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Può succedere che in una prima sentata questo rinomato romanzo non sembrasse
una grande cosa: le vicende nomale della vita di una bambina di quartiere. Dopo, nel
trascorso della lettura, senza che uno possa rendersi conto, il lettore c’è subitamente
dentro di un mondo che gli è completamente familiare ma anche estraneo. Tutti siamo
stati bambini, tutti abbiamo avuto amici involventi e sentito la presenza soffocante dei
genitori; però, inoltre, tutti abbiamo sperimentato la gelosia, la paura, la competitività, il
mettere lo conosciuto sotto sospetto. Trovammo le due facce esaltate al massimo, la
differenza ricade che qui, in una scrittura di bambini attraversata per la visione adulta, si
può identificare e darle un nome alle cose. Però la confusione e i sentimenti intensi ma
anche sfocati rimangono della concezione infantile. La dualità persiste, ma della stesa
forma come fra Lila y Lenù (le protagoniste del teso) per momenti ne deviene in
simbiotica e senza limiti precisi, lo steso accade nel resto dei aspetti della scrittura. L’io
narrante è attraente però non ci lascia identificarci con lei. Non si sa mai chi è il buono
e chi il cattivo, se ripresenta in i personaggi la complessità umana con punti positivi y
negativi. Per momenti non c’è terreno firme da cui osservare a questa piccola creazione.