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QUADERNI FIORENTINI

per la storia del pensiero giuridico moderno

giuffrk editore milano

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COSTANTINO MORTATI

BREVI NOTE
SUL RAPPORTO FRA COSTITUZIONE E POLITICA
NEL PENSIERO D I CARL SCHMITT

I. I1 singolare fascino e l’altissimo magistero scientifico del-


l’opera schmittiana provengono dall’eguale possesso da parte del-
1 ‘autore di straordinaria capacità di sistemazione e costruzione
giuridica e di geniali doti di indagatore dei fatti della politicità
(b delle leggi che li regolano. È questa cospirazione di doti, tanto
rara a verificarsi, che, come lo ha condotto ad accogliere la con-
cczione istituzionale del diritto, così gli ha consentito di trarre
dagli svolgimenti da essa dedotti risultati tra i più fecondi.
Lo Schmitt nella sua (( Teologia politica )) del 1923 aveva espres-
so l’opinione circa l’esistenza di due tipi di scientificità giuridica,
il normativista ed il decisionista, ma nella premessa alla seconda
cdizione del 1934 la rettificava nel senso di affermare la convin-
zione, maturata nello studio delle opere dell’Hauriou e del RO-
inano, dell’esigenza di aggiungere a quelli prima indicati un terzo
tipo costituito dall’istituzionalista, al quale dedicava poi ampi
svolgimenti nello scritto dello stesso anno sui (( tre tipi del pen-
siero giuridico D. Sembra, a prima vista, che l’autore consideri i
tre tipi come se fossero da collocare sullo stesso piano, in posizione
dternativa l’uno di fronte agli altri; ma, a ben vedere, si palesa
chiara la consapevolezza della diversa posizione da assegnare a
quello dell’ordinamento rispetto agli altri due (l).

(l) LO SCHMITT, Lu categovia del politico (trad. ital.), Bologna, 1972,p. 251,
amniette che il concetto di ordinamento, inteso nel suo senso generico, sarebbe
suscettibile di assorbire le altre due forme, e pertanto fa valere l’esigenza che
si assuma un significato specifico da cui risulti la sua autonomia. Ma è proprio
l’asserita isolabilità, o della norma, o della decisione, che si rende impossibile, co-

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Così nei confronti della norma rileva come la sua giuridicità


non è data dal suo essere posta, ma dalla sua fattualità o effet-
tività, da intendere come carattere interno della validità, che non
sussisterebbe se la norma non risultasse correlata ad una situa-
zione reale componente di un ordinamento concreto. Analogo
ordine di considerazioni vale nei riguardi del decisionismo. L’af-
fermazione dello Schmitt secondo cui esso, inteso nella sua pu-
rezza, non presuppone un ordine ma esclude l’esistenza di isti-
tuzioni limitative del comando singolare deve essere intesa nel
contesto degli altri svolgimenti del suo pensiero, che vuole rife-
rirsi, con quell’affermazione, al momento costitutivo del potere,
allorché si manifesta in funzione costituente. Ma tale decisione
originaria, una volta realizzata, non può operare se non come
elemento d’una struttura sociale e quale fonte del suo sviluppo, or-
dinato non solo nel senso organizzativo, per la necessaria perma-
nenza nel tempo di una stessa volontà autoritaria suprema, ma
anche da un minimo di coerenza nel contenuto degli atti attra-
verso cui il potere si esplica. I1 motto (( auctoritas non veritas
facit legern o, nel pensiero di Hobbes, il teorico più rappresenta-
tivo del decisionismo, acquista il suo esatto significato quando
venga riferito alla specifica funzione attribuita all’auctoritas di
superare un preesistente stato di caos allo scopo di introdurre
la pace (”.
Norma e decisione, lungi dal potere essere giustapposte all’or-
dinamento, sono modi di essere e di manifestarsi di quest’ultimo,
adempiono ad una stessa funzione stabilizzatrice che viene affi-
data o al comando impersonale della norma, o a quello personale
dell’organo di decisione, in conformità alle esigenze richieste dalla
concreta struttura sociale ed alle finalità volute perseguire. Ed
è dal riferimento a siffatta correlazione che lo Schmitt trae un
criterio di classificazione delle forme di Stato secondo che siano
(( di legislazione D, (<di giurisdizione D, (<di governo R o (<di am-

ministrazione D che appare meglio idoneo a fare intendere la

me impossibile è intendere queste ultime senza un sostrato concreto, che è l’or-


dinamento.
(*) I1 FREUND, L’essence d u politique, Paris, 1965, p. 122 cita Bodin che ap-
punto pone il comando come requisito di coerenza e di ordine.

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BREVI NOTE 513

realtà dei fenomeni che non quello tradizionale di monarchia,


aristocrazia, democrazia, in quanto conduce ad assimilare forme
diverse sotto l’aspetto della composizione degli organi supremi,
ma che sono portate a giovarsi di modi tipici di esercizio del po-
tere, in corrispondenza con le fondamentali finalità politiche vo-
lute perseguire, e che, quando sono rivolte alla conservazione, si
affidano allo strumento giurisdizionale che dichiara una tradizione
consolidata, mentre se indirizzate a realizzare rapidi e radicali
mutamenti danno vita ad un assetto di tipo governativo, ed in-
vece ad uno Stato di legislazione, se animate da intenti riformi-
sta-evoluzionisti.

2 . A differenza di quanto era avvenuto in Romano che, pur


considerando il corpo sociale come modo d’essere dell’istituzione
quale suo principio vitale, trascura, nell’applicazione fattane
all’ordinamento statuale, ogni considerazione del suo modo di
operare, assorbendone le manifestazioni nell’elemento legale, se-
condo si manifesta con la costituzione formale ed attribuendo
all’altro un valore storico, rilevante solo per la fase formativa di
quest’ultima, lo Schmitt adegua alla concezione assunta il me-
todo di indagine e ne trae, con vigorosa conseguenzialità, risultati
particolarmente fecondi. Esattamente egli individua la matrice
del positivismo giuridico nella situazione sociale e storica carat-
teristica dell’800 e denunzia l’apparenza dell’asserita purezza del
metodo, in realtà utilizzato ad occultare i fini politici ad esso con-
nessi, i valori, inerenti alla struttura sociale, cui si ispira. Fini e
valori che devono essere oggetto specifico dell’indagine giuridica,
se essa vuole cogliere la vera essenza, l’esatto significato degli
istituti positivi. Con grande efficacia lo Schmitt denuncia l’illu-
sione del metodo positivistico di acquistare in purezza pel fatto
di respingere dalla considerazione giuridica ogni componente ideo-
logica, economica, sociologica, morale e politica, osservando che,
cc il pensiero giuridico venga spogliato di ogni significato quanto
al contenuto e staccato dalla situazione normale presupposta, non
resta più molto per l’argomentazione giuridica, manifestandosi in-
vece la sua insensatezza ideologica, economica, morale e politica (”).

(3) Cfr. La cutegorin, cit., p. 273.

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La contrapposizione fra metodo giuridico e metodo sociologico


ed il rigetto di quest’ultimo come fattore di contaminazione del
primo trascura di considerare che oggetto dell’una e dell’altra ri-
cerca è in realtà il medesimo, anche se le indagini ad ognuno
richieste possano esigere mezzi ed attitudini differenti; con la
conseguenza, quando, al contrario che nel caso dello Schmitt, non
si trovino felicemente fuse nello stesso studioso, di importare l’as-
sunzione di un rapporto di ausiliarietà fra chi raccoglie ed elabora i
dati dell’esperienza concreta e colui cui compete, sulla base di tali
dati, accertare il momento ed il modo della loro trasformazione
in valori giuridici, concorrendo così, per la sua parte, alla stessa
formazione di tali valori. Eccepire che il giurista debba quali-
ficare il fatto solo in quanto già definito dal diritto lascia in piedi
il problema se fatto sia solo quello risultante dalla fattispecie
normativa, o invece da quell’altra norma emergente dalla realtà
politica.
L’asserzione del punto di vista istituzionale importa pertanto
che la considerazione del sistema normativo non possa isolarsi
da quella della società ad esso sottostante, che l’ordine posto si
interpreti alla luce del principio dinamico che lo anima e lo fa
svolgere, e che la valutazione giuridica non si dissoci, ma armo-
nizzi invece con quella politica che ne è alla base. Tale procedi-
mento non determina un dualistico spezzettamento dell’oggetto
dell’indagine nè una contaminazione fra differenti materie, ma
giunge a cogliere i due aspetti costitutivi di uno stesso fenomeno,
a svelarne l’essenza.
Per intendere il nesso che si asserisce occorre configurare
la società sottostante all’ordine legale come caratterizzata da
una propria struttura interna in cui confluiscono, accanto a d
un sistema di rapporti economici, fattori vari di aggregazione,
d’indole oltre che naturale, religiosa, culturale ecc., le quali deter-
minano differenziazioni di posizioni intersubiettive, nel senso di far
sorgere relazioni di sopra e sotto-ordinazione, una distribuzione
gerarchica di poteri risultanti dalla prevalenza di certi ceti e
forze di fronte ad altre: ceti e forze che si raccolgono intorno ad in-
teressi o valori avvertiti come essenziali dai loro appartenenti, che
sono fatti valere, e riescono di fatto a valere, quale elemento uni-
ficante del gruppo sociale, conferente ad esso carattere di unità

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RREVl NOTE 515

politica. Qualificazione quest’ultima che vuole designare il fine


fondamentale perseguito, che, se è unitario, deve risultare dalla
sintesi di quelli particolari in quanto concorrano al mantenimento
ed allo sviluppo del gruppo secondo gli orientamenti perseguiti
dai gruppi sociali dominanti portatori del fine stesso e come tali
anch’essi politici (“).
Da tale struttura, provvista, come risulta da quanto si è detto,
di un suo ordine intrinseco e quindi di una sua giuridicità, emerge,
e ad essa si connette, un apparato autoritario e coattivo, una
più o meno articolata distribuzione di poteri e di compiti, una
disciplina legale più o meno rigida, ossia un assetto statuale che
--
(4) Se si dice che la società, unificata nel senso che si è detto, sia un’entità

politica non ancora giuridificata si danno per ammessi dei concetti di politica
c di diritto non soddisfacenti perchè si caratterizza ognuno dei due termini sulla
base di caratteri che invece, se assunti in modo autonomo uno dall’altro, sono
da ritenere non esaurienti, e cioè la politica come mero principio deontologico che
non riesce ancora ad assumere contorni precisi, il diritto come assetto statico
ben definito. Così G. JELLINEK, Dottrina dello Stato (trad. it.), Milano, 1921, p. 62.
Se, invece, si ritiene che la politica è essenza costitutiva di ogni società a fini
generali, in quanto ripartitiva di situazioni, coordinante le varie manifestazio-
ni del sociale (economiche, religiose, ecc.) instaurando rapporti di dominazio-
ne, e che d’altra parte il fenomeno giuridico si realizza attraverso una gamma
assai diversificata di strutture cui è inerente quel dinamismo necessario al suo
adeguamento alle situazioni concrete, si deve giungere alla conclusione che l’un
termine è la qualificazione dell’altro. Sulla politica come essenza del sociale v.
FREUND, E s s e m e , cit., p. 32; e a p. 37 la raffigurazione della politica come (( fo-
colare della unità sociale)) che ne f a un’entità chiusa; a p. 101 la citazione di
Platone sulla politica come scienza del comando; a p. 270 sul carattere gerarchico
della politica. Analogamente ARON,Sociologie des sociétés industrielles. Esquisse
d’un théorie des régimes politiques, Paris, 1959. p. 23. I1 SARTORI,Che cosa é po-
litica, in Riv. scienza politica, 1972, p. 20 riconduce politica e potere, che può
assumere una struttura verticale o orizzontale secondo la diversa distribuzione
o esercizio di quest’ultimo.
Nel senso dell’antitesi di diritto e politica si esprime il MIGLIO,Presenta-
zione alla trad. it. della Categoria del politico, cit., p. 8 ss., sulla base di un’iden-
tificazione, che contrasta con quanto detto nel testo, della politica con la potenza,
intesa come realtà esistenziale non limitata, nè limitabile, e del diritto con cate-
gorie, come quelle di contratto e di rappresentanza che sono figure solo storica-
mente determinabili. I1 Miglio desume poi la asserita differenza dei due piani
dall’attuale scissione dell’unità dell’ordinamento giuridico statale in distinti cen-
tri di autorità: fenomeno che non incide sulla configurazione delle categorie in
discorso e sul quale si avrà occasione di tornare in seguito.

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non può non riflettere i rapporti di forza da cui sorge, al quale


è conferito il compito di operare come strumento di rafforzamento
del potere sociale, già di per sè operante.
Non sarebbe esatto eccepire che, così considerando la società
in confronto allo Stato, si venga ad introdurre un elemento di
dualismo, trattandosi invece di due manifestazioni della stessa
essenza che si integrano nella concretezza di un ordine vivente:
la società affida allo Stato la funzione di meccanismo di più effi-
ciente assicurazione, di stabilizzazione di un certo modo di disci-
plina dei rapporti per essa rilevanti; ma lo Stato attinge dalla so-
cietà i motivi politici del suo agire e le forze che garantiscono la
fedeltà ad essi. È l’assetto politico sottostante allo Stato che
opera come principio dinamico intrinseco all’ordinamento giuri-
dico, cui in modo più o meno diretto ed immediato si conformano
le varie attività preposte alla formazione ed all’attuazione del-
l’ordine giuridico. I1 sistema legale, appunto perchè strumentale
rispetto ai fini con esso perseguiti non riesce a raccogliere in sè
la disciplina della complessiva attività statale perchè non pos-
sono non prevalere su tale disciplina i valori che vi sottostanno.
Sicchè, quando si accerti la sua non rispondenza a quest’ultimo
sono essi a prevalere sulla prima ( 5 ) . È questo che spiega il feno-
meno immanente in ogni ordinamento statale delle deroghe, delle
sospensioni, delle temporanee rotture dell’ordine legale, riuscendo
inevitabile che il mezzo ceda al fine, la legge ai valori nei quali
essa trova la propria ragione. A tale esigenza si riferisce lo Schmitt
quando fa consistere l’essenza del potere politico nel decidere sulla
sussistenza dello stato di eccezione, delle situazioni di necessità,

( 6 ) La questione del rapporto fra ordine politico ed ordine statuale è pregiu-

dicata dall’assunzione come termine di confronto di un concetto storico di Stato,


nei contorni assunti nell’epoca moderna. Se invece si accolga dello Stato una
configurazione più ampia che riconduca ad esso ogni specie di ordinamento a fini
generali, non ha più ragione di porsi il quesito circa la. priorità dell’uno rispetto
all’altro dei detti ordini, su cui v. FREUND, Préface a CARL SCHHITT, L a notion
de politique. Théorie d u p a r t i s i n , Paris, 1972, p. 18 che afferma l’anteriorità della
politica allo Stato, e pertanto la possibilità di politica senza Stato, non già di
Stato senza politica. Lo SCIIMITT, L a categoria, cit., p. 103 osserva che l’assimi-
lazione di politico a statale conduce ad un circolo vizioso, ma riconosce che l’as-
similazione vale fino a quando lo Stato ha il monopolio della politica.

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BREVI NOTE 5=7

che giustificano l’agire legibus solutus. I1 che non può significare


assenza di legge ma subordinazione di quella scritta ad un’altra
che la ispira e perciò la condiziona, il cui rispetto attesta l’intima
unità della struttura socio-statuale e conduce altresì a far con-
testare la tesi che vede l’attributo del potere nell’assenza di li-
miti e così opinando trascura di considerare l’essenziale distin-
zione da fare fra la deroga alle leggi inspirata d’intento di con-
servazione dell’ordinamento e quella che si fa valere per sovver-
tirlo realizzando una rivoluzione (”.

3. I1 grado di convergenza o di eventuale disarmonia fra


ordine legale e ordine politico è determinato dalla situazione
storica, secondo cioè che il gruppo sociale, omogeneo nelle sue
componenti, si raccolga intorno ad uno stabile e ben definito
sistema di rapporti e di valori, o invece risulti diviso da un con-
trasto d’interessi per l’emergere in esso di nuove forze che, ac-
quistata una sufficiente maturità politica, combattono il potere
consolidato nelle precedenti strutture, che pur pretendono di
mantenersi ancora in vita.
I1 leit motiv del pensiero schmittiano riguarda appunto quel-
l’esigenza di omogeneità del tessuto sociale che sola può assicu-
rare l’eguale chance alle forze politiche che, pur divise fra loro,
concordano sull’assetto fondamentale del regime in atto. Ed è
appunto ad una situazione di rottura di tale assetto (che fa sor-
gere intorno e sotto all’unità costituita dello Stato che ne è espres-
sione, formazioni le quali contrastano ad esso e pretendono di
sostituirlo in singole manifestazioni di potere, determinando così
una forma di pluralismo politico), che fa capo il fenomeno della
crisi dello Stato contemporaneo, cui si accompagna quello che
6 stato chiamato l’estensione d orizzontale )) del processo politico
(in contrapposto a quello (( verticale del monopolio statale della
politica) e la connessa scomposizione del sistema in sottosistemi (‘).
Quando poi i sottosistemi non si limitano a rivendicare una
propria sfera di autonomia politica di fronte allo Stato ma si con-

(E) Questo può dirsi per FREUND, Essence, cit., p. 125,per cui il diritto essen-
do regola, ignora lo stato di eccezione.
(’) Così SARTORI, s.c., p. 22.

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trappongono a questo in nome di ideali o di valori ritenuti incon-


ciliabili con quelli intorno a cui si raccoglie l’unità statale, e rie-
scono a darsi una organizzazione interna tale da consentire loro
di sostenere e far valere le proprie ragioni di fronte a quest’ultima,
una propria politica di fronte a quella dell’apparato autoritario,
allora la politicità si presenta sotto il suo aspetto più caratteri-
stico configurato dallo Schmitt nell’antitesi (( amico-nemico H. La
originalità di tale raffigurazione consisterebbe, secondo un’opi-
nione, nell’avere identificata l’essenza della politica all’infuori di
ogni riferimento all’istanza giuridica o al contenuto assiologico,
che fornisce solo i motivi, attraverso un segno che riesce a coglierla
all’infuori di ogni altra relazione (*).
È da chiedersi se realmente quella antitesi possegga l’asserita
autonomia che dovrebbe render possibile isolarla da ogni altro
elemento attinente alla stessa categoria, o se invece non ne sia
piuttosto un’espressione, e precisamente designi l’estremo modo
di manifestarsi del rapporto di comando-obbedienza. Pertanto
non sembra esatto il parallelismo che Schmitt pone fra la antitesi
amico-nemico, che caratterizzerebbe il politico, e quella di utile-
dannoso, bello-brutto proprie dell’economia o dell’estetica, poichè
il rapporto di forza ordinata in vista del fine unitario di un gruppo
sociale non può in altro trovare la sua immediata e specifica ma-
nifestazione all’infuori del rapporto supremazia-soggezione, cui
sono strettamente collegati i giudizi di liceità-illiceità, e dal quale
pertanto deriva il criterio subordinato dell’amicizia-inimicizia,
quale viene in considerazione allorchè la disobbedienza diventa
resistenza alla realizzazione dei fini fondamentali del gruppo, ed
al cui superamento, secondo la valutazione ultima e insindaca-

(*) Così FREUND, Prefazione alla trad. francese della Théorie des Partisanen,
Paris, 1972, cit., p. 22. Quest’autore ha chiara nozione della correlazione della
coppia amico-nemico con l’altra di comando-obbedienza, e scusa Schmitt dal
rimprovero mcssogli di averla trascurata affermando che essa era stata da lui
posta in luce in altro scritto; il che giova a comprovare la stretta connessione
fra le due. Più precisamente il FREUND,in L’essence, cit., p. Ioo, osserva che la
coppia comando-obbedienza condiziona l’unità politica, mentre quella amico-
nemico la sua conservazione o altrimenti la sua scomparsa. Ad essa è correlato
necessariamente un contenuto assiologico, dato che la conservazione riguarda.
il mantenimento dei valori primari intorno a cui si raccoglie la comunità.

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BREVI NOTE 519

bile di chi detiene il potere, nessun’altro rimedio appare valido


dl’infuori della messa fuori legge del ribelle, della sua esclusione
dalla comunità.
Come l’eliminazione del nemico si presenta quale estremo stru-
mento di conservazione del potere sovrano detenuto dalla classe
cgemone, espressione di un diritto di legittima difesa avverso
l’attentato ai fini fondamentali che in essa si accentrano (e perchè
tale sempre latente nel potere stesso), così la resistenza al me-
desimo che ne contesti la legittimità e rivendichi al gruppo che
se ne fa promotore la pretesa di sostituire il proprio all’altrui
dominio, di farsi Stato, si colora per ciò stesso del carattere della
politicità e riproduce, in senso contrario, l’antitesi in confronto
all’organizzazione contro cui si rivolge e che intende assoggettare
al proprio dominio. Ed è tale pretesa e finalità che differenziano
il gruppo stesso dagli altri che pure, come per es. la mafia, possono
rivolgersi contro l’ordine statuale.
L’autonomia rispetto alla categoria del giuridico che qui si
contesta, non sarebbe valida neppure se la si facesse derivare dal-
l’esigenza di conferire legittimità alla sanzione dell’inimicizia an-
che senza il sostegno di una previsione positiva, poichè, come si
sa, l’ordine giuridico non si esaurisce in quello legale, ed il ricorso
a quella sanzione costituisce appunto l’esempio più cospicuo della
preminenza su questi ultimi degli interessi primari di una conso-
ciazione politica.

4. Ad una categoria di problemi analoga all’altro prima pro-


spettato del rapporto fra ordine normativo e ordine politico può
ricondursi anche la distinzione fra legalità e legittimità; ma l’am-
biguità o la polivalenza di queste formule rende necessario un qual-
che approfondimento dei criteri in base ai quali essa è da interpre-
tare. Obiettivamente considerate esse sembrano attenere a due di-
stinti ordini concettuali (”) perchè, pur riguardando entrambe il po-
tere politico, hanno un diverso oggetto, in quanto la legittimità ha

(Q)Sul contrasto SCHMITT, Categoria, c i t , p. 218. Per FREUND, Essence,


cit., p. 259 v’è fra essi un’antitesi concettuale, il che egli afferma movendo dalla
considerazione della diversità della provenienza, data dal fatto che la legitti-
mità, ricondotta, come dev’essere, al consenso emana dal basso, mentre la lega-
lità, in quanto modo di manifestarsi del comando, parte dall’alto,

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520 COSTANTINO MORTATI

riguardo al suo fondamento di validità, al principio primo che


lo costituisce e che conferisce al titolare del medesimo l’inve-
stitura al suo esercizio, con la correlativa pretesa ad ottenere la
media obbedienza; invece la legalità ha riferimento alle attività
o modalità con cui tale esercizio si svolge in concreto, sia pure
nelle diverse guise della norma o della decisione, secondo il criterio
della maggiore corrispondenza dell‘una o dell’altra ai fini politici
dell’ordinamento, ma sempre (come si è prima osservato), secondo
una normale uniformità di svolgimenti, quali aff ermantisi nella
prassi; guise che pertanto possono ricondursi allo stesso concetto
di legalità se a questo si dia un significato ampio, per esprimere
tale normalità di svolgimento del potere.
Per intendere come si renda possibile l’accostamento fra le
due categorie o la riconduzione dell’una all’altra, nel senso che
o la legittimità si assuma in funzione di legalità, oppure che vice-
versa quest’ultima si faccia valere come titolo di legittimazione,
è necessario richiamarsi al pensiero di Max Weber, che nella dot-
trina contemporanea ha promosso la problematica relativa al rap-
porto in esame (‘0). Com’è noto, egli, nell’indagare i tipi del po-
tere (considerati (( puri H perchè prescindono da altri fattori che
possono influenzare il rapporto comando-obbedienza), assume a
criterio il diverso fondamento su cui può poggiare, qual‘è desumi-
bile dalla credenza della sua legittimità da parte di coloro che
ad esso si assoggettano. Credenza che può derivare dalla sacralità
assegnata alla tradizione, o dal valore esemplare della personalità
del capo, oppure dal carattere razionale dei modi attraverso cui
si esplica il potere. Quando la razionalità si faccia consistere nella
predisposizione di regole astratte, così che lo stesso detentore del
potere, mentre comanda, si assoggetta a sua volta ad un’ordi-
namento impersonale, allora è questa legalità del modo di eser-
cizio che diviene essa stessa fonte di validità, criterio di legitti-
mazione del potere, presupposto e condizione dell’obbedienza.
Ma l’asserita impersonalità della legge, cui si fa corrispondere
una neutralità dello Stato, non può fare dimenticare che dietro
le leggi stanno gli uomini volti alla ricerca del potere e che quindi
la legittimità è sempre funzione politica dell’ideologia della classe

(la) Cfr. Economia e società (trad. it.), Milano, 1961, I, p. 207.

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TIREVI N O T E 52 1

dominante in nome della quale chiedono e riescono ad ottenere


il consenso. Da ciò segue anzitutto che vi sono vari tipi di legalità,
correlati a siffatte ideologie ed agli assetti che ad esse di adeguano.
Inoltre che la legittimità, come criterio di validità del sistema,
non può mai esaurirsi interamente nella legalità, poichè, come
si è osservato, contro di questa non possono non prevalere i valori
fondamentali che sono da soddisfare anche contro la legge, in
nome di una legittimazione istituzionale, interna al sistema, di-
versamente operante secondo le situazioni storiche ed il grado di
consolidamento del sistema legale (“).
A questo tipo di legittimazione si contrappone quella rivolu-
zionaria, espressione dello squilibrio tra struttura e consenso, ed
intesa a sostituire il titolo di validità del sistema, la quale rimane
tale anche se, come a volte accade, l’instaurazione sovvertitrice
si giova, per affermarsi, dell’uso delle forme legali proprie del
regime cui intende sostituirsi. La formula, escogitata dallo Schmitt
allorchè si discuteva circa l’ammissibilità costituzionale della no-
mina di Hitler a Cancelliere, della (( ricompensa politica al pos-
sesso legale della forza r) o G del plusvalore politico per competenze
giuridiche r) (che riecheggiava l’esortazione fatta da Lenin ai suoi
seguaci di giovarsi degli strumenti legali per introdurvi fermenti
di sovversione) non vale ad occultare l’effettiva finalità cui era
indirizzata dell’abuso delle strutture costituzionali per distor-
cerle da quelle cui erano collegate, e con le quali sarebbero poi
insieme cadute. I1 carattere solo apparentemente legalitario del
conferimento dei poteri veniva a svuotare di significato il titolo
di legittimazione che si pretendeva di assegnargli.

5. Una struttura statuale tipica in cui la legalità si fa valere


ed opera quale principio di legittimità è quella propria di una
particolare forma di Stato di diritto, qual’è lo Stato parlamentare
di legislazione, uscito dalla rivoluzione francese ed esteso progres-
sivamente a gran parte del continente europeo occidentale. A
questo tipo di Stato lo Schmitt ha dedicato un’indagine che non

(11) Non a caso le forme costituzionali sovietiche consentivano al giudice di


disapplicare la norma della legge che si palesasse, per singoli casi, i n contrasto
con il principio della legalità socialista >r.

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522 COSTANTINO MORTATI

si potrebbe pensare più vasta ed approfondita al punto da offrire un


modello insuperato del metodo da lui adottato. Metodo che lo
porta a differenziare un concetto (( assoluto H di costituzione da
un altro ((relativo)). I1 primo espressione di una situazione, cui
attribuisce valore esistenziale, autocreativo, realizzante una de-
cisione politica fondamentale avente ad oggetto l’attuazione di
una particolare specie di unità dell’ordine sociale, operante come
principio attivo del processo dinamico dell’unità stessa, che per-
tanto ne contrassegna l’identità accompagnandola in tutti i suc-
cescivi svolgimenti. Il secondo si concreta nelle leggi costituzio-
nali, che valgono come decisioni secondarie e subordinate, non
viventi di vita propria, perchè semplici riflessi della volontà po-
litica su cui poggia la costituzione nel suo primo senso.
La distinzione, che ricalca quella già ricordata fra costituzione
materiale e formale, è analizzata nella Verfassungslehre nella sua
portata generale, e di essa è poi fatta applicazione allo Stato di
diritto. I n ordine alla prima ricerca sono state altre volte p)
formulate alcune riserve, essendo sembrato che non risultassero
sufficientemente delineati nè i contrassegni tipici da richiedere al
soggetto portatore della concezione politica fondamentale, ed i
requisiti minimi dell’organizzazione necessari all’assolvimento della
funzione, nè quelli attinenti al contenuto della decisione fonda-
mentale, lasciandosi quindi in qualche modo incerto il criterio
necessario a stabilire fino a quale punto i mutamenti di struttura
e di finalità intervenuti nel corso della vita dello Stato consentano
di stabilire il mantenimento o la rottura della decisione stessa (13).
Queste incertezze si dissolvono quando si passa alla parte ap-
plicativa poichè qui i caratteri qualificanti lo Stato di diritto
(che viene contrapposto allo Stato di forza ed allo Stato di po-
lizia) sono identificati con grande nettezza, e la inscindibilità del
nesso fra assetto sociale e struttura statuale viene illustrata con

Cfr. MORTATI,Costituzione, in E n c . div., XI, p. 161.


(12)
Gli scritti minori elaborati nello stesso periodo della Vevfassungslehre
(13)

offrono poi eloquente testimonianza e conferma del rigore del pensiero di Cchmitt
nell’applicazione del metodo di indagine. Si può ricordare, a riprova, quanto è
detto nella (<Premessa o alla traduzione della (( Categoria del politico u sulla fun-
zione, nell’ordinamento weimariano, del (<centro cattolico o come polo traente,
Vero asse dell’intero equilibrio costituzionale.

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ii>REVI N O T E 523

suggestiva efficacia. Lo Stato di diritto, nella configurazione as-


sunta di Stato parlamentare di legislazione ha come suo porta-
tore il ceto borghese, qualificato dal possesso dei beni produttivi
c della cultura, e da esso si esprime un’ideologia di tipo indivi-
tlualista che porta a considerare la società come autoregolamentata
in modo spontaneo da proprie leggi, tali da far discendere il mas-
simo benessere collettivo dal libero esplicarsi delle attitudini pro-
prie di ciascuno dei suoi componenti, nel vario intrecciarsi dei
rapporti fra questi. I n corrispondenza a siffatta ideologia rimane
xffidata allo Stato una funzione meramente negativa di assicu-
razione di tale libero svolgimento. E poichè questo è considerato
in via di principio illimitato, il potere dello Stato garante deve
strutturarsi in modo che, da una parte, il suo esercizio rimanga
contenuto così da non estendersi oltre il campo strettamente atti-
nente alla funzione stessa, e, dall’altra, assicuri il massimo di im-
parzialità e di obiettività, in quanto necessarie al suo corretto
adempimento, secondo esige la posizione attribuita allo Stato di
(( servitore strettamente controllato della società o.

A questo principio, che lo Schmitt definisce di G distinzione )),


se ne collega un altro di (( organizzazione H che, indirizzato come è
ad attuare e svolgere il primo, deve presentare precisi ed indero-
gabili caratteri. I1 sistema di limiti alla sovranità dello Stato in
cui esso si concreta importa una rigida divisione dei tre poteri
sulla base del mantenimento di ciascuno di essi nell’ambito deter-
minato dall’indole delle funzioni rispettive, che però sono tali da
esigere la preminenza sulle altre, di indole esecutiva, di quella
legislativa. La signoria della legge, di un sistema chiuso di norme,
trova però un limite inderogabile al suo esercizio, di carattere
sostanziale risolvendosi nell’esigere la generalità e l’astrattezza
delle norme stesse. Inoltre l’affidamento delle medesime ad un
corpo di notabili scelti in base ad un rapporto di rappresentanza
senza vincolo di mandato rispetto al piccolissimo gruppo di elet-
tori tutti appartenenti alla stessa classe. Questo modo di attuazione
del principio rappresentativo svelava il carattere da esso rivestito
di strumento di assoluto predominio di una d i t e dirigente, ad
assicurare il quale si aggiungeva l’esclusione del diritto di suf-
fragio degli appartenenti alle altre classi, nonchè la repressione di
ogni conato di associazionismo che provenisse dai medesimi.

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524 COSTANTINO MORTATI

La comune asserzione secondo cui il regime descritto realizza


una netta separazione fra Stato e società non appare fondata
perchè in esso si realizza invece una stretta correlazione fra i
due termini; sicchè il non interventismo statale, garantito dal
monopolio del potere da parte della classe egemone, si palesa per
quello che è, strumento di conservazione del medesimo. I n questa
situazione si può ammettere una neutralità dello Stato solo nel
senso della (( neutralizzazione )i, qual’è raffigurata dallo Schmitt
di acquisizione di un terreno neutrale in cui la contesa fra le parti
venga meno e sia possibile intendersi e convincersi a vicenda:
ciò che si rende possibile sulla base dell’accettazione di un parti-
colare (( centro di riferimento )) (I4). I1 terreno neutrale non è altro
che quello risultante da un’omogeneità sociale, fondata su una
particolare concezione della libertà individuale, e che si realizza
in virtù del dominio di quanti ne erano assertori. Si attua in tale
periodo una piena corrispondenza fra costituzione materiale e co-
stituzione formale, strumentale della prima, tale da rendere uni-
tario e stabile il complessivo ordinamento. Ma secondo una legge
sociologica che lo stesso Schmitt mette in rilievo (e che richiama
il marxiano rovesciamento della prassi) è la crisi determinatasi
ad un certo momento nello stesso centro di riferimento, cui si
collega la sfera neutra, a determinare il suo spostamento ed a
condurre alla ricerca di una nuova differente sfera, suscettibile
di consentire l’intesa intorno a nuove ideologie. L’ordine razio-
nale fondato sul valore dell’individuo appare non più realizza-
bile dall’organizzazione di tipo liberale. Sono gli stessi sviluppi
del processo produttivo sulla base della proprietà e gestione pri-
vata dell’impresa che, mentre ne svelano le intime contraddi-
zioni, suscitano poi la coscienza dell’antagonismo di classe nelle
masse proletarie, le quali invocano per sè quei diritti dai quali
erano escluse. La trasformazione che ne consegue nel complessivo
assetto statale è radicale, perchè con le differenziazioni seguite
nella base sociale, si determina un mutamento dei fini imposti
allo Stato e dei compiti loro corrispondenti, che non possono più
essere limitati alla tutela della libertà e della proprietà, richie-
dendo invece la loro estensione ad ogni specie di rapporti sociali,

(14) L a categoria del politico, cit., p. 176.

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IIREVI N O T E 525

quando essi risultino richiesti dall’esigenza di correggerne le linee


(li svolgimento, ove si palesino pregiudizievoli allo sviluppo della
pcrsonalità degli appartenenti ai ceti meno abbienti. Lo Stato
tliviene auto-organizzazione della società, nel senso che tutti i
problemi economici e sociali divengono statali; ma la società a
sua volta, premendo sullo Stato con le sue spontanee nucleazioni
xssociative, trasferisce in esso le intime divisioni e contrapposi-
zioni emergenti dalla diversità degli interessi, dal vario intrecciarsi
c scontrarsi dei rapporti di forza, con correlativo pregiudizio del-
l’assolvimento della funzione di conciliazione e di sintesi che sa-
rebbe sua propria. Si verifica così uno stato di cose veramente
paradossale, quale quello derivante dal contrasto fra l’accresci-
inento imposto dalle funzioni statali, il loro maggiore tecnicismo
e la più estesa specializzazione, che avrebbe richiesto un raffor-
zamento del suo potere nonchè la continuità e coerenza della
sua azione, e l’impotenza che invece è determinata dalla influenza
vsercitata dalle spinte e controspinte provenienti da una società
profondamente divisa e resa eterogenea. Situazione che ha fatto
I’cnsare ad un ricorso storico di reviviscenza dello Stato feudale
di ceti, a sovranità frazionata, con una connessa pluralità di lea-
lismi e conflitti di lealtà.

7. I1 problema che si pone a questo punto è quello del va-


lore da assegnare alla costituzione la quale, poggiando su una
Inse sociale pluralistica, nel senso che si è detto, assuma a sua
finalità essenziale, accanto alla garanzia delle libertà, la cura di
iin’esistenza dignitosa dei cittadini e la redistribuzione del red-
dito, portando alla trasformazione dello Stato di diritto in Stato
sociale. Si è portati a chiedere quanta parte di verità sia da as-
segnare all’opinione del Burdeau, che ha trovato diffusi consen-
si (9, secondo cui alla costituzione sarebbe ormai da attribuire
i i n mero valore di (<sopravvivenza storica v.
L’affermazione, che può essere considerata sotto diversi pro-
fili, qui viene riguardata sotto quello del rapporto fra costitu-
zione formale e costituzione materiale. I1 fenomeno che più col-
pisce nelle costituzioni contemporanee è il più diffuso ed il più

(15) Richiamata fra gli altri anche dallo SCHMITT,L a categoria, cit., p. 308.

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526 COSTANTINO MORTATf

o meno netto distacco fra le due. Distacco rilevabile non solo


in quelle che si sono chiamate costituzioni (( programmi v, in quanto
espressioni di finalità di trasformazione dell’assetto sociale, pre-
determinate secondo alcune linee fondamentali, se pur proiettate
per la loro attuazione in un incerto avvenire, ma altresì nelle
altre che sono considerate espressione di un a bilancio v, cioè del-
l’avvenuta trasformazione rivoluzionaria, demolitrice di un pre-
cedente sistema ed instauratrice di una concezione dei rapporti
economico-sociali assunta quale nuovo criterio di unificazione.
Mentre nelle prime la discrepanza risulta dalla resistenza opposta
dalle forze di conservazione alle trasformazioni previste da so-
lenni proclamazioni di principio, la cui attuazione contrasta con
gli interessi che ad esse fanno capo, nelle altre appare legata al
timore della reviviscenza di aspirazioni e di formazioni collegan-
tisi all’assetto contro cui la rivoluzione si era rivolta. Peraltro
in queste ultime l’omogeneità introdotta nel tessuto sociale con-
sente l’unitarietà dell’azione statale, sia pure attraverso forme di-
verse d a quelle predisposte dalla costituzione scritta, ed altresì
con il sacrificio di alcune delle libertà, anche se solennemente
proclamate, mentre nelle prime è questa stessa unitarietà che
risulta compromessa per il contrasto che si determina fra la di-
fesa del vecchio assetto e gli assalti per opera di uno o di altro degli
impulsi di rinnovamento ( 1 6 ) .

8. I1 problema sostanziale che si pone verte sulla stessa


adattabilità della categoria della costituzione ad una situazione
che, da una parte, estenda i compiti dello Stato dalla tutela della
libertà alla cura dello sviluppo della persona e ad un’equa distri-
buzione del reddito, ed in cui, dall’altra parte, si afferma una su-
premazia della società di contrapposto a quella dello Stato. I1
Forsthoff (l7), uno dei più tenaci ed autorevoli sostenitori di tale

(I6) Cfr. LOEWENSTEIN, RéfZections SUY la valeuv de la constitution dans u n e


époque réuolutionnaire, in Rev. franc. de science politique, 1952,p. 20, che distingue
in questa specie di costituzioni inficiate da interna contraddizione quelle (i no-
minali )) dalle altre <( semantiche n.
(1’) V. di tale A. gli scritti pubblicati nei Festschrift fur Schmitt, Berlin, 1959
e 1968, (i Die Umbildung des Verfassungsgesetzes >> e <i Zur heutigen Sitztation einer

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IIREVI idOTfi 527

opinione, riferendosi ai due principi schmittiani ordinatori dello


Stato di diritto, della distinzione e dell’organizzazione, osserva,
i i i ordine al primo, che l’interventismo statale nella vita sociale
fa necessariamente cadere il contrassegno tipico dello Stato di
tliritto e, con esso, le modalità necessarie alla tutela della libertà.
liifatti, da una parte, il collegamento che si viene ponendo fra le
liorme di legge e i valori, richiamati da principi più o meno ela-
sticamente formulati, conduce ad applicazioni basate non più
su un procedimento di deduzione logica (proprio del pensiero giu-
ridico), ma invece fatte discendere da criteri politici in base ai
cluali l’interprete si fa giudice del rango in cui sono da porre le
singole norme, nei rapporti reciproci. Dall’altra parte, la natura
tlcgli interventi richiesti allo Stato conduce a privare la legge
tlella generalità ed astrattezza per conferirle carattere provvedi-
mentale. Ciò si riflette sul principio di organizzazione perchè
trasforma radicalmente i rapporti fra i poteri e non salvaguarda
più la distinzione fra le rispettive sfere di competenza, da cui
tlipendeva la garanzia dei diritti, facendo, inoltre cadere la supre-
iiiazia del Parlamento, rivelatosi non più idoneo ai nuovi compiti (e
con esso il concetto tradizionale di rappresentanza), rendendolo
;iltresì succube delle pressioni esercitate da una molteplicità di
;issociazioni sorte a tutela di interessi frazionari. Tutto questo,
mentre toglie alla costituzione la funzione sua propria di sostegno
;id un assetto stabile ed unitario e le sottrae ogni carattere di
razionalità, preclude poi alla scienza del diritto di procedere ad
una sua conoscenza sistematica, esponendola altresì al rischio di
cadere nel dilettantismo.

g. L’opinione ora esposta, nella sua parte in cui fa inerire


:i1 concetto di costituzione uno specifico contenuto, quale quello
tlcl complesso organizzativo e funzionale proprio dello Stato di
tliritto, riecheggia il pensiero espresso nell’art. 16 della (t Dichia-
razione dei diritti o de11’89 (secondo cui la società nella quale la
garanzia dei diritti non è assicurata e la separazione dei poteri
iion è determinata non ha costituzione) ed assolutizza secondo

Verfassungslehre>),p. 35 e 184, e più recentemente in Der Staat der lndustrie-


gesellschaft, Munchen, 1971~.

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528 COSTANTINO MORTATI

un modello ideale un assetto, legato invece a contingenze storiche


ben definite.
Come lo Schmitt ha osservato, è solo sulla base di una speci-
fica concezione politica che può attribuirsi ad una costituzione
la qualifica di (( vera )) o G pura o, fatta derivare dall’assumere ad
oggetto della propria tutela interessi corrispondenti alla conce-
zione stessa. E poichè concetti della vita statale, come libertà, sicu-
rezza, diritto, ordine pubblico possono assumere significati diversi
secondo il tipo dell’assetto voluto realizzare, è sulla base di quello
fra essi ritenuto il solo corrispondente al tipo stesso che si giunge
ad assolutizzare il concetto di costituzione.
Non può quindi configurarsi una concezione dello Stato di
diritto che si risolva in termini esclusivamente giuridici, dato
che essa ha senso solo se messa in correlazione alla complessiva
struttura politica in cui viene a realizzarsi. Le garanzie che se ne
fanno discendere non si possono ricollegare in modo puro e sem-
plice alla sovranità della legge generale, dato che l’astratta norma-
zione legale opera solo attraverso le valutazioni subiettive del-
l’interprete; e neanche alla separazione dei poteri, perchè, a parte
l’esigenza del rispetto del momento unitario rappresentato dal-
l’indirizzo politico, che conduce a far convergere nelle linee fonda-
mentali ciascuna delle parti verso una stessa meta, può, entro
il margine in cui riesce a realizzarsi, trovare modi di attuazione
secondo modelli diversi da quelli tradizionali. Quando si attri-
buisce ai congegni giuridici tipici dello Stato di diritto la bontà
del funzionamento del sistema, si trascura di considerare come
esso discendeva in realtà dall’armonia che si era riuscito a realiz-
zare fra lo Stato e determinati settori della società politicamente
influenti.
I1 vero problema è piuttosto quello di stabilire quale senso
sia da dare alla costituzione materiale negli ordinamenti contem-
poranei dell’Europa occidentale, sorti da accordi fra parti rappre-
sentative di interessi fra loro gravemente divergenti, ed anzi in
conflitto latente, e che hanno assunto carattere compromissorio,
avendo esse voluto evitare di procedere a scelte in ordine alla
grande alternativa che si poneva fra la conservazione dell’ordine
sociale borghese e quello socialista, il che ha condotto ad operare

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IIREVI N O T E 529

una giustapposizione di proclamazioni di principi interpretabili


iicll’uno e nell’altro senso.
La decisione politica fondamentale intorno ai modi e forme
dell’unità di un popolo, in cui, come si è visto, si sostanzia la co-
stituzione materiale, nella situazione menzionata, non trova alla
sua base una classe politica fornita di un minimo di omogeneità
c neppure un univoco principio aggregativo. L’oggetto dell’ac-
cordo si limita all’impegno del rispetto del metodo democratico,
del libero esplicarsi, in un giuoco leale, dei movimenti a sostegno
degli interessi in contrasto. Anche ammesso che una decisione
contenuta in tali confini sia sufficiente a dar vita ad una costitu-
zione nel senso qui considerato, si sarebbero dovuti predisporre
procedimenti di formazione della volontà statale tali da consen-
tire alle parti chiamate a dare corso ad essa la confluenza in ri-
soluzioni organiche, così da assicurare alla volontà stessa armonia
e continuità. È invece avvenuto che allo scopo ora detto è stato
preposto un organo, come il Parlamento, strutturato secondo gli
schemi del passato, inidoneo al compito da assolvere, sia per il
difetto di quelle doti di tecnicismo che invece esso avrebbe richiesto,
sia per la insufficienza del criterio rappresentativo assunto per
la sua composizione a riflettere la varietà e molteplicità dei corpi
intermedi sorti ed operanti nella nuova società. Sicché essi, rimasti
csclusi da una partecipazione diretta al processo di formazione
dei Parlamenti, premono su di esso dal di fuori, in modo disor-
ganico e settoriale, pregiudicando il conseguimento di sintesi ar-
moniche.
Ma il problema sostanziale è quello che sorge dal rigetto che
deve farsi della tesi secondo cui il contenuto di un ordinamento
costituzionale possa esaurirsi nell’accordo sul metodo dell’azione
politica. I1 qualificare con il nome di ((costituzioni aperte o gli
assetti di tipo compromissorio di cui si parla, non può importare
la conseguenza che ad esse siano consentiti svolgimenti verso
qualsiasi direzione, poichè, se così fosse, verrebbe meno la loro
funzione stabilizzatrice, richiedente la configurazione del tipo di
unità che dalla costituzione si esprime.
Vi è al riguardo da considerare anzitutto che l’accoglimento
del principio democratico non ne può esaurire la funzione con
la semplice introduzione di determinati congegni procedimentali,

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530 COSTANTINO MORTATI

perchè esso si radica necessariamente in presupposti che atten-


gono al valore della persona, quale che sia la funzione sociale
cui sia addetta, ed esigono il suo potenziamento e la sua parteci-
pazione ai beni della vita, in posizione di sostanziale eguaglianza.
I1 che richiede l’adozione di un indirizzo che consenta l’attuazione
di tali postulati, poichè, se ciò facesse difetto, se si trascurasse di
mettere in moto un processo di avviamento verso un nuovo or-
dine socio-economico, la democrazia, come è stato detto, appari-
rebbe come la maschera della preesistente oligarchia economica.
Ed infatti i principi così postulati formano oggetto di solenni
proclamazioni preposte alle costituzioni contemporanee, e ad esse
ci si deve richiamare per stabilire l’ordine di priorità e di preva-
lenza fra le norme poste a tutela dei vari interessi.
A spingere verso siffatta evoluzione interviene poi un altro
fattore, operante d’interno stesso della struttura dell’odierno si-
stema produttivo, basato sulla grande industria, che conduce ad
interventi statali di tipo pianificatorio. Interventi che non pos-
sono non comportare il raggiungimento di nuovi equilibri nel rap-
porto economia-società, e che richiedono l’assunzione di nuovi
valori da porre a base dei medesimi e di nuove forme di parteci-
pazione al potere da parte della comunità sociale, le quali neces-
sariamente conducono ad un rinnovamento dei sistemi rappre-
sentativi ed altresì, sotto un altro aspetto, ad un potenziamento
dell’autoritarismo statale.
È chiaro che se la spinta proveniente dai presupposti del prin-
cipio democratico e dall’assetto economico riuscirà ad evere ra-
gione delle resistenze opposte agli svolgimenti ad essi corrispon-
denti, realizzando un lineare processo dinamico di integrazione,
allora la costituzione materiale riuscirà a trovare la base uni-
taria, l’omogeneità di cui abbisogna. Se altrimenti dovesse avve-
nire, la costituzione compromicsoria si dissolverebbe nell’urto in-
formale delle parti contrapposte, al cui esito sarebbe poi da af-
fidare il conseguimento di un nuovo ordine.
Questa situazione di transizione non fa venir meno la funzione
della scienza costituzionale, che deve indirizzarsi a cogliere e ad
approfondire la portata dei principi fondamentali e, sulla loro
base, procedere alla ricostruzione di un sistema delle norme che

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IìREVI NOTE 531

meglio riesca ad armonizzarle con i medesimi ed a comporle in


iin’unità quanto più possibile coerente, da servire quale parametro
pcr la valutazione dei comportamenti degli organi tenuti ad at-
tuare i principi stessi.
L’asserzione secondo cui, in tale temperie, non si rende possi-
bile una conoscenza scientifica della costituzione sarebbe valida
solo ove si facesse coincidere l’oggetto di tale conoscenza con un
sistema chiuso di norme, da interpretare senza riferimento a va-
lori, attraverso precise deduzioni logiche. Essa non può essere
condivisa nell’assolutezza con cui è formulata, posto che sempre
Ic statuizioni costituzionali sono espressione di valori, e, data la
iiccessaria elasticità delle loro formulazioni, si rende sempre ne-
ccsario risalire ad essi per procedere ad una corretta interpreta-
zione, sicchè è illusorio che questa si effettui in via di pura dedu-
zione logica.
Certo il compito della ricostruzione sistematica di un ordina-
iiiento diviene assai più complesso allorché le norme non siano
riconducibili a valori fra loro omogenei ed altresì quando si ve-
iifichi una sfasatura fra le finalità affidate all’attività statale e gli
strumenti organizzativi predisposti per la loro attuazione. Oc-
corre, per una parte, ed in limine procedere ad un’opzione di fondo
circa la concezione da assumere a base della costruzione intrapresa,
con lo sguardo rivolto alla complessiva realtà sociale, da utiliz-
zare quale criterio di quella graduazione di valori, alla quale si è
accennato; per un’altra, denunciare la inadeguatezza degli assetti
organizzativi vigenti rispetto ai fini da conseguire additando le
vie per il suo superamento.
Non può opporsi l’estraneità di tali ricerche alla competenza
tlcl giurista, né allegarsi il pericolo della perdita dell’obiettività
cui deve ispirarsi la sua opera. Infatti il compito dello studioso
tlvl fenomeno giuridico non può essere puramente descrittivo del-
l’ordine normativo in atto. Visto che questo è in perpetuo dive-
iiire, egli non può sottrarsi all’indagine circa la sussistenza e per-
iiianenza del rapporto di armonia fra il medesimo e le situazioni
concrete cui esso ha riguardo.
Quanto alla temuta compromissione del requisito dell’obietti-
vità è da osservare che nessuna dottrina sfugge ai condizionamenti
tlclla situazione socio-politica dell’epoca storica in cui opera, né

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532 COSTANTINO MORTATI

le è possibile sottrarsi all’influenza dell’uno o dell’altro degli orien-


tamenti ideologici che in essa si dibattono, secondo può riuscire
facilmente comprovato da un esame storico del pensiero giuridico.
Quando, per esempio, il Forsthoff prende posizione contro gli
interventi diretti dello Stato nella materia della ripartizione dei
redditi, sostenendo che nell’attuale stadio di industria e tecnica
il mezzo più proprio per procedere ad essa sia la politica tribu-
taria (Is), procede a valutazioni di congruenza fra fini e mezzi,
che sottintendono appunto un’opzione circa la preminenza del-
l’uno o dell’altro degli orientamenti accolti nella costituzione for-
male. È stato esattamente osservato che l’obiettività, rivendicata
per sé dal positivismo giuridico, malamente cela l’intento politico
che promuove le soluzioni accolte, le scelte ideologiche di fondo
ed i modelli costituzionali presupposti.
Così operando la scienza giuridica rivela la sua vera essenza
di parte attiva dell’esperienza giuridica, di vera fonte del diritto
obiettivo; riuscendo la sua influenza tanto più efficace quanto
maggiormente le indagini svolte riescano a penetrare nel vivo
tessuto della società per coglierne le esigenze più pressanti ed
indirizzarsi verso le soluzioni meglio idonee a soddisfarle.

(la) Cfr. Zur heutigen Situation einer Verfassungslehre, cit., p. 192.

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