You are on page 1of 5

Trasformiamo la giornata del 29

settembre in un giorno di scioperi


e occupazioni di fabbriche
(24 Settembre 2010)

Appello del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale ai


lavoratori europei in lotta il 29 settembre 2010 contro le conseguenze della crisi
capitalistica e l’azione dei governi, del padronato e dell’Unione Europea

Il mondo sta vivendo la più grave crisi economica e sociale perlomeno dagli anni
’30 del secolo scorso. Le affermazioni sulla ripresa, in particolare in Europa,
stanno rivelando quello che valgono per i lavoratori. Nuove misure di austerità,
con tagli drastici al salario, al cosiddetto “stato sociale” e alle pensioni, vere e
proprie controriforme strutturali, vengono portate avanti da tutti i governi, di
destra, centrosinistra o “socialisti”. Le misure di intervento statale servono solo a
cercare di salvare i banchieri e le loro banche, la cui crisi è lungi dall’essere
risolta. I costi li pagano appunto i lavoratori.
Ed oggi l’Europa – in primo luogo i paesi più crisi come la Grecia, ma non solo
loro- sotto sottoposti al controllo e alle decisioni economiche di tre istituzioni
reazionarie: il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea e la Banca
Centrale Europea.

Il padronato sta utilizzando la crisi per mettere in questione acquisizioni


decennali della classe operaia. Attacca in particolare i contratti collettivi. Vuole
smantellarli, facendone al massimo dei riferimenti minimali e sempre derogabili,
sostituendoli nei fatti con una contrattazione individuale, ovviamente a perdere
per i lavoratori, mediata eventualmente da sindacati di comodo.
Dopo lo sviluppo della precarizzazione di massa negli ultimi due decenni è il
secondo grande attacco alla forza strutturale della classe operaia europea. E nel
contempo prosegue il processo di deindustrializzazione del continente europeo,
con le delocalizzazioni continue alla ricerca del miglior profitto, basato sul
supersfruttamento della classe operaia dei paesi dei continenti economicamente
più arretrati. L’esempio della FIAT italiana che ricatta i lavoratori proponendogli
una scelta suicida tra la chiusura delle fabbriche e la rinuncia a fondamentali
diritti contrattuali e legislativi in nome di un incerto futuro di lavoro
supersfruttato, è emblematico. Quello che è in gioco oggi è quindi il destino
nostro e dei nostri figli.

In questo quadro le direzioni di sindacati europei, la CES e le sue organizzazioni


aderenti (ad eccezione di CISL e UIL italiane, ormai divenute un puro strumento
dell’offensiva padronale)vi hanno oggi chiamato a questa giornata d’azione. Il
Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale vi aderisce
pienamente con tutte le sue sezioni nazionali e i suoi militanti. Ma è forza
constatare che certo questa non è la risposta adeguata e sufficiente all’attacco
che subiscono i lavoratori di tutta Europa.

Le direzioni sindacali, dopo aver accettato o addirittura contribuito a portare


avanti l’offensiva capitalistica contro i diritti dei lavoratori nei decenni passati, si
sono trovate assolutamente impreparate a dare qualsiasi risposta seria di fronte
al salto di qualità della crisi. Cercano di far sì che “passi la nottata”, sperando in
una impossibile riproposizione di un quadro di collaborazione di classe in termini
normali (se possono considerarsi normali i tempi di una crisi sociale, che, con alti
e bassi, si sviluppa da 35 anni). Per ciò convocano (salvo quelli che si trasformano
in puri agenti diretti delle esigenze del capitali e dei governi reazionari come
appunto la CISL e la UIL in Italia) delle iniziative di protesta, ma senza una
continuità di azione, senza un vero programma di obbiettivi, senza unificare le
singole lotte di resistenza. Ciò in primo luogo contro le crisi di fabbrica, che
hanno visto momenti di resistenza radicali, in particolare in Francia e in Italia,
ma che hanno portato o a delle sconfitte o a dei risultati modesti, appunto perché
isolate una dall’altra dalle burocrazie dirigenti dei sindacati.
L’esempio più chiaro dell’azione rinunciataria dei gruppi dirigenti burocratici è
ben esemplificato dalla situazione dove la reazione della classe operaia e dei
lavoratori in generale alla crisi e all’offensiva capitalista è stata più radicale, cioè
in Grecia. Lì le direzioni sindacali di GSEE e ADEDY hanno proclamato una serie
di scioperi generali che, nella giornata del 5 maggio, hanno visto ad Atene un
manifestazione grandiosa che è culminata nel tentato assalto al parlamento. Ma,
coscientemente, non hanno dato alcuna continuità al movimento e , appena lo
hanno ritenuto possibile, hanno ceduto alle richieste di governo e padronato
firmando un patto di capitolazione salariale e normativa.
Alcuni settori di sinistra delle direzioni sindacali hanno tenuto una posizione più
radicale rispetto alla difesa delle acquisizioni del passato. E’ stato questo il caso
in Italia del sindacato dei metallurgici e meccanici, la FIOM, che, in contrasto non
solo con i sindacati padronali CISL e UIL, ma anche con la propria
confederazione, la CGIL, si oppone oggi alla Fiat e al suo Amministratore delegato
Marchionne.

Ciò ha creato un caso politico-sociale nello scenario italiano, in cui governo e


padronato individuano nell’ “estremismo” della FIOM l’ostacolo per “corrette
relazioni sindacali” con la CGIL e per la realizzazione delle “necessarie riforme”,
cioè lo smantellamento dei contratti collettivi.

Eppure questi stessi settori non sono in grado ad oggi di offrire altro che una
resistenza passiva, senza una reale prospettiva che sia capace di porre le
condizioni, non di testimoniare e resistere, ma di battere il capitale e i suoi
rappresentanti. Ciò che si è manifestato nella passività della stessa FIOM di
fronte alla crisi mondiale e alla sue conseguenze sui lavoratori, durante più di tre
anni, e il mancato appello alla lotta radicale e alla occupazione delle aziende FIAT
(a partire da quelle di cui si ipotizzava chiusura o ristrutturazione) al momento
della presentazione del piano di Marchionne alla fine dello scorso anno.
La risposta che la classe operaia e i lavoratori devono dare deve essere
proporzionata al livello della crisi e dell’offensiva del capitale, altrimenti ci sarà
una nuova sconfitta.

Ma per questo è necessario nuove forme di lotta, un nuova programma di


obbiettivi e anche, di fronte al tradimento dei partiti di sinistra e al totale
fallimento delle direzioni sindacali, di una nuova direzione sia sindacale che
politica.

Il Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale fa appello ai


lavoratori e alla loro avanguardia perché prenda coscienza dei problemi
fondamentali che la nostra classe ha oggi di fronte e che pertanto lotti con noi per
la loro soluzione a positivo, organizzandosi sul terreno sia sindacale che politico a
questo fine.

Il programma necessario per la classe operaia e l’insieme dei lavoratori non può
quindi che partire da una contrapposizione frontale al capitale e ai suoi interessi.
Il primo obbiettivo deve essere il non pagamento del debito pubblico
La stragrande maggioranza di tale debito è nei confronti delle grandi banche, che
in tutti questi anni hanno speculato e si sono arricchite a spese dei lavoratori.
Che paghino e soffrano finalmente i banchieri usurai.
Ma non basta, non è possibile sviluppare una politica a favore della classe
operaia senza togliere le leve finanziarie dalle mani di tali banchieri usurai. Per
questo è necessario l’esproprio senza indennizzo delle banche e la loro fusione,
sotto controllo dei lavoratori, in una unica banca di stato.
Contro gli obbiettivi padronali di ristrutturazione e riduzione della forza lavoro è
necessario porre senza paure la rivendicazione dell’esproprio senza indennizzo e
sotto controllo dei lavoratori delle aziende che licenziano, ristrutturano la
produzione, delocalizzano, perché nemmeno un posto di lavoro deve andare
perduto.

Per questo è necessario rivendicare il blocco dei licenziamenti e, in aggiunta, la


riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, fino al riassorbimento della
disoccupazione.

Poiché in ogni modo ci troviamo di fronte ad una disoccupazione massiccia e


l’essere disoccupato è, per chiunque cerchi lavoro, un prodotto del capitalismo
funzionale ai suoi interessi, dobbiamo rivendicare un salario garantito ai
disoccupati pari al loro precedente salario contrattuale fino a che non ritrovino
un posto di lavoro equivalente a quello perso, esteso anche ai giovani in cerca di
prima occupazione.

Se i decenni passati hanno visto lo sviluppo senza precedenti del lavoro flessibile
e precario, che è servito solo a salvaguardare i profitti, la rivendicazione da
avanzare è quella della abolizione dei contratti precari e atipici, con la loro
trasformazione immediata in contratti a tempo pieno e indeterminato
I salari dei lavoratori sono stati ridotti in cento modi, in maniera diretta e
indiretta da decenni, per questo dobbiamo rivendicare un pieno recupero
salariale e la detassazione di salari e stipendi.
Contro il processo di distruzione del sistema pensionistico pubblico dobbiamo
rivendicare pensioni non inferiori ad almeno l’80% dell’ultimo salario, indicizzate
all’inflazione reale, con diritto al pensionamento a 60 anni o dopo 30/35 anni di
lavoro.

Di fronte alla crisi e alle sue conseguenze disastrose per lo “stato sociale”,
l’ambiente e servizi rivendichiamo grandi piani di opere pubbliche (case, scuole,
ospedali, risanamento ambientale e artistico) ecologicamente sostenibili e
finanziati dall’aumento massiccio delle tasse su profitti, rendite e grandi
patrimoni.

Contro l’attacco ai contratti dobbiamo rivendicare la loro rigidità e universalità, la


piena democrazia sindacale con l’elezione delle delegazioni trattanti su
piattaforme approvate a maggioranza da assemblee di delegati di base, ratificate
con referendum dei lavoratori, così come gli accordi raggiunti.
Per lottare per un piano di obbiettivi come questo è però necessario cambiare
totalmente le modalità di lotta rispetto a quelle portate avanti fino ad oggi nel
quadro della direzione burocratica.

E’ quindi necessario che si realizzino in ogni paese assemblee nazionali di delegati


di base per approvare la piattaforma di lotta per il lancio di una vertenza
generale, che abbia nello sciopero prolungato lo strumento della propria azione
per piegare padroni e governo.

Mentre rispetto alle chiusure o ristrutturazioni aziendali con licenziamento si


deve passare all’ occupazione delle aziende e tali lotte devono essere coordinate
nazionalmente, indipendentemente da motivazioni, località, dimensioni o settore
produttivo.

Tutto ciò pone però il problema generale. Non è possibile portare avanti fino in
fondo questa battaglia per la difesa degli interessi della classe senza mettere in
questione la struttura di fondo del dominio capitalistico nel continente europeo,
cioè il potere borghese che domina strutturalmente i singoli stati e il suo
strumento sovranazionale , l’ Unione Europea.

Queste strutture non sono riformabili. Chi parla, nella sinistra, di


“democratizzazione” dell’Unione Europea , di Europa “sociale” o dei “popoli” ,
inganna i lavoratori. Bisogna contrapporre potere a potere.
Al potere dei banchieri e dei capitalisti bisogna contrapporre quello dei lavoratori.

Per governi dei lavoratori in ogni paese d’Europa.

Per la distruzione dell’Unione Europea del capitale.

Sono gli Stati Uniti Socialisti d’Europa la unica risposta valida per i lavoratori.

Il Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale lotta per questa


prospettiva e invita i lavoratori e in primo luogo la loro avanguardia ad unirsi per
essa, la sola e unica alternativa progressiva al capitalismo e alla sua crisi.

Partito Comunista dei Lavoratori sezione italiana Coordinamento per la


Rifondazione della Quarta Internazionale

You might also like