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Meccanismi con camme piane (meccanismi piani con coppie superiori) 27/03/2017

Il tipico problema che riguarda i meccanismi con camme è la generazione di funzione, ovvero il problema di
sintesi di meccanismi che equivale alla progettazione del meccanismo.

Definizioni

Per camma si intende un elemento tozzo che ruota e trasmette il movimento al membro successivo del
dispositivo tramite una coppia superiore.

In questa figura vediamo sei tipi di dispositivi con camme. Il membro che viene mosso dalla camma è,
normalmente, il cedente ed a seconda se segue il moto traslatorio alterno o il moto rotatorio alterno prende
il nome di punteria oppure di bilanciere, motivo per cui in a) b) c) d) ed e) si hanno delle punterie, mentre in
f) si ha un bilanciere. Il contatto può essere realizzato in vari modi.

In a) abbiamo una punteria a coltello (contatto puntiforme). La punteria a coltello è un caso teorico in quanto
è un contatto che concentra le forze in quella zona di contatto, per cui i materiali reagiscono in base a delle
pressioni distribuite sull’area di contatto. Infatti, se il coltello fosse proprio a coltello ci sarebbero dei carichi
(pressioni) infiniti e quindi il coltello si romperebbe al primo funzionamento. Non si ha nessun elemento
meccanico che presenta zone di contatto con profili appuntiti (a coltello) ma sono smussati. E’ un caso teorico
che ci tornerà utile per introdurre alcune considerazioni.

In b) abbiamo una punteria con rondella (cedente con rondella) mentre nel caso c) una punteria con piattello.
Uno dei due profili coniugati è una superficie piana. Nel caso d) invece abbiamo una punteria con calotta
sferica e nel caso f) invece abbiamo un bilanciere con rotella, di cui abbiamo discusso in varie situazioni. La
rotella ha l’unica funzione di ridurre l’usura nella zona di contatto, cioè in teoria trasformando il contatto
superiore con strisciamento in un contatto superiore con rotolamento.

Quando il movente è una camma si parla di punteria centrata oppure di punteria eccentrica. Noi possiamo
identificare gli assi della punteria. Se questo asse passa per il centro di rotazione della camma si tratta di
punteria centrata (casi a,b,c,d) mentre il caso e) è un caso di punteria eccentrica.

In altre situazioni possiamo avere una coppia superiore in cui il movente non è un movente che ruota e quindi
non è una camma.

In questo caso noi abbiamo un movente che trasla. L’elemento movente che trasla prende il nome di sagoma.
Anche in questo caso abbiamo una punteria. In ogni caso, dove ci sono sagome e camme il contatto è
garantito da un precarico (c’è una molla). Nei meccanismi con camme, la camma è in grado di trasmettere
forze (e quindi movimento) solo se c’è una pressione tra i due membri che si toccano (è un tipico vincolo
bilaterale). Motivo per cui se in certe fasi del movimento i carichi applicati alla macchina portano ad avere (o
vorrebbero) una trazione nella zona di contatto, la camma si apre, quindi il vincolo si perde. Come si
garantisce a mantenere il vincolo? Si introduce un precarico e questo precarico è dato dalla molla.
L’inconveniente è che dobbiamo studiare tutto il movimento del dispositivo e nelle zone dove ci dovrebbe
essere pressione negativa bisogna cercare la massima pressione negativa o la massima forza di scarto da
esercitare e, in base a quella, precaricare il contatto. Il precarico, una volta messo, funziona sempre, anche
quando non sarebbe necessario. Quindi anche nelle fasi di movimento in cui i due oggetti sono pressati uno
contro l’altro. Il risultato è un sovraccarico nella zona di contatto. Abbiamo visto che l’attrito è il coefficiente
di attrito radente per il carico normale, che l’usura è proporzionale al lavoro secondo Reyes (lavoro perso) e
il lavoro perso è collegato alla forza tangenziale sviluppata dall’attrito e il risultato è che abbiamo maggior
usura. Quindi abbiamo contatto spendendo in termini di consumo del materiale. Questo tipo di modo di
garantire il contatto si chiama accoppiamento di forza.

N.B. L’usura è un grosso problema per la camma, soprattutto per la camma delle macchine automatiche,
poiché deve garantire dei movimenti ben definiti che servono a movimentare degli oggetti o fare altre
operazioni sulla catena di montaggio. Quindi è importante tutta la legge di movimento del cedente. Quando
si ha un’usura del componente, cambia la forma dei profili coniugati e di conseguenza cambia la legge di
moto che ottengo. Quella generazione di funzione non è più quella teorica e quando si discosta molto da
quella teorica si deve intervenire. E’ importantissima la forma della camma in questo tipo di accoppiamento.

Abbiamo un altro modo di garantire il contatto, ovvero accoppiamenti di forma.

Se andiamo a calcolare i g.d.l vediamo che si ha una struttura. Questa struttura è dimensionata in modo tale
che i due contatti siano una ripetizione di vincolo (eccezioni della formula di Grubler-quando un vincolo ripete
una cosa che è già nel meccanismo, non è efficace nel ridurre il numero dei gradi di libertà). Quindi questi
due contatti sono studiati in modo tale che non si contrastino, ovvero che il contatto superiore non vada a
bloccare il movimento. Infatti abbiamo due profili che toccano un unico bilanciere con due rotelle. Queste
sono dette camme desmodromiche. Il principio base di questo schema è che quando si dovrebbe distaccare
il braccio superiore del bilanciere entra in funzione il braccio inferiore (va in presa). Viene garantito il contatto
per questo effetto di forma, con questa ripetizione di vincolo. Cioè quando uno dei due vincoli è una
ripetizione di vincolo in termini geometrici e non in termini di forza. Se io taglio uno dei due bracci, nel
momento in cui dovrebbe essere esercitata una trazione, il contatto si perderebbe. In realtà facendo in
questo modo entra in funzione (in termini statici) l’altro vincolo. Sembra un’idea geniale ma in realtà si hanno
dei problemi. Innanzitutto elimina il problema del precarico, cioè elimina la molla, i carichi nelle zone di
contatto sono quelli teorici quindi l’usura è quella che dobbiamo spendere per trasmettere il movimento con
questo dispositivo. Avendo due zone di contatto è divisa a metà. Questi dispositivi sono usati nelle macchine
automatiche ma anche nei motori a scoppio, ad esempio le camme desmodromiche sono nei motori. I motori
hanno, allora, un problema, cioè hanno un’escursione termica da freddo a caldo (funzionamento), quindi se
impongo la correttezza geometrica di questo dispositivo ad una certa temperatura, quando le temperature
variano inizia ad esserci forzamento o gioco tra i due dispositivi. Il gioco è assolutamente da eliminare.

Il fatto che ci sia in qualche modo una non ripetizione di vincolo, motivo per cui questa V tende ad essere
forzata dentro (e quindi in teoria tenderebbe a bloccarsi) mentre in realtà se faccio i bracci sufficientemente
elastici ho generato un precarico. Alla fine non rinuncio ad un piccolo precarico quando il sistema è fuori dalla
temperatura di progetto ma comunque risparmio rispetto alla situazione dell’accoppiamento di forza. Si ha
comunque un piccolo precarico che è dato dall’elasticità di questa V (si dilata).

Delle volte, questo piccolo precarico lo posso proprio generare con delle molle.

Qui abbiamo una rotella che si muove all’interno di


un’asola opportunamente sagomata. Qui ho
un’asola e una rotellina che tocca o sopra o sotto e
mi tiene il contatto, però ovviamente ci deve essere
un gioco quasi nullo altrimenti vibra e non genera il
movimento che vorrei.
In questo secondo sistema, ho due rotelle e una scatola all’interno
della quale si muove la camma. Come riesco a garantire il movimento
di quella punteria? Devo imporre alla mia camma, oltre alla legge di
movimento, che la distanza lungo la direzione di traslazione della
punteria sia costante, quindi un vincolo geometrico che bisogna
imporre nella fase di progettazione. Quindi si deve sagomare la
camma in modo tale che lungo la direzione di traslazione della
punteria la distanza sia costante. Se ad un certo punto in una fase di
contatto, la camma presenta una distanza inferiore a quella stabilita,
allora si ha gioco (“balla”), mentre se presenta una distanza
superiore, si blocca. La ripetizione di vincolo purtroppo ha questo
problema, cioè è una ripetizione di vincolo se analiticamente le equazioni sono una ripetizione delle
condizioni poste al movimento. Se ad un certo punto, a causa di un problema, usura o ad un errore di chi le
ha progettate, non sono ripetizioni di vincolo, quei vincoli diventano efficaci e bloccano il dispositivo.

Si ha un bilanciere a due bracci che possono essere anche abbastanza robusti e poi utilizzo la molla per gestire
questo forzamento. Risparmio comunque rispetto al contatto bilaterale di forza puro. Non affida l’effetto di
forzamento della camma desmodromica all’elasticità del componente ma lo controlla tramite la molla. Lo
concentra quindi nella molla e viene dimensionata opportunamente.

In questo caso invece abbiamo due camme e due rotelle che si impegnano
l’una con l’altra. Questo modo di realizzare il dispositivo permette di
svincolare il dispositivo da quella distanza costante. Ovviamente devono
essere due profili complementari, altrimenti devo imporre la stessa legge
di movimento fra camma e rotella. Qui abbiamo un componente in più e
quindi è più complesso.

Oltre alle camme piane esistono anche camme spaziali, ad esempio quella che segue:

Qui si ha una ruota con dei pioli che si impegnano in un cilindro


con un incavo. Questa è tipica di una macchina automatica.
Abbiamo una vite che sui fianchi del filetto muove questa
ruota a pioli con delle rotelle (pioli radiali). Ad ogni giro della
vite avanza di un angolo fisso.

Nella camma piana abbiamo visto che è un dispositivo con 1 g.d.l. Abbiamo quindi una generazione di
funzione, cioè un legame tra un parametro geometrico del cedente e, nel caso della camma, l’angolo che
identifica l’orientamento della camma (quindi la f(x) da realizzare è quella tra la posizione “y” della punteria
e l’angolo Ө della camma). Se invece ho un bilanciere, ho due angoli: l’angolo che mi dà l’orientamento del
bilanciere collegato all’angolo che mi dà l’orientamento della camma, quindi è una funzione con un’unica
variabile. Uscita y, ingresso Ө. In generale si ha y=f(Ө).
Quando siamo nel caso delle camme spaziali si possono avere situazioni in cui il contatto può controllare quel
parametro.

Posso ad esempio spostare assialmente questa vite bombata.

Qui ho un contatto di una sfera su di una superficie ed a seconda di dove vado


a spostarmi con la zona di contatto posso realizzare varie leggi di movimento.
Si hanno 2 g.d.l. A seconda di dove mi sposto, tutta la superficie, che è una
superficie tridimensionale, è sfruttata per controllare due parametri. Realizzo
allora una funzione di due parametri (funzione di Ө1 e Ө2, oppure Ө1 e z).

Se realizzo un membro di ingresso che trasla, ovviamente non ho una


traslazione infinita, cioè ad un certo punto deve fermarsi, riposizionarsi e
rigenerare il movimento (non è una cosa che piace), quindi per ovviare al
problema si prende la sagoma, la richiudo per fare un cilindro, ottengo una
sagoma cilindrica, motivo per cui il movimento della sagoma è diventato un
movimento continuo e vale sia per punteria che per bilanciere.

Vediamo un’applicazione che riguarda le leggi di movimento: consideriamo una camma con punteria a
piattello.

Quando si indicano le saldature, si indica che la retta è solidale con il membro.

In una situazione di questo tipo noi possiamo vedere la legge del moto, cioè quella da realizzare, come il
legame analitico tra l’angolo Ө21 (variabile d’ingresso) e la coordinata y come variabile d’uscita che individua
la posizione del piattello. La legge di movimento è la relazione y=f(Ө21)+y0 (con y0=quota minima della camma)
e in generale questa legge di movimento è rappresentabile in un grafico. Per legge di movimento in verità si
intende soltanto la parte variabile perché per chi raccoglie questo movimento dal lato di 3, del valore minimo
y0 non se ne fa niente. In generale, possiamo distinguere per la legge di movimento 4 fasi (legge periodica
poiché è una camma):

• Fase di andata con una variazione di angolo β1


• Fase di prima sosta con una variazione di angolo β2
• Fase di ritorno con una variazione di angolo β3
• Fase di seconda sosta con una variazione di angolo β4

La legge di movimento parte da un valore nullo ed arriva ad un


valore ymax che in generale è denominato con H, che si chiama
alzata. Questa fase è detta fase di andata, caratterizzata da una
variazione di un certo angolo β1, e la legge di movimento è detta
legge di andata (che ci porta dal valore minimo al valore max).
Poi, normalmente, in questi meccanismi con camme si ha una fase di prima sosta (valvola di un motore a
scoppio) con una variazione di angolo β2 e poi ci deve essere una fase di ritorno caratterizzata dall’angolo β3
ed infine si ha un’ultima fase di seconda sosta con una variazione di angolo β4. Ovviamente la somma di
β1+β2+β3+β4=2π. Sapendo i centri di istantanea rotazione possiamo conoscere e descrivere tutte queste fasi.

Qual è la caratteristica della funzione y=f(Ө21)+y0 ?


𝑑𝑓 𝑑𝑓
̇ =
Prima di tutto, se derivo rispetto al tempo, innanzitutto trovo: 𝑦̇ = 𝑑𝜃 𝜃21 𝑤21 = 𝑦 ′ 𝑤21
21 𝑑𝜃 21
Ed inoltre 𝑦̇ = 1v3, ovvero la velocità di traslazione lungo la direzione y della punteria.

Ad esempio, in un’equazione di questo tipo, possiamo immediatamente vedere il significato geometrico di


y’, cioè se noi riconosciamo che H è il punto di contatto (non confondere con H=alzata), la normale a quei
profili nel punto di contatto è una retta di C32 e questa retta passa per C21 e va verso C31 (all’infinito lungo
questa direzione). Ecco che in questa situazione riconosciamo che questo punto di intersezione è C32.
̅̅̅̅̅̅̅̅̅
Qual è la relazione cinematica che collega 1v3 con la w21? La relazione è: 1v3 = 1vC32|3 = 1vC32|2 = w21 𝐶 32 𝐶21

In questa situazione riconosciamo che il segmento ̅̅̅̅̅̅̅̅̅


𝐶32 𝐶21 è la y’.

Come si fa il dimensionamento di questo dispositivo (generazione di funzione)? Sicuramente qualcuno mi ha


dato la legge di moto che deve realizzare, cioè f(Ө21), posso derivarla rispetto al tempo ed ottenere y’. Io devo
calcolare il profilo della camma, il dato di sintesi. Quindi nota la legge di movimento, devo determinare il
profilo della camma che realizza quella legge. Se adesso introduciamo delle coordinate polari sulla camma,
quindi chiamo con r la distanza dal punto di contatto H da C31 e chiamo con Ȣ l’angolo fra la retta solidale alla
camma ed r. Devo avere una funzione che mi dice r in funzione di Ȣ; quando ho questa funzione, io ho
ottenuto l’equazione che mi dà il profilo della gamma. Questa equazione può essere, in questo caso,
r=√𝑦 2 + 𝑦′2 =r(Ө21)

Se riesco a scrivere Ȣ in funzione di Ө21, ho risolto il problema: r sin (Ө21+Ȣ)=y. Quindi si ottiene che
𝑦
Ȣ=arcsin(𝑟 )- Ө21 = Ȣ(Ө21). E’ un calcolo abbastanza semplice che ci permette di identificare il profilo della
camma; era irrilevante fino a quando non sono entrate in funzione le macchine a controllo numerico,
macchine tali per cui si dà all’utensile una legge di movimento e la realizza con i suoi assi controllati. Fino ad
allora, la generazione del profilo della camma veniva fatta per via grafica seguendo il metodo degli inviluppi.

Prima di vedere questo metodo, introduciamo nuovi concetti legati al profilo della camma.

Qui abbiamo una camma con punteria a rotella.

Follower=cedente, che in questo caso sarebbe la punteria. Si


identifica una circonferenza di base (base circle) che dà la
distanza minima del centro della rondella rispetto all’asse di
rotazione della camma. Il centro della rotella, con riferimento
a base circle, invece identifica una circonferenza di riposo
(prime circle). Poi si ha la circonferenza massima (major circle)
che prende la parte di camma in cui si ha il massimo (tale per
cui si ha la sosta). E’ chiaro che in una camma con punteria, se
voglio delle fasi di sosta, devo introdurre degli archi di
circonferenza. La circonferenza di base e la circonferenza di
riposo identificano la zona di seconda sosta, cioè la zona di
sosta a distanza minima. La circonferenza massima invece mi
identifica la zona in cui la punteria resta aperta (la valvola resta aperta) fino ad un massimo di apertura. Il
centro della rotella, che può essere pensato come la punta della punteria a coltello, durante il movimento
(durante le due fasi intermedie) va a disegnare una certa curva che è la circonferenza primitiva (pitch point).
Il dato del mio schema è sempre la determinazione di questa curva primitiva della camma. Ed infine si ha il
profilo reale della camma che dista dal profilo primitivo della distanza del raggio della rondella. Quindi prendo
la normale al profilo primitivo e in un certo punto vado ad eliminare il raggio della rondella ed ottengo il
profilo della camma. La realizzazione del profilo della camma con il metodo grafico è fatto per inviluppo:

Punteria a piattello centrata

Si parte dalla legge del moto e si usa una tecnica


di inversione cinematica, in cui la camma è il
movente reale. L’inversione cinematica consiste
nel bloccare il movente reale e sbloccare il telaio.
Quindi la camma diventa telaio e quello che era
telaio si muove rispetto alla camma. Facendo
questa operazione, si parte dalla legge di
movimento (360°) e la si fraziona in 12 parti (ad
esempio). Durante l’inversione cinematica adesso
la camma è ferma e il piattello, con il telaio, si
muove attorno alla camma. In ogni posizione
angolare, il piattello è più in alto o più in basso a
seconda di quella che è la legge di movimento.
Una volta che ho frazionato in 12 parti (se volessi
un profilo più preciso dovrei frazionare in più parti), si nota la circonferenza di riposo; allineo l’asse delle Ө
della mia legge di moto e disegno il piattello nella posizione di riposo. Poi nell’inversione cinematica, mi metto
nella posizione 1, vado a spostarmi di questo Δy1 in alto e poi riporto con il compasso questa variazione di y
in corrispondenza di ΔӨ1. Ho diviso il mio angolo di rotazione nella camma anche in 12 parti (12 raggi che
dividono i 360° in 12 parti uguali) e quindi su ciascuno di questi raggi vado a tracciare il raggio di riposo+Δy
che mi viene dato dalla legge di movimento. In ogni posizione vado a tracciare una retta che corrisponde al
fondo del piattello. Proseguendo per tutte e 12 le posizione, ottengo un fascio di rette. Il profilo della camma
è l’inviluppo di queste rette, ovvero la curva che è tangente a queste rette che ho tracciato. Ottengo allora
una precisione maggiore quanti più punti prendo in considerazione nel tracciare il profilo della camma.
Questo è il modo per ottenere il profilo della camma a partire dalla legge di moto.

Punteria a rotella centrata

Per la punteria a rotella andiamo a generare prima la curva


primitiva e poi la curva della camma. Dobbiamo fare le
stesse operazioni che abbiamo vista prima, dividiamo la
circonferenza in 12 settori così come la legge di movimento.
Disegno la circonferenza di base, la circonferenza di riposo
e poi per ciascun raggio vettore vado ad aggiungere
l’incremento Δy. La legge di movimento la riporto in modo
tangente che passa per l’asse x che passa per il centro della
rotella. Quindi quando aggiungo questo incremento ho
determinato la curva primitiva. Per ottenere il profilo della
camma, in ogni posizione devo disegnare la rotella. Quindi
ho un fascio di circonferenze alla fine di questa operazione ed il profilo della camma sarà la curva inviluppo
di questo fascio di circonferenze, ovvero la curva tangente a queste circonferenze.

Se ho una punteria eccentrica le cose si complicano.


Punteria eccentrica

Prendendo come riferimento il centro della rotella, ci mettiamo in posizione di minima distanza fra centro
della rondella e centro della camma. In questa di posizione di minima distanza, tracciamo l’asse della
punteria, ovvero l’asse su cui troviamo la retta con la direzione di traslazione della punteria che passa per il
centro della rotella. La caratteristica della punteria eccentrica è che quando si ha fase di movimento, l’asse
della punteria è tangente alla circonferenza del raggio pari all’eccentricità. Oscilla in modo eccentrico, quindi
tracciamo questa circonferenza; è su questa circonferenza di raggio pari all’eccentricità che noi facciamo la
partizione di 12 parti. Facciamo quello che abbiamo fatto prima. Partizioniamo la legge, definiamo la
posizione 0 con distanza minima, la posizione 1 mi dà l’altezza Δy. Poi mi metto in posizione 1 della mia
circonferenza di raggio pari all’eccentricità e da qui traccio una retta che è tangente alla circonferenza. In
questa retta, io adesso metto la distanza minima(y0)+Δy (dato dalla legge di movimento) e trovo il centro
della rotella. Ripeto questa operazione per tutti i 12 settori e in ciascuna posizione vado a disegnare la rotella
ed ottengo le circonferenze il cui inviluppo mi dà il profilo della camma.

Quanto più è grande la sagoma, più piccolo sarà l’errore che realizzo nel determinare il profilo della camma
(dipende dal numero di punti).

Determinazione analitica del profilo della camma con punteria con rotella eccentrica

Eccentricità data da e (distanza dalla coppia


rotoidale all’asse della punteria). In questa
situazione noi possiamo fare gli stessi
ragionamenti di cinematica visti prima ed
individuare quanto vale la distanza del centro della
rotella dal centro di rotazione della camma. Questa
distanza è pari a y+y0=f(Ө)+Ra, dove f(Ө) legge di
movimento e Ra ≠ R0. Quanto vale Ra? Se mi metto
nella situazione di minima distanza, cioè con la
camma che tocca la punteria lungo il raggio di
riposo (e quindi ho la rotella sulla circonferenza di
raggio R0=raggio di riposo), si ha che una distanza
pari a R0+r dove r è il raggio della rotella, ed
Ra=√(𝑅0 + 𝑟)2 − 𝑙 2 (Teorema di Pitagora). Anche
qui vale tutto quello che abbiamo detto. Indico i
centri di istantanea rotazione ed individuo C32. Vale
che 𝑦̇ = 1v3 = 1vC32|3 = 1vC32|2 = w21 𝐶 ̅̅̅̅̅̅̅̅̅ ′
32 𝐶21 = 𝑦 𝑤21 .
Anche in questo caso, 𝑦 ′ = 𝐶 ̅̅̅̅̅̅̅̅̅
32 𝐶21 (sempre vero).
Ora passiamo alle coordinate polari per ricavare il profilo della camma. Per fare ciò introduciamo il concetto
di angolo di pressione. Ricordo che nel caso piano, si ha un centro di istantanea rotazione del moto relativo
tra i due membri e sappiamo che nei vincoli di tipo passivo, il centro di istantanea rotazione è anche un punto
della retta d’azione della forza scambiata. L’angolo tra la retta d’azione della forza scambiata e la velocità del
centro di istantanea rotazione è proprio l’angolo di pressione. Il centro di istantanea rotazione è quel punto
solidale ai due membri che ha la stessa velocità per qualunque dei due membri a cui è solidale. La 1v3 è diretta
come l’asse y (verticale). Nel caso ideale, la rotella è soggetta a sole due forze e quindi le due forze sono
allineate con la retta passante per C42 e C32 (vedi figura). Allora è facile individuare l’angolo di pressione α. Se
ci mettiamo sul centro di istantanea rotazione sappiamo che è il punto in cui la velocità, come detto prima,
è la stessa per qualunque dei due membri a cui è solidale ma è anche quel punto che possiamo idealmente
pensare complice del passaggio di potenza immessa da un membro e raccolta dall’altro. Quando α è piccolo
(o nullo) a parità di potenza trasmessa, minori sono le forze che si trasmettono. Qualunque dispositivo che
trasmette forze, dovrebbe farlo con angoli di pressioni piccoli. Nel caso del piattello, si ha un α=0 (ottimo)
𝑦 ′ −𝑒
ma è un disastro dal punto di vista dell’usura. Si ha 𝑡𝑔 𝛼 = 𝑦(𝜃)+𝑅𝑎
. Introduciamo la retta solidale alla camma
come fatto prima, indichiamo l’angolo Ө21 e con riferimento a questo, indichiamo un sistema di coordinate
polari. Indico con ρ la distanza C42C21 e con ϒ l’angolo formato tra la retta solidale alla camma e ρ. Notiamo
che α=f(Ө21). Devo scrivere le mie relazioni che mi danno ρ e ϒ in funzione di Ө ed eventualmente in funzione
ρ = √(𝑒 + (𝑟 𝑠𝑖𝑛 𝛼))2 + (𝑦 + 𝑅𝑎 − 𝑟 𝑐𝑜𝑠𝛼)2
di α. Si ha: { 𝑦+𝑅𝑎−𝑟 𝑐𝑜𝑠𝛼
ρ sin(𝜃21 + 𝛾) = 𝑦 + 𝑅𝑎 − 𝑟 𝑐𝑜𝑠𝛼 => 𝛾 = arcsin [ ρ
] − 𝜃21

L’angolo di pressione ha un ruolo fondamentale per quanto riguarda la statica della camma.

Se adesso andiamo a prendere una camma con punteria a rotella centrata ne andiamo a fare l’analisi statica:
andiamo a studiarne l’angolo di pressione, il quale ci dà la qualità del dispositivo. A parità di potenza
trasmessa, maggiore è l’angolo di pressione e maggiori sono le forze che devo scambiare e quindi membri
più tozzi capaci di resistere a tali forze. Noi dobbiamo minimizzare tutti i carichi; dobbiamo avere un sistema
che lavori con un carico il più piccolo possibile. Consideriamo il seguente schema: supponiamo di avere una
punteria con rotella centrata.

Meccanismo caricato da una forza Q lungo l’asse 28/03/2017

Abbiamo due supporti: chiamo I supporto quello più in


alto e II supporto quello più basso. La distanza fra i
supporti la indichiamo con b; la distanza del secondo
supporto dal centro di rotazione della rondella con c;
indico con a la distanza dal secondo supporto al centro
di rotazione della camma; la distanza dal centro della
rondella al centro di rotazione della camma è R0+r+y(Ө)
[y(Ө)=legge di moto]. Se supponiamo che l’attrito sia
tutto nei supporti e tutto il resto sia senza attrito (cosa
che in pratica è così, dato che si ha rotolamento), cosa
possiamo dire dell’equilibrio del membro 3?
Supponiamo innanzitutto di avere un carico Q verso il
basso applicato sull’asse della rondella e supponiamo
che abbiamo una 1v3 verso l’alto (ci servirà per
individuare l’inclinazione delle forze dei supporti).

[Stelo della punteria irrilevante]

𝑦′
Dato che non si ha eccentricità, per questo sistema vale, dal punto di vista cinematica: tg α = 𝑅 +𝑟+𝑦
.
0

Facendo l’analisi statica senza attrito avevamo riconosciuto che nel I supporto il contatto era a destra, nel II
supporto il contatto era a sinistra, motivo per cui l’inclinazione della rda di F13 nel primo supporto doveva
essere inclinata in basso dell’angolo ϕ con un verso come in figura (verso sinistra) mentre nel secondo
supporto la rda di F13 deve essere inclinata verso l’alto dell’angolo ϕ (supponiamo sia uguale).

Quindi per il membro 3 abbiamo: Q (completamente nota), F43 (nota in rda), F13,I e F13,II (note in rda).

Vogliamo trovare il punto di intersezione delle F13 e lo chiamo K (si trova a b/2). Vogliamo inoltre trovare una
relazione analitica tra la F43 e la Q (quindi tra la azione motrice e l’azione resistente Q) [F43=F24].
𝑏
Considerando che la distanza dall’asse dello stelo a K è pari a e sapendo che ̅̅̅̅
𝐹43 = F43 cos α + F43 sin α,
2 𝑡𝑔 𝜑
dove α è l’angolo di pressione, e facendo l’equilibrio alla rotazione attorno al punto K otteniamo la seguente
equazione:
𝑏 𝑏 𝑏
𝑄 2 𝑡𝑔 𝜑
− 𝐹43 cos 𝛼 2 𝑡𝑔 𝜑
+ 𝐹43 sin 𝛼 (𝑐 + 2) = 0

La F13 non crea momento in quanto convergono in K. Bisogna verificare allora che:
𝑄𝑏
𝐹43 = ≥0
𝑏 𝑏
2 tan 𝜑 [cos 𝛼 ( ) − sin 𝛼 (𝑐 + )
2 tan 𝛼 2
L’unica cosa che può variare durante il funzionamento sono c e l’angolo di pressione α; tan ϕ per definizione
è il coefficiente di attrito radente.
𝑏 𝑏
Si ottiene: tan 𝛼 ≤ 𝑏 = . Abbiamo ottenuto una relazione sull’angolo α. L’angolo α è un
2𝑓(𝑐+ ) 𝑓(2𝑐+𝑏)
2
parametro che entra nell’espressione della potenza perché è l’angolo formato tra la forza trasmessa e la
velocità trasmessa; più è piccolo e più è efficace la trasmissione. Ci accorgiamo che, affinché possa muoversi
il meccanismo, l’angolo α non può essere maggiore di un certo valore (c’è una limitazione). Vediamo cosa
succede quando il termine tra parentesi quadre è nullo: innanzitutto, se nell’equazione di equilibrio dei
momenti raccolgo F43 , mi accorgo che il termine tra parentesi è il braccio della forza stessa, cioè la distanza
della rda di F43 dal punto K. Quindi quando il secondo termine è nullo (dopo aver raccolto F43), la forza F43
passa esattamente per il punto K. Noi abbiamo in generale il problema con 4 forze, ma quando F43 passa per
il punto K, abbiamo 3 forze che passano per K e la forza Q che passa esternamente a K. E’ quella situazione
staticamente impossibile: si verifica che anche in assenza della forza Q, le due reazioni vincolari dei due
supporti vanno ad equilibrare qualunque forza che arriva dal movente: il sistema resta allora bloccato. Questa
situazione è detta situazione di impuntamento: tutte le coppie prismatiche passive sono a rischio
impuntamento. Questa situazione succede, ad esempio, nelle finestre dove si ha una coppia prismatica.
L’impuntamento si allontana quando si allontana K, cioè, a parità di materiali (quindi a parità di ϕ), quando
si aumenta la distanza dei supporti dato che questi sono gli estremi della guida. Si può aumentare la forza
quanto si vuole ma non si sbloccherà mai: la forza Q sarebbe la forza che noi applichiamo o il peso della
finestra. In una situazione di impuntamento non bisogna spingere ma tirare in senso opposto il sistema così
da cambiare l’inclinazione delle forze. In un sistema passivo, se andiamo con F43 verso K, e abbiamo sbagliato
il profilo della camma (non viene rispettata la relazione sull’angolo α), il meccanismo si rompe. Affinché il
meccanismo non si rompa, non solo la tan α deve essere minore della quantità descritta prima, bensì deve
essere molto minore perché il braccio è al denominatore. Tanto più piccola è la parentesi quadra, tanto
maggiore è la F43 e si avvicina a K; di conseguenza aumentano le sollecitazioni sullo stelo. Quindi, se non si
dimensiona bene, il sistema si rompe anche senza la F43 che passa per K. In teoria, quando il termine è nullo,
per equilibrare una forza Q anche infinitesima abbiamo bisogno di F43 infinito.

Ogni qualvolta si ha una camma, bisogna sempre verificare l’angolo di pressione. Mettendo insieme le
relazioni, otteniamo inoltre una limitazione sulla legge di movimento: la legge di movimento è un dato di
progetto quindi non posso fare più di tanto:
𝑦′ 𝑏
≤ (≪) = tan 𝛼
𝑅0 + 𝑟 + 𝑦 𝑓(𝑏 + 2𝑐)
Questa relazione evidenzia una cosa: al denominatore c’è il raggio di riposo: è inutile nella definizione della
legge di movimento però qui ha un effetto benefico: aumentando il raggio di riposo della camma, diminuisce
l’angolo α. Si può aumentare quindi il raggio di riposo della camma finché non si rispettano tutte le condizioni.
Il molto minore è dovuto alla resistenza del materiale. La forza Q è il carico inerziale= -m 1a3. Noi normalmente
non abbiamo grossi carichi sulle camme: il grosso della fatica che si fa per muoverle è di tipo inerziale. Se ho
un’accelerazione in alto e la forza Q è tutta inerziale, abbiamo la Q verso il basso e tende a comprimere il
meccanismo. La situazione critica non è quindi la fase di accelerazione (accelerazione verso l’alto) ma quella
di decelerazione (accelerazione verso il basso) perché in questo caso Q è in alto e tende ad aprire il contatto.
Questo è importante perché se bisogna garantire il contatto tramite un accoppiamento di forza, bisogna
dimensionare gli elementi elastici che confinano il contatto (la molla sostanzialmete).

Ieri avevamo la camma con punteria a piattello. Se si fa lo stesso ragionamento fatto prima, per la punteria
a piattello l’impuntamento non si verifica mai; si verifica solo se si ha un piattello enorme e con una camma
enorme. Se il contatto fra camma e piattello è ideale, la F23 è verticale e quindi, per avere impuntamento
deve spostarsi il contatto sotto K. L’impuntamento con il piattello è una situazione molto teorica, a meno che
non si abbia una eccentricità assurda. Come già detto, tutte le coppie prismatiche passive (es. ante di un
armadio) vanno sempre verificate all’impuntamento poiché sono a rischio appunto di impuntamento.

Problema del sottotaglio

Noi dobbiamo anche realizzare le camme. Ma come si realizzano? Noi abbiamo la geometria e, se
consideriamo una macchina a controllo numerico, le diamo la legge di movimento e lei con una fresa va ad
asportare il materiale dal tondino, ad esempio. Guardando lo schema, nella figura a) si ha la pitch curve
(profilo primitivo) della camma. Se ho una camma che muove una rotella, lungo la pitch curve si muove il
centro della rotella. Supponiamo che la fresa che deve realizzare la camma abbia le stesse dimensioni (raggio)
della rotella; se cambiano le dimensioni della fresa dalla rotella non cambia nulla, solamente la pitch curve
sarà più grande. Una situazione di questo tipo è caratterizzata dal fatto di avere un raggio fresa che è inferiore
al raggio di curvatura minimo del profilo della camma. Vediamo che si ha ρ0 che è il raggio minimo di curvatura
del profilo primitivo e Rr è il raggio fresa. Il centro fresa segue la curva primitiva ed il taglio non ha problemi.
Quindi quando Rr < ρ0 non si hanno problemi. Nel caso b) invece si ha una situazione limite in cui Rr=ρ0, cioè
il raggio fresa è esattamente uguale al raggio minimo di curvatura del
profilo primitivo della camma. In questo caso quando io arrivo nella zona
in cui ho il raggio minimo, il profilo della camma che ottengo presenta uno
spigolo vivo. Abbiamo già detto che gli spigoli vivi non vanno bene, né se sono nella punteria (non si può mai
fare una punteria a coltello) né se sono nella camma, perché un attimo dopo il funzionamento si rompono.
Ciò si verifica poiché essi sono i punti dove le forze si concentrano e quindi si creano delle pressioni nel
materiale di tipo puntiforme (area piccola). Nel caso c) invece si ha una situazione in cui Rr > ρ0 cioè il raggio
fresa è maggiore del raggio minimo di curvatura del profilo primitivo della camma. Qui succede che il centro
fresa segue la curva primitiva. Taglia da D a C ma quando è arrivato in C e deve seguire il tratto successivo, la
fresa taglia anche il triangolo EBC. Si ha quindi una camma con uno spigolo vivo e non realizza la legge di
movimento che si vuole realizzare. Ancora una volta, la condizione necessaria è che il raggio di curvatura
minimo sia maggiore del raggio fresa: ρ0 > Rr.
Si ottiene la relazione in cui è facile notare che il pericolo di sottotaglio è tanto maggiore quanto minore è il
raggio base della camma ρ0. Aumentando R0 aumenta ρ0.

Vediamo ora alcuni grafici delle leggi di moto elementari.

Nel diagramma qui al lato, si hanno


varie leggi di movimento che
prendono in considerazione il tratto di
andata. Abbiamo visto che la legge di
movimento è composta da 4 fasi,
quella di andata che permette di
andare da ymin a ymax, la prima sosta, il
ritorno e la seconda sosta. Quello che
diciamo per la fase di andata vale
anche per la fase di ritorno. Ciascuno
𝑦
di questi diagrammi riporta 𝐻 (dove
y=legge di movimento e H=alzata) ed
inoltre riporta β=ampiezza alzata. Le
quantità riportate nella prima,
seconda e terza colonna sono quantità
adimensionali. La prima rappresenta la
legge di moto, la seconda la velocità e
la terza l’accelerazione. Questo grafico
ci serve nel caso in cui dobbiamo
progettare una valvola di cui sappiamo
i valori di alzata e dobbiamo generare
le diverse leggi di moto per soddisfare
il movimento. Vediamo cosa succede con una legge di movimento lineare. Siamo nel caso a). Il tratto continuo
è la legge di movimento, il tratto discontinuo è la velocità mentre il tratto-punto è l’accelerazione. Se ho una
y lineare, ho una velocità costante che però si deve azzerare improvvisamente alle estremità. Significa che si
hanno delle accelerazioni infinite alle estremità che, essendo legate alla Q, vuol dire sollecitazioni importanti,
che in fase di decelerazione implicano uno stacco, uno stacco implica una vibrazione e non è una situazione
possibile. La scartiamo. Vogliamo correggere questa situazione dicendo che avere una velocità costante non
è possibile (accelerazioni infinite da scartare). Cerchiamo di avere un tratto lineare centrale [caso b)]. Nella
fase iniziale e finale abbiamo una velocità lineare (cresce e decresce). Abbiamo quindi una accelerazione (e
decelerazione) costante. Una velocità lineare implica y parabolica. Anche in questa situazione, potrebbe
sembrare di aver sistemato le cose perché le accelerazioni non sono infinite ma in realtà il gap di
accelerazione (i due rettangoli) bisogna leggerlo con la F=lineare. Significa che ad un certo punto ho un ΔF
improvviso (e quindi Δa improvviso) che è come se una persona desse una martellata (significa che genera
vibrazioni) e anche in questo caso è da scartare. Abbiamo risolto il problema della accelerazione infinita ma
non il problema delle vibrazioni. Quindi avere una legge di moto parabolica e lineare non è sufficiente per
risolvere il problema.
L’accelerazione massima è legata all’estensione della zona in cui ho velocità lineare. Si potrebbe dire che è
conveniente eliminare il tratto velocità costante centrale in modo tale che la fase di accelerazione sia la più
estesa, motivo per cui l’accelerazione costante abbia valore minimo. Si passa quindi alla situazione c) facendo
questo discorso. Si elimina la zona lineare e quindi si riduce la massima e minima accelerazione ma non si
risolve il problema della discontinuità in accelerazione. Una legge di moto sinusoidale (meglio cicloidale),
come nel caso d), va bene perché ha un andamento di velocità ed accelerazione morbido; non si ha
discontinuità ma non riesco più a controllare i picchi di accelerazioni in questo modo. Nel caso e) siamo in
presenza di una trapezia modificata, cioè è molto simile al caso d) ma le curve sono raccordate. Questa curva
è ancora una curva simmetrica e quindi ho i valori minimi e massimi di accelerazione sono uguali. Se
dobbiamo fare un accoppiamento di forza, i valori di accelerazione che danno fastidio sono quelli negativi,
cioè quelli che tendono ad aprire, cioè costringono a direzionare il precarico. Il caso migliore è quindi il caso
f), cioè quella che sembra una trapezia raccordata ma non simmetrica. A noi non interessa il picco massimo
di accelerazione ma il picco di decelerazione che è notevolmente ridotta rispetto al caso precedente. In
questo modo riesco a ridurre il precarico da applicare.

Sintesi dimensionale
Abbiamo visto finora l’analisi cinematica. Le stesse equazioni che si sfruttano per fare l’analisi di posizione,
cambiando i dati all’interno, si usano per fare il progetto della macchina, cioè per risolvere il problema
inverso. Assegnato un determinato movimento, voglio ad esempio realizzarlo con un quadrilatero articolato
e voglio calcolare i parametri geometrici tali per cui il quadrilatero articolato realizza questo movimento. E’
un problema di progettazione funzionale. Esistono vari tipi di problemi di sintesi dimensionale che possono
essere formulati. A seconda di quelle che sono le specifiche sul movimento, noi dobbiamo risolvere il
problema di progettazione funzionale. Noi dobbiamo calcolare le dimensioni dei membri del quadrilatero
articolato, cioè i parametri geometrici costanti durante il movimento che influiscono direttamente nel
comportamento (es. nella biella ci interessa la lunghezza della biella, non la sezione; la sezione interesserà
allo strutturista che progetterà in base ai carichi per dimensionare in modo che resista). La determinazione
di questi parametri è detta sintesi dimensionale. Prima di fare questo però bisogna scegliere il tipo di
meccanismo che intendiamo utilizzare per risolvere un problema di progetto. Gli step che precedono la
sintesi dimensionale sono due, ovvero la sintesi di numero e la sintesi di tipo. Per sintesi di numero si intende
la diversificazione del numero di membri e con chi sono interconnessi tra di loro (si decide quanti riferimenti
devo avere e con chi sono interconnessi). Nella sintesi di tipo, invece, individuo come è fatta
l’interconnessione, cioè la topologia del meccanismo (che tipi di coppie cinematiche ci sono). La sintesi di
numero è molto semplice in quanto si basa sulle formule di Grubler e sulla formula di Eulero e si usano in
questo modo: a seconda del tipo di problema con cui ho a che fare, sono subito in grado di dire se ho bisogno
di un meccanismo con 1, 2, 3 o 6 gradi di libertà. Se mi viene assegnata una traiettoria va da sé che ho un
problema con 1 grado di libertà. Se ho bisogno di muovermi su una superficie in modo abbastanza libero ho
2 gradi di libertà. Abbiamo visto la generazione di funzione con la camma, cioè nei meccanismi con camme i
quali sono meccanismi con coppie superiori. C’è una sottoclasse di meccanismi detti sistemi articolati che
sono quei meccanismi che hanno tutte coppie cinematiche elementari. Con la camma è possibile soddisfare
qualsiasi problema di sintesi poiché il profilo della camma ci mette a disposizione infiniti parametri. Per
quanto riguarda un quadrilatero articolato, si ha un membro in ingresso (manovella) e un membro in uscita
(bilanciere). Supponiamo di voler realizzare un quadrilatero articolato che realizza la stessa funzione. In
questo caso non si hanno infiniti parametri ma abbiamo le 4 lunghezze dei 4 membri che lo compongono.
Quindi, qualsiasi sistema articolato, per quanto complesso, è caratterizzato dall’avere un numero finito di
parametri geometrici. Di conseguenza non potrà mai soddisfare in modo esatto un problema ad esempio di
generazione di funzione, di traiettoria o di movimento. Se viene assegnata una postura in modo continuo,
non si potrà mai fare in modo esatto. Si preferisce comunque il sistema articolato al meccanismo perché è
più preciso, cioè riesce a mantenere il moto che realizza costante nel tempo (anche se non esatto) in quanto,
paragonandolo ad esempio alle coppie superiori, non c’è usura e quindi non c’è una manutenzione da fare.
Supponiamo di avere a che fare con un problema con 1 grado di libertà con una traiettoria piana (se ho una
traiettoria piana non faccio un sistema tridimensionale, ovviamente). Per fare la sintesi di numero quindi
abbiamo a disposizione le formule di Grubler e di Eulero. Ricordandole: l=3(m-1)-2C1-C2 ed a=j-m+1, dove
j=C1+C2.
Per l’ipotesi che abbiamo fatto, l=1. Inoltre imponiamo noi di volere un sistema articolato, quindi C2=0. Quindi
1=3(m-1)-2C1. Da questa relazione viene fuori una relazione tra m (numero di membri) e C1 (coppie
2
cinematiche). Si ottiene: 4=3m+2C1. Da cui, m=3 (2+C1). Prendo questa relazione e la sostituisco nella formula
2
di Eulero. Quindi a=C1-3 (2+C1)+1, da cui si ricava: a=C1-m+1. A questo punto ci costruiamo una tabella per
individuare che tipo (architettura) di meccanismo viene fuori, cioè quanti membri e come sono interconnessi
fra loro. I disegni che facciamo noi sono sostanzialmente dei grafi. Un grafo è costituito da nodi e da archi,
cioè si ha:
La sintesi di numero identifica il tipo di grafo che è associabile al mio meccanismo, C1 m a
cioè sostanzialmente mi dice, se i nodi sono i membri e i rami (archi) sono le coppie
1 2 0
cinematiche, com’è fatta la struttura il meccanismo (come sono collegati tra di loro
2 / /
i vertici). I disegni che usiamo sono più complessi del semplice grafo, infatti
3 / /
contengono anche i parametri geometrici legati funzionamento della macchina cioè
4 4 1
quelli che entrano nella sintesi dimensionale. A livello di sintesi di numero noi
definiamo la struttura del meccanismo a livello di grafo. Nella relazione che 5 / /
abbiamo trovato, si ha che C1 ed m sono numeri interi. Non vanno bene qualsiasi 6 / /
C1. Andiamo a vedere quali sono gli C1 e gli m che vanno bene ed in base a questi 7 6 2
valori andiamo a calcolare il numero di anelli. Costruiamo una tabella:

Nel primo caso si hanno due membri collegati con una coppia C1 (coppia rotoidale o coppia prismatica).
Difficilmente soddisfiamo qualcosa con un sistema così semplice. Con C1=2 non si ha un numero di membri
intero e quindi da scartare. Idem con C1=3. Invece con C1=4 si ha m=4 e a=1 (quadrilatero articolato e
manovellismo di spinta: a livello di grafo sono identici). Un unico anello implica che i membri sono tutti binari
cioè non avremo un membro che è collegato a tre membri. Andando avanti, C1=5 e C1=6 sono da scartare per
gli stessi motivi di 3 e 4. Con C1=7 si ha m=6 e a=2. Si può continuare ma si complicano solamente le strutture.

Mi conviene avere un meccanismo con un numero minimo di membri e con un


numero minimo di coppie cinematiche. Escludendo il caso con C1=1, mettiamoci
nel caso m=4=C1 ed a=1. Avrò quindi un grafo come quello a fianco.
(1,2,3,4=membri; x,y,z,w=coppie cinematiche). I rami possono essere o R o P.
Costruiamo una tabella con tutte le possibilità che possiamo avere. Inoltre non ci
conviene avere un meccanismo piano con più di due coppie prismatiche perché il
moto relativo imposto alle due coppie prismatiche (o ad una sequenza) è la
traslazione (si bloccano le rotazioni). La traslazione nel grado ha 2 g.d.l. Per questo più di 2 coppie prismatiche
non possiamo avere mentre possiamo avere tutte le coppie rotoidali che vogliamo. Definiamo tutte le
topologie di meccanismi: possiamo avere o R o P

X Y Z W
R R R R
P R R R
P P R R
P R P R
Nella prima configurazione abbiamo 4 coppie rotoidali. E’ il quadrilatero articolato: è la catena cinematica
che genera tutti i quadrilateri articolati. Possiamo introdurre una coppia prismatica P e la mettiamo, ad
esempio in prima posizione. Otteniamo la catena cinematica che genera il manovellismo di spinta. In questo
caso se sposto P in un'altra posizione, non cambia assolutamente nulla poiché l’anello è simmetrico e quindi
ruotandolo ottengo sempre la stessa configurazione. Possiamo dire che PRRR, RPRR, RRPR, RRRP sono la
stessa catena cinematica che genera il manovellismo di spinta e due inversioni
cinematiche. Adesso mettiamo un’altra P. Otteniamo PPRR. Anche qui le due P
adiacenti, comunque le vada a spostare, se restano adiacenti, non cambiano la topologia
di catena cinematica. Quindi la PPRR, RPPR, RRPP sono la stessa catena cinematica. Quello
che fa la differenza è se sono adiacenti o non lo sono. L’altra situazione è la PRPR e così abbiamo generato
tutte le tipologie di catene cinematiche possibili.

La terza catena cinematica della tabella realizza quello che si chiama ellissografo o giunto di Oldham. E’ una
catena cinematica PPRR. Mi realizza un’inversione cinematica se blocco il membro 3 e lascio il membro 1
(ottengo il giunto di Oldham).

La quarta catena cinematica invece PRPR è un meccanismo come : si nota che le R sono
alternate dalle P.

Se invece consideriamo il caso in cui C1=7, m=6 ed a=2 genera due famiglie di meccanismi notevoli che sono
il meccanismo di Watt ed il meccanismo di Stephenson.

Meccanismo di Watt

Il meccanismo di Watt è composto da 2 membri ternari collegati tra di loro da quelle


che si chiamano diadi. Una diade è un insieme di due membri collegati tramite una
coppia rotoidale che poi va a chiudersi su di un meccanismo con altre due coppie
rotoidali. A seconda di quale membro si prende come telaio, si hanno due tipologie di
meccanismo di Watt; uno che blocca uno dei due membri ternari (1 e 2); uno che
invece blocca un membro binario (3,4,5,6). Qui abbiamo 2 membri ternari e 4 binari. Facendo tutti i
ragionamenti sul grafo arriveremmo a concludere che l’unica possibilità che abbiamo per avere 6 membri, 7
coppie cinematiche e 2 anelli, è proprio avere 2 membri ternari e 4 membri binari.

Meccanismo di Stephenson

Anche qui si hanno due membri ternari ma i membri binari sono disposti in maniera
diversa. A seconda di quale membro andiamo a prendere come telaio, otteniamo 3
diversi tipi dipologie di meccanismo; uno che ottengo bloccando uno dei due membri
ternari; un secondo tipo di meccanismo che blocca un membro binario di quelli che
collegano tra di loro i due membri ternari (3 e 4); un terzo tipo bloccando un membro
fra 5 e 6.

29/03/2017

Vogliamo continuare lo studio della sintesi. Abbiamo già visto con le camme il problema della generazione di
funzione, cioè la realizzazione di un dispositivo in cui due parametri variabili durante il movimento erano
legati da una funzione definita. Questo problema può anche essere affrontato con i sistemi articolati
precisando che i sistemi articolati non hanno un’infinità di parametri a disposizione per soddisfare le
specifiche di progetto ma ne hanno solo un numero finito; quindi con i sistemi articolati riusciamo a risolvere
questi problemi solo approssimando. Altri due problemi notevoli sono:

- generazione di traiettoria: assegnata una traiettoria di un punto, bisogna realizzare un meccanismo


che abbia almeno un punto di un membro che realizza quella traiettoria;
- generazione di movimento: sappiamo che per assegnare la postura di un membro, nel moto piano,
abbiamo bisogno di 3 parametri. Il movimento non è la semplice traiettoria di un punto ma è la
sequenza di posture che varia nel tempo. Quindi se assegno una sequenza di posture di un corpo
rigido che varia nel tempo, voglio trovare un meccanismo che abbia almeno un membro che esegua
tale movimento. Nel caso piano, per assegnare il movimento bisogna dare la traiettoria di un punto
e per ogni punto di quella traiettoria bisogna assegnare l’orientamento del corpo rigido.

Vediamo come risolvere questi problemi in via analitica utilizzando il quadrilatero articolato. I discorsi fatti
ieri ci permettono di individuare la topologia del meccanismo. Individuata del topologia del meccanismo
(quadrilatero articolato) noi vogliamo risolvere questi problemi. Le equazioni che sono alla base di questi
problemi sono le stesse che abbiamo visto per l’analisi, cioè le equazioni di vincolo, che adesso hanno come
dato di ingresso non più la geometria del meccanismo ma la traiettoria che deve essere realizzata.

Generazione di traiettoria

Se voglio generare un meccanismo che abbia almeno un punto che segua una traiettoria e scelgo il
quadrilatero articolato [il quadrilatero articolato ha 3 membri mobili (manovella, bilanciere e biella)], è chiaro
che se la traiettoria non è una circonferenza, nessun punto dei due membri incernierato al telaio potrà
realizzare tale traiettoria. Assegniamo una traiettoria piana. Se scelgo il quadrilatero articolato e scelgo una
traiettoria come quella sotto, posso realizzarla con dei punti della biella. Inoltre, siccome noi stiamo usando
un sistema articolato, sappiamo da subito che non potremo, in generale, a realizzarla in modo esatto.
Discretizzo allora la mia traiettoria, cioè scelgo dei punti di precisione e voglio che il quadrilatero articolato
che realizzo abbia un punto che passi attraverso quei punti di precisione.

Traiettoria

Cerco di imporre che il quadrilatero che voglio realizzare, abbia un punto di biella che passi per i punti P1, P2,
Pk, Pn. Inizio allora a disegnare un generico quadrilatero articolato. Introduco i numeri complessi per scrivere
le equazioni di anello.

z5
z3
Ө31(1)

Ө21(1) z4
z2 Ө41(1)

Angolo rosso e viola: costanti

Se voglio scrivere il generico vettore zj, lo scrivo come: 𝑧̅j = 𝑎𝑗 𝑒 𝑖𝜃𝑗1 . In questa situazione abbiamo che
l’orientamento varia a seconda di dove va a finire questo punto. Quindi nella k-esima posizione, il vettore zj
(𝑘)
(𝑘) 𝑖(𝜃𝑗1 +𝜑𝑗 )
sarà: 𝑧̅𝑗 = 𝑎𝑗 𝑒 , dove 𝜑j è detto angolo di fase costante che sarebbero gli angoli rosso e viola, se ci
sono. Supponiamo di esser stati fortunati da aver disegnato esattamente un quadrilatero articolato che
soddisfi il mio problema (data la traiettoria devo trovare il quadrilatero articolato). Se così fosse, muovendo
il quadrilatero, riesco a raggiungere il k-esimo punto. A questo punto disegno il quadrilatero articolato nella
posizione k-esima in un altro colore.

δk

Quadrilatero articolato in posizione k-esima

Chiamo i vettori in azzurro (disegno pagina prima) come zj(1) [in posizione 1] mentre i vettori in verde scuro
(disegno sopra) come zj(k) [in posizione k].

Se assegnata la traiettoria, si ha che il vettore (Pk-P1)=δk [in termini complessi] è noto perché è nota la
traiettoria. Visto che abbiamo un solo δk proviamo a scrivere delle equazioni di anello in posizione k-esima e
in posizione iniziale, in modo da coinvolgere il vettore δk. Se guardiamo i due monogrammi, identifichiamo
due percorsi che prendono dentro δk.
(1) (1) (𝑘) (𝑘) (𝑘) (1) (𝑘) (1)
𝑧̅2 + 𝑧̅3 + ̅̅̅
𝛿𝑘 − 𝑧̅3 − 𝑧̅2 = 0 ̅̅̅
(𝑧̅3 − 𝑧̅3 ) + (𝑧̅2 − 𝑧̅2 ) = 𝛿 𝑘
Si ha: { (1) (1) (𝑘) (𝑘)
da cui si ricava { (𝑘) (1) (𝑘) (1)
∀ 𝑘 = 2, … , 𝑛
̅̅̅
𝑧̅4 + 𝑧̅5 + 𝛿𝑘 − 𝑧̅5 − 𝑧̅4 = 0 ̅ ̅̅̅
(𝑧̅5 − 𝑧̅5 ) + (𝑧4 − 𝑧̅4 ) = 𝛿𝑘

Si hanno 4 equazioni scalari. Quindi il n° di equazioni=(n-1)*4.

Vediamo quante incognite abbiamo. Per fare questo, vediamo che:


(𝑘) (𝑘) (1)
(𝑘) (1) (1) 𝑧̅𝑗 (1) 𝑖(𝜃𝑗1 −𝜃𝑗1 )
(𝑧̅𝑗 − 𝑧̅𝑗 ) = (metto in evidenza zj(1)) = 𝑧̅𝑗 [( (1) − 1)] = 𝑧̅𝑗 [𝑒 − 1]. A questo punto,
𝑧̅𝑗
(𝑘) (1)
𝜇𝑘 = 𝜃21 − 𝜃21
(𝑘) (1)
𝜈𝑘 = 𝜃31 − 𝜃31
introduco: (𝑘) (1)
dove 𝜈𝑘 e 𝜀𝑘 sono solidali allo stesso membro (quindi sono uguali) e
𝜀𝑘 = 𝜃51 − 𝜃51
(𝑘) (1)
{𝛾𝑘 = 𝜃41 − 𝜃41
Ө51=Ө31+angolo viola.
(1) (1)
𝑧̅3 [𝑒 𝑖𝜈𝑘 − 1] + 𝑧̅2 [𝑒 𝑖𝜇𝑘 − 1] = ̅̅̅
𝛿𝑘
Posso allora riscrivere il sistema di equazioni come: { (1) (1)
𝑧̅ [𝑒 𝑖𝜀𝑘 − 1] + 𝑧̅ [𝑒 𝑖𝛾𝑘 − 1] = ̅̅̅
5 4 𝛿𝑘
(1) (1) (1) (1)
Le incognite sono allora 𝑧̅2 , 𝑧̅3 , 𝑧̅4 , 𝑧̅5 [=8 incognite scalari (perché i numeri complessi composti da due
coordinate)] e 𝜇𝑘 , 𝛾𝑘 , 𝜀𝑘 = 𝜈𝑘 [=3*(n-1)].

Per quanto riguarda la generazione di traiettoria, quanti sono i punti di precisione massimi che posso definire
sulla mia traiettoria? Per saperlo, devo uguagliare il numero di equazioni al numero di incognite:
4*(n-1)=8+3*(n-1) da cui si ricava che n=9 (punti di precisione).
Per la generazione di movimento posso sfruttare i termini introdotti prima. Nella generazione di movimento
per ogni posizione del punto, ho l’orientamento della biella. Vuol dire che le 8 incognite rimangono le stesse
però se ho un orientamento della biella, ho questa condizione: εk=νk=noto. Nella generazione di movimento
devo aggiungere che conosco la postura della biella in una posizione, e quindi conosco anche la differenza
fra gli angoli che mi individuano l’orientamento. In questo caso si hanno 8+2*(n-1) incognite totali. Nella
generazione di movimento si ha quindi: 4*(n-1)=8+2*(n-1) da cui si ricava che n=5 (posture). Le coppie
(z3(k),z2(k)) e (z4(k),z5(k)) prendono il nome di diadi.
Quindi, sapendo il numero di punti di precisione e il numero di posture, si va a determinare un quadrilatero
articolato nel quale almeno un punto di biella passi per i punti 1,2,…,k ma non in un determinato ordine.
Potrebbe passare da tutti i punti ma in ordine casuale e quindi generare una traiettoria che non è quella
desiderata anche se interseca quella data. Questo è detto problema di ordine che si risolve rinunciando al
numero massimo di punti di precisione. Quindi, ad esempio, parlando di generazione di traiettoria, ho 9 punti
assegnati ho 32 equazioni mentre se ho 8 punti di precisione, rinuncio a 4 di queste equazioni e ottengo 28
equazioni e 8+3*(8-1)=8+21=29 incognite. Si hanno ∞1 soluzioni. Questo vale anche per la generazione di
movimento. Bisogna imporre che tra i punti di precisione non ci siano delle oscillazioni strane, motivo per cui
ho bisogno di imporre che, ad esempio, la curva che viene realizzata dal
generico punto sia all’interno di una certa banda: non realizzo esattamente
la curva desiderata ma voglio garantire che l’errore (lo scostamento) dalla
curva desiderata sia all’interno di una banda. Se abbiamo rinunciato ad un
punto di precisione posso rinunciare anche a questa condizione, cioè
quando ho infinite soluzioni, impongo una banda (una curva che si avvicina Banda rossa
alla curva desiderata). Se invece voglio risolvere la generazione di funzione con il quadrilatero articolato,
posso fare lo stesso ragionamento però è un po’ diverso: prendo due monogrammi e vado a scrivere le
equazioni.
Se abbiamo a che fare con il problema di generazione di funzione, supponiamo che siano assegnati, nel nostro
quadrilatero articolato, gli angoli Ө21(1) e Ө41(1). Disegniamo il quadrilatero articolato. Supponiamo che ci sia
data una certa funzione in ci la manovella sia il membro d’ingresso, il bilanciere il membro d’uscita e ci sia
dato Ө41=f(Ө21). La funzione è continua, quindi non riesco a risolverla in modo esatto con il quadrilatero
articolato. Per ovviare a questo problema, discretizzo la funzione, cioè costruisco una tabellina:
Ө21 Ө41 Quindi Ө41(k)=f(Ө21(k)).
Ө21(1) Ө41(1) z3(1)
Ө31(1)
… …
z4(1)
Ө21(k) Ө41(k) z2(1)
Ө21(1) Ө41(1)
… …
Ө21(n) Ө41(n)

Adesso disegno il quadrilatero in posizione k-esima

Quadrilatero articolato in Quadrilatero articolato in posizione k-esima


posizione iniziale
(1) (1) (1) (𝑘) (𝑘) (𝑘)
Questa volta c’è un percorso unico: 𝑧̅2 + 𝑧̅3 − 𝑧̅4 + 𝑧̅4 − 𝑧̅3 − 𝑧̅2 = 0. I due monogrammi
individuano un percorso chiuso, quindi posso scrivere questa equazione. La riscriviamo come abbiamo fatto
(𝑘) (1) (𝑘) (1) (𝑘) (1)
prima: (𝑧̅2 − 𝑧̅2 ) + (𝑧̅3 − 𝑧̅3 ) = (𝑧̅4 − 𝑧̅4 ). Utilizzando lo stesso ragionamento di prima, possiamo
(1) (1) (1)
scrivere: 𝑧̅2 [𝑒 𝑖𝜇𝑘 − 1] + 𝑧̅3 [𝑒 𝑖𝜈𝑘 − 1] = 𝑧̅4 [𝑒 𝑖𝛾𝑘 − 1]. Adesso dobbiamo calcolare le incognite, però
ci accorgiamo di una cosa: le incognite sono z2(1), z3(1), z4(1); poi 𝜇𝑘 è noto perché Ө21 è assegnato, quindi è
assegnata anche la differenza, mentre 𝜈𝑘 è incognito e 𝛾𝑘 è noto (Ө41 è funzione di Ө21). Mi accorgo che
questo problema è omogeneo e lineare nelle z, allora se trovo una soluzione e tale soluzione la moltiplico
per una costante (in questo caso complessa) continua ad essere soluzione. Quindi ho ∞2 soluzioni. Se questo
quadrilatero soddisfa la funzione, moltiplicare le z per una costante complessa significa deformarlo, cioè
deformarlo per un fattore di scala. Il legame fra gli angoli resta uguale nonostante il quadrilatero sia in scala.
Mentre se moltiplichiamo le z per un eiӨ vuol dire ruotarlo di Ө ma il legame tra gli angoli rimane comunque
invariato.

Quindi dobbiamo trovare una soluzione e possiamo moltiplicarla per una costante complessa. Le incognite
(1) (1)
𝑧̅3 𝑧̅4
diventano: (1) 𝑒 (1) e 𝜈𝑘 . Ho diviso per z2(1) [potevo dividere per qualsiasi z] così ho trovato i rapporti tra le
𝑧̅2 𝑧̅2
z poiché so che tanto posso moltiplicare per una costante complessa, ho deciso che la costante complessa è
la z della manovella. Quindi ho 4 incognite + (n-1) incognite. Il numero totale di incognite è pari a 4+(n-1). Il
numero di equazioni invece è pari a 2*(n-1) [ho un’equazione complessa per ogni k], con k=2, …, n. A questo
punto: 2*(n-1)=4+(n-1), ottengo n=5, cioè 5 posizioni di precisione. Tutte le soluzioni che trovo possono
essere scalate e ruotate.

Teorema di Roberts

Una volta determinate le proporzioni di un quadrilatero che permetta di realizzare una data traiettoria di
biella, è sempre possibile trovare altri due quadrilateri che diano la stessa traiettoria. Ciò permette di
scegliere il meglio proporzionato tra i quadrilateri ugualmente idonei alla soluzione del problema
considerato.
Vediamo come costruirlo: disegniamo un quadrilatero articolato.

Supponiamo che il punto P realizzi la traiettoria che desideriamo. Si dimostra che per addizione di diadi non
si varia il numero di gradi di libertà di un meccanimo. Una diade è una catena cinematica aperta. Quindi le
aggiungo al quadrilatero articolato. Dal punto P traccio una retta parallela a BA e dal punto A traccio una
parallela a PB. Trovo un punto di intersezione che chiamo E (ho introdotto una diade); inoltre impongo che
PE=BA e EA=PB. Faccio la stessa cosa dall’altra parte. Traccio una parallela a CD e una parallela a PC. Individuo
il punto F (ho introdotto un’altra diade) e PF=DC e FD=PC. Adesso su PE e su PF disegno un triangolo simile al
triangolo PCB. Individuo il punto G e il punto H. Il triangolo PFH è simile al triangolo PCB così come PGE. Da
G traccio una retta parallela a PH e da H traccio una parallela a PG ed individuo un punto di intersezione che
chiamo L e si ha LH=PG e LG=PH. Siccome ho ottenuto questa costruzione aggiungendo diadi (calcolando i
gdl, mi accorgo che non variano), duranteil movimento di tutto questo sistema, il punto P continua a generare
la stessa traiettoria. Facendo l’analisi cinematica del sistema, si scopre che durante il movimento il punto L
non si muove, resta fisso. Quindi se ho una determinata condizione cinematica ed aggiugo un vincolo che
ripete quella condizione cinematica, quel vincolo è inefficace. A questo punto in L posso mettere una coppia
rotoidale fissata con il telaio. P continua a muoversi lungo la traiettoria che volevamo. Se noi apriamo le
“coppie rotoidali” in P, ottengo tre quadrilateri articolati che hanno la particolarità di avere un punto che
esegue la stessa traiettoria. Inoltre il punto L ha una caratteristica: se vado a verificare, LAD è simile al
triangolo PCB. E’ facile quindi individure la posizione di L.
03/04/2017

Per quanto riguarda la generazione di funzione, una tipica applicazione del quadrilatero articolato è la
trasformazione di un moto rotatorio continuo in uno alterno (meccanismo che controlla il movimento del
tergicristallo). E’ un caso particolare di generazione di funzione. Per poter capire come progettare un simile
dispositivo, dobbiamo parlare di punti morti o posizioni di recesso dei membri di un meccanismo. I
meccanismi con 1 grado di libertà, ad esempio un quadrilatero articolato, eseguono movimenti periodici,
cioè i membri assumono, durante il movimento della manovella, sempre la stessa sequenza di posture. La
manovella compie sempre una rotazione completa, quindi compie tutti gli orientamenti mentre gli altri
membri eseguono movimenti non completi. Per tali membri si cerca di individuare le posizioni estreme
all’interno delle quali si muovono. Queste posizioni estreme si chiamano posizioni di recesso. Per il
manovellismo di spinta, il pistone assume due posizioni estreme (posizioni di recesso); in questo caso, nel
caso di moto alterno, si preferisce parlare di punti morti (superiore ed inferiore). Il punto morto superiore è
quello più distante dall’asse di rotazione della manovella, mentre quello morto è quello più vicino.

Per il quadrilatero articolato, come individuiamo i punti morti? Questi punti estremi sono caratterizzati dal
fatto che il membro arriva in quella posizione, si ferma e poi torna indietro. Nel caso del quadrilatero
articolato, osserviamo la seguente figura:

Ө21 è l’angolo che individua l’orientamento della manovella, mentre Ө41 è l’angolo che individua
l’orientamento del membro di uscita (supponiamo essere un bilanciere). La variabile di ingresso è la w21 ≠ 0,
quindi membro 2=membro di ingresso, membro 4=membro di uscita e in termini di velocità, come
parametro di uscita, la w41. Le posizioni di recesso del membro 4 sono caratterizzate dal fatto di avere
w41=0 e w21≠0. Queste sono le condizioni cinematiche che vogliamo imporre per individuare le posizioni di
recesso del membro 4. Potrebbero esserci delle posizioni in cui w41 si annulli ma che non costituisce un
estremo del movimento. In generale, w41=0 implica una posizione di recesso. Per avere w41=0, in una
𝐶42 𝐶21
posizione che non sia di recesso, bisogna avere w21=0 perché: 𝑤41 = 𝑤21 . Il legame tra w41 e w21 è
𝐶42 𝐶41
𝐶 𝐶
quello appena descritto, in cui 𝐶42 𝐶21 corrisponde al coefficiente di velocità. Per avere w41=0 e w21≠0, l’unica
42 41
possibilità che abbiamo è che il coefficiente di velocità sia nullo. Questo implica che C42=C21. L’unica
possibilità che abbiamo per soddisfare questa condizione è quella in cui la retta solidale alla biella passi per
C21. Questo succede quando manovella e biella sono allineate. Otteniamo la configurazione in verde e
rosso. Nella configurazione in verde abbiamo 𝐶43 𝐶21 = 𝑟 + 𝐿, dove L è il segmento di biella, mentre in
quella rossa si ha 𝐶43 𝐶21 = 𝐿 − 𝑟.

Quindi, assegnata l’oscillazione del bilanciere, vogliamo determinare il quadrilatero articolato che esegue
quella oscillazione. Abbiamo troppi parametri liberi e ci permettiamo di fissarne alcuni: chiamiamo con β
l’angolo in rosso del bilanciere, e con Ө l’angolo in arancione; otteniamo un problema di questo tipo:
Problema di sintesi (caso particolare di generazione di funzione)

Assegnati β e Ө, vogliamo determinare il quadrilatero articolato. Dato che abbiamo β, possiamo fissare un
punto che chiamiamo O4=C41 del quadrilatero articolato che dobbiamo determinare. A questo punto
prendiamo un bilanciere di lunghezza unitaria: tracciamo due rette che formano l’angolo β nella posizione
che vogliamo noi. Chiamiamo con C e C’ le due posizioni estremi (sono scelti in modo tale che CO 4=C’O4=a4).
A partire da C e C’ tracciamo due rette che sono inclinate tra di loro dell’angolo β. Il punto che troviamo lo
chiamiamo O1 che vedremo essere il C21 dei nostri quadrilateri articolati. Perché lo sia, devono essere
soddisfatte le due relazioni.

𝑂1 𝐶 ′ −𝑂1 𝐶
Imponiamo che la distanza O1C=L-r. La distanza O1C’ deve essere pari ad L+r. Otteniamo che = 𝑟.
2

𝑂1 𝐶 ′ +𝑂1 𝐶
Inoltre 2
= 𝐿. Disegno la biella e vedo che ho trovato la mia configurazione: siamo riusciti ad
individuare il nostro quadrilatero articolato.

Facciamo delle osservazioni: se la velocità angolare del membro 2 è costante, le oscillazioni dei due
bilancieri avvengono in termini differenti perché la prima rotazione avviene di un angolo pari a π+Ө, quindi:
(ΔӨ21)(I)=π+Ө=w21 ta; la seconda oscillazione avviene quando la manovella esegue una rotazione pari a π-Ө e
ottengo: (ΔӨ21)(II)=π-Ө=w21 tr. L’angolo Ө mi permette di fissare un parametro, che è il rapporto fra il tempo
𝑡𝑎 𝜋+𝜃
di andata e il tempo di ritorno: = . Questo parametro è utile ad esempio nelle macchine utensili: se
𝑡𝑟 𝜋−𝜃
abbiamo una corsa di lavoro che deve essere fatta con una velocità lenta normalmente e una corsa di
riposizionamento dell’utensile che deve essere rapida altrimenti è tutto tempo perso. Inoltre, questo non è
l’unico quadrilatero articolato ottenibile. Quante possibilità sono? Sappiamo che tutti angoli della
circonferenza che sottendono lo stesso arco sono uguali. Se adesso disegniamo la circonferenza che passa
per C’, C ed O1, tutti i punti di quella circonferenza sono possibili posizioni di O1. Troviamo il punto M ed N.

̅̅̅̅̅̅′ =𝑎 sin(𝛽)
̅̅̅̅̅ =𝑀𝐶
𝑀𝐶 4 2
Abbiamo che ̅̅̅̅̅ =𝑅+𝐻𝑀= 𝐶𝑀
𝑁𝑀 𝜃 tan ⁄2

̅̅̅̅̅= 2𝑅 cos𝜃= 𝑅 cos 𝜃 =𝐶𝑁


𝐻𝑀 ̅̅̅̅
2

Vi sono archi nella circonferenza (ad esempio tra C e C’) che sono esclusi. Se consideriamo O1 nella porzione
in alto, e chiamiamo con P l’estremità del bilanciere, vediamo che la distanza O 1P è inferiore ad L-r. Quindi
non riesco fisicamente a far muovere il bilanciere in quanto la distanza L-r è la distanza fisica minima
necessaria a far muovere il bilanciere. Analogamente vale per la porzione in basso.

Al variare di Ө varia il raggio della circonferenza. Vediamo questa informazione in maniera analitica.
𝛽
𝐶𝑀 𝛽 𝑎4 sin
Abbiamo detto che: 𝐻𝑀 = 𝑅 cos 𝜃 = tan 𝜃 e ̅̅̅̅̅
𝐶𝑀 = 𝑎4 sin ( 2 ). Otteniamo che: 𝑅 cos 𝜃 = tan 𝜃
2
.

𝛽
𝑎4 sin
2
Infine, abbiamo: 𝑅 = sin 𝜃
. Quindi come vediamo, al variare di Ө varia il raggio delle circonferenze.

𝜋 𝛽
Ma l’angolo Ө ha un limite e tale Өlim= 2 + 2 . A questo punto posso calcolare e garantire tempi di andata e
di ritorno differenti.

Quali condizioni geometriche mi assicurano che nel quadrilatero articolato ho una manovella ed un
bilanciere?

Regola di Grashof

Nel caso di moto rotatorio alterno o moto rotatorio uniforme, si può dire che se la somma della lunghezza
minima più la lunghezza massima è minore della somma delle altre due lunghezze, e se il membro
adiacente al membro di lunghezza minima è il telaio, allora ho una manovella ed un bilanciere; se il
membro opposto al membro di lunghezza minima è il telaio, allora ho due bilancieri; se invece il membro di
lunghezza minima è il telaio, h due manovelle. Ho tre possibilità.

Se la condizione di Grashof (somma delle lunghezze) non è rispettata, non si avrà mai una manovella.
Perché possa essere manovella, bisogna che vengano attraversate le posizioni estreme L+r ed L-r.
Supponiamo di avere il seguente quadrilatero articolato che soddisfa la condizione di Grashof:

2 a1+a2 < a3+a4

a2 < a3 < a1

a2 < a4 < a1

Vediamo benissimo che è possibile far ruotare completamente il membro 2. Facciamo la seguente
operazione: supponiamo che il telaio sia il membro 1:

a2+a3 < a1+a2 , quindi a3 < a1. D’altra parte: a1+a2 < a3+a4 < a1+a4.

Dimostrato che se prendo a3 come telaio, è verificato che a2+a3 (telaio+manovella) < a1+a4.

Vediamo cosa succede se prendiamo il membro 2 come telaio: scelgo come membro di ingresso il membro
1, succede che il membro 4 essendo maggiore del membro 2, non fa ruotare completamente in membro 1.
Se prendo il membro 3 come telaio, ho ancora più problemi.

Adesso vediamo un caso particolare dei quadrilateri articolati: stiamo trattando la condizione limite. La
situazione limite è quella in cui a+b=c+d, cioè lunghezza minima+lunghezza massima=somma delle altre due
lunghezze. Una soluzione che realizza questa situazione particolare è il cosiddetto parallelogramma
articolato.
Parallelogramma articolato (caso limite)

E’ un particolare quadrilatero articolato in cui si hanno i lati a due a due uguali.

Abbiamo che AB=CD; AD=BC.


Siccome B e C descrivono due circonferenze
uguali, la biella rimane parallela a sé stessa e non
cambia orientamento: w31=0.

Quindi in questa struttura, si ha una traslazione della biella su una traiettoria circolare. Questo
parallelogramma articolato ha diverse applicazioni: il problema tecnico è ottenere il perfetto parallelismo
fra i membri cinematici. Per realizzare una traslazione perfetta, la soluzione è mettere più parallelogrammi
in serie (problema del tecnigrafo).

I membri 3 e 7 sono collegati tramite un parallelogramma


articolato. Il membro 6 trasla rispetto al membro 3. Inoltre,
il membro 3 è collegato al telaio tramite un
parallelogramma articolato, quindi anche 3 trasla rispetto al
membro 1. La traslazione tra 7 e 3 ha 1 gdl, la traslazione
tra 3 ed 1 ha 1 gdl: ottengo che il membro 7 trasla con 2
gdl.
Un altro modo di utilizzare il parallelogramma articolato è quello per ottenere un fattore di scala (di
similitudine) per un oggetto che devo realizzare: utilizzo il teorema di Talete per costruire questo
meccanismo (pantografo).

Il membro 5 mantiene paralleli i membri 3 e 4.


̅̅̅̅
𝐵𝐷 ̅̅̅̅𝐴𝐵 ̅̅̅̅𝐴𝐷
̅̅̅̅ = ̅̅̅̅ = ̅̅̅̅
𝐶𝐸 𝐴𝐶 𝐴𝐸
La conclusione è che il punto D ed E devono essere
allineati affinché sia rispettata questa condizione.
Questo meccanismo riesce ad imporre un fattore di
scala di riduzione, ad esempio per ottenere una
sagoma scalata.

Un’altra configurazione del parallelogramma articolato è quella che si chiama antiparallelogramma.


Quando abbiamo il meccanismo allineato, si rischia di cadere nella configurazione
dell’antiparallelogramma. Devo fare in modo di evitarlo: per evitarlo, normalmente si fanno funzionare due
parallelogrammi insieme.

Traccio la diagonale BD. Trovo il punto C’ come l’intersezione fra la


circonferenza di raggio BC e centro in B e la circonferenza di raggio DC
con centro in D; C’ è situato in maniera simmetrica a C rispetto alla
diagonale BD.
04/04/2017

Nella generazione di funzione, nel caso delle camme, abbiamo parlato di angolo di pressione. Anche nei
sistemi articolati è presente questo angolo di pressione; bisogna considerare delle specifiche statiche ed è
necessario guardare come viene trasmessa la potenza dai membri di ingresso ed uscita. Nel quadrilatero
articolato, considerando la manovella (membro 2) come membro di ingresso e il membro 4 come membro
di uscita, significa che i carichi sono sul membro 2 e sul membro 4. Avrò quindi, ad esempio, una coppia M 12
e una forza resistente Q che agisce su 4. Di conseguenza, w21 sarà in verso orario.

Come viene trasmessa la coppia M12 al membro di uscita? Viene trasmessa attraverso la biella, che è
scarica. Quindi il membro 3 trasmette una forza F34 sulla retta d’azione (quella in figura sotto).

E’ la forza F34 che contrasta


direttamente la forza Q,
perché è quella che agisce su
4. E’ stata elaborata dalla
manovella ed arriva al
membro 4 ed è una forza che
ha, facendo i diagrammi, un
determinato verso: è una

forza che va verso destra

Se volessi individuare l’angolo di pressione, cioè quell’angolo


che entra nell’espressione analitica della potenza, abbiamo
detto che è quell’angolo che va preso sul centro di istantanea
rotazione del moto relativo dei membri che si stanno
trasmettendo potenza ed è l’angolo tra la forza trasmetta e la
velocità del centro. Il centro in questo caso è il C34 (che
coincide con B). La velocità (in direzione vera) di C 34 la
individuiamo attraverso w31. Otteniamo la velocità che è
perpendicolare al segmento C31C41. L’angolo di pressione è α.
L’angolo di pressione dev’essere possibilmente piccolo e
nullo. Sul quadrilatero articolato è molto più facile fare un
altro tipo di ragionamento. Se prolungo il bilanciere, l’angolo
μ compreso tra la retta d’azione di F34 (o la biella) ed il
bilanciere stesso, è tale per cui μ+α=π/2, e μ è detto angolo
di trasmissione.
E’ molto più facile andare a ricavare quest’angolo che l’angolo di pressione.

Un’efficace trasmissione di forza nel quadrilatero articolato si ha quando l’angolo


di pressione è nullo e quindi quando l’angolo di trasmissione è prossimo a π/2.
Quindi si minimizza la forza della biella, a parità di potenza, se μ ≈ π/2.

Adesso vediamo alcune costruzioni grafiche che ci consentono di fare la sintesi del quadrilatero articolato
nella generazione di movimento. Nella generazione di movimento abbiamo visto che possiamo avere 5
posture di precisione con il problema dell’ordine. In realtà se ne ho solo 2 o solo 3 (quindi ho delle
possibilità di scelta) c’è una costruzione grafica molto facile
che si può fare e che andiamo subito a vedere: supponiamo
che ci siano assegnate le due posizioni della biella. Chiamiamo
A’, B’, A’’, B’’ i vertici. Supponiamo che A e B, come vincolo,
siano i punti in cui voglio incernierare la biella. Quindi voglio
cercare quanti quadrilateri articolati mi permettono di
muovere la biella da A’ ad A’’ e da B’ a B’’. Scelgo un qualsiasi
punto O1 ed O3 (vedremo che giacciono sugli assi dei segmenti
A’A’’ e B’B’’ (vedi spiegazione dopo)): A’ ed A’’ si troveranno su
una circonferenza con centro O1; B’ e B’’ si troveranno su una
circonferenza con centro O3. Il luogo dei punti equidistanti da
A’ e A’’ è l’asse del segmento, cioè quella retta che passa per la
mezzeria del segmento ed è perpendicolare al segmento
stesso. Dall’intersezione dai due assi troviamo O.

Se chiamo con ϒ l’angolo in figura, la variazione di orientamento


della biella è data da quest’angolo. Disegno un corpo rigido
(verde) passando per A’ e B’, questo corpo rigido è tale per cui la
distanza A’O è costante quando si muove, B’O è costante quando
si muove. Quindi posso mettere una cerniera in O (una coppia
rotoidale) e faccio ruotare questo corpo rigido verde dell’angolo
ϒ, dal momento in cui ho messo O nell’intersezione dei due assi,
il segmento A’B’ andrà a sovrapporsi esattamente al segmento
A’’B’’. Con due posture non ho bisogno di un quadrilatero
articolato, ho solo bisogno di incernierare un corpo rigido
nell’intersezione dei due assi e far ruotare di ϒ il nostro corpo rigido.

Per completare il disegno, notiamo che ϒ nella figura


precedente è anche l’angolo compreso fra i due assi dei
segmenti. In particolare, l’angolo compreso fra l’asse di
A’A’’ ed il segmento A’O è proprio ϒ/2. Adesso, facciamo
un’osservazione: se voglio un quadrilatero articolato, ogni
O1 può essere qualsiasi punto dell’asse A’A’’; idem per O3.
A questo punto ho ∞2 soluzioni: posso soddisfare un’altra
specifica. Abbiamo parlato di angoli di ingresso ed uscita di
rotazione della manovella e di rotazione del bilanciere.
Posso aggiungere come specifica (oltre al quadrilatero
articolato) che la manovella, passando da A’ a A’’, esegua
una rotazione ϕA e il bilanciere esegua una rotazione ϕB.
Se mi vengono assegnati questi due angoli, riesco ad Cerniere (coppie rotoidali) in A e B
individuare un’unica posizione: è il punto O1 (ovviamente sull’asse del segmento A’A’’) che ha la retta O1A’
che forma con l’asse un angolo esattamente pari a ϕA/2. Quindi la rotazione della manovella da A’ ad A’’
sarà esattamente ϕA. Faccio la stessa cosa con il punto B’ e B’’. Ho individuato il quadrilatero articolato che
esegue tutte le posture e rispetta le specifiche del problema. (E sparisce il corpo rigido verde, perché è
compatibile con il quadrilatero articolato solo con le due posture assegnate, mentre durante il movimento,
il meccanismo verde fa muovere A’ lungo una circonferenza di centro O e il quadrilatero articolato muove
A’ lungo una circonferenza centrata in O1).

Ora possiamo considerare il problema inverso: noto il movimento che deve eseguire il quadrilatero
articolato, cioè i dati sono: le due posture (quindi i segmenti A’B’ e A’’B’’) e alle estremità non si hanno le
cerniere, gli angoli ϕA e ϕB, i punti O1 ed O3. Come possiamo risolvere questo problema? Consideriamo il
seguente disegno:

Abbiamo che i 4 punti (A’, A’’, B’, B’’) non sono


incernierati. Se ho A’ e A’’, posso individuare
l’angolo di rotazione ϒ. Fissiamo anche O1 e O3
(non per forza sull’asse del segmento). Adesso
cerchiamo il punto O e lo troviamo come abbiamo
fatto prima. Noto che OO1 è l’asse del segmento
che mi individua la posizione della prima cerniera. La posizione della cerniera è ottenuta come intersezione
di una retta inclinata con l’asse del segmento di ϕA/2 e passa per O1 con una retta che passa per O e forma
un angolo di ϒ/2 con il segmento OO1. Individuo D’ ed è il punto dove andrò ad incernierare la manovella
(primo punto di cerniera). Facciamo lo stesso ragionamento su O3. Il segmento OO3 è l’asse del segmento
che unisce le due posizioni della cerniera sul bilanciere. Da O3 traccio una retta inclinata di ϕB/2 e da O
traccio una retta inclinata di ϒ/2. Trovo C’ ed è il punto dove andrò ad incernierare il bilanciere (posizione
della cerniera del bilanciere). Disegno il corpo rigido viola e soddisfo tutte le condizioni.
Quindi se vincolo la posizione delle
cerniere alla biella posso imporre le
cerniere al telaio.
Vediamo adesso, nella generazione di movimento, il caso delle tre posture assegnate. Ho tre posture della
biella con il solito segmento. Se devo incernierare esattamente le estremità del segmento, adesso il
problema è molto più rettilineo: in questo caso, abbiamo che per 3 punti passa una unica circonferenza; se
A’, A’’, A’’’ devono giacere su una circonferenza, il centro di quella circonferenza è una posizione ben
definita. Come troviamo il centro? Come sempre, con gli assi dei segmenti A’A’’ e A’’A’’’. Il punto di
intersezione è il punto O1, centro della circonferenza su cui giacciono A’, A’’ e A’’’. Facciamo la stessa cosa
con B’, B’’, B’’’ e troviamo O3.

A questo punto, andiamo a disegnare il nostro


quadrilatero articolato. Pongo una cerniera in O1, O3 (al
telaio) e una coppia rotoidale in A’ e B’. (Manovella e
bilanciere si incrociano: non è un grosso problema). Si
ottiene:

Qui abbiamo assegnato le posizioni di cerniera sulla biella.

Ora consideriamo il caso inverso, ovvero quando ci vengono assegnate le posizioni di cerniera al telaio: mi
vengono assegnate le 3 posture
della biella e sono fissati O1 ed O3
al telaio. Si ha:

Ho il membro 2 (A’B’). Costruisco


su A’B’ un triangolo verde
O1A’B’; su A’’B’’ costruisco il
triangolo rosso O1A’’B’’ =
O1’’’A’’B’’ ed infine su A’’’B’’’
(ultima postura della biella)
riporto sia il triangolo verde che
il triangolo rosso costruiti prima.
In questo modo trovo la
posizione di O1 ed O3 durante il
moto inverso. I vertici di quei
triangoli mi danno la posizione di
O1 vista dalla biella fissa
nell’ultima postura. La cerniera
della biella, vede O1 che esegue un arco di circonferenza, allora i punti O1’, O1’’ ed O1 giacciono su una
circonferenza avente come centro il punto in cui devo andare ad incernierare la biella. Faccio la stessa cosa
per quanto riguarda O3 e trovo l’altra posizione dell’altra cerniera sulla biella. Risolvo il problema
assegnato.
Adesso vediamo come possono essere usate le polari sia per generare la traiettoria di un punto sia per
risolvere i problemi di progetto. Consideriamo la seguente figura:

Abbiamo una polare fissa σ0 e una polare mobile σ1; abbiamo evidenziato l’arco CCOi è esattamente uguale
all’arco CC1i e le posizioni i-esime C0i e C1i sono le posizioni delle due polari che vanno a coincidere durante il
rotolamento. Come funziona la generazione di movimento con le polari? Le due polari sono: una fissa al
telaio e l’altra solidale al corpo mobile. Se voglio ricostruire la traiettoria del punto P che forma un angolo ϕi
con la normale alla polare mobile in C 1i. Dove andrà a finire il punto P quando il punto C 1i va a coincidere
con C0i? Semplicemente, siccome la distanza PC 1i è la posizione di P rispetto a C 1i ed è fissa rispetto alla
polare mobile, quando C1i va a coincidere con C0i, dobbiamo solo riportare la costruzione nella nuova
posizione: avremo una normale n0i, avremo il segmento PiC0i che forma con la normale lo stesso angolo ϕi e
la distanza C0iPi andrà a coincidere con PC1i. Quindi avremo il punto P che va a finire in Pi. In questa
posizione, il centro di istantanea rotazione è C0i e la velocità del punto Pi sarà perpendicolare alla retta C0iPi.
Quindi in Pi individuiamo sia la posizione del punto che la tangente alla traiettoria.

Quando invece siamo nel punto C, la tangente sarà normale alla retta che è perpendicolare alle due polari
che si toccano in C. Si ricostruisce tutta la traiettoria del punto a partire dal rotolamento senza
strisciamento delle due polari.

Qualche volta può essere necessario conoscere il raggio di curvatura della traiettoria in corrispondenza dei
singoli punti Pi. Esso può venire determinato qualora siano noti i raggi di curvatura delle polari in
corrispondenza dei singoli punti Ci. In tal caso, infatti, è applicabile la formula di Eulero-Savary:
1 1 1 1
𝑅1
− 𝑅 = (̅̅̅̅
𝐶𝑃
− ̅̅̅̅
𝐶𝑄
) 𝑐𝑜𝑠𝜑.
0

Supponiamo di conoscere la polare fissa e la polare mobile


σ0 e σ1, dove la polare fissa σ0 ha centro di curvatura O0 e
un raggio di curvatura R0; analogamente per la polare
mobile. Le due polari si toccano nel centro di istantanea
rotazione C. Otteniamo la figura a fianco. In blu abbiamo la
normale comune alle due polari. Mettiamoci lungo una
direzione inclinata di un certo angolo ϕ
rispetto alla normale comune e andiamo ad
individuare un punto P di cui ci interessa la
traiettoria, il centro di curvatura della
traiettoria, la velocità di P, ecc. Se C è il
centro di istantanea rotazione, la velocità di
P dovrà essere perpendicolare al segmento
CP. La traiettoria quindi non potrà essere che
tangente alla retta perpendicolare alla retta
normale. Se quella è la tangente, il centro di
curvatura sarà da qualche parte lungo la
retta inclinata di ϕ: supponiamo che il centro
di curvatura sia il punto Q. Qui si
introducono delle convenzioni di segno: in
particolare, una volta che sia stato scelto
come positivo uno dei due semipiani limitati dalla tangente comune alle due polari nel punto C, i segmenti
CO0=R0, CO1=R1, CP, CQ devono essere considerati come positivi se i punti O0, O1, P, Q cadono nel
semipiano positivo, negativi in caso contrario; cos ϕ è sempre positivo.
Con queste convenzioni di segno vale l’equazione di Eulero-Savary. In questo caso uno è positivo e l’altro
negativo.

Con riferimento all’equazione di Eulero-Savary, noi possiamo proporci di determinare una serie di cose.

Esistono punti che, pensati solidali con il corpo mobile, eseguono una traiettoria con un raggio di curvatura
infinito; tali punti sono importanti perché sappiamo che, se abbiamo la traiettoria di un punto P, la sua
𝑠̇ 2
velocità può essere scritta come 𝑣̅ = 𝑠̇ 𝜏̅, mentre la sua accelerazione può essere scritta come 𝑎̅ = 𝑠̈ 𝜏̅ + 𝜌
𝑛̅,
dove ρ è il raggio di curvatura.

Quando ρ → + ∞, si ottiene che 𝑎̅ è parallela a 𝑣̅ (solo compontente tangenziale). Questi due punti sono
chiamati punti di flesso: hanno accelerazione parallela alla velocità. Se mi metto nella retta con inclinazione
ϕ, mi chiedo: esiste un punto pensato solidale con il membro mobile che sta eseguendo un flesso nella sua
traiettoria? Basta che guardo se nell’equazione di Eulero-Savary ho un punto, ad esempio F, tale per cui
1 1 1 1 1 1
𝑅1
− 𝑅 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒 = 𝐶𝐹
̅̅̅̅
𝑐𝑜𝑠𝜑; [CQ = 0]. Il membro 𝑅1
− 𝑅 ha le dimensioni di una durezza e quindi 𝐷 ,
0 0
dove D appunto è la durezza, ed è una costante che coinvolge tutte le traiettorie dei punti del membro
mobile. Quindi ricaviamo che CF= D cos ϕ. Questa è l’equazione di una circonferenza con diametro D.

Andiamo a spiegare da dove deriva questa considerazione.

Lungo la normale alle due polari mobili, vado ad individuare un punto H distante D; da C faccio partire una
retta inclinata di ϕ: individuo il punto F sulla circonferenza e lo ottengo come D cos ϕ. Questa relazione vale
sempre. La circonferenza quindi mi da tutti i punti del corpo mobile, che quando le due polari si toccano in
C, stanno eseguendo un flesso. La circonferenza viene allora detta circonferenza dei flessi. Anche il centro
di istantanea rotazione appartiene alla circonferenza dei flessi perché la velocità è nulla e quindi parallela a
qualsiasi accelerazione. Appartiene alla circonferenza dei flessi anche il centro delle accelerazioni perché
quando l’accelerazione è nulla è sicuramente parallela a tutte le accelerazioni.
Supponiamo che il centro delle accelerazioni sia il punto K. Siccome H è un punto della circonferenza dei
flessi, la velocità del punto H è perpendicolare a CH e sarà parallela all’accelerazione.

Supponiamo che la velocità angolare w10 sia in verso orario; la velocità del punto H sarà diretta verso
destra:

La direzione di 0vH|1 è anche la direzione dell’accelerazione.

Sappiamo che l’accelerazione può formare con la retta che congiunge HK (i puoi di cui sto facendo
l’accelerazione differenza) un angolo α10. Se congiungo K con C, mi accorgo che ho ancora α10.

Quindi l’accelerazione di istantanea rotazione non può che essere lungo CH. Vediamo quanto vale:
0
aC|1= ̅̅̅̅ 2
𝐶𝐾 √𝑤̇10 + 𝑤104
. Quanto vale CK? In questo caso CK = D cos α10. Se ho w10 e 𝑤̇10 riesc a calcolare
𝑤̇
l’angolo α10 tramite: tg α10= 10⁄ 2 .
𝑤10

Se ho le polari, il centro, w10 e 𝑤̇10, riesco a calcolare α10. D’altra parte, se ho le polari ho anche D. Riesco a
calcolare CK e so collocare il punto K. Riesco a tracciare la circonferenza dei flessi.

Vediamo adesso delle applicazioni: in particolare, sono situazioni delle quali noi conosciamo i centri di
curvatura delle traiettorie.

Ad esempio, nel quadrilatero articolato, noi conosciamo i centri di


curvatura delle traiettorie di A e B (che sono O1 e O3) e il centro di
istantanea rotazione C31 (vedi figura sotto). Non conosciamo
invece la polare completamente, quindi non conosciamo com’è la
tangente alle due polari del moto. Possiamo scrivere l’equazione
di Eulero-Savary sia per quanto riguarda il punto A sia per il punto
B.
1 1 1 1
𝐴: − = (̅̅̅̅̅̅̅ − ̅̅̅̅̅̅̅̅) 𝑐𝑜𝑠 𝜑𝐴
𝑅1 𝑅0 𝐶31 𝐴 𝐶31 𝑂1
Abbiamo: { 1 1 1 1
e l’angolo
𝐵: 𝑅1
− 𝑅 = (̅̅̅̅̅̅̅
𝐶 𝐵
− ̅̅̅̅̅̅̅̅
𝐶 𝑂
) 𝑐𝑜𝑠 (𝜑𝐴 ± 𝛽)
0 31 31 1
ϕA è incognito e β è l’angolo formato fra O1A e O3B .
1 1 1
Abbiamo un sistema di due equazioni in due incognite. Le due incognite sono ϕA e il termine 𝑅 − 𝑅 = 𝐷.
1 0

Per come abbiamo costruito l’angolo ϕ in Eulero-Savary, 0 ≤ ϕ ≤ π/2. A questo punto, se volessimo
calcolare il centro di curvatura della traiettoria del punto P solidale con la biella, abbiamo già tutto:
1 1 1
𝐷
= (̅̅̅̅̅̅̅
𝐶 𝑃
− ̅̅̅̅̅̅̅
𝐶 𝑄
) cos(𝜑𝐴 ± 𝛾), dove l’angolo ϒ è l’angolo compreso fra il segmento CP e CA (noto). Posso
31 31
calcolare allora la posizione del centro di curvatura. Se assegno un centro di curvatura, ad esempio
all’infinito, posso calcolare il punto P. Se, anziché prendere come dato il punto P, prendo il centro di
curvatura, posso calcolare il punto P; in particolare posso calcolare i punti di flesso che giacciono su questa
retta C31A o C31B. Trovo i punti FA e FB.

Ho due possibilità quindi:

 se assegno il punto P, posso calcolare il centro di curvatura;


 se assegno il centro di curvatura, posso calcolare il punto che in quel momento sta eseguendo la
traiettoria lungo il centro di curvatura.

Noi siamo interessati ai punti di flesso. Quando ho individuato due punti di flesso (ad esempio F A e FB) e ho
il centro di istantanea rotazione, io ho tre punti che giacciono sulla circonferenza dei flessi. Posso tracciare
allora la circonferenza dei flessi (per tre punti passa una ed una sola circonferenza). Quando tracciamo tale
circonferenza, noi possiamo utilizzarla per risolvere dei problemi di progettazione molto semplici. Ad
esempio, uno dei problemi più comuni è il seguente:

Gru da porto

Quando abbiamo le gru si vuole portare il carico da una


posizione iniziale ad un’altra. Esse sono fatte per carichi
consistenti. Ho il parranco (braccio della gru) che solleva
l’oggetto e devo muovere il membro che ha sollevato
l’oggetto e metterlo da una posizione all’altra. Se nel tempo
di moto da una posizione all’altra, questo membro non mi
tiene l’oggetto da muovere su un piano orizzontale, i motori
che muovono il braccio devono anche vincere l’eventuale
sollevamento (o abbassamento) del carico. Nelle gru a
bandiera (nei cantieri) è automaticamente realizzato perché
il braccio è parallelo al suolo e quindi solo con la rotazione di
questo si può spostare il carico da una posizione all’altra.
Nelle gru piccole, invece, cioè fatte per carichi meno
importanti (gru da porto/da nave) sono fatte come la figura
a fianco.

La gru è praticamente un quadrilatero articolato. La struttura di base è quella in figura: membro 1=telaio e
varie cerniere. Il punto P è dove c’è il parranco che solleva il carico; lo spostamento nelle gru da porto,
generalmente, viene effettuato dalle navi alla banchina o viceversa (percorso relativamente limitato). Per
questo caso, progetto la biella nel seguente modo:

Trovo C, trovo FB (sarebbe il punto di intersezione fra la circonferenza dei flessi e


il membro BO3). Poi da C traccio la verticale al terreno e vado a trovare il punto
D (qualsiasi) ; nell’intorno di questa posizione, il punto D esegue una traiettoria
che è orizzontale. Traccio la circonferenza dei flessi passante per C, D e FB e
trovo, nell’intersezione fra questa e la retta congiungente C ed A, il punto F A.
Sapendo questo punto posso trovare O1 ed ho risolto il problema preposto con
una struttura relativamente semplice.
Il sollevamento è affidato ad un parranco, il quale è
costituito da un cavo metallico. Una volta che il carico è
sollevato, io devo muovere tutta la struttura da una
posizione all’altra. Se, nel fare questo movimento,
l’oggetto che è sospeso (che è un carico consistente) esegue un movimento verticale, il motore che esegue
questo movimento deve tenere conto di queste traslazioni.

05/04/2017 (Ing. Mucchi)

Adesso andiamo a fare lo studio della sintesi dimensionale. Per sintesi dimensionale si riferisce al definire le
dimensioni. Vi sono tre tipologia di sintesi dimensionale:

1. Generazione di movimenti;
2. Generazione di traiettorie;
3. Generazione di funzioni.

Per realizzare la generazione di traiettorie ci sono metodi analitici (dove vengono utilizzati i numeri
complessi) oppure ci sono metodi grafici. I metodi grafici oggi non sono più utilizzati ma vi sono dei libri in
cui, al variare della traiettoria, sono riportate le diverse soluzioni di meccanismo da utilizzare. Noi invece
affrontiamo sempre meccanismi attraverso i metodi analitici.

Generazione di movimenti

Sintesi dimensionali per generazione di movimenti = voglio che un membro (elemento) del meccanismo
venga ad occupare un certo numero di posizioni prestabilite (da me).
Disegno il meccanismo (un quadrilatero articolato) iniziale [meccanismo semplice]; nella realtà il
quadrilatero articolato non lo abbiamo a disposizione ma dobbiamo progettarlo.

Abbiamo:

A0A1=manovella=w (lato sinistro)

B0B1=manovella=w* (lato destro)

A1B1P1=biella

Indico tutti i vettori di destra con *.

A 1 P1 = z

B1P1 = z*

Disegno il quadrilatero nella posizione successiva j-esima qualsiasi, dopo aver effettuato una rotazione:
ovviamente, le manovelle e la biella hanno tutti la stessa dimensione.

In questo genere di problema, i dati sono generalmente:

 αj
 PjP1 = δj

Applichiamo l’equazione di chiusura, cioè andiamo a


trovare una relazione analitica che risolve il problema:

le incognite sono w, w*, z, z*, β, β*

CHIUSURA LATO SINISTRO (A0 AJ PJ P1 A1 A0)

𝑤 𝑒 𝑖𝛽𝑗 + 𝑧 𝑒 𝑖𝛼𝑗 − 𝛿𝑗 − 𝑧 − 𝑤 = 0

𝑤 (𝑒 𝑖𝛽𝑗 − 1) + 𝑧 (𝑒 𝑖𝛼𝑗 − 1) = 𝛿𝑗
Abbiamo ottenuto l’equazione di chiusura in forma standard .

E’ un’equazione vettoriale cioè due equazioni scalari (w, z e δj sono vettori). Quante equazioni abbiamo di
questo tipo? Se ipotizziamo che ci siano n posizioni stabilite, cioè j=2,…,n, si hanno allora n-1 equazioni di
tipo vettoriale: la prima (n=1) consiste in:

𝑤 × 0 + 𝑧 × 0 = 0 [soluzione banale]. Ecco perché abbiamo n-1 equazioni vettoriali.

CHIUSURA LATO DESTRO (B0 BJ PJ P1 B1 B0)



𝑤 ∗ 𝑒 𝑖𝛽𝑗 + 𝑧 ∗ 𝑒 𝑖𝛼𝑗 − 𝛿𝑗 − 𝑧 ∗ − 𝑤 ∗ = 0

𝑤 ∗ (𝑒 𝑖𝛽𝑗 − 1) + 𝑧 ∗ (𝑒 𝑖𝛼𝑗 − 1) = 𝛿𝑗

Anche qui abbiamo n-1 equazioni vettoriali.

Chiamo E=n° di equazioni scalari; I=n° di incognte scalari.


𝐸 = 2(𝑛 − 1)
Per quanto riguarda il lato sinistro: { , dove 2=w, 2=z [z e w ampiezza e fase],
𝐼 = 2 + 2 + (𝑛 − 1) = 𝑛 + 3
(n-1)=βj

Facendo: I-E = 5-n, mi accorgo che posso avere 3 casi:

 Se n=5 (cioè se vogliamo 5 posizioni prestabilite nello spazio), I-E=0 quindi I=E : ho un numero di
incognite uguale al numero di equazioni. Il sistema allora è risolvibile ed ottengo una soluzione
unica. Le soluzioni sono trascendenti perché ho i β all’esponente: avrò ex come incognita. Si risolve
non in forma chiusa ma in forma numerica in programmi come MatLab.
𝑛=6
 Se n > 5 non si risolve. Se ad esempio abbiamo: {𝐸 = 10, si ha una posizione che non viene
𝐼=9
soddisfatta mentre le altre 5 sì.
 Se n < 5 si ha I > E. Ho più incognite che equazioni. E’ il caso più frequente nella pratica
ingegneristica, SEMPRE. Si chiede alle macchine di fare 2 o 3 cose, non più di 5. Questo caso non si
risolve. Come faccio per risolverlo? Devo applicare delle scelte arbitrarie: battezzo alcune incognite
come note.
n E I n° soluzioni
2 2 5 (w,z,β2) ∞5-2 sol.
3 4 6 (w,z,β2,β3) ∞6-4 sol.
4 6 7 (w,z,β2,β3,β4) ∞7-6 sol.
5 8 8 (w,z,β2,β3,β4,β5) ∞8-8 sol.
Nel caso con n=2, ho ∞3 soluzioni. Devo allora fare 3 scelte affinchè abbia 2 incognite in 2
equazioni. le incognite sono: w, z, β2 . Scelgo β2 e z. L’unica incognita è w allora.
Nel caso con n=3 devo fare 2 scelte. Nel caso con n=4 devo fare una scelta. Nel caso con n=5
abbiamo una sola soluzione e quindi nessuna scelta arbitraria.

Vediamo un esempio: n=3; j=2,3. Dati: α2,α3,δ2,δ3. Con n=3 abbiamo visto che dobbiamo fare due scelte.
Vediamo quali scegliere.

Abbiamo:

𝑤 (𝑒 𝑖𝛽2 − 1) + 𝑧 (𝑒 𝑖𝛼2 − 1) = 𝛿2
Per il lato sinistro: {
𝑤 (𝑒 𝑖𝛽3 − 1) + 𝑧 (𝑒 𝑖𝛼3 − 1) = 𝛿3

𝑤 ∗ (𝑒 𝑖𝛽2 − 1) + 𝑧 ∗ (𝑒 𝑖𝛼2 − 1) = 𝛿2
Per il lato destro: { ∗ 𝑖𝛽∗
𝑤 (𝑒 3 − 1) + 𝑧 ∗ (𝑒 𝑖𝛼3 − 1) = 𝛿3

Dobbiamo fare due scelte per il lato sinistro e due per il lato destro: scelgo β 2,β2*,β3,β3* come scelte
arbitrarie in base all’esperienza. Conviene scegliere queste perché abbiamo tali parametri agli esponenti. Se
avessi scelto w e z avrei avuto soluzioni trascendenti (complicate).

Un problema di questo tipo si risolve riconducendosi a: AX=B (sistema più semplice che esista)

Scrivo:
𝛿 𝑎 𝑏) 𝑤
a=𝑒 𝑖𝛽2 − 1 B={ 2 } A_SX=( X_SX={ }
𝛿3 𝑐 𝑑 𝑧

b=𝑒 𝑖𝛼2 − 1

𝑎 𝑏 ) {𝑤} {𝛿2 }
c=𝑒 𝑖𝛽3 − 1 Otteniamo: ( = . Le uniche incognite sono proprio w e z.
𝑐 𝑑 𝑧 𝛿3

d=𝑒 𝑖𝛼3 − 1 In MatLab si risolve facendo A\B.

Generazione di traiettorie

Si vuole progettare un quadrilatero articolato affinchè segua una traiettoria prestabilita. Vi sono due
possibilità:

 Se la traiettoria nera è quella prestabilita: si chiede al meccanismo


(quadrilatero articolato) di passare in alcuni punti di precisione di
tale traiettoria; è chiaro che la traiettora del meccanismo che ho
progettato può essere diversa rispetto a quella nera (traiettoria
verde) senza fare una traiettoria troppo complessa, l’importante è
che passi attraverso quei punti di precisione.
 Abbiamo la traiettoria desiderata e progetto il meccanismo in modo
tale che la traiettoria effettiva sia nell’intorno di quella desiderata con
una certa tolleranza (più e meno). Tolleranza in blu, traiettoria
desiderata in rosso.

Per risolvere questo problema, consideriamo


come sempre il nostro quadrilatero articolato:

I dati in questo tipo di problema sono


leggermente diversi dal caso anteriore; in
questo caso, infatti, i dati sono:

 δj
 βj
 traiettoria assegnata
Questo problema lo risolviamo costruendo la tabella identica a quella di prima:

n E I n° soluzioni
2 2 5 (w,z,α2) ∞5-2 sol.
3 4 6 (w,z,α2,α3) ∞6-4 sol.
4 6 7 (w,z,α2,α3,α4) ∞7-6 sol.
5 8 8 (w,z,α2,α3,α4,α5) ∞8-8 sol.
Ad esempio, se n=3: abbiamo j=2,3.

Per quanto riguarda il lato sinistro: devo fare due scelte arbitrarie: scelgo ovviamente α 2,α3 così ho come
𝑤 (𝑒 𝑖𝛽2 − 1) + 𝑧 (𝑒 𝑖𝛼2 − 1) = 𝛿2
incognite w e z e mi riconduco al caso precedente. Quindi: { , uniche
𝑤 (𝑒 𝑖𝛽3 − 1) + 𝑧 (𝑒 𝑖𝛼3 − 1) = 𝛿3
incognite w e z.

Per quanto riguarda il lato destro: devo fare due scelte arbitrarie: scelgo ovviamente β 2*,β3* così ho come

𝑤 ∗ (𝑒 𝑖𝛽2 − 1) + 𝑧 ∗ (𝑒 𝑖𝛼2 − 1) = 𝛿2
incognite ancora una volta w* e z* (sapendo αj da prima). Ho quindi: { ∗ 𝑖𝛽∗ .
𝑤 (𝑒 3 − 1) + 𝑧 ∗ (𝑒 𝑖𝛼3 − 1) = 𝛿3

Generazione di funzioni

In questo caso, si vuole stabilire un legame funzionale fra due membri: uno chiamato di ingresso ed uno
chiamato di uscita. Disegno a questo punto un quadrilatero articolato nella posizione iniziale:

Il segmento A1B1 ruota di una certa quantità che, per ragioni di convenzione, chiamiamo α j. Abbiamo
quindi: AJBJ = A1B1 eiαj. Inoltre, il segmento A0B0 lo posso vedere come somma di due termini:
𝑤 + 𝐴1 𝐵1 − 𝑤 ∗ ∗
̅̅̅̅̅̅̅
𝐴0 𝐵0 = { . Uguagliando: 𝑤 (𝑒 𝑖𝛽𝑗 − 1) + 𝐴1 𝐵1 (𝑒 𝑖𝛼𝑗 − 1) = 𝑤 ∗ (𝑒 𝑖𝛽𝑗 − 1)
𝑖𝛽𝑗 𝑖𝛼𝑗 ∗ 𝑖𝛽𝑗 ∗
𝑤𝑒 + 𝐴1 𝐵1 𝑒 −𝑤 𝑒

Vediamo che il termine a destra dell’uguaglianza equivale al δj visto nei casi precedenti.

In questa equazioni, si hanno 2(n-1) equazioni scalari. Per quanto riguarda le incognite, sono: 2+2+2+(n-1),
dove 2= w, 2=A1B1, 2=w*, (n-1)=αj. In questo genere di problema, i dati sono: βj e βj* (angolo di ingresso ed
uscita). Abbiamo quindi: E=2(n-1); I=n+5. Facendo: I-E=7-n.

Se ad esempio, n=3: abbiamo E=4, I=8. Le 8 incognite sono: w (=2), w*(=2), A1B1(=2), α2, α3. Un sistema con
4 equazioni e 8 incognite non si risolve.

Dobbiamo allora fare 4 scelte arbitrarie: α2, α3, w*. Con queste equazioni viene molto comodo risolvere il
sistema perché, da un lato, non diventa trascendente, mentre dall’altro abbiamo il termine a destra
completamente noto. Ci siamo ricondotti al problema precedente: AX=B.

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