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Opere esegetiche I
I SEI GIORNI
DELLA CREAZIONE
Milano Roma
Biblioteca Ambrosiana Città Nuova Editrice
1979
INTRODUZIONE
Fino dai prim i secoli della Chiesa molti furono gli esegeti del
prim o capitolo della G en esil. P er ricordarne solo alcuni, citerem o
O rigene2 e S. Basilio di Cesarea3 fra i Greci, Lattanzio4 e S. Ago
stin o* fra i Latini. Possono spiegare questo interesse, che si pro
lunga nel corso del tempo, sia le ragioni liturgiche che con
sigliavano di com m entare testi largamente impiegati durante le
celebrazioni quaresimali sia, soprattutto, la necessità d’illustrare,
specie in contrapposizione con i vari sistem i ereditati dalla filo
sofia classica, l'origine del mondo, punto di partenza p er la storia
della salvezzas.
Si com prènde perciò com e anche S. Am brogio abbia ritenuto
opportuno affrontare tale argomento, probabilmente nel corso del
la Quaresima del 387, e precisam ente nei sei giorni della Setti
mana Santa dal 19 al 24 aprile7.
(V, 23, 79) deriva dalla prima lettera dì Clemente n, l'episodio del
canto dell'usignolo (V, 12, 39) da un carme deZZ’Anthologia Latina23.
Sempre secondo lo S chenklu, Ambrogio non avrebbe usato la
Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, com e sarebbe dimostrato
dal fatto ch’egli non adopera mai, p er lo stesso argomento, i me
desimi vocaboli impiegati dall’autore latino25. Non va taciuto che
le nozioni scientifiche di S. Ambrogio non sono, nella maggior
parte dei casi, frutto di osservazione diretta e che vengono accolte
da lui tradizioni leggendarie e opinioni infondate26.
Come si potrà riscontrare dai rimandi in nota alla traduzione,
nell’Exameron sono numerosissime, più d’un centinaio, le riso
nanze di V irgilio21, poche quelle di Lucrezio, di Sallustio e di Ovidio.
Non mancano inoltre echi di Varrone, di Orazio e, forse, di Ma
cr o b io 2*. Non si tratta di vere citazioni, ma, per lo più, di un
inserimento nel tessuto del discorso di espressioni che per la toro
carica poetica o per la loro suggestione allusiva contribuiscono al
l'efficacia dell’esposizione.
Di qui prende l’avvio una serie di considerazioni senza le
quali il giudizio sull’opera ambrosiana risulterebbe incompleto
e perciò ingiusto. Nonostante i modelli, ciò che colpisce in Am
brogio è la sensibilità vibrante per gli spettacoli naturali in cui
la potenza divina si manifesta. Sua caratteristica è il gioioso com-
22 C. 25.
23 762 R.
24 Op. cit., p. XVI: Ne id quidem concedam Ambrosium scriptores La
tinos, qui in rebus naturalibus explicandis maxime excelluerunt, omnes le
gisse. Veluti num Plinii Naturali historiae uel aliquod studium impenderit
quam maxime dubito.
25 Pur senza pretendere di smentire radicalmente l'affermazione dell’il
lustre studioso tedesco, mi permetto di citare qui sotto due passi nei quali,
anche se non materialmente, i vocaboli di Plinio e di Ambrogio presentano
una corrispondenza che potrebbe non essere casuale: a) N.H., XXV, 53, 92:
(Ceruae) ostendere, ut indicauimus, dictamnum uulneratae pastu statim
telis decidentibus . Exam., I l i , 9, 40: C ibus illis ergo medicina est, ut resilire
sagittas uideas ex uulnere. b) N.H., X, 3, 13: Alterum expellunt taedio nu
triendi. Exam., V, 18, 60: quod aliqui jieri putauerunt geminandorum alimen
torum FASTIDIO.
26 Vedi, p. es., la capacità della remora di fermare le navi (V, 10, 31),
la trasformazione dell’acqua in sale nell’Oceano (V, 11, 33), la restituzione
della vista ai rondinini (V, 17, 57), la fecondità verginale degli avvoltoi (V,
20, 64-5) e delle api (V, 21, 67), la resurrezione della fenice (V, 23, 79). A V,
12, 39. S. Ambrogio dichiara di riassumere da incompetente nozioni elementari.
27 S chenkl, op. cit., p. XVII, n. 1. M.D. D iederich, Ver gii in works of St.
Ambrose, The Catholic University o f America, Washington 1931, pp. 28-30,
elenca quattordici « imitazioni », ritenute sicure, dalle Bucoliche, settantadue
dalle Georgiche, settantuno daU'Eneide, più altre quattro dubbie dalle Bu
coliche, ventuno dalle Georgiche, quarantanove daU’Eneide. Sui procedimenti
con i quali S. Ambrogio utilizza i testi virgiliani, vedi pp. 6-28. Vedi anche
L. A lfonsi, L’ecfrasis ambrosiana del « libro delle api vergiliano », Vetera
Christianorum, 1965, 2, pp. 129-138; A.V. N azzaro, La I Ecloga virgiliana nella
lettura d'Ambrogio, in « Ambrosius episcopus », Atti del Congresso intemazio
nale di studi ambrosiani, ecc., a cura di G. Lazzati, Vita e Pensiero, Milano
1976, II, pp. 312-324.
28 P. C ourcelle, Nouveaux aspects du platonisme chez Saint Ambroise,
Revue des études latines, 34, 1956, pp. 232-234.
18 INTRODUZIONE
* * *
SERMO I
Caput I
I SERMONE
Capitolo 1
1. Gli uomini in verità hanno con cep ito1 una cosi grande
opinione di sé, che alcuni di loro, com e Platone2 e i suoi discepoli,
fissano tre principi di tutto ciò che esiste: Dio, il m odello esem
plare e la materia. Essi affermano che tali principi sono incorrotti,
increati e senza un inizio e che Dio, non com e creatore della ma
teria, ma com e artefice che riproduce un modello, ispirandosi
cioè all’idea, form ò il m ondo della materia, che chiamano uXiq 3, la
quale ha dato origine a tutte le cose; perfino lo stesso m ondo ri
tennero incorrotto, non creato né fatto. Anche altri, com e sostenne
Aristotele4 con i suoi discepoli, posero due principi, la materia e
la forma, e con questo un terzo chiamato attivo5, in grado di
attuare convenientemente quello cui ritenesse di porre mano.
2. Che c ’è dunque di tanto sconveniente quanto l’aver essi
congiunto l’eternità dell’opera con quella di Dio onnipotente o
l’aver chiamato Dio l’opera stessa, cosi da tributare onori divini
al cielo, alla terra, al mare? Da tali premesse derivò la loro con
vinzione che parti del m ondo fossero dèi, pur essendoci fra loro
una controversia non trascurabile sul m ondo stesso.
3. Pitagora afferma che esiste un solo mondo, altri dicono
che ce ine sono innumerevoli, com e scrive Democrito cui gli anti
chi attribuirono grandissima autorità nel campo delle ricerche
1 Infinito esclamativo; cf. Hor., Sat., 9, 72-3: Huncine solem / tam ni
grum surfexe mihi!
2 Cf. Hipp., Philosophumena, 19, 1, in D iels , Doxographi Graeci, p. 567,
7, che deve ritenersi là fonte principale ed immediata di questo passo. Sulla
questione delle fonti usate da S. Ambrogio per il primo capitolo dell’-Exa-
meron, vedi Pépin, op. cit., 527-533; cf. M adec, Saint Ambroise et la philo-
sophie, Études augustiniennes, Paris 1974, p. 47.
3 «"YXt): termine usato in filosofia per la prima volta da Aristotele ad
indicare la « materia » in contrapposizione alla « forma » { Met., 6, 10, 4). E
adoperato anche da Ippolito nel passo sopra citato.
4 V e d i so p ra n. 3. S e co n d o il Pépin, op. cit., pp . 513-515, tu tto il ca p ito lo
risen tireb b e della d ottrin a del giovan e A ristotele, esp osta nel De philosophia ;
vedi anche Madec, op. cit., p . 134.
5 L'aggettivo operatorius rende il TOWjTtJtó? di Filone; vedi Pépin, op. cit.,
pp . 338-339.
26 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 1, 3-4 - C. 2, 5
Caput II
a G en 1, 1.
b Io 8, 25.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 27
Capitolo 2
6 Cf. Cic., Acad., II, 17, 55: Dein confugis ad physicos (i filosofi natura
listi), eos qui maxime in Academia irridentur, a quibus ne tu quidem iam
te abstinebis, et ais Democritum dicere innumerabiles esse mundos; vedi an
che De nat. deor., I, 45, 120. Cf. Hipp., Philos., 13, 2, in D ie ls , D o x . Gr., p. 565, 9.
7 Hipp., Philos., 20, 6, in D iels, D o x . Gr., p. 574, 34; cf. P h ilq , D e a e t.
mundi, 3.
8 Forse si allude a Plat., Tim., 27d-29b, testo che S. Ambrogio doveva
conoscere nella traduzione di Cicerone ora perduta (S chenkl, op. cit., p. XVI).
9 Cf. Cic., De nat. deor., II, 17, 46: Epicurus... dicat se non posse in
tellegere qualis sit uolubilis et rotundus deus; I, 10, 24: Quae uero uita tri
buitur isti rotundo deo?
1 II testo greco ha: TJjv ApxV xaì XaX£> ó(ùv da tradursi: « Proprio
quello che vi dico » (Rossano). TJjv àpxV è un accusativo avverbiale. S.
Ambrogio intende in riferimento al Verbo di Dio, seguendo O rigene, Com
mento a Giovanni I-II (cfr. trad. e note di E. Corsini, Torino 1968).
2 Confuta la ben nota teoria platonica esposta nel Timeo: vedi n. 8 del
capitolo precedente.
28 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 2, 5-7
c Ex 2, 5 et 10.
d Ex 2, 15.
e Ex 2, 11 ss.
f Deut 34, 10.
e Ex 12, 6-8.
h Ex 4, 12.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 29
Caput III
* Ps 103, 24.
*> Ps 32, 9.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 31
Capitolo 3
10 Vedi nota 2.
11 Bas., Hexaem., 8 B (3 A): "Ovrto; Ecttòv àpàxvrj? óipatvouaiv ol Taùm
Ypà<povTe<;, ot oStcùs Xercrài; yuà avu7roaTaTou? àpx«s oùpavoù xal yrjt; xal S-aXar-
n jS òram -8i(ievot.
que enim sphaerae potes initium repperire uel unde coeperit glo
bus lunae uel ubi desinat menstrua lunae defectione. Neque uero
si ipse non conprehendas, idcirco non coepit aut nequaquam de*
sinet. Si ipse circuitum uel atramento uel graphio ducas uel centro
exprimas, unde coeperis aut ibi desieris interuallo interposito non
facile uel oculis colliges uel mente repetes: et tamen et coepisse
et desiuisse te ipse tibi testis es. Nam etsi sensum subterfugit,
ueritatem non subruit. Quae autem initium habent et finem habent
et quibus finis datur initium datum constat. Finem autem mundi
futurum ipse saluator docet in euangelio suo dicens: Praeterit
enim figura huius m undi1 et caelum et terra praeteribuntm et
infra: E cce ego uobiscum sum usque ad consummationem m undin.
Caput IV
‘ 1 Cor 7, 31.
Mt 24, 35.
n Mt 28, 20.
Capitolo 4
4 Cf. Cic., De nat. deor., II, 18, 47: Cumque duae formae praestantes
sint, ex solidis globus (sic enim a9<xipa\; interpretari placet), ex planis autem
circulus aut orbis, qui xiixXo; Graece dicitur, his duabus formis contingit
solis ut omnes earum partes sint inter se simillimae a medioque tantum absit
omne extremum quantum idem a summo, quo nihil fieri potest aptius.
5 Bas., Hexaem., 9 B (4 A B ): 'AXkà xoLv tt)v StoKpeuyfl, Tfj y e aXv)$c£a
toxvtoji; à n o t iv o ? ^p^axo ó xévrptjj x a i Sicta-n/j^arC r iv i aù róv (c io è
tò v xuxXov).
terram, id est in exordio mundi, quando fieri coepit, sicut ait sa
pientia: Cum pararet caelos, cum illo eram b. Ad numerum autem
si referamus, ita conuenit, ut accipias: inprimis fecit caelum et
terram, deinde colles, regiones, fines inhabitabiles uel sic: ante
reliquas uisibiles creaturas, diem, noctem, ligna fructifera, animan
tium genera diuersa, caelum et terram fecit. Si uero ad fundamen
tum referas, principium terrae fundamentum esse legisti dicente
sapientia: Quando fortia faciebat fundamenta terrae, eram penes
illum disponensc. Est etiam bonae principium disciplinae, sicut
est illud: Initium sapientiae timor d om inid, quoniam qui timet
dominum declinat errorem et ad uirtutis semitam" uias suas diri
git. Nisi enim quis timuerit deum, non potest renuntiare peccato.
b Prou 8, 27.
c Prou 8, 29-30.
d Ps 110, 10; Prou 1, 7.
<= Ex 12, 2.
f Gen 1, 11.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 37
3 Philo, De op. mundi, 7 (I, 5, 45; 7, 17 C); cf. Cic., De nat. deor., I, 10,
24: atque terrae maximas regiones inhabitabiles atque incultas uidemus. Si
noti però che in Cicerone l’aggettivo inhabitabilis significa « inabitabile » come
in italiano. Non cosi in S. Ambrogio. Intendo regiones = « pianure », in oppo
sizione a colles = « monti ».
4 Cf. Vero., Georg., II, 336-345.
5 quo = quo initio.
6 I Settanta (Gen, 1, 11) hanno: BXacrnfjaàTO) % y5j PotAvt)V /óp-rou, oneìpov
07tép(jta xaxà l'évo? xal x tò ’ 6(ioiór»jTa ...
Come si vede, sembra che S. Ambrogio, alterando il testo, riferisca se
minans a terra.
7 Cf. Verg., Georg., II, 317-8: Rura gelu tum claudit hiems nec semine
iacto / concretam patitur radicem adfigere terrae; Lucr., IV, 652-653. Cf. an-
38 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 4, 13-15
e Ex 12, 2.
h 1 Cor 10, 1-2.
i Io 14, 30.
i Num 24, 20.
m Ps 36, 28.
” Io 8, 44.
o Apoc 1, 17; 21, 6.
che V erg., Georg., II, 330-331: parturit almus ager Zephyrique trementibus
auris / laxant arua sinus.
8 Cf. V erg., Georg., II, 343-345: Nec res hunc tenerae possent perferre
laborem / si non tanta quies iret frigusque caloremque / inter, et exciperet
caeli indulgentia terras. Cf. Bue., VI, 33-34.
9 Come osserva il Coppa (op. cit., p. 122, n. 45) con la parola rigenerati
si indicano i battezzati. Il passo dell’E sodo (12, 2) sopra citato e qui sotto
ripetuto era letto nella veglia del Sabato Santo, in cui si battezzavano i
catecumeni.
10 Per intellegibilis = « simbolico », vedi B laise-Chirat, sub uoce.
40 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 4, 15-16
p Io 8, 25.
« Prou 8, 22; cf. Lue 20, 21.
r Io 1, 3.
s Col 1, 17.
‘ Ex 4, 22.
u Rom 8, 20.
v Ps 18, 1.
w Rom 1, 20.
* Col 1, 16.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 41
dopo di lui. Secondo il Vangelo, l’inizio delle vie del Signore sta
nella sua opera, affinché per suo mezzo il genere umano impa
rasse a seguire le vie del Signore e a compiere le opere di Dio.
In tale principio, cioè in Cristo, Dio creò il cielo e la terra, perché
per mezzo di lui tutto fu fatto e senza di lui non fu fatto nulla
di ciò ch'è stato fatto: in lui, perché in lui sussistono tutte le cose
ed egli è il primogenito di tutte le creature sia perché è prima di
ogni creatura sia perché è santo, dato che i primogeniti sono santi,
come era primogenito Israele, non perché fosse prima di tutti i
popoli, ma perché più santo di tutti gli altri. Invece il Signore è
santo sopra ogni creatura anche secondo la sua incarnazione, per
ché è il solo senza peccato, il solo senza vanità, mentre ogni crea
tura è soggetta alla vanità.
16. Possiamo anche intendere: In principio Iddio creò il cie
lo e la terra, cioè prima del tempo, com e il principio di una strada
non è ancora la strada e l’inizio d'una casa non è ancora la casa u.
Altri disse év xecpaXouo)12, cioè nell'insieme, espressione la quale
indica che l’insieme della creazione fu com piuto in breve tempo,
in un istante. Vi sono dunque anche quelli che intendono princi
pio non riferito al tempo, ma prima del tempo, e xecpàXaiov cioè
capo, per usare il termine latino, com e insieme dell’opera, perché
il cielo e la terra sono l’insieme delle cose visibili; e sembra che
essi siano destinati non solo ad abbellire questo mondo, ma anche
a dimostrare l’esistenza delle realtà invisibili e, per cosi dire, ad
essere un argomento delle cose che non si v e d o n o 13, com e suona
il detto del profeta: I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamen
to annuncia l'opera delle sue mani. Riprendendo questo concetto,
l’Apostolo con altre parole ha espresso la medesima idea dicendo:
Le sue perfezioni invisibili si com prendono per mezzo delle opere
che sono state compiute. Comprendiamo facilmente che ha creato
gli angeli, le dominazioni, le potestà colui che con il suo cenno
istantaneo ha creato dal nulla questa cosi meravigliosa bellezza
dell’universo che prima non esisteva e ha dato realtà sostanziale
a cose e a cause che prima non sussistevano.
11 Bas., Hexaem., 16 C (7 A): 'Q? yàp f) dtpx^j Tt\c, ó8où o&wo 68ò? xal •?)
&PX^) obcta; oùx olxta, ourto xaì f) tou xpóvou àpx'ì) ofliro) XP^V0? •••
12 Bas., Hexaem., 17 A (7 B): ’ Ev xe<paXatci> èrcotriasv 6 ©ei?, toutéotiv,
dt&pótùi; xaì èv èXtytj).
13 Bas., Hexaem., 16 C (6 E ): . . . efrrep (6 xócjxoi;) TtjS fr m ijjux<5v XoytxSv
SiSaaxaXeiov x a l S-coyv<oa(a? èuri 7tai8euT/jpiov, 8tà tóìv ópoifiévcov x a l ala<b)Tc5v
Xstpaytoytav -reo vtò 7tapex6(ievoi; 7tpò<; rJjv -^eoiptav tgSv àopàxcov, xaS-à <pi)oiv 6
à7ró<TToXo? ...
42 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 5, 17-19
Caput V
» Ps 103, 24.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 43
Capitolo 5
*> Io 1, 1.
c Col 1, 16.
d Ps 2, 8.
e Rom 11, 36.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 45
Caput VI
a Is 51, 6.
b Is 40, 22.
c Is 40, 22; 34, 4.
d Lc 10, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 47
Capitolo 6
* Iob 26, 7.
f Iob 38, 7.
* Iob 38, 4-6.
h Iob 38, 10-1.
i Ps 103, 5.
i Ps 74, 4.
" Ps 103, 32.
n Agg 2, 6 (7).
» Iob 9, 6.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 49
* Sono contrassegnati con l’indicazione Sept. i passi che non hanno cor
spondenza né letterale né, quanto meno, concettuale con la Vulgata. Per i
Settanta è stata usata la nona edizione del Rahlfs.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 51
v Ps 101, 26-28.
W Mt 24, 35.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 53
SERMO II
Caput VII
2 Ps 148, 5.
a Gen 1, 2.
b Gen 4, 2.
c Gen 4, 20-21.
i Iob 1, 1.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 55
II SERMONE
Capitolo 7
1 Bas., Hexaem., 29 AC (12 CE): 'H 8è -ffj $jv, (pvjatv, àópaTo? xal àxaTa-
aneuocaxos ...
2 L’obiezione dipende dall’uso dell’imperfetto che solitamente indica azione
continuata nel passato.
56 EXAMERON, DIES I , SER. I I , C. 7, 25-26
« Is 24, 16 (Sept.).
f Is 18, 1.
* Sap 5, 12.
h 1 Tim 6, 16.
i Io 17, 14.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 57
3 Cf. Verg., Aen., I, 301; VI, 19. Nonostante l’uso della metafora virgiliana,
impiegata qui come puro elemento di suggestione letteraria, da ciò che segue
risulta ben chiaro che S. Ambrogio intende escludere l'ipotesi di una terra
fornita di ali.
4 Is., 24, 16: ’Attò tGv TtTepuyoiv tt)? 'répotToc r)nou<ra[xev ’E)arì,s T<jS eò-
aefiei. La Vulgata ha invece: A finibus terrae laudes audiuimus, gloriam
Iusti.
5 Is., 18, 1: Oùal y ijs 7tXotwv 7rrépuye? (Vae terrae cymbalo alarum).
e Bas., Hexaem., 29 BC (12 E); 33 C (14 E); 36 A (15 A).
58 EXAMERON, DIES I , SER. I I , C. 7, 26-27
• Ps 13, 2.
™ Ps 75, 9.
n Ps 32, 9.
° Io 11, 39-44.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 59
la terra trem ò e più non si mosse. A buon diritto era invisibile per
ché informe, in quanto fino a quel momento non aveva ricevuto
dal proprio Creatore l’aspetto e la bellezza che le si addicevano.
27. Forse potrebbero dire: « Perché Iddio, com e parlò e il ci
e la terra furono creati, non diede agli elementi nascenti anche il
conveniente ornamento quasi che il cielo, non appena creato, non
potesse risplendere adorno di stelle e la terra rivestirsi di fiori
e di frutti? » 7. Certamente che avrebbe potuto; ma si insegna che
prima furono creati e successivamente ordinati perché non si cre
dessero increati e senza principio, qualora gli abbellimenti delle
cose fossero parsi o generati fin dall’inizio e non aggiunti suc
cessivamente. Si legge che la terra era informe; eppure i filosofi
la onorano con gli stessi privilegi d’eternità che attribuiscono a
Dio: che cosa direbbero se la sua bellezza fosse germogliata fin
dal principio? La terra viene descritta sommersa dalle acque, co
me in preda a un naufragio dei propri elementi, e ancora da taluni
non si crede creata: che direbbero se rivendicasse una bellezza fin
dalle sue origini? C’è da considerare inoltre che Dio ci volle suoi
imitatori cosi da fare prima le cose e poi abbellirle, per evi
tare che, volendo compiere nello stesso tempo entrambe le ope
razioni, non riusciamo a condurre a buon termine né l’una né
l’altra. La nostra fede poi cresce gradualmente. Perciò Iddio pri
ma ha creato le cose, poi le ha abbellite, perché crediamo che ad
abbellirle sia stato lo stesso Essere che le ha create e a crearle lo
stesso Essere che le ha abbellite, affinché non pensiamo che uno
le abbia abbellite e un altro create, ma che lo stesso ha compiuto
entrambe le operazioni, quella di creare e quella di dare ordine,
cosi che mediante l’una si prestasse fede all’altra. Nel Vangelo tu
trovi un’evidente testimonianza a tale proposito. Accingendosi a
risuscitare Lazzaro, il Signore ordinò che i Giudei rimuovessero
la pietra dal sepolcro, perché, vedendolo m orto, poi potessero cre
derlo risuscitato. Chiamato quindi Lazzaro, lo risuscitò, e questi
usci con le mani e i piedi avvolti nelle bende. Non poteva forse
rimuovere una pietra chi poteva risuscitare un m orto? E colui che
potè restituire la vita ad un m orto non avrebbe potuto sciogliere
i nodi delle bende? Egli, che lo fece camminare con i piedi ancora
legati, non avrebbe potuto restituirgli l’uso delle gambe rompendo
i legami che lo tenevano avvinto? Ma indubbiamente ci rendiamo
conto che volle prima far vedere ch’era m orto, perché credessero
ai loro occhi, quindi risuscitarlo e in terzo luogo ordinare che lo
sciogliessero dalle bende funebri per suscitare, nel corso di tali
operazioni, la fede negli increduli e far sorgere in loro gradual
mente la disposizione a credere.
Caput V ili
» Is 51, 6.
b Gen 1, 2.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 61
Capitolo 8
1 Bas., Hexaem., 36 A (15 AB): Aei7tó(ievov toIvuv èw-rl voeìv Y)|xi<; fiSop
èmnoXàSeiv -rf) èmfiaveta nife» ofowa Ttpò? tJjv oExetav XijSiv ÙYpà? oùaloù;
ditoxpidetaQi;. 'H yàp toù uypoO icXeovel^a èri Hai vOv £(i7tóSióv icpò; xap-
itOYOvlav Tf) Yfl. Cf. Vero., Georg., II, 223: patientem uomeris urici e 217-218:
Quae tenuem exhalat nebulam fumosque uolucris / et bibit umorem.
2 Cf. S all., /Mg., 79, 6: Nam ubi per loca aequalia et nuda gignentium
uentus coortus harenam humo excitauit.
3 Cf. Verg., Aen., VI, 674-675: riparum toros et prata recentia riuis /
incolimus.
* Cf. V erg., Georg., I, 1: Quid faciat laetas segetes.
5 Cf. Cic., Rep., VI, 16 (4, 16): Stellarum autem globi terrae magnitudin
facile uincebant.
62 EXAMERON, DIES I , SER. I I , C. 8, 28-29
c Gen 1, 2
<• Io 1, 3.
e Ps 32, 6.
f Ps 103, 30.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 63
6 Bas., Hexaem., 36 BC (15 C): T ò yàp oxótoi ; oùx <*)? 7té<poxev è^youvrat
àépa Tivà àipc&TNJTov... àXXà Sóvajuv xax9)v, jiaXXov 8è afrrò t ò xaxóv, 7tap’
éauroO -rfjv dcpxV ^Xov> 4vrixet(ievov x a l èvavrlov rf) (Jya&ÓTYjTi toO 0eoO è^ yoO v-
Tai t ò axóro?. 37 B (16 A ) Ofire o3v &(3oaao<;, Suvàfiscov nXijfloi; àvnxeifiivcùv,
&<; TtVE? è<pavràa£b)a'av • ouxe cntóxo^ "rt? xal iroMYjpà Sóvafxii; dtvTe^ayoiiévv)
T(j> àya&<5.
L’affermazione di S. Ambrogio è rivolta evidentemente contro i Manichei.
7 Cf. V erg., Aeri., I , 387-388: auras / uitalis carpis.
8 B as., Hexaem., 44 A (18 B ): E t e toù to Xlyet t ò reveùfxa, toù àépo? rJjv
X foiv, Sé^ai Tà (x£pv) toO xófffxou xaTapiduoijvTà <roi tòv auyypaipéa, Sti inofajaev
é ©eòq oòpavóv, yv^v, uScop, àépa, x a l tou to xexu[Jiévov ì)Sv) xal £éovra. E ’Ì te,
è xal [iàXXov àXnjtì-étJTepóv I o t i x a l toù ; Trpò ^[x&v èyxpi&év, IlveOfia 0 eou , tÒ
ótyiov £Ì'p7)TaL.
9 Bas., Hexaem., 44 B (18 C): ’ Epci aoi oùx l^iauTou Xóyov, àXkà Siipou
livSpòi; ootptai; xoafxixìji; toctoùtov àtpecmjxÓTOi;, oaov lyyù ? ’ijv t 5)i; tòìv àX»]&ivòiv
è7ucrT7)|X7)t;. "EXeye toIvuv tvjv tòìv Ztipcov <pii>vì)v ÈfZ9 aTtxci>Tépav Te elvai x a l Stà
tìjv 7tpòi; tv)v ’ EPpatSa yetTvlaatv (zSXXóv 7to><; Tfj Ivvola tòìv rpa<pcov rcpoffEy-
yt^eiv.
Potrebbe darsi che in S. Ambrogio Syrus e Hebraeus fossero in realtà
personificazioni: il Siro, l’Ebreo. Secondo il Giet (B asile de Césarée, Homelies
sur l’Hexaéméron, Texte grec, introduction et traduction de S. Giet, Les édi-
tions du Cerf, Paris 19682, p. 169, n. 3), 1’« uomo siro » citato da S. Basilio po
trebbe essere S. Efrem.
64 EXAMERON, DIES I , SER. I I , C. 8, 29-30
e Iob 33, 4.
h Is 1, 6.
i Ps 33, 15.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 65
tenebre della morte nella luce della vita? La Scrittura divina offre
la salvezza, esala il profum o della vita perché tu leggendo ne per
cepisca la dolcezza ed eviti il pericolo del precipizio. Leggi con
semplicità, o uom o, non scavarti tu stesso la fossa con le tue false
interpretazioni. Sono parole sem plici12 Dio creò il cielo e la terra:
creò ciò che non esisteva, non ciò che esisteva già, e la terra era
invisibile; da quando fu creata, esisteva ed era invisibile perché
l’acqua traboccava e la ricopriva, e sopra di essa erano stese le
tenebre perché non esisteva la luce del giorno né un raggio di
sole che suole rivelare anche ciò che sta nascosto sotto la super
ficie dell’acqu a1S. Come possono dire che Dio ha creato il male,
se da principi contrari ed opposti non si producono in nessun
m odo effetti opposti a se stessi? La vita non genera la morte né
la luce le tenebre: i procedimenti con i quali si generano le cose
non sono mutevoli com e i sentimenti umani. Questi passano da
un atteggiamento a quello opposto per un mutamento di propo
siti, quelli non assumono un andamento opposto in contrasto col
precedente, ma, prodotti da autori o da cause della stessa natura,
rispecchiano l’immagine di chi li ha fatti esistere14.
31. Che cosa diremo dunque? Se il male non è senza prin
pio, come se fosse increato, e non è stato creato da Dio, donde lo
trae la natura? Infatti nessun sapiente ha mai negato la presenza
di m a li15 in questo mondo, essendo cosi frequente quaggiù cader
preda della morte. Ma da quanto abbiamo detto possiamo com
prendere che il male non è realtà vivente, bensì una perversione
della mente e dell’animo, fuorviante dal cammino della virtù, che
spesso si insinua nell’animo di chi non sta bene in guardia16.
Quindi dagli estranei non ci proviene maggior pericolo che da
noi stessi. Dentro di noi sta il nemico, dentro di noi chi ci induce
alla colpa, dentro, ripeto, chiuso in noi stessi. Esamina il tuo pro
posito, indaga la disposizione dell’animo tuo, apposta delle senti
nelle contro i pensieri della tua mente e le passioni dell’animo. Tu
stesso sei per te la causa della disonestà, tu stesso l’istigatore
delle tue colpe, il responsabile dei tuoi misfatti. Perché invochi
i 2 C o r 12, 10.
m 2 C o r 12, 9.
" 2 C o r 12, 9.
o D eu t 19, 4-5.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 69
una natura estranea per scusare le tue cadu te?17 Magari non
fossi tu stesso a spingerti al male, a farti precipitare nell’abisso,
magari non ti lasciassi prendere dai desideri smoderati o dall’ira
o dalle passioni che ci tengono impigliati com e in una rete. E
certamente dipende da noi moderare i desideri, frenare l'ira, con
trollare le passioni, com e dipende dai noi cedere alla lussuria,
accendere la libidine, infiammare l’ira o prestare orecchio a chi l’at
tizza, montare in superbia, abbandonarci alla crudeltà piuttosto
che vincere il nostro orgoglio ed amare la mansuetudine18. O uo
mo, perché accusi la natura? Questa ha com e ostacolo la vec
chiaia e la debolezza. Ma la stessa vecchiaia diventa in noi più
mite di carattere, più utile nel consigliare, più ferma nell'affron-
tare la morte, più forte nel soffocare le passioni. Dice l’Apostolo:
Quando sono debole, allora sono forte. Perciò egli non si vantava
per le sue virtù, ma per le sue debolezze. Anche la risposta19 del
Signore ebbe la luce d’una rivelazione salutare: La virtù si per
feziona nella debolezza. Dobbiamo guardarci dalle colpe giova
nili che derivano dalla nostra volontà e dalle cieche passioni della
carne; quindi non cerchiamo fuori di noi e non attribuiamo ad
altri le cause di ciò che dipende dalle nostre decisioni, ma ricono
sciamo le nostre personali responsabilità. Dobbiamo imputare a
noi piuttosto che agli altri la scelta di quel male che, se volessimo,
potremmo non commettere. Anche nei tribunali di questo mon
do sono riconosciuti colpevoli e condannati ad una pena solo co
loro che hanno voluto commettere un delitto, non chi vi è stato
costretto da una forza estranea. Se in un accesso di pazzia uno
uccide un innocente, non per questo è soggetto alla condanna
capitale. Anzi, anche secondo il comandamento della stessa legge
divina, chi uccide involontariamente, ha la speranza di non es
sere punito, la facoltà di trovarsi un rifugio per evitare la pena.
Basti questo, dunque, a proposito del male propriamente detto;
infatti non sono mali se non quelli che coinvolgono la mente in
una colpa e vincolano la coscienza. Del resto nessun sapiente di
rebbe mali né metterebbe nel loro numero la povertà, l'oscurità
della nascita, la malattia, la morte, perché nemmeno i loro con
trari — eilcuni dei quali sembra ci accadano per dono di natura,
altri per favorevole combinazione — sono considerati tra i beni
più grandi.
32. Questa digressione non è stata inutile per dimostr
che « tenebre » e « abisso » devono essere intesi in senso letterale.
Le tenebre infatti dipendono dall’oscuramento del cielo, perché
ogni corpo produce un’om bra co n cui oscura ciò che gli sta presso
o al di sotto e specialmente ciò che sembra ricoprire e compren
dere in sé. E la volta celeste abbraccia l ’universo, perché il cielo
si estende a guisa di volta, com e abbiamo dimostrato sopra. Di
Caput IX
p L c 8, 31-33.
a G e n 1, 2-3.
b 1 T im 6, 16.
= I o 1, 9.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 71
Capitolo 9
d G en 1, 3.
* P s 148, 5.
i G en 1, 4.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 73
Nec quod ignorabat uidit nec id quod nesciebat ante aut non
uiderat conprobauit, sed bonorum operum proprium est, ut ex
terno commendatore non egeant, sed gratiam suam, cum uidentur,
ipsa testentur. Plus est quod probatur aspectu quam quod ser
mone laudatur. Suo enim utitur testimonio, non alieno suffragio.
Quodsi aput nos oculis iudicium emittitur, quibus simul et gratia
uenustatis et rerum natura conprehenditur, quanto magis deus
omnia quae probat uidet et quae uidet probat secundum quod
scriptum est quia oculi domini super iustos ®. Lucis natura huius-
modi est, ut non in numero, non in mensura, non in pondere ut
alia, sed omnis eius in aspectu sit gratia. Propriis itaque sermoni
bus naturam lucis expressit, quae uidendo conplacet, quoniam
ipsa uidendi officium subministrat. Nec inmerito tantum sibi prae
dicatorem potuit inuenire. A quo iure prima laudatur, quoniam
ipsa fecit, ut etiam cetera mundi membra digna sint laudibus. Vi
dit ergo deus lucem et uultu suo inluminauit et uidit quia bona
est. Non ex parte dei, sed generale iudicium est. Itaque non in
splendore tantummodo, sed in omni utilitate gratia lucis probatur.
Vnde et discretio fit inter lucem et tenebras, ut separata lucis
natura atque tenebrarum nihil uideatur intra se habere confusum.
Caput X
e Ps 33, 16.
h Gen 1, 5.
a Gen 1, 5.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 75
Capitolo 10
8 Bas., Hexaem., 45 C (19 D): Kal mxp’ ^ptìv ’8è 6 Xóyoi; toìi; è<pSttXt«.oì<;
7uocpa7ré[«tei r?]V xpEciv.
7 Bas., Hexaem., 48 AB (20 AB): "ErceiTa vuv f) toù 0eoO xptoi? rapi toò
xaXoù, oò TtàvTG-repò? t& Iv 8<pei -rep7wòv àitopxé7tovro?, éXkà xal Tcpi? tJjv
eli; flc-cepov à7t’ aÙToij cixpéXeiav irpoopci>(iévou YeyivTjTai.
8 Bas., Hexaem., 48 B (20 AB): Kal Siexcbpiasv 6 ©eò? àvà (iéoov toù
9ti)TÒ? xal àvà (iéaov toO oxótou?. Tourécmv, fiaiXTOV ùtcSv tJjv 9Ù0W xal xa-r’
èvavrEoaiv àvrixei|jivr)v 6 0eò? xaxeaxeuaae. IIXeEorcp yàp Tcji [x£aq> Siécnqxe
ire’ àXX^Xoiv aùxà xal Sicopicev.
76 EXAMERON, DIES I , SER. I I , C. 10, 36-37
* Ioel 2, 11.
EAmos 5, 18.
« Mt 13, 43.
» Is 60, 19-20.
i Rom 13, 12.
i Rom 13, 13.
” Eccli 23, 18 (26).
n Mt 5, 10.
38, 1. Pulcre Schenkl pulchre omnes codd. praeter unum; cf. et passim.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 79
SERMO III
Caput I
III SERMONE
Capitolo 1
» Coi 2, 8.
b Ps 118, 28 et 85-86.
c Coi 2, 9.
i Mt 8, 2; 9, 30; 20, 34 (Mc 8, 25; 10, 25; Lc 18, 43; Io 9, 7).
* Lc 18, 43.
f Ex 15, 6.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 83
Caput II
a Gen 1, 6 et 7.
b Ps 95, 5.
c Ps 113, 11 (3b).
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 85
Capitolo 2
1 Bas., Hexaem., 56 D (23 E): ... toìot)? Trffi oùa£a? tou oòpavtou ocijMtTcx;
et? tJjv tou èvòi aiicraaiv <imxvaXco&e[<n)i;, ex; otovrou.
2 Cf. Plat., Tim., 32 c-33 a; Arist., De caelo, I, 8-9 (276 a, 18 e 277 b, 27).
3 Bas., Hexaem., 57 AB (24 AB): Eteri yàp èv aÙToi? ot ànelpou; oòpavoù?
xal xóa|iou; elvat <paai...Cosi pensavano Democrito e, sull’esempio di Epi
curo, Lucrezio (II, 1052-1066). Cf. Cic., Acad., II, 17,55: Dein confugis ad phy
sicos, eos qui maxime in Academia irridentur, a quibus ne tu quidem iam
abstinebis, et ais Democritum dicere innumerabiles esse mundos...
86 EXAMERON, DIES I I , SER. I I I , C. 2, 5-7
d Mc 14, 36.
e 2 Cor 12, 2.
f Ps 148, 4.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 87
Caput III
Capitolo 3
grattissimo autem hic lunaris atque infimus. Dal confronto con Cicerone ap
pare chiaro che Ville caelestis orbis di S. Ambrogio è quello delle stelle fisse
che ruotano con il cielo cui sono attaccate (cui adfixos ferunt stellarum
cursus).
8 Cf. Cic., Rep., VI, 19 (5, 19): Hoc sonitu oppletae aures hominum ob
surduerunt; nec est ullus hebetior sensus in nobis, sicut ubi Nilus ad illa,
quae Catadupa nominantur, precipitat ex altissimis montibus, illa gens quae
illum locum adcolit propter magnitudinem sonitus sensu audiendi caret.
9 Bas., Hexaem., 57 D (24 D): ’AXkà. tà tGv gijw&ev toì? Si■&> wmaXmivTei;
f l j z e ì? è7cl TÒV èx>tX7)<TlOKTTl)tÒV Ò7I0<TTpé<p0[ieV W y o v .
a Gen 1, 7.
b Eph 3, 18-19.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 91
2 B as ., Hexaem., 60 A (24 E): EìpijTOti [lèv o5v tkji npò f)[iòiv [J/f] Seorépoo
oòpavoù yévemv etvai Taiimjv, dcXX’ ène^yrjaiv toO TtpOTépou, Sià tò èxet èv xetpa-
Xalciì TrapaSeSóa&ai oòpavou xal yt\c, 7rob]aiv, èvraOSa Sè èTOÌjepYatmxt&Tepov -ròv
TpÓ7tov xaS-’ 8v &ca<JTov yéyove Trjv rpa<p$)v 7]|itv irapaSiSóvai. 'H(ieì? Sé <pafxev
Sri, èneiS^j xal fivofxa S-repov xal XPe^a l8i<fc£ouaa tou Seuiépou oùpavoù roxpaSé-
Sorai, Srepót; èori Trapà tòv èv àpXT) TteroMjjiivov oStoi;, (jTepetOTépai; cpiSaeox;, xal
Xpetav è^atperov tcò toxvtI Trapexófievoi;.
3 B a s ., Hexaem., 60 B (25 AB).
4 Bas., Hexaem., 60 B (25 B): "Chi [zdtXiara (lèv oùx et ti 7tpò?X^ài; xu-
xXoTepè? épóÌTai xaTà tt)v MvSov xoiXó-npx, touto àvàyxvj xal tJjv 2|ojS-ev èm<pdc-
veiav aipaipixói? dwnjpTta&xi xal 8Xov àxpipài? gvropvov elvai xal Xetoii; irepiT)Y-
(lèvov.
5 Evidentemente non sono argomentazioni come queste a conferire va
lidità a questo passo.
92 EXAMERON, DIES I I , SER. I I I , C. 3, 10-11
c Ps 148, 6.
d Ps 148, 4-5.
e Ps 148, 5-6.
f Eccle 7, 24 (25).
e Ex 15, 8.
h Ps 113, 3.
i Phil 4, 13.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 93
12. Deinde cum ipsi dicant uolui orbem caeli stellis ard
tibus refulgentem, nonne diuina prouidentia necessario prospexit,
ut intra orbem caeli et supra orbem redundaret aqua, quae illa
feruentis axis incendia temperaret? Propterea quia exundat ignis
et feruet, etiam aqua exundauit in terris, ne eas surgentis solis
et stellarum micantium ardor exureret et tenera rerum exordia
insolitus uapor laederet. Quanti fontes fluuii lacus inrigant terras,
quia eas internus quidam ignis uaporat! Vnde enim aut arbores
germinarent aut frumenta uel sata prorumperent uel orta coque
rentur, nisi ea interior quoque ignis animaret? Qui etiam de saxis
frequenter excutitur et de ipso saepe, dum caeditur, ligno exilit.
Ergo sicut necessaria ignis creatura, ut ordinata et disposita per
maneant caelique clementia temperet aquarum rigorem, ita etiam
aquarum redundantia non superflua, ne alterum altero consume
retur, quia nisi conueniens utriusque mensura sit, sicut ignis
aquam exsiccat ita et aqua restringuit ignem. Ideoque pondere et
mensura examinauit uniuersa; numerata enim sunt ei et stilicidia
pluuiarum 1, sicut in libro Iob legimus. Sciens uel rerum facilem
certamente contro natura che salga in alto ciò ch’è più pesante e
sia sostenuto dall’aria, sebbene questa sia meno densa. Oppure,
se l’acqua è trascinata dal m oto deH'universo rotante, com e viene
trascinata dall’orbita che scende nel suo punto più basso, cosi
viene sparsa quando questa raggiunge il suo punto più alto. Se
non cessa di spargersi, com e sostengono, certamente non cessa di
essere trascinata via perché, se il cielo è in perenne movimento,
anche l’acqua non cessa d’essere aspirata. Se discende, resta dun
que perennemente sopra i cieli l’acqua che può discenderne. Quin
di, che cosa impedisce loro di riconoscere che l’acqua stia sospesa
sopra i cieli? In base a quale ragionamento affermano che la terra
sta sospesa nel centro dell’universo e vi rimane immobile, dal
momento che senza dubbio è più pesante dell'acqua? In base a
tale ragionamento potrebbero dire che l’acqua che sta sopra i
cieli non cade in seguito alla rotazione della sfera celeste di cui
abbiamo parlato. Come infatti la terra è sospesa nel vuoto e ri
mane immobile per il suo peso equilibrato da ogni p arte10, cosi
anche l’acqua trova il suo equilibrio con la terra mediante pesi
maggiori o uguali. Perciò difficilmente il mare invade la terra, a
meno che non ne riceva il comando.
12. Poiché essi dicono che la sfera celeste, scintillante
stelle luminose, ruota su se stessa, forse la Provvidenza divina
non fece necessariamente in m odo che nell’interno della sfera del
cielo e sopra di essa sovrabbondasse l’acqua per temperare la vam
pa del cielo infocato? ll. Siccom e il fuoco si diffonde e divampa,
anche l’acqua si diffuse sulla terra, affinché questa non fosse riarsa
dall’ardore del sole nascente e delle stelle sfavillanti e un calore
fuor di misura non danneggiasse i germi ancor teneri delle cose
Quante fonti, fiumi, laghi bagnano la terra, perché un misterioso
fuoco interno la riscalda! In qual m odo germoglierebbero gli al
beri o le biade e i seminati spunterebbero o, una volta nati, ma
turerebbero, se non desse loro vigore anche un fuoco nelle viscere
della terra? Questo spesso viene fatto sprizzare anche dalle pie
tre 13 e perfino si sprigiona dal legno mentre viene tagliato. Or
dunque, com e il fuoco è un elemento necessario affinché le cose
rimangano ben ordinate e il tepore del cielo mitighi il gelo delle
acque, cosi anche la sovrabbondanza delle acque non fu inutile
per evitare che l’un elemento distruggesse l’altro, perché, se en
trambi non fossero in giusta misura, com e il fuoco asciuga l’ac
qua, cosi l’acqua spegnerebbe il fuoco. Iddio valutò tutte le cose in
peso e misura: sono contate per lui anche le gocce di pioggia, co
me leggiamo nel libro di Giobbe 14. Sapendo che facilmente le cose
“ I s 44, 27.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 97
Caput IV
a P s 18, 2.
f G en 1, 8.
c D an 3, 56.
■J Ps 8, 9; M t 18, 10.
e G en 1, 20.
f 3 R e g 16, 29-33.
s D e u t 28, 23.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 101
Capitolo 4
7 Bas., Hexaem., 72 BC (30 BC): Kal McoikrijG eùXoY&v tt)V tpuXTjv rou ’lto-
<rfj<p, Aitò à>p<àv oùpavoG xal Spóaou, xal dratò fjXtou Tpon&v xal ctovó&cùv [rrjv&v
xal àicò xopu(pìj<; òpéaiv xal fiouv&v dewàav rà? eùXoylai; SCSoxnv, toù 7tepl
*p)v TÓ7TOU Sià tt)? èv toutoii; eùral^Ca; eù5hjvou(iivou.
8 Cf. P l i n ., Ep., V ili, 20, 4 : color caeriilo albidior ... et pressior.
9 Bas., Hexaem., 73 AB (30 C): "O w cv Sè t ò ùypòv èE,oi<ppia9f) Taiq p ia i?
t<òv <xvé(/.cov à v o x o n é v , e ir a el? dcxpov xairaijjux&èv SXov SióXou "Karfft &pauó[ievov
t o ù vétpouc, x a ra q jép era i.
10 Amos, 4, 13: arepe&v Ppovrijv. La Vulgata ha formans montes, confor
me all'ebraico. Dal confronto col greco appare che tonitru è un accusativo
neutro, forma attestata benché rarissima; vedi F o r c e l l i n i , sub uoce.
11 Bas., Hexaem., 73 CD, 76 A (31 BC): S . Basilio critica l’interpretazione
allegorica che risale ad Origene ( Hom. in Gen., 1, 2, 3 5 4 5 ), concludendo cosi:
Toù<; Sè Totoùrouc; X óyou? òx; ò v eipiT ow ou-pcplaeii; x a l Y P ^ S e ii; (/.iWkiu?
(f a v o le d a v e c c h ie r e lle ) à-7ra7re[i<ljdc(jLevoi, tò GScop QSop vogato (lev, x a l r q v Si<4-
xpteiv tìjv tou OTepe<!>iMCTO€ Yevo(iiv/)v x a r à tt]v àu o& oS eìaav al-tlav Se!;a>ii.e&a.
12 Vedi P ép in , op. cit., pp. 380 e spes. 415.
104 EXAMERON, DIES I I , SER. I I I , C. 4, 17 - C. 5, 18-19
Caput V
m Dan 3, 63-8.
" Ps 148, 7.
a Gen 1, 10.
b Mt 3, 17.
c Io 11, 42.
d Io 5, 19.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 105
Capitolo 5
18. E Dio vide ch ’era un bene Il Figlio com pie ciò che vuole
il Padre, il Padre loda ciò che com pie il Figlio. Nulla si trova in
lui che appartenga ad una natura inferiore a quella del Padre,
perché la sua opera è del tutto conform e alla volontà del Padre.
Vide certamente: non fissò con occhi corporei, ma stabili che
fosse conveniente alla pienezza della grazia che do conoscessi il
suo giudizio; infatti noi siamo soliti discutere anche sulle cose
divine. Che c ’è di strano che possano discutere dell’opera coloro
che sollevano obiezioni anche sulla generazione dello stesso au
tore? Lo chiamano in giudizio, tentano di sostenere ch’egli non è
uguale al Padre ed è di natura inferiore. Perciò tu leggi anche:
Dio disse e Dio fe c e : il Padre e il Figlio sono onorati con lo stesso
nome proprio della maestà divina. E Dio vide ch’era un bene. Dis
se com e a chi sapeva tutta intera la volontà del Padre e vide come
chi conosceva interamente l’opera del Figlio e l’attuava insieme
con la medesima azione.
19. Vide che era un bene. Certamente non apprese una cosa
che prima non conosceva, ma approvò ciò che gli piaceva. Non gli
piacque l'opera com e se non la conoscesse, perché non è scono
sciuto nemmeno il Padre che si compiacque nel Figlio, com e sta
scritto: Questo è il mio Figlio dilettissimo nel quale mi sono com
piaciuto. Ma il Padre conosce sempre la volontà del Figlio e il
Figlio quella del Padre e il Figlio ascolta sempre il Padre e il Pa
dre il Figlio per l’unità di natura, di volontà, di sostanza. E ciò
attesta il Figlio nel suo Vangelo dicendo: Sapevo che tu mi ascolti
sempre. Il Figlio è l'immagine di Dio invisibile-, esprime tutto
ciò che è del Padre perché ne è l’immagine, ci illumina e manife
sta tutto ciò che a lui appartiene perché è lo splendore della sua
gloria. Anche il Figlio vede l’opera del Padre, com e il Padre quella
del Figlio, com e rivelò il Signore stesso: Il Figlio per conto pro
prio non può fare cosa alcuna, se non ciò che vede fare dal Padre.
Vede dunque agire il Padre, lo vede per il mistero della invisibile
13 Bas., Hexaem., 76 C (31 E): ... àXh’ AEveìtc airóv, xal xà èx ttjs
yi)?, Spdtxovrs; xal 7tSaai £(3uaaoi...
* I o 8, 16.
t A c t 10, 15.
SERMO IV
Caput I
a Gen 1, 9.
b Ps 76, 17.
c Ps 113, 3.
i 3 Reg 21 (20), 28.
e Ps 83, 7.
TERZO GIORNO
IV SERMONE
Capitolo 1
1 1 Re, 20, 28: Deus montium est Dominus et non est Deus uallium...
2 Sai 83, 7: in ualle lacrimarum, in loco quem posuit. Il testo dei Settanta
dice invece: èv Tfj xoiXàSi t o ù xXau^jitivoi; s i ? t A t t o v 8 v È S -e to .
112 EXAMERON, DIES I I I , SER. IV , C. 1, 3-5
catholicus. Iam non multae congregationes sunt, sed ima est con
gregatio, una ecclesia. Dictum est et hic: congregetur aqua ex
omni ualle, et facta est congregatio spiritalis, factus est unus
populus. Ex haereticis et gentibus repleta ecclesia est. Vallis est
scaena, uallis est circus, ubi currit mendax equus ad salutem*,
ubi uilis et abiecta contentio, ubi litigium foeda deformitas. Ex
his igitur qui circo inhaerere consueuerant fides creuit ecclesiae,
cottidianus coetus augetur.
f Ps 32, 17.
* Ps 79, 14; 41, 2.
h Prou 26, 27; Eccle 10, 8; Eccli 27, 26 (29).
i Is 40, 22.
1 Is 54, 2-3.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 113
3 S. Ambrogio vuol dire che dalla valle del paganesimo, cioè dalla corru
zione dei suoi costumi, gli uomini convertendosi confluiscono nella Chiesa
come le acque in congregationem unam.
4 Cf. V erg., Georg., I, 378: et ueterem in limo ranae cecinere querelam.
Sal, 79, 41: Exterminauit eam aper de silua; 41, 2: Quemadmodum desiderat
ceruus ad fontes aquarum.
5 Preferisco intendere acroama = « spettacolo musicale »; cf. Petr., Cen.
Trim., 53, 12: reliqua, animalia, acroamata tricas meras esse. II Marmorale
(La Nuova Italia, Firenze, 1962, p. 92) intende « concerti ».
114 EXAMERON, DIES I I I , SER. IV , C. 1, 6 - C. 2, 7
Caput II
m Ps 23, 2.
° Ps 92, 3-4.
o Ps 92, 4.
p Io 7, 38.
a Gen 1, 9.
i> Gen 1, 10 (9).
c Gen 1, 9 (Sept.).
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 115
Capitolo 2
6 Vedi II, 3, n. 8.
«i Ps 32, 7.
e Ps 77, 16.
f Ps 77, 20.
e Ps 103, 6.
h Mt 8, 24-26.
i Gen 7, 11; 8, 1.
1 Ex 14, 21.
m 4 Reg 6, 6.
° Io 11, 43-44.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 119
° Eccle 1, 7.
p Iob 38, 10-11.
« Ier 5, 22.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 121
10 Bas., Hexaem., 84 AB (35 AB): ”E8si Spa|j.eìv aùrà (scil. GSoctoc), tva T7)v
olxstocv xaTotXàPn x“ Pav ' yev^Eva èv toì? à(p<opiCTji.évoL? tóttoi(iévsiv
è<p’ éaurSv xal {xtj ycapeiv uepat-répco. Alà touto xarà tòv toO ’ExxXTjaiaaroii
Xóyov, IMvte? ol x«M-“ PPot kùl T-qv ftóXTjcraav TtopeiiojxTai, xal r) &&},<xaaa oùx
&mv 'EneiS^ xal tò jbeìv xoìq OSaai Sià tò -9-eìov TrpóaraypLa xal
tò cia o tGv 8pov irepiyeyp(i<p{)ai -rìjv S-dcXaaaav, dmò -rij? Ttpclmji; èuri vo[iolte-
ota? • Suvax^TO) rà OSaxa el? auvaycoyijv (itasi.
S. Ambrogio si dimostra particolarmente attento ai mirabilia compiuti da
Dio in rapporto all’acqua, ai gesti della storia di salvezza, che nel segno del
l’acqua hanno prefigurato i « presenti lavacri », come egli dice nella celebre
pagina dell’£xp. Eu. sec. Lue., X, 48. Prerogative naturali e preannunzi
conferiscono all’acqua « il privilegio di essere "sacramentum Christi" » (Ib.).
Il linguaggio e la sequenza delle immagini nel testo di S. Ambrogio e nei
formulari per la benedizione del fonte battesimale dei sacramentari ambro
siani presentano un « mirabile riscontro » (P. Borella), che fa sorgere l’in
terrogativo « se il Santo abbia parafrasato la formula già in uso, oppure un
redattore posteriore abbia attinto dallo scritto del Santo » (Id., Il rito am
brosiano, Morcelliana, Brescia 1964, p. 409). In M. Magistretti, La liturgia
della Chiesa milanese nel secolo IV, Milano 1899, pp. 17-18, si trovano messi a
confronto i due testi, quello di S. Ambrogio e quello liturgico. A. Paredi rico
nosce che le corrispondenze letterali dello scritto santambrosiano con le
parole dei testi liturgici « sono tali e tante, che bisogna necessariamente am
mettere una dipendenza del commento dal testo liturgico o viceversa », e
conclude: « Forse S. Ambrogio in quel brano omiletico cosi solenne se non
riproduceva, almeno pensava al testo liturgico e ne citava alla lettera parec
chie righe » (La liturgia di sant'Ambrogio, cit., pp. 101-102). Sulla questione
si veda la bibliografia nelle due opere citate di P. Borella e di A. Paredi, e
la nota di G. Coppa al testo di S. Ambrogio (in Opera omnia, Esposizione del
Vangelo secondo Luca/2, Biblioteca Ambrosiana-Città Nuova, Milano-Roma
1978, p. 429. [I.B.]
11 Cf. V erg., Aen., I ,105: ... insequitur cumulo praeruptus aquae mons.
12 Bas., Hexaem., 84 B (35 BC): Alà touto [jtaivo[iévv) TtoXXàxi; èE, àvé(i.tov
•f) &àXaaaa xal el? (iiyiarov 8iavt<jrafiév7) toì? xiijzaaiv, èrcsiSàv (xóvov tòìv
àyiaXcòv iìijflfjTat, eE? àtppòv SiaXiiaaaa ttjv ópjrfjv iTOxvfjX&EV.
122 EXAMERON, DIES I I I , SER. IV , C. 2, 10-11 - C. 3, 12-13
Caput III
a G e n 1, 9.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 123
Capitolo 3
13 Cf. Verg., Aen., I, 161: ... inque sinus scindit sese unda reductos.
14 Bas., Hexaem., 84 C (35 CD): ’EtoI t [ èxtóXue: tJ jv lpu-9-pàv -9-dcXaaaav
Ttàoav t t ] v A?yu7tTov xotXo-rlpav ouaav éaurrji; doreXS-eiv xal auva<p&r)vai t c o mxpa-
x e ifié v o ) T fj AEyuTTTOi T.zkà.yzi, el |J.y] TtjS 7 t p o < jr a Y (ia T i ì)v 7re7te8Tj[iévY) t o u x t I -
cavro? ; "Oti yàp TareeivoTépa -ri]? èpoS-pa? &aXàa<JT](; rj AfyuTtroe, 2py<j> &reiaav
•Jjljiài; ol àXX/jXoii; -rà neXÀyT] auvà^ai, t ó -re A ly ^ T r T io v xal ’IvSi-
xóv, èv 2> èputì-pà èj-zi MXacrtja. Aió-rrep èizèv/ov rf]V èrei^e^pigaiv, é -re npStiot;
àp^ó|j.Evo? Séaojaxpti; ò AlyÌ7rrtoi; xal ó fietà taura pouXyjS-el? èize^epy&actc&ixi
Aapeìo? è MvjSo?.
S. Basilio deriva le sue informazioni da Aristotele (Meteor., I, 14, 27,
352 b, 26). Infondata è la notizia che il Mar Egizio (Mediterraneo) sia ad un
livello inferiore rispetto al Mar Rosso. Già Strabone {I, 38; XVII, 804) l’aveva
respinta. Sul tentativo di Dario (522-485 a. Cr.) vedi Herod., II, 158, il quale
mostra di ignorare quello di Sesostri (1878-1841 a. Cr.), riferito invece, oltre
che dallo stesso Aristotele e da Strabone, anche da Plinio il V. (N.H., 29,
VI, 165). Sull'argomento vedi Strabon, Géographie, I, Les Belles Lettres,
Paris 1969, p. 198, n.
124 EXAMERON, DIES I I I , SER. IV , C. 3, 13-15
b Gen 1, 10.
« Ps 88, 12-13.
d Iob 38, 8.
e Gen 7, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 125
Caput IV
f Is 45, 2.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 127
Capitolo 4
a P s 94, 5.
*■ P s 106, 33.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 129
toù ÙTOxei|xévou (oggetto), f) Sè -p) TcpocrrjyopJa tt? èari «ptX-J) toù TCpàYtiaTOS
(cosa).
2 Bas., H e x a e m ., 89 BC (37 E, 38 A ) : T ò (xèv SSoip ÌStav 7toiótj)tix t
(|>uxp6nf)Ta £xE1 ‘ 4 Sè óW)p tt |v ùypÓTrjTa • xb 8è mip t {)v 8-ep[iÓTV)Ta. ’AXXà Taura
(xév, <5>s 7tptÓTa a T o i /e t a tgìv auvSirtov xorrà tò v eEpy)(xévov T p óm w T<jS Xoyuj(*$
deopefrai, Ttt Sè ^Sr) èv acóptaTi xaTOCTeTOCYnéva *«l foro7rfotTovTa Tfj atadjjaei
cuve^euYtiéva 2xet ttolótt^toc^ ... E conclude (92 A — 38 C): Kal ofrro) ylyve-
Tai wixXos xal x °P ^ èvapnóvios au[*<po>voiivTci>v dcXXrjXoi?.
130 EXAMERON, DIES I I I , SER. IV , C. 4, 18-19 - C. 5, 20-21
Caput V
21. Vidit ergo deus quia bonum mare. Etsi pulchra sit spe
cies huius elementi, uel cum surgentibus albescit cumulis ac uer-
c Gen 1, 10.
a Gen 1, 10.
b Gen 1, 9 (Sept.).
c Gen 1, 10.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 131
Capitolo 5
20. E Dio vide che era un bene. Non tacciamo che alcuni
pensano mancanti, sia nel testo ebraico sia nelle altre versioni,
le parole: L’acqua si raccolse nei suoi bacini e apparve l'asciut
to 1. E Dio chiamò l’asciutto « terra » e la raccolta delle acque chia
mò « mari » 2. Infatti, poiché Dio aveva detto: Cosi avvenne, pen
sano che sia sufficiente la parola del Creatore quale prova del com
pimento dell’opera. Ma siccom e anche nel caso delle altre creature
la Scrittura riporta con precisione l’ordine e ripete l’accenno al
l'azione e al suo compimento, per questo noi non riteniamo fuori
di luogo l'aggiunta tramandata, benché ci consti che tutti gli altri
interpreti sono veraci ed autorevoli; ben sappiamo infatti che mol
te aggiunte al testo ebraico non senza vantaggio sono state intro
dotte dai Settanta.
21. Dio vide dunque che il mare era un bene. Quantunque
questo elemento offra uno spettacolo magnifico o quando bian-
3 ) 7rpocy]yop£a t
B as ., Hexaem., 92 A (38 C): "O&ev xuptoji; aÙToì? xal •P
CTOtxeitùv è<pT)p|xoaxoa. Il verbo denominativo a-ret/to. dal significato di
« avanzare in linea » passa a quello di « accordarsi con »; vedi C hantraine,
Dict. étym., sub uoce.
1 Come si è già detto (III, 2, 7, n. 2), il versetto fino alle parole « e ap
parve l’asciutto » non si trova nella Vulgata e nel testo ebraico.
B as ., Hexaem., 88 D, 89 A (37 C): IIpoaxetTai 8è èv toXXoìs tòìv àvriypiifpwv,
Kal auvfjx®7) tò CSop tò òttoxiÌtou toù oùpavoù et? tà? auvaYOjyà? aùrfiiv xal
ó)<p&7) ij %r\p i • óforep ouxe rivè? tòìv Xoitoìv èx8e8cì>xa<nv ép}i.T]véo)v o ’Jte j]
tòìv 'E(3paicov gxouaa ipatverai.
Basilio, che non conosceva l’ebraico, parla evidentemente per congettura
o sulla testimonianza altrui. Gli interpreti cui allude sono verosimilmente
Aquila, Simmaco e Teodozione (G iet , op. cit., p. 264, nn. 1 e 2).
2 Questa seconda parte si trova sia nella Vulgata che nel testo ebraico.
132 EXAMERON, DIES I I I , SER. IV , C. 5, 21-23
3 Bas., Hexaem., 92 BC, 93 AB (38 DE, 39 AB): l’elogio del mare, para
frasato da S. Ambrogio. Per ieiunus, cf. Cic., Verr., V , 47, 84, e V erg ., Georg.,
II, 212.
4 B as ., Hexaem., 93 B (39 C): KocX’!] Sè xal £XXoi; 7tapà ©etp, 5rt rapicnply
yei ràc, vfjaoui; ó(ioù [lèv xóa[iov aùroì?, ófioO Sè xal àaipàXstav mxpexonévq Si’
èauTT)?.
5 Cf. Rvt. N a m ., 439-542. Naturalmente i versi di Rutilio Namanziano,
mentre da un lato confermano il fatto, sia pure a distanza di trent'anni
(vedi ediz. a cura di E. Castorina, Sansoni, Firenze 1967, p. 161), dall'altro ne
danno una interpretazione opposta.
134 EXAMERON, DIES I I I , SER. IV , c. 5, 23-24; SER. v, c. 6, 25
SERMO V
Caput VI
d Mt 8, 26; Lc 8, 24.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 135
delle onde se non una specie di canto del popolo? Perciò opportu
namente spesso si paragona al mare la Chiesa quando il popolo
entra in folla: dapprima ne riversa le ondate da tutti gli ingres
s i6, poi, mentre i fedeli pregano in coro, scroscia com e per il
rifluire dei flutti, allorché il canto degli uomini, delle donne, dei
fanciulli, a guisa di risonante fragore d'onda, fa eco nei responsori
dei salm i1. Che dire dell’acqua che lava il peccato, mentre spira
apportatore di salvezza il soffio dello Spirito Santo?
24. Il Signore c i conceda tutto questo: di navigare con p
spero vento su una nave veloce, di fermarci in un porto sicuro,
di non conoscere da parte degli spiriti maligni tentazioni più
gravi di quanto siamo in grado di sostenere, di ignorare i naufragi
della fede, di possedere una calma profonda e, nel caso che capiti
qualche avvenimento che susciti contro di noi i flutti di questo
mondo, di avere, vigilante al timone per recarci aiuto, il Signore
Gesù il quale con la sua parola comandi, plachi la tempesta, stenda
nuovamente sul mare la bonaccia. A lui onore e gloria, lode, peren
nità dai secoli e ora e sempre e per tutti i secoli dei secoli. Amen.
V SERMONE
Capitolo 6
a Gen 1, 11.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 137
Caput V II
* Mt 6, 26.
b Is 40, 6-8.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 139
Capitolo 7
« Ps 128, 6.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 141
i Gen 1, 11.
<=Act 17, 27-28,
£ 1 Cor 9, 11.
b Gen 1, 26.
h Mt 3, 17.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 143
Caput V ili
Capitolo 8
36. Quae uero species pleni agri, qui odor, quae suaui
quae uoluptas agricolarum! Quid digne explicare possimus, si no
stro utamur adloquio? Sed habemus scripturae testimonia, quibus
agri suauitatem benedictioni et gratiae sanctorum aduertimus com
paratam dicente sancto Isaac: Odor filii mei odor agri p len ia. Quid
igitur describam purpurescentes uiolas, candida lilia, rutilantes
rosas, depicta rura nunc aureis, nunc uariis, nunc luteis floribus,
in quibus nescias utrum species amplius florum an uis odora de
lectant? Pascuntur oculi grato spectaculo, longe lateque odor spar
gitur, cuius suauitate complemur. Vnde digne dominus ait: Et
species agri mecum e s t b. Cum ipso est enim quam ipse formauit;
quis enim alius artifex posset tantam rerum singularum exprimere
uenustatem? Considerate lilia agri0, quantus sit candor in foliis,
quemadmodum stipata ipsa folia ab im o ad summum uideantur
adsurgere, ut scyphi exprimant formam, ut auri quaedam species
intus effulgeat, quae tamen uallo in circuitu floris obsaepta nulli
pateat iniuriae. Si quis hunc florem decerpat et sua soluat in folia,
quae tanti est artificis manus, quae possit lilii speciem reformare?
Quis tantus imitator naturae, ut florem hunc redintegrare prae
sumat, cui dominus tantum testimonium tulit, ut diceret: Nec
Solomon in omni gloria sic uestiebatur sicut unum ex istis d? Rex
opulentissimus et sapientissimus inferior iudicatur quam huius
floris est pulchritudo.
Caput IX
38. Sed forte dicant aliqui: Quid quod cum utilibus eti
letalia et perniciosa generantur? Cum tritico conium, quod inter
alimenta uitae noxium repperias et, nisi praeuisum fuerit, consue-
uit saluti nocere. Inter alia quoque nutrimenta uitae elleborus de
prehenditur. Aconita quoque fallunt frequenter et decipiunt col
ligentem. Sed hoc ita est ac si reprehendas terram, quia non omnes
homines boni. Sed quod plus est accipe quia non omnes boni an
geli in caelo. Sol ipse prae nimio calore spicas torret, adurit au
tem gignentium prima exordia. Luna quoque uiantibus iter mon
strat, latronum prodit insidias. Num igitur dignum est, ut in his
t Ps 49, 11.
c Mt 6, 28.
^ Mt 6, 29.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 149
il Signore dice: E la bellezza del campo è con me. È con lui, per
ché ne è l’autore: quale altro artefice infatti avrebbe potuto espri
mere una cosi grande bellezza nelle singole creature? Considerate
i gigli del campo, quale sia il candore dei loro petali, com e questi,
l’uno stretto all'altro, si rizzino dal basso verso l'alto in m odo da
riprodurre la forma d'un calice, com e nell'interno di questo ri
splenda quasi un bagliore d’oro che, difeso tutt'intorno dalla pro
tezione dei petali, non è esposto ad alcuna offesa. Se si cogliesse
questo fiore e si sfogliassero i suoi petali, quale mano di artista
sarebbe cosi abile da ridargli la form a del giglio? Nessuno sa
prebbe imitare la natura con tanta perfezione da presumere di
ricostituire questo fiore, cui il Signore diede un riconoscimento
cosi eccezionale da dire: Nemmeno Salomone in tutta la sua glo
ria vestiva com e uno di questi. Un sovrano ricchissimo e sapien
tissimo è giudicato da meno della bellezza di questo fiore.
37. Perché enumerare i succhi curativi delle erbe, i med
menti ricavati dai virgulti e dalle foglie? Il cervo ammalato ma
stica ramoscelli d ’ulivo e ritorna sano. Anche le locuste si libe
rano delle indisposizioni rodendo le foglie dell’ulivo. Le foglie
del rovo gettate su un serpente lo u ccid o n o 8. Le zanzare non ti
toccheranno, se cuocerai con olio l’erba dell’assenzio e ti ungerai
ben bene con questa m istura9.
Capitolo 9
8 Cf. Pl in ., N.H., XXIV, 73, 117: Nec rubos ad maleficia tantum genuit
natura . . . Aduersantur serpentium sceleratissimis.
9 Cf. P l in ., N.H., XXVII, 28, 52: Culices ex oleo perunctis abigit et fumo,
si uratur.
È j$ p a . D e llo s t e s s o a u to r e , v is s u t o p r o b a b ilm e n t e ai t e m p i d i A d r ia n o , A m
b r o g i o s e m b r a r ic o r d a r s i a n c h e a I V , 1, 2, d o v e p a r la d e l so le .
3 B as., Hexaem., 101 C (43 B C ): Ea-n. Sè t o ù t c ù m oùSèv àpycoi;, oilSèv
o t o ) ? yeyevvjjiivov. " H y à p Tpoipvjv roxpéxei. t i v I t ò ì v àXóytov • x a l f)| x ìv aÙTOt?
TOXpà Tfjc; iarpixyj? -réxvr)<; et? TOxpaji,uS-tav tiv & v àpptooTr](iàTCùV è!;eiip7]Tai. Ti>
[zèv y à p x<iveiov ot tjiapei; |3ó<jxovtoii, Sià tt)v xaTaaxeufyi t o u ctijioiTOi; rJjv èx
t o ù 8y)Xi)T7)p[ou (3Xàp7]V àTroStSpàcxovTei;. Aem-oilx; y à p S / o v t c ? t o ù ? èrti T % xa p -
Stai; 7rópoui;, tp&àvouaiv èx7téi|iai t ò xaTOOTO&èv uplv t ì j v dm’ a ù io ù tGv
xa ip ttov xa&àijrai.
4 B as ., Hexaem., 101 D (43 C ): 'EXXé(3opos Sè òpróytov èaxl Tpo<pr), ISióttqti
xpàaeoc; tvjv pxdtprjv dbroijieuyóvTOJV. C f. Plin., N.H., X , 72, 197: Venenis ca
preae et coturnices, ut diximus, pinguescunt; v e d i a n c h e X , 23, 69: Coturni
cibus ueneni semen gratissimus cibus.
5 B as., Hexaem., 10 1D ( 4 3 D ) : A i à [ièv y à p tou jiavSpayópoo Stcvov iaTpol
xaTE7ràyouaiv. C f. Plin., N.H., X X V , 94, 150: Vis somnifica pro uiribus biben
tium; media potio cyathi unius.
6 B as., Hexaem., 101 D (43 D ): è7rl(i) Sè Tà? aipoSpài; èSiivaq tGv aco|j,àTO)V
xaT axoijxttou aiv. C f. P l i n ., N.H., X X , 76, 199: non ui soporifera modo, uerum,
si copiosior hauriatur, etiam mortifera per somnos.
152 EXAMERON, DIES I I I , SER. V, C. 9, 3941
Caput X
43. Sed forte quis dicat: Quom odo secundum genus terra pro
fert semina, cum plerumque semina iacta degenerent et, cum b o
num triticum fuerit seminatum, et decolor eius species et inferior
form a reddatur? Sed hoc si quando accidit, non ad translationem
generis, sed aegritudinem quandam et inaequalitatem seminis ui
detur esse referendum. Non enim desinit esse triticum, si aut fri
gore aduratur aut imbre madidetur, sed specie magis quam ge
nere, colore quoque et corruptione mutatum. Denique frequenter
madidata frumenta in sui generis speciem reuertuntur, si aut sole
aut ignibus torreantur aut diligentibus commissa cultoribus aeris
temperie terrarumque feracium ubertate foueantur. Itaque repa-
* Gen 1, 11.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 155
Capitolo 10
14 Bas., Hexaem., 101 B (43 A): M9) y^P> è-jTetSnfj croi 8t)Xt)tiI)Piov tò Tooipiov
al(i.a, toutoi) Svexev ÈSei t) [d] 7tapax*H)vai tò £ij>ov Vj TOXpax-9-èv àvaijxov elvai,
o5 ttji; Ea/uo? 7rpò? TooaÙTa ijixfijv èroSei/rai. ó pto?.
15 Cf. V erg., Georg., II, 458459: O fortunatos nimium, sua si bona norint,
/ agricolas!
16 Bas., Hexaem., 104 A (43 E): Ilócrqv aÒT<5[i<XTOV Xèysi Tpo<p9jv èv toiStoi?,
-nrjv t s èv at<; xal t v j v èv aÒTfl T yj poràvfl xal ttjm èv xapiroii; ■ì^Stq; 7tócnqv Sè
tìjv è!; è7ri(j.eXsta? xal Ycoipyia? r](xiv 7rpo(ryfpio(jièvv)v ; Oùx eù&ù? èxéXeuae <j7rép(jLa
xal xaprcòv àvaSo&ijvai, àXXà (3Xa<mjaai xal yìo&aca rJjv yyjv, xal t ò t e et? 07tep(ia
TeXsioìHjvai...
a Mt 13, 26.
» Mt 13, 24-25.
c Mt 13, 27-28.
<• Mc 4, 26.
e Mc 4, 14.
itpò? èrépav xal /póav xal yeiicriv iieréTteaev. Kal jiévroi xal 7ràXiv XéyeTat, inei-
Sàv fanTnjScucg xal &épcov euxpdrrtov Xà(3v)Tai, 7Cpò<; tì> àp^aìov yinoq èita-
viévai.
3 Bas., Hexaem., 104 B (44 A): *H Sè Xeyo(J.£vt) alpa xal 5<ra Xowrà v69«
crcrépizaTa Tot? ipo<p[[ioii; èYxaTa[xé(iixTat, dtnep £i£àvia irposafopeiieiv aiiwjS-ec; xfj
rpatpfj, oòx èx T7)? t o ù < t[to u (iETaPoXf)? ytverat, àXX’ è£ olxetai; àpxi]S Ó JtéoT»)
ISiov Éx0VTa Y^voi;.
4 Bas., Hexaem., 105 A (44 C): Kal Xei|j.fiWe? (lèv ^aav paS-ct? t fj à<p&ov£a
■tou xóp'tou, t tòv Sè ireSlav -cà sflxapira «pplaaovTa T o t ? XYjtoii;, elxóva 7reXàyou<;
xuji.atvovro? èv T fl xiv^aei t£ > v àarax^cov à7ré£coae . . .
158 EXAMERON, DIES I I I , SER. V , C. 10, 45-46 - C. 11, 47
Caput X I
f Gen 3, 19.
* Mc 4, 26-29.
» Gen 1, 11.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 159
Capitolo 11
1 B as., Hexaem., 105 B (44 E ): ’ EttI to u x o ì tcd 7tà®at jièv X óxjiat xotxe-
7TUXVOOVTO...
160 EXAMERON, DIES I I I , SER. V , C. 11, 4748 - C. 12, 49
Caput X II
a Ps 103, 15.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 161
Capitolo 12
2 C f. S e n ., De beti., I I , 29, 4: quam nihil sit mortale non sub ictu nostro
positum; L u e., Phars., V , 729: quod nolles stare sub ictu / fortunae.
3 C f. C ic ., De fin., I , 15, 49: Nam neque laborum perfunctio neque per
pessio dolorum per se ipsa allicit.
4 B a s., Hexaem., 105 B C (45 A ): 7tXr)v ye Sri t & fióSov t ò t e &veu àxitvSi); ?jv,
Corepov 8è t<5 xdtXXei t o u àvtì-oui; f] ébtav-9« irape^eiix^j 'tQ ?epm/<p tyjs
à7toXauoE(ù? èrfyv&ev £%(ùij.cv 7rapaxei(/ivT)v -ri)V Xiìmjv, (jLe(i.v>)[i.évot tt)<; àfiaprtai;,
Si’ t)v dtxàv&a? x a l TpipóXou? fjinv àvaTéXXetv xaaeSixaa-Sb] -f) fi).
50. Huius est similis plebs ecclesiae, quae uelut quadam fi
dei radice plantatur et reprimitur humilitatis propagine, de qua
pulchre ait propheta: Vineam ex Aegypto transtulisti et plantasti
radices eius, et repleta est terra. Operuit montis umbra eius et
arbusta eius caedros dei. Extendit palmites eius usque ad mare
et usque ad flumen propagines eiu sc. Et per Esaiam ipse domi
nus locutus est dicens: Vinea facta est dilecto in cornu in loco
uberi. E t maceriam circumdedi et circum fodi uineam Sorech et
aedificaui turrem in medio e iu s d. Circumdedit enim uelut uallo
quodam caelestium praeceptorum et angelorum custodia. Inm ittet
enim angelus domini in circuitu timentium eum*. Posuit in eccle
sia uelut turrem apostolorum et prophetarum atque doctorum,
qui solent pro ecclesiae pace praetendere. Circumfodit eam, quan
do exonerauit terrenarum mole curarum; nihil enim magis men
tem onerat quam istius mundi sollicitudo et cupiditas uel pecu
niae uel potentiae. Quod tibi demonstratur in euangelio, cum legis
quia illa mulier, quae habebat spiritum infirmitatis, inclinata erat,
ut sursum respicere non posset. Curuata enim erat eius anima,
quae inclinabatur ad terrena compendia et caelestem gratiam non
uidebat. Respexit eam Iesus et uocauit, et statim mulier onera
terrena deposu itf. His cupiditatibus etiam illos oneratos fuisse
demonstrat quibus ait: Venite ad me omnes qui laboratis et one
rati estis, et ergo uos reficiam *. Ergo illa anima mulieris quasi
circumfossa respirauit et erecta est.
b Prou 5, 15.
c Ps 79, 9-12.
d Is 5, 1-2.
e Ps 33, 8.
f Lc 13, 11-13.
* Mt 11, 28.
h Phil 3, 20.
i 1 Io 4, 16.
i Io 15, 4-5.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 165
Caput X III
53. Sed quid ego in sola uite immoror, cum omnia gen
arborum utilia sint? Alia ad fructum nata, alia ad usum data.
Nam et quibus non est fructus uberior tamen usus pretiosior est.
Caedrus suspendendis tectorum apta culminibus, eo quod huius-
m odi materies et procera sit spatiis nec onerosa parietibus. Lacu
naribus quoque comendisque fastigiis habilis est cypressus. Vnde
et ecclesia dicit in Canticis: Trabes domorum nostrarum caedri,
lacunaria nostra cy p ressia, in his esse declarans decora sui orna
menta fastigii, qui quasi trabes uerticem ecclesiae sua uirtute su
stineant et fastigium eius exornent. Laurus et palma insigne uicto-
riae: lauro uictorum capita coronantur, palma manus uictricis or
natus est. Vnde et ecclesia ait: Dixi, ascendam in palmam, tenebo
altitudines eiu sh. Quae eminentiam uidens uerbi et sperans quod
ad eius altitudinem possit ascendere et scientiae summitatem di
cit: Ascendam in palmam, ut omnia relinquat inferiora et ad su
periora contendat, ad brabium Christi, ut suauis eius fructus car
pat et gustet; suauis enim uirtutis est fructus. Populus quoque
coronis arbor umbrosa uictricibus et salix lenta uitibus habilis
uinciendis quid aliud mystice declarant nisi bona esse Christi
uincula, quae nocere non soleant, uincula gratiae, uincula carita
tis, ut unusquisque suis uinculis glorietur, sicut gloriabatur et
Paulus dicens: Paulus uinctus lesu Christic? His ligatus uinculis
dicebat: Quis nos separabit a caritate lesu Christi? d, uinculis ab-
m Ps 127, 3.
a Cant 1, 17 (16).
b Cant 7, 8.
= Phm 1.
d Rom 8, 35.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 167
Capitolo 13
1 Penso che non sia necessario precisare che « comignolo » significa qui
« linea di colmo del tetto » (D evoto-O l i , sub uocé).
2 Cf. V erg., Bue., I l i , 83: lenta salix.
168 EXAMERON, DIES I I I , SER. V , C. 13, 53-55
55. Est etiam, quod mireris, ipsis sexus in pomis, est disc
tio sexus in arboribus. Nam uideas palmam, quae dactulos ge
nerat, plerumque inclinantem ramos suos et subicientem et con
cupiscentiae atque amplexus speciem praetendentem ei arbori,
quam marem palmam adpellant pueri rusticorum. Illa ergo palma
feminea est et sexum suum subiectionis specie confitetur. Vnde
cultores lucorum praeiaciunt ramis eius dactulorum uel palmitum
semina masculorum, quibus illi femineae arbori uelut quidam
sensus perfunctionis infunditur et expetiti concubitus gratia prae-
« Ps 136, 2.
f Is 30, 8.
55, 1. sexsus Schenkl sexus codd. omnes praeter unum; praeterea uide
seq. lineam.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 169
e Cant 4, 3.
h Cant 7, 13 (12).
i Prou 11, 13.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 173
è paragonata alla Chiesa, com e trovi nei Cantici riferito alla Chie
sa: Le tue guance sono com e la corteccia della melagrana e più
sotto: Se fiorirà la vite, fioriranno i melograni. Infatti la Chiesa,
abbellita dal sangue di tanti martiri e, ciò che più conta, arric
chita dal sangue di Cristo, mostra il luminoso splendore della
sua fede e della sua testimonianza, osservando nello stesso tempo
dentro di sé sotto un unico riparo, a somiglianza del melograno,
numerosissimi frutti e abbracciando molte attività virtuose: Chi
è saggio nello spirito nasconde le proprie opere buone u. Si dice
che i contadini curano anche i mandorli perché i loro frutti da
amari diventino dolci: perforate le radici, vi inseriscono un ma-
gliolo di quella pianta che i Greci chiamano tceujct) , noi pino sel
vatico, eliminando con tale sistema l’amarezza del succo. Se dun
que l’agricoltura muta la qualità delle piante ancor giovani, gli
studi e la disciplina non possono forse ammansire l’asprezza di
qualsivoglia passione? Nessuno, pur trovandosi sul terreno sdruc
ciolevole della giovinezza o deH’intemperanza, disperi della pro
pria conversione. Mentre gli alberi per lo più si mutano per of
frire un migliore impiego di sé, non potrà cambiare il cuore degli
uomini?
57. Abbiamo mostrato che non solo fra alberi di specie
versa vi sono frutti diversi, ma che spesso nella medesima specie
di alberi i frutti sono differenti fra loro. Altra è la form a dei
frutti di sesso maschile, altra è la form a dei frutti di sesso fem
minile, com e abbiamo detto sopra a proposito dei datteri. Ma
chi riuscirebbe ad illustrare in breve la varietà, l’aspetto e la bel
lezza dei frutti, l’utilità di ciascuno di essi e la caratteristica dei
loro succhi, a quali usi specifici risultino adatti, in qual m odo
quelli amari curino i disturbi dell’intestino o attenuino la gon
fiezza e l’indolenzimento interno e, ancora, com e l'acidità dei no
stri umori sia mitigata dalla loro dolcezza? Del resto più antica
è la medicina che suole curare con erbe e succhi vegetali e non
esiste salute più stabile di quella che viene ristabilita per mezzo
di alimenti sani. Perciò secondo la natura impariamo che per noi
il solo cibo è medicina. È un fatto che con le erbe si rimarginano
le piaghe aperte, con le erbe si curano le malattie interne, e perciò
i medici devono conoscerne le virtù; di qui si è sviluppato l’eser
cizio della medicina.
11 Prov., 11, 13: qui autem iidelis est animi cetat amici commissum. I
Settanta hanno invece: tucttò? Sè 7rvofj xpiiirrei rcpdtyfiaTa.
12 Bas., Hexaem., 109 CD, 112 A (46 E, 47 A): Tot? [xèv yàp véois xal eù&aXéaiv
ó <pXoià? TOpt-c^Tarat • toì? Sè yepàoxouffiv olov (Soaourai xal èicrpa/ùvetai. Kal Tà
[xèv xoTrévra èmjlXaaTàvei Tà Sè (lévsi àSiàSo/a, &<mep Tivà IWcvaTov tJjv to[i-)]v
Ò7to(ietvavra... e prosegue con l'esempio delle melagrane e delle mandorle,
concludendo (112 A): MvjSeli; o5v èv xaxta Stàycov èauTÒv aTtOYiyvcoirxlTto, elSà?
8ti yetùpyla [zèv Tà? tSìv <puT<òv jtoiÓT7)Ta; [leTajìdcXXei, f) Sè xal àper»)V v fe «jwx’ÌS
èiti[iéXsia Suva-rij ècm 7tavTo8a7t£>v àppcùcm)[iàTG>v èittxpaT^oat.
174 EXAMERON, DIES I I I , SER. V, C. 14, 58-60
Caput X IV
a Ier 24, 5.
b Bar 4, 26.
c Bar 4, 27.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 175
Capitolo 14
1 B as., H e x a e m ., 112 CD (47 D): IIC? Tivà (lèv Yujivà irérreTai Ttji •JjXtto, uvà
Sè èv èXiSrpoi? xexaXu[i[z£va Trtajpourai ;
2 B a s., H e x a e m ., 112 D (47 D E ):... xal &v [lèv ànaXòi; ó xaprcó;, •Ko.yb toù
«pijXXou tò axemxerrriptov, éiq èrcl -rij? amò)?;
3 B as., H e x a e m ., 112 D (47 DE): 2>v Sè oi xapreol c-reyavaiT E p oi, èXacppà tòìv
«piiXXtov 7tpoa|3oX:fj, &<; èrcl tt )? xapóa?; " O t i èxeìva [lèv, Sià t ò àa&evés, irXet-
ovo? èSeÌTO T7)? pov)9-eEa?, t o u t o i ? 8’ &v 7tpoapXafM)? èyévsro uaxurépa rapiploX’))
èx TT)? dcre’ aùròiv oxià?.
176 EXAMERON, DIES I I I , SER. V, C. 14, 60-61 - C. 15, 62
Caput XV
Capitolo 15
4 Non è ben chiaro che cosa intenda qui S. Ambrogio. Non si capisce
bene, infatti, come il lobo mediano della foglia della vite riproduca la for
ma d’un premio circense.
5 B as., H e x a e m ., 112 D , 113 A (47 E )r n<ò<; xocTéoxiaTai tv)? àjxTcéXou r i <pùX-
Xov, tva xal itpè? xà? èx tou àépo? pXàpa? è pÓTpu? àvrèxTl **1 'c^v ixttva toù
^)X£ou Sià TÌjs àpatónQTO? Sa^iXòSi; Ù7toSéxeTod ;
178 EXAMERON, DIES I I I , SER. V , C. 15, 62-63
derrate sulle quali è versata. È resa acida dai succhi dei frutti
immaturi, dalla corteccia pestata e dalle foglie tritate di noce,
amara dall’assenzio, più frizzante dal vino, più aspra dall'aglio,
disgustosa dal veleno, dolce dal miele. Se poi le si mescola il succo
di lentisco, il frutto del terebinto o anche il gheriglio della noce,
facilmente si trasforma nella viscida natura dell'olio. E, pur ali
mentando tutti i vegetali, rende a ciascuno di essi un differente
servizio. Se bagna le radici o scende riversandosi dalle nubi, dà
a tutte le piante un’energia distinta: ingrossa la radice, sviluppa
il tronco, estende i rami, rende verdi le foglie, nutre i semi e soli
tamente aumenta il volume dei frutti. Pur essendo essa nutrice
comune di tutte le specie di piante, alcune producono succhi più
amari, altre più dolci, altre tardivi, altre precoci *. Anche gli stessi
sapori gradevoli sono diversi fra loro. Un sapore ha l’uva, un altro
l'oliva, un altro le ciliege, un altro il fico, diverso la mela, dif
ferente il dattero.
63. Anche al tatto in un luogo l'acqua è soffice, in un a
più ruvida, spesso piuttosto densa, di frequente diversa per peso
com e per aspetto; infatti in molti luoghi è ritenuta più pesante,
in molti più leggera. Non c'è da meravigliarsi dunque se, dal
momento che l'acqua non è sempre uguale a se stessa, anche le
resine degli alberi, prodotte dall'abbondante scorrere della mede
sima acqua, siano diverse tra loro. E pur essendone unica la cau
sa, diverso è il m odo di comportarsi, diversa è la natura di cia
scuna di esse. Altra efficacia ha la resina del ciliegio, altra quella
del lentisco. Dicono che anche le piante odorose dell'Oriente es-
sudino una differente goccia di balsamo, mentre i virgulti delle
canne in Egitto e in Libia2, per effetto d’una virtù naturale che
ancora ci sfugge, emettono una diversa specie di resina. E per
ché ricordarti — il nostro discorso può ben mostrarsi compren
sivo verso gli ascoltatori — che l'ambra è la resina d’una pianti
cella, che si solidifica sino ad acquistare la durezza propria d ’una
materia così pregiata? Né ciò si afferma sul fondamento di testi
monianze poco autorevoli, dal m omento che nell'ambra si ritro
vano spesso pagliuzze o minutissime particelle di legno o taluni
piccoli insetti che evidentemente la goccia, quand'era ancora li
quida, ha assorbito e, divenuta solida, ha conservato in s é 3.
1 Tutto il paragrafo è ispirato da Bas., Hexaem., 113 A-D (47 E48 D).
2 B as., Hexaem., 113 B (48 A B ): "AXko y à p t o ù axlvou t ò Sàxpuov, x a l &Xko<;
ó imòt; toO (HaXaàjjLOu x a l vocpS^xé? tiv e ? èitl tvji; A tyù irrou x a l A ip iv )? &cepov
òiròSv y é v o ; à7toSaxpuouat,v.
3 Bas., Hexaem., 113 B (48 AB): Aóy°? Sé t £? ècm xal t Ò ìjXexrpov èiròv elvai
ipuxòiv eie Xt9ov> 91JCTW à7to7r»)Yvii[ievov. MapTupei Sè rei) Xóycp rà èfz<paivó[xeva
xàpipr) xal -rà XeirtÓTaTa t £Sv £tf>o)v, iforcp, àirocXoO Sytoq toù ò t o ù , èvaitoXi)9$évTa
xaTéxeTai. Cf. Plin., N.H., XXXVII, 3, 46: Liquidum id primo destillare argu
mento sunt quaedam intus tralucentia ut formicae culicesque et lacertae,
quae adhaesisse musteo non est dubium et inclusa durescente eodem re
mansisse.
180 EXAMERON, DIES I I I , SER. V , C. 15, 64 - C 16, 65
64. Sed quid ego uili sermone decerno cum alta atque p
tiosa ratione naturae, cum iste sermo humano alatur ingenio, na
turam autem omnium prouidentia diuina formauerit? Vnde uelut
habenis quibusdam uerborum cohibenda diffusio est, ne quod
Solomoni specialiter sapientiae munere diuinitus uidetur esse con
latum, usurpatorie uideamur exponere differentias arborum et
uirtutes radicum et quaecumque sunt abscondita et inprouisaa,
sicut scriptum est. Quae nec ab ipso tamen manifestata produn
tur, ut mihi uideatur potuisse eum disputare de uirgultorum ge
neribus1’, non potuisse tamen plenius omnis creaturae explicare
rationes.
Caput XVI
a Sap 7, 20-21.
b 3 Reg 5, 13 (4, 33).
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 181
Capìtolo 16
69. Sed ut in hoc fructu gratam speciem sui signat, ita etiam
in myricis, id est humilibus uirgultis figuram inprobae calliditatis
Caput XVII
b Ier 17, 6.
Capitolo 17
d Cant 2, 3.
e Act 5, 15.
£ Cant 7, 8-9.
e Cant 5, 1.
»> Gen 9, 20.
* Eccli 31, 28-29 (37-38).
1 Gen 9, 21.
m Gen 27, 27.
n Gen 27, 28.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 187
SERMO VI
Caput I
VI SERMONE
Capitolo 1
» M a l 4, 2.
b P s 71, 19.
<= I o b 9, 7.
d P h il 2, 7.
e I o 1, 9.
f A g g 2 , 6 (7 ),
5 Gli esseri viventi non erano ancora stati creati. Evidentemente si tratta
di una svista di S. Ambrogio; vedi Coppa, op. cit., p. 230, n. 7.
6 Cf. Secvndi, Sent. in Frg. Phil. Graec., I, 518, 25 ss.: Quid est sol? Mun
di oculus, noctis concertatio, caloris circuitus, indeficiens cauna, splendor
sine occasu, caelestis uiator, diei ornatus, caeli pulchritudo, naturae gratia,
horarum distributor; cf. 513, 12 ss.: Oùpàvio? ò(p&aX[ió<;, voxtòs ivrayomaTT)?,
aESipiov xuxXcù[j.a ...
7 B a s ., Hexaem., 120 B (50 E): El é Tfl <p&op5i OiroxeEjievo? ijXio? outcd xaXóg,
0fiT0>TfiiYas [tèv xiviQ&Tjvai, eùxàxTou? Sè Toc? TtepióSoui; daroStSoii?, du[i(jte-
Tpov (lèv é’/a'j tò [léye&oi; tei) itavrl, &ote jìt) Ixjìalveiv tìjv itpò? 8Xov àvaXo-
y£av • TÒS Sè xdéXXsi TÌje <p\!>aeto; olóv tk; òq)S-aX(xòi; Siauf*)? è[nrp£iKov tfj xtIgel ■
el àxópeaTO? toutou j) Sia, iroraitò; xdXXei ó Sixaioaàvij; ;
192 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 1, 34 - C. 2, 5
Caput II
e R o m 8, 22.
h R o m 8, 15.
• P s 148, 3 e t 9; D a n 3, 62 s s.
a Gen 1, 14.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 193
Capitolo 2
b P s 118, 90-91.
c P s 135, 8-9.
d L c 12, 48.
= P s 103, 27-28.
f P s 103, 30.
s M t 6, 26.
h P s 135, 8-9.
i P s 103, 19.
• I o 17, 1.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 195
Caput III
a G e n 1, 14.
*> G e n 1, 4-5.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 197
Capitolo 3
149-150). Cf. anche la nota di G. C oppa all’Exp. Eu. sec. Lue., X, 37 (Esposizione
del Vangelo secondo Luca/2, cit., p. 423).
Per l’insieme delle immagini che S. Ambrogio applica alla Chiesa, vedi le
pp. 147-208 (Mysterium in figura. Figure bibliche del mistero della Chiesa)
dell’opera citata di G. Toscani che è il lavoro più ampio e accurato sull’eccle
siologia di S. Ambrogio; per l'ecclesiologia dei Padri in generale cf. l’opera
sopra menzionata di H. R ahner e H.U. v. B althasar, Casta meretrix, in Sponsa
Verbi, trad. ital., Morcelliana, Brescia 1972, pp. 259-268. [I.B.]
2 B as., Hexaem., 121 D, 124 A (52 BC): ’TZmna. [jìvtoi xal èx t<ov Trepl aeX
vt)v 7ca&&v, Sovaxòv rjtià? tyjv itteruv £n]Tou|i.évtov efipa<r-&ai. A'fjyouua yàp xal
(ieiou[xévif), oùxl xciS toxvtI lauTr)? Sarcavaxai, àXXà rò 7tepixet(xevov 9C5
à7roTiS-etiivK) xal TcpoaXa|j.pàvouca 7tàXiv èXaTTCùaeo^ Tj^ùv xal aulaea»? xà? 9av-
laatat; Trapé/exai. Toù 8è ^ xùzò xi> aci|j.a aù-rij? Xtjyoóotji; àTravaXtaxeaS-ai
èvapyè? fiapxiipiov xà ópa>|i.eva. yàp croi èv xa&apco rà> àépi xal toxcty)?
à/Xuo? àTn)XXaY(iévt|) ... è7tiT»)p^<javxi xaxiSetv tò àXafiTtèi; aùr?)<; xal à<pcùxi<iTov
Ó7TÒ T7)Xixaiirn)<; àiJitSot; TOpifpaipójievov ’fjXtxov èv rais roxvaeXT)Voii; ttjv Ttàaav
aùiTjv èx7rXr)poì.
1 B as ., Hexaem., 124 B (52 D): O utoi xal Sia/copl^eiv exax^aav àvà (xé
ri)? ■Jiixépai; xal àvà jxéaov xrji; vuxtó?.
198 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 3, 8-11
c Ps 36, 6.
d Ex 3, 2-3.
e Deut 4, 24.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 199
2 Bas., Hexaem., 124 C (52 E): 'fl? yàp èv ^ ép a f) axlà t£S àvTi9pdcacrovTi
T7)v aùrJjv TOcpuiptarotTai, oOrto rj vù!; oxia^o(jiévou t o u 7repl -p)S àépo; ouvtaTa-
ai Tréipuxe.
3 Cf. V erg., Aen., IX, 461: iam sole infuso, iam rebus luce retectis.
200 EXAMERON, DIES IV , SER. V I , C. 3, 11 - C. 4, 12-13
die iam sole infuso terris uidemus umbram uel hominis uel uir-
gulti alicuius a lumine separari, ut mane ad occasum derigatur,
uesperi retorqueatur in orientem, meridianis horis in septentrio
nem inclinet, lumini tamen non confunditur atque miscetur, sed
cedit et refugit. Similiter et nox cedere uidetur diei et se ab eius
lumine declinare; est enim, ut peritiores probauerunt, qui nobis
uel aetate uel munere praecurrerunt, umbra terrae. Naturaliter
enim umbra corpori adhaeret atque adiungitur, adeo ut etiam
pictores umbras corporum quae pincxerint nitantur exprimere id-
que artis esse adserant non praetermittere uim naturae, et quasi
naturalis iuris praeuaricator habeatur ouius pictura non etiam
umbram suam exprimat. Ergo sicut in die cum e regione solis
aliquod corpus occurrit, ex ea parte, qua lumen repercutitur, um
bra subsistit, sic cum decedente die e regione luminis eius aut
solis terrae obiectus occurrit, obumbratur aer. Vnde liquet quod
noctem faciat umbra terrarum.
Caput IV
« G e n 1, 14.
*> L c 21, 25.
c M t 24, 29.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 201
Capitolo 4
deat sibi hoc esse quod natus est? Nemo ergo debet uitam suam
statum moresque mutare et niti quo m elior fiat, sed in ea persua
sione manere, neque probum potes laudare nec condemnare in-
probum, qui necessitati natiuitatis suae respondere uideatur. Et
quom odo dominus aut bonis praemia proposuit aut inprobis poe
nas, si facit necessitas disciplinam et conuersationem stellarum
oursus informat? Et quid est aliud quam hominem de homine exue
re, si nihil moribus, nihil institutioni, nihil studiis derelinquitur?
Quam multos uidemus ereptos criminibus atque peccatis in me
liorem statum esse conuersos! Redempti sunt apostoli et congre
gati ex peccatoribus non utique natiuitatis suae h o r a ' sed Christi
eos sanctificauit aduentus et hora dom inicae passionis redemit a
morte. Latro damnatus ille, qui est cum dom ino crucifixus, non
beneficio natiuitatis suae, sed fidei confessione ad paradisi aeterna
transiuitd, Ionam in mare non uis natiuitatis, sed dissimulatae
diuinae praedictionis praecipitauit offensa eundemque cetus exci
piens ad indicium futuri mysterii post triduum reuomuit et pro
pheticae merito gratiae reseruauite. Petrum de carcere imminenti
morte perimendum angelus Christi, non stellarum series liberauitf,
Paulum caecitas conuertit ad gratiam 8 et percussum a uipera tur-
batumque naufragio non remedia natiuitatis, sed deuotionis me
rita seruarunth. Quid de illis dicimus qui eorum precibus, cum fuis
sent mortui, resurrexerunt*? Vtrum illos sua natiuitas an aposto
lica gratia reuocauit? Quid opus fuit, ut ieiuniis se periculisque
committerent, si quo uolebant natiuitatis beneficio poterant per-
uenire? Quod si credidissent, dum expectant fatorum necessitatem,
numquam ad tantam gratiam peruenissent. Inutilis igitur ista
persuasio.
d L c 23, 4 2 4 3 .
« I o n 1, 2-3 e t 15; 2, 1 e t 11.
f A c t 12, 7-11.
t A c t 9, 8.
n A c t 28, 3-5.
> A c t 9, 40.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 203
2 Cf. Cic., De fin., V, 12, 35: ...fugere piane se ipse et hominem ex homine
exuens naturam odisse uideatur-, cf. P hilo , De prou., I, 88 A.
3 Per alcuni accenni sull’atteggiamento dei Padri verso l'astrologia cf. M.
Astrologia, in Enc. Catt., II, 236-241. Per S. Ambrogio
C am o zzin i -C. T estori,
un determinismo astrologico avrebbe come conseguenza la mortificazione della
libertà dell’uomo e insieme dell’opera della grazia, e, alla fine, della storia e del
la salvezza nell’uomo stesso. Il « compiersi fatale del destino » sarebbe para
lizzante e svuoterebbe di senso sia ogni iniziativa e impegno morale persona
le coi suoi progressi e i suoi meriti, sia la capacità dell’azione divina a tra
sformare, con l'accoglienza da parte dell’uomo, la sua condotta. Significhe
rebbe vanificare ogni discorso di « conversione » e di crescita evangelica, e
quindi annullare l’efficacia all’« ora della passione del Signore » cioè all'eco
nomia della redenzione che entra in una vicenda di scelte e di responsabi
lità. [I.B.]
4 B a s ., Hexaem., 128 BC (54 CD): sull’arte genetliaca.
204 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 4, 14
• 1 C or 15, 51-52.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 205
5 B as ., Hexaem., 128 D, 129 A (54 DE, 55 A): Ti-frévrei; xotvuv tòx, Y evéaeii; t g ìv
TiKT0(j,év(0v, óp£>fj.ev et t tjv àxp£|3eiav tooJ tjjv t t ) ? t o u /póvou Siaipécecoi; dc7toocooai
Suv/jaovrai. ‘ O fioO t s yàp èTéx^v) t ò -rraiStov xal 7] [iaìa x a T a a x o 7 re ì t ò
ócppev 7) SijXo ' eira àvajiévei tòv xXau$-(ióv, Stop arj^eióv ètra £&«]<; toù
tex &£vto?. Ilócra (ìoiiXsi iv toutoj tg> XP^V(P 7rapaSpa[xeìv è^exoarà; E fue t <ì>
XaXSatco tò y ewnjflév. A là Ttóaov, (ìouXei, S-tojiev t &v Xern-oTartov TÌj<; nata? tt)v
<pcov»)v TOtpeXS-eìv • SXXco? re x a l el "nixoi, tìjs YuvalXùy'^'rlS°S è o rù s 6 Trjv
&pav à7TOTi&é(/.evoi;. A el Y“ P tòv Tà <i>poa>co7ceIa xaTa(j.aS-eìv (jiXXovra, 7rpòi;
àxpl|3eiav tt)V òipav àTOiYpàipeaSai, site r](i.epivà TauTa eì'te vuxxepivà tuyX“ V01 ••••
6 Cf. Verg., Georg., Ili, 284: Sed fugit interea, fugit inreparabile tempus.
7 In questo passo sia S. Ambrogio (con altri autori) che la Vulgata dif
feriscono dal testo originale greco che, nei codici migliori, dice: Ttàvrei; où
xoijxiQSTjodfieSa, itàvrei; 8è àXXotY^aó(J.E&a.
8 Inenarrabilis corrisponde al greco àvéxtppaoTo?, àvsxSi^Y’l'fo? ! cf- 2 Cor.,
9, 15: Xàpic; T<j> 0s£i èrcl Tfj àvexSiijY^^ aùroO ScopEa (super inenarrabili do
no eius).
206 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 4, 14-15
9 Bas., Hexaem., 128 BD (54 CD): ...eie orevòv toxvteXòSi; dtaréxXei<jav tou XP^vou
Tà (zérpa • <5>e xal irapà t ò [uxpÓTaTov xal àxapiaiov, oìóv (prjaiv 6 timóaToXo?,
t ò èv d(TÌ[X(ù xal t ò èv òcpSaXjiOÙ, [iefla-nge oiScrqe Siaipopàe yeniasi 7rpò?
févEaiv • xal tò v èv toiìtco àxapiaUp YewrqS-évra TtSpawov elvai roSXecov xal Sp-
X o v r a Stj^ ou , Ó7tep7tXouTo0vra xal Suvaareiiovra, tò v Sk èv èxépa £orrJj to u xaipoO
YsvvTj&èvra 7rpoaalfj)v Ttvà xal iyóp-nrjv ... Aià tooto tòv £tj>o<pópov XEyó(j.evov
xiixXov SteXóvTC? eie StiSexa [iipr], èiraiSi] Sià T p t à x o v r a :f]|j.ep£iv èx(3atvei tòv
SuSèxaaov t% àirXavoOe XeYojiiwje c<pa£pae ó ^Xioe, et? Tpidcxovra (jtotpoce t&v
SoiSexaTYjfjtopltov fecacrrov SinprjxatJiv. Etra èxàarqv pioipav eie è^xovra SieXóvTe?,
Sxacrov 7iàXiv t cìv é^vjxoortùv é^ T jx ov rà x ie étcjjlov.
10 Bas., Hexaem., 129 B (55 B): Kal Tau-njv outoj Xe7rrf]v xal àxaTàXr]7trov
eSpeotv tou /póvou è(p’ èxàarou t5v itXavrjTtàv àvayxaìov elvai noieìadat Xèyou-
aiv, «Serre eópeftrjvai. TOTaTrJjv el/ov rcpòe Toùe àreXaveìe xal itoTauòv 9)v
TÒ ay_r)(j.a aòrtiv Ttpòe àXX^Xoue èv zfi tòt e fevéaei toù tixtojjìvou. "ùate et
Trje &pae è7riTuxeìv àxpiPGe àSiivaTov, f) Sè tou ppo>xuTà'rou TiapaXXayf) toù
Tiavròe Sia(iapTetv ranci, xaTayèXatJTOi xal ol itepl ttjv èv\Ì7tapxTOV TauTTjv zér/yr^
èoxoXaxóree xal ol 7tpòe aÙTOiie xe^vÓTee, <i>e Sovajxévoue etSévai Tà xaT* aÙTOiie*
208 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 4, 15-17
11 Bas., Hexaem., 129 CD, 132 A (55 CE): si parla dell’ariete, del toro, dello
scorpione e della bilancia.
12 Bas., Hexaem., 132 BD (56 AC).
13 Bas., Hexaem., 132 C (56 B): ... Irei tt); aÙTrj<; (Spot? mxXXàxi? xaì óp&aiv
àXX^Xouc, xal à7roxpÓ7trovTat...
210 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 4, 17-18
“ Ps 123, 7; 54, 7.
n Mt 1, 7-8.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 211
14 Bas., Hexaem., 133 A (56 D): xaì èrceiSàv rniXiv [uxpóv t i mxpexxXtvfl t o O
ox^tutTog, eù&òi; -rij? xaxla; è7uXavtì-àve:a.9m ; vedi anche ciò che precede im
mediatamente.
15 Bas., Hexaem., 132 B (55 E, 56 A): ’AXXà T a o x a (lèv aÒTtóv rà aotpà toìs
à p a x v s t o i? ùtpàaixoroiv S o ix e v , olq oxotv jxèv xti>vo<Ji T) |ioia ^ t i t ò ìv 7rapa7tXv)alo)i;
Toiiroti; à a ^ e v a iv ÈMaxe&fj, x a x a S e S iv T a xpaxeìxai • èrceiSàv Sè x£>v ìa xu p oT ép oiv
t i £cj>a>v i-ffia-fl, aùxó t e paStax; bmlmsi x a ì T à à S p a v ìj ù< pàa(iaxa Siéppij^e x a ì
r]<pàviae. Qui S. Ambrogio traduce persino l’aoristo gnomico con la forma la
tina corrispondente.
16 Bas., Hexaem., 133 AB (56 DE): Et Sè xa&’ ?xaoxov àxapiaiov toù /póvou
ère’ àXXo xaì &XXo fieTapjió^ovrai axrjfia, èv Sè raXq |/,uptai<; Tallirai? ^exapoXaì?
TroXXàxii; tt)? f)(iipa<; ol Ttov paaiXix&v yevéaecùv à7toTeXouvxai o/YjfjiaTianol, Sià
xt oùx è<p’ ixàaxvji; ^(lépai; yEW&vTat pamXeìi; ; Anche S. Basilio ricorda poi
Ozia, Giosafat, Acaz, Ezechia, con un ragionamento analogo a quello di
S. Ambrogio.
212 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 4, 19
» Is 23, 4.
p Is 23, 3.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 213
Caput V
a Gen 1, 14.
b Cant 1, 7 (6).
Capitolo 5
c Ps 36, 6.
d Mal 4, 2.
= Ioel 2, 31.
t Gen 47, 9.
e Cant 2, 11-12.
h Mt 4, 16; Is 9, 2.
i Lc 1, 78-79.
i Ps 16, 8.
m Lc 1, 77.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 217
2 Cf. V erg., Aen., VI, 270-272: quale per incertam lunam sub luce mali
gna / est iter in siluis, ubi caelum condidit umbra / Iuppiter et rebus nox
abstulit atra colorem.
3 È il classico esperimento di Eratostene di Cirene; vedi Enc. ital.,
XIV, p. 184.
218 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 5, 23-24
n Ps 135, 8-9.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 219
4 B as., Hexaem., 136 BC (57 E, 58 A); in particolare 136C (57 E, 58 A): ’Eirel
etat yc ^Syj Tivè? ot xaròc Suo fjfiépa? t o ù tocvtò? Iviauxoù xal Soxioi 7 r a v r e X ò i?
xarà t y jv tiecn)(i|3ptav yivó[ievoi, o5? xaxà xopuipi)? èmXàfiTttùv ó fjkux; è£[<Tou
Travraxó&ev rapicpojT^ei, &ars xal t£ S v èv pàdei «ppeàrtùv tò 0Sa>p Stà aro[ito)v
C T evtàv xaTaXà|j,TOa$ai • o&ev auToó? T iv e ? xal àaxtou? xaXoùaiv. 01 Sè èTtéxetva
ttj? àpc0|juxT0(póp0u èir’ à[i.<pÓTepa Tà? axià? itapaXXàaaouaiv. Móvoi yàp èv Tfj
xaS-’ 7](là? obcoujiévfl èrcl Tà vória xarà t J jv [ie<n)|jtPptav Tà? cxià? à7to7té(jt7touatv *
3$ev aÙTOii? Tive? xal à(i<pi«7xlou? còvónaaav.
5 S’intende per chi va verso ovest o verso est.
6 B as., Hexaem., 137 AB (58 BC): ’Evreu&ev SiaSe!;a[iévT) ^(i5? t o ù (lETOTttàpou
•f) <Spa, Ù7to-9-pauei [lèv t o u m iy o u q t ò ÙTOpPàXXov, xarà [iixpòv Sè ù<pietaa t t ) ?
Àip(iY)? Sià T7)? xarà tyjv xpàoiv (leu in ijT O ? à(ìXa|3c>>? f)[ia? Si’ aòrS]? t o ì xsi(i£>vi
itpoaàysi.
7 Come osserva il Coppa (op. cit., p. 351, n. 73), sarebbe più esatto
parlare di « giorno » solstiziale.
220 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 6, 25-26
Caput VI
^ Ps 102, 12.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 221
Capitolo 6
troppo ridotta: forse per questo riduce quel che si vede? Non viene
ridotto l’aspetto visibile, non viene diminuita la grandezza effet
tiva. Né dobbiam o attribuire il difetto dovuto ad una nostra defi
cienza ad una deficienza dei luminari celesti. La nostra vista dice
il falso. Non credere dunque esatto il suo giudizio: è più piccola
l'immagine offertaci dalla vista dei corpi celesti, non la loro co
stituzione4. Se tu desiderassi guardare dalla sommità dei monti
la pianura che si stende sotto i tuoi occhi e gli armenti che vi pa
scolano, non ne giudicheresti i corpi simili a form iche? Se guardi
il mare da un osservatorio posto sul lido, non ti sembra che le
navi più grandi, mentre spiccano tra i flutti per le loro candide
vele, presentino lontano sul mare l’immagine di colom be in volo?
E le stesse isole, che interrompono il mare stendendo le loro terre
coltivabili, da quale ristretto confine sembrano limitate, com e ap
paiono spianate invece che scoscese, fitte invece che sparse qua e
là! Or dunque valuta questi limiti della tua vista, e da giudice impar
ziale ti convincerai da solo della verità delle nostre affermazioni.
27. Vuoi valutare la grandezza del sole non soltanto con
l’occhio della mente, ma anche con quello del corpo? Considera
quanti globi di stelle sembrano trapuntare la volta celeste e ador
narla di innumerevoli luci: tuttavia non possono spazzar via le
tenebre della notte né le nubi del cielo. Non appena il sole si
preannuncia con i segni della sua levata, al fulgore di quel solo
astro svaniscono tutti i fuochi delle stelle, l’atmosfera si schiude
e la volta del cielo si tinge d’un rosso purpureo. Non è che il primo
inizio, ed ecco che con rapidità istantanea sfavilla lo splendore
d’una luce piena e spira una dolce brezza precedendo il sole che
sorge. Dimmi, di grazia: se non fosse grande il suo globo, come
potrebbe illuminare l’immenso globo terracqueo?5.
28. Che dire della misura e del freno così efficacemente im
postogli dal Creatore? Egli alla funzione del sole assegnò un limite
tale che né la sua vampa fatta di fuoco, a quel che sembra, brucias
se le vene della terra e le specie esistenti raggiungendole con i suoi
raggi né, d’altra parte, raffreddandosi nell’attraversare gli spazi
cosi sconfinati del mondo, fosse incapace d’inserire in esse ogni
4 Cf. Cic., Acad., II, 26, 82: Quid, potest esse sole maius, quem mathe
matici amplius duodeuiginti partibus confirmant maiorem esse quam ter
ram? Quantulus nobis uidetur! Mihi quidem quasi pedalis. Epicurus autem
posse putat etiam minorem esse eum quam uideatur, sed non multo; ne
maiorem quidem multo putat esse, uel tantum esse quantus uideatur, ut
oculi aut nihil mentiantur aut non multum. Cf. De fin., I, 6, 20.
5 Bas., Hexaem., 141A (60 A): Kàxiivo Sé aoi èvapyè? ?<tto> t o u (lEyi&ou;
<j7j(ietov. ’Airelpcov S vtcov Ttji nlqSsi t ò ìv xax’ o ù p a v ò v àcrrépov, t o mxp’ aÙ Tcòv
cuvepaai^ójxevov <pòi<; oòx è^apxeì v u x t ò i; -rì]v xa'rijipeiav SiaXuaat. Móvo? Sè
o 5 t o ? Ù TO ptpaveli; t o u è p t ^ o v r o ? , [jwcXXov Sè exi x a l 7 tp o c r 8 o x < i)(is v o s , 7tpìv x a l
forepaxeiv 8 X0 )? t% it)S> ^(pàvide (ièv axóxos, imsprfiya.<ys Sè toù<; àaxépa? xaì
7rEjr/)YÓTa Télo? xal <TU[iTre7uXT)(iivov t ò v TOpì àépa xaTé-rr]£e xaì Siéxeev. "OS-ev
xal &ve|j.oi èto-9-ivol xal Spóooi èv at&pja t tjv yrjv TOpippéouat. Toaaumjv Sè ouaav
t } ) v frW 7tóS<; av éSuvrjib] àv fuqc xatpoO £o7uyj t t ) v 7 t à c a v x a x a c p c o T t ^ e iv , et [ri) ànò
(leyàXou t o ù xiixXou t^v aiif/jv èmQiptei;
224 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 6, 28 - C. 7, 29
Caput VII
a Cant 5, 2.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 225
Capitolo 7
6 Bas., Hexaem., 141 B (60 B): ’Ev-tow&à noi rjjv ao(ptav toù tc^vI-tou xa-
[ia&e, 7ttó? tòS 8iaar/](xaTi to\jtg> aii|ifi,eTpov gStoxev aÒTcìS tJjv &epfi.ÓT7)Ta. To-
aoO-iov ydép èariv aÒToO tò irup&Sei;, ù<; Si’ Ù7tep|ìoXi)v xara^Xéijxi tJjv yrjv
(j,T)Te 8là t})v ÈXXeiiJjiv xaTei[KJy(iév)qv aÓT^jv xal fiyovov à7to>wteìv.
1 Bas., Hexaem., 141 B (60 B): ’ASeXipà Sè toì? eEpyjjjiévoL^ xal Tà rapi trji;
vocta&tù.
2 Bas., Hexaem., 144 A (60 E, 61 A): Ol(jiai Sè xal tyj toSv xaTaaxeuyj xal
toìi; Xoi7roì? toì; Arcò yìj? <puo[iévoic ji'f] [uxpàv ircràpxeiv èx tt)? xaxà -rijv cteXtj-
vt)v (lera^oXi)!; -rijv auvréXeiav. "A> Xco? yàp SiaTt&eTai fj.eioufjiv7)? aÒTV)? xal
dtXXùig aù^o|j.éw)? Tà ac!>[j.aTa • vuv [xèv XT)yo<S<n)i; àpaià yiyvó(xeva xal xevà, vùv
Sè aù^ofxévTj? xal 7tpò<; tò irXijpei; ÈTOiyo|j.év7]<; xal aùrà toìXiv àva7tXi)poii(jieva.
AtjXoùcti Sè ol xa-9-eiiSovrei; ùttò <reXr]VTqv óypórr]To? 7tepia®i)? Tà? -ri)? xetpaXìj?
eòpu/opta? 7tXi]poù(AEvoi • xal Tà veoaipayT) t&v xpeòiv Taxù Tpeitóneva xal ^cjxov
èyxéqpaXoi xal t£Sv daXaTrltov Tà óypÓTara xal al Tfiiv SévSptov èvrepitòvai.
Secondo il Giet (op. cit., p. 380, n. 2), simili teorie risalirebbero allo stoico
Posidonio di Apamea.
226 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 7, 29-30 - C. 8, 31
Caput VIII
Capitolo 8
3 Qui S. Ambrogio polemizza con la sua fonte; Bas., Hexaem., 144 B (61 A):
K al r à Tcspl tòv àépa Sè zà uà-Eh') -rati; (/.eTaPoXati; Taira)? ouvStaTtòerat, 015
(lapTupouaiv 7)jj.lv al' t e x a rà tyjv vou(AT)vtav noXXxKiq ànò * alj vT)ve[ita;
altpvlSioi T apa/a{, vetpfiiv xXovou[iév<iiv x a l au[i,m 7tTÓvT<ùv àXXrjXoii;. . .
4 Bas., Hexaem., 144 BC (61 B): Kal a l rapi toù ? eùptorau? TOxXtppoiai x a l
f) rapi tòv Xe-fóiievov d>xsavòv ( S ^ r a - t i i v)v Tat? TOpióSoi? tt)? oeXt)VY]<; TS-iayiii-
vto? énojiévTjv è^eupov ol 7rpoaoixouvre?. 01 |xèv yòtp eupmot [xeTappéouat è<p’
éxàrepa xaTà r à Xonrà ax^na-ra -ri)? cteX^vt)? • èv Sè t&> xa ip S TV)? Yevéaeox;
oòSè t ò (IpaxutaTov àTpejxouatv, àXX’ èv oàX<}> x a l TaXavraicret Sujvexeì xa&ecTr)-
xaaiv, So)? àv, èxtpavetaa to&Xiv, àxouXoJKav Tivà t^ mxXtppota TtapàoxiQTai. S.
Ambrogio invece distingue dagli stretti, nei quali durante il novilunio il
mare resterebbe tranquillo (in or tu tamen eius stant placidi), l’oceano dove
invece nello stesso periodo, per effetto del flusso e riflusso, il mare sarebbe
agitato ( lunari exortu euidens mutationis suae fertur indicium dare, ut
mare... solito amplius accedat ac recedat et maiore aestu feratur). Non
sembra infatti che ortus ed exortus possano qui avere significato diverso.
228 EXAMERON, DIES IV , SER. V I, C. 8, 31
a Mt 24, 35.
b Eccli 27, 12.
c Ps 71, 5.
d Ps 88, 37-38.
e Rom 8, 20.
t Rom 8, 22.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 229
e Phil 2, 7.
h Eph 4, 10.
i Io 1, 16.
i Ps 71, 7.
>» Cant 6, 10 (9).
n Rom 13, 12.
o Ps 13, 2.
p Gai 2, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 231
que dalla tua, non dalla sua stoltezza se, mentre tu aspetti e tardi
a convertirti, anch’essa continua a mutare.
32. Non giudicare quindi la luna con gli occhi del corpo,
con l’acume deU'intelligenza3. La luna cala per colmare gli ele
menti. Questo è un grande mistero. Le ha dato questa facoltà
colui che a tutti ha donato la grazia. Perché possa colmare, l’ha an
nientata colui che annientò anche se stesso per colmare tutti gli
uomini: annientò se stesso per discendere fra noi, discese fra
noi per salire per tutti. Ascese sopra i cieli, dice la Scrittura, per
colmare ogni cosa. Colui che era venuto annichilito, colm ò gli apo
stoli della sua pienezza. Perciò uno di essi dice: Infatti della sua
pienezza noi tutti abbiamo ricevuto. Quindi la luna ha procla
mato il mistero di Cristo. Non è di scarso pregio l’astro in cui
egli ha posto una sua raffigurazione, non di poco valore l’astro
che è simbolo della Chiesa a lui cara, come indica il profeta di
cendo: Sorgerà ai suoi giorni la giustizia e l’abbondanza della
pace, finché scompaia la luna, e nel Cantico il Signore dice della
sua sposa: Chi è mai costei che spinge lontano il suo sguardo
com e l’aurora, bella com e la luna, fulgida com e il sole? E vera
mente com e la luna è la Chiesa che ha diffuso la sua luce in
tutto il m ondo e, illuminando le tenebre di questo secolo, dice:
La notte è avanzata; il giorno è vicino. Fa bene a dire che spinge
lontano il suo sguardo, com e chi guarda dall’alto i suoi; e appunto
leggi: Il Signore dal cielo ha rivolto il suo sguardo sui figli degli
uomini. Spingendo lontano il suo sguardo, la Chiesa, com e la luna,
spesso scompare e rinasce, ma per effetto di queste sue scom
parse è cresciuta e ha meritato di ingrandirsi, mentre sotto le per
secuzioni si rimpiccioliva e dal martirio dei confessori veniva in
coronata. Questa è la vera luna che dalla luce perenne di suo fra
tello deriva il lume dell’immortalità e della grazia. La Chiesa ri
fulge non della propria luce, ma di quella di Cristo e prende il
proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: Non
sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Veramente beata sei
tu, o luna, che hai meritato una così invidiabile distinzione! Per
ciò ti potrei dire beata non per i tuoi novilunii, ma perché sei
simbolo della Chiesa; là sei serva, qui sei oggetto d ’a m ore4.
33. Quant’è ridicolo poi che gli uomini per lo più credano
poterti tirar giù dal cielo con formule magiche! Codeste sono fa
vole dà vecchierelle e credenze del v o lg o 5. Chi potrebbe credere
che un’opera di Dio, destinata a un cosi alto servizio, subisca l'in
fluenza delle pratiche superstiziose dei Caldei? Sia pur caduto co
lui che assume l’aspetto d ’un angelo di luce, ma è stato trascinato
in basso per la propria volontà, non per l’efficacia degli incante
sim i6. È vero che, anche a questo proposito, si ritiene che tu, o
Chiesa, possa, per cosi dire, essere rimossa dal posto dove sei
stabilmente collocata. Molti attaccano la Chiesa, ma gli incantesimi
dell’arte magica non possono nuocerle. Non hanno alcuna efficacia
gli incantatori dove ogni giorno si canta il cantico di Cristo. La
Chiesa ha per incantatore il Signore G esù7, per mezzo del quale
ha reso inoffensivi gli incantesimi degli incantatori e i veleni dei
serpenti, ed essa, com e il serpente posto in alto, divora i rettili;
e sebbene si borbotti la magica formula degli Egiziani apportatrice
di morte, nel nome di Cristo essa viene resa inoffensiva. Cosi
Paolo accecò anche il mago E lim a8, non solo rendendo inefficace
la sua arte magica, ma anche privandolo della vista. Cosi Simon
Pietro, distruggendo il potere degli incantesimi, fece precipitare
e cadere a terra colui che con magico volo si sollevava in alto®.
Caput IX
Capitolo 9
cum Tryph., 120. Su Simon Mago vedi Lexikon fur Theologie und Kirche, 9,
768-769.
SERMO VII
Caput I
Gen 1, 20.
QUINTO GIORNO
V II SERMONE
Capitolo 1
1 B as., Hexaem., 148 A-C (62 DE): ’ArcèXape [zèv yàp f) -p) T“ v
oExctcov pXaoiT)(xiÌTo>v xóa[iov • à:réXa(3s Sè oiipavòs tcov fiorptov Tà &*Sb) xal
oiovel Si8ti|jUov òcp$aXji.cùv poXat? Tfj ou^uyta tgìv jieyaXov ipcoaTTjpcov xaxexoo^-
Si). Aewró[zevov 3jv xal toì? uSaai tòv oìxeTov xóafjtov daraSo&Tjvai.
2 Cf. V erg., Aen., V I, 724-726: Principio caelum ac terram camposque
liquentes / lucentemque globum lunae Titaniaque astra / spiritus intus alit.
3 praerogatiuae è partitivo dipendente da aliquid.
4 S. Ambrogio segue i Settanta che danno: ’ E^aYayèTtù Tà CSaTa ép7cerà
(|)UxSv £<oaciv xal jrc-reivà jteró(ieva èreì ttjs y x o r c à tò crepitala tou oòpavou.
Dal testo letterale risulterebbe propriamente che anche i volatili provengono
dall’acqua; vedi T esta, op. cit., pp. 261-262, nota ai w . 20-23.
238 EXAMERON, DIES V, SER. V II , C. 1, 24
b Ps 103, 25.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 239
Caput II
5, 3. ballena Schenkl balaena codd. omnes praeter unum; cf. V, 10, 31.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 241
Capitolo 2
1 B as ., Hexaem., 149 A (63 C): 'H n-èv (po>v}j tou irpooTàv^aTos (iixpdc,
fxòtXXov Sè oùSè tpcovr), àXXà £oirì) fióvov x a l ópfrf) tou S'eX’fjjiaToi; • t ò Sè ty)? èv
tòS 7rpoardtYH.aTi Si avo (a? noXiixouv tooou tóv èoTiv, ficai x a l al Ttov tx^uiov Sia-
ipopal x a l xoivór/jTes.
2 La mustela marina è la « donnola marina », cioè la bottatrice ( Iota
uulgaris). Nella traduzione uso il termine « puzzola » per conservare, nel
paragrafo successivo, il parallelo tra la puzzola di terra e la « puzzola »
di mare.
3 Cf. V erg., Aen., V , 822: tum uariae comitum facies, immania cete.
242 EXAMERON, DIES V, SER. V II , C. 2, 6
a Phil 3, 2.
b Is 65, 25.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 243
Caput III
Capitolo 3
tomba per le proprie creature5; per la prole dei pesci l’utero ma
terno, com e una muraglia, conserva al sicuro i piccoli, per cosi
dire, entro il baluardo delle viscere più interne.
8. Or dunque i diversi generi di pesci hanno consuetudini di
verse: alcuni danno alla luce uova, altri partoriscono creature già
vive e complete. Quelli che producono uova non intrecciano nidi
com e gli uccelli, non si assumono la fatica di una lunga covatura,
non si preoccupano di nutrirli. Basta che cada l’uovo, e l'acqua,
quasi tenera nutrice, l’accoglie, per cosi dire, nel grembo della
propria natura e lo restituisce con rapida covatura animale fatto.
L’uovo, infatti, cade già reso vitale dal continuo contatto con la
madre e ne esce il pesce.
9. Inoltre, com ’è pura e inviolata la loro procreazione! Come
nessuno si accoppia a un’altra specie, ma solo alla propria®, il
temolo al temolo, il lupo al lupo! Anche la scorpena7 conserva
la castità dell'immacolato connubio proprio della sua specie. Per
ciò ha il pudore della propria specie, non ne ha il velen o8; la
scorpena non morde, ma ristora. Ignorano infatti connubi adulte
rini con p e s ci9 d'altra specie, com e sono quelli che, incrociando
tra loro asini e cavalle, gli uomini attuano con grande cura o
com e ancora avviene quando le asine si accoppiano ai cavalli, con
il risultato di avere una specie autenticamente bastarda; infatti è
senza dubbio più grave ciò che si commette per contaminare la
natura di ciò che si com pie a danno d’una persona. E tu, o uomo,
ti com porti cosi divenendo intermediario di questo adulterio tra
giumenti e stimi di maggior valore l’animale bastardo che quello
di razza pura. Unisci inoltre razze diverse e mescoli semi diffe
renti e spésso costringi a connubi contro natura animali per conto
loro restii, e questo chiami industriarsi10. E siccom e con gli uo
mini non puoi ottenere che la mescolanza di razze diverse escluda
la procreazione n, togli all’uom o ciò che ha ricevuto alla sua nascita
e lo privi della sua virilità e, troncando ima parte del corpo, gli
neghi il sesso, ne fai un eunuco. Cosi la temerarietà umana ha
potuto raggiungere ciò che la natura aveva rifiutato.
5 Cf. C ic., De off., I, 28, 97: vi si cita il v e rso natis sepulcro ipse est parens.
6 Bas., Hexaem., 152 B (64 E ): IloXXal tòìv plojv a l jtapaXXayat • itoXXal
x a l al rapi Tà? SiaSo^ài; èxàaTou y ^ ou? Siaqjopat. Oùx èmùà^ouaiv oE 7rXetaroi
tòìv lx®,^0)v &<*Tcep al 8pvi8-e<; otite xaXià? ?rr]YvuvTat o(jte (xerà nóvuv èxTp&pou-
aiv éauròiv Tà Éxyova • àXXà t ò CSoip £moSe!;à(ievov èx 7teoòv t ò coóv, £<jSov è7tofo)-
aev x a l èxàaTtp yévsi f) SiaSox'f) àroxpaXXaxToi; x a l àvcTrtfUXTOS 7tp i? éTépav (piioiv.
Oùx ola i tòìv T)|j.ióvg>v c t I ty)s /épaou ....
7 « S corp en a » (gr. mcóprcaiva, lat. scorpaena) è u n a ltro n om e italian o
dello sco rfa n o . P linio ( N.H., XXXII, 11, 151) n om in a l ’una a cca n to a ll’altro
c o m e du e specie diverse scorpaena e scorpio.
8 La n otizia n on è esatta.
9 socium è genitivo plurale.
10 E videntem en te si tratta di u n rig orism o n on p iù con d iv is o dalla
m ora le cristiana. V a tuttavia sottolin ea to in S. A m b rog io il risp etto p e r la
n atura quale op era d i D io. V ed i anche S. A m b r o g i o , L’Esamerone, ecc., testo
c o n in trod u zion e, version e e co m m e n to d i E. Pasteris, S E I, T o r in o 1937, p.
401, n. 4.
11 In ten d o ut ...possit escludere epesegesi dell 'hoc p ro le ttico . L ’u o m o evi
ra to sa reb b e l’equivalente del m u lo e del b a rd o tto , anim ali sterili.
248 EXAMERON, DIES V , SER. V I I , C. 4, 10-11
Caput IV
10. Quam bona autem mater sit aqua etiam hinc considera.
Tu, o homo, docuisti abdicationes patrum in filios, separationes
odia offensas: disce quae sit parentis et filiorum necessitudo. Vi-
uere pisces sine aqua non queunt nec a suae parentis consortio
separari neque a suae altricis discerni munere, et fit hoc natura
quadam, ut separati moriantur ilico. Neque enim ut omnia huius
aeris uiuunt spiramine, quia hauriendi spiritus et respirandi na
tura his non suppetit; alioquin sub aquis semper non possent ui-
uere non capientes spiritus infusionem. Quod est nobis spiritus
illis est aqua. Sicut nobis spiritus ita illis aqua uiuendi ministrat
substantiam. Nos intercluso commeatu spiritus, quia ne breui qui
dem spatio possumus expertes esse uitalis spiritus, statim extin-
guimur; pisces quoque sublati de aqua sine substantia sui esse
non possunt.
11. Et causa manifesta est, quoniam in nobis pulmo per tho
racis laxiora penetralia recipit spiritum et, cum ipse sit <poris>
plerisque penetrabilis, spiritus infusione interiorem calorem re
frigerat. Thorax enim ut suscipit alimenta, ita superflua ciborum
et sucos salubres sanguinemque discernit: fit pulmo peruius, unde
facilius ad eum potest aspiratio spiritus peruenire. Pisces uero
branchias habent, quas nunc plicant et colligunt, nunc explicant
atque aperiunt. In hac ergo collectione et apertione dum susci
pitur aqua et transmittitur ac penetrat, respirationis munus uide
tur impleri. Propria igitur natura est piscium nec communis cum
ceteris, specialis usus et a ceteris uiuendi quaedam separata ac
secreta substantia. Propterea non nutriuntur neque ut terrena ani
malia manus humanae tactu et delenimento aliquo delectantur,
etiamsi seruati in uiuariis suis uiuunt.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 249
Capitolo 4
àva7rvoì)c; Xóyov doroTtXTjpoì. “ISio? xXvjpoi; t g Sv tx&ùoìv, {Sta cpuai?, StaiTa xe/co-
piajxévT), ISió-rpoTOi; r j £ 0 7 ] . Aià t o u t o oùSè Ti&acaeuea&aC t <ò v vrjxrcjv xaTa-
Caput V
Capitolo 5
12. Che dirò poi della loro fittissima dentatura? Non hanno,
come le pecore e i b u o i1, i denti da una parte sola, ma entrambe
sono fornite di denti, perché vivono in acqua e, se masticassero
troppo a lungo il cibo e non lo inghiottissero immediatamente,
dal fluire continuo dell'acqua esso potrebbe essere strappato dai
loro denti e dissolto. Perciò li hanno fitti e aguzzi per tagliare
rapidamente il cibo, sminuzzarlo in fretta e inghiottirlo facil
mente senza il minimo indugio2. D’altronde non ruminano; si
dice però che solo lo scaro fra essi sia ruminante3, com e riferi
scono coloro che per combinazione o esperienza o passione hanno
approfondito questa materia.
13. Certamente nemmeno i pesci riescono a sfuggire alla
prepotenza del più forte da parte dei loro simili e dappertutto i
più piccoli sono in balia dell’avidità dei più grandi. Quanto più
uno è debole, tanto più è facile preda. Molti, è vero, si cibano di
erbe e di minuscoli vermi; tuttavia ci sono di quelli che si divo
rano reciprocamente e mangiano la loro carne. Il più piccolo è
cibo del più grande e, a sua volta, il più grande è assalito da
uno più forte che, dopo aver predato l’altrui, diventa cibo di
un altro. Cosi accade spesso che, quando un pesce ne ha divo
rato un altro, sia divorato a sua volta da un terzo e che nello stesso
ventre s'incontri con il suo divoratore e contemporaneamente in
un solo intestino si trovino insieme rapina e punizione4. Nei pe
sci però questa sopraffazione forse si è sviluppata spontaneamente,
mentre in noi ha avuto inizio non per natura, ma per avidità5;
oppure, siccom e i pesci sono stati dati a vantaggio degli uomini,
sono diventati anche un esempio, perché vedessimo in loro le
colpe del nostro agire e ci guardassimo dall’imitarli e il più forte
non assalisse il più debole con il pericolo di offrire a proprio danno
6 II siluro è famoso per la sua voracità; vedi P lin ., N.H., IX, 15, 45: Silurus
grassatur, ubicumque est, omne animal appetens, equos innatantes saepe
demergens.
7 Bas., Hexaem., 152 D, 153 A (65 AB): Tt Siaipépei t o u TeXeuraiou l^Siio?
ó rfj Xai(xapY<p 9iXo7rXour[a to ì? a 7rXr|pcirrai<; -rij? irXeoveijtai; aÙToO xóXttoi? èva-
7toxptÌ7TTti)v t o ù ?àa&sveti; ; ’Exelvo? e l/e rà t o u irévqToi; • cù t o u t o v Xaflàjv (iipo?
ènoi-fjacù t t j; itepioualas aeauToù. ’AStxov àSixtiTepo? èvcipàvT)? x a l irXeovexTix<!>-
Tepo; 7tXeovéxToo. "O pa [ri) t ì aÙTÓ ae u lpa ? t£Sv Ix&ùtav èxS é^ T ai, £ p a a rp óv
7rou ^ x ó p T o ; y) S I x t u o v . IMvtcoi; yàp x a l 7toXXà t& v àSixoiv Sie^eX^óvres,
T-rjv TEXeuralav Tifitoptav oùx à 7ro8pa<TÓjxe9-a.
8 S. Ambrogio, a cui l’interpretazione « morale » della Scrittura è parti
colarmente congeniale (cf. A. Paredi, S. Ambrogio e la sua età, cit., pp. 437-461:
Il moralista), ci offre sulla vicenda dei pesci e sul contrappasso che ne segna la
progressiva voracità una delle sue pagine più vivaci e concrete. L’ispirazione
basiliana viene ad alimentare il motivo ricorrente della sua polemica contro la
rapacità dei ricchi, che ha trovato la sua più esplicita e forte espressione nel De
Nabutae; cf. anche De Off., II, 5, 17; III, 9, 63-64; Exp. Eu. sec. Lue., IX, 25. Per
un contesto della polemica cf. L. C racco R uggini, Ambrogio di fronte alla com
pagine sociale del suo tempo, in « Ambrosius Episcopus », I, cit., pp. 230-265
(con la bibliografia ivi citata). Possiamo anche notare la lucidità e l'amarezza
254 EXAMERON, DIES V , SER. V II , C. 6 , 15-16
Caput VI
15. Piscis ergo es, o homo. Audi quia piscis es: Simile
regnum caelorum reti misso in mare, quod ex omni genere piscium
congregauit. Cum autem esset inpletum, duxerunt id ad litus et
sedentes elegerunt optim os in uasis suis, malos autem foras mi
serunt. Sic erit in consummatione saeculi. Exibunt angeli et se
parabunt malos de medio iustorum et mittent eos in caminum
ignis*. Sunt ergo et boni et mali pisces; boni seruantur ad pre
tium, mali statim ardent. Bonum piscem nec retia inuoluunt, sed
eleuant, nec amus internecat atque interficit, sed pretiosi uulneris
perfundit sanguine, in cuius oris confessione bonum pretium rep-
peritur, quo tributum apostolicum et census Christi possit exso-
lu ib. Sic enim scriptum est dicente domino: Reges terrae a qui
bus accipiunt tributum uel censum ? A filiis suis aut ab alienis?
Et respondente Petro 'ab alienis’ ait dominus: Vade ad mare et
m itte amum et eum piscem, qui primus ascenderit, tolle, et aperto
ore eius inuenies ibi staterem ; illud sumens dabis pro me et te
* Mt 13, 47-50.
b Mt 17, 27.
<= Mt 17, 25-27.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 255
Capitolo 6
Caput V II
d Lc 5, 4.
<= Lc 5, 10.
f Act 7, 56.
» Mt 14, 25.
b Mt 26, 70 ss.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 257
Capitolo 7
tensità (cf. anche De Paeti., II, 10, 92) da parte di S. Ambrogio che sembra
vi si possa intrawedere un’esperienza personale del santo stesso, cosi riser
vato nel parlare di sé (cf. ib., II, 67; 71-72).
Si noti anche che nel pianto di Pietro il vescovo vede il pianto della Chiesa
— la dimensione ecclesiale attraversa tutta l'opera ambrosiana —, per la quale
Cristo perdona le nostre colpe (ib., II, 10, 92). Possiamo aggiungere il senso
provvidenziale della caduta di Pietro che S. Ambrogio mette in luce: Edam
lapsus sanctorum utilis. Non mihi nocuit quod negauit Petrus, profuit quod
emendauit (Exp. Eu. sec. Lue., X, 89): la convinzione è un aspetto dell’affer
mazione di S. Ambrogio sulla felix ruina, quae reparatur in melius (Explan.
ps. 39, 20): cf. la nota 2 a p. 419. [I.B.]
3 II testo greco ha: £<oyp“ v ; la Vulgata-, eris capiens. Il verbo
significa « catturare vivo ».
4 Sul primo pesce interpretato come simbolo di S. Stefano cf. anche Exp.
Eu. sec. Lue., X, 75 e De virginitate, 120, e vedi la nota di G. Coppa al testo del
commento a Luca (Esposizione del Vangelo secondo Luca, 1, cit., p. 359). Il
Coppa osserva: « La fonte della curiosa allegoria... è Ilario, Comm. in Matth.,
XVII, 13 (PL 9, 1018), letta però nel contesto di Pietro pescatore di uomini »
(ib.). Può essere interessante osservare che la liturgia ambrosiana tradizional
mente leggeva nel giorno di S. Stefano il brano del tributo (Mt 17, 24, 27). La
scelta della pericope appare legata con ogni probabilità non alla « lectio con
tinua », ma all’interpretazione allegorica del primo pesce riferito a S. Stefano.
È senza dubbio un indice dell’antichità della presenza della pericope per la fe
sta di S. Stefano nella liturgia ambrosiana. « Lo stesso episodio, — osserva
P. Borella, che però lo ritiene dovuto alla « lectio continua » — nella lezione
di S. Matteo, è pure assegnato alla festa di S. Stefano nei libri liturgici
gallicani, i quali l’avranno probabilmente usato ad imitazione di Milano » (in
M. R ighetti, Storia Liturgica, II: L’anno liturgico, Ancora, Milano 19693, p.
539). Veramente è difficile precisare in che senso ci sia stata la derivazione,
specialmente se teniamo presente che l’interpretazione allegorica di S. Ambro
gio c ’è già in S. Ilario, cioè in una fonte del vescovo di Milano. (Su S. Ilario
fonte di S. Ambrogio cf. G. C oppa, Opera Omnia di Sant’Ambrogio, Esposizio
ne del Vangelo secondo Luca/l, cit., pp. 35-37). Forse non si deve parlare di de
rivazione, ma di area comune. [I.B.]
258 EXAMERON, DIES V , SER. V II , C. 7, 17-18
c Mt 13, 47.
d Ps 23, 2.
* Mt 10, 16.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 259
1 Cioè S. Stefano.
2 S. Ambrogio si riferisce abitualmente nella sua tipologia sia a Cristo,
sia alla Chiesa, sia al singolo cristiano: nel mare, anzi nel Vangelo, egli in<
contra i misteri di Cristo, la Chiesa, il martire e ogni uomo che trova la sal
vezza nelle onde del battesimo, nella Chiesa, in Cristo. Teologia e compia
cenza descrittiva in diversi tratti vivace e arguta, e anche fantasiosa, sono
strettamente unite a darci i caratteri tipici della predicazione e dello « stile »
del vescovo milanese. [I.B.]
3 Ritengo che coniugio, e consortia siano qui sinonomi, usati per il con
creto coniuges.
4 II vincolo coniugale — o, come dice S. Ambrogio con suggestiva defi
nizione, iugum gratiae — è percepito come legame che unisce al livello dello
spirito, oltre il piano del corpo e oltre le circostanze esteriori: la sua resi
stenza deve superare le distanze e le assenze, e rimanere vivo ed efficace
« fra chi è lontano e chi resta ». Il vescovo avverte cosi la ragione intima
e originaria deU’indissolubilità: la comunione stabilitasi in forza di quella
« grazia » che coinvolge, prima dei corpi e delle loro condizioni, le persone
stesse, le loro « anime», che trascendono le varie situazioni contingenti. [I.B.]
5 Si tratta di una leggenda, anche se molto diffusa nell'antichità; vedi, p.
es., P l in ., N.H., XXXII, 2, 14 (e nota a p. 84, ed. Les Belles Lettres).
260 EXAMERON, DIES V , SER. V II , C. 7, 18-19
f 1, T im 2, 14.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 261
6 B as., Hexaem., 160 BC (68 B ): 01 ócvSpei;, àya7ràTe -vàt; yuvaìxa?, xav ùto-
pópioi àXXrjXoii; 7rpò? xoivoivtav ydt[iou ctum^X-Stjte. 'O cpiioeù)? Seajióc;, ó 8tà
-ri]? eùXoyta? &>yói;, Svoai? Sorta tòSv SieaTcImov. "E^iSva, Xa^E7r<*>'raT0V T“ v
ép7tertóv, Tipi? yà^iov àiravrqt t & a X a a a t a ? (iupalw)? xal cupiy[AcìS tìjv Tcxpouatav
a i) [iVjvaca èxxaXeÌTai aùrrjv èx tcù v pu&civ 7tpò? y a fu x Y jv oujxTtXox^v. ' H Sè ù m x -
xoiiei xal IvouTai T<i> lo(3óXco. Tt (ìouXeial (xoi ó Xóyos; "O ri, xàv -rpa^ùi; fj xav
iSypio? t ò ó cuvoixo?, àvdtyxi) ipèpeiv t ò v ón,ó£oya xal èx |ii]§e(uà<; 7rpo<pà-
creax; xaTaSÉ/ea-Oat. t j) v évoxiiv Siaarotv ; IIX^XTr)? ; ’ AXX’ àv/jp. Ilàpoivot; ; ’ AXX’
•f)vo)|iivo? xarà rijv tpuaiv. Tpot^ù? xal SucràpeaTo? ; ’ AXXà [xéXo? ctóv, xal
IxeXiòv t ò « (jiw iT a T o v .
7 Sempre secondo la leggenda, la vipera vomiterebbe il suo veleno prima
di accoppiarsi con la murena; vedi sopra n. 5.
8 Nella trama della leggenda della vipera e della murena, rievocata con
insistente concretezza descrittiva si manifesta con particolare efficacia l’indole
pastorale e pratica di S. Ambrogio. Risalta la caratteristica capacità di un di
scorso circostanziato e penetrante, che illustra le vicissitudini familiari, ben no
te ai suoi ascoltatori. L’ispirazione basiliana non sostituisce, ma alimenta la ca
rica etica della predicazione del vescovo. Cf. A. Pabedi, S. Ambrogio e la sua
età, cit., pp. 449-452. [I.B.]
262 EXAMERON, DIES V , SES. V II , C. 7, 19
tus es, sed uxorem. Gubernatorem te uoluit deus esse sexus infe
rioris, non praepotentem. Redde studio uicem, redde amori gra
tiam. Vipera uenenum suum fundit: tu non potes duritiam men
tis deponere? Sed habes naturalem rigorem: debes temperare eum
contemplatione coniugii et reuerentia coniunctionis deponas animi
feritatem. Potest et sic: nolite quaerere, uiri, alienum torum, no
lite insidiari alienae copulae. Graue est adulterium, naturae iniu-
ria est. Duos prim um deus fecit, Adam et Euam, h oc est uirum
et uxorem, et uxorem de uiro, h oc est de costa Adam et iussit
ambos esse in uno corpore et in uno spiritu uiuereB. Quid unum
separas corpus, quid unum diuidis spiritum? Naturae àdulterium
est. H oc docet muraenae et uiperae non iure generis, sed ardore
libidinis expetitus amplexus. Discite, uiri, qui alienam permolere
quaerit uxorem cuius serpentis sibi asciscere cupiat contuber
nium, cui etiam comparandus ipse serpenti sit. Festinat ad uipe-
ram, quae se in gremium uiri non directo tramite ueritatis, sed
lubrico deuii amoris infundit. Festinat ad eam quae uenenum
e Gen 2, 19 ss.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 263
Caput V III
Capitolo 8
1 B as., Hexaem., 153 C (65 DE): Oòx fiv TtapéX&oifn t ò t o ù 7toXÓ7toSo? SoXe
xal è7r[7tXoxov, 85 ÓTtoliy 7 :o t ’ clv é x à a r o T e Ttérpqc TOpwrXaxfl, èxetvn); ùitép-
X e r a t xpóa. "Ò a T e toù? to X>oò; tco v Ix^iioiv à7tpoówro)5 vrj/ojiivou? t£> 7toXiÌ7toSt
266 EXAMERON, DIES V , SER. V II , C. 8, 21-23
non norunt nec cauere quod noceat, cum grauior sit et magis
noxia inprobitas benignitatis obumbrata uelamine. Et ideo cauendi
sunt qui crines suae fraudis et brachia longe lateque dispergunt
uel speciem induunt multiformem. Isti enim polypi sunt nexus
plurimos habentes et callidorum ingeniorum uestigia, quibus in-
retire possint quidquid in scopulos suae fraudis inciderit.
Caput IX
Capitolo 9
1 Bas., Hexaem., 160 A (67 E, 68 A): "Hxouaa èy<ù t< 5 v napaXCtov Tiv
8 ti é 8 -aXàaatos
t/yvo<;, t ò («xpòv juavreXGi; xal eòxaTa<ppóv»]Tov £òSov, SiSàoxa-
Xo? m>XX<4xi<; xXiiSovos T o t ? 7rXéouai ytverai. *0 ? 8 t o v TtpotSf] T a p a / ^ v
è(; àvé[icùv, (jirjipìSii Tiva ràeX&ùv yewatav, èn’ aiVr^c, &<nrep èv:' àyxópa?, pedato*;
aaXeuet, x a T e x ^ ^ s v o ; t iij> (Jàpei irpòt; tò |z$) £aSt<o<; t o ì i ; xu[i.aai.v Ó7roaiipsa$ai.
ToOto frrav tScocri ol vaurixol O 7)[xetov, toum t ! ) v 7rpoo8ox<i)(iévr)v (3 ia(av xtvyjaiv
t 5 v &vé[xcov. OùSele àaTpoXóyo?, oùScl? XaXSaìo?, T a l; èimoXaì? tS v àoipcov
iài; T c iv dcépoiv -zapayàc, TEX(jtaip6[i.evo?, T a Ù T a t ò v t/Xvov èStSa^e ... Cf. PLIN.,
N.H., IX, 31, 100; XVIII, 87, 361.
270 EXAMERON, DIES V, SER. V II , C. 9, 24-25
Quo ingenio ista collegit, quo doctore percepit? Quis ei fuit tanti
interpres augurii? Homines confusionem aeris uident et saepe
falluntur, quod plerumque eam sine tempestate discutiat: echinus
non fallitur, echinum sua nequaquam signa praetereunt.
Caput X
Capitolo 10
b Is 5, 8.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 275
6 Bas., Hexaem., 156 BC (66 CD): OI8e xà xyjty) tyjv à(pci>pic|iévY]v aùxoì? ita
ty)? (piioeto; Staixav, tyjv ÌZ,(ù tcùv otxou|iivcov /copUov xaxeìXijtpe é-àXaaaav, ttjv
lp^[ir)v vrjatùv, f) (iy)Se(ila 7rpi? t ò àvuir£pa<; àvrixa&éoTYixev ^TOipo;. AlÓTrep
&-k! ouq ècrrtv, oùtc Earoptai; ooxe xivò? XPE^a? xaToX^àv auxrji; toù c 7tAcoxY)px?
àva7rei-&oii(XZ]S. ’ Exetvuv xaxaXa(}óvTa xà xyjxy), Tot? (lextaxoii; xtov òpfiiv xaTà t ò
Héye&oi; èoixóxa, di? ol xe&eajxévoi (potai, [livei èv to i? olxetoii; Spoi?, (ìyjts toù ;
vyjgok; |ì.y)xe tocù; 7rapaXtoii; TtóXecrt Xu[jt.atvó(xeva. OStoj (J.èv o5v Sxaaxov yévoi;,
<£>c7TEp 7róXeai Yj xcù(jlou<; tioIv 7taTp[<n dcp/atai?, Tote dbroxexa-ytiitioK; aòxoì? xy]?
S-aXàc<jY]i; [iépeaiv èvauXl^exai.
276 EXAMERON, DIES V , SER. V II, C. 10, 29
c Eccle 3, 2.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 279
10 Bas., Hexaem., 157 BC (67 B C ):X a£pei Sè -coi? yXuxéai x a l -uà S-aXaaata •
8&ev x a l èirl toiì? toto^ oùc; àvav^xerai toXXAxii; x a l Tròppo) S-aXàooT]? «péperai.
’ E x toùtou TrpoTijióxepcx; auToìe 6 Iló v ro ? tcìni Xoitoòv èuri xóX7ro>v, <!)? èniT^-
Seioi; èva7roxuT)<rai x a i èx&péi^ai Tà Uxyova. ’ EttciSòlv Sè t ò <ntou8a^ó[xsvov <Sp-
xoiSvto? 4x 7rX»)pci)87Ì, tocXiv toxmSy]jzeI 7tàvre? Ù7roaTpé<pouaiv otxaSe.
11 Xenoph., Comm., I, 4, 12: s u ll'ep oca del pa rto.
12 Bas., Hexaem., 157 D (67 D ): ’ Ix&ùs T o a a ù r a Sia[ie[{3et ireXà-p] ùrtèp eCpa-
a-0-at riva <!><péXeiav.
280 EXAMERON, DIES V , SER. V II , C. 10, 31 - C. 11, 32
Caput X I
Capitolo 11
1 Cf. Verg., Aen., V ili, 691-692: pelago credas innare reuulsas / Cyclad
aut montis concurrere montibus altos.
282 EXAMERON , DIES V , SER. V II , C. 11, 32-33
2 Bas., Hexaem., 161 B (69 A ): ... IrceiS-i) t o ì? [j.eytaToi<; 8peai TtjS iiyxco toù
acó|jtaTO? 7rxpiaà£eToci • & ye xal v^otov 7roXXàxi<; epavraatav 7rapé/exat, èreiSàv
7T0TS èrcl ty)v iSxpav è7u<pdcvsiav toù OSaTo? à v a v ^ e ra i. TauTa iiévroi Ti)XtxauTa
tfvTa où nepl à xrà ? oùSè àyiaXoix; SiaTptjìei, dtXXà t ò ’ ATXavrixov Xeyó|ievov tzè-
Xayo? èvotxeì. V edi anche 156 C (66 D ).
3 Bas., Hexaem., 161C (69 B ): ’ A>>à yàp àvaSpa^óvrei; èx t& v (ìo&Gv,
btl tJjv ^TCCipov xaTa<ptiyti>|iev.
4 Non ne sappiamo nulla.
5 Bas., Hexaem., 161A (68 D E ): Ileo? et? &Xa<; t ò uScop rofjyvurai • tcóS? 6
7C0XuTt(X7)T0<; Xtòo? t ò xoupàXXiov y~kkt\ èariv èv S-aXiacrfl, èrceiSàv 8è et; tòv
àépa è^ e v sx ^ i Trpò? Xfòou oreppÓTY]Ta (ieTa7R)yvuTai • Tcó-9-ev Tei EÙTeXeardcTO)
^ t| ) t£) òaxpétp tòv Papiiri(jLOV (xapyaptT»)v ^ (piiaii; èvé$7)xev. "A yàp èro&uixouCTt
■§T]aaupol PaotXéojv, TauTa rapi atytaXoò? x a l àxTàs x a l Tpaxeta; n&tpa; Siép-
pwirai, èv èXuTpoi? tcùv òo-cpétov èyxetfieva.
6 Bas., Hexaem., 161 A (68 E ): Iló&ev t ò xpuaoùv gpiov a l ictwai Tpéipouaiv,
57tep oùSeli; t& v àvS-pt!>7ttùv (iéxpt vuv è[ii(jd)(jaTO. IlóS-ev a l xóxXot to ì? PaotXsùat
tà ? àXoupytSaq x aP ^ 0Vtat) x a ^ T<* tgìv Xeijìcùvcov Tfl eù/pota 7tapéSpa[iov.
La 7rtw] (meglio che Titavr) ) è un mollusco, dentro una conchiglia, che si
attacca alle rocce mediante filamenti serici che possono essere filati e, quindi,
tessuti.
7 I murici sono i molluschi dai quali gli antichi estraevano la porpora.
284 EXAMERON, DIES V , SER. V II , C. 11, 34-35
a Ps 32, 17.
b Io n 2, 2-3.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 285
Ionae. Sicut iste in utero ceti, sic Iesus in corde terraec. In utro
que remedium, maius tamen in mari pietatis exemplum, quoniam
exceperunt pisces quem homines refutarunt et quem homines
crucifixerunt pisces seruauerunt. Petrus quoque in mari titubatd,
sed non labitur et confessus in fluctibus tamen negauit in terris e.
Itaque illic quasi deuotus manu adprehenditur, hic quasi oblitus
aspectu censorio conuenitur(. Sed iam rogemus dominum, ut ser
m o noster quasi Ionas eiciatur in terram, ne diutius in salo
fluctuet. Et bene etiam exiuit cu cu rbita8, quae obumbret nos a
malis nostris. Sed et ipsa procedente sole arefacta admonet re
quiescendum, ne in terra aestuare incipiamus ingenio et- nobis
etiam uerba deficiant. Certe plus nobis quam Nineuitis data est in
aquis remissio peccatorum.
SERMO V III
Caput X II
c Mt 12, 40.
d Mt 14, 30.
= Mt 26, 70.
f Lc 22, 61.
s Ion 4, 6.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 287
V i li SERMONE
Capitolo 12
13 Non si capisce bene che cosa intenda qui S. Ambrogio con « pesci ».
Il Coppa (op. cit., 291, n. 98) suppone che forse potrebbero essere « i fedeli
che accolgono la parola » e rimanda a V, 6, 15-16. Il Pasteris (op. cit., p. 468,
n. 4) scrive: « Si noti... che nel "colui" l’autore identifica idealmente il
simbolo di Giona e la realtà di Cristo ». Ad ogni modo l’argomentazione
appare forzata.
14 Si allude alla pianta di zucca fatta crescere da Dio (Giona, 4, 6-11) per
proteggere Giona dal sole e quindi fatta seccare per insegnargli che il Si
gnore si preoccupava della sorte dei Niniviti ben più a ragione che il pro
feta di una semplice pianta. Invece di zucca ( Settanta: xoXoxiivib) ; la Vul
gata ha hedera), le versioni moderne traducono dall’ebraico ricino.
» Gen 1, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 289
merso dal mare e a non dimenticare ciò che è coperto dalle acque,
mi sono sfuggiti tutti gli uccelli, perché, standomene tutto curvo
a scrutare le profondità dei gorghi marini, non ho rivolto i miei
occhi ai voli su in cielo, e non mi ha distolto dalla mia osserva
zione nemmeno l’ombra dell’ala veloce che pur poteva riflettersi
sull'acqua. Ma, quando pensavo di aver esaurito tutto il mio com
pito e credevo di essere a posto e supponevo finito il quinto giorno
mi sono ricordato degli uccelli che, quando vanno a dormire, lieti,
per cosi dire, di aver com piuto il loro dovere, sono soliti rallegrare
il cielo con i loro can ti2. E questo sogliono rinnovare com e per una
consuetudine, al sorgere e al tramontar del sole, per lodare il
loro Creatore per la notte com e per il giorno, quando sono tra
scorsi o stanno per cominciare. Avevo perduto dunque una grande
occasione per suscitare in noi il sentimento della devozione. Quale
uom o dotato di sensibilità non arrossirebbe di concludere la sua
giornata senza la recita dei salmi, dal momento che anche gli
uccelli piccolissimi accompagnano il sorgere del giorno e della
notte con un atto di pietà abituale e con un dolce canto?
37. Ritorni dunque per noi il discorso alato che quasi aveva
m o perduto di vista e che, a guisa d’aquila salendo in alto, aveva
nascosto fra le nubi il suo volo; se non che, mentre purificati
dall'acqua innalzavamo dall’abisso i nostri occhi verso il cielo, ve
dendo che esso si lasciava trasportare spensierato3 a volo per
l’aria4, abbiamo ritenuto di doverlo ricondurre alle esigenze della
trattazione. Sarete giudici voi che siete gli uccellatori delle mie
parole, se è più saggio che esse volino via oppure se, con vostro
vantaggio, siano cadute nelle vostre reti. E non temo che nel se
guire i voli degli uccelli si insinui in noi la noia che non ci ha
colto scrutando gli abissi o che qualcuno di noi si addormenti nel
corso della esposizione, perché potrebbe essere risvegliato dal canto
degli uccelli. Ma senza dubbio mi sembra impossibile che chi è
riuscito a rimanere sveglio fra i muti pesci, si lasci prendere dal
sonno fra gli uccelli, essendo stimolato a rimanere sveglio da
una simile attrattiva. D’altra parte non si consideri di poco conto
ciò che si è potuto passare sotto silenzio, dal momento che gli uc
celli costituiscono un terzo degli animali di tutto il creato5. Tre
infatti sono fuor di dubbio le specie animali: terrestri, alate, acqua
tiche. Infine sta scritto così: Le acque producano rettili in un
brulichio di esseri viventi secondo la propria specie e volatili che
volino sulla terra in faccia al firmamento del cielo secondo la
propria specie.
38. Dobbiamo ritornare a ciò che precede, com e viaggiatori
distratti i quali, essendo andati oltre senza riflettere, ritornando
sui loro passi pagano la pena della loro leggerezza con la raddop-
2 Cf. Verg., Aen., VII, 34: aethera mulcebant cantu lucoque uolabant.
3 Cf. Hor., Carm., I, 32, 1-2: si quid uacui sub umbra / lusimus tecum.
4 aeris = aeriis.
5 Tipico squarcio di oratoria ambrosiana, nel quale giochi di parole
d’origine retorica si mescolano ad un umorismo scherzoso e benevolo.
290 EXAMERON, DIES V , SER. V I I I , C. 12, 38-39 - C. 13, 40
Caput X III
Capitolo 13
6 Bas., Hexaem., 168 C (72 A): ’Avdrpoj toIvuv xorrà toìn; èmXT)<J(jt.ova? t S v
óSourópav, ol èiceiSàv t i tm v xaiptcov 7rapaXÌ7rti>ai, xfiv Irei 7toXù tÌ)? óSoù npoéX-
$6>oi, itàXiv r»iv ocò-rìjv ùnoarpécpouaiv, à^lav t % (bqc&ujjttai; Sbojv tòv èx t^ ?
iSoMToptac xóitov ÙTtéxovres, o5tg> xal ^[ùv, ìoixe, "rijv aùrijv TcàXiv (3a8i-
atéov.
7 Cf. Verg., Georg., II, 328: auia tum resonant auibus uirgulta canoris.
« Cf. Anth. Lat., 762 R„ 1, 13, 31, 42.
9 Cf. Verg., Bue., I, 57-58: nec tamen interea raucae, tua cura palumbes /
nec gemere aeria cessabit turtur ab ulmo.
10 Cf. Verg., Georg., I, 388: tum cornix piena pluuiam uocat ìmproba uoce.
Lc 12, 7.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 293
2 Cf. Verg., Bue., II, 26: cum placidum uentis staret mare; IX, 57-58:
et omnes, aspice, uentosi ceciderunt murmuris aurae.
3 Bas., Hexaem., 177 AB (75 E, 76 A): 'AAxucóv èaxi ■9-aXaTTtov opveov.
AQtt) TOXp’ aÙTOu? vatraeùeiv toù? aiyiaXoij? 7réipoxe, he’ aù-rij<; xà <ì>à
xaxa&suivr] ... "fìcrre xal vau-tixol toxvtei; uraai touto xal àXxuovtSai; xà? rj|xépa<;
èxetvou; 7tpo<jaYopeùouoi. Cf. Arist., H.A., V, 8, 542 b, 4; Plin., N.H., X, 32, 90,
e XVIII, 62, 231, dove manifesta un certo scetticismo.
294 EXAMERON, DIES V , SER. V II I, C. 13, 42-44
4 Cf. V erg., Georg., I, 361-362: cum medio celeres reuolant ex aequore mer
gi / clamoremque ferunt ad litora-, vedi anche Pl in ., N.H., XVIII, 87, 362.
5 Varr., L.L., V , 13, 78: mergus quod mergendo in aquam captat escam.
L’etimologia è esatta; vedi E rn o u t-M e ille t, Dict. étym., sub uoce.
6 Cf. V erg., Georg., I, 362-363: cumque marinae / in sicco ludunt fulicae.
7 Cf. V erg., Georg., I, 363-364: notasque paludes / deserit atque altam
supra uolat ardea nubem.
8 Bas., Hexaem., 181 BC (77 E ): ILS? fiypwrvov tò tòìv jpqvGv ybmc, x a l Jtpò?
t?]v Ttov Xav&avóvrcùv a W b ja tv ò^óraTov, ol yè to te x a l t r)v flaaiXtSa to5X.iv
TOpiaaxravro, TtoXsjJitou? Tivàs ùttò f»j<; Si’ ùttovójìojv dupavùv •JjSr) (xéXXovTai; tt)v
icxpav ty)c 'Pci[Z7]? xaTaXa[A(idiveiv xaTa(Wf)vii<javTe<;. Cf. P lin ., N.H., X, 22, 51: Et
anseri uigil cura Capitolio testata defenso, per id tempus canum silentio
proditis rebus, quam ob causam cibaria anserum censores in primis locant;
vedi anche XXIX, 14, 57, e Verg., Aen., VII, 655-656.
S’avverte qui un’eco sarcastica della polemica contro il paganesimo decli
nante, ma non ancora sconfitto, della quale era stato un episodio particolar
mente significativo lo scontro tra Ambrogio e Simmaco (384); vedi, p. es., H.
B loch, La rinascita pagana in Occidente alla fine del secolo IV, in « Il conflitto
tra paganesimo e cristianesimo nel secolo IV », Saggi a cura di A. Momigliano,
Einaudi, Torino 1968, pp. 201 ss.
296 EXAMERON, DIES V , SER. V I I I , C. 14, 4547
Caput XIV
47. Vnum autem nomen auium, sed genera diuersa, quae quis
possit aut memoria aut cognitione conprehendere? Sunt itaque
aues, quae carne uescuntur. Ideo his ungues asperi, curuatum
a Gen 1, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 297
Capitolo 14
1 Bas., Hexaem., 169 A (72 B ): " O t i cicnep ouyyéveià ri? ètra "toi? t o to -
[iévoii; rapò? Tà vqxTà. K a i yàp cóo7tep ol Èx&ù? tò uSop t£|jlvoucti xf) jxèv xiv^aci
tòìv TCrepóytùv eti; tò 7tpó<Jto x “ P°uvTes, Tf) 8è oùpatou (jLeTa(3oXfl Tà? ts iteptoTpo-
<pà? xal tà? eùS-etai; óp|j.à? èauTOti; olaxt^ovrei; • o<h&> xa l knl t& v Trnqv&v ècmv
ESeìv &iav7])(0|JLévcùv tòv dìépa Toìq 7trepotc; xaTà TÒv 8[ìoiov TpÓ7tov. "date è^eiS^]
èv IStcojia èv éxaTépoi? tò v^xe® $ «l > T l? aÙToì? Y) auyyéveia èx t % tòìv
«Sàrojv yzMÈaetùq Trapeax&H].
2 Com e si è visto sopra ( V , 1, 1, n. 4) S. A m b ro g io segue alla lettera
il testo dei Settanta.
3 Bas., Hexaem., 169 A (72 B C ): IIXtiv ye 8 n oùSèv t& v 7rn)v<òv &touv, 8ià
tò Tràci r)]v StaiTav àitò -ri]? yìjs fordcpxeiv xa l roivra? àvayxaEax; vr\q tòìv iroStov
ÙTtoupytai; 7rpoa8eia-&oa.
298 EXAMERON, DIES V , SER. V II I, C. 14, 4749
4 Bas., Hexaem., 172 AB <73 AB): “AXKo jxèv o5v yévoq t ò tòìv aapxoipàYCùv
xal SXXt) xaTaaxeuT] 7rpé7routra tcù Tpótoù ty]; Siair/)? aÙTÒiv, òviix*>v àx^al xal
/etXoi; àyxùXov xal 7rrepòv ò^u, &<jte xal auXXnjip&Tjvai fqcSttù? TÒ &7)pa(i.a xal
SiaaTOXpayèv rpoip'ijv tcò éXóvn Yevéa9ai. ”AXki) tò ìv anepiLoXóytùv xaTaaxeu^ •
fiXXr) tòìv èx jcavrò? Tpe<pojiévcov to u <tuvti>xóvto<;. Kal èv to u t o iq TtXeìorai 8ia<po-
pat. T à (J.èv yàp aÙTÒiv èaTiv àyeXixà, 7tX^v tò ìv aproiXTixoSv • t o u t o v Sè oùSèv
x o iv c m x ò v èxTÒ? toO x a T à Tà? auvSuaojioO. Mupta Sè fiXXa t ò v à& poi-
<j[mctixòv flpeTai ptov, è? jrepujTepal xal yèp a v oi xal ipÌP6? xoXotot.
5 Bas., Hexaem., 172 B 73 B): "HStj Sé ti? xal izépa èv toiÌtoi? èarl Sta
m pi, xa&’ f)v Tà (xèv èmSTKxrj-rixdt Tè ètm xal èy/cópia, Tà 8è àTtalpeiv 7tè<puxe
TtoppoTàroj xal xettiòivo? èyY^0^ 0? èxTcml^eiv Tà 7toXXà.
6 Cf. V erg., Georg., I, 139: tum laqueis captare feras et fallere uisco.
7 Cf. Verg., Aen., VII, 490: ille manum patiens mensaeque adsuetus erili.
8 Cf. Verg., Aen., VI, 646: obloquitur numeris septem discrimina uocum.
300 EXAMERON, DIES V, SER. V I I I , C. 14, 49 - C. 15, 50-52
Caput X V
Capitolo 15
9 Bas., Hexaem., 172 BC (73 CD): sulle abitudini dei vari uccelli. Sono
ricordati gallo, pavone, colombe, galline, pernice; vedi anche A ris t., H.A.,
I, 1, 488 b, 12.
10 Cf. VERG., Bue., I, 40: neque seruitio me exire licebat.
1 B as., Hexaem., 176 A (74 E, 75 A): sul modo di comportarsi delle gru.
302 EXAMERON, DIES V , SER. V I I I , C. 15, 52
2 Cf. V erg., Aen., IX, 174-175: omnis per muros legio sortita periclum /
excubat exercetque uices, quod cuique tuendum est.
3 Tutto il paragrafo ha un colorito sallustiano: cf. Catil., 6-12. Vedi
A lfonsi, op. cit., pp. 129-130.
S’awerte qui in S. Ambrogio, che pur è fedele suddito dell’impero, un at
teggiamento di propensione e di rimpianto per l’antica repubblica con le sue
libere e democratiche istituzioni. Tale atteggiamento è stato senza dubbio de
terminato anche dalla formazione scolastica ricevuta. Ne è ima prova l’in
fluenza sallustiana sopra rilevata.
304 EXAMERON, DIES V , SER. V I I I , C. 16, 53-55
Caput XVI
Capitolo 16
1 Bas., Hexaem., 176 BC (75 AB): Tò Sè t£Sv 7teXapyi5v oùSè 7tóppoj ècrcl cuvé-
(retii? Xoytxrj^ • outoj (Jtèv xocxà tòv ÉSva jraipòv roivrai; è7ti8Y)[zeìv Tot; TflSe x01-
pioli; ' outco Sè ùcp’ évi aw!M)fiaTi roxvra? aTtatpeiv. Aopuipopouoi Sè aÒToù; al tox-
p>y/)HÌv xopcòvai xal 7tapaTté(XTtouoiv, l\±oX Soxeìv, xal au(ji(j,a);lav Tivà TOXpex^tieval
7upò(; ÒpviS-a; 7toXe(jUoui;. Sy](j.eìov Sé, 7tpcÒTOV (xèv tò (J.y) q>alveo$ai Ù7rò tòv xaipòv
Ixetvov xop<i)vt)v TOXvTdbraaiv, È7tei-9-’ 8ti (jiETà TpaujiàTtov èTtavepxó|J.evai èvapy5)
tou auvaaiuajjLou xal -ri)? Tà crpeta xo|ji£ou<ri. Tt? itap’ aÙTat; Toil;
•rii; <piXo!;evfa; Suipiae vójìou;; Tt; aÙTaì; ^j7tEtXY)ae XeiTCooipartou ypacpV>
|XY)Sc(i(av ¬elnea&<x.i t^s 7tpo7ro|_i7ri)<; ;
2 Cf. A m b r ., In ps. XLIII, 84, 3: remedium excederent = praeterirent, euita-
rent (T.L.L. V, p. II, 1208).
306 EXAMERON, DIES V , SER. V II I, C. 16, 55
3 Cf. Verg., Aen., XII, 395: ille ut depositi proferret fata parentis.
4 Cf. Verg., Aen., I, 300-301: uolat ille per aera magnum / remigio alarum-,
VI, 18-19: sacrauit / remigium alarum.
5 Bas., Hexaem., 176 C (75 BC): 'H Jtepì -roùe y^pàdavra? tòìv TteXapyòiv irpó-
voia i£/)pxei toù? TtaìSa? r)fj.òiv, el jtpoaè/ew è|l0iSX0VT0, «piXoTOXTopoci; xaTaa-rijaat.
IlàvTtù? yàp oòSel? oOtoj? èX>.et7tojv xaTà tÌ)v (ppóvijaiv, d»? |xf] alo/tivig? ól^iov
xptvetv tò>v èXoyutii.'ctù'j èpvES-wv òarepl^eiv xat’ àperrjv. ’ ExeTvot tòv irotTépa
U7rò TOÙ yfjpto? 7tTcpoppuy)<Tavra TtspKjràvrs? èv jctixXcp toì? obcetoi? 7rrepoì? Sia-
SàXTtOUCTtV ...
6 II Coppa (op. cit., p. 305, n. 29) pensa giustamente al gesto di pietà
di Enea verso il padre Anchise (Aen., II, 707-708).
1 Cf. Cic., Pro Mil., 4, 10: Est igitur haec, iudices, non scripta sed nata lex.
8 Si tratta di Antonino Pio (138-161), chiamato cosi dal senato o perché
aveva sostenuto con la sua mano il suocero ormai vecchio o perché aveva
salvato da morte persone condannate da Adriano o per i grandi onori tri
butati a quest’ultimo dopo la sua morte (R.E., II, 2498).
9 Gioco di parole tra patres = senatori e patres = genitori.
10 Bas., Hexaem., 176 CD (75 C).
308 EXAMERON, DIES V, SER. V I I I , C. 17, 56-57
Caput XVII
Capitolo 17
1 Bas., Hexaem., 176D-177A (75 D): MrjSeli; TOvtav òSupéa&M • (jL>)8è <Ì7to-
ftYvcijcntéTO) éauTou ttjv £co-/]V 6 (j.yjSejj.iav o fo o i TOpioucrtav xaT aX m civ, 7tpòi; t ò
Tiji; x^&óvo? eù(j.T)xa'/0V à7ropXérrcùV ... Si parla quindi della costruzione del
nido.
2 Bas., Hexaem., 177 A (75 D): &v Èav ti ? èjacevnfjaf) Tà 8|a.(iaTa, Sxel 'rtv“
roxpà -ri]; <piiae<0(; la rp ix ^ v , S i’ rj? n p ò? o y e ia v cTOxvàyei t S v èxyóvcùv t à ? Sipei?.
Cf. Plin., N.H., XXV, 49, 89: Animalia quoque inuenere herbas, in primisque
chelidoniam. Hac enim hirundines oculis pullorum in nido <...> restituuntque
uisum, ut quidam uolunt, etiam erutis oculis. Si tratta evidentemente d’una
leggenda (vedi ed. Les Belles Lettres, p. 132).
3 Bas., Hexaem., 179 A (75 E).
310 EXAMERON, DIES V , SER. V I I I , C. 17, 57 - C. 18, 58
Caput XVIII
Capitolo 18
1 Bas., Hexaem., 180 A (76 C): ToioOtoi tcùv yovèfùv ol èitl rcpoipàaei uevta?
èxTi&é[ievoi Tà vfpria • ^ xal èv Tfj 8iavo(j.yj toO xX^pou àviaóraTOi itpò<; Tà Sx-
yova. Atxaiov y&p, &<msp èf; taou (xsTaSsSc&xaaiv èxdcarcp tou sivai, oGtoj xal
itp4? tò jv à<pop(iài; ?ctci><; aÙToI? xal ófiOTt[jL(i)<; napéxsiv.
2 Su questo punto 1 insegnamento della Chiesa è di una assoluta chia
rezza. Accenno contro i Manichei (C oppa, op. cit., p. 308, n. 35)? Questi, che
in teoria proscrivevano matrimonio e procreazione, di fatto concedevano di
sposarsi o di vivere con una concubina e di avere dei figli (P uech, op. cit.,
pp. 584-585).
312 EXAMERON, DIES V, SER. V II I, C. 18, 59-60
59. Si dice che gli sparvieri usino contro i propri piccoli una
crudele durezza in quanto, non appena si accorgono che essi ten
tano i primi voli, li cacciano dai loro nidi mettendoli fuori im
mediatamente e, se indugiano, li respingono agitando le penne
e li fanno cadere, li colpiscono con le ali e li costringono ad osare
ciò di cui hanno paura né poi dedicano loro cura alcuna per nu
trirli. Tuttavia, perché meravigliarsi se, avvezzi a predare, non
sopportano di somministrare il cibo? Consideriamo che sono stati
creati affinché la paura abitui anche gli uccelli a stare all’erta, per
ché non allentino indiscriminatamente la vigilanza, ma badino ai
pericoli che devono evitare da parte dei rapaci. Inoltre, siccome
si è sviluppato in essi per una certa disposizione naturale l’istinto
del predare, sembra che istruiscano fin dalla tenera età i loro pic
coli alla preda piuttosto che a rinunciare a guadagnarsi il pasto.
Si preoccupano che ancor piccoli non impigriscano, non si lascino
fiaccare dalla vita comoda, non infrolliscano nell'ozio, non im
parino ad attendere il cibo invece di cercarlo, non perdano il vigore
della loro natura. Interrom pono la cura di nutrirli per indurli a
osare, allo scopo di avvezzarli a cacciare la preda.
60. Si dice spessissimo che anche l’aquila respinge i suoi aqui
lotti, ma non tutti e due, bensì uno di essi3. Alcuni pensano che
ciò avvenga per la noia di raddoppiare la quantità di c ib o 4. In
vece io penso che a questa spiegazione non si debba dare troppo
credito, soprattutto perché Mosè ha dato a questo uccello una
testimonianza cosi solenne del suo affetto per i piccoli fino a dire:
Come l'aquila protegge il proprio nido e confida nei suoi piccoli;
spiega le sue ali e li prende e li accoglie sul suo dorso. Solo il
Signore li conduceva. Come può spiegare le sue ali se uccide uno
dei due aquilotti? Perciò credo che diventi crudele non per rispar
miare il cibo, ma per giudicarli dop o averli esaminati. Si dice
infatti che metta sempre alla prova quelli che ha generato, per
ché la deformità d'un parto degenere non degradi, in un certo
m odo, la regale supremazia della sua razza fra tutti gli uccelli.
Si sostiene perciò che esponga i propri piccoli ai raggi del sole
e li tenga sospesi nel vuoto ai suoi artigli. Se uno, nonostante
il riflesso della luce solare, resiste imperterrito con gli occhi con
servando intatta la forza visiva, questi supera la prova perché
ha dimostrato la genuinità della sua natura con la fermezza dello
sguardo che non ha subito danno. Quello invece che, abbagliato
dai raggi del sole, abbassa gli occhi, viene ripudiato perché de
genere e indegno di si nobile madre: non si ritiene meritevole
d’essere allevato quello che era immeritevole d’essere generato.
Perciò l’aquila non lo condanna per crudeltà di natura, ma per
obiettività di giudizio, non lo rifiuta com e suo, ma lo ripudia
com e illegittimo.
3 Bas., Hexaem., 177 C (76 B ): ’ASixtiTottoi; rapì tyjv tòìv èxyóvcov èxTpo-
<pr)v ó Aetói;. Alito yàp ^ayoeyoljv veoaaoiii;, tòv èrepov aÙTÙv eJ; yrjv xaTappr]-
yvuai, tocì? 7rXT)yaic; tcov 7rrepfiiv àTtcì&oiifievoi; ■ Tòv Sè Srepov [ióvov àvaXa(3<ov,
olxeiourai, Stà tò rrfi Tpoq>7]t; èntarovov à7to7totoó[ievoi; 8v èyéwrjcrev.
4 Cf. Plin., N.H., X, 3, 13: Alterum expellunt taedio nutriendi.
314 EXAMERON, DIES V , SER. V I I I , C. 18, 61 - C. 19, 62
Caput X IX
a Lc 2, 24.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 315
Capitolo 19
5 Bas., Hexaem., 177 C (76 C): ’AXK’ oòx èà toùtov <&<; <j>a<n, 8ia<p&apY)vai
fi <pTr]VT) • àXk’ ùiroXa(3oùaa aìrròv toiq olxsEot? éau-riji; veoaaoìi; auvexrpéqiei.
Cf. Arist., H.A., IX, 34, 619 b, 23.
1 Come osserva il Coppa (op. cit., p. 311, n. 40), l’offerta delle due tor
tore da parte della Madonna avvenne in occasione della purificazione (Lue.,
2, 22-24), quando Gesù fu presentato al tempio. La circoncisione era av
venuta in precedenza, a otto giorni dalla nascita (Lue., 2, 21).
2 Cf. V erg., Aen., IV , 16-18: ne cui me uinclo uellem sodare iugali, /
postquam primus amor deceptam morte fefellit; / si non pertaesum tha
lami taedaeque fuisset, / huic uni forsan potui succumbere culpae.
3 Alla vedovanza e al suo valore cristiano S. Ambrogio ha dedicato espres
samente il De uiduis (PL, 16, 233-262), in cui esorta le vedove a perseverare
nel nuovo stato, santificandolo con l'esercizio delle virtù domestiche e so
ciali. Cf. V . M onachino, op. cit., pp. 223-231.
4 Bas., Hexaem., 177 C (76 B ): Trjv xpuyóva <paal Sia^eux&efoàv note toù
6(i6^uy°C> t-Jjv 7tpò<; 2-repov xaTaSé/sa&at xoivcovtav, àXXà (jiéveiv àauvSta-
arov, toù rcoxè co^eux&évTos rijv rcpò? Sxepov xoiviovtav à7tapvot>[x£v7]v. *Axou-
éTCùootv at Yuvaìxe?, tò oe[jlvòv tt)? x*)petas, xal raxpà to ì; AXóyoiitoO èv
Tat? 7roXuYa|J.£at<; à7rpe7toO? 7rpoTi[iÓTSpov.
316 EXAMERON, DIES V, SER. V II I, C. 19, 63 - C. 20, 64-65
Caput X X
65. Quid aiunt qui solent nostra ridere mysteria, cum au
diunt quod uirgo generauit et inpossibilem innuptae, cuius pudo
rem nulla uiri consuetudo temerasset, aestimant partum? Inpos
sibile putatur in dei matre quod in uulturibus possibile non ne-
° 1 Tim 5, 14.
c 1 Cor 7, 8-9.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 317
Capitolo 20
1 Bas., Hexaem., 180 AB 76 DE): IloXXà èpvtòtov yévj) oùSèv npò<; rijv
xóvjcriv SeÌTai tòìv àppéviov èmTrXoXTjs • àXX’ èv [lèv Tot? HXkoiq àyovà èaTi xà ùrnrj-
vèjua, toù? Sè yuroxi; <paaiv àmjvSiàortù? tEkteiv g>? Tà izoXkà. xal TaÙTa j*axpo-
PitùTaTou? ovra? • ol? ye (ièxpi? èxaTÒv Itòìv, rà 7coXXà, Ttapa-retverai ^ £tor|.
2 Cf. V erg., Georg., IV , 206: ergo ipsas quamuis angusti terminus aeui /
excipiat.
3 La partenogenesi degli avvoltoi è una leggenda; lo stesso Aristotele (H.A.,
VI, 5, 563 a, 5-11, e IX, 11, 615 a, 9-14) non ne parla.
318 EXAMERON, DIES V, SER. V II I, C. 20, 65 - C. 21, 66-67
Caput X X I
66. Nunc age quae aues uelut quandam rem publicam curare
uideantur expediam atque uitae huius aetatem agere sub legibus.
Hinc enim rei publicae usus est leges omnibus esse communes
atque obseruari eas deuotione communi, uno omnes teneri uincu-
lo, non alii ius esse quod alius sibi intellegat non licere, sed quod
liceat licere omnibus et quod non liceat omnibus non licere; esse
etiam communem reuerentiam patrum, quorum consilio res pu
blica gubernetur, commune omnibus urbis domicilium, commune
conuersationis officium , unum praescriptum omnibus, unum esse
consilium.
67. Magna haec, sed quanto in apibus praestantiora, quae so
lae in omni genere animantium communem omnibus subolem ha
bent, unam omnes incolunt mansionem, unius patriae clauduntur
limine. In commune omnibus labor, communis cibus, communis
omnibus operatio, communis usus et fructus est, communis uo-
latus — quid plura? — communis omnibus generatio, integritas
quoque corporis uirginalis omnibus communis et partus, quoniam
nec inter se ullo concubitu miscentur nec libidine resoluuntur
nec partus quatiuntur doloribus et subito maximum filiorum exa
men emittunt e foliis atque herbis ore suo prolem legentes.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 319
Capitolo 21
1 Cf. V erg., Georg., IV, 54: magnisque agitant sub legibus aeuum. Anche
l’inizio Nunc age ricorda Georg., IV, 149.
2 Bas., Hexaem., 172 D (73 E): ”E<m Sé Tiva xal itoXmxà tòìv dcXóytùv, elitep
ttoXiteEoi; ?8iov tò rcpò; èv izépccq xoivòv cuvveùsiv -rìjv èvépyeiav tòìv xa&’ focacrov,
&€ Irci tòìv [ieXiuaàiv étv Ti; fSoi.
3 Bas., Hexaem., 173 AB (74 A): Kat y*P èxelvtov xoivv) [lèv 7) otxnjaii;, xotvf)
Sè ii 7rtTjai;, èpyacta Sè 7tàvrci)v (ita.
Cf. V erg., Georg., IV, 153: Solae communis natos, consortia tecta; 155:
et patriam solae et certos nouere penates; 184: omnibus una quies operum,
labor omnibus unus.
4 Cf. Verg., Georg., IV, 198-199: quod neque concubitu indulgent nec cor
pora segnes / in Venerem soluunt aut fetus nixibus edunt; 200-201: uerum
ipsae e foliis natos, e suauibus herbis ore legunt; 201-202: ipsae regem paruos-
que Quirites / sufficiunt. In realtà la sola regina viene fecondata una volta
per tutte durante il volo nuziale.
320 EXAMERON, DIES V, SER. V II I, C. 21, 68
Caput X X II
a Gen 1, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 325
Capitolo 22
1 Bas., Hexaem., 180 BC (77 A): K axà Sè t ò arepéojjjux toù oùpavou, <S>? npo-
Xa(3óvxe? (itoroSeScixaitev, oùpavou èvrautì-a irapà t ò èp à iS à t tou àépo? 7tpooeipTj(jié-
vou ■ CTTEpecùjxaTO? Se, Sia t ò m>xvórepóv irto? elvai, cuyxptoei tou atò-eptou atijjux-
xo?, x a l [xSXXov 7cemXif]jiévo\i ra t? xdcToi&ev àvaipopaì? tòv Ù7tèp xe<paXij? fj^ùv
àépa.
Sull’errata etimologia di oùpavó? , vedi II, 4, 15.
2 Bas., Hexaem., 184 B (78 C ): IlaXiv t& «ptXuSpa tòìv £ti>tùv xaTajxaitóv,
ÉTépxv èv aÙTOi? xaxaaxeufjv eùpTjaei? • 7tóSa? oùxe Stea/icr^vou?, <à? xoù? ty)?
xop<àv7]? o(jte àyxùXou?, <L? toù? tòìv CTapxoqjaywv ■ àXXà 7rXaxet? x a l ù[xevcùSet?,
Iva £aSt&>? è m v ì x£i CSaTi, oiovel xtiiTiai? Tial t o ì? tòìv ttoSòìv ù|xéai tò
ùypòv Stcù9où(j,evot.
3 Bas., Hexaem., 184 B (78 D): ’ Eàv Sè xaxa[/.à$T)? 87101? e E? (WSo? ó xùxvo?
xa&iel? tòv aùxèva, xàxtùSev éaoxòi tìjv xpoip-Jjv àvaipépei, tò t e EÙprjaei? tyjv aotptav
toù xTtaavro?, 6t i Sià tou to (jtaxpóxepov tòìv toSgìv tòv àu/èva 7tpoaéSÌ)xev, l'va
&anep xtvà ópjxEav xaxaycov, tv)v èv to ì (WS-ei xexpu|j.(iiv»jv Tpo<pi)v ÈX7top[^T]Tat.
4 Bas., Hexaem., 184 A (78 B ): Tt? é spòrco? xrj? (xeX<f>S£a? tou xè-rriyo? ; K a l
7TÒS? èv T7) (iecn][iPp(qt èauTÒiv eloiv àStxtÓTEpot, xf) òXxfl toù àèpo?, 7)V èv xfj Stao-
xoXfj TOiouvrai tou S-tipaxo?, èx 8i 8o(ièvou tou <p$ÓYYol) !
5 Cf. Verg., Georg., I l i , 328: et cantu querulae rumpent arbusta cicadae.
328 EXAMERON, DIES V , SER. V I I I , C. 22, 76 - C. 23, 77
Caput X X III
Capitolo 23
6 Cf. Verg., Georg., IV, 71-72: et uox / auditur fractos sonitus imitata
tubarum.
7 Cf. Verg., Aen., VI, 164-165: quo non praestantior alter / aere ciere uiros
Martemque accendere cantu.
1 Cf. Verg., Georg., II, 121: uelleraque ut foliis depectant tenuia Seres;
Hor., Epod., VIII, 15-16: inter sericos ... puluillos. I Seri debbono identifi
carsi con i Cinesi.
2 Bas., Hexaem., 184 D, 185 A (78 E, 79 A): Tt «pare ol a7rKrcouvxec; t£S
IlauXco T repl -rij? xaxà rrjv àniaraoiv àXXoi<i>aeo><;, óp&vTei; noXXà t&v àeptcov xà?
(xopcpài; [xexapàAXovxa ; 'Otohoc xal rapi xou ’IvSixou axcóXY)xo<; iaxopeìxai tou
xepaaqpópou • óq eli; xà|i.7r/]v xà itpcoxa ^exa^aXciv, elxa 7cpo'tòv (3o[ji.(3uXlò<; ylyveTai
xal oùSè èrcl xatiri)? Eaxaxai xìj? (xoptprji;, àXXà yaùvoiQ xal 7tXaxéai TrexàXoti;
ÒTtomepooxai. "Oxav o5v xaSiCqa&e tìjv ioiìtgiv èpyaaiav àvanrjMi^ójievai, al yu-
vaìxeq, xà Wjfxara Xéyoi & Ttéjjnrouaiv ùyXv o[ E^pe? mpò? xtjv (jiaXaxcov èvSujiàTtov
xaxaaxcur]v, (lepvrjiiivai t>)i; xaxà xò xouxo fiexapoXvjg, èvap-pj Xa^pàvcxe
•tffi àvaaxàcretii? gvvoiav xal [ri] àmaxeìxe -ri) àXXayTj t^v IlauXo? arcani xaxeiray-
yéXXexai.
Come tutti possono constatare, le notizie date da S. Basilio e ripetute da
S. Ambrogio sulla metamorfosi del baco da seta sono assai imprecise. Solo
nel 552, per opera di due monaci inviati in Cina da Giustiniano, furono
importanti in Europa i primi bozzoli e la sericultura fu impiantata nel
Mediterraneo.
330 EXAMERON, DIES V , SER. V II I, C. 22, 77-80
a Mt 11, 8.
b 1 Cor 15, 51.
c 1 Cor 15, 52-53.
d Ps 15, 10; Act 13, 35.
® Coi 2, 9.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 331
£ Is 49, 2.
e Is 58, 11.
h 2 Tim 4, 7-8.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 333
Caput X X IV
84. Sed quid hoc est? Dum sermonem producimus, ecce iam
tibi et nocturnae aues circumuolant et in eo ipso, quo finiendum
sermonem admonent, sui quoque adsumendam commemorationem
producunt. Repetunt diuersae aues auiaria sua, quas uesper nocti
cogit decedere, et se in latibulis suis abdunt canoro occasum
diei carmine prosequentes, ne inmunis abeat gratiarum, quibus
creatorem suum omnis creatura conlaudat.
✓
85. Habet etiam nox carmina sua, quibus uigilias hominum
mulcere consueuit, habet et noctua suos cantus. Quid autem de
luscinia dicam, quae peruigil custos, cum oua quodam sinu cor
poris et gremio fouet, insomnem longae noctis laborem cantile
nae suauitate solatur, ut mihi uideatur haec summa eius esse inten
tio, quo possit non minus dulcioribus modulis quam fotu corporis
animare oua quae foueat. Hanc imitata tenuis illa mulier, sed pu
dica, incusum molae lapidem brachio trahens, ut possit alimen
tum panis suis paruolis non deesse, nocturno cantu maestum pau
pertatis mulcet adfectum et, quamuis suauitatem lusciniae non
possit imitari, imitatur tamen eam sedulitate pietatis.
Capitolo 24
b Mt 26, 74-75.
c Lc 22, 61.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 337
d Mt 26, 36.
« Ps 33, 16.
f Mt 26, 75.
e Mt 26, 14-15.
h Mt 27, 5.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 339
i Mt 15, 32.
1 Lc 10, 39.
m Mt 24, 28; Lc 17, 37.
n Ion 2, 11.
X SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 341
SERMO IX
Caput I
IX SERMONE
C apitolo 1
Caput II
a Gen 1, 24-26.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 345
Capitolo 2
2 L’uomo come centro e senso finale della natura è una delle chiavi
lettura dei sei giorni da parte di S. Ambrogio. L’attenzione provvidenziale di
Dio per le creature è indizio e momento di una provvidenza ben più alta ed
efficace che ha come termine l’uomo, compimento dell’opera divina: i « pri
vilegi » concessi all’uomo sono incomparabili rispetto a quelli concessi alle
altre creature, dai quali d’altronde si avvia e sale l’argomentazione. Cf. p.
271, n. 4. [I.B.]
*> 4 R eg 4, 39.
= 4 Reg 4, 4041.
d 4 Reg 4, 42.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 347
e 4 Reg 4, 43.
t Ps 36, 17 et 19.
8 Is 40, 12.
•> Is 40, 22.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 349
6 Vedi sopra n. 1.
7 Tale misura fu stabilita da Tolomeo (II sec. d. Cr.); vedi G i e t , op. cit.,
p. 482, n. 1. Lo stadio, pari a seicento piedi greci o seicentoventicinque piedi
romani, variava da centosessantadue a centonovantotto metri circa.
8 Come la misura della circonferenza della terra; vedi Pa s t e r i s , op. cit.,
p. 580, n. 111.
350 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 2, 8 - C. 3, 9-10
Caput III
state di nessuna utilità per n o i9. Vide nello Spirito Santo che non
bisognava seguire quelle vanità d’una sapienza ormai in disfaci
mento, che occupano la nostra mente con problemi senza solu
zione e beffano la nostra ricerca, ma si dovevano esporre quelle
notizie che servono a farci progredire nella virtù.
Capitolo 3
1 Bas., Hexaem., 192 AB (81 E): Ttov TeTpocrcóSov tò noTanóv; 'H xe-
(fcùà] aÙTcòv èitl y?jv itpoovéveuxev, èiti yaarépa (ìXénei xal t ò Tau-rr]5 rjSò èx
■KOCVTÒq TpÓ7COU Stcóxet.
352 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 3, 10-13
» Ps 31, 9.
b Ier 17, 11.
c Mt 23, 37.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 353
l'aspetto d’un nobile vigore che ad esso conviene: lascia che solo
gli animali pascolino rivolti a terra. Perché nel mangiare ti stendi
all’ingiù2, mentre la natura non ti ha steso cosi? Perché ti diletti
di ciò che offende la natura? Perché notte e giorno, rivolto solo
al cibo, ti pasci delle cose terrene com e il bestiame? Perché, ab
bandonandoti agli allettamenti della carne, disonori te stesso ser
vendo al ventre e alle sue passioni? Perché rinunci all’uso dell’in-
telligenza che il Creatore ti ha dato? Perché ti fai simile ai giu
menti dai quali il Signore ha voluto distinguerti dicendo: Non
vogliate diventare com e il cavallo e il mulo che non hanno in
telligenza? Oppure, se ti attrae la voracità del cavallo e la sua
intemperanza3 e ti piace nitrire alle femmine, allietati che le tue
mascelle siano costrette dal m orso e dalla museruola. Se provi
gusto alla crudeltà — questo furore è proprio delle fiere che ven
gono uccise appunto per la loro ferocia — , sta’ attento che la tua
crudeltà disumana non si volga anche contro di te.
11. L’asino, pigro, esposto ad essere preda e tardo nei sensi4,
che altro ci insegna se non che noi dobbiam o essere più alacri né
impigrire nell’accidia del corpo e dell’amma, ma cercare un rifu
gio nella fede che suole alleviare i nostri carichi pesanti?
12. La volpe fraudolenta5 che precipita nelle fosse nascoste,
non dimostra di essere un animale inutile, degno di essere odiato
per le sue ruberie, disprezzato per la sua dappocaggine e perciò
incapace di garantirsi l’incolumità mentre insidia quella degli altri?
13. E l’astuta pernice che ruba le uova altrui, cioè di un'al
tra pernice, e le cova col suo corpo? Ma essa non può godere il
frutto del suo inganno, perché, una volta fatti uscire dall'uovo i
piccoli, li perde; infatti, quando questi odono la voce di colei che
li ha generati, l’abbandonano e, per un affettuoso istinto di natura,
vanno dall’altra che hanno riconosciuto come la vera madre perché
ha generato le uova, mostrando che la prima è solo la nutrice.
Perciò getta al vento le proprie fatiche e riceve la pena del suo
inganno. Per tale motivo anche Geremia dice: La pernice si mise
a gridare e radunò ciò che non aveva partorito, cioè raccolse le
uova e levò la sua voce quasi in un grido di trionfo per il risultato
del suo inganno; ma perde il suo lavoro, perché, dopo tanta fatica,
alleva per un’altra i piccoli che essa ha chiamato alla vita col
tepore d ’una lunga sollecitudine. Fa altrettanto il diavolo che cerca
in ogni m odo di rapire all’eterno Creatore le sue creature; e se
riesce a mettere insieme alcuni esseri incoscienti e privi della
capacità di ragionare per conto proprio, crogiolandoli con le lusin
ghe della carne, non appena la voce di Cristo penetra in quei pic
coli, essi se ne vanno, rifugiandosi da quella madre che, come un
uccello, abbraccia con amore materno i suoi figliuolini. Il diavolo
radunò i gentili che non aveva creato; ma non appena nel Van
gelo Cristo levò la sua voce, preferirono di gran lunga recarsi da
Caput IV
i Ps 16, 8.
e Ier 13, 23.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 355
lui che li accolse sotto l’ombra delle sue ali e li affidò da allevare
alla madre Chiesa.
14. Il leone, fiero per la sua natura intrepida, non sa unirsi
alle specie delle altre bestie feroci, ma, com e un sovrano, sdegna
la compagnia della torma. Rifiuta anche i cibi del giorno prima e
aborrisce perfino gli avanzi del proprio pasto. Ma quale fiera ose
rebbe associarsi a lui, la cui voce per natura suscita tanto terrore
che molti animali, i quali per la loro velocità potrebbero sottrarsi
al suo assalto, al suono del suo ruggito vengono meno com e stor
diti e colpiti da una forza sconosciuta?6.
15. Riguardo poi all’aspetto del leopardo, nemmeno la Scrit
tura ha taciuto che esso rivela gli incostanti umori del suo animo
nella sua pelle variegata7. Dice Geremia: Se l’E tiope cambierà
la sua pelle e il leopardo il suo pelo variegato. E questo si intende
non solo dell’aspetto, ma anche della volubilità nel furore, perché
il popolo dei Giudei, variamente ritin to8 dai mutamenti tenebrosi,
turbolenti e volubili della sua mente malfida e dell’animo suo, non
può più mantenere la grazia di un sano proposito né ritornare ad
una emendazione e correzione, poiché si è rivestito una volta per
sempre d’una ferocia belluina9.
Capitolo 4
6 B as., Hexaem., 192 CD (82 B): EuvaTOyewri&y) ó &u[iò? t£> Xéovri, t ò (Jtova-
<raxòv aùxou xyjs t ò àxoivcivrjTov irpò? t ò ó^óqjuXov. ÒIov yàp t i ? Tupavvo?
tòìv àXóytov, Stà ty)v i x tpùaeoi? ùrapoijjtav, tyjv 7rpò<; toù? 7raXXoò? é[AOTi[xtav où
xaTaSé/exai. " 0 ? ye °ùSè x&i£i)v Tpoiprjv irpoatexai oùS’ &v Tà Xe^ava -ri)? éauxoù
S^paq èrcéXS-oi • $ x a l T?)XtxauTa tt)? tpeov?)? Tà Spyava, &trre TroXXà tòìv
ÙTOp^dtXXovTa Tyj vx/yvrjn, ^.óvoj noXXaxi? àXtaxerai t£ì p p u x ^ a x i.
7 B as ., Hexaem., 192 D (82 B): 'PaySaìov f) 7càpSaXi? xal ò^iipponov Taì?
òpjjiati; • è7riTT)Seiov aù-rf) tò eròica auvé^euxTai Tf) ùypÓT7)Tt xal tcò xoùtpw to ì;
tÌ)? 4,UXÌ? xiv^jmkii ouve7ró(xevov.
8 Cf. Hor., Carm., II, I, 34-35: Quod mare Dauniae / non decolorauere
caedes? Decoloro = scolorire o, come qui, sostituire un colore con un altro
peggiore.
9 « Nonostante il fondo polemico, — osserva il Coppa — Ambrogio è sem
pre pronto a riconoscere le prerogative uniche del popolo giudaico e la spe
ranza della misericordia, che non respinge mai nessuno » (Esposizione del
vangelo secondo Luca/l, cit., p. 421, nota a V, 79: « Poiché rimasero intrisi della
rugiada del mondo, la Chiesa di Dio vien fatta entrare nella luce celeste, a
patto però che anche a quelli [i Giudei], qualora giungano alla fede, sia con
servato il privilegio della misericordia »). Il vescovo « ha parole di grande
delicatezza e di apertura possibilista verso i Giudei » (ibid., p. 211, nota a II,
74: « Il paragone con le vipere va riferito a quella generazione, non all’intera
discendenza »). Si veda anche dello stesso Coppa la nota a II, 49 (op. cit.,
p. 191) che offre il contesto storico in cui la polemica antigiudaica dei Padri
si pone. [I.B.]
356 EXAMERON, DIES V I, SER. I X , C. 4, 16-17
a Prou 6, 6.
b Is 56, 10.
c Tob 6, 1; 11, 5(9).
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 357
d Thren 3, 10.
« Ier 8, 7.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 359
£ Ps 103, 24.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 361
èvSetav.
13 Cf. Verg., Aen., X, 412: tendit in aduersos seque in sua colligit arma.
14 B as., Hexaem., 193 B (82 E ): ”11871 Sé tive? tòìv (piXoroSvtov xal tòv xepaaT-
ov èxìvov èrép-ijaav SnrXai; óva7rvoà<; Tfl éauTou xaraSuaei (jn)xavTfjtrànevov xat,
(jtéXXovroi; (xèv popèou 7tveìv, à7ra<ppàacrovTa ty)V àpxTcóav • vÓtou Sè toxXiv [iera-
Xajipàvovxo?, eli; tìjv TrpoaàpXTiov (lerapatvovra.
15 B as ., Hexaem., 196 AB (83 CD).
362 EXAMERON, DIES V I, SER. I X , C. 4, 21-22
16 Bas., Hexaem., 196 B (83 DE): Eiol Sè xal roxp’ -f)[ùv al àperal xarà (piiaiv,
TTpò? &Q 7) obtelcocii; -nj? 'J'u/ìj? oùx èx SiSaaxaXta? àvtì-piimov, àXk’ è£ aù-r/)? t%
tpiiaecoi; èvu7tàpxet. 'O? yap oiiSel? Xóy'1? SiSàcrxei ttjv vóaov (uaetv, àXV
aÒTÓ(i.aTov e/ofiev ttjv Trpò? Tà XuTtouvra Sia(3oXT)V • ourw xal Tfj 4JUXT)
dcStòaxio? exxXiai? toù xaxoù.
17 Cf. Clavd., De rapì. Pros., I li, 263-268: Arduus Hyrcana quatitur sic
matre Niphates, / cuius Achaemenio regi ludibria natos / auexit tremebun
dus eques: fremit illa marito / mobilior Zephyro, totamque uirentibus iram
/ dispergit maculis, iamiamque hausura profundo / ore uirum; uitreae tar
datur imagine formae. Probabilmente l’opera fu scrìtta fra il 395 e il 397;
vedi Introduzione, n. 42.
18 Bas., Hexaem., 196 CD, 197 A (83 E, 84 A): Tà T&cva, ifcm òne t o ù ? 7ta-
Tépa?. 01 Yoveì?> TOXpopY^eTe Tà TéxTa. Mt) xal f] (piai? Taura où Xéyei ;
OùSèv xaivòv Ttapaiveì IlaGXo?, àXXà Tà 8ea(j.à tt)? qjijaeto? èjua(plffei ">Et -f) Xéaiva
OTépYei Tà è!; aÒTÌj? ...
364 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 4, 22-23
suis non ipsa potissimum se offerat m orti? Quae fera fetus suos
innumeris licet obsessa cuneis armatorum non suis uisceribus te
gat? Ingruat licet telorum seges, illa paruulos suos muro sui cor
poris saeptos inmunes praestat periculi. Quid dicit homo, qui
mandatum neglegit, naturam obliterat? Filius patrem despicit, pa
ter abdicat filium: et hoc putant ius esse, ubi damnatur fecun
ditas. Se potius pater damnat, qui facit inritum esse quod genuit:
et hoc putatur auctoritatis esse, ubi sterilitatis natura multatur.
19 Cf. Verg., Aen., Ili, 4546: Hic confixum ferrea texit / telorum seges
et iaculis increuit acutis; XII, 283-284: it toto turbida caelo / tempestas telo-
rum ac ferreus ingruit imber.
20 Si tratta del sillogismo disgiuntivo. S. Tommaso, nella S. Th., I-II, 13,
2, ob. 3, ricorderà l’esempio portato da S. Ambrogio parlando del cane che
insegue il cervo, ma che propriamente non sceglie in virtù di un ragiona
mento, bensì si orienta per inclinazione naturale (ad 3m). [I.B.]
21 Cf. Verg., Aen., VI, 849-850: caelique meatus / describent radio.
22 B a s ., Hexaem., 197 BC (84 CD): A ó y o u [lèv ócfxoipo? 6 xiicov, taoSuvajioOaav
Sè 8(j.cù? tG> Xóy<i> a ta$ 7)aiv £ xc l- * A y à p o l xotrà 7toXXy]v <r/o\rfv tou (3tou x a& e-
£ó[ievoi (lóXi? è£eùpov ol to ù x ó a jio u aoqjot, Tà? tò ìv <juXXoyia|it5v Xéya» irXcxà?,
TauTa SetxvuTOci roxpà t5)? (piSaeo? è xiioiv TO7taiS eu(/ivo?. T ò yàp i /v o ? to ù •Sbjptou
Siepeuvcifievo?, èroiS àv eupf) aÒTÒ to X u tp ó to ì? o x ^ 6(ievov, Tà? é x a o T a /o ù (pepoùaa?
èxTpomx? èrceXStóv, (xovovouxl TÌ]V <ruXXoyi<mx7)V <pti>VY]V à<pty]ai S i’ 7tpàaaet •
7) TrjvSe, <pr)<nv, èTpàm) t ò {bjptov, r) t/jvS e, ^ èrti TÓSe t ò |iipo? ■ àXXà (iY]V ou-xe
366 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 4, 23-25
'rijvSe ofire ttjvSs, Xeircó[zevóv s<m t^Se à>p[j.Y)a&ai auxi ■ xal ofixoii; rfi àvaipéaei
tòìv (peuS&v sùplaxei tò dcXnjtì-ét;. T£ TtEpitraÓTepov Traiouatv ol èrti, tòìv Staypafjijxà-
tov aejjLvòii; xo$e£Ó|J.evoi xal TYjV xóviv xaTaxapdtaaovTEi; Tpiòiv 7tp0Tàcrec0v àvai-
poùvre? tà? Suo xal èv Tfl XEi7ra(xév7] tò àXij&èi; È$eupE(jxovT£<; ;
23 Bas., Hexaem., 197 C (84 E): Tò 8è (ìvyjjiovixòv t?)? T°u ^“ ouj Ttva
tòìv dt/aplarcov Ttpòi; EÙspyéTai; où x aT aiaxù vei;
24 Svet., Prata, X, pp. 254 e 443 Reifferscheid.
368 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 4, 25-27
25 Bas., Hexaem., 197 AB (84 BC): Ilóàtev yàp èv [iup£oi? 7rpo(3<ÌTot? àpveiò? èx
a7)xa>v è£aX>.ófjt.evo? olSe (lèv tJjv xpotav aòrrjv xal ttjv <p<ovT)v -ri]? tiT)Tpò? xal 7tpò?
aÙTT)v (ineiyetai, èm^yj-ieì Sè Tà? olxeta? 7n)yà? tou Kàv ravixpat?
Tal? [iT)Tp<f>aii; 7iepiTuxn ■5to)Xaì?, èxdvatt? àpxeiTai, noXXà TOxpaSpa(i<J>v ofi&aTa
(Japuvófieva. Kal rj [nf)TT)p èv [iuptoi? àpvaatv èmyiyvócKci tò l'Siov ; ®<ovi) (ila,
Xpós ^ aijvfj, èajxv) irapà toxvtov ójAota, oaov Tfl Y](j,etépa ò(reppr]aei 7raploTaTat,
àXX’ 8(ito? ècm ti? aÙTot? afo&^m? -rij? •J)fxerépa? xa-rot>r]'|IE;ù)? ò^uTèpa, xa&’ ■fjv
èxiiartf) mxpetmv 1] tou olxetou Sià^voiui?.
26 Cf. Plin ., N.H., V ili, 34, 80; Verg., Bue., IX, 54: lupi Moerim uidere
priores.
27 Cf. Plin., N.H., X, 21, 47: Itaque terrori sunt etiam leonibus ferarum
generosissimis.
28 Cf. Plin., N.H., V ili, 41, 97: Dictamnum herbam extrahendis sagittis
cerui monstrauere percussi eo telo pastuque herbae eius eiecto. Per le capre:
XXV, 53, 92.
29 Cf. Plin., N.H., XXX, 41, 121: Scabiem ... ante omnia sanguis caninus
sedat.
30 Cf. Plin., N.H., VIII, 41, 101: Vrsi cum mandragorae mala gustauere,
formicas lambunt.
370 EXAMERON, DIES V I, SER. I X , C. 4, 27-29 - C. 5, 30
Caput V
h M t 14, 30.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 371
girti, in m odo che tu scopra la sua slealtà con l ’occhio della tua
mente e impedisca per primo lo svolgimento del suo discorso e
smussi l'acutezza delle sue impudenti argomentazioni. Se sarà lui
invece a prevenirti, ti toglierà la voce; se sarai diventato muto,
lascia il tuo mantello per interrompere il suo discorso; se il lupo
si scaglierà contro di te, prendi una pietra e quello fuggirà. La
tua pietra è Cristo. Se cerchi rifugio in Cristo, il lupo fugge senza
poterti spaventare. Tale pietra cercò Pietro, quando vacillava in
mezzo alle onde, e la trovò perché riusci ad afferrare la mano di
Cristo.
28. Perché ricordare che gli uomini usano con piacere l'aglio
e lo usano com e cibo, mentre il leopardo lo aborrisce? Di conse
guenza, se uno si mette a sfregare dell’aglio, il leopardo se ne
allontana d'un balzo. E tu prendi com e cibo e introduci dentro le
tue viscere quel vegetale di cui una belva pericolosissima non
riesce a sopportare l’odore! Ma talvolta placa i dolori: si prenda
perciò com e medicina, non com e cibo; si prenda quando si è
ammalati, non quando si pranza. Cerchi un rimedio ed eviti il
digiuno, com e se tu potessi trovare un rimedio migliore. Se un
serpente assaggia lo sputo di un uom o digiuno, muore. Tu vedi
quant’è grande la potenza del digiuno, cosi che un uom o col suo
sputo uccide un serpente terrestre e tanto più quello spirituale.
29. Quanta saggezza il Signore ha infuso anche nelle crea
ture minuscole! La tortora stende sopra il suo nido foglie di scil
l a 31, perché il lupo non assalga i suoi piccoli. Sa infatti che i lupi
evitano solitamente le foglie di questa pianta. La volpicella sa
com e garantire la propria sopravvivenza, e tu non ti preoccupi di
rendere più sicura la vita che seguirà a questa contro i lupi della
malvagità spirituale?
Capitolo 5
1 B as., H e x a e m ., 200 A (85 A): ’AXX’ b z l t /jv &ecop(*v ttj? XTtaeco? ina-
vico [lev.
200 C (85 D): Maxpi? ó Tp&xqkoG -rrj? xafjtifjXou, iva toì?
2 B as., H e x a e m .,
Troalv è^itrà^yjTai xal è<pLXV7jTai -rij? (SoTavr]? ét; 7)? à7to£fl ; Bpa/ù? xal toì? &|ì.oi?
èvSeSuxù? ó Tpax^Xo? ai)? Spxxou • xal Xéovro? 8è xal xtypiSo? xal tòìv Xoimav,
8aa toiìtou toù yévooi; 8ti oòx èx -ri)? roSa? aùroi? 7] Tpoip-i) oùSè àvàyxi) Ttpò? ttjv
YT)v xaTaxiInrreiv, aapxo<pi&Yoi? o5oi, xal èx t % ótypa? tSto £<ftb>v 8iapxou(jiévoi(;.
372 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 5, 30-32
3 Bas., Hexaem., 200 C, 201A (85 DE): Tt (JoiiXe-cai r] 7tpovo[i.ata tòì è\é-
(pavri; "Oti (xéya tò £òiov xal tòìv xep<jata>v tò [iéyiOTOV, et? tyjv tòìv èvruyx1* '
vóvtov bazkrfeiv irapax&év, 7raXùcapxov è/pvjv eZvai xal au(jwrc<popir)(iévov tò aòijia.
Toutoj el xal avaXoyoiv Tot? rcoalv è Tpa/TjXot; rcpoasTé-Eb), SuajieraxetpiCTTOi;
8v fy», toì {nrepPàXXovu |3àpei xaTappéraùV àel Kpòc tò xàrco. Nuv Sè T) (lèv xe-
<P<xAt] Si’ òXIycùv tcìv toO aùxévo? a<povS\iXtùv Tipi? rJ)v (bà/iv cruvàmeTai ■ Èxel Sè
tJjv 7rpovo(j.a(av, ttjv tou TpaxrjXou ^petocv à7TO7rX7]pouaav, Si’ ■Jjv xal tyjv Tpo(pY)V
TtpooàYerai xal tò ttotòv àvifiòcTai. ’AXXà xal àSiàp&pioToi aÒT# ol TtóSe?, otovel
xÉove? r)vo)|iivoi, tò [i&poq Ù7totm)p£^ou<riv. EE yàp xauva aÒTqi xal Stupya ÒTOTéSirj
Tà xòiXa, auvexeì? àv èylvovTO tòìv óip&pcov al èxTpoTtat, auvoxXà^ovro? xal Sia-
viara[xévou xoixptt^eiv tò pàpo? (iv) è^apxcuvrojv. Nuv Sè ppa/ù? àoTpàyaXo? órcó-
xeirat Ttìi TroSl tou èXétpavTO?, o(5te jjìvtoi zìe, àyxiiXTjv oote et? yóvu Si^p&ptùTai.
4 Cf. V erg., Georg., I li, 256: fricat arbore costas (detto del cinghiale).
374 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 5, 32-34
5 Bas., Hexaem., 201 B (86 A): Oòx 6p5? èv toì? TroXéfioi? 8 ti otoveì TOjpyot
Tivè? £jjhJjux°i tt)? (pàXotyY0? TrpovjYoOvrai • fi (BouvoE -rives aipxivoi, ivim òarazov
b/vnzc, rJ]v ópjxrjv, i£>v èvxvrJoiv tòv auvaorciofxòv SiaxÓ7trouaiv ;
6 Bas., Hexaem., 201 B (86 AB): OT? eE fi/)) 3jv àvaXoyoùvra -rà xàTto, Ttpò;
oòSéva Slv xP^vov t& £Gov Stipitene. Nùv Sè ^Stj Tivè? ioTopoùai xal Tpiaxóaia
6nj x a l jrXeto toiStcov |3iouv tòv èXèipavra ■ Sià toù to ctu(jWtotv)y^? °ù Snjp-
S-puuévov r à x&Xa.
376 EXAMERON, DIES V I, SER. I X , c. 5, 34-35 - c. 6, 36-37
Caput VI
a Ps 92, 4.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 377
Capitolo 6
7 B a s., Hexaem., 201 BC (86 B): T où to fiévroi tocoù tov 6v to ì (xe'yé&ei ’-)7
Xetpiov ■fjfx'ìv xatéonjaev è ©si?, ócrre xal 8t8aaxó[ievov auviévai xal TU7rró[ji0vov
xaTaSé/ea-ftai...
b Ps 9, 13.
c A ct 28, 3-6.
d M c 16, 16.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 379
e Cant 1, 8 (7).
f Deut 4, 9.
s Mt 7, 15.
h Coi 3, 9-10.
i 1 Cor 3, 17.
• 1 Cor 3, 16.
m Gen 6, 3.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 381
5 rv£.8t ceaoTÓv era il motto scolpito sul frontone del tempio di Apollo
a Delfi. Sull’argomento, vedi P. C ourcelle, Saint Ambroise devant le précepte
delphique, in « Forma futuri ». Studi in onore del card. Michele Pellegrino,
Bottega d’Erasmo, Torino 1975, pp. 181-183.
6 La concezione del corpo come « mantello » dell’anima riflette chiaramen
te una « cultura » dualistica di tipo platonico, che d’altra parte verrà supera
ta teologicamente con la verità cristiana della risurrezione della carne, e anzi
della stessa incarnazione del Verbo. Il Coppa osserva che Ambrogio oltrepassa
il dualismo greco ispirandosi aH'antropòlogia biblica, con gli elementi corpo,
anima, spirito, santificati dalla grazia e quindi unificati (cf. Esposizione del
Vangelo secondo Luca/2, cit., p. 241, nota a VII, 190). Per l'antropologia
santambrosiana cf. quanto cita L.F. Pizzolato, La coppia umana in sant’Am
brogio, cit., p. 181, n. 1. Vedi anche passim G. M audec, op. cit., e in partico
lare per questo testo di Ambrogio le pp. 320-322. [I.B]
382 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 7, 40-41
Caput VII
a Gen 1, 26.
b Col 1, 13-15.
c Col 1, 18; Io 1, 1.
d Io 14, 9.
e Io 14, 9-10.
f Io 10, 30.
40, 10. Ariani Schenkl Arriani plerique codd., quorum nonnulli antiquissim
vide II, 5, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 383
Capitolo 7
oùcti T 7 )? ^ ( x e r é p a ? S y ](ito u p Y ta ? .
Vedi Philo, De op. mundi, 24: noivjacofiev, Umep ÈyLtpulvei au[j,7rapàXir)<Jjiv
(l'aver associato a sé) éxépcov, àv cruvepfciv.
3 B as ., Hexaem., 208 A (88 B ).
384 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 7, 4142
H Ex 3, 14.
h Deut 4, 9.
i Is 49, 16.
I Ps 72, 20.
m Apoc 21, 27.
II Apoc 14, 1.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 385
Caput VIII
» Gen 3, 19.
p Mt 10, 28.
a Rom 8, 27.
b Ier 20, 12; Apoc 2, 23.
Capitolo 8
1 Come rileva anche il Coppa (op. cit., p. 361, n. 99), qui s’avverte l
flusso di Orig., Homil. in Gen., I, 13 (PG 12, 155-157).
388 EXAMERON, DIES V I, SER. I X , C. 8, 44-46
c Phil 3, 20.
d 2 Cor 3, 18.
e Gen 46, 27.
f Thren 3, 25.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 389
s Rom 8, 28-30.
h Is 49, 16.
i 1 Cor 6, 15.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 391
1 Sap 2, 12.
n> Mt 8, 20.
n Eccli 9, 13 (20).
o Phil 3, 20.
p Mt 8, 20; Lc 9, 58 (Is 66, 1).
<J Gen 2, 2.
r Is 66, 1-2.
s Mt 7, 15.
t 1 Cor 11, 7.
u Is 49, 16.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 393
v Is 27, 3 (10).
w Cant 8, 10.
* 1 Cor 11, 7.
z Ps 138, 6.
a’ 1 Pt 5, 8.
b’ Mt 15, 11.
c’ Ier 16, 16.
d’ Lc 5, 10 (cf. Ier 16, 16).
e’ 2 Tim 2, 5.
50, 16. aspargat Schenkl aspergat codd. omnes praeter unum; praeterea
uide infra lin. 31.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 395
pior esto quam uultu, ne oculum feriat tuum. Liber optutus sit,
argutus incessus, ut inruentem effundas, cedentem occupes, uulnus
uigilanti aspectu exeas, forti congressu repellas. Quod si fueris
uulneratus, adtende tibi, curre ad medicum, quaere remedium
paenitentiae. Adtente tibi, quia carnem habes, quae cito labitur.
Veniat tibi bonus animorum medicus sermo diuinus, aspergat tibi
oracula domini tamquam medicamenta salubria. Adtende tibi, ne
fiat uerbum absconditum in corde tuo inicum; serpit enim sicut
uenenum et letalia confert contagia. Adtende tibi, ne obliuscaris
deum, qui fecit t e f’, et ne nomen eius in uanum accipias g’.
51. Adtende tibi, lex dicit, ne cum manducaueris et satia
fueris et domus aedificaueris et habitare coeperis et pecoribus
tuis repletus fueris et auro et argento abundaueris et omnibus
quaecumque tibi fuerint in multitudine exaltes te corde et obliui-
scaris dominum deum tu u m 11'. Quid enim habes, hom o, quod non
accepisti? Nonne haec omnia sicut umbra praetereunt*'? Nonne
domus tua haec puluis est et ruina? Nonne haec omnia falsa?
Nonne saeculi thensaurus uanitas est? Nonne tu ipse es cinis?
Respice in sepulchra hominum et uide quid ex te nisi cinis et ossa
remanebunt, hoc est ex corpore tuo, respice, inquam, et dic mihi
quis ibi diues et pauper sit. Discerne inopes ac potentes. Nudi
omnes nascimur, nudi morimur. Nulla discretio inter cadauera
mortuorum, nisi forte quia grauius fetent diuitum corpora disten
ta luxurie. Quem audisti pauperem cruditate defunctum? Prodest
illi inopia sua; exercet corpus, non opprimit. Nec tamen audiuimus
iustum derelictum et sem en eius quaerens panem quoniam qui
bene operatur in terra sua abundat alimentis. Adtende ergo tibi,
diues, quia et tu carnem portas sicut pauper.
f’ Deut 8, 11.
e’ Deut 5, 11.
h’ Deut 8, 11-14.
i’ Eccle 7, 14.
i’ Ps 36, 25.
Is 5, 8.
n’ Bar 3, 24.
o’ Mt 19, 23.
p ’ Prou 30, 8.
®’ Prou 30, 9.
52, 23. abundant Schenkl qui tamen in apparatu adicit: malim abundent.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 399
mea hanc mihi possessionem parauitr’. Sic est qui opes suas
merito ascribit suo et ideo quasi probatus proprium non agnoscit
errorem, sed longo trahit fune peccatum. Nam si credat quod
accessio pecuniae aut fortuiti euentus aut turpis astutiae sit, non
habet locum insolentia in quibus aut nulla laus et inanis labor
aut cupiditas inuerecunda sit modum nesciens ponere uoluptati.
Caput IX
r’ Deut 8, 17.
a E ccle 2, 14.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 401
Capitolo 9
57. Quid sine capite est homo, cum totus in capite sit? Cum
caput uideris, hominem agnoscis; si caput desit, nulla agnitio
adesse potest; iacet truncus ignobilis, sine honore, sine nomine.
Sola aere fusa principum capita et ducti uultus de aere uel de
marmore ab hominibus adorantur. Non inmerito igitur huic quasi
consultori suo cetera membra famulantur et circumferunt illud
seruili gestamine sicut numen atque in sublimi locatum uehunt.
Vnde censoria potestate quo uult dirigit quorundam obsequia ser-
uulorum et praecepta singulis obeunda decernit. Videas imperatori
suo singula gratuito stipendio militare. Alia portant, alia pascunt,
alia defendunt uel ministerium suum exhibent, parent ut principi,
ancillantur ut domino. Vnde uelut quaedam procedit tessera, quam
debeant pedes obire regionem, quae militiae munia manus con-
1 Cf. Ov., Ars. am., Ili, 249-250: Turpe pecus mutilum, turpis sine gra
mine campus / et sine fronde frutex et sine crine caput.
2 Cf. V erg., Aen., II, 557-558: lacet ingens litore truncus / auulsumque
umeris caput et sine nomine corpus.
3 Cf. V erg., Aen., VI, 848: uiuos ducent de marmore uultus.
404 EXAMERON, DIES V I, SER. IX , C. 9, 57-60
aut ad alas suas ut aues, quo tuta quiete potiantur. Nobis autem
in summa corporis parte constitui oculos oportuit tamquam in
arce et ab omni uel minima offensione defendi, quae duo sibi
conpugnantia uidebantur. Nam si in humili essent propter tuta
men, munus inpediretur, si in uertice, paterent ad iniuriam. Ita
que ne uel usu muneris aliquid detraheretur uel aliquid ad pro
pulsandam iniuriam <non> prospiceretur, eo loco oculos consti
tuit, cui supercilia desuper non minimum protectionis inpertiant,
subter malae aliquantulum eleuatae haut exiguum munitionis ad-
iungant, interiorem partem saepiant nares, exteriorem quoque
frontis malarumque gibbi extuberantes et licet ossuunx compage
conexa et aequata confinia circumuallare uideantur. Inter haec
medii sunt oculorum orbes et tuti ad cauendum et ad intuendum
liberi et decori ad gratiam utpote in crystalli speciem refulgentes.
In quorum medio pupillae sunt, quae uidendi munus operantur.
Haec ne qua incidentis iniuria offensione laedantur, pilis hinc inde
consertis uelut quodam uallo per circuitum muniuntur, unde tu
tum auxilium sibi postulans propheta ait: Custodi me, domine, ut
pupillam ocu lid, ut protectionis diuinae fieret ei tam sollicita et
tuta custodia quam pupillam oculi tutissimo quodam naturae ual
lo munire dignatus est, simul quia innocentia et integritas leui
sorde aspersa uiolatur et gratiae suae munus amittit et ideo pro
spiciendum, ne quis eam puluis erroris oblimet aut ulla uexet
festuca peccati, quia scriptum est: Eice primum trabem de oculo
tuo et tunc uidebis eicere festucam de oculo fratris tu ie.
d Ps 16, 8.
« Mt 7, 5.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 407
7 Cf. Cic., De nat. deor., II, 56, 140: Sensus autem interpretes ac nuntii
rerum in capite tamquam in arce mirifice ad usus necessarios et facti et
collocati sunt.
8 Confinia è soggetto con gibbi.
9 Cf. Cic., De nat. deor., II, 57, 143: Munitae sunt palpebrae tamquam
uallo pilorum, quibus et apertis oculis, si quid incideret, repelleretur.
408 EXAMERON, DIES V I, SER. I X , C. 9, 61-65
f Ps 84, 9.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 411
b Is 40, 6.
h Is 29, 14; 1 Cor 1, 19.
i Ps 50, 8.
i Lc 22, 48.
“ Ps 44, 2.
■> Ps 117, 16.
o Is 66, 2.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 413
p Gen 6, 14.
« Gen 6, 16.
doris plena sunt eo loco constituta sunt, ubi operta uestibus de
decere non possint.
73. Venarum pulsus uel infirmitatis internuntius uel salutis
est. Eadem tamen cum toto diffusae corpore sint, neque nudae
atque intectae sunt et ita leuibus operiuntur uisceribus, ut explo
randi copia sit et celeritas sentiendi, quando nulla est uiscerum
crassitudo, quae pulsum possit obducere. Ossa quoque omnia te
nui operta sunt uiscere et reuincta neruis, praecipue tamen capi
tis leui tecta sunt corio et, quo possint aliquod aduersus imbres
et frigora habere munimen, capillis densioribus uestiuntur. Quid
de genitalibus loquar, quae uenis e regione ceruicis -per renes
lumbosque deductis suscipiunt genitale seminium ad munus et
gratiam procreandi?
74. Quid de officio pedum, qui totum corpus sine ulla susti
nent oneris iniuria? Flexibile genu, quo prae ceteris domini miti
gatur offensa, ira mulcetur, gratia prouocatur. H oc enim patris
summi erga filium donum est: V t in nomine domini omnes genu
curuent caelestium et terrestrium et infernorum et omnis lingua
confiteatur quoniam dominus Iesus in gloria dei patris e s t T. Duo
enim sunt quae prae ceteris deum mulcent, humilitas et fides.
Pes itaque exprimit humilitatis affectum et sedulae seruitutis ob
sequium, fides aequat filium patri atque utriusque eandem glo
riam confitetur. Recte autem non plures, sed duo sunt homini
pedes; quaterni enim pedes feris ac beluis sunt, bini auibus et ideo
unus quasi de uolatilibus est homo, qui alta uisu petat et quodam
remigio uolitet sublimium sagacitate sensuum. Et ideo de eo dic
tum est: Renouabitur sicut aquila iuuentus tu as, eo quod proprior
sit caelestibus et sublimior aquilis, qui possit dicere: Nostra autem
conuersatio in caelis e s t 1.
Caput X
i- Phil 2, 10-11.
s Ps 102, 5.
t Phil 3, 20.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 417
gior pudore sono state collocate là dove, coperte dalle vesti, non
possono essere causa di disagioie.
73. Il 'battito delle vene è messaggero o della malattia o della
buona salute. Esse tuttavia, siccom e si diramano per tutto il cor
po, non sono né scoperte né prive di protezione, ma sono coperte
da tessuti cosi leggeri da offrire la possibilità di seguirne il per
corso e la facilità di percepirne il battito, quando lo spessore della
carne non è tale da occultarlo. Anche tutte le ossa sono coperte
da un sottile strato di carne e congiunte insieme dai nervi; so
prattutto quelle del cranio sono protette da una leggera pelle e
sono rivestite da una fitta capigliatura per poter avere ima difesa
contro la pioggia e il freddo. Che dire delle parti genitali che, me
diante le vene che scendono dalla nuca, attraverso le reni e i lom
bi ricevono il seme prolifico per la funzione e il dono della pro
creazione?
74. Che dire della funzione dei piedi che sostengono tutto il
corpo senza avvertire la fatica del suo peso? Il ginocchio è flessi
bile: piegandolo, più che con qualsiasi altro atto si placa l'offesa
recata al Signore, se ne mitiga l’ira, se ne ottiene la grazia. Questo
è infatti il dono del som mo Padre al Figlio: Perché nel nome del
Signore tutti, quanti sono in cielo, in terra e sotto terra, pieghino
il ginocchio e ogni lingua proclami che il Signore Gesù è nella
gloria di Dio Padre. Due sono le virtù che più delle altre placano
Dio: l’umiltà e la fede. Il piede perciò esprime il sentimento di
umiltà e l’ossequio d’una premurosa servitù, la fede pone il Figlio
alla stessa altezza del Padre e riconosce ad entrambi la medesima
gloria. Giustamente poi i piedi dell’uom o sono due e non di più;
infatti le fiere e le bestie ne hanno quattro ciascuna, due gli uc
celli, e perciò l’uom o appartiene, per cosi dire, agli alati, perché
con la sua vista mira a ciò che sta in alto e con l’acutezza dei suoi
sentimenti più nobili si libra com e su a li19. E perciò di lui è stato
detto: Si rinnoverà com e aquila la tua giovinezza, perché è più
vicino alle cose celesti e s’innalza più delle aquile, lui che può
dire: La nostra vita invece è nei cieli.
Capitolo 10
a Gen 2, 2.
b Is 66, 1-2.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 419
dominus suscepit m e c. Ipse enim requieuit qui fecit. Cui est ho
nor gloria perpetuitas a saeculis et nunc et semper et in omnia
saecula saeculorum amen.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 421
gloria, perennità dai secoli e ora e sempre e per tutti i secoli dei
secoli. Amen.
1, 20: 4, 16 12, 2: I, 4, 13
1, 20: V, 1, 2 12, 2: I, 4, 13
1, 20: V, 12, 37 12 , 6-8 : I, 2 , 6
1, 20: V, 14, 45 14, 21: III, 2, 9
1, 20: V, 21, 70 15, 6: II, 1, 3
24-26: VI, 2, 4 15, 8: II, 3, 11
Num Ps
21, 8: IV, 8, 33 1, 3: III, 17, 71
24, 20: I, 4, 14 2, 8: I, 5, 19
3, 6: VI, 10, 76
Deut 8, 9: II, 4, 15
9, 13: VI, 6, 38
4, 9: VI, 6, 39 13, 2: I, 7, 26
4, 9: VI, 7, 42 13, 2: IV, 8, 32
4, 24: IV, 3, 10 15, 10: V, 23, 79
5, 11: VI, 8, 50 16, 8: IV, 5 22
6, 5: III, 17, 70 16, 8: VI, 3, 13
8, 11: VI, 8, 50 16, 8: VI, 9, 60
8, 11-14: VI, 8, 51
18, 1: I, 4, 16
8, 17: VI, 8, 53 18, 2: II, 4, 15
19, 4-5: I, 8, 31 22, 6: I, 10, 36
28,23: II, 4, 16 23, 2: III, 1, 6
32, 11-12: V, 18, 60 23, 2: V, 7, 17
34, 10: I, 2, 6 31, 9: VI, 3, 10
32, 6: I, 8, 29
3 Reg 32, 7: III, 2, 9
5, 13 (4, 33): III, 15, 64 32, 9: I, 3, 8
16, 29-33: II, 4, 16 32, 9: I, 7, 27
21 (20), 28: III, 1, 3 32, 17: III, 1, 3
32, 17: V, 11, 34
4 Reg 33, 8: III, 12, 50
33, 15: I, 8, 30
4, 39: VI, 2, 5 33, 16: I, 9, 34
4, 4041: VI, 2, 5 33, 16: V, 24, 88
4, 43: VI, 2, 5 36, 6: IV, 3, 8
6, 6: III, 2, 9 36, 6: IV, 5, 22
6, 28 ss.: V, 3, 7 36, 17.19: VI, 2, 6
36, 25: VI, 8, 51
Tob 36, 28: I, 4, 14
6, 1: VI, 4, 17 41, 2: III, 1, 4
11, 5 (9): VI, 4, 17 44, 2: VI, 9, 69
49, 11: III, 8, 36
50, 8: VI, 9, 67
IOB
54, 7: IV, 4, 18
1, 1: I, 7, 25 57, 6: IV, 8, 33
9, 6: I, 6, 22 71, 5: IV, 8, 31
9, 7: IV, 1, 2 71, 7: IV, 8, 32
26, 6-8: I, 6, 22 71, 19: IV, 1, 2
26, 7: I, 6, 22 72, 20: VI, 7, 42
26,11-13: I, 6, 22 74, 4: I, 6, 22
33, 4: I, 8, 9 75, 9: I, 7, 26
37, 27: II, 3, 12 76, 17: III, 1, 2
38, 1: I, 6, 22 77, 16: III, 2, 9
38, 4-6: I, 6, 22 79, 9-12: III, 1, 50
38, 8: III, 3, 13 79, 14: III, 1, 4
38, 10-11: I, 6, 22 83, 7: III, 1, 3
38, 10-11: III, 2, 10 84, 9: VI, 9, 67
38, 36 ( Sept.y. I, 6, 22 88, 12-13: III, 3, 13
38, 36 (Sept.y. V, 9, 25 88, 37-38: IV, 8, 31
38, 41: V, 9, 25 89, 10: I, 10, 36
39, 19 ss.: V, 9, 25 92, 3 4 : III, 1, 6
INDICE SCRITTURISTICO 427
8, 24-26: III, 2, 9 5, 4: V, 6, 16
8, 26: III 5, 24 5, 10: V, 6, 16
9, 30: II, 1, 3 5, 10: VI, 8, 50
10, 16 V, 7, 17 8, 24: III, 5, 24
10, 16 V, 14, 49 8, 31: I, 8, 32
10, 28 V] , 7, 43 9, 58: VI, 8, 48
11, 8: V, 23, 77 10, 20: I, 6, 21
11, 28: III, 12, 50 10, 39: V, 24, 91
12, 40: V, 11, 35 12, 7: V, 13, 41
13, 24-25: III, 10, 44 12, 24: V, 9, 25
13, 26: III, 10, 44 12, 24: V, 9, 25
13, 27-28: III, 10, 44 12, 27: V, 9, 25
13, 43: I, 10, 37 12, 28: V, 9, 25
13, 47: V, 7, 17 12, 28: V, 9, 25
13, 47-50: V, 6, 15 12, 42: IV, 2, 5
14, 25: V, 7, 17 13, 11-13: III, 12, 50
14, 30: V, 11, 35 17, 37: V, 24, 92
14, 30: VI , 4, 27 18, 42: II, 1, 3
15, 11: VI , 8, 50 20, 21: I, 4, 15
15, 32: VI , 24, 91 21, 25: IV, 4, 12
17, 25-27: V, 6, 15 22, 48: VI, 9, 68
17, 27: V, 6, 15 22, 61: V, 11, 35
18, 10: II, 4, 15 22, 61: V, 24, 88
19, 23: VI , 8, 52 23, 4243: IV, 4, 13
20, 34: II 1, 3
20, 70 ss.: V, 7, 17 Io
22, 37: III, 10, 44 1, 1: I, 5, 19
23, 37: VI , 3, 13 1, 1: VI, 7, 41
24, 20: I, 3, 11 1, 3: I, 4, 15
24, 28: V, 24, 92 1, 3: I, 8, 29
24, 29: IV, 4, 12 1, 9: I, 9, 33
24, 35: I, 3, 10 1, 9: IV, 1, 2
24, 35: I, 6, 24 I, 16: IV, 8, 32
24, 35: IV, 8, 31 3, 14: IV, 8, 33
26, 14-15: V, 24, 89 5, 19: II, 5, 19
26, 36: V, 24, 88 7, 38: III, 1, 6
26, 70: V, 11, 35 8, 5: I, 2, 5
26, 74-75: V, 24, 88 8, 16: II, 5, 19
27, 5: V, 24, 89 8, 25: I, 4, 15
27, 75: V, 24, 88 8, 44: I, 4, 14
9, 7: II, 1, 3
10, 30: VI, 7, 41
Mc
II, 39-44: I, 7, 27
4, 14: III, 10, 45 11, 42: II, 5, 18
4, 26: III, 10, 44 11, 4344: III, 2, 9
4, 26-2S : III, 10, 46 14, 9: VI, 7, 41
8, 25: II, 1, 3 14, 30: I, 4, 14
10, 52: II, 1, 3 17, 1: IV, 2, 7
14, 36: II, 2, 5 17, 14: I, 7, 25
16, 16: VI 6, 38
Act
Lc
7, 56: V, 6, 16
1, 77: IV, 5, 22 9, 8: IV, 4, 13
1, 78-79: IV, 5, 22 9, 40: IV, 4, 13
2, 24: V, 19, 62 10, 15: II. 5, 20
430 INDICE SCRITTURISTICO
I, 2, 6 5 A (2 B)
5 AB (2 BC)
5 C (2 D)
I, 2, 7 5 C (2 D)
8 B (3 A)
I, 3, 8 8 BC (3 C)
I, 3, 10 9 AB (3 E, 4 AB)
9 B (4 A B)
I, 4, 12 12 C (5 C)
I, 4, 16 16 C (7 A)
17 A (7 B)
16 C (6 E)
I, 5, 17 17 AB (7 BD)
I, 5, 18 17 BC (7 DE)
13 AB (5 D)
I, 6, 20 20 A (8 A)
20 AB (8 BC)
20 C (8 D)
I, 6, 22 24 A (9 A)
24 BC (10 AB)
24 D (10 C)
25 A (10 D)
I, 6, 23 25 A-28 A (10 E -ll D)
I, 7, 25 29 AC (12 CE)
I, 7, 26 29 BC (12 E )
33 C (14 E )
36 A (15 A)
I, 7, 27 29 B (12 D)
I, 8, 28 36 A (15 AB)
36 BC (15 C)
I, 8, 29 44 A (18 B )
44 B (18 C)
I, 8, 30 37 CD (16 CD)
36 D-37 A (15 DE)
37 A (15 E)
37 A (15 E )
37 C (16 C)
I, 8, 31 37 D (16 D)
40 AB (16 DE, 17 A)
* I passi di S. Basilio sono elencati nell’ordine in cui sono citati nel commento.
432 INDICE DEI PASSI RIPRESI DA S. BASILIO
S. A m b r o g io S. Bas., Hexaemeron
V, 10, 31 161 BC (69 A)
161 C (69 B)
V, 11, 32 161 B (69 A)
V, 11, 33 161 C (69 B)
161 A (68 DE)
161 A (68 E)
V, 12, 36 168 C (71 E, 72 A)
V, 12, 38 168 C (72 A)
V, 13, 40 177 AB (75 E, 76 A)
V, 13, 44 181 BC (77 E)
V, 14, 45 169 A (72 B)
V, 14, 46 .169 A (72 BC)
V, 14, 47 172 AB (73 AB)
V, 14, 48 172 B (73 B)
V, 14, 49 172 BC (73 CD)
V, 15, 51 176 A (74 E, 75 A)
V, 16, 53 176 BC (75 AB)
V, 16, 55 176 C (75 BC)
176 CD (75 C)
V, 17, 56 ,176 D-177 A (75 D)
V, 17, 57 177 A (75 D)
179 A (75 E)
V, 18, 58 180 A (76 C)
V, 18, 60 177 C (76 B)
V, 18, 61 177 C (76 C)
V, 19, 62 177 C (76 B)
V, 20, 64 180 AB (76 DE)
V, 21, 66 172 D (73 E)
V, 21, 67 173 AB (74 A)
V, 21, 68 173 A (74 A)
173 B (74 B)
V, 22, 73 180 BC (77 A)
V, 22, 74 184 B (78 C)
184 B (78 D)
V, 22, 76 184 A (78 B)
V, 23, 77 184 D (78 E, 79 A)
V, 23, 82 181 C (78 A)
V, 23, 83 181 D (78 A)
V, 24, 85 181 A (72 C)
V, 24, 86 181 B (77 D)
V, 24, 87 181 A (77 C)
V, 24, 88 181 C (77 E)
VI, 1, 2 164 A (69 C)
VI, 1, 4 188 C (80 C)
VI, 1, 5 188 AB (80 AB)
VI, 2, 8 188 D, 189 A (80 DE, 81 A)
VI, 3, 10 192 AB (81 E)
192 C (82 A)
VI, 3, 11 192 BC (82 A)
VI, 3, 12 192 C (82 A)
VI, 3, 14 192 CD (82 B)
VI, 3, 15 ,192 D (82 B)
VI, 4, 16 193 CD, 194 A (83 AB)
VI, 4, 17 192 C (82 A)
436 INDICE DEI PASSI RIPRESI DA S. BASILIO
A bisso :
da intendersi in senso letterale, I, 8, 32; significato del termine, I,
8, 32.
Acab (cf. Gezabele):
sotto di lui regnava l'empietà, II, 4, 16.
A cqua :
tutte le cose secondo TaJete hanno origine dall’acqua, I, 2, 6; si
confuta chi sostiene che non vi può essere acqua sopra i cieli, II,
3, 9-11; divisa dal firmamento, II, 3, 10; le acque sopra i cieli in
terpretate da alcuni come potenze purificatrici, II, 4, 17; cause della
sua fluidità, III, 2, 8; tende a risalire al livello altrove raggiunto,
III, 2, 9; come un unico bacino abbia potuto contenere tutte le
acque, III, 3, 14-16; cambia colore e sapore, III, 15, 62; produce ef
fetti diversi nei frutti, III, 15, 62; differente al tatto, III, 15, 62;
ha generato per prima esseri viventi, V, 1, 2; i pesci non possono vi
vere fuori dall'acqua, V, 4, 10-11.
A glio :
aborrito dal leopardo, usato dagli uomini, VI, 4, 28; utile quale
medicina, VI, 4, 28.
A lcione :
sua riproduzione, V, 13, 40; giorni dell’alcione e relativa applicazione
morale, V, 13, 4042.
Am b r a :
è una resina, III, 15, 63.
A n im a :
possiede l'eccellenza della bellezza, VI, 6, 39; dura per sempre, VI,
6, 39; immagine di Dio, VI, 7, 4243; 8, 50; sostanza di ciò che costi
tuisce l'uomo, VI, 6, 43; senza di essa la carne non è niente, VI, 7,
43; in che senso è immagine di Dio, VI, 8, 4445; quella del giusto
difesa da Cristo, assediata dal diavolo, VI, 8, 49.
A n im a l i:
nocivi sulla terra, innocui nel mare, V, 2, 6; dotati da Dio di parti
colari qualità, V, 9, 25; hanno un tempo determinato per il parto,
V, 10, 30; continuità delle specie animali, VI, 3, 9; perché Dio ha
fornito ad alcuni un collo corto e ad altri lungo, VI, 5, 30; perché
esistono quelli velenosi, VI, 6, 38.
A nno :
il sole e la luna dividono gli anni, IV, 5, 24; bisestile, IV, 5, 24.
A n tioch ia:
episodio del cane che in Antiochia fa scoprire l'uccisore del padro
ne, VI, 4, 24.
A p i:
vita delle api, V, 21, 67-72; loro ronzio, V, 22, 76.
442 INDICE ANALITICO
A pollo Pi z i o :
non è suo il detto « Conosci te stesso », VI, 6, 39.
A q u ila :
come mette alla prova gli aquilotti, V, 18, 60.
A r ia n i :
negano la bontà del Creatore del firmamento, II, 5, 20; negano che
il Figlio sia creatore con il Padre, VI, 7, 40.
A rca di N oè:
analogia col corpo umano, VI, 9, 72.
A ristotele :
i due principi di ciò che esiste, I, 1, 1; sostiene l’eternità del mon
do, I, 1, 3.
Ar m o n ia delle sfere :
si confuta l’affermazione che il moto delle sfere produca un suono,
II, 2, 6-7.
Ar t i:
pratiche e speculative, I, 5, 17.
A sciutto :
perché nella Genesi si usa la parola « asciutto » invece di « terra »,
III, 4, 17-19.
A sin o :
ci insegna che non dobbiamo impigrire nell’accidia, VI, 3, 11.
A tla n tic o(Oceano):
ospita enormi cetacei, V, 11, 32.
A to m o :
una connessione di atomi non è causa di perpetua durata, I, 2, 7.
A vidità:
applicazione morale dell'astuzia del granchio, V, 8, 23.
A vvoltoi :
loro verginità, V, 20, 64; annunciano la morte degli uomini, V, 23, 81.
Bacio:
segno d’affetto e d’amore, VI, 9, 68; segno del tradimento di Giuda,
VI, 9, 68.
B aco da seta : vedi V erme indiano .
B ellezza :
delle cose create in armonia tra loro, II, 5, 2; del campo, III, 8, 36;
9, 42; del mare, V, 11, 34; l’anima ne possiede l’eccellenza, VI, 6, 39;
superiorità del corpo umano per bellezza, VI, 9, 54.
B ibbia : vedi S crittura S acra.
B ritan n ia :
mare che circonda le isole britanniche. III, 3, 15; suoi sali simili a
marmo durissimo, V, 11, 33.
B u o i:
intuiscono un cambiamento di tempo, VI, 4, 19.
C aldei :
loro arti fallaci, IV, 4, 18.
C amaleonte :
cambia il suo colore, V, 23, 77.
C a m po :
sua bellezza, III, 8, 36; non è mai senza doni, III, 9, 42.
Ca n i :
sanno difendere i padroni, VI, 4, 17; i cristiani ne imitino la fedeltà,
VI, 4, 17; l’arcangelo Raffaele sull’esempio del cane educa Tobia al
INDICE ANALITICO 443
ila riconoscenza, VI, 4, 17; loro qualità quasi umane, VI, 4, 23; epi
sodio di Antiochia, VI, 4, 24; ogni belva ammalata si cura bevendo
sangue di cane, VI, 4, 26.
C an ti l itu r g ici :
la voce del popolo in coro loda Dio, III, 1, 5; il canto dei fedeli fa
eco ai responsori dei salmi, III, 5, 23.
C arne :
l'uomo non è carne, VI, 6, 39; senza l'anima la carne non è niente,
VI, 7, 43.
C ervo:
mastica ramoscelli d'olivo per guarire, VI, 4, 26.
C etacei :
si nascondono nel mare oltre i limiti del mondo, V, 10, 28; ospi
tati nell'Oceano Atlantico, V, 11, 32.
C h ie s a :
è una, III, 1, 3; nel popolo cristiano opera intimamente lo Spirito
Santo, III, 1, 5-6; è paragonata al mare, III, 5, 23; simboleggiata dal
melograno, III, 13, 56; in essa risplende la giustizia, IV, 5, 22.
C ibo :
le piante lo offrono agli uomini e agli animali, III, 16, 65; l’uomo
non deve volgersi solo al cibo, VI, 3, 10.
C icale :
effetti del loro verso, V, 22, 76.
C icogne:
loro ordine di volo, V, 16, 53; loro pietà verso il vecchio padre,
V, 16, 55.
C ielo :
sua qualità e sostanza, I, 5, 21; teorie dei filosofi sulla sua natura,
sulle sue proprietà e sulla sua composizione, I, 6, 23-24; perché non
fu subito ornato di stelle, I, 7, 27; destinato a perire, I, 8, 28; uni
cità o pluralità dei cieli, II, 2, 5-6; sbaglia chi sostiene che non vi
può essere acqua sopra i cieli, II, 3, 9; nome comune rispetto a
« firmamento », II, 4, 15; etimologia del nome, II, 4, 15; il sole è suo
ornamento, IV, 2, 5; da intendersi in senso letterale, VI, 2, 6.
C ollo:
perché Dio ha fornito ad alcuni animali un collo corto, ad altri
lungo, VI, 5, 30.
C o m u n i Sm o :
il cosiddetto « com uniSm o » di S. Ambrogio, VI, 8, 52.
C o n v it i :
raffinati e sfarzosi assomigliano a inutili discorsi, VI, 2, 5.
Cornacchie:
scortano le gru in volo, V, 16, 53; loro senso di ospitalità, V, 16,
54; cure per i loro piccoli, V, 18, 58.
C orpo umano:
sua superiorità per bellezza su tutti gli altri, VI, 9, 54; sua costi
tuzione, VI, 9, 55-74; funzione preminente del capo, VI, 9, 55-58;
occhi, VI, 9, 59-60; cervello, VI, 9, 61; udito, VI, 9, 62; narici, VI, 9,
63; tatto, VI, 9, 64; bocca e lingua, VI, 9, 65-67; parola, VI, 9, 67;
bacio, segno d ’affetto e d'amore, VI, 9, 68; bado, segno del tradi
mento di Giuda, VI, 9, 68; gola, VI, 9, 69; mani, VI, 9, 69; altre
parti, VI, 9, 70-71; analogia con l’arca di Noè, VI, 9, 72; vene, VI,
9, 73; piedi, VI, 9, 74.
C ostellazioni :
loro presunto influsso sulla vita degli uomini, IV, 4, 15; 4, 17.
444 INDICE ANALITICO
D anu bio :
divide i Romani dai barbari, II, 3, 12.
Dario (cf. Sesostri):
vuole unire il Maire Indiano al Mare Egiziano, III, 2, 11.
D emocrito :
sostiene la pluralità dei mondi, I, 1, 3.
D ig iu n o :
rimedio spirituale e sua potenza, VI, 4, 28.
Dio:
creatore dell'universo, I, 3, 8-10; 5, 19; non ha creato il male, I, 8,
30; appare a Mosè nel roveto, IV, 3, 9; il suo fuoco illumina, non
brucia, IV, 3, 9; il suo fuoco illumina i giusti, brucia gli empi, IV,
3, 10; ha dotato alcuni ammali di particolari qualità, IV, 9, 25;
inaccessibile agli uomini la sua scienza, VI, 2, 7; non è carne, ma
spirito, VI, 6, 40; si riposò dopo aver oreato l'uomo, VI, 8, 49; 10,
75-76; riposa neU’animo dell’uomo, VI, 8, 49; riposa nell’intimo
dell’uomo, VI, 10, 75-76.
D iritto di proprietà:
la terra è a libera disposizione di tutti, VI, 8, 52.
D iv in it à del mondo :
fallaci opinioni di alcuni filosofi, I, 1, 2; 1, 4.
D onna :
il suo trucco esprime il vizio, non il decoro della bellezza, VI, 8, 47.
E g itto (Mane d ’ ):
ha un livello inferiore al Mare Indiano, III, 2, 11.
E lefante :
è ucciso dal pitone, III, 9, 40; sue caratteristiche e abitudini, VI,
5, 31-35; modo per catturarlo, VI, 5, 32; suo impiego in guerra, VI,
5, 33; teme il topo, VI, 6, 37.
E l e m e n t i:
lotta tra loro, II, 3, 12; loro qualità, III, 3, 18; si accordano armo
niosamente fra loro, III, 3, 18.
E l i m a (m a g o ):
accecato da Paolo, IV, 8, 33.
E liseo :
fa galleggiare una scure. III, 2, 9; imbandisce vivande amare, VI, 2,
5; sua fede, VI, 2, 6.
E m p i:
il fuoco di Dio brucia gli empi, IV, 3, 10.
E rba:
sua germinazione, III, 6, 26; perché fu creata prima del cibo per
gli uomini, III, 7, 28; simbolo della vita umana, III, 7, 29-30; succhi
curativi delle erbe. III, 8, 37; creata prima del sole, IV, 1, 3; erbe
e piante con cui gli animali si curano da sé, VI, 4, 19.
E ternità del mondo :
non c’è cosa sconveniente come l’aver congiunto l'eternità del-
INDICE ANALITICO 445
Fa s i :
scendendo dal Caucaso si riversa nel Ponto Eusino, III, 3, 13.
F enice :
sua leggenda, V, 23, 79; applicazione morale, V, 23, 80.
Fico:
la sua riproduzione ci ammonisce a non evitare chi è separato dalla
nostra fede, III, 13, 56; forma delle sue foglie. III, 14, 60.
F iere :
loro affetto per i piccoli, VI, 4, 22.
F ig l i :
comportamento crudele ed ingiusto degli uomini verso i figli, V,
18, 58; 18, 61.
F ig lio (vedi anche Cristo, Verbo)'.
immagine del Dio invisibile, I, 5, 19; II, 5, 19; coetemo al Padre, I,
5, 19; in lui è sitata creata ogni cosa, I, 8, 29; uguale al Padre, II,
5, 18-19; III, 7, 32; creatore con il Padre e uguale a lui, VI, 7, 40-41;
tale verità è negata da Ariani ed Ebrei, VI, 7, 40.
F ine del mondo :
suoi segni, IV, 4, 12.
F ir m a m e n t o :
sua creazione, II, 2, 4; 3, 8; divide le acque, II, 3, 10; è nome spe
cifico rispetto a « cielo », II, 4, 15; etimologia del nome, II, 4, 16;
messo da alcuni in rapporto con le potenze attive, II, 4, 17; signifi
cato dell'espressione « in faccia al firmamento », V, 22, 73.
F olaga:
alleva l’aquilotto ripudiato dai suoi, V, 18, 61.
F or m ica :
sua previdenza e laboriosità, VI, 4, 16; sa spiare i periodi di sereno,
VI, 4, 20.
F o t in ia n i :
negano l’esistenza di Cristo al momento della creazione, III, 7, 32.
F rau d olen ti:
applicazione morale dell’astuzia del polipo, V, 8, 21.
F r u tt i :
loro sesso, III, 13, 55; loro varietà, III, 13, 57; loro uso in medicina,
III, 13, 57; maturati dal calore del sole, III, 14, 58; naturalmente
protetti, III, 14, 59.
Fuoco:
quello di Dio illumina, non brucia, IV, 3, 9; illumina i giusti, brucia
gli empi, IV, 3, 10.
G allo :
effetti del suo canto, V, 24, 88; applicazioni morali, V, 24, 88-89.
446 INDICE ANALITICO
Im m agine:
Il Figlio è l’immagine del Dio invisibile, I, 5, 19; II, 5, 19.
In con ten tab ilità:
degli uomini, V, 10, 27.
Indiano (Mare):
ha un livello superiore al Mare d'Egitto, III, 2, 11.
I nterpretazione letterale:
« tenebre » e « abisso » da intendersi in senso letterale, I, 8, 32;
«acque» da intendersi in senso proprio, II, 4, 17; le specie delle
fiere da intendersi come sopra, VI, 2, 4; « cielo » e « terra » da inten
dersi come sopra, VI, 2, 6; aderenza alle parole ispirate, VI, 3, 9.
L ag h i :
non si mescolano alle onde marine, III, 3, 16.
L eone :
sdegna la compagnia della folla, VI, 3, 14; teme il gallo, specie se
INDICE ANALITICO 447
bianco, VI, 4, 26; divora una scimmia per guarire, VI, 4, 26; teme
il pungiglione dello scorpione ed è ucciso dal serpente, VI, 6, 37.
Leopardo:
suoi umori incostanti, VI, 3, 15; gli sono simili i Giudei, VI, 3, 15;
beve il sangue della capra selvatica e cosi evita la malattia, VI, 4,
26; aborrisce l’aglio, VI, 4, 28.
L epre:
diventa bianca d’inverno, V, 23, 77.
L ocuste :
strumento dei castighi di Dio, III, 16, 67; divorano i prodotti, V,
23, 82; sono divorate dalla seleucide, V, 23, 83.
L uce :
sua creazione, I, 9, 33; è un bene, I, 9, 34; chiamata giorno, I, 9, 35;
quella del sole è distinta da quella del giorno, IV, 3, 8-9; quella del
meriggio paragonata alla giustizia del santo, IV, 3, 8; non ha alcun
rapporto con le tenebre, IV, 3, 11.
Lu n a :
oreata a disposizione della notte, IV, 2, 5; 5, 24; che significa questo,
IV, 2, 7; interpretazione mistica, IV, 2, 7; segno per le ricorrenze, i
giorni e gli anni, IV, 4, 12; divide gli anni, IV, 5, 24; sue dimensioni,
IV, 6, 25; effetti veri e falsi provocati dalla luna, IV, 7, 29-30; ap
plicazione morale delle fasi lunari, IV, 8, 31; proclama il mistero
di Cristo, IV, 8, 32; è simbolo della Chiesa, IV, 8, 32-33; pretesa
azione degli incantesimi sulla luna, IV, 8, 33.
L upo :
toglie la voce all'uomo, se lo vede per primo, e viceversa, VI, 4, 26;
applicazione morale, VI, 4, 27; evita le foglie di scilla, VI, 4, 29.
M aestri :
utile la loro severità, VI, 6, 38.
M ale :
Dio non ha creato il male, I, 8, 30; non è realtà vivente, I, 8, 31;
origine del male, I, 8, 31; non sono mali se non quelli che coinvol
gono la mente in una colpa, I, 8, 31.
M andorlo:
come i contadini eliminano l ’amarezza dei suoi frutti, III, 13, 56;
relativa applicazione morale, III, 13, 56.
M a n ic h e i :
loro dottrina sull’origine del male, I, 8, 30; rifiutano Cristo come
creatore, III, 7, 32.
M arcioniti :
loro dottrina sull’origine del male, I, 8, 30.
M are:
circoscritti i mari entro un confine loro imposto, III, 2, 10; nomi
attribuiti ai vari mari, III, 3, 12; una sola è la massa delle ac
que, III, 3, 13; come un unico bacino abbia potuto contenere tutte
le acque, III, 3, 14-16; sconfinato circonda le isole britanniche, III, 3,
15; suo elogio, III, 5, 21-23; ricchezze in esso contenute, V, 11, 33;
identificato allegoricamente con il Vangelo, V, 7, 17; bellezza del
mare, V, 11, 34.
M are d'E gitto : vedi E gitto (M are d').
M are I ndiano : vedi I ndiano (M are).
M aria V ergine :
suo parto verginale, V, 20, 65.
448 INDICE ANALITICO
M ateria :
chiamata iiVri, I, 1, 1; i filosofi sostengono che non ha avuto 'inizio,
I, 7, 25; esiste dal momento in cui fu creata, I, 7, 25; insufficien
secondo i filosofi, per formare un secondo cielo, II, 2, 5.
M atrim on io:
doveri dei coniugi, V, 7, 18-19.
M elograno:
è simbolo della Chiesa, III, 13, 56.
M ondo:
unicità del mondo affermata da Pitagora, I, 1, 3; opinioni sulla
eternità del mondo, I, 1, 3; sulla sua divinità, I, 1, 4; sua origine se
condo Talete, I, 2, 6; ha avuto principio, I, 4, 12; fu creato-in pri
mavera, I, 4, 13; oreato in Cristo quale principio, I, 4, 15; 8, 29;
creato prima del tempo, I, 4, 16; secondo i pagani sussiste sponta
neamente, I, 4, 18; terra e cielo sono i suoi cardini, I, 7, 25; luogo
e causa delle tenebre, I, 9, 33; segni della sua fine, IV, 4, 12.
Mosfe:
autore ispirato, I, 2, 5-7; agisce non per ciò che sa, ma obbedendo
a Dio, II, 1, 3; sua benedizione alla tribù di Giuseppe, II, 4, 16;
Dio gli appare nel roveto, IV, 3, 9.
M u s ic a : vedi S pettacoli teatrali (M usiche degli).
O che :
•loro turni di guardia, V, 13, 44; salvarono il Campidoglio, V, 13, 44.
Oceano A tla n tic o : vedi A tla n tic o (Oceano).
O m bra :
la notte è l’ombra della terra, IV, 3, 11; inseparabilmente unita al
corpo, IV, 3, 11; c ’è un’ombra di salvezza, IV, 5, 22; il sole produce
il variare delle ombre, IV, 5, 23.
O rigine delle cose :
opinione di Talete, I, 2, 6.
O roscopo:
sua infondatezza, IV, 4, 13-19; esempi degli apostoli, del buon la
drone, di Giona, dei santi Pietro e Paolo, IV, 4, 13; lo zodiaco e le
sue suddivisioni, IV, 4, 14; presunto influsso delle costellazioni;
IV, 4, 15; 4, 17; presunta influenza dei pianeti, IV, 4, 16.
O rsa :
modella i piccoli con la lingua, VI, 4, 18; si cura da sé, VI, 4, 19;
l’orso ammalato divora le formiche, VI, 4, 19.
INDICE ANALITICO 449
O spitalità :
senso di ospitalità degli uccelli e relativa applicazione morale, V,
16, 54.
Padre:
uguale al Figlio, opera insieme con lui, II, 5, 18-19.
Pa l m a :
sua riproduzione, III, 13, 55; suo significato simbolico, III, 16, 71.
Palude:
simbolo della sede dei vizi. III, 1, 4.
Pa m p in o :
sua forma e bellezza, III, 14, 60.
P aolo (S .):
acceca il mago Elima, IV, 8, 33; morso da una vipera a Malta, VI,
6, 38.
Parola:
c ’è chi semina la parola, III, 10, 45.
P arto:
in periodi determinati per gli animali, a differenza dell’uomo, V,
10, 30.
Pecora:
s'ingozza d’erba in previsione dell'inverno, VI, 4, 20; sa riconoscere il
proprio agnello, VI, 4, 25.
Pernice :
sua vana astuzia nel rubare le uova altrui, VI, 3, 13.
Pe s c i :
loro creazione, V, 2, 5; loro riproduzione, V, 3, 7-8; loro procrea
zione, V, 3, 9; non vivono fuori dell'acqua, V, 4, 10-11; loro dentatura,
V, 5, 12; i più piccali sono preda dei più grandi, V, 5, 13; applica
zione morale di tale fatto ai ricchi, V, 5, 14; identificazione alle
gorica tra uomini e pesci, V, 6, 15-16; applicata a S. Stefano l'alle
goria del buon pesce, V, 6, 16; ciascuna speoie ha un domicilio fisso,
V, 10, 26; loro migrazioni, V, 10, 29; ricercano particolarmente il
Ponto Eusdno, V, 10, 29; velenosi, V, 10, 31; creati dalle acque come
gli uccelli, V, 14, 45; affinità tra pesci e uccelli, V, 14, 45.
P ia n e t i :
presunta loro influenza sulla vita umana, IV, 4, 16.
Pian te :
create prima del sole, III, 6, 27; IV, 1, 3; loro riproduzione, III, 8,
33-34; perché nascono piante velenose, III, 9, 38; loro usi, III, 9,
39; loro significato simbolico, III, 13, 52; loro specie, III, 13, 53-54;
distinzione di sesso, III, 13, 55; fioriscono al comando di Dio, III,
16, 65; offrono il cibo per uomini e animali, III, 16, 65; si molti
plicano mediante il seme, III, 16, 66; piante sempreverdi, III, 17,
71; perché esistono piante velenose, VI, 6, 38.
Pietro (S .):
fa precipitare Simon Mago, IV, 8, 33; si pente al canto del gallo,
V, 24, 88; suo pianto, V, 24, 90.
P igna :
eleganza della sua forma, III, 16, 68.
P ipistrello :
sue caratteristiche, V, 24, 87.
Pitagora:
afferma l'unicità del mondo, I, 1, 3.
P ittura :
di Dio nell'uomo, VI, 8, 47.
450 INDICE ANALITICO
Platone :
i tre principi di ciò che esiste, I, 1, 1; sostiene che il mondo non
è esistito sempre, ma non avrà fine, I, 1, 3.
Pluralità dei m o n d i :
sostenuta da Democrito, I, 1, 4.
Po:
sicuro mezzo di trasporto, II, 13, 12.
P olipo :
sua astuzia, V, 8, 21; applicazione morale alle insidie dei fraudo
lenti, V, 8, 21.
P onto E u s in o : vedi E usino (Ponto).
P opolo cristiano :
in esso opera continuamente lo Spirito Santo, III, 1, 5-6; la vite
immagine del popolo fedele, III, 12, 50-51.
P orcospino:
come si difende, VI, 4, 20; come protegge le sue vie respiratorie,
VI, 4, 20.
Potenze a ttive :
messe da alcuni in rapporto col firmamento, II, 4, 17.
P otenze intellettive :
messe da alcuni in rapporto con l’espressione « cieli dei cieli », II,
4, 17.
Potenze m alvagie (vedi anche Male):
ila malvagità non è sostanza, I, 8, 28.
Potenze purificatrici :
le acque sopra i cieli interpretate come potenze purificatrici, II,
4, 17.
Povero:
vigili contro le tentazioni, VI, 8, 50-51; ciò che ha e ciò che non
ha, VI, 8, 52.
Povertà:
■nella povertà non mancano le tentazioni, VI, 8, 53.
Pr incipi di ciò che es is te :
tre secondo Platone, I, 1, 1; due secondo Aristotele, 1 ,1,1.
Proprietà: vedi D ir itto di proprietà.
R em ora :
trattiene grosse navi, V, 10, 31.
R eno :
bastione dell'impero romano, II, 3, 12.
R e s in e :
diverse tra loro. III, 15, 63; ambra, III, 15, 63.
R e t t il i :
come dev'essere inteso questo termine, V, 2,4; loro creazione, V, 2, 5.
R icchezza:
nella ricchezza non mancano le tentazioni, VI, 8, 53.
R ic c h i :
avidi come i pesci, V, 3, 14.
R iccio m a r in o :
preannunzia burrasca e bonaccia, V, 9, 24.
R iconoscenza :
l'arcangelo Raffaele educa Tobia alila riconoscenza, VI, 4, 17.
Rodano:
fende impetuoso le acque del Mare Tirreno, II, 3, 13.
INDICE ANALITICO 451
R ondine :
sua sollecitudine materna e relativa applicazione morale, V, 17, 56.
Rosa:
sua bellezza, III, 11, 48; è immagine della vita umana, III, 11, 48.
Rosso (Mare):
passaggio del Mar Rosso, II, 3, 11; III, 1, 2; 2, 9; non si congiunge
col Marne Egiziano, III, 2, 11.
S alomone :
nemmeno Salomone potè spiegare la ragion d ’essere d'ogni crea
tura, III, 15, 64.
S crittura S acra:
preferibile i'interpretazione letterale, I, 8, 32; II, 4, 17; VI, 2, 4; 2,
6; 3, 9; molte aggiunte al testo ebraico introdotte dai Settanta,
III, 5, 20.
S egn i :
per le ricorrenze, i giorni e gli anni, IV, 4, 12; della fine del mondo,
IV, 4, 12.
Se m e :
sua degenerazione. III, 10, 43; Cristo semina il buon seme, III, 10,
44; le piante si moltiplicano mediante il seme, III, 16, 66.
S erpente:
si libera dalla ceoità mangiando finocchio, VI, 4, 19; se assaggia lo
sputo d'un uomo digiuno, muore, VI, 4, 28.
S e sostri (cf. Dario):
tenta di unire il Mare Indiano al Mare Egiziano, III, 2, 11.
S e tta n ta :
introdussero molte aggiunte al testo ebraico della Bibbia, III, 5, 20.
Sidone:
in essa non c'è spazio per la virtù, IV, 4,19.
S im o n M ago:
fatto precipitare da Pietro, IV, 8, 33.
S inagoga:
avvolta in fitta tenebra, IV, 5, 22; simboleggiata da Giacobbe, IV,
5, 22.
S ole:
produce calore, II, 3, 14; provoca l’evaporazione marina, II, 3, 14;
i pagani gli tributano culto divino, II, 6, 27; creato dopo le piante,
III, 6, 27; IV, 3, 1; matura i frutti. III, 14, 58; sua creazione, IV, 1,
1; Cristo sole di giustizia, IV, 1, 2; 5, 22; la tema può essere fecon
da anche senza di esso, IV, 1, 3; 2, 6; suo elogio, IV, 1, 4; è orna
mento dei cielo, IV, 2, 5; creato a disposizione del giorno, IV, 2, 5;
5, 24; che significa questo, IV, 2, 7; interpretazione mistica, IV, 2,
7; la sua luce è distinta da quella del giorno, IV, 3, 8; è causa delle
stagioni, IV, 5, 21; determina la durata del giorno e della notte,
IV, 5, 21; è causa del variare delle ombre, IV, 5, 23; divide gli anni,
IV, 5, 24; sue dimensioni, IV, 6, 25-26; limiti impostigli dal Crea
tore, IV, 6, 28.
S parvieri :
come educano i piccoli, V, 18, 59.
(Musica degli):
S p ettacoli te a tr a li
corrompe l’animo, III, 1, 5.
S pirito S anto :
aleggiava sopra le acque, I, 8, 29; è creatore, I, 8, 29; opera intima-
452 INDICE ANALITICO
mente nel popolo cristiano, III, 1, 5-6; l’uomo ne è tempio, VI, 6, 39.
Sposi: vedi M atrim onio.
S tagioni :
prodotte dal moto del sole, IV, 5, 21; applicazione allegorica alla
Chiesa, IV, 5, 22.
S tato :
com’era un tempo e sua decadenza, V, 15, 52; gli uccelli sembrano
amministrare una specie di Stato, V, 21, 66.
S tefano :
applicata a lui l'allegoria del buon pesce, V, 6, 16.
S telle :
perché il cielo non fu subito ornato di stelle, I, 7, 27; create a di
sposizione della notte, IV, 2, 5; 5, 24; segni per le ricorrenze, i
giorni e gli anni, IV, 4, 12.
T am erisco :
simbolo d'un’astuzia maligna, III, 16, 69.
T artaruga:
si libera dal veleno con l'origano, VI, 4, 19.
T emolo :
sue particolari qualità, V, 2, 6.
Tem po:
principio del tempo, I, 4, 13; 6, 20.
T enebre:
da intendersi in senso letterale, I, 8, 32; non sono sostanza origina
ria, I, 8, 32; il mondo è luogo e causa delle tenebre, I, 9, 33; chia
mate notte, I, 9, 35.
T en ta zio n i :
ne sono soggetti ricchi e poveri, VI, 8, 53.
T erra:
sua natura e posizione, I, 6, 22; esiste dal momento della sua crea
zione, I, 7, 25; terra e cielo sono i cardini del mondo, I, 7, 25; non
si librava nell'aria, I, 7, 25; perché era ancora invisibile, I, 7, 26;
8, 30; III, 2, 7; 6, 25; perché non fu subito ornata, I, 7, 27; desti
nata a perire, I, 8, 28; informe, I, 8, 28; è sospesa nel vuoto e rimane
immobile, II, 3, 11; è una sola. III, 3, 13; perché nella Genesi si
paria di «asciutto» e non dì «terra», III, 4, 17; 4, 19; germoglia
l’erba, III, 6, 26; restituisce ad usura quanto riceve. III, 8, 35; fe
conda pur senza coltivatori, III, 10, 45; feconda anche senza il sole,
IV, 1, 3; 2, 6; la notte è l’ombra della terra, IV, 3, 11; da intendersi
in senso letterale, VI, 2, 6; inutile conoscerne la ciroonferenza,
VI, 2, 7.
T igre :
■suo affetto materno, VI, 4, 21; come viene ingannata dal cacciatore
inseguito, VI, 4, 21.
T oro:
sua utilità, III, 9, 41.
T ortora:
sua fedeltà vedovile e relativa applicazione morale, V, 18, 62-63;
stende sul nido foglie di scilila per tenere 'lontani i lupi, VI, 4, 29.
U ccelli :
stavano per essere dimenticati nella trattazione, V, 12, 36; lodano
Dio oon i loro canti, V, 12, 36; loro canti, V, 12, 39; comportamento
INDICE ANALITICO 453
di vari uccelli marini, V, 13, 43; affinità tra pesoi e uccelli, V, 14,
45; entrambe le specie sono state create dalle acque, V, 14, 45.
U n ic ità d el mondo:
Pitagora afferma che esiste un solo mondo, I, 1, 3.
Uomo (vedi anche Corpo umano):
creato ad immagine di Dio, III, 7, 31; identificazione allegorica tra
uomo e pesce, V, 6, 15-16; sua incontentabilità, V, 10, 27; non ha un
tempo determinato per la procreazione, V, 10, 30; creato eiretto a
differenza degli animali, VI, 3, 10; non deve volgersi solo ai cibo,
VI, 3, 10; è tempio dello Spirito Santo, VI, 6, 39; sua creazione,
VI, 7, 40; pittura di Dio nell'uomo, VI, 8, 47; può essere tana la s
bocca, VI, 8, 48; insidia il proprio simile, VI, 8, 48; Dio si riposò
dopo averlo creato, VI, 8, 49; 10, 75-76; Dio riposa neH’animo del
l’uomo, VI, 8, 49; è gloria di Dio, VI, 8, 50; è il capolavoro della
creazione, VI, 10, 75; Dio riposa nell'intimo dell’uomo, VI, 10, 75-76.
U signolo:
dolcezza del suo canto, V, 24, 84.
V alentino :
sua dottrina sull'origine del male, I, 8, 30.
V angelo:
identificato allegoricamente con il mare, V, 7, 17.
Verbo (vedi anche Cristo, Figlio):
mentre viene costituito il mondo, si diffonde per tutto il creato,
VI, 3, 9.
V erme indiano :
sua metamorfosi, V, 23, 77.
V erginità :
degli avvoltoi, V, 20, 64; parto verginale di Maria, V, 20, 65.
V ig ila n za :
l’uomo vigili contro le tentazioni, VI, 8, 50-51; anche il povero vigili,
VI, 8, 52.
V ipera :
cerca l'accoppiamento con la murena marina, V, 7, 18; applica
zione morale, V, 7, 18-20.
V ita umana:
la rosa è immagine della vita umana, III, 11, 48.
V it e :
sua bellezza e utilità, III, 12, 49; immagine del popolo fedele, III,
12, 50-51; sua coltivazione, III, 12, 51; l'esempio della vite come
regola per la nostra vita. III, 12, 52; forma e bellezza del pampino,
III, 14, 60; Noè coltivatore della vite, III, 16, 72.
V olpe:
animale inutile da odiarsi per le sue ruberie, VI, 3, 12; si cura con
la resina del pino, VI, 4, 19.
Z iz z a n i a :
seminata dal nemico, III, 10, 44.
Z odiaco :
sue suddivisioni, IV, 4, 14; presunto influsso delle costellazioni,
IV, 4, 15; 4, 17.
INDICE DEI NOMI *
D an iele: II, 4, 15 (p r o p h e ta ); 4,
B aruc: VI, 8, 52 ( p r o p h e t a ) . 17 (p r o p h e ta ).
Benaco: III, 3, 16. D anubio: II, 3, 12.
B rita n n i: IV, 6, 25. D ario (re dei Persiani): III, 2, 11.
B rita n n ia : III, 3, 15. Davide: I, 3, 8; 5, 17 ( p r o p h e t a ) ;
B rita n n ic i (sali): V, 11, 33. 6, 22; 6, 24 (2); 8, 29 ( p r o p h e t a ) ;
10, 36; II, 2, 6; 4, 15; III, 1, 2
( p r o p h e t a ) ; 2, 9; 2, 13 ( p r o p h e
Cadice (di): III, 3, 13. Vedi anche t a ) ; 4, 17; 12, 50 ( p r o p h e t a ) ; 13,
« Gaditano ». 53; IV, 2, 6 ( p r o p h e t a ); 2, 7 ( p r o
Caldee (superstizioni): IV, 8, 33. p h e t a ) ; 3, 8 ( p r o p h e t a ) ; 5, 24
Caldei (astrologi): IV, 4, 18. ( p r o p h e t a ) ; 8, 32 ( p r o p h e t a ) ; V,
Caldeo (astrologo): IV, 4, 14; V, 1, 4; VI, 8, 50 ( p r o p h e t a ) ; 9 , 60
9, 24. ( p r o p h e t a ) ; 9, 69.
Campidoglio: V, 13, 44. D em ocrito: I, 1, 3.
I n d i c i ........................... . . . » 423
Indice s c r i t t u r i s t i c o ...................................................... » 425
Indice dei passi di S. Basilio utilizzati da S. Ambrogio . » 431
Indice dei passi citati nel Commento . . » 437
Indice analitico . . . » 441
Indice dei nomi . . . » 454