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Dai primi del ‘900 è stata introdotta una tecnica preventiva rivolta
contro la patologia cariosa, la sigillatura di solchi e fossette dentali.
Nel corso degli anni sono stati utilizzati vari materiali e tecniche di
applicazione, associati a differenti tipi di preparazione dei solchi.
Non esiste una riconosciuta linea guida che suggerisca in maniera
univoca quali materiali sigillanti applicare o quale tecnica di
preparazione utilizzare. Inoltre non vi sono certezze sulla durata
nel tempo delle sigillature. Lo scopo del presente lavoro è valutare
in maniera critica l’intervento di sigillatura attraverso l’analisi della
letteratura scientifica.
LA PREVENZIONE IN ODONTOIATRIA
La carie
Secondo l’OMS, la carie dentale è un processo patologico
localizzato, di origine esterna, che compare dopo l’eruzione del
dente e si accompagna ad un rammollimento dei tessuti duri
evolvendo verso la formazione di una cavità. È una malattia
episodica con fasi alterne di demineralizzazione e
rimineralizzazione, tali processi possono
verificarsi simultaneamente nella stessa lesione. La progressione
e la morfologia sono variabili, dipendenti dal sito di origine e dalle
condizioni generali della cavità orale (Tab.1) (1).
Velocità di Tempi di
Estensione Localizzazione
progressione formazione
• Carie incipiente • Carie acuta • Carie primaria • Carie di solchi e
(reversibile) (rampante o fossette
destruente)
• Carie cavitata • Carie cronica • Carie residua • Carie delle
(non reversibile) (lenta o superfici lisce
arrestata) dello smalto
• Carie • Carie della
secondaria superficie
(recidivante) radicolare
Tabella 1 Criteri di classificazione della carie.
Tecniche di prevenzione
La carie, insieme alla parodontite, è fra le più comuni malattie
croniche e, sebbene sia presente dai tempi preistorici, i mutamenti
dietetici dell’epoca moderna ne hanno aumentato la prevalenza. Il
picco di incidenza di questa patologia iniziò a declinare tra la fine
degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 come conseguenza della
scoperta del ruolo del fluoro nella prevenzione della carie, che
portò negli anni ’50 e ’60 alla fluorazione dell’acqua potabile delle
reti idriche, oltre che all’introduzione nel mercato di prodotti fluorati
per l’igiene orale domiciliare.
LE SIGILLATURE
I cementi vetro-ionomerici
La formulazione polvere/liquido comporta inevitabilmente la
necessità di una manipolazione accurata del prodotto. Una
modifica del rapporto polvere/liquido, infatti, può influire sulle
proprietà fisiche dei cementi vetro-ionomerici. L’utilizzo di capsule
predosate può evitare l’alterazione del cemento. Alla fine degli
anni Ottanta sono stati introdotti(13) i cementi vetro-ionomerici
modificati con Bis-GMA (fotoattivati), che alle proprietà dei cementi
tradizionali (rilascio di fluoro e adesione alla dentina) uniscono la
praticità e la velocità dell’attivazione mediante luce alogena. Per
questo tipo di cementi, la reazione di presa è duplice: il
tradizionale meccanismo di reazione acido-base e la
polimerizzazione indotta dall’esposizione alla luce alogena. Grazie
a quest’ultima, i tempi di presa risultano
inferiori, con indubbi vantaggi per il protocollo operativo.
Le resine composite
I compositi, o resine composite, sono dei biomateriali costituiti da
tre fasi distinte: una fase organica (matrice); una fase intermedia
(agente legante); una fase dispersa (filler o riempitivo). Nella
maggior parte dei compositi, la matrice organica è costituita dalla
resina di Bowen o Bis-GMA a base di bisfenolo A-
glicidilmetacrilato.
I compositi differiscono tra loro soprattutto per il tipo di riempitivo,
per le dimensioni delle particelle e per la percentuale di questo
riempitivo presente nel composito. I riempitivi sono costituiti da
particelle inorganiche provenienti da cristalli di quarzo, vetro
borosilicato, vetro di bario, parti colloidali, silicato di bario, silicato
di stronzio e alluminio, fluoruro di calcio.
I sigillanti
La composizione dei primi sigillanti era a base di metilmetacrilato o
di cianoacrilato. La maggior parte dei prodotti attuali non contiene
riempitivi (o solo in modesta quantità) ed è composta da monomeri
bifunzionali come quelli che costituiscono la matrice dei compositi.
Il monomero principale presente in questi materiali è stato
ampiamente sostituito dal Bis-GMA. Il monomero principale può
essere diluito con unità con peso molecolare più basso come il
TEGDMA o l’UDMA. L’aggiunta di piccole quantità di colorante
conferisce al sigillante un aspetto leggermente diverso da quello
dello smalto, rendendolo più facilmente visibile nei controlli
periodici.
I materiali fotopolimerizzabili sono più semplici da usare rispetto a
quelli autopolimerizzabili poiché possono essere applicati e lasciati
scorrere per un periodo più adeguato prima di sottoporli alla luce
per la polimerizzazione. È stata prodotta negli anni un’ampia
varietà di sigillanti (Tab. 2).
Tipo di
Presenza di Presenza di Presenza di
polimerizzazion
riempitivo colorante fluoro
e
• Riempiti • Colorati (ad • • Contenenti
(piccolissima esempio con Autopolimerizzabi fluoro
percentuale di Biossido di li
riempitivo) titanio TiO2)
• Non riempiti • Non colorati • • Non contenenti
Fotopolimerizzabil fluoro
i