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Enciclopedia
della musica sarda
VOLUME 5
Canto a chitarra
Foto:
Adriano Mauri e Max Solinas
La biblioteca dell’identità
de L’Unione Sarda
Enciclopedia
della musica sarda
VOLUME 5
Canto a chitarra
Editore
Sergio Zuncheddu
Direttore Responsabile
Paolo Figus
Direttore Editoriale
Gianni Filippini
Società editrice L’UNIONE SARDA S.p.A., Piazza L’Unione Sarda - 09122 Cagliari
Reg. Trib. di Cagliari decreto n. 12 del 20-11-1948
Tutti i diritti di copyright sono riservati
© L’Unione Sarda, 2012
Supplemento al numero odierno de L’UNIONE SARDA
Coordinamento editoriale: Gianfranco Mele
Direzione grafica: Matilde Boccardi
Enciclopedia a cura di Francesco Casu e Marco Lutzu
Regia multimediale: Francesco Casu
Responsabile scientifico: Marco Lutzu
la biblioteca dell’identità
Il canto a chiterra logudorese e gallurese
Curatore e responsabile scientifico:
Salvatore Carboni
Testi: Salvatore Carboni (S.C.),
Giovanni Perria (G.P.), Maurizio Corda (M.C.),
Ignazio Macchiarella (I.M.), Marco Lutzu (M.L.),
Chiara Figus (C.F.), Andrea Carpi
Il testo di Salvatore Carboni è dedicato
al ricordo di Francesco Puddu
Revisione ortografica del sardo e traduzione:
Sebastiano Pilosu con la collaborazione
di Antonio Maria Pala
Il canto a chitarra
nella Sardegna meridionale
La storia, talvolta, fa scherzi strani. Quasi si divertisse nel Un passato
costringerci a mettere in discussione o almeno a riflettere plurisecolare
su quanto, oggi, sembra scontato. Così è stato, per
esempio, per il ritrovamento del celebre bronzetto di Ittiri –
sulla cui datazione le notizie non sono concordi (vanno dal
XIII al VIII secolo a.C.), ma la cui originalità e antichità è data
per garantita – che raffigura, secondo l’interpretazione …perçó mana sa Senyoria Illustrissima
corrente, un suonatore di launeddas. E così è stato con
l’individuazione del “pregone” viceregio emanato a Cagliari y Reverendissima a tots los predits
nel 1598, che vieta l’uso di liuti e chitarre in strada dopo il
rintocco della campana vespertina (Archivio di Stato di de dites conditións que ningù
Cagliari, Antico Archivio Regio, vol. C 2, c. 39).
gose ni presumesca a anar de nits après
tocada la campana que se sol tocca
Paradossi della storia
Tali ritrovamenti, si diceva, inducono a riflettere su certe sonant guitarres, lleuts ni altres
“associazioni mentali” cui spesso siamo indotti dall’esperienza
114 del presente, e talvolta da inveterati luoghi comuni. In questo
instruments sot pena
caso, il lato paradossale (o almeno curioso) sta nel fatto che de perdre los tals instruments.
le più antiche launeddas di cui abbiamo notizia – espressione
e simbolo formidabili, oggi, della musica campidanese –
saltano fuori in un villaggio a un passo da Sassari, e che la
più antica chitarra – emblema e gloria del mondo canoro e ….Perciò ordina sua Signoria Illustrissima
musicale dell’area logudorese e gallurese che si esprime nel
genere del Cantu in Re – viene citata in un documento che fa
e reverendissima a tutti i predetti
riferimento al suo uso, verosimilmente da parte di fin troppo [che si trovano nelle] citate condizioni
gioviali giovanotti, nella città di Cagliari.
che nessuno [di loro] osi né provi
Ambiti e diffusione a pensare di andare di notte dopo il suono
Restano peraltro da chiarire ambiti, modalità e confini della della campana che si suole suonare,
penetrazione della chitarra nella pratica musicale isolana.
Se infatti al cappellano militare tedesco Joseph Fuos, che suonando chitarre, liuti e altri strumenti
scrisse uno dei primi “resoconti” descrittivi della Sardegna
sulla base della sua permanenza nell’Isola nel triennio sotto pena di perdere detti strumenti.
1773-1776, parve che “un Sardo non trova alcun maggior
piacere che quando può mettersi la sera colla chitarra alla
spagnuola dinanzi la casa ove dimora l’oggetto del suo
amore, ed accompagnare i suoi accordi col suo canto soave”
(in Notizie dalla Sardegna 1773-1776), il gesuita Matteo
Madau, ozierese ma vissuto a lungo a Cagliari, che pubblicò nella pagina Il Pregone Viceregio
la sua opera sulle Armonie de’ Sardi appena sette anni dopo emanato a Cagliari nel 1598 che vieta
il Fuos, relegò “cetre, mandòle, chitarre, e […] altri musicali l’uso di chitarre, liuti ed altri strumenti
strumenti da corda” alla fascia sociale superiore, dopo il suono della campana vespertina.
115
Enciclopedia della musica sarda
a destra Frontespizio
della traduzione in lingua italiana
dell’opera del Fuos.
Il Novecento
La documentazione relativa alle cantzonis nell’area campidanese nel Novecento
è ampia e comprende una vasta mole di fogli e libretti a stampa e registrazioni.
a destra Titolo e
elementi decorativi
nel foglio di una cantzoni di
Vincenzo Pala stampato
dalla tipografia Canelles
di Iglesias (senza data).
Poeti dimenticati
La presenza di tali documenti è essenziale per la
ricostruzione delle vicende di questo genere di poesia
cantata. Tra l’altro, permette di individuare nomi e talvolta
avere qualche scarna informazione su poeti campidanesi
oggi praticamente ignorati che furono attivi a cavallo fra
Ottocento e Novecento. Assai più tardi, dunque, dei ben più
noti Efisio Pintor Sirigu e Francesco Deplano (Olata), la cui
attività è di circa un secolo antecedente (vedi schede relative
rispettivamente in questo e nel volume 14 dell’opera). Tra
questi nomi, per esempio, vi è quello del suonatore
d’organetto iglesiente (ma, come viene indicato nei fogli,
“domiciliato a Cagliari”) Francesco Cossu, il quale
specificava nei fogli a stampa di avere come “compagno e
aiuto per cantare: Luigi Soro, di Terralba”.
Quest’ultimo, peraltro, era anch’egli scrittore di cantzonis
(esiste una cantzoni su foglio a suo nome stampata nel
1899), e si dichiarava “autore improvvisatore illetterato”. Un
altro nome che riaffiora più di una volta nei fogli di cantzonis
agli albori del Novecento è quello del cagliaritano
Francesco Orani-Casanova, che in calce alle sue opere non
tralasciava di segnalare che «N.B. L’autore gentilmente ne
concede la Stampa, al Caro amico Pillittu Francesco, colpito
di “paralis”».
Scrittura e improvvisazione
La poesia scritta e cantata delle cantzonis nasce in un ambito sociale in cui
l’improvvisazione ha un ruolo predominante.
Sant’Elena, che è nello stesso tempo uno fra i massimi esponenti della poesia
improvvisata dei nostri giorni.
Cantori di cantzonis
sopra Antonio Pani, Un discorso almeno in parte simile vale anche per gli esecutori di cantzonis, cioè
poeta improvvisatore e i cantori e i chitarristi. Anche in questo caso, si osserva una certa sovrapposizione
autore di cantzonis. fra il mondo delle cantzonis e il mondo della poesia improvvisata. Tra gli esempi
di spicco vi è quello di Antioco Marras di Pula, che fu brillante cantore nelle prime
sotto Giovanni Cappai firma incisioni di canti campidanesi del 1930 e fu anche poeta improvvisatore ben
una sua cantzoni su foglio a affermato e di lunga carriera. In questo caso, la preferenza accordata ad Antioco
stampa (senza data) Marras si associava senz’altro alle sue indubbie e riconosciute doti vocali
qualificandosi come “cieco di manifestate e rese celebri attraverso l’esercizio dell’arte dell’improvvisazione. In
Settimo S. Pietro /
altri casi, i cantadoris sono cantori di cantzonis in ragione del fatto che ne sono
Improvisatore”.
122 i compositori, a prescindere dalle qualità vocali che sono in grado di esibire. In
questi casi, è l’autorialità a dare credito e significato all’esecuzione.
Tuttavia, non sempre quello delle cantzonis e quello della poesia di improvvisazione
sono ambiti in perfetta sovrapposizione. Così come ci sono poeti improvvisatori
che mai hanno cantato cantzonis, ci sono compositori e cantori di cantzonis che
non si dedicano – o lo fanno in modo marginale – alla poesia d’improvvisazione.
Poeti e ciechi
Un elemento che merita una sottolineatura specifica è la presenza
proporzionalmente abnorme di ciechi fra gli autori di cantzonis date alle stampe
agli albori del Novecento. Lo sono – o per lo meno si dichiarano tali – Sisinnio
Ariu, Luigi Soru, Antonio Giuseppe Pisano, Giovanni Cappai, Vincenzo Pala, tra gli
autori campidanesi dei fogli a stampa che abbiamo avuto fra le mani. La cecità
di tanti poeti campidanesi conferma, in questo lembo di Sardegna, ciò che Paul
Zumthor osservava in chiave generale, e cioè che il rapporto stretto fra cecità e
poesia è (o almeno è stato nel passato) una costante nella storia della poesia
orale ovunque nel mondo (in La presenza della voce, 1984).
Oralità Un altro elemento interessante che è talvolta offerto dai fogli volanti sono le
e scrittura indicazioni relative alle professioni dei loro autori e il loro livello di istruzione,
spesso indicati sommariamente insieme al nome. I compositori di cantzonis
pubblicate su foglio appartengono di solito a ceti bassi, per lo più di ambito
urbano. Sono muratori (Efisio Usai di Cagliari e Raimondo Locci di Serdiana),
operai (Luigi Marras di Cagliari), agenti postali (Francesco Orani-Casanova di
Cagliari). Si dichiarano spesso “illetterati”, cioè analfabeti, ed evidentemente
scrivono attraverso interposta persona. In un caso, il poeta, che non firma la sua
opera – un “Brevissimo trattenimento sopra l’affare importantissimo di ciascuno”
– ma lascia solo le proprie iniziali “F. P.”, chiude il suo preambolo alla cantzoni con
una singolare dichiarazione di modestia: “Sono pregati i veri poeti scusare ove
sotto Firma (aggiunta
a mano) e titolo in due trovano una sillaba o più o di meno ed ogni altro errore, perché chi ha fatto questo
cantzonis pubblicate su foglio non è poeta, ma provvisoriamente per necessità”.
a stampa attorno al 1900.
a sinistra Gòcius
profani composti da
Francesco Orani-Casanova
nel 1906. La lettera iniziale
di ciascuna delle 21 strofe
è quella prevista dalla
serie alfabetica.
Canto a chitarra
Diritti e commercio
La realizzazione a stampa delle cantzonis dà luogo a un piccolo commercio
ed è accompagnata dall’affermarsi del principio della proprietà letteraria.
La proprietà L’influsso del mondo della scrittura è evidente anche nella penetrazione di
letteraria delle un’idea, quella della “proprietà letteraria”, del diritto d’autore. Si tratta di un
cantzonis portato delle concezioni dell’arte nate nell’ambito della scrittura e – almeno in
una forma così definita – estranee alla creatività espressa attraverso l’oralità.
Nel caso dei fogli a stampa, l’affermazione dei propri diritti d’autore avviene
spesso in modi inusuali e perfino bizzarri. Tra le forme più originali e curiose vi
sono quella di Luigi Marras, il quale rammenta: «Questa mia firma impone a
qualsivoglia improvvisato o improvvisatore di non togliere copie questi cantanti
ambulanti e proibisco anche la propria stampa come resta stabilito dalla vigente
Legge» [Cagliari, Tipografia “già A. Timon”, s.d. (opera firmata “27 Settembre
1892”)]; quella di Vincenzo Pala, che minaccia: «Nessuno s’azzardi di stampare
la presente» [Iglesias, Tipografia Canelles, s.d.]; quella di Sebastiano Piras, che
ammonisce che «[t]rovando un’altro rivenditore avrà il suo rigalo», e di seguito
«Il Poeta ringrazia l’autorità per aver fatto l’unico dovere (Viva la giustizia)».
[Tipografia “già A. Timon”, s.l. (Cagliari), s.d.].
125
Vendita e promozione
sopra In calce L’affermazione della proprietà letteraria non era soltanto un fatto – come si suol
ai fogli a stampa dire – di principio, o un’affermazione compiaciuta del proprio ego creativo.
pubblicati agli inizi del Attorno ai fogli, che erano oggetto di vendita e di esecuzioni più o meno
Novecento sono spesso estemporanee specie in occasione delle fiere paesane, fioriva un certo micro-
presenti formulazioni
mercato cui i compositori si dimostrano attenti. Le cifre in ballo erano accessibili
stravaganti volte ad
affermare la proprietà per le tasche di tutti: in genere, il costo di un foglio era 10 centesimi ai primi del
letteraria e i diritti da Novecento. Con i fogli i compilatori mettono in atto strategie volte a pubblicizzare
parte dell’autore. i propri prodotti, a creare aspettative da parte del pubblico. Carmelo Barroi, per
Enciclopedia della musica sarda
126
a destra I fogli
a stampa riportano
talvolta il prezzo (ai primi del
Novecento, in genere 10
centesimi di lira) e brevi
annunci pubblicitari
da parte degli autori.
Cantzonis di città
I fogli volanti sono prodotti in tipografie di città (Cagliari,
Iglesias, Oristano, per restare all’area meridionale
dell’isola). Si tratta per lo più di tipografie che si
specializzano in questo segmento di prodotti. Tra queste,
ritornano spesso i nomi della tipografia Oreste Reale, in via
Sassari n. 24 (l’indicazione dell’indirizzo della tipografia
rientrava evidentemente fra le tecniche di autopromozione
messe in campo da autori e tipografi), della tipografia G.
Serreli in via Roma, della tipografia dell’Unione Sarda e di
quella indicata come “già A. Timon” tra quelle di Cagliari, la
tipografia Iglesiente e la Canelles di Iglesias, la tipografia
Arborense di Oristano. Sono i centri urbani a monopolizzare
questo tipo di produzioni; ed è forse anche per via del
fascino e della nomea della città che alcuni compositori nati
in vari paesi dell’area campidanese specificano nei fogli di
essere “domiciliati in Cagliari”.
Canto a chitarra
Titoli e temi
Con toni e finalità diverse, le cantzonis campidanesi affrontano una varietà di temi
e testimoniano la presenza di un vasto filone narrativo nella poesia isolana.
La Sardegna È stato scritto in varie circostanze in passato che in Sardegna il canto “narrativo”
e il canto era del tutto assente. Sembrava che l’Isola ricca di poesia, di musica e di canti,
narrativo formidabile nella sua produzione di carattere “lirico” capace di esprimersi in
maniera delicata, con la sua moltitudine di poeti e cantori più o meno occasionali,
nella creazione e nella riproduzione di mutos e mutetus amorosi, fosse invece
una terra deserta o avara in fatto di “storie” da raccontare e da cantare.
Titoli
Le cantzonis hanno solo in alcuni casi – spesso recenti, come le cantzonis di
buon successo di Antonio Pani intitolate Su papadori e Sa vetura de s’assessori
– dei veri e propri titoli. Spesso, l’intitolazione è una lunga e talvolta bizzarra
sintesi del contenuto del componimento, in qualche modo ispirata ai sottotitoli
o agli occhielli giornalistici. Si va dunque dalla CANZONI SARDA po s’assassinu
de su Rei nostru Umbertu I, committiu po sa manu vili de Bressi Gaetanu in
Monza, sa notti de su 29 de Lugliu, a is 10,30 de s’annu 1900, ad altre cantzoni
dai titoli ben più elaborati, come la CANZONI SARDA Intitulada po sa disgrazia
sopra I titoli lunghissimi chi è suzeria in Casteddu; arrutus de unu palazzu de terzu pianu, de sa
di tre cantzonis guarnissa; su 1905 su 19 de austu a mesudì mancu 20 ia causau dannu meras.
pubblicate su foglio Vittime: Dessi Michele d’anni 41 da Quartu S. Elena, Piacentino Enrico d’anni 42
a stampa ai primi del e Sanna Adolfo d’anni 21, da Cagliari, Chiama Carletto d’anni 6, Soddu Vincenzo
Novecento. (moribondo) d’anni 15, tutti da Cagliari; la CANZONI SARDA Po una disgrazia
suzedida ad Antoni Peppi Pisanu da dì 4 de Ognissantu s’annu 1876 bessidu de
domu de sa sposa Ddianta sparau po una brufidia de su sorgu e de sa sorga,
cun sa bixina, si fudi bistu arruttu senza s’accattai; o infine la CANZONI SARDA
Intitulada po una mulleri chi ah!... traisxiu su propriu maridu mentras andàda
continuamenti ah! visitai una gommai de battisimu è….! si dda intendiara cun su
fradi de sa gomai è su maridu dd’at cassara propriu in su fattu……..! ecc. ecc..
In altri casi, la cantzoni viene indicata semplicemente attraverso la citazione dei
primi versi, come nel caso della cantzoni di Francesco Orani-Casanova Cristianu,
pensa, chi deppis risorti, / De una putzada, sola, de pruini.
Enciclopedia della musica sarda
Cagliari nell’Aprile del 1899 (il foglio della cantzoni trasuda l’entusiasmo filo-
monarchico del suo estensore fin dall’”Evviva – Savoia – Evviva!!!” che campeggia
a gran caratteri in testa al foglio).
E ci sono cantzonis che raccontano episodi che, in un modo o nell’altro, fanno
discutere, in città e nei paesi, come la CANZONI SARDA Intitulada po is ischerzus
chi hanti fattu in Casteddu, in is Purcissionis de Xira Santa, su bintinoi de Marzu,
annu milli noixentus quatturu.
Cantzonis d’amori
Un altro ramo assai ricco è quello delle poesie di genere
amoroso. La più nota è senz’altro la cantzoni a torrada A sa
chi amu, di Efisio Loni, meglio nota come Is biundus pilus.
Ma ve ne sono molte altre, tra le quali alcune di Giovanni
Broi (la Serenada di amori per la prima moglie Gina Dessì,
del 1928, o l’Elogius a una picciocca del 1929, che ha vari
punti di vicinanza con la cantzoni di Loni), del monserratino
Enea Danese (la Serenata in calce al libureddu relativo alla
gara poetica svoltasi a Selargius il 18 Marzo 1961), del
cagliaritano Ubaldo Lai (il “Canto d’amore” intitolato Morgiu
po tui bella pubblicato in calce al libureddu con la trascrizione
della gara poetica tenutasi a San Sperate il 19 Luglio 1974).
Cantzonis po mali
Specchio in negativo delle poesie di genere amoroso sono,
nella maggioranza dei casi, le cosiddette cantzonis (o
gòcius) po mali, cioè poesie scritte con il deliberato intento
di offendere o diffamare determinate persone. In molti casi,
le “vittime” di tali atti erano donne e la causa scatenante
della derisione o dell’aggressione verbale era il rifiuto da
esse dato alle profferte amorose dei pretendenti. Ma anche
altri casi eclatanti (o semplicemente esilaranti) potevano
essere lo spunto per cantzoni di offesa di questo tipo, tant’è
130 vero che ancora oggi è viva l’espressione ponni cantzoni
(“scrivere una canzone”, a proposito di particolari persone,
avvenimenti o comportamenti) per indicare la censura verso
comportamenti ritenuti socialmente riprovevoli. Tuttavia, al
di là dell’espressione codificata, l’usanza è oggi
sostanzialmente caduta in obsolescenza, con la significativa
eccezione dei gòcius satirici composti e spesso “lasciati” da
mani ignote in luoghi pubblici in occasioni di accese
campagne elettorali. Ma un tempo le cantzonis erano uno
strumento di offesa straordinariamente potente e
pericoloso, tanto da essere condannate dalle leggi e da
essere anche oggetto di specifici provvedimenti giudiziari
(vedi scheda di approfondimento Le canzoni infamatorie…,
in questo volume).
Dibattiti e dialoghi
Le cantzonis, infine, sono uno strumento per la polemica.
132 Tra le più note, in questo senso, si ricorda la cantzoni di
Fideli Lai Is castangeris (“I venditori di castagne”), che si
colloca nella cornice del plurisecolare confronto interno alla
Sardegna fra Cab’e susu e Cab’e giossu (“Capo di sopra” e
“Capo di sotto”). Di diversa natura, ma ispirate anch’esse
all’idea del “confronto” fra posizioni, sono i numerosi
“dialoghi” in poesia che hanno assunto la forma di
cantzonis, come quelli fra Omini e Femmina della Canzoni
sarda intitulada po unu giovuneddu e una giovunedda chi si
stimant’a pari di Luigi Soro del 1899 e della Canzoni sarda
ititulara po unu giovunu chi boliara fai a isposu e sa genti po
gelosia di narara mali chi fia carrigu de depirusu e chi
teniara mali naturali e sa sposa no du boliara e a forza de
tanti abati si funti sposau di Emanuele Mosino (senza data).
Un “catalogo” aperto
Quello che si è fin qui delineato non è un “catalogo”, se non
approssimativo e di primo indirizzo. Ossia, non ha né le
pretese di rigore formale e di esaustività di una tassonomia,
sopra Omero Atza (in né l’intento di coprire per intero il campo dei contenuti delle
alto) e Federico (Fideli) Lai cantzonis, ove mai sia possibile tentare un’operazione del
(1916-2009), poeti genere.
improvvisatori e autori di
Non solo, infatti, la collocazione delle cantzonis sotto l’una
cantzonis.
o l’altra etichetta fra quelle qui utilizzate è sovente incerta
e malferma; ma vi sono terreni che, seppure meno battuti
di altri, trovano ogni tanto interessanti spiragli. Un solo
Canto a chitarra
sotto Gòcius profani, dal titolo esempio, ma illuminante: la cantzoni di Giovanni Broi dedicata a “Troia e Roma”,
evidentemente canzonatorio, dedicati pur non potendo essere considerata rappresentativa di un vero e proprio “filone”
al vino e pubblicati in forma anonima storico, dimostra la flessibilità del modulo della cantzoni e l’apertura potenziale
dalla Stamperia Arborense di Oristano
a una mole praticamente inesauribile di campi tematici e contenuti specifici.
(senza data). L’“Oremus” in calce al
foglio recita: “Vinum tuum,
quaesumus Bacce, ventribus nostris
infunde, ut laeti semper vivere I gòcius profani
possimus. Per Baccum gaudium Un discorso a parte meritano invece i testi dei gòcius e dei mutetus. Nel caso dei
nostrum. – Amen.” gòcius, il filone dominante è quello della satira. In alcuni casi – come nel testo di
Enea Danese proposto da Dolores Dentoni nel CD Canto a chitarra 2 – i gòcius
affrontano tematiche di tipo sociale. In ogni caso, nei gòcius “profani” si legge, in
filigrana più o meno nascosta, il marchio di origine, ossia la parodia di un testo di
lode e acclamazione (nel caso dei “veri” gòcius, quelli religiosi, la poesia e il canto
magnificano la Madonna, un santo o una festività religiosa). L’antifrasi è implicita:
nel passaggio dal sacro al profano, l’Osanna si muta in critica, biasimo o sberleffo.
Mutetus frorius
I testi dei mutetus coprono uno spettro ampio di temi, con al centro l’argomento
amoroso, e possono essere tradizionali e memorizzati (mutetus imparaus) o
improvvisati, e anche usati nell’ambito di gare poetiche. In quest’ultimo caso,
l’argomento dei mutetus è determinato dal tema scelto dai poeti contendenti. In
ogni caso, peraltro, è necessario ricordare che la caratteristica bipartizione
metrica e tematica di questo tipo di componimenti implica una definizione
tematica legata per lo più alla parte contenutisticamente centrale dei mutetus,
cioè la sezione chiamata cobertantza, mentre la sezione di apertura (la sterrina), 133
pur essendo anch’essa soggetta a vincoli di carattere stilistico, è molto più libera
dal punto di vista dei temi trattati. Riprenderemo il discorso più avanti, quando
prenderemo in esame la metrica del componimento.
Mutetus a trallallera
I mutetus a trallallera sono cantati in occasioni festose. Anch’essi possono essere
memorizzati o improvvisati. Nel primo caso, viene spesso meno lo iato tematico che
caratterizza i mutos e i mutetus, e la
stessa esecuzione spesso non
avviene con la tipica articolazione in
sterrina e torradas, ciascuna chiusa
dal coro che canta il Trallallera
(come nel brano presente nel CD
Canto a chitarra 2, traccia 15), ma
nella forma di una quartina eseguita
senza ripetizioni e conclusa dal coro.
a sinistra Donne in
costume tradizionale su una
tracca (carro) durante la festa
di S. Efisio a Cagliari e, sopra,
copertina della audiocassetta
con un contrasto poetico
a mutetus frorius cantato da
Enea Danese e Paola Dentoni.
Enciclopedia della musica sarda
Metrica
Le forme metriche in uso nel canto campidanese dimostrano il rigore di quella che
l’antropologo Alberto M. Cirese definiva “civiltà metrica sarda”.
Incipit e conclusione
Le cantzonis a curbas hanno talvolta altri elementi metrico-
testuali che ne consolidano la struttura. In particolare,
l’esordio e la conclusione di alcuni componimenti
presentano un tipo di strofa diverso dalla serie di curbas che
ne costituisce la parte centrale. Spesso la prima strofa
(indicata, a seconda dei casi, come “introduzione”, “torrada”,
“prima torrada”, “ritornellu”, “prima curba”) è costituita a
sua volta da una strofa di uno o più distici, con rima alterna
(la seconda, peraltro, sempre omogenea con quella finale di
tutte le curbas). Nello stesso testo a stampa viene talvolta
esplicitato che questo testo, o spesso uno dei distici che la 135
compongono, deve essere ripetuto durante l’esecuzione al
termine di ciascuna curba. Un esempio di torrada iniziale è
nella cantzoni di Efisio Pintor Sirigu che parte con il distico
Pilloni chi sesi de tantis e tantis / Non serbit chi cantis;
torradind’andai. Nel caso della cantzoni a curba di
Francesco Farci presa precedentemente ad esempio, la
torrada di chiusura di ciascuna strofa è invece costituita da
un distico (Candu ndi suspirat cun pena e dolu / Ma Gesus
consolu ddi sad adonai ) che non è estrapolato da una strofa
specifica. Alcune cantzonis, infine, hanno anche una strofa
conclusiva (indicata generalmente come “ultima torrada”)
che ha la stessa struttura a rime alterne della prima torrada.
Cantzoni a torrada
Una struttura metrica più articolata è quella delle cantzonis
a torrada. Anche in questo caso, l’incipit e la conclusione
sono realizzate con strofe in doppio senario, normalmente
a rima alterna (come nel caso della celeberrima “A sa chi
amu”, di Efisio Loni: Sa dì chi po prima borta t’appu bista /
sopra Antonello Pau, Subitu su coru miu hat palpitau / Diva creatura chi a sa mia
chitarrista campidanese vista / Un’angelu certu est chi t’àt presentau) oppure nella
e, in alto, Emanuele Saba,
forma con rimalmezzo (come nell’altrettanto celebre
poeta improvvisatore
e autore di cantzonis Cantzoni de su caboniscu, attribuita a Efisio Pintor Sirigu:
accompagnato da Giancarlo Mei Tengu unu caboni de sa vera casta / Bista sa puddasta -
alla chitarra. sindi fai’ meri / Mi fai prexeri su dd’essi acchistau).
Enciclopedia della musica sarda
RIMA
Attentu, Callellu-attentu A
Ti racconto de Tui, sa Storia B
E imprimia in sa memoria B
Tenidda po annus-centu A
Non ti vantu po talentu A
Ma! Però ses curiosu Y
Dogn’annu, de su Fuettu X
Tidda sfranchis Cani-tingiosu Y
RIMA
Ita not’’e lugori A
In su campu froriu B
Ap’incontrau ‘nu frori A
Pròpiu de gèniu miu B
a sinistra Trascrizione
musicale di un mutetu a trallallera
tratta dal volume Mutettus
cagliaritani di Raffa Garzia,
Bologna 1917.
Enciclopedia della musica sarda
Cadorna su generali C
Sardìnnia terra ospitali C
sotto Marco Melis, poeta Cun totu generosa B cobertanza
improvvisatore e autore
di cantzonis. E puru ses mali bista A
Nuclei tematici
La bipartizione in due sezioni, in Campidano indicate
generalmente come sterrina (o sterrimenta) e cobertantza
(o rima), è una caratteristica di rilievo nel mutetu froriu,
come pure, come si diceva in precedenza, della
maggioranza dei mutetus a duus peis (“a due versi”), e in
generale in tutti i componimenti che rientrano nella
famiglia dei mutos e dei mutetus. Ciascun mutetu sviluppa
due argomenti diversi e irrelati; di questi, quello sviluppato
nella cobertantza (cioè nella seconda parte) rappresenta il
tema centrale, il “cuore” del componimento dal punto di
vista tematico, mentre il soggetto della sterrina costituisce
un argomento complementare e del tutto svincolato rispetto
al primo. Nel caso del mutetu preso ad esempio, il tema
della “Sardegna incompresa” è affiancato dal tema
“Generale Cadorna”, senza che vi sia fra i due alcun nesso
sotto il profilo del contenuto.
Canto a chitarra
Le canzoni infamatorie
nella Sardegna del passato
Poesia e comunicazione
La vastità del fenomeno della poesia estemporanea in Sardegna è stata
spesso sottolineata in particolar modo in riferimento al gran numero dei
poeti improvvisatori presenti si può dire in ogni villaggio dell’isola. È facile
pensare come una società dominata dall’oralità potesse favorirne la
nascita, a maggior ragione ove si tenga conto che poesia e canto erano
nel passato i più efficaci mezzi di comunicazione sociale. È con le canzoni
per esempio che venivano tramandati e divulgati i fatti salienti o gli eventi
più eclatanti di una certa comunità (inondazioni, naufragi, siccità,
invasioni di cavallette per un verso, ma per altro verso incursioni
saracene, episodi di cronaca nera, rivolte popolari): in pratica svolgevano
il ruolo degli attuali mass media, e nell’ambito della vita dei nostri villaggi
venivano, fra l’altro, impiegate per dare l’ostracismo a comportamenti
eccentrici o comunque dissonanti dai modelli di vita comunemente
accettati e di norma sottoposti a un rigido controllo sociale.
140
Un rigido controllo sociale
Ne è, fra l’altro, chiaro sintomo lo stesso abbigliamento degli abitanti dei
nostri paesi, che risulta uniforme per tutti al loro interno, ma allo stesso
tempo è specifico per ciascuno di essi, differenziandosi da quello degli
altri villaggi. Chi scantonava dalle consuetudini ancestrali correva il serio
rischio di venire messo in ridicolo, perché non mancava un compaesano
dalla facile vena poetica che gli indirizzava qualche canzone di scherno o,
come si diceva in sardo, ddi poniant gòcius. I gòcius, come è noto
venivano composti in onore dei santi, a mo’ delle laudi sacre, ma
all’occorrenza venivano utilizzati anche per farsi beffe del prossimo.
Nell’area meridionale della Sardegna era comune ricorrere in alternativa
anche a is cantzonis a curba dal caratteristico verso dodecasillabo,
accompagnate dal suono delle launeddas o dalla chitarra.
Cantzonis po mali
Al di là della funzione di controllo sociale queste composizioni servivano
anche per colpire i propri avversari, per punzecchiare persone antipatiche
o per vendicarsi di torti ricevuti. E allora entriamo nell’ambito più
propriamente delle canzoni infamatorie o cantzonis malas come diceva
il popolo, che le autorità cercavano di reprimere, anche per l’accentuata
sensibilità che nel passato le persone sentivano per il proprio onore.
Molto illuminante in proposito un pregone viceregio del 10 Luglio 1598
(Archivio di Stato di Cagliari, Antico Archivio Regio, Vol. C, c. 39) che
sopra Versi diffamatori vietava di andare in giro a dire “insolenze” con chitarre o altri strumenti
allegati agli atti del processo musicali. Col tempo troviamo anche un proliferare dei cosiddetti libelli
di Silanus del 1830. infamatori, scritti spesso in forma di poesia, che venivano fatti circolare
Approfondimento
Metafore e allusioni
Ciò che invece costantemente si verificava era la forma anonima in cui
queste composizioni circolavano; non per nulla c’è un modo di dire in
Sardegna, che afferma come il diffamatore facilmente è destinato a finire
in prigione o colpito da una fucilata. Per lo stesso motivo è dato osservare
il prevalere di metafore e toni allusivi, ma se è vero che questi obbedivano
a una esigenza di camuffamento, è anche vero che per altro verso proprio
il parlar figurato era apprezzato dalle masse perché denotava finezza di
concetti e abilità oratoria, un po’ come succedeva nelle gare poetiche
degli improvvisatori dove queste doti rifulgevano ancora di più. (C.P.)
La vita
Pintor Sirigu nasce a Cagliari, nel quartiere di Stampace, nel 1765. Viene
battezzato il 10 ottobre nella chiesa di S. Anna con i nomi di Efisio Luigi
Francesco Antonio Michele. Il padre, Juan Estevan, era di origini oranesi.
Dalla madre, Filippa Sirigu, mutuò il suo secondo cognome, seguendo
l’usanza spagnola – ancor oggi osservata in Spagna – di trasmissione sia
del patronimico che del matronimico. Efisio Luigi era fratello minore di
Bernardo e forse proprio per questo, più che per la sua altezza di cui nulla
si sa, venne soprannominato Pintoreddu; entrambi erano avvocati e se il
soprannome è un mezzo di identificazione, in questo caso tale mezzo era
ancor più necessario data l’identità di professione tra i due.
Il fondo Ballero/Sanjust
Aspetti redazionali
Le canzoni sono stampate su fogli di varie dimensioni, da circa 31, 35 cm
di lato fino a 50 cm. Il testo è disposto su più colonne, da due a cinque a
seconda delle dimensioni del foglio. Spesso sono presenti cornici ornate
ma solo di rado sono presenti figure o altre decorazioni. La canzone è
introdotta dal titolo (che riporta l’argomento della stessa: (Canzoni sarda
po… / Canzoni sarda intitulada etc.). Le singole strofe (curbas, torradas)
sopra Foglio volante
sono normalmente numerate con l’indicazione dell’ultima curba o
a stampa di una cantzoni
di Francesco Cossu. torrada. Sempre presente è il nome del tipografo che ha stampato il
foglio.
Gli autori
Particolarmente utili sono le indicazioni riguardanti l’autore, la sua
provenienza, il fatto che sia “letterato” oppure analfabeta. Altrettanto
significativi sono gli avvertimenti apposti in margine ai fogli per
proteggere l’opera del poeta. Per esempio, Pasquale Lai Simbula di
Cabras alla fine dell’Ottocento fa notare che «trovando ad un altro
rivenditore copie della presente gli verranno sequestrate e punito a
termini di legge»; nel 1892 Luigi Marras, improvvisatore di Cagliari,
appone a una sua composizione questo sibillino avvertimento: «Questa
mia firma impone a qualsivoglia improvvisato o improvvisatore di non
togliere copie questi cantanti ambulanti e proibisco anche la propria
stampa come resta stabilito dalla vigente legge». In un altro avviso, un
poeta di Iglesias così scrive in un foglio del 1894 che si presta a realizzare
canzoni per conto terzi: «Compositore Cossu Francesco d’Iglesias,
suonatore d’organetto, domiciliato in Cagliari. Compagno ed aiuto per
cantare: Soro Luigi di Terralba. Trovando un altro rivenditore in possesso
Approfondimento
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In molti fogli sono altresì presenti rimandi all’uscita di altre opere dell’autore.
Un esempio fra i tanti quello di Francesco Orani Casanova che in un
componimento del 1906 fa presente: «Farà seguito un componimento coniugale
col titolo: Espressionis-Sentimentalis chi qualunque fortunau maridu potzat
pronunziai a sa sua costanti mulleri». (R.M.)
145
Le sue cantzonis
Francesco Farci “Secondo” scrisse numerosissime cantzonis (siamo in possesso di
almeno 46 titoli), alcune delle quali sono ricordate ancora oggi. La più conosciuta è senza
dubbio Su motociclista, brano cantato molto di frequente da cantadoris e appassionati
e molto richiesto dal pubblico. Altre sue cantzonis assai note sono: A gomai mia, A su
ferreri, Sa domu noa e Su mandroni. Questi componimenti si caratterizzano tutti per
146 una notevole vena ironica e uno spiccato spirito umoristico: i testi sono arguti e vivaci e
l’effetto comico che il poeta si propone di suscitare tra il pubblico è immediato. Farci
“Secondo” si cimentò anche in generi differenti. Ne sono un esempio le due cantzonis
di genere cronachistico Sa stragia de Castiadas e Sa cundanna de is fradis Utzeri,
entrambe riguardanti un fatto cruento, la famigerata strage che avvenne il 16 febbraio
del 1952 a Castiadas. Non sono questi gli unici casi di cantzonis composte con l’intento
di raccontare o commentare fatti di cronaca.
sopra Frontespizio
di un libureddu con alcune
cantzonis composte
da Farci II e, in alto,
Francesco Farci II.
I grandi del passato
Antonio Dentoni
Antonio Dentoni,
Un maestro di chitarra
Nato a Selargius nel 1933, sebbene sia stato un grandissimo chitarrista, non sembra chitarrista di
aver ereditato il “dono” dalla famiglia, nella quale solo la madre aveva un certo interesse Selargius, è stato
per la musica ed era solita improvvisare mutetus durante le attività lavorative nei campi, un punto di
pratica a quel tempo molto comune. Sappiamo che la passione per la chitarra ha riferimento per la
accompagnato Antonio Dentoni fin da giovane, infatti in una fotografia ancora oggi gran parte dei
gelosamente custodita dalle figlie Paola e Dolores, entrambe cantadoras, viene ritratto chitarristi
mentre imbraccia una chitarra già all’età di 16 anni. Sempre in giovane età venne invitato campidanesi.
a Radio Sardegna per eseguire una versione strumentale del ballo sardo.
Autodidatta tenace
Nonostante abbia preso qualche lezione da Nanni Serra, altro importante
chitarrista campidanese, Dentoni era un autodidatta e imparò a leggere la
musica solo quando ormai era già diventato un suonatore esperto. I figli
raccontano che tutte le mattine era solito alzarsi alle 4 per suonare,
cimentandosi con pezzi di ogni genere. Oltre ad accompagnare is cantadoris
nelle piazze, Dentoni ha elaborato una versione personale de su ballu
campidanesu, da lui trascritta su pentagramma, e sviluppato un brano 147
conosciuto col titolo di Mattinata Cagliaritana, che per anni ha proposto al suo
pubblico e che ancora oggi viene eseguita magistralmente dal figlio Romeo.
Registrazioni
Purtroppo le registrazioni di Antonio Dentoni sono davvero poche, e in
prevalenza riguardano occasioni “ufficiali”, mentre non si ha nessuna
documentazione di quello che lui eseguiva in casa, brani che, come ben
ricordano i figli, mettevano in risalto le sue straordinarie capacità. Oggi è
possibile ascoltare la musica di Dentoni in poche rare incisioni: una
musicassetta, registrata a Roma, in cui accompagna Maria Serra e Fideli Lai
che cantano Sa cantzoni ‘e su canariu e Is gòcius de Sant’Ignàtziu, una seconda
in cui la stessa Maria Serra interpreta una cantzoni composta da Pepùciu Loni
e dedicata a Gigi Piras, bomber del Cagliari attivo tra gli anni settanta e ottanta.
Una terza incisione lo vede invece accompagnare Enea Danese e la figlia Paola
in alcune versadas.
Lo stile a pizzico
Antonio Dentoni è stato uno degli esponenti più autorevoli dello stile di
accompagnamento a pizzico. Nonostante nei palchi si fosse già imposta la
tecnica a plettro, lui era solito affermare che, poiché aveva cinque dita, per
suonare doveva usarle tutte! Il suo stile viene oggi riproposto dal figlio Romeo sopra Antonio Dentoni.
che, a seguito della prematura scomparsa del padre nel 1993, ha continuato a Nella foto in alto, si noti
l’inusuale posizione della
perfezionarsi attraverso l’ascolto delle registrazioni. Maestro e modello da
mano sinistra adottata
imitare per tanti chitarristi, Antonio Dentoni lascia nella musica campidanese dal chitarrista in alcuni
un’impronta notevole, sviluppando al massimo la tecnica ad arpeggio e particolari passaggi
arricchendo l’accompagnamento sia delle versadas che delle cantzonis. (D.M.) strumentali.
I grandi del passato
Sandrino Pau
Sandrino Pau
Una passione di famiglia
di Quartu Sandrino Pau, nato a Quartu Sant’Elena nel 1938, ha respirato la poesia e il canto
Sant’Elena, campidanese fin da bambino. Suo padre Mario cantava cantzonis e improvvisava sia a
recentemente versus che a mutetus, così come lo zio materno e il fratello minore. Ha trasmesso la sua
scomparso, è passione anche al figlio Antonello, divenuto oggi il più importante e virtuoso chitarrista
stato uno degli campidanese. Con il figlio e il padre ha condiviso la sua passione per decenni, facendo
interpreti di diventare il canto campidanese il principale collante per le tre generazioni dei Pau.
cantzonis più
amati tanto per Il canto di compagnia
la sua bella voce Nel divertirsi in compagnia con gli amici stava per Sandrino il senso del canto. Da
quanto per giovane ha conosciuto e frequentato is magasinus, rivendite private di vino molto comuni
la sua capacità in tutti i paesi del Campidano (e ormai quasi scomparse), usuale ritrovo per gli amanti
di divertirsi del canto e della poesia improvvisata.
in compagnia. Senza mai trascurare la moglie e gli otto figli Sandrino, operaio comunale al comune di
Cagliari, negli anni successivi ha continuato a coltivare la sua passione: un compleanno,
una fidanzamento o una cena tra amici erano sempre una buona occasione per stara
assieme e divertirsi cantando cantzonis o improvvisando versus. Al suo fianco non
148 mancava mail il figlio, che ancora oggi divertito racconta: “quando avevo sedici anni ed
era fidanzato con la mia attuale moglie, il sabato sera babbo e nonno venivano a cercarmi
in piazza IV Novembre per portarmi con loro a qualche “spuntino”. Mi dicevano sempre:
su sàbadu est po nosus, su domìnigu po is piciocas (il sabato è per noi, la domenica per
le ragazze)”.
Le sue due altre grandi passioni, la pesca e la caccia, spesso erano al servizio del canto;
non era raro infatti che si presentasse alle feste a cui era invitato con quantità
spropositate di cozze o di ricci pescate appositamente il giorno prima.
Le poche registrazioni
Per Sandrino cantare era prima di tutto una passione e un divertimento. Ebbe comunque
occasione di lasciare traccia della sua arte. Cantò a Radio Sardegna accompagnato da
Antonio Dentoni, e in diverse radio locali. In tempi più recenti ha registrato una cassetta
di gòcius profani accompagnato dal figlio Antonello. La sua voce può essere ascoltata
anche nel CD allegato al libro L’arte de is mutetus di Paolo Zedda e nel CD Passu ‘e
tresi del suonatore di launeddas Andrea Pisu.
sopra Sandrino Pau Sandrino abbandona questo mondo nel 2009, lasciando in tutti quelli che lo hanno
assieme al figlio, conosciuto il ricordo di una voce bella, potente e melodiosa, e di un uomo amante del
il chitarrista Antonello e, canto e della buona compagnia. (M.L.)
in alto, un suo primo piano.
Antonello Pau accompagna
una cantzoni di Antonio Pani,
sullo sfondo.
Approfondimento
Antonio Canu
La prima di queste traccie riteniamo di averla individuata in un poema
del 1437, che risulta essere anche il documento letterario più antico in
Lingua sarda (Logudorese), ispirato ai santi martiri turritani Gavinu, Protu
e Januario, scritto da Antonio Canu, Vescovo di Torres e di Bisarcio, e dato
150
a destra Componimento
con metro doppio senario
riportato da Matteo Madau
nel suo libro “Le Armonie de'
sardi” (1787).
Approfondimento
alle stampe solo nel 1557. In questo poema rileviamo un aspetto estremamente
singolare che è comune, anzi, assolutamente funzionale e organico anche alla
cantzoni a curba. Il poema del Canu risulta essere, infatti, uno dei primi esempi
di canto narrativo destinato principalmente alla divulgazione dei principi etici e
cristiani, associato alla versificazione in doppio senario: canto narrativo e doppio
senario che costituiscono, appunto, una componente metrico-semantica della
stessa cantzoni a curba.
Valutazioni critiche
Autori quali Martini, Wagner e Alziator espressero giudizi molto negativi sulla
metrica utilizzata dal Canu ritenendola irregolare e “insufficiente”. Fu Leonardo
Sole, in tempi più recenti, a smentire questi autori, seppure accreditati, definendo
perfettamente regolare quella metrica anche nei versi apparentemente
anisosillabici e affermando che gli stessi versi, comunque, avevano la funzione
principale di essere cantati per facilitare la memorizzazione del messaggio
cristiano.
Finalità narrative
La novità degli schemi metrici introdotti dal Canu avevano, pertanto, una finalità
e un obbiettivo ben preciso: la rima e la metrica utilizzate erano le chiavi di 151
accesso per facilitare una più agevole memorizzazione dell’insegnamento dei
valori cristiani, ed erano strettamente funzionali al canto e al suo andamento
ritmico più che alla esasperata perfezione sillabica.
153
La koinè campidanese
La varietà linguistica utilizzata da is cantadoris campidanesus e ne is
cantzonis è da considerarsi una koinè letteraria. I poeti, siano essi
improvvisatori o autori di cantzonis, tendono a utilizzare forme
linguistiche comuni interne alla varietà Campidanese o anche forme
“ripulite” da fenomeni tipici delle parlate “rustiche” o ancora forme
considerate letterarie che non si utilizzano comunemente nel parlato. Si
può intuire che questa necessità sia nata per scopi comunicativi in
ragione della frammentazione della lingua sarda in numerose sub
varietà, per motivi storici e per via del mutare spontaneo delle lingue. Per
favorire l’intercomunicabilità un parlante sardofono tenderà a usare
forme comuni abbandonando spontaneamente i localismi della parlata di
origine, che potrebbero nuocere alla comprensione reciproca.
Arcaismi e forestierismi
Specie le cantzonis più antiche sono
ricche di arcaismi o termini oggi desueti
che sopravvivono cristallizzati nei testi,
così come di forme verbali pressoché
scomparse o di scarsissima diffusione.
Esempi possono essere l’utilizzo del
passato remoto (issu andeit invece di issu
fiat andau), il verbo ai (avere) per indicare
possesso (“dònnia beni e dònnia donu apas
in domu e in bia” ), oggi sostituito da tenni.
Non mancano nella koinè letteraria gli
iberismi, dal castigliano e dal catalano,
notissimi e che continuano a vivere anche
nel parlato (pregontai, cast. preguntar, itl.
domandare; safata, cat. safata, itl. vassoio),
e neppure i francesismi, buchetu (fr.
bouquet, itl. mazzo), boscieri (fr. boxeur, itl. 155
155
pugile), sciaferru (fr. chaffeur, itl. autista).
Attualmente tanto gli iberismi quanto i
francesismi sono in via di sostituzione con
gli italianismi, a causa dell’introduzione
dell’italiano in Sardegna e della sua
diffusione tra la popolazione oltre che nei
mezzi di comunicazione di massa e nella
scuola. Appare invece minima la
penetrazione degli anglismi sia nel parlato
sardo sia nella koinè letteraria, per ora
ridotta solo a termini tecnici o di diffusione
internazionale come computer, sport ecc.
Da qualsiasi angolazione la si voglia
osservare, la koinè appare in progress, in
continuo divenire e rappresenta la fucina
ideale per il rinnovamento della lingua
nella modernità dell’oggi. (I.Mu.)
sopra Frontespizio
del Saggio di grammatica
sul dialetto sardo
meridionale di Vincenzo
Raimondo Porru (1811).
Approfondimento
156
Sa stragi de Castiadas
Il fatto
La strage di Castiadas. Così è ricordato il tragico evento che il 16 febbraio
1952 sconvolse il Sarrabus: l’assassinio di una donna, Giulia Puggioni, e
dei suoi quattro figli. Era la famiglia di Antonio Arcadu, guardia giurata
della colonia penale agricola di Castiadas. La sua casa rurale, in località
Piscina Mendula, uno dei piccoli borghi in cui è frazionato il territorio di
Castiadas, fungeva saltuariamente da spaccio alimentare. Proprio con il
pretesto di acquistare del vino, due malviventi si introdussero
nell’abitazione, ghermirono la donna e si fecero consegnare fucili e
denaro e, per non essere denunciati del furto, la uccisero. Poi si
avventarono contro i piccoli Emerenziana, Paolo, Francesco e Giovanni,
accorsi alle grida della madre. Il padre fece rientro a casa solo quando il
delitto era già stato consumato, trovando la sua famiglia orribilmente
distrutta.
157
fissare nelle cantzonis questi fatti è una necessità, quasi un obbligo. Così sopra Il resoconto 157
scrive Oggianu nel suo testo: “In sa sarda storia è cosè registrai / è cos’è della strage nel giornale
registrai e liggi di continu / in su Sassaresu cantu in Casteddu”. Riviverli l’Unione Sarda del
20 Febbraio 1952.
tramite la lettura o il canto è un modo per superarli ed esorcizzarli. Ma,
oltre a questa funzione catartica, le poesie hanno anche una funzione
educativa. Nelle ultime curbas, infatti, i poeti interrompono la narrazione
per lasciare spazio a semplici insegnamenti morali, “simili trageria no
suzedat prusu / a deppi bociri po bolli furai” (Farci II).
I cantastorie
La circolazione delle cantzonis avveniva attraverso fogli volanti, la cui
vendita era spesso affidata a poeti cantastorie che si spostavano di paese
in paese per cantare i fatti della settimana. Alcuni di loro si definivano
cantastorie cronachisti, proprio per la specializzazione tematica delle loro
poesie. Uno di questi fu Salvatore Seu, cantastorie cronachista dal 1920
al 1970, originario di Villaputzu, che trascorse gli ultimi anni della sua
vita proprio a Castiadas. Nei giorni immediatamente successivi alla
strage, i cantastorie, e certamente anche Salvatore Seu, informarono le
piazze dei paesi della Sardegna della triste vicenda.
Molte persone, nel Sarrabus così come nel Campidano, ricordano di aver
appreso la notizia della strage dai cantastorie o di aver avuto tra le mani
un foglio volante sul tragico evento castiadese, e ne rammentano ancora
oggi qualche verso. In un periodo storico con un alto tasso di
analfabetismo e in cui giornali e radio non erano ancora alla portata di
tutti, le cantzonis e i cantastorie avevano un ruolo non marginale
nell’informare la popolazione e si ponevano come perdurante alternativa
alla stampa. (N.M.)
Approfondimento
158
Cantadoris e società
La diffusione del fenomeno della poesia di improvvisazione nella società
sarda del passato, nonché l’interesse particolare che l’ha sempre
contraddistinto, se da una parte deriva dal predominio dell’oralità vigente
nel nostro passato, dall’altra si spiega con il fatto che is cantadoris ne
seppero rappresentare valori, sentimenti e aspirazioni in un modo tanto
efficace da venire così assiduamente seguiti dalla gran parte della
popolazione. Certo essi furono interpreti del vecchio mondo agro-pastorale,
tal che Paul Zumthor nel volume La presenza della voce (Il Mulino, Bologna
1984, p. 271) sostenne che “passano a torto o a ragione per portavoce degli
oppressi”, anche se forse bisogna temperare opinioni troppo drastiche che
li vogliono tutti contadini o pastori e per giunta analfabeti.
Artigiani e negozianti
In realtà il panorama si presenta molto più variegato; soprattutto, già da
sotto Il fascicolo con gli atti una prima analisi, si vede come ben pochi improvvisatori siano
del processo contro Simone propriamente lavoratori della terra o allevatori: prevalgono invece artigiani
Nieddu per l’omicidio e negozianti. Fra i primi Raffaele Murgia, per esempio, il famoso Allicu ‘e
158
di Francesco Boi.
Seui, era calzolaio, Sarbadoricu Serra di Sinnai sarto prima e macellaio
poi, come pure Francesco Lai di Quartu, che era anche commerciante di
bestiame. Fra i secondi possiamo citare Giovanni Broi di Iglesias e
Mimminu Moi di Quartu, oltre al noto Cubeddu di Ozieri, decano dei poeti
logudoresi; in verità l’esercizio di questi mestieri favoriva scambi e contatti,
che ben potevano fornire esempi e spunti per i temi trattati nella gare
poetiche. Allo stesso tempo è emerso che accanto a improvvisatori
analfabeti ce ne furono invece altri che da autodidatti si erano formati una
certa cultura, in genere basata sulle sacre scritture o su racconti
agiografici. In ogni caso risulterebbe confermata la loro origine popolare,
senza però che ne derivi che si tratti necessariamente di poveri.
Il processo
Tutto iniziò quando, nel 1853, nelle campagne di Maracalagonis fu
rinvenuto il cadavere di una giovane donna, Maria Boi, cui fece seguito
l’assassinio del fratello Francesco.
Approfondimento
Le indagini portarono all’incriminazione di due giovani, amici del morto, certi Antonio Luigi Timpanari
e Antonio Cabras Caboi. Pare infatti che il Nieddu avesse una relazione con la ragazza e che il fratello,
per motivi d’onore, avesse determinato di uccidere i due amanti. Cominciò dalla sorella e poi passò a
predisporre le modalità per eliminare l’uomo, chiedendo la collaborazione del cugino Cabras e
dell’amico Timpanari. Sennonché quest’ultimo, figlioccio di Simone Nieddu, spifferò il progetto al
padrino, il quale avvalendosi del proprio ascendente e ancor più dei propri mezzi economici lo convinse
a uccidere il Boi con l’ausilio dell’amico Cabras, come di fatto avvenne. Gli esecutori materiali del delitto
furono giudicati colpevoli e condannati all’impiccagione il 5 settembre 1856; la sentenza, confermata
dalla Cassazione il 16 marzo 1857, fu regolarmente eseguita, nonostante la giovane età dei rei.
a fianco
La sentenza di
condanna
a morte nei
confronti dei due
esecutori
materiali del
delitto, Antonio
Cabras Caboi e
Antonio Luigi
La latitanza e l’assoluzione Timpanari di
Anche il Nieddu fu inquisito come mandante – saltarono fuori infatti dei testimoni che asserirono di Maracalagonis.
averlo visto incontrarsi con i due alla vigilia del delitto –, ma riuscì a darsi alla latitanza nei monti del
Sarrabus. Solo tempo dopo venne catturato per poi essere sottoposto a processo. Nonostante tutti gli
indizi fossero contro di lui e persino gli avvocati difensori gli dessero poche speranze, venne
clamorosamente assolto (agosto 1857). Certo in suo soccorso aveva chiamato due principi del foro del
tempo, come gli avvocati Onofrio Galletti, un patriota risorgimentale che per le sue idee dovette rifugiarsi
in Sardegna, e Giuseppe Palomba, uomo politico, che a più riprese ricoprì cariche pubbliche venendo 159
anche eletto al Parlamento nazionale. Ma probabilmente dovette pesare alquanto la deposizione del
reverendo Carta, viceparroco di Maracalagonis, che dando gli ultimi conforti della religione ai due
condannati Cabras e Timpanari, ne ricevette anche le confessioni. Essi scagionavano Simone Nieddu,
e in più autorizzavano il sacerdote a deporre al processo, sottraendolo al vincolo della segretezza della
confessione.
La versione popolare
Il popolo però diede una sua versione alternativa: egli avrebbe pagato i secondini perché lo lasciassero
in libertà una sola notte, dopo di che sarebbe tranquillamente rientrato in carcere. In tal modo poté
recarsi in paese, dove erano in corso i festeggiamenti del patrono S. Stefano, e senza farsi trovare nelle
vie più affollate, ma restando un po’ discosto, si sarebbe fatto comunque notare da diverse persone,
le quali ebbero a constatare con loro meraviglia che era tornato in libertà. Questo fatto sarebbe stato
sfruttato dagli avvocati difensori come prova della scarsa affidabilità del volgo, se si era spinto a
sostenere di averlo visto circolare per le vie mentre con tutta evidenza era in carcere. Lo stesso si
sarebbe potuto dire in riferimento a coloro che avevano asserito di averlo visto confabulare con i rei
Cabras e Timpanari alla vigilia dell’assassinio di Francesco Boi. Evidentemente si erano sbagliati
confondendolo con un’altra persona, che magari gli rassomigliava.
Continuità strofica
Sotto il profilo metrico, la cantzoni a curba è un componimento polistrofico
caratterizzato da una continuità logico-semantica che viene ribadita e avvalorata
in ogni strofa: a partire, infatti, dalla seconda strofa, il concetto espresso nel
sopra Raimondo Piras senario finale della precedente viene ripreso nel primo verso della strofa
(Quartucciu 1901-1978). successiva. Riportiamo, a titolo esemplificativo, due strofe di una cantzoni a
curba inedita, Po sa morti di Efisiu Loni, composta nel 1947 da Raimondo Piras
di Quartucciu in occasione della morte del grande improvvisatore di Selargius
Efisio Loni. Nella cantzoni è presente un ritornello di quattro versi a rima
alternata ed è evidente la “ricucitura” del messaggio – qui evidenziata in
160 grassetto – che avviene a partire dalla seconda strofa, con l’ultimo senario del
verso precedente.
La rima in cauda
Questa forma di canto ci offre anche un’altra peculiarità, fino ad ora mai
analizzata, che è rappresentata dalla costante terminazione vocalica in ai, o più
sopra Manoscritto della
cantzoni a curba scritta in raramente in au, dell’ultimo verso di ogni strofa. In tutte le cantzonis a curba
occasione della morte del poeta esaminate, infatti, l’ultimo verso si conclude con un verbo all’infinito presente,
improvvisatore Efisio Loni. nella maggior parte dei casi, o al participio passato. Siamo convinti che l’utilizzo
di una rima così semplice e addirittura banale risponda a una precisa esigenza,
Approfondimento
a sinistra frontespizio
delle Duas cantzonis sacras
del Canonico Luisu Matta (1895);
a destra: inizio della
prima cantzoni.
Poesia e canto
La citata rima finale sarebbe, pertanto, esclusivamente funzionale al
canto. Si tratta di un’osservazione che riteniamo attendibile in quanto
giustifica e certifica l’essenza stessa della cantzoni a curba che, come
scrisse Michelangelo Pira nel saggio Il canto come medium caldo delle
culture orali del 1975, “è originata dal canto, destinata al canto e
trasmessa nel canto”. (G.Pi.)
La voce dei protagonisti
Guglielmo Piras
Quartucciu
Attività di studio
Negli ultimi anni mi sono interessato ai canti della nostra tradizione e la mia
attenzione di studio si è rivolta principalmente in direzione del mutetu. Il mio auspicio
era quello di trovare le prove per dimostrare che il canto campidanese è riuscito a
mantenere il suo impianto arcaico. Recentemente mi sono dedicato anche allo studio
“Io purtroppo non ho ricevuto della cantzoni a curba, perché affascinato dalle complessità musicali e metriche che 165
il dono, ma ho preso si ritrovano all’interno della strofa e che ne fanno un canto unico nel suo genere. Ho
consapevolezza della provato a fare anche un’analisi sulla sua origine, che sembrerebbe risalire intorno
straordinaria bellezza del al 1437, quando il vescovo Antonio Canu scrisse un’opera ispirata ai tre santi turritani
nostro canto e mi sto e introdusse per primo il doppio senario. Probabilmente è da lì che furono messe le
adoperando in tutti i modi per basi per la cantzoni a curba. La sua struttura è inoltre funzionale al fatto che essa
cercare di salvaguardarlo, debba essere cantata, consentendo una facile memorizzazione. Mentre prima la
perché credo che non sia solo cantzoni a curba faceva parte del vissuto della gente, oggi sta subendo un lento
una tradizione ma un codice declino. Is cantzonis in passato erano eseguite in modo frequente anche perché gli
identitario della comunità.” improvvisatori alla fine della gara poetica cantavano, su richiesta del pubblico,
qualche cantzoni; negli ultimi anni, sebbene questa prassi non sia del tutto morta,
avviene meno.
Attività di promozione
Con l’associazione Su Tzinnibiri abbiamo ideato un concorso di poesia improvvisata
con lo scopo di dare visibilità ai giovani e di ridare consapevolezza alle comunità del
“Recentemente mi sono significato che ha la gara poetica. Su cantadori in passato rappresentava le istanze,
dedicato allo studio della le esigenze e i desideri della comunità, la quale però controllava a suo modo il poeta.
cantzoni a curba, perché Quando il ruolo della comunità è venuto meno, gli improvvisatori si sono presi delle
affascinato dalle complessità libertà che prima non avevano. Per questo motivo nel concorso abbiamo introdotto
musicali e metriche che delle schede di valutazione, la cui compilazione è stata affidata a un gruppo di
si ritrovano all’interno esperti, e in cui sono stati messi in risalto gli elementi caratteristici del canto
della strofa e che ne fanno improvvisato. L’esperienza del concorso è stata decisamente fortunata sia per la
un canto unico qualità generalmente espressa nelle esibizioni sia per la partecipazione numerosa
nel suo genere.” del pubblico. (D.M.)
Gli esecutori
Pino Cappai
Quartu Sant’Elena
Dolores Dentoni
Selargius
Paola Dentoni
Selargius
Is cantzonis Oltre che per le versadas Paola si esibisce anche con cantzonis,
generalmente evitando di cantare quelle di cronaca, sebbene
le piacciano tanto, perché sono molto tristi.
In passato ha cantato anche a mutetu longu ma poi, a causa degli impegni in
famiglia, ha dovuto abbandonare perché per il canto a mutetus la pratica continua è
fondamentale. In merito a questo genere poetico osserva: “a me entusiasma
tantissimo, tuttavia credo che per i giovani e le donne che si avvicinano al canto,
all’inizio sia più facile appassionarsi a is versadas, is cantzonis, is mutetus frorius e
su trallallera. Per apprezzare is mutetus longus è necessario più tempo”.
Il mutetu froriu La cantadora di Selargius è stata sul palco con grandi poeti come
Urru, Mascia di Sinnai, Mascia di Selargius, Loni, Cocco e Danese;
in particolare con quest’ultimo ha fatto molte gare a mutetus frorius.
Enea Danese è stato il principale promotore di questo tipo di mutetu sui palchi e ha
cercato di valorizzarlo quando rischiava di scomparire. Lei e Danese nelle gare
impersonavano spesso la donna e l’uomo oppure la giovane e l’anziano, contrasto
che era molto gradito al pubblico. In coppia con Enea Danese ha inciso due
musicassette, recentemente ripubblicate in CD. (D.M.)
Gli esecutori
Romeo Dentoni
Selargius
La passione Figlio d’arte si direbbe oggi, Romeo Dentoni è figlio di Antonio Dentoni,
nel sangue chitarrista noto in tutto il Campidano.
Ha iniziato a suonare all’età di sei anni e oggi ricorda quanto il padre sia stato
determinante per la nascita della sua passione in questi termini: “grazie a mio padre
ho conosciuto is cantadoris fin da piccolo, già dall’età di cinque anni, perché alcuni
improvvisatori si riunivano a casa mia per cantare e mio padre li accompagnava con
la chitarra. È così che mi sono appassionato alla musica sarda e alla chitarra in
particolare”.
Antonino Grifagno
Sinnai
Passione Tziu Antoninu nel corso degli anni ha preso parte a diversi concorsi
per il canto letterari ricevendo vari premi.
campidanese Infatti, oltre a esibirsi nelle versadas, è autore di numerosi componimenti poetici. A
Sinnai, ma non di rado anche nei paesi limitrofi, è facile vederlo esibirsi sia cantando 175
le sue cantzonis sia quelle scritte da altri poeti. Oltre alle cantzonis, pratica altri
generi di canto campidanese: versus, gòcius, mutetus frorius e trallallera.
Attualmente le occasioni in cui si esibisce, oltre alle feste in piazza, sono in
prevalenza compleanni, anniversari e incontri con gli amici.
Mariano Melis
Quartu Sant’Elena
Per quanto riguarda il proprio stile afferma: “è importante sviluppare uno stile personale;
nonostante abbia imparato a suonare da grandi maestri come Antonio Dentoni e Nanni
Serra, nel corso degli anni ho cercato di personalizzare il mio stile e di acquisire un mio
modo di suonare per non essere considerato la brutta copia dei miei maestri”.
I problemi Secondo Mariano sono diversi gli attuali problemi del canto a chitarra
attuali campidanese.
Il suonatore descrive la situazione odierna in questi termini: “attualmente nel
Campidano sono pochi i chitarristi che accompagnano le versadas nelle gare poetiche,
devo dire però che anche il numero delle cantadas è diminuito molto rispetto a quando
ho iniziato, perché mentre in passato alcuni paesi organizzavano circa sei feste
all’anno, adesso ne fanno al massimo due. Nonostante questo, io cerco ancora oggi di
impegnarmi per fare in modo che la nostra tradizione non scompaia del tutto, perché
devo ammettere che il rischio è reale. Quando ho iniziato a suonare io la passione per
il canto e la musica sarda era molto più forte e le occasioni in cui si suonava erano
molto più numerose. Oggi manca soprattutto lo spirito che c’era in passato”. (D.M.)
Gli esecutori
Giovanni Meloni
Nuraxi Figus
Rossano Mereu
Settimo San Pietro
Is cantzonis Inizialmente Rossano veniva invitato per esibirsi sui palchi con
is cantzonis. Le prime che ha imparato e proposto in pubblico
sono Totu a manu mia e S’angionedda, tratte dalla commedia
Sa coja de Pitanu del canonico Luisu Matta.
Successivamente ha iniziato a comporre nuovi testi poetici: “all’età di 17 anni ho 181
cominciato a scrivere cantzonis. Generalmente prediligo i temi tristi, mi attraggono
di più e con questi riesco a esprimermi meglio. Da poco ne ho dedicato uno a un
amico scomparso di recente”. Non mancano però cantzonis dedicate alla moglie, ai
partiti politici, alle squadre di calcio ecc. È inoltre autore di diversi gòcius. Un altro
genere che lo appassiona e a cui si dedica è su trallallera antigu. Secondo Rossano,
qualsiasi tipo di canto si coltivi, per salire su un palco è fondamentale avere il giusto
stato d’animo: “sono dell’idea che per cantare sia importante avere l’ispirazione. Per
questo io ho cantato sempre solo quando me la sono sentita, mai solamente per il
gusto di apparire”.
Luca Tiddia
Sinnai
Le esibizioni Il suo esordio ufficiale risale all’estate del 2006, in occasione di una gara
sul palco a versus per la festa di Sant’Elena a Sinnai. 183
Il modello Per Luca il modello di riferimento è Gino Benossa, uno dei più celebri
di Benossa chitarristi campidanesi degli ultimi tempi, al cui stile cerca di rifarsi.
Il chitarrista di Sinnai lo ricorda in questo modo: “secondo me è stato il migliore
chitarrista campidanese e credo che non ne nasceranno altri come lui, nonostante
ci siano anche oggi grandi chitarristi”.
La difficoltà Anche Luca, come la maggior parte dei cultori della musica
della musica campidanese, crede che le gare poetiche e is cantzonis
campidanese rischino di scomparire.
Infatti, riflettendo sulle condizioni odierne, osserva: “è difficile che un ragazzo che
suona la chitarra si appassioni alla musica sarda, e ciò è dovuto alla situazione in cui
oggi versa il nostro canto, soprattutto perché in passato le occasioni per imparare a
suonare a sa moda campidanesa erano molto più numerose”. Secondo il chitarrista
un modo per ridare vitalità a questa tradizione musicale potrebbe essere quello di
insegnare la lingua sarda come materia di studio fin dai primi anni della scuola,
perché uno dei motivi che stanno alla base del poco interesse dei giovani nei
confronti del canto campidanese è la scarsa conoscenza del sardo. (D.M.)
Guida all’ascolto CD
Canto a chitarra 2
Enciclopedia della musica sarda
cantori sardi (sulla vocale finale “u”). Questo tipo di oscillazione della voce è
caratterizzato da una notevole rapidità e da una ridotta estensione, e appare
dunque assai distante dal vibrato oggi dominante nel canto lirico.
Figura 1
Frequenza (semitoni)
Tempo (secondi)
Sa scala Per altri aspetti, lo stile della chitarra è invece apparentato con quello della
chitarra dell’area logudorese, o rimanda a caratteristiche che si ritrovano ovunque
in Sardegna, declinate nei vari generi, repertori, forme vocali e strumentali.
Uno degli stilemi che si ritrova sia nell’area campidanese sia in quella logudorese
è l’uso della scala come introduzione strumentale (o interludio fra gli interventi
di diversi cantori).
Percorsa in direzione ascendente e discendente sulla prima corda della chitarra,
su un basso stabile o alternato sul centro tonale di Re, talvolta con fioriture,
cromatismi e varianti, è uno stilema che è oramai da decenni uno dei “marchi”
dello stile chitarristico locale.
Enciclopedia della musica sarda
Figura 2
188 L’accordo Un altro elemento che accomuna la chitarra campidanese con quella logudorese e
di Re che possiamo apprezzare nelle esecuzioni proposte nel CD Canto a chitarrra
2 è la predilezione per la tonalità di Re. Il Re della chitarra campidanese è
sempre – e anche questo accomuna la chitarra del sud della Sardegna a quella
del nord – una nota in realtà assai più bassa rispetto a quella prevista
dall’accordatura standard. Ma è la sua diteggiatura (vedi figura 3) a determinarne
la definizione, non l’altezza assoluta dei suoni. L’accordo di Re maggiore è
l’omega (e spesso anche l’alfa) nel canto a chitarra in Sardegna: tutte le
esecuzioni terminano con questo accordo, su cui approdano dopo aver spesso
percorso altre tonalità, talvolta anche lontane.
Un’armonia La struttura dell’accordo di Re rende ragione della preferenza che gli viene data
perfetta e del fascino che esso esercita su chitarristi e cultori di musica sarda.
Lo si può ascoltare, ripetuto più volte, religiosamente, all’inizio di tutte le
esecuzioni a chitarra campidanese, o in chiusura delle sezioni cantate, a sancire
la tonalità di base, fulcro dell’esecuzione complessiva, e ad avvolgere gli
ascoltatori con l’equilibrio della sua struttura armonica, che lo rende più simile a
un’amplificazione di un suono di base che a un accostamento di suoni differenti.
Corde e voci La disposizione delle voci nell’accordo di Re è la stessa che si trova nella polifonia
vocale sarda. Nell’accordo principe usato dai cori detti a tenore e a cuncordu, i
rapporti intervallari fra le voci sono gli stessi che si realizzano nell’accordo di Re.
In questo senso, fra il prolungarsi delle voci che “gustano” l’armonia e l’equilibrio
fra le parti nel canto a più voci e la ripetizione rassicurante dell’accordo di Re
nella chitarra, c’è un tratto comune su cui l’acustica è in grado di dare conto.
Guida all’ascolto
Figura 3
189
La terza “giocata” Un elemento che caratterizza lo stile chitarristico campidanese riguarda l’uso
particolare di certi intervalli musicali. Un caso interessante è l’alternanza fra
l’intervallo di terza maggiore e quello di terza minore, con quest’ultimo utilizzato
come “contro-figura” del primo, a creare nel fraseggio una particolare tensione
espressiva. Nelle frasi musicali suonate dai chitarristi come intermezzo fra le
strofe, il “gioco” dell’alternanza fra i due intervalli è piuttosto frequente (vedi
figura 4), ed è soprattutto usuale nelle frasi (nodas) delle esecuzioni pensate
come accompagnamento del ballo. Il tratto, anche in questo caso, si inserisce in
un sistema e in un gusto già presenti in altre forme nell’ambito campidanese.
Enciclopedia della musica sarda
Figura 4
La figura 4 rappresenta l’alternanza fra terza maggiore e terza minore in una frase
di interludio eseguita da Giovanni Meloni. In evidenza l’uso della terza minore Fa
naturale (rettangolo a linea tratteggiata) in alternanza con la terza maggiore Fa diesis
(rettangolo a linea piena; nel CD Canto a chitarrra 2 - traccia 10, da 3’ 49’’).
a fianco
Romeo Dentoni suona,
190 con la tecnica a pizzico,
una ghitarra di tipo sardo,
uno strumento simile a quello
usato dai chitarristi
di stile logudorese.
Salto di tono Un altro elemento che merita di essere rilevato nell’ascolto della cantzoni a curba
è la modulazione con passaggio di tono che si realizza nella parte centrale della
strofa. Il passaggio dalla sezione a rime alternate della prima parte di ciascuna
curba alla sezione con rimalmezzo della seconda parte è segnato, nell’esecuzione
musicale, dal passaggio dalla tonalità di Do a quella di Re (vedi figura 5). Si tratta
di uno stilema musicale che si ritrova in vari generi di musica tradizionale sarda, con
attestazioni che risalgono alla prima metà dell’Ottocento.
Nella figura 5 il passaggio dalla sezione a rime alternate alla sezione con
rimalmezzo si associa, a livello musicale, a uno spostamento di un tono del centro
tonale (dal Do al Re, in termini di diteggiatura chitarristica; nel CD Canto a
chitarrra 2 - traccia 9, da 1’ 22’’ e traccia 10, da 0’ 48’’).
Guida all’ascolto
Figura 5
Do Sol
v. 1 EMISTICHIO 1 EMISTICHIO 2
Do
v. 2 EMISTICHIO 1 EMISTICHIO 2
Fa Sol
v. 3 EMISTICHIO 1 EMISTICHIO 2
La Re
v. 4 EMISTICHIO 1 EMISTICHIO 2
Ritmo e stile Sotto il profilo ritmico, la poesia cantata campidanese manifesta il ruolo
centrale che ha in essa il testo verbale.
Nelle esecuzioni di cantzonis, mutetus e gòcius non c’è il dinamico e sfuggente
equilibrio ritmico che si osserva nella poesia a versus accompagnata con la
ghitarra, e la griglia metrico-ritmica è qui affermata in modo netto. Resta
tuttavia un margine, più o meno ampio secondo il gusto e l’espressività di
ciascun cantore, perché questi possa muoversi all’interno della struttura con 191
una certa libertà e gestire con elasticità, trainando il chitarrista, la dimensione
temporale.
Gli elementi privilegiati ed essenziali, in questo stile di canto, sono la chiarezza
dell’enunciazione e la qualità vocale, espressa in termini di intonazione, timbro,
elaborazione melodica, brio, “grana” della voce. In una parola, ciò che deve
risaltare nel cantore di cantzonis è un certo “stile” nell’esposizione del testo,
che deve essere modellato sui canoni espressivi tipici del canto e della lingua
campidanesi.
Cantare il In questo senso, non sono solo gli elementi qui sommariamente indicati – o
campidanese altri fattori propriamente connessi alla dimensione del canto, come quelli che
si associano all’emissione della voce “compressa” e forzata caratteristica di
tanti cantori campidanesi – che definiscono i tratti di un’identità stilistica
particolare nell’uso della voce del canto campidanese. Sono anche le qualità
fonetiche della lingua campidanese, che si legano inscindibilmente ai caratteri
musicali nel momento in cui la poesia si manifesta come canto. Vale a dire, nel
modo espressivo che le è più proprio.
La “forma fonica della lingua” – per riprendere il titolo di un celebre classico
della fonologia di Roman Jakobson e Linda Waugh – non è solo, in modo
particolare nel caso della poesia cantata, un “significante”, un mero strumento
funzionale alla trasmissione di significati di natura prevalentemente
concettuale, ma è uno degli ingredienti che fanno sì che il canto – quello
campidanese come quello espresso in ogni altra lingua – si manifesti con una
sua veste specifica, una sua cifra stilistica che lo rende chiaramente
riconoscibile e irriducibile a qualsiasi traduzione. (P.B.)
Enciclopedia della musica sarda
Cantzoni a curba
Sa preghiera
Cantadora:
Paola Dentoni
Sonadori:
Romeo Dentoni: chitarra
Legenda
Strumentale
Paola Dentoni
Testo
Sa preghiera La preghiera
Pustis tantis notis privu de dormiri Dopo tante notti senza dormire
no podendi sciri prus comenti fai non sapendo più come fare
cunfùndiu e stracu de tanti sunfriri confuso e stanco di tanto soffrire
po mi distrairi mi pongu a pregai per distrarmi mi metto a pregare
Mi pongu a pregai cun tanti fervori Mi metto a pregare con tanto fervore
nendi o Deus miu teni piedadi dicendo o mio Dio abbi pietà
de custu infelici tristu pecadori di questo infelice triste peccatore
chi sa lei tua trasgrèdiu at che la tua legge ha trasgredito
eterna bundadi chi totu guvernas eterna bontà che tutto governi
de is penas eternas fai chi mi salvi dalla pena eterna fai che mi salvi
po chi siat gravi s’ofesa arricia benché sia grave l’offesa ricevuta
custa ànima mia no fatzas penai questa anima mia non far penare
Custa ànima mia no lessis in pena Questa anima mia non lasciare in pena
dona-dda sa gràtzia de su pentimentu dalle la grazia del pentimento
cumenti cuncèdia dda as a Madalena come concessa l’hai a Maddalena
chi in tui piedosu sa fidùcia at tentu che in te pietoso la fiducia ha avuto
tramuda in cuntentu custu coru tristu trasforma in contento questo cuore triste
tui ca ses maistu divinu potenti tu che sei maestro divino e potente
fai chi custa menti turbada no bengat fai che questa mente turbata non venga 193
sana si mantengat finas a spirai sana si mantenga fino a spirare
Penendi po tui no nci est patimentu Penando per te non c’è patimento
su gosu chi donas superat s’afannu il godimento che dai supera l’affanno
lassa chi sa carri siat in turmentu lascia che la carne sia in tormento
po s’ànima mia custu no est dannu per la mia anima questo non è un danno
terrìbili ingannu s’umana pretesa terribile inganno l’umana pretesa
chi bramat richesa chi meda teneus che brama ricchezza che tanto stimiamo
candu si creeus chi si bastit s’oru quando crediamo che ci basti l’oro
po podi decoru a sa vida donai per poter dare decoro alla vita
Cantzoni a curba
Su motociclista
Cantadori:
Rossano Mereu
Sonadori:
Giovanni Meloni: chitarra
Legenda
Strumentale
Rossano Mereu
Passaggio all'accordo di Re
0:48
Testo
Su motociclista Il motociclista
Cantzoni a torrada
A sa chi amu
Cantadoris:
Paola Dentoni
Pino Cappai
Sonadori:
Mariano Melis: chitarra
A sa chi amu è una cantzoni a torrada scritta nel 1918 da Efis Loni, cantadori che
svolse la sua attività poetica nella prima metà del Novecento. Conosciuta anche
con il titolo Biundus pilus, è una composizione di genere amoroso e una delle più
note ed eseguite nei contesti dedicati alla poesia e al canto campidanesi. Le due
voci di Paola Dentoni e Pino Cappai si alternano nell’esecuzione delle terzine delle
torradas. La struttura melodica della strofa introduttiva in versi dodecasillabi (da
0’ 22’’ a 0’ 46’’) viene adattata alla metrica in terzine di versi settenari che
caratterizza la cantzoni a torrada (seconda curba: da 1’ 48’’ a 2’ 08’’; terza curba:
da 2’ 59’’ a 3’ 20’’). L’esecuzione si caratterizza per un ricorso a procedimenti di
variazione dei modelli melodici fondamentali tipici di questo tipo di cantzoni da
parte dei due cantori. Tra gli elementi più in evidenza, l’attacco di sezioni
melodiche su note di altezza diversa, come il La4 di Paola Dentoni a 0’ 36’’
196 contrapposto al Fa4 di Pino Cappai a 1’ 57’’ e a 3’ 07’’ nella parte in Do o l’attacco
usuale sul Sol4 di Pino Cappai (per esempio a 1’ 06’’) contrapposto all’usuale Fa4
di Paola Dentoni (per esempio a 0’ 53’’) nella parte in Re (sul salto di tono, vedi
Guida all’ascolto in questo volume). Mariano Melis suona con la tecnica a pizzico
e usa spesso sa scala, dal Fa# al Mi, nelle sezioni strumentali fra una curba e la
successiva. In particolare si può notare come nell’introduzione e in chiusura la
scala sia ripetuta con due elementi di variazione che riguardano l’uso del basso
(nella prima escursione sempre uguale mentre, nella fase discendente della
seconda esecuzione passa alla dominante, sesta corda) e l’ornamentazione (con
una serie di mordenti presente solo nella seconda discesa). (D.M. e P.B.)
Legenda
Strumentale
Paola Dentoni
Pino Cappai
Testo
A sa chi amu A colei che amo
Sa dii chi po prima borta t’apu bista No creis cantu t’adoru Il giorno che ti ho vista per la prima volta Non credi quanto ti adori
sùbitu su coru miu at palpitau si no ti biu m’acoru subito il mio cuore ha palpitato se non ti vedo mi accoro
viva creatura chi a sa mia vista aturendi digiunu viva creatura che alla mia vista rimanendo digiuno
un’àngelu certu chi t’at presentau certo un angelo ti ha presentato
Cuddus biundus pilus Quei capelli biondi
Creatura divina chi mi parint filus Creatura divina mi sembrano fili
certu po cherubina traballau de oru unu certo come cherubina lavorati di oro uno
s’eternu t’at creau l’eterno ti ha creato
No amis a nisciunu Non amare nessuno
Sorprendenti figura deu no ti colliunu Sorprendente figura io non ti canzono
ita imàgini pura teni persuasioni che immagine pura sii persuasa
tui m’as incantau tu mi hai incantato
No amis a nisciunu Non amare nessuno
Femu mannietizau deu no ti colliunu Ero magnetizzato io non ti canzono
sùbitu apu pensau no cretas diferenti subito ho pensato non credere diversamente
de ti biri s’incras di vederti l’indomani
Visu paradisìacu Viso paradisiaco
Sorprendenti figura paris de su zodìacu Sorprendente figura sembri dello zodiaco
ita imàgini pura sa stella prus luxenti che immagine pura la stella lucente più
tui incantau m’as tu mi hai incantato
No nci est su competenti Non c’è un competente
Custa est sa primu fasi bonu artista valenti Questa è la prima fase un buon artista valente
de ghetai sa basi ritrait is modus tuus per mettere la base per ritrarre i tuoi modi
po no mi podi fui per non poter scappare
Visu paradisìacu Viso paradisiaco
Sorprendenti figura paris de su zodìacu Sorprendente figura sembri dello zodiaco 197
ita imàgini pura stella luxenti prus che immagine pura la stella lucente più
incantau m’as tui incantato mi hai tu
Su divinu Gesus Il divino Gesù
Cirius depu allui in tui at aclusu Ceri devo accendere in te ha racchiuso
ca no emu a bolli arrui tanti a ti fai bella perché non vorrei cadere tanto per farti bella
in d-una delusioni in una delusione
Visu paradisìacu Viso paradisiaco
Cirius depu allui paris de su zodìacu Ceri devo accendere sembri dello zodiaco
ca no emu a bolli arrui sa prus luxenti stella perché non vorrei cadere la più lucente stella
in vilesa ingannau ingannato dalla viltà
Càndida columbella Candida colombella
Cuddus biundus pilus custa ànima afratella Quei capelli biondi questa anima affratella
chi mi parint filus a una stimatzioni mi sembrano fili in un amore
de un’oru traballau di oro lavorato
Gòcius
Cantadori:
Pino Cappai
Sonadori:
Giovanni Meloni: chitarra
I gòcius, nati con funzione essenzialmente religiosa, col tempo sono stati usati
anche per trattare argomenti di tipo profano. Questi gòcius, improvvisati da Pino
Cappai, hanno come argomento le bellezze naturali dell’isola sarda. Nel corso
del testo vengono citati i luoghi del Campidano più apprezzati dai turisti che
visitano la Sardegna, attraverso il riferimento ad alcune famose spiagge.
La Sardegna, uno dei temi ricorrenti della poesia campidanese sia scritta che
improvvisata, è spesso citata dai cantadoris sia per valorizzarne gli aspetti
paesaggistici e culturali sia per denunciare le ingiustizie a cui essa è sottoposta,
come gli incendi qui espressamente citati da Pino Cappai. Egli canta tre curbas
di gòcius ripetendo con qualche variazione la caratteristica melodia,
caratterizzata da un profilo a doppio arco che inizia e finisce sul centro tonale.
Giovanni Meloni suona qui con la tecnica a pizzico e propone una lunga
198 introduzione strumentale in cui rielabora con un’impronta fortemente personale
vari stilemi chitarristici campidanesi. (D.M. e P.B.)
Legenda
Strumentale
Pino Cappai
Sa scala Melodia dei gòcius eseguita dalla chitarra Variazione melodica della voce
0:25 1:25 2:32
Testo
Teneus unu bellu litorali Abbiamo un bel litorale
de Cuartu a Mari Pintau da Quartu a Mari Pintau
cala de Moru puru est apretzau cala de Moru è anche apprezzato
chi ddi podit fai s’oguali dato che è quasi uguale
Cala Regina est naturali Cala Regina è naturale
bellu logu de amirai bel posto da ammirare
Gòcius
Cantu de disprexeri
Cantadora:
Dolores Dentoni
Sonadori:
Mariano Melis: chitarra
Legenda
Strumentale
Dolores Dentoni
Fioritura sulla vocale “a” La chitarra ripropone la linea melodica del canto
0:41 1:02
Testo
Cantu de disprexeri Canto di dispiacere
Pilloneddus a nuis coloradas Uccellini come nuvole colorate
ricamànt bellas fantasias ricamano belle fantasie
in su birdi de bìngias e olias nel verde delle vigne e degli ulivi
intra is artas linnas profumadas tra gli alti legni profumati
de sinzillu celu coronadas da un cielo sincero coronate
de su mari puliu de Orri dal mare pulito di Orri
totu cosas bellas passadas tutte cose belle passate
imoi inguni nci-ndi est de morri ora lì c’è da morirci
Mutetus frorius
Cantu froriu de amori
Cantadori:
Antonino Grifagno
Sonadori:
Luca Tiddia: chitarra
Legenda
Strumentale
Antonino Grifagno
203
Testo
Cantu froriu Canto fiorito
de amori d’amore
…… ……
Mutetus a trallallera
Cantadoris:
Dolores Dentoni
Pino Cappai
Paola Dentoni
Sonadori:
Romeo Dentoni: chitarra
Legenda
Strumentale
Dolores Dentoni
Pino Cappai
Paola Dentoni
Coro
Melodia del secondo verso Modello melodico con incipit sul primo Melodia del secondo verso
proposta da Dolores 0:27 grado proposto da Pino 0:56 proposta da Paola 1:46
Testo
Mutetus Mutetus
a trallallera a trallallera
…… ……
…… ……
…… ……
…… ……
Pino introduce la variante melodica con incipit La chitarra ripropone la melodia del canto
sul terzo grado 3:21 4:07
Primo piano
della chitarra di
Mariano Melis.
Bibliografia