araba nell'isola di biska in algeria.
Per quanto riguarda lo stile sono ricorrenti gli usi di poliritmie e sincopi ; a livello armonico fugrano elementi
diatonici (attinti dal patrmonio folcloristico) e cromatici che sconfnano nell atonalità.
Utilizza i clusters : aggregazioni di intervalli di II maggiore e minore. Utilizza il pianoforte sfruttando le sue
qualitò percussive vs pianisti romantici.

Atteggiamento neoclassico : riprende le tecniche contrappuntistiche di Bach | lo sviluppo dei temi di beethoven
e lizst | organizzazione dello spazio sonoro di debussy.

Spesso le idee tematiche di più movimenti di una composizione sono riconducibili ad un'unica cellula germinale
di poche note sottoposta a frammentazione | I | R |

mandarino meraviglioso : balletto pantomimo composto tra il 1918 – 1919 basato sulla storia di Melchior
Lengiel. L'opera venne considerata scabrosa, motivo per cui venne censurata essendo i soggetti lontani dalla
morale tradizionale. Si sposano varietà e simmetria : ricorrente è l0utilizzo del numero 3 come cifra strutturale
(3 scene di inseguimento, 3 scene di adescamento) utilizza l'ostinato ritmico per sottolineareil pathos di una
situazione e impiega scala pentatonica per sottolineare la provenienza orientale del mandarino.
Espressionismo : sonorità violente : interesse verso bruitismo e ritmo

musica per archi, percussioni e celesta


composta nel 1937, esplorò tutte le combinazioni inedite strumentali. Composizione in 4 movimenti sullo
schema della fuga. Nel suo complesso il tema si muove nell'ambito di una quinta (la – mi) e tutti i gradi della
scala cromatica vengono toccati entro tale intervallo. Le diverse entrate avvengono ad una distanza di quinta
superiore o inferiore alla prima nota.

DIMITRIJ SOSTAKOVICH

Musica e potere in Urss

1917 : rivoluzione bolscevica in russia e presa di potere del partito B.


prima della rivoluzione la musica era considerata in maniera elitaria → essa era destinata alle classi più alte.
Dopo la rivoluzione e la presa di potere dei bolscevichi fu necessario introdurre dei cambiamenti nell'ambito
artistico – musicale : la musica doveva perdere quel carattere elitario in favore di una musica di consumo di
carattere patriottico. Sorge quindi il problema di diffondere una musica che fosse alla portata di tutti e che
rispecchiasse l'esigenze della classe ascendente. In russia allora vi era anche una componente futurista. Da una
parte c'era chi sosteneva la musica proletaria che rispecchiasse l'esigenza della classe ascendente, dall'altra la
tendenza al modernismo.
Nel 1923 fu fondata la società dei musicisti proletari Apm e nel 1919 fu ribattezzata RAPM (società russa dei
musicisti proletari). Il suo scopo era il sostegno e la divulgazione dell'ideologi marxista in campo musicale ed
era ostile alla musica classica considerata borghese. Ma nel 1924 fu fondata la società per la musica
contemporanea ASM particolarmente attiva a Leningrado che rivoleva l'attenzione ai movimenti d'avanguardia
dell UE occidentale e difendeva l autonomia del musicista. Ma già nel 1924 il regime sovietico comincilò a
sottoporre ogni attività artistica a forme di pressione politica e censura. Le opere d'arte dovevano essere
apprezzate dalle masse (no musica moderna) e asservire alla fnalità di edifcazione socialista. L artista non
doveva isolarsi, ma assoggetarsi all'ambiente perchè la sua musica doveva avere una funzione educativa e
patriottica nei confronti del regime sovietico. Viene meno la libera espressione. Tra il 1922 e il 1953, sotto la
dittatura di stalin, la cultura sovietica fu condizionata dalla dottrina del realismo socialista additata in urss dal
segretario del comitato centrale del partito comunista ZDANOV ..> esaltazione dell educazione patriottica nei
confronti del regime. Venne disciolta la RAPM per l' “Unione dei compositori sovietici”. Le opere dovevano
essere approvate dall'unione per essere pubblicate, altrimenti venivano censurate. Nel congresso del 1934,
zdanov disse che lo scrittore era l'ingegnere degli animi. Con la rivoluzione c'era la necessità di costruire un
nuovo uomo → si doveva diffondere lo stereotipo di uomo perfetto e condotto sotto il regime sovietico.
Ma vi erano molti contrasti : irrigramentazione.
Venne osteggiata la dodecafonia e tutte le sperimentazioni. La musica elettronica venne abolita (musica che in
russia concideva con la tendenza al brutismo e inoltre la cotina di ferro bloccò lo sviluppo musicale.
Con l'unione sovietica dei musicisti, il compositore se da una parte riceveva un sostegno non indifferente,
dall'altra parte limitato nella sua produzione. Nell'occidente vi era molta più libertà, ma meno sostegno.

Sostakovich in particolare fu uno dei massimi esponenti della musica e fu un esempio da seguire per tutti,
tuttavia venne querelato dall'unione sovietica : nell'articolo del 28-01-1936, nella pravda (giornale uffciale del
partito comunista), uscì un'inserzione intitolata “caos anziché musica” poiché stalin fu schifato dalla scena
dell'amplesso in “una lady macbeth del distretto di mzensk, in cui l'uomo veniva ridicolizzato.

Si doveva privilegiare melodie vigorose, aperte all'infusso del canto popolare russo, scandite da ritmi briosi,
accompagnate da un linguaggio armonico diatonico.
SOSTAKOVICH

Nato a Pietroburgo nel 1906, Dmitrij Sostakovic diventa famoso a vent'anni, quando il pubblico della
Filarmonica di Leningrado accoglie come una rivelazione la Sinfonia n. 1. Incoraggiato dal trionfo, il giovane
musicista affronta il teatro, realizzando, fra il 1927 e il '28, la sua prima opera, Il naso, parodia gogoliana del
burocrate che, un'infausta mattina, si desta senza la preziosa appendice al centro della faccia. Un arrampicatore
sociale, privato della capacità di futare il vento, è rovinato; almeno sino all'Epilogo, quando il prezioso naso
torna miracolosamente al suo posto. L'argomento, scottante al tempo di Gogol, era ancor più periglioso col
passaggio dalla burocrazia dello zarismo a quella del socialismo. Non stupisce che il lavoro - rappresentato con
successo nel gennaio del 1930 - scompaia dalla scena dopo la sesta rappresentazione.
Possiamo chiederci se Sostakovic abbia tenuto conto della "lezione" quando si dedicò - tra l'ottobre dello stesso
anno e il dicembre del 1932 - alla seconda opera, ricavata dal volumetto di Nikolaj Leskov, Una Lady Macbeth
del distretto di Mcensk. Il racconto, pubblicato nel 1865, narra la cruda storia della piacente contadina
Katerina L'vovna. Infelicemente spostata al ricco mercante Zinovij Izmajlov, ella compie una serie di crimini
assieme all'amante: uccide il suocero, il marito e un nipote di questi per sottrargli l'eredità: scoperta, viene
deportata assieme al complice in Siberia, dove uccide una rivale e si uccide. La vicenda, aspra e brutale,
coincide col clima del primo dopoguerra del Novecento, caratterizzato dalla crisi economica, dall'impetuosa
avanzata dei regimi totalitari, in Occidente come in Russia, dove la dittatura di Stalin si impone sull'onda della
collettivizzazione delle campagne e dell'irreggimentazione dei lavoratori e degli intellettuali. Il suicidio di
Majakovskij, nell'aprile del 1930, annuncia un'epoca in cui la libertà di pensiero non ha più corso. Non senza
contraddizioni. Le organizzazioni rivali dei populisti e degli avveniristi vengono sciolte e sostituite dalle Unioni
degli artisti. La fne del settarismo populista parrebbe annunciare una stagione più aperta. In realtà, il compito
delle Unioni sarà quello di unifcare le espressioni del pensiero nella direzione imposta dal partito al potere.
Tutto questo, tuttavia, è ancora in gestazione, e la seconda opera di Sostakovic matura in un periodo incerto, tra
speranze di progresso è una realtà spietata; necessaria, si dice, per aprire un radioso domani alle prossime
generazioni. Dell'equivoco, la sorte della LadyMacbeth di Mcensk è emblematica. Rappresentata trionfalmente
al Malij Teatr di Leningrado il 22 gennaio 1934 e, due giorni dopo, con eguale successo, al Nemirovic-Dancenko
di Mosca, l'opera sembra destinata ad accontentare quanti erano rimasti sconvolti dal surrealismo corrosivo
del Naso. La realtà contadina della novella di Leskov era sì scandalosa e scandalizzante, ma nel passaggio dal
racconto al "libretto", elaborato dal musicista col concorso di Aleksandr Prejs (già coautore del Naso), la
crudezza dei fatti si attenua, almeno in parte. Omessa l'uccisione del nipote, le azioni della protagonista trovano
una scusa nell'amore e nella ribellione all'ambiente ottuso. Nella triste casa il vecchio Boris Timofeevic Izmajlov
governa con mano ferrea la proprietà e il fglio, il debole Zinovij, sposato a Katerina, donna indocile e
appassionata. Annoiata, angosciata, durante un'assenza del marito, ella crede di trovare l'amore nel giovane
Sergej che si rivelerà anch'egli meschino e egoista. Per lui, avvelena il suocero; poi, aiuta da Sergej, ammazza il
marito. Scoperto il delitto, i due amanti sono deportati in Siberia. La condanna rivela l'incostanza e l'avidità dell
uomo. Tradita e derisa, Katerina uccide una giovane rivale, gettandosi con lei nelle acque gelide del Volga.
Nonostante i tre omicidi, la protagonista resta l'unico personaggio attraente. Leskov giustifcava i delitti con la
passione; per Sergej, Katerina era pronta a gettarsi nel fuoco, nell'acqua, ad andare in carcere, a farsi
crocifggere. Egli le aveva ispirato tanto amore che la devozione di lei non aveva più limiti. Sostakovic amplia
l'orizzonte: Katerina, afferma, «è un essere intelligente e appassionato che soffoca nel grigiore della vita e
dell'ambiente in cui è costretta»; i suoi crimini non sono tali, ma rappresentano "una ribellione contro il proprio
ambiente, contro l'atmosfera pesante, grigia e disgustosa in cui vegetano i mercanti volgari del secolo scorso.
Con queste spiegazioni, il compositore mette le mani avanti, prevenendo gli attacchi del nuovo "perbenismo"
russo, nemico di ogni genere di disordini, morali e intellettuali. Il ragionamento non è gratuito, ma reticente.
Katerina rappresenta, in effetti, l'unico chiarore in un mondo immerso nella notte dell'ignoranza e della
superstizione. Attorno a lei incombe un'atmosfera opaca e servile in cui i protagonisti - il marito debole,
l'amante fatuo, il suocero avido e lascivo - non sono superiori ai contadini beoni, al pope venale e ai poliziotti
stupidi. Topi, non uomini, come nel famoso romanzo di Steinbeck. È il mondo del secolo scorso, avverte l'autore
a scanso di guai. Ma il linguaggio ironico e aggressivo della musica lo smentisce portando in primo piano
l'umanità di sempre, impastata di fango e di sangue. E se è vero, come dice ancora Sostakovic, che «tutta la
musica scritta per Katerina vuol essere una difesa per colei che mi appare, per dirla con le parole di
Dobroljubov, un raggio di sole nel regno delle tenebre», è altrettanto vero che, accanto alla luce, vi è l'ombra
diabolica e grottesca del male. Nell'interpretazione delle opere di Sostakovic, bisogna accettare con prudenza le
dichiarazioni dell'autore, attento a velare le imbarazzanti verità. Chi individuava nella LadyMacbeth una
"normalizzazione" dell'audace linguaggio delNaso, si lascia ingannare, almeno in parte. Lo stesso Sostakovic
(smentendo se stesso) ci offre la chiave adatta a sgomberare gli equivoci defnendo la propria opera con un
ardito ossimoro: "tragedia satirica". All'ottimismo rituale, consacrato nell'ambiguo rito del "realismo socialista",
il musicista sostituisce la sua formula bifronte rifacendosi al pericoloso precedente di Musorgskij: Chovanscina,
soprattutto, dove lo scrivano, gli strel'cy offrono il modello all'ubriaco e ai poliziotti, mentre l'appassionata
Marfa - che trascina il riluttante sposo sul rogo purifcatore - è la sorella maggiore di Katerina. Sostakovic, che
detestava Cajkovskij e adorava Musorgskij (retrocesso dalla musicologia del regime al secondo posto), trova nel
ribellismo musorgskijano la fonte dal proprio anticonformismo: il regno delle tenebre non tramonta, la
corruzione delle autorità è la medesima nella Russia zarista e in quella sovietica. Ritroviamo nella Lady
Macbeth di Mcensk, come nel Naso, il compositore che ha ascoltato con entusiasmo ilWozzeck e che ha tratto
dall'estetica del Novecento la struttura sinfonica in cui il ribelle lirismo dì Katerina e il mondo grottesco che le è
ostile si scontrano senza possibilità di conciliazione. La struttura è così compatta che, volendo, si potrebbe
considerare l'opera come una vasta Sinfonia in cui ogni atto è un tempo: "andante, allegro molto mosso, scherzo
e largo". Uno schema arricchito da altri movimenti sinfonici compiuti in se stessi, come la potente "passacaglia"
che collega i due quadri del secondo atto. (Non occorre sottolineare l'uso della medesima forma nel Wozzeck di
Berg, come nel futuro Peter Grimes di Britten). La solidità formale serve ad assicurare una robusta coerenza
musicale ai contrastanti elementi del dramma. Da un lato vi è il mondo vivo e appassionato di Katerina, espanso
nelle effusioni liriche: dal grande "arioso" in cui si manifesta la struggente solitudine della donna infelice, all'aria
del suicidio, di fronte alle acque immobili del lago siberiano, ultimo gelido rifugio. Attorno a Katerina o, meglio,
contro di lei stanno tutti gli altri personaggi: il marito sciocco, il suocero brutale e lascivo, l'amante esigente e
meschino. Privi di anima, costoro restano serrati nella trappola musicale del grottesco, esaltato dal montaggio
sonoro realizzato con procedimento cinematografco. Gli esempi sono numerosi e caratterìstici: la piccola
fanfara marziale che annuncia il ritorno del marito, l'ironia dei legni che accompagnano la morte di Boris
Timofeevic, la marcetta funebre del seppellimento di Zinovij in cantina. E, di contro, la turbinosa esplosione dei
tromboni che avvolgono l'amplesso degli amanti: l'amore, impastato di ferocia e di sangue, lacera la coltre di
noia e, nello stesso tempo, disperde il convenzionale pudore della letteratura real-socialista. Simili procedimenti
raggiungono il culmine nel terzo atto, tra canti di ubriachi e galop alla Offenbach, intrisi di un amaro
pessimismo. La sfda alle convenzioni morali e artistiche doveva apparire sempre più oltraggiosa con
l'involuzione della situazione politica. Stupisce semmai il ritardo della reazione di fronte all'immoralità della
spregiudicata protagonista. II trionfo stesso dell'opera - che in due anni sfora le duecento repliche tra
Leningrado e Mosca, oltre ai vibranti e discussi successi all'estero - rappresenta un'offesa ai benpensanti e ai
mediocri. Galina Visnevskaja, l'insuperabile interprete di Katerina, dipinge nettamente la situazione nelle sue
Memorie: «I compositori dell'ex-Proletkult che in passato erano stati spietatamente criticati da Sostakovic
stavano ora monopolizzando l'Unione dei Compositori proprio di fanco al Cremlino, e covavano il loro rancore
verso Sostakovic. Pazientemente si preparavano alla vendetta. Avevano studiato accuratamente i gusti di Stalin
e facevano del loro meglio per assecondarne l'ignoranza. Infatti Stalin non capiva niente di musica sinfonica né
di qualsiasi altra musica strumentale e non poteva semplicemente soffrire i lavori contemporanei. I suoi gusti
dilettanteschi e volgari erano stati legittimati da un potere dittatoriale e ora costituivano una rigida linea di
condotta per l'arte. Dei parassiti servili sapevano come ingraziarsi le simpatie musicali di Stalin per dimostrare
la loro devozione al suo sistema di menzogne». La situazione matura, lenta ma inesorabile. L'assassinio di Kirov,
ordinato da Stalin nel dicembre del 1934, promuove la repressione. Zdanov, succeduto a Kirov, ripulisce
l'organizzazione leningradese di tutti i vecchi e nuovi malcontenti. Il metodo del terrore, esteso ai dirigenti
politici e agli intellettuali, rende più rigoroso il controllo sulle arti. Il "realismo" acquista, nel linguaggio
burocratico, un signifcato preciso: è il contrario del "formalismo", sentina delle iniquità borghesi. Resterebbe da
defnire il "formalismo", ma non occorre: la vaghezza della teoria serve alla concretezza delle misure
amministrative. In una simile condizione qualsiasi discussione è bloccata. L'estrema difesa dei superstiti
novatori è vana. È inutile che Sostakovic denunci, all'Unione dei Compositori riunita nel febbraio del 1935, la
falsità della contrapposizione realismo-formalismo. La sua è ormai una battaglia di retroguardia. I nazionalisti
conservatori sono appoggiati da un regime che non ammette deviazioni e si prepara a gettare sulla bilancia il
peso della propria autorità. Il 26 gennaio 1936, la Pravda pubblicizza il malcontento sovrano. Nel famigerato
articolo "Caos anziché musica", l'opera, defnita due anni prima il miglior frutto della politica culturale del
partito, viene bollata come formalista, immorale e antipopolare, con la decisiva aggravante del "successo presso
il pubblico borghese all'estero". Radiato immediatamente dalle scene, il capolavoro di Sostakovic verrà
ripresentato soltanto l'8 gennaio 1963 a Mosca. L'incerto "liberalismo" di Chruscèv impone tuttavia vasti
ritocchi per ripulire testo e musica da ogni "immoralità". L'Unione dei Compositori, ancora retta
dall'intramontabile Chrennikov, non poteva rimangiarsi integralmente la condanna del 1936, ribadita nel 1948
sotto l'insegna della Zdanovscina. Sostakovic dovette adattarsi a emendare i passi più scottanti.
Ribattezzata Katenna Izmajlova, l'opera sorvola le situazioni più scabrose. Il bianco seno e il caldo grembo
scompaiono sotto innocue metafore; tacciono gli ottoni insolenti attorno al letto peccaminoso; scompare la tinta
cupa di due intermezzi e, nella tessitura vocale di Katerina, si riducono gli arditi sbalzi, troppo "moderni" per gli
epigoni di Cajkovskij.

Lady macbeth (approfondire) : Libretto: libretto proprio e di Alexander Prejs, dal racconto omonimo di Nikolaij
Leskov.
Sostakovich dice a riguardo della sua opera “Lavoro alla Lady Macbeth già da circa due anni e mezzo. La Lady
Macbeth è la prima parte di una progettata trilogìa dedicata alla situazione della donna in diverse epoche della
storia russa. Il soggetto della Lady Macbeth del distretto di Mcensk è preso a prestito dall'omonimo racconto di
Leskov. Questo racconto si rivolge al lettore con un'eccezionale pregnanza di contenuti. In esso ha conquistato la
mia massima attenzione la tragica e straordinariamente realistica rappresentazione del destino di una donna
dotata, intelligente e superiore alla media, che rovina la propria vita a causa dell'opprimente posizione a cui la
Russia prerivoluzionaria l'assoggetta...L'opera è per me tragica. Direi che la si potrebbe defnire un'opera
tragico-satirica. Anche se Katerina L'vovna è un'omicida - assassina infatti il marito e il suocero - ho per lei
simpatia. Mi sono preoccupato di dare a tutti gli avvenimenti che la circondano un oscuro carattere satirico. Il
termine "satirico" non è certo da intendersi nel suo signifcato di "ridicolo, canzonatorio". Al contrario: con la
Lady Macbeth mi sono preoccupato di creare un'opera che sia una satira larvata e, gettando la maschera,
obblighi a odiare lo spaventoso arbitrio e i soprusi della classe dei commercianti.
La materia musicale della Lady Macbeth si differenzia chiaramente dal Naso, l'altro mio precedente lavoro in
campo operistico. Sono profondamente convinto che in un'opera sia necessario cantare. Tutte le parti vocali
della Lady Macbeth sono cantabili e melodiche. L'orchestra viene potenziata per accentuare alcuni culmini
drammatici. Saranno inclusi una banda militare e alcuni strumenti aggiunti.”

CHARLES IVES

Charles Edward Ives (Danbury, 20 ottobre 1874 – New York, 19 maggio 1954) è stato
un compositore statunitense. È forse uno dei primi compositori classici autenticamente nordamericani di fama
internazionale. ves nacque nel 1874 a Danbury un paesino del Connecticut; il padre, aperto a molteplici
interessi, faceva il direttore di una piccola banda militare del posto. Presto Ives ricevette un'istruzione musicale
dal padre, che lo avviò allo studio del pianoforte, del violino, della cornetta e della composizione. A 12 anni
suonava il tamburo nella banda del padre, a Danbury; l'anno successivo divenne organista nella chiesa battista.
Più tardi migliorò lo studio dell' organo con D. Buck e iniziò a studiare composizione con Horatio Parker a Yale,
ma molto presto si rese conto delle diffcoltà di conciliare la sua concezione musicale, considerata dal suo
maestro spregiudicata e assai sperimentalista, con quella statunitense dominata da un totale accademismo che
faceva riferimento esclusivo ai modelli ottocenteschi europei, soprattutto tedeschi. Ives pertanto decise di
rinunciare a fare della musica la propria professione perché ritenne di dover scendere a compromessi se voleva
vivere del mestiere di musicista. Si diede, invece, al ben più profcuo mondo degli affari lavorarando in una
compagnia di assicurazioni sulla vita e continuando per diletto fno all'età di 30 anni a suonare l'organo (fu
organista in una chiesa di Bloomfeld dal 1898 al 1900 e poi nella Central Presbyterian Church di New York fno
al 1902) e a comporre nelle ore di tempo libero che gli restavano, mantenendo una vera e propria doppia vita.
Dopo il suo matrimonio con Harmony Twitchell nel 1908 Ives si spostò a New York e ci restò fno alla morte. La
sua assicurazione Ives & Myrick gli diede da vivere. Restò un compositore molto produttivo fno al suo
primo infarto nel 1918dopo il quale restrinse molto l'attività. Il suo ultimo brano A Farewell to Land con un testo
di Lord Byron lo compose nel 1925. Si ritirò totalmente dal mondo degli affari all'inizio del 1930.
Durante tutta la sua vita fu praticamente ignorata la sua musica e, così, molti dei suoi brani non sono mai stati
eseguiti : la sua produzione musicale fu in sostanza una scoperta, dopo la sua morte, delle generazioni
successive. La sua tendenza alla sperimentazione e l'impiego di dissonanze senza compromesso furono amati da
pochi. Secondo Ives una delle parole peggiori per descrivere la musica era "carina" e, quindi, non sarà stato
sorpreso dalla sua non popolarità. Nel 1940 incontròLou Harrison, un sostenitore della sua musica, che cercò di
supportarlo affnché lo potesse rendere più conosciuto. L'evento più importante della sua carriera fu la
direzione della prima esecuzione della sinfonia n° 3 nel 1946. Con ciò vinse il Premio Pulitzer nell'anno
successivo. Regalò la metà dei soldi vinti a Harrison dicendo: "I premi sono fatti per i ragazzi ed io ormai sono
già adulto".
Charles Ives morì nel 1954 a New York. Da allora la sua fama è notevolmente cresciuta. In segno di
riconoscenza, l'Unione Astronomica Internazionale gli ha intitolato il cratere Ives,
sulla superfcie del pianeta Mercurio.
Nonostante Ives abbia scritto molti Lieder con un accompagnamento spesso originale, oggi è riconosciuto per la
sua musica strumentale. Nella sua produzione non è possibile individuare una vera e propria evoluzione
stilistica: fn dall'inizio fu evidente un gusto per la sperimentazione e per la ricerca, alieno però da ogni
sistematicità. Sicuramente la scelta di non fare la professione di musicista ha giovato alla sua produzione
musicale dandogli ampia libertà. Infuenzato dal suo lavoro come organista nel 1891 scrisse Variations on
"America" che eseguì lui stesso per la festa dell'indipendenza il 4 luglio. Il brano riporta nella melodia (ispirata
dall'inno nazionale britannico) una serie variazioni divertenti ma scontate. Una è in stile famenco, un'altra
composta anni dopo è probabilmente il primo tentativo di bitonalità di Ives. Nel 1964 ci fu la prima esecuzione
nella versione per orchestra di William Schuman, che dimostra la popolarità di Ives dopo la sua morte. Si nota
così, che le citazioni sono i materiali cari ad Ives: da fonti colte (come la Quinta di Beethoven nella Concord
Sonata), ma soprattutto da inni religiosi, canzoni, marce, musiche da banda. Di fatto, la sua produzione è
caratterizzata da brani che appaiono spiccatamente sperimentali ed avveniristici per il frequente impiego del
linguaggio atonale (Three-page Sonata, 1905;Trio per violino, violoncello e pianoforte, 1904-11; il poema From
the Sleeples and the Mountains, 1901), per l'utilizzo di accordi ed intervalli estranei all'armonia classica (The
Cage, 1906), per le anticipazioni della tecnica dodecafonica (Cromâtimelôdtune, 1913), per l'uso di quarti di
tono secondo le teorie di Alois Hába (Three Quarter-tone piano piece, 1923-24).
Uno dei primi esempi molto evidenti della gioia di sperimentare di Ives è The Unanswered Question del 1908 che
fu scritto per un'orchestra molto insolita di una tromba, quattro fauti e quartetto d'archi. Più tardi seguì una
versione orchestrata. Gli archi suonano molto lentamente a modo di corale per tutto il brano. Più volte la
tromba suona un motivetto breve che Ives descrisse come "l'eterna domanda dell'esistenza". Ogni volta i fauti ci
rispondono, ma sempre in modo diverso e sempre più dissonanti. Alla fne resta la domanda senza risposta. È
un brano tipico per Ives, dispone vari elementi diversi affancandoli. Sembra spinto da un racconto di cui non ci
rendiamo mai conto pienamente restando tremendamente misterioso.
Le citazioni rimandano spesso anche a signifcati extramusicali: è frequente l'aspirazione a rappresentazioni
concettuali, talvolta ispirate alla flosofa trascendentalista, ai cui protagonisti egli rese omaggio in diverse
occasioni. Brani come The Unanswered Question erano già infuenzati da questi scrittori, come Ralph Waldo
Emerson e Henry David Thoreau ai quali Ives dedicò un movimento a ciascuna delle sonate per pianoforte
realizzate tra il 1909 ed il 1915 con il titolo programmaticoConcord, Mass., 1840-1860.
Su Emerson e Thoreau Ives scrisse anche notevoli saggi di critica letteraria. Altri movimenti furono dedicati
a Nathaniel Hawthorne ed agli Alcotts (cioè la famiglia del flosofo e pedagogista reformista Amos Bronson
Alcott a la sua fglia Louisa May).
Tra le altre composizioni di maggior rilievo si ricordano 4 sinfonie (in modo particolare la Quarta, 1909-16,
dove la complessa orchestrazione e l'uso della poliritmia richiede due direttori d'orchestra, nonché l'uso
originario di strumenti nuovi, come ilTheremin), la Holydays Symphony (1904-13) formata da quattro brani
indipendenti, Central Park in the Dark (1906), Three Places in New England (1911-14), Robert Browning
Ouverture (1908-12), 114 liriche e numerose altre pagine per orchestra o per piccolo complesso.
Se ipotizziamo l’esistenza di una vasta area di musiche a-tonali, o semplicemente non-tonali, al di fuori
dell’infuenza seriale di “matrice seriale”, che escono dal mondo delle categorie dialettiche (al cui centro regna
l’antitesi consonanza/dissonanza), dovremo saggiare la possibilità di attribuire una connotazione storicamente
e concettualmente precisa alla sperimentazione e costruzione personale di un mondo sonoro svincolato
dall’idea della normatività della legge. Ognuno di questi mondi sonori si regge su se stesso in virtù della
coerenza che riesce a giustifcare esteticamente. In questo universo sonoriale non ha corso l’antitesi
consonanza/dissonanza, tanto è vero che le ottave, le quinte e le terze – per fare un esempio- hanno libero
diritto di cittadinanza; piuttosto la tendenza è quella di opporre una naturalità del suono a quella di qualsivoglia
sistema sonoro. Dovremo, comunque, guardarci dall’errore di isolare queste fgure di “irregolari e di isolati” dai
temi della tradizione musicale occidentale variamente sollevati e articolati dai modernismi e dei
tradizionalismi; in particolare i primi, con i quali si registrano rapporti e scambi intensi anche se non sempre
univoci e non sempre dichiarati. Così come sarà necessario indagare a monte la reale consistenza di queste
musiche in relazione alla tradizione europea tardo-ottocentesca e primo-novecentesca, in particolare quella
legata alle fgure di Debussy e Mahler. Per tornare ad Ives, pare opportuno infatti accogliere le sollecitazioni di
Gianfranco Vinay, che ci invita a considerare “l’infuenza della musica europea”. [2] Ma è lo sguardo che Ives
proietterà sulla musica europea che ce la renderà diversa da come l’avevamo conosciuta.
Il non-fnito ivesiano e la pratica del ri-uso, dei prestiti e dei collages
Il periodo creativo più signifcativo della carriera compositiva di Charles Ives, nato a Danbury nel 1874 e morto
nel 1954, dura circa un ventennio: 1898-1918. [3] Un infarto e la prima guerra mondiale determineranno un
progressivo esaurirsi della sua vena musicale. L’ascesa della sua popolarità è tutta successiva alla conclusione
del suo percorso creativo. [4]Nella decade 1905-1915 [5]appaiono le cose più signifcative, in lavori che
sintetizzano le varie tecniche che aveva saggiato nei Songs e nei lavori per orchestra da camera. [6] All’interno
di questo vasto mosaico è possibile tuttavia individuare dei precisi caratteri distintivi, che porremo su quattro
piani: 1) l’estetica di Ives, manner vs substance, 2) il prospettivismo compositivo, 3) sonorialità cosmica e
umanesimo trascendentale, 4) l’affresco sonoro dell’human experience, 5) l’infnitismo ivesiano.

I: l’estetica di Ives, “manner” vs “substance”


Per Ives la musical technique deriva dagli ideals che un compositore nutre e non viceversa. Il primo è il mondo
dellamanner, cui contrappone quello della substance. E’ la sostanza a determinare la tecnica compositiva
[Vinay 1975], [Burkholder 1985]. E’ necessario tuttavia, per poter penetrare questo dualismo, proiettare
l’estetica ivesiana sullo sfondo del trascendentalismo flosofco americano.[7] Nato su basi religiose, questo
movimento si pone come una reazione agli eccessi del razionalismo illuminista. Gli spunti di diversa
provenienza (persino scritti di flosofa indiana) talvolta si mischiano in un pittoresco calderone ma i
riferimenti più evidenti rimandano al pensiero tedesco post-kantiano, in particolare rifacendosi alle idee di
Schelling nell’interpretazione del poeta, teologo e flosofo inglese Samuel Taylor Coleridge (1772-1834).
“Quello che i trascendentalisti desiderarono conseguire e pensarono di poter raggiungere disciplinando le
proprie intuizioni fu un rapporto diretto fra l’anima e dio” [Blau 1952]. Il trascendentalismo si risolve
nell’affermazione di una capacità intuitiva da parte dell’uomo di afferrare la verità fondamentale, di conoscere
con certezza un ordine soprannaturale posto oltre i confni dell’esperienza sensibile. Da questo punto di vista si
può capire perché la manner, che rientra nella sfera dell’esperienza sensibile, non possa competere con
la substance, che è l’intuizione diretta che rende possibile una cognizione immediata della realtà ultraterrena.
L’intuizione è “capacità e bene” di tutti gli uomini dal momento in cui nascono, è cioè una caratteristica
universale; da qui si può capire la tesi che l’introspezione personale abbia una funzione euristica di
comprensione degli altri e della realtà, visto che tutti condividono questa capacità e questo bene. Tutti possono
comunicare direttamente con Dio. La conoscenza del razionalismo su basi empiristiche non conduce al vero
ordine, quello ultraterreno, che si può cogliere solo con l’intuizione. E’ questa la substance da cogliere. [8]
Inoltre, sulla scorta delle idee di Coleridge, che aveva sostituito l’intuizione alla grazia e la rifessione alla
rivelazione, non poteva accettare verità superiori neanche in musica. Doveva intuire da solo la propria verità,
costruirsi da solo il suo mondo. In conclusione, Ives nega che la musica si un puro gioco di forme o riconducibile
solo a una manner, impegnandosi a dare corpo concreto a una substance, che si articola in “immagini mentali”
ora precise ora della consistenza dei sogni. L’infnitismo del compositore americano, evidente in quella che
Vinay ha defnito una “poetica dell’interrogazione” (di cui sono esempio l’Unanswered Question e l’Universe
Symphony) è il trait d’union tra umanità e trascendenza, human experience tutta tramata di ritmi campestri e
urbani, inni e marce e volo nel buio.
II: il prospettivismo compositivo
Conviene saggiare la consistenza delle sue sperimentazioni nell’organizzazione dei materiali, avvertendo che
non si può parlare di una direzionalità lineare nella produzione ivesiana. Si tratta piuttosto di piani sovrapposti
in cui è possibile trovare dei materiali ricorrenti e anche contraddittori senza soluzione di continuità. Accanto a
lavori chiaramente tonali ne troviamo altri in cui si sperimenta con una certa libertà la pratica della bi- e poli-
tonalità. In altri pezzi ancora Ives ha sperimentato serie di altezze, specialmente in Tone Roads No. 1 (1911)
e No. 3 (1915) e Chromatimelodtune (ca. 1919). In Tone Roads No. 1 ci sono due serie, nessuna delle quali è
completa; si ha come la sensazione che l’organizzazione serialeggiante sia come un’opzione tra le tante.
In Chromatimelodtune la serie usata è singola e completa ma il lavoro non nasconde un orientamento
tonale. From the Steeples and Mountains (ca. 1901) è basato su una struttura retrograda che implica anche la
serializzazione dei valori ritmici: una riduzione delle durate dalla minima (otto sedicesimi) all’ottavo puntato
(tre sedicesimi) fno alla metà del pezzo, dopo il quale il processo è invertito fno a raggiungere l’originario
valore della minima. Un passaggio simile, sebbene senza il retrogrado, si trova nella coda di Over the
Pavements. Nei Three Quarter-Tone Pieces per due pianoforti ,1923, giunge a sperimentare sistematicamente i
quarti di tono. [9] La musica di Ives è ricca inoltre di esempi di textures ritmiche le più varie. Elliott Carter in
un importante saggio scritto nel 1955 spiega che Ives utilizza tre procedimenti ritmici fondamentali:
1)sovrapposizione di velocità differenti, (Fourth Symphony); 2) rubati notati su un piano, e tempo rigoroso su
un altro (Calcium Light); 3) nel terzo tipo, si sentono simultaneamente due piani senza relazione (The
Unanswered Question e Central Park in the Dark) [Carter 1955]. [10] In Over the Pavements (1906-1913),
defnita dall’autore “a kind of take-off of street dancing” l’accento del metro di 5/8 è dato dalla percussione ma il
clarinetto e la tromba dividono la misura in due gruppi uguali di 5/16. I tromboni e il pianoforte, appoggiati dal
fagotto, suonano clusters percussivi nel registro basso, ciascuno in croma puntata, in questo modo dividendo le
tre misure considerate come un intero in dieci sub unità uguali.
Il secondo carattere distintivo, sul piano dell’organizzazione delle altezze e dei livelli ritmici evidenziano una
voluta, estrema libertà compositiva, una libertà “svincolata da qualsivoglia schema precostituito” [Burkholder
1985], cui è impossibile sovrapporre delle griglie di qualche genere. Il “prospettivismo” compositivo per Ives si
articola in multidirezionalità in funzione frequenziale e multidirezionalità multitemporale e poliritmica.
III: l’umanesimo trascendentale
Nonostante tutto quello che è stato scritto sulla seconda sonata per pianoforte[11] sottotitolata “Concord,
Mass., 1840-1860″, anche dallo suo stesso autore negli Essays Before a Sonata, non ci riesce ancora facile
comprendere perché Ives abbia sentito la necessità, per rendere omaggio alle fgure ideali della sua formazione
(Emerson, Hawthorne, Gli Alcott, Thoreau, che ne contrassegnano i movimenti), di farcire il pezzo con una tale
miriade di prestiti ( una sorta di “camaleontismo tematico” [Vinay]) da fare di questo lavoro il più spericolato
degli esempi di “montagismo” ivesiano.[12] Block ci ha fornito recentemente un ampio panorama dei “prestiti”
della Concord [Block 1996]. Si va dalla quinta Sinfonia di Beethoven alla Sonata “Hammerklavier” (op. 106),
all’inno Martyn (“Jesus, lover of my soul “) di Simeon B. Marsh, con tutta una serie di “prestiti” dubbi, come
quello della seconda Sonata di Brahms op. 2 e della nona Sinfonia di Schubert; questo solo per citare i “prestiti”
ricorrenti in tutti e quattro i movimenti. Ce ne sarebbero decine di altri isolati nei singoli movimenti.
Da un certo punto di vista si potrebbe sostenere – per uscire da una certa empasse - che i prestiti musicali
dellaConcord siano in un certo senso iscrivibili nella categoria dell’ unheimliche, del perturbante, per usare una
fgura freudiana. Musica apparentemente familiare e tuttavia altra e diversa. Ma occorre essere prudenti, visto
che ci troveremmo proiettati in un mondo troppo diverso da quello ivesiano. Proviamo a seguire Vinay, che
parla di una “presa di distanza oggettivante che impedisce alla parodia di diventare megafono di emozioni
individuali”. [13] E’ certo che ci troviamo in un zona su cui non è stata fatta piena luce. Non ci soccorrono le
“immagini mentali” consuete, né la poetica delle campestri “ricordanze”. La musica regge quasi da sola,
nonostante il programma letterario, lo sforzo di un pastichecollagistico (in senso proprio e altrui), che sfocia in
un materismo sonoro che si plasma tutto intero fuori della tradizione pianistica. L’umanesimo trascendentale
non teme di attraversare le zone più affollate dell’umano (ai limiti del “perturbante”, appunto). Laddove si
cimenta con le sperimentazioni più avanzate del secolo. Qui Ives nello sforzo di oggettivazione si scrolla di dosso
quel tanto di quietistico insito nella sua ricerca spirituale per incontrare e guardare in faccia vecchi e nuovi
agonismi compositivi.
IV: l’affresco sonoro dell’”human experience”
La rappresentazione dell’human experience e la tendenza all’affresco sonoro hanno un grande spazio
nell’universo ivesiano. Qualche critico ha parlato del particolare realismo di questa musica, che non ritiene
indegno rappresentare le esperienze di ogni giorno, di tipo sportivo (Some Southpaw-Pitching), legate alle
festività (Hallowen), o illustri , come la scena familiare rappresentata dal movimento “The Alcotts” della
sonata Concord. La Fourth Symphony, è il lavoro che porta alle estreme conseguenze, trasfgurandola, la
rappresentazione dell’human experience. Completata nel 1916 (poi rivista e pubblicata nel 1929), la storia della
sinfonia riguarda gli ultimi venti anni della dimensione creativa di Ives. Qui Ives riusa intensamente musica
propria scritta in precedenza, forse non meno di una dozzina di lavori, insieme a numerosi “prestiti” da musiche
di altri compositori.
Nel primo movimento un montaggio essenzialmente triadico per coro e orchestra dell’inno Watchman, Tell Us of
the Night è combinato con un numero di citazioni frammentarie che contribuiscono a un complesso
accompagnamento orchestrale. Uno strato per arpa e due violini, designato nella partitura come un “coro
distante”, da sentirsi appena basato su un secondo inno, Nearer, My Good, to Thee e costruito con accordi per
quarte con altezze parzialmente in confitto con quelle del resto dell’orchestra crea un indistinto alone di suoni
confittuali che colorano con dolcezza l’inno, rendendolo ambiguo e vagamente misterioso. Il secondo
movimento spinge la pratica del collage fno alle sue estreme conseguenze con strati differenziati anche dal
punto di vista metrico-ritmico, per cui sono richiesti tre differenti direttori. Prestiti, musica di riuso e citazioni
sono fusi in un magma incandescente che impedisce la percezione del singolo particolare, mirando piuttosto a
un effetto d’insieme. Il terzo movimento è un’orchestrazione, con pochi cambiamenti, di una relativamente
tradizionale fuga tonale scritta durante gli anni di Yale, che originariamente serviva come elemento d’apertura
del primo Quartetto d’archi (1898). Il quarto movimento è simile al secondo, anche se meno complesso.
Riappare il coro distante, ancora in riferimento a Nearer, My Good, to Thee e qui troviamo uno strato percussivo
addizionale che apre il movimento e dopo aver continuato quasi impercettibilmente sullo sfondo per tutto il
tempo, si sente solo ancora alla fne. Ritorna a cantare anche il coro senza parole alla fne di un passaggio di
luminosa serenità.
V: l’infnitismo ivesiano
L’esempio preliminare che defnisce l’idea di quello che esprime l’infnitismo ivesiano è rappresentato da The
Unanswered Question (1906). Qui il musicista di Danbury sperimenta la separazione di grandi ensembles in
micro-unità signifcative separate le une dalle altre sia spazialmente che musicalmente. Il lavoro è composto di
tre parti distinte: gli archi fuoriscena, che suonano sullo sfondo di una musica triadica in do maggiore, l’a solo di
tromba con una fgura cromatica di due misure che ricorre con intermittenza sette volte (che rappresenta la
“question” del titolo) e un quartetto di fauti, che rispondono alle prime sei affermazioni della tromba (l’ultima
resta senza risposta alla fne del pezzo), con ogni risposta che diviene più lunga, meno forte, più dissonante e
cromatica e ritmicamente meno evidenziata rispetto alle precedenti. In questo lavoro più che in altri il
compositore sembra declinare un’idea di sonorialità cosmica che è uno dei tratti più importanti della sua
poetica.
Lo sbocco fnale utopico e visionario di una grandiosa rappresentazione del rapporto tra terreno e divino è in 44
fogli di schizzi che vanno sotto il nome di Universe Symphony, la grande incompiuta della produzione ivesiana,
un’opera che non ha superato “la dimensione di progetto” [W. Rathert in Contrechamps 1986, p. 129 e sgg., cui
rimandiamo per un maggior approfondimento]. Nei Memos del ’32 parla di questo progetto iniziato intorno al
1915. Sono gli anni in cui Skrjabin progetta il suo Atto preliminare (1914-15) e Schoenberg il suo Die
Jakobsleiter (1917-1922). La sintonia non è casuale.
Il progetto è diviso in tre sezioni: I. Section A: (Past) Formation of the waters and mountains, II. Section B:
(present) Earth, evolution in nature and humanity, III. Section C: (Future) Heaven, the rise of all to the
spiritual.. Come nota giustamente Rathert, vi si sente il richiamo di quello che è il sottofondo poetico del
trascendentalismo, cioè il romanticismo inglese di Wordsworth e Coleridge. Aggiungeremo che l’idea di
associare la formazione della musica a quella del paesaggio, da cui il prospettivismo compositivo di cui abbiamo
già parlato, rimanda al cuore teorico di quella provenienza, che è rappresentato dal prospettivismo flosofco di
Leibniz. Vogliamo concludere con la Universe Symphony, un torso di enorme suggestione poetica, per dare
un’idea dell’intreccio delle problematiche di questo musicista.
La “funzione Ives” e il ruolo centrale dell’intuizionismo
Abbiamo parlato di “funzione Ives” nella musica del Novecento. Se gli attribuiremo il credito necessario
potremo non soltanto scoprire che c’è una “terza via” nella musica di questo secolo, che la sottrae a una celebre
ma forse sterile contrapposizione binaria di adorniana memoria, ma potremo anche leggere con occhi diversi un
mondo di domande senza risposta legate ad altri personaggi che rientrano a fatica nella “terza via”, come
Skrjabin, Berg o Messiaen. Questa “funzione” è una funzione euristica e si pone come un grimaldello
ermeneutico nello scandaglio storiografco di un secolo ricco e poliedrico. E’ la funzione dell’intuizionismo, che
ha un’enorme risonanza in tutto le spettro del pensiero proprio negli anni della maggiore produzione ivesiana.
E’ la musica stessa a suggerirci – al di fuori del metodo strutturale – gli strumenti analitici con cui poterla
studiare. Come si vede, la questione presenta una tale ricchezza di problematiche da giustifcare un accanito
lavoro di ricerca.

SCUOLA DI DARMSTAD – SERIALISMO INTEGRALE – MUSICA ALEATORIA

Per dodici lunghi anni, dal 1933 al 1945, la Germania era stata musicalmente tagliata fuori dal mondo, poiché il
regime nazista aveva costretto all' emigrazione tutti i maggiori compositori (Schonberg, Hindemith, i
'brechtiani' Weill, Dessau e Eisler, oltre a Brecht stesso)'. Sulla via dell'esilio si erano incamminati, ovviamente,
anche molti altri intellettuali, per lo più di origine ebraica: ad esempio, il musicologo Curt Sachs, il flosofo della
musica Theodor W. Adorno, il musicologo Alfred Einstein (senza parlare del suo ben più noto cugino, il fsico
Albert Einstein). Questo massiccio fusso migratorio si era diretto soprattutto verso gli Stati Uniti, arricchendo
di stimoli insostituibili tale nazione ancora molto giovane.
Terminata la bufera della guerra, i giovani compositori tedeschi sentirono dunque il bisogno di aggiornarsi su
ciò che era avvenuto nel frattempo, ripopolando il loro mondo musicale ridotto a macerie come le città
bombardate. Per iniziativa del musicologo e critico Wolfgang Steinecke, dal 1946 in poi si organizzarono nella
città tedesca di Darmstadt gli lntemationale Ferienkurse fur Neue Musik, ovvero Corsi estivi internazionali per
la nuova musica. Essi non consistevano soltanto in corsi di composizione e di interpretazione, giacché la
principale fnalità perseguita nei primi anni fu l'esecuzione di musiche ancora mai ascoltate in Germania: in
particolare le composizioni americane di Stravinskij, Bartok, Hindemith e soprattutto quelle di Schonberg,
autore ancora in quegli anni molto trascurato dalle istituzioni uffciali. Col passare del tempo la notorietà
musicale della cittadina tedesca crebbe, attirando musicisti anche dall'estero. Intorno al 1953 il processo di
aggiornamento poté dirsi compiuto, e il baricentro si spostò dalla musica del recente passato agli scottanti
problemi della musica del presente.
Uno degli elementi catalizzatori di questo processo fu proprio un concerto retrospettivo del 1953, interamente
dedicato a musiche di Anton Webern; prima di allora, quasi nulla si era ascoltato di questo autore, sebbene se ne
comincias3 se a conoscere la tecnica compositiva . Grazie anche a questo concerto, la fgura di Webern balzò alla
ribalta in tutta la sua modernità: pur avendo scritto pochissime composizioni dodecafoniche (e pochissime
composizioni in assoluto), egli divenne un punto di riferimento imprescindibile per quasi tutti i giovani
compositori degli anni '50, molti dei quali vennero di conseguenza detti post-weberniani. Di Webern interessava
non tanto l'aforisticità - strada su cui nessuno ebbe il coraggio di incamminarsi - quanto l'estremo rigore
costruttivo e il valore conferito al suono singolo, relativamente autonomo rispetto agli altri e le cui
caratteristiche (altezza, durata, intensità, timbro) fossero accuratamente specifcate.
Un altro' avvenimento che segnò una pietra miliare per le avanguardie musicali fu una composizione del
francese Olivier Messiaen (1908-92), scritta proprio a Darmstadt nel 1949: Mode de valeurs et d'intensités
(Modo di valori e di intensità) per pianoforte. Fin dal 1928 Messiaen aveva elaborato un suo linguaggio
musicale imperniato sui modi (nel senso di scale musicali), desunti dall' antica modalità ecclesiastica, dalla
mUSICa orientale o creati da lui stesso. Nel Mode de valeurs et d'intensités Messiaen cercò di applicare le sue
ricerche sui modi anche ai valori musicali e alle intensità: non per niente questa composizione fa parte di una
raccolta di studi sul ritmo. Egli compilò un modo in cui erano indissolubilmente uniti tutti i parametri del suono:
ogni nota era fornita di una durata, una dinamica e un tipo di attacco di sua esclusiva pertinenza. Esplorata
questa possibilità, Messiaen non vi indugiò più di tanto, tornando a scrivere composizioni di altro genere5• Ma
il suo Mode aveva gettato un seme che non tardò a germogliare: due giovani compositori, il francese Pierre
Boulez (n. 1925) e il tedesco Karlheinz Stockhausen (n. 1928), ne rimasero profondamente colpito. Fondendo
questa esperienza di Messiaen con il magistero di Webern, nell'anno 1951 entrambi si incamminarono verso
quella che si defnisce serialità integrale: Boulez con Poliphonie X (Polifonia X) per 18 strumenti e Stockhausen
con Kreuzspiel (Gioco incrociato) per sei esecutori. La serialità integrale consiste nell' applicazione rigorosa
del criterio seriale anche agli altri parametri del suono (in primo luogo alla durata delle note) e non solo alle
altezze, come invece si limitava a fare la dodecafonia classica. Dunque, se la dodecafonia aveva cancellato
almeno nelle intenzioni - qualsiasi traccia del sistema tonale, la serialità integrale fniva di radere al suolo ciò
che era rimasto della discorsività musicale tradizionale, atomizzando la musica in singoli 'punti' (da cui
'puntillismo') isolati nel tempo e nello spazio sonoro.
Ma la serialità integrale, spezzando tutti i nessi tradizionali, rispondeva anche a un' esigenza di carattere più
generale. Così come Europa intera cercava di scrollarsi di dosso i ricordi del recente incubo, anche i musicisti
sentivano il bisogno di ripartire da zero: era necessario tagliare tutti i ponti con il passato, impiantare la musica
su basi totalmente diverse da quelle del soggettivismo romantico, come se mai nulla fosse stato composto. E se
negli anni '20 (un altro dopoguerra ... ) Satie e Stravinskij cercavano di reagire con l'arma dell'ironia ai tentacoli
ancora protesi del Romanticismo, negli anni '50 tale operazione divenne spasmodicamente seria.
L'operazione più radicale in questa direzione fu compiuta da Pierre Boulez con Structures I per due pianoforti
(Strutture I, 1952). Come sarà spiegato nell'Approfondimento, la prima delle tre parti di Structures I vuole
raggiungere proprio il 'grado zero' della composizione, annullando del tutto non solo la soggettività emotiva
dell'autore, ma anche - per ciò che è possibile - il suo stesso agire compositivo: dati alcuni elementi di partenza
(e anche questi non di sua creazione, ma estratti dal Mode di Messiaen), Boulez ne trae una rigidissima griglia
numerica che gli impone pressoché tutte le scelte compositive. Il risultato è emotivamente raggelante: poiché
tutto è serializzato (altezze, intensità, dinamiche, tipi di attacco), e quindi nulla può ripetersi fnché la serie a
cui appartiene non è interamente trascorsa, l'orecchio e la memoria non hanno più niente a cui aggrapparsi, e
1'ascoltatore galleggia in balìa di eventi sonori completamente imprevedibili. Ma contemporaneamente si tratta
del massimo ascetismo possibile: il compositore si annulla, rinuncia al suo 'io' creatore per consegnarsi alla
spietata razionalità del numero. Con questa composizione Boulez raggiunge ciò che egli stesso defnisce, lo si
vedrà nell'Approfondimento, i «limiti della terra fertile»: più in là di così non si può andare. E già dalla seconda e
dalla terza parte delle stesse Structures I, il musicista francese inizia a ricostruire una discorsività 'umana'; ora
sente di poterlo fare proprio perché nella prima parte ha tagliato ogni ponte dietro di sé.
Ovviamente non aveva alcun senso ripetere ancora questo temerario esperimento: gli altri compositori, come
del resto lo stesso Boulez, limitarono la loro serialità integrale essenzialmente al trattamento delle altezze e
delle durate, lasciandosi liberi di gestire a proprio arbitrio le altre caratteristiche sonore .
Le composizioni di questo periodo, che fu detto strutturalismo, rappresentano anche per gli esecutori un
compito estremamente arduo: calcoli ritmici estremamente intricati, salti di estensione estremi, totale controllo
del timbro di ogni singola nota e così via.

Musica aleatoria
Ma lo strutturalismo non fu affatto l'unica corrente nella musica di quel periodo. Nello stesso anno 1951 che
vide Poliphonie X e Kreuzspiel, sulla costa americana del Pacifco un compositore statunitense, John Cage
(1912-92), aveva scritto qualcosa di veramente insolito.
Fin dal 1938 questo musicista si era fatto notare per aver usato il cosiddetto 'pianoforte preparato' in una
composizione dal titolo Bacchanale, seguita poi da numerose altre . La 'preparazione' del pianoforte consisteva
nell'inserire in determinati punti tra una corda e l'altra vari oggetti (viti, bulloni, pezzi di gomma, di plastica e
così via; tutto accuratamente specifcato da apposite istruzioni), di modo che il timbro del pianoforte ne
risultasse profondamente modifcato: qualcosa di molto simile alle orchestre orientali di metallofoni. L'uso del
pianoforte preparato, a metà fra una raffnatissima ricerca timbrica e una volontà dissacratoria nei confronti
dello strumento romantico per eccellenza, non fu che la prima delle 'invenzioni' di Cage .
Cage era al corrente del tentativo di Boulez di comporre una musica in cui tutti i parametri fossero
razionalmente predeterminati; ma lo giudicò un tentativo velleitario. L'applicazione integrale della serialità
dava infatti come risultato previsto e ricercato una musica senza alcun flo logico percepibile: una composizione
che sembrava realizzata con note messe lì a caso. Tanto valeva, concluse provocatoriamente, usare il caso per
davvero.
E così fece nel suo Music or Changes (Musica di mutamenti, 1951), una lunga 'composizione per pianoforte
divisa in quattro quaderni. Tutto - o quasi - ciò che vi accade (altezze, intensità, dinamiche, andamenti,'
sovrapposizioni degli eventi fra di loro) venne deciso da Cage mediante il lancio casuale di tre monetine,
secondo la tecnica divinatoria cinese detta I-Ching, l'antichissimo Libro dei mutamenti, da cui il titolo Musica di
di mutamenti di questa composizione
Lo stesso procedimento fu da lui adottato per un' altra composizione dello stesso anno, lmaginary Landscape
No.4 per 12 apparecchi radio e 24 esecutori (due per ciascuna radio: uno ne regola la sintonia, l'altro il
volume); in questo caso, alla casualità con cui è stata scritta la pur dettagliata partitura si somma la casualità
della programmazione radiofonica al momento dell'esecuzione. L'utilizzazione del caso nel processo compositivo
e o esecutivo viene chiamata alea (dal latino alea, 'dado'); la musica così ottenuta assume il nome di musica
aleatoria .
L'irruzione dell'alea comportava la rescissione di ponti ancora più lunghi rispetto a quelli tagliati dalla scuola di
Darmstadt: erano addirittura la razionalità e la creatività umana a essere poste in discussione. Cage proseguì
ancora su questa linea, che trovava in assonanza con gli studi appena compiuti alla Columbia University sulle
flosofe orientali e sul buddismo zen, ripensando addirittura il concetto stesso di ciò che è musica e ciò che non
lo è. Secondo la concezione cageana di ascendenza orientale, l'uomo non deve tendere a modifcare l'ambiente
circostante, ma deve adattare se stesso a ciò che lo circonda: natura, oggetti o persone che siano. Quindi l'ideale
non è la fgura di un compositore che, novello homo faber, costruisce rigorose forme musicali: la forma deve
invece crearsi di volta in volta all'interno di ciascun ascoltatore, a seconda delle modalità della sua percezione.
La composizione che rappresenta la quintessenza di questo atteggiamento (siamo di nuovo ai limiti della terra
fertile) è il celebre 4'33" del 1952 per qualsiasi strumento o strumenti.
Un'unica cosa è scritta sulla 'partitura': tacet. Chi esegue 4'33" deve limitarsi a presentarsi al pubblico e a non
suonare, per la durata esatta dei quattro minuti e trentatré secondi indicati dal titolo. Qyesta provocatoria
composizione non ha solo una valenza negativa (io, il compositore, non posso più comunicare niente a te,
ascoltatore; e anche se lo potessi, tu non saresti più in grado di comprendermi), ma vuole soprattutto stimolare
ad un attivo ascolto del silenzio. Il silenzio, nella visione di Cage, non è un non-suono. Esso è pieno di musica,
fatta dai rumori interni ed esterni all' ascoltatore stesso e alla sala da concerto, dai mormorii esterrefatti o dalle
proteste del pubblico (da Cage previste e accettate): noi viviamo sempre all'interno di una sfera sonora, che
bisogna imparare a percepire16. Dalla fne degli anni '50 le sue composizioni hanno inglobato l'alea non solo nel
momento compositivo ma anche in quello esecutivo, affdandosi a quella che chiamava 'indeterminatezza
umana' e realizzando quella che è stata detta forma aperta. Ad esempio, nel Concerto per pianoforte e orchestra
(1958) non vi è partitura ma solo singole parti, composte sempre con metodi aleatori; gli esecutori - di numero e
strumenti variabili - decidono da sé quali parti suonare, per quanto tempo, in quali raggruppamenti (un unico
solista, un gruppo da camera, l'orchestra sinfonica, pianoforte e orchestra, ecc.), mentre il direttore funge solo
da orologio che segna lo scorrere del tempo .
Questo tipo di composizioni si può far già rientrare nel concetto di happening. L' happening (lett.: 'avvenimento')
divenne la cifra caratteristica della produzione di Cage dagli anni '60 in poi. Il termine si potrebbe anche
tradurre con 'evento': eventi in cui l'autore si limita a suggerire agli esecutori - sempre variabili - cosa devono
suonare o fare (ad esempio nella serie delle Variations I-IV, [Variazioni I-lVI, 1958-63), giacché, come egli
sosteneva, tutto ciò che facciamo è musica. Anche il gesto entra a far parte della musica, come pure le azioni o
reazioni del pubblico, che è chiamato spesso ad un ruolo attivo. In molti casi l'autore si limita ad offrire vasti
ambienti fttamente popolati di musicisti che suonano le musiche più disparate: sta agli spettatori muoversi
liberamente nello spazio e determinare da sé le proprie modalità di ascolto.

JOHN CAGE
(Los Angeles, 5 settembre 1912 – New York, 12 agosto 1992) è stato un compositore, teorico
musicale e scrittore statunitense.
fglio di un inventore, tra l'altro di un sottomarino a benzina, di un sistema di proiezione televisiva, di una
medicina per la tosse. La madre era una reporter televisiva.Da ragazzino studia pianoforte presso alcuni
maestri privati, e compie svariate ricerche personali sulla musica dell'Ottocentointeressandosi particolarmente
alla tecnica del virtuosismo pianistico.
A 16 anni decide di voler diventare scrittore. A 18 anni lascia il college per andare in viaggio in Europa. Ci
rimane per un anno e mezzo. Va a Parigi e si interessa all'architettura, alla pittura, alla poesia e alla musica.
Conosce la musica di Stravinskij, diBach e soprattutto quella di Eric Satie. Va in Germania, Spagna e Italia.
Compie le prime prove di composizione, approfondendo gli aspetti tra l'unione di musica e teatro.

Nel 1931 torna in California. Nel 1933 decide di dedicarsi principalmente alla musica. Spedisce alcune sue
composizioni aHenry Cowell, che gli dice di andare a studiare da un allievo di Schönberg, Adolph Weiss. Va
dunque a New York, per studiare con Weiss e lì prende anche alcune lezioni da Cowell. Sul fnire del 1933, con
una tecnica compositiva migliorata, decide di rivolgersi a Schönberg per diventare suo allievo. Schönberg lo
accetta e accetta anche di dargli lezioni gratuitamente. Studia con lui per due anni.

In questo periodo usa la tecnica seriale, sia di tipo dodecafonico, sia con delle serie da lui stabilite, ad esempio
con una serie basata su 25 note.

Periodo "romantico"[modifca | modifca sorgente]

Nel 1936 trova lavoro a Seattle, alla Cornish School Of The Arts, come compositore di musiche per balletto.

Nel 1939 fonda alla Cornish School un'orchestra di percussioni per cui compone First construction (in metal).
In essa vengono usate largamente percussioni improprie come tazzine, cerchioni di auto, contenitori di latta.
Nello stesso anno compone Imaginary landscape no. 1. È un quartetto per un piano, un piatto e due fonograf a
velocità variabile. È una delle prime composizioni in cui compare la musica registrata.

Nel 1940 gli viene commissionata una musica per il balletto Bacchanale. Qui per la prima volta sperimenta la
tecnica del "piano preparato", piazzando una piastra di metallo sulle corde, così da modifcare il timbro dello
strumento e produrre suoni percussivi. Questa tecnica gli deriva da Cowell, che aveva composto pezzi per piano
in cui bisognava suonare le corde con le dita e con barrette di metallo, e da Satie che ancora prima aveva tentato
esperimenti simili.

Nei pezzi per piano preparato si inseriscono tra le corde del pianoforte svariati oggetti, di modo che l'esecutore
produca suoni che non sono del tutto volontari. È uno studio sulla casualità del timbro: il compositore indica la
preparazione dello strumento ma non decide completamente il risultato sonoro della sua opera. Si generano
suoni che suggeriscono il suono prodotto da un'orchestra di percussioni. È una provocazione nei riguardi
dell'inviolabilità degli strumenti classici. Il pianoforte, strumento romantico per eccellenza, viene violentato
con oggetti di uso quotidiano, la tradizione europea sbeffeggiata.

Sul fnire degli anni trenta incontra Merce Cunningham, rivoluzionario coreografo pioniere della danza post-
moderna, con cui instaurerà un sodalizio artistico e sentimentale, un'intesa di amicizia, fratellanza, rispetto e
amore che durerà per tutta la vita.
In questo primo periodo Cage si dedica quasi esclusivamente alla musica percussiva, dettata alla ricerca di
soluzioni timbriche e ritmiche originali. È un interesse che si ricollega a Varèse e a Cowell.

Questo periodo è stato defnito romantico, perché è quello in cui Cage usa la musica con fni espressivi
intenzionali.

Importante è il lavoro con ballerini e coreograf sulla correlazione tra musica e danza, e sulla ricerca di una
relazione strutturale tra le due arti. Il lavoro a volte parte dalla coreografa e poi si aggiunge la musica, altre
volte parte dalla musica. L'infuenza della danza è importante per lo sviluppo di una musica intesa soprattutto
in senso percussivo, e di conseguenza anche per l'invenzione del piano preparato.

Cage basa la costruzione musicale sulla struttura ritmica, sulla successione delle durate. La struttura ritmica
"soggioga" l'armonia.

Esplora anche il campo dei rumori. Prova nuovi tipi di strumenti, soprattutto percussioni e conduce
esperimenti con la musica elettronica.

Utilizza formule matematiche per strutturare la composizione, ad esempio i rapporti basati sulla "sezione
aurea" (1:1,618).

Tra il 1946 e il 1948 scrive il suo lavoro per piano preparato più acclamato: Sonatas and interludes. Sono venti
pezzi, sedici sonate e quattro interludi, in cui Cage porta ad un livello di maggiore complessità la sua tecnica
basata sulle proporzioni ritmiche: la struttura di ogni pezzo è defnita da una serie di numeri, e allo stesso modo
anche le parti di ogni pezzo sono defnite matematicamente. Il processo compositivo è basato largamente
sull'improvvisazione e sull'esplorazione delle varie possibilità: Cage ha scritto di averlo composto suonando il
piano, sentendo le differenze e facendo una scelta. È il pezzo per piano preparato in cui la preparazione dello
strumento è più complessa: ci sono 45 note preparate attraverso l'inserimento di bulloni, pezzi di gomma, pezzi
di plastica e noci.

Alea

Nella seconda metà degli anni quaranta si interessa alle culture orientali: alla musica e alla flosofa indiana,
al Buddhismo Zen. Lo Zen diventa una impostazione flosofca con cui ridiscutere il concetto di musica. La
musica viene considerata affermazione della vita, un modo per vivere veramente la nostra vita. Il concetto
fondamentale è la mancanza di fni, di scopi, di intenzioni: bisogna meditare sul vuoto.

Strutture ritmiche della terza sonata della serie di Sonatas and Interludesper il pianoforte preparato

Nel 1947, durante la composizione di Sonatas and interludes, crea The seasons. È il suo primo pezzo per
orchestra e nasce come musica per un balletto di Cunningham. Cage ricorre all'uso delle proporzioni numeriche
nella costruzione della struttura compositiva. Nella concezione ciclica del pezzo si esprime il nascente legame di
Cage con la cultura indiana: le armonie statiche e la anti-direzionalità vogliono suggerire l'andamento ciclico
della natura.

Nel 1950 si procura il libro dell'I Ching, il libro cinese dei cambiamenti, di cui si vuole servire per fare delle
scelte compositive senza l'intervento della sua volontà, in modo non intenzionale. È un metodo per organizzare
il caso, per controllare l'imprevedibile. Serve a determinare secondo un sistema di combinazioni numeriche,
quali note suonare, la loro durata, la loro altezza.

L'adozione di tecniche aleatorie e casuali serve:


•per aggirare il desiderio di trovare sempre l'emozione nella musica.
•per rimuovere tutte le tracce di identifcazione personale con il materiale musicale, per eliminare l'aspetto
soggettivo del processo compositivo, il collegamento fra la sensibilità del compositore ed i suoni che compone.
Indeterminismo vuol dire espellere la nozione di scelta dal processo creativo. Signifca avvicinarsi
all'indeterminatezza del suono naturale. La musica è natura, non è imitazione della natura. L'artista non
controlla, non organizza, non domina la natura, ma la ascolta. L'uomo ha un ruolo subalterno, non è né
esecutore né creatore della musica, è un liberatore del suono. C'è il rifuto del principio composizionale della
conseguenza logica, c'è il rifuto della concezione della musica in quanto suono organizzato. Vuol dire liberarsi
dalle costrizioni, rimuovere l'idea di modello.

È il crollo dell'idea europea di musica, basata sulla centralità del compositore. Cage distrugge la fgura del
compositore genio, di stampo romantico. È un passo che Cage può fare perché è americano e quindi non sente
schiacciante il peso della tradizione colta.

Le caratteristiche della musica di Cage derivate dall'approccio alle flosofe orientali legano la sua opera alla
poetica dada: l'esaltazione dell'automatismo, il disprezzo per la ragione, l'accettazione dell'assurdo, sono aspetti
che accomunano lo Zen all'avanguardia dadaista.

La prima composizione in cui Cage impiega questa nuova tecnica è Music of Changes per piano solo, del 1951. Il
titolo deriva dall'I Ching. L'opera consiste in quattro "books". Il processo compositivo parte dalla costruzione di
un quadrato di 64x64 celle. In ogni cella viene inserito un valore: il tipo di suono, la durata, il volume.
Attraverso dei meccanismi casuali gestiti da un calcolatore avviene la scelta all'interno di queste possibilità. Gli
stessi meccanismi avvengono a livello verticale per la creazione di effetti polifonici, e per la scelta dei ritmi.

In Imaginary landscape no. 4 per dodici radio, del 1951, ogni radio è controllata da due esecutori, uno
sintonizza la frequenza, l'altro cambia il volume, seguendo le indicazioni della partitura. I risultati sono sempre
differenti e imprevedibili. Invece di tentare di imporre il suo stile musicale all'ambiente locale, Cage lascia che
sia l'ambiente locale a determinare il risultato della propria arte.

Un altro metodo di composizione casuale si basa sull'osservazione delle imperfezioni della carta su cui si scrive
la musica.

L'approccio alle flosofe orientali porta Cage verso la negazione dell'io, verso la rinuncia all'espressione e alla
comunicazione, verso l'abbandono del controllo umano sulla natura e sul suono. L'alea è un modo per imitare la
maniera in cui la natura opera e per aprire la mente alle infuenze divine, ad esempio al mondo indeterminato
dei suoni non intenzionali. Cage vuole creare musica che non ha mai ascoltato.

Un'importante rivoluzione, anche nel senso classico della traduzione musicale, è costituito dal suo "Concerto per
pianoforte e orchestra", composto nel 1958 con la tecnica dell'I Ching.

Silenzio[modifca | modifca sorgente]

In questo periodo visita la camera anecoica dell'università di Harvard, una stanza insonorizzata ed
acusticamente trattata, in cui poter "ascoltare il silenzio". Cage invece riesce a sentire dei suoni, i suoni del suo
corpo: il battito del cuore, il sangue in circolazione. Ciò che ne ricava è la consapevolezza dell'impossibilità del
silenzio assoluto.

Il silenzio è una condizione del suono, è materia sonora: sottolinea e amplifca i suoni, li rende più vibranti, ne
preannuncia l'entrata, crea suggestivi effetti di attesa e sospensione. Il silenzio è un mezzo espressivo, è pieno
di potenziale signifcato.

Nel 1952, anche in seguito all'esperienza nella camera anecoica, compone 4'33", per qualsiasi strumento.
L'opera consiste nel non suonare lo strumento.

La sostanza esecutiva dell'opera è un'operazione teatrale più che musicale.

Il titolo dell'opera (4 minuti e 33 secondi: vale a dire 273 secondi) è forse un richiamo alla temperatura
dello zero assoluto (–273,15 °C che equivale a zero K ); Cage stesso dichiarò d'aver creato quel titolo "just for
fun" - per puro divertimento - in quanto, scrivendolo con la sua macchina da scrivere, la maiuscola del numero 4
era il segno ' e la maiuscola del numero 3 era il segno "[3].

Il signifcato del silenzio è la rinuncia a qualsiasi intenzione. La rinuncia alla centralità dell'uomo. Il silenzio non
esiste, c'è sempre il suono. Il suono del proprio corpo, i suoni dell'ambiente circostante, i rumori interni ed
esterni alla sala da concerto, il mormorio del pubblico se ci si trova in un teatro, il fruscio degli alberi se si è in
aperta campagna, il rumore delle auto in mezzo al traffco. Cage vuole condurre all'ascolto dell'ambiente in cui si
vive, all'ascolto del mondo. È un'apertura totale nei confronti del sonoro. Una rivoluzione estetica: è la
dimostrazione che ogni suono può essere musica. Io decido che ciò che ascolto è musica. È l'intenzione di ascolto
che può conferire a qualsiasi cosa il valore di opera. Cage ha rivoluzionato il concetto di ascolto musicale, ha
cambiato l'atteggiamento nei confronti del sonoro, ha messo in discussione i fondamenti della percezione.

Cage ha detto:
« Cerco di pensare a tutta la mia musica posteriore 4'33 come a qualcosa che fondamentalmente non
interrompa quel pezzo. »
Uno dei modelli di 4'33” è Robert Rauschenberg, il pittore amico e amante di Cage che nel 1951 produsse una
serie di quadri bianchi, che cambiano a seconda delle condizioni di luce dell'ambiente di esposizione.

La musica aleatoria crea un problema a livello critico. Come si può criticare un'opera che non è il frutto del
lavoro intenzionale di un autore? Si conclude che il lavoro di Cage è un lavoro flosofco, che la sua importanza
sta nelle idee, non nel risultato musicale di queste idee. Si pensa che i risultati di queste idee siano uguali l'uno
all'altro dal punto di vista stilistico, come delle serie di numeri presi a caso. Ma Cage è un compositore e ha una
sensibilità, uno stile musicale, che cambia con gli anni.
« Cage si pone delle domande quando decide di comporre con tecniche casuali e se il risultato, la risposta che
riceve da queste domande non lo soddisfa, cambia le domande. »
(James Pritchett)

Multimedialità[modifca | modifca sorgente]

Negli anni cinquanta diventa pioniere degli Happening. Sono degli incontri basati sull'unione delle arti-musica,
danza, poesia, teatro, arti visive, secondo una idea antidogmatica e libertaria di arte. Gli spettatori assumono
un ruolo attivo nelle performance. L'intento è di unire arte e vita, rivendicando l'intrinseca artisticità dei gesti
più comuni ed elementari e promuovendo lo sconfnamento dell'atto creativo nel fusso della vita quotidiana. Al
posto del concerto c'è uno spazio esecutivo concepito teatralmente e composto di mezzi misti, uno solo dei quali
è la musica. Nel 1952 ha luogo Theater Piece No. 1, il primo spettacolo di questo genere. Da questi esperimenti
nascerà nel 1961 il gruppo Fluxus, una rete internazionale di artisti, che svilupperà l'esperienza degli
happenings.

Negli anni sessanta Cage prosegue nei suoi progetti di unione delle arti e di spettacolo totale.
In Musicircus del 1967 ci sono vari gruppi di musicisti che suonano musiche diverse sovrapponendosi; la
determinazione del momento in cui ogni gruppo deve cominciare la propria parte avviene tramite scelte
casuali. HPSCHD del1969 è un lavoro multimediale dalla durata di circa cinque ore in cui si uniscono: 7
clavicembali che suonano degli estratti "sorteggiati" di musiche di Cage e di autori classici, 52 cassette di suoni
generati dal computer, 6400 diapositive proiettate da 64 proiettori, 40 flm. Gli spettatori entrano ed escono
liberamente dall'auditorium. Uno degli scopi dell'opera è quello di eliminare il centro di interesse singolo e
dominante e di circondare il fruitore con una varietà di elementi.

In questi anni Cage è considerato la guida dell'avanguardia musicale, una leggenda vivente. Il suo lavoro è
basato principalmente sulla commistioni di discipline, sull'aggiunta di altre arti alla musica. Si dedica alla
pittura e alla scrittura. Alcuni suoi lavori si basano sull'esplorazione della parola scritta, dall'esempio
del Finnegan's Wake. Comincia a utilizzare i mesostici, dei versi in cui una frase verticale interseca il testo
orizzontale. A differenza degli acrostici, la frase verticale si interseca con lettere nel mezzo del testo e non con
le lettere iniziali dei versi. Questi versi possono essere destinati al canto, come nel caso di quello scritto
per Demetrio Stratos.

Dagli anni settanta Cage si interessa maggiormente agli aspetti politici e sociali dell'opera d'arte. Si occupa di
tematiche ambientaliste. Appare più come un flosofo sociale che come un musicista. È un rifuto della
autosuffcienza dell'arte.

I Freeman Etudes per violino solo, del 1980, sono un'opera quasi impossibile da eseguire per la sua complessità:
rappresentano la "praticabilità dell'impossibile", come risposta all'idea che i problemi mondiali riguardanti
politica e società siano impossibili da risolvere. La serie di lavori intitolata Europeras, composta tra il 1987 e il
1990, è una decostruzione della forma operistica: i libretti, le arie e gli intrecci di varie opere del Settecento e
dell'Ottocento sono assemblati con metodi aleatori, così come gli altri aspetti dello spettacolo, le scenografe, i
costumi, le luci, i movimenti degli attori. Gli esecutori non sono guidati da un direttore ma da un orologio
digitale.

Negli ultimi anni, tra il 1987 e il 1992, Cage compone le sue opere più astratte, intitolate semplicemente con dei
numeri che rappresentano il numero degli esecutori.Seventy-Four per orchestra, del 1992, è composta per i 74
musicisti della American Composers Orchestra. La parte di ogni esecutore è composta di quattordici suoni
isolati. Cage indica un lasso di tempo in cui il musicista ha la libertà di decidere quando fare iniziare il suo suono
e un lasso di tempo in cui concluderlo. Poiché le due misure temporali si intersecano, il musicista può decidere
di fare durare il suono un certo tempo, oppure può decidere di dare una durata nulla a quel suono. Il volume e
gli effetti sugli strumenti sono lasciati alla scelta degli esecutori.

EDGARD VARESE

Edgard Victor Achille Varèse (Parigi, 22 dicembre 1883 – New York, 6 novembre1965) è stato
un compositore francese naturalizzato statunitense.
Nato a Parigi il 22 dicembre 1883 da padre italiano e madre francese, Varèse vive aTorino tra i dieci e i venti
anni, dove inizia gli studi musicali con Giovanni Bolzoni, direttore del locale Conservatorio. Nel 1904 rompe
tutte le relazioni con suo padre e si trasferisce a Parigi, dove studia prima presso la Schola Cantorum
con Vincent d'Indy,Albert Roussel e Charles Bordes, poi, nel 1906, con Charles-Marie Widor al Conservatorio
Superiore diretto da Gabriel Fauré, senza terminare gli studi. Molto presto compone le sue prime opere; parte
per Berlino, si fa apprezzare da Ferruccio Busoni, da Richard Strauss e da Claude Debussy, è tra i primi
spettatori di Pierrot Lunaire di Arnold Schoenberg e dellaSagra della primavera di Igor Stravinskij, fno al
momento in cui, nel 1915, lascia l'Europa per gli USA.
Pur consacrandosi principalmente alla direzione d'orchestra e alla divulgazione della musica contemporanea,
Varèse si dedica parallelamente, con Amériques, che terminerà nel 1922, ad una serie di composizioni che
l'imporranno rapidamente all'attenzione del mondo culturale e musicale come uno dei rappresentanti
della nuova musica tra i più avanzati nella scoperta di territori inesplorati. Intensa è l'attività americana di
Varèse durante questi anni; ma tra il 1928 e il 1933 è di nuovo in Francia dove riprende contatto con dei vecchi
amici come Pablo Picasso e Jean Cocteau e fa la conoscenza di Alejo Carpentier, Heitor Villa-Lobos e André
Jolivet, che diventa suo allievo di acustica e orchestrazione.
Nel 1934 comincia per Varèse un lungo periodo di crisi segnata da un girovagare agitato nel centro e nell'ovest
degli Stati Uniti - dove tenta la fortuna, senza successo, come compositore di musica per flm - fondando nuove
istituzioni musicali e installandosi a Santa Fe, poi a San Francisco e a Los Angeles, per tornare a New York
nel 1941. La sua attività compositiva continua ad essere limitata: si dedica a studi e ricerche di natura
differente, che non riusciranno a concretizzarsi in opere musicali. Tra il 1934, data della composizione
di Ecuatorial, e il 1950 non compone quasi più nulla.
I quindici ultimi anni della sua vita sono invece caratterizzati da una ripresa della sua creatività, con dei
capolavori comeDéserts, uno dei primi esempi di musica elettro-acustica, e Nocturnal, ultima sua opera,
incompiuta alla morte e completata dal suo allievo ed esecutore testamentario, Chou Wen-Chung. A partire
dagli anni cinquanta, inizia il progressivo riconoscimento, sul piano internazionale, della sua rilevanza come
compositore e teorico. Nel 1958, su incarico di Le Corbusier, cura la parte musicale (o meglio la sequenza di
eventi sonori) di Poème électronique, un progetto multimediale elaborato dall'architetto svizzero e dal
compositore-architetto greco Iannis Xenakis per l'Esposizione Universale di Bruxelles del 1958.
Numerosi sono i musicisti infuenzati, seppur trasversalmente, dalla sua musica, sia negli Stati Uniti d'America,
come Frank Zappa, che in Europa, come Giacomo Manzoni. Nel 1950 tenne dei seminari al "Ferienkurse"
di Darmstadt ed ebbe tra i suoi allievi Luigi Nono, Bruno Maderna e Dieter Schnebel.
Muore il 6 novembre 1965, a New York, all'età di 81 anni.

You might also like