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L’origine delle locuzioni verbali con ‘bd in siriaco*

Claudia A. Ciancaglini
Roma

1. Aoristi greci con ‘bd in siriaco

In siriaco esiste un costrutto verbale composto da un infinito aoristo sigmatico greco


seguito da forme del verbo ‘bd “fare”, per esempio qyndwnys’ ‘bd /qindunīsē ‘baḏ/
“essere in pericolo”, da gr. κινδυνεῦσαι; pys’ ‘bd /pīsē ‘baḏ/ “persuadere”, da gr.
πεῖσαι.1 Tale costrutto è stato notato da Schall (1960: 248) e da Brock (1984: IV,
88), secondo il quale si tratterebbe di un’innovazione tarda del siriaco, attestata a
partire dal VI secolo e divenuta comune solo tra la fine del VI e l’inizio del VII, so-
prattutto nei testi siriaci tradotti dal greco.
Qualcosa di simile era stato affermato in precedenza da Nöldeke (1890: 24), il
quale, ai fini della datazione di una breve biografia di Alessandro Magno contenuta
negli Analecta Syriaca pubblicati da Lagarde (AS 205, 29 e 206, 7), aveva osservato
che la presenza nel testo del costrutto pys’ ‘bd “persuadere”, insieme a una resa par-
ticolarmente accurata delle vocali nei nomi propri greci, contribuiva a collocare il te-
sto in ambito monofisita, dato che i nessi di infiniti aoristi greci seguiti da ‘bd o da
hw’ rappresenterebbero un uso siro-occidentale, non attestato nei più antichi testi si-
ro-orientali. Brock, cit., si spinge però a un’ipotesi più precisa circa la genesi di tali
costrutti: la costruzione sarebbe calcata sul copto, dove l’adattamento morfologico
dei verbi greci si effettua con il prefisso causativo (ε)ρ- (letteralmente “fare”) ag-
giunto all’infinito aoristo del verbo greco; Brock conclude quindi che tale costruzio-
ne dovrebbe aver avuto origine negli ambienti monastici, dove il contatto tra Siria ed
Egitto era spesso molto stretto nel VI secolo.
Per inciso, si noti che le cursorie affermazioni sopra menzionate rappresentano
quasi tutto quanto la letteratura scientifica offra sull’argomento.
*
È per me un grande piacere e un vero onore partecipare con il presente contributo alla miscella-
nea in onore del Professor Pennacchietti, illustre semitista e autore, tra l’altro, di fondamentali
contributi sull’evoluzione del sistema verbale medio e neoaramaico e sui contatti tra siriaco e
lingue iraniche. Colgo l’occasione per esprimere al festeggiato i miei migliori auguri e la più
sentita riconoscenza per avermi incoraggiato nello studio del siriaco.
1
Altri esempi: psws’ ‘bd “scavare un fosso”, da gr. φοσσεῦσαι; pwsywlwgys’ ‘bd “studiare la
natura”, da gr. φυσιολογῆσαι; pryhdws’ ‘bd “andare intorno”, da gr. περιοδεῦσαι; swndys’,
swnhdys’ ‘bd “congiungere (in senso astronomico)”, da gr. συνοδεῖσαι; swntrwnys’ ‘bd “met-
tere sul trono”, da gr. συνθρονίσαι; ’nṭrps’ ‘bd “rivolgere, distruggere”, da gr. ἀνατροπῆ-
σαι; swn’lks’ ‘bd “commerciare”, da gr. συναλλάξαι; etc.
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A mio avviso, l’ipotesi avanzata da Brock è insufficiente per vari motivi. Il pri-
mo è di ordine generale. L’ipotesi di un calco morfologico tra lingue genealogica-
mente e tipologicamente molto diverse è sempre da valutare con cautela: la morfolo-
gia è un subsistema coeso, altamente strutturato e quindi relativamente resistente agli
influssi alloglotti,2 caratteristiche per le quali la morfologia ha costituito, da Bopp in
poi, uno dei campi privilegiati per l’applicazione del metodo comparativo-ricostrutti-
vo e per l’individuazione scientifica dei rapporti genealogici tra lingue. Benché Tho-
mason e Kaufman (1988: 35 e passim) abbiano opportunamente sottolineato che
l’esito di un contatto linguistico dipende dalla storia sociolinguistica dei parlanti, e
non dal tipo strutturale della lingua che parlano, anche nella prospettiva moderna
proposta dai due studiosi viene riaffermato il fatto che, in una situazione di prestito
(ossia nel caso in cui una lingua viene influenzata da un altra, ma non viene abban-
donata),3 il prestito morfologico può manifestarsi solo in determinate condizioni so-
cioculturali ed è soggetto a una serie di restrizioni strutturali, molte delle quali erano
già state individuate da Sapir, Jakobson, Weinreich e altri. Le principali condizioni
socioculturali sono che le due lingue devono essere state in contatto per un periodo
prolungato; la lingua modello deve aver esercitato una forte e duratura pressione cul-
turale, caratterizzandosi come lingua di prestigio; infine, vi deve essere un ampio
gruppo di individui bilingui. Tra le restrizioni strutturali più importanti vi sono le se-
guenti: il prestito morfologico è sempre preceduto da un abbondante numero di pre-
stiti lessicali e non è un caso isolato, ma fa parte di un certo numero di altri prestiti e
calchi morfologici;4 le strutture delle due lingue devono essere almeno in parte con-
gruenti;5 sono favoriti i prestiti morfologici che producono strutture più semplici e

2
Per tale motivo i linguisti storici e gli strutturalisti di ascendenza praghese sono stati general-
mente poco inclini ad ammettere la possibilità del prestito morfologico: cfr., ad esempio, Meil-
let (1921: 82); Jakobson (1962 [1938]: 241), ispirandosi al concetto di deriva di Sapir (1921:
200), afferma che una lingua accoglierebbe elementi strutturali stranieri solo quando essi corri-
spondono alle sue tendenze di sviluppo. Thomason-Kaufman (1988: 17) considerano però cir-
colare l’affermazione di Jakobson. Anche Weinreich (1953: § 2.3) ritiene che la lingua presenti
una complessa resistenza all’interferenza morfologica. L’opinione contraria è stata espressa da
Schuchardt (1928: 195), secondo il quale neppure le desinenze flessionali sarebbero impermea-
bili agli influssi alloglotti.
3
I due studiosi oppongono il prestito (borrowing) all’interferenza di sostrato (substratum interfe-
rence). Mentre nel primo caso la lingua si mantiene, pur subendo l’influsso di un’altra, l’inter-
ferenza di sostrato si manifesta nel corso di una sostituzione di lingua e si deve all’appren-
dimento imperfetto della lingua che va imponendosi da parte dei parlanti della lingua che sta
per scomparire. Nell’interferenza di sostrato i prestiti strutturali sono molto più frequenti, non
sono necessariamente preceduti da prestiti lessicali, e possono rivoluzionare la morfologia della
lingua ricevente, fino agli esiti estremi della creolizzazione o dell’estinzione di essa. Cfr. Tho-
mason-Kaufman (1988: 37 ss.).
4
Si vedano i cinque gradi della scala di progressiva intensità dei fenomeni di prestito, elaborata
da Thomason-Kaufman (1988: 74-76).
5
Cfr. Weinreich (1953: 33): “It stands very much to reason that the transfer of morphemes is fa-
cilitated between highly congruent structures”.
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meno marcate;6 la lingua che effettua il prestito deve avere già la funzione corri-
spondente al tratto morfologico che viene mutuato.7
Sembra quindi assai improbabile che il siriaco possa aver mutuato dal copto la
locuzione formata da un aoristo greco e dal verbo ‘bd, dato che il contatto tra siriaco
e copto non risponde ad alcuno dei requisiti culturali e strutturali sopra esposti.
Anticipo subito che le uniche lingue che soddisfino tali requisiti sono il greco e
le lingue iraniche, con le quali il siriaco è stato in contatto per molto tempo e dalle
quali ha subito numerosi influssi. In questo caso, però, il greco può essere subito e-
scluso, non avendo mai sviluppato un costrutto analogo; di conseguenza, la mia ipo-
tesi è che il modello di questo calco morfologico debba essere cercato nelle lingue
iraniche.
Ma, prima di argomentare la mia ipotesi, conviene illustrare altri motivi più spe-
cifici per i quali mi sembra che la tesi dell’origine copta, sostenuta da Brock, non sia
convincente. Innanzitutto, vi è l’aspetto cronologico. È vero che la costruzione sem-
bra imporsi solo a partire dal VI secolo, e in alcuni casi questi costrutti sembrano a-
ver sostituito costrutti analitici: per esempio, pys’ ‘bd “persuadere” è attestato nella
revisione di Filosseno di Mabbug (VI sec.) della traduzione dal greco di Matteo 27,
20, mentre la versione precedente nello stesso luogo aveva la forma sintetica ’pys
/’apīs/ “persuadere” (vd. LS 567a).8 Tuttavia, esistono attestazioni del costrutto an-
che prima del VI secolo; per esempio, plyrwpwrys’ ‘bd /pleroporīsē ‘baḏ/ “assicura-
re, rendere certo” (da gr. πληροφορῆσαι) è attestato già in Ephrem Siro, quindi nel
IV secolo. Vari altri casi si incontrano negli Atti dei Martiri, per esempio ‘gwnys’
‘bd /’aġonisē ‘baḏ/ “combattere”, da gr. ἀγωνίσαι.

2. La funzione del costrutto con ‘bd

Per individuare più correttamente l’origine della locuzione formata da un aoristo gre-
co e dal verbo ‘bd occorre precisarne la funzione. In effetti, sembra evidente che si
tratti di un espediente atto a produrre verbi denominali, funzione generalmente assol-
ta nelle lingue semitiche dalla coniugazione pa‘‘el, sia nel caso di denominali creati
a partire da radici semitiche, sia nel caso di denominali derivati da nomi o verbi presi
in prestito da altre lingue.9 Ciò vale anche per il siriaco, dove i denominativi pa‘‘el
6
Cfr. Weinreich (1953: 41); Thomason-Kaufman (1988: 18).
7
Cfr. Weinreich (1953: 33): “A highly bound morpheme is so dependent on its grammatical
function [...] that it is useless in an alien system unless there is a ready function for it”.
8
Questa forma è molto discussa: Brock (1984: IV, 88 e n. 45) ritiene che potrebbe trattarsi di un
prestito diretto da gr. πεῖσαι: in tal caso sarebbe una delle poche eccezioni di prestiti del siria-
co direttamente da verbi: vd. oltre.
9
Secondo l’opinione corrente i prestiti da verbi sarebbero in generale piuttosto rari; Brock (1984:
IV, 87) ribadisce questa tesi riguardo alle lingue semitiche, che sarebbero particolarmente restie
al prestito di verbi per motivi strutturali. In realtà, ha ragione Weinreich (1953: § 2.32, 36 ss.)
nell’obiettare che il minor numero di prestiti verbali dipende più da ragioni culturali e semanti-
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derivati da nomi greci sono stati studiati da Brock (1984: IV, 87 s.): si vedano, ad
esempio, sir. /zawweġ/ “congiungere” < sir. /zawgā/ < gr. ζεῦγος; sir. /qaṭreġ/ “con-
dannare” < gr. κατήγωρ (forma tarda corrispondente al gr. classico κατήγορος); e
i denominativi tardi, attestati a partire dal V-VI sec., sir. /qatres/ “rimuovere, abroga-
re” < sir. /qaṯarasīs/ < gr. καθαίρεσις; sir. /palsep/ “filosofare” < sir. /pilosopā/ <
gr. φιλόσοφος; etc.10
La questione centrale, a mio parere, è che in tali costrutti l’infinito aoristo greco
non funziona come un verbo, ma come un tema lessicale privo di caratteristiche
morfologiche individuanti, che viene trasformato in verbo tramite l’aggiunta del ver-
bo “fare”, che si comporta come un morfema derivativo. Questi infiniti aoristi greci
sono elementi di prestito che, in quanto tali, nella morfologia della lingua ricevente
non possono continuare ad avere la stessa funzione verbale. Si noti, tra l’altro, che
tali aoristi sono quasi esclusivamente gli aoristi sigmatici in -σαι, la forma più rico-
noscibile di infinito attivo greco; la parte finale è resa con un aleph vocalizzato come
-ē, che verosimilmente rappresenta la pronuncia tarda di gr. -αι11.
Una volta affermatosi in siriaco, questo costrutto sviluppa anche una forma pas-
siva che è composta dall’infinito aoristo attivo greco seguito dalla forma enclitica
del verbo di esistenza, (h)wā: cf., ad esempio, attivo ’ṭwmwlwgys’ ‘bd (attivo, da gr.
ἐτυμολογῆσαι) versus passivo ’ṭwmwlwgys’ (h)w’; attivo plyrwpwrys’ ‘bd versus
plyrwpwrys’ (h)w’; etc. Il fatto che l’infinito greco non sia più percepito come una
forma verbale, ma solo come un sostantivo, è provato anche dal fatto che talora sono
attestati infiniti aoristi passivi greci che vengono resi di nuovo passivi, attraverso un
processo di ipercaratterizzazione, tramite l’aggiunta di (h)wā: si veda, ad esempio,
plyrwpwrytyn’ (h)w’ “persuasum habebat”, da gr. πληροφορηθῆναι.
Ad ulteriore conferma che in tali costrutti l’infinito aoristo greco è trattato come
una qualsiasi base lessicale, e non come un verbo, si possono osservare casi di alter-
nanza in cui al posto dell’infinito aoristo greco compare il sostantivo greco corradi-
cale: per esempio, accanto a pys’ ‘bd “persuadere” è attestato, nello stesso significa-
to, pysyn ‘bd /pīsin ‘baḏ/, da gr. πεῖσιν (in Giovanni di Efeso, VI sec.); accanto a
swnqrṭys’ ‘bd /sunqrāṭīsē ‘baḏ/ “mettere insieme, unire”, da gr. συγκροτῆσαι,
sempre in Giovanni di Efeso e sempre con lo stesso significato, è attestato anche
swnqrṭsys ‘bd /sunqrāṭīsis ‘baḏ/, da gr. συγκρότησις. Altri casi di forme sostantiva-
li greche che formano con /‘baḏ/ un costrutto lessicalizzato non sono infrequenti: si

che (necessità di nominare oggetti e concetti nuovi) che non da cause morfologiche e strutturali.
In effetti, ogni lingua il cui sistema verbale è flessionale possiede dei suffissi derivativi, o altri
espedienti morfologici, atti a creare nuove radici verbali a partire da prestiti nominali o verbali:
cfr., ad esempio, i suffissi tedesco -ieren, russo -irovat’, greco moderno -adzi, inglese -ize.
10
Si veda anche sir. /nawweġ/ “naufragare” < /nuwāġā/ “naufragio” < Gr. ναυαγεῖν (Nöldeke
1898: § 117).
11
Più raramente il costrutto presenta l’adattamento di un infinito aoristo passivo, per esempio
plyrwpwrytyn’ ‘bd “convincersi”, da gr. πληροφορηθῆναι, o di un infinito aoristo medio, per
esempio pwsyst’ ‘bd “formare”, da gr. ποιήσασθαι; qṭtst’ ‘bd “deporre, denunciare”, da gr.
καταθέσθαι; si tratta comunque di aoristi regolari uscenti in -αι, adattati come -ē.
L’origine delle locuzioni verbali con ‘bd in siriaco 179

veda ancora, per esempio, ‘gnwmyn ‘bd “passare in rassegna”, da gr. ἀναγνωμήν
(am 5, 536u; 537, 7); qtrsys ‘bd “deporre, rimuovere da un ufficio”, da gr. καθαί-
ρεσις (AS 1, 20, 6), che alterna con qtrys’, q’tyrys’ ‘bd “id.”, da gr. καθαιρέσαι.
Un altro motivo per ritenere che nei costrutti considerati da Brock l’infinito aori-
sto greco sia trattato semplicemente come un sostantivo consiste nel fatto che talvol-
ta le stesse forme, seppure con piccole variazioni di vocalizzazione, sono usate ap-
punto come semplici sostantivi: per esempio, a fianco del costrutto ’gwnys’ ‘bd /’a-
gonisē ‘baḏ/ “combattere”, da gr. ἀγωνίσαι, è attestato in siriaco anche il sostantivo
’gnys’ “combattimento, gara”, che a mio parere è la forma sostantivata dello stesso
infinito aoristo greco; analogamente, a fianco di pys’ ‘bd /pīsē ‘baḏ/ “persuadere”,
occorre anche il sostantivo pys’ /paysā/ “persuasione”, che non sembra poter essere
altro che la forma sostantivata dell’infinito aoristo πεῖσαι.
A questo punto, dunque, ci troviamo a dover giustificare la presenza in siriaco di
due modi diversi di creare verbi denominativi: il primo, comune alle altre lingue se-
mitiche, utilizza la coniugazione pa‘‘el (/zawweġ/, /qatres/); il secondo aggiunge ‘bd
“fare” a una base lessicale, che può essere un sostantivo indigeno, di prestito, oppure
anche l’esito dell’adattamento morfologico di un infinito aoristo greco (qtrys’ ‘bd,
pylwswpys’ ‘bd).
Dato che le lingue di solito non tollerano inutili ridondanze morfologiche, è evi-
dente che ci deve essere una qualche relazione logica tra questi due tipi di procedi-
menti: si può immaginare che compaiano in varietà diastratiche diverse, oppure che
una si imponga a scapito dell’altra in diacronia, e che per un certo periodo si presen-
tino entrambi come allomorfi più o meno linguisticamente connotati, o altro ancora.
Conviene aggiungere subito che la costruzione lessicalizzata che produce un
nuovo verbo attraverso l’aggiunta di un verbo indigeno polifunzionale, come “fare”,
a una base lessicale non è particolarmente marcata: si tratta di un procedimento mol-
to comune che viene utilizzato in modo sistematico, ad esempio, in giapponese, in
coreano, in turco, nelle lingue dravidiche e in quelle indoarie.12
I verbi come “fare”, “avere”, “dare”, “essere” etc., chiamati talora nella letteratu-
ra specialistica “light verbs”, ossia verbi dal valore semantico molto tenue, sono
spesso impiegati nei procedimenti di derivazione verbale. Molti equivoci sorgono, a
livello lessicografico, sul significato, o meglio sui significati, di simili verbi, che
sembrano avere un’ingovernabile estensione semantica. A tale proposito, mi sembra
che una proposta assai convincente sia l’interpretazione sintattica avanzata da La
Fauci a proposito dei verbi “fare”, “essere” e “avere”: questi verbi di fatto non signi-
ficherebbero nulla di per sé, e il comparire delle loro forme sarebbe solo indicativo
del tipo di relazione sintattica che si instaura tra soggetto e predicato di una proposi-
zione.13

12
Cf. Lazard (1994: 93); Masica (1991: 75); Thomason-Kaufman (1988: 348 s. n. 3); per il neo-
persiano cfr. Telegdi (1951–: § 4).
13
La Fauci - Mirto (2003: 99 ss.).
180 Claudia A. Ciancaglini

Nonostante che le perifrasi verbali composte da un tema nominale di varia origi-


ne seguito da un verbo ausiliare siano un meccanismo derivativo molto frequente, il
procedimento non è certo universale: in particolare, non sembra esservene traccia
nelle lingue semitiche. Da questo punto di vista il siriaco rappresenta una significati-
va eccezione, ancora in attesa di una spiegazione adeguata.

3. Il tipo “sost. + ‘bd” in siriaco e in aramaico

Se è vero, come mi sembra ragionevole, che nei costrutti in esame l’infinito aoristo
greco è trattato come una semplice base lessicale, nonostante la diversità formale ed
etimologica, non si può evitare di considerare questa costruzione nel quadro più am-
pio di perifrasi verbali strutturalmente e funzionalmente simili, in cui la base lessica-
le non è rappresentata soltanto da prestiti dal greco.
Infatti, la costruzione è utilizzata anche con sostantivi di origine iranica, presi in
prestito in epoca molto antica, tanto da presentare in siriaco diversi derivati, sia no-
minali che verbali. Si vedano, ad esempio, i due casi seguenti:14
a) sir. r’z’ ‘bd “cospirare, consigliarsi, celebrare un sacramento” (PS 2767), da
persiano antico *rāza- (forma non sud-occidentale); MP rāz “segreto, mistero”; NP
id. La voce iranica è stata presa in prestito da tutti i dialetti aramaici (cf. aramaico
biblico rz; talmudico babilonese rz, rz’; mandaico rāz) e, all’interno del siriaco, il
prestito ha dato origine a molti derivati verbali, formati sulla radice verbale rz raz,
della quale sono attestate forme delle coniugazioni pa‘‘el, ethp‘el, ethpa‘‘al, aph‘el
e ettaph‘al. Si tratta quindi di un prestito che nel VI secolo, quando – secondo Brock
– la costruzione con ‘bd avrebbe avuto origine, era già totalmente integrato nel lessi-
co siriaco, e si comportava come una radice indigena.
b) sir. nḥšyr’ ‘bd “cacciare” (PS 2767), da persiano antico *naxačarya- (?, Hinz
1975, 172); MP naxčīr “caccia”; NP id. Anche questo prestito persiano è molto anti-
co, come dimostra la sua presenza in altre varietà aramaiche, come il hatreo, l’ara-
maico talmudico babilonese e il mandaico. Si noti che la locuzione nḥšyr’ ‘bd è atte-
stata già in Afraate (IV secolo) e in Giacomo di Serugh (V-VI secolo), cioè prima
dell’epoca in cui secondo Brock la costruzione formata da un infinito aoristo greco +
‘bd avrebbe fatto la sua comparsa in siriaco.
Inoltre, la costruzione “sost. + ‘bd” compare in siriaco già in epoca antica con
sostantivi o forme nominali del verbo che non sono prestiti, ma fanno parte del lessi-
co semitico indigeno. Si vedano i seguenti esempi (tratti da PS 2767 e da LS 504b):
/‘baḏ ’eblā/ “lamentarsi” (am 6, 675, 20); /ḥewārē ‘baḏ/ “diventare bianco” (Med 38,
13); /‘baḏ meltā/ “parlare, pronunciare un sermone; deprecare” (AS 2, 30, 9);
/‘ūhdānā ‘baḏ/ “ricordare, commemorare” (am 6, 357, 9); /‘baḏ napšā/ “simulare”

14
Per i particolari delle forme iraniche prese in prestito dal siriaco si vedano le voci relative in
Ciancaglini (in stampa).
L’origine delle locuzioni verbali con ‘bd in siriaco 181

(2Mcc 4, 24; am 7, 583, 11); /‘baḏ ‘ūmrā/ “abitare”; /‘baḏ psāqā/ “decidere, senten-
ziare”; /‘baḏ ṣawmā/ “digiunare”; /rdūpyā ‘baḏ/ “perseguitare” (am 1, 215); /šālmā
‘baḏ/ “riconciliare” (Mt 5, 9); /‘baḏ šalmūṯā/ “consentire, convenire”; /šmā ‘baḏ/
“perpetuare il nome, tramandare ai posteri” (2Sam 18, 18); /šawtāpā ‘baḏ/ “maritar-
si” (AS 1 App. 7; attestato anche /šawtep/ “congiungere in matrimonio”); /tar‘ā ‘baḏ/
“chiudere la porta” (am 2, 307, 4); etc.
La costruzione composta da una base lessicale e dal verbo ‘bd non sembra essere
una creazione del siriaco: di fatto, questo costrutto fa la sua comparsa già nell’ara-
maico imperiale.15 Si vedano i seguenti casi, attestati in documenti del V sec. a.C. ri-
trovati in Egitto, ma redatti nelle cancellerie orientali di Susa e Babilonia, e in Da-
niele: gst ptgm (/gasta patigāma/) yt‘bd “you will be strictly called to account” (AD
4, 6-7 e 7, 8); hndrz (/handarza/) y‘bdwn “they will give instructions” (AD 9, 5);
hdmyn tt‘bdwn “you will be direly punished” (Daniele)16.
Greenfield (1987: 258), nel contesto di una trattazione dei prestiti persiani in a-
ramaico imperiale, si limita a qualificare tali costrutti come “interesting”, ma non ag-
giunge nulla di esplicito circa la loro origine, mentre Whitehead (1978: 134 n. 101),
sembra propenso ad ammettere un influsso del persiano antico. In precedenza, Dri-
ver (1957: 75 n. 3) aveva osservato, a proposito di queste forme, che una costruzione
simile compare in verbi babilonesi derivati da prestiti hurriti: “The combination of
‘bd ‘did’ with an abstr. noun is found elsewhere [...]; the Bab. epēšu ‘to do’ is simi-
larly used with Hurr. nouns in texts from Nuzi”, ma l’ipotesi babilonese di Driver
non mi sembra particolarmente soddisfacente perché passibile delle medesime obie-
zioni che abbiamo opposto in precedenza alla tesi dell’origine copta avanzata da
Brock.
Come accennato sopra, la mia ipotesi è che tale costrutto verbale sia un calco
morfologico sul persiano: data l’intensità e la durata degli influssi iranici esercitati
sulle varietà linguistiche aramaiche, sia a livello di lessico che morfologico17, l’ipo-
tesi non è inverosimile. Resta però da verificare se la cronologia dell’evoluzione del
sistema verbale persiano sia coerente con la nostra ipotesi e se l’affermarsi di questo
procedimento di creazione di verbi derivati sia strutturalmente compatibile con l’evo-
luzione del sistema verbale siriaco.

15
Per i problemi terminologici legati all’uso del termine ‘aramaico imperiale’ cfr. Folmer (1995:
9 ss.).
16
Greenfield (1987: 258). A proposito della provenienza di tali documenti cfr. anche Folmer
(1995: 18, 729).
17
Circa gli influssi iranici sul siriaco cfr. Ciancaglini (2005) e Ciancaglini (in stampa); per un im-
portante calco morfologico dell’aramaico occidentale sul persiano nell’ambito del sistema ver-
bale cfr. Pennacchietti (1988–: § 6).
182 Claudia A. Ciancaglini

4. Il tipo “sost. + kardan” nelle lingue iraniche

È noto che nel neopersiano, a fronte di poche centinaia di verbi semplici, sono molto
diffuse le locuzioni verbali formate da un tema nominale (di solito un sostantivo, ma
anche un aggettivo, un avverbio, o un sintagma preposizionale) seguito dal verbo,
che spesso è kardan “fare”, ma anche šodan “diventare”, zadan “colpire”, dāštan
“avere”, dādan “dare”, xordan “mangiare”, namūdan “mostrare”, kašīdan “spinge-
re” etc.18 Queste locuzioni verbali rappresentano l’unico procedimento produttivo
impiegato nella creazione di verbi denominali a partire da lessemi persiani, oppure
presi in prestito da altre lingue, principalmente dall’arabo, ma anche dall’inglese,
etc. Si tratta del tipo neopers. āteš kardan “accendere”, kumak kardan “aiutare”, pei-
dā kardan “trovare”, fekr kardan “pensare”, telefon kardan “telefonare”, etc.
Tali perifrasi verbali lessicalizzate, che funzionano come verbi semplici, si di-
stinguono sia da sequenze occasionali di verbo + oggetto, sia dai verbi composti,
sulla base di vari parametri morfosintattici e semantici, evidenziati da Lazard e da
Telegdi.19
Telegdi (1951: 320 s.) ha correttamente confrontato queste locuzioni verbali con
i verbi denominativi: secondo lo studioso esse avrebbero sostituito le due formazioni
di denominativo presenti in mediopersiano, ossia gli antichi causativi in -ēn-, più ra-
ramente -ān- (es. mediopers. nāmēnīdan “chiamare per nome”, da mediopers. nām
“nome”) e il tipo senza suffisso, in cui le desinenze personali sono aggiunte diretta-
mente al nome (es. frayādīdan “aiutare, assistere”, da mediopers. frayād “aiuto, assi-
stenza”). Secondo Telegdi, quindi, le locuzioni verbali sarebbero sorte in neopersia-
no per sostituire i causativi sintetici del mediopersiano ormai recessivi.
In realtà, le locuzioni verbali che chiameremo per brevità il tipo “sost. + kardan”
(dove “sost.” rappresenta un sostantivo, ma anche un aggettivo, un avverbio etc., e
kardan rappresenta anche altri verbi come zadan, šodan, dādan etc.) hanno una sto-
ria più antica: sebbene in minor quantità e in modo meno sistematico, sono attestate
già nelle fasi più antiche delle lingue iraniche e delle lingue indiane. Nel seguito
prenderemo in considerazione soltanto le lingue iraniche, per via del loro prolungato
contatto con le varietà aramaiche, di cui il siriaco fa parte.20
Già in mediopersiano i derivati verbali di tipo causativo formati con il suffisso -
ēn-, una formazione che per altro costituisce un’innovazione del mediopersiano21 e
18
Lazard (1989: 286); Meyer-Ingwersen (1974). Con Lazard (1989: 286; cfr. anche 278) e Tele-
gdi (1951: 329) è preferibile distinguere queste locuzioni verbali dal tipo in cui il verbo è pre-
ceduto da un preverbio: nelle perifrasi verbali il valore semantico principale è a carico del so-
stantivo, mentre nel tipo con preverbio il valore semantico principale è a carico del verbo; cfr.
gaštan “girare” vs. bar gaštan “rigirare”. Quest’ultimo tipo, secondo Telegdi, è di fatto un vero
composto, a differenza delle perifrasi verbali: vd. oltre.
19
Cfr. Lazard (1989: 286 s.); Lazard (1994: 93 s.); Telegdi (1951: 318 ss.).
20
Per le locuzioni formate da un sostantivo, un aggettivo o un avverbio seguiti da verbi come “fa-
re” in sanscrito e in vedico cfr. Whitney (1924: § 1090 s.).
21
Cfr. Sundermann (1989: 151); Rastorgueva-Molčanova (1981: 134 s.); Salemann (1895-1901:
L’origine delle locuzioni verbali con ‘bd in siriaco 183

che quindi avrà conosciuto un certo grado di produttività, sono affiancati dalle peri-
frasi verbali: il tipo nāmēnīdan “chiamare per nome” è contrastato da nām kardan
già nei testi mediopersiani.22 Tra le perifrasi verbali del tipo “sost. + kardan” am-
piamente attestate in mediopersiano, utilizzate per la formazione di verbi denomina-
li, si possono ricordare le seguenti:
āgāh kardan “informare” (vs. āgāhēnīdan “id.”); āfrīn kardan “pregare, benedire”;
āsāyišn kardan “riposare”; ayārīh dādan “offrire aiuto” (vs. ayārīdan, neopers. yārī-
dan “aiutare, assistere”); azbāyišn kardan “invocare”; duz(d) kardan “rubare” (vs. du-
zīdan, neopers. duzdīdan “id.”); framān dādan “ordinare” (vs. framūdan, neopers.
farmūndan “id.”); nigāh kardan “guardare”, nīgah daštan “guardare, preservare”;
passox kardan “risplendere”; purr kardan “riempire”; pursišn kardan “chiedere” (vs.
pursīdan “id.”); stēzag burdan “litigare”; šōy kardan “maritarsi”; wāng kardan “grida-
re”; zan kardan “prendere moglie”. Numerosi sono anche le locuzioni in cui il verbo è
burdan, lett. “portare”: si veda, ad esempio, namāz burdan “adorare, rendere omag-
gio”, wāng burdan “gridare” etc.23
Rispetto alle analoghe perifrasi del neopersiano, le locuzioni mediopersiane, oltre
ad essere relativamente meno frequenti, presentano una maggiore autonomia sintat-
tica dei due elementi che le compongono.24
Analoghe perifrasi verbali sono attestate anche in partico: si veda, ad esempio,
partico aβyād kar “ricordare” (lett. “fare ricordo”), che è stato calcato in armeno co-
me yišowmn aṙnel “id.” (cf. Schmitt 2005: 51).
Gli studiosi non alludono a precedenti più antichi del tipo “sost. + kardan”; tut-
tavia, casi del genere, seppure non usati sistematicamente, mi sembrano attestati an-
che in epoca iranica antica. Per esempio, in persiano antico si trovano locuzioni del
tipo: xšaçam [...] adam patipadam akunavam “I reestablished the kingdom on its
foundation” (DB I 61-62); adam gāθavā akunavam “I put in its place” (DSe 44-45)
etc.

5. Conclusioni

Nonostante la loro frequenza, le locuzioni con ‘bd in siriaco non sono neppure men-
zionate nelle grammatiche siriache di riferimento; alla voce ‘bd del Lexicon Syria-
cum di Brockelmann e del Thesaurus Syriacus di Payne Smith se ne trovano vari e-
sempi, ma non commentati e confusi con casi in cui non vi è alcun fenomeno di les-
sicalizzazione (cioè occasionali combinazioni del verbo “fare” con un oggetto).

305); Henning (1933: 212 s.); Sokolov (1960); Pirejko (1975: 330 ss.).
22
Cfr. Sundermann (1989: 152); Rastorgueva-Molčanova (1981: 135 s.) (che chiamano queste lo-
cuzioni “verbi analitici”); Nyberg (1974: 114).
23
Cfr. Nyberg (1974: 50).
24
Cfr. Rastorgueva-Molčanova (1981: 135 s.).
184 Claudia A. Ciancaglini

Sia in siriaco che nelle lingue iraniche tali locuzioni verbali rappresentano un e-
spediente utile alla formazione di verbi denominativi di valore causativo o più spes-
so soltanto transitivo. Mi sembra altamente probabile che le perifrasi verbali siriache
“sost. + ‘bd” siano un calco morfologico sulle analoghe locuzioni persiane “sost. +
kardan”: l’ipotesi è coerente con le condizioni socioculturali e le restrizioni struttu-
rali postulate dai linguisti generali. Iranofoni e Arameofoni sono stati in contatto per
circa due millenni; le lingue iraniche, in particolare il persiano antico, il partico, il
mediopersiano e il neopersiano, hanno rappresentato spesso le varietà di prestigio ri-
spetto alle diverse lingue aramaiche; il lessico aramaico, e siriaco in particolare, con-
tiene centinaia di prestiti lessicali dall’iranico;25 nell’aramaico imperiale e nel siriaco
sono presenti vari altri prestiti e calchi morfologici dalle lingue iraniche.26 Quanto
alle restrizioni più specificatamente strutturali, la creazione di verbi denominali con
l’aggiunta del verbo “fare”, rispetto alla più antica struttura sintetica rappresentata
dalla coniugazione pa‘‘el, costituisce sicuramente un caso di evoluzione verso una
struttura meno marcata.
Resterebbe da valutare se il siriaco e le lingue iraniche, tipologicamente così dif-
ferenti, possano presentare un grado sufficiente di congruenza strutturale.
A mio avviso, anche questa restrizione può considerarsi in qualche modo soddi-
sfatta. In effetti, come l’adozione della costruzione qṭīl lī è stata favorita dal preesi-
stente uso del participio passivo con significato attivo,27 anche l’affermarsi delle pe-
rifrasi verbali con ‘bd, che pure sono un calco morfologico sull’iranico, è stato facili-
tato dalla generale crisi delle coniugazioni verbali che si manifesta già nel siriaco
classico, la cui conseguenza è la sostituzione delle forme verbali finite con i partici-
pi: il participio attivo e passivo (i tipi qāṭel e qṭīl) tendono a soppiantare rispettiva-
mente la coniugazione a prefissi e la coniugazione a suffissi (i tipi neqṭol e qṭal)28.
Inoltre, in siriaco si creano molte forme verbali “composte”, in cui il participio è se-
guito o preceduto dal verbo di esistenza hwā “è, esiste”: cf. i tipi qāṭel (h)wā, hwā
qāṭel, qṭīl (h)wā, etc.29
Questa tendenza all’affermazione del participio a scapito delle forme verbali sin-
tetiche è molto simile alla tendenza iranica, che si impone già a partire dal persiano
antico per raggiungere il massimo dei suoi effetti nel neopersiano, a ricostruire tutto
il paradigma verbale sulla base del participio passato passivo e ad eliminare tutti i
tempi e modi verbali sintetici ereditati dall’iranico antico.30
25
Cfr. Ciancaglini (2005); Ciancaglini (in stampa).
26
Per esempio, il preterito ergativo: cfr. Ciancaglini (1987); Pennacchietti (1988); Ciancaglini (in
stampa: § 8.1.1 e 8.1.2, con bibliografia).
27
Cfr. Kutscher (1969: 140); Nöldeke (1898: § 280); Ciancaglini (in stampa: § 8.1.2).
28
Nöldeke (1898: § 269 ss., 278 ss.). Questa tendenza porterà alla completa ristrutturazione del
sistema verbale neoaramaico: cfr. Cohen 1984; Pennacchietti 1994; Pennacchietti-Orengo
(1995); Ciancaglini (in stampa: § 8.1.1).
29
Nöldeke (1898: § 260-261, 277-278). Sull’esito e sulle funzioni di -wa (< hwā) nel sistema ver-
bale neoaramaico cfr. per esempio Hopkins (1989: 420).
30
Lo stesso tipo di evoluzione ha interessato le lingue indiane antiche e medie: cfr. Whitney
L’origine delle locuzioni verbali con ‘bd in siriaco 185

Nel quadro di questa analoga deriva strutturale diventa plausibile la facilità con
cui il siriaco ha potuto sviluppare le locuzioni verbali con ‘bd per creare verbi de-
nominativi, locuzioni che molto probabilmente erano state mutuate già in epoca più
antica dall’aramico imperiale, che le aveva acquisite dal persiano antico. Ma solo in
siriaco tali perifrasi verbali sembrano espandersi in modo significativo, acquisendo
un grado di produttività che aumenterà ancora nelle parlate neoaramaiche orientali.31

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31
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