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ERoi e LeGGenDe
di
Jason R. Forbus

disegni
CLAUDIO TRANGONI

grafica e impaginazione
Dragons’ Lair

Creati da Voi...
Questo materiale è stato creato da Jason R. Forbus,
La Dragons’ Lair ha fornito l’impaginazione, le immagini e la pubblicazione in PDF sul proprio sito internet.
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SommaRio

La leggenda dell’orso dormiente..........................................................................................................pag. 4

Figlio del lupo grigio.............................................................................................................................pag. 10

La guardia di Waterdeep......................................................................................................................pag. 12

La lama silenziosa taglia meglio..........................................................................................................pag. 15

L’occhio del firmamento.......................................................................................................................pag. 17

Il potere del Vero Nome........................................................................................................................pag. 21

Sacro liberatore......................................................................................................................................pag. 24

Confessioni di un arcimago..................................................................................................................pag. 26
Il cuore di un cavaliere..........................................................................................................................pag. 28
Capitolo 1

La leggenda dell’orso dormiente


– Yugi on-na –

di Ja son R . Fo rb u s

Esiste un piccolo villaggio di pastori ai piedi del Monte Otai, la Aran vagò per il bosco alla disperata ricerca di un rifugio dove
vetta più alta di Kara-Tur. Le stagioni sono inclementi in quella trascorrere la notte. E proprio quando aveva perso le speranze,
terra. Di inverno il vento è così freddo che nessun fuoco può i suoi passi lo condussero all’entrata di una caverna. La madre
riscaldarti, mentre l’estate il sole è così rovente che la pietra lo aveva spesso avvertito di non entrare mai in quegli antri bui
si spacca. dove, secondo il folklore della sua gente, dimoravano i demoni
Aran nacque in questo villaggio. Esiste una leggenda sul- e gli spiriti. Ma fuori faceva un freddo che si moriva e poi di-
la sua nascita: sembra, infatti, che quel giorno non fosse né sobbedire era così eccitante… Aran si fece coraggio ed entrò.
freddo né caldo. Per la prima volta da quando gli uomini si era- All’interno della caverna c’era un piacevole tepore e, a giudi-
no insediati in quella regione inospitale, giunse la primavera. care dalla pulizia con cui era mantenuta, doveva essere abitata.
Un’effimera primavera. Fu così che il padre del fanciullo decise In fondo alla caverna Aran vide risplendere una luce. Era senza
di chiamarlo Aran O-denshi, “colui che porta la primavera”, e dubbio un fuoco. Per un momento Aran valutò la possibilità
questa è la sua grande storia. della fuga: con tutta probabilità gli spiriti non si erano ancora
accorti di lui. Poteva andarsene e tornare al villaggio con una
*** storia paurosa da raccontare agli amici! Ma la curiosità la vinse
sulla paura, e da quel fanciullo sconsiderato che era Aran si
Sin da piccolo Aran era diverso dagli altri bambini. Odiava con- affacciò, piano piano, per guardare.
durre al pascolo il gregge. Quei sentieri ripidi e brulli erano il Dentro, disteso pigramente su un soffice giaciglio di foglie
suo incubo e così osservare quelle sciocche, belanti pecore bru- secche, vide un orso davvero grosso. Quando l’orso russava la
care l’erba lo annoiava terribilmente. Appena poteva, il fanciul- pancia gli si gonfiava fin quasi a toccare il soffitto. Ma gli oc-
lo abbandonava il suo dovere per correre a giocare nei boschi. chi del fanciullo notarono anche qualcos’altro: accanto all’orso
Più di una pecora si smarrì per colpa sua, finendo in pasto ai c’erano dei barattoli traboccanti di miele. Una vera leccornia.
lupi crudeli del Monte Otai. Aran era il disonore della famiglia Aran non mangiava da quella mattina e il suo stomaco era in
e il disonore di suo padre, ma non gli importava. Il bosco era preda ai lancinanti morsi della fame. Sarebbe scappato, d’ac-
un posto troppo divertente per resistere alla tentazione. Volta cordo, ma non prima di aver preso uno di quei barattoli. Così
per volta si inoltrava sempre più oltre, sempre più lontano dai si avvicinò il più silenziosamente possibile, attento a non fare
soliti sentieri dei taglialegna. il minimo rumore, ma proprio quando aveva abbracciato un
Finché un giorno, seguendo il corso del torrente, Aran perse barattolo, l’orso spalancò improvvisamente gli occhi. Aran non
la cognizione del tempo e non si rese conto del sole che tramon- ebbe nemmeno il tempo di urlare che l’animale lo atterrò con
tava oltre la vetta innevata della Montagna. E quando Aran una poderosa zampata.
scoprì di essersi perduto, era ormai buio per tornare indietro. «Non mangiarmi! Non mangiarmi!» Implorò il fanciullo,
Aveva dodici anni allora, il giorno in cui conobbe il Saggio. nell’infantile speranza che l’orso riuscisse a capirlo.
«Mangiare un ladruncolo come te mi causerebbe solo una
*** tremenda indigestione!» Rispose l’orso arrabbiato.

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«Cosa?! Ma tu parli!» Aran non poteva credere alle sue orec- ***
chie. Quel grosso orso gli aveva parlato!
«Sicuro che parlo. E adesso vattene dalla mia caverna prima Aran corse a casa, dove lo attendeva un duro rimprovero. Il pa-
che mi arrabbi sul serio. Disturbare il sonno di un orso in que- dre era fuori di sé dalla rabbia.
sto modo. Bah!» «Hai fatto scappare un’altra pecora! Vergognati! Sono stan-
«Ma fuori fa’ freddo, ed io mi sono perduto… lasciami tra- co del tuo carattere ribelle. Ti stai dimostrando indegno del
scorrere qui la notte.» nome che porti! Non so neanche dove hai trascorso la notte…»
L’orso sbuffò. Era evidentemente seccato dalla presenza del «Ho dormito nel bosco. Un orso gentile mi ha ospitato e…»
ragazzino, che considerava un imprevisto. «Quali sciocchezze vai dicendo?»
«E sia. Ma solo se prometti di non toccare il miele.» «Ma è la verità!»
«Prometto!» «Marito, non ricordate le parole della Sacerdotessa? Ci ave-
Questa fu la prima promessa che Aran rispettò nella sua va assicurato che nostro figlio è speciale. Lui è Colui che Porta
vita. Il fanciullo scoprì che mantenere una promessa lasciava la Primavera…»
una sensazione piacevole, migliore anche del miele. Uno strano silenzio calò sulla famiglia. La madre, di solito
Aran si distese vicinissimo al fuoco, nella speranza che il così rispettosa, si era intromessa nella conversazione senza es-
calore della fiamma lo riscaldasse, ma presto il falò si spense sere interpellata.
e il fanciullo rimase inerme al gelo notturno. Stava per mo- «Non osare interrompermi, Ukio!»
rire congelato quando sentì una calda pelliccia avvilupparlo: La donna impallidì e prostrandosi in un inchino così rima-
era l’orso. Il bestione lo strinse a sé e in questo modo gli salvò se, silente.
la vita. «So io cosa gli serve. E come un giovane albero ha bisogno di
un sostegno, così lui ha bisogno di disciplina. Ragazzo, domani
*** all’alba partirai per il monastero.»
«Perdono, perdono! Non mandatemi al monastero!»
Il mattino dopo l’orso offrì ad Aran un po’ di miele e insieme «Così ho deciso.»
fecero colazione. Era più buono di quanto Aran avesse imma- Il padre di Aran era un uomo buono, ma severo e legato alle
ginato. tradizioni. Ogni protesta fu inutile e il fanciullo, preso conge-
«Se gli dei venissero a conoscenza del tuo miele, te lo porte- do dall’amata madre, il mattino seguente partì alla volta del
rebbero subito via.» monastero.
«Secondo te perché vivo in questa caverna sperduta nel bo- Si diceva che il monastero in cima al Monte Otai fosse il
sco?» più antico del mondo di Toril. Isolati dalla civiltà, i monaci vi
«Davvero??» praticavano una vita claustrale e piena di difficoltà. I monaci
«Certo. Adoro vivere in pace.» del Monte Otai erano dediti al culto di una divinità morta il cui
«Come ti chiami, orso?» nome era stato obliato da centinaia di generazioni. Il monaste-
«Non è saggio rivelare il proprio nome a uno sconosciuto, ro, infatti, apparteneva al primo ordine monacale, il Vecchio
anche se piccolo e all’apparenza indifeso. Il nome è molto im- Ordine. Per Aran si preparava un futuro difficile.
portante. Ti dice chi sei e il ruolo che hai nel mondo.»
«Beh, io sono “Colui Che Porta La Primavera”. E ti ringrazio ***
umilmente per avermi ospitato in un momento di difficoltà.»
Disse il piccolo con un inchino. Per giungere al monastero bisognava prima affrontare una dif-
Dopo che ebbero finito di mangiare, l’orso si offrì di accom- ficile scalata. La neve imbiancava perennemente i fianchi del
pagnare Aran fino ai margini del bosco. Monte Otai. Di notte le grida degli uomini delle nevi calavano
«Con il tuo senso dell’orientamento ti perderesti di sicuro!» a valle trasportate dal vento. Valanghe e frane minacciavano
Durante il tragitto, l’orso parlò ad Aran di molte cose. Sem- ogni sentiero. E infine, c’era anche il pericolo di incontrare il
brava conoscere ogni creature del bosco, ogni pianta e ogni sas- famigerato Anarishin, il giovane drago bianco che infestava la
so. Il fiume straripante di parole sommerse il fanciullo finché Montagna. Spesso Anarishin, alla ricerca di qualcosa da met-
giunsero a destinazione. tere sotto i denti, attaccava i greggi portando grande devasta-
«*Sniff!* *Sniff!* Sento odore di uomo. Siamo arrivati.» zione.
«Posso venire a trovarti?» I pericoli per giungere al monastero, dunque, erano nu-
«Certo che puoi! Ma la prossima volta non venire con le merosi. Soltanto un uomo in tutta la vallata era in grado di
mani vuote. Porta un po’ di marmellata e del latte.» affrontare simili prove. Quell’uomo era Ubotai Khan. Ubotai
«Te lo prometto! A presto!» era un esperto ranger della zona che all’occorrenza si offriva
L’orso alzò il capo in segno di saluto e poi si allontanò con anche come guida. Per un adeguato compenso, ovviamente.
passo lento e sicuro finché la sua massiccia figura svanì in- Il padre di Aran comprò i costosi servigi di Ubotai, certo che
ghiottita dalle profondità del bosco.

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sotto la guida del ranger la vita di suo figlio non avrebbe corso in trance e di lasciarsi trasportare meccanicamente dai propri
pericoli. passi. Quel mattino, però, nessun sole era apparso. Il tempo era
«Mi raccomando, non allontanarti per nessun motivo dalla molto nuvoloso. Una lieve brezza soffiava dall’alto: era il gelido
guida. Mi hai capito?» alito della Montagna.
«Sì, padre.» «Sta’ per scoppiare una bufera, ragazzo. Presto, dobbiamo
«Non preoccupatevi, onorevole Yonshi. Conosco i sentieri trovare un rifugio!»
della Montagna come i viottoli del mio selciato. In effetti, la Ubotai cercò di guidare il ragazzo verso un rifugio che ricor-
Montagna è la mia casa.» dava dalle sue precedenti escursioni. Ma il posto era lontano
«Non ne dubito, onorevole Ubotai. Ecco a voi il pagamento almeno due ore e nonostante il ranger e Aran accelerarono di
pattuito…» molto l’andatura, non riuscirono a raggiungerlo in tempo.
Il pagamento consisteva in un boccione di ottimo sakè e 5 Le condizioni atmosferiche, infatti, andarono rapidamente
monete d’argento. Yonshi aveva affidato al figlio una lettera di peggiorando finché la neve cominciò a fioccare abbondante.
presentazione scritta dalla Sacerdotessa del villaggio, che il Cadeva di sbieco e con violenza, accecando i due sventurati. La
fanciullo avrebbe consegnato al Gran Maestro una volta giun- brezza si trasformò in un turbine impazzito, trasformando il
to al monastero, più un dono costituito da due metri di soffice paesaggio in un bianco inferno. Improvvisamente, il fanciullo
lana. Il padre di Aran non era un uomo ricco, ma un uomo che perse di vista la guida. Aran provò a urlare il nome del ranger,
lavorava sodo. Per mandare il figlio al monastero Yonshi aveva ma la voce del vento selvaggio coprì le sue grida. Così il fanciul-
dato fondo a tutto il denaro che possedeva. lo si rannicchiò su sé stesso e attese che la bufera si placasse.
«Ti saluto come ragazzo e ti rivedrò come uomo. Addio, fi- La fine giunse inaspettatamente presto. Una calma enorme
glio mio!» si sostituì alla furia della tempesta e il sole spuntò pallido fra
E così Aran lasciò il villaggio che lo aveva visto nascere e le nuvole. Il fanciullo setacciò la zona alla ricerca di Ubotai, ma
crescere, per avventurarsi in cima alla Montagna più alta del la sola traccia del ranger era il suo zaino, che Aran trovò semi-
mondo. Chissà se avrebbe rivisto sua madre e suo padre… chis- coperto dalla neve. Sullo schienale dello zaino c’erano i segni
sà se avrebbe rivisto l’orso del bosco. Il fanciullo sapeva cosa evidenti di artigli e una larga chiazza di sangue.
lasciava ma non sapeva cosa lo aspettava una volta lì. L’imme- «Dannato Anarishin! Io mi vendicherò, lo giuro sul mio
diato futuro era pieno di interrogativi. onore!!»
Solo il drago, infatti, poteva colpire durante una bufera di
*** neve. Quel giorno Aran si impegnò nel terzo giuramento della
sua vita, e anche quella volta il fanciullo mantenne la parola
I primi cinque giorni di scalata trascorsero tranquilli. Se cam- data.
minare su una superficie ripida e ghiacciata che rischia di crol- Aran era senza una guida, ormai. Non sarebbe mai riuscito
larti sotto i piedi da un momento all’altro può definirsi “tran- a scampare ai pericoli della Montagna. Il solo pensare di con-
quillo”. tinuare era una follia. Ma il ragazzo non avrebbe rinunciato a
Ubotai era un uomo silenzioso, e quelle poche volte che Aran raggiungere il monastero e, raccolto il proprio giaciglio, le ra-
provò a parlargli il ranger lo zittì consigliandogli di mantenere zioni e il boccione di sakè dallo zaino lacero di Ubotai continuò
il fiato per la scalata. Di notte si accampavano sfruttando la la scalata da solo.
sicurezza degli anfratti nella roccia, per viaggiare di giorno.
Ubotai mangiava per due uomini e beveva sakè per cinque. Era ***
un grande bevitore e una sera che finì la sua abituale razione
di liquore, disse: Ma l’impresa si rivelò troppo ardua per un ragazzino di dodici
«Il sakè mi ricorda che esiste una valle dove ritornare. Che anni. Quando calarono le tenebre sul mondo, Aran non riuscì
ovunque ci troviamo non siamo mai del tutto soli. Il sakè mi a scovare un rifugio sicuro dove trascorrere la notte e così, per
aiuta a condurre la dura vita che faccio.» non fermarsi e morire congelato, proseguì la sua marcia for-
Finalmente il fanciullo capì perché Ubotai era sempre così zata.
taciturno. Il mattino dopo il fanciullo era esausto. Aveva dato fondo
«Se resti in silenzio» disse Aran «e non fai alcun rumore… alle sue ultime energie, il suo corpo era stanco e svuotato. Il
sembra quasi di sentire le voci e i rumori del villaggio…» fanciullo bevve un abbondante sorso di sakè prima di scivolare
Quella sera non dissero una sola parola, né fecero rumori. addormentato sulla soffice neve.
Entrambi ascoltarono la musica del proprio animo. Quando riaprì gli occhi, Aran scoprì di trovarsi in una enor-
me grotta ghiacciata. Era uno spettacolo bellissimo. Stalatti-
*** ti di ghiaccio pendevano dal soffitto come spade di cristallo.
Ovunque guardava, il fanciullo vedeva riflessa la propria im-
Il sesto giorno sembrava identico a tutti gli altri. Il paesaggio magine. Ma all’improvviso notò un’altra immagine riflessa
montano era così monotono, che ad Aran capitava di cadere sulla parete ghiacciata: l’immagine di una donna bellissima.

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L’immagine lo guardava attentamente, come se fosse la prima in cui riuscì a comunicare con lo spettro imparando il linguag-
volta che i suoi occhi si posassero su un essere umano. gio celeste. Come gli disse lo spettro, infatti, lei era in grado di
«Chi… chi sei? Dove mi trovo?» capire qualsiasi lingua ma le era permesso parlarne una sola.
L’immagine della donna gli rispose, ma Aran non riuscì a «Il mio nome è Yugi on-na. Io sono lo spirito della Monta-
capire una sola parola di quello che disse. Quelle parole erano gna. Io sono la Montagna. È dal giorno della creazione che vivo
così dolci, però, che Aran si sentì tranquillizzato. qui, sola. Ma la dea mi aveva avvertito che un giorno sarebbe
«Fatti vedere, bella signora.» arrivato…»
E ciò che il fanciullo vide allora gli fece gelare il sangue nelle «Chi? Chi sarebbe arrivato?»
vene. La donna emerse dalla parete ghiacciata fluttuando. Era «Sapevo che un giorno sarebbe arrivato “Colui che Porta la
come sbiadita, trasparente come il ghiaccio. Primavera”. Sapevo che un giorno sarebbe arrivato colui che
«Ma tu… tu sei uno spettro!» avrei amato sopra ogni altra cosa… Sapevo che un giorno sa-
Gli occhi della donna si rattristarono. resti arrivato. E così ho atteso per migliaia e migliaia di anni
«Cosa vuoi da me? Mi ucciderai??» il tuo arrivo.»
Lo spettro scosse il capo. Poi si avvicinò alla parete di ghiac- «Ma Yugi, prima che tu mi salvasti io avevo prestato un giu-
cio, e passandoci la mano sopra creò un’immagine: Aran vide ramento.»
sé stesso privo di conoscenza e disteso sulla neve. Poi vide la Lo spettro tremolò, come se avesse intuito a cosa si riferisse
donna avvicinarsi a lui con passo lento, raccoglierlo e portarlo il ragazzo.
via, nella caverna di ghiaccio. «Intendi uccidere Anarishin.»
«Tu… mi hai salvato? Ma perché?» «Anarishin ha ucciso Ubotai Khan, un brav’uomo. Io giurai
Di nuovo la donna passò la mano sulla parete. Questa volta di vendicarlo.»
Aran vide la caverna dove si trovava ma invece di essere spo- «Un giuramento fatto sul Monte Otai deve essere mantenu-
glia, era piena di fiori colorati. Il fanciullo riusciva a sentirne il to. Ma potrei aiutarti ad ucciderlo, se vuoi.»
profumo. Era una primavera soprannaturale. Aran la guardò incredulo per un istante. Possibile che quella
Vedendo quell’immagine calda, Aran sorrise. Anche lo donna delicata fosse davvero così potente? Ma notando la fer-
spettro sorrise. mezza della donna, il ragazzo capì che Yugi on-na non mentiva.
«Ti ringrazio di cuore, onorevole spettro. Ma io devo anda- Lo avrebbe ucciso, se soltanto lo avesse voluto.
re. Ero diretto al Monastero.» «No. Il giuramento è mio e tocca a me solo uccidere Anari-
La donna si intristì di nuovo. Poi, passando un’ultima vol- shin, o morire nel tentativo.»
ta la mano sulla parete miracolosa, apparvero delle immagini «Ma Anarishin ti ucciderà! Ti avrei insegnato la tecnica del
terribili: Aran vide i feroci uomini delle nevi; vide dei grandi Pugno Celeste, ma ci vogliono cento vite mortali per appren-
lupi bianchi e infine, vide Anarishin accovacciato su una rupe, derla.»
imponente. «Potrei raggiungere il Monastero, e apprendere le arti mar-
«Stai cercando di dirmi che sarebbe meglio se io restassi qui ziali.»
con te?» «Il Vecchio Ordine è potente, ma… io conosco una soluzione
La donna annuì e sorrise. migliore. Ti affiderò a Müün, il Saggio del Bosco. Lui ti insegne-
«Ma qui non c’è niente. Morirò senz’altro di fame!» rà lo stile dell’orso.»
Lo spettro raccolse della neve e gliela porse. «Hai detto un orso? È possibile che? …»
«Dovrei mangiare la neve?» «Sì, è proprio l’animale che ti salvò dal gelo della notte
Aran si sentiva la gola arsa e così inghiottì volentieri il boc- quando eri un bambino. Noi spettri sappiamo riconoscere un
cone di neve. Ma sciogliendosi in bocca, la neve non aveva il animo buono quando ne vediamo uno.
sapore neutro dell’acqua, né era gelida. Il fanciullo sentì del «Digli pure che ti manda Yugi on-na. Sì, farà questo favore
caldo miele scivolargli giù per la gola, dolcissimo. Così raccol- a una vecchia amica. Ma prima che tu vada, giurami di torna-
se altra neve, immaginando di mangiare del ramen preparato re.»
dalla madre. E quando si infilò in bocca il secondo boccone, la «Tornerò appena avrò ucciso Anarishin, lo giuro.»
neve scottava ed aveva tutto il sapore della zuppa. «Va’ con la mia benedizione, amore mio. Ma ricorda: un giu-
Il fanciullo rievocò le figure minacciose dei lupi, degli uo- ramento sul Monte Otai è indissolubile. Se non manterrai la
mini delle nevi e del terribile Anarishin. Poi guardò la graziosa promessa, il fato stesso si accanirà su di te e sulle persone che
signora. Era meglio restare, almeno per il momento. ami.»
Ma Aran O-denshi non prestò fede alle parole dello spettro.
***
***
Il momento divenne un giorno. Poi due, tre, una settimana, un
mese, un anno. Aran restò in compagnia dello spettro per cin- Dopo cinque anni dal giorno della sua partenza, Aran partì per
que, lunghi anni. Tempo in cui il fanciullo divenne un uomo e fare ritorno alla valle. Era così concentrato dalla missione, che

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non si fermò neppure al villaggio per salutare i suoi genitori. «È solo con la pratica che si raggiunge il vero potere.» Gli
E poi, cosa gli avrebbe detto? Che lo spirito della Montagna lo ripete il Maestro ad ogni occasione.
aveva salvato? La particolarità della tecnica adoperata da Aran consisteva
Il ragazzo puntò dritto per il Bosco, e qui rincontrò l’orso. in mosse potenti ma allo stesso tempo molto veloci che ricor-
Non era affatto invecchiato dall’ultima volta che l’aveva visto. davano gli attacchi di un orso inferocito. Ma il ragazzo com-
«Saluti, onorevole orso. Sono Colui che Porta la Primavera prese la forza del suo stile di combattimento solo quando si
e…» scontrò con un gruppo di pericolosi banditi. I banditi, in fuga
«E così sei tornato. Hai portato con te il dono che mi avevi dalla giustizia dei samurai, si erano rifugiati nel Bosco di Eto.
promesso?» Il caso volle che quei banditi si stabilirono precisamente nella
«Uh?» tana dell’orso e quando Aran li invitò gentilmente ad andar-
«La marmellata e il latte, li hai portati?» sene, quelli gli risero in faccia e lo colpirono con un dardo. Un
«Ma… ma io mi sono dimenticato. È passato così tanto tem- errore imperdonabile. Il giorno dopo, fuori la caserma del vil-
po…» laggio, i samurai trovarono i banditi storditi e legati con una
«Tanto tempo? Non è mai “tanto tempo” quando bisogna ri- fune. Erano pieni di lividi, e con una storia incredibile da rac-
spettare una promessa. Yugi on-na non ti ha insegnato proprio contare: erano stati sconfitti da un uomo-orso! Vennero cre-
niente, ragazzo?» duti ubriachi.
«Ma come fai a sapere…» «Adesso sei pronto. Possa il tuo pugno non fallire.»
«Sono veramente poche le cose che accadono senza che io ne «Non fallirò, Maestro Müün.»
venga a conoscenza. Tienilo bene a mente, ragazzo.» «Ah, e la prossima volta portami del latte e marmellata.
«Sì, signore.» D’accordo?»
«Allora, vuoi diventare un combattente, no?» «Lo prometto!»
Aran annuì.
«Ti aiuterò, ma a costo che tu aiuti me.» ***
«In che senso?»
«Oh, niente di complicato. Vorrei dare una ripulita alla mia Aran sapeva dove si trovava l’antro del drago. Lo aveva veduto
caverna, raccogliere un po’ di miele… Accetti?» più di una volta sulla parete di ghiaccio ai tempi in cui viveva
Di nuovo Aran annuì. Da come ne parlava l’orso, sembrava con Yugi on-na. Fu un gioco da ragazzi per lui intrufolarsi e
si trattasse del lavoro più facile del mondo. Il ragazzo non po- aspettare che Anarishin tornasse dalla sua battuta di caccia. E
teva neanche immaginare quanto si sbagliasse. quando il drago entrò nella caverna, Aran uscì allo scoperto.
Il lavoro cominciò immediatamente. La caverna era spor- «Anarishin! Uccisore di uomini! Oggi morirai!»
chissima. Terra, foglie, briciole di cibo: lo sporco si annidava «Chi sei tu?»
ovunque. E appena il ragazzo finiva di pulire, una folata di «Io sono Colui che Porta la Primavera, e sono qui per ven-
vento trascinava nella caverna altra terra e altre foglie. In più, dicare la morte di Ubotai Khan, l’uomo che uccidesti su questa
l’orso faceva di tutto per sporcare la caverna. Mangiava i frutti montagna dieci anni or sono durante una bufera di neve!»
nella caverna gettando le bucce ovunque – e lasciatevi dire che «Aaahhh… ricordo. Non era saporito come speravo… ma tu
Müün era un grande mangiatore. Sembrava, insomma, un’im- mi sembri un boccone più succulento di lui. Sarai tu a morire
presa impossibile. Ma con il tempo, Aran elaborò una tecnica oggi, sciocco akrazad¹.»
infallibile e dopo un anno di meticoloso, pazientissimo lavoro, Anarishin non perse tempo a sputare il suo micidiale soffio
la caverna poteva dirsi finalmente pulita. gelido. Credeva di aver steso l’umano per bene, ma quando la
Il secondo lavoro riguardava la raccolta di miele. C’erano folata di ghiaccio si dissolse, Aran era ancora là: era riuscito ad
degli enormi alveari nel cuore del bosco, abitati da api giganti. evitarla! Il ragazzo si lanciò sul drago e con una raffica di colpi
Una puntura di ape gigante era in grado di stordire un uomo. ben assestati gli inflisse gravi ferite. Il drago sembrava confuso
Due punture potevano risultare fatali. Aran si avvicinò con dalla velocità del monaco. Il ragazzo era sufficientemente agile
cautela, cercando di non farsi scoprire dalle api guardiane. da schivare i suoi colpi. Ma in un impeto di rabbia, Anarishin
Mentre raccoglieva il succulento nettare nel barattolo, però, riuscì a colpire il ragazzo con abbastanza forza da scaraventar-
l’alveare si svegliò improvvisamente. Aran fu attaccato da una lo a terra. Il drago si preparò ad azzannarlo con il suo morso
dozzina di api e dopo averne abbattute un paio, fu costretto a quando Aran, con una mossa inattesa, lo colpì al collo spezzan-
fuggire per salvarsi la pelle. Ma anche questa era fatta. doglielo. Il crudele e possente Anarishin si abbatté su sé
Così cominciò l’addestramento di Aran, che durò più di stesso con un tonfo così forte che generò un’enorme valanga
quattro anni. L’orso si rivelò un ottimo Maestro, sempre pronto di neve. Quando il frastuono della valanga cessò, rimase solo
a correggere i suoi sbagli e a fornirgli utili consigli. Spesso pas- il silenzio. Aran si alzò da terra e con un rispettoso inchino
seggiavano per il bosco alla ricerca di creature e spettri malvagi salutò il suo avversario. La vendetta era compiuta.
da punire. E presto, il bosco fu liberato di oscure presenze.
***

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La notizia della morte di Anarishin presto riecheggiò per tutta Trovò la donna inginocchiata e piangente con il bel viso fra
la valle. La gente si chiedeva chi fosse il grande eroe che era le mani delicate.
riuscito ad abbattere il famigerato drago. I connestabili dei «Sob! Ti avevo avvertito che un giuramento fatto su questa
villaggi si riunirono fra loro e formarono un gruppo di ricerca Montagna non può essere tradito. Sigh! La forza del fato qui
per scoprire il nome del misterioso beniamino. Tempo dopo, il sopra è grande…»
gruppo di ricerca fece ritorno annunciando di averlo trovato. «Perdonami, Yugi on-na! Ma ora sono qui, e sono pronto a
«È un tipo strano, che tempo addietro ci aiutò a catturare i mantenere il mio giuramento!»
banditi di Tsukama. Vive nel Bosco di Eto in compagnia di un «Ma non capisci, amore mio? È il fato stesso che devi pre-
orso molto vecchio. La Sacerdotessa dice che è uno spettro, ma gare, non me.»
nessuno conosce il suo nome.» «E come posso fare? Parla, ti scongiuro.»
Così, i connestabili si recarono in pellegrinaggio nel bosco «Devi recarti alla Vera Sorgente, dove i destini degli uomini
per porre i propri umili ringraziamenti all’eroe. e dei draghi scorrono senza sosta… Ma è così lontana… Non
«Cosa volete in dono? Domandate, onorevole eroe, e noi fa- voglio che tu te ne vada un’altra volta.»
remo tutto il possibile per accontentare la vostra richiesta.» «Adorabile Yugi, io non avrò pace finché il mio Maestro non
«Davvero? Uh, io chiedo… chiedo… tantissimo latte e tan- si sveglierà da quel sonno maledetto. Perché solo adesso capi-
tissima marmellata. Potete darmela?» sco la profonda affezione che mi lega a lui. Io gli devo ciò che
I connestabili, che si aspettavano una richiesta in oro so- sono, nel corpo e nello spirito. Non posso dimenticarlo.»
nante, rimasero stupefatti. Ma acconsentirono lo stesso alla «Ti aiuterò, Aran. Percepisco la sincerità nel tuo cuore e sen-
strana domanda dell’eroe e, insieme a centinaia di litri di latte to che farai tutto in tuo potere per tornare da me.
e di conserve di marmellata, gli donarono un sacchetto pieno «La strada per la Vera Sorgente non è segnata sulle mappe
di gemme. Quando si sparse la notizia che l’eroe era stato sco- dei mortali, né dei draghi. Per raggiungerla, dovrai seguire la
perto, sempre più persone si recarono nel bosco per conoscere stella di Hanado. Continuerai senza indugio nella direzione
il leggendario combattente. Fu così che, con enorme gioia, un che la stella ti indica per miglia e miglia finché, stanco e invec-
padre e una madre ritrovarono il proprio figlio disperso da die- chiato di qualche anno, troverai ciò che cerchi. Non ti potrai
ci anni. sbagliare, perché sarà il fato stesso a parlarti.
«Abbiamo fatto di tutto per trovarti. Pensavamo che la «Una volta lì, usa questa ampolla magica dotata di tocco
Montagna ti avesse inghiottito, e invece… È ora che tu torni a fantasma per raccogliere l’acqua eterea della Sorgente. Non c’è
casa, figlio mio.» altro modo.
Aran non poteva rifiutare e, salutato il Maestro – che fra «Ma dovessi tradire di nuovo il tuo giuramento una volta
l’altro era felicissimo del latte e della marmellata – tornò a vi- compiuta la missione, allora gli spiriti dei morti usciranno dal-
vere con i suoi genitori. le tombe della Necropoli di Kuor e verranno a prenderti. La
Il ragazzo aveva lasciato il suo paese come un buono a nulla loro furia sarà terribile!»
e uno sconsiderato, e vi faceva ritorno come un eroe. Non male. «Tornerò da te, adorabile Yugi on-na, e porterò con me la
I ragazzi lo rispettavano e cercavano la sua amicizia mentre le primavera nella caverna di ghiaccio.»
ragazze lo seguivano con gli occhi e cercavano le sue attenzio- «Ed io ti porterò la forza della Montagna, insegnandoti la
ni. In effetti, Aran era sempre stato un bel ragazzo. Fu così che, tecnica del Pugno Celeste. Ci ameremo per l’eternità!»
osannato dalla sua gente, Aran si dimenticò della promessa Così Aran salutò la sua promessa sposa per intraprendere il
fatta a Yugi on-na. Un anno felice trascorse… periglioso viaggio verso la Vera Sorgente. Il grande eroe attra-
versò oceani, deserti, montagne, giungle e pianure; combatté
*** nemici dalla potenza terrificante. Ovunque trionfando, por-
tando la primavera del bene e della giustizia…
Dopo un anno passato tra divertimenti e baldoria, Aran sentì il Questa è la storia del più forte dei mortali di tutte le Ere, che
bisogno di ritornare al Santuario nel bosco per meditare. sposò la figlia della Deaº e apprese la tecnica sacra del Pugno
Ma una volta arrivato, il ragazzo realizzò una tremenda Celeste.
scoperta: il suo Maestro era scivolato in un coma profondo.
Aran provò a scuoterlo, a far rumore, ma non ci fu nulla da
fare: l’orso dormiva profondamente. Fu così che Aran ricordò
la profezia di Yugi on-na: “Se non manterrai la promessa, il fato
stesso si accanirà su di te e sulle persone che ami.” Aveva detto
la donna.
Senza perdere altro tempo, il ragazzo scalò la Montagna e ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
raggiunse la caverna ghiacciata per mantenere la sua promes- ¹ Umano in draconico.
sa. º Selune.

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Capitolo 2

Figlio del lupo grigio


di Ja son R . Fo rb u s

Quella notte il vento sembrava ululare. Le capanne erano sul «QUESTA NOTTE HO BENEDETTO UNA DONNA CON
punto di cedere all’impeto delle raffiche da un momento all’al- UN FIGLIO. EGLI SARÀ GRANDE.»
tro. Violenti scrosci di pioggia si abbattevano sulla terra tra- Detto questo la voce scomparve ma anche la tormenta, goc-
sformandola in fango. cia dopo goccia, soffio dopo soffio, diminuì di intensità. Len-
Ilkreg pugno di roccia, lo sciamano della tribù, si prostrò al tamente, le nuvole si diradarono, rivelando un’enorme luna
cospetto del Totem. La robusta colonna di legno raffigurava, piena. Gli uomini sollevarono gli sguardi incantati verso il me-
a grosse linee, un lupo feroce e possente, uno dei molteplici raviglioso astro. Era un dono, od una maledizione? La pelle si
aspetti del dio Uthgar. L’anziano sollevò le callose mani al cielo coprì di folto pelame grigio; i volti si allungarono nei musi di
stellato e, gridando più forte che poteva: «Uthgar! Il cielo pian- lupi feroci; le membra si irrobustirono e dalle mani guizzarono
ge! Il vento si lamenta! I tuoi figli hanno fame!» degli affilati artigli.
Il venerabile sciamano si accasciò a terra, stremato. Ma i Un odore, fino ad allora impercettibile, giunse alle narici
suoi sforzi erano stati vani, poiché il vento e la pioggia conti- dei licantropi che proprio allora salutavano la luna: odore di
nuarono a spazzare la terra impietosi. carne. Il branco affamato corse a perdifiato nella notte, seguen-
«Uthgar non ci sente, il vento è troppo forte!» Costui era do la scia invisibile che si faceva sempre più pungente. Dopo
Torkenheim, figlio di Trulkaard e fiero capo della tribù del lupo mezz’ora di marcia forzata, il branco si imbatté in una dozzina
grigio. L’uomo dagli occhi di ghiaccio, fra lo stupore degli altri di renne: le creature erano stanche e ferite, una facile preda
guerrieri, si arrampicò sul totem e una volta in cima sollevò il per i licantropi che non persero tempo a farle a pezzi. Tornati
pugno serrato e gridò: «Uthgar! Cento madri e cento figli sono al villaggio, i lupi affidarono la selvaggina alle loro compagne.
morti quest’inverno! La selvaggina scarseggia e gli uomini di Bisognava vederle le lupe, mentre difendevano ad artigli tratti
città ci combattono con il fuoco e la magia! Uthgar! Io non ti ho il cibo dall’ingordigia dei lupacchiotti.
mai pregato e tu lo sai! Ma anche un uomo forte prega quando Quando la luna sprofondò al di là dell’orizzonte, la male-
i suoi fratelli e le sue sorelle muoiono!» dizione si spezzò cosicché uomini e donne tornarono alle loro
Un fulmine saettò dal cuore delle nubi, colpendo in pieno il sembianze originali. Un guaito di cucciolo salutò il giorno
totem. La forza dell’impatto scaraventò Torkenheim a qualche nascente. Proveniva dalla tenda di Egrid la guaritrice. Allora
metro di distanza ma, inspiegabilmente, non lo ferì. Anche il Torkenheim e Ilkreg, memori delle parole di Uthgar, accorsero
totem era completamente intatto e, agli occhi spalancati degli a vedere. Entrando nella tenda i due uomini trovarono la giova-
uomini, parve che il lupo di legno ringhiasse nel vento. ne donna intenta ad allattare un neonato avvolto in un pellic-
Una voce tonante allora si udì, una voce che umiliò la tem- ciotto di lupo bianco e, ben sapendo che Egrid non aveva alcun
pesta. uomo, Torkenheim il capo e Ilkreg lo sciamano si inchinarono
«HO UDITO LE VOSTRE PREGHIERE, TORKENHEIM al cospetto di colui che riconobbero come il figlio di Uthgar.
FIGLIO DI TRULKAARD. TEMPI DURI STANNO PER ARRI- Il fanciullo, forse, era la risposta del dio ai tempi duri pre-
VARE E TUTTO IL NORD SOFFRIRÀ. MA IO VI DICO: SIA- detti dalla profezia. Lo chiamarono Nokinair, che nella varian-
TE DEI VERI LUPI GRIGI E CACCIATE QUANDO LA LUNA te dell’illuskan parlata dai barbari uthgard vuole dire “figlio del
È PIENA. lupo grigio”.

10
***

Un giorno Nokinair avrebbe sconfitto i malvagi signori del nord


e liberato la terra dalla tirannia. Un giorno il potente guerriero
avrebbe condotto il suo popolo a sud, verso grandi conquiste, e
fondato l’immenso Impero di Gundfang.
A lungo i bardi narrarono l’epopea del Fiero Signore. Ma con
lo scorrere inesorabile delle ere, anche le sue gesta sono state
dimenticate e tutto ciò che è rimasto è la storia di un uomo che
sfidò il mondo intero… e vinse.

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Capitolo 3

La guardia di Waterdeep
di Ja son R . Fo rb u s

«Scrivere la biografia completa di Renis Arlan è impossibile. senza eguali. Questo tipo di esperienze, dopo tutto, contribuì
Dopo tutto, la sua vita è stata così ricca di vicissitudini che ad affinare le sue doti acrobatiche, che in futuro gli avrebbero
ad elencarle tutte ci vorrebbero decenni di lavoro. Conosciuto salvato la pelle almeno un migliaio di volte.
come “il falco dell’ovest”, “lingua sciolta”, “la guardia di Wa- Quando quel vecchio lupo di mare di suo padre morì la-
terdeep” e così via, l’elfo della luna ha viaggiato il Faerûn in sciandolo solo al mondo, l’elfo decise di non seguire le sue im-
lungo e in largo, prima di approdare nei piani e incontrare la pronte. Per Renis non fu una scelta facile quella di rinunciare
sua adorata dea Chioma di Fuoco. ad una vita ricca di emozionanti avventure, donne esotiche e
«Ecco perché ho deciso di presentarvi una breve raccolta sbornie colossali. Ma la notte prima che il padre morisse, Renis
delle sue canzoni, compresa di qualche aneddoto significativo. aveva fatto un sogno. Aveva sognato una donna bellissima e
La vita di un uomo come Renis non va letta su qualche libro ma seducente, dalla folta chioma rossa. Nel mondo dei sogni non
narrata la notte, quando le nuvole scoprono le stelle e i sogni occorrono presentazioni: l’elfo comprese subito di trovarsi al
diventano realtà.» cospetto di Sune, la dea dell’amore, della passione e di tutto ciò
– Gilraem Breadshaw, Musico Reale del Tethyr che è bello. Ella indossava un abito leggiero, forse più dell’aria,
e sfiorava appena le sue forme aggraziate. Gli occhi erano di
un verde profondo, come una giungla vergine ed inesplorata.
La storia… Le sue labbra suadenti allora si mossero, proferendo parole che
Renis Arlan nacque a Waterdeep e più precisamente nel quar- da quel momento in poi avrebbero cambiato per sempre la sua
tiere del porto, che il famoso arcimago Elminster di Shadowda- vita: «Ama la vita e proteggila in mio nome. Una grande ricom-
le ha addirittura citato nelle sue Cronache di Faerûn, definen- pensa ti attende»
do una topaia a cielo aperto. «Ma… ma chi siete?» Riuscì a farfugliare l’elfo, confuso da
Figlio di un marinaio espatriato da Evermeet, Renis crebbe cotanto splendore.
per i vicoli intricati, infangati ed affollati del porto. Così appre- I pensieri degli dei vanno ben al di là della mortale cognizio-
se quelle arti che sarebbero state fondamentali nella sua lunga ne. Possono studiare una soluzione per millenni, e manifestare
e movimentata vita: il raggiro e le canzonacce da quartiere. la loro grandezza in un attimo. Sune si limitò a sorridergli, al-
Sin da subito, Renis si dimostrò particolarmente attento lora, e quel sorriso riuscì a chetare tutte le domande dell’elfo.
alle esigenze femminili, concedendo il suo affetto a quante più Al risveglio, un estasiato Renis giurò solennemente che da quel
ragazze possibile. Gli piaceva anche bere e, per pagarsi le sera- giorno in avanti avrebbe seguito i dettami della dea, coltivando
te, Renis era costretto ad esibirsi in una squallida bettola che, la bellezza nel mondo.
manco a farlo apposta, si chiamava “la topaia”. Così, quando
lo spettacolo andava male e il pubblico – composto prevalen- ***
temente da marinai e pirati ubriachi – si faceva minaccioso,
l’elfo era costretto a fughe rocambolesche. Saltare da un tavolo I giorni seguenti trascorsero lenti e uggiosi. Se la via del mare
all’altro mentre un ubriaco cercava – vanamente – di colpirlo per lui era chiusa, un’altra via tardava ad aprirsi. La birra non
con una bottiglia rotta, però, gli procurava un divertimento aveva più sapore, le donne non avevano più ardore… Ma il fu-

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turo ha un modo tutto suo di presentarsi. Arriva all’improvvi- tarono la loro allegria contagiosa, l’elfo cantando e la donna
so, prorompente, stravolgendo ogni cosa. Un mese dopo quella danzando. Un anno spensierato trascorse in questo modo, fin-
notte, uomini e donne si destarono con la seguente novella: ché Belle scoprì di essere incinta. Allora si trovavano a Weloon,
Belle, la fanciulla più bella del quartiere e figlia di marinaio nel Cormyr, e ivi decisero di stabilirsi per il bene del piccolo.
come Renis, stava per sposarsi con un riccastro poco di buono! Weloon era un tranquillo villaggio di pescatori ai piedi delle
Una notizia terribile! Ciò non doveva assolutamente accade- montagne. Un posto così tranquillo che nella taverna locale
re… Renis conosceva Belle da quando era nata e, come tutti i non c’era alcun bisogno di intrattenimento musicale, dato che
ragazzi del quartiere, ne era perdutamente innamorato. Così, ai pescatori bastava un po’ di vino sciacquato per concludere
scolati qualche litro di birra per farsi coraggio, la sera prima bene la dura giornata di lavoro. Così Renis si alzò le maniche
del matrimonio Renis si presentò al balcone di Belle e le into- e, con
nò una serenata, una che scrisse apposta per lei, che lavorava l’entusiasmo di sempre, imparò il duro mestiere del pesca-
come locandiera alla “Topaia”. tore. Un altro anno trascorse prima che la famiglia Arlan po-
tesse salutare il nuovo arrivato: lo chiamarono Luke, in onore
Trema la locanda del padre di lei. Ma nonostante l’immenso orgoglio che Renis
Se vedrai un tavolo saltare provava dall’essere padre, il suo spirito irrequieto languiva. La
è il Mastro Nano, soluzione ai suoi dubbi giunse inaspettata, un giorno, dalle
si è messo a danzare! grida di un messo reale. La Regina del Cormyr cercava avven-
turieri abili e coraggiosi per difendere le strade del regno dai
Balla, balla, balla! banditi. La paga era ottima, di gran lunga superiore al misero
Con la birra in mano, guadagno che si ricavava dalla pesca. Da tempo Belle si era ac-
balla, balla, balla! corta della sofferenza di Renis e così, anche se a malincuore,
E la birra non c’è più, acconsentì alla sua richiesta.
e la birra non c’è più! Salutando la sua Belle, l’elfo non immaginava neanche lon-
tanamente che l’avrebbe rivista soltanto molto tempo dopo. Un
Trema la locanda grande esercito premeva ai confini del Cormyr, mentre dall’in-
nella notte buia terno i traditori spianavano il campo ai nemici. Nel corso di
mia bella locandiera una cruenta battaglia, Renis conobbe Arconnen detto il rosso,
non aver paura! un potente invocatore dell’infuocato Calimshan. I due diven-
nero grandi amici e a lungo combatterono fianco a fianco. Ma
Non temere che quando Arconnen votò il suo animo al male e alla distruzione,
a me ti stringerò schierandosi dal lato oscuro, Renis fu costretto a sfidarlo in un
e con labbra di malto combattimento all’ultimo sangue. La battaglia si risolse con la
io ti bacerò, vittoria stentata del bardo, che immortalò il nome dell’amico
io ti bacerò! in un famoso Lamento.

E allora balla, balla, balla! Lamento per Arconnen


Con la birra in mano, ARCONNEN IL-DÂL
balla, balla, balla! Detto il Rosso
E la birra non c’è più,
e la birra non c’è più! Quando la rossa fiamma,
la collera che avvampa?
Dovete sapere che Belle era stata contraria all’idea di sposarsi
sin dall’inizio. Ma il fratellastro, venuta meno l’autorevole pre- La roboante esplosione,
senza del padre, l’aveva praticamente svenduta al miglior of- il terribile furore?
ferente, ovvero a Taskull il venditore di pelli. In questo modo,
pensava, avrebbe ripagato i suoi debiti di gioco e si sarebbe Il gelo ti fuggiva;
fatto un amico ricco. Ma le cose non andarono come aveva spe- schiacciata dai tuoi piedi
rato. La fanciulla, oltre ad essere la più bella del quartiere era la neve si scioglieva.
anche la più ribelle e accettò volentieri le lusinghe di quel sim-
patico e affascinante bardo. Quella stessa notte i due fuggia- O Arconnen, tremendo nemico!
schi, ebbri di amore e felicità, rubarono un cavallo e lasciarono
Waterdeep. La spada silenziosa ha vinto,
Belle e Renis seguirono il percorso del vento, dirigendosi a il rogo della tua vita ha spento:
sud. Di paese in paese, di locanda in locanda i due amanti por- dove brucia ora il tuo incendio?

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O Arconnen, caro amico! La grande battaglia
spada contro scaglia
Possa il tuo spirito ardere in eterno il rosso verme fu sconfitto
e fra le stelle più belle nel cuore trafitto.
non conoscere mai inverno.
Ma nel mondo calò il lutto
Renis Arlan di Waterdeep compose il Lamento e pose la l’uccisore del drago
pietra sulla tomba del caro amico – Suzail, anno della magia cadde in ginocchio,
selvaggia. egli era morto.
Anche se addolorato per la perdita dell’amico, Renis conti-
nuò a lottare per la causa con il fervore di sempre. Il suo carat- A Re Azur luminoso,
tere semplice e allegro aprì molti cuori alla fede di Chioma di condottiero valoroso
Fuoco; la sua magia e la sua spada abbatterono molti nemici, possa questa canzone
contribuendo a salvare il Cormyr dal male incombente… immortalare il tuo nome…
Ricordiamo a proposito delle sue gesta una canzone, scritta
dallo stesso Renis, che aiutò i cavalieri del Cormyr ad affron- Per il Cormyr, per il Re!
tare con coraggio le dure battaglie. Il brano si intitola “Gli eroi
del Cormyr”, e solitamente i bardi del Cormyr accompagnano il Una volta che il Cormyr fu salvato, Renis tornò dalla sua ama-
testo con la melodia sottile di un flauto. ta. Ma si sa, i falchi non restano a lungo nel nido. E così, dopo
appena due anni a Waterdeep, Renis partì nuovamente verso
Gli eroi del Cormyr nuove e pazzesche avventure, portando il suo canto di speran-
«Se credete che il mio cuore è leggiero, Messeri, vi ingannate. za ai deboli e ai bisognosi.
Non v’è gioia in questa storia… eppure alto al cielo leverò il mio Per concludere, hanno detto di Renis…
canto! Che Sune mi assista e voi, venite accanto….»
«È solo un povero folle. Uccidendolo, libererò il mondo della
Landa di leggenda sua insulsa presenza.»
perla dell’onore – Atmar Underdoom, l’acerrimo nemico
su questa terra
regnava un gran Signore. «Avventato, maleducato e screanzato… esattamente il tipo
di persona che ci occorre.»
I giorni splendenti – La Regina del Cormyr
baciati dal sole
la gente era fiera e senza paura. «Chi è Renis Arlan? Un’impiccione molto fortunato… e pe-
ricoloso.»
Ahi! Il cattivo giorno – Nalistar, Arcimago della Grande Foresta
l’armata del dragone
città e foreste «È il caos che sconvolge l’equilibrio delle cose.»
devastò con furore. – Liadon, Sommo Archimandrita

O grandi eroi, «Renis? Hmmm… un buon bocconcino…»


figli del Cormyr – Alisara Obarskyr, Duchessina di Thunderstone
davanti a voi
lacrime e sangue.

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Capitolo 4

La lama silenziosa
taglia meglio
di Ja son R . Fo rb u s

“Muovi il culo, sorellina!” “Un’altra pinta di birra a questo ta- sima… Quando sei una ragazzina di campagna ci credi a certe
volo, occhi belli!” cose. È sempre la solita storia: in città le strade sono lastricate
Chi ha mai detto che sarebbe stato facile? Vivere, intendo. d’oro e tutto il resto.
Quando sei la sguattera di una bettola puzzolente, la vita non Ben presto capii che mi sbagliavo. La gente di città era peggio
è tutta rosa e fiori. Perché scrivere delle mie memorie? Per ram- di quella del mio villaggio. Nessuno si curava di una ragazzina
mentare a me stessa che ho il cuore dannato? Forse per ritro- sporca e cenciosa, nessuno. Provai dunque ad elemosinare e
varmi in queste pagine, fra qualche anno, e scoprire che i petali all’inizio le cose andarono benino. Ma una sera un mendicante,
della mia vita sono appassiti come la rosa che stringo in pugno. un uomo che reputavo mio amico, mi pestò di botte e si portò via
Non fa differenza. quella moneta d’argento che avevo faticosamente risparmiato…
Il babbo era morto l’anno prima. Ricordo che una sera tornò Lo guardai con gli occhi lividi di pugni e di lacrime mentre, in lo-
dai campi con un febbrone da cavallo e il dottore ci disse che non canda, banchettava con il mio denaro. È così che conobbi l’odio.
sarebbe sopravvissuto alla notte. Aveva ragione. Stanca, infreddolita e affamata scivolai nella stalla, dove mi
La gente se ne infischiò. La vita era già abbastanza dura a adagiai sul fieno. Non riuscii neppure a chiudere gli occhi, però,
causa della carestia e delle tasse del connestabile, perché preoc- che sentii afferrarmi da due forti braccia.
cuparsi della vedova O’Leary e figlia? “E tu chi sei?” Era un ragazzo, poteva avere al massimo un
Gli usurai si portarono via tutto. Anche quei quattro stracci paio di anni in più a me. “E cosa ci fai qui?”
che avevamo addosso. Mi piace pensare che mamma morì di do- “Cerco solo un posto dove passare la notte… ti prego, non pic-
lore per la scomparsa del babbo, ma la realtà è che quell’inverno chiarmi!”
fu particolarmente rigido e le pietre del vecchio mulino erano Solo allora il ragazzo parve accorgersi dei miei lividi.
fredde e piene di spifferi come una tomba. “Chi ti ha fatto questi segni?”
Al villaggio i superstiziosi e i maligni cominciarono a mor- Ma io non risposi e scoppiai a piangere.
morare: “È la figlia” dicevano “la giovane O’Leary è una strega. “Non piangere…” e porgendomi uno straccio “… tieni, asciu-
È stata lei a far ammalare i genitori! Avete visto i capelli? Sono gati quegli occhioni tristi. Io sono Duncan, ma tutti qui mi chia-
rossi come le fiamme dell’inferno. Presto quella strega verrà a mano Dunk. E tu?”
prendersi i nostri bambini!” “S-Sarah, Sarah O’Leary.”
Altre porte si chiusero. Altre teste si voltarono al mio pas- “Ti andrebbe del latte caldo, Sarah O’Leary?”
saggio. Sola e miserabile, lasciai il villaggio a bordo di una ca- Annuii entusiasta e Dunk, senza aggiungere una parola, sgu-
rovana diretta a Baldur’s Gate. Lì restai nascosta per due giorni, sciò via dalla stalla. Pochi minuti dopo era di ritorno con una
succhiando il sangue appiccicoso dai ventri squartati dei maiali. tazza di latte fumante fra le mani. La tazza di latte mi ricordò
Il pasto migliore che avevo da mesi. giorni più felici, quando il babbo e la mamma erano ancora vivi
Non ero mai stata in una città prima di allora. All’età di quin- e allora piansi, piansi moltissimo…
dici anni il mondo è un luogo pieno di meraviglie e, malgrado Dunk lavorava come garzone alla locanda e confessò che, nel-
tutti i miei guai, mi sentivo piena di vita. Mi sarei trovata un la penombra, mi aveva scambiata per un ladro di cavalli. Ricordo
lavoro, avrei messo su un sacco di soldi e sarei diventata ricchis-

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che lo trovai molto coraggioso. Fu grazie a lui, comunque, che guardando il pugnale e le mie mani imbrattate di sangue capii
l’oste accettò di assumermi come sguattera. che no, non l’avevo sognato. Strano, ma la mia coscienza era
Il lavoro era terribile. Dovevo sopportare in silenzio le con- sgombra da qualsiasi rimorso. Pensai a Dunk, a com’era morto
tinue allusioni sessuali che gli avventori mi sputavano addosso per proteggermi. Vacillai: il dolore era ancora troppo vicino.
con quelle loro linguacce da ubriachi… Ma la compagnia di Dunk Quella notte conobbi me stessa. Perché un’altra ragazza al
e la sicurezza di un pasto caldo e di un tetto sopra la testa mi mio posto si sarebbe costituita alle guardie o avrebbe atteso im-
sostenevano anche nei momenti più duri. mobile lo scorrere degli eventi. Io scelsi un’altra via. Al momento
Con il passare dei mesi, mi affezionai a quel ragazzo forte e decisivo, il mio istinto di conservazione ebbe la meglio su tutto.
di buon cuore che mi aveva tolta dalla strada. Ci eravamo pro- Sciacquai le mani e il pugnale in una pozzanghera e mi allonta-
messi che un giorno avremmo aperto una locanda tutta nostra. nai scomparendo nelle tenebre.
Sembra ridicolo, ma era il nostro grande sogno. Già mi vedevo Sin da allora conoscevo abbastanza bene questo sporco mon-
indaffarata ai fornelli, aiutata dai miei ragazzi. Sì, perché in quel do da sapere che le guardie corrotte si sarebbero intascate il bor-
sogno c’erano anche i figli, i nostri figli. Ma il destino, si sa, lavora sello del marinaio e mi avrebbero accusata di furto e omicidio.
per conto suo e nel mio caso aveva in serbo tutt’altri progetti… Per un pugno di soldi e minacce, il vecchio oste avrebbe testimo-
Accadde una notte sul tardi: Dunk era uscito a controllare la niato a loro favore. Per me non restava altro da fare che lasciare
stalla, mentre il vecchio oste russava già da un pezzo. Era rima- Baldur’s Gate, dove avevo vissuto per un anno. Un lungo anno in
sto un solo cliente, quello che doveva essere un marinaio a giu- cui da ingenua fanciulla ero diventata una donna.
dicare dalla pittoresca parlantina con cui aveva fatto le sue ordi- Avevo sedici anni allora, quando cominciai a peregrinare in
nazioni. Il marinaio si era scolato molte, troppe pinte di birra e giro per il Faerûn. La paura della legge mi indusse a viaggiare di
dormiva con la testa appoggiata sul tavolo… la prassi, insomma. città in città, anonima e silenziosa come un’ombra. Fui obbligata
Mi avvicinai per svegliarlo ed invitarlo cortesemente alla porta a compiere altri crimini per sopravvivere. All’inizio piccoli furti,
quando l’uomo si destò all’improvviso e, con una rapidità sor- quel tanto che bastava per tirare avanti. Ma poi mi spinsi sempre
prendente, mi stritolò il polso. più oltre, finché uccisi di nuovo. E poi ancora, e ancora… Con il
“Sei davvero un bel pezzo di figliola… ti va di spassartela?” tempo ci presi gusto. Per la prima volta nella mia vita ero io a
“Mi… mi lasci stare! Devo chiederle di uscire, la locanda sta scegliere, io a comandare, io e soltanto io.
per chiu…” Nel corso dei miei viaggi ho appreso i segreti della Via e raf-
Non ebbi il tempo di finire che l’uomo estrasse un pugnale e finato le tecniche; ho conosciuto altri come me: nobili o corrotti,
me lo puntò dritto alla gola. innocenti o colpevoli, vivi o morti. Ma per tutti vale la stessa
“Io non vado da nessuna parte e tu, se ci tieni a quei begli regola, la stessa religione: la lama silenziosa taglia meglio.
occhioni verdi che hai, farai esattamente come ti dico…” Due anni or sono conobbi Ezkar, un mago dalle vesti rosse.
Mi fissava con uno sguardo rosso e umido, uno sguardo da Fu lui a convincermi a seguirlo fino a Thay, dove diventammo
ubriaco. Capii subito che faceva sul serio e preferii obbedire. Il soci in affari e non impiegammo molto a farci una discreta repu-
marinaio mi condusse alla porta. La paura mi aveva bloccato… tazione. Io mi servivo delle sue conoscenze per procurarmi i “la-
non riuscivo a pensare ad altro che al pugnale, che adesso l’uomo vori”: affari complicati, politica e quant’altro. Ma una pugnalata
mi teneva puntato dietro la schiena. Ci allontanammo di qual- dietro la schiena risolveva ogni problema, garantito.
che passo ed io mi davo già per spacciata quando Dunk, sbucato Ad essere sincera i maghi non mi sono mai piaciuti. Troppo
dall’ombra, diede un poderoso strattone al mio assalitore. L’uo- astuti e pericolosi per potersi fidare di loro… Immaginate, dun-
mo cadde a terra ma, prima che Dunk potesse gettarcisi addos- que, la mia sorpresa quando Ezkar confessò di amarmi.
so, si era già rialzato e con una prontezza letale lo feriva al cuore. “Lasciamo stare questa vita. Abbiamo abbastanza soldi da
Forse il marinaio aveva sbagliato mira, forse non voleva colpire vivere bene per il resto dei nostri giorni. Andiamo via, io e te, e
per uccidere… Fatto sta che Dunk indietreggiò di qualche passo ricominciamo tutto daccapo.”
e, guardandomi con gli occhi sbarrati dallo stupore, balbettò: Povero, stolto Ezky. Gli tagliai la gola nel sonno e fuggii con
“M-mi dispiace…” Un attimo prima di accasciarsi al suolo, i soldi. La nostra unione era conclusa, eh eh. Forse quei bifolchi
morto. dei miei compaesani avevano ragione su di me, forse sono dav-
Quel che accadde dopo lo sa soltanto il diavolo. Ricordo un vero una “strega”. Fatto sta che adesso ho una taglia sulla testa.
impeto di rabbia, ricordo di aver raccolto il pugnale che l’assassi- Ammonta a 3,500 pezzi d’oro, se non sbaglio. Senza la protezio-
no aveva lasciato cadere a terra… poi un velo rosso sangue copre ne di Ezkar, la nazione di Thay mi considera una pericolosa fuo-
ogni cosa… Mi vedo in fuga, con il pugnale stretto saldamente rilegge. Devo trovare un altro mago rosso e guadagnarmi la sua
nel pugno e il cuore che mi martellava in petto… quell’ardente fiducia, se non voglio che la morte venga a bussare alla mia porta
sensazione di libertà e l’appagamento di una vendetta compiu- anzitempo. Solo allora potrò dormire sonni tranquilli. Credo.
ta… In quel bagno di sangue mi sentii rinata. La gente mi conosce come Ombra Rossa, ma in qualunque
Quando ripresi conoscenza mi trovavo nello stesso, lurido modo vogliano chiamarmi io non devo rispondere ad altri che a
angolino dove dormivo prima di imbattermi in Dunk. Per un me stessa. Dopo tutto chi ha mai detto che sarebbe stato facile?
brevissimo istante pensai che si fosse trattato di un incubo, ma Vivere, intendo.

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Capitolo 5

L’occhio del firmamento


di Ja son R . Fo rb u s

«Vi racconterò parte di una saga più estesa, di un’antica ballata A bordo della carovana viaggiava la famiglia al completo: il
le cui origini si perdono nella nebbia dei tempi… Questa storia padre Eladaran, un campione che aveva sempre difeso la terra e
è triste, queste pagine ingiallite umide di un mare di lacrime. i suoi cari con coraggio; la madre Aënadth, una maga trasmuta-
Ma come tutte le leggende dei nostri antenati, angoscia e om- trice che aveva stretto un forte legame con il bosco e riscoperto
bra cedono il passo a gioia e luce.» conoscenze perdute, e infine i due figlioli, appena fanciulli.
– Weanor Hightrees, Cantore delle Foglie Sussurranti Il maggiore era un maschio: i genitori lo avevano chiamato
Menel Hen, “occhio del firmamento”, a causa della peculiare
Tutto ebbe inizio un pallido mattino di mezz’inverno tanti, abitudine del ragazzino di scrutare l’immenso cielo. Gli erano
tanti anni fa… dunque state tatuate le rune del suo nome dietro la nuca, per
La neve fioccava abbondante quel giorno straordinaria- rispetto di un’antichissima tradizione di famiglia.
mente freddo, ricoprendo l’antica foresta di Cormanthor di un La secondogenita, invece, era una bellissima bambina:
manto di nobiltà. Lómë Hrívë, “notte d’inverno”, poiché la sua nascita era stata
I larghi e sgombri sentieri fra gli alberi erano deserti, fatta predetta molto tempo prima dai divinatori al servizio degli Ar-
eccezione per una carovana, un esempio di maestria e inge- lan e accolta con profonda gioia in una gelida notte di gennaio.
gno, trainata da una coppia di cavalli bianchi come lo scenario Anche Lómë, come il fratello, portava tatuate dietro la nuca le
magico che li circondava. La carovana procedeva spedita per rune del suo nome.
l’Ovest, diretta al mare. L’ultima, antica famiglia elfica soprav- La carovana aveva quasi raggiunto i confini del verde regno;
vissuta sul continente di Faerûn, avrebbe presto raggiunto la il cocchiere, un fedele servo e amico, guidava i cavalli con sicu-
favoleggiata isola di Evermeet e dunque la tanto agognata pace. rezza. All’interno, fratello e sorella giocavano felici, mentre i
La pace che i crudeli cugini del sottosuolo, gli efferati drow, genitori si scambiavano in teneri sussurri le preoccupazioni, le
avevano violato ormai da tempo. speranze per i lunghi giorni venturi…
Separarsi dall’amata foresta dei loro avi era stata una scel- La quiete fu bruscamente interrotta quando un colpo pode-
ta difficile ma oramai il Cormanthor, a causa delle frequenti roso e improvviso si abbatté con violenza contro la carovana.
incursioni drow, era divenuta una terra di nessuno. Molti elfi L’urto fu tremendo: il cocchiere venne catapultato a qualche
erano emigrati all’Ovest; tanti altri, invece, avevano preferi- metro di distanza e cadendo batté la testa. Il poveretto non
to la vita di forestieri e vagabondi nelle metropoli di Faerûn, ebbe neppure il tempo di realizzare cosa fosse accaduto che era
Waterdeep innanzi a tutte. Così anche gli Arlan scelsero la Via già morto. La carovana si era frattanto piegata su di un lato.
dell’Esilio, preferendo il ricordo di un passato glorioso all’oscu- I bambini spaventati si strinsero l’uno alle braccia tremanti
rità di un incerto presente. La lunga marcia attraverso l’im- dell’altra mentre i cavalli frinivano terrorizzati. Le povere be-
mensa foresta di Cormanthor sarebbe servita agli Arlan per stie non riuscivano a rialzarsi e continuavano a scivolare sul-
congedarsi da quegli alberi secolari che, colorando le foglie di la neve. Ma Eladaran, ripresosi dallo stupore iniziale, brandì
rosso, giallo e verde, avevano segnato le meravigliose stagioni Daraliss, un’arma magnifica con la quale aveva combattuto e
delle loro lunghe esistenze. sconfitto centinaia di nemici, e balzò fuori; Aënadth lo seguì
un attimo dopo essersi protetta con alcuni incantesimi.

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Fuori li attendeva un’amara sorpresa: un drappello di maghi do sopore, con il sangue che ancora gli gocciolava dalle labbra
e guerrieri drow che contava su due dozzine di uomini, armati spaccate e segnava una macabra scia sulla neve immacolata. I
di tutto punto e in assetto da combattimento. Le spie drow drow avanzavano lenti e rumorosi, ingombrati com’erano dai
dovevano aver tesori della carovana. Il piccolo Menel si chiedeva quale sareb-
saputo della loro partenza, e gli avevano teso un agguato. be stato il suo futuro: costretto a combattere come una bestia
Ridevano gli elfi oscuri, pregustando il momento in cui le loro per soddisfare la brama di sangue dei padroni drow, dimentica-
lame affilate avrebbero trafitto le carni dei nemici di sempre. to in un’oscura città sotterranea? Non avrebbe dunque mai più
Subito i due amanti capirono che le possibilità di vittoria erano rivisto il cielo che amava tanto? E allora Menel pianse, pianse
pressappoco inesistenti. Si fissarono negli occhi: uno sguardo lacrime ardenti e così diede sfogo alla disperazione e fugò lo
intenso e carico del fuoco del loro amore, un amore vecchio di spettro della pazzia.
due vite umane. Un attimo dopo si scagliavano addosso agli Il fanciullo si era ormai rassegnato alla crudeltà del destino
assalitori, intenzionati a tutto pur di salvare i loro due tesori. quando, all’improvviso, una pioggia di foglie acuminate calò
Eladaran e Aënadth si batterono come mai avevano fatto dalle cime degli alberi, abbattendosi sui drow. Erano frecce!
prima di allora, si batterono come tigri che difendono i propri Con la forza residua Menel sollevò lo sguardo e gli parve di ve-
cuccioli dal pericolo. Molti drow incontrarono il proprio desti- dere, confuse e sfocate nel bianco ovattato che lo circondava,
no contro la spada e la magia degli impavidi elfi. Ma l’esito del- agili figure saltare giù dai rami e verdi mantelli gonfiarsi. Quei
la battaglia non poteva che arridere ai figli di Lolth. Dalla loro, mantelli, quelle frecce piumate… Non poteva sbagliarsi, quelli
i drow potevano contare sul vantaggio numerico e sulla cru- erano i “Guardiani”, i baluardi, i figli e fratelli del Popolo Fie-
deltà. Eladaran il campione cadde sotto i colpi di molte spade ro! Un turbinio di lame e di frecce micidiali si abbatté come
spietate. Aënadth lanciava un incantesimo quando fu sorpresa tempesta sulle fila dei drow. Questi, come belve messe alle
da alcuni dardi avvelenati, che tagliarono l’aria come lingue di strette, si affidarono a tutti gli stratagemmi che conoscevano
serpente e si conficcarono nel suo bel petto. L’ultimo pensiero pur di salvarsi la vita. Pochi drow fortunati, aggirato il campo
della donna fu un pensiero di madre, la speranza che ai figli di battaglia, si diedero alla fuga. Fra questi pochi c’era anche
adorati fosse concessa una morte veloce e indolore. lui, il drow che lo trascinava inesorabilmente verso un futuro
Dall’interno della carovana, intanto, il piccolo Menel aveva di sofferenze. La speranza abbandonò nuovamente il piccolo
visto tutto. A nulla erano valse le preghiere di Lómë di non sventurato. Per quanto si sforzasse di invocare aiuto, la flebile
guardare, di restarle accanto. Qualcosa dentro di lui lo costrin- voce del fanciullo si perdeva nelle grida e nel clangore
geva ad affacciarsi su quell’orribile spettacolo. Così quando le dell’acciaio. Fu allora che lei comparve: una ragazza dagli occhi
spade lacerarono il corpo del padre e i dardi trafissero il cuore di lince.
della madre, una parte di lui morì per sempre. «Fammi strada, sgualdrina!» Le urlò addosso il drow.
Vinta la battaglia, i drow esaminarono rapidamente i corpi Ma la ragazza sollevò l’arco e, incoccata una freccia, la-
straziati degli elfi. Tolsero la spada, ancora imbrattata di san- sciò andare: la freccia gridò nel vento prima di piantarsi nel
gue drow, dalla mano dell’elfo e i gioielli, quei bellissimi orec- fianco destro del drow, che vacillò qualche passo quando ecco
chini d’argento che Eladaran aveva donato alla sua consorte che un’altra freccia, velocissima, lo colpì alla gamba facendolo
per l’ultimo solstizio, li strapparono sadicamente via. L’infini- crollare a terra. Menel Hen si divincolò dalla presa del drow
to orrore di ciò che vide allora, Menel non poté paragonarlo a morente, scivolando sulla soffice neve. Tutt’intorno a lui, la
nessuna notte senza stelle. La furia in lui crebbe cieca e terri- battaglia volgeva al termine segnando la vittoria dei guardia-
bile, esplose come il fulgore di mille soli. In un attimo era fuori ni. Barcollante, Menel si alzò da terra per volgersi a colei cui
dalla carovana, spinto da un solo obiettivo: vendetta! Senza doveva la vita. La guerriera lo fissò con i suoi occhi da lince. Il
pensarci su due volte, Menel si scagliò addosso al bastardo che fanciullo non chinò il capo e guardò a lei nella stessa maniera
stava pulendo i gioielli del sangue della madre. Quel giorno l’el- con cui guardava il cielo.
fo oscuro conobbe la paura. L’odio infinito di quel ragazzino era Alcuni drow erano riusciti a darsi alla fuga, rintanandosi in
una potenza aliena e vasta, una forza pronta ad esplodere. Ma chissà quale oscuro meandro. I guardiani seguirono le tracce
restava pur sempre un ragazzino. dei fuggiaschi ma ad un punto della pista queste scompariva-
«Però! Potrebbe diventare un buon gladiatore nelle arene no nel nulla. Menel Hen si aggirò come uno spettro fra i corpi
insanguinate di Menzoberranzan!» Disse, prima di colpirlo in degli elfi e dei drow caduti, seguito passo passo dalla ragazza
pieno volto con il piatto della sua spada. Il fanciullo provò un dagli occhi di lince. Il fanciullo cercò la sorellina fra i corpi di
dolore acuto e poi perse i sensi. quei guerrieri invocando il suo nome: «Lómë!», così tante volte
Quando Menel riaprì gli occhi, scoprì che un drow lo porta- che alla fine gli arse la gola. La verità che il piccolo principe
va a spalla come se fosse della selvaggina. Il fanciullo era trop- rifiutava di credere emerse all’improvviso, trafiggendo il suo
po debole per opporre qualsiasi resistenza e comunque sareb- petto in un singulto di crudo dolore. Lómë era stata rapita
be stato inutile. Con la coda dell’occhio intravide Lómë, e nel dai drow! Menel gridò la sua rabbia e pianse la sua tristezza
vedere che la sorellina stava bene si tranquillizzò. Il fanciullo in ginocchio, un bambino rannicchiato su sé stesso che aveva
visse le ore che seguirono in uno stato di dormiveglia e tiepi- appena conosciuto il terribile mondo dei grandi. I guerrieri el-

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fici, scossi da una profonda commozione, si raccolsero attorno sedere una dote innata che l’odio, altrimenti estraneo al suo
a Menel Hen. La ragazza dagli occhi di lince si chinò su di lui e animo buono, plasmava in uno stile ineguagliabile.
stringendolo fra le braccia gli sussurrò parole di conforto che i Le stagioni trascorsero velocemente. Menel Hen cresceva di
secoli hanno obliato… pari passo con la sua implacabile sete di vendetta. Fu soltanto
grazie alle cure amorevoli di madre Shala che il ragazzo non
*** votò il suo cuore al male e alla distruzione che ne deriva. Ma
quando cadeva in trance, incubi spaventosi tornavano per tor-
Era ormai solo al mondo. I genitori furono sepolti il giorno mentarlo e lui tremava, scosso da terribili visioni. Nel mondo
seguente ai piedi di una vecchia e maestosa quercia, la stessa dei sogni madre Shala non poteva consolarlo e la povera donna
di fronte alla quale avevano celebrato il loro matrimonio. Nei restava fuori l’uscio della camera con le mani sul cuore dolente
giorni che seguirono, molti nobili elfi salparono da Evermeet per la sofferenza del figlio.
per piangere sulla tomba degli ultimi regnanti del Corman- Quando l’addestramento di Menel poté dirsi completato, il
thor. Erual, il famoso arcimago elfo del sole di cui tutt’oggi lo- ragazzo saldò il debito con i Guardiani unendosi ai loro ranghi.
diamo il nome, provò pietà per il giovane principe e gli offrì di La prova consisteva nel sopravvivere in solitudine in un am-
portarlo in una terra lontana da quel luogo di dolore, gli offrì biente ostile della foresta per una settimana e dare la caccia e
la possibilità di una vita felice. Ma il fanciullo conosceva già la stanare una creatura pericolosa. Fu dura, ma il ragazzo riuscì
sua strada. Lo aveva giurato solennemente sulla tomba dei ge- nell’impresa senza trovare grosse difficoltà. In molte battaglie
nitori, rinnegando Corellon Larethian e gli dei colpevoli, a suo il contributo di Menel si rivelò decisivo e l’ultimo degli Arlan
parere, di averlo abbandonato: avrebbe dedicato tutto il suo presto si guadagnò il meritato rispetto dei compagni guarda-
spirito alla vendetta. L’arcimago, rattristato e sconvolto dalla boschi. Un giorno, si diceva, il Principe avrebbe reclamato il
scelta dell’ultimo degli Arlan, lo salutò con la promessa di un trono che gli spettava di diritto.
rifugio sicuro. Il giorno stesso in cui Menel superò il beryn fin, domandò
«Le sponde di Evermeet sono sempre pronte ad accogliere il ad Elen di unirsi a lui in matrimonio. La donna accettò senza
figlio di Eladaran il Campione, Sire del Cormanthor.» Gli dis- farselo chiedere due volte, poiché anche lei amava non trop-
se. po segretamente questo ragazzo forte abbastanza da superare
Prima di fare ritorno ad Evermeet, Erual portò con sé il te- la tragedia che aveva sconvolto la sua vita e, pur di aspettar-
soro di famiglia degli Arlan. Lo avrebbe custodito in attesa del lo, aveva rifiutato decine di corteggiatori. Nei due amanti il
lontano e sperato giorno in cui Menel sarebbe stato legittima- thiramin² non era stato improvviso, ma un seme vecchio di
mente incoronato Sovrano del Cormanthor. decadi finalmente sbocciato in un bellissimo fiore. La notizia
Il Consiglio dei Guardiani assunse dunque l’autorità in vece del loro matrimonio fu accolta dall’intera comunità con grande
della mancanza di un sovrano. Erano tempi bui, anni di lacri- gioia e festeggiata per giorni.
me e di sangue. Il Cormanthor era governato dalla spada. Si sposarono secondo i dettami del rito antico, al sorgere di
Quando Menel Hen si rifiutò di partire, il consiglio decise Anar il sole e ai piedi della quercia dove si erano sposati i ge-
all’unanimità di affidare il fanciullo alle cure della famiglia del- nitori di lui e dove ora riposavano, uniti nell’eterno abbraccio
la sua salvatrice. della morte.
«… affinché tu non dimentichi cosa sono l’amore e la fami- Dalla loro unione, pochi anni dopo, nacque un bambino. Il
glia…» Dissero, e lui obbedì. suo viso ricordava i bei lineamenti della madre mentre gli occhi
La sua salvatrice, la ragazza dagli occhi di lince, si chiamava grigi vagavano per lo spazio come quelli dell’orgoglioso padre.
Elen e davvero, come suggeriva il nome, era bella e irraggiungi- I genitori lo chiamarono Yondo Alassë, “figlio di gioia”, perché
bile come una stella. Elen aveva da poco superato il beryn fin¹ c’era tanta felicità nella loro vita. Menel decise di mantenere
eppure dal suo modo di parlare, dalla profondità dello sguardo viva la tradizione degli Arlan e fece tatuare la nuca del bambi-
nessuno lo avrebbe sospettato. Il padre Aelos e la madre Shala no con le rune del proprio nome.
furono fin da subito amorevoli nei confronti del piccolo prin- Ma in quegli anni il Cormanthor restava un luogo pericolo-
cipe, e non gli fecero mai pesare il fatto che egli era un figlio so. Fra le ombre degli alberi strisciavano nemici invisibili, sem-
adottato; Neyla, la sorella maggiore di Elen fu per pre in agguato. Un giorno, un lugubre e infausto giorno i drow
Menel Hen come una seconda sorella. Ma con Elen era tutto sferrarono un attacco improvviso. I Guardiani accorsero a di-
diverso. C’era qualcosa in lei di straordinario, e questo qualco- fendere la terra con il coraggio che sempre li contraddistingue-
sa rapì sin da subito il cuore acerbo di Menel. va in battaglia, ma le forze drow che si trovarono a fronteggiare
Nonostante la giovane età, Elen serviva già fra i ranghi dei contavano duecento fra guerrieri, maghi e sacerdotesse. Allora
guardiani. Arciera provetta, padroneggiava anche l’arte delle per gli elfi di Cormanthor fu chiaro che i crudeli cugini non
spade, che nelle sue mani si trasformavano in fruste pronte a erano giunti con la solita intenzione di uccidere, saccheggiare
piegarsi e a schioccare. La ragazza insegnò a Menel lo stile di e fuggire con il bottino. Si trattava di una vera e propria inva-
combattimento con due armi. In questa danza di lame l’ultimo sione. La battaglia si trasformò presto in un massacro e tutti
degli Arlan si dimostrò un ottimo allievo, dimostrando di pos- noi sappiamo che la Corte Elfica quel giorno sarebbe definiti-

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vamente caduta se non fosse stato per l’intervento provviden- Menel Hen aveva abbandonato la sua terra, suo figlio. Ma
ziale di Odon il drago d’argento, che aveva previsto l’attacco da Yondo gli ricordava troppo la madre, e il dolore era ancora in-
tempo ed era accorso dall’ovest per assistere i suoi alleati. sopportabile. Così il suo carattere si incupì e nel suo cuore non
Nell’infuriare della battaglia, Elen si trovò faccia a faccia ci fu più spazio per la gioia. Il ramingo dava sfogo alla sua rab-
con il famigerato Ykrash, un necromante di grande potere. Ad bia contro gli occasionali mostri in cui si imbatteva, creature
Ykrash bastò toccare la fanciulla elfica con un dito pervaso di malvagie e stupide abbastanza da mettersi sulla sua strada.
gelida energia, perché la nobile guerriera cadesse a terra pallida Trascorse tre anni in lunga solitudine, rifuggendo gli uomini
e fredda in un istante, come se il sangue non fosse mai fluito nel e la civiltà. Durante l’arco di tempo che passò nel Nord, Menel
suo corpo. Menel la vide cadere e per lui fu come rivivere quel Hen poté rafforzare il legame che lo univa alla natura. L’aspra e
giorno lontano, che ancora bruciava nella sua memoria come se selvaggia madre lo aiutava a purificarsi. Ma poi giunse l’Inver-
fosse accaduto ieri; i ricordi riaffiorarono in un fiume in no della Fame, come c’è tramandato dalle cronache dell’epoca.
piena di rabbia devastante. Ancora quella sensazione d’ab- La selvaggina era quanto mai scarsa, ci fu una moria tremenda
bandono e forza lo pervase e così Menel si fece largo fra i ne- di animali. Neppure le magre provviste che Menel aveva pre-
mici in un turbinio terribile di lame finché raggiunse Ykrash. murosamente conservato bastarono a supportarlo. La fame co-
Il mago fu colto alla sprovvista dall’arrivo di Menel e tentò di strinse il ramingo a fare ritorno nelle terre civilizzate.
comporre un incantesimo, ma nel farlo lasciò la difesa scoper- «Fu come svegliarsi da un lungo sogno», sembra che confidò
ta alle lame dell’elfo, che si incrociarono intorno al suo collo un giorno a suo figlio, «un sogno in cui io ero un lupo della
decapitandolo. Vendetta! Era fuori di sé! Il ranger continuò a steppa.» Da questa rivelazione, probabilmente, nacque la leg-
dilaniare i corpi dei nemici anche quando questi non respira- genda del simbolo araldico degli Arlan: un lupo dal portamen-
vano, né si muovevano più. I compagni tentarono di fermarlo, to fiero che contempla il cielo stellato.
ma la sua ira era formidabile. Menel fuggì via da quel luogo A questo punto il destino di Menel Hen si tesse ai destini
di sofferenze, in preda ad una follia che lo condusse miglia e di altri uomini, nel bene e nel male, nella luce e nell’oscurità.
miglia lontano, al nord. Oggi il nome di questo antico guerriero è iscritto sull’albo degli
Durante la sua fuga, Menel non si fermò mai nello stesso eroi della risorta Corte Elfica e noi lodiamo il suo nome.
luogo per più di due giorni: avvertiva il bisogno di abbandonare Così se in una notte di vento e di pioggia, mentre sorseggia-
una caverna, un asciutto rifugio e andare via, sempre più lon- te il vostro vino caldo in locanda e contemplate il fuoco scop-
tano, sempre più a nord. piettante che arde nel camino, udrete narrare dalla viva voce di
Menel Hen divenne un ramingo, un solitario viandan- un bardo le gesta di Menel Hen consideratevi fortunati, molto
te delle terre selvagge. Si nutriva di radici, di piccoli animali fortunati, perché è una di quelle rare storie in grado di portarvi
quando aveva la fortuna di incontrarne. Lentamente, Menel in un tempo che è stato, ma che oggi non è più…
imparò… Imparò il significato della fame, della sete e del do-
lore, del freddo e del caldo. Era solo con sé stesso, solo lui e il ¹Beryn fin = ovvero “tempo della scoperta”; rappresenta
cielo. Ed il suo sguardo tornò a vagare – di notte – fra le stelle, l’inizio della pubertà per gli elfi.
nella speranza di incontrare il sorriso della sua amata Elen in ²Thiramin = “legame dell’anima”; gli elfi credono che il pro-
mezzo a quelle luci… gresso spirituale di una persona sia inconsapevolmente intrec-
ciato con quello di un’altra.
***

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Capitolo 6

Il potere del Vero Nome


di Ja son R . Fo rb u s

«Ao strapperà gli dei dai loro troni e li scaglierà con furia sulla nalmente libero dalla volontà del padre, Eraliss optò per quella
terra, ove cammineranno come mortali…» che considerava la via più veloce verso la ricchezza: lo studio
– Così disse il Saggio Alaundo della magia. Le premesse erano buone: egli era ormai abituato
allo studio e, nonostante l’età tarda, era disposto a tutto pur
Nonostante abbia rappresentato materia di profondo stu- di apprendere l’arte. In questo modo sarebbe entrato in quella
dio da parte degli eruditi per secoli, il Periodo dei Disordini cerchia d’elite che comprendeva l’insegnamento o, addirittura,
rimane perlopiù avvolto nella nebbia del mito. Così, come i re- ottenuto la carica di magistrato, poiché spesso la magia sfocia-
sti di un relitto che emergono dagli abissi voraci, frammenti di va in quella professione. Non per la conoscenza dunque, ma
quelle vicende affascinanti e spaventose si rivelano un po’ per per il denaro Eraliss si iscrisse all’Accademia Magica di Can-
volta agli occhi affamati di conoscenza. dlekeep.

*** ***

Eraliss era l’unico rampollo di una nobile famiglia caduta in Candlekeep è una fortezza inespugnabile. Abbarbicata su una
rovina, i Daar di Beregost. Dal giorno della sua nascita, Eraliss rupe che affaccia sul mare e sorvegliata continuamente da
aveva assistito impotente al disfacimento delle ricchezze di fa- guardie ben equipaggiate, essa è anche la dimora di numero-
miglia: prima il cantiere navale, poi la terra e infine il lussuoso sissimi maghi, che vi si recano per completare i propri studi
maniero in cui i Daar vivevano ormai da sei generazioni. Così, nella più vasta e fornita biblioteca di Faerûn.
a mano a mano che il suo nome affondava nel fango, il caratte- Ma una volta lì, il ragazzo si rese conto che i soldi non erano
re del ragazzo si incupì. Le porte del mondo dabbene si chiuse- sufficienti a compensare le ingenti spese richieste dagli studi.
ro per lui, e perfino gli amici di un tempo presero ad insultarlo Così affrontò con grande spirito di abnegazione i sacrifici, an-
“mendicante” e “figlio di cani”, come usualmente fanno i nobili che se ciò significava abitare in una gelida soffitta con i topi,
con i meno fortunati. Il ragazzo visse come un recluso con i anche se ciò significava saltare i pasti, anche se ciò significava
suoi libri, lontano dai clamori del mondo, finché il padre, un vestire con il solito cappotto lacero e soffrire la furia dell’in-
povero vecchio che viveva di ricordi, abbandonò la vita terrena verno…
per raggiungere il reame dei morti. Eraliss, allora ventiduenne, Quattro anni passarono prima che i suoi sforzi venissero de-
sebbene sinceramente dispiaciuto per la morte del padre eredi- gnamente ricompensati. La notte della cerimonia in cui Eraliss
tò con gioia le seicento monete d’oro che quest’ultimo gli aveva fu nominato mago, fu una notte buia e profuga di stelle. Ma il
lasciato. Erano abbastanza per una vita dignitosa. Ma Eraliss, novizio non se ne curò e pieno di orgoglio accolse l’investitura
furente con il fato che si era accanito così duramente contro il che aveva bramato per quattro, interminabili anni. Termina-
nome della sua famiglia, giurò a sé stesso che si sarebbe eleva- ta la cerimonia, Eraliss si avviò verso “casa”. Il suo spirito era
to dal mero benessere economico, riportando i Daar all’antico leggero nella consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima
prestigio. I soldi non erano abbastanza per tentare un’impresa volta in cui avrebbe dormito nello squallore della piccola sof-
commerciale e, partire a piccoli passi, non era nel suo stile. Fi-

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fitta. Ma spalancando la porticina, l’ultimo dei Daar ebbe un Quando Eraliss riaprì gli occhi, scoprì di essere solo in sof-
sussulto: c’era qualcuno appoggiato vicino alla sua branda… fitta. Ma in qualche modo si sbagliava. Agan non perse tempo
«Chi va là?» Chiamò Eraliss, preparandosi a lanciare l’in- a manifestare la sua oscura presenza.
cantesimo migliore del suo repertorio: sonno. “Adesso siamo una cosa sola, io e te. Sappi che il tuo vero
Lo sconosciuto, avvolto in una tunica nera come il carbone, nome da ora in avanti sarà Agan. Per tramite del mio nome i
si volse lentamente rivelando un volto sfigurato dalle piaghe. tuoi incantesimi saranno raddoppiati di potenza. Diverranno
«Tu sssai chi sssono io… Eralisss figlio di Drasssk.» inarrestabili, e annienteranno chiunque osi frapporsi al nostro
Benché scosso dalle parole misteriose del lebbroso, Eraliss volere. Ti basterà pronunciarlo alla fine della formula affinché
riuscì a mantenere la calma e a rispondere: esso abbia effetto. Tocca il tuo collo, troverai un amuleto.” Era-
«In verità no, signore. E gradirei che vi identificaste, perché liss si accarezzò il collo, scoprendo una disadorna collana di
vi siete introdotti nella mia…» ferro. “L’amuleto è il canale che ci unisce e che permette al vero
Eraliss non poté concludere la frase perché all’improvviso nome di funzionare correttamente, Eraliss. Non devi perder-
sentì le sue membra irrigidirsi, finché fu immobile come una lo per nessuna ragione, altrimenti sia io che te morremmo nel
statua. giro di poche ore. Hai capito?”
«Mi assscolterai ragazzo» continuò lo sconosciuto, come se “Credo… credo di sì.”
nulla fosse accaduto «perché mi è rimasssto poco tempo. “Inoltre non dovrai fare parola con nessuno del nostro pat-
«Tu mi conosci da quando sssei nato, Eralisss figlio di Drass- to, perché se il vero nome venisse allo scoperto altri maghi po-
sk. Io sssono l’odio, la rabbia che ti brucia dentro… Ti ho ssse- trebbero ritorcertelo contro. Qualora tu disobbedissi ad uno
guito come un’ombra in tutti quesssti anni. Non puoi scappare dei miei ordini, allora sarò costretto a nutrirmi della tua mente
dal tuo destino. Desssideri vendicarti di coloro che hanno oss- e trasmigrare altrove. Faresti la fine del mio vecchio involu-
sato insssultare il tuo nome, il nome di un Daar! Sssoltanto io cro… un uomo orribilmente sfigurato. Ma dopo tutto, perché
possso aiutarti, sssoltanto io possso donarti l’arma che li an- dovresti disobbedire?”
nienterà, sssottomettendoli al tuo volere.» Eraliss capì subito chi fra i due aveva il coltello dalla parte
Eraliss sentì il sangue ricominciare ad affluirgli nelle vene, e del manico. Eppure, i reciproci pensieri restavano ignoti all’al-
un attimo dopo era libero. tro, a meno che questi non desiderasse comunicarli. L’intimo
«Ma… ma come?» rifugio che era la sua mente, almeno per il momento, non era
Lo sconosciuto rise allora, una risata agghiacciante che fece stato violato dal parassita conquistatore. Ciò poteva tornargli
impallidire il giovane mago. utile, prima o poi…
«Con il potere, ovviamente. Un potere immenssso, al di là “Stanotte dormiremo qui. Ma domani ci metteremo in viag-
della tua comprensssione mortale.» gio. La vendetta ha aspettato fin troppo…”
«Cosa vuoi in cambio?» Agitato, Eraliss passò una notte tormentata dagli incubi.
«Un corpo dove riposssare la mia mente ssstanca. Quesssto In uno di questi incubi, al mago parve di vedere Agan nel suo
corpo ormai è vecchio e logoro… è giunta l’ora per me di cam- aspetto originale: un possente guerriero con indosso un’arma-
biarlo con un degno sssostituto. Tu sssei quel degno sssostitu- tura nera e minacciosa, che fra le mani macchiate di sangue
to che sssto cercando, in te vedo il sssangue ribollire dall’odio… brandiva una grande alabarda dalla lama di ghiaccio. Era terri-
Non preoccuparti, non ti accadrà nulla. Diventerai sssolo più bile e attraente come l’odio nel suo cuore.
consssapevole, e più potente.»
Le parole del vecchio lebbroso suonavano stranamente con- ***
vincenti. Eraliss si sentì irrimediabilmente attratto da quella
proposta, come se una volontà più forte lo spingesse ad accet- Il mattino seguente, prima di partire alla volta di Beregost, il
tare. mago si recò in biblioteca per affittare dei libri. Fu durante il
«Prima che io accetti la tua proposta, dimmi: chi sei?» viaggio in carovana da Candlekeep alla grande città costiera
Un ghigno di pura malvagità comparve sul volto del vecchio. che Eraliss apprese la vera identità di Agan: una semidivinità
L’aria nell’angusta soffitta si fece elettrizzante, carica di tensio- decaduta nel Periodo dei Disordini che si era resa colpevole di
ne. Fuori il vento cominciò ad ululare selvaggio e una nube di numerosi crimini. Egli era in grado di indurre sovrani saggi e
oscurità calò, avvolgendoli in un abbraccio pauroso. Due occhi buoni a dichiarare guerra alle nazioni vicine in base a torti e ad
rosso sangue si illuminarono nel buio e una voce si udì, una inezie che addirittura il tempo aveva obliato. Laddove la gelida
voce tonante che parve riecheggiare da antri dimenticati nelle voce di Agan giungeva, il fuoco della vendetta divampava. Du-
viscere della terra: rante il Periodo dei Disordini il Faerûn funse da palcoscenico
«IO SONO AGAN IL VENDICATORE, SIGNORE DEL per faide sanguinarie. L’anarchia e la giustizia personale non
VERO NOME.» ottenevano che nuove vendette da soddisfare, generando un
Allora il mago sentì un flusso di energia gelida percorrere le tragico e grottesco cerchio di cui Agan si compiaceva. Quando
sue membra, dopodiché non sentì più nulla. il Periodo dei Disordini finì e le divinità tornarono a sedere sui
loro troni, di Agan si perse ogni traccia. Alcuni affermarono

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che un potente sacerdote di Tyr lo avesse ucciso, altri afferma- Centinaia di anni dopo il Periodo dei Disordini, Agan continua
rono il contrario. Fatto sta che di lui si era persa ogni traccia, a tormentare i mortali seminando morte, distruzione e ven-
“Finché…” pensò Eraliss serrando l’amuleto di ferro nel palmo detta nei loro cuori. Forte del potere del Vero Nome, il Signore
della sua mano. La collana gli trasmise una sensazione di vi- della Vendetta abbatte gli stolti che si oppongono al suo piano
brante adrenalina. Il giovane mago sorrise: nessuno fra coloro supremo: egli si prepara a causare la guerra più sanguinosa e
che aveva insudiciato il nome dei Daar sarebbe sfuggito alla fratricida che Faerûn abbia mai conosciuto… una guerra com-
sua vendetta e, mentre il carro si allontanava da Candlekeep, la battuta in suo nome, il nome della vendetta!
mente di Eraliss si allontanava dal sentiero della ragione. Ma seppur abbattuta, una piccola parte di Eraliss è riuscita
Giunto a Beregost, Eraliss non perse tempo a rintracciare a sopravvivere, aggrappandosi alla lucida follia del suo padro-
i suoi obiettivi e ad eliminarli, uno dopo l’altro, finché otto ne. Quali saranno le sue azioni: tenterà di arrestare i piani di
ragazzi di buona famiglia morirono assassinati. I consigli di Agan, oppure si concederà interamente all’onnipotenza del
Agan furono indispensabili ai fini della fuga. Era come se co- Vero Nome? Solo il futuro saprà dirlo ed io, per una volta, re-
noscesse già le reazioni della gente e fosse sempre pronto ad sterò a guardare…
agire di conseguenza.
“Il pretesto della vendetta resta un semplice pretesto privo
di significato. Esso va e viene come la rabbia. Ciò che conta è
la punizione.” Furono le spietate parole di Agan a lavoro com-
piuto.
La morte degli ex-compagni non bastò a placare la sete di
giustizia che lo prosciugava e con il passare del tempo, Eraliss
si lasciò sedurre dalle intricate trame che il Vendicatore tesse-
va per lui. C’era sempre una vendetta da compiere, un crimine
da punire.

***

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Capitolo 7

Sacro liberatore
di Ja son R . Fo rb u s

Le strade affollate e polverose di Calimport scorrevano come di legno, sentì le forze abbandonarlo e improvvisamente suoni
fiumi vocianti di persone. Dai bazar esotici si alzavano nell’aria e colori gli si sfocarono intorno. Cadde privo di sensi a terra. Fu
le grida dei mercanti, pronti a giurare qualsiasi menzogna pur svegliato da violente frustate dietro la schiena, colpi sferrati
di vendere la propria merce; ai margini delle strade, maghi e con cattiveria dal suo padrone.
saltimbanchi si esibivano nel loro meraviglioso spettacolo; ca- «Svegliati, cane di uno schiavo!» Gli gridava, e per quanto
rovane magnifiche sfilavano pompose, sospinte a forza fra la soffrisse Harad non riusciva ad alzarsi da terra. Sentì il sangue
folla dalle arroganti guardie del nobile di turno. Questa era ed bruciare come lava bollente dietro la sua schiena e in quel mo-
è Calimport, una metropoli pulsante di vita, il centro nevralgi- mento lo schiavo figlio di schiavi conobbe l’odio. Svenne una
co dell’intero Calimshan. seconda volta.
La vita sa essere dura, insopportabile a volte. Lo sapeva Il padrone avrebbe continuato a frustarlo fino allo sfini-
bene il piccolo Harad, mentre si caricava sulla schiena due mento se un uomo coperto interamente da una lunga mantel-
pesanti ceste piene zeppe di datteri. Non aveva molta scelta la bianca, un abito adatto a riparare il pellegrino dalla calura
questo ragazzino mulatto dai lineamenti belli, tipici della gen- mortale dell’immenso deserto Calim, non fosse intervenuto a
te dell’estremo sud faerûniano: egli era uno schiavo figlio di bloccargli la mano con una presa d’acciaio.
schiavi. Nel Calimshan, questa condizione costituisce la dif- «E… e voi?!» Gridò con voce stridula il padrone.
ferenza fra una vita decorosa e un’esistenza fatta d’enormi «Lasciate stare questo ragazzo.» L’uomo dalla mantella
fatiche e umiliazioni. I genitori di Harad erano stati separati bianca cavalcava un grande, nobile cavallo bruno e dall’alto di
dal figlio appena nato, e lui non ne conosceva neppure i nomi. questo fissò negli occhi il grasso e sudato padrone. Il cavaliere
Chiedeva al padrone qualche notizia dei suoi ma quest’uomo, abbandonò la presa dal polso del mercante. «Conoscete la legge
grasso e testardo, era convinto che gli schiavi dovessero essere sugli schiavi. È proibito frustarli a morte senza valido moti-
trattati alla stregua di bestie e gli ricordava che a quelli come vo.»
lui non spettava alcun nome e che il suo unico scopo sul mondo Una piccola folla si era frattanto raccolta intorno ai due. I
era di servire ciecamente il “padrone”. Harad accettava la sua poveri di Calimport erano abituati ad assistere a scene simili e
condizione con la rassegnazione che contraddistingue tutti gli sapevano fin troppo bene che, alla fine di tutto, si riuscivano
schiavi del Faerûn e, anche se a volte gli capitava di sognare sempre a raggranellare soldi e gioielli dai cadaveri rimasti per
una vita diversa, non si lamentava mai. terra.
La mattina di un giorno caldissimo, però, accadde che Ha- «Come osate parlare di legge a me, Abn-Yl Zaas? Faccio par-
rad trascinava alcune casse pesanti almeno il suo doppio. Dalla te della gilda dei mercanti, io!» Fu l’altezzosa, pronta risposta
sera prima aveva mangiato solamente un tozzo di pane vecchio del mercante.
e bevuto qualche goccia d’acqua. Nel sollevare una grossa cassa

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Il cavaliere allora aprì la mantella, svelando una scintillante ***
cotta di maglia. Sull’armatura era disegnato un sole rosso, che
simboleggiava il grado di comandante delle guardie. Abn-Yl Non fu facile capire il senso della libertà. Naigret – così si
Zaas impallidì. chiamava il cavaliere e suo futuro tutore – insieme con gli
«Signore! Questo schiavo si è ribellato ai miei ordini, dove- altri Janessar, glielo spiegò con il modello della propria vita.
vo punirlo!» Mentì spudoratamente il mercante con un tono Quest’uomo combatteva per l’ideale in cui credeva, e si batte-
supplichevole e la lingua viscida che biascicava le parole. va bene e con coraggio. Conduceva una vita fatta di rinunce
«Non mentire al prediletto del sultano! Ho veduto tutto. e isolamento pur di rendere il Calimshan un posto migliore.
Lascerai questo ragazzo a me.» Spesso, il cavaliere rischiava la vita pur di salvare i bisognosi
«M-ma certo, Signore. Prendetelo pure.» in difficoltà. Delle volte, invece, Naigret si recava a Calimport,
Il comandante scese da cavallo con un agile balzo e, raccol- oppure alla città portuale di Almraiven, e qui si spacciava per
to Harad da terra, lo caricò dolcemente in groppa alla nobile una guardia del sultano o qualche altro pezzo grosso e liberava
bestia. Non degnò il mercante di uno sguardo, ma passandogli quanti schiavi poteva, correndo enormi pericoli ma evitando
accanto sputò a terra il suo disprezzo. Cavallo e cavaliere scom- di spargere sangue.
parvero dentro una stradina. Per seguire la vita esemplare del suo salvatore, Harad do-
vette dare il meglio di sé. Lo seguì sin da giovanissimo nei suoi
*** pellegrinaggi nel deserto, imparando a sopravvivere in uno dei
climi più ostili del Faerûn. Ma la via della spada egli scelse su
Harad riaprì gli occhi. Giaceva su una comoda branda – miglio- tutte. Con la sua lama, il pellegrino guerriero che vaga sulla
re, certamente, della paglia su cui aveva sempre dormito – e si terra aveva il potere di scrivere il destino dei suoi nemici.
sentiva riposato come mai era stato nella sua vita. C’era quiete Il giorno in cui la vita del vecchio cavaliere errante si spen-
intorno a lui, e il ragazzo si domandò dove fosse finito. L’ultimo se, Harad promise a se stesso che avrebbe dedicato la sua vita
ricordo prima dell’oblio era fuoco sulla schiena. Il ricordo gli ri- all’ideale che lo aveva reso un uomo cosciente dei propri di-
portò in mente il dolore e Harad mosse istintivamente la mano ritti.
dietro la schiena: era stata bendata con cura. Al momento di partire dalle Montagne del Cammino, i
Una porta si aprì di scatto. L’uomo dall’ampia mantella suoi compagni Janessar gli donarono l’Anello della Speranza.
bianca varcò la soglia ma Harad, non conoscendolo e vedendo L’Anello della Speranza è un oggetto tenuto in alta considera-
che era armato, pensò di trovarsi in carcere. zione fra questi uomini coraggiosi, dato che si ottiene solo tra-
«Non fatemi del male!» Gridò con le lacrime agli occhi. mite enormi sacrifici. Questo anello magico ha il potere di spri-
«Sta tranquillo, ragazzo. Nessuno qua vuole farti del male. gionare un bagliore di luce nelle notti del deserto, una stella
Dimmi, qual è il tuo nome?» cadente illusoria che solca il cielo a gran velocità e si spinge fino
«Il mio nome…» Lo stupore si dipinse sul volto delicato del a decine di miglia di distanza. Il segnale avvisa altri Janessar
ragazzo. Mai nessuno gli aveva chiesto il suo nome fino allora. nelle vicinanze che un loro compagno si trova in gravi difficol-
«… il mio nome è Harad.» tà. Seguendo la scia di luce, che riconoscerebbero fra altre mil-
«Piacere di conoscerti, Harad.» le, gli Janessar giungono in soccorso del proprio compagno.
Il ragazzino era incapace di formulare domande. Agli schia- Harad oggi vaga per le distese sabbiose del Calimshan in
vi non era permesso. sella al fedele Shazar, discendente del purosangue cavalcato a
«Conosco le domande che assillano il tuo cuore. Sei lonta- suo tempo da Naigret. Sotto la lunga mantella bianca che lo co-
no da Calimport, in una piccola fortezza sulle Montagne del pre dal capo ai piedi, c’è uno schiavo figlio di schiavi, un uomo
Cammino.» La voce profonda dell’uomo ispirava sicurezza, ma figlio della libertà! I tiranni del mondo faranno bene a tremare
anche un certo timore nel ragazzo, che scosse il capo in senso sui loro troni di acciaio!!
di diniego.
«Ero certo che non avevi mai sentito nominarle. Si tratta di
una catena montuosa a nord della nostra bella ma sofferente
terra; una regione isolata dalla civiltà.»
Harad si limitò a fissarlo con i suoi grandi occhi castani.
«Eh! Ti starai chiedendo se sono pazzo. Devi sapere che io,
insieme con altri valorosi guerrieri, faccio parte di un gruppo
chiamato Janessar. Difendiamo i confini del Calimshan dalle
creature malvagie che vorrebbero soggiogarlo, e ci facciamo
portavoce di una causa giusta: la causa della libertà.»
«Cos’è la libertà?» E questa fu la prima domanda che Harad
pose nella sua vita.

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Capitolo 8

Confessioni di un arcimago
di Ja son R . Fo rb u s

Vi ho visto, oltre questa barriera che ci separa. Mi guardavate vevo essere quella parola, e per farlo ero disposto a dannarmi
con odio. Cosa sarà mai una cella? Ho avuto l’immenso dispia- l’anima. Ma come?
cere di albergare presso locande ben più umili della prigione in Certo, apprendevo velocemente le nozioni che i maestri mi
cui alloggiate. insegnavano. Ma non bastava. Conoscere la geografia e la sto-
ria di Faerûn a memoria non mi rendeva pericoloso. È il potere
La verità è che siamo diversi, io e voi. No, non sono un orfano di fare e disfare, di alterare la realtà delle cose e influire sulle
disgraziato né una vittima di un destino crudele. Figlio di geni- esistenze altrui che rende un essere erudito un essere perico-
tori nobili e amorevoli, sono cresciuto in una casa incantevole. loso.
Come potete vedere voi stesso, appartengo alla stirpe degli Mi iscrissi alla scuola di magia. Sin da subito compresi la
elfi del sole dell’isola di Evermeet; un autentico gioiello sospe- pateticità del luogo e della gente che lo frequentava. Alcuni dei
so nel mare azzurro dell’ovest. Saprete senz’altro che la mia miei compagni speravano di sostituire i loro amati maestri, un
gente abita quell’isola da secoli, ormai. giorno; altri, più stolti, di partire all’avventura. Io ero uno fra
Noi elfi siamo come topi rinchiusi in una fogna d’oro. A mio tanti, un insetto dal viso affascinante e la chioma dorata. Car-
avviso, una fogna vale l’altra. Sin da fanciullo dimostrai di pos- pivo ogni gesto, ogni parola. Prosciugavo ogni sapere come una
sedere un’intelligenza fuori dal comune, anche per gli standard piccola spugna ingoia l’oceano.
della mia razza. Difatti, essendo scarsamente istruito, non ca-
pivo perché vivessimo isolati dal resto del mondo… e così ricor- La febbre della ragione non tardò molto a isolarmi dal resto
do che ne domandai a mia madre, la sola creatura che io abbia della classe. Fu all’accademia di magia che mi guadagnai l’ap-
mai amato in questa valle di lacrime. La risposta che mi diede pellativo di “Spettro”, nomignolo che mi porto dietro tutt’oggi.
mi lasciò perplesso. Esistevano altre creature al mondo, crea- Ero talmente taciturno, che nessuno si accorgeva di me. E come
ture malvagie e pericolose da cui era meglio tenersi alla larga. una tigre che balza alle spalle delle sue vittime ignare, io con-
Pericoloso è una parola affascinante. Pericolosa è la pioggia fondevo le labili menti di quegli sciocchi esibendo gentilezza e
battente che distrugge il raccolto di un fattore, portando lui e falsa modestia. Ero dunque il fido consigliere di squallide fac-
la sua famiglia alla fame e alla morte. Ciò che è pericoloso per cende amorose; il compagno ideale di studio; il fanciullo timido
uno, è vantaggioso per altri. Ma nella vostra fin troppo lunga e riservato che piaceva tanto alle madri dei miei compagni. In
vita, lo avrete senz’altro capito. fondo, chi ha stabilito che un essere pericoloso debba necessa-
Ecco, quella parola mi ossessionò per giorni. Ero un fan- riamente essere maleducato? Io sopportavo e aspettavo… gran
ciullo molto sensibile, sapete? “Pericoloso”, dicevo leccandomi parte dell’esistenza di un mortale trascorre nell’attesa.
nervosamente le labbra; “pericoloso”, dicevo guardando la mia
pallida figura riflessa in uno specchio d’acqua. Ricordo perfettamente il giorno in cui ottenni il mio bastone:
Mi innamorai di quella parola perché mia madre la pronun- una bufera fuori stagione si abbatté sull’intera isola, e i maestri
ciava come una cortigiana suole pronunciare il nome del suo ebbero a dire che un tempo del genere in un giorno di cerimo-
amante. Dopo alcune notti insonni, finalmente capii… io do- nia come quello non lasciava presagire nulla di buono. A mio

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avviso, la bufera ebbe il merito di allontanare la folla di scioc- Non fu cosa facile impadronirsi del Mythal: quando credevo di
chi curiosi che non mancano mai in simili occasioni. avercela fatta, i miei compagni mi scoprirono e si rivoltarono
contro di me. Disgraziati e miserabili. Quegli sciocchi non si
Bene, ero un mago. Sarei potuto restare a Evermeet a trastul- erano resi conto di nulla… durante tutto quel tempo trascorso
larmi con i miei simili, ma preferii accertarmi di persona dei insieme, avevo studiato attentamente ogni loro forza e debo-
pericoli del continente. Avevo condotto degli studi, in gran se- lezza. Fu piuttosto facile eliminarli, uno dopo l’altro. Ammetto
greto, riguardo l’antica magia elfica… sì, l’Arte che rese i miei che fu anche divertente.
avi grandi e temibili. I segreti di questa potente magia si cela- Tuttavia, la sorte doveva giocarmi un ultimo, brutto scher-
vano in luoghi esotici e inospitali del continente. Luoghi dove zo prima della fine. Gli Arpisti, gli impiccioni di Faerûn, posero
neppure voi osavate mettere piede. Eppure, per colui che fosse un intero esercito di guardia al Mythal. Sbaragliare quell’ar-
stato in grado di scoprirli, si sarebbero aperti degli orizzonti mata di poveri pazzi fu ancora più facile che uccidere i miei
di potere inimmaginabile! Voi conoscete bene il potere di cui compagni di ventura, ma in qualche modo servì a ritardare i
parlo; vi siete amati di un vero amore. miei piani un po’ più del previsto.
Di certo, quei cento che avete mandato al macello credevano
Convinsi i miei genitori a prestarmi del denaro, grazie al quale che voi sareste riuscito a fermarmi. Poveri illusi! Non avreste
lasciai l’isola a bordo di uno spedito vascello. Non tardai molto dovuto sfidarmi, vecchio. La vostra magia è debole e innocua
a trovare dei compagni di viaggio con i quali visitare le grandi contro di me. Io sono Etuan lo Spettro, il più grande arcimago
e depravate metropoli di Faerûn. Cominciai così la carriera che che abbia posato piede su Toryl dai giorni del netherese.
avevo tanto disprezzato, la via dell’avventuriero. Una vita inte-
ressante in fin dei conti, non trovate? Ebbene, credo di aver parlato fin troppo. Non ci si chiama El-
La pratica era una migliore insegnante della teoria. Ciò che minster di Shadowdale senza sapere quando è giunta la propria
l’accademia non mi aveva insegnato, lo appresi sulla strada. ora. Consideratevi onorato, poiché sarete il primo a sperimen-
Eravamo talmente abili, io e i miei soci, che con gli anni acqui- tare tutta la forza del mio nuovo potere.
simmo una certa fama. All’apice della nostra buona sorte, fum- L’energia immensa del Mythal mi formicola sulle punta del-
mo eletti protettori di un’intera nazione. Così tramai all’ombra le dita… sì, vecchio, lo sentite? Urla nelle nostre orecchie come
di saloni dorati di re e regine… Forte dell’appoggio economico un vento siderale… e reclama la vostra vita!
e militare di un intero regno, manipolai i mezzi che avevo a
disposizione in maniera tale da avvicinarmi all’oggetto delle
mie ricerche finché, dopo tanti sforzi, lo trovai. Il leggendario
Mythal! Una fonte immensa di potere arcano sepolta da ere, a
cui gli elfi primigeni avevano rinunciato per la sua pericolosità.
Io non avrei commesso lo stesso errore.

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Capitolo 9

Il cuore di un cavaliere
di Ja son R . Fo rb u s

Un lampo squarciò le tenebre, un lampo intenso e bellissimo – «Ma io non posso comandare il cielo, mia cara.»
che illuminò tutto il bosco per la durata di un brevissimo istan- L’uomo riaccese la candela. Una luce fioca ma accogliente li
te. Poi venne il tuono, grosso e spaventoso, e le finestrelle della avvolse.
casetta tremarono. – «Se non puoi comandare il cielo, allora raccontaci una sto-
Era una di quelle notti senza luna e senza stelle, senza can- ria!» Fece la bambina, che cominciava ad asciugarsi i lacrimosi
ti di fate, senza melodie di flauti. Una notte di lampi, tuoni, e a tirare su il nasino.
pioggia e paura. – «Ma non è troppo tardi per te?»
Un vecchio dalla folta barba bianca se ne stava seduto alla – «Tanto io e Weymond non riusciamo a dormire con tutto
finestra. Sembrava pensieroso, quasi imbronciato. Forse pen- questo rumore.»
sava al vecchio tetto che gocciolava, oppure alla candela che, Il vecchio sospirò. Discutere con sua nipote era inutile,
inesorabile, si consumava… L’uomo bevve un lungo sorso di considerato che alla fine la spuntava sempre lei, in un modo
idromele e continuò a scrutare il vuoto davanti a sé. o nell’altro. Forse sbagliava a dargliela sempre vinta, ma da
– «Nonnino?» Mormorò una flebile voce dietro di lui. Ma le quando i genitori della piccola erano morti lui era tutta la fami-
attenzioni dell’uomo erano rivolte altrove, in un altrove molto glia che le era rimasta.
lontano. L’uomo gettò della legna nel caminetto. Poi, quando il fuoco
Il fragore di un tuono esplose per gli abissi del cielo; un filo si fu acceso, prese posto sulla seggiola. La bambina si sedette a
di vento si insinuò dalla porta e, come un fanciullo dispettoso, terra, sul tappeto di lana.
soffiò sulla candela. Le tenebre avvolsero la casetta. – «Uhm… lasciami pensare…» Bevendo un sorso di idrome-
Il vecchio inarcò le folte sopracciglia e l’ombra di una nube le. «Te l’ho raccontata la storia dell’albero parlante?»
passò sui suoi occhi grigi. La piccola annuì.
– «Nonnino, ho paura!» – «E quella del falco imbroglione?»
Stavolta la flebile voce coprì anche le urla della bufera. Il – «Sì, almeno cinque volte.»
vecchio trasalì e, alzandosi di scatto dalla sedia, cercò a tentoni Non era mai stato granché in quanto a immaginazione, e
quella voce che avrebbe riconosciuto fra tutte le voci del mon- quella notte la sua mente era occupata da ben altri pensieri.
do. Dopo dei lunghissimi secondi di incertezza, finalmente la Eppure quei grandi occhioni arrossati di pianto lo imploravano
trovò. per una storia, di “una storia degna di tal nome”, come qualcu-
– «Sshhh… non temere, ci sono qua io, piccola mia…» Mor- no gli aveva detto tanti anni addietro.
morò lui raccogliendo la bambina fra le sue braccia da gigante. – «Tu e Weymond siete diventati un pubblico esigente!»
– «Oh nonnino, fallo smettere! Sta spaventando Wey- La bambina sorrise.
mond!» Fuori la casetta, il vento ululava come un branco di lupi. Ma
Weymond, pensò il vecchio con un sorriso, era l’orsetto di dentro, al tepore del focherello che scoppiettava allegramente,
pezza che le aveva regalato in occasione della scorsa festa di la tempesta parve chetarsi
mezz’estate. Da allora la piccola non se ne era mai separata, e lo – «C’era una volta…»
teneva sempre con sé.

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Cominciò allora con una voce calda e profonda, una voce Un pizzico di rossore colorò le guance pallide del vecchio.
che veniva direttamente dal mondo delle fiabe. – «Oh, sì. Quella preghiera è molto più vecchia del tuo non-
nino… Ma dov’ero rimasto? Ah, già.
*** «Gli altri ordini, che nel frattempo avevano giurato fedeltà
a un dio patrono, non vedevano di buon occhio questi cava-
– «C’era una volta, in una terra lontana lontana di nome lieri restii all’innovazione. L’esistenza dell’Ordine del Vecchio
Tethyr, una città di nome Darromar. Darromar non aveva pro- Codice era considerato come un affronto al culto dei Giusti. E
priamente l’aspetto di una capitale. Cullata dolcemente fra le così, un po’ alla volta, i cavalieri del Vecchio Codice divennero
montagne, con le sue torri svettanti verso il cielo e gli stendar- dei reietti. Scacciati dalle logge e dai tornei, gli affiliati dell’or-
di catturati dal vento, la capitale del Tethyr era chiamata “la dine divennero sempre meno numerosi finché, a tramandarne
bianca perla di pietra” dai forestieri che la visitavano. l’esistenza, restò solo un vecchio cavaliere.
«Darromar era una città saggia e antica. Nel corso della sua «Costui si chiamava Ehrune Varele ed era l’ultimo discen-
lunga storia, aveva visto l’avvicendarsi di molti sovrani al tro- dente di una nobile e ricchissima famiglia del Tethyr. L’uomo
no. Le altissime mura di Darromar traspiravano un senso di non aveva avuto eredi, e così aveva donato quasi tutto il suo
fiducia e protezione alla popolazione, abituata a salutare i suoi patrimonio in beneficenza, promettendo di offrire quel poco
figli al richiamo delle trombe e dei tamburi. che gli era rimasto alla sua morte.
«Perché il Tethyr vantava una gloriosa tradizione cavallere- «Si teneva a quei tempi, una volta ogni cinque anni, un
sca, forse la più vecchia del mondo. Esistevano numerosi ordi- grande torneo, “la Giostra del Re”, a cui partecipavano i miglio-
ni cavallereschi in Tethyr, i quali avevano combattuto pratica- ri cavalieri del Tethyr, del Cormyr, e di numerose altre nazioni.
mente in ogni guerra che la storia ricordasse. Ehrune Varele, che sentiva ormai prossimo il suo ultimo gior-
«Le gesta compiute da alcuni cavalieri di questi ordini erano no, desiderava molto assistere al torneo e così lasciò la sua ma-
così famose che divennero leggenda e attraversarono i confini gione per recarsi a Darromar, dove si sarebbe tenuta la gara.
di Faerûn fino a giungere, a detta di alcuni bardi, sulle sponde «In occasione del torneo, la città era stracolma di gente: dei
di quelle terre oscure e misteriose di cui i maghi fanno un gran cavalieri con il loro numeroso seguito di paggi e servitù, del-
parlare. le nobili dame venute a cercar marito, degli ambasciatori, dei
«Devi sapere che ci fu un tempo in cui gli uomini di Tethyr cantastorie,
combatterono senza il sostegno di alcun dio e i nomi degli dei giocolieri, mercanti forestieri, e migliaia di persone giunte
Giusti… ricordi i nomi dei Giusti, piccola?» dalle campagne limitrofe per assistere allo spettacolo più av-
La bambina, che conosceva la risposta, non perse tempo a vincente dell’anno. A Darromar si respirava aria di gran festa e,
rispondere. per ospitare un simile afflusso di gente ogni casa, anche la più
– «Sì! Gli dei Giusti sono Tyr, Torm ed Helm!» umile, si era inventata ostello.
– «Ecco il mio angioletto. Allora, i nomi degli dei erano invo- «Ehrune si era separato dalle sue ricchezze da tempo ormai,
cati esclusivamente dalla gente a casa, e dai sacerdoti al sicuro per questo affittò un’umile stanzetta in una delle numerose lo-
dei templi. Ma in battaglia, sul campo insanguinato, per gli uo- cande di Darromar, “La Quercia”. Questa locanda era piuttosto
mini di Tethyr contava solo il valore. E nessuno si sognava di popolare fra i cavalieri, in quanto vi si poteva trovare un’atmo-
comprarsi un posto in paradiso!» sfera diciamo… molto accogliente. Purtroppo, alcuni cavalieri
– «Nonnino, come si compra un posto in paradiso?» Do- che alloggiavano presso la Quercia erano tutto fuorché perso-
mandò subito la nipotina. naggi onorevoli. Ma Ehrune si teneva in disparte ed essendo
Il vecchio tossì: questa volta aveva un po’ esagerato. anziano, nessuno badava a lui.
– «Ahem… dimentica le ultime parole che ho detto. Dicevo, «La terza sera dall’arrivo di Ehrune, però, successe un caso
questi cavalieri combattevano esclusivamente in nome di ciò spiacevole. Il garzone della locanda, poco più di un fanciullo, si
che era giusto. Ma purtroppo, con il passare dei secoli, il mondo avvicinò al tavolo dove sedevano alcuni uomini.
diventò un posto buio e pericoloso dove vivere. Orde di orchi e «“Il vostro cavallo è molto malato, signore, e ha bisogno ur-
goblin strisciarono dalle profondità della terra, recando rovina gente di cure.”
ai regni degli uomini e di tutte le altre genti di superficie. Fu «“Malato??” Gridò uno di questi. “Il mio Fulmine! Ma se era
così che, spinti dalla necessità, i cavalieri di Tethyr appresero i in perfetta salute quando siamo arrivati in questo buco di ta-
nomi degli dei e vissero secondo i loro dettami. verna!”
«Con gli anni, tutti gli ordini abbandonarono le vecchie «“Scusatemi, signore, ma la bestia era stanca e debilitata al
usanze, tutti fuorché uno. Il nome vero di questo ordine era vostro arrivo. Io credo che…”
andato perduto, perché presto la gente cominciò a chiamarlo «“Tu credi?!” L’uomo si alzò in piedi, in preda ad un attacco
“Ordine del Vecchio Codice”. I cavalieri che appartenevano a d’ira. “Sei un pezzente e osi rivolgerti a me in questo modo??
questo ordine giuravano fedeltà al Vecchio Codice, un’antica Come potrò vincere il torneo se mi hai ammalato il cavallo??”
preghiera su cui fondavano tutto il loro credo.» Detto questo, l’uomo colpì con tale violenza il viso del fanciul-
– «Ma la preghiera dei cavalieri è anche più vecchia di te?» lo, che il garzone cadde a terra privo di sensi.

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«L’uomo era fuori di sé. Stava per scagliarsi sul corpo esa- «“D’accordo, James. Ce la fai ad alzarti?”
nime del ragazzino fra le risate generali dei suoi compagni «Il ragazzino si appoggiò al tavolo e si tirò in piedi. “Solleva
quando, da dietro, qualcuno gli fermò il polso con una presa lo sguardo e raddrizza quelle spalle, ragazzo. Da oggi sarai il
di acciaio. mio scudiero.”»
«“Chi osa?!”
«“Io.” Fu la risposta secca e indignata di Ehrune. ***
«L’uomo si liberò dalla presa, o forse Ehrune lasciò andare. “E
chi è costui che ha la presunzione di rivolgersi a me in un modo – «Io avrei chiesto del latte mielato!» Disse la bambina, la-
in cui neppure il mio venerando padre ha mai osato fare?” sciando intendere molto al nonno.
«“Ehrune della Casata Varele.” Rispose l’uomo con manife- – «Dubito che una tazza di latte mielato avrebbe tratto fuori
sto orgoglio. di impiccio Messer Ehrune. Ma quel sorrisino ormai lo cono-
«“La casata Varele?” Fece uno dei compagni dell’uomo che ave- sco…» Il nonno si alzò e, riempito un pentolino con del latte di
va picchiato il fanciullo. Costui era rimasto seduto, e assisteva alla capra, lo mise a riscaldare sul fuoco.
scena con un certo distacco. “Credevo foste una leggenda come il – «Ma nonnino, Weymond è confuso. I cavalieri sono i com-
drago purpureo del Cormyr. Evidentemente mi sbagliavo.” battenti a cavallo, i signori che salvano le principesse dai dra-
«“Di cosa parli, Widart? Chi è questo vecchio pazzo?” ghi… Perché, allora, quei cavalieri in locanda hanno picchiato
«“Il vecchio pazzo, come lo chiami tu, è un cavaliere del Vec- quel bambino?»
chio Codice. Probabilmente l’ultimo, a giudicare dall’umiltà – «Per il semplice motivo per cui non è tutto oro quel che
degli indumenti che indossa. Dichiarati onorato, Ruffield.” E luccica.»
concluse il suo intervento con una risata, a cui si unirono il – «Io l’ho capito» ci tenne a specificare la bambina «ma Wey-
resto dei commensali. mond ancora no. Cosa significa?»
«Ruffield accennò un inchino, che aveva tutta l’aria di essere – «Vedi, nel mondo esistono persone cattive che fingono di
una presa in giro. “Ma bene, Messer Ehrune. Voi siete interve- essere persone buone.»
nuto in una faccenda che non vi riguardava e mi avete offeso. – «E perché lo fanno?»
Non posso perdonare questo affronto. Laverò questa offesa con – «Perché vogliono approfittare della fiducia delle persone
il vostro sangue!” buone, per poi tradirle quando gli è più conveniente. Oh! Il lat-
«“Fermo!” Intervenne tempestivamente Widart, proprio te bolle.» Il nonno versò il latte caldo e un cucchiaio di miele
quando la situazione stava per sfuggire di mano. “Sciocco! Non nella tazza di legno e la porse alla bambina.
ricordi che duellare al di fuori del torneo comporta l’esclusione – «Sta’ attenta, il latte è molto caldo. Che ne dici di ricomin-
immediata?” ciare dopo questa breve pausa?»
«Ruffield tolse la mano dall’elsa della spada. “Hai ragione, La bambina annuì intanto che arrischiava i primi, roventi
Widart. Ma non posso permettere che l’offesa di questo stolto sorsi di latte mielato.
resti impunita, ne andrebbe del mio onore.” – «Bene. Dunque, Ehrune aveva nominato il fanciullo suo
«“Non sia mai.” Disse Widart con un impercettibile sorriso scudiero. Jamie era orfano di entrambi i genitori, e lavorava
maligno. “Che ne dite, buoni signori, di affrontarvi al torneo? alla Quercia sin da quando ne aveva memoria. L’oste era una
Se la buona sorte lo vorrà, vi incontrerete sul campo.” brava persona, nonostante la cattiva fama della sua locanda, e
«“Questo vecchio?! Non riuscirebbe a salire a cavallo di una permise a James di lasciare il suo lavoro di garzone senza sol-
giumenta mansueta, figuriamoci combattere!” levare la minima protesta. Ciononostante, Ehrune era un vero
«In altre occasioni, Ehrune avrebbe lasciato andare la vicen- cavaliere e compensò l’oste con alcune monete d’oro.
da. Ma quegli uomini lo avevano ferito nell’orgoglio e, colpa «Per James non fu molto difficile adattarsi alla sua nuova
ancora più grave, avevano offeso l’onore dell’ordine. “Accetto.” vita: si trovava ancora a Darromar, perlopiù alla Quercia, e in
Disse senza alcuna esitazione. “Vi incontrerò al torneo.” fondo sapeva tutto quel che c’era da sapere riguardo ai cavalli.
«“E sia! Helm mi sia testimone… se avrò la fortuna di af- Il cavallo di Ehrune era un robusto puledro dal manto castano
frontarvi, ve la farò pagare cara!” scuro.
«Detto questo, gli uomini si alzarono da tavola e uscirono «“Il figlio del mio vecchio cavallo. Si chiama Ahur, e dal
dalla locanda, probabilmente per accertarsi delle condizioni modo in cui ti annusa credo tu gli piaccia.”
del cavallo. Ehrune si chinò subito sul ragazzo, che proprio in «“Oh no, signore. È solo per via di un po’ di zucchero che
quel momento cominciava a riprendere sensi. ho in tasca.” Rispose sorridendo Jamie e poi, prese un paio di
«Ehrune, che ricordava un po’ di arte medicinale, si prese zollette, le porse al puledro che le ingoiò in un sol boccone.
cura di lui con l’aiuto dell’oste. “Vi ringrazio, signore. C-come «“Ah! Pensa che con le donne si usano i fiori, haha… cough,
posso sdebitarmi?” cough!” L’anziano cavaliere si appoggiò alla staccionata della
«“Un modo ci sarebbe, ragazzo. Qual è il tuo nome?” stalla, preso da un’irresistibile attacco di tosse.
«“Il mio nome? Io mi chiamo James, ma tutti qui mi chia- «“Cosa c’è signore? Va tutto bene??”
mano Jamie.” «“Oh, cough, non preoccuparti. È solo una leggera tosse…”

30
«“Permettete una domanda, signore?” «Appena Ehrune ebbe finito di pregare, si alzò in piedi con
«“Di’ pure, ragazzo. La curiosità distingue gli uomini dalle sguardo risoluto. Terrorizzato, James abbassò subito la testa.
bestie.” Gli sembrava di aver fatto qualcosa di terribile, spiando il suo
«“Mentre ero a terra, ieri sera, non ho potuto fare a meno signore in un momento di intimità come quello della preghie-
di sentire che appartenete a qualcosa chiamato il Vecchio Or- ra. Ma il vecchio cavaliere non si accorse di nulla e tornò a dor-
dine… In effetti, non ho mai sentito parlare di questa brigata mire sul suo letto di paglia.
di cavalieri, eppure mi vanto di conoscerle tutte. Venite forse «Il giorno del grande torneo, “la Giostra del Re”, era infine
dal Cormyr?” cominciato! Quella mattina, James aiutò il cavaliere a indossa-
«Lo sguardo di Ehrune si fece perplesso. “Avrebbero voluto re la sua vecchia cotta di maglia e, a cavallo di Ahur, questi si
renderci dei forestieri, ma non ci sono riusciti. Il Vecchio Ordi- avviarono verso il campo antistante al castello del Re, dove si
ne ha radici di pietra in questa amata e odiata terra di Tethyr. sarebbero svolti i cinque giorni del torneo.
Ma non dirò oltre al riguardo, perché la troppa curiosità distin- «C’era, come prevedibile, un’enorme folla. In attesa del di-
gue un uomo vivo da uno morto. E il Vecchio Ordine ha molti scorso inaugurale del Re, la folla si divertiva ad assistere ai
nemici. Meglio che tu non sappia più di quanto ti ho detto, ra- trucchetti di qualche prestigiatore, a danzare, ad ascoltare le
gazzo, o faresti la mia stessa fine.” canzoni che riguardavano le gesta delle casate più conosciu-
«Avendo lavorato per anni nella locanda di una grande cit- te, o ad acquistare qualche ninnolo dal sapore esotico presso il
tà come Darromar, James era abituato a vedere le persone più mercatino adiacente. Ad un centinaio di metri circa dal campo
disparate. Eppure, c’era qualcosa in quell’uomo, un senso di di terra battuta, dozzine di padiglioni variopinti e stendardi
fatalità che lo affascinava. Il suo signore era l’ultimo cavalie- contribuivano a restituire un po’ di solennità all’evento.
re del Vecchio Ordine, qualunque cosa ciò significasse. Quel «Ma ecco, all’improvviso, che comparvero il Re e la Regina!
che James sapeva era che Ehrune era intervenuto per salvarlo Erano entrambi molto belli, e la regina indossava dei gioielli
dall’ira di quel cavaliere di Helm, e tanto gli bastava. Agli occhi favolosi…»
di ragazzo di James, il vecchio cavaliere appariva come un eroe – «Avanti nonnino, vogliamo sapere come va a finire!»
imbattibile. Nei suoi sogni ad occhi aperti, la spada lunga e ar- “Proprio come sua nonna” si ritrovò chissà come a pensare
rugginita di Ehrune diveniva un’arma potentissima, in grado il vecchio “non si cura dei gioielli”.
di sbaragliare qualsiasi esercito nemico. – «Allora un paggio chiamò la platea al silenzio e il Re, fra
«Nei giorni che seguirono, James assistette il suo signore l’attenzione generale del pubblico, salutò tutti i presenti e be-
nei preparativi per il torneo. Mantenere sempre pulita l’arma, nedì il torneo in nome dei Giusti.
a quanto gli parve di capire, era l’occupazione principale di «Al termine del discorso, il paggio annunciò i rispettivi ab-
un cavaliere. Ehrune affidò al suo giovane scudiero una lunga binamenti. E quando il nome di Ehrune Varele fu annunciato,
serie di compiti come, ad esempio, cercare un fabbro disposto un sussulto si levò dal pubblico. Gli spettatori più attenti pote-
a riparare lo scudo per soli 5 pezzi d’oro. Oppure recuperare rono addirittura notare un senso di meraviglia palese sui volti
biada fresca per Ahur, e così via. Una settimana trascorse in del re e della regina.
questo modo, e per James fu la settimana più bella e intensa «I duelli sarebbero cominciati da lì a mezzora, così Jamie
della sua vita. Aveva appreso tante cose in così poco tempo, ed ebbe il tempo di raccogliere alcune informazioni riguardo lo
era talmente emozionato per il torneo, che il mondo intero gli sfidante di Ehrune. Si trattava di Messer Khalwe di Feremn, un
appariva carico di profumi e colori. duca proveniente dal confine orientale del regno.
«La notte prima dell’inizio del torneo, il fanciullo dormiva «“In giro si dice che Messer Khalwe cacci cinghiali a mani
nella stalla come suo solito (né lui né il suo signore avevano nude! Non è altissimo, però è molto robusto! E il suo cavallo,
denaro a sufficienza per affittare una stanza), quando fu sve- una bestia magnifica! Quando passa, la terra sotto i suoi zoc-
gliato da un lievissimo parlottio. Cautamente, James si sporse coli trema!”»
dalla mangiatoia: il suo signore se ne stava inginocchiato e con «“Ragazzo, apprendi questa lezione. Non è tutto oro quel
la spada conficcata nel terreno. Sembrava stesse pregando, così che luccica. Ci sfideremo ad armi pari, qui. Non lasciare che la
James aguzzò l’udito e porse la massima attenzione. E queste paura prenda il sopravvento sulla tua ragione.”»
che ti dirò ora, piccola mia, sono le parole che James udì quella «Ma le parole confortanti di Ehrune non riuscirono a cal-
notte. Parole che gli rimasero impresse per tutta la vita: mare i timori di James. In verità, volendo mettere a confronto
i due, i timori non potevano che aumentare. Messer Khalwe di
Un cavaliere è un valoroso Feremn, il cui
il suo cuore conosce solo virtù stendardo recava un cinghiale dalle zanne affilate, aveva
la sua spada difende gli indifesi un equipaggiamento di tutto rispetto. Il suo stesso cavallo era,
la sua potenza sostiene i deboli come tutti i cavalli presenti al torneo, uno stallone purosan-
la sua parola dice solo il vero gue di grosse dimensioni. Quando Messer Ehrune fece il suo
la sua furia abbatte i malvagi! ingresso sul campo, la folla non si trattenne dall’esplodere in
una fragorosa risata. Come poteva quel cavaliere gracile, con

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quell’armatura opaca e quella lancia raccattata all’ultimo mo- specialmente con la lancia, ma alla fine la maggiore esperienza
mento, competere con Messer Khalwe? Lo stallone di Feremn del cavaliere del Vecchio Ordine ebbe la meglio.
avrebbe schiacciato il puledro Varele! «Con grande sorpresa di James, quella sera stessa Messer
«I due cavalieri salutarono rispettivamente i regnanti, poi Arius in persona si recò alla Quercia per congratularsi con
le dame e i nobili, e infine la rumorosa e numerosa platea. Poi, Messer Ehrune. Gli avventori che erano in locanda non pote-
ciascuno dei due prese posizione. Le bandiere sventolarono, vano credere ai loro occhi: Messer Arius era molto popolare fra
le trombe squillarono, e i due cavalieri partirono alla carica. la gente di Darromar.
Le lance puntate al cielo risplendevano… poi velocemente si «“Oggi” disse, rivolgendosi a Messer Ehrune con ogni ri-
abbassarono. Cavalli e cavalieri si prepararono all’impatto! Un guardo “mi avete insegnato un’importante lezione di umiltà ed
fragore improvviso e dal polverone sollevato… Messer Khalwe io ve ne sono grato.”
era a terra, ferito alla spalla destra! «“Siete un combattente molto abile. Potete solo migliorare,
«Ehrune scese da cavallo e, sguainata la spada e afferrato lo e in futuro sono certo che compierete grandi gesta in nome di
scudo, si avvicinò a passi lenti al suo sfidante, cosicché questi Tyr.”
avrebbe avuto il tempo di rimettersi in piedi. Messer Khalwe «“Se soltanto voi aveste riposto la vostra spada al servizio
era furibondo. Senza badare troppo alla sua spalla ferita, il della causa, Messer Ehrune, sono certo che il vostro contributo
guerriero estrasse spada e scudo e si scagliò addosso a Ehrune. sarebbe stato enorme.”
Ma il cavaliere non aveva perso nulla della sua maestria: con «“Ma io l’ho fatto, amico mio, io l’ho fatto…”
un colpo improvviso di spada abbassò l’arma dell’avversario, «“Sono certo che siete un uomo che sa quello che dice. Vi
mentre lo colpiva violentemente con lo scudo. Atterrito dal saluto, Messer Ehrune, nella speranza di rincontrarvi al pros-
duro colpo, al cavaliere di Feremn ci vollero alcuni secondi per simo torneo e poter ripetere la sfida.”
rialzarsi. Furente, questi caricò di nuovo. Ma Ehrune, con un «Dagli sguardi che si scambiarono il suo signore e il giovane
agile movimento, si spostò dalla traiettoria del colpo e colpì la e gentile cavaliere, Jamie comprese subito che quel giorno non
schiena dell’avversario con lo spigolo duro dello scudo. Messer ci sarebbe mai stato.
Khalwe cadde dunque a terra, svenuto. «“Guardalo bene, James.” Disse il vecchio cavaliere mentre
«Dalla folla eruppe uno scroscio di applausi, ben più caloro- Messer Arius usciva dalla locanda. “Un giorno, quel ragazzo di-
si di quanto avessero fatto fino ad allora, anche per i cavalieri verrà il cavaliere più forte del regno.” Jamie obbedì. Ma nel suo
più noti. Ehrune saltò a cavallo e, con un lieve inchino alla pla- cuore, qualcosa era nato. Qualcosa mai provata fino ad allora.
tea, si congedò dal campo. Era l’invidia del rispetto che il suo signore nutriva nei confron-
«“Fantastico, signore! Siete stato un’autentica forza della ti di Messer Arius. Jamie non mutò mai questo sentimento in
natura!” collera, ma in futuro se ne servì per migliorare sé stesso.
«“Ti ringrazio, James. Ma non credo questa vittoria sia do- «Il terzo giorno, il torneo aveva ormai decretato i suoi vin-
vuta a un mio merito, quanto a un demerito del mio avversario. citori e i suoi vinti. La fase finale della giostra stava per comin-
Messer Khalwe di Feremn ha commesso l’errore di giudicare il ciare. E il caso volle che il sorteggio stabilisse, come incontro
suo avversario allo stesso modo in cui giudica i cinghiali nella successivo, il duello fra Messer Ehrune Varele e Messer Ruf-
sua terra natia. Ma sia io che te sappiamo che non è tutto oro field di Careed.
quello che luccica…” Disse il cavaliere strizzando l’occhio. «Poco prima dell’attesissimo duello Messer Ruffield, circon-
«E fu in quel momento che Jamie comprese pienamente il dato da alcuni dei suoi compagni in arme, recò visita al suo
significato di quelle parole.» sfidante.
«“Ma cosa abbiamo, qui? Un vecchio, e quel fanciullo che
*** ha tentato di avvelenare il mio Fulmine. Fate attenzione, ‘ca-
valiere’, altrimenti quel moccioso avvelenerà anche il mucchio
– «Questa favola è diversa dalle altre, nonnino.» d’ossa che chiamate destriero!” Gli uomini risero.
– «Ti stai annoiando? Sei stanca?» «Messer Ehrune fece finta di non aver ascoltato e continuò
– «No!» Rispose subito la bambina, terrorizzata all’idea di tranquillamente a sellare Ahur. Ma James, che non ne poteva
andare a dormire. «Non sono stanca… e questa storia ci piace più dell’arroganza di quegli uomini, sbottò: “Ridete pure, per-
moltissimo. È solo strana. Ma ci piace.» ché presto Messer Ehrune vi sconfiggerà tutti!”
– «Riprendo a raccontare, allora. Prima che si faccia troppo «“Ma l’avete sentito il moccioso? Il vecchio ci sconfiggerà
tardi.» Fuori la casetta, intanto, la bufera non aveva smesso tutti! Forse evocando qualche demone alleato del suo ordine
per un attimo. senza dio? Con i seguaci di Helm non basteranno i tuoi trucchi,
«Il giorno successivo, Messer Ehrune si sfidò con un altro vecchio!”
cavaliere. Costui si chiamava Messer Arius II di Templegate e, «“Andatevene.” Fu tutto ciò che disse Ehrune, senza neppu-
seppure fosse appena un ragazzo, si era già guadagnato una re sollevare lo sguardo.
certa fama come servitore di Tyr. Il duello fra lui e Messer «“Sì, ce ne andiamo. Andiamo a preparare il banchetto per
Ehrune fu davvero avvincente. Messer Arius era molto abile, questa sera… Sappi però, prima che io me ne vada, che Messer

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Ruffield di Careed non è un cacciatore di cinghiali, né tanto dirgli solo “Grazie”, perché le lacrime gli impedivano di aggiun-
meno un buffone altolocato! Avanti, lasciamo questo vecchio gere altro.»
alla sua compagnia! Ha!” Il gruppo ripartì sollevando un nu- – «Ben gli sta a quel cattivone prepotente di Ruffqualcosa!»
golo di polvere. Disse la bambina imbronciando quel suo adorabile musetto.
«Quando se ne furono andati, James si avvicinò al suo si- – «Già» sorrise il nonno «è esattamente così che si sentiva
gnore. “Ditemi, mio signore, perché permettete a degli uomini James.
così insolenti di infangare il vostro onore?” «Ehrune aveva punito quell’uomo brutale, ma lo aveva fatto
«“Ma non ci sono riusciti. Vedi ragazzo, se io mi fossi abbas- in una maniera nobile e dignitosa. E anche se il vecchio cava-
sato al loro livello allora il mio onore ne sarebbe stato inevita- liere era rimasto molto provato dal combattimento, i guaritori
bilmente compromesso. Quell’uomo, Messer Ruffield, agisce in procedettero a rimetterlo subito in sesto. L’indomani, Messer
questo modo perché ha paura. I prepotenti hanno sempre pau- Ehrune avrebbe affrontato un nuovo, emozionante duello! Or-
ra.” E vedendo che l’animo del suo scudiero era ancora infiam- mai non si faceva altro che parlare dei suoi incredibili successi
mato, aggiunse: “Ma queste non sono parole per un ragazzo alla giostra.
giovane come te. Suvvia, aiutami a indossare l’armatura.” «Il quarto giorno del torneo si disputarono le semifinali. I
«Pochi minuti dopo, lo squillo argentino delle trombe an- vincitori delle rispettive gare sarebbero giunti al duello finale,
nunciava l’ingresso dei due cavalieri sul campo. I bardi aveva- dove si sarebbero battuti per aggiudicarsi l’agognato trofeo di
no diffuso una gran quantità di storie riguardo la contesa fra 10,000 pezzi d’oro e l’onorificenza reale!
i due, per la maggioranza false, e questa fuga di notizie aveva «Gli incontri per quel giorno vedevano Messer Tamrel Divy
alimentato un certo interesse sul duello di per sé avvincente. contro Messer Qervos di Heathrock. Per un amaro scherzo
Gli stessi sovrani, seppure non ci tenessero a mostrarlo, erano della sorte, invece, Messer Ehrune avrebbe affrontato Messer
molto curiosi. Widart di Astorn Castle…»
«“Messer Ruffield di Careed, Luogotenente della Chiesa di – «Questo nome mi sembra che l’hai già detto…» La bam-
Helm, affronta Messer Ehrune Varele del Vecchio Ordine!” bina corrucciò la fronte. «Ecco! È l’altro uomo cattivo della lo-
Non servì ulteriore commento al paggio reale per presentare i canda!»
due cavalieri che, fatto il consueto saluto ai regnanti e al pub- – «Esatto. Hai un’ottima memoria.
blico, presero subito posto nelle rispettive posizioni. «Messer Widart di Astorn Castle era a sua volta un seguace
«Al segnale di partenza, i cavalli si lanciarono in avanti con di Helm. Ma il suo ingresso nella chiesa dell’Occhio Sempre
un lungo nitrito. I cavalieri puntarono le loro lance e… l’impat- Vigile risaliva a data piuttosto recente, così il suo rango nell’or-
to sulle armature fu spaventoso. Entrambi vennero disarcio- dine era basso.
nati, mentre i cavalli continuavano la loro corsa solitaria verso Widart aveva la fama di “combattente disonesto”, sempre al
il limite del campo. Il primo a rialzarsi fu Messer Ruffield che, limite del regolamento imposto dal torneo. Il suo era uno sti-
estratto un minaccioso mazzafrusto pesante, si scagliò sul suo le spregiudicato ma efficace. Aveva eliminato i suoi precedenti
avversario al grido di “Per Helm!” Ma appena un attimo prima avversari arrischiando mosse talmente audaci, che le dame si
di essere colpito, il cavaliere del Vecchio Codice riuscì a parare coprivano gli occhi con un velo quando lui duellava.»
il colpo tremendo con il suo scudo, che andò in frantumi. A – «Io non mi sarei messa paura…» Disse improvvisamente
Messer Ehrune non restò che schivare i potenti, ma lenti col- la nipotina. I suoi occhi brillavano di una strana luce.
pi dell’avversario. La folla rabbrividiva al pensiero di ciò che – «Tu? Ah, mia cara, ma se hai paura dei tuoni? Come puoi
sarebbe potuto accadere se uno di quei colpi avesse colto il dire che non avresti paura di un guerriero cattivo?»
bersaglio. Trascorsero dei lunghi secondi di paura. Secondi in – «Io» rispose tutta seria la bambina, lasciando di stucco il
cui il Luogotenente della Chiesa di Helm incalzava, colpo dopo nonno «ho tanta paura dei tuoni perché tu non puoi fermarli.
colpo, il suo avversario. Messer Ehrune sembrava spacciato Ma io so che tu ti batteresti contro qualsiasi guerriero cattivo
quando, del tutto inaspettatamente, seguì il colpo dell’avver- per proteggere me e Weymond, e per questo non ho paura.»
sario. In quel brevissimo attimo in cui Ruffield era sbilanciato – «Certo che lo farei» disse il nonno, accarezzando i capel-
in avanti, il vecchio cavaliere non esitò a colpire la mano del ne- li della bambina. Non l’aveva mai vista concentrata in quel
mico. Ruffield lasciò cadere l’arma a terra in un urlo straziante modo… non sembrava affatto stanca.
di dolore. La sua mano perdeva molto sangue. «L’incontro, come puoi immaginare, era molto atteso.» Ri-
«“E questo” affermò Ehrune a voce alta e ansimante, affin- prese dunque il nonno. «La gente non stava più nella pelle per
ché tutti potessero udirlo “perché la tua mano non rechi più l’emozione. Da un lato, il vecchio e valoroso cavaliere di un or-
ingiuria alle guance degli innocenti!” dine ormai dimenticato, e dall’altro il giovane e indomito baro-
«Appena i giudici della giostra dichiararono il duello con- ne di Astorn Castle, su cui ricadeva l’onere di vendicare l’umi-
cluso, James corse nel mezzo del campo per prestare i primi liazione subita dal suo compagno d’arme il giorno addietro.
soccorsi al suo signore, che era stato colpito duramente dalla «Quel giorno, una folla ben più numerosa rispetto ai gior-
lancia di Ruffield. Mentre lo sorreggeva, il fanciullo riuscì a ni precedenti affollava gli spazi intorno al campo. Il segnale
di inizio fu dato con un certo ritardo. Forse i giudici vollero

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concedere il tempo necessario ai due avversari di studiarsi vi- – «Per fortuna, Ahur non era morto.» A questa notizia la
cendevolmente; forse desideravano accrescere la tensione fra bambina si riprese un po’ dallo sconforto. «La scheggia che
il pubblico. O magari tutte e due le cose. Fatto sta che, quan- aveva ferito il nobile cavallino, però, gli accecò l’occhio sini-
do le bandiere sventolarono, un peso sembrò levarsi dai cuori stro. Come se non bastasse, il puledro aveva un’ampia ferita sul
di tutti i presenti: il duello era cominciato! Nella loro carica petto, prova evidente che la lancia di Messer Widart lo avesse
furibonda, i cavalli sollevarono un’enorme nube di polvere. colpito! Sferrare un attacco diretto alla cavalcatura dell’avver-
All’improvviso, dal polverone si udì uno schianto. Il pubblico sario era severamente proibito dal regolamento di gara. James
trattenne il respiro. Un terribile nitrito di dolore squarciò la protestò animosamente con i giudici, ma questi non si cura-
cortina di silenzio… E quando la polvere si diradò, si intravide- rono minimamente delle lamentele di uno scudiero. In realtà,
ro due sagome scure a terra. Il muso di Ahur era una maschera i giudici erano segretamente soddisfatti della scomparsa di
di sangue… era rimasto ferito all’occhio sinistro, forse da una Messer Ehrune, che aveva evitato agli altri cavalieri uno smac-
scheggia della lancia. Messer Ehrune, invece era immobile, ri- co imbarazzante.
verso a terra. Il duello fu dichiarato subito concluso, e il cava- «Il giorno seguente James, in compagnia di Ahur, andò al
liere trasportato d’urgenza in infermeria. cimitero per assistere alla sepoltura del suo signore. Pioveva
«Mentre lo trasportavano in infermeria, il cavaliere riprese quella mattina, e le nuvole in cielo erano tutte nere. Nessu-
momentaneamente i sensi. “Ahur…” Bisbigliò appena. “Lo ha no, a parte il becchino, era presente al funerale. Erano tutti ad
colpito… dov’è il mio cavallo?” assistere al trionfo di Messer Widart, che quel giorno umiliò
«“Sta bene” rispose James, in preda alle lacrime “Ahur sta Messer Qervos aggiudicandosi il titolo di vincitore.
bene.” «“Faresti meglio a prenderti quella spada, ragazzo.” Disse il
«I sacerdoti non persero tempo a lanciare incantesimi cura- becchino rivolto a James. “Questo cimitero ha occhi e orecchie
tivi per lenire le ferite del cavaliere. Ma per lui, purtroppo, non e un’arma, anche se arrugginita, fa comodo a tutti. Non so se
c’era più nulla da fare. “Le mie vecchie ossa… sono tutte rotte. mi spiego…”
Lasciatemi morire in pace.” «Purtroppo si spiegava benissimo. James era cresciuto in
«“No, signore, non dite così! I sacerdoti la salveranno!” Ma città e aveva sentito parlare spesso dei famigerati saccheggia-
i volti cupi dei sacerdoti non lasciavano presagire nulla di buo- tori di tombe. A malincuore, lo scudiero slacciò la cintura con
no. Costoro lo raccolsero come un infante, per adagiarlo dolce- la spada al suo amato maestro. Dunque il becchino raccolse
mente su una branda. il corpo di Messer Ehrune e lo adagiò con cura in una fossa
«“Hai ricordato a questo vecchio cuore la gioia di avere un scavata nel terreno. Una modesta lapide di pietra ne ricordava
figliolo.” Disse improvvisamente questi, con voce molto debo- a malapena il nome e il titolo: “Messer Ehrune dei Varele qui
le, rivolto a James. “Abbiamo trascorso dei giorni magnifici io eternamente riposa”. Così Jamie volle aggiungerci, con la sua
e te, ragazzo. Un vecchio, un moccioso e un puledro! Haha… grafia tremolante, la famosa preghiera del Vecchio Ordine.
Cough! Cough! La nostra è stata davvero una storia degna di «Quando il becchino ebbe gettato l’ultima manciata di ter-
tal nome…” Cavaliere e scudiero si strinsero la mano. Poi il ca- ra, un tuono esplose nel cielo. Erano soli adesso, soltanto lui
valiere chiuse gli occhi. Messer Ehrune Varele, ultimo cavaliere e Ahur, pensò addolorato James. Cosa potevano fare un fan-
del Vecchio Ordine, era morto. ciullo e un cavallo ferito in un mondo talmente vasto e irto di
«All’ombra del padiglione e nel silenzio di ghiaccio della pericoli?
morte, James riuscì a pensare solo ad un modo per dare un «“Addio ragazzo. E fa’ attenzione con quella spada… Non
addio onorevole al suo signore. vorrei rivederti qui prima del tempo.” Disse il becchino, affret-
tandosi a portare all’asciutto le sue vecchie ossa.
Un cavaliere è un valoroso «Un tuono gemello esplose nel cielo. Una spada… lui aveva
il suo cuore conosce solo virtù una spada… la stessa spada con la quale Messer Ehrune aveva
la sua spada difende gli indifesi punito uomini ignobili e creature meschine!
la sua potenza sostiene i deboli «Il cielo era oscurato da pesanti nuvolacce nere quando Ja-
la sua parola dice solo il vero mes, sguainata la spada, la puntò verso l’alto.
la sua furia abbatte i malvagi! «“Io giuro! Giuro di essere forte, giusto e generoso! Giuro di
essere un cavaliere del Vecchio Codice!” Gridò Jamie fra lacri-
*** me ardenti.
«Quella vecchia spada arrugginita parve scuotersi, allora,
– «Ma nonnino, perché piangi?» Domandò la bambina quando un lampo squarciò il manto di tenebre. Un cavaliere
asciugando le sue, di lacrime. era nato.»
– «Queste? Oh, a volte gli occhi malandati del tuo nonnino
gli giocano dei brutti scherzi…» ***
– «Cosa è successo poi a Jamie e al cavallino?»

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Il vecchio sospirò. Era stata dura raccontare quella storia, ma
alla fine c’era riuscito. La piccola mostrava i primi segni di cedi-
mento… presto si sarebbe addormentata. Bufera o non bufera,
nemmeno il ruggito di un dragone riuscirebbe a svegliare un
bambino assonnato. “O forse quello sì” si affrettò a ritrattare e
a sorridere il vecchio.
– «Ti è piaciuta la favola?»
– «Molto!» Rispose la bambina stiracchiandosi le braccia.
«Però non hai finito la storia… Jamie è diventato un cavaliere?
E il cavallino è diventato grosso e spaventoso? (Anche se io non
mi sarei spaventata).»
Il nonno raccolse la bimba fra le braccia e soffiò gentilmente
sulla candela. La fiammella tremolò e si spense, e il buio invase
la casa.
– «Cerca nel tuo cuore, piccola… cosa ti dice?» Posandola sul
letto.
La bambina abbracciò l’orsacchiotto e, dopo un lungo sospi-
ro, chiuse gli occhi. A quanto pareva, alla fine il sonno l’aveva
spuntata. Il vecchio guardò la nipotina con tenerezza e poi,
mentre usciva dalla stanza…
– «Dimmi nonnino, cosa provavi quando correvi con
Ahur?»
Una lacrima scivolò dalla guancia rugosa del vecchio. Una
lacrima che veniva direttamente dal cuore.
– «Una gioia… una gioia immensa…»

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