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Gregorio Nazianzeno

FUGA E
AUTOBIOGRAFIA
Traduzione, introduzione e note
a cura di Luigi Viscanti

città nuova editrice


Copertina di Gyórgy Szokoly

Con approvazione ecclesiastica


© 1987, Città Nuova Editrice, via degli Scipioni 265 - 00192 Roma
ISBN 88-311-3062-5
IN TR O D U Z IO N E G ENERALE

N ell’ampio panorama della letteratura greca cristia­


na (del IV secolo) campeggia Gregorio di Nazianzo, per­
sonalità singolare per vivida intelligenza, spirituale in­
quietudine, potente creatività, ritenuto il più greco dei
Padri.
Per unanim e consenso, gli studiosi riconoscono nel
Nazianzeno l'avvenuto punto di incontro, il più felice e
completo, tra il realismo cristiano e l ’idealismo greco.
Per una volta, e questo — si sa — accade raramente, fi­
losofi e filologi addivengono, nei rispettivi piani di ri­
cerca, ad una m edesim a conclusione: una originale sin­
tesi di theoria e praxis.
In Gregorio, appunto, si compone l'iniziale scontro
violento e vario tra il m ondo pagano e quello che viene
cristianizzandosi; con Gregorio assurge a piena e armo­
nica dignità la poesia cristiana in lingua greca.
La fortuna ininterrotta dell’autore nei secoli ne è la
conferma più valida e più sicura. È altamente significa­
tivo che nel mondo occidentale si suole riconoscere ad
Agostino di Ippona il medesimo ruolo e la medesima
sensibilità d'anim o del Nazianzeno.
Pubblichiamo la traduzione integrale de L'autobio­
grafia (Carmen de vita sua) del Nazianzeno, certamente
la più bella autobiografia in versi, oltre che la prima, di
tutta la letteratura greca. E insieme con essa u n ’opera
in prosa, La fuga (Sermo apologeticus de fu g a), u n ’o ra­
6 Introduzione generale

zione scrìtta da Gregorio tra le prime, e sostanzialmente


un vero e proprio trattato sulla natura e le responsabilità
del sacerdozio, del quale si servirono come modello e fon­
te Giovanni Crisostomo e Gregorio Magno, rispettiva­
m ente per II sacerdozio e per la Regola pastorale.
L ’interesse — come si è detto — continuo per gli
scritti del Nazianzeno, che è alla base della sua fortuna,
è sancito dalla mole veramente im ponente ed impres­
sionante di collezioni, studi, traduzioni che da quindici
secoli senza soluzione di continuità si registra in tutto
il mondo.
Le due opere che noi presentiamo nella traduzione
italiana racchiudono idealmente tutta l ’attività m iniste­
riale, travagliosissima e paradigmatica del Nazianzeno.
La fuga, infatti, si colloca proprio agli inizi del suo
sacerdozio (362), mentre L’autobiografia viene scritta
subito dopo le sue dim issioni da metropolita di Costan­
tinopoli, città nella quale stava presiedendo il secondo
Concilio ecumenico orientale (381).
Questi due gioielli della letteratura greca, già raccolti
dal Migne costituiscono una testim onianza del recipro­
co influsso tra i due mondi,, il pagano e il cristiano.
Uno studio nuovo, organico e completo, in grado di
illuminare sinotticam ente le valenze molteplici, spesso
solo affioranti, della complessa personalità del Nazian­
zeno, necèssita, soprattutto alla luce degli ultim i studi
specialistici2.
La nostra traduzione (condotta sul testo critico di J.
Bernardi, n. 247 della Sources Chrétiennes, pp. 84-240,
du Cerf, Paris 1978) vuole colmare una lacuna nell'edi­

1 L’editio princeps delle opere del N azianzeno risa le al 1550. Più


com p leta è quella dei benedettin i di San M auro: S a ncti Patris nostri
Gregorii, Theologi vulgo N azianzeni, archiepiscopi C onstantinopoli,
opera quae exstant om nia, 2 voli., P aris 1778-1840. È q u e sta l ’edizione
rip ro d o tta dal M igne nella Patrologia Graeca, voli. XXXV-XXXVIII.
2 Cf. I I Sym p o siu m N azianzenum , Louvain-la-Neuve, 25-28 agosto
1981. Actes édités p a r J. M ossay, P ad e rb o rn 1983.
Introduzione generale 7

toria italiana sul Nazianzeno. La cinquecentesca versio­


ne di Annibai Caro del De fuga, oltre ad essere rarissi­
ma, è una ricreazione poetica. Troppo libera e destinata
a ll’am bito ecclesiastico è la traduzione comparsa nel-
l'«Annuario del Parroco», ed. I.N.A., Roma 1965.
Quanto a L’autobiografia, un capolavoro — si è
detto — nel suo genere, non mi consta essere mai stata
integralmente tradotta in lingua italiana. Il testo-base è
ancora quello pubblicato dal Migne 3 e si fa inderogabi­
le una edizione critica nuova e definitiva.
La fuga presenta pagine sulle quali dovrebbe fer­
marsi la nostra attenzione. Traspare u n ’attualità di pro­
blemi che, rivisitati attraverso la filosofia platonica, ari­
stotelica, stoica e neoplatonica 4, ricevono una soluzio­
ne pienamente religiosa, anche alla luce dell’influenza
di Ireneo, Origene, Atanasio, e Cirillo di Gerusalemme.
L ’appello costante all’unità, all'umiltà, al tim or Dei,
al senso di responsabilità risuona con una forza che pe­
netra il lettore attento fino a sconvolgerne l'animo, m a­
nifestandosi come frutto di un'esperienza di vita soffer­
ta e non di teoriche declamazioni scolastiche o rituali.
Gregorio «non si lega servilmente a una scuola» né si
appella ad un vago sincretismo filosofico-religioso, ma
parla sempre con l'autorità che gli deriva dalla pratica
quotidiana dei precetti bib lici5 che sono a ll’origine del­
la sua inquietudine interiore.

3 Patrologia Graeca 37, coll. 1029-1166.


4 Cf. A.M. M alingrey, Philosophia. É tude d ’un groupe de m ots
dans la littérature grecque des Présocratiques au IV siècle après J.C.,
P aris 1961, pp. 207-261. Cf. anche G regorio di N azianzo, O melie sulla
N atività (a c u ra di C. M oreschini), Introd., Rom a 1983, pp. 3, 36-39.
5 P. G allay, La Bible dans l'oeuvre de Grégoire de N azianze le
Théologien, in Le m onde grec ancien et la Bible, P aris 1984, pp. 313-
334. Cf. A. Q uacquarelli, Scuola e cultura dei p rim i secoli cristiani,
B rescia 1984, p. 6: «La B ibbia co stitu isce l'isp irazio n e ad ogni im pe­
gno ed ucativo e in questo senso l’educazione cristia n a , p er l ’u n ità
cui m ira, rip re n d e le questioni dalle rad ici e ra p p o rta le risu ltan ze
valide della civiltà classico-pagana ai nuovi generi le tte ra ri della ese-
8 Introduzione generale

Se dal punto di vista formale l ’analisi del De fuga e


degli altri discorsi e poesie mostra la sua particolare
formazione retorica, guardando al contenuto si può af­
fermare con certezza quanto grande sia stata la cura ri­
volta dal Nazianzeno al problema della ortodossia trini­
taria e alle controversie cristologiche che gli valse l ’ap­
pellativo di «Teologo» 6. È la stessa rievocazione che il
lettore può cogliere ne L’autobiografia di Gregorio che,
a Costantinopoli, fin dalla Pentecoste del 379 — e cioè
quando egli era ancora apertamente osteggiato dal pote­
re costituito — con eroico apostolato andava già esplici­
tando il concetto niceno della Trinità nei suoi cinque
memorabili discorsi teologici7.
Tutto l ’apostolato di Gregorio nella capitale orien­
tale dell’Impero romano è la lotta coraggiosa e coerente
di un uom o che difende pubblicam ente il suo credo,
m ettendo più volte a repentaglio la vita, fatto segno del­
la reazione arrogante, violenta e intollerante della co­
m unità ariana 8 di quella città, guidata dal vescovo De­
mofilo.

gesi b iblica e della liturgia». Cf. anche V. R ecchia, L 'iniziazione bibli­


ca negli autori cristiani antichi, in «V etera C hristian o ru m » , 2 (1964),
pp. 67-99. Cf. W. Jaeger, C ristianesim o p rim itivo e paideia greca, Fi­
renze 1966, pp. 118-120 {passim): «Come la paid eia g reca consisteva
neH’in tero corpus d ella le tte ra tu ra greca, cosi la paid eia c ristia n a é
la Bibbia... La form azione d ell’uom o c ristian o , la sua m òrphosis, è
l’effetto del suo studio incessan te della Bibbia».
6 G regorio non fu solo un lucido esp o sito re d ella fede n ella linea
della tradizione, m a anche un sicu ro p ro p u lso re, specie nelle p ro cla­
m azioni della divinità dello S p irito S anto co n tro gli pneum otom achi,
della duplice in te g rità della n a tu ra del C risto co n tro gli ap o llin aristi,
d e lla sp eciale g ra z ia di p re d e s tin a z io n e c o n c e ssa a M a ria
(Theotòkos).
7 La T rin ità fu cen tro del suo in segnam ento e d ella su a vita. Pili
in g enerale, lo stesso m isticism o di G regorio non fu se non u n a rigo­
ro sa proiezione della sua teologia. S u lla teologia trin ita ria del N a­
zianzeno, cf. G regorio di N azianzo, O melie sulla N atività, cit.,
Introd., pp. 7-14.
8 Cf. M. S im onetti, La crisi ariana del IV secolo, R om a 1975.
Introduzione generale 9

Di tutto rilievo, poi, è la concezione stessa dell'apo­


stolato quale si configura nel Nazianzeno. Infatti, la ve­
ra ragione della composizione dell'orazione in questio­
ne, intesa a delineare ed esaltare la dignità del sacerdo­
zio, è n ell’intento di rendere le masse salde nella fede
per resistere alle eresie dilaganti.
Ugualmente interessante è cogliere nelle pagine del
Nazianzeno i peculiari rapporti sia tra fedeli e vescovi,
sia tra gli stessi vescovi, sovente caratterizzati questi ul­
timi da com portam enti im prontati a raggiri, invidie e
interessi privati, e sui quali cade la denuncia di Grego­
rio. In tali pagine si hanno interessanti dati sui rappor­
ti tra metropolita e vescovi, tra vescovi e corepiscopi e
sul prim ato della cattedra di Rom a su quella di
Costantinopoli 9.
Accanto alle riflessioni sulla teologia biblica e
sull'economia della salvezza, figurano e si intersecano
— senza un ordine preciso o prestabilito — quelle sulla
liturgia sacramentale 10 e sull'amicizia cristiana. Altret­
tanto illum inanti le considerazioni sulla verginità e sul
matrimonio. I term ini antitetici della vexata quaestio
sulla liricità det versi del Nazianzeno non sono stati an­
cora composti. Egli è un grande poeta non nel senso di
Virgilio o Leopardi, p u r avendo in com une con essi ora
la dolcezza ora la violenza dei sentimenti, m a sul piano
di una forte passione cristiana vissuta e sofferta. Certe
confidenze autobiografiche hanno una vigorosa potenza
evocatrice e una originalità di cui la critica non si è an­
cora resa generalmente conto. Il suo impulso passiona­
le e la sua sensibilità lo portarono all'accantonamento
della metrica quantitativa ed all'accoglimento della rit­
mica accentuativa n ell’Inno vespertino 11 e nell'E sorta­
zione ad una vergine 12.

9 Vita, vv. 562-575.


10 La fuga, 16.22.73.
11 PG 37, 511-514.
12 PG 37, 632-640.
10 Introduzione generale

Quella di Gregorio è la poesia del teologo. L ’intelli­


genza di tale poetica sfugge se non la si confronta co­
stantem ente con l'obiettivo che egli si prefigge. Anche
la sua ricorrente titubanza 13, che ha indotto i critici
della prim a metà del nostro secolo a definirlo inetto
nelle questioni di ordine pratico, deve essere rivisitata
alla luce di molteplici ordini di ragioni.
Né si deve passare sotto silenzio il significato
dell’investitura di Sàsima da parte di Basilio. È ben ve­
ro che Gregorio non vi metterà mai piede, ma è altret­
tanto vero che soltanto la consapevolezza di specifiche
qualità poterono indurre Basilio ad operare la predetta
investitura. Non si può disconoscere che il vescovo di
Cesarea, Basilio, sapesse quale pastore fosse da «siste­
mare» sulla neo-cattedra di Sàsima. È da aggiungere
che il senso pratico di Gregorio salva il Concilio (di Co­
stantinopoli) sedando alcune dispute faziose 14.
Fu Gregorio, inoltre, che «riportò la pace tra Grego­
rio il Vecchio e i monaci di Nazianzo che si erano separati
dal loro vescovo perché questi aveva ingenuamente fir­
mato l ’e quivoca form ula trinitaria di R im ini (364)»; fu
Gregorio che «intervenne per conciliare Basilio con l ’om ­
broso Eusebio, vescovo di Cesarea di Cappadocia (365)».
Occorre che si conducano indagini nuove e filologi­
camente corrette per conoscere più da vicino il caratte­
re del Nazianzeno. Concludendo, oggi, imperando la
moda della cosiddetta «teologia del genitivo», a seguire
Gregorio, il teologo per antonomasia pienam ente inseri­
to nella sequela Christi, si coglie opportunam ente il va­
lore del termine cosi tanto abusato di teologo.

13 G regorio esitò davanti alla p ro sp ettiv a di in seg n are re to ric a


ad Atene: si ritirò p resso i m onaci dopo essere sta to o rd in a to sa c e r­
d ote suo m algrado; dopo la consacrazione episcopale rifiu tò di occu­
p a re il seggio di Sàsim a; infine, a llo rq u an d o p resiedeva il Concilio di
C ostantinopoli, si dim ise p er sed are i dissen si tr a i P adri.
14 J. M ossay, La m o rt et l ’a u-delà dans saint Grégoire de Nazian-
ze, Louvain 1966, pp. 296-305.
Gregorio Nazianzeno

LA FUGA
IN TR O D U ZIO N E

a) La vita di Gregorio prima della composizione


de «La fuga»

Gregorio, detto Nazianzeno dalla città di Nazianzo,


in Cappadocia, nella quale suo padre Gregorio l'Antico 1
era vescovo, nacque ad A ria n zo 2 intorno all'anno 330.
Sua madre era N o n n a 3, suoi fratelli Gorgonia4 e Ce-

1 Ricco p ro p rie ta rio te rrie ro , fu inizialm ente seguace di u n a se t­


ta etn ico-ebraica che adorava un Dio altissim o, del quale vietava
ogni rap p resen tazio n e. A q u a ran ta c in q u e anni, nel 325, ricevette il
b attesim o, con v ertito dalla m oglie N onna, fervente cristian a . Consa­
crò suo figlio sacerd o te nel 361. G regorio ne scrisse l’elogio funebre
(S. G regorii Naz. Oratio funebris in patrem , PG 35, 985-1044).
2 Feudo ru ra le dei suoi genito ri, poco d ista n te da N azianzo.
3 D esiderosa di avere in casa un figlio m aschio, si rivolse a Dio e
fu esau d ita. Infatti, in sogno le si m o strò ch iaram en te il volto di G re­
gorio e ne risu o n ò il nom e (cf. PG 37, 1034-1035). G regorio la ric o rd a
con g ran d e devozione n ell’orazio n e fu n eb re p e r il p a d re (PG 35,
993.996-997), in quella p e r il fratello C esario (PG 35, 257-260) e p e r la
so rella G orgonia (PG 35, 793-794), com e p u re n ell’ep itaffio 99: «Qui
giace N onna, la figlia di Filtazio. Dove / m o ri? In q u esto tem pio. E
com e? Pregando. / In che tem po? N ella vecchiaia. O nobile vita e san ­
ta m orte» (PG 38, 60; trad . di C. Peri).
4 S orella m aggiore di G regorio, sposò Alipio che converti al c ri­
stianesim o. Anche di lei G regorio scrisse l'elogio fu n eb re (PG 35, 789-
818) tessendone le altissim e doti m o rali e, in p artic o la re , la gen ero si­
tà e l ’assisten za ai poveri. D elicatissim e le im m agini con le q uali è
ra p p re se n ta ta n ell’epitaffio 22: «Di G regorio e di N onna c a ra figlia,
14 Introduzione

sario 5. Percorse intero il curriculum studiorum passan­


do da Nazianzo a Cesarea di Cappadocia, ove strìnse fra­
terna amicizia con Basilio, quindi a Cesarea di Palesti­
na 6, ad Alessandria e infine ad Atene dove si riunì con
Basilio 7 e dove conobbe Giuliano 8, il futuro imperatore.
Gregorio ebbe vivissim o il desiderio di coltivare gli studi
letterari e decisa la volontà di mettere la cultura greca al
servizio della fede cristiana: «Ancora imberbe, m i tene­
va tuttavia un appassionato amore per gli studi lettera­
ri. Con i buoni studi liberali, infatti, cercavo di rendere
giovevoli quelli profani» 9. Per Gregorio i logoi (cultura

qui giace / G orgonia, sacerd o tessa di vita celeste» (PG 38, 21; trad . di
C. Peri) e nell'epitaffio 23: «N ulla G orgonia lasciò alla te rra , tra n n e
Tossa: / tu tto ripose in cielo...» (PG 38, 22; trad . di C. Peri).
5 F ratello m inore (n. 331 — m. 369) e m edico di g ran d e fam a,
p rem o rì a G regorio che in un disco rso fu n eb re lodò la su a saggezza
e la su a pietà. V isse alla c o rte degli im p e ra to ri Costanzo, G iuliano e
Gioviano, fatto segno ad altissim i on o ri e in carich i di governo; scam ­
p a to m iracolosam ente al te rre m o to di N icea (368), cam biò vita, di­
strib u ì ai poveri tu tti i suoi averi e si d ette alla vita erem itica, m o­
ren d o alcuni m esi dopo.
6 D ivenuta cap itale della P alestin a dopo la d ia sp o ra degli ebrei
da G erusalem m e (70 d.C.).
7 B asilio (n. 330 — m. 379), n ato da a risto c ra tic a e colta fam iglia,
coltivò gli studi retorici, fu coetaneo e am ico di G regorio con il quale
a p iù rip rese condivise la vita ascetica e con il quale a tte se alla com ­
posizione della Philocalia, antolo g ia o rigeniana. (Cf. anche la tesi op­
p o sta di M. H arl, che non ascriv e la p a te rn ità di ta le ra c c o lta ai due
C appadoci: M. H arl, Origène, Philocalie, 1-20, SCh 302, P aris 1983,
pp. 19-24).
8 G regorio, sp irito m an su eto e contem plativo, non h a m ai a tta c ­
cato n essuno con l’accanim ento con il quale h a assa lito l’im p erato re
ap o sta ta (PG 35, 531-720). H a p ersin o definito il suo o ppositore, l’im ­
p e ra to re «ariano» C ostanzo, qu asi un m odello di v irtù e di pietà.
G iuliano aveva colpito nel vivo G regorio, avendo em anato, il 27 giu­
gno del 362, un a disposizione che vietava ai c ristian i l’istru zio n e
classica. (Cf. G regorio di N azianzo, La passione di Cristo [a c u ra di F.
Trisoglio], Introd. R om a 1979, pp. 14-16). Giova ric o rd a re che p er
G regorio la reto ric a, in m ano a chi è onesto, è a rm a di v irtù (PG 35,
555).
9 Vita, PG 37, 1037.
Introduzione 15

greca) sono un dono del Logos (cioè del Verbo); questa


formula non è solo un gioco di parole, ma l ’espressione
di una verità fondam entale 10.
Nel 358 lasciò Atene 11 ove aveva anche insegnato
retorica e fece rientro presso i suoi genitori. Tornato ap­
punto a Nazianzo, vi dimorò per breve tempo, ritirando­
si subito ad Annesi, villaggio sulle sponde dell'Iris nel
Ponto, dove ebbe a meditare sulla Sacra Scrittura. Gre­
gorio credette di poter cosi adempiere la promessa di
darsi tutto a Dio l2, m a il padre che lo voleva suo coa­
diutore nel governo della diocesi lo richiamò a Nazian­
zo e lo consacrò sacerdote, malgrado la ferma riluttan­
za del figlio (Natale del 361). Gregorio, convinto della
sua indegnità e persuaso di non avere forze bastevoli a
svolgere il suo ministero sacerdotale che, a suo parere,
comportava abilità, dottrina e santità in som m o grado,
fuggi nel Ponto (Epifania del 362) presso Basilio «per fa­
re l'esame di se stesso» 13.
Le preghiere accorate e insistenti del padre e dei fede­
li concittadini di Nazianzo lo fanno ritornare in quella
città per la Pasqua del 362 e proprio nel giorno della R i­
surrezione Gregorio tiene un discorso dicendo tra l ’altro:
«Ho abbandonato il ministero per breve tempo per riflet­
tere su me stesso; ritorno col ministero, facendo appello a
questo bel giorno per sostenere la mia debolezza e tim i­
dezza, affinché Colui che oggi è risorto dai morti rinnovi
anche me nello spirito e rinnovatomi... mi faccia vostro
buon plasmatore e maestro» 14.

10 G regorio h a assim ilato la c u ltu ra classica ed h a u n a p re p a ra ­


zione filosofica profonda. Cf. W. Jaeger, Cristianesim o p rim itiv o e
paideia greca, cit. pp. 91-110.
11 Vi ebbe com e m a e stri i fam osissim i re to ri Tespesio e P ro ere­
sio, ai quali dedicò due epitaffi (PG 38, 12.13).
12 Cf. Vita, PG 27, 1043; La fuga, PG 35, 413.
13 Or. I, PG 35, 395. Le orazioni a noi p erv en u te sono 45.
14 Or. I, PG 35, 397.
16 Introduzione

b) Occasione dello scritto

Nella solitudine del monastero di Annesi, sul prin­


cipio del 362, Gregorio ha composto, prim a dell’orazio­
ne per la Pasqua 1S, il discorso apologetico della sua fu­
ga da Nazianzo.
Il De fuga 16, a differenza dell’Or. I rivolta al pub­
blico degli ascoltatori, è stato scritto per un pubblico di
lettori, è m olto più lungo dell'Or. I ed è redatto secondo
un preciso genere letterario.
Molteplici m otivi sono occasione di questo scritto, e
tutti confluenti nel desiderio di Gregorio di scrivere so­
stanzialm ente un trattato sulla dignità, gli oneri e le do­
ti che si richiedono in un sacerdote 17. Gregorio, tempe­
ramento esitante e indeciso, spirito sensibile e impres­
sionabilissimo, è inquieto p u r nella pace del monastero
di Annesi.
Sa, infatti, che la sua fuga ha destato scandalo tra i
concittadini di Nazianzo. Sa suo padre realmente biso­
gnoso di un coadiutore n ell’esercizio del governo della
diocesi, anche se non gli perdona l ’atto tirannico della
sua ordinazione sacerdotale. Inoltre è consapevole di
essere prete a tutti gli effetti e, quindi, di avere delle
precise responsabilità ministeriali. Non ignora che la
Chiesa di Nazianzo è agitata da varie questioni dottri­
nali e che la presenza di suo fratello Cesario alla corte
dell’imperatore apostata è m otivo di scandalo presso i
Nazianzeni.
Gregorio ha constatato quanto discredito vada get­
tando sul clero il com portam ento indegno di m olti m o­

15 Cf. Or. I, PG 35, 395-401.


16 Cf. Or. II, PG 35, 407-514.
17 La Regola pastorale di G regorio Magno e II sacerdozio di Gio­
vanni C risostom o evidenziano un ap p ro fo n d ito stu d io di q u esta fa­
m osa orazione del N azianzeno. Cosi p u re san B asilio con I doveri
(del 391) e la Lettera a N epoziano di san G irolam o (del 394).
Introduzione 17

naci e di m olti preti, si vergogna di essi e vuole delinea­


re la vera figura del sacerdote.

c) Struttura e descrizione som m aria

Gregorio, fattosi consapevole di dover testimoniare


il suo ministero, egli che aveva spesso trascorso lunghi
perìodi di silenzio, ritrova ora — accingendosi a scrive­
re l'apologia della sua fuga — se stesso.
L ’appartenenza del De fuga al genere giudiziario 18
è solo formale e apparente.
Il pubblico immaginario davanti al quale Gregorio
tiene la sua lunghissima arringa è il clero di Nazianzo e
— giova ripeterlo — contro il medesimo e contro le co­
m unità monastiche è rivolta l'accusa violenta di disdo­
ro e di empietà.
Gregorio non si attiene, nel suo discorso ai canoni
retorici, dei quali pure è consumato e raffinato mae­
stro, ma entra quasi subito in medias res, accennando
brevemente l ’argomento, senza esporre prelim inarm en­
te le circostanze che hanno portato alla sua investitura
sacerdotale e alla sua successiva fuga repentina da Na­
zianzo.
La struttura 19 d ell’orazione non è facile a delinear­
si a causa dello stile di Gregorio caratterizzato dall’in­
treccio di molteplici temi e da un costante andirivieni
su argomenti già trattati o com unque precedentemente
accennati. Faceva parte della precettistica antica il non
precipitare la narrazione perché l ’a nim o um ano ha bi­
sogno di gradualità nel recepire 20. Nondimeno, poiché

18 Cf. J. B ern ard i, Grégoire de N., D iscours 1-3, cit., p. 30.


19 Cf. ibid., pp. 34 s.; E. Bellini, La Chiesa nel m istero della sal­
vezza in Gregorio di N azianzo, V enegono In ferio re 1970, pp. 97-100.
20 Cf. G iovanni C risostom o, Il sacerdozio, (a.c. di A. Q uacquarelli),
Introd., R om a 1980, pp. 19-20.
18 Introduzione

Gregorio dedica soltanto una quindicina di capitoli (su


117) alla esplicazione della sua fuga e del successivo ri­
torno, si può legittim amente congetturare e dedurre che
l ’a rgomento principale nulla ha da vedere con il titolo
dell’orazione. Quasi cento capitoli, invece, Gregorio de­
dica alla trattazione della sublim ità eccelsa del m iniste­
ro sacerdotale, trattazione 21 che egli stesso introduce
come il più im portante dei m otivi della sua fuga (cf.
cap. 9).
Il prim o capitolo funge da proemio a ll’intera ora­
zione.
I capp. 2-9 evidenziano rispettivamente la decisione
di Gregorio di non voler essere ragione o occasione di
scandalo (cap. 2); lo sbigottim ento che lo colse quando
suo padre l ’ordinò a ll’improvviso sacerdote (cap. 6); la
necessità di una gerarchia in seno alla Chiesa (capp.
3-5); il desiderio struggente della vita monastica (capp.
6-7); la sua vergogna per lo spettacolo empio che'i sacer­
doti danno di se stessi (cap. 8); il suo timore di non esse­
re degno del ministero sacerdotale (capp. 9-10).
I capp. 10, 102-104, 105-109 contengono i m otivi del
ritorno e, più precisamente, vi sono espressi:
a) la nostalgia dei concittadini di Nazianzo (cap.
102);
b) la canizie e la debolezza dei genitori (cap. 103);
c) l ’obbedienza a Dio (cap. 104), obbedienza della
quale Giona, nella Sacra Scrittura, ha consegnato agli
uom ini esempio di testim onianza e am m onim ento
(capp. 106-109).
II campo centrale della narrazione, e cioè l ’abilità,
la dottrina e le virtù richieste dall’esercizio del m iniste­
ro sacerdotale, occupano i capp. 11-116.
La conclusione è affidata al cap. 117.
Appare dunque legittimo supporre col B ernardi22

21 Cf. G iovanni C risostom o, Il sacerdozio, cit., p. 10.


22 Cf. J. B ern ard i, Grégoire de N., D iscours 1-3, cit., p. 35.
Introduzione 19

che l'appello al rispetto formale della tradizione lettera­


ria del genere giudiziario, affermata nel proemio, lungi
dall'essere una mera captatio benevolentiae, manifesti
sem plicemente la preoccupata intenzione di Gregorio il
quale, essendo tanti gli arrivisti, vuole essere tra quelli
che si presentano alla luce del sole con l ’immagine di
chi si fa pregare: io — dice — resistevo al di là della
convenienza (cf. cap. 6). La qual cosa fa pensare 23 che
abitualm ente si preoccupava di apparire di resistere al­
le investiture ufficiali. Del resto, anche quando Basilio
lo consacrerà vescovo di Sàsima 24 Gregorio, p u r obbe­
diente, non si esimerà dal dichiararsi profondam ente
contrariato con tale fraterno amico.
Venendo ora ad una somm aria descrizione del con­
tenuto dell’orazione, vediamo in particolare quali tema­
tiche Gregorio porta a ll’attenzione dei suoi lettori.
L ’ascesi monastica — antico retaggio della promes­
sa fatta a Dio, quando, nella navigazione tra Alessan­
dria in Egitto e Atene, corse pericolo di naufragio 25 —
è rappresentata da Gregorio come il culmine dell’aspi­
razione del cristiano, e vivendola egli ha già lasciato la
terra, «pur stando in terra» 26.
Ma la passione per la vita ascetica non può essere
accettata dai fedeli di Nazianzo come causa della fuga
del loro pastore, anzi la gente ne riderà «sia per la stol­
tezza innata, sia a causa di coloro che sono indegni di
questa professione» (cf. cap. 7).
Infatti, il discredito della vita ascetica operato dai

23 Cf. ibid., p. 35.


24 «M inuscolo borgo che (Basilio) aveva eletto a sede vescovile
p e r p u ra stra te g ia politica, in quanto, dopo la divisione della C appa­
docia in due province p e r decreto d ell’im p erato re V alente, il vescovo
Antimo di T iana reclam ava com e p e rtin e n ti alla sua giurisdizione se­
di d ip endenti da C esarea» (C. Peri, Gregorio di Nazianzo, E pitaffi, Mi­
lano 1975, p. 16).
25 Cf. Vita, PG 37, 1043; La fuga, PG 35, 395.
26 La fuga, PG 35, 415.
20 Introduzione

monaci con il loro cattivo esempio m ette in ridicolo le


parole di Gregorio che ha ardente brama di tale vita.
Ma un m otivo ben piti grave ha spinto Gregorio alla fu­
ga: l ’altissima responsabilità del ministero sacerdotale:
«quanta è l ’altezza e la dignità di questo potere, tanto è
anche il pericolo che esso comporta per chi almeno è
assennato» (cap. 10).
Gregorio nota il danno che la condotta incoerente
del sacerdote apporta al prossimo (capp. 11-13); la diffi­
coltà di governare e guarire le anime, ciascuna bisogno­
sa di una cura individuale (capp. 14-34); gli intralci che
incontra il predicatore e le qualità che gli necessitano
(capp. 35-50); l ’im pudenza di falsi maestri e l ’esempio
sublime di Paolo, pastore per eccellenza, (capp. 51-56).
Segue una serie di am m onizioni e di minacce bibli­
che contro i sacerdoti indegni e ansiosi di ricevere la
sacra investitura (capp. 57-77). Si assiste alla vacuità
d ell’ideale sacerdotale, a ll’intromissione dei laici nelle
questioni clericali e al pericolo dilagante delle dispute
dottrinali (capp. 78-93). Gregorio era fuggito temendo di
non possedere i requisiti necessari e sufficienti a svolge­
re l ’ufficio sacerdotale, m a l ’amore per la com unità na-
zianzena e il desiderio di aiutare il vecchio padre nel
governo della diocesi l ’hanno indotto al ritom o (capp.
94-102). Il ministero sacerdotale, leggero o grave che sia,
anche se imposto non può essere rifiutato per sentim en­
to di indegnità e di incapacità (capp. 103-115), perché ta­
le rifiuto comporterebbe, come estrema conseguenza, la
negazione del carisma pastorale del quale lo Spirito
Santo inonda, al m om ento della consacrazione, il
prete 21.

27 Del re sto se il sacerd o te ab d icasse al suo dovere, «in q u al m a­


n iera e chi... celebrerebbe in on o re di Dio i m istici e sublim i riti, i
quali costituiscono l’asp etto più im p o rta n te e p iù degno del n o stro
culto religioso...? Q uante fo rti pene furono co m m inate ai tra sg re sso ­
ri p e r questi gravi danni?» (cap. 4).
Introduzione 21

Gregorio, pertanto, che si era allontanato sulle rive


dell'Iris per esaminarsi e per confortare il suo dolore,
ora si offre spontaneamente a Dio e alla com unità dei
fedeli concittadini, fiducioso di poter bene operare con
l ’aiuto di Dio (capp. 116-117).

d) Prodromi del problema trinitario

I cinque discorsi teologici da Gregorio tenuti a Co­


stantinopoli nell'estate del 380, quelli che gli valsero a
buon diritto l ’a ppellativo di «Teologo», hanno nel no­
stro autore, altrim enti detto per la sua facondia il De­
mostene cristiano, una formulazione chiara fin dall’ini­
zio della sua attività pastorale.
Ce lo dimostra l ’a nalisi dei capp. 36-38, nei quali
Gregorio sinteticam ente espone la dottrina trinitaria da
presentarsi ai catecumeni.
In sede preliminare è utile ricordare che la teologia
per Gregorio è dottrina che tratta della divinità in se
stessa28, e che egli la distingue dall’economia la quale
espone le vie della salvezza degli uomini. Conseguente­
mente, soltanto l ’a ccettazione spontanea e volontaria
del dogma trinitario può comportare l ’inserimento
dell'uomo «e/Zliistoria salutis. Cosi visto, il problema
soteriologico, quello cristologico e quello trinitario sono

28 P er Platone, o sserv a T. Spidlik (Per una rilettura di Gregorio


N azianzeno, in «Koinonia», 5 [1981], p. 46), i teologi sono i poeti che
so tto le app aren ze sensibili dei m iti scoprono il m istero divino. Tale
m issione, secondo G regorio, è a ffid ata al teologo: p ro clam are la divi­
n ità del Logos sotto le form e visibili del C risto uomo. Il teologo è
« araldo di Dio» (E p. 185: PG 37, 304). Q uindi la teologia è u n a m issio ­
ne a p arlare: «Ho lasciato tu tto il re sto a chi lo vuole: la ricchezza, la
potenza, la gloria..., ab b raccio solo la p a ro la (Or IV, 100: PG 35, 636).
Cf. J. M ossay, La personnalité de saint Grégoire de Nazianze, in La
m ort et l ’au-delà dans saint Grégoire de Nazianze, Louvain 1966.
22 Introduzione

realmente interconnessi in maniera indissolubile con


l'unità e la trinità di Dio.
L ’esposizione della dottrina trinitaria si inserisce
nel contesto dei capp. 34-45 nei quali Gregorio spiega
come il prete deve vivere e come deve predicare la fede
alle varie categorie di persone. Gregorio ammonisce su­
bito — a m o' di proemio — che l'argomento è impor­
tante e deve essere trattato con delicatezza (cap. 36).
I pericoli da evitare sono tre:
a) il ridurre il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ad
una sola ipostasi;
b) il separarli come diversi ed estranei;
c) il considerarli come tre realtà uguali, ma indi-
pendenti e contrapposte.
II prim o pericolo rispetto al quale Gregorio vuole
m ettere in guardia i lettori è costituito sostanzialmente
dal sabellianismo 29, che nella polemica antiariana del
IV secolo si ritrova nella dottrina di Marcello vescovo
di Ancira 30.
Gregorio risponde che le ipostasi non richiamano
una poliarchia (2° e 3° pericolo: cap. 37) in quanto le

29 Sabellio fu esponente del m odalism o — d o ttrin a n a ta p ro b ab il­


m ente in Asia M inore — e verso il 217 venne anche a Rom a, dove fu
scom unicato dal pap a C allisto. Il sabellian ism o è d etto an ch e patri-
p assian ism o, perché, a rig o r di logica, doveva co n clu d ere che in re a l­
tà il P ad re stesso s ’incam ò, p a ti e fu crocifisso; m o narchianism o,
perch é intende ereticam en te nel senso di u n ic ità di p erso n a, e non
solo di n a tu ra , l ’antico d etto m on o teistico che n ella fede n ella divini­
tà bisogna ten ere la m onarchia. Il rig etto del sistem a m o d alistico da
p a rte della C hiesa vanifica l'accu sa a ria n a ta n te volte rip e tu ta con­
tro i cattolici che questi, difendendo 1’om ousios niceno, fo ssero cad u ­
ti nel sabellianism o.
30 M arcello nella polem ica a n tia ria n a , n e ll’in ten to di salv ag u ar­
d a re la co n su stan zia lità delle tre P ersone divine d ella T rin ità, aveva
in sistito a ta l p u n to su ll'u n ità di Dio d a n eg are la d istinzione reale
delle tre stesse Persone. T u tto il c a ra tte re d ella religione c ristia n a
veniva cosi ad essere sfig u rato con u n rito rn o essenziale a lla posizio­
ne giudaica.
Introduzione 23

tre Persone non sono senza principio né tutte e tre al


prim o posto.
Le tre Persone sono una sola cosa non nell'ipostasi,
ma nella divinità (unum tres divinitate).
Del resto la grandezza infinita di Dio sta proprio
non nell’essere un'unica divinità, ma n ell’essere princi­
pio di divinità: «Sarebbe infatti principio di piccole e
indegne cose... se non fosse principio di divinità e di
bontà, quale si contempla nel Figlio e nello Spirito San­
to, nell'uno in quanto Figlio e Verbo, n ell’a ltro in quan­
to Spirito che procede e che non si dissolve» (cap. 38).
Lo Spirito Santo, infatti, in quanto ingenerato non
è Figlio, in quanto procede dal Padre non è creatura, in
quanto è in mezzo tra l'ingenerato e il generato è Dio 31.

e) Riflessioni di Gregorio sulla Chiesa

Il problem a trinitario, quello cristologico e quello


soteriologico, collegandosi tra loro in organica sintesi
— essendo una la teologia — sanciscono la deificazio­
ne 32 dell’um anità che si realizza nella Chiesa.
La valenza ecumenica che caratterizza la Chiesa è
comune ai tre Cappadoci, ma in Gregorio si am m anta
di un ulteriore significato. Per il Nazianzeno l'ecumeni­
cità della Chiesa 33 non consìste nel numero dei fedeli,
ma nel fatto che vi appartengono tutti coloro che, senza

31 Cf. B asilio, De S p iritu Sancto, 30 (B. Pruche) SCh 17bis, pp.


350-352.
32 G regorio afferm a che il fine di tu tti gli uom ini è solo quello di
assim ilarsi a Dio m ed ian te la pu rezza della su a intelligenza e di avvi­
cin arsi a lui e di rim an ere in lui (Or. XIII, 149: PG 35, 847).
33 Cf. Y.M. Congar, De la co m m u n io n des Églises à urie ecclésiolo­
gie de l'Église, in L 'episcopat et l'Église universelle, P aris 1962, p.
251: la c a tto licità è vista, in O riente, non tan to com e la u n iv ersalità,
q u an to com e la presen za del tu tto in ciascu n a p arte, l’esp erien za del
tu tto fa tta nella co m u n ità locale.
24 Introduzione

distinzione di alcun genere, si fanno im itatori del Cri­


sto. Alla concezione elitaria della filosofia greca ed elle­
nistica, ancora largamente diffusa in età paleocristiana,
e secondo la quale la perfezione dell'uomo può essere
appannaggio solo di pochi esoterici, Gregorio contrap­
pone l'universalismo cristiano 3\ cioè /'im itatio Christi,
un costume di vita che è accessibile alla pratica di
tu t ti3S. Nella Chiesa terrena il gregge e i pastori, in
quanto imitatori del Cristo, vivono in pace e in ordine
perché hanno a modello la Trinità che è armonia delle
tre Persone 36.
E quando la Chiesa è inondata dalla Trinità, con­
clude Gregorio nella perorazione finale, «"La benedizio­
ne del padre consolida le case dei figli" e possa essere
fortificato io e questa "casa spirituale"... quando da
questa chiesa di qua sarò trasportato a quella di là...»
(cap. 116).
Perciò le distinzioni che esistono n ell’a mbito, ri­
spettivamente, del gregge e dei pastori e fra questi due
gruppi stessi, non hanno né tantomeno sanciscono alcu­
na frattura o privilegio, perché «Come nel corpo c ’è una
parte che comanda... e c'è una parte che è comandata...
alla stessa maniera Dio, con quella equità che tiene
conto del merito e con quella provvidenza con la quale
ha armonizzato ogni cosa, ha voluto che alcuni fossero
diretti con le parole e con l'esempio al com pim ento del
loro dovere... altri fossero preposti a ll’indirizzo della
Chiesa come pastori e maestri» (cap. 3).
Di fondamentale importanza, dunque, è la necessità
della gerarchia nella Chiesa, e in particolare la distin­
zione tra gregge e pastori, per assicurare alla Chiesa

34 Cf. E. Bellini, op. cit., p. 72.


35 Cf. 1 Cor. 11, 1.
36 S ulla concezione dei ra p p o rti C hiesa-Stato nel p en siero dei
C appadoci, restan o illu m in an ti le osservazioni di P. Scazzoso, In tro ­
duzione alla ecclesiologia di san Basilio, M ilano 1975, pp. 34-43.
Introduzione 25

stessa ordine e armonia. «È ingiusto ed illogico — affer­


ma Gregorio — che tutti vogliono comandare e che nes­
suno accetta (la responsabilità della guida), perché, se
tutti fuggissero questo che bisogna chiamare sia un ser­
vizio sia un comando, ne verrebbe a soffrire l'insieme
della Chiesa e non sarebbe più bella nella sua pienezza»
(cap. 4).

f) Dignità, oneri e doti che si richiedono nel sacerdozio

Quando, nel cap. 7, Gregorio enuncia uno dei m oti­


vi che lo hanno indotto alla fuga, e cioè l ’a more per la
vita, o meglio, per l ’attività anacoretica, visto che theo­
ria e praxis 37 si identificano n ell’ascesi filosofica del
Nazianzeno, si dice convinto di non poter essere capito
se non da chi ha provato quell’amore; subito dopo ag­
giunge che non gli riuscirebbe di persuadere dei suoi
sentim enti anacoretici la gente comune, la quale anzi
ne riderebbe, perché m al disposta: «la gente tiene que­
sto atteggiamento di sfiducia, sia perché è ignorante,
sia per il com portam ento di quegli uom ini (monaci e
preti) indegni della professione che svolgono».
La massa di questi sacerdoti che «con le mani spor­
che e con le anime profane si accostano alle cose santis­
sime... intorno all'altare fanno una calca... come pensas­
sero che questa dignità non fosse forma di virtù, ma un
m ezzo di sostentamento, non un pubblico servizio... ma
un potere che sfugge ad ogni controllo» (cap. 8), è tale
da preoccupare Gregorio, dal m om ento che egli precisa

37 M olto efficacem ente G. Del Ton («A ugustinianum », 13 [1973],


pp. 573-574) dice che non si tr a tta sem plicisticam en te d ella an titesi
di te o ria e p ratica, cioè della « p u ra teo ria o p p o sta al p ragm atism o»,
p erch é «G regorio u sa con tale significato logos e bios, rhem ata ed er­
ga. B asilio, secondo G regorio, uni la v ita a ttiv a a quella c o n tem p lati­
va (Or. XLIII: PG 36, 577).
26 Introduzione

che «il num ero di costoro è quasi maggiore di quello


dei loro sottoposti» (ibidj e agendo da lupi più che da
pastori, non potranno avere piti alcuno sul quale co­
mandare.
Gregorio non vuole che si sospetti che egli abbia la­
sciato il sacerdozio perché «mosso dal desiderio di oc­
cupare una carica superiore» (cap. 5), né che si dica che
egli ignora quale grande cosa sia l'accostarsi a Dio (cf.
ibid.J. Gregorio, ormai tornato a Nazianzo, è «ancora
dell'opinione che non sia la stessa cosa governare un
gregge... e guidare le anime degli uomini» (cap. 9); se
per l ’uom o com une saper comandare è più difficile che
saper obbedire, per il sacerdote la gestione di questo po­
tere che consiste «nella legge di Dio e a Dio conduce»
(cap. 10) è ben più pericolosa, perché superiore è l ’altez­
za e la dignità del potere sacerdotale. Bisogna che il sa­
cerdote sia in tutto puro, come oro e argento, altrimenti
tanto maggiore sarà il male che farà quanto più num e­
rosi saranno i suoi sudditi.
Né è sufficiente essere im m une dal peccato per po­
ter guidare gli altri alla virtù; il sacerdote non solo de­
ve distinguersi nella bontà, «eliminare d all’a nim a i ca­
ratteri negativi» (cap. 14), ma deve «eccellere nella prati­
ca della virtù più di quanto sia in alto per dignità»
fibid.j. «Se per il privato cittadino è colpa commettere
azioni cattive..., per il governante è colpa non essere il
migliore e non procedere continuam ente verso la perfe­
zione» (cap. 15). Quella «di guidare l ’uomo, il più m ulti­
forme e il più complesso degli essere viventi» è per Gre­
gorio l ’«arte delle arti, scienza delle scienze» (cap. 16)
perché è la medicina dell’anim a che proviene da Dio,
ed è divina, e tende alla nobiltà suprema anche se è le­
gata alla materia deteriore.
Anche questo legame è dovuto a Dio che ha operato
l ’unione della carne con lo spirito: l ’a nima, operando in
piena libertà, può portare in alto e purificare a poco a
poco la parte deteriore, «in modo che ciò che Dio è per
Introduzione 27

l ’a nima, diventi l ’a nim a per il corpo, educando la mate­


ria a divenire familiare a Dio e a servirlo» (cap. 17).
Nella sostanza il sacerdote ha due com piti fonda-
mentali da assolvere: insegnare i principi della fede e
curare le anime deboli o ammalate. È una terapia diffi­
cile che, come quella medica per il corpo, deve tenere
conto di tutta una varietà di fattori. Ma come il sacer­
dote può rendersi degno di servire Dio e di guidare il
suo gregge? Gregorio con molta chiarezza osserva che il
sacerdote deve camminare sulla via dei p recetti38 per­
ché la praxis è la salita verso la th e o ria 39.
Questo concetto è molto importante, non solo per­
ché è alla base di tutta la mistica cristiana, ma anche
perché aiuta a sgombrare il campo della credenza, oggi
diffusa, della inutilità, nel mondo contemporaneo so­
prattutto, dell'esperienza contemplativa.
Per Gregorio la theoria è la salita della m ente um a­
na a Dio, mentre la praxis è la discesa d ell’attività um a­
na verso la materia. Il cristiano allora — continua T.
Spidlik 40 — discende per salire. La contraddizione è
soltanto apparente, in quanto il sacerdote e ogni cristia­
no realizzano in questa duplice attività la perfetta im i­
tazione del Cristo.
L ’uomo cioè, che vuole elevarsi alla visione di Dio,
non deve far altro che vivere la sua condizione
u m a n a 41: non bisogna disprezzare il mondo, ma biso­

38 Cf. T. Spidlik, op. cit., p. 43.


39 Cf. Or. XX, 12: PG 35, 1080; cf. Orig. In L ucam hom il. I.
40 Cf. T. Spidlik, op. cit., p. 43.
41 La vita te rre n a — p er G regorio — assolve, in fatti, u n a funzio­
ne p ro p ed eu tica alla b eatitu d in e, perch é l'anim a, respingendola, è
m o tiv ata alla ric e rc a del vero bene. È com e u n a p rep arazio n e alla
m o rte in v ista delle gioie fu tu re. È evidente qui l’influsso platonico.
Però, m en tre p e r l’A teniese l'an im a si p re p a ra , a ttra v e rso m olteplici
m etem psicosi (trasm igrazioni), a vivere n ella luce dell’aldilà, nel Na-
zianzeno la vita te rre n a è un lascia o ra d d o p p ia che si gioca in u n a
p a rtita sola, senza prove di appello.
28 Introduzione

gna praticare la virtù, specie la carità che porta alla


gnosi.
Un'attenzione particolare, in term ini di economia
soteriologica, Gregorio dedica nei capp. 23-25 alla
m escolanza42 di Dio con l ’uom o realizzata dal Cristo
nella sua discesa, salvaguardando l'uomo nella sua in­
tegrità e se stesso (= Cristo stesso) nella sua unità.
Cristo, nuovo e diverso Adamo 43, restaura l ’ordine
infranto abbracciando l'albero della croce, quello stesso
albero che fu, per Adamo incontinente, causa di perdi­
zione (cf. cap. 25). È cosi realizzato lo scopo d ell’attività
pastorale che è quello di far abitare Cristo nei cuori
mediante lo Spirito 44.

42 Cf. A ristotele, De Gen. et con. I, 10, 328a, 26.


43 Cf. E. B ellini, op. cit., p. 47.
44 Cf. ibid., p. 44, n o ta 2.
La fuga, 1 29

Premessa

1. Sono stato vinto e confesso la mia sconfi


Supplice mi sono assoggettato al Signore ’. Con le pa­
role del beatissim o David voglio incom inciare il mio
discorso, o meglio, con le parole di Colui, che in David
ha parlato e ci parla ancora. Infatti il m iglior ordine
che si possa tenere, quando ci si accinge a parlare o ad
agire, è com inciare da Dio .e finire a Dio. Quanto alla
causa della resistenza e della viltà che mi ha spinto a
prolungare la fuga e il soggiorno 2 lontano da voi per
un periodo di tempo non breve per coloro ai quali so­
no accetto, e alla causa della m ia arrendevolezza e del
cam biam ento che mi ha portato di nuovo a voi, ciascu­
no pensi quello che gli pare secondo che mi ami o mi
odi, respingendo o com prendendo le ragioni. Nulla, in­
fatti, è cosi piacevole per gli uomini, quanto il chiac­
chierare dei fatti altrui, soprattutto quando siamo
mossi da benevolenza o da risentim ento. Da queste due
passioni il più delle volte suole essere occultata la veri­
tà. Per conto mio, senza vergogna vi proporrò quello
che è vero, e mi farò giusto arb itro di am bedue le p a r­

1 Cf. Sai. 36, 7.


2 Cf. Sai. 54, 8-9.
30 Gregorio Nazianzeno

ti, di quelli che mi accusano e di quelli che mi difendo­


no spontaneam ente; in parte accusandom i io stesso, in
p arte difendendomi.

Lo scandalo per u n ’accusa ingiusta

2. E perché il mio discorso proceda con meto


com incerò a parlare della viltà prim a accennata. Non
posso sopportare che di me si scandalizzino alcuni che
diligentem ente osservano ogni mia azione, buona o cat­
tiva che sia, dal mom ento che Dio ha voluto che io
avessi una qualche stim a presso i cristiani. Con questa
difesa curerò quelli che si sono scandalizzati, se ce ne
sono. È bello, quando si è innocenti e non si è sospetta­
ti di alcuna colpa, nella m isura del possibile e col con­
senso della ragione, non dare occasione di scandalo a
molti, se sappiam o quanto inevitabile e gravissim a pe­
na sia stabilita da Chi non mente mai, contro coloro
che scandalizzano anche uno solo dei p ic co li3.

M inistri e fedeli nella Chiesa

3. A me, carissim i, è accaduto questo, non com


persona ignorante e stupida — tu tt’altro, mi si consen­
ta questo piccolo vanto 4 — né come dispregiatore del­
le leggi e delle istituzioni divine. Come nel corpo c ’è
una p arte che com anda e che, p er cosi dire, presiede, e
c ’è una parte che è com andata e guidata, alla stessa
m aniera Dio, con quella equità che tiene conto del me­
rito e con quella provvidenza con la quale ha arm oniz­

3 Cf. Mt. 18, 6; Me. 9, 42; Le. 17, 2.


4 Cf. 2 Cor. 11, 16.
La fuga, 3-4 31

zato ogni cosa, ha voluto che alcuni fossero diretti con


le parole e con l’esempio al compimento del loro dove­
re, e sono quelli ai quali ciò to m a più vantaggioso, al­
tri fossero preposti aH’in d irizzo 5 della Chiesa come
pastori e m aestri, e sono quelli che, per la loro virtù e
per la loro fam iliarità con Dio, si elevano al di sopra
degli altri. E sono come l’anim a per il corpo o come
l'intelletto per l’anim a in modo che i due elementi,
quello più forte e quello più debole, unendosi insieme,
come nelle m em bra di un organismo, si congiungano
nell’arm onia dello spirito 6 e possano ricevere conve­
nientem ente un corpo solo che sia degno di Cristo stes­
so, veram ente nostro capo 7.

La vita solitaria

4. Ordunque so bene che l’anarchia e il disordi


per gli esseri viventi, non sono più utili dell’ordine e
della d iscip lin a8. Cosi è per gli uomini, anzi essi in
particolare tra tu tti gli esseri viventi corrono pericolo
e, se non osservano il prim o precetto della ragione, il
«non peccare», bisogna che almeno osservino il secon­
do, cioè, il «correggersi quando si pecca» 9. Ciò sem bra
giusto e buono; parim enti, ritengo, è ingiusto e illogico
che tu tti vogliono com andare e che nessuno accetta (la
responsabilità della guida), perché se tu tti fuggissero
questo che bisogna chiam are sia un servizio sia un co­
mando, ne verrebbe a soffrire l’insieme della Chiesa e

s Cf. Ef. 4, 11.


6 Cf. Ef. 4, 16.
7 Cf. Ef. 4, 15. È evidente che G regorio, conoscitore profondo
del pensiero filosofico classico, m u tu a da A ristotele (Poetica, 1, 5)
p er significare u n a g e ra rc h ia che esiste in n a tu ra a ogni livello, e da
Platone (Fedone, 80a).
8 Cf. Platone, Leggi, XII, 942. A ristotele, Polit. IV, 1319b.
9 Cf. Esiodo, Le opere, vv. 293-295.
32 Gregorio Nazianzeno

non sarebbe più bella nella sua pienezza. In qualche


m aniera e chi per conto nostro ancora celebrerebbe in
onore di Dio i mistici e sublimi riti, i quali costituisco­
no l’aspetto più im portante e più degno del nostro cul­
to religioso, se m ancassero e re e capi e sacerdoti e
sacrifici 10? Quante forti pene furono com minate ai
trasgressori per questi gravi danni?

Motivi di disdoro

5. Non è poi strano né inopportuno per la mag


parte di coloro che attendono alle cose divine assum e­
re incarichi di comando dopo aver lasciato la condizio­
ne di subordinati: ciò non esula dai limiti stabiliti dal­
la sapienza cristiana n , né è motivo di disdoro, cosi co­
me un abile m arinaio può prendere il posto di un uffi­
ciale di prua, e questi, che sa ben riconoscere la dire­
zione dei venti, può m anovrare il timone, o se si vuole,
come un valoroso soldato può com andare una squadra
e come un buon com andante di squadra può com anda­
re una spedizione intera e assum ere la direzione gene­
rale delle operazioni belliche 12. Non ci sia però qual­
cuno che sospetti che io abbia disdegnato il m inistero
sacerdotale in quanto mosso dal desiderio di occupare
una carica superiore 13. Tale sospetto, inopportuno e

10 Cf. Os. 3, 4.
11 Cf. A.M. M alingrey, Philosophia. É tude d 'un groupe de m ots
dans la littérature grécque, des présocratiques au I V siècle après J.-C.,
P aris 1961, p. 224, n o ta n. 82: volendo g iu stificare il suo accesso al
sacerdozio, G regorio lo p re se n ta com e u n a cosa n o rm ale e ragione­
vole. Secondo J. B ern ard i, op. cit., p. 93, n o ta n. 3, G regorio vuol d ire
che l’accesso al sacerdozio non è in co n trad d izio n e con la su a p ro fes­
sione m onastica.
12 R em iniscenza classica di A ristofane (Cavalieri, vv. 542-544).
13 Giovanni C risostom o, Il sacerdozio (a c u ra di A. Q uacquarelli),
III, 170, R om a 1980.
La fuga, 5-6 33

malevolo, è proprio di coloro che sono soliti giudicare


la sensibilità e la condotta altrui sulla scorta del pro­
prio modo di agire e di sentire. Non sono cosi ignaro
della grandezza divina e della m eschinità um ana da
non pensare che sia una cosa grande, per ogni n atu ra
um ana creata, l’avvicinarsi in qualunque modo a Dio,
il quale unico solo risplende luminosissimo 14 e sovra­
sta in purezza ogni n atu ra corporea 15 e incorporea 16.

Le ragioni del suo comportamento

6. Che cosa dunque è successo dentro di me e q


è il motivo della mia disobbedienza? In quel momento
era sem brato alla m aggior parte delle persone che non
fossi più in me e che fossi un altro diverso da quello
che conoscevano, e che resistessi al di là della conve­
nienza e che m anifestassi dell’arroganza. Vogliate dun­
que ascoltare i motivi di questo mio com portam ento,
visto che da tem po orm ai lo desiderate. Colpito da un
fatto veram ente inaspettato, come quelli rim asti sbi­
gottiti da repentini strepiti, non mi potei valere della
ragione e per questo persi quella m odestia che sempre
mi aveva accompagnato. Poi mi prese un certo onesto
desiderio di vita tranquilla 17 e solitaria, della quale
ero sem pre stato innam orato, come nessun altro stu­
dioso di eloquenza. Del resto, trovandom i una volta in
mezzo a grandissim i e gravissimi pericoli 18, avevo pro­
messo a Dio di ritirarm i in solitudine. Avendone poi
fatta una certa esperienza, anche se appena iniziata,
era cresciuto in me tal desiderio e non sopportavo più

14 Cf. 1 Tim. 6, 16.


15 Ogni uom o.
16 Ogni angelo.
17 Cf. Vita, vv. 112-113.
18 Cf. Vita, vv. 194-198.
34 Gregorio Nazianzeno

che mi si facesse violenza 19 e che fossi spinto in mezzo


ai tram busti del mondo, strappato come dal sacro rifu­
gio di tale vita.

Parlare con la propria anima

7. Niente, infatti, mi sem brava tanto bello qua


zittire le sensazioni, estraniarsi dalla carne e dal mon­
do, e ritirarsi in se stessi, non curare le cose umane, se
non per necessità, parlare con la propria anim a e con
Dio 20, per vivere al di sopra della realtà fenomenica e
p o rtare in sé le ispirazioni divine, sem pre pure e non
m escolate con queste im pressioni né con questi errori
delle cose terrene. Diventare dunque uno specchio ve­
ram ente im macolato di Dio 21 e delle cose divine, o ra e
sempre, prendendo luce da luce e sostituendo la chia­
rezza là dove maggiore è la confusione, già godendo
con le speranze presenti il bene della vita futura; con­
versare con gli angeli, p u r stando ancora sulla terra,
m a avendo abbandonato la te rra perché innalzato dallo
Spirito. Chi di voi conosce, per averlo provato, questo
am ore del quale io parlo, intende ciò che voglio dire e
mi perdonerà la passione che allora mi aveva preso.
Peraltro, cosi parlando, non potrei persuadere la mag­
gior parte della gente comune, la quale anzi rid erà in
quanto mal disposta; la gente tiene questo atteggia­
mento di sfiducia, sia perché è ignorante, sia per il
com portam ento di quegli uomini indegni della profes­
sione che svolgono: costoro ad una azione bella ascri­

19 G regorio considera a tto tiran n ico l’ordin azio n e sacerd o tale su ­


b ita da p a rte di suo padre; lo stesso d irà di q u ella vescovile im p o sta­
gli d a Basilio.
20 Cf. 1 Cor. 14, 28.
21 Cf. Sap. 7, 26. Cf. C. M oreschini, in «A ugustinianum », 13
(1973), pp. 535-541.
La fuga, 7-8 35

vono una nom ea brutta, alla filosofia danno il nome di


vanagloria 22, e si avvalgono dell’aiuto — per cosi dire
— dell’invidia e del vizio di molti di rivolgersi più fa­
cilm ente al peggio, per com m ettere in ogni modo alme­
no uno dei due peccati seguenti: fare il male o non cre­
dere al bene.

Il servizio dell'altare

8. Oltre a questo sentimento, poiché voglio svel


un segreto, ne ho provato un altro, non so se rozzo o
raffinato. Io mi sono vergognato per conto degli altri,
di quanti non essendo affatto migliori del resto della
gente — e sarebbe anche assai se non fossero peggiori
—, come si dice, con le mani sporche 23 e con le anime
profane 24 si accostano alle cose santissim e e, prim a
che siano p u r fatti degni di intervenirvi, rivendicano il
diritto di sedere ai lati dell’altare. Intorno all’altare
fanno una calca e un impesto, costoro, come pensasse­
ro che questa dignità non fosse form a di virtù, m a un
mezzo di sostentam ento, non un pubblico servizio del
quale rendere conto poi, m a un potere che sfugge ad
ogni controllo. E il num ero di costoro è quasi maggio­
re di quello dei loro sottoposti; m iseri per questa loro
circospezione, infelici per questo splendore, sicché col
procedere del tem po e del male, secondo me, non po-

22 Si tr a tta di m onaci che vivono in degnam ente i doveri del loro


sta to co m p rom ettendo cosi la b u o n a fam a che trad izio n alm en te li ac­
com pagna.
23 Cf. Mt. 15, 20; O m ero, Iliade, VI, 266: «vivido vino lib are a
Zeus con m ani im p u re non osò»; Esiodo, Le opere, v. 725.
24 Si tr a tta di non b attezzati che vengono o rd in a ti sacerd o ti o an ­
che vescovi. Il Concilio di C ostantinopoli del 381, dim essosi G rego­
rio, elesse vescovo un certo N ettario che ricev ette il b attesim o in
quella occasione.
36 Gregorio Nazianzeno

iranno avere più alcuno sul quale com andare, volendo


tu tti fare il m aestro invece di lasciarsi am m aestrare da
Dio, come dicono gli evangeli25, dandosi ognuno a
profetizzare 26 tanto che c’è «anche Saul tra i profeti»,
secondo la storia e il proverbio antico 27. Non c’è e non
c’è mai stata alcuna cosa in alcun tem po — se altri er­
rori hanno avuto il loro sviluppo e il loro declino —
come oggi le ignominie e i peccati di tal genere presso
i cristiani. Anche se è superiore alle nostre forze arre­
stare il loro impeto, tuttavia per p arte n o stra non è
piccolissim a parte di pietà provare odio e vergogna p er
tali peccati.

Il pastore del gregge

9. Ma l'ultim o e il più im portante dei motivi espr


si — e vengo orm ai al punto principale della mia di­
fesa e non m entirò, non essendo ciò lecito a coloro che
parlano di cose tali — è questo: io ero e sono ancora
dell'opinione che non sia la stessa cosa governare un
gregge o un arm ento e guidare le anime degli uomi­
ni. Quanto al bestiam e infatti, arm ento o gregge che
sia, penso che basti farlo ingrossare e ingrassare il più
possibile; e con l’attenzione volta a tale scopo il m an­
driano o il pastore avrà cu ra di cercare pascoli irrigati
e adatti, condurrà i suoi anim ali al pascolo e li riporte­
rà indietro 28, li farà riposare e li farà muovere, li farà
rito rn are qualche volta usando il bastone, ma ben più

25 Cf. Is. 54, 13; Gv. 6, 45.


26 Cf. 1 Cor. 14, 24; 12, 29.
27 Cf. 1 Sam . 10, 11; 19, 24.
28 L’im m agine qui afferen te a q u e sta a ttiv ità del p a sto re è sotto-
lin eata nel testo greco con m aggiore efficacia — che non può del re ­
sto e ssere re sa da alcu n a trad u zio n e ad eg u ata — d alla p resen za del­
la variatio v erbale e dal poliptoto (accusativo + genitivo).
La fuga, 9-10 37

spesso col suono della zampogna. Il pastore o il m an­


driano non hanno da fare altro che tenere un po’ lonta­
ni i lupi e curare eventualm ente qualche animale feri­
to; e il m aggior pensiero che essi avranno, sarà di tro ­
vare una quercia, dell’ombra, dei canneti, di sdraiarsi
sopra qualche bel cespo d ’erbe, di riposarsi presso un
fresco corso d ’acqua, di prep ararsi un letto di fronde
allo scoperto; all’occasione, anche cantare una canzone
d ’am ore con la ciotola in mano e parlare alle vacche e
alle pecore, e banchettare con l’animale più grasso o
venderlo. Ma nessuno mai s’è preso cu ra delle virtù di
greggi o m andrie. Qual è mai la virtù di questi anim a­
li? E chi mai ha preposto il bene delle sue bestie al
proprio piacere? 29.

Il pastore delle anime

10. Per un uomo è difficile cosa saper obbed


ma c ’è il rischio che sia ancor più difficile saper co­
m andare agli u o m in i30, m assim am ente quando si tra t­
ta di un potere qual è il nostro, che consiste nella leg­
ge di Dio e a Dio conduce; quanta è l’altezza e la digni­
tà di questo potere, tanto è anche il pericolo che esso
com porta per chi almeno è assennato. Bisogna innanzi
tu tto che quest’uomo, come fosse oro o argento, venga
esam inato sotto ogni aspetto, in tu tte le occasioni e in
tu tte le cose, e di quest’uomo nessuna parte dovrà con­
tenere ram e o altre falsificazioni31, altrim enti tanto
maggiore sarà il male che com pirà, quanto più num e­

29 Q uesto capitolo risu lta, dunque, tu tto u n tro p o sofistico nel


q uale la lunga descrizione delle m ansioni del m an d ria n o è ra p p o rta ­
ta a quelle del prete.
30 Cf. A ristotele, Polit. I, 5, 2.
31 Cf. 1 Cor. 3, 12-14.
38 Gregorio Nazianzeno

rosi saranno i suoi sudditi. Il male che si sparge su


m olti è maggiore di quello lim itato a uno solo 32.

Il contagio

11. Né un tessuto cosi facilm ente si imbeve d


tin tu ra indelebile né il cattivo odore si trasm ette a ciò
che è vicino, né vapore alcuno letale cosi presto si im­
prim e neH’aria e, attraverso l’aria, negli esseri viventi
— la qual cosa è già peste e peste si chiam a —, che
molto più celerm ente non soglia il suddito riem pirsi
della m alvagità del suo superiore. Questa propagazione
della malvagità avviene molto più facilm ente del suo
contrario, cioè della virtù. La m alizia supera la bontà
so p rattutto in questa capacità di propagarsi più celer­
mente. Della qual cosa, quando la considero, mi dolgo
sommamente, cioè del fatto che la m alvagità si im iti e
si apprenda ben prontam ente, e che non esiste alcuna
cosa tanto facile quanto diventare cattivo, anche se
non ci sia chi ce lo insegni. La conquista del bene, in­
vece, è im presa ardua e faticosa, anche in presenza di
un forte stimolo e di un pressante invito. E mi sem bra
questa l’osservazione del beatissim o Aggeo quando,
con quella m irabile e verissim a similitudine, venne a
dire: «Interrogate, o sacerdoti, la Legge: se una carne
consacrata, avvolta in un panno, tocchi qualcosa da
m angiare o da bere, o un vaso, santificherà subito quel
che tocca? Rispondendosi di no, interrogate di nuovo:
se uno di questi oggetti è venuto in contatto con una
im purità, co n trarrà subito tale im purità?» 33. Rispon­

32 Cf. G iovanni C risostom o, Il sacerdozio, cit., IV, 11.


33 Ag. 2, 11-14. Aggeo, au to re d e ll’om onim o lib ro profetico, è rite ­
nu to l ’undicesim o dei p ro feti m inori; sollecitò con Z accaria i Giudei
alla rico stru zio n e del tem pio (Es. 5, 1; 6, 14).
La fuga, 11-14 39

deranno che la contraggono e non rim ane la purezza


nel contatto.

Medicare se stessi

12. Che cosa voleva dire? La stessa cosa appunto


che sostengo io: che il bene s’attacca difficilmente, alla
n atu ra umana, come il fuoco al legno troppo umido, e
che gli uomini sono per la maggior parte preparati e
disposti a ricevere il male, cosi come la paglia, penso,
per la sua secchezza, ad un soffio di vento subito si in­
fiam ma e si consuma. Si potrebbe più facilmente ac­
quistare un piccolo vizio in profondità che una grande
virtù in piccola parte. Perciò un poco di assenzio può
inficiare, con la sua amarezza, il miele, m entre il mie­
le, neppure in una quantità doppia addolcirà l’assen­
zio; un sassolino, sottratto da una diga, potrebbe fare
irrom pere tu tto un intero fiume, laddove per contene­
re o arrestare tale corso d ’acqua a stento potrebbe ba­
stare un fortissim o riparo.

13. Questa dunque soprattutto, tra le osservazioni


fatte, è degna di diligente attenzione: non m ostriam oci
cattivi pittori di una virtù meravigliosa, piuttosto catti­
vo modello per pittori forse non cattivi, non per la
massa. Non allontaniam oci dal proverbio: non si posso­
no m edicare gli altri se si è pieni di piaghe.

Eccellere nelle virtù

14. In secondo luogo, anche se qualcuno riusc


a m antenersi puro da ogni peccato o com unque il più
possibile, non so se ciò gli basterebbe ad educare gli
altri alla virtù. Non bisogna soltanto che sia non catti­
40 Gregorio Nazianzeno

vo colui il quale ha ricevuto questo compito — la m al­


vagità è anche per m olti che ne sono soggetti cosa ver­
gognosissima — m a deve distinguersi nella bontà, se­
condo quel precetto che com anda di fuggire dal male e
di fare il b e n e 34. E deve non solam ente elim inare
daH’anim a i caratteri negativi, m a anche im primervi
dei migliori per eccellere nella p ratica della virtù più
di quanto sia in alto per dignità. E non bisogna cono­
scere term ine alcuno al bene e all’ascesa dello spirito
né reputare quello che si ha un guadagno e perdita
quello che non si ha 3S, m a si deve sem pre ritenere pro­
dromo di quel che segue, ciò che si ha davanti. Non è
da considerare gran cosa distinguersi dagli altri, m a
grave perdita non raggiungere il grado della dignità ri­
vestita. M isurare 36 quello che si deve fare, non secon­
do quelli che ci stanno vicino — malvagi o che abbiano
voglia di procedere nella via della virtù —. E non biso­
gna valutare con una piccola unità di m isura la virtù
che dobbiamo all’Essere suprem o e dal quale tu tto
proviene e al quale tu tto rito rn a 37.

Le attitudini diverse

15. E non si pensi che a tu tti convengono le ste


attitudini: gli uomini non hanno tu tti la stessa età né
gli stessi lineam enti del volto; gli animali non hanno la
stessa indole né medesime sono le qualità della n atu ra
né le bellezze né le grandezze delle stelle 38. Si pensi in­
vece che, se per il privato cittadino è colpa com m ette­
re azioni cattive o mancanze degne di castigo sulle

34 Cf. Sai. 36, 27.


35 Cf. Fil. 3, 7.
36 Cf. 2 Cor. 10, 12-13.
37 Cf. 1 Cor. 8, 6.
38 Cf. 1 Cor. 15, 41.
La fuga, 15-16 41

quali severam ente vige la legge, per il governatore è


colpa non essere il m igliore e non procedere continua-
m ente verso la perfezione. E questo accade a chi vo­
glia, con l'eccellenza della virtù, condurre il popolo a
virtù m oderate, senza rico rrere alla forza per gover­
narlo, m a cattivandoselo con la persuasione. Infatti,
quello che non si fa spontaneam ente, oltre ad essere ti­
rannico e non lodevole, non è durevole. Ciò che subisce
violenza, come pianta piegata a forza di braccia, rito r­
na nella condizione di prim a non appena lasciato libe­
ro 39. Ma quello che si fa p er libera scelta è legittimo e
durevole, perché garantito dal vincolo della buona vo­
lontà 40. In conseguenza di ciò, la nostra legge e il no­
stro legislatore impongono che il gregge pascoli libera­
m ente e non per fo rz a 41.

L'arte delle arti

16. Ma ammesso che si trovi qualcuno che non


cattivo e che anzi sia giunto al sommo della virtù: non
vedo di quale scienza possa essere dotato o in quale
um ana facoltà possa confidare per assum ere con co­
raggio un tale incarico. Questa mi sem bra veram ente
arte delle arti 42, scienza delle scienze, questa di guida­
re l’uomo, il più m ultiform e e il più complesso degli
esseri viventi. Lo si potrebbe vedere com parando la cu­
ra della anim e con la medicina dei corpi; e ad una ana­

39 Cf. G iovanni C risostom o, Il sacerdozio, cit. II, 3, 104: «Qui, in ­


vece, a ren d ere m igliore qualcu n o o cco rre non la forza, m a la p e r­
suasione». Il tem a d ella p ian ta che subisce violenza è u n topos fam i­
liare a G regorio: cf. Or. XX, 5; Or. VI, 8; Or. XXIII, 1.
40 Cf. Vita, w . 1293-1301.
41 1 Pt. 5, 2.
42 Cf. D oroteo di Gaza, Instructiones, 8, n o ta n. 95; G regorio M a­
gno, L iber pastoralis, PL 77, 14A: «Ars est a rtiu m regim en anim a-
rum »; G iovanni C risostom o, Il sacerdozio, cit., V, 482.
42 Gregorio Nazianzeno

lisi più profonda si vedrà che quanto più quest’ultim a


è faticosa, tanto più è difficile l’arte di cu rare le ani­
me, ed è più degna sia per la n atu ra del soggetto, sia
per la facoltà della scienza, sia per il fine dell'operazio­
ne. La m edicina si occupa di corpi, cioè della parte di
noi caduca e corruttibile, destinata in ogni modo a dis­
solversi e a servire la sua n aturale condizione, anche
se m om entaneam ente, con il soccorso della scienza,
riesca a superare il contrasto della dissoluzione. La
m alattia o il tempo, però, hanno il sopravvento, pro­
prio perché la dissoluzione è conforme alla n atu ra e
non può oltrepassare i limiti propri.

Eredi della gloria celeste

17. All’opposto è, invece, la cu ra dell'anim a


proviene da Dio, divina e partecipe della nobiltà supre­
ma, alla quale tende, anche se legata alla m ateria dete­
riore 43. Legami dovuti ad altre ragioni che solo Dio co­
nosce, egli che ha operato l’unione della carne con lo
spirito, oppure note anche a qualcuno che Dio ha illu­
m inato in siffatti m isteri 44. Ma per quanto è dato co-

43 L’an tin o m ia anim a-corpo è un topos dei p iù diffusi che isp ira
una folla di m etafo re sia nelle orazioni sia nei carm i di G regorio il
quale, da degno allievo delle scuole re to ric h e di Atene, raccoglie le­
gna d a ogni bosco e si in teressa alle teo rie pagane su ll’an im a n ella
m isu ra in cui esse servono alla sua eloquenza. È com unque c e rta la
co n d an na che G regorio p o rta co n tro P itag o ra e l’orfism o, co n tro la
teo ria di Platone della rem iniscenza e della m etem psicosi. E p icuro è
con d an nato p er i suoi principi ato m istici e A ristotele p e r le sue vi­
sioni tro p p o um ane sull'anim a, non co n sid e ra ta im m o rtale. V edasi, a
questo proposito, H. P inault, Le Platonism e de saint Grégoire de Na­
zianze, P aris 1925.
44 Q uesto term in e può desig n are sia cose seg rete e m isterio se
che sfuggono aH’in tendim ento sia tu tto ciò che p e rm e tte all'u o m o di
e n tra re in com unione con Dio (Liddel-Scott, Lexicon, p. 1156). Nel no­
stro caso il term in e contem pla tu tti e due i significati.
La fuga, 17-18 43

noscere a me e a coloro che mi sono simili, due sono i


motivi: il prim o è questo: affinché essa, attraverso il
contrasto e la lotta con le cose terrene 45, diventasse ere­
de della gloria celeste e realizzasse le sue speranze come
premio della sua virtù, e non per sola grazia di Dio. An­
che questo era dono della suprem a volontà, che fossimo
autori del nostro bene, bene non seminato in noi dalla
natura, ma coltivato dalla nostra scelta e dai moti del li­
bero arbitrio che abbiamo di volgerci al bene e al male.
L’altro motivo è che l’anim a attragga a sé anche la parte
deteriore e la elevi in alto liberandola a poco a poco della
sua im purità in modo che ciò che Dio è, per l’anima, di­
venti l’anim a per il corpo, educando la m ateria a diveni­
re fam iliare a Dio e a servirlo.

La terapia medica

18. Il medico poi considererà i luoghi, l’occasio


l’età, le stagioni e altre cose di questo genere; p rescri­
verà le medicine, ordinerà diete, starà attento ai danni
per evitare che i desideri inerenti alla inferm ità osta­
colino la terapia. Talvolta userà bruciature, tagli e
mezzi più aspri necessari alla cura, quando ce ne sarà
bisogno. Ma nessuna di queste cose, che p u r appaiono
molto faticose e difficili, lo è tanto quanto osservare e
curare i costum i, le passioni, il modo di vivere, i proponi­
m enti e altre cose simili che sono in noi; allontanare da
noi tu tto quello che v’è di ferino e di agreste e introdurvi
e conferm arvi ciò che piace a Dio; farsi arbitro giusta­
m ente tra l’anim a e il corpo, senza che la parte migliore
di noi sia vinta dalla peggiore — la quale cosa appunto

45 Cf. Ef. 6, 12. L’in tero capitolo, spiegando le ragioni d ell’unione


dell’an im a e del corpo n e ll’uom o m o rtale, fa valere che u n a tale as­
sociazione p re p a ra la riu n io n e fu tu ra degli stessi elem enti n e ll’altro
mondo.
44 Gregorio Nazianzeno

sarebbe la più grande delle ingiustizie —, m a sottopo­


nendo all’anim a che è superiore guida per gli altri, il cor­
po che le è naturalm ente inferiore. Proprio come vuole
la legge divina, perfettam ente idonea a tu tta la creazio­
ne, sia la visibile sia quella che trascende i sensi.

L ’egoismo

19. Faccio anche u n 'altra osservazione: ciascu


degli elementi esam inati dal medico rim ane sempre
quello che è per n atu ra e nulla da p arte sua può con
scaltrezza m acchinare all’incontrario e ostacolare le ri­
sultanze dell’arte medica. La terap ia m edica anzi vince
la m ateria, eccetto quando una lieve insorgenza del pa­
ziente intervenga, m a che anch’essa non è difficile con­
trollare e neutralizzare. In noi la capacità intellettiva,
l'egoismo e il non saper facilm ente né essere vinti né
arrenderci, costituiscono un grandissim o ostacolo alla
virtù che diviene un baluardo contro coloro che ci ven­
gono in aiuto. Lo zelo che occorre per far capire la
p ropria m alattia ai medici è lo zelo che usiamo per
sottrarci alla medicina. Da valorosi ci battiam o contro
noi stessi insorgendo contro la n o stra salute.

Non si hanno scuse per i peccati

20. Infatti, o nascondiam o furtivam ente il nos


peccato, relegandolo come un tum ore maligno nella
p arte più profonda dell’anima, con l’illusione di sfuggi­
re al grande occhio di Dio e della sua giustizia, se pure
siamo sfuggiti agli occhi degli uomini; o formuliamo
scuse per i nostri p e c c a ti46, argom entando sofismi

46 Cf. Sai. 140, 4.


La fuga, 20-21 45

probatori delle nostre passioni; o chiudendo la via


all’udito, alla m aniera dell’aspide sorda che si tu ra le
orecchie, ci ostiniam o a non ascoltare la voce degli in­
cantatori, e a non lasciarci curare con le medicine del­
la sapienza, con le quali si suole curare la m alattia
dell’anima; o, infine, quelli di noi che sono più audaci
e più valenti, e che non sem brano m ostrare alcuna ver­
gogna dei loro peccati e di quelli che li curano, a fron­
te scoperta 47, come suol dirsi, si abbandonano ad ogni
iniquità. Che follia! A meno che qualche altro nome si
addica a tale passione. Quelle persone che sarebbe
conveniente tra tta re come benefattori, noi le persegui­
tiamo come nemici; a quelli che ci rim proverano alla
p orta noi riserviam o il nostro odio e aborriam o le loro
sante ammonizioni 48. Crediamo di com battere meglio
quelli che ci vogliono bene, se avremo fatto tu tto il m a­
le possibile a noi stessi, come quelli che si lacerano le
proprie carni, pensando di m ordere quelle dei vicini.

La terapia spirituale

21. Queste sono le ragioni per le quali io riten


che la nostra medicina sia più faticosa e per questo
più onorata di quella dei corpi, la quale esplora poco
nel profondo, prevalentem ente la parte apparente. La
nostra terapia, invece, tu tta e diligentemente si volge
al profondo del cuore dell’uomo 49, e la nostra b atta­
glia è contro chi ci resiste e si oppone dal di dentro
usandoci come arm i contro noi stessi e — ciò che è più

47 «A fro n te scoperta» (lett. a capo nudo) è un calco p latonico (Fe­


dro, 243b) m esso su lla bocca di S ocrate: «C ercherò di ren d erg li (a
E ros) la palinodia a capo nudo, e non, com e p rim a, coperto p e r la
vergogna».
48 Cf. Am. 5, 10.
49 Cf. 1 Cor. 14, 25; 1 Pt. 3, 4.
46 Gregorio Nazianzeno

terribile — ci trascina al consumo del peccato. Dinanzi


a queste difficoltà bisogna avere una grande fede e
assoluta 50, un aiuto ancor più grande da p arte di Dio,
e da parte nostra, ne sono persuaso, una adesione non
fiacca, m a testim oniata con le parole e con le azioni, se
vogliamo che le anime, che sono il bene più prezioso in
nostro possesso, siano da noi ben curate, ben purifica­
te e che siano degne quanto più è possibile.

Riportare Cristo nei cuori con l ’a iuto dello Spirito

22. Quanto ai fini delle due terapie — questo ci re


sta da esam inare — la m edicina corporale ha quello di
conservare il vigore e la euchessia del corpo, se ci so­
no, ovvero di ripristinarli, se sono andati perduti. Ma
non è ancora chiaro se il possesso di tali beni arrechi
un qualche giovamento, perché spesso qualità contra­
stanti sono riuscite più giovevoli per coloro che le pos­
seggono, come povertà e ricchezza, fam a e oscurità,
umili e splendidi natali, e quanti altri beni, n atu ral­
m ente indifferenti che finiscono con l’essere migliori o
peggiori, secondo l’uso o la scelta dei possessori. L’al­
tra, invece, ha il fine di dare all’anim a ali, di strap p ar­
la dal mondo e di darla a Dio 51; conservare ciò che è
conforme all'im m agine 52, se rischia il pericolo, o recu­

50 Cf. 1 Cor. 13, 2.


51 È ric o rre n te in G regorio l’appello ai c ristia n i p erch é vivano la
m ilitia e la im itatio Christi. Qui G regorio p rec isa che tale co n fo rm a­
zione m o rale deve essere lo scopo stesso d ell’a ttiv ità p asto ra le , volta
ap p u n to a fa r ab ita re C risto nei cu o ri tra m ite lo S pirito.
52 P er G regorio l'im m agine è u n a p a re n te la con Dio. In questo
senso il concetto è già in P latone (synghéneia). Tale re a ltà divina che
è n ell’uom o e che l'uom o deve conservare, non è sta tic a m a d inam ica
(Teeteo, 176b): «e questo fuggire (dell’an im a d alla te rra ) è u n asso m i­
gliarsi a Dio p e r quel che uom o può». T uttavia, poiché in Platone
m anca il concetto di creazione, il processo perfettiv o d e ll’anim a non
La fuga, 22-23 47

perare ciò che sbanda, riportando Cristo nei cuori con


l’aiuto dello Spirito S3, e, in definitiva, farla Dio ed ele­
varla alla beatitudine, essa che appartiene alla schiera
celeste.

L'unione di due realtà distinte

23. Questo ci vuole prescrivere la Legge 54, no


guida, questo i profeti che sono m ediatori tra Cristo e
la Legge, questo vuole il Cristo finitore e fine della
Legge spirituale 55, questo vuole la divinità che si è an­
nientata 56, questo la carne che è stata sublim ata, que­
sto vuole la nuova mistione, Dio e uomo, una sola real­
tà da due e am bedue che giungono all’unità. Per que­
sto Dio si è m escolato alla carne per mezzo dell’ani­
ma 57 e due realtà distinte si unirono per la fam iliarità
del m ediatore con tu tte e due e tu tti gli elem en ti58
vennero S9 all’unico essere per tu tti e per l’unico proge­
nitore 60: l’anim a 61 per l’anim a che aveva disobbedito,

co m p o rta alcu n a trasfo rm azio n e in terio re, m a re sta «sem plice d i­


stacco dalla m ateria» e «sem plice im itazione del dio a stra le che
l’an im a seguiva p rim a di cad ere nella prigione del corpo» (Fedro,
252d). Cf. E. Bellini, op. cit., p. 35, n o ta n. 3. Cf. Gen. 1, 26.
53 Cf. Ef. 3, 16-17.
54 Cf. Gal. 3, 24.
55 Cf. E br. 12, 2.
56 Cf. Fil. 2, 7.
57 È evidente il riferim en to a O rigene (De principiis, 2, 6, 3).
S u ll’azione m ed iante d ell’anim a, cf. E. Bellini, op. cit., p. 44, n o ta n. 2.
58 ...tu tti gli elem enti (che com pongono l’essere umano);
59 ...vennero (a fa r p a rte dell'unico essere);
60 ...per tu tti = p e r la salvezza di tu tti (gli elem enti che com pon­
gono l’essere umano); p er (la salvezza del) l’unico progenitore.
61 ...l’anim a (fu a ssu n ta p e r salvare... G regorio si leva co n tro la m u ­
tilazione che l’ap o llin arism o voleva infliggere alla n a tu ra u m an a di Ge­
sù Cristo, e m antiene con ferm ezza l’esistenza d e ll’an im a razionale,
noùs, n ella u m an ità del S alvatore. Cf. Or. XXXVII, 2: PG 36, 284.
48 Gregorio Nazianzeno

la carne per la carne che era stata complice e colpevo­


le, Cristo 62, più alto e più forte del peccato, per Ada­
mo divenuto soggetto al peccato.

Il nuovo mistero

24. Per questo all'antico ordine fu sostituito il n


vo e, per mezzo della Passione, Colui che p a t i 63 fu
richiam ato 64 e per 65 i singoli elem enti dei quali siamo
com posti furono dati in cam bio gli stessi singoli
elementi 66 di Colui che è sopra di noi; e l’economia
(ispirata) dall’am or di Dio verso colui che era caduto
per disobbedienza divenne un nuovo m istero. Per que­
sto il N atale e la Vergine; per questo la m angiatoia e
Betlemme; il N atale corrisponde alla formazione 67, la
Vergine alla donna, Betlemme sta al posto dell’Eden,
la m angiatoia sta al posto del Paradiso. Le cose piccole
e visibili in luogo di quelle grandi e invisibili. Per que­
sto gli angeli glorificarono Gesù celeste e poi terreno, i
pastori videro la gloria sull’Agnello e Pastore, la stella
indicò il cammino, i Magi si inginocchiarono e offriro­
no doni, perché fosse d istru tta l’idolatria. Per questo
Gesù fu battezzato e ricevette testim onianza dall’alto e
digiunò e fu tentato e sconfisse il ten tato re in passato
vittorioso. Per questo i diavoli furono scacciati e cu ra­
te le m alattie e il grande messaggio fu affidato a picco­
li uomini e da essi portato a com pimento 68.

62 C risto (si è fatto uomo) più alto e...


63 ...colui che p ati = Adamo v ittim a del peccato.
64 ...fu rich iam ato (allo sta to originario).
65 ...e p e r (la salvezza de) i singoli...
66 ...gli stessi singoli elem en ti (assunti d a Colui)...
67 ...alla form azione (di Adamo).
68 C risto, altrove d etto nuovo Adamo (cf. Or. XXXIX, 2), è in ra p ­
p o rto di analogia e di opposizione con Adamo. La som iglianza sta nel
La fuga, 25 49

L ’albero della vita

25. Per questo le nazioni tum ultuarono, i pop


pensavano alle vanità 69; per questo il legno contro il
legno 70, e le m ani si opposero alla mano, mani genero­
sam ente tese si opposero alla mano tesa senza freno,
quelle trafitte dai chiodi alla mano aperta e libera,
quelle congiungenti gli estrem i della te rra di contro a
quella che scacciò A dam o71. Per questo il sublime di
fronte alla caduta, il fiele al posto del gusto, la corona
di spine contro il potere del male, la m orte contro la
morte, le tenebre svaniscono a causa della luce, la se­
po ltura contro il ritorno in terra, il risorgere contro
l’insorgere. Tutte queste cose costituivano un am m ae­
stram ento di Dio verso di noi, una certa terapia per la
nostra debolezza, per ricondurre l’antico Adamo là
donde era caduto, e accom pagnarlo all'albero della vi­
ta dal quale 72 l’albero della conoscenza ci aveva resi

fatto che le gesta dei due h anno un riflesso in tu tto il genere um ano
e in alcune circostanze singolari, com e la n asc ita al di fuori delle leg­
gi n a tu ra li e la collaborazione (o la presenza) di u n a d onna p er il
co m pim ento della loro opera; l’opposizione sta nel fatto che l’uno
p e r incontinenza peccò e danneggiò l’im m agine di Dio n ell’uomo,
l’a ltro col suo sacrificio re s ta u rò l’im m agine di Dio. Cf. E. Bellini,
op. cit., p. 47.
69 Cf. Sai. 2, 1.
70 Con u n a serie di efficaci a n tite si G regorio «sviluppa il p a ra lle ­
lo di opposizione tr a C risto e Adamo»: il legno della croce ci salva, il
legno (= l’albero) della conoscenza ci condanna; an alogam ente le m a­
ni inch iodate del C risto ci salvano, laddove «la m ano che aveva colto
il fru tto proibito» ci fa perd u ti; e ancora, la m o rte consegue al pec­
cato di Adamo, laddove la m ò rte del C risto ci lib era d alla m o rte del
peccato. «Le ten eb re occupano la te r ra al m om ento d ella m o rte del
C risto (Mt. 27, 5), la m o rte del quale a p p o rta agli uom ini la luce a t­
tra v e rso il b attesim o» che ris c a tta il peccato di Adamo. Cf. J. B er­
nard i, op. cit., p. 124; E. Bellini, op. cit., p. 49.
71 Cf. Gen. 3, 24.
72 Cf. Gen. 2, 9.
50 Gregorio Nazianzeno

estranei, a causa del frutto colto fuor di tempo e senza


convenienza.

Curare i nostri difetti e le nostre debolezze

26. Di questa terapia siamo esecutori e collabora­


tori 73 noi che esercitiam o au to rità sugli altri e che ri­
teniam o im portante conoscere e cu rare i nostri propri
difetti e debolezze. Meglio, non è ancora tanto im por­
tante, se l’indegnità di m olti che ricoprono questa cari­
ca mi ha spinto a parlarne. È m olto più saper curare e
guarire con com petenza i mali altrui per giovare agli
uni e agli altri, a quelli che necessitano di cu ra e a
quelli incaricati di curare.

27. Inoltre quelli che curano i corpi affronteranno


fatiche, veglie, preoccupazioni che noi sappiam o e dal­
le altrui sofferenze m utueranno dolori personali, come
ha detto uno tra i più famosi tra loro 74. Sia soffrendo
personalm ente e facendo scoperte, sia ricorrendo alle
esperienze degli altri, gioveranno a quelli che hanno
bisogno di cure; e nessun particolare, neppure il m ini­
mo, per essi è di poca im portanza — sia esso fru tto di
ricerca personale, sia esito di un male evitato, o al con­
trario, per la rovina dell’am m alato —. E questo per­
ché? Perché l’uomo viva più giorni sopra la terra, an­
che se non è di quelli buoni'm a anzi tra i più malvagi,
per il quale forse sarebbe stato meglio essere già m or­
to, per liberarsi, in quanto cattivo, della peggiore infer­
mità. Ma anche se am m ettessim o che si tra tti di un uo­
mo onesto, per quanto tempo p o trà vivere? Per l’eter­
nità? E che guadagno tra rrà da questa vita? Per l’uo-

73 Cf. 1 Cor. 4, 1; 3, 9.
74 Cf. P seudo-Ippocrate, De flatibus, I, L ondra 1959, p. 226.
La fuga, 27-29 51

rao sano e assennato cercare di uscirne è il più im por­


tante e sicuro dei beni.

La salvezza d ell’anima

28. Ma noi che abbiam o in pericolo la salve


dell’anim a beata e im m ortale e destinata ad essere pu­
n ita o prem iata a causa della sua colpa o della sua vir­
tù, non dovremmo pensare alla gravità della prova? A
q uanta scienza dovremo rico rrere per curare bene o
essere curati, per cam biare la vita e per restituire allo
spirito la parte terrena? Infatti né la femm ina e il m a­
schio hanno gli stessi pensieri e gli stessi approdi, né il
vecchio e il giovane, il povero e il ricco, il triste e l'ila­
re, l’am m alato e il sano, i subordinati e i capi, gli igno­
ranti e i sapienti, i coraggiosi e i vili, gli iracondi e i
m ansueti, i fortunati e gli sfortunati.

Un’a nalisi piti accurata

29. E se si analizza con maggiore acribia, qua


grande è la distanza che separa i coniugati dai celibi,
e, riguardo a questi ultim i, tra i solitari e quelli che vi­
vono in com unità e si aggirano in mezzo alla gente?
Q uanta differenza intercorre tra gli uomini speculativi
e iniziati alla m editazione contem plativa e quelli che
sem plicem ente procedono per la retta via? Tra i citta­
dini e i campagnoli, tra gli ingenui e i furbi, tra gli a t­
tivi e gli oziosi, tra quelli che sono colpiti da qualche
cam biam ento della fortuna e quelli che vivono in pro­
sperità e che non hanno provato la sventura? Infatti
ciascuno di questi differisce dagli altri più per i desi­
deri e le risultanze che per la form a del corpo, o se si
52 Gregorio Nazianzeno

vuole, per la m istione e la combinazione degli elementi


dai quali siamo composti. Per questi motivi non è mol­
to facile guidarli.

Varietà e diversità delle terapie

30. Ma come ai corpi non si som m inistra la ste


medicina e lo stesso cibo, ma chi richiede una cosa,
chi u n ’altra, o sani o m alati che siano, cosi anche le
anime si curano con differente ragione e metodo. Te­
stimoni della terapia sono coloro i quali hanno le affe­
zioni; alcuni li guida la ragione, altri invece sono rego­
lati dall’esempio; gli uni hanno bisogni di sproni, gli al­
tri di freni. Quelli, infatti, sono pigri e lenti a muoversi
verso il bene, e bisogna svegliarli con la sferza delle
parole; questi, invece, di spirito più ardenti del giusto,
e di tem peram ento difficile a contenersi, sono come
puledri generosi che corrono oltre la m èta e li potreb­
be rendere migliori la parola pacata e raffrenatrice.

Lodi e am m onizioni a tempo e luogo

31. Ad alcuni invero giovò la lode, ad altri il bi


mo: l’una cosa e l’altra al tem po opportuno, altrim enti
il contrario, fuor di tempo e senza motivo, procurò
danno. L’esortazione corregge alcuni, il rim provero al­
tri e questo vale per alcuni quando sono ripresi in pub­
blico, per altri am m oniti in privato. Gli uni, infatti, so­
gliono non curare i rim proveri privati, m entre si cor­
reggono per il biasim o della folla; gli altri, invece, so­
gliono non vergognarsi della libertà dei rim proveri, ma
vengono corretti dal rim provero segreto, contraccam ­
biando la com prensione con l’obbedienza.
La fuga, 32-33 53

Discrezione e decisione nella cura

32. Di certi uomini è necessario osservare atte


m ente tu tto fin nelle minime cose; infatti la presunzio­
ne di passare inosservati, poiché questo si industriano
di fare, li fa gonfiare come più saggi degli altri. Di al­
tri, invece, è meglio anche lasciar correre qualche co­
sa, si da non vedere vedendo, non ascoltare ascoltan­
do 75, secondo il proverbio, per non indurli in dispera­
zione, soffocandoli sotto il peso dei rim proveri, e infi­
ne per non renderli audaci ad ogni cosa, elim inando il
loro pudore che è la m edicina dell’obbedienza. E inol­
tre con alcuni ci dobbiamo adirare non adirandoci, di­
sprezzarli non disprezzandoli; disperare non disperan­
doci, con quanti la n atu ra lo richiede. Altri bisogna cu­
rare con clemenza e um iltà e col favorire le loro spe­
ranze più buone. È più utile, spesso, con questi vince­
re, da quelli lasciarsi vincere; di questi o lodare o dete­
stare la ricchezza e il potere, di quelli la povertà o la
sventura.

La terapia dell’anim a non deve essere categorica

33. Infatti le cose non stanno come per la virtù


vizio: quella bellissim a e utilissim a sem pre a tutti,
m entre questo pessimo e dannosissimo. E cosi della
nostra m edicina non è stata trovata una sola cosa e la
medesima, m olto salutare e pericolosissim a sem pre e
per gli stessi, come per esempio l’au sterità o la mitez­
za o ciascuna delle altre qualità che abbiamo sopra
enum erato. Anzi, a certi questo è buono e utile, m entre
ad altri il contrario altra volta, nel modo che, a parere

75 Cf. Eschilo, A gam ennone, v. 1623; D em ostene, Contro Aristogi­


tone, I, 89.
54 Gregorio Nazianzeno

mio, si presentano le circostanze e i fatti, e lo consente


l’indole dei pazienti. Tutte queste cose non è possibile
spiegarle a parole e osservarle con estrem a attenzione,
si da com prendere anche in sintesi la scienza medica,
ammesso che qualcuno giunga al sommo della diligen­
za e della sapienza. Ma in base a questa esperienza e ai
fatti della m edicina le cose si m anifestano al medico
nel suo raziocinio e nella sua um anità.

Necessità di una vita equilibrata

34. In generale dobbiamo sapere che, come a qu


che cam minano su una corda 76 sospesa in aria e in al­
to non è sicuro piegarsi di qua o di là, né l’inclinazio­
ne, per piccola che sembri, p o rta a piccola conseguen­
za, ma l'equilibrio assicura ad essi la sicurezza, cosi
anche in queste cose, da qualunque parte uno accenni
ad andare, o per m alvagità o p er ignoranza, c’è perico­
lo non comune, per lui e p er quelli che ne sono guidati,
della caduta nel peccato. Ordunque, si deve procedere
«per via regale» 77 veram ente e si deve badare a non
deviare né a destra né a sinistra, come dicono i
P ro v erb i78. Cosi appunto stanno le nostre passioni e
siffatto quindi il dovere del buon pastore per conosce­
re «le anime del gregge» 79 e per guidarle secondo la
ragione dell'arte pastorale, quella retta e giusta e de­
gna del vero Pastore nostro.

76 Cf. Luciano, R h eto ru m praeceptor, 9: «...tu a rriv e ra i alla felici­


tà e sp oserai la reto ric a, se tu segui la seguente p ista con la p recisio ­
ne di u n funam bolo: perché, p e r poco che ponga il piede in fallo, che
tu inclini a d e stra o a sin istra, che tu non segua la direzione, eccoti
fuori della linea d iritta che p o rta al m atrim onio».
77 Num . 20, 17.
78 Cf. Prov. 4, 27.
79 Prov. 27, 23.
La fuga, 35-36 55

La diffusione giudiziosa della parola del Signore

35. Quanto alla diffusione della Parola, per dire


aH’ultim o del prim o dei nostri beni, parlo di quella di­
vina e sublime, e della quale o ra tu tti si danno a filoso­
fare, se un altro ha il coraggio di parlarne e la ritiene
propria di ogni intelligenza, io mi meraviglio del suo
sapere, per non dire della sua ingenuità 80. A me dun­
que pare opera non tra le più sciocche né di poco spiri­
to dare a ciascuno, secondo l’occasione, la diffusione
della Parola 81 e dispensare con giudizio la verità della
nostra dottrina, cioè quanto è stato detto dei mondi o
del mondo, della natura, deH’anima, dell'intelletto, e
delle n atu re pensanti, sia migliori che peggiori, e della
Provvidenza che abbraccia e indirizza tu tte le cose, e
quante sem bra che avvengano secondo ragione e quan­
te sfuggono alla ragione um ana di quaggiù.

Sovranità e beatitudine della Trinità

36. E ancora consideriam o quanto concerne la no­


stra prim a costituzione e la rigenerazione finale, figu­
re, verità, testam enti, il prim o e il secondo avvento di
Cristo, incarnazione, passione, morte, quanto riguarda
la risurrezione, la fine, il giudizio, la retribuzione, sia
più triste sia più gloriosa, e principalm ente quanto si
deve considerare sulla sovrana e beata Trinità. Proprio
questo è il più grande dei pericoli per quelli che hanno
avuto il com pito di diffondere la luce 82, che cioè il lo­
80 II m in istero sacerd o tale co m p o rta tale e ta n ta resp o n sab ilità,
anche nei co nfronti del prossim o, che G regorio sem b ra levare l’indi­
ce accusatore, sia p u re sorrid en d o , anche co n tro sacerd o ti che p er
in g en u ità colpevole, cioè senza i d ebiti app ro fo n d im en ti, si danno a
co m u n icare il Vangelo agli uom ini.
81 Cf. Le. 12, 42.
82 La term inologia della luce, volta a d efin ire la n a tu ra divina e
la conoscenza di Dio da p a rte d ell’in telletto um ano che solo se è pu-
56 Gregorio Nazianzeno

ro discorso, riducendo la Trinità ad una sola ip o sta si83


per paura del politeismo, lasci a noi dei semplici nomi,
pensando la stessa persona e Padre e Figlio e Spirito
Santo; ovvero, dividendola in tre ipostasi 84 estranee e
discordanti o disordinate e senza principio, e per cosi
dire in divinità contrapposte, cada all’incontro nello
stesso male, come di una pianta to rta che viene troppo
rito rta dall’altra parte.

Le tre dannose opinioni teologiche

37. Essendo tre le attuali m alattie della teolog


ateismo, giudaismo e politeismo, l’una delle quali ha
per capo Sabellio Libico, l’altra Ario di Alessandria, la
terza alcuni troppo ortodossi che sono presso di noi,
qual è il mio parere? Fuggendo delle tre quanto è dan-

ro pu ò avvicinarsi a ll’E ssere p u rissim o , è ab b a stan z a diffusa


n ell'am bito p atristico . In G regorio essa è freq u e n tissim a e h a un so­
stra to certam en te s c rittu ra le (Cf. Gv. 1, 9: «la v era luce, che illum ina
ogni uom o, veniva al mondo»; 3, 19-21; 9, 5; ecc.; 1 Gv. 1, 5: «Dio è lu ­
ce»), m a evidenzia anche concetti e term in i platonici (La repubblica,
508c ss.) e plotiniani. C om unque G regorio a p p lich erà d e tta te rm in o ­
logia in m an iera o rg an ica e siste m a tic a so ltan to nei carm i com posti
d u ra n te il ritiro a N azianzo, cioè p iù di v e n t’anni dopo la com posi­
zione de La fuga. Cf. C. M oreschini, Luce e purificazione nella d ottri­
na di Gregorio N azianzeno, in «A ugustinianum », 13 (1973), pp. 535-
549. Cf. Vita, v. 1948.
83 È l’eresia di Sabellio (vedasi Introduzione, note nn. 29 e 30.
84 È l’ere sia a ria n a di E unom io (Cf. Or. XXXI, 9: PG 36, 142). Cf.
Il dogm a trinitario nei p rim i discorsi di Gregorio N azianzeno, in «Au­
gustinianum », 13 (1973), pp. 525-534. Secondo E unom io, il P adre, es­
sendo p rincipio del Figlio, gli e ra an terio re. Cf. G régoire de N azian­
ze, Discours 27-31, pp. 92-93, n o ta η. 1, SCh 250: «Gli eunom iani, se­
condo G regorio, aprono a ogni c ristian o com e u n ica via sa lu ta re non
la fede nel suo dinam ism o teologico, m a la teologia com e tecn ica del­
la speculazione e del discorso. È questo p u n to di v ista che G regorio
rifiu ta . Egli ritien e che la teologia cosi in tesa è u n a d isciplina, una
via p a rtic o la re che esige vocazione e form azione, e non può essere il
La fuga, 37-38 57

noso, restare nei term ini della pietà 8S; e non lasciarsi
trascinare all'ateism o di Sabellio che deriva da questa
sua nuova analisi o sintesi, col definire il tu tto non
tanto una sola cosa quanto piuttosto ciascun essere
niente. Cessa (la Trinità) di essere quello che è quando
(le tre Persone) reciprocam ente si trasform ano e si
cam biano immaginandoci e raffigurandoci un certo
Dio com posto e stravagante come gli anim ali favolosi;
neppure, tagliandone le natu re secondo la ben definita
pazzia di Ario 86, (si evita di) rid u rla alla povertà giu­
daica e di attrib u ire l’invidia alla n atu ra divina; neppu­
re, circoscrivendo la divinità al solo ingenito come se
temessimo che Dio ci si corrom pesse, se fosse Padre di
un (altro) Dio vero e di n atu ra simile; neppure, con­
trapponendo e componendo i tre principi tra di loro,
(si evita di) introdurre il politeismo greco che noi ab­
biamo fuggito.

Dobbiamo difendere e professare


l ’unità e la trinità di Dio

38. Non bisogna essere cosi sostenitori del Pa


da togliergli anche l’essere Padre — di chi, infatti, sa­
rebbe Padre se il Figlio quanto a n atu ra gli viene sepa­
rato ed estraniato insieme con la creazione? Infatti
l’estraneo non gli è Figlio —, ovvero, confondendosi e
unendosi con il Padre, che equivale a dire che anche (il
Padre) si confonde (con il Figlio). Né (bisogna essere) a
fatto di ogni cristian o . A ltre vie conducono alla casa del P adre, a p e r­
te, esse, a chiunque, e so p ra ttu tto i carism i... l’o sp italità, l’am o re fra ­
terno, la c u ra dei poveri».
85 Cioè, si esp rim e in m a n ie ra conform e alla fede della Chiesa
che assolve contem p o ran eam en te le seguenti esigenze: «non co m pro ­
m ette l’unico Dio e confessa le tre ip o stasi e le p ro p rie tà di ciascu ­
no» (cf. Or. XX, 5: PG 35, 1069).
86 Cf. Vita, v. 578 ss.; Or. XXV, 8: PG 35, 1209.
58 Gregorio Nazianzeno

tal punto sostenitori del Cristo da non riservargli di es­


sere Figlio — di chi, infatti, sarebbe Figlio se non si ri­
ferisse al Padre come a suo principio? — (da non riser­
vare) al Padre la dignità del principio, quale conviene a
un padre e a un genitore. Sarebbe infatti principio di
piccole e indegne cose, anzi scarsam ente e non degna­
mente, se non fosse principio di divinità e di bontà,
quale si contem pla nel Figlio e nello Spirito, nell’uno
in quanto Figlio e Verbo, nell’altro in quanto Spirito
che procede e non si dissolve. Proprio perché è neces­
sario custodire il Dio unico e professare le tre ipostasi,
e ciascuna con la sua pro p rietà specifica.

La predicazione è difficile:
è necessario l'aiuto dello Spirito

39. Comprendere queste cose ed esporle adegu


mente e secondo la loro dignità, com porta un discorso
più lungo della presente situazione e, cred'io, della vi­
ta; anzi ora e sem pre (c’è bisogno) dello Spirito col
quale solo si conosce, si interp reta e si ascolta Dio. In­
fatti solo da parte del puro si può attingere il puro e
l’im mutabile. Per questo ora in poco tempo abbiamo
rapidam ente parlato, affinché dim ostrassim o che è dif­
ficile — soprattutto parlando di cose di tal genere in
mezzo a una folla varia di età e di costumi, come in
uno strum ento dalle m olte corde che ha bisogno di dif­
ferenti tasti — trovare un discorso capace di istruire
tu tti e illum inarli con la luce della conoscenza. Perché
correndosi pericolo in queste tre cose, cioè nel capire,
parlare e nell’udire, è inevitabile che si cada in una di
queste almeno, se non in tutte. O la m ente non è stata
illum inata o la parola fu debole o l’udito, non essendo
purificato, non intese, e similmente per una di queste
cose o per tu tte è forza che la verità zoppichi. Ma an­
che ciò che per quelli che si dedicano ad insegnare
La fuga, 39-41 59

qualche altra cosa rende facilissimo e accettabile il di­


scorso, cioè la rispettosa attenzione degli ascoltatori,
questo, nel caso nostro, rappresenta il danno e il peri­
colo.

Amorevole atteggiamento verso gli eretici

40. Perché quelli che discutono su Dio, il più g


de di tu tti gli esseri, sulla stessa salvezza e sulla p rin­
cipale speranza per tutti, più sono ferventi nella fede,
più contestano il discorso, e ritenendo l’obbedienza (al
dicitore) tradim ento della verità e non pietà religiosa,
abbandonerebbero ogni cosa m a non le loro idee con le
quali si orientano e la consuetudine dei loro dogmi con
i quali sono stati nutriti. E lo dico delle persone più
m oderate e per nulla cattive di animo, di quelli che se
p u r deviano dalla verità, e per riflessione ciò soffrono
e hanno zelo anche se non secondo la (vera) conoscen­
za, si troveranno accidentalm ente tra quelli che vengo­
no giudicati non severam ente e che neppure sono mol­
to colpiti, come quegli altri che per vizio e per malva­
gità hanno prevaricato la volontà del Signore. E costo­
ro forse si lascerebbero talvolta persuadere e cam biare
d ’opinione, per quella stessa devozione per la quale era­
no anche renitenti, se una certa parola li toccasse, scuo­
tendo opportunatam ente o dall'interno o dall’esterno,
come il ferro sulla pietra focaia, la loro m ente pregna di
luce nella quale in un baleno da una piccola scintilla po­
trebbe brillare la fiam m a della verità.

I boriosi, gli ignoranti, i superficiali

41. Che cosa si potrebbe dire, poi, di quelli che


vanagloria o per bram a di potere parlano ingiustam en­
60 Gregorio Nazianzeno

te all’Altissimo 87, arm andosi della boria di un Gianno


o di un M ambro 88, non contro Mosè, m a contro la veri­
tà, e insorgendo contro la sana dottrina? Ovvero di
quella terza specie di uomini che, per ignoranza e per
la tem erarietà che è sua seguace, si scagliano contro il
discorso con l’istinto dei porci e calpestano le belle
gemme della v e r ità 89?

Ignavi, indolenti, incapaci, irresponsabili, presuntuosi

42. E (che dire di) quelli che non sono p ortator


alcun pensiero autonom am ente né di un fondo, peggio­
re o migliore, dei ragionam enti intorno a Dio, m a suc­
cubi di tu tti i discorsi e di tu tti i m aestri, per scegliere
da tu tti quello m igliore e più sicuro, e si compiacciono
del loro stesso giudizio, p u r non essendo essi stessi
buoni giudici della verità? Aggiràti poi e rivoltàti dalla
probabilità delle cose, or di qua, o r di là, tinti e calpe­
stati 90 in ogni loro discorso, dopo aver cam biato molti
m aestri e dopo aver gettato via facilmente, come polve­
re ai venti, le m olte nozioni, alla fine, con l’udito e la
m ente stanchi — quale stoltezza! — di ogni discorso,
ugualm ente si infastidiscono e im prim ono in se stessi
una cattiva form a di deridere noi e di disprezzare la
n o stra fede come cosa senza fondam ento e nien t’affat-
to sana. E ignorantem ente passano dalle persone che
parlano alle cose che si dicono (= al discorso) come se
qualcuno am m alato di occhi o m enomato nell’udito ac­

87 Cf. Sai. 72, 8.


88 Cf. 2 Tim. 3, 8. S tando a q u an to ci re s ta delle trad izio n i co n ser­
vate nei testi rabbinici, G ianno e M am bro eran o dei m aghi o «capi di
m aghi» del faraone, i quali, secondo Es. 7, 11 ss., esplicaro n o le loro
a rti m agiche co n tro Mosè e Aronne.
89 Cf. Mt. 7, 6.
90 Cf. Ef. 4, 14.
La fuga, 42-44 61

cusasse il sole e i suoni: quello che fosse oscuro e non


risplendesse, questi come deboli e insoliti.

I com piti dello scrittore timorato di Dio

43. Perciò è più facile im prim ere di nuovo la ve


in u n ’anima, come cera che non sia ancora stata im­
prontata, che scrivere sopra lettere preesistenti — in­
tendo dire le dottrine e i dogmi errati —, i precetti del­
la pietà, si da confondere e disordinare le seconde let­
tere con le prim e. È meglio, infatti, percorrere una
strad a che già sia stata spianata e calpestata, anziché
quella disuguale e non praticata; e coltivare un campo
che spesso fu solcato e dissodato; all'incontro (è me­
glio) scrivere in u n ’anim a che non ancora malvagio di­
scorso solcò né vi furono im presse in profondità le let­
tere della malvagità. In questa m aniera due sarebbero
i com piti dello scrittore tim orato di Dio: cancellare i
caratteri precedenti e riscriverne migliori e più degni
di rim anervi. Questi secondo le altre passioni e secon­
do la dottrina sono i malvagi e i caratteri ispirati dal
maligno. Altro è il com pito di chi è stato incaricato
dell’educazione e della tu tela delle anime. E il mio di­
scorso ha tralasciato la maggior parte delle cose per
non essere più lungo del conveniente.

Semplicità e versatilità dell’educatore spirituale

44. Come se qualcuno incominciasse a guidare e


addom esticare una fiera, m olteplice e m ultiform e, qua­
le concentrato di molte altre fiere, maggiori e minori,
più m ansuete e più selvatiche, veram ente sarebbe una
fatica per lui e una lotta non piccola controllare una
n atu ra tanto anom ala e strana, poiché ciascuna fiera
62 Gregorio Nazianzeno

non am a le stesse voci, i cibi, le carezze, i fischi di ri­


chiamo, né i medesimi modi di ogni altro am m aestra­
mento, m a chi si compiace di una cosa e chi di u n ’al­
tra, come la n atu ra e la consuetudine di ciascuna po­
stula. Che cosa dovrebbe fare il dom atore di una siffat­
ta fiera? E che cosa altro se non che sia appunto mol­
teplice e m ultiform e la sua abilità e che usi con ciascu­
na la cura che le si conviene, perché la fiera possa es­
sere ben guidata e curata? Cosi, essendo questo corpo
comune della Chiesa costituito da molti e differenti co­
stum i e ragioni, come appunto un unico organism o vi­
vente composto e dissimile, è assolutam ente necessario
che il suo stesso capo sia semplice quanto alla sinceri­
tà che deve avere in tu tte le cose: e quanto più è possi­
bile vario e versatile quanto al rapporto verso ciascuno
e quanto alla convenienza e all'opportunità di conver­
sare con tutti.

Gradualità dell'educazione spirituale

45. Alcuni hanno bisogno di essere n u triti di la


cioè di dottrine più semplici e più da principianti; co­
me infanti e neonati di costituzione (d’animo), si po­
trebbe dire, non possono sopportare quale cibo la m a­
tu rità del d isco rso 91. E se questo cibo venisse loro
som m inistrato al di sopra delle loro stesse forze, subi­
to oppressi e gravati, non valendo la loro mente, come
per la m ateria, a recepire il superfluo e ad assim ilarlo,
potrebbero perdere anche la loro forza originaria. Altri
invece, hanno bisogno della sapienza che viene p arlata
tra i perfetti 92 e di più alto e sostanzioso nutrim ento,
essendo le loro facoltà m entali adeguatam ente esercita­

91 Cf. E br. 5, 12; 1 Cor. 3, 1-2.


92 Cf. 1 Cor. 2, 6.
La fuga, 45-46 63

te alla distinzione del vero e del falso 93. Se essi bevesse­


ro del latte e fossero n u triti di erbaggi, cibo dei m alati 94,
ne soffrirebbero, e assai giustam ente, non sentendosi
rinvigorire secondo Cristo 95 né crescere della lodevo­
le 96 crescita che suole operare la parola divina che con­
duce chi ne è ben nutrito alla condizione di uomo perfet­
to e alla dim ensione della età spirituale 97.

Guardiamoci da quelli che mistificano


la parola di Cristo

46. «E chi è idoneo a ciò?» 98. Infatti noi non siamo


come i più che sono capaci di m ercanteggiare la parola
della v e r ità 99 e di m escolare il vino con l'acqua 10°,
cioè, la Parola che letifica il cuore dell'uomo 101 con la
m aggioranza delle parole che sono venali, che non si
sollevano da terra, che svaniscono, e che corrono a ca­
so; sicché costoro ricavano un certo profitto dal m er­
canteggiare, conversando o ra in un modo o ra in un al­
tro con chi si avvicina e compiacendo tutti, poiché so­
no ciarlatani e vaniloquenti, e curano i loro interessi
con parole che nascono da te rra e a te rra ricadono 102.
Noi in questa m aniera potrem m o assicurarci ottim a fa­
m a tra i più, danneggiandoli moltissim o ovvero facen­
doli cadere in rovina e versando il sangue innocente di

93 Cf. E br. 5, 14.


94 Cf. Rom. 14, 2.
95 Cf. Fil. 4, 13.
96 Cf. Col. 2, 19.
97 Cf. Ef. 4, 13.
98 2 Cor. 2, 16.
99 Cf. 2 Cor. 2, 17.
100 Cf. Is. 1, 22.
101 Cf. Sai. 103, 15.
102 Cf. Is. 8, 19; 29, 4.
64 Gregorio Nazianzeno

anime piuttosto semplici, sangue che chiederà conto


alle nostre mani 103.

Prima educàti, poi educatori

47. Ma sapendo che è più conveniente affidare


altri più esperti le redini di noi stessi piuttosto che es­
sere noi guide inesperte di altri, e che è meglio porge­
re un orecchio attento anziché muovere una lingua
ignara, avendo dibattuto su queste cose con me stesso
e con un consigliere forse non inetto e se non altro be­
nevolo, per questo decisi di apprendere — poiché non
lo sapevo — ciò che si deve dire e ciò che si deve fare,
piuttosto che insegnare senza sapere. Bisognerebbe es­
sere contenti se a qualcuno, anche nella ta rd a vec­
chiaia, giungesse un discorso sennato e capace di gio­
vare ad u n ’anim a giovane nella pietà. Proprio perché il
com inciare ad educare altri prim a di essersi adeguata-
m ente istruiti, e, come si dice, apprendere l'arte dei va­
si con una botte 104, esercitarsi alla pietà sulle anime
altrui, a me pare che sia cosa da persone molto insen­
sate o m olto audaci; dissennati, se non si accorgessero
della loro ignoranza, tem erari poi, se p u r avvedendose­
ne, ardiscono tale im presa.

Un'antica legge ebraica.


(Educarsi all'intelligenza delle Scritture)

48. O rdunque alcuni più saggi tra gli ebrei dic


che anticam ente essi avevano una certa legge, «tra le
migliori e le più lodate», che cioè non ci si desse ad

103 Cf. Ez. 3, 20; 33, 8.


104 Cf. Platone, Gorgia, 514e.
La fuga, 48-49 65

ogni età allo studio di tu tta la S crittura. Questo infatti


non sarebbe stato abbastanza utile poiché non tu tta
subito sarebbe stata leggibile da ognuno e che quella
più profonda, proprio per la sua apparenza, avrebbe
potuto arrecare i danni più grandi ai più. Ma certe
p arti erano lasciate com uni fin da principio a tutti;
quelle cioè delle quali anche la parte esteriore non fos­
se riprovevole. Altre parti, invece, non venivano affida­
te ad altri se non a quelli di età superiore al venticin­
quesimo anno; quante sotto un vile m anto nascondono
la m istica bellezza, prem io della laboriosità intellettua­
le e della p u ra vita, che si riluce e si m anifesta soltan­
to a quelli che sono rim asti puri di mente: come se so­
lo questa età, e a stento, fosse idonea a soprastare al
corpo e a ben risalire allo Spirito dalla lettera 105.

L ’educazione deve essere perm anente

49. Noi non abbiam o alcun limite per (contra


gnare lo) educare e (lo) essere educati, come le pietre
che anticam ente avevano le trib ù stanziate al di là e al
di qua del Giordano 10é; non si deve concedere a taluni
una cosa e ad altri u n ’altra. Non c ’è un canone di co­
stumi. Anzi, la situazione è disperata e confusa e noi
siamo cosi mal disposti che la maggior p arte di noi,
per non dire tutti, prim a quasi di perdere la prim a pe­
luria e il balbettio infantile, prim a di penetrare nelle
aule divine 107, prim a che sappiam o i nomi dei libri di­
vini, prim a di conoscere il carattere e i capi del Vec­
chio e del Nuovo Testamento, senza aver — dico anco­
ra — lavato prim a il fango e i vìzi dell’anima, dei quali

105 Cf. 2 Cor. 3, 6.


106 Cf. Gios. 4, 9.
107 Cf. Sai. 91, 13.
66 Gregorio Nazianzeno

il male ci im bratta, seppure abbiamo im parato due o


tre parole delle cose sacre, anche queste per sentito di­
re e non per accostam ento diretto, per un poco che ab­
biamo fam iliarizzato con David, ci siamo ben avvolti
nella tonaca, e siamo diventati filosofi 108 fino alla cin­
tu ra componendoci da noi stessi una certa m aschera e
apparenza di religiosità, ohimè qual privilegio! quale
alterigia! Santo fin dalle fasce Samuele 109! Subito sia­
mo sapienti e m aestri e sublimi nelle cose divine, al
prim o posto tra gli scribi e i dottori della Legge, e da
noi stessi ci eleggiamo celesti e cerchiam o di essere
chiam ati dagli uomini «Rabbi» uo. Non si tiene conto
della lettera, bisogna che ogni cosa sia in terp retata se­
condo il proprio spirito, e grosse ciance sono i nostri
sogni, e potrem m o sdegnarci se non fossimo troppo lo­
dati. Ciò fanno quelli tra di noi più generosi e più sem­
plici. Che cosa dunque faranno quelli di maggiore spi­
ritu alità e più generosi? Dopo averci spesso giudicato,
come loro pareva, e torturato, e in nessun conto tenen­
doci, se ne sono andati disprezzando la n o stra com u­
nione come di persone empie.

Stolto l ’uom o che si crede sapiente

50. Ma se accostandoci pianam ente e con razi


nio a qualcuno di costoro cosi parlassim o: «Dimmi, va-
lent’uomo, pensi che il ballare o il suonare il flauto ab­

108 G regorio si serve qui del term in e philosophéin p e r p a rla re


della form azione c ristia n a che egli h a ricevuto n ella su a fam iglia.
Benché egli sia riconoscente verso i suoi g enitori, p ren d e a p rete sto
la su a insufficiente conoscenza c ristia n a su questo p u n to p e r non a s­
su m ere la resp o n sab ilità del sacerdozio, utilizzando u n ’im m agine
p itto resca. Più com unem ente la p a ro la philosophéin designa la ric e r­
ca d ella v erità religiosa alla quale ciascuno è sp in to d alla su a m ed i­
tazione personale: A.M. M alingrey, op. cit., p. 245, n o ta n. 36.
109 Cf. 1 Sam . 1, 19-28.
110 Cf. Mt. 23, 7.
La fuga, 50 67

biano una certa im portanza?», risponderebbe: «Certa­


mente, si». «E la sapienza e l’essere sapiente? Questa
appunto che noi reputiam o scienza delle divine e delle
um ane cose?». Anche questo am m etteranno. «E queste
cose sono migliori e più elevate della sapienza oppure
la sapienza di m olto è superiore a queste?». Ad ogni
cosa — ben lo so — diranno (che la sapienza è superio­
re), e fino a questo punto sono ragionevoli. C'è dunque
un apprendim ento e un insegnam ento del danzare e
del suonare il flauto, e p er questo c’è bisogno di tempo
e di sudori e di fatiche continui; e talvolta pagare an­
che onorari, e aver bisogno di istruttori; e andare in
luoghi piuttosto lontani, e il resto, tu tto quello da fare
e da sopportare che com porterà l’esperienza di ciò. Ma
la sapienza, che sovrasta ogni cosa e possiede tu tte le
cose belle contenendole in sé p er modo che anche lo
stesso Dio si com piace di ascoltare questo nome più di
qualche altro, poiché con m olti nomi è chiamato, la re­
puterem o noi vana ed abbietta al punto che per essere
sapiente bisogna soltanto volerlo? Veramente grande
ignoranza e ciò! Se dicessi loro queste cose e cercassi
di rim uovere a poco a poco l’errore, ovvero lo facesse
qualcun altro più dotto e più intelligente, sarebbe quel
sem inare sulle pietre 111 e parlare all’orecchio di chi
non sente U2. Cosi neppure in questo sono sapienti,
cioè nel riconoscere la loro ignoranza. E mi sem bra
che ben si collochi a loro riguardo quel famoso detto
di Salomone: «È male ciò che vidi sotto il sole 113 un
uomo che da se stesso crede di essere sapiente 114», e
ciò che è peggio, è stato messo ad educare altri egli
che non s’avvede della sua propria ignoranza.

Cf. Le. 8, 6.
112 Cf. Sir. 25, 9.
113 Qo. 10, 5.
" 4 Prov. 26, 12.
68 Gregorio Nazianzeno

La vanagloria ostacola la virtù

51. Questo si, è il male degno di lacrim e e di


menti, se p u r ce ne è un altro, e del quale io stesso
spesso ho provato com passione ben sapendo che il cre­
dersi moltissim o allontana e che p er gli uomini la va­
nagloria costituisce grande ostacolo alla virtù. Medica­
re e ferm are tale m alattia sarebbe proprio di un Pietro
o di un Paolo, i grandi discepoli di Cristo i quali insie­
me con il governo della parola e dell’azione ne hanno
ricevuto il carism a, e che divennero tu tto a tu tti per
salvare tu tti 115. Ma per noi altri sarebbe m olto se ci
lasciassim o rettam ente governare e condurre da quelli
che hanno voluto il com pito di correggere tali errori.

Paolo testimone della cura delle anime

52. E poiché abbiamo fatto menzione di Paolo


quelli della sua sorta, tralasciam o, se vi pare, tu tti gli
altri che furono proposti al popolo o per legislatori o
per profeti o per capi m ilitari o per altro ufficio del
genere. Mi riferisco a Mosè, Aronne, Giosuè, Elia, Eli­
seo, i Giudici, Samuele, David, la m oltitudine dei pro­
feti, Giovanni, i dodici discepoli, gli altri che vennero
dopo di quelli, i quali con m olti sudori e fatiche passa­
rono attraverso le presidenze e ciascuno al suo tempo.
Tralasciando tu tti questi, proponiam oci solam ente
Paolo a testim one delle nostre parole e in lui conside­
riam o quale e quanto gran cosa sia la cu ra delle anime
e se essa è di poco impegno o di piccola intelligenza.
Ma per poter conoscere e constatare ciò con estrem a
facilità, ascoltiam o ciò che dice Paolo stesso di sé.

115 Cf. 1 Cor. 9, 22.


La fuga, 53-54 69

Paolo mediatore tra Dio e gli uom ini

53. Tralascio di parlare delle fatiche, delle veg


delle paure, delle afflizioni di fame, di sete, di freddo,
di nudità, e di quelle che lo insediavano dal di fuori, e
di quelle che gli si opponevano dal di dentro. Lascio
pure da parte le persecuzioni, i conciliaboli, le prigio­
ni, i ceppi, gli accusatori, la m orte incombente e a ogni
giorno e ad ogni ora, la cesta, le lapidazioni, le basto­
nature, l’essere andato ramingo, i pericoli per terra,
quelli per mare, l’abisso, i naufragi, «pericoli di fiumi,
pericoli di ladroni, pericoli dalla sua gente, pericoli tra
i falsi fratelli» 116; guadagnarsi la vita con le sue m a­
ni 117, il Vangelo predicato senza pagam ento lie. Quale
spettacolo era per gli angeli e per gli uomini 119, me­
diatore tra Dio e gli uomini, per questi com battendo,
per quello adducendo e conciliando un popolo elet­
to 120. A parte tu tto questo, chi potrebbe degnam ente
passare in rassegna la sua quotidiana direzione, la sua
sollecitudine verso ciascuno, la cu ra per tu tte le Chie­
se 121, l’essere spiritualm ente solidale e fraterno con
tu tti? Qualcuno inciam pava e Paolo se ne affliggeva;
un altro veniva scandalizzato e Paolo fremeva 122.

Paolo sapeva contemperare


benevolenza e severità verso tutti

54. E la sua instancabile opera nell’insegnamen


E la varietà della cura? E la sua um anità? E la sua au­

116 2 Cor. 11, .26.


117 Cf. 1 Cor. 4, 12.
118 Cf. 1 Cor. 9, 18.
119 Cf. 1 Cor. 4, 9.
120 Cf. Tit. 2, 4; Deut. 7, 6; 14, 2.
121 Cf. 2 Cor. 11, 28.
122 Cf. 2 Cor. 11, 29.
70 Gregorio Nazianzeno

sterità ancora? E la m istione e l’unione di entram be,


sicché non era troppo morbido con la benevolenza né
troppo aspro con la severità? Egli detta la legge per
schiavi e per p a d ro n i123, p er chi com anda e per chi è
com andato 124, per uomini e per donne 125, per genitori
e per fig li126, per il m atrim onio e per il celibato I27,
per la continenza e per la dissolutezza 128, per la sa­
pienza e per l’ignoranza 129, per la circoncisione e per
il prepuzio I3°, per Cristo e per il mondo 131, p er la car­
ne e per lo spirito l32. Ringrazia alcuni l33, attacca al­
tri. Ad alcuni dà il nome di gioia e di corona 134, ad al­
tri rim provera la loro insensatezza 135. Con quelli che
avanzano rettam ente si fa compagno di strad a e di fati­
ca; trattiene invece coloro che battono la cattiva stra ­
da. Ora nega 136, ora conferm a la sua carità 137. Ora
piange, ora esulta. Ora dà latte a bere 138, o ra tocca i
m isteri 139. Ora accondiscende, o ra solleva con sé. Ora
m inaccia la verga, o ra propone lo spirito di dolcez­
za l40. Ora si alza sopra quelli che si innalzano, o ra si
fa tapino con i tapini. Ora è ultim o fra gli a p o sto li141,

123 Cf. Ef. 6, 5-9. Col. 3, 22; 4, 1.


124 Cf. Rom. 13, 1-7.
125 Cf. Col. 3, 18-19.
126 Cf. Ef. 6, 1-4.
127 Cf. Ef. 5, 22-33; 1 Cor. 7, 1-16.
128 Cf. 1 Cor. 7, 9.
129 Cf. 1 Cor. 12, 8.
130 Cf. Rom. 2, 25-29.
131 Cf. Rom. 1, 9. 1 Cor. 3, 22-23.
132 Cf. Rom. 2, 28-29.
133 Cf. Rom. 1, 8; 1 Cor. 1, 4; 1 Tess. 1, 2; 2 Tess. 1, 3; 2 Tess. 2, 13.
134 Cf. Fil. 4, 1.
135 Cf. Gal. 3, 1.
136 Cf. 1 Cor. 5, 5.
137 Cf. 2 Cor. 2, 8.
138 Cf. 1 Cor. 3, 2.
139 Cf. 1 Cor. 2, 7; 4, 1; 15, 51; Ef. 3, 3.
140 Cf. 1 Cor. 4, 21.
141 Cf. 1 Cor. 15, 9.
La fuga, 54-55 71

ora prom ette testim onianza del Cristo che parla in


lui 142. Adesso desidera l'esilio (= la morte) e vi si pre­
para, adesso per conto loro ritiene più necessario che
egli rim anga nella carne l43. Non cerca, infatti, quello
che è suo, m a l’utile dei suoi figli che egli ha generato
in Cristo per mezzo del Vangelo 144. Questo è il fine di
ogni spirituale potere: dappertutto trascu rare il pro­
prio utile per l’utile degli altri.

Le tribolazioni sono per Paolo il migliore ornamento

55. Mena vanto delle inferm ità e delle tribolaz


ni 145. Come di un altro suo ornam ento, si compiace
della m ortificazione 146; è sublim e quanto alle cose del­
la carne e si vanta di quelle dello spirito 147; quanto al­
la dottrina non è sprovveduto 148 e dice di guardare co­
me per uno specchio e in guisa di enigma 149. Confida
nello spirito e m ortifica il corpo, purificandolo come
un nemico l5°. In questa m aniera, che cosa ci insegna e
in che cosa ci educa? A non pensare alle cose di quag­
giù 1S1, a non inorgoglirci del nostro sapere 152, a non
svegliare la carne a danno dello spirito 153. Per tu tti
com batte, per tu tti prega, verso di tu tti è zelante 154,

142 Cf. 2 Cor. 13, 3.


143 Cf. Fil. 1, 23-24.
144 Cf. 1 Cor. 4, 15.
143 Cf. 2 Tess. 1, 4.
146 Cf. 2 Cor. 4, 10.
147 Cf. 1 Cor. 9, 11.
148 Cf. 2 Cor. 11, 6.
149 Cf. 1 Cor. 13, 12.
150 Cf. 1 Cor. 9, 27.
151 Cf. Col. 3, 2.
152 Cf. 1 Cor. 8, 1.
153 Cf. Gal. 5, 17.
154 Cf. 2 Cor. 11, 2.
72 Gregorio Nazianzeno

s'infiam m a per tutti, siano fuori o sotto la Legge; pre­


dicatore delle g e n ti155, guida dei G iu d ei156. Ebbe l’a r­
dire 157 — ne ho un po’ anch’io per parlare agli altri di
lui — di (fare) qualcosa ancora di più grande a favore
dei suoi fratelli secondo la carne: p er la sua carità de­
sidera che siano posti presso Cristo in sua vece 15e.
Quale grandezza d ’animo! Quale fervore dello spirito!
Im ita Cristo, che si fece maledizione per noi 159. che
prese le nostre debolezze e sopportò le nostre m alat­
tie 160, ovvero — per parlare più m odestam ente — ac­
cetta, per prim o dopo Cristo, di soffrire, anche come
empio, qualcosa per loro, purché si salvino.

Facciamoci im itatori di Paolo, ma veraci

56. Ma perché dico le cose ad una a una? Viven


egli non per sé, ma per Cristo e per la predicazione,
crocifiggendo il mondo a sé e crocifisso al mondo 161 e
alle cose non visibili, ritiene ogni cosa poco im portante
e inferiore al suo desiderio 162,anche se abbia com piu­
to il Vangelo 163 portandosi in giro da Gerusalem me fi­
no aH’Illiria, anche se abbia raggiunto il terzo cielo in
seguito ad una visione, anche se sia stato spettatore
del Paradiso, anche se sia stato ascoltatore delle paro­
le a noi segrete 164. Queste cose (fece) Paolo e quelli, se
ci sono stati, come lui nello spirito. Ma temo che noi a

135 Cf. 1 Tim. 2, 7.


156 Cf. 1 Cor. 9, 20.
157 Cf. 2 Cor. 11, 21.
158 Cf. Rom. 9, 3.
159 Cf. Gal. 3, 13.
160 Cf. Mt. 8, 17; Is. 53, 4.
161 Cf. Gal. 6, 14.
162 Cf. Fil. 3, 8.
163 Cf. Rom. 15, 19.
164 Cf. 2 Cor. 12, 2-4.
La fuga, 56-57 73

paragone di questi siamo degli stolti principi di


T a n i165, esattori fin delle ultim e spighe 166, uomini che
falsam ente professano «di beatificare il popolo» 167,
m entre — dirò di più — sono beatificati da quello.
Inoltre p ertu rb ato ri della strad a dei vostri p ie d i168, ov­
vero ingannatori che spadroneggiano, capi di giovane
età 169 e sprovveduti di senno, e che non hanno né pane
né m antello per guidare alcuno 170; profeti che insegna­
no cose inique 171, capi disobbedienti e degni di cattiva
nomea insieme con i loro fam iliari a causa della durez­
za della fame 172, sacerdoti molto lontani dal parlare al
cuore di Gerusalem me 173: tu tte queste cose appunto,
bene condanna e testim onia Isaia, purificato dal serafi­
no e dal carbone 174.

Guai ai profeti incapaci! — dice Osea

57. Orbene l’im presa è forse di questo genere e


si laboriosa per un cuore sensibile e triste 175 e vera­

165 Cf. Is. 19, 11. Tani, an tica cap itale degli H yksos, può d esigna­
re qui, p er estensione di significato, tu tto il D elta del Nilo.
166 Cf. Is. 3, 12.
167 Is. 9, 15.
168 Cf. Is. 3, 12.
169 Cf. Is. 3, 4.
170 Cf. Is. 3, 7.
171 Cf. Is. 9, 14.
172 Cf. Is. 8, 21.
173 Cf. Is. 40, 2.
174 Cf. Is. 6, 6. L 'anno della m o rte del re Ozia (742 a.C.) Isaia ebbe
la m aesto sa visione del tro n o divino che segna l'inizio della su a a tti­
vità p rofetica. Il personaggio p rin cip ale d ella visione è Jahvè stesso,
m en tre i serafini, sp iriti celesti a p p a rsi in fo rm a u m an a e alati, ne
co stitu iscono la corte. I serafin i h anno sei ali ciascuno, con due vola­
no, con due si coprono la faccia, con due si nascondono i piedi p e r
riverenza alla divina M aestà.
175 Cf. Prov. 14, 10.
74 Gregorio Nazianzeno

m ente è «un verme delle ossa» 176 almeno a chi ha in­


telletto, m entre piccolo è il pericolo oppure il caso è
trascurabile? Ma a me il beato Osea infonde una gran­
de paura, allorché dice che il giudizio è contro di noi,
sacerdoti e capi, perché siamo stati un laccio teso sulla
vetta e come una rete tesa sul Tabor che fu piazzata da
coloro che cacciano le anime degli uomini l77, m inac­
ciando di m ietere incapaci profeti 178 e di consum are
nel fuoco i loro giudici 179 e di sospendere per un po’
l’unzione del re e dei c a p i180 perché regnarono per se
stessi e non per conto di l u i 18*.

Guai ai simoniaci! — grida Michea

58. Ecco poi il divino Michea che non soppo


Sion edificata sul sangue, sangue di ogni sorta, e Geru­
salemme suH’ingiustizia 182, a causa dei capi che giudi­
cano per doni e dei sacerdoti che rispondono per m er­
cede, e dei profeti che parlano per denaro 183. Che ac­
cadrà in conseguenza di ciò? Che Sion sarà a ra ta come
un campo; che Gerusalem m e sarà come un campo di
raccolta e che il m onte della casa (di Dio) sarà conside­
rato come un bosco di querce 184. Lam enta anche la
scarsezza di quelli che agiscono rettam ente, e a stento
da qualche parte avanza stoppia o racimolo 185. Perfino
il principe avanza richieste (di denaro) e il giudice p ar­

176 Prov. 14, 30.


177 Cf. Os. 5, 1-2.
178 Cf. Os. 6, 5.
179 Cf. Os. 7, 7.
180 Cf. Os. 1, 4; 3, 4.
181 Cf. Os. 8, 4.
182 Cf. Mie. 3, 10.
183 Cf. Mie. 3, 11.
184 Cf. Mie. 3, 12.
185 Cf. Mie. 7, 1-2.
La fuga, 58-60 75

la per com piacenza 186. Michea riferisce all'incirca le


stesse cose del grande David, quando questi dice: «Sal­
vami, Signore, perché è venuto a m ancare l’uomo buo­
no» 187; in conseguenza di ciò essi perderanno i loro be­
ni come se rosi da tarlo ιββ.

Espiazioni di sacerdoti indegni, secondo Gioele

59. Gioele ci esorta al pianto e vuole che i m in


dell’altare si percuotano sotto il m orso della fame 189
— tanto è lontano dal perm ettere che goda in mezzo
agli altrui mali — e oltre a santificare il digiuno e a
predicare il culto 190, riuniscano gli anziani e i picco­
li 191, età queste degne di m isericordia, e che essi stessi
raggiungendo il tempio in (cosparsi di) cenere e (vestiti
di) sacchi 192, gettatisi molto um ilm ente a te rra — p er­
ché i campi sono vessati dalla sterilità, e offerta e sa­
crificio sono lontani dalla casa del Signore 193 —, impè-
trino la pietà con la loro sottomissione.

Parole minacciose di Abacuc

60. E che cosa dice Abacuc? Costui parla an


più infervorato e con lo stesso Dio m anifesta il disde­
gno e inveisce, per cosi dire, contro la benevolenza del
Signore a causa della ingiustizia dei giudici, dicendo:

196 Cf. Mie. 7, 3.


197 Sai. 11, 2.
188 Cf. Mie. 7, 4.
189 Cf. Gioe. 1, 13.
190 Cf. Gioe. 1, 14.
191 Cf. Gioe. 2, 16.
192 Cf. Is. 58, 5.
193 Cf. Gioe. 1, 9.
76 Gregorio Nazianzeno

«Fino a qual punto, o Signore, resterò a gridare e tu


non mi esaudirai? Griderò a te di stare soffrendo in­
giustizia e tu non mi salverai? A qual fine mi m ostrasti
dolori e fatiche, per vedere afflizioni ed em pietà? Al
mio cospetto è stato fatto giudizio e il giudice arraffa.
Per questo è stata infranta la Legge e non giunge a te r­
mine una causa» 194. Poi la m inaccia e quello che con­
segue: «Vedete, voi che mi disprezzate e guardate e vi
m eravigliate delle meraviglie e vi dileguate, perché io
compio quest’opera!» 195. Ma che bisogno c’è di aggiun­
gere tu tte le minacce? Ma un poco più avanti — ché
questo mi sem bra che sia meglio aggiungere alle cose
già dette — (dice che) dopo aver invocato e deplorato
m olti di quelli che erano circa qualche cosa ingiusti e
malvagi, richiam a infine i capi e i m aestri della perver­
sità, appellando la loro malizia un torbido sconvolgi­
mento, ebbrezza ed erro re della mente; e dice ad essi
che il prossim o è da loro inebriato perché cada nelle
tenebre della sua anim a e nelle spelonche 196 di serpen­
ti e di fiere 197, dim ore di ragionam enti malvagi. Costo­
ro, cosi sono e con siffatti am m aestram enti con noi
dialogano.

Le am m onizioni di Malachia

61. Ma come è possibile trascu rare Malachia? E


una volta rim proverava aspram ente i sacerdoti e li
scherniva come quelli che vilipendevano il nome del
Signore 198 e precisava in quali cose: nell’offrire all’al­
tare pani contam inati, cibi che non erano primizie, e le

194 Ab. 1, 2-4.


195 Ab. 1, 5.
196 Cf. Ab. 2, 15.
197 Cf. Ab. 1, 14.
198 Cf. Mal. 1, 6.
La fuga, 61-62 77

cose che non presenterebbero a qualcuno dei loro capi


ovvero che li disonorerebbero se li presentassero; e
che queste cose hanno fatto voto di presentare al Re di
tutti, cioè (vittime) zoppe e am m alate e cose del tu t­
to profane e abominevoli. Un’altra volta ammoniva i le­
viti del patto con Dio — era quello della vita e della
pace — e di tem ere il Signore e di ritirarsi dal cospet­
to del suo nome 200. «C’era — dice — legge di verità
sulla sua bocca e ingiustizia non fu trovata sulle sue
labbra. Procedendo in pace cam minava con me e con­
verti m olti dall’ingiustizia, perché labbra di sacerdote
custodiranno la conoscenza e cercheranno la legge del­
la sua bocca» 201. E la causa quanto è onorevole e te rri­
bile insieme! Perché (il sacerdote) è angelo del Signore
onnipotente 202. E tralascio, tra le maledizioni che se­
guono, la bestem m ia, m a temo la verità. Ma (non trala­
scio di) dire una cosa discreta e utile: «È ancor giusto
— dice — che io guardi i vostri sacrifici ovvero che io
ancora accetti dalle vostre mani u n ’offerta?» 203. (Par­
la) come estrem am ente sdegnando e respingendo il lo­
ro sacrificio, a causa della loro malvagità.

Zaccaria rimprovera i sacerdoti

62. Ogni volta che mi ricordo di Zaccaria, inorr


sco per la sua falce 204 e similmente per ciò che egli te­
stifica contro i sacerdoti 205. Ciò che dice poi intorno al
grande Giosuè 206, il gran sacerdote, che egli, con la
199 Cf. Mal. 1, 7-8.
200 Cf. Mal. 2, 5.
201 Mal. 2, 6-7.
202 Cf. Mal. 2, 7.
203 Mal. 2, 13.
204 Cf. Zac. 5, 1.
205 Cf. Zac. 7, 3 ss.
206 Cf. Zac. 3, 1-10.
78 Gregorio Nazianzeno

sua paròla avendo fatto spogliare di una veste sordida


e indegna, circonda di una sacerdotale e splendida; ciò
che fa dire all’angelo che si rivolge a Giosuè am monen­
dolo, queste cose, forse maggiori e più alte di quelle
che si riferiscono alla maggior parte dei sacerdoti, sia­
no onorate di silenzio, eccetto che il diavolo stesse fer­
mo alla destra di costui per opporglisi 207, fatto per me
certam ente non m ediocre né degno di poco tim ore né
di poca attenzione.

Altre minacce di Zaccaria

63. Quanto alle accuse con le quali incolpa e ac


ratam ente investe gli altri pastori, chi è cosi audace e
di animo cosi adam antino che non trem i a sentirlo e
non diventi più m oderato di quello che era? «Voce —
dice egli — dei pastori che si lam entano perché è di­
stru tta la loro magnificenza; voce di leoni che ruggi­
scono» 208, perché questo hanno sofferto. Soltanto non
ode i loro lam enti come o ra presenti e si lam enta con
coloro che soffrono. E poco prim a (dice) più acerba­
m ente e con maggiore forza: «Pascerete le pecore del
macello, che i com pratori scannavano e non curavano,
e i cui venditori dicevano: Benedetto il Signore! Noi ci
siamo arricchiti! I loro pastori (invece) non provarono
alcunché per esse. Per questo io non risparm ierò più
coloro che abitano sulla terra, dice il Signore onnipo­
tente» 209. E ancora: «Déstati, o spada, contro i miei pa­
stori» e: «Colpite i pastori e disperdete le greggi, e
stenderò la mia mano contro i pastori» 210, e: «Contro i

207 Cf. Zac. 3, 1


208 Zac. 11, 3.
209 Zac. 11, 4-6.
210 Zac. 13, 7.
La fuga, 63-65 79

pastori divampò la m ia ira e visiterò gli agnelli» 2n, in­


serendo ancora nella m inaccia anche i capi del popolo.
Cosi affannosam ente persiste nel suo discorso e non si
può facilm ente tratten ere dalle minacce, che anch’io
temo di diventare odioso, raccontando ogni cosa ordi­
natam ente. Ma Zaccaria cosi parla.

Ezechiele contemplatore e interprete dei grandi misteri

64. Ma, per tralasciare gli anziani dei quali pa


Daniele — e tralascerem m o, infatti, anche ciò che è
ben stato detto dal Signore e predicato a loro riguar­
do, che cioè: «È uscita la iniquità da Babilonia, dagli
anziani che apparentem ente governavano il popolo» 212
—, come tacerem o di Ezechiele, contem platore e in ter­
prete dei grandi m isteri e delle grandi visioni? Come
(tralascerem o) ciò che egli com anda alle sentinelle,
cioè che non passino sotto silenzio l’iniquità e la spada
che viene a so v ra sta rla 213? Volendo dire che ciò non
giova né ad essi né a quelli che peccano, m entre, preve­
dendolo e predicendolo, sarà di giovamento agli uni e
agli altri, se questi parlassero e se quelli ascoltassero,
e in ogni modo a quelli che li hanno avvertiti 2I4.

Ezechiele am monisce i pastori

65. Come (taceremo) quell’altro discorso che egl


contro i pastori? Ora con queste parole: «Guai su guai
saranno e allarm e su allarme, e sarà richiesta una vi­

211 Zac. 10, 3.


212 Dan. 13, 5.
213 Cf. Ez. 33, 2-6.
2,4 Cf. Ez. 33, 9.
80 Gregorio Nazianzeno

sione dal profeta, e la legge verrà meno a causa del sa­


cerdote e il consiglio a causa degli anziani» 2,s. Ora
con queste altre: «Figlio dell'uomo, di’ ad essa: Tu sei
una te rra che non è bagnata dall’acqua, né pioggia cad­
de su di te nel giorno dell’ira; e i suoi capi stanno in
mezzo ad essa come leoni ruggenti che sbranano p re­
de, che divorano anime che sono nella potestà» 216; e
dopo poco: «I suoi sacerdoti hanno violato la mia leg­
ge, hanno profanato le mie cose sacre; e, fra sacro e
profano — dice — non hanno fatto alcuna distinzione,
m a tutto per essi era una sola cosa, e chiusero i loro
occhi sui miei sabati, e venivo profanato in mezzo ad
essi» 217; m inacciando 218 di abbattere il m uro e quelli
che l’hanno intonacato, cioè i peccatori e quelli che li
ricoprono (avallano); come è appunto dei capi malvagi
e dei sacerdoti, seduttori della casa di Israele, secondo
i loro cuori alienati nelle loro cupidigie 219.

Pastori che pascolano se stessi

66. Rinuncio a parlare di quanto egli dice di col


che pascolano se stessi, divorando il latte, vestendosi
della lana, uccidendo l’anim ale grasso, m a non pasco­
lano il gregge, non ristorano la pecora sfinita, non me­
dicano quella ferita, non riconducono la vagabonda,
non ricercano quella sm arrita, non preservano quella
sana 22°; con la fatica anzi la sfiniscono e di proposito
la fanno m orire. Sicché si disperde il gregge per tu tta
la pianura e per la m ontagna perché non ci sono pasto­

215 Ez. 7, 26.


216 Ez. 22, 24-25.
217 Ez. 22, 26-27.
218 Cf. Ez. 13, 15.
2,9 Cf. Ez. 14, 5.
220 Cf. Ez. 34, 2-4.
La fuga, 66-68 81

ri ed esso diventa cibo per tu tti i volatili del cielo e per


le fiere, non essendoci chi lo ricerchi e lo riconduca
(all’ovile)221. Che altro ancora? Sono vivo io — sog­
giunge —, dice il Signore, p er questo le cose stanno co­
si e le mie pecore diventano preda; eccomi contro i pa­
stori! S o ttrarrò le mie pecore alle loro mani 222 e le ra­
dunerò e ne avrò cura, m entre essi patiranno questo e
quello che si conviene ai malvagi pastori.

Geremia si lamenta della malvagità dei capi

67. Ma, per non prolungare il discorso — passa


in rassegna tu tti i profeti —, passerò sopra tu tti gli al­
tri, facendo menzione di uno solo ancora, di quello che
fu sconosciuto prim a che form ato e che fu santificato
fin nel ventre m aterno 223 — era questi Geremia —.
Egli chiede acqua sopra il capo e una fonte di lacrime
negli occhi, per piangere degnam ente sopra Israele 224,
ma non meno si lam enta delle iniquità dei suoi capi.

Empietà e stoltezza dei sacerdoti dim entichi di Dio

68. Accusando i sacerdoti Dio dice a costui (G


mia): «I sacerdoti non dissero: dov’è il Signore? E quel­
li che si attribuivano la m ia legge non mi conoscevano,
e i pastori agivano em piam ente nei miei confronti» 225.
Dice poi egli stesso u n ’altra volta: «I pastori diventaro­
no pazzi e non cercarono il Signore e per questo tutto

221 Cf. Ez. 34, 8.


222 Cf. Ez. 34, 8.10.12.
223 Cf. G er. 1, 5.
224 Cf. G er. 8, 23.
225 G er. 2, 8.
82 Gregorio Nazianzeno

il gregge non ebbe intelletto e furono dispersi» 226.


«Molti pastori — soggiunge — m andarono in rovina la
m ia vigna, contam inarono il mio campo, che era desi­
derabile, si da ridurlo a un deserto inaccessibile» 227.
Poi nuovam ente contro i medesimi pastori inveisce:
«Ah! Pastori che m andate in rovina e disperdete le pe­
core del mio gregge; per questo, contro quelli che pa­
scolano il mio popolo, il Signore dice: voi disperdeste
le mie pecore e le scacciaste e non le visitaste: ecco, io
mi vendico contro di voi secondo la vostra cattiva cu­
ra» 228. E vuole poi che i pastori levino grida di dolore
e che si percuotano i montoni dei greggi perché si
com pirono i giorni per la loro uccisione 229.

Prescrizioni di Gesù ai suoi discepoli

69. Ma perché parlare delle cose antiche? Chi,


nendosi di fronte ai canoni e ai term ini (stabiliti da) di
Paolo, quelli che egli stabili per i vescovi e per i pre­
sbiteri — che siano sobri, continenti, non dediti al vi­
no, non violenti, idonei ad insegnare, in ogni cosa
irreprensibili 230 e inattaccabili da p arte dei malvagi —
non troverà fuggevole la giustezza di questi canoni? E
che direm o poi delle cose che Gesù per legge stabilisce
per i suoi discepoli quando li m anda a p re d ic a re ? 231.
La somma di esse è questa, per non enum erarle una
per una: che siano tali di virtù, cosi decorosi, cosi
equilibrati e ancora, per dirla in breve, cosi celesti che
il Vangelo vada avanti non meno per la loro condotta
che per il loro messaggio.

226 G er. 10, 21.


227 Ger. 12, 10.
228 Ger. 23, 1-2.
229 Cf. Ger. 32, 34; 25, 34.
230 Cf. 1 Tim. 3, 2-3; Tt. 1, 7.9.
231 Cf. Mt. 10, 9-10.
La fuga, 70-71 83

Non im itiam o gli scribi e i farisei!

70. I farisei, quando sono biasim ati e gli scr


quando sono rim proverati, mi spaventano. Poiché è ne­
cessario essere superiori ad essi nella virtù 232, come ci
è stato com andato, sarebbe vergognoso se chiedessimo
qualcosa del regno dei cieli e ci m ostrassim o peggiori
di quelli quanto a malvagità, sicché m eritatam ente po­
trem m o essere chiam ati serpenti e «progenie di vipe­
re» 233 e «condottieri ciechi che filtrano la zanzara e
che divorano il cammello» 234 e tom be b ru tte di dentro e
di bell’aspetto di fuori 235 e piatti puliti all’ap p are n za236
e tu tte le altre cose che essi sono e sentono dire.

Responsabilità nell’assumere un posto di comando

71. Con questi pensieri io mi accompagno nott


giorno. Questi mi consum ano il midollo, mi distruggo­
no le carni, non mi lasciano essere tem erario né cam ­
m inare guardando in alto. Questi pensieri mi umiliano
l’anima, mi abbassano la m ente e mi pongono il freno
alla lingua; e fanno che io non parli di un posto di co­
mando né di presidenze né di perfezionare e indirizza­
re gli altri — la qual cosa è di m olta eccellenza — ma
come io possa sfuggire all’ira che viene a raschiare via
un po’ di male. Bisogna prim a purificarsi 237, poi p u ri­

232 Cf. Mt. 5, 20.


233 Mt. 23, 33.
234 Mt. 23, 24.
235 Cf. Mt. 23, 27.
236 Cf. Mt. 23, 26.
237 Cf. Platone, Fedone, 67b. È m olto freq u en te in G regorio que­
sto concetto della n ecessità della p u rezza sp iritu ale. È m u tu ato da
Platone, conform em ente al p rin cip io secondo il quale il sim ile non
può e ssere rico n o sciu to che dal suo sim ile. Cf. Or. XXXIX, 9: PG 36,
84 Gregorio Nazianzeno

ficare; farsi saggi e quindi rendere saggi; farsi luce e


illum inare; avvicinarsi a Dio e condurvi gli altri; essere
santificati e santificare, condurre per mano, consiglia­
re con prudenza.

Una circospetta lentezza è migliore


di u n ’incauta rapidità

72. «Queste cose, ordunque, quando saranno?»


cono quelli che in ogni cosa sono spediti e insicuri,
quelli che facilm ente costruiscono case e le abbattono.
E «quando la lucerna sul lucerniere?» 238, e «dov’è il
tuo talento?» 239, cosi chiam ando la grazia divina. Que­
ste cose dicono quelli che sono più ferventi neH'amici-
zia che nella pietà. Quando queste cose? Qual è il mio
giudizio, o carissim i? Non lontana (è) la scadenza né la
vecchiezza è alla fine. È migliore, infatti, una prudente
canutezza che una giovinezza ineducata; una ponderata
lentezza che una rapidità incauta; un regno di breve
d u rata che una lunga tirannide, come ancora una pic­
cola parte onorata che un grande possesso senza onore
e insicuro, un poco di oro che una grande m assa di
piombo, una piccola luce anziché molte tenebre.

La rapidità è più pericolosa nel fare che nel dire

73. Q uesta rapidità, rischiosa e troppo frettolo


non sia simile a quei semi che, cadendo sopra le pietre,

344; Carmina, 2, 2, 7 v. 221: PG 37, 1568A: «Il P uro non è p ercepibile


d all'im puro; beati i p u ri di cuore, p erch é v ed ran n o Dio». Cf. J. Pla-
gnieux, S. Grégoire de N azianze théologien, P aris 1952, cap. III: La
condizione del teologo, pp. 71-113; La purificazione, pp. 81-108.
238 Cf. Mt. 5, 15.
239 Cf. Mt. 25, 15.
La fuga, 73-74 85

per m ancanza di profondità nel terreno, subito spuntà-


ti, non sopportarono il prim o calore del sole 240; ovvero
a fondam enta poste sopra la sabbia, che neppure un
poco hanno resistito alla pioggia e ai venti 241. «Guai a
te città della quale il tuo re è troppo giovane» 242, dice
Salomone, e: «Non essere frettoloso nelle parole»: pa­
rola del medesimo Salomone 243, il quale definisce la
rapidità del parlare come un fatto in qualche modo
meno im portante dell’ardore del fare. E chi è, oltre a
ciò, colui che richiede la rapidità al posto della sicu­
rezza e dell'utilità? Chi è colui che plasm a, siccome
statu ette d'argilla in uno stesso giorno, il difensore
della verità, quello che si p o rrà con gli angeli 244, che
glorificherà con gli arcangeli, che p o rterà le vittime
sull’altare superiore e sarà sacerdote insieme con Cri­
sto, quello che riplasm erà la creatu ra e ne presenterà
l’immagine e p resterà la sua opera produttrice al mon­
do soprannaturale e, per dire cosa più im portante, sa­
rà Dio e deificherà (gli altri)?

Chi potrà contemplare la Mente divina?

74. Io so di chi siamo m inistri e dove giaciam


dove tendiam o. So l’altezza di Dio e la debolezza del­
l’uomo e anche la sua forza. «Il cielo è alto, la te rra è
profonda» 245. Chi di quelli che giacciono pro strati nel

240 Cf. Mt. 13, 5-6.


241 Cf. Mt. 7, 26-27; Le. 86, 49.
242 Qo. 10, 16.
243 Cf. Prov. 29, 20.
244 Cf. J. R ousse, Les anges et leu r m inistère selon S a in t Grégoire
de Nazianze, in «M elanges de Science religieuse», 22 (1961), pp. 134-
152. Cf. Or. XXVIII, 31, dove G regorio p rec isa l’esisten za di u n o rd i­
ne angelico.
245 Prov. 25, 3.
86 Gregorio Nazianzeno

peccato salirà? Chi, ancora avvolto in queste caligine


terren a e nella m assa della carne, p o trà con tu tta la
sua m ente chiaram ente contem plare la Mente univer­
sale? Potrà m ischiarsi con le cose stabili e invisibili
chi giace tra le instabili e visibili? Quaggiù, infatti, a
stento qualcuno tra quelli ben purificati potrebbe con­
tem plare u n ’immagine del bene, come quelli che vedo­
no il sole nell'acqua. «Chi m isurò l’acqua con la maino, il
cielo col palmo e tu tta la te rra con il pugno? Chi pose le
m ontagne nella stadera e le colline nella bilancia?» 246.
Quale luogo per la sua dim ora 247? E a chi fra tu tti (gli es­
seri) sarà com parato? 248.

La sapienza accresce il dolore

75. E chi è «Colui che ha creato il tu tto con la


parola e ha form ato l’uomo con la sua sapienza» 249? E
ha ridotto in una sola le cose diverse? E ha mescolato
la polvere con lo spirito? E ha composto l’essere viven­
te visibile e invisibile, caduco e im m ortale, terreno e
celeste, che può toccare Dio e che non può raggiunger­
lo, che gli si avvicina e se ne allontana? «Io dissi: di­
venterò saggio», dice Salomone, e, parlando della sa­
pienza, «la m edesim a si allontanò da me più lontano di
quello che era» 25°. E in verità: «Colui che aggiunge
scienza aggiunge d o lo re» 251, perché ciò che si trova
non diletta più di quanto ra ttrista ciò che si sfugge. La
qual cosa appunto — a parere mio — suole avvenire a
quelli che ancora avendo sete vengono allontanati

246 Is. 40, 12.


247 Cf. Is. 66, 1.
249 Cf. Is. 40, 18.25.
249 Sap. 9, 1-2.
250 Qo. 7, 23-24.
251 Qo. 1, 18.
La fuga, 75-76 87

dall'acqua, ovvero a queli che un lampo subito abban­


donò dopo averli circondati di luce 252.

La maestà, l ’altezza e la dignità del sacerdozio


scoraggiano Gregorio

76. Ciò mi rendeva umile 253 e mi persuadeva ch


meglio ascoltare «la voce della lode» 254 che essere in­
terp rete delle cose che sono sopra le mie forze, cioè la
grandezza, l’altezza, la dignità, le nature pure che a
stento possono com prendere lo splendore di Dio che
l’abisso ricopre 25S, per il quale le tenebre sono nascon­
digli 256. Egli è luce purissim a e ai più inaccessibile;
egli in tu tto questo dim ora e di tu tto è fuori; egli è tu t­
to il bene e al di sopra di tu tto il bene; egli illum ina la
m ente e sfugge a rapidità e altezza di mente: fuggendo
sem pre tanto quanto è preso, e attirando verso le cose
celesti quello che ama, fuggendo e sottraendoglisi co­
me se fosse stato preso.

252 Nei capp. 75 e 76 G regorio o ffre un b ell’esem pio di teologia


an tin o m ica (Cf. P. Scazzoso, Introduzione alla ecclesiologia di san Ba­
silio, M ilano 1975, pp. 71-72) che p e r i Cappadoci diventa la base p er
u n a sin tesi della trascen d en za e deH’im m anenza di Dio nel m ondo. È
p ro p rio degli o rien tali vedere nella c re a tu ra im m an en te l’o p era c re a ­
tiva e trascen d en te di Dio. Il c ristia n o d ’O riente è ab itu a to a conte-
p lare «non tan to le cose che si vedono, q u an to quelle che non si ve­
dono; infatti, le cose che si vedono sono tem p o rali, quelle che non si
vedono sono eterne» (cf. 2 Cor. 4, 17).
253 Cf. Or. XXXII, 19: PG 36, 196: «Umile è colui che sa d ire alcu ­
ne cose intorno a Dio, a ltre le sa ten ere n ell’anim o, a ltre confessa di
ig n o rarle e lascia che ne p arli chi ne ha ricevuto l’incarico: colui che
am m ette che vi sia q u alcuno più sp iritu a le e più avanzato nella con­
tem plazione».
254 Sai. 25, 7.
255 Cf. Sai. 103, 6.
256 Cf. Sai. 17, 12.
88 Gregorio Nazianzeno

Confessione di umiltà:
timore di non possedere la veste nuziale

77. Tanto grande e di tal n atu ra era, appunto,


che da me veniva desiderato e cercato con zelo. Tale
bisogna che sia l’accom pagnatore e m ediatore delle
anime. Ma io, per quello che mi riguarda, temo di esse­
re cacciato fuori dalla sala nuziale, legato mani e pie­
di, in quanto, pur non vestito della veste nuziale 257,
tuttavia tem erariam ente mi sono introm esso tra quelli
che vi siedono. Eppure vi fui invitato fin dall’età giova­
nile — per dire un fatto ignoto alla maggior parte — e
vi «fui gettato fin dal seno m aterno» 258 e vi fui dedica­
to per voto m aterno, e poi vi fui conferm ato dai perico­
li e il desiderio mi si accrebbe e la ragione vi concorse.
Allora, a Colui che mi aveva tratto in sorte e mi aveva
salvato, spontaneam ente offrii ogni cosa: sostanze,
splendida fama, sanità, gli stessi miei studi dai quali
questo soltanto ho m utato, cioè il disprezzarli e posse­
dere qualcosa cui avevo preferito Cristo. E le parole di
Dio divennero per me dolci come favi di miele 259 e in­
vocai la prudenza e detti la m ia voce alla sapienza 260.
E altre cose di questo genere, per esempio: m oderare
gli impeti, frenare la lin g u a 261, tem perare gli occhi,
am m aestrare il ventre, conculcare la gloria, quella te r­
rena. Da dissennato io parlo 262, m a pure sarà detto:
ma, quanto a ciò, forse non sono peggiore della mag­
gior parte.

257 Cf. Mt. 22, 11-13.


258 Sai. 21, 11. Cf. Vita,vv. 68-91; 194-198.
259 Cf.Sai. 140, 6; 118, 103; Prov. 16, 24.
260 Cf. Prov. 2,3.
261 Cf. Giac. 1,26.
262 Cf. 2 Cor. 11, 23.
La fuga, 78-79 89

Difficoltà congiunturali: vacuità del nome del sacerdote

78. È però superiore alle mie forze questa attività


spirituale, cioè assum ere la guida e il comando delle
anime, quando non ho ancora im parato bene a lasciar­
mi guidare né mi sono purificato nell'anim a quanto si
conviene, dopo che mi è stato affidato il compito di go­
vernare il gregge. E ciò, in circostanze 263 di questo ge­
nere, nelle quali è auspicabile — vedendo gli altri su e
giù sparsi e sconvolti — di togliersi dal mezzo con la
fuga, di ritirarsi al coperto, di nascondersi dalla tem pe­
sta e dal cieco furore del maligno, quando le m em bra
com battono tra di loro e la carità se ne va, se pure un po’
ne restava: il sacerdote è nome vano e fuor di proposito,
perché si è riversata sui capi la vergogna 264, come è sta­
to scritto.

Arroganti ed em pi siamo diventati

79. E m agari fosse vano! Si volgesse o ra la bestem ­


mia sul capo degli empi! Il tim ore è del tu tto bandito
dalle anime, è sorta in sua vece l’impudenza; la cono­
scenza e la profondità dello Spirito sono di chi le
vuole 26S; siamo tu tti pii in una sola cosa, nell’accusare
l’em pietà degli altri. Ci serviamo di giudici empi 266,
lanciamo ai cani le cose sante e gettiam o ai maiali le
perle 267, divulgando le cose divine a orecchie e anime
profane; accuratam ente adem piam o le preghiere dei

263 G regorio fa riferim en to all'asp rezza, a ll’estensione e alla com ­


p lessità della co n tro v ersia ariano-origeniana, con p artic o la re allusio­
ne ai p roblem i trin ita rio e cristologico.
264 Cf. Sai. 106, 40: p red o m in a in questo salm o la re ite ra ta de­
nuncia d ell’in g ratitu d in e del popolo di Israele.
265 Cf. 1 Cor. 2, 10.
266 Cf. 1 Cor. 6, 1.
267 Cf. Mt. 7, 6.
90 Gregorio Nazianzeno

nostri avversari, m iseri che siamo! E non ci vergognia­


mo di prostituirci nelle nostre azioni 268. Moabiti e Am­
moniti, ai quali neppure era lecito accostarsi ajla Chie­
sa del Signore 269, passeggiano o ra nei nostri più sacri
luoghi. Abbiamo aperto a tu tti non le porte della
giustizia 270, m a le porte della villania e del nostro reci­
proco oltraggio; e questi è per noi il migliore, non co­
lui che per tim ore di Dio non dice parola oziosa, ma
colui che sia per caso m aldicente il più possibile verso
il prossimo, sia apertam ente sia p er enigmi, e che ri­
volge sotto la sua lingua angheria e cattiveria 27*, ovve­
ro, per dir più propriam ente, veleno di àspidi 272.

Quanta generosità... nel peccare!

80. Noi, osserviamo i peccati l’uno dell'altro,


per dolercene, m a per rim proverarli; non per curarli,
m a per accusare e per aver a giustificazione dei nostri
difetti le ferite del prossimo. Non la condotta di vita
caratterizza i cattivi e i buoni, m a la discordanza e la
concordanza delle opinioni; ciò che lodiamo oggi, do­
mani Io biasimiamo; ciò che è vituperato presso gli al­
tri, presso di noi è am m irato, e tu tto prontam ente si
perdona all’em pietà. In tal grado siamo m agnanimi nel
vizio!

Confusione e violenze reciproche

81. Ogni cosa è come da principio, quando non


steva ancora il mondo né l’ordine e l’arm onia attuali,
268 Cf. Sai. 105, 39.
269 Cf. Deut. 2, 34. Idolatri, eran o a c e rrim i nem ici degli Israeliti.
270 Cf. Sai. 117, 19.
271 Cf. Sai. 10, 7.
272 Cf. Sai. 13, 3; 139, 3.
La fuga, 81-82 91

m a l’universo, confuso e scomposto, aveva bisogno di


una mano e di una potenza ordinatrice. Se si vuole
(siamo) come in una battaglia no ttu rn a e sotto il tre ­
mulo chiarore della luna, incapaci di discernere i volti
degli avversàri o degli amici, oppure, come in una b at­
taglia navale e in una tem pesta, assordati e confusi
dall’im peto dei venti, dal fragore dei flutti che ribollo­
no, dagli assalti delle onde, dagli u rti delle navi, dagli
scontri dei raffi, dalle grida dei com andanti e dai la­
m enti di coloro che periscono, senza aver occasione di
m ostrare il nostro valore. O grande sventura! Ci sca­
gliamo l’uno contro l’altro e l’un l’altro ci uccidiamo!

Beati quelli che per la verità lottano


e sono oggetto di odio!

82. E non è che il popolo sia cosi e il sacerdote


trim enti; anzi, mi sem bra che ora si adem pia chiara­
m ente quel detto: «Il sacerdote è diventato come il po­
polo» 273, la qual cosa in passato si diceva per im preca­
zione. E non è che la maggior parte sia cosi, m entre i
capi del popolo, come è stato detto, si com portano al
contrario: anzi, questi qui, com battono apertam ente
contro i sacerdoti, avendo la pietà come metodo per
persuadere. E quanti sopportano ciò per la fede e per
quegli articoli che sono di suprem a e m assim a im por­
tanza, io neppure li biasimo, anzi, se bisogna dire il ve­
ro, li approvo e mi congratulo (con essi). Magari fossi
uno di costoro che lottano per la verità e sono odiati
(per essa)! Maggiormente mi glorierò di esserlo. Infatti,
una g uerra lodevole è migliore di una pace che separa
da Dio: per questo lo Spirito arm a un mite com batten­
te 274, in quanto capace di com battere bene.
273 Cf. Os. 4, 9.
274 Cf. Gioe. 3, 11.
92 Gregorio Nazianzeno

Il nome di Dio trascinato nelle contese personali

83. Ma ci sono ora alcuni che com battono per c


di poco conto e di nessuna u tilità e che cercano di
ascrivere alla loro cattiva causa, in un modo troppo in­
sensato e tracotante, quanti più possono. E per ogni
cosa, poi, la fede e il santo nome di Dio sono trascinati
nelle loro contese private 27S. In conseguenza di ciò, co­
me è conveniente, siamo odiati fra i popoli 276 e, quel
che è peggio, neppure possiamo dire che non è giusto.
Siamo screditati anche presso i più m oderati dei no­
stri: niente di strano se lo siamo anche presso la m assa
che a stento potrebbe riconoscere un qualche bene.

I peccatori fabbricano sopra le nostre spalle

84. Fabbricano i peccatori sopra le nostre spall


e ciò che noi escogitiamo a nostro reciproco danno, es­
si lo tengono contro noi tu tti e siamo diventati un nuo­
vo spettacolo, non per gli angeli e per gli uomini 278,
come Paolo, il più valente degli atleti, quando com bat­
teva con i principati e con le potestà 279, m a quasi per
tu tti i malvagi, in ogni circostanza e luogo, nelle piaz­
ze, nei conviti, nelle allegrezze, nei dolori. Ormai siamo
giunti fin sulla scena, dicendo la qual cosa piango an­

275 Tale fu il caso per la secessione dei m onaci di N azianzo, m al­


contenti del loro vescovo, che i sem iarian i avevano sp in to a so tto ­
scriv ere u na form ula per lo m eno equivoca. G regorio rom pe il silen­
zio p e r celeb rare in presenza di suo p a d re la riconciliazione dei m o­
naci (cf. J. Plagnieux, op. cit., p. 61, nota n. 66). Cf. G regorio di N a­
zianzo, L ’A utobiografia, Introduzione, p. 122.
276 Cf. Ez. 36, 3; Sai. 43, 11-12; 105, 41.
277 Cf. Sai. 128, 3.
278 Cf. 1 Cor. 4, 9.
279 Cf. Ef. 6, 12.
La fuga, 84-86 93

che un po', e siamo oggetto di derisione insieme con i


più licenziosi. E niente è cosi piacevole delle cose che
si ascoltano e si vedono di un cristiano messo in
ridicolo 280.

Combattere per il Cristo, secondo le sue regole

85. Questo ci pro cu ra la guerra tra di noi, ques


quelli che com battono sregolatam ente per la bontà e la
mitezza, questo quelli che amano Dio più di quanto è
conveniente. Non è lecito lottare né praticare una qual­
che gara fuori dai limiti stabiliti. Infatti, colui che lot­
ta o pratica una qualche altra gara non bene, né secon­
do le regole dell’incontro stabilite, sarà ripreso e diso­
norato, e perderà la vittoria, anche se sia valente e abi­
lissimo. E per Cristo si lotterà non secondo (la legge
di) Cristo? E poi si renderà servizio alla pace, com bat­
tendo per essa come non è lecito?

I dem òni rabbrividiscono al nome di Cristo

8 6 .1 demòni trem ano ancora adesso quando Cristo è


nom inato 281. N eppure per la n o stra malvagità la forza di
questo nome è svanita, e noi non ci vergogniamo di ingiu­
riare un soggetto venerabile e tanto nome, noi che lo sen­
tiamo gridare apertam ente e ogni giorno: «Per causa vo­
stra il mio nome è bestem m iato fra le genti» 282.

290 A ncora un sofferto riconoscim ento-denuncia del lu d ib rio cui i


c ristian i sono sottoposti a c a u sa dell’indegno co m p o rtam en to dei lo­
ro capi religiosi.
281 Cf. Giac. 2, 19.
282 Is. 52, 5; cf. Rom. 2, 24.
94 Gregorio Nazianzeno

La morte per il Cristo, unica strada per la vittoria

87. Io non tem o la guerra esterna né la f ie r a


che o ra si è levata contro le Chiese, come pienezza del
male, anche se minacci fuoco, precipizi, b aratri, anche
se sia l'essere più selvaggio tra tu tti i furiosi mai esi­
stiti, anche se ai presenti supplizi ne aggiunga di più
duri. Un solo farm aco io possiedo contro ogni male,
una sola strad a — mi glorierò in Cristo — p er la vitto­
ria, la m orte per il Cristo 284.

Virtù di profeti (I parte)

88. Ma in questa m ia guerra io non so quale far


quale alleanza trovare, quale parola di sapienza, quale
carism a, di quale arm atu ra cingermi contro gli insulti
del maligno 285. Quale Mosè lo vincerà, con le mani te­
se verso la m ontagna, affinché la croce vincesse, già
form ata e preannunciata 286? Quale Giosuè dopo di lui,
arm ato, insieme col com andante degli squadroni cele­
sti 287? Quale David? Salmeggiando 288 o com battendo
con la fionda 289, e cinto da Dio di potenza in g uerra e
con le dita esercitate al com battim ento 290? Quale Sa­
muele, pregando per il popolo e offrendo sacrifici e
ungendo come re quello che fosse capace di vince­

283 T ra tta si d ell'im p e ra to re G iuliano (331-363), orm ai ap erto deni­


g ra to re e p ersecu to re dei riti cristian i.
284 Cf. Fil. 3, 3.
285 Cf. Ef. 6, 11.
286 Cf. Ez. 17, 11.
287 Cf. Gios. 5, 14.
288 Cf. 1 Sam . 16, 16.
289 Cf. 1 Sam . 17, 49.
290 Cf. Sai. 143, 1.
La fuga, 68-90 95

r e 291? Quale Geremia piangerà degnam ente queste co­


se, componendo treni 292 per Israele?

Virtù di profeti (II parte)

89. Chi griderà: «Risparmia, o Signore, il tuo po


lo e non dare la tua eredità al disprezzo di far governa­
re le loro genti» 293? Quale Noè, quale Giobbe, quale
Daniele pregherà per noi, essi che pregano insieme e
insieme sono enum erati 294, affinché cessi alquanto la
guerra, affinché ritorniam o in noi stessi, affinché tra
di noi ci riconosciamo, affinché non siamo più, in luo­
go di un solo Israele, Giuda e Israele, non più Roboam
e Geroboam, non più Gerusalemme e Sam aria, le quali
per i loro peccati, in parte sono abbattute, in p arte so­
no com piante?

La debolezza fu causa della mia fuga

90. Io riconosco di essere troppo debole per qu


guerra, e per questo detti le spalle, ricoprendom i il
volto di vergogna, e cercando di ritirarm i in solitudine,
poiché ero pieno di amarezza, e cercai di tacere 295,
com prendendo «che il tempo è cattivo» 296, che i nostri
diletti hanno recalcitrato 297, che siamo diventati figli ri­

291 Cf. 1 Sam . 7, 5.9; 10, 1.


292 Canti funebri degli antich i greci; il nom e è d ato anche alle la­
m entazioni bibliche.
293 Gioe. 2, 17.
294 Cf. Ez. 14, 14-20.
295 Cf. Lam. 3, 28; 1, 20.
296 Mie. 2, 3.
297 Cf. Deut. 32, 15.
96 Gregorio Nazianzeno

belli 298 noi (che eravamo) «la vigna ricca di tralci» 2" , la
vigna vera 300, tu tta fruttifera, tu tta fio re n te 301, che
cresce bene per le gocce di rugiada celeste 302, com­
prendendo che mi si è rivolto in disonore il diadem a
della m ia bellezza 303, il sigillo della m ia gloria 304, la
corona del mio vanto 305. Se qualcuno, di fronte a que­
ste cose, è audace e valente, costui per il suo coraggio
e p er la sua valentia è per me beato.

Il sacerdote combatte quotidianamente


contro le debolezze del suo corpo

91. E non parlo ancora della gu erra interna e c


dentro di noi, nei nostri affetti, e che noi com battiam o
notte e giorno, ora segretam ente, o ra palesemente, a
causa della debolezza del nostro corpo 306; a causa del
ravvolgimento che qual onda ci solleva e ci abbatte e ci
agita violentem ente attraverso i sensi e gli altri piaceri
di questa vita; a causa del fango e della feccia nella
quale siamo im mersi 307 e della legge del peccato che
m ilita contro la legge dello spirito 308 e che tenta di
corrom pere la regale immagine che è in noi e quanto
della divina influenza è stato in noi deposto. Cosi,
chiunque si sia educato con lungo studio e abbia sot­
tratto a poco a poco la parte nobile e lum inosa

298 Cf. Ger. 3, 14.


299 Os. 10, 1.
300 Cf. Ger. 2, 21.
301 Cf. Ger. 11, 16.
302 Cf. Sai. 64, 11.
303 Cf. Os. 4, 7; Sap. 5, 16; Ez. 28, 12.
304 Cf. 1 Cor. 9, 2; Ez. 28, 12.
305 Cf. 1 Tess. 2, 19.
306 Cf. Fil. 3, 21.
307 Cf. Sai. 39, 3; 68, 3.
308 Cf. Rom. 7, 23.
La fuga, 91-92 97

dell’anim a e quella tapina e congiunta con le tenebre,


ovvero abbia trovato Dio benevolo, ovvero anche que­
ste due cose insieme e abbia curato al massimo di
g uardare verso l'alto, a stento riuscirebbe a dom inare
la m ateria che trae verso il basso. Ma, prim a di averla
dom inata — per quanto è possibile — e aver purificato
adeguatam ente il suo spirito e di aver largam ente su­
perato gli altri nell’approssim arsi a Dio, io credo che
non sia prudente accettare sia la guida delle anime sia
l’essere interm ediari tra Dio e gli uomini, il compito
del sacerdote 309.

La causa della mia paura

92. E racconterò anche a voi perché sono cadut


questa paura, affinché non mi giudichiate più vile del
dovuto, anzi affinché lodiate la mia prudenza. Sento di­
re dello stesso Mosè, quando Dio gli parlava, che, con­
vocati parecchi sul monte, fra i quali c’era anche Aron­
ne con due suoi figli sacerdoti, e settanta anziani della
gerusia, a tu tti gli altri fu ordinato di adorare da lonta­
no, e che solo Mosè si avvicinasse, che il popolo non
salisse con lui come se non a tu tti fosse lecito avvici­
narsi a Dio, ad eccezione di qualcuno capace, a guisa
di Mosè, di com prendere la gloria di Dio. E ancora p ri­
m a di queste cose, all’inizio della proclamazione della
Legge, trom be, folgori, tuoni, tenebre, tu tto il monte
pieno di fumo, minacce terribili — «se p u r una fiera
tocca il monte, sarà lapidata» 310 — e altri spaventi si­
mili tennero gli altri in basso, e molto era per loro udi­

309 Cf. Or. XX, 1 (alla fine) ove al posto di «sacerdote» si legge:
«Io credo che non sia p ru d en te a c c e tta re la g u id a delle anim e o lan­
ciarsi n ella teologia». È evidente che qu esto cap. e i seguenti 93, 94,
95 sono stati rip re si più o m eno fedelm ente in Or. XX, 1.2.3.4.
310 Cf. Es. 19, 12-13. E br. 12, 18-20.
98 Gregorio Nazianzeno

re soltanto la voce di Dio, per ben purificati che fosse­


ro. Mosè invece sale, en tra dentro la nube 31\ conosce
la Legge e riceve le Tavole 312, quelle della lettera per
la massa, m entre, per quelli che sono sopra la massa,
quelle dello Spirito 313.

Esempi di empietà punita

93. So, poi, di Nadad e di Abiud 314, i quali, ave


solam ente sacrificato con fuoco profano, da quello furo­
no poi c o n su m ati315. Furono puniti con quello per mezzo
del quale avevano commesso em pietà. Non potè salvarli
neppure Aronne, il padre, il secondo dopo Mosè presso
Dio. So anche del sacerdote E l i 316 e di Oza 317, di poco

311 Cf. Es. 24, 15.18.


312 Cf. Es. 31, 18.
313 Cf. 2 Cor. 3, 6-8.
314 Figli di Aronne, p er la loro co n d o tta ritu a le non o rto d o ssa
(posero, nel tu rib o lo sacro, fuoco profano, cioè non tolto d all'altare)
m orirono.
315 Cf. Lev. 10, 1-2.
316 Egli è l’ultim o o penultim o dei giudici. Egli fu co n tem p o ra­
n eam ente giudice e som m o sacerdote; unione di carich e n ella stessa
p erso n a che nell’Antico T estam en to non si ebbe m ai p rim a di lui.
Quel che sappiam o di Eli si legge nel P rim o L ibro di Sam uele. N ono­
sta n te la debolezza del suo c a ra tte re , ebbe u na devozione p ro fo n d a e
un g ran d e calore um ano. Non conosciam o n u lla dei suoi an ten a ti.
Una tradizione lo vuole m em bro dei sacerd o ti di Aronne, u n ’a ltra lo
vuole della stirp e o pposta di E lazar. Pare, invece, che gli avi di Eli
a p p a rte n essero ai sacerd oti del c en tro religioso di Siloh, dove veniva
co n serv ata l’Arca. Anna che e ra sta ta g u a rita d alla ste rilità p er
ad em p iere il voto delle sue preg h iere fatte e Jahvè, ad Eli p o rtò il fi­
glio Sam uele. Egli aveva 98 anni q uando venne a sap ere che nella
g u erra co n tro i Filistei e ra a n d a ta p e rd u ta l’Arca ed eran o p e riti i
suoi due figli. Alla notizia, Eli cadde riv erso dal seggio, si ru p p e la
nu ca e m o ri (A. Q uacquarelli).
317 Figlio di A binadab, cadde fu lm in ato p er aver osato toccare
l’Arca deH’Alleanza, m en tre la tra sp o rta v a da C ariath iarim a G eru sa­
lemme.
La fuga, 93-94 99

posteriore: l’uno subì il castigo per l'iniquità dei figlioli


che osarono libare dalle caldaie prim a del momento op­
portuno, durante il sacrificio, e questo senza che egli ap­
provasse la loro empietà, anzi dopo averli molte volte
r ip r e s i318; l'altro, perché, avendo solam ente toccato
l’Arca fatta sobbalzare dal bue, la salvò, ma egli peri,
perché Dio preservava la m aestà dell’Arca 319.

Idoneità a compiere sacrifici

94. Io so che neppure i difetti fisici dei sacerdoti o


delle vittim e sono ammessi all'osservazione, anzi è sta­
to stabilito che uomini perfetti offrano vittim e perfet­
te 32°, simbolo questo — credo — deH’integrità dell’ani­
ma; e che non era consentito ad ognuno di toccare la
veste (stola) sacerdotale o uno dei vasi sacri; né che si
facessero gli stessi sacrifici da chi e quando e dove
non era conveniente 321; né che si riproducesse l'olio
dell'unzione né il profum o della m istione 322; né che en­
trasse nel tem pio chi non fosse puro o nell’anim a o nel
corpo fino ad ogni minuzia. Tanto m anca per entrare a r­
ditam ente nel «sancta sanctorum », accessibile invece ad
un uomo solo e una sola volta l’anno 323; tanto m anca che
fosse prerogativa di ognuno vedere o toccare il taberna­
colo o l'Arca o il propiziatorio o i cherubini.

Presupposti necessari per servire degnamente il Signore

95. Queste cose dunque sapendo io, e che nessuno


è degno del grande Dio che è insieme vittim a e pontefi-

3,8 Cf. 1 Sam. 2, 12-14.22-25.


319 Cf. 2 Sam . 6, 6-8.
320 Cf. Lev. 21, 17-23.
321 Cf. Lev. 8, 31.
322 Cf. Es. 31, 11.
323 Cf. Es. 30, 10.
100 Gregorio Nazianzeno

ce, se non colui che prim a gli abbia offerto se stesso


come vittim a viva e santa, che abbia m anifestato il suo
culto spirituale gradito (a Dio) 324 e che abbia offerto il
sacrificio di lode 325 e lo spirito contrito 326, l’unico sa­
crificio che desidera da noi, egli che tu tto ci ha dato,
come avrei osato presentargli il sacrificio esterno, la
rappresentazione dei grandi m isteri? O vestirm i della
figura e del nome del sacerdote, prim a di aver consa­
crato le mie mani con opere sante 327, prim a di aver as­
suefatto il mio occhio a guardare con sano affetto la
creazione 328 e in am mirazione soltanto del Creatore,
non a danno della creatura, prim a di aver aperto con­
venientem ente le mie orecchie aH’insegnam ento del
Signore 329 e che mi fosse concesso un orecchio capace
di ascoltarlo volentieri 330, anzi che in tale orecchio di­
sposto a bene intendere 331 mi si appendesse la parola
del saggio, come orecchino d’oro nel sardio prezioso?
Prim a che (fossero pronte) la bocca, le labbra, la lin­
gua: la bocca cioè mi si fosse aperta e avesse aspirato
lo spirito 332, o si fosse dilatata e riem pita di spirito 333
ragionando dei m isteri e delle dottrine 334; e le labbra
mi si fossero legate al senso divino, per parlare secon­
do la Sapienza 335, e, aggiungerei, (prima) che fossero
state sciolte al mom ento opportuno; e la lingua si fosse
riem pita di esultanza 336 e fosse diventata un plettro di

324 Cf. Rom. 12, 1.


325 Cf. Sai. 49, 14.
326 Cf. Sai. 50, 19.
327 Cf. Sai. 144, 13.17; Es. 29, 29.33.
328 Cf. Prov. 4, 25.
329 Cf. Is. 50, 5.
330 Cf. Is. 50, 4; 6, 10.
331 Cf. Prov. 25, 12.
332 Cf. Sai. 118, 131.
333 Cf. Sai. 80, 11.
334 Cf. 1 Cor. 14, 2.
335 Cf. Prov. 15, 7.
336 Cf. Sai. 125, 2.
La fuga, 95-96 101

divina melodia, svegliata dalla gloria, risvegliata al­


l’au rora 337, e stanca fino ad appiccicarsi alla larin­
ge 338? Prim a che avessi ferm ato sulla p ietra i miei pie­
di 339, articolati come quelli dei cervi 340 e che i miei
passi si fossero diretti verso Dio, senza deviarne né po­
co né molto 34*; prim a che ogni mio m em bro fosse di­
ventato arm a di giustizia 342 e avesse deposto tu tta la
sua condizione di m orto 343 assorbita dalla vita e ritira ­
tasi davanti allo spirito?

Il pastore di anime deve possedere


il pensiero stesso di Cristo

96. Chi sarà mai colui che col cuore non ancora a
so dai puri é infiam m ati ragionam enti di Dio 344, m entre
gli vengono lette le S critture 34S, non avrà prim a scritto
queste cose nell'am piezza del suo cuore 346, si da posse­
dere il pensiero di Cristo 347, e non sarà prim a entrato
nei tesori occulti ai più, invisibili 348 e oscuri si da am mi­
rare la ricchezza che è in essi e da poter arricchire altri,
spiegando cose spirituali con term ini spirituali 349?

337 Cf. Sai. 56, 9.


338 Cf. Sai. 136, 6.
339 Cf. Sai. 39, 3.
3,10 Cf. Sai. 17, 34.
341 Cf. Sai. 16, 5.
342 Cf. Rom. 6, 13.
343 Cf. 2 Cor. 5, 4.
344 Cf. Sai. 11, 7.
345 Cf. Le. 24, 32.
346 Cf. Prov. 22, 20.
347 Cf. 1 Cor. 2, 16.
348 Cf. Is. 45, 3.
349 Cf. 1 Cor. 2, 13.
102 Gregorio Nazianzeno

Il pastore degno è dimora viva del Cristo

97. Chi non avendo ancora contem plato — come è


giusto farlo — la dolcezza del Signore e non avendo vi­
sitato il suo tempio 35°, anzi non essendo diventato
tempio del Dio vivente 351 e tabernacolo vivo di Cristo
nello spirito? 352. Chi non conoscendo ancora il collega­
mento e la differenza tra le figure e la realtà, da quelle
ritirandosi e a questa attendendo, affinché, fuggita
l’antichità della lettera, possa servire alla novità dello
spirito 353 e passare chiaram ente alla grazia, dalla Leg­
ge adem pitasi spiritualm ente nella soppressione del
corpo? 354.

Il sacerdote partecipi delle prerogative del Cristo

98. Chi non è passato ancora attraverso tu tti i no­


mi e le potenze di Cristo, sia con l’azione sia con la
contemplazione, sia attraverso quelli più alti e princi­
pali, sia attraverso quelli che per nostro conto sono
più umili e ultimi: (i nomi di) Dio, Figlio, Immagine 355,
Verbo, Sapienza 356, V erità 357, Luce 358, Vita 3S9, Poten-
350 Cf. Sai. 26, 4.
351 Cf. 2 Cor. 6, 16.
352 Cf. Ef. 2, 22. L’anacoluto, di ra r a potenza, può essere cosi
com pletato: «Chi... o se rà serv ire il Signore?».
353 Cf. Rom. 7, 6. Cf. E. B ellini, op. Cit., p. 39.
354 Cf. Rom. 6, 6; anche questo anaco lu to si com p leta con «oserà
serv ire il Signore?».
355 In questo capitolo è esposto il tem a degli ap p ellativi del C ri­
sto, quasi tu tti m u tu a ti da O rigene. La lunga lista si ritro v a, con de­
lib erata trasposizione, nelle orazioni XXIX e XXX. C h arificatrice a
rig u a rd o è la n o ta co m plem entare di J. B ern ard i, op. cit., pp. 256-
257. Cf. anche M. H arl, Origène et la fonction révélatrice d u Verbe in­
carni, P aris 1958, pp. 112-115 e 391-392. Cf. 1 Cor. 4, 4; Col. 1, 15.
356 Cf. 1 Cor. 1, 30.
357 Cf. Gv. 14, 6.
359 Cf. Gv. 1, 9.
359 Cf. Gv. 11, 25.
La fuga, 98-99 103

za 36°, Vapore 361, Influsso 362, Splendore 363, Fattore,


Re, Capo 364, Legge, Via, Porta, Fondamento, Pietra 365,
Perla, Pace, Giustizia 36é, Santificazione 367, Redenzio­
ne 368, Uomo 369, Servo 37°, Pastore, Agnello, Pontefice,
Vittima, Primogenito preesistente alla creazione 371, P ri­
mogenito dai m orti 372, Risurrezione? Chi sentendo inva­
no questi nomi e cose, (lo farà) senza ancora essere en tra­
to in com unione con il Verbo né aver partecipato di lui in
ciò che ciascuna di queste cose è ed è chiam ata?

È difficile essere capo della schiera di Cristo

99. Chi, senza ancora avervi atteso 373 né ave


im parato a parlare «della sapienza di Dio che è nasco­
sta nel mistero» 374, ancor fanciullo, ancora nu trito di
latte 375, ancora non annoverato tra quelli di Israele 376
né arruolato nella milizia di Dio 377, non ancora capa­
ce, come uomo, di portare la croce di Cristo 37S, non

360 Cf. 1 Cor. 1, 24.


361 Cf. Sap. 7, 25.
362 Cf. Sap. 7, 25.
363 Cf. Sap. 7, 26.
364 Cf. Ef. 4, 15.
365 Cf. 1 Cor. 10, 4.
366 Cf. 1 Cor. 1, 30.
367 Cf. 1 Cor. 1, 30.
368 Cf. 1 Cor. 1, 30.
369 Cf. Gv. 8, 40.
370 Cf. Fil. 2, 7.
371 Cf. Col. 1, 15.
372 Cf. Col. 1, 18.
373 Cf. Sai. 45, 11.
374 1 Cor. 2, 7.
375 Cf. 1 Cor. 3, 1-2.
376 Cf. Num . 1, 2-47. Cioè m eno che ventenne.
377 Cf. Num . 31, 3-35.
378 Cf. Mt. 16, 24.
104 Gregorio Nazianzeno

ancora m em bro alcuno di quelli più onorati 379, accet­


te rà poi lieto e animoso di essere capo della pienezza
di Cristo? 38°. Nessuno, almeno a mio giudizio e consi­
glio. Anzi, questa è la maggior paura, questo il pericolo
estrem o per chiunque conosca e la grandezza del suc­
cesso e la rovina dell'insuccesso.

Desiderio di vita semplice e tranquilla

100. Un altro — dicevo — navighi pure per c


mercio e attraversi le lunghe distese m arine e si lasci
p o rtare sem pre dalle onde e dai venti per guadagnare
molto, se cosi gli capiti, e per correre grandi pericoli,
per grandissim o navigante o com m erciante che (si) sia:
per me, invece, è preferibile restare a terra, tracciando
un breve e piacevole giro, salutando da lontano guada­
gni e mare, per vivere, cosi come io possa, con poco e
piccolo pane d ’orzo, e per condurre una vita sicura e
non sottoposta alle onde, anziché esporm i a lunghi e
grandi pericoli per grandi guadagni 38*.

Ciascuno agisca secondo le sue forze

101. Per l’uomo che è in alto è una colpa non m


tere mano a grandi cose e non estendere la sua virtù a
più persone, m a lim itarsi a piccole cose, come se con
una gran luce si illum inasse una piccola casa, o sotto
u n ’arm atu ra di giovane si m ettesse il corpo di un fan­
ciullo. Per l’uomo che è in basso, invece, è sicurezza in­

379 Cf. Ef. 5, 30.


380 Cf. Ef. 1, 23. G regorio vieta l’accesso d ire tto dei non b attezza­
ti al sacerdozio o a ll’episcopato (J. B ern ard i, op. cit., p. 219).
381 Cf. Tibullo, Elegie, I, 1, 1-6.53-54.
La fuga, 101-103 105

traprendere piccole (imprese), m a senza sottoporsi a


ciò che supera le sue forze, e contem poraneam ente sci­
volare nel ridicolo ed esporsi al pericolo, come appun­
to ho sentito dire, che cioè non ad altri era convenien­
te edificare una torre, se non a chi ha i mezzi per por­
tarla a com pimento 382.

Le ragioni del mio ritorno: il prim o motivo

102. Eccovi l’apologia per la m ia fuga, forse ec


sivamente lunga. Questo, dunque, ciò che mi allontanò
da voi — o amici e fratelli! —, certo con mio dolore e
forse anche vostro, ma era necessario, come almeno al­
lora mi sembrava. Mi ha spinto poi a ritornare, soprat­
tu tto la nostalgia di voi e il sentire che anche voi mi
desideravate. Niente infatti è cosi forte per l’amore,
quanto la reciproca disposizione ad am are.

Le ragioni del mio ritorno: il secondo motivo

103. Poi, in secondo luogo, la mia cura, il mio


vere, cioè le canizie e la debolezza dei miei santi geni­
tori, che si affannavano per me più che per la loro età,
cioè del patriarca Abramo 383, della sua testa da me ri­
verita e annoverata fra gli angeli; e di S ara,'che mi ha
spiritualm ente partorito 384 nella dottrina della fede. Io
che ho sem pre desiderato principalm ente essere basto­
ne della loro vecchiaia e sostegno della loro debolezza.
E avendolo fatto, per quanto ho potuto — si da trascu ­

382 Cf. Le. 14, 28.


383 È ric o rre n te in G regorio l’acco stam en to devoto dei suoi geni­
tori ad À bram o e a S ara. Cf. Vita, vv. 51-52.
384 Cf. Vita, vv. 58-68; Gal. 4, 19.
106 Gregorio Nazianzeno

rare la stessa filosofia, possesso e definizione che io ho


più cari fra tu tte le cose (che posseggo), o, per dire co­
sa più vera, si da sem brare di non filosofare io che ero
stato veram ente filosofo 385 —, non ho sopportato di
b u ttar via le mie fatiche per questo solo motivo, né di
essere privato della loro benedizione, che si dice che
qualcuno degli antichi santi anche rubò 386, ingannan­
do il padre con una pietanza e con l'inganno dei peli:
m alam ente procacciandosi il bene, con insidia. Queste
due appunto sono le cause della mia sconfitta e della
mia mitezza e forse non è strano che quei miei pensieri
abbiano ceduto all’una e all’altra e si siano arresi, poi­
ché — secondo me — c ’è il tempo di perdere e di (com­
piere) ogni azione 387, ed è meglio essere sconfitti de­
gnam ente che vincere con pericolo e non lecitamente.

Le ragioni del mio ritorno: il terzo motivo

104. C'è un terzo motivo che è anche il più im


tante: dopo averlo detto tacerò di tu tti gli altri. «Io mi
sono ricordato dei giorni antichi» 388 e risalendo a una

385 G regorio è re sta to p resso i suoi gen ito ri anziani. Un tale o b ­


bligo o staco la i suoi desideri perch é «non va nel senso d ella filoso­
fia» com e la si concepisce al suo tem po n e ll’am b ien te c ristian o , a tal
p u n to che p o treb b e sem b rare di non filosofare piti dopo av er filoso­
fato. Se si cerca di p re cisare ciò che G regorio h a voluto salv are di
questo ideale, ci si accorge che egli ne ha c u ra to due elem enti essen ­
ziali: desiderio di silenzio e m editazione sp iritu ale. Cf. Ep. 3: PG 37,
209A: «...tu cerchi il deserto e il digiuno, io il silenzio»: il riferim en to
di G regorio è alla vita m onastica; cf. A.M. M alingrey, op. cit., pp.
256-257.
386 Cf. Gen. 27, 21.
387 Cf. Qo. 3, 1 ss.
388 Sai. 142, 5. G regorio, d alla m editazione delle g esta m ise rico r­
diose di Dio verso Israele, tra e fiducia, forza e consiglio nel m om en­
to contingente che im pone u n a scelta di vita. La citazione di continui
salm i sta a in dicare che «i fedeli h anno u n a g ran d e fa m ilia rità con
La fuga, 104-105 107

della antiche storie, di là ho dedotto per me un consi­


glio per il presente. Non pensiamo, infatti, che queste
cose si scrivessero a caso e che non siano altro che un
am masso di parole e di fatti composti per la psicago-
gia degli ascoltatori e come u n ’esca per l’orecchio po­
sta p er dilettare. Scherzino pure di ciò le favole e i
Greci, i quali, poco curandosi della verità, incantano
l’udito e l’anim a con la vaghezza delle loro finzioni e
con la ricercatezza delle espressioni.

La Scrittura è regola e modello di azione

105. Noi, invece, che spingiamo l’acribia dello


rito fino a un qualunque puntino e alla lettera, non ac­
cettiam o mai, perché sarebbe cosa empia, che anche le
più piccole azioni siano state a caso trattate da coloro
che le hanno redatte accuratam ente e che a caso siano
state preservate fino a questo tempo dalla m em oria
(della tradizione). Anzi (sono state composte) affinché
noi abbiam o avvertim enti e insegnam enti dell’osserva­
zione di casi simili — se mai cadesse l'occasione —, si da

essi. Non solam ente essi hanno l’ab itu d in e di ca n ta rli nella chiesa,
m a li canticchiano anche tra di loro o in istrad a... Si deve d a r cred i­
to a B asilio q u ando m o stra che il c a ra tte re popolare dei salm i e ra
dovuto a ll’unione della m elodia e del pensiero... Si cantavano salm i
in occasione delle feste, li si utilizzava anche p e r m e tte re in fuga i
dem òni. In chiesa tu tti i fedeli p rendono p a rte al canto, m alg rad o il
c a ra tte re m olto eterogeneo degli astan ti» (J. B ern ard i, in Y. C ourton-
ne, Un tém oin du IV'’ siècle, P aris 1973, SCh 35, p. 354, trad . V iscan­
ti). Secondo Fliche e M artin (in C ourtonne, op. cit., p. 355) il canto
dei salm i, eseguito in assolo e rip reso verso la fine d a ll’assem blea,
continuò a fa r p a rte del servizio divino. Ma un uso nuovo nacque ad
A ntiochia verso la m età del IV secolo. Due asceti, Flaviano, fu tu ro
vescovo di A ntiochia, e D iodoro, fu tu ro vescovo di T arso, dividevano
i fedeli in due cori che si rispondevano l’un l’a ltro . L'innovazione eb­
be successo e si diffuse nelle diverse chiese orien tali.
108 Gregorio Nazianzeno

fuggire una cosa e da scegliere u n ’altra, seguendo gli


esempi del passato come regole e modelli (di azione).

L ’esempio della fuga di Giona

106. Qual è dunque la storia e donde provien


consiglio? Ché per sicurezza della gente forse non è af­
fatto peggio esporla analiticam ente. Fuggiva anche
Giona dal cospetto di Dio 389, o piuttosto pensava di
fuggire, ma fu tratten u to dal m are, dalla tem pesta, dal­
la sorte assegnatagli, dal ventre della balena e dalla se­
poltura di tre giorni che com porta il simbolo di un mi­
stero più grande. Ma egli (fuggiva) per non annunziare
ai Niniviti una notizia spiacevole e stran a e quindi es­
sere preso per bugiardo, una volta che la città si fosse
salvata per mezzo della penitenza. Infatti non disap­
provava che i cattivi si salvassero, m a si vergognava di
essere m inistro della bugia e, per cosi dire, era geloso
della credibilità della profezia, la qual cosa appunto
c'era pericolo che m ancasse in lui, poiché la gente non
era capace di com prendere la profondità della provvi­
denza di Dio a riguardo di ciò.

Giona, pur fuggendo, non ignora il disegno di Dio

107. Ma — per quello che ho sentito dire circa q


ste cose da un uomo savio 390 il quale non fuor di pro­
posito suffragava ciò che sem bra assurdo della storia
ed era capace di com prendere la profondità del profe­
ta — neppure queste furono le ragioni che resero esule

3‘»Cf. Giona, 1, 3; Vita, vv. 1838-1842.


3,0 A llusione ad O rigene, esegeta del L ibro di Giona.
La fuga, 107-108 109

il beato Giona e lo condussero a loppe e da loppe a


Tarso, affidando al m are la sua latitanza. Non era, in­
fatti, conveniente che egli, da profeta, ignorasse il dise­
gno di Dio, che cioè, con la sua minaccia, secondo le
im perscrutabili decisioni e l’inaccessibilità e l’incom­
prensibilità delle vie di Dio, operasse che i Niniviti non
subissero le conseguenze di tal m in accia391: né, nean­
che se lo avesse saputo, è credibile che non avrebbe
obbedito a Dio che preparava, nel modo che voleva, la
salvezza per quelli. E quanto al credere che Giona spe­
rasse di nascondersi nel m are e di so ttrarsi con la fuga
al grande occhio di Dio, non sarebbe cosa del tu tto as­
surda e sciocca e non degna di fede non solo presso un
profeta, m a nei riguardi di chiunque altro avesse intel­
letto e conoscesse m ediocrem ente Dio e la sua potenza
al di sopra di tutto?

Nessuno può sfuggire a Dio

108. Ma Giona — dice il narratore, e io gli credo


sapeva meglio di chiunque dove tendesse quel suo pro­
clam a ai Niniviti. Sapeva che, deliberando di fuggire,
cam biava luogo, m a non sfuggiva a Dio; né (può sfuggi­
re a Dio) alcun altro uomo, né nascondendosi nelle vi­
scere della terra, né nelle profondità del mare, né li­
brandosi con le ali, se l’invenzione ci fosse, e avanzan­
do nell'aria, né ritirandosi nel più profondo inferno, né
circondandosi di spesse nubi, né progettando alcun al­
tro espediente per assicurarsi la fuga 392. Ma, questo
solo tra tu tti gli esseri non si può sfuggire né vincere,
Dio, quando egli ha voluto avere e tenere in sua mano
(qualcuno). Egli previene i veloci, confonde i prudenti,

391 Cf. Rom. 11, 33.


392 Cf. Sai. 138, 8.
110 Gregorio Nazianzeno

rovescia i forti, um ilia i superbi, rende m ansueti gli


audaci, deprim e i potenti 393.

Peccato e redenzione di Giona

109. Non ignorava dunque Giona la potente m


di Dio, dato che la minacciava agli altri, né pensava di
sfuggire in alcun modo alla divinità: questo non dob­
biamo crederlo. Ma poiché vedeva la caduta di Israele
e si accorgeva che la grazia della profezia passava ai
gentili, per questo si sottrae alla proclamazione e diffe­
risce la missione. E sm ettendo di contem plare la gioia
— perché la parola loppe questo vale per gli ebrei —
intendo dire l’antica altezza e dignità, si gettò nel m are
del dolore. Per questo viene sbattuto dalla tem pesta,
dorme, fa naufragio, viene destato, è messo a sorte,
confessa la sua fuga, viene sommerso, viene inghiottito
dalla balena, m a non è fatto m orire; anzi, là dentro in­
voca Dio e, miracolo, ne viene tratto fuori dopo tre
giorni con Cristo 394. Ma cessi il discorso su questo; fra
poco, se Dio vuole, ne tratterem o più distesam ente.

C’è perdono per chi è ancora renitente?

110. Quanto al motivo dal quale fu mosso il mio


scorso, mi occorre ora considerare ed esam inare che
Giona m eritava forse perdono per la ragione che ho
detto, cioè perché era cauto a fare il profeta; m a per
me, quale discorso o quale possibiità di difesa resta, a
me che sono da molto tem po restio e che rifiuto il gio­

393 Cf. Is. 29, 14 ss.


394 Cf. Mt. 12, 39.
La fuga, 110-112 111

go di questo m inistero, che non so se bisogna chiam are


grave o leggero 395, ma com unque impostomi?

Disobbedienza e superficialità

111. Se qualcuno infatti mi concedesse la ragi


— la quale è l'unica valida tra queste a dirsi — che io
cioè non mi senta in grado di servire Dio e che bisogna
essere degno prim a della Chiesa, poi del pulpito e p ri­
ma di questo e poi della presidenza, forse un altro non
mi libererà dall’accusa della disobbedienza. Terribile
la m inaccia della disobbedienza e terribili le punizioni
per questa, come, d ’altro canto, non aver alcuna esita­
zione né nascondersi — come fece Saul tra i bagagli
del padre 396 — per un poco che si è chiam ati a una
presidenza, m a andarvi prontam ente, come a cosa leg­
gera e facilissim a, quando (poi) non è cosa semplice di­
m ettersene né con un secondo proposito rim ediare al
precedente.

Il mio pensiero sulla presente questione

112. Per questo io ero travagliato nei miei pens


cercando il da farsi e posto in mezzo a due pareri pau­
rosi, l’uno che mi invitava, l'altro che mi respingeva.
Dopo aver a lungo dubitato ed essermi visto oscillare
dall’una e dall’altra parte, ovvero essermi inclinato or
di qua or di là come corrente per i venti instabili, alla
fine fui (preda) della (paura) più forte, dopo avermi
vinto e cattu rato la paura della disobbedienza. E consi­

395 Cf. Mt. 11, 30.


396 Cf. 1 Sam. 10, 22.
112 Gregorio Nazianzeno

derate quanto rettam ente e giustam ente ho deciso tra


le (due) paure: di non am bire una direzione che non mi
sia stata offerta e di non rifiu tarla quando mi sia stata
data. Perché quella ha del tem erario, questa del disob­
bediente, e am bedue sono proprie degli ignoranti. E io
mi trovo in mezzo, tra quelli troppo audaci e quelli
troppo vili, più timido di quelli che s’avventano su tu t­
te le cariche e più coraggioso di quelli che da tu tte si
ritirano. Cosi io la penso su queste cose.

Utilità dell’esercizio d ell’obbedienza

113. Ad esprim erm i più chiaram ente, alla pa


della direzione forse potrebbe venire in aiuto anche
l’esercizio dell’obbedienza, perché Dio ricom pensa con
la sua bontà la fede e rendendo capo perfetto chi confi­
da e pone tu tte le sue speranze in lui. Ma nel pericolo
della disobbedienza io non so chi sarà il soccorritore o
quale ragionam ento induca ad avere coraggio. C’è peri­
colo, infatti, che ci sentiam o dire riguardo a quelli che
ci sono stati affidati: «Dalle vostre mani io chiederò il
conto delle anime loro» 397 e «come voi avete rifiutato
di essere guide e capi del mio popolo 398, cosi anch’io
rifiuterò a voi 399 di esservi re 400», e «come non avete
udita la m ia voce 401, ma vi avete dato dura schiena e
mi avete disobbedito 402, cosi sarà quando mi invoche­
rete, ma io non vi guarderò né esaudirò la vostra
preghiera 403». Voglia il cielo che non ci vengano que­

397 Ez. 3, 18.


399 Cf. 2 Sam . 7, 8.
399 Cf. Os. 4, 6; Ez. 5, 11.
400 Cf. 1 Sam . 15, 26.
401 Cf. Gios. 22, 2; Giud. 2, 2; 6, 10.
402 Cf. Neh. 9, 29.
403 Cf. Prov. 1, 28; 2 Cron. 6, 19.
La fuga, 113-115 113

ste voci da quel giusto giudice, del quale sebbene can­


tiam o la pietà, tuttavia contem poraneam ente cantiam o
anche il giudizio.

Vario com portam ento dei padri antichi

114. Ma io ritorno di nuovo alla storia e consi


rando tra gli antichi i più stim ati, trovo che tra quanti
sono stati preposti dalla grazia alla direzione o alla
profezia, alcuni hanno ceduto prontam ente alla voca­
zione, altri invece sono stati restii al carism a, e né que­
sti né quelli si devono biasim are: né la viltà di quelli
che si tirarono indietro, né la prontezza di quelli che si
slanciarono. Gli uni, infatti, riverirono la grandezza del
m inistero, gli altri seguirono fiduciosi chi li aveva
chiam ati. Di animo pronto era Aronne, ma Mosè era
cauto. Obbedì prontam ente Isaia, m a Geremia tem ette
la propria giovane età e non fu pronto per la profezia
prim a di aver ricevuto da Dio una prom essa e una for­
za superiori alla sua età.

Gregorio, pentito, accetta la chiamata di Dio

115. Con questi ragionam enti io mi sottom etto e


mia anima, come un ferro, a poco a poco cede e si la­
scia plasm are. E prendo, a sostegno dei miei ragiona­
menti, il tempo, il consiglio e i precetti di Dio 404, ai
quali ho dedicato tu tta la mia vita. Per questo: «Non
disobbedisco e non contraddico» 405 — dice il mio Si­
gnore, non chiam ato alla direzione, m a condotto come

404 Cf. Sai. 118, 24.


405 Is. 50, 5.
114 Gregorio Nazianzeno

una pecora ad essere ucciso 406 —. Anzi, mi getto per


te rra e mi umilio sotto la potente mano di Dio 407, e
chiedo perdono della precedente pigrizia e della disob­
bedienza, se in qualche modo mi si rivolge questa im­
putazione. Ho taciuto, si, m a non tacerò sempre. Mi so­
no ritirato un poco, quanto (necessario) per esam inar­
mi, e per dare consolazione al mio dolore; o ra però ho
accettato di esaltarlo (= Dio) nell’assem blea del popolo
e di lodarlo (= Dio) nella catted ra degli anziani 408. Se
quelle cose sono degne di biasimo, queste sono degne
di comprensione.

Autofferta di Gregorio a Dio e alla com unità

116. Ma che bisogno c’è di ulteriori discorsi? E


mi, o pastori e colleghi! Eccomi, o gregge sacro e de­
gno di Cristo «primo pastore» 409! Eccomi, o padre,
vinto in tu tto e soggetto secondo le leggi di Cristo più
che di quelle esterne. Ecco la m ia obbedienza, rendim i
la benedizione! Conducimi per mano anche tu con le
tue preghiere, guidami con la tu a parola, conferm ami
con il tuo spirito. «La benedizione del padre consolida
le case dei figli» 410, e possa essere fortificato io e questa
«casa spirituale» 411 che io ho scelto e desidero che sia
per me riposo nei secoli dei secoli, quando da questa
chiesa di qua sarò trasportato a quella di là e all’adunan­
za festosa dei prim ogeniti descritti nei cieli 412.

406 Cf. Is. 53, 7.


407 Cf. 1 Pt. 5, 6.
408 Cf. Sai. 106, 32.
409 1 Pt. 5, 4.
410 Sir. 3, 9.
411 1 Pt. 2, 5. La C hiesa te rre n a e la Chiesa celeste: due m om enti
di un unico m istero (E. Bellini, La Chiesa nel m istero della salvezza,
cit., pp. 63-64).
412 Cf. E br. 12, 22-23.
La fuga, 117 115

Gregorio si rimette, fiducioso, nelle mani di Dio

117. Questa è la m ia preghiera e cosi ragionev


Ora «quel Dio della pace» 4I3, «che ha fatto di due uno
solo» 414 e ci ha restituito l’uno all’altro, che fa sedere i
re sui troni e «che innalza il povero da te rra e che sol­
leva il m isero dallo sterco» 415, Colui «che scelse David
come suo servo e lo sottrasse alle pecore dei suoi greg­
gi» 416, David, il più piccolo e il più giovane dei figli di
J e s s e 417, Colui che dà la parola a quelli che evangeliz­
zano con m olta potenza per dare compimento al Van­
gelo 4I8, rafforzi egli la no stra d e s tr a 419, mi guidi nella
sua volontà e mi accolga con gloria 420, egli che pasce i
pastori e guida i condottieri, affinché io possa pascere
il suo gregge con scienza421, e non con i mezzi di un
pastore inesperto 422, ché la prim a m aniera è stata
presso gli antichi una benedizione, la seconda una
maledizione 423. Dia egli potenza e forza al suo popo­
lo 424 e renda il suo gregge splendido, im macolato 425 e
degno del gregge celeste, nella casa dei beati 42é, nello
splendore dei santi 427, sicché nel suo tempio tu tti cele­
briam o la sua gloria 42e, gregge e insieme pastori, in
Cristo Gesù nostro Signore, al quale ogni gloria è nei
secoli dei secoli. Amen.
413 Rom. 15, 33.
4.4 Ef. 2, 14.
415 Sai. 112, 7.
416 Sai. 77, 70.
4.7 Cf. 1 Sam . 17, 14.
4.8 Cf. Sai. 67, 12.
4.5 Cf. Sai. 72, 23.
420 Cf. Sai. 72, 24.
421 Cf. Ger. 3, 15.
422 Cf. Zac. 11, 15.
423 Cf. Ger. 3, 17-18; Zac. 11, 17.
424 Cf. Sai. 67, 36.
425 Cf. Ef. 5, 27.
426 Cf. Sai. 86, 7.
427 Cf. Sai. 109, 3.
428 Cf. Sai. 28, 9.
Gregorio Nazianzeno

AUTOBIOGRAFIA
IN TR O D U ZIO N E

L’autobiografia lirica di Gregorio e tutta l ’altra pro­


duzione poetica risalgono agli anni 381-389, trascorsi
nella solitudine del natio borgo di Arianzo (dal 383), ove
egli, deposta la cura pastorale, fin i la sua travagliata
esistenza, tutto dedito a ll’attività contemplativa e agli
studi '.
Delle 99 composizioni autobiografiche, L’autobio­
grafia (Carmen de vita sua) 2, in 1949 trimetri giambici,
è un lungo poem a nel quale è raccontata con dovizia di
particolari tutta la vita di Gregorio, dalla nascita fino
alla partenza da Costantinopoli nel giugno del 381.
Sono trascorsi solo pochi mesi dal discorso di ad­
dio pronunziato nella cattedrale di Costantinopoli, e
Gregorio serba cari il ricordo e l ’a ffetto dei suoi fedeli,
e ad essi dedica 3 il suo carme, convinto che il racconto

1 G regorio, com e a tte s ta G irolam o (De viris illustribus, 127), ces­


sò di vivere n ell’undicesim o anno del regno di Teodosio, cioè nel 389.
2 I M aurini rip a rtiro n o i versi del N azianzeno (circa 18.000) in
due libri: I, Carmi teologici, suddivisi in due sezioni: a) dogm atici
(38) — b) m orali (40); II, Carmi storici, suddivisi an ch ’essi in due se­
zioni: a) autobiografici (99) — b) p ertin e n ti ad a ltre perso n e (8). Se­
guono 129 epitaffi e 94 epigram m i. N ell’edizione del Migne (PG 37,
1029-1166) L ’autobiografia occupa l’undicesim o posto tr a le poesie
autobiografiche. In qu este note è rip o rta ta col titolo latin o ab b rev ia­
to (Vita) e seguito dal nu m ero del verso.
3 Cf. Vita, vv. 8-12.
120 Introduzione

poetico delle sue vicende torni utile e dilettevole ai gio­


vani in particolare 4.
Nonostante alcuni innegabili difetti stilistici, dovuti
soprattutto a ripetizioni e a lungaggini espositive, e for­
se giustificabili dal puntiglio di voler essere l ’«uomo
che certamente non mentisce» (v. 17), il carme resta fon­
te storica, spesso unica degli avvenim enti di quel tempo
e racconto avvincente nel quale Gregorio ha saputo m e­
scolare dati storici e im m agini descrittive, preghiera e
teologia, eloquenza e satira pungente dei vizi del clero.
È opportuno sottolineare che Gregorio, deliberata-
mente, non fa m a i5 i nom i dei sacerdoti elo vescovi
contro i quali lancia le più energiche rampogne, e ciò,
proprio perché egli non è mosso da rancore personale,
ma dal dovere morale di testimoniare la verità, a salva-
guardia dell’onorabilità della Chiesa.
Non è legittimo affermare che tutt'a un tratto Gre­
gorio si improvvisi poeta. È invece doveroso precisare
che Gregorio, il quale in tanti suoi discorsi ha già m ani­
festato la sua tensione poetica, ritiratosi dalla pratica
ministeriale attiva trova proprio nella poesia il mezzo
più idoneo ad affermare la sua fede trinitaria. D ’altro
canto Gregorio non vuole che la poesia resti appannag­
gio della cultura classico-pagana, né tanto meno può
permettere che se ne servano, per diffondere le loro dot­
trine, le sette eretiche, ma, qual continuatore della tra­
dizione poetica ortodossa, si impegna a tradurre in ver­
si gli insegnamenti della dottrina rivelata. L ’intento
filosofico-morale che caratterizza questi versi, fa si che
Gregorio non esca dall'alveo della poesia che tradisce
l ’esperienza retorico-sofistica del soggiorno ateniese.
Quando, però, Gregorio si abbandona, come nel carme
autobiografico del quale specificatamente trattiamo, al­
le intim e confidenze della sua anima, allora esplode la
vera poesia!
4 Cf. ibid., v. 7.
5 Cf. PG 38, 1165.
Introduzione 121

Una malinconica tristezza accompagna, come un leit­


motiv, tutto questo carme. Non è la tristezza degli anti­
chi greci, quella stupendam ente rappresentata da Euri­
pide, da Sofocle o dallo stesso Omero, nelle opere dei
quali i personaggi appaiono disperati di non poter co­
noscere il senso della vita e della morte e riconoscono,
vinti, la superiorità ineluttabile del destino, ma è a dir
cosi una tristezza m etafisica6.
Sul carattere della poesia del Nazianzeno sono stati
emessi giudizi valutativi m olto discordi7 e per lo più
negativi. Si può dire che la maggior parte dei critici sia
rimasta alla superficie senza meditare sulla lettura dei
versi stessi. È mancato l ’a pprofondimento per avvertire
i m otivi della sua anima. Mi pare inutile quindi passare
in rassegna questi critici perché si avrebbe un esercizio
di pura erudizione. Infelice poi rimane ogni compara­
zione con l'antica poesia greca proprio perché Gregorio
appartiene al IV secolo e lo consideriamo moderno nel­
la misura in cui i contemporanei decidono di parlare
con sincerità a se stessi, cosi come Gregorio soleva fare,
e come lui torm entandosi e insieme purificandosi nella
ricerca infaticabile della verità.
Analizziamo il carme autobiografico: Costantinopo­
li, nuova Rom a (v. 15) e colonna dell’Impero, non è per
il Nazianzeno mero rimpianto delle pecorelle vittoriosa­
m ente sottratte alla demagogia degli ariani 8, ma il ri­
cordo dell'arrivismo dei vescovi, la loro avidità, le di­

6 Cf. E. Fleury, Sa in t Grégoire de N azianze et son te m p ' ~ lis


1930, p. 346, passim .
7 Cf. N iederm eier, U ntersuchunp--· “oer die an^ he A “ tobiogra-
phie, M unchen 1919; M '~ ,rcgrin °. La poesia di s . Gregorio N azian­
zeno M ilano W ' C atau della, Le poesie di Gregorio Nazianzeno,
in «Atene e λΟΠ13>>> ® (1927); E. R ap isard a, II p essim ism o di Gregorio
jya7;_ri^eno. Atti dell'V III C ongresso di S tu d i B izantini, voi. I, Rom a
i ?53.
8 II 26 novem bre 380 G regorio e n tra solennem ente in S an ta Sofia
con l’im p erato re Teodosio.
122 Introduzione

scordie intestine delle varie Chiese, l ’indegnità e la dis­


solutezza dei pastori (vv. 28-35)9.
Gregorio, che ha fatto l ’esperienza di un radicato
malcostume, vuole ora pubblicamente parlarne, fam e
debita denuncia ma, preoccupato di assicurare a tutti
chiara e completa intelligenza, invita il lettore a seguir­
lo pazientem ente lungo la rievocazione della sua vita,
rievocazione prolissa forse, ma necessaria, per sgombra­
re il campo dalla menzogna (vv. 35-50), dal m om ento
che è diffuso costume dei malvagi ascrivere le proprie
iniquità alle loro vittime.
Gregorio si considera consacrato alla divinità fin
dalla nascita; sua madre Nonna, infatti, desiderosa di
avere in casa un figlio maschio 10, rivolge la sua pre­
ghiera a Dio, facendo voto di dedicarlo a Dio stesso.
Esaudita, lo educa alla pratica di ogni virtù cristiana.
In Gregorio la pietà cristiana cresce pari passo con
la passione per gli studi um anistici che egli coltiva pri­
ma in Cappadocia (ad Arianzo e a Cesarea), poi in Pale­
stina e in Egitto (a Cesarea e ad Alessandria). L'autore
non manca di precisare che con tali studi vuole m unir­
si d all’insidia delle ragnatele dei sofisti e presentare, a
sua volta, le verità della fede con l ’a rmonia della parola
ornata (vv. 51-120).
Come tutti gli appartenenti alle famiglie facoltose,

9 Nel carm e autobiografico n. 12 (PG 37, 1166-1227) che — p er


d irla col C lém encet — è com e u n ’appendice e u n a continuazione del
precedente, G regorio lancia u na decisa e vigorosa invettiva co n tro i
• -'vivi eretici e faziosi, stigm atizzando la loro insolenza, il loro or-
gog io, ic ignoranza, la loro cattiv a fede, la loro ipocrisia. Q ue­
sto carm e, c ic finisce l’-'fferm azione, d a p a rte di G regorio, che
la cosa più i m p o n e t e di tu tte, pe, «. r ^ lo> è ,,a di avere d a.
vanti agli occhi un buon m odello, dal m om ento è com pito unico
del sacerd o te p u rifica re le anim e con l’esem pio e con n a ro ja Que
sto carm e ap punto è com e il com plem ento de La fuga, il t r a u —V ^ g
G regorio ha sc ritto sul sacerdozio.
10 E ra nata, già nel 311, la prim o g en ita G orgonia che sp o serà Ali­
pio, avendone tre figli: A lipiana, E ugenia e N onna.
Introduzione 123

anche Gregorio passò poi ad Atene per completare la


sua formazione con gli studi di retorica11.
La traversata da Alessandria d ’Egitto verso l'Attica,
lungo le coste di Cipro, fu segnata da un avvenim ento
che lasciò in Gregorio un segno ulteriore della coscien­
za che egli aveva di essere già destinato alla vita religio­
sa. Infatti, colto da una tempesta, sul punto di morire
(senza essere stato ancora battezzato) l2, fa voto all'On-

11 Degli studi condotti in Atene — ove p iù tard i ebbe com pagno


B asilio — troviam o specifiche e in te re ssa n ti indicazioni n ell’orazione
funebre che egli pro n u n zia p er il fra te rn o am ico, m o rto il 1° gennaio
379 (Or. XLIII, 21: PG 36, 524). Vi leggiam o nei m inim i d ettagli la vi­
ta u n iv ersitaria, gli scherzi di cattiv o gusto fatti dagli anziani alle
m atricole, la v a rie tà stessa degli studi re to ric o -letterari, m a, so p ra t­
tu tto , la fedeltà dei due am ici ai sani prin cip i di educazione c ristia n a
ricev u ta in C appadocia, n ell'am b ien te fam iliare. (Cf. A. Puech, Histoi-
re de la littérature grecque chrétienne, III, P aris 1930, p. 322). Senza
d ubbio l’Atene del IV secolo non è più il c en tro politico ed econom i­
co del p assato, ed è lontano il tem po che vide gli Ateniesi fieram en te
e v itto riosam ente fronteggiare le invasioni p ersian e e a ltre tta n to ri-
solutanionte opporsi, sia p u re con m inore fo rtu n a, alle m ire e sp an ­
sionistiche dei duo M acedoni. T u ttavia, an co ra nel IV secolo, n essu ­
n a c ittà del m ondo antico, uè in O ccidente né in O riente, poteva m i­
su ra rsi con Atene p er 1 a ttiv ità in te llttiu q |g ( C eleberrim e eran o le
c a tte d re dei sofisti e dei reto ri: «N essun uom o poteva i-.^ n e rsj C0it0;
fin tan to che non avesse freq u en tato l’U niversità di Atene». T uu; co_
loro che volevano p erd ere i difetti linguistici (= l’inflessione della
voce) del p ro p rio paese d ’origine, si davano ap p u n tam en to — p e r co­
si d ire — nella «città di D em ostene e di Platone... p a tria del bel lin ­
guaggio». È quello ap p u n to che decide di fare G regorio, desideroso
di conoscere i segreti d ell’a rte del d ire e di p a rte c ip a re alle d iscu s­
sioni filosofiche. Né lo im pensierivano le lunghissim e distanze da ri­
co p rire, ché e ra del tu tto norm ale, p er quei tem pi, com piere lunghi
viaggi p er c u ra re i p ro p ri affari. Vescovi in visita ad a ltre Chiese o
co m m ercianti di m erci esotiche ne sono esem pio p ro b ato rio . Ai viag­
gi di E rodoto e di Platone in O ccidente, fanno risco n tro , oggi, i sog­
giorni a ll’estero, presso le prestig io se u n iv ersità francesi, inglesi o
anche am ericane, da p a rte dei ric e rc a to ri delle scienze n a tu ra li e/o
e satte. Cf. E. Fleury, op. cit., pp. 22-24, passim .
12 Non desti m eraviglia che G regorio, quasi ventenne, a ll’epoca
della tra v e rsa ta m arin a, non sia stato an c o ra b attezzato. In e tà p a ­
124 Introduzione

nipotente di dedicarsi totalmente a lui, ove venga libe­


rato dalla morte incombente (vv. 121-200).
Dopo un breve e altissimo elogio indirizzato a Basi­
lio, la cui amicizia considera un dono divino, Gregorio
spiega come l'amor patrio e l ’affetto dei genitori, ormai
vecchi e bisognosi di assistenza, l ’h anno indotto ad ab­
bandonare Atene e a far ritorno a Nazianzo 13.
Due vie gli si offrivano, quella della vita monastico-
contemplativa e quella dell'apostolato 14.
Gregorio, che si sente portato per indole naturale
alla vita contemplativa, avverte tuttavia insopportabile
la vita anacoretica, perché questa gli impedirebbe di te­
stimoniare la sua carità cristiana verso il prossimo. Ma,
al tempo stesso, la sensibilità del suo anim o non si spo­
sa con i problemi giornalieri, di ordine esistenziale (vv.
201-359) e Gregorio opta per una vita intermedia, la stes­
sa che più tardi sarà messa in onore dalla costituzione
di Ordini religiosi come i domenicani, i g esu iti15.
Non si può dimenticare che pochi mesi prim a della
fatidica consacrazione, avvenuta nel Natale del 361,
Gregorio era intervenuto in maniera decisiva a calmare
l'agitazione dei Nazianzeni che erano quasi i n s o r t i con­
tro il loro vescovo sottoscrittore ingenuo degli articoli
semiariani del Concilio di sem ini. Anzi si può congettu­
rare che V r ^ 'tie sia stato ulteriormente spinto ad ordi-
n(jr* sacerdote il figlio per la capacità diplomatica di­
mostrata in quell'occasione, nella quale aveva conqui-

leo cristiana il b attesim o non e ra un rito convenzionale. Accadeva ab ­


b astan za ab itu alm en te che, anche e so p ra ttu tto nelle fam iglie più
cristiane, il b attesim o fosse rin v iato a ll’e tà adulta.
13 G regorio, p a rtito da Atene in to rn o al 358/9, to rn ò in C appado­
cia passando p e r C ostantinopoli, ove ritro v ò suo fratello C esario, che
aveva term in ato gli studi di m edicina ad A lessandria, e con lui rien ­
trò a N azianzo.
H Q uesta aporia, p e r cosi dire, accom pagnò G regorio p e r tu tta la
vita e la co n trad d istin se.
15 Cf. E. Devolder, S. Grégoire de Nazianze, N am u r 1960, p. 40.
Introduzione 125

stato la simpatia dei fedeli tutti di Nazianzo. Ugualmen­


te, quando il fraterno amico Basilio, vescovo di Cesa­
rea, lo consacrerà vescovo di Sàsima per motivi di stra­
tegia territoriale, per cosi dire, se ne adonterà profonda­
mente, sentendosi come tradito e disonorato, vieppiù
perché a Basilio aveva dato una mano lo stesso Grego­
rio padre.
Si può ben immaginare, tornando alla consacrazione
sacerdotale patem a, quale tormento accompagnò l ’ani­
mo di Gregorio per circa due settimane, dal Natale del 361
a ll’Epifania del 362, e comprendere la successiva fuga net
Ponto, presso Basilio, sulle rive dell’Iris. A questa vicenda
si collega, almeno esteriormente, la composizione de La
fuga, l ’orazione apologetica che, giova ricordarlo, Grego­
rio ritornato a Nazianzo per la Pasqua appunto del 362,
scrive per giustificare, apparentemente, i m otivi della sua
improvvisa fuga e del successivo ritorno; ma più propria­
mente, si tratta di un vero trattato sulla dignità e sugli
oneri del sacerdozio 16.
Se l ’ordinazione sacerdotale e la fuga sono un pri­
mo chiaro esempio dimostrativo del contrasto e dell'in­
quietudine dei quali è costantemente intessuta la sua
vita, tale contrasto appare ulteriormente evidente nella
descrizione (vv.360-525) del tradimento subito a causa di
Basilio circa dieci anni dopo. È stato detto che Basilio,
già vescovo di Cesarea nel 370, aveva nom inato nel 372
Gregorio vescovo di Sàsima, obbedendo ad una logica
di mera strategia territoriale.
Addoloratissimo, Gregorio condanna con durissime
e franche parole la scelta dell'amico, cui aveva dato
una mano lo stesso Gregorio padre. Destinato a Sàsima,
«villaggio... n ie n t’affatto degno di un uomo libero, un
villaggio veramente abominevole, e insignificante», Gre­
gorio dice esplicitamete che Basilio ha infranto i sacri
patti dell’amicizia, dimenticando «le com uni fatiche de­

16 Cf. G. Bosio, Iniziazione ai Padri, voi. 2°, Torino, 1964, p. 127.


126 Introduzione

gli studi, e la vita sotto lo stesso tetto e allo stesso de­


sco, una sola anim a in due... Tutto è stato sparpagliato,
sta gettato per terra, le aure portano via le antiche spe­
ranze».
Gregorio deve essere proprio in preda alla dispera­
zione, se arriva a dire che vuol fuggire a cercare rifugio
presso le fiere: «Presso di queste — a quanto m i sembra
— c ’è maggiore lealtà» 17.
Ancora una fuga, dunque, cui ancora una volta se­
gue il ritorno, in ossequio alle supplichevoli preghiere
del padre: «Ritoma, dam m i questa grazia, dammela!
Oppure un altro darà sepoltura al mio corpo!».
Il rispetto per la duplice legge che impone obbe­
dienza a colui che è ad un tempo padre e vescovo, vince
il dispiacere profondo procuratogli dal comportamento
sleale dell'amico. Tuttavia, e qui appare fermo 18 nella
sua decisione, a Sàsima non pose mai piede («Non m i ac­
costai affatto alla Chiesa assegnatami»). Non passano più
di due anni e Gregorio si trova «scomodamente» 19 libe­
ro 20. Nel giro di dieci mesi muoiono prim a il padre (nella
primavera del 374) poi la madre (agli inizi del 375).
Afflitto, Gregorio si ritira in meditazione nel mona­
stero di Santa Tecla a Seleucia n ell’Isaurìa (restandovi
fino al 379, anno della morte di Basilio), al confine tra
la Pisidia e la Frigia, dopo aver ricoperto prò tem pore
la cattedra patem a, nella vana attesa che fosse eletto il
nuovo vescovo di Nazianzo (vv. 526-550).

17 A cutam ente E. D evolder (op. cit., p. 43) fa n o ta re che «qui c'è


un c o n flitto tra due concezioni dell'am icizia: G regorio la intendeva
in u n a m an iera più affettiva, B asilio la g u ard av a com e l'u n io n e nel
servizio delle stesse idee». Cf. N. Abbagnano, Basta un am ico per non
sentirsi soli, in «Gente», 43 (1984), p. 32.
18 G regorio, d a tu tti co n sid erato un uom o docile, qu asi debole,
sfid u ciato in se stesso, m eraviglia con la su a en ergica resistenza!
19 Vita, v. 528.
20 È u n a lib ertà cui volentieri rin u n cereb b e, visto che essa com ­
p o rta la p erd ita del p retesto di non recarsi a Sàsim a.
Introduzione 127

Ma qui non hanno tregua le sue disgrazie; la mis­


sione a Costantinopoli segna il m om ento più dram m ati­
co della sua tormentata esistenza. Quando l'imperatore
ariano Valente muore (9 agosto 378) combattendo con­
tro i Goti in Tracia, tutte le chiese di Costantinopoli so­
no nelle mani degli ariani che hanno il loro capo nel
vescovo Demofilo.
La sparuta minoranza cattolico-ortodossa di Co­
stantinopoli, incoraggiata dai sentim enti filoniceni di
Teodosio, associato a ll’impero da Graziano (19 gennaio
379), dopo la morte di Valente, si era mossa alla ricerca
di una personalità prestigiosa che la guidasse e, essendo
già morto il 1° gennaio di quell’anno Basilio (considera­
to un p o ’ come il patriarca orientale dei Niceni), la scel­
ta cadde su Gregorio. Questi, dopo m olti dinieghi, fini
con l'accettare e raggiunse Costantinopoli, poco dopo
che era stato emanato da Teodosio il famoso editto col
quale, almeno in linea di principio, gli ariani venivano
detronizzati e dichiarati eretici 21.
A Costantinopoli, tuttavia, poiché l'imperatore era
impegnato lontano contro i barbari, la situazione restò
sotto il controllo degli ariani. Gregorio, pertanto, si pre­
senta come un missionario tra gli eretici e apre una
cappella, cui dà il nome suggestivo di A nastasi22, in ca­

21 Con tale e d itto (Cod. Teod. XVI, I, 2) l’im p e ra to re o rd in av a a


tu tti i suoi su d d iti di p ro fessare la religione «già in seg n ata d all'ap o ­
stolo P ietro ai R om ani e a ttu a lm e n te b a n d ita dal pontefice D am aso e
da Pietro, vescovo di A lessandria, uom o di sa n tità apostolica».
22 A nastasi o R isurrezione, perch é e ra là che la fede qu asi e stin ta
e ra risu sc ita ta (cf. Or. XLII, 26: PG 36, 489). Cf. Or. XXVI, 17: PG 35,
1249: «una pia casa m i accolse, u n a casa am ica di Dio, che fu p e r m e
com e quella della S u lam ita p er Eliseo, casa con la quale ero ap p a­
re n tato p er ragioni di sangue e di spirito, e piena di generosità; là
p rese consistenza questo gregge che a n co ra e ra o b bligato a d issim u ­
la re la su a fede p erseg u ita ta, non senza p au ra, non senza pericolo».
Cf. J. B ernardi, N ouvelles perspectives su r la fam ille de S. Grégoire
de Nazianze, in «Vigiliae C hristianae», 38 (1984), pp. 352-359.
128 Introduzione

sa di una parente 23. La sua parola, opera il miracolo e


Gregorio recupera tantissime persone alla fede di Nicea,
suscitando l'ira violentissima degli ariani che decidono
di far tacere il loro irriducibile avversario. Ben presto,
vedendo che non riescono ad intim idirlo con le calun­
nie e le minacce, passano alle vie di fatto.
La notte di Pasqua, 21 aprile 379, una folla furente
di ariani e loro accoliti si slanciò da Santa Sofia contro
l ’A nastasi, dove Gregorio stava battezzando alcuni cate­
cumeni. Ci fu una fitta sassaiola; lo stesso Gregorio ri­
mase colpito; m olti i feriti gravi; il capo della polizia,
creatura di Valente, non mosse un dito. Cercandosi un
capro espiatorio, Gregorio fu ritenuto responsabile dei
disordini e condotto al cospetto dei magistrati che lo
guardavano con una certa altezzosità e superbia e che
obbedivano alla sola legge di tenere il popolo accattiva­
to e che lo accusarono di triteismo, la teoria delle tre
ipostasi e di una sola natura (vv. 551-678) 24. È in questo
periodo, in questa cappella che Gregorio tiene le sue fa­
mose cinque orazioni teologiche per difendere la dottri­
na trinitaria ortodossa contro gli eu n o m ia n i25 (o ano-
mei), i macedoniani (o pneumatomachi), i novaziani e

23 È la cugina Teodosia, a n d a ta sposa a u n esponente (Ablabio?)


di u n a ricca e p o ten te c asata co stan tin o p o litan a.
24 Cf. Vita, vv. 668-670. T riteism o: è la tendenza di alcuni teologi
che n ell’esplicazione del m istero della T rin ità giungono ad a m m ette­
re in Dio non so ltan to tre d istin te Persone, m a anche diverse n atu re.
25 Gli eunom iani prendono il nom e dal loro capo E unom io e p re ­
tendono di com p ren d ere Dio con la ragione. I m acedoniani, dal ve­
scovo om eousiano M acedonio di A ncira, negavano la co n su stan zia lità
e divinità dello S p irito Santo. I novaziani (da N ovaziano, p resb ite ro
del III secolo) detti anche «i puri», in opposizione ai catto lici m ac­
ch iati dalla com unione con i peccato ri. Teodosio li risp e ttò com e o r­
todossi trin ita ri. E ran o dei rig o risti. Gli a p o llin a risti e ran o l’an titesi
degli arian i. S ostenevano che la seconda P ersona della T rin ità si è
un ita d ire tta m e n te al corpo di C risto. Q uesto corpo non e ra realm en ­
te um ano, m a disceso d all’alto e, dunque, celeste e im passibile, e non
ha so fferto realm ente.
Introduzione 129

gli apollinarìsti. Le cinque orazioni sono una eccellente


esposizione dottrinaria di un teologo insuperabile. Gre­
gorio con consum ata abilità dialettica prim a confuta gli
errori di tutti i suoi avversari, poi, con una fraterna
um anità li prega di ravvedersi. Celebre e paradigmati­
ca, a riguardo, è la chiusa della terza orazione: «Questo
noi vi chiediamo, e vi scongiuriamo in nome di Cristo:
Riconciliatevi con D io 26 e non vogliate estinguere lo
Spirito 27»; o piuttosto: «Cristo si rinconcili con voi; e lo
Spirito, anche se tardi, vi illumini».
Ormai Costantinopoli è stata quasi completamente
restituita ai cattolici, ma Gregorio è in preda a un dolo­
re ben più profondo di quello che gli portavano le vio­
lenze degli ariani. La com unità cattolica di Costantino­
poli andava accusando il contraccolpo dello scisma che
ancora divideva la Chiesa di Antiochia 2B.
Nella nuova Rom a Gregorio, angustiato da tali an­
tagonismi in seno ai cattolici e richiesto che si decides­
se tra Paolino e Melezio (v. 680), tentò u n ’intesa tra le
parti: avrebbero entram bi retto la diocesi di Antiochia,
poi, alla morte di uno di essi, l ’altro sarebbe rimasto
unico vescovo di Antiochia. Ma mancò a Gregorio il
tempo di rallegrarsi di questa composizione perché una
nuova tempesta gli si abbatté contro. La scena principale
di questa nuova drammatica avventura fu rappresentata
ancora una volta n ell’A nastasi (vv. 679-749). I fatti andaro­
no nella maniera seguente, stando a quanto Gregorio ste«-

26 Cf. 2 Cor. 5, 20.


27 Cf. 1 Tess. 5, 19.
28 Qui i cattolici e ran o divisi in due gruppi, g u id ati risp e ttiv a ­
m ente da Paolino e da Melezio, m e n tre Euzoio e ra vescovo degli a ria ­
ni. Ciò che rendeva insostenibile q u e sta situazione eran o le rip e rc u s­
sioni scism atiche in tu tta la catto licità. Infatti, l’O ccidente p arteg g ia­
va con pap a D am aso p er Paolino, l’O riente propendeva p e r Melezio.
Vani eran o stati gli sforzi di B asilio di fa r accettare, com e unico ve­
scovo di A ntiochia, Melezio.
130 Introduzione

so con sottile ironia e con tagliente satira dice 29 e sulla


scorta del carme 41 30 e del racconto geronimiano 31.
In Occidente, ad Alessandria, il patriarca Pietro se­
guiva con interessata attenzione lo svolgersi delle lotte
tra ariani e cattolici e guardava non senza sospetto al
successo crescente che Gregorio andava mietendo.
Della disfatta degli ariani avrebbe voluto giovarsi
Pietro facendo eleggere vescovo, a Costantinopoli, un
suo protetto, un certo Massimo, sedicente cristiano che
si presentò a Gregorio um ile e in atteggiamento di filo­
sofo cinico, con gli attributi tipici che caratterizzavano
i seguaci di Diogene 32 e cioè: l ’a spetto mal curato, il ba­
stone, il mantello sudicio, la barba e la chioma cresciu­
te. Pretendeva altresì di farsi credere martire persegui­
tato per la fede cristiana, laddove era stato esiliato da
Alessandria per reati comuni. A Gregorio, di indole in­
genua e «restio a sospettare dei m alvagi»33, sfuggi la
macchinazione che Massimo andava tramando. E cosi
questi, reso più credibile dalla mallevadoria di una cor­
rispondenza intrattenuta con Atanasio 34, fu da Grego­
rio stesso messo a parte della casa, della massa, della
dottrina, dei p rogram m i3S. Tanta era la fiducia che il
Nazianzeno riponeva nell'Egizio da pronunciare in suo
favore un discorso di lode nelVAnastasi3é.
E abilmente Massimo s ’era conquistata la fiducia
di Gregorio, perché — precisa il Nazianzeno — «era-
come un cane di grossa taglia che abbaiava, ovviamen­
te, contro i malevoli, nonché premuroso lodatore dei

29 Vita, vv. 750-1023.


30 Contra M a xim u m : PG 37, 1339-1344.
31 De viris illustribus, 127. Cf. anche M. Pellegrino, op. cit., cap.
IV, La poesia satirica, pp. 44-48.
32 Cf. Luciano, Bion prasis, T orino 1976, p. 506.
33 Cf. Vita, v. 805.
34 Cf. Epist. ad M axim um philosophum ·. PG 36, 1085.
35 Vita, v. 811.
36 Or. X X V : PG 36, 257-262.
Introduzione 131

miei discorsi» 37. L'ingenuità di Gregorio è tale da non


immaginare affatto che gli sta accanto un uomo che,
quale emissario di Pietro di Alessandria, è intenzionato
a carpirgli la cattedra vescovile di Costantinopoli, ove il
vescovo era ancora — come si è accennato — l ’ariano
Demofilo, essendo sparuto il gregge degli ortodossi che
frequentavano l 'Anastasi di Gregorio. Proprio in questa
chiesetta, una notte, si consuma la più violenta e ingiu­
sta offesa di Massimo ai danni di Gregorio. Questi gia­
ceva am m alato e Massimo, con la complicità di un pre­
te, geloso della popolarità di Gregorio, fa entrare in
chiesa un certo num ero di vescovi venuti da Alessan­
dria al seguito della flotta annonaria, e con essi un ma­
nipolo di soldati mercenari egizi■
Massimo aveva in anim o di farsi eleggere segreta-
mente vescovo di Costantinopoli e Gregorio descrive
con dure parole di riprovazione la cerimonia farsesca
che prevedeva innanzi tutto il taglio della chioma che
Massimo, da buon cinico, portava lunghissima. L ’a ppel­
lativo col quale Gregorio ora indica l ’intraprendente
mistificatore e profittatore è «cane», con chiaro riferi­
m ento alla sua professione di filosofo cinico, ma anche
volendo significare il tradimento che il cane ha operato
contro le pecore dell’A nastasi che gli erano state affidate.
Ma la cerimonia viene interrotta dall’arrivo di un
gruppo di fedeli che alle prim e luci del giorno entrano
nell’A nastasi. Ne segue un tafferuglio a seguito del qua­
le la cerimonia viene continuata e ultim ata nel vicino
tugurio di un flautista. Amareggiato e desolato, Grego­
rio non sa darsi pace della sua colpevole ingenuità e
del conseguente danno arrecato alla com unità ortodos­
sa di Costantinopoli; ma è proprio questa che in tale
frangente lo sostiene, stringendoglisi intorno e rifiutan­
do Massimo.
Ecco allora che Massimo, «nominato pastore da ca­

37 Vita, vv. 813-814.


132 Introduzione

ne che era» 38, con ostinata tracotanza raggiunge l ’impe­


ratore Teodosio che teneva il suo quartiere generale a
Tessalonica, «con l ’intenzione di assicurarsi la cattedra
(di Costantinopoli) con un rescrìtto imperiale» 39.
Ma «come un cane» è scacciato d all’imperatore che
invece offre tutto il suo appoggio a Gregorio 40. Massi­
mo — giocando la sua carta decisiva, ma non ultim a —
si recò allora ad Alessandria; ma Pietro, visti fallire i
suoi piani, si affrettò a disconoscere ogni avallo nei
suoi confronti, vieppiù perché la com unità ortodossa di
Alessandria, sdegnata, questo chiedeva. Disdegnato e
isolato da tutti, Massimo non si dà per vinto, e approfit­
ta di un concilio che si tiene in Italia ad Aquileia per
reclamare contro la sua deposizione. Ma invano, sebbe­
ne le sue astuzie giungessero ad ingannare lo stesso
sant'Ambrogio. Infine Massimo viene esiliato dal prefet­
to imperiale di Alessandria, e tom a dappertutto la cal­
ma, mentre Gregorio, fatto esperto dal triste accadimen­
to, scrive triste: «Temo che la nube minacciosa e carica
di grandine, spinta dalla furia del vento, faccia cadere
la grandine su quanti non se l'aspettano. La malvagità,
infatti, non riposa mai. Non sarà per niente ragionevo­
le, anche se ora è sotto controllo» 41. Sembra che Grego­
rio abbia imparato la lezione (vv. 750-1029). L ’episodio
ha reso consapevole Gregorio della sua inettitudine a
fronteggiare situazioni del genere, sicché vuole ritirarsi
nella solitudine. Tuttavia, di fronte alla ferma protesta
e ai lam enti accorati dei suoi fedeli, «uomini, donne,
fanciulli, giovani, ragazzi, anziani, nobili, ignobili, ma­
gistrati... tutti frem enti ugualmente d'ira e d'amore:
d'ira contro gli avversari e d'amore verso il pastore» 42,
Gregorio ebbe un ripensamento e si diede con alacrità a

38 Ibid., v. 924.
39 Ibid., vv. 1007-1008.
40 Cf. ibid., v. 1007.
41 Ibid., vv. 1025-1029.
42 Ibid., vv. 1066-1070.
Introduzione 133

riorganizzare la com unità ortodossa, dedicandosi alla


lotta contro le eresie.
Non manca a Gregorio di sottolineare che non si la­
scerà prendere, nell’esercizio del suo ministero, dal gu­
sto della sola parola. Ma vorrà essere perseverante il
più possibile nella carità verso il prossimo, nel digiuno,
nella continenza dei sensi, nella moderazione verbale:
«Molte, infatti, sono le vie della salvezza, tutte afferenti
alla com unione con Dio; bisogna che percorra queste e
non soltanto quella contenuta nel discorso» 43.
La resistenza degli ariani era tenace, per interessi
economici e politici legati al controllo religioso di Co­
stantinopoli, sicché l ’opera di Gregorio procedeva tra
molte difficoltà e gravi pericoli. Finalmente, la situazio­
ne si schiari quando l'imperatore Teodosio, superata la
resistenza dei Goti 44 entrò in Costantinopoli il 24 no­
vembre 380, preceduto da un proprio editto col quale
intim ava a tutti di professare la fede di Nicea. Il 26 no­
vembre 380, in pom pa magna Teodosio e Gregorio fan­
no il loro ingresso nella cattedrale di Santa Sofia dalla
quale Demofilo è finalm ente estromesso, tra l'acclama­
zione della folla dei fedeli. Teodosio, dopo aver confer­
mato Gregorio nella cattedra di Costantinopoli, decide
di convocarvi un Concilio ecumenico per fronteggiare
efficacemente il pullulare delle eresie, sotto la presiden­
za di Melezio, vescovo di Antiochia. Al Concilio presero
parte circa 150 vescovi orientali, compresi alcuni egizia­
ni arrivati in ritardo 45, mentre papa Damaso non si fe­
ce rappresentare46. I prelati, dopo aver annullato la

43 Ibid., vv. 1225-1227. Cf. De se ipso et de episcopis, vv. 265-309:


PG 37, 1185-1187.
441 Goti eran o stan ziati a n o rd del M ar Nero; essi si dividevano
in due gruppi, i V isigoti (o Goti occidentali) e gli O strogoti (o Goti
orientali).
45 Cf. Vita, vv. 1798-1800.
46 Cf. J. H efele, H istoire des conciles, trad . Leclerq, voi. 2°, P aris
1908, pp. 3-4.
134 Introduzione

consacrazione segreta di Massimo, dichiararono Grego­


rio titolare del seggio vescovile di Costantinopoli 47, no­
nostante le sue proteste vibranti e la successiva disponi­
bilità, al fine di contribuire al rasserenamento degli
anim i delle fazioni contrapposte.
Gregorio, con la schiettezza che lo distingue, dichia­
ra di aver avuto una pessima impressione dei vescovi:
controversie a non finire 48, insofferenza per le parole
di pace e moderazione, reciproci tentativi di suprema­
zia degli orientali e degli occidentali, vescovi dim enti­
chi dei canoni di Nicea 49, e soprattutto lo scisma di An­
tiochia.
La morte improvvisa di Melezio, cui succede Grego­
rio quale presidente del Concilio, potrebbe porre fine al­
lo scisma di Antiochia, se si lasciasse Paolino unico ve­
scovo della città. È appunto questa la proposta di
Gregorio 50. Ma i litigi scoppiarono più forti perché gli
orientali elessero Flaviano in opposizione a Paolino.
Gregorio, allora, affranto e sfiduciato per la mancanza
di carità cristiana, annuncia le sue dim issioni dalla cat­
tedra di Costantinopoli: «Concedetemi una vita senza
cattedra, ingloriosa certamente, tuttavia Ubera da peri­
coli. Andrò a sedermi là dove è assenza di mali. Ciò è
per me meglio che stare in mezzo ai miei simili, senza es­
sere in grado di trarre gli altri alla mia proposta e di dis­
sentire dagli altri, là dove la logica non c'è» 51. Caduto an­
cora una volta malato, e gravemente, il Nazianzeno acco­
glie come provvidenziale tale suo male sia perché ha la
possibilità di star lontano da quelle indecorose sedute
conciliari sia perché vede cosi prossima la morte libera­
trice al punto di redigere il suo testamento 52.

47 Cf. Vita, vv. 1583-1588; 1762-1765.


48 Cf. ibid., vv. 1680-1689,
49 Cf. ib id , vv. 1703-1722.
50 Cf. ibid., vv. 1624-1635.
51 Ibid., vv. 1671-1677.
52 Cf. ibid., v. 1749.
Introduzione 135

Il fastidio che Gregorio ormai prova per il comporta­


mento disdicevole dei vescovi è ulteriormente attestato
dalla deliberazione di lasciare l ’appartamento della curia
vescovile e stabilire il proprio domicilio più lontano, no­
nostante le lacrime supplichevoli dei devoti fedeli. Ma
questa volta Gregorio non si lascia commuovere dalle la­
crime, anche perché gli avvenim enti precipitano 53.
Arriva, infatti, a ll’improvviso a Costantinopoli un
gruppo di vescovi ritardatari, guidati da Timoteo neo­
vescovo di Alessandria e da Acolio, vescovo di Tessalo-
nica. Costoro si dimostrarono subito partigiani degli oc­
cidentali, ma non di Gregorio, anzi, «distorcendo càno­
ni già da tempo sepolti» 54, cavillano su Sàsima e Na-
zianzo, protestando contro la traslazione da un vescova­
do all'altro. Esasperato, Gregorio trova la forza di la­
sciare tutto e tutti e di ritirarsi a Nazianzo.
Il carme si conclude con il meraviglioso e com m o­
vente discorso tenuto prim a della partenza alla folla dei
fedeli, come addio alla com unità cattolica di Costantino­
poli 55, con l ’invito alla concordia rivolto a tutti i vesco­
vi 56. Sino all'ultim o si avverte la preoccupazione sua
per la sicurezza della fede nicena 57. Tra due ali di po­
polo in ginocchio, Gregorio lascia Santa Sofia, «lieto,
perché avevo conseguito una qualche cessazione delle
mie fatiche; triste, perché non sapevo come si sarebbe
trovato il mio popolo» 58.
Applaudito dallo stesso imperatore, lascia finalm en­
te Costantinopoli 59 dichiarandosi sazio di offese 60 co­

53 Cf. ibid., v. 1797.


54 Ibid., v. 1810.
55 Cf. Or. XLII: PG 36, 457-492.
56 Vita, v. 1837: «Stringetevi con a rd o re le d e stre della concordia».
57 Ibid., v. 1852: «Ma, o m ia T rin ità, di te so ltan to mi preoccupo:
avrai una lingua idonea alla tua difesa, o alm eno libera e piena di zelo?».
5BIbid., vv. 1857-1859.
59 Vedi so p ra n ota n. 55.
60 Cf. Vita, vv. 1938-1939.
136 Introduzione

me di elogi, unicamente desideroso «di vivere la mia so­


litudine lontano dai malvagi, dove io possa cercare Dio
soltanto con la mia mente, e dove è la dolce speranza
delle cose celesti, nutrice dei vecchi» 61.
Si può ben dire col T illem o n t62 che la chiusa di
questo carme ci offre u n ’immagine indimenticabile di
eroismo um ano e cristiano, di incomparabile um iltà e
di assoluta consapevolezza d ell’altezza del ministero
svolto a Costantinopoli. Gregorio, l ’uom o che con la pa­
rola e con l ’esempio ha riconquistato la città di Costan­
tino alla fede trinitaria, l ’uom o eletto alla più prestigio­
sa cattedra vescovile dell’Impero romano d ’Oriente, vi
rinuncia dom inato da una sola preoccupazione, quella
di presentare agli ariani un fronte unito, a salvaguardia
della form ula trinitaria nicena che resta la condizione
per la pacificazione del m ondo cattolico intero.
È necessario che ci chiediamo quale sia stato il
prezzo pagato: Gregorio sacrifica quanto di meglio ha e
ciò che meglio ha sempre assolutamente rispettato: la
sua parola al servizio della Parola. Il principe della sa­
cra eloquenza si condanna al silenzio della desolata
campagna di Arianzo, ma da tale desolazione nasce la
poesia, a consolazione sua e di ogni spirito sensibile al­
la sincera e palpitante narrazione dei travagli di un uo­
mo che vive confessandosi ai suoi simili.

61 Ibid., vv. 1940-1942.


62 M ém oires p o u r servir à l'histoire ecclésiastique, voi. 9°, pp.
479-480.
Autobiografia, vv. 1-118 137

Proemio. Giovinezza e prim i studi (vv. 1-118)

Lo scopo del mio racconto è quello di ripercorrere


la strad a [1] delle mie sventure o, se si vuole, delle mie
vicende fortunate. Infatti, alcuni potrebbero parlare di
queste, altri di quelle, a seconda del parere — cred ’io
— che ciascuno abbia. La volontà, infatti, non è crite­
rio infallibile.
Ma la poesia, celiando p o rta un farm aco al dolore,
am m aestram ento e insieme diletto per i giovani, una
piacevole esortazione. A voi dunque mi rivolgo, a voi
che un tem po foste miei, ed o ra siete invece affidati a
un altro, sia che mi siate rim asti fedeli, [10] sia che
qualcuno la pensi diversam ente.
Tutti, infatti, siete cari a me che vivo in silenzio.
O uomini, inclita luce del mondo, che abitate —
come vedo — un altro universo, vestiti della bellezza
della te rra e del mare! O nuova Roma, sede di altri uo­
mini nobili, città di Costantino e colonna dell’Impero!
Ascoltate, o cari, un uomo che certam ente non
mentisce, e che ha sofferto molto in tante vicissitudini,
e da queste la sua conoscenza è venuta accrescendosi.
Tutto finisce; anche le cose belle col tempo finisco­
no; niente [20] e poco è ciò che resta; come quando la
te rra è lacerata dall’im peto di violente piogge, e resta­
no soltanto i sassolini.
138 Gregorio Nazianzeno

Niente di strano se dico le cose della gente comune


che neppure in passato era ascritta al novero delle perso­
ne im portanti, simile a pecore e con la testa china.
Noi siamo quel famoso torrente, im petuoso e dal
corso ineguale! Il nostro ordine è dissoluto ', lo dico
piangendo; sediamo tu tti indegnam ente su alti seggi,
noi capi del popolo, m aestri [30] di virtù, noi ai quali è
stato assegnato il com pito di n u trire con cibo divino le
anime.
Noi stessi soffriamo la fame! Noi, medici di soffe­
renze, siamo c ad a v eri2 stracolm i di m olteplici vizi.
Noi conduciam o (gli uomini) per strade probabilm ente
erte, lungo le quali non cam minammo in qualità di gui­
de né le abbiam o com unque percorse!
L’ordine più perentorio e l’insegnam ento più effi­
cace per la loro libertà è di seguirli il meno possibile.
Il loro altare è condanna della loro condotta, e i
cancelli dividono non le loro vite, ma la loro superbia.
Per qual ragione io sia stato indotto a scrivere
queste cose — ché [40] non voglio parlare inutilm ente a

1 Le divisioni dei c ristian i sem bran o tro v a re la loro fonte in


quelle che oppongono i vescovi gli uni agli a ltri nel cam po d o ttrin a le
e in m ateria di persone. G elosie e riv a lità dei seggi giocano un ruolo
considerevole. P reti e vescovi sono tro p p o giovani, tro p p o n um erosi,
tro p p o im p re p a ra ti a delle funzioni che essi ricercan o p e r am bizione
o anche per avidità. L’influenza a ss ic u ra ta dalle funzioni episcopali,
il d en aro di cui esse conferiscono il m aneggio, e la facilità con la
quale si può, senza g ra d u a lità né p rep arazio n e, a rriv a re all'ap ice del­
la g erarchia, a ttira n o nei ran gh i d e ll’ep iscopato dei volgari a rriv isti.
Gli stessi fedeli sono in cerca m eno di p a sto ri che cu rin o le loro a n i­
m e che di buoni am m in istra to ri e p o ten ti p ro te tto ri. Q uanto ai preti,
questi sperano volentieri di tro v a re nel loro vescovo un uom o in tra ­
pren d ente, abile ad a p p ro fitta re dei favori del p otere, ard e n te
nell'utilizzazione del braccio secolare. Ciò che q u esti fedeli ap p rezza­
no è l’eloquenza elegante cosi com e la com piacenza verso le loro ten ­
denze. Q uesto stato di cose è d ete rm in a to dal fatto che m olti si com ­
po rtan o da alti m ag istrati, am an ti del lusso e del potere; co n tro co­
sto ro G regorio fa rà sen tire v ib ran te la su a avversione.
2 G regorio assim ila l’e rro re d o ttrin a le al peccato e alla m o rte
dell’anim a.
Autobiografia, vv. 1-118 139

lungo — lo ascoltino tutti, sia i contem poranei sia i po­


steri.
Ma è necessario che io racconti le mie vicende ri­
salendo un po' indietro nel tempo, anche se bisogna es­
sere prolisso, affinché la menzogna non prevalga con­
tro di me.
Infatti i malvagi amano ascrivere le cause delle lo­
ro m alefatte a coloro che le subiscono, sia per danneg­
giare m aggiorm ente con le loro falsità costoro, sia per
liberare dalle accuse se stessi.
[50] Questo il proem io del mio discorso.

Avevo un padre illustre e assolutam ente probo, an­


ziano, di costum i frugali, dalla vita ordinata, veram en­
te un secondo patriarca Abramo; ed era un galantuo­
mo, non che lo sembrava, come accade ai nostri giorni!
Dapprim a e rra b o n d o 3, poi amico di Cristo, più
tardi pastore e forza dei pastori.
Mia m adre, per dirla in breve, coniuge degna di ta­
le m arito e di pari peso morale, dapprim a pia, per
estrazione fam iliare, poi sem pre più pia; donna per na­
tu ra fisica, m a più che un uomo [60] per condotta di vi­
ta. Entram bi sulla bocca di tu tti per l’identica vita. A
che scopo questa chiarificazione? Come farò a provare
il mio discorso? Chiamerò a testim one delle cose che
ho detto questa stessa che mi ha generato, bocca della
verità, avvezza a nascondere qualcosa di evidente piut­
tosto che a riferire qualcosa di segreto, per procacciar­
si gloria.
Il tim or di Dio, infatti, che è un grande m aestro, la
guidava. Costei, poiché desidera vedere in casa un fi­
glio maschio 4, il che è cosa cara a molti, si rivolge a

3 G regorio p ad re, noto com e G regorio l’Antico, e ra sta to a lungo


ipsista. Cf. La fuga, Introduzione, n o ta η. 1.
4 Aveva già u na figlia, G orgonia, a n d a ta sposa ad Alipio (cf. E pi­
taffio 24, vv. 1-4: PG 38, 22).
140 Gregorio Nazianzeno

Dio e lo prega di esaudire [70] il suo desiderio. E poi­


ché era di animo im petuoso, fa dono di ciò 5 che voleva
ottenere, conseguendo per il suo grande desiderio in
anticipo il dono stesso.
E non fallisce con la sua preghiera, m a le giunge
un favorevole preludio, una visione con l'immagine
delle cose desiderate.
Infatti le si presenta chiaram ente il mio volto e (ri­
suona) il mio nome; e la grazia di quella notte fu realtà.
Nacqui io, infatti, e se sono degno in qualche ma­
niera di tali preghiera, [80] ciò è dono di Dio che l’ha
concesso.
Se sono, invece, detestabile, è tu tta colpa mia. Co­
si, dunque, sono approdato a questa vita, fatto di fan­
go, ahimè misero, e di unione di m em bra cui soggiac­
cio o cui a stento mi impongo.
Tuttavia ho accettato questa nascita come pegno
di ogni ottim o bene. Infatti non è lecito essere ingrati.
Ma, appena nato, divento subito un altro, m irabile
cambiamento! Infatti sono o ffe rto 6 a Dio come un
agnello o vitello gradito, vittim a illustre e dotata di ra­
ziocinio; non oserei dire, come un [90] novello Samue­
le 7, se non guardassi al desiderio (alla santa aspirazio­
ne) di coloro che mi hanno offerto.
Educato, fin dalle fasce, alla pratica di ogni virtù
(ne avevo, infatti, in casa i modelli migliori), già mi
prendeva quel certo pudore che è proprio della vec­
chiaia e in me cresceva, a poco a poco, come nuvola da

s Cf. 1 Sam . 1, 10-11: Anna, m oglie di E lkana, am areg g iata di non


avere figli, piangendo fece questo voto a Dio: «Dio degli eserciti, se
finalm ente g u ard erai la m isera condizione della tu a schiava, ti ric o r­
d era i di me, non dim en tich erai la tu a schiava e le concederai un fi­
glio m aschio, io lo d a rò a Dio p e r tu tti i g iorni d ella sua vita...». Poi
Anna d ette alla luce Sam uele.
6 Allusione alle offerte p re s c ritte d alla Legge di Mosè.
7 S am uele fu o fferto al Signore nel tem pio di Silo (40 km . a n o rd
di G erusalem m e). Cf. 1 Sam . 1, 28; G er. 7, 12; 26, 16; Sai. 38, 60.
Autobiografia, vv. 1-118 141

nuvola 8, il vivo desiderio di (cercare) ciò che è più vir­


tuoso.
Andavo avanti (negli anni) e insieme si sviluppava
la mia capacità intellettiva e mi dilettavo della lettu ra
di libri che sostenevano la causa di Dio e frequentavo
gli uomini dalla condotta migliore [100].
Queste appunto le mie vicende. Per il loro seguito,
ora non so quale strada del mio racconto intraprendere.
Devo tenere nascoste quelle meraviglie alle quali
mi sospinse Dio, considerando ottim o principio il mio
zelo (cosi, infatti, egli sa p o rtare alla salvezza), oppure
coraggiosam ente devo venirne a parlare apertam ente?
(Sono incerto) perché la prim a ipotesi non mi è molto
gradita, la seconda, invece, non è fuor di superbia. È
meglio tacere. B asterà che le conosca io (quelle m era­
viglie), affinché la mia vita presente non sem bri oltre­
modo lontana dal passato ardore, [110] non sembri es­
sere in opposizione alla mia narrazione.
Ciò che è necessario, dunque, lo renderò noto ai
più.
Ancora im berbe, mi teneva tuttavia un appassionato
am ore per gli studi letterari 9. Con i buoni studi liberali
cercavo, infatti, di rendere giovevoli quelli profani 10, af­
finché non andassero superbi coloro che nient’altro ave­
vano im parato se non la vana e vuota eloquenza, che ha
sede nella laringe strepitante n , [118] e affinché io non
mi lasciassi irretire da ragnatele di sofismi.

8 Come nuvola, cioè, che si ingrandisce unendosi ad a ltre nuvole.


9 Su q uesto am ore p er gli studi, cf. Or. IV, 100: PG 35, 633-636;
E pist. 235: PG 37, 377-380.
10 G regorio vuole fare delle lettere «bastarde» le au siliarie delle
«vere» lettere: cf. Or. XXIX, 21.
11 E ra ben n o ta l ’ab ilità eristico -reto rica che gli eretici arian i sa ­
pevano o ste n ta re nelle d ispute o ra to rie di c a ra tte re teologico.
142 Gregorio Nazianzeno

Una pericolosa traversata (vv. 119-210)

Non mi venne mai in mente, però, di anteporre al­


cunché ai miei principi e d u ca tiv i12. [120] Ma ciò che
l’eterno ardore dei giovani im para a conoscere è facil­
m ente fom entato da pulsioni disordinate, come un pu­
ledro focoso che si slancia di corsa: questo io ho pro­
vato. Infatti, com pletam ente fuor di stagione, quando
il m are non è più calmo — gli esperti di queste cose
sono soliti dire che non è esente da pericolo una certa
coda del Toro 13 — ed è tem erario navigare, non è p ru ­
dente, allora appunto io lasciai Alessandria (poiché di
là avevo m utuato una qualche p arte della m ia dottrina)
e veleggiai verso il m are della Grecia, [130] costeggian­
do Cipro.
In quel m entre, una tem pesta di venti si abbatté
sulla m ia nave e tutto era una profonda notte: terra,
mare, etere e un cielo diventato tetro; risuonavano i
tuoni al balenio delle folgori. E stridevano le gomene
m entre le vele venivano gonfiate dai venti; s’inclinava
l’albero della nave e le im pugnature del timone non of­
frivano alcuna sicurezza: violentemente, infatti, le raz­
ze del timone venivano strappate dalle mani. Lo scafo
si riem piva di acqua che superava i fianchi della nave.
Grida confuse e lam entose dei m arinai, di còmiti 14, di
ufficiali, di passeggeri che [140] all’unisono invocavano
Cristo, e c ’erano tra questi coloro che non avevano in
passato conosciuto Dio.
La paura, infatti, è insegnam ento abbastanza op­
portuno.

12 G regorio allude ai princip i della m o rale cristian a.


13 C ostellazione del Toro: sem b ra che a m età novem bre siano so­
lite scoppiare violentissim e tem p este n ella zona eq u ato riale, assai
pericolose p er la navigazione.
H C òm ito (hortator) è colui che con la voce (presso i R om ani an ­
che col m artello o altrim enti) dava il tem po ai rem ato ri. Cf. Ovidio,
Met. 3, 619; Plauto, Mere. 696.
Autobiografia, vv. 119-210 143

Ma il più terribile di tu tti i mali era che la nave


era senza acqua dolce: subito, infatti, non appena la
nave aveva com inciato a rollare disordinatam ente, i
serbatoi dell’acqua, squarciatisi, com inciarono a versa­
re in fondo al m are il dolce tesoro di acqua che tra ­
sportavano. La fame, la tem pesta e i venti facevano a
gara per farci m orire. [150] Ma ecco che Dio ci libera
subito da questa situazione.
Infatti, alcuni m ercanti fenici apparsi all’improvvi­
so, per quanto anch’essi non fossero scevri da paura,
avendo com preso dalle nostre preghiere la gravità del
pericolo, tenendosi accostàti alla nostra nave con l’aiu­
to di pertiche e a forza di braccia (ché erano veram en­
te forti!) ci salvano — ed eravamo orm ai cadaveri m a­
rini, quasi pesci m orenti fuori dal m are ovvero lam pa­
da che va spegnendosi con l’esaurirsi del suo alimento.
Ma il m are continuava ad infuriare, maggiormente
mugghiando per parecchi giorni contro di noi, senza
che sapessimo dove ci portassero [160] tanti sconvolgi­
menti né che intravvedessim o alcuna salvezza da parte
di Dio.
E m entre tu tti temevano la m orte comune, io ero an­
cora più terrorizzato da quella m orte che sta nascosta.
Infatti, a causa delle onde annientatrici, ero tenuto
lontano dalle acque lustrali 15 dalle quali siamo resi
santi.
15 G regorio è te rro rizzato dal pen siero di m o rire senza essere
stato battezzato. E ra costum e, an c o ra al tem po del n o stro poeta, di
essere b attezzati in età ad ulta, affinché il sacram en to fosse ricevuto
con p iù com pleta coscienza. Il N azianzeno distingue q u a ttro tip i di
B attesim o: quello di Mosè, quello di G iovanni B attista, quello confe­
rito da C risto e quello del sangue, cioè il m artirio . C’è un quinto b a t­
tesim o, quello delle lacrim e, il p en tim en to che cancella i peccati, in
a p e rta polem ica con i novaziani che negano l’efficacia del p en tim en ­
to. In p a rtico lare G regorio, rivolgendosi alle m ad ri, suggerisce di fa r
b attezzare i loro figli da piccoli, in m edia verso i tre anni, quando
sono già capaci «di cap ire u n a esp ressio n e ritu a le e di rispondervi».
Il c rite rio è, dunque, quello di p arte c ip a re alla cerim onia liturgica.
(Cf. Or. X XXIX, 17: PG 36, 353-356).
144 Gregorio Nazianzeno

Questo il mio lamento, questa la m ia disgrazia!


Per questo motivo, tendendo in alto le mani, lan­
ciavo u rla che superavano il possente fragore delle on­
de, [170] m iseram ente giacendo prono e con le vesti a
brandelli.
E tu tti — cosa che non sarebbe credibile, m a è af­
fatto vera —, m ettendo da p arte la p ropria disgrazia,
univano le loro grida di preghiere alle mie, pii navigan­
ti in mal comune: a tal punto condividevano le mie sof­
ferenze!
E tu allora, o Cristo mio, fosti grande salvatore, tu
che anche ora mi liberi 16 dai flutti della vita.
Quando, infatti, non mi rim aneva alcuna speranza,
né si scorgeva isola, né continente, né cime di monti,
né fiaccola, né stelle, guide p er i naviganti, né una pic­
cola cosa né una più grande di quelle che si è soliti ve­
dere, [180] che cosa vado m acchinando? Quale l'esito
delle mie sventure? Dispero di tu tte le cose di quaggiù,
a te volgo lo sguardo, o vita mia, mio respiro, m ia luce,
m ia forza, mia 17 salvezza, a te che atterrisci, che colpi­
sci, che allevii, che risani, che fai subentrare alternati­
vamente l’utile al dannoso.
E richiamavo alla m ente tu tti i tuoi precedenti mi­
racoli, in forza dei quali riconosciamo la somma poten­
za della tu a mano, m entre Israele passa attraverso il
m are diviso per m età 18, m entre i nemici vengono scon­

16 G regorio, che scrive questo poem a dopo av er lasciato la catte­


d ra arcivescovile di C ostantinopoli, è libero dalle agitazioni che a t­
tengono aH 'am m inistrazione di u n a Chiesa, p a rtic o la rm e n te p esan te
e penosa in quei difficili tem pi.
17 L 'an afo ra del term in e «mio» indica u n a unione p a rtic o la re con
il Cristo. L’usanza di significare il C risto com e la «luce» risa le al pe­
riodo a n terio re al Concilio di N icea e il term in e phós aveva p reso un
senso tecnico nelle controversie filosofiche (J. M ossay, La m ori et
l'au-delà dans saint Grégoire de Nazianze, Louvain 1966, p. 14, n o ta
n. 6).
19 Cf. Es. 14, 21-22.
Autobiografia, vv. 119-210 145

fitti dall’elevazione delle tue m a n il9, gli Egizi, cioè,


[190] colpiti dal tuo flagello insieme con i loro capi,
m entre il tuo popolo è ridotto in schiavitù, m entre le
m ura in un b a tte r d’occhio vengono abbattute dalla
tua tro m b a 20.
Aggiungendo le mie invocazioni a quelle del passa­
to, dicevo: «Sono tuo, lo sono stato 21 e lo sono ancora.
Tu accoglierai due volte me, possesso tuo prezioso, do­
no della te rra e del mare, a te dedicato sia per voto di
mia m adre sia per grandissim i miei timori. Vivrò per
te, se sfuggirò a questo duplice pericolo 22. Tu perderai
il tuo servo, se mi scaccerai. [200] Ed eccomi tuo disce­
polo nella tem pesta. Liberami dal sonno, ovvero avvici­
nati e reprim i la mia paura». Questo dissi; e cessò la
furia dei venti, si calmò il m are e la nave riprese a na­
vigare direttam ente. E questo buon esito è da ascrivere
alla mia preghiera. Equipaggio e passeggeri della nave,
tu tti senza eccezione, piam ente si convertirono alla
grandezza di Cristo, avendo ricevuto da Dio una dupli­
ce salvezza23. S uperata Rodi, dopo poco, navigando
con venti favorevoli, [210] approdiam o al porto di Egi-
na (ché egineta era la nave).

19 Cf. Es. 17, 10-13.


20 Cf. Gios. 6, 20.
21 G regorio, an co ra infante, e ra sta to c o n sacrato a Dio dai suoi
genitori. G regorio, in b alia della tem p esta p e r venti giorni, am m ette
di essere stato salvato dalle preg h iere dei suoi g enitori che, av vertiti
in sogno della trag ica situazione n ella quale si d ib attev a l ’am ato fi­
glio, su pplicavano Dio di salvarlo ap p u n to (cf. Or. XVIII, 31: PG 35,
1023-1025). Poi, passan d o p e r Rodi ed Egina, a rriv a ad Atene nel 350
e ne rip a rte nel 356/7. Da Atene G regorio p assa a C ostantinopoli, e di
là, con C esario appro d àto v i da A lessandria, rito rn a a N azianzo.
Q uindi o sp ita ad A rianzo B asilio e poi con l’am ico si ferm a nel m o­
n a ste ro c o stru ito da B asilio m edesim o sulle rive d ell’Iris, fium e del
Ponto. Nel 360 è rich iam ato dal p a d re a N azianzo.
22 II prim o pericolo è quello di p e rd e re la vita, il secondo è quel­
lo di m o rire senza battesim o.
23 La salvezza del corpo e la salvezza d ell’anim a.
146 Gregorio Nazianzeno

Il soggiorno ad Atene. L ’amicizia fraterna con Basilio.


Il ritorno a Nazianzo (vv. 211-337)

Atene poi mi accoglie, e gli studi 24.


Raccontino altri come siamo vissuti nel tim or di
Dio, in prim a fila tra quelli che conoscono le prim e ve­
rità; e come, nell’acme della giovinezza e nell’ardore
del coraggio — m entre altri giovani con i loro com pa­
gni si abbandonavano ad azioni insensate — noi abbia­
mo condotto una vita tranquilla (al pari — io penso —
di una fonte m arina dolce tra le acque salate 2S, come
com unem ente si crede), senza lasciarci sedurre da co­
loro che portano alla perdizione, [220] m a noi stessi a t­
tirando gli amici verso ciò che c'è di meglio.
Infatti, anche in questo Dio mi ha beneficato: mi
aveva unito ad un uomo di singolare sapienza, unico
fra tu tti per condotta di vita e per eloquenza. Chi è co­
stui? Lo conoscerete facilmente: era Basilio, il grande
aiuto del nostro tempo 26. Io avevo in comune con lui
gli studi, la casa e i p e n s ie ri27, e se di qualche cosa è

24 Nel IV secolo Atene, che h a p e rd u to ogni im p o rtan za dal p u n ­


to di v ista politico, van ta il p rim a to p er le sue scuole filosofiche.
25 L’im m agine rich iam a il m ito greco di Alfeo e A retusa. Q uesta
ninfa, p e r sfuggire al cacciato re Alfeo, a ttra v e rsò il m are della G re­
cia sino a ll’isola di O rtigia (in Sicilia) dove fu da D iana tra sfo rm a ta
in fonte. Alfeo, tra sfo rm a to a su a volta in fium e, non p o tendo d im en­
ticare il suo am ore confuse le sue acque che sco rrev an o n e ll’Elide
con quelle di A retusa, tra v ersan d o il m a re senza m isch iarsi con le
sue acque. Il fium e Alfeo è l'odiern o Rofea.
26 È noto che G regorio è indicato d alla trad izio n e le tte ra ria come
un uom o contem plativo in opposizione p ara lle la a Basilio, visto q u a ­
le uom o d ’azione. Ci sem bra degna di p a rtic o la re attenzione l’o sse r­
vazione di J. M ossay (op. cit., pp. 296 ss.) secondo il quale la d isco r­
danza tr a vita co n tem plativa e a ttiv ità p a sto ra le c o stitu ire b b e un to­
pos le tterario , che risalireb b e a ll’au to b io g rafia di G regorio. Q uesti,
invero, esaltan d o Basilio, a ttrib u isc e a se stesso un ru o lo insignifi­
cante.
27 Or. XLIII, 19: PG 36, 320-321... «uno il tetto , u n a la m ensa, uno
l’intento, divenendo ogni giorno sem p re p iù cald a e p iù fo rte l’am ici­
zia».
Autobiografia, vv. 211-337 147

lecito vantarsi, eravamo un sodalizio famoso in Grecia;


avevamo proprio tu tto in comune, [230] e una sola ani­
ma legava due corpi d is tin ti28.
Ciò che, in modo particolare, ci unificava, era que­
sto: Dio e l’am ore per cose migliori. Dopoché eravamo
arrivati, infatti, a tal punto di fiducia da m anifestare
reciprocam ente i recessi del nostro cuore, fummo av­
vinti m aggiorm ente da vicendevole affetto. Infatti, la
com unanza di intenti è garanzia di crescita naturale in
comune. Che restava? La p atria e i generi di vita 29. Or­
mai, infatti, molto tempo era passato negli studi, già
era vicino il mio trentesim o anno. Allora com presi qua­
le amore, [240] quale stim a avessero di noi i nostri con­
discepoli.
E ra prossim o il mom ento (della partenza), era
prossim a una grande fatica. C’era bisogno di tristi pa­
role e abbracci, quelli utili a dire addio, e di incita­
m enti al ricordo.
Tuttavia cedettero, p u r con sforzo e a stento, da­
vanti a Basilio che adduceva molte ragioni in favore
della partenza; e quanto a me, anche ora mi sgorgano
le lacrime, [250] quando richiam o alla m em oria il mio
turbam ento di quel momento.
Tutti in gran fretta mi circondano: forestieri, cono­
scenti, coetanei, m aestri, con scongiuri e lam enti uniti
ad una certa m inaccia (l’am ore per me, infatti, li spin­
geva ad osare anche questo) e mi trattenevano a viva
forza. E vanno dicendo che non mi lasceranno andare
— checché accada — e che neppure è conveniente che
la dotta Atene resti priva di me, e hanno intenzione di
riconoscerm i, con il loro suffragio, il principato
dell’eloquenza.

29 Ibid., 20: PG 36, 321-324: «... si sareb b e d etto che eravam o una
sola anim a in due corpi».
29 P er G regorio si im pone, o rm ai indifferibile, una «scelta di vi­
ta»: è il rito rn o in p atria.
148 Gregorio Nazianzeno

Mi piegano (e, infatti, sarebbe stato proprio soltan­


to di una quercia resistere a tali lam entose parole) m a
non com pletamente: mi tratteneva, infatti, la patria,
che è quasi la prim a per fede tra le città che sono sot­
to il sole e nella quale ritenevo bello filosofare del Be­
ne, [260] anche perché i miei genitori erano affaticati
dalla vecchiaia.
Pertanto, dopo aver soggiornato ancora un poco ad
Atene 30, quasi di nascosto effettuai la partenza. Arri­
vai a casa. Ivi feci m ostra di eloquenza, esaudii il desi­
derio di coloro che insistentem ente me lo chiedevano
quasi come un debito.
Non mi curavo di applausi e di schiamazzi, né di
affettate e artificiose declamazioni [270] delle quali si
compiacciono i sofisti 31 tra una folla di giovani.
Ma prim ieram ente mi ero proposto questo genere
di speculazione filosofica, cioè di dedicare a Dio, tra
l’altro, anche le fatiche dell’eloquenza, come quelli che
hanno lasciato i loro campi abbandonati alle pecore
ovvero hanno gettato il loro oro nelle profondità del
m are 32.

30 All’epoca in cui G regorio e B asilio vennero a stu d ia re in que­


sta città, l’educazione che raccom andavano e alla quale presiedevano
i sofisti e ra u n ’educazione enciclopedica, alla quale concorrevano co­
noscenze m olteplici e necessariam en te superficiali. Q ueste conoscen­
ze stesse non erano acq u isite che in v ista d ella form azione reto ric a.
Lo stesso cursus studiorum e ra sta to p erc o rso da C esario ad A lessan­
d ria e d a G regorio il T au m atu rg o a C esarea di P alestin a so tto la di­
rezione di O rigene.
31 R iferendosi a Basilio, G regorio esp rim e lo stesso concetto: «I
co stu m i di B asilio non eran o conform i a quelli dei retori».
32 Cf. Carm. I, 2, 10 vv. 228-229: PG 37, 696: «Sim ilm ente C ratete,
ponendosi al di so p ra della ricchezza, lasciò il suo cam po a b b an d o ­
nato alle pecore»; e ibid., v. 234: «C ratete d à la lib e rtà a C ratete di
Tebe». G regorio allude a C ratete di Tebe (5°-4° sec. a.C.), filosofo ci­
nico, im petuoso seguace di Diogene di Sinope. Sbarazzandosi delle
sue sostanze, m an ifestò il cinism o nel suo asp e tto più rigoroso e ne­
gativo.
Autobiografia, vv. 211-337 149

Ma, come ho detto, mi misi a ballare con gli a m ic i33.


Queste attività erano come allenam enti preparato­
ri ad agoni, ovvero preghiere e sacrifici prelim inari di
più im portanti m isteri.
Avevo poi bisogno, orm ai avanti negli anni, di con­
sigli di uomini degni di un uomo ragionevole: mi ap­
pello al giudizio di amici, [280] leali consiglieri dei
miei pensieri.
Un grave turbam ento teneva il mio animo, m entre
cercavo tra soluzioni abbastanza buone quella miglio­
re. G ettare i piaceri della carne 34 nell’abisso — come
da tem po avevo stabilito —, anche in quel mom ento mi
piaceva maggiormente. E a me che indago le stesse vie
che conducono a Dio non è molto facile trovare quella

33 «In tal m odo non si vede p iù ta n to l’uom o che p re se n ta la sua


difesa in u na chiesa, q u an to il p re te che "b a lla ” daccapo sulla stra d a
del reto re, m ischiando cosi larg am en te l’insegnam ento religioso sul
sacerdozio alle considerazioni p ersonali. La v erità è che G regorio,
co m b attu to tr a l’am ore p er gli stu d i e lo zelo religioso, te n ta di d are
corso a ll’uno e a ll’a ltro con la scap p ato ia di d isco rsi sc ritti e p u b b li­
cati» (J. B ern ard i, La prédication des Pères cappadociens, P aris 1968,
p. 99).
34 Qui G regorio accenna un tem a cui acco rd a u n 'im p o rta n z a spe­
ciale, cioè la c a stità concepita com e rin u n cia e astinenza, com e lo tta
d ire tta ingaggiata co n tro la concupiscenza della carne. S otto l’a sp e t­
to negativo, nel quale noi la collochiam o, la c a stità è d unque la tem ­
peran za che salv ag u ard ia il dom inio d ell'an im a su tu tti i piaceri c a r­
nali, dai d esid eri im p u ri fino agli a tti sessuali com pleti o incom pleti.
Ma, giova rico rd arlo , nella teologia catto lica la v irtù della c a stità
non si lim ita a una so ppression e dei p iace ri fisiologici, m a è legata
alla perfezione d ell’anim a; si po treb b e d efin irla u n a v irtù che ci fa
rin u n c iare p ro n tam en te e con gioia, non solam ente nel n o stro corpo,
m a so p ra ttu tto nello sp irito , a tu tti i piaceri d ella carn e. Q uesto odio
contro la carne, spesso espresso con idee platoniche o neoplatoniche,
o ltre che in term in i paolini, è p resen te in parecchi carm i di G rego­
rio: cf. Carm. II, 1, 46: PG 37, 1378-1381; Carm. II, 1, 47: PG 37, 1381-
1384, in p a rt. vv. 1-39; Carm. I, 2, 1: PG 37, 521-577; in questo ultim o,
in p a rtico lare, siam o in presenza di u n a elegante p a ra fra si in versi
del m ito del c a rro (tirato dai cavalli) del Fedro e d ella bella g a ra tra
i due cavalli, l’uno generoso, l’a ltro restio e vizioso.
150 Gregorio Nazianzeno

migliore e agevole. C’è sem pre il parere buono o catti­


vo degli altri, come accade quando si ha da operare.
Paragonavo questa m ia intenzione, per fare un esem­
pio, ad una peregrinazione: ero si sfuggito alla naviga­
zione e alle fatiche del mare, [290] m a cercavo la stra­
da più facile da percorrere 35.
Tenevo in considerazione Elia di T e sb i36, e il fa­
moso Carmelo 37, ovvero un insolito nutrim ento, la so­
litudine che è il possesso del Precursore, e la vita sem­
plice dei figli di Jonabad 38.

35 G regorio si rifugia nel ritiro ad ogni to rn a ta im p o rtan te della


su a c a rrie ra sacerdotale ed episcopale. Cosi dice anche in un d isco r­
so su ll’assisten za ai poveri: «Bella cosa la contem plazione, b ella cosa
l’azione; l ’u n a elevandosi di quaggiù e ritira n d o si al san to dei santi
eleva la n o stra intelligenza verso ciò di cui essa p a rte c ip a l'origine;
l’a ltra accoglie e serve Dio e d im o stra il suo affetto con le azioni».
Cf. Or. XIV, 4: PG 35, 861-864. G regorio, dunque, lascia il ritiro m o­
nastico perché egli non vuole rin u n c iare a ll’azione.
36 Elia, som m o profeta, o rig in a rio ap p u n to di Tesbi in T ransgior-
dania, visse la d u ra vita del deserto , rozzam ente vestito com e poi
G iovanni B attista, e svolse la su a m issione so tto il regno di Achab
(873-854 a.C.). In Mal 3, 1-23 ss. è d etto che E lia v e rrà p e r p re p a ra re
le vie al M essia, predicando la penitenza. È ap p u n to la m issione svol­
ta da G iovanni B attista (cf. Le. 1, 17) che è il P rec u rso re v aticinato
(cf. Mt. 11, 10; 17, 10-13), il quale incarnò il c a ra tte re fo rte di Elia.
Elia ne e ra solo il tipo. È chiaro, p ertan to , che non h a fondam ento
nella S acra S c rittu ra l’atte sa del rito rn o di E lia alla fine del m ondo.
37 II Carm elo, v etta deH’om onim a cate n a m o n tu o sa in Palestina,
è luogo venerato da cristian i, ebrei e m u su lm an i. Su q u e sta cim a
pianeggiante restò im m ortalato il sacrificio del p ro feta E lia (cf. 1 Re
18, 18-46). Invano i sacerdoti di B aal invocarono il fuoco d a ll’alto p er
b ru c ia re la v ittim a posta su ll’altare; m en tre, alla p reg h iera di Elia,
l’o locausto fu com pleto su ll’a lta re e re tto su 12 p ietre. In e tà paleo-
c ristia n a il C arm elo divenne luogo p refe rito p e r m onaci ed erem iti.
N ella m isu ra in cui il deserto favorisce la m editazione, elem ento
qu esto che con il silenzio significa il suo ideale di filosofia (cf. Or. II,
103), G regorio vede la separazione dal m ondo, se non com e ind isp en ­
sabile, non di m eno com e auspicabile; evoca coloro che vi hanno vis­
suto la vita: «Io pensavo al C arm elo di Elia, al d eserto di G iovanni e
a tu tti quelli che am ano in q u esta m an iera le cose so p ra n n a tu ra li»
(Cf. Or. X, 1: PG 35, 828).
38 Jonabad, figlio di Rechab, volle p reserv are i suoi d iscendenti
Autobiografia, vv. 211-337 151

Ma nuovam ente si im padroniva di me il desiderio


delle Sacre S critture e la luce dello Spirito che è nella
m editazione delle Scritture: cosa non propria dell’ere­
mitaggio e della tranquilla solitudine 39.
Finché, lasciatom i spesso andare dall’una e dall’al­
tra parte, alla fine in questo modo vivo tra i miei desi­
deri, [300] e comincio a sedare la tem pesta del mio
animo 40.
Vedo, infatti, quelli che una vita attiva allieta, e
che sono utili agli altri con i quali vivono, m a sono
inutili a se stessi e sono travagliati da mali, che scon­
volgono i costum i placidi. Vedo gli altri che vivono più
tranquillam ente avendo detto addio al mondo e che os­
servano Dio con animo sereno, ma giovano solo a se
stessi senza praticare la carità, con una vita insolita e
dura. Intraprendo una via di mezzo tra gli uni e gli
altri 41 [310] perché possa m editare come questi ed es­
sere utile come quelli. A ciò si aggiungeva maggior­
m ente la gratitudine verso le persone oneste, intendo
dire i miei genitori ai quali resto in debito.
Avevo cura per la loro vecchiaia, la sostenevo con
ogni sforzo (ché è cosa sommamente pia e voluta da

dal d eleterio influsso della civiltà can an ea e p re sc risse loro di re s ta ­


re sem inom adi.
39 È uno dei m otivi che gli im pediscono di fissarsi definitivam en­
te ad Annesi, la p rim a fondazione di B asilio (cf. St. Giet, Basile. Les
idées et l'action sociales de saint Basile, Thèse, P aris 1941.
40 Nei vv. 300-330 G regorio espone lungam ente le sue esitazioni e
le ragioni che gli hanno fatto scegliere u n a vita m ista, co n sa c ra ta a
Dio in mezzo al m ondo. I due term in i theoretikòs e p ra ktikò s bìos
non indicano due form e di vita: v ita con tem p lativ a e vita attiva, che
Platone si è sforzato di conciliare sul piano um ano m ettendo i filoso­
fi al servizio della pòlis, e tr a le q uali G regorio sa rà sem p re co m b at­
tuto, m a il dovere che incom be al cristian o di conoscere la v erità e
di viverla.
41 Cf. Or. II, 54: san Paolo diviso tr a il d esiderio d e ll’ald ilà e il
bene dei fedeli che reclam a la su a p resen za corporale. Or. II, 112:
«Vengo a tro v arm i com e in un c erto mezzo tr a i tro p p o a rro g a n ti e i
tro p p o tim idi».
152 Gregorio Nazianzeno

Dio ascrivere il suprem o onore ai genitori, dai quali


proviene anche la conoscenza di Dio). Li conducevo per
mano, per prepararm i favorevole la mia stessa vec­
chiaia, rendendo lieta la loro vecchiaia. [320] Racco­
gliamo, infatti, proprio quello che seminiamo.
Questo apparteneva alla mia educazione filosofica:
non l’apparire di sopportare le fatiche della vita pas­
sata, m a essere e non sem brare gradito a Dio 42.
E ritenevo, invero, di dover am are le persone atti­
ve, cui fosse stato assegnato da Dio un qualche compi­
to nel guidare i popoli ai m isteri divini.
Ma mi attraeva m aggiorm ente l’am ore per le cose
m onastiche, pur vedendomi stabilito nella m oltitudine
degli uomini. [330] Infatti la vita m onastica riguarda i
costumi, non i corpi fisici.
La cattedra episcopale era per me venerabile, ma
standom ene a distanza, come la luce solare agli occhi
degli infermi.
Nelle m olteplici vicissitudini della m ia vita, tutto
avrei sperato piuttosto che ricevere quella cattedra.
N iente di im portante puoi dire a cuor leggero, se
sei uomo. Sempre l’invidia abbatte ciò che si erge in
alto. Non prendere esempi altrui, m a guarda le mie vi­
cende.

La violenza paterna d ell’ordinazione sacerdotale.


La fuga nel Ponto e il ritorno.
Il «tradimento» di Basilio (vv. 338-438)

Mio padre, infatti, che p u r conosceva benissim o il


mio modo di pensare, mosso da non so che cosa, [340]
m a forse da affetto paterno (formidabile è l’am ore

42 G regorio definisce p hilosòphou pàideusis l’educazione che gli


h a d ato l’esigenza di u na v ita religiosa au ten tica, il desid erio di esse­
re v eram ente am ico di Dio e non solam ente di sem b rarlo .
Autobiografia, vv. 338-438 153

quando è in unione con l’autorità), per legarmi con i


vincoli dello Spirito, e per onorarm i con quanto di me­
glio aveva, mi piega con la forza al secondo gradino
della catted ra 43. Tanto mi addolorai 44 per l’atto tiran ­
nico (non posso ancora, infatti, chiam arlo diversam en­
te, e lo Spirito divino mi perdoni se la penso cosi) che,
lasciàti subito tutti, amici, genitori, patria, parenti —
come buoi colpiti dal pungiglione del tafano — fuggii
nel Ponto, per guadagnarm i, [350] come rim edio alla
m ia tristezza, un amico ispirato da Dio.
Colà, infatti, viveva in com pagnia di Dio, coperto
da una nube come quel famoso antico sapiente 45, Basi­
lio, che ora è con gli angeli 46. Grazie a lui venivo m iti­
gando il dolore del mio animo. Ma poiché l’ottim o mio
padre, sfinito dalla vecchiezza e dal desiderio di me,
con molte preghiere supplicava il figlio di rendere ono­
re ai suoi ultim i respiri — il tempo peraltro aveva
sm altito il mio [360] dolore —, nuovam ente mi precipi­
to nell'abisso 47, temendo il lamento del pianto pater­
no, tem endo che il suo am ore per me si traducesse in
maledizione.
Cosi è l’affetto eccitato all’ira. Passò un po’ di tem ­
po e fu nuovam ente tem pesta. Non è facile a dirsi
quanto più è furiosa. Non è affatto poco conveniente
che io racconti ogni cosa agli amici. Mio fratello rico­

43 Volle fare di G regorio il suo au siliario , dopo averlo o rd in ato


sacerdote, n o n o stan te le resisten ze del figlio.
44 G regorio te r rà lo stesso atteg g iam en to dinanzi a ll’episcopato:
cf. Or. X, 1: PG 35, 828; Or. II, 6.
45 Mosè sul Sinai.
46 L’im m agine m etafo rica della m o rte quale cam b iam en to di sta ­
to o di soggiorno è su g g erita d alla p erifra si fo rm ata p er mezzo di un
avverbio di tem po (o nyn); l’a ltra fo rm u la più com unem ente u sa ta è
fo rm ata col passivo del verbo àiro (cf. PG 38, 53); altrove p er mezzo
di un verbo in dicante l’andarsen e.
47 Per G regorio, to rn a re a N azianzo e ra com e cad ere in un abisso
di m ali e di sciagure.
154 Gregorio Nazianzeno

priva una carica pubblica. Mio fratello! 48. 0 maligno,


quanto sei potente!
Era, invero, am m inistratore del pubblico erario.
Ma m uore m entre è [370] in carica 49, e una m oltitudi­
ne di cani si precipita sul patrim onio del defunto e su
ciò che aveva lasciato.
Servi, estranei, amici fanno man bassa di tutto.
Chi, infatti, caduta una quercia non ne taglia e
porta via la legna? Io, per quanto mi attiene, non avrei
mai tem uto il peso degli affari. Sono, infatti, un uccel­
lo che facilm ente vola via. Tuttavia, era necessario per
me sopportare ogni cosa con il mio ottim o padre, e le
favorevoli e le avverse, [380] ed essere suo compagno
di affanni, non di ricchezze.
Ma come quelli che hanno dapprim a cam minato
con sicurezza, avendo una sola volta perduto l’equili­
brio, cadono nel precipizio, senza più essere padroni di
sé, cosi a me, dopo che ebbi provato il male, uno dopo
l'altro altri accidenti capitarono.
Una volta (tacerò delle cose interm edie 50, per non
48 C esario e ra m o rto a N icea e G regorio, scrivendo a Sofronio,
gli chiede aiu to e protezione p er la liquidazione di q u e sta successio­
ne che si p resen tav a p artico larm e n te difficile a c au sa del n u m ero al­
tissim o di cred ito ri, sedicenti o reali che fossero. Nel 362 G regorio
aveva rivolto a suo fratello (cf. Epist. VII: PG 37, 32-33) un vigorosis­
sim o appello a ll’ordine. Egli p a rla del ro sso d ella vergogna, della tr i­
stezza, della desolazione e della p a u ra che la co n d o tta di C esario gli
isp iran o. G regorio l’Antico, p ro stra to , p erd e gusto p e r la v ita e non
ha osato nem m eno m ettere N onna al c o rre n te d ella co n d o tta del figlio.
In tan to , lo scandalo è scoppiato a N azianzo: «O ra il figlio di un vescovo
rico p re u n a carica pubblica; o ra a sp ira alla p otenza e ste rn a e alla glo­
ria; o ra si lascia vincere dal denaro», si dice; e G regorio aggiunge: «Co­
me il vescovo po treb b e d are agli a ltri degli avvertim enti?».
49 In B itinia, regione a nord-ovest d ell’Asia M inore.
50 A llusione a ll’elezione di B asilio alla c a tte d ra di Cesarea; c ’e ra
stato , al riguardo, un m alinteso tr a i due am ici: G regorio si è im m a­
ginato, p er un c erto tem po, che B asilio d esid erav a p e r am bizione la
c a tte d ra di C esarea e che voleva s fru tta re la su a eloquenza p e r esse­
re eletto più sicu ram e n te (cf. E. Devolder, S. Grégoire de Nazianze,
N am u r 1960, p. 42).
Autobiografia, vv. 338-438 155

banalizzare un uomo che o r o ra ho smesso di elogiare 5I)


mi venne a trovare Basilio, il più caro degli amici (ahimè,
quali fatti sto per raccontare! Parlerò, tuttavia), [390] un
altro padre per me, ma molto più severo.
Ma quello bisognava che io lo sopportassi, anche
se mi tiranneggiava; m entre questo no, riportandone io
danno a causa dell'amicizia, non liberazione dai mali.
Non so se accusare piuttosto i miei peccati che in
grande num ero e spesso mi hanno angustiato (giacché
l'accaduto mi torm enta sem pre come fosse ora) oppure
te, ottim o amico, per la superbia che la catted ra ha su­
scitato in te 52. Nelle altre cose, negli studi giovanili,
[400] forse neppure tu avresti pensato di essere a me
superiore: e certam ente prim a non lo pensavi; ma, se
lo avessi pensato, è probabile che un equo giudice, che
ci conoscesse entram bi bene, ti avrebbe tratten u to (fre­
nato). Che cosa t ’è successo, dunque? Come hai potuto
aH’im prow iso abb an d o n arm i?53. Possa scom parire
dalla vita una legge dell’amicizia che risp etta in questa
m aniera gli amici.
Ieri eravam o leoni, m a io oggi sono una scimmia;
certo per te è poca cosa anche un leone 54. Se tu avessi
considerato cosi [410] tu tti gli amici (lo dirò a gran vo­
ce), sarebbe stato opportuno che ne fossi escluso io
che un tem po tu preferivi a tutti, prim a cioè che tu, in­

51 Da q u este p aro le si evince che q u esto c arm e è stato com posto


subito dopo l’orazione funeb re di Basilio, te n u ta n ell’agosto-
settem b re del 381. Cf. PG 36, 493-494.
52 C irca dieci anni p rim a (372) G regorio aveva tacciato di su p e r­
bia Basilio, n ell’Episi. XLVIII: PG 37, 97-100.
53 Cf. Epist. XLVIII: PG 37, 97-100.
54 B asilio h a rid o tto G regorio a svolgere un ruolo che egli co n si­
d e ra affatto ridicolo, perché e ra in c o n trasto con la sua vocazione,
quale G regorio la concepiva in quel m om ento. C’è sta to qui un con­
flitto tra due concezioni dell'am icizia: G regorio l’intendeva in una
m an iera più affettiva, B asilio la considerava com e l’unione nel servi­
zio delle stesse idee. (cf. E. Devolder, op.cit., p. 43). Cf. Carm. II, 1,
39: PG 37, 1335.
156 Gregorio Nazianzeno

nalzato agli onori, avessi tu tto sotto di te. Anima mia,


perché bruci? Trattieni con vigore il puledro!
Ma torniam o di nuovo al punto di partenza. Basi­
lio era per me un m entitore, ma per il resto assai lon­
tano dalla menzogna, egli che mi ha sentito dire spesso
che o ra devo sopportare ogni cosa, anche se mi capita­
no cose peggiori, ma che certam ente lascerei gli affari,
se i miei genitori perdessero la vita, affinché possa
[420] tra rre qualche guadagno da una vita senza fami­
glia, io che con estrem a facilità divento cittadino del
mondo.
Egli, dunque, p u r udendo e approvando il mio di­
scorso, tuttavia cercava di costringerm i alla cattedra
episcopale, e con lui mio padre che per la seconda vol­
ta mi aveva giocato questo tiro 55. Non sconvolgerti an­
cora, se prim a non hai udito tutto.
Se i miei avversari avessero ben più a lungo riflet­
tuto sulla m aniera di disonorarm i, credo che non
avrebbero trovato una strad a diversa da questa. Vuoi
conoscerla? Te la potrà raccontare qualunque [430] uo­
mo cui il fatto sem brò tu tt’altro che conveniente. Co­
me io mi sia com portato con l'amico, lo sa il Ponto, lo
sa anche la città di Cesare e tu tti gli amici che aveva­
mo in comune.
Sarebbe, infatti, poco conveniente che censurassi
io queste cose. Chi è stato beneficato conviene che ri­
cordi il beneficio ricevuto, non chi l'ha prestato. Ma
quale sia stata la sua condotta nei miei riguardi, i fatti
stessi lo dim ostrino.

L'affare di Sàsima. La preghiera del vecchio padre


(vv. 439-525)
C’è un villaggio, a m età della via regia della Cappa­
docia, dal [440] quale si dipartono tre strade, senza ac-
55 Nel N atale del 361, G regorio l’Antico aveva d ’a u to rità consa­
crato sacerd o te il figlio ren iten te.
Autobiografia, vv. 439-525 157

qua, sterile e nient’affatto degno di un uomo libero, un


piccolo villaggio veram ente abominevole e insignifican­
te. D appertutto polvere, rum ori, carri, lamenti, gemiti,
esattori, strum enti di tortu ra, catene e delle persone,
m a tu tti stranieri e avventori. Questa la Chiesa dei
miei S àsim i56.
A costoro mi assegnò quell'uom o che con cinquan­
ta co rep isco p i57 si sentiva in m iseria. Quale liberalità!
Ciò, forse, per restare vincitore, avendo istituito una
nuova cattedra, se un altro gli togliesse la sua cattedra
con la fo rz a 58. Io, infatti, tra i suoi bellicosi amici,
[450] occupavo i prim i posti. Ero stato anch’io, in pas­
sato, coraggioso, e le ferite benedette non com portano
alcun pericolo. Ma, oltre agli altri svantaggi da me

56 Cf. Introduzione, p. 125.


57 I corepiscopi eran o in qualch e m odo dei vescovi au siliari sta ­
biliti nei villaggi ru ra li del te rrito rio sottom esso alla giurisdizione
del vescovo della c ittà principale. Non si ta rd ò a g iu d icare che m olti
di questi vescovi delle cam pagne fo ssero poco degni d ell’episcopato.
Parecchi concili del IV secolo d im in u iro n o i poteri dei corepiscopi e
finirono con il rifiu ta re loro il c a ra tte re episcopale. P er q u an to a ttie ­
ne alla n o stra narrazio n e, c’è d a dire che m en tre il vescovo di N a­
zianzo e quello di N issa avevano tr a i loro fedeli p iù gente di cam p a­
gna che di città, a C esarea il vescovo aveva n ella sua giurisdizione
im m ed iata u na cin q u an tin a di q u esti corepiscopi (cf. J. B ern ard i, La
prédication..., cit., p. 336).
58 Cf. G regorio di N azianzo, La fuga, Introduzione, n o ta n. 24.
Basilio, divenuto nel 370 vescovo di C esarea, e ra in quella regione
della C appadocia il cam pione della fede o rto d o ssa, dal m om ento che
p er trad izio n e il vescovo della m etro p o li (Cesarea) e ra co n sid erato
l’arcivescovo della provincia. Ma, nel 371, q uando V alente divide la
C appadocia in due p arti, elevando T iana al rango di m etropoli della
nuova provincia, B asilio sente sm in u ire la su a influenza. In fa tti Anti­
mo, vescovo di T iana, si sente au to rizzato a farsi rite n e re arch iep i­
scopo della in te ra C appadocia seconda, con tro llan d o cosi tu tti i co re­
piscopi. E questo avvenim ento e ra di non poca p o rta ta, se si conside­
ra che « controllare un certo nu m ero di seggi episcopali, e ra a ssicu ­
ra rsi la scelta di nuovi vescovi e la loro orto d o ssia, e ra d isp o rre di
una m aggioranza n ell’ev en tu a lità di un concilio» (cf. J. B ernardi,
op.cit., p. 113).
158 Gregorio Nazianzeno

enum erati, neppure si poteva occupare la sede episco­


pale senza spargim ento di sangue. La linea di confine
dei due vescovi in contesa era questa. E ra scoppiata
una terribile lotta, della quale era responsabile la divi­
sione della patria, che aveva stabilito due città m adri
di figli in tenera età 59.
Le anime sono il pretesto, la bram osia del potere è
ciò che conta. [460] Esito a parlare delle ricchezze e
dei trib u ti dai quali tu tto il mondo è m iseram ente
sconvolto. Che cosa, dunque, in nome di Dio, sarebbe
stato giusto che io facessi? Starm ene contento? Sop­
portare con accettazione i colpi delle sventure? La­
sciarm i ferire al momento inopportuno? Lasciarm i sof­
focare dal fango? E non trovarm i un posto dove stabi­
lire questa m ia vecchiaia, m entre vengo continuam ente
scacciato via da un riparo? Condannato a non avere
pane da dividere con l’ospite, avendo io m isero avuto
in sorte di governare un popolo m isero? E senza vede­
re una sola cosa che io possa degnam ente conseguire,
m a sem pre pieno delle sventure che le città hanno?
Vendemmiando spine, non cogliendo rose, raccoglien­
do i mali privi dei vantaggi? Chiedimi, se vuoi, un altro
genere di coraggio e questo offrilo a quelli che sono
più saggi di me 60. Atene è causa di tali cose, e le co­
muni fatiche degli studi, e la vita sotto lo stesso tetto e
allo stesso desco, una sola anim a in due, non due in
due — m eraviglia della Grecia! — e porgere le destre
per tenere lontano da noi il mondo, e per vivere noi
stessi insieme per Dio e [480] per dedicare la nostra
eloquenza al solo Verbo sapiente.
Tutto sta sparpagliato, tu tto sta gettato per terra,

59 Le due m etropoli sono ap p u n to C esarea p e r la C appadocia I e


T iana p er la C appadocia II.
60 Nel suo dolore G regorio è tro p p o d u ro con l'am ico. In re altà
Basilio voleva d ifendere i d iritti d ella g e ra rc h ia e l’indipendenza del­
le circoscrizioni ecclesiastiche di fro n te a ll’am m in istrazio n e civile
(cf. E. Devolder, op. cit., p. 46).
Autobiografia, vv. 439-525 159

le aure portano via le antiche speranze. Dove si deve


fuggire? Fiere, non mi accogliete? Presso di queste —
a quanto mi sem bra — c ’è maggiore lealtà.
Cosi stavano le cose, per dirla in breve.
Ma, dopo che sono stato piegato, non nei sentim en­
ti, m a nel collo, che cosa devo dire? E come potrei m a­
nifestarti tu tto il mio dolore? Ancora chiodi per me,
ancora una veloce [490] fuga verso la m o n tag n a61 per
procurarm i furtivam ente un genere di vita amabile, la
mia gioia. Qual è stato il mio guadagno? Non ero certo
un esule ben deciso, come sembra. Ma, sapendo sop­
portare di tutto, in una sola cosa sono ignavo: non sop­
porto l’ira di mio padre. Mio padre, dunque, mi porta
questo prim o attacco cercando di farm i stabilire pres­
so i Sàsimi. E poiché era im potente (a persuaderm i),
ecco la sua seconda navigazione 62, non però perché io
restassi in basso, m a perché assistendolo — era già ap­
pesantito nel corpo — io alleviassi le sue fatiche, ed
egli tendendo le mani e [500] accarezzandomi la barba,
con queste parole mi parla: «Un padre ti prega, o mio
carissim o figlio, un vecchio padre prega il suo giovane
figlio, il padrone prega il suo servo che gli è sottoposto
per n atu ra e per duplice legge 63. Non oro a te io chie­
do, o figlio mio, non pietre preziose, non argento, non
campi fertili né quanto attiene al lusso. Ti chiedo di
prendere posto accanto ad Aronne e a Samuele 64 e di

61 Vedi la n o ta n. 37.
62 Q uesta espressio ne significa che, q u ando la m igliore soluzione
esco g itata non si realizzava con un d ato procedim ento, si poteva
ad o tta re un a ltro procedim ento, m eno buono, m a che conduceva allo
stesso scopo. L’im m agine e ra im p ro n ta ta al linguaggio m arin aresco ,
nel quale «seconda navigazione» stav a a d esig n are l’im piego esclu si­
vo del rem o, q uando il vento e ra tro p p o debole p e r p e rm e tte re la n a ­
vigazione n o rm ale a vela (cf. E. Devolder, op. cit., p. 47).
63 P er duplice legge si può in ten d ere la legge civile che d à d iritti
al p a d re sui suoi figli, e la legge cristia n a che im pone il risp etto del­
la d ignità episcopale.
64 Cioè: io desid ero che tu m i assecondi, com e A ronne assistev a
160 Gregorio Nazianzeno

essere degno servo di Dio. Colui che ti consacrò a Dio


ti possiede ancora: o figlio, non disonorarm i, sicché tu
ottenga il favore dell’unico Padre. [510] Questa la mia
preghiera p atem a. Non hai ancora m isurato la vita
tanto quanto tem po io trascorsi tra i sacrifici 65. Dam­
mi questa grazia, dammela! Oppure un altro darà se­
p oltura al mio corpo! Questa pena io stabilisco per la
disobbedienza. Aggiungi qualche giorno a quelli che mi
restano. Poi, come ti piace, dovrai pensare anche alle
cose tue».
Dopo che ebbi udito queste cose e il mio animo si
fu liberato un poco dall’affanno, come sole da nube,
che succede? Che fine fanno [520] le mie sofferenze?
Mi persuasi che non avrei ricevuto alcun nocum ento se
avessi esaudito il desiderio di mio padre, fino alla catte­
dra. Ciò, infatti — dicevo —, non mi condizionerà contro
la m ia volontà, dal mom ento che nessuna proclamazione
né una mia prom essa ufficiale mi lega. Cosi mi guidava
la p aura che mi aveva vinto 66.

La fuga a Seleucia. Le due Rome. La pazzia di Ario.


Gregorio è richiesto a Costantinopoli (vv. 526-606)

Ma quando i miei genitori se ne andarono da que­


sta vita, conseguendo l’eredità verso la quale da tempo
si affrettavano, rim asi scomodam ente libero. Non mi
accostai affatto alla Chiesa assegnatam i, neppure [530]
per offrire a Dio persino un solo sacrificio o per prega­
re col popolo, o per ordinare un solo chierico.

Mosè, e com e S am uele assisteva Elia. S tilisticam en te, si tr a tta di un


p arallelism o sinonim o in form a positiva.
65 All’epoca della n asc ita di G regorio il Teologo, il vecchio p a d re
e ra già vescovo.
66 La p a u ra di venire m eno al dovere verso suo p a d re e la p a u ra
di ferirlo n ell’affetto.
Autobiografia, vv. 526-606 161

Non negherò di aver avuto una qualche cu ra per la


Chiesa patem a, sia pure p er breve tempo, come ospite
di quegli altri (e, infatti, non me lo perm isero alcuni
uomini pii, i quali, scongiurandom ene, mi fecero scen­
dere dalla cattedra, palensandom i le macchinazioni di
m olti disonesti). E andavo ripetendo questa stessa cosa
ai vescovi, e questa grazia chiedevo loro dal profondo
del mio cuore, che m ettessero un [540] vescovo a capo
della città, e andavo aggiungendo, in verità, come p ri­
ma cosa, che non avevo ancora ricevuto alcuna Chiesa
per pubblica proclamazione, e in secondo luogo, anco­
ra una volta — come da lungo tem po stabilito —, che
mi accingevo a lasciare e amici e affari. Ma non riusci­
vo a persuaderli, gli uni perché volevano, a causa del
loro grande affetto, tenerm i seco, gli altri perché forse
noiosi. Venni prim a esule a Seleucia 67, nel m onastero
dell'inclita vergine Tecla 68. In questo modo, forse —
dicevo — stancàti dal tempo, [550] potrebbero lasciarsi
persuadere ad affidare le redini a qualche altro.
Ma quando fui ricaduto nelle mie disgrazie, non
trovai neppure uno di quei benefici che avevo sperato,
bensì il fardello di cose che avevo fuggito.
Il tono del mio racconto o ra sarà più severo, e vi
dirò queste cose — quantunque bene le conosciate —
affinché voi, che non avete me, abbiate però questo
mio discorso come sollievo per i vostri affanni, biasi­
mo per gli avversari, testim onianza presso [560] gli
amici delle offese che avete subito senza farne alcuna.

67 In to rn o al soggiorno di G regorio a Seleucia, cf. Or. XXI, 22:


PG 35, 1105-1108.
68 Tecla, sa n ta e m a rtire , v en eratissim a n ell'an tich ità, aveva il
p rin cip ale cen tro di culto a Seleucia di Siria, dove esistev a un im ­
p o rta n te san tu ario , m èta di pellegrinaggi freq u en ti, ric o rd à ti dal N a­
zianzeno (PG 35, 1005), e ric o stru ito nel V secolo d all’im p e ra to re Ze­
none (Evagrio, Hist. Eccl. III, 8). La fig u ra sto rica di Tecla è p erò av­
volta nella leggenda che la fa n ascere a Iconio (in Asia M inore, oggi
Conia). Ignoto è il luogo della su a sepoltura.
162 Gregorio Nazianzeno

Ma la n atu ra non ha dato due soli, bensì due Rome,


lam pade di tu tto il mondo, antica e nuova potenza, tan ­
to diverse tra di loro, quanto l'una fa luce prim a del
sole, l'altra prim a della sera 69. E la bellezza congiunta-
mente con la bellezza si adegua. Ma, quanto alla loro
fede, l’una da lungo tem po e [570] ancor va per la retta
strada, abbracciando tu tto l’Occidente con salutare
dottrina e giustam ente colloca su tu tti il vescovo, il
quale osserva tu tta la concordia di Dio; l’altra, invece,
prim a era ortodossa, ora non più, m a giace nel baratro
della perdizione, da quando la città frivola e piena di
tu tti i vizi, Alessandria, fervore insano, produsse Ario,
l'abominevole desolazione. Questi, per prim o disse: «La
T rinità non deve essere [580] venerata», e pose i term i­
ni della gloria in una sola natura, separando inegual­
mente la sostanza indivisibile, finché siano rim asti di­
visi in tante vie 70. Sebbene la m iserevolissim a città se
ne stesse cosi, caduta m orta in un abominevole destino
a causa della m ancanza di fede, tuttavia conservava —
in base ad una antica legge (poiché un costum e invete­
rato si traduce in legge) — un p u r esiguo seme di vita­
le spiritualità, cioè delle anime integre nella dottrina
della fede, una schiera, sp aru ta si, m a abbastaza num e­
rosa per Dio. Dio non conta la m oltitudine, m a i [590]
cuori, fedeli piante, vigna di sommo valore.
A questi uomini (sembrava, infatti, che fossimo
presso Dio degni per vita e per dottrina, sebbene aves­

69 A ltam ente poetica, n a tu ra listic a e a ffatto o riginale è l ’im m agi­


ne con la quale G regorio designa l’an tic a (Roma) e la nuova (Costan­
tinopoli) colonna dell’Im pero, poste risp ettiv am en te ad O ccidente e
ad O riente della G recia. Nei versi im m ed iatam en te seguenti sono in ­
dicate le differenze che oppongono l’O ccidente a ll’O riente; in re a ltà
le divergenze iniziano sotto C ostantino, si allarg an o so tto Costanzo
che difende gli arian i co n tro Roma, si in asp risco n o al tem po dello
scism a di A ntiochia (379); il Concilio di C ostantinopoli fa trio n fa re le
tesi orientali nel 381.
70 Alla base della eresia a ria n a e ra la difficoltà di a m m ettere un
unico Dio in tre P ersone reali e d istinte, delle q uali ciascu n a è Dio.
Autobiografia, vv. 526-606; 607-749 163

simo sem pre condotto una vita agreste) la grazia dello


Spirito inviò me 71 — poiché in molti lo chiedevano,
pastori e pecore — quale soccorritore del popolo e di­
fensore della dottrina, affinché con acqua pia potessi
refrigerare anim e ardenti di sete e ancora vive e affin­
ché con il nutrim ento dell’olio la luce tornasse a brilla­
re nella lucerna; [600] e affinché le lingue procaci e le
sottili frottole a causa delle quali si indebolisce l’unità
della fede, le tele dei ragni, putride carceri che avvin­
ghiano le inezie e muovono al riso le cose serie, fossero
fatte a pezzi ovvero dissolte da discorsi aspri; e affinché
tornassero liberi quelli che erano caduti nelle reti.

Il soggiorno a Costantinopoli. Le eresie trinitarie.


Gregorio lapidato e im putato di omicidio.
Violenze e calunnie degli ariani (vv. 607-749)

Cosi partii 72, non di m ia volontà m a rapito da uo­


mini violenti, per essere difensore della dottrina. Si an­
dava diffondendo, infatti, la diceria di un sinodo di ve­
scovi che introducevano una [610] nuova e re s ia 73 nelle

71 Cf. Introduzione, p. 127. Sul finire del 378 il volto di C ostanti­


nopoli a ria n a subisce qualche m u tam en to . In fatti, la m o rte violenta
di V alente (9 agosto 378), cam pione deH’arian esim o e im p e ra to re
d ’O riente, d eterm in a l'elezione di Teodosio (19 gennaio 379), generale
di G raziano, im p erato re d ’O ccidente. R incuoràti, i p u r pochi cattolici
si rivolgono a G regorio, già celeb re com e teologo e p red icato re. Egli
vive — all’epoca della ch iam ata a C ostantinopoli — dal 375 in Isau ­
ria, a Seleucia. Il suo soggiorno a C ostantinopoli va d a ll’inizio del
379 alla m età del 381.
72 D all’an alisi dell’Or. XLIII: PG 36, 493-605, si deduce che B asi­
lio aveva dato il suo assenso acciocché G regorio raggiungesse Co­
stantin opoli; essendo B asilio m o rto il 1° gennaio 379, si può colloca­
re l’ingresso di G regorio nella cap itale deH’Im pero d ’O riente al p rin ­
cipio del 379.
73 A pollinare si opponeva in Laodicea (Siria) a Pelagio, cosi com e
ad A ntiochia Paolino si opponeva a Melezio. D otato di u n a c u ltu ra
164 Gregorio Nazianzeno

Chiese amiche, una dottrina che — elim inando l’unione


del Verbo di Dio con noi (che prese la n o stra n atu ra
senza cam biare, quando si fece uomo, fornito di anim a
e di intelligenza, e soggetto a patire per quanto riguar­
da le affezioni corporali, tu tto l’antico Adamo, eccetto
il peccato originale) — introduce un Dio senza senno,
come tim oroso che la m ente com batta con Dio (cosi do­
vrei tem ere anche la n atu ra della carne, poiché questa
è ancora molto più lontana da Dio), oppure, poiché tu t­
ti gli altri [620] avevano bisogno della salvezza, come
se fosse stabilito che l’anim a m uoia com pletamente,
l’anim a che soprattutto da Dio può essere salvata, essa
che ha precipuam ente sbagliato nella n atu ra del prim o
uomo. Egli aveva assunto, infatti, l’anima, m a aveva di­
sprezzato la prescrizione. Ma ciò che aveva disprezza­
to, anche quello avrebbe dovuto prendersi.
Non voglia dunque il Verbo salvarm i a metà, io
che sono stato com pletam ente danneggiato, né mi diso­
nori Dio, quasi non mi abbia assunto integralm ente,
m a soltanto il fango — anim a dissennata e propria di
un animale irragionevole — che proprio dalla sua dot­
trin a [630] è stato salvato. E cessi di dire tali cose
chiunque sia pio. Infatti, peccano ugualm ente p u r con

am plissim a, q uando l’im p e ra to re G iuliano vietò ai c ristia n i l’uso del­


le o pere le tte ra rie pagane, com pose su tem i b iblici poem i di ogni ge­
nere: epopee, odi, tragedie, com m edie. Divenne, poi, illu stre esponen­
te del m illenarism o, d o ttrin a che credeva di p o tersi valere d ell’Apo­
calisse (20, 1-6) p er p ro m e tte re che dopo la risu rre z io n e il C risto
avrebbe stab ilito il suo ream e u niv ersale p er u n a d u ra ta di m ille an ­
ni. G erusalem m e sareb b e sta ta la cap itale di questo regno terren o . Il
tem pio sareb b e stato rico stru ito , il culto re sta u ra to , e la Legge giu­
daica rim essa in vigore. A pollinare, in v erità, accu sato anche di sa-
bellianism o da vari P adri, a sua v olta condannava il sabellianism o di
M arcello di A ncira in uno sc ritto del quale ci re sta il solo titolo (cf.
G irolam o, De viris illustribus, 86). A pollinare, com unque, vigoroso di­
fensore della fede nicena, fu co n d an n ato dal Concilio di C ostantino­
poli del 381 p er la su a d o ttrin a su ll’in carnazione, la quale negava la
stessa incarnazione e la risu rrezio n e.
Autobiografia, vv. 607-749 165

diversa colpa, anche quelli che sconsideratam ente in­


troducono due figli, l’uno da Dio e l’altro dalla Vergi­
ne. Costoro scindono la famosa unione avutasi sulla
terra, gli uni negandola, gli altri indegnamente raddop­
piandola.
Se sono due, infatti, io temo uno solo dei due, o di
adorare al posto di uno solo due dèi, oppure, se •siamo
attenti a non cadere in questo errore, [640] di allonta­
nare da Dio il composto 74. Dio, infatti, non potrebbe
sentire niente di ciò cui la carne attiene. Ma la n atu ra
dell’uomo partecipò aH 'integralità di Dio non come
profeta o qualche altro ispirato da Dio, il quale fu p ar­
tecipe non di Dio, m a degli attrib u ti di Dio. La nostra
n atu ra è vestita di sostanza divina, come il sole dei
suoi raggi. Questi uomini, dunque, scom parirebbero
dal mezzo del discorso, se non adorassero l’Uomo-Dio
come una sola cosa, quello cioè che ha assunto (la divi­
nità) insieme con ciò che è stato assunto (dalla divini­
tà), sia l’atem porale sia ciò che è associato al tempo,
quello che deriva da un solo Padre e da una sola m a­
dre, due nature [650] afferenti all’unico Cristo.
Ma come stavano le mie vicende personali?
Dopo essere arrivato, caddi in m olti mali. D appri­
ma si mise in subbuglio contro di me la città, come
fossi intenzionato ad intro d u rre parecchi dèi al posto
di uno solo. Niente di strano: cosi, infatti, erano stati
istruiti, sicché ignoravano affatto la pia dottrina, cioè
come l’Unità sia trin a e la Trinità nuovam ente una sola
cosa com presa piam ente da entram be.
E il popolo parteggia per quelli che soffrono, come
per il suo [660] presule e pastore di un tempo che ave­
va sperim entato una pietà ultrice della sua sofferenza,
un popolo cosi num eroso e pieno di coraggio, per il
quale non vincere tu tto sarebbe stato estrem o disdoro.

74 Cf. Col. 2, 9.
166 Gregorio Nazianzeno

T ralascerò le lapidazioni 7S, m ia gioia, sul conto delle


quali un solo appunto avrei da fare, che cioè, produ­
cendo quelle ferite che non valgono a po rtare la morte,
non abbiano colpito giusto nel segno. Poi, come un
omicida, venni condotto al cospetto dei m agistrati che
mi guardavano con una certa altezzosità e superbia —
e per i quali l’unica legge era tenere il popolo [670] ac­
cattivato —, io che non avevo mai commesso alcunché
di male.
E non avevo riflettuto, come invece si conviene a
un discepolo del Verbo. Ma mi assistette il difensore
della dottrina, Cristo, aiutando la mia arringa difensi­
va, egli che aveva saputo salvare anche dai leoni i pel­
legrini, e m utare la fiam m a in rugiada a ristoro dei
giovani, e rendere un cetaceo oratorio di santi 76. Cri­
sto mi rese splendido in un tribunale sconosciuto che
non avevo mai praticato. Poi una terribile rivalità cre­
sce tra i miei che mi trascinano dalla parte di non so
quale Paolo o di quale Apollo 77, i quali non si [680] so­

75 II racconto della lapidazione, d iffu sam en te illu stra to in Epist.


LXXVII, 1-3: PG 37, 141, avvenne il 21 a p rile 379, n ella n o tte di Pa­
squa, allorquan do m onaci arian i, poveri accatto n i e fedeli di ogni
so rta in tra p re se ro azioni di violenza co n tro G regorio che stav a am ­
m in istran d o il b attesim o. Secondo J. B ernard i, op. cit., p. 114, n o ta
n. 15, tale assalto degli a ria n i è im p u tab ile non ta n to alla pred icazio ­
ne che G regorio teneva n ell’A nastasi, q u an to invece al «fatto che con­
ferendo il b attesim o nella notte pasquale, com piva azione p ro p ria
del vescovo». Tali m anifestazioni di fro n tism o , a b b astan za n a tu ra li e
spontanee, lasciano p en sare che fo ssero freq u en ti. Lo stesso G rego­
rio m enziona di essere sta to esp o sto ad analoghe violenze in C appa­
docia, a ll’epoca d ell’affare di Sàsim a. Cf. Or. XLIII, 58: PG 36, 569-
572; Epist. XLVIII, 5-8: PG 37, 97; E. Fleury, S. Grégoire de Nazianze
et son tem ps, pp. 287-288, P aris 1930.
76 Cf. Dan. 6, 17-28; 3, 49-50; G iona 2, 1-10. Cf. Carm. II, 1, 1. vv.
4-9: PG 37, 969-970. A ncora un a volta l’appello di G regorio a Dio
p ren d e la form a di un a evocazione di rico rd i biblici. La fam iliarità
di G regorio con gli sc ritti biblici e la su a p u n tu a le esegesi consento­
no di afferm are che p er il N azianzeno lo sp irito biblico è divenuto
un a seconda n a tu ra .
77 È evidente il riferim en to allo scism a di A ntiochia.
Autobiografia, vv. 607-749 167

no mai incarnati per noi, né per noi hanno versato il


sangue della preziosa passione. Da loro prendiam o il
nome, non da Colui che ci salvò? Costoro cam biano e
stravolgono ogni cosa, come se altrove la Chiesa tenes­
se un favorevole cammino.
Ma in quale m aniera una nave o una città o un
esercito o anche un complesso di danzatori o una casa
potrebbero continuare ad esistere, se hanno ciò che li
danneggia in quantità maggiore di ciò che giova loro?
Questo, dunque, andava allora soffrendo il popolo di
Cristo. Infatti, prim a di rafforzarsi e di conseguire la
libertà [690] di parola 78, prim a di liberarsi dalle fasce
dei neonati, non ancora com piutam ente sicuro nell’in­
cedere, veniva battuto, veniva depredato, veniva di­
sperso, nobile prole sotto gli occhi dei genitori, da lupi
affam ati della m ia m ancanza di figli. Non era soppor­
tabile, infatti, da parte loro che un uomo poverissimo,
rugoso, a capo chino, m alvestito, in preda ai m orsi del­
la fame, consunto dal pianto e dalla pau ra del futuro,
come anche da altri mali, e neppure [700] bello di viso,
s tra n ie ro 79, errabondo, nascosto dalle tenebre della
sua terra, riportasse più consensi dei belli e dei forti.
Da p arte di costoro, infatti, si sentivano dire all’incirca
le seguenti cose: «Siamo adulatori, tu no; noi onoriam o
le cattedre, tu invece coltivi la pietà; a noi sono cari i
cibi conditi, a te la frugalità; tu, alim entandoti con po­
co sale, disprezzi la sapidità eccessiva. Noi siamo
schiavi degli opportunism i e delle passioni della plebe,
affidando sem pre la nostra barca al vento favorevole,
[710] dando sem pre varie colorazioni ai nostri discorsi
a guisa di cam aleonti e di felci.

78 A C ostantinopoli, p rim a che G regorio vi rista b ilisse la fede


cattolica, la m inoranza o rto d o ssa e ra soggetta a pesan ti condiziona­
m enti e a vere e p ro p rie violenze d a p a rte degli a rian i capeggiati dal
vescovo Demofilo.
79 Gli a rian i si beffano di G regorio anche perché proviene da u n a
provincia lontana.
168 Gregorio Nazianzeno

Tu sei, invece, u n ’incudine non malleabile: che se­


rietà! Quale contegno! Quasi la fede sia sem pre la stes­
sa, tu fortem ente imponi il dogma della verità, proce­
dendo sem pre per la strad a sicura del Verbo 80. In quel
modo, o illustrissim o, riesci con la tu a lingua procace
a sedurre il popolo e a colpire giusto nel segno i m al­
pensanti di diversa dottrina, sicché in qualche m aniera
sei duplice per gli amici e per gli estranei: [720] per
quelli una calam ita, per questi una fionda?».
Se questi non sono vizi, come certam ente non lo
sono, perché te ne dispiaci, quasi soffrissi qualcosa di
straordinario? Se, invece, sono vizi, e tali a te solo
sembrano, giudica rettam ente, come si conviene a un
m inistro di Dio; puniscim i quando sbaglio, m a lascia li­
bero il popolo che non ha commesso alcun peccato se
non quello di am arm i, e che si è lasciato persuadere
dai miei insegnam enti. Tuttavia questi prim i lam enti
avrei potuto sopportarli. Sebbene, infatti, la novità mi
turbasse un po’, come un urlo che aH’imptovviso colpi­
sce le orecchie, o subitaneo bagliore di fulm ine [730]
(che colpisce) gli occhi inesperti.
Ma ero ancora illeso e perciò capace di sopportare
ogni cosa.
La speranza di poter agire liberam ente e di non ca­
dere nuovam ente nel medesimo peccato, mi induceva a
sopportare più agevolmente il mio disagio. Ma quali
sventure ancora mi vennero di li? Come potrei raccon­
tare le mie fatiche? O demonio invidioso, e autore di
mali, come potesti com piere si grande cattiveria?
Non il sangue, non le rane, non la nuvola di insetti
voraci, non [740] le mosche canine, non l’epidem ia de­
gli arm enti, non le pustole giallognole, non la grandi­
ne, non le cavallette, non le tenebre, non la m orte dei
prim ogeniti, estrem o danno, mi avevano piegato (ché
questi furono i famosi flagelli degli antichi Egizi), e ag­

80 II Logos di Dio è opposto ai logoi um ani.


Autobiografia, vv. 607-749; 750-886 169

giungi pure le acque del Mar Rosso dalle quali il popo­


lo era impedito. Chi allora ci trasse in inganno? La va­
nità degli Egizi. Come ci ingannò, è giusto che io lo di­
ca. Questa, infatti, potrebbe essere la colonna eterna
dei miei mali.

Massimo il Cinico, traditore astuto e abile.


Vescovi e mercenari egizi correi di Massimo
(vv. 750-886)

C’era in quel tempo nella nostra città un uomo ef­


feminato, [750] spettro egizio, viso rabbioso, cane 81, ci­
nico, giovane schiavo da strada, Marte, m uta rovina,
prodigioso cetaceo, dalla chiom a bionda 82 e nera, cre­
spa e liscia 83.
È vecchia questa storia da un lato, dall'altro è di re­
cente invenzione. L’arte infatti è un secondo demiurgo.
È com pito precipuo delle donne, ma anche degli
uomini, intrecciare la bionda chioma alla m aniera dei
filosofi. Gli uomini raffinati m ettano pure sul viso i
belletti femminili. Perché [760] la bellezza fisica trascu ­

81 Cane è il nom ignolo trad izio n ale col quale n e ll'a n tic h ità fu ro ­
no conosciuti alcu n i filosofi, p ro b ab ilm en te d eriv ato dal ginnasio Ci-
nosarge, dove A ntistene fondò la sua scuola, m a u sato p o p o larm en te
p e r allu d ere a W’abbaiare di quei filosofi co n tro i vizi e le d epravazio­
ni d ella società, o ltre che al loro m odo di vivere allo sta to di n a tu ra .
82 Cf. Or. XXV, 2: PG 35, 1200-1201: (Massimo) «sfoggiava un ve­
stito b ianco e u n a m agnifica ca p ig lia tu ra bionda».
83 Le esp ressio n i ossim orich e vogliono significare l’am b ig u ità
ip o crita del personaggio. È in te re ssa n te cogliere a ttra v e rso l'an alisi
di qu este figurae l’uso sap ien te d ella com positio verborum : la s tru t­
tu r a delle parole nel discorso, p e r il loro significato p iù vero. Tale
s tru ttu ra h a u n a su a p ro p rie tà in Origene; il n o stro au to re, che cono­
sce bene le o pere le tte ra rie d ell’esegeta alessan d rin o (ché con B asilio
ne ha cu ra to un florilegio, la Filocalia), ci fa cogliere, a ttra v e rso la
p re d e tta com positio verborum , il c a ra tte re au ten tico d ella subdola
p e rso n alità di M assim o.
170 Gregorio Nazianzeno

ra ta sarebbe tipica delle sole donne eleganti, essa che


è tu tto un program m a — anche tacendo — del costum e
morale, come se anche gli uomini non avessero i loro
Massimi? Quello che finora era sconosciuto, l'ha evi­
denziato il taglio dei c a p e lli84.
Queste meraviglie ci provengono dagli uomini ele­
ganti odierni, vale a dire che c’è qualcuno di doppia
n atu ra e aspetto; e che m iseram ente partecipa dell’una
e dell’altra condizione fisica, cioè chiom a per le donne
e bastone 85 per gli uomini. Di ciò (l’effeminato) si van­
tava, quasi sem brasse valere qualcosa in città, copren­
dosi sem pre le spalle con i suoi riccioli, lim itando i
suoi [770] ragionam enti alle ciocche di capelli ben cu­
rati, ostentando tu tta la sua dottrin a nel corpo.
Questi, avendo percorso — a quanto si sente dire
— molte cattive strade (quali siano, se ne occupino al­
tri, ché io non ho tempo di cercarle tutte: sono regi­
strate tuttavia num erose sui libri dei magistrati), fini­
sce col sistem arsi in questa città. Non aveva alcuna a t­
trazione per i cibi soliti; ma, dotato di vista acuta e di
buon olfatto (si consideri buono anche ciò che è stato
mal [780] costituito, per allontanarm i dalla catted ra —
s’intende — che p u r non occupavo né ero insignito di
alcuna altra dignità, ad eccezione della custodia e del
ristoro del popolo), in questo campo era abbastanza
esperto.
Costui, infatti, tram ò l’inganno senza rico rrere a
persone estranee, m a strum entalizzando me stesso,
quasi ingegnoso preparatore di delitti, io che non ero
avvezzo a tali macchinazioni, e affatto alieno da frode,
abituato anzi a coltivare un diverso genere di ingegno­
sità: a dire, cioè, qualcosa consapevolmente, ad ammi-

04 Cf. Introduzione, pp. 130, 132.


85 II bastone sim boleggia il filosofo cinico, poiché rich iam a la
clava di Diogene. Cf. Luciano, Una vendita di vite all'incanto, Torino
1976, p. 506.
Autobiografia, vv. 750-886 171

rare altri che lo dica [790] e a m utuare dalle Sacre


Scritture il mio modo di sentire 86.
Dal mom ento che mi trovo in disgrazia, voglio te­
nere un discorso nuovo: tu tti gli uomini sarebbero do­
vuti essere di tal indole, o esperta di delitti o versatile.
In m isura minore, infatti, gli uomini si dannegge­
rebbero l’un l’altro, se i loro costum i dissentissero o
convenissero reciprocam ente. Ma ora gli uomini onesti
sono preda dei malvagi.
Q uanta la confusione della nostra indole! Quanto
inegualm ente fummo messi da Dio a vivere insieme!
Quale uomo buono si accorgerà del malvagio intento a
tram are e a nascondersi [800] continuam ente nei suoi
innumerevoli raggiri? Infatti, chi si muove con facilità
verso la malvagità, osserva attentam ente ogni cosa e
riesce a scorgere le opportunità; chi, invece, propende
per la virtù, è per sua indole tardo e restio a sospetta­
re dei malvagi. Cosi, spesso la bontà è vittima. Consi­
dera adesso come ciò si com pia e quanto variamente.
Vedrai un altro Proteo 87 egizio. Si tra tta di un amico,
e tra i più leali 8®. Chi era come Massimo partecipe
[810] della m ia casa, della mia mensa, della mia d o ttri­
na, dei miei piani? Niente di strano. Era, infatti, come

86 Cf. P. G allay, La Bible dans l ’oeuvre de Grégoire le Théologien,


in Le m onde grec ancien et la Bible, P aris 1984, pp. 313-334. G regorio
voleva che ogni questione fosse e sam in ata in relazione a ll'a u to rità
della S acra S c rittu ra . Gli a rrin g a to ri sediziosi, invece, quelli che
adulavano il popolo, davano p recip u a im p o rtan za alla m a n iera um a­
n a di p en sare e di ragionare.
87 M assim o si diceva o rig in ario di A lessandria (cf. Or. XXV, 3:
PG 35, 1201). E ra P roteo un a an tica div in ità egizia, capace di assu ­
m ere tu tte le form e che desiderava; sim boleggia, in q u esto contesto,
la falsità; cf. P. G rim al, D ictionnaire de la m ytologie grecque et lati­
ne, p. 398, P aris 1969.
88 La so ttile iro n ia di G regorio è d a collegarsi, in term in i a n tite ti­
ci, con i vv. 225-226 e con Or. XLIII, 19: PG 36, 520-521: «uno il tetto ,
una la m ensa, uno l’intento...», laddove il N azianzeno si riferisce a
Basilio.
172 Gregorio Nazianzeno

un cane di grossa taglia che abbaiava, ovviamente, con­


tro i malevoli, nonché prem uroso lodatore dei miei di­
scorsi. Nel frattem po uno dei m inistri dell’altare con­
trae una m alattia, strascico di una precedente affezio­
ne. Si trattav a di im placabile gelosia 89, male innato.
Non facilmente, infatti, si piega la malvagità.
Essendo, per suo proprio tornaconto, arbitro p ar­
ziale tra di essi, e avvalendosi di due complici per il
suo crimine, assassini sia [820] il prim o che il secondo,
a stento alla fine fece nascere il figlio di un aspide 90.
Il prim o (dei due complici) era Beliar, un tempo
an g elo 91; il secondo, presbitero di questo popolo, b ar­
baro nell’animo più che nel corpo, il quale senza aver
subito offesa o danno alcuno, anzi occupando sem pre i
prim i gradini del potere e delle cattedre (ascolta, o Cri­
sto, occhio infallibile della giustizia! se è lecito, in que­
sto momento, invocare Cristo) p artorì improvvisamen­
te un odio dannoso e malvagio. Ahimè! Come piange­

89 N òsem a indica l ’invidia che G regorio dice e ssere p ro p ria di


c e rti p reti, perché l’h a p ro v ata a sue spese. La p rim a m a la ttia è la
su p erb ia, che allo n tan ò gli angeli dal cielo e i n o stri p ro g en ito ri dal
P aradiso. E sito di q u esta m a la ttia è l’invidia. In fatti, q uando quegli
sp iriti superb i cad d ero nel T a rta ro dal P arad iso , co m inciarono ad in­
v idiare subito la felicità degli uom ini. Cf. Sap. I l , 24: p er invidia del
diavolo la m o rte e n trò nel m ondo. Né solo fra gli angeli tra d ito ri, m a
anche fra gli uom ini l'invidia può essere ch iam ata esito della p rim a
m ala ttia. Infatti, Caino invidiando suo fratello Abele lo uccise ingiu­
stam ente. Cf. anche Or. XLIII, 20: PG 36, 521-524, ove tessen d o l’elo­
gio fu n eb re di B asilio, G regorio dice: «Eguali speranze ci guidavano
verso il sapere, che è p u r cosa più di tu tte e sp o sta all'invidia, m a in­
vidia non e ra tr a noi, solo l’em ulazione e ra forte». Cf. PG 37, 1085,
n o ta al v. 816.
90 Cf. Sai. 90, 13: «Sul leone e su ll’asp id e cam m inerai»; Le. 10,
19: «C am m inerai su serpenti e scorpioni»; Is. 59, 5: «R om pono uova
di serp en ti velenosi». Si tr a tta di u n ’associazione tra tem i biblici e
l'id ea delle liti ecclesiastiche o religiose.
91 B eliar, term in e che nella B ibbia e b raica indica l'o ccu lta m al­
vagità o p eran te nel m ondo, divenuto poi nom e del suprem o genio del
m ale. P resso i P ad ri rim ase in uso com e sinonim o di S atan a. Cf. 2
Cor. 6, 15.
Autobiografia, vv. 750-886 173

rò? Tenebre è il cielo lum inoso 92 [830] e la creatu ra


malefica venne a noi da lontano, come nube d ’Egitto.
Dapprim a vengono gli esploratori 93, m a non Giosuè né
Caleb, uomini sapienti che quel famoso personaggio
aveva m andato dall’eletta te rra di Israele, bensì u n ’in­
solente schiera di giovani e di vecchi: Ammone, Apam-
mone, Arpocrate, Stippa, Rodone, Anubi, Erm anubi,
dèi dell’Egitto, divinità simili [840] a scimmie e a cani,
naviganti m iseri, corrotti e venali che per un piccolo
guadagno con estrem a facilità avrebbero venduto mol­
ti dèi, se ce ne fossero stati di più. Dopo un po’ vengo­
no quelli che hanno inviato i predetti, strateghi degni
di tale falange, oppure, per usare un term ine più con­
veniente ai cani, i pastori 94.
Non aggiungerò altro (sebbene all’intem o io mi
senta agitato da una mole di parole, come un otre
chiuso che ribolle di mosto, ovvero anche come un
m antice di fabbro pieno di aria) per [850] rispetto ver­
so chi li ha inviati 95, quantunque sia stato egli poco
avveduto, e verso di essi che forse m eritano una qual­
che com prensione, in quanto rim asti ingannati per la
loro ignoranza, e che vanno dove li porterebbero i mal-

92 A ncora un ossim oro che efficacem ente significa l’ip o crisia di


M assim o. Il senso è il seguente: «Colui che com e p re sb ite ro doveva es­
sere lum inoso, secondo il d etto di M atteo (5, 14) — Voi siete la luce del
m ondo — e ra affatto tenebroso» (Billius, PG 37, 1086, n o ta al v. 831).
93 Si allude agli e sp lo rato ri che Mosè m andò u n a volta in Israele.
Qui si allude ai m a rin ai egiziani a rriv a ti con la flo tta che d a A lessan­
d ria p o rta a C ostantinopoli le im poste in n a tu ra p ag ate d alla pro v in ­
cia. G regorio, affatto ignaro delle tram e di Pietro, p a tria rc a di Ales­
san d ria, li accolse con benevolenza.
94 Q uesti m arin ai scortavano un gru p p o di vescovi c o n terran ei
inviati a p p u n to da P ietro p er eleggere e co n sa cra re fu rtiv am en te
M assim o vescovo di C ostantinopoli.
95 Si tr a tta di P ietro, p a tria rc a di A lessandria, che covava un vec­
chio astio co n tro gli o rien tali, rei di aver p erseg u ita to suo fratello
A tanasio. L 'im p o rtan za crescen te di C ostantinopoli lo induce a voler
piazzare colà, com e vescovo, u na delle sue creatu re , M assim o a p p u n ­
to.
174 Gregorio Nazianzeno

vagi che l’invidia ci ha qui partorito. Sapienti, chiarite


il problem a: ciò non mi è, infatti, ben chiaro, a meno
che un dotto non mi dica in qual m aniera Pietro in
persona, giudice di quei pastori, dapprim a mi abbia
posto sulla catted ra con lettere cosi evidentem ente non
ambigue, sicché le lettere di per sé [860] mi persuade­
ranno, e le abbia accreditate con i simboli della desi­
gnazione stabilita 96, ora invece è arrivato a noi un cer­
biatto al posto di una vergine 97: queste cose non sono
chiare, ma esigono un interprete. Che cosa fu visto mai
più degno della scena teatrale, sebbene m olti nella loro
vita vi abbiano recitato indegnam ente? Si vedrà altra
cosa più degna di essere rappresentata sulla scena? Un
convitato disse che il vino soleva vincere tutti; un al­
tro, diceva altrettanto della propria moglie; un terzo,
della verità. Io avrei detto l'oro, come la potenza m as­
sima: con [870] esso si può facilm ente cam biare tutto.
Niente di strano, perciò, se le cose di questo mon­
do hanno per noi più im portanza di quelle dello Spiri­
to. Ma da dove proviene l’oro per il cane? Si indaghi.
E ra giunto qui da Taso un presbitero 98 con l’oro della
Chiesa di li, per com prare m arm i di P roconneso99.

96 La le tte ra che P ietro aveva m an d ato a G regorio insiem e con le


insegne d ell’episcopato non h a lasciato traccia, né si h a n otizia di
u n a p ro b ab ile risp o sta di G regorio.
97 A gam ennone in Aulide aveva sacrificato un cervo al posto di
su a figlia Ifigenia, v ittim a desig n ata p e r p ro p iziare la p a rten z a delle
navi greche co n tro Troia.
98 È p ro b ab ile che M assim o ab b ia conosciuto questo p rete aven­
dolo com e com pagno di viaggio nel corso della tra v e rsa ta da Ales­
sa n d ria a C ostantinopoli (cf. J. B ern ard i, La prédication..., cit., p.
172, n ota n. 175).
99 Non c ’è dubbio che il ten tativ o n o ttu rn o di M assim o è favorito
d alla com plicità di u n a p a rte del clero di G regorio, o ltre che d all'o ro
d eten u to dal p re d e tto p re te di Taso venuto a c o m p rare a C ostantino­
poli m arm o di Proconneso. I m arm i di Proconneso, isola delle Spora-
di, e ran o di colore ch iaro e ab b astan za preg iati. La som m a di denaro
perm ise a M assim o di asso ld are un g ru p p o di m a rin ai egiziani che
facevano scalo nel p o rto di C ostantinopoli.
Autobiografia, vv. 750-886; 887-1000 175

Con lusinghe lo fece suo socio, accattivandosi con mol­


te speranze l’infelice (i malvagi, infatti, ben presto si
uniscono ai malvagi), [880] e si impossessò dell'oro che
serve a conseguire ogni cosa: leale coadiutore e since­
ro compagno di affari! Ecco la prova. E, infatti, coloro
che prim a mi stimavano, o ra mi disprezzano come am i­
ci disprezzano come inutile l’amico che non dispone di
denaro, e facilm ente volgono al peggio, [886] come piat­
to della bilancia.

La notte dell’empietà: una macabra cerimonia.


Ingenuità colpevole di Gregorio.
La cacciata di Massimo (vv. 887-1000)

Era notte e io ero am m alato 10°; quelli allora, come lu­


pi introdottisi all’improvviso, furtivam ente, nell’ovile,
con m olti m arinai assoldati da quella flotta 101, con i
quali si può dare alle fiamme, con estrem a facilità,
[890] A lessandria (e infatti irrom pono senza esitazione
con uno stuolo di marinai), cercano alacrem ente di to­
sare il cane assiso in catted ra l02, prim a di svelare le
loro intenzioni al popolo, ai capi della Chiesa, a me
stesso, come a un cane almeno.
Vanno dicendo infatti che cosi è stato loro ordina­
to. Cosi A lessandria onora quelle sante fatiche! Cosi
qualche giudice di vostra fiducia potrebbe giudicare!

100 A C ostantinopoli G regorio cade spesso am m alato: lo e ra il


giorno in cui ebbe a p ro n u n zia re il p anegirico in lode di M assim o
(Or. XXV: PG 35, 1197-1225); lo e ra n ella fam osa n o tte nella quale fu
c o n su m ata l ’abom inevole e p ro d ito ria consacrazione di M assim o il
Cinico; sa rà am m alato anche quando p ro n u n c erà l ’Or. XXIII: PG 35,
1152-1168; anche d u ra n te il Concilio del 381 G regorio sa rà g ravem en­
te am m alato, si da redigere il suo testam en to (cf. J. B ern ard i, La pré-
dication..., cit., p. 174).
101 Vedi n ota n. 93.
102 Cf. Introduzione, p. 130, 132.
176 Gregorio Nazianzeno

Cominciava ad albeggiare. Il clero (abitava, infatti, nel­


le vicinanze) s'accese d’ira e in un baleno ci si racconta
l’un l’altro il fatto. Scoppia poi un incendio di vaste
proporzioni: quanti m agistrati, quanti stranieri, e
quanti bastardi confluiscono colà! Non c ’era alcuno
che per quei crim ini non delirasse, vedendo che ciò era
, il prem io delle fatiche. Ma perché mi dilungo? Si allon­
tanano subito da me in preda all’ira, dolenti di non
p o rtare a com pimento il loro piano. Ma, per non essere
vanam ente malvagi, com pletano il finale della rap p re­
sentazione.
Fatti entrare, infatti, nella sordida casa di un flau­
tista del coro i cittadini ragguardevoli e cari a Dio, e
tenendo come spettatori [910] alcuni della peggiore fac­
cia, ordinano pastore il più immondo dei cani, dopo
averlo rasato l03, m a senza legarlo e senza violenza: il
cane, infatti, era pronto anche per cose più im portanti.
Venne poi il taglio dei riccioli ben curati, p er fini­
re senza sforzo il lungo lavoro delle mani, dandogli
questa sola ricom pensa, che cioè svelasse il m istero
dei capelli — in questi capelli risiedeva tu tta la forza!
— come si racconta dell’antico giudice Sansone [920]
che fu tradito dal taglio dei capelli (recisione di capelli
inopportuna e rovinata dai venti 104), capelli che una
donna aveva tagliato per far cosa gradita ai nemici.
Nominato pastore da cane che era, poi nuovam en­
te da pastore appare cane: che misfatto! Cane solitario,
che non vanta più la bellezza della sua chiom a e che
non guida più il gregge, m a che nuovam ente corre agli

103 In quel tem po veniva g en eralm en te o sserv a ta la consu etu d in e


che vietava agli ecclesiastici di p o rta re lunghi i capelli.
104 Cf. Giud. 16, 19-20. La fo rza di Sansone non risiedeva nei ca­
pelli, com e uno sprovveduto le tto re p o treb b e d e d u rre da u n a le ttu ra
su p erficiale del testo sacro, m a n ella sua consacrazione a Dio, in
conseguenza della quale i capelli eran o lasciati crescere. Al taglio dei
capelli, erano connesse l ’a b iu ra e la sconsacrazione, o rm ai da q u a l­
che tem po previste da S ansone stesso.
Autobiografia, vv. 887-1000 177

ossi dei macelli. Che farai o ra della bella chioma? Tor­


nerai a cu rarla am orevolm ente? Oppure continuerai a
farti deridere? L’una e l’altra [930] cosa sono vergogno­
se, e non è possibile trovare una via di mezzo tra le
due, eccetto che im piccarsi. Dove conserverai i capelli?
Dove li m anderai? Sui palcoscenici dei teatri — dimmi
— o a vergini fanciulle? E a quale di queste, invero?
Forse alle tue ragazze di Corinto? Con queste, tu, un
tempo, ti dedicavi ai sacri m isteri, standotene a discu­
tere affatto piam ente da solo con quelle sole 105: per
questo motivo io preferirò chiam arti cane del cielo.
La città, dunque, si addolorò subito a tal punto
delle [940] disgrazie che erano allora accadute, che tu t­
ti fremevano d ’ira.
Ognuno lanciava accuse spudorate sulla vita di
quello, giacché l’ira faceva dire ciò che la m ente aveva
pensato. Chi adduceva una ragione, chi un’altra da
ogni parte per rappresentare la sinfonia (delle accuse)
di un solo perfetto delitto.
Come nei corpi, infatti, le leggere indisposizioni
sono in relazione con gravi m alattie — quantunque in
precedenza non m anifestassero sintomi, finché il corpo
era forte — cosi l’ultim a rivolta mise alla luce [950]
tu tte le precedenti m alefatte di quello.
Ma non mi capiti mai di parlarne! Le conoscono
quelli che le raccontano. Io mi mordo le labbra, per
quanto ingiustam ente offeso. E allora? Tu, ieri, non lo
annoveravi tra gli amici e non lo stimavi degno dei più
grandi encomi? 106.

105 II tono ironico lascia in ten d ere che i convegni con tali fan ciu l­
le eran o pii so ltan to in apparen za.
106 Q uando G regorio tesse, in pubblico, l’elogio di M assim o, que­
sti e ra in p arten za p er A lessandria, il cui vescovo, Pietro, e ra rico n o ­
sciuto d a ll’ed itto di T eodosio (27 febb. 380) com e sim bolo d ella o rto ­
dossia. «E ra a llo ra no rm ale che il capo della co m u n ità o rto d o ssa di
C ostantinopoli si m ettesse in co n ta tto con l’a rb itro cosi designato.
N ella sua q u a lità di alessan d rin o , M assim o sem b rav a com e un inter-
178 Gregorio Nazianzeno

Potrebbe forse rispondere qualcuno di quelli che


sanno ciò e che mi accusano di essere stato allora su­
perficiale, perché onoravo anche i peggiori cani. Fui
colpevole di ignoranza, che è degna di odio. Rimasi in­
gannato come Adamo da un gusto cattivo. E ra bello a
[960] vedersi quell’albero amaro! 107. Mi trasse in in­
ganno la form a di una fede che si m anifestava fin nel
volto e nelle parole. Niente, infatti, è più suadente di
un uomo fedele che si muove facilm ente a pietà, sia es­
sa vera o apparente. O nobile colpa! Infatti, ciascuno
vuole ciò che crede di volere. Che cosa avrei dovuto fa­
re? Ditemelo voi, o sapientissim i uomini! Che altro cia­
scuno di voi crede che avrebbe potuto fare, essendo co­
si piccola la Chiesa in quel tempo che io [970] racco­
glievo anche della paglia? Non dà, infatti, tan ta ric­
chezza l’esiguità del tempo quanta ne dà un grande in­
tervallo di tempo. E ra im portantissim o per me, anche
perché il cane consumava la mia dim ora e venerava
Cristo al posto di Eracle 108.
A questo punto accadde qualcosa di più grave.
Il suo esilio — im putabile ai più vergognosi motivi
— lo fece valere come atto di fede, come cioè se stesse
soffrendo per am or di Dio 109.

m ed iario qualificato p er p o rta re a com pim ento tale m issione». M as­


sim o p erò si rivela ben p resto un tra d ito re perch é non difende la
ca u sa di G regorio p resso Pietro, m a, con la co m plicità di q u e st’u lti­
mo, com e si è detto, m ira a p re n d e re il posto di G regorio in C ostanti­
nopoli alla guida degli o rto do ssi. Cf. J. B ern ard i, La prédication...,
cit., p. 170.
107 L’efficacia dell’ossim oro è accen tu ata, nel te sto greco, d a ll’erc-
ja m b em ent. La bellezza espressiv a d ell’im m agine è co m p letata dal
p arallelism o sinonim o in fo rm a positiva (G regorio e Adamo ing an n a­
ti), cui segue il p arallelism o an tite tic o (Adamo - legno = Cristo): p e r
la m etafo ra del legno (= albero), cf. Or. II, 25 (La fuga), n o ta n. 70.
108 Cf. Luciano, Una vendita di vite all'incanto, T orino 1976, p. 507:
C om pratore: Di chi sei seguace? — Diogene: Di Eracle... Come E racle
io com batto, co m b atto i piaceri...
109 M assim o e ra riu scito a fa r c red ere a G regorio che la sua fe­
deltà al sim bolo di N icea gli aveva p ro c u ra to — q u an d o violenta e ra
Autobiografia, vv. 887-1000 179

E ra degno della flagellazione, ma ne usci vincitore


nei miei confronti. Se ciò è male, so di aver commesso
spesso colpe di tal genere. Vogliate perdonare, o giudi­
ci, il mio bello 110 [980] sbaglio! E ra molto perfido, ma
io lo valutavo come fosse un uomo onesto U1. (Se non
volete perdonarm i) dirò qualcosa di più impudente. Ec­
co, m etto fuori la m ia lingua ciarliera e inopportuna.
Chi vuole, me la tagli senza pietà. Ma, perché non mi è
stata tagliata? Considera questo: essa che sta in silen­
zio già da tempo, anche maggiormente lo sarà, forse
pagando il fio della sua inopportunità, cioè di parlare
tardi, affinché im pari [990] a non essere condiscenden­
te con tutti.
Qual è quella cosa, dunque? Basti aggiungere questo
soltanto: la m alvagità è una cosa veram ente irrazionale.
Quell’uomo, infatti, che la bontà non riuscì a ren­
dere docile, quale altra cosa potrebbe farlo? In verità,
in verità l’onore è disdoro. Che dirai della condotta
m orale di costui? Un gran male. Se questo è vero, non
fare ulteriori ricerche. Ma se non è vero, non prestare
fede alle cose passate. Che cosa potrebbe essere più
inespugnabile di ciò? Così quel malvagio fu malam ente
allontanato di lì, ma per dirla più veracemente, [1000],
bene come un perfido 112.

sco p p iata la reazione a ria n a ad A lessandria dopo la m o rte di A tana­


sio (373) — la flagellazione e l’esilio. Aggiungeva anche che i suoi
stessi fam iliari e ran o sta ti coinvolti in tale reazione a ria n a e a lungo
p e rseg u ita ti (cf. Or. XXV, 3).
110 L 'ironia è so tto lin eata d a ll’ossim oro.
111 G regorio rico rd a di averlo già lodato: cf. Or. XXV (In laudem
H eronis [= M aximi] philosophi).
1,2 Nei vv. 999-1001 si può cogliere un saggio di v irtuosism o
tecnico-stilistico che G regorio finalizza — com e è suo costum e — al­
la realizzazione di un a o rganica com positio verborum·, si susseguono:
a) p arallelism o sinonim o in fo rm a positiva; b) p arallelism o an titetico
in ossim oro; c) om oteleuto; d) allitterazio n e; e) poliptoto; viene fuori
l'im m agine altam en te d escrittiv a ed esp ressiv a di M assim o che sog­
giace alla potenza della p ro p ria m alvagità. Cf. Mt. 21, 41: Malos m ale
perdet.
180 Gregorio Nazianzeno

Ultimi vani assalti di Massimo. Proposito di Gregorio


di lasciare Costantinopoli (vv. 1001-1112)

Ma considera adesso con me che cosa abbia m ac­


chinato quel fam igerato cane, quando l’im peratore
d ’Oriente 113, intenzionato a p o rtar guerra alle barbare
genti, teneva occupata Tessalonica come base delle
operazioni m ilitari.
Avendo assoldato queirim m ondo manipolo di Egizi
(mi riferisco a quelli che lo avevano vergognosamente
rapato), si precipita all’accam pam ento dell’im peratore
con l’intenzione di assicurarsi la catted ra con un re­
scritto imperiale.
Ma, cacciato anche di li come un cane ancora una
volta, con grande [1010] sdegno e con gravi minacce da
p arte dell’im peratore (nessuno era ancora pregiudizie­
volmente mal disposto nei miei confronti, anzi mi si
prestava credito ancora), torna a portare rovina ad
Alessandria, facendo ciò con destrezza e con consape­
volezza.
Con una tu rb a di m ercenari stranieri, infatti, assa­
le Pietro — che aveva allora uno stilo a due punte 114,

113 M assim o, accom pagnato da vescovi che lo h anno co n sacrato ,


cerca di o tten ere avallo alla su a elezione raggiungendo l’im p erato re
a T essalonica, dove Teodosio e ra tra tte n u to d alle operazioni m ilitari
co n tro i Goti. R espinto sdegnosam ente da T eodosio che è sta to in fo r­
m ato d ell’intrigo, M assim o si rifu g ia dal p a tria rc a di A lessandria,
p reten d en d o che questi si pronunci a suo favore. L’in terv en to del
p re fe tto im periale che espelle M assim o d a A lessandria p er evitare
tu m u lti popolari, lib era P ietro d a ll’im barazzo nel quale si d ib atte
p er aver favorito la m issione, o rm ai fallita, di M assim o a C ostantino­
poli. M assim o esp eri l’ultim o ten tativ o p re sso il Concilio di Aquileia
(3/9/381), o ttenendo da s a n t’Am brogio, in genuam ente irre tito , le tte re
di raccom andazione presso Teodosio. T u tto ciò risu ltò com unque
in utile, ché il Concilio di C ostantinopoli aveva già co n ferm ato G rego­
rio vescovo e p a tria rc a della Chiesa d'O riente.
114 Con q u esta m etafo ra G regorio sotto lin ea l’am b ig u ità del p a­
tria rc a di A lessandria, fau to re, com e si è detto, d ell’im p resa di M as­
simo.
Autobiografia, vv. 1001-1112 181

per scrivere facilm ente tu tte le cose al contrario —,


m ette alle strette il vecchio chiedendo o quella catte­
dra che aveva sperato, oppure m inacciando che non
avrebbe lasciato quella attuale, finché, poiché il [1020]
prefetto temeva — come era giusto — la fiamma acce­
sa, cioè che si aggiungesse ancora un danno alle prece­
denti sventure, viene cacciato via dalla città.
Ed ora mi sem bra che la situazione sia calma, ma
temo che la nube m inacciosa e carica di grandine,
spinta dalla furia del vento, faccia cadere la grandine
su quanti non se l’aspettano.
La m alvagità, infatti, non riposa mai. Non sarà per
niente ragionevole, anche se ora è sotto controllo.
Cosi filosofano i cani d ’oggidi, cani latran ti e in que­
sto solo [1030] cani. Che ha di simile Diogene? 115 o Anti-
stene? Che cosa, per quanto vi riguarda, Cratete? 116
(Massimo) sputa sui peripatetici di Platone; disprezza la

115 Diogene di Sinope: filosofo greco del IV secolo a.C., fu allievo


di A ntistene, del quale avrebbe ela b o rato le d o ttrin e in q u a ttro pun-'
ti: 1) estensione dello sta to di n a tu ra ai ra p p o rti tra i due sessi; 2)
pro clam azione della civitas m undi; 3) in terp re tazio n e ascetica del ci­
nism o; 4) professione d ell’«im pudenza». Il to tale disprezzo che o ste n ­
tò co n tro ogni u m an a esigenza e convenienza, gli valse da p a rte degli
Ateniesi il nom e di «cane», da cui cinism o. Il tra tto più certo della fi­
g u ra di Diogene è la sua volontà di m u ta re la n o rm a sociale vigente
e di so vvertire i valori che le stavano alla base, con l’afferm azione
dell’«indifferenza» risp e tto a q u alsiasi re a ltà e sterio re, e il conse­
guente affran cam en to dello sp irito dalle n ecessità d ell’agire. La tr a ­
dizione lo ra p p re se n ta b arb ato , curvo, nudo, appoggiato al bastone,
con un cane accanto; avrebbe ab ita to in una b o tte rin u n cian d o p e rsi­
no alla ciotola, dal m om ento che q u e sta poteva essere so stitu ita dal
cavo delle m ani (cf. Diz. Enc. ha i. IV, 70).
116 C ratete di Tebe: seguace di Diogene di Sinope; sb arazzato si
delle sue sostanze, sposò Ipparch ia, so rella del suo seguace M etrocle
di M aronea. N ella sua d o ttrin a il cinism o si m an ifestò nel suo a sp e t­
to più rigoroso e negativo (Diz. Enc. Ital. Ili, 617). Cf. Carm. I, 2, 10
vv. 228-229: PG 37, 696: «Sim ilm ente C ratete, ponendosi al di so p ra
della ricchezza, lasciò il suo cam po ab b an d o n ato alle pecore» e ibid.,
v. 234: «C ratete d à la lib ertà a C ratete di Tebe».
182 Gregorio Nazianzeno

Stoà U7. O Socrate, finora tu riporti il prim ato. Ma io di­


rò qualcosa di più veritiero del responso della Pizia:
Massimo è il più sapiente di tu tti gli uomini.
Fin dal principio io era soggetto alla sventura —
se ce n ’è qualcuno fra i m ortali — e lo sono ora mag­
giorm ente, per le fatiche sulla terraferm a, per i perico­
li in m are dai quali sono [1040] stato salvato: serbo
gratitudine per i pericoli. Questi, infatti, mi hanno con­
segnato alle cose celesti lie, avendo io proteso il capo
al di là delle cose vane. Tuttavia, poiché non sopporto
il disonore che allora mi fu inferto, accortom i che quel
fam igerato era stato rapato, afferro volentieri l'occa­
sione, circondato da tu tti i miei amici, i quali mi tene­
vano sotto discreta custodia, controllando i miei movi­
menti, le uscite e le entrate 119. I miei avversari 12°, ve­
dendo questa lotta, [1050] credevano che questo scisma
sarebbe stato la rovina della dottrina. Io, allora, veden­
do e non potendo sopportare questo, mi rassegno (non
10 potrò negare) a qualcosa che si addice piuttosto a
un uomo semplice che a uno saggio.
Infatti, volgo la poppa 12’, come si suol dire, subito
indietro, goffamente peraltro. Nessuno, infatti, se ne sa­

117 Stoà: allusione alla fam osa scuola filosofica di Zenone di Cizi-
co e dei suoi successori che usavano ra d u n a rsi n ella S to à Pecile. E s­
sa ebbe grande im p o rtan za nel m ondo an tico e l’etic a d a e ssa elabo­
rata, esaltando la lib ertà e la d ig n ità d ell’individuo, p o rtò alla cre a ­
zione di un tipo ideale di stoico, insensibile al m ale fisico, capace di
an d a re incontro a volo n taria m orte, quando essa si p re se n tasse com e
11 mezzo unico p er sfuggire alle offese p rovenienti dal m ondo e ste r­
no. Cf. Diz. Enc. Ital. XI, 716, 719.
1,9 Cf. v. 199.
119 Si evince che i fedeli deU 'A nastasi c o n tro llan o stre tta m e n te
G regorio p er im pedirgli di p o rre in a tto l’intenzione di lasciare Co­
stan tin opoli e di ab b an d o n are la guida d ella co m u n ità o rto d o ssa lo­
cale. Gli è che G regorio, co n stata ta , a sue spese, la p ro p ria ingenui­
tà, tem e di c a u sare u lterio re no cum ento ai suoi c a ri fedeli.
120 Gli ariani.
121 G regorio recede dal suo p ro posito, q u an d o com p ren d e che gli
arian i, ap p ro fittan d o della sua fuga, a v reb b ero p o tu to avere il so-
Autobiografia, vv. 1001-1112 183

rebbe accorto. Dalla motivazione del mio rientro venne


fuori un discorso che pronunziai appellandom i a senti­
menti di paterna memoria: «Custodite integra la Triade
che vi affidai io, padre gratificato da am abili [1060] figli,
e ricordatevi delle mie fatiche, o carissimi».
Non appena il popolo ebbe udite queste parole,
m entre uno di quelli più focosi comincia a gridare, su­
bito insorge — come per la violenza del fumo uno scia­
me di api — e si infuria gridando. Uomini, donne, fan­
ciulli, giovani, ragazzi, anziani, nobili, ignobili, magi­
strati e alcuni soldati in congedo, tu tti frem enti ugual­
mente d ’ira e d ’amore: d 'ira contro gli avversari e
[1070] d ’am ore verso il pastore.
Non è mio costum e flettere il ginocchio dinanzi al­
la violenza, nè occupare illecitam ente una cattedra, dal
momento che neppure mi sono lasciato costringere a
ricoprirne una legittim a 122. Si volgono allora verso
quest’altra strad a per soddisfare il loro desiderio. Mi
scongiurano e mi pregano a lungo, dicono che è giusto
che io mi ferm i almeno e che li aiuti, e che non conse­
gni il gregge ai lupi. Come avrei potuto tratten ere le la­
crim e? O Anastasi 123, il più venerato dei templi, tu che
riportasti [1080] in alto la fede che giaceva per terra; o

pravvento sui cattolici della capitale. S ulla sco rta dell O r. XXVI, 2-3:
PG 35, 1229-1230, si può ipotizzare che m otivo non secondario del
rien tro di G regorio in C ostantinopoli sia sta to il tim o re di un even­
tu ale rito rn o di M assim o nella città.
122 È bene te n e r p resen te che G regorio, c o n sacrato p u r nolente
vescovo di S àsim a da B asilio, volle non e se rc ita re m ai colà le funzio­
ni episcopali. Inoltre, non fu m ai vescovo tito la re di N azianzo, m a
so ltan to co ad iu to re di suo padre.
123 Appena giunto a C ostantinopoli, G regorio fu ospite della cugi­
na Teodosia, nella casa della quale a p ri la piccola cap p ella cui d ette
il nom e au g u rale di A nastasi, alludendo alla risu rre z io n e del C risto,
poiché ivi, p er la p rim a volta dopo q u a ra n ta anni di in c o n tra sta ta
dom inazione arian a, e ra to rn a ta a farsi sen tire, con G regorio, la co­
raggiosa voce della risu sc ita ta fede nicena. Cf. Or. XXVI, 17: PG 35,
1249-1252; Carm. ll, 1, 16: PG 37, 1254 s.
184 Gregorio Nazianzeno

arca di Noè 124, tu che unica sfuggisti al diluvio del


mondo e che portasti un secondo mondo ortodosso nei
semi; num eroso e da ogni parte confluisce presso di te
il popolo, che versa nel più grande pericolo: avrei do­
vuto vincere io, oppure il desiderio? 12S. Muto e pieno
di tenebre, io ero nell’incertezza, incapace di calm are
le urla e di esaudire qualcuna delle richieste fattem i.
L’una non e ra possibile, all’altra era inerente la paura.
La calura era opprim ente, i corpi [1090] madidi di su­
dore. Le donne per la p au ra perdevano la voce e so­
p rattu tto quelle di loro che erano m adri. Lamenti di
fanciulli. Il giorno era finito. Ciascuno giurava che non
avrebbe ceduto alle fatiche — anche se fosse stato ne­
cessario essere seppellito nel tempio degnam ente —
prim a di aver estorto qualche parola desiderata, quelle
parole che si è costretti a dire, strem ati dalla fatica.
Ahimè, che si sente? Perché non mi si otturano subito,
allora, le orecchie? «Tu porterai via con te la Triade!»,
disse [1100] qualcuno. Finché, temendo che sorgesse
qualche pericolo, neppure a quelle condizioni giurai
(me ne sto, infatti, libero da giuram ento, affinché
anch'io possa vantarm i in Dio dal quale sono stato pu­
rificato per grazia dello Spirito), m a detti parola, aval­
lata dalla m ia condotta, che sarei rim asto finché non
fossero apparsi alcuni vescovi (poiché erano attesi),
sperando che allora appunto mi sarei liberato dalle al­
tru i ristrettezze 126.

124 Si noti il p arallelism o sin tetico tra l’A nastasi e l’Arca: cf. Gen.
6, 14-21; 8, 13-19; Sap. 14, 6; Mt. 24, 37-39; 1 Pt. 3, 20; 2 Pt. 3, 5-6.
125 «Avrei dovuto cedere o no al d esid erio del popolo che recla­
m ava la m ia perm an enza in C ostantinopoli?». Q uesto il dilem m a che
a tta n ag lia G regorio.
126 È l’epoca nella quale G regorio p ro n u cia il 5° disco rso teologi­
co. G regorio è vescovo di C ostantinopoli so ltan to dal m aggio 381, p e r
esp ressa volontà dei vescovi conciliari; m a egli, fin dal 27 settem b re
380, è posto su lla c a tte d ra vescovile d a ll’im p e ra to re T eodosio (cf. So­
crate, Hist. Eccl. V, 7); il susseg u en te a rriv o di vescovi rita rd a ta ri
Autobiografia, vv. 1001-1112; 1113-1200 185

Cosi a stento componemmo la nostra lite, uscendo


entram bi vincitori con l'om bra della speranza: quelli,
infatti, esultavano come [1110] se mi possedessero, io
credendo di restare non molto ancora.

La rivincita del dogma trinitario sulle eresie (vv. 1113-1200)

Cosi stavano le cose. La parola di Dio rifulgeva di


nuovo, essendo stata la p arte lesa ristabilita in tu tta
fretta — come rotto un campo o la falange — dalla
prontezza del com andante e dalla m oltitudine delle
mani degli operai. Coloro che erano rim asti fedeli ai
dogmi, e che avevano questo solo motivo per sedere
con me, vedendo quali sofferenze pativo, mi amavano
maggiormente.
Li guidava, infatti, la predetta Trinità, che da lun­
go tempo non [1120] veniva predicata (oso dire che era
rim asta a lungo sepolta), dottrina che appartiene a noi
e agli stranieri.
Un tempo era presente, poi andò via e quindi tornò
nuovam ente, conferm ando la risurrezione dalle tombe.
Costoro, probabilm ente, avevano stim a dei miei discor­
si. Taluni accorrevano presso di me, come da un forte
atleta, altri si mettevano volentieri all’im presa [1130]
come fosse loro personale 127.
Quanto a voi, im parate queste cose da quelli che le
conoscono bene. Voialtri, invece, narratele a quelli che

d a ll’E gitto e dalla M acedonia, e in p a rtic o la re l’arriv o di Acolio di


T essalonica, istigato da pap a D am aso, rim isero in d iscussione la va­
lidità della nom ina.
127 Per asco ltare G regorio venivano d a lontane co n trad e asco lta­
tori sitibondi di d o ttrin a; d alla S iria arriv ò G irolam o (De viris illu ­
stribus, 117: «... G regorio, m io m aestro , grazie alle spiegazioni del
q uale io ho im p arato le S critture»). Cf. P. G allay, Le m o n d grec an­
cien et la Bible, cit., pp. 315-316.
186 Gregorio Nazianzeno

non le sanno (se ci sono alcuni tanto lontani da voi o


dalla potenza che ora governa l'Italia), affinché queste
cose siano note anche ai posteri, come un qualche al­
tro nuovo male della vita che la vana serie dei giorni
trascina seco, mischiando col bene parecchio male.
Non parlo ancora del popolo dalla re tta fede, generosa
prole del mio travaglio. Di quelli è lecito parlare —
non essendo apparso avvicinarsi a me, quando giunsi,
nessuno degli ortodossi — come degli assetati dinanzi
al [1140] miraggio dell’acqua, per p rocurarsi un discor­
so a sostegno della fame, ovvero come di quelli avvolti
da dense tenebre dinanzi ad una fioca luce. Che cosa si
potrebbe dire di quelli che sono lontani dalla fede, es­
sendo io memore di come gioivano ad udire le mie pa­
role? Sono straordinariam ente num erose le deviazioni
dalla vera e ordinata via, tu tte afferenti al b aratro del­
la perdizione, nelle quali il co rru tto re divise l’immagi­
ne di Dio, per poterne cogliere una [1150] qualche oc­
casione d'entrata, separando gli animi, non le lingue,
come anticam ente, invece, fece Dio. Di là provengono
le m alattie dei dogmi. Quelli che non sanno niente di
sacro, se non u n ’unica nozione, dalla quale tu tto que­
sto deriva ed è determ inato; quelli che introducono
una m oltitudine di dèi, al posto di uno solo, e si ingi­
nocchiano dinanzi a statue che essi stessi hanno pla­
smato; quelli che negano la provvidenza per le cose
terrene, affidando tu tto alle congiunzioni astrali; e
inoltre quanti, pur essendo popolo eletto di Dio, croci­
fissero il Figlio in onore del Padre; e [1160] quanti sono
pii per (la semplice osservanza di) piccoli precetti; e
quelli che negano angeli e spiriti, la risurrezione e le
S critture dei profeti; e quelli che venerano Cristo nelle
om bre della Legge; e quelli che onorano come eterne le
nature di Bito e di Sige, e gli Eoni femino-maschi, che
sono figli di Simon mago, e i loro seguaci, che ascrivo­
no divinità alle lettere dell’alfabeto; quelli che ascrivo­
no il Vecchio e il Nuovo Testam ento a due dèi, cioè al
Autobiografia, vv. 1113-1200 187

severo e al buono (rispettivamente); quelli che stabili­


scono tre [1170] nature immobili, quella dello Spirito,
quella della T erra e quella di mezzo a queste due; quel­
li che venerano il potere delle tenebre di Mani; quelli
che vergognosamente onorano lo spirito di Montano 128
o il vano orgoglio di Novaziano 129; quelli che congiun­
gono l’incorruttibile Trinità e quelli che separano l’in­
divisibile n atu ra di Dio; nuovam ente da costoro, come
molte teste di em pietà sorte da una stessa idra, pro­
vengono: chi stabili il solo Spirito [1180] per la creazio­
ne, e chi allo Spirito aggiunse il Figlio; quelli che intro­
ducono Dio coetaneo di Cesare; quelli che stupidam en­
te immaginano la carne apparente; quelli che chiam a­
no secondo il Figlio nato sulla terra; quelli che non
giudicano il salvato, perfetto, m a senza senno.
Queste sono, per dirla in breve, su per giù, le se­
zioni della retta fede, m adri di assurdità.
Quale di queste fu mai cosi irriducibile che non
piegò l'orecchio ai [1190] miei discorsi? Alcuni, infatti,
li catturava la forza dei dogmi, altri li calmava il mio
modo di parlare. Non parlavo con odio né più offensi­
vamente che con zelo, dolente m a senza addolorare, né
lasciandomi portare in alto da una circostanza favore­
vole e incerta, come alcuni fanno 13°.

128 Nel IV secolo il rigorism o m o rale dei m o n tan isti è an co ra


m olto fo rte in Frigia, G alazia, C appadocia, Cilicia, com e p u re a Co­
stantinopoli.
129 P resb itero rom ano del III secolo, fo n d ato re d ell’om onim a
chiesa scism atica. I novaziani si designarono com e i «puri» in oppo­
sizione ai m em b ri della C hiesa C attolica m acch iata d alla com unione
con i peccatori. T u ttav ia l’attaccam en to sincero dei novaziani alla
om ousìa p ro cu rò loro il favore di C ostantino e del Concilio di Nicea.
Ma gli im p erato ri O norio e T eodosio co m p resero i novaziani nella le­
gislazione eretica.
130 N ella b uona e nella cattiv a so rte G regorio re s ta co eren te p ro ­
p u g n ato re della d o ttrin a nicena; non c o rre tto è, invece, l’ag ire di
m olti vescovi — so p ra ttu tto a ria n i — che con o p p o rtu n ism o si con­
vertono o si riconvertono alla d o ttrin a che l’im p e ra to re del m om ento
p ro fessa e tu te la o, a d d irittu ra , im pone.
188 Gregorio Nazianzeno

C’è qualcosa in com une tra la preghiera e il co­


mando?
E neppure consideravo la tracotanza schermo
dell’ignoranza. È infatti fortem ente artificioso e simile
a una seppia vom itare [1200] dal profondo il nero, per
so ttrarsi alle prove con il ricorso alle tenebre.

L ’oratoria pacata e suadente di Gregorio (vv. 1201-1276)

Ma mi rivolgo loro pacatam ente e convenientemen­


te, come un difensore degno del Verbo m isericordioso
e m ansueto, e che non colpisce nessuno. Perciò la
sconfitta ha una sua logica, m a la vittoria è ancora più
onorevole, quando qualcuno è acquisito a Dio dalla
forza della persuasione.
Queste cose erano chiaram ente scritte sulle mie ta­
volette.
Anche quest’altra legge del mio insegnam ento sta
scritta chiaram ente e bene: non conoscere una sola
strad a della salvezza, cioè la [1210] logorrea facile e
maldicente; né ridere nei teatri, nelle piazze, simposii,
infiacchiti dalle canzoncine, prim a di aver purificato la
lingua dalle parole turpi; né gettare spudoratam ente in
orecchie profane e aliene dal Cristo discorsi mistici,
scherzando su argom enti dei quali perfino la ricerca è
laboriosa.
Ma essere pii il più possibile nell’osservanza dei
precetti, cioè nutrendo i poveri, accogliendo i forestie­
ri, curando le m alattie, perseverando nelle preghiere,
nei lamenti, nelle lacrime, [1220] nel dorm ire per terra,
nella frugalità del ventre, nella continenza dei sensi,
nella moderazione delle labbra, domando la carne con
la forza dello spirito. Molte, infatti, sono le vie della
salvezza, tu tte afferenti alla com unione con Dio; biso­
gna che tu percorra queste e non soltanto quella conte­
nuta nel discorso.
Autobiografia, vv. 1201-1276 189

Il discorso, infatti, può bastare per la fede p u ra


(dei semplici), con la quale Dio subito salva la maggior
parte degli uomini. Ma, se sui sapienti soltanto scen­
desse la fede, niente — secondo [1230] me — sarebbe
più miserevole di Dio. Se tu sei voglioso di parlare e
acceso di zelo, e temi che il tuo discorso non sia scor­
revole, (è um ano e anche o ra te lo riconosco), parla pu­
re allora, m a con riservatezza, né sempre, ma a quelli
ai quali è lecito, e quanto e dove e quando è lecito. C’è
un tempo opportuno — come tu senti dire — p er ogni
azione. Ma la m oderazione è la cosa migliore, come di­
ce uno dei sapienti. I territo ri dei Misi e dei Frigi
[1240] stanno separati; distinti sono i miei discorsi e
quelli degli estranei; i discorsi di costoro, infatti, ten­
dono alla ostentazione nelle riunioni dei giovani, e (nel­
le situazioni inventate, nelle esercitazioni retoriche,
nelle declamazioni sceniche) nelle finzioni poetiche. In
queste, non interessa m olto se si ha successo o no.
Niente, infatti, è più evanescente di u n ’ombra.
Ma per me (poiché il mio scopo è dire la verità) è
molto im portante parlare in questo o in quel modo. È
una strada atto rn iata da precipizi, e cadere da questa
significa chiaram ente cadere nelle porte dell’Ade.
[1250] Si deve avere, dunque, estrem a cu ra dei discor­
si, dicendo alcune cose e ascoltandone altre diligente­
mente.
Talvolta è perm esso rinunciare equam ente ad en­
tram be le cose, utilizzando una giusta bilancia, cioè la
fuga. L’orecchio, infatti, com porta m inor pericolo della
lingua. Ma meno pericolosa dell’ascolto è la fuga: che
bisogno hai di uccidere l’anim a di una torpedine che
hai toccato? Oppure di avvicinarti all’alito di un cane
rabbioso? Cosi am m aestrato dagli oracoli delle S crittu­
re nelle quali ero stato allevato prim a della mia em an­
cipazione intellettuale, e guidando in questo modo cit­
tadini e forestieri, ero orm ai [1260] tra i ricchi agricol­
tori, anche se la mia messe non era stata contempora-
190 Gregorio Nazianzeno

neam ente raccolta. Alcuni, infatti, o r o ra li ho liberati


dalle spine, altri venivano livellati, altri ancora veniva­
no seminati; questi in latte, quelli abbandonavano la
terra; alcuni erano in erba, altri legati come spighe; al­
cuni erano adolescenti, altri canuti prossim i alla sta­
gione della raccolta; u n ’aia teneva alcuni, un grosso
mucchio gli altri; parte del grano esposta all’aria (ad
asciugare), parte stipata nei granai. Q uest’ultim a di­
venta pane, scopo deH’agricoltura: pane, che o ra nutre
non il contadino che ha faticato, [1270] ma quelli che
non sono affatto m adidi di sudore.
Avrei voluto, a questo punto, term inare il mio di­
scorso e non parlare affatto di quelle cose che non so­
no degne di menzione. Ma le vicende seguenti non me
lo consentono: alcune di queste ebbero buon esito, al­
tre non so come dovrei definirle, [1276] e a quale parte
assegnarle e quali lodare.

Teodosio entra in Costantinopoli,


restituisce le chiese agli ortodossi
e insedia Gregorio sulla cattedra vescovile metropolitana
(vv. 1277-1395)

Tale essendo la m ia situazione, arrivò all'im prow i-


so l’im peratore dalla Macedonia, dopo aver abbattuto
un nugolo di barbari che [1280] troppo avevano confi­
dato nel num ero e nell’audacia.
Rispettosissim o 131 della Trinità, non era inoltre
malvagio quanto a dom inare le anime più semplici nel­
la fede di Dio (cosi la penso io e cosi tu tti quelli che

131 Cf. Or. XXI, 31: PG 35, 1117-1120 in cui G regorio ci ric o rd a
che s a n t’A tanasio nella sua azione di unificazione d o ttrin a le aveva
p er n o rm a su p erio re il risp etto deH’a ltru i lib e rtà . Tale è l’azione di
Teodosio. Q uella della lib ertà è un p rin cip io fon d am en tale d ella p a­
sto ra le del N azianzeno fo n d ata su 1 Pt. 5, 2: «Il m iste ro della salvez­
za si rivolge ad anim e libere e rip u d ia la tiran n ia» , e che risco n tria-
Autobiografia, vv. 1277-1395 191

con sicurezza siedono su una stabile cattedra); m a non


tale, tuttavia, per fervore di spirito, da com parare le
cose presenti con le passate e viceversa, sanando con il
tempo le rovine 132. Ovvero, se quanto a zelo era tale
oppure no, che [1290] cosa dovrei dire? La sua era ani­
m osità oppure tracotanza? Insegnatemelo voi. Forse è
meglio chiam arla prudenza. Credo, infatti, che non sia
legittimo costringere, bensì persuadere, e pili conve­
niente per noi e per gli stessi che avvicineremo a Dio.
Infatti, ciò che si compie controvoglia, imposto dalla
violenza, come un dardo tenuto fermo dal nervo
dell’arco e dalle mani, ovvero come un corso d ’acqua
costretto da ogni parte nell’alveo, appena si sia presen­
ta ta l’occasione non tiene più conto di quella forza co­
strittiva. Ciò che, invece, si compie spontaneam ente,
resta [1300] sicuro per tu tto il tempo, stretto da vincoli
d ’am ore che non si possono slegare.
Mi sem bra che egli, considerando queste cose, do­
po aver contenuto la nostra pau ra almeno fino a que­
sto punto, ci attragga dolcemente tu tti, proponendo la
sua volontà come legge insita nella persuasione. Quan­
do, dunque, si presentò lieto a noi che eravamo arci­
contenti, c’è bisogno che io dica quanto egli mi abbia
onorato, al prim o incontro, quali parole mi abbia det­
to, e con quanta benevolenza mi abbia ascoltato? Sa­
rebbe vergognoso se mi vantassi di tali cose [1310] alla
mia età: per me questa sola cosa, cioè Dio, ha valore.
Alla fine, dunque, dice: «Dio, per mio tram ite, concede
questo tem pio a te e alle tue fatiche», frase non credi­
bile prim a di essere stata condotta a term ine.

mo anche in Or. XII, 5: PG 35, 848-849 e Or. XXI, 31: PG 35, 1117-
1120. G regorio, d a buon greco, non dim entica che la n o b iltà è sinoni­
mo di lib ertà e che tu tti gli uom ini sono nobili (cf. In nobilem m ale
m oratum : PG 37, 853).
132 G regorio c o n stata che Teodosio non u sa con tro gli a rian i la
ste ssa violenza che a ltri im p e ra to ri aria n i quali Costanzo e V alente
hanno preced en tem en te u sato co n tro i cattolici.
192 Gregorio Nazianzeno

La cittadinanza, infatti, stava cosi piena di impeto,


e cosi grande e terribile era la baldanza, che, sebbene
qualcosa di spiacevole potesse accadere, non avrebbe
rinunciato alla cattedra, m a avrebbe conservato ciò
che teneva. Però, se le fosse stata fatta di nuovo violen­
za, avrebbe fatto ricadere la sua ira su di me, che ero
facilissimo a sopraffarsi.
L’im peratore cosi parlò. Un frem ito di gioia [1320]
misto a trepidazione mi teneva. O mio Cristo, tu che ci
spingi alla passione in nome delle sofferenze che hai
patite, allora fosti arbitro delle mie fatiche, ora sii sol­
lievo dei miei mali.
Il mom ento opportuno era vicino.
L’esercito in arm i occupava il tempio, schierato
con le arm i in pugno nella aule. Il popolo, tu tto fre­
mente, gli si opponeva come sabbia m arina, o neve, o
flutti del m are agitato, disposto contem poraneam ente
all’ira e alle suppliche; all’ira contro di me, alle [1330]
suppliche verso l’im peratore.
Affollate le strade, le piste da corsa, le piazze (le pla­
tee) dei teatri, ogni luogo: i palchi di seconda e terza fila
erano pieni di persone che guardavano in basso: uomini,
donne, bam bini, anziani; dolori, lamenti, lacrime, urla:
immagine di una città conquistata con la forza.
Ed io, ardim entoso condottiero — il mio corpo am­
m alato e consunto respirava appena — a mezza strada
tra l’im peratore e il suo esercito, guardando in alto
avanzavo, fidando nell’aiuto della speranza, finché
[1340] mi fermai, non so come, nel tempio 133. Anche
ciò è giusto dire; a m olti dei presenti, infatti, era sem­
brato più forte di un discorso, poiché p er loro, soprat­
tu tto nei più im portanti capovolgimenti di situazioni,
niente di ciò che si vede è accidentale.

133 La basilica dei S anti A postoli, d ista n te circa 2 km. dal palaz­
zo im periale. A nnesso al tem pio e ra il m ausoleo im p eriale a p ian ta
c irco lare, fatto c o stru ire da C ostantino.
Autobiografia, vv. 1277-1395 193

Io non posso non prestare fede a quelli che lo di­


chiarano, sebbene, se c ’è qualcuno, io sia incontentabi­
le ed esigente nei confronti delle novità. Infatti, l'op­
porsi ugualm ente a tu tto è peggio del voler credere fa­
cilm ente a tutto: questo è leggerezza, quello è tracotan­
za [1350], Quale, dunque, la cosa portentosa? O libro,
raccontalo al mondo, perché tan ta grazia non resti na­
scosta ai posteri!
Incominciava ad albeggiare, ma la notte ricopriva
ancora tu tta quanta la città, m entre una nube oscura
si avvicinava al disco del sole, evento tu tt’altro che di
buon augurio, a quel tempo. Niente, infatti, è am ante
del sereno, quanto una pubblica adunanza popolare.
Ai nemici ciò arrecava letizia, quasi Dio si mo­
strasse dispiaciuto dei fatti; a me, invece, una pena ce­
lata in fondo all’anima.
Dopoché io e il purpureo potere fummo entro il sa­
cro recinto, [1360] e una lode comune di invocazione a
Dio si fu levata dalla bocca di tutti, e ci fu clam ore e
tensione di mani al cielo, a tal punto rifulse lo splendo­
re del sole — essendosi dispersa la nube per volere di
Dio — che tu tto il tempio subito si fece lampeggiante,
quel tem pio che prim a era diventato tenebroso, e tu tti
ebbero la visione dell'antica Arca, che il fulgore di Dio
nascondeva, e a tu tti si rasserenarono il volto e l’ani­
mo. E allora, [1370] accompagnandosi il coraggio allo
spettacolo, mi cercavano e mi invocavano a tu tta forza,
quasi soltanto di ciò mancasse- la circostanza presente,
dicendo che questa sarebbe stata la prim a e m assim a
ricom pensa di Dio per la città prim a ancora della cat­
tedra, che cioè io fossi investito della cattedra della
città: questo dicevano le pubbliche autorità, questo il
popolino, m entre tu tti ugualm ente esprim evano il desi­
derio di ascoltare un mio discorso. Queste cose vengo­
no gridate al cielo delle donne, in un certo modo [1380]
quasi al di sopra del decoro femminile.
Un tuono incredibile era echeggiato. A questo pun­
194 Gregorio Nazianzeno

to io feci alzare un collega 134 dal suo seggio: non ave­


vo, infatti, forza nella voce, schiacciato e sfinito qual
ero dalla paura. E per bocca di un altro pronunciai le
seguenti parole: «Smettete di gridare, o amici, sm ette­
te! Questo è, infatti, il momento opportuno per il rin­
graziamento. Poi verrà il tem po per cose anche abba­
stanza im portanti». Il popolo accolse con un m orm orio
di approvazione [1390] le mie parole. A tutti, infatti, è
cara la modestia.
L’im peratore se ne andò dopo aver espresso il suo
com piacimento. Cosi finisce questa contesa verbale
che tanta e solo paura mi aveva procurato, in quanto
una sola spada era stata sguainata e subito riposta, e
si era sm orzata la furia del popolo fremente.

Attentato alla vita di Gregorio e pentim ento del sicario.


Am m inistrazione oculata e retta dei beni della diocesi
(vv. 1396-1505)

Non so come raccontare le cose che seguirono, che


rivestono nella realtà una grande im portanza. Quale
scrittore vorrebbe com pletare il mio discorso? Mi ver­
gogno, infatti, delle mie lodi, [1400] e di me potrebbe
parlare bene un altro. Questo è il mio costume.

134 G regorio, facendosi so stitu ire n ella celebrazione dei sacri m i­


ste ri, so stanzialm ente si oppone alla volontà deH’im p e ra to re e del
popolo che lo vogliono vescovo tito la re di C ostantinopoli. In effetti,
dal p u nto di vista giuridico G regorio sa rà vescovo di C ostantinopoli,
succedendo ad A lessandro, ultim o degli o rtodossi, so ltan to a p a rtire
dal m aggio 381, p er volontà dei vescovi co nciliari. T uttavia, dall'O r.
XXXVI: PG 36, 265-280 si evince che G regorio, accennando alla irre ­
g o larità della sua nom ina, finisce con il c o m p o rta rsi con l’a u to rità,
in tesa n e ll’accezione più rad icale di c a rità c ristia n a , del capo della
C hiesa di C ostantinopoli. Significativo è, del resto, il fatto che G rego­
rio lasci la cappella dell’A nastasi e co n tin u i la su a azione p asto ra le
nella b asilica dei Santi Apostoli.
Autobiografia, vv. 1396-1505 195

Tuttavia parlerò, usando la m assim a moderazione


possibile. Stavo nel tempio; la cittadinanza aveva depo­
sto la sua ira, dopo l’occupazione del tempio. Tuttavia
si lamentava, come si racconta del famoso gigante che,
scaraventato da un fulm ine sotto il monte Etna, vomi­
tava dal profondo e fumo e fuoco 135. In nome di Dio,
che cosa sarebbe stato giusto che io facessi? Insegnate­
melo voi, ditemelo voi che o ra siete giudici severi, o
adunanza di giovani infelici, cui la mitezza dei costumi
sem bra [1410] essere viltà, m entre virilità vi sembrano
la furia e la cattiveria: picchiare, espellere, essere cru ­
deli, incendiare, approfittando insolentem ente della
circostanza e del potere? Oppure curare con farm aci
di salvezza? In questo modo, infatti, si potevano guada­
gnare due vantaggi, sia renderli m oderati con la mode­
razione, sia io stesso conseguire gloria e amore. Que­
sto era giusto, e questo farò sem pre m anifestam ente e
lo feci in passato per quanto mi era [1420] possibile.
Innanzi tutto, per dim ostrare che io non stimo l'occa­
sione favorevole più della potenza di Dio, che consiglio
accetterò dal buon esortatore, considerandolo sicuris­
simo consigliere?
M entre tu tti venerano l’arroganza dei m agistrati, e
fra questi soprattutto i m inistri del tempio, i quali so­
no per tutto il resto incapaci, eccetto che per il (fare)
denaro, chi potrebbe raccontare in qual modo e con
quanti espedienti, stando appiccicati a quelle regie
porte, pronunciando accuse, prendendo illecitamente,
(quei famigerati) si riem pissero ignobilmente di [1430]
pietà, e si com portassero — p er dirla in breve — igno-

135 Secondo la leggenda g reca Zeus, nella g u e rra m ossagli dai Ti­
tani, rovesciò l'E tn a so p ra Tifeo (o Encélado) il quale, sbuffando, dà
origine all'eruzione. Gli antichi ponevano n ell’E tn a la fucina di Efe­
sto; nel suo c ra te re si n a rra che p recip ita sse il filosofo Em pedocle,
del quale poi sareb b e s ta ta rig e tta ta fuori u n a scarpa.
196 Gregorio Nazianzeno

m iniosam ente? 13é. Solo io preferii essere am ato piutto­


sto che odiato, e con la m ia pochezza acquistai il ri­
spetto, essendo io dedito per lo più a Dio e alla purifi­
cazione, lasciando agli altri le porte dei potenti. In se­
condo luogo, vedendo io che alcuni stavano angustiati
per le offese che mi avevano fatto e delle quali erano
consapevoli, e che altri invece avevano bisogno nuova­
m ente — com ’è verisimile, di essere da me beneficati, i
prim i li liberai dalla paura, ai secondi detti il mio aiu­
to, relativam ente a questa e a quella necessità, secondo
[1440] le mie forze.
Citerò una sola cosa tra tutte, a m o’ di esempio 137.

136 P u r riconosciuto vescovo, G regorio deve fro n teg g iare l ’o stilità


non ta n to degli arian i, quelli che eran o irrid u cib ili, q u an to e veppiù
qu ella in tern a del suo clero. Gli è che q u e st’uom o, um ile m onaco n el­
le sem bianze, n ell’anim o e n ell’azione, fa risa lta re strid en te, p ro p rio
con il suo caritatevole com portam en to , il laicism o — p ro fan o ed esa­
sp e ra to — degli a ltri ecclesiastici, vescovi com presi, ai q u ali e ra co­
stu m e il com prom esso con la bo rg h esia laica e con il p o tere politico,
spesso — q u e st’ultim o — o ste n tata m e n te e im p u d en tem en te e consa­
pevolm ente avallato nei suoi a tti p iù violenti e ingiusti. Ciò e ra ap ­
p a rso evidente già quando, nella fatid ica n o tte di P asq u a del 379 (cf.
vv. 551-678), fatto segno con i suoi fedeli alle violenze degli arian i,
aveva eso rtato i suoi discepoli — tra i quali Teòcteno e Teodoro, fu ­
tu ro vescovo di Tiana, i quali av reb b ero voluto a p p ellarsi al giudizio
d e ll’im peratore, m a sem bravano p iù p ro n ti alla v en d etta p ersonale
— a lasciare a Dio la c u ra di p u n ire i colpevoli (cf. Epist. 77: PG 37,
141-146) e, anzi, a p e rd o n arli secondo il d e tta to evangelico. La sua
m oderazione in tale fran g en te aveva q u an to m eno lasciato sgom enti
tali discepoli, avvezzi a ben a ltro tipo di g iustizia, quella an tica del
«taglione».
1371 vv. 1442-1474 rievocano il ten tativ o di om icidio del quale
G regorio fu oggetto e che è possibile risc o n tra re anche in Or. XL: PG
36, 393; l’episodio, ascrivibile alla fine del 380, d en o ta il livore che
an co ra anim ava gli a rian i i quali non si rassegnavano alla p e rd ita
dei grandi in teressi m ateriali c a u sa ta d alla fo rzata cessione delle
chiese ai cattolici. La d ram m atic a scena d e ll'a tte n ta to h a il suo cu l­
m ine nella im provvisa conversione, ai piedi di G regorio, del giovane
sicario. M entre i com plici, d iso rie n ta ti d a ll’im provviso risveglio di
G regorio, fingono di essere andati da lui p e r vederlo e fuggono via
rin g raziando Dio e l’im p erato re di aver loro d a to un siffatto vescovo,
Autobiografia, vv. 1396-1505 197

Di tanto in tanto restavo in casa, preso da m alat­


tia: essa era arrivata, infatti, era arrivata compagna
delle mie fatiche. Questa la vita voluttuosa che condu­
cevo, a parere degli invidiosi. M entre cosi me ne sto,
alcuni irrom pono all’improvviso in casa mia, e con essi
un giovane pallido, con i capelli lunghi, e col vestito a
brandelli. Essendo io quasi balzato giù dal letto — il
che è proprio di chi è im paurito —, quelli presero a di­
re — a loro piacim ento — parole di profusa gratitudi­
ne a Dio e all’im peratore che avevano [1450] loro con­
cesso quel giorno, e dopo aver lodato anche me con
cortesi parole, se ne andarono. L'altro, invece, abbrac­
ciando i miei piedi, supplice, senza voce, se ne stava a t­
tonito. Poiché io gli chiedevo chi fosse, da dove venisse
e di che cosa abbisognasse, niente di più (accadeva)
che più convulsi pianti. Cominciò a scongiurare, a sin­
ghiozzare, a stringere più fortem ente le mie mani. An­
che a me scendeva qualche lacrim a dagli occhi. Quan­
do poi con la forza (poiché a parole non era possibile)
fu [1460] portato via di li, uno dei presenti disse: «Co­
stui è il tuo assassino, o tu che vedi ancora questa luce
per volontà di Dio; egli resta qui spontaneam ente, in
preda ai suoi stessi rim orsi, omicida confesso, accusa­
tore sincero di se stesso, le sue lacrim e pagano il fio di
un delitto capitale». Queste cose disse. Fui colpito da
quelle parole io, e diedi una risposta che liberò
quell’uomo dal suo peccato: «Dio ti salvi; non è gran
cosa, per me che sono stato salvato, sem brare benevo­
lo verso il mio sicario. Il tuo disegno crim inoso ti ha
fatto mio. Vedi come già sei diventato degno di me
[1470] e di Dio». Queste cose io dissi. Ma la cittadinan­
za (poiché non resta nascosta qualcosa di una certa im-

G regorio accoglie in un filiale ab b raccio il suo a tte n ta to re che e ra


sp ro fo ndato in lacrim e e ne provoca la sin cera conversione. La sug­
gestione che pervade l’anim o del letto re è parag o n ab ile a quella evo­
cata d a ll’ab b raccio tr a l’Innom inato e il card in ale F ederico B o rro ­
meo ne I prom essi sposi.
198 Gregorio Nazianzeno

portanza) subito si surriscalda, come ferro sottoposto


all’azione del fuoco.
Quanto poi a quello che si racconta delle tanto
grandi ricchezze che i più im portanti tem pli della te rra
solevano conservare sempre, e intorno ai vasi e alle
rendite che affluivano da ogni parte, poiché io non ho
trovato alcun rendiconto negli scritti [1480] dei prece­
denti presuli della Chiesa, né in quelli dei tesorieri nel­
le cui mani è ora l’am m inistrazione, mi rassegno.
Non assunsi affatto qualche altro estraneo — come
alcuni mi esortavano e mi incitavano — in qualità di
am m inistratore di queste cose, per non ascrivere diso­
nore al fatto religioso 138.
Come giudichi ciò? Si è responsabili, infatti, di ciò
che si è avuto, non di ciò che sarebbe stato giusto ave­
re. Chiunque sia schiavo del denaro, anche queste cose
biasima. Ma chi è superiore, le am m etterà ben volen­
tieri. Infatti, benché tu tti abbiano vergognosa [1490]
avidità, è peggio essere avidi nelle cose dello Spirito.
Se tu tti avessero pensato cosi circa le ricchezze,
non se ne sarebbe potuta trovare mai una tale abbon­
danza nelle Chiese (ciò non appartiene al mio modo di
pensare). Sto parlando di chi cura la sacra liturgia e
che è vicino a Dio.
Ed anche questa diceria era diffusa dai miei avver­
sari, che il popolo cioè non sarebbe stato abbastanza
num eroso da riem pire il vestibolo, popolo che prim a
era diviso, quando eravam o poveri. A tal punto erava­
mo di disprezzo a tutti, noi che o ra abbiamo il tempio
e la pienezza 139 dei templi.
138 È p ro b ab ile che G regorio in ten d a d ire di av er rin u n c ia to ad
a d ire il trib u n ale civile p e r o tte n e re la nom ina di un perito
«esterno», cioè estran eo al clero, il quale co n tro llasse e verificasse la
reg o larità degli a tti am m in istrativ i della ricca diocesi di C ostantino­
poli, al m om ento in cui venivano fatte le consegne delle chiese e dei
loro beni dagli a ria n i ai cattolici.
139 O rm ai le chiese co stan tin o p o litan e sono to rn a te a g rem irsi di
fedeli grazie all'ap o sto lato svolto da G regorio.
Autobiografia, vv. 1396-1505; 1506-1617 199

Di queste cose ci occupavamo seriam ente, per non


parlare di quelli [1500] che avevamo preposto alla cura
dei poveri, dei monaci, delle vergini addette ai fanciul­
li, dei forestieri, dei vicini, dei carcerati, dei canti sal­
modiali, delle veglie notturne in lacrime, dei m ariti e
delle mogli che praticavano la continenza, e di tu tte le
altre cose per le quali Dio esulta, [1505] se sono state
convenientem ente compiute.

Melezio presiede il 2° Concilio Ecumenico


di Costantinopoli (maggio-luglio 381).
Ripercussioni sul Concilio dello scisma di Antiochia
e saggi suggerimenti di Gregorio (vv. 1506-1617)

Ma l’invidia co rru ttrice che tu tto vince — poiché


mai riposa — o apertam ente o di nascosto, mi dà il po­
tere come principio dei miei mali. Tutti i presuli
deH'Oriente, infatti, escluso l’Egitto, fino alla seconda
Roma, mossisi, non so per [1510] quale disegno di Dio,
dagli angoli più rem oti della te rra e del mare, accorro­
no insieme con l’intenzione di rafforzare la dottrina
pia 140. E ra a capo di costoro un uomo strao rd in aria­
mente pio, semplice, dai costum i sinceri, pieno di Dio,
placido in volto, che m ostrava a chi lo guardava, co­
raggio m isto a riservatezza, cultore dello Spirito. Chi
non conosce l’uomo che le mie parole indicano, cioè il
presule della Chiesa di Antiochia, che era quale appun­
to lo indicava il nome [1520] e, quale era chiamato, tale
era?

140 Teodosio, co n sta ta ti i riflessi negativi di o rd in e politico e am ­


m in istrativ o connessi alla confu sa situazione religiosa d ell’Im pero
orien tale, stabili di convocare l’ep iscopato o rien tale in un solenne
concilio, onde p o rre ord in e nei ra p p o rti tr a le chiese delle varie dio­
cesi e, prim ieram en te, defin ire il p resu le tito lare d ella C hiesa co sta n ­
tin o p o litana. Tale concilio si riu n ì nel m aggio del 381, so tto la p re si­
denza di Melezio, vescovo di A ntiochia.
200 Gregorio Nazianzeno

Melito, infatti, e di nome e di costum i. Egli aveva


molto sofferto a causa dello Spirito divino (anche se
per un po’ di tempo fu ingannato da una mano
stran iera l41) servendo la Grazia in splendidi agoni. Co­
storo mi insediano sulla veneranda cattedra, benché io
gridi e mi lamenti: per un solo motivo, però, io non mi
opponevo validamente. Di questo, tu, o Verbo, sii testi­
mone! Perché mai ciò? Non è lecito nascondere la veri­
tà. Pensavo, con vane speranze del cuore (la volontà,
infatti, è proclive [1530] alla speranza e tu tto risulta fa­
cilissimo per l’ardore dello spirito, ed io d’altronde so­
no di m ente profonda per tali cose) che, se avessi ac­
cettato l’au to rità di questa catted ra (molta im portanza,
infatti, com porta anche l’apparenza), sarebbe accaduto
che, come una coreuta in mezzo a due cori congiunge a
sé i due colleghi più vicini presi dall’una e dall’altra
parte, secondo la procedura del coro, avrei unito insie­
me quelli che erano in cattivo dissidio (perché non dire
pessimo?) 142 e in modo degno di abbondanti lacrime,

141 «Mano (= schiera) stran ie ra » è la fazione a ria n a i cui capi,


venti anni p rim a, avevano ch iam ato Melezio alla c a tte d ra di Antio­
chia. Egli però, app en a insediato, ten n e u n a om elia m olto vicina alla
o rto d o ssia nicena.
142 Lo scism a di A ntiochia fu il più im p o rta n te tr a quelli che tr a ­
vagliarono la C hiesa d ’O riente nel IV secolo. E ustazio, elevato alla
c a tte d ra di A ntiochia nel 325, fu deposto, a rre sta to ed esiliato a
T raian opoli in T racia nel 330, ove m ori alcu n i m esi dopo. Nel sinodo
che lo condannava gli erano sta ti im p u ta ti d iversi capi d'accusa: la
seduzione di un a donna; un grave affro n to alla m a d re d e ll’im p erato ­
re C ostantino. La deposizione di E ustazio fu a ll’o rigine dello scism a
di A ntiochia che vide fronteggiarsi, p e r o ltre un secolo, due gru p p i
di o rto d o ssi in A ntiochia. O pposto a Paolino che e ra so sten u to dalle
Chiese di Rom a (papa D amaso) e di A lessandria, Melezio fu dopo a l­
tern e vicende il cam pione d ell’o rto d o ssia o rie n ta le e, q u an d o m ori,
nel m aggio del 381, presiedeva il Concilio di C ostantinopoli. La m o r­
te di Melezio avrebbe dovuto p o rre fine allo scism a: Paolino, infatti,
restav a unico vescovo o rtodosso n ella m etro p o li della S iria. Di fede
nicena, godeva d ell’appoggio anche d ella C hiesa occidentale. G rego­
rio fece di tu tto p er farlo eleggere com e vescovo di A ntiochia, m a
Autobiografia, vv. 1506-1617 201

m olti [1540] lam enti e lacerazioni cui non ancora alcu­


no, né anticam ente né recentem ente, mai si abbandonò
in alcuna circostanza spiacevole.
E ciò, sebbene m olti mali siano capitati a molte
persone: tu tti parlano della diaspora di Israele che l'in­
vidia cristicida abbatté. Infatti i presuli e i m aestri del
popolo, datori dello Spirito, i quali dagli alti seggi pro­
nunciano parole di salvezza, essi che a piena voce
[1550] in mezzo alle adunanze popolari predicano sem­
pre la pace a tutti, si assalirono tra di loro con tanto
furore che, gridando, raccogliendo alleati per la guer­
ra, accusando e accusati, saltando e fuggendo dalla cit­
tà a salti, derubando quelli che potessero prevenirli,
con rabbiosa cupidigia di potere regale (come griderò
queste cose e con quali parole?) hanno orm ai m andato
in rovina tu tto quanto il mondo, cosa che ho preceden­
tem ente detto.
La parte orientale e quella occidentale erano consi­
derate più [1560] come separazione di dottrina che di
luoghi e di climi. I luoghi si congiungono, se non nei
punti estrem i, almeno in quelli di mezzo. Ma non c ’è
niente che possa unire questi uomini che stanno sepa­
rati non a causa della pietà (l'ira pronta alla menzogna
questo sortisce), m a per la contesa delle cattedre. Ma
perché dico questo ai due vescovi? Non tanto ai vesco­
vi (conosco bene infatti entram bi) quanto ai malvagi
sostenitori delle due parti i quali alitano sulla fiam ma
già accesa, e nella causa degli amici provvedono ben
egregiam ente ai loro interessi, se tuttavia [1570] egre­
giamente significa ciò e non, piuttosto, vergognosa­
mente.
Anch’io trassi vantaggio da qualcuno di questi m a­
li. Quando, infatti, il presule della Chiesa di Antiochia

tu tto fu vano. Il Concilio, nom inando Flaviano vescovo successore di


Melezio, acuì i co n tra sti tr a i seguaci di Paolino e di Melezio. S o ltan ­
to nel 482 la lite fu com posta.
202 Gregorio Nazianzeno

che io avevo m oderatam ente lodato, carico di anni — e


dei num erabili e dei non num erabili —, dopo aver
esortato, come sento dire, alla concordia con parole
che precedentem ente erano state udite quando parlava
con i suoi amici, di qui passò nel coro degli angeli, e
scortato da un corteo religioso 143 e da u n ’ondata degli
abitanti della città mai come allora [1580] estrem am en­
te addolorata — come si dice — fu portato nella sua
parrocchia: certam ente uno splendido tesoro per costo­
ro che lo avevano conosciuto! era stata presa nei miei
confronti una deliberazione da non prendersi che m al­
vagi agitatori andavano sostenendo, m acchinando di
contrapporre l'elezione di un altro presule a Paolino
che allora da solo sedeva in cattedra.
Molti discorsi erano stati tenuti da una p arte e
d all’altra, ora pacifici, ora esiziali; allora anch’io pro­
nunciai di persona il seguente discorso, ritenendolo il
m igliore e liberatore dai mali: «Sembra — o amici —
che voi non osserviate [1590] tu tti le stesse cose per le
quali si deve ora decidere, e che non siate arrivati a
giudicarle — secondo me — degne di un discorso, ma
che siate caduti molto lontano dalla via retta. Voi do­
vete pensare ora solo alla città, e ciò affinché si com­
batta ora anche di più. Questo, infatti, è lo scopo del
quale vi prendeste cura, e avete bisogno della collabo-
razione della mia mano; m a io penso a cose ben più
im portanti. G uardate questo grande mondo che è rim a­
sto [1600] contrassegnato (poiché Dio ha preso la form a
umana, egli che ha fatto dono di se stesso quale prezzo
della nostra liberazione) dai fiumi di sangue di Dio e
da molte altre vittime minori. Ammettiamo che questo
mondo venga sconvolto a causa di due angeli; m a nep­
pure quelli sono degni di cosi grande onore (le mie sa­

143 L’im m agine poetica di questo fu n erale richiam a, n ella su a so­


lennità, le pro sp ettiv e o ttim istic h e di G regorio su lla m o rte e su ll’al­
dilà. Cf. J. M ossay, La mort..., cit., p. 224.
Autobiografia, vv. 1506-1617; 1618-1679 203

ranno parole di chi soffre). Al contrario, quanto più so­


no angeli, [1610] tanto più non sono degni di battaglia
e di cose peggiori, dal momento che ciò che è più vali­
do è degno di cose più valide. Finché quel santo vesco­
vo stava in mezzo a noi, non era ancora evidente come
mai gli occidentali accogliessero un uomo che fino ad
allora avevano osteggiato, m a era scusabile in qualche
modo procurare qualche lieve noia a costoro che sono
— come dicono — i difensori delle leggi. Infatti un uo­
mo m oderato è il farm aco per l’ira 144. L'ignoranza,
poi, è la cosa più im portante per esercitare la parresia.

Gregorio tenta di comporre lo scisma di Antiochia


(vv. 1618-1679)

Ma o ra (poiché non c ’è neppure una sola tempesta,


avendo Dio concesso la bonaccia con le sue opere) che
cosa c ’è bisogno [1620] che io dica? Accogliete il mio
discorso, un discorso prudente, più saggio di quello
dei giovani. Infatti, noi anziani non calmerem o il bollo­
re degli animi: questo è sem pre soggetto alla vanaglo­
ria. Sia conservata la catted ra a colui che ora la occu­
pa (Paolino). Che c ’è di strano se piangiamo un po’ più
a lungo quest’uomo, come la legge anticam ente p re­
scriveva? La soluzione del problem a la d arà poi l’età
canuta, cioè il term ine, necessario e splendido, e com u­
ne a ogni cosa della vita. Anche egli (Paolino) m orirà e
[1630] andrà dove da lungo tempo desidera andare, re­
stituendo lo spirito a Dio che glielo ha dato.
Allora io, col consenso di tu tto il popolo e dei sag­
gi vescovi, darò con l’aiuto dello Spirito la cattedra a
qualche altro 145! Cosi ci potrebbe essere l’unica solu­

144 Cf. Qo. 6, 16.


145 G regorio m an ifesta la su a intenzione di sa lv ag u ard are la pace
ecclesiastica; è evidente che egli ric o p re un ruolo veram en te im p o r­
ta n te n ella cap itale deH’Im pero.
204 Gregorio Nazianzeno

zione dei mali. Oppure, e questo è più im portante, as­


sumerem o degli stranieri (ora, come vedo, l'Occidente
è te rra straniera), e sarà una seconda navigazione 146,
tranquillizzerem o la città, popolo stanco tanto e da
lungo tempo. Si calmi, p u r tardi, finalmente, [1640] si
calmi la tem pesta del mondo. Voglia il cielo che abbia­
mo pietà di quelli che ora stanno separati, sia di quelli
che sono vicini all’errore, sia di quelli che in futuro
sbaglieranno. Che nessuno voglia sapere dove si arrive­
rà, se cioè queste cose avranno il sopravvento n ell'eter­
n ità del tempo. È sul filo del rasoio 147, se sia ancora
salvo il nostro santo e venerabile dogma, oppure non
esiste più, travolto dalla sedizione. Come il cattivo stato
dei colori, infatti, si suole ascrivere ai pittori, m a non
giustam ente, oppure la condotta degli alunni a quella dei
loro m aestri, cosi se l'iniziato è cattivo, [1650] quanto più
l'iniziatore sarà iniziazione all'em pietà?
Lasciamoci vincere un pochino 148, sicché conse­
guiamo una vittoria più grande, e la salvezza da parte
di Dio, e possiamo salvare il mondo che è m iseram ente
caduto in rovina. La vittoria, senza dubbio, non porta
gloria in tu tte le circostanze. È meglio essere derubato
onorevolm ente che possedere indegnamente. Sa queste
cose la Trinità, e la splendida predicazione — fatta se­
gno a sassate — della mia parresia, che suscitò [1660]
contro di me l'invidia dei malvagi 149.
Con sincerità e con onestà oggi ho pronunciato
queste parole che so essere destinate a giovare ai no­

146 G allay (La vie de saint Grégoire de Nazianze, Lyon-Paris 1943,


p. 202; traduce: «in ogni caso» e in n o ta aggiunge: «San G regorio d i­
ce le tteralm en te "secon da navigazione”, m eta fo ra im p ro n ta ta al lin­
guaggio dei m arinai: essa designa l’uso esclusivo dei rem i quando
non si può navigare a vela».
147 È sul filo del rasoio, cioè la situazione è critica.
148 È un esplicito invito agli o rien tali ad e ssere c a ritatev o li verso
gli occidentali, cioè a riconoscere la le g ittim ità di questi u ltim i a vo­
ler vedere Paolino sulla c a tte d ra di A ntiochia.
149 Cf. n ota n. 75.
Autobiografia, vv. 1618-1679; 1680-1776 205

stri obiettivi. Ma se qualcuno crede che io dica ciò (per


fare cosa grata) essendosi egli stesso lasciato corrom ­
pere (si, ci sono, infatti, co rru tto ri di presuli, pieni di
oro e insieme di avidità), oppure che io cerchi qualche
tornaconto personale, come è costum e per molti, usan­
do artifizi egli stesso di nascosto nelle sue malefatte,
oppure crede di procacciarsi cosi il potere, abbandoni
il giudizio [1670] al fuoco estrem o del rogo. Orsù, con­
cedetemi una vita senza cattedra, ingloriosa certam en­
te, tu ttavia libera da pericoli. Andrò a sedermi là dove
è assenza di mali. Ciò è per me meglio che stare in
mezzo ai miei simili, senza essere in grado di tra rre gli
altri alla m ia proposta e di dissentire dagli altri, là do­
ve la logica non c ’è. Si faccia avanti chiunque sappia
che cosa è la catted ra episcopale. Essa cam bierà molti,
sia i degni che i malvagi. Prendete una decisione su
queste cose. Ho finito» 15°.

Rampogne di Gregorio contro i vescovi tracotanti


ed irragionevoli (vv. 1680-1776)

Cosi dissi. E quelli presero a gridare chi da una


parte, chi [1680] da u n ’altra, mucchio di cornacchie te­
nute costrette in uno stesso posto, tu rb a di giovani,
stran a bottega 151, turbine che trascina polvere, conte­

150 Nei vv. 1504-1679 «si c en su ra fo rtem e n te la leggerezza dei ve­


scovi che avevano cam b iato opinione — senza ragione — a suo ri­
guardo, e che si lasciavano in g an n are d alla calunnie dei suoi nem ici.
G regorio dice che si devono b iasim a re le m aldicenze che si è ab itu a ti
a d iffondere co n tro le persone m o d erate e infine... che non è solo nel
n o stro secolo che ci si è azzard ati a co p rire le passioni p iù indegne col
bel nom e dello zelo p er la purezza della fede...» (Jean Leclercq, in Bi-
bliotèque universelle et historique, t. 18, A m sterdam 1960, p. 110).
151 Cf. Or. XXVII, 9: PG 36, 36-37: «Perché hai creato u n a bottega
di em pietà?» G regorio aveva u sato tale espressione p ro p rio alcuni
206 Gregorio Nazianzeno

sa di venti. Nessun uomo costum ato avrebbe ritenuto


giusto parlare, per riverenza a Dio e alla cattedra, con
quegli uomini che balbettavano a sproposito ovvero
che piombavano aH’improvviso direttam ente sulla fac­
cia, a guisa di vespe 152.
A costoro veniva dietro la veneranda schiera degli
anziani 153: tanto m ancava che facessero rinsavire i gio­
vani!
E considera quanto è lodevole il loro ragionam en­
to. Dicono che [1690] bisogna adeguare al sole i fatti,
perché questi com inciarono di li, donde Dio sotto sem­
bianze um ane ci illuminò. E che significa ciò? Im paria­
mo a non credere alle stagioni, m a convinciamoci che la
carne di Cristo è prim izia di tu tto il nostro genere. Se
fosse nato di li, direbbe certam ente qualcuno, dove più
forte sorse la tracotanza, quanto facilmente sarebbe sta­
to consegnato li alla m orte, dalla quale appunto proviene
la risurrezione, [1700] e da questa la salvezza 154.
Per quelli che ragionavano in tal m aniera, non sa­
rebbe stato opportuno cedere a quelli che — come ho

mesi p rim a, n ell’A nastasi, riferen d o si a quelli che usano la p aro la


p e r in g annare e irre tire il prossim o.
152 Cf. Or. XXVII, 9: «Perché svegli delle vespe dal loro nido?».
Qui sono indicati i pagani; ne L'autobiografia G regorio app lica la
ste ssa im m agine a certi p ad ri conciliari che m an ifestan o la loro op­
posizione ai suoi consigli di pacificazione.
153 S pettacolo im pietoso questo che G regorio ci ra p p re se n ta dei
vecchi dissennati; in ogni caso, com unque, il N azianzeno, p u r rim ­
p ro v erandone v iolentem ente la condotta, re sta nei loro co n fro n ti ta n ­
to am ato q u an to d iscreto. N on cita m ai, in fatti, il nom e dei vescovi
b iasim ati.
154 I vescovi o rientali, p e r giu stificare la p re tesa su p rem azia nei
con fro nti degli occidentali, afferm an o che ciò e ra sancito d all'essere
C risto n ato e vissuto in O riente. Ad essi G regorio risp o n d e che C ri­
sto, n a to fra gli o rien tali, dagli stessi o rien tali e ra sta to m esso a
m o rte (cf. P. G allay, La vie de saint Grégoire de Nazianze, Lyon-Paris
1943, pp. 203-204). Il senso allegorico è potente. G regorio p re se n ta la
m o rte com e prelu d io non solo a ll’unione con C risto, m a anche alla
risu rre zio n e della carne. Cf. Rom. 6, 4; 1 Cor. 15, 55.
Autobiografia, vv. 1680-1776 207

precedentem ente afferm ato — conoscevano bene la si­


tuazione? Se ne deduce, con evidenza, quanto fossero
superbi nelle altre cose. E cioè? La dolce e bella fonte
dell’antica fede, che aveva unito in u n ’unica sostanza
la n atu ra venerabile della Trinità, e la cui scuola di
pensiero era stata un tempo Nicea, questa fonte io ve­
devo m iseram ente intorbidita dalle correnti salm astre
di quelli incerti nella fede; quelli cioè che pensano ciò
che fa piacere al potere costituito, certam ente uomini
[1710] im parziali, e non dispiace se sono im parziali e
non m anifestam ente della parte avversa; vescovi che
ora stanno conoscendo Dio, ieri m aestri, oggi discepo­
li, già iniziatori e ora nuovam ente iniziati; quelli che
m entre insegnano al popolo i loro stessi vizi, parlano
— non so come, m a tuttavia lo fanno — senza versare
lacrime. Cosa peraltro strana, una narrazione di mali
senza lacrime!
Ma sono cosi costoro. Si dice, infatti, che tu tte le
cose sono schiave del loro tempo. [1720] Ma quale godi­
mento è maggiore del gioco? Ciò che non si può acqui­
sire con la fatica — cosi stanno per lo più le cose —
non ce lo si può procurare in altra m aniera, ma neppu­
re com prarlo col denaro. Che cosa allora ho fatto io
che sono veram ente um anissim o? Ho notificato con la
voce del banditore davanti ai tribunali. A tu tti vado
gridando: «Chi vuole, entri qui dentro, anche se per av­
ventura ha m utato fede due o più volte. È in corso il
m ercato generale. Nessuno vada via, senza aver fatto
qualche acquisto. Se il dado è cam biato (niente è, infat­
ti, più mutevole dell’occasione fortunata), hai buona
p ratica del gioco, riprovaci! La dedizione [1730] a una
sola fede non è cosa da persona intelligente, bensì co­
noscere molte strade di uscita della vita».
Da ciò che si ricava? Quell’antica com plessa visio­
ne che si presenta nei sogni: oro, argento subito dopo,
bronzo, ferro, cocci di terraco tta tra i piedi. Temo che
una pietra mandi tu tto all’aria. Ai Moabiti e agli
208 Gregorio Nazianzeno

Ammoniti 155 ai quali in passato non era lecito, o ra è


data la possibilità di entrare in chiesa. Ma tu, non ap­
provavi queste cose, prim a? Puoi ben dirlo. In quel
tempo, chi presiedeva le riunioni? Erano riunioni, e di
chi? (Ché rifuggo dal dire [1740] cose delle quali mi
vergogno). Comandavano tutti, come dire nessuno.
Anarchia è, infatti, l’abbondanza di capi. Ben mi giovò
la m alattia che mi tenne in casa a lungo e spesso, per­
ché pensavo a una cosa sola, alla m orte, che com porta­
va la com pleta liberazione dai mali. Ciò che da me fu
stabilito, abbia valore di legge I56.
C’erano alcuni vescovi che a forza o a stento a rri­
vavano tuttavia, [1750] e la libertà di parola valeva
qualche cosa per questi, ai quali appunto era di difesa
l’ignoranza del male, ingannati dalla doppiezza dei
dogmi, p u r essendo pia la predicazione che pubblica­
m ente veniva fatta: un figlio, cioè, affatto dissimile dai
suoi genitori.
Quella grande accozzaglia di persone che traggono
guadagno da Cristo, allora la am m etterò quando anche
la melm a qualcuno avrà m ischiato alla fragranza della
p u ra m irra. La partecipazione del male, infatti, è più
fàcile di quella del bene.
Non piaceva a costoro l’innovatore (come i traco­
tanti chiamano i prudenti), [1760] m a neppure quelli al
prudente. Accade, dunque, la stessa cosa che fecero il
famoso Lot e il patriarca Abramo 157. L’uno prende una

155 Popoli confinanti con Israele, ai quali, p e r la loro licenziosità,


non e ra consentito l'accesso nel te rrito rio di Israele. Cf. Deut. 23,
3-6; Gen. 19, 30-38.
156 G regorio è am m alato e nessu n o p resied e l’assem b lea concilia­
re. In conseguenza di q u esta grave m a la ttia G regorio — a p a re re di
G allay (cf. op. cit., pp. 204-205) — fece red ig ere il suo testam en to . La­
sciava tu tti i suoi averi ai poveri e stab iliva l’affran cam en to di un
g ran n um ero di schiavi che lavoravano nelle sue tenute. Cf. PG 37,
389-396.
157 Cf. Gen. 13, 5-9.
Autobiografia, vv. 1680- 1776; 1777-1855 209

strada, l’altro quella opposta per non lasciarsi vincere


dall'abbondanza delle ricchezze. Perché bisogna dire
con quanti e quali discorsi i carissim i amici 158 abbia­
no tentato questa m ia canizie? Mi davano, si, la catte­
d ra m a mi chiedevano, ahimè, la fedeltà ad essa! Chie­
dere a Gregorio di essere fedele! Ma essi sono fedeli,
[1770] cospirando nei mali; si tra tta di una sola parola
— fedeltà — m a per avermi correo a tu tte le loro im­
prese. Come, a tu tte? Chi fu concertatore di tante men­
zogne dicendo che la folla mi avrebbe condotto a un
certo successo, e non il divin Verbo? S correrà verso
l’alto l’acqua delle fonti e il fuoco procederà per la di­
rezione opposta, prim a che io tradisca qualche cosa
della mia salvezza.

Gregorio, calunniato dai vescovi ritardatari,


con un memorabile discorso
lascia la presidenza del Concilio (vv. 1777-1855)

Allora com inciai ad allontanarm i dal mezzo della


folla. E ciò fu m anifesto.
Cambiai casa, infatti, sottraendom i ai recessi della
chiesa. Lontano dalla cattiveria dei discorsi e delle riu ­
nioni, se non in quanto [1780] si lamentavano coloro
che mi erano affezionati! Persone del popolo so p rattu t­
to — per non parlare del resto — gridando mi suppli­
cavano, levando a Dio le mani, scongiurando, piangen­
domi come già m orto. Che sofferenza! Che lacrime! Co­
me sarebbe stato possibile sopportare ciò? E con quale
animo? Lascerai noi — cosi sentivo dire —, la tua spi­
ga, un tem po poco sviluppata, ora mèsse abbondante?
Lascerai il popolo che ti era compagno: quello che sta­
158 In senso ironico, ovviam ente. C hiedere un favore illecito alla
p erso n a della quale ci si p ro fessa am ici, significa d im o stra re c h ia ra ­
m ente q u an to sia falso e in teressa to tale p ro fessato sentim ento.
210 Gregorio Nazianzeno

va [1790] presso le tue porte, al quale soltanto sarebbe


conveniente aprirle, oppure quel popolo che è già den­
tro, cacciatore di stranieri? Da quali persone ti allonta­
nerai? Chi n u trirà il tuo feto? Onora le tue fatiche dal­
le quali fosti sfiancato! Da’ ciò che resta della tu a vita
a noi e a Dio. Sia questo tempio la conclusione della
tu a vita. Queste cose costituivano la mia commozione,
tuttavia resistevo. Dopo poco, Dio mi dà la soluzione.
Arrivarono all'improvviso, infatti, chiam ati come per
contribuire a un proposito di pace, Egizi e Macedoni,
operai delle leggi e dei [1800] m isteri di Dio, portando
contro di me il vento aspro dell’Occidente 159. Ma a co­
storo si contrapponeva un popolo che la pensava alla
m aniera degli orientali. Digrignando ferocem ente i
denti, come i cinghiali, con sguardo bieco e con gli oc­
chi infiam m ati, si azzuffavano. Nel corso delle molte
discussioni, motivate peraltro più dall’ira che dalla ri­
flessione logica, confutavano m olto violentem ente la
mia situazione, distorcendo canoni già da [1810] tempo
sepolti, e dai quali in m assim a parte e chiaram ente io
ero lontano 16°. Non tanto per odio nei miei confronti, in­
vero, né per m acchinare una catted ra per altri, quanto
per danneggiare i sostenitori della m ia elezione a presu­
le, credendo che certam ente i miei mi persuadevano per
mezzo di segreti delatori. Dicevano, infatti, che non sem­
brava sopportabile l’offesa che avevano subito in passa­
to e quella relativa ai recenti avvenimenti 161.

159 Cioè, eran o favorevoli a Paolino.


160 Lo si accusava di aver lasciato le c a tte d re vescovili di S àsim a
e di N azianzo, in violazione del 15° canone del Concilio di Nicea, p e r
p a ssare a quella di C ostantinopoli, p e r sete di p o tere am bizioso. In
v erità G regorio a S àsim a non aveva m ai posto piede e a N azianzo
e ra sta to sem plicem ente a u siliario del suo vecchio p ad re o, alla m o r­
te del p adre, lo aveva so stitu ito prov v iso riam en te in a tte sa del nuovo
vescovo richiesto (cf. A Puech, op. cit., Ili, p. 334, nota).
161 M olti vescovi si d ichiarav an o niceni, dopo essere sta ti opp o si­
to ri dei vescovi egiziani che contestav an o l’elezione di G regorio, af­
ferm an do di farlo p e r obbedienza alla c a tte d ra di A lessandria.
Autobiografia, vv. 1777-1855 211

Nel frattem po io, im pastoiato come un cavallo l62,


quantunque vessato da mali e sfinito dalla m alattia,
non smettevo di battere [1820] i piedi per terra, e n itri­
vo servilm ente per la violenza delle briglie, desideran­
do i pascoli e la m ia solitudine. Quando, poi, decisero
di contestare quello che avevo detto, spezzai le funi e
afferrai volentieri l’occasione (non avrei mai potuto
persuadere costoro, avidi di potere, è evidente, tuttavia
dico il vero). E ra proprio l’occasione opportuna per
me, e avanzatom i al centro tenni il seguente discorso:
«O uomini, voi che Dio ha qui raccolto affinché poteste
prendere una decisione di suo gradim ento, che peral­
tro riguarda me, ascoltate questo mio secondo discor­
so [1830] (interesserebbe poco, infatti, almeno per
quanto riguarda questa cosi grande adunanza, come
stiano le mie vicende, anche se io vanam ente me ne
vantassi). Innalzate il vostro animo a qualcosa di più
im portante. Venite a una stessa decisione, unitevi, do­
po tanto tempo. Fino a quale punto ci lasceremo 163 de­
ridere come selvaggi, consapevoli di questa sola cosa,
che c’è aria di battaglia? Stringetevi con ardore le de­
stre della concordia. Io divento il profeta Giona. Mi
consegno per la salvezza della nave, sebbene io non sia
responsabile della tem pesta. Prendetem i [1840] e getta­
temi in mezzo alla furia del clero. Dagli abissi una ba­
lena mi accoglierà ospitalm ente. Da questo momento
com inciate ad essere concordi. Mettetevi poi in m arcia
per risolvere ogni altra questione. Questo sia chiam ato
il luogo dell’abbondanza 164. Cosi (sarà) la mia gloria.

162 G regorio m u tu a q u esta efficace im m agine da O m ero (II. VI,


506).
163 II plurale sociativum ci co n sen te di cogliere la m o d estia e la
c a rità c ristia n a del n o stro au to re. Cf. Or. II, 106: PG 35, 505; Or.
XXII, 4. 14: PG 35, 1136-1148.
164 Isacco dette q uesto nom e a un luogo in cui i serv ito ri suoi
cessaro no di litig are con i p a sto ri di G erara, loro vicini. Dopo aver
scavato due pozzi, dei q uali aveva chiam ato l'u n o Ingiustizia, l’a ltro
212 Gregorio Nazianzeno

Se restate presso di me, questo solo stabilisco come


punizione, e che com battiate a difesa delle cattedre. Se
la pensate cosi, niente sarà difficile. Non fui insediato
sulla cattedra col mio consenso, ed [1850] o ra me ne vado
volentieri. Anche il mio corpo mi persuade a fare ciò. So­
no debitore di una sola m orte e Dio la possiede. Ma, o
mia Trinità, di te soltanto mi preoccupo: avrai una lin­
gua idonea alla tua difesa, o almeno libera e piena di ze­
lo? Addio, e ricordatevi delle mie fatiche» 16S.

Gregorio si accomiata da Teodosio


e dai fedeli costantinopolitani in pianto,
aspirando alla vita contemplativa (vv. 1856-1949)

Queste cose dissi; essi si mettevano in ginocchio.


Uscii a m età tra la gioia e una certa tristezza: lieto,
perché avevo conseguito una qualche cessazione delle
mie fatiche; triste, perché non sapevo come si sarebbe
trovato il mio popolo.
Chi, privato dei figli, non si strazierebbe? Cosi sta­
vo io. [1860] Essi lo sanno e anche Dio. Molte cose sono
più nelle tenebre che nella luce, la rovina dei giovani,

Inim icizia, si m osse di là e scavò un a ltro pozzo, p e r il quale non


vennero a contesa, onde egli lo chiam ò con il nom é di «largo spazio»,
dicendo: «O rm ai il S ignore ci h a d ato spazio libero affinché p o ssia­
m o p ro sp e ra re nel paese». Si tr a tta di un o ttim o p arallelo p er in d ica­
re la gioia di uno che, finalm ente, si sen te libero da ogni sopraffazio­
ne, da ogni d u ra continenza e sorveglianza. Cf. Gen. 26, 22.
16S In 27 versi (1828-1855) G regorio riassu m e cosi le sue dim issio ­
ni ai vescovi p rim a di a n d are a c e rc a re il conforto-assenso d e ll’impe-
ra to re . M entre ne L'autobiografia l’a u to re fa c ap ire che le sue d im is­
sioni sono m otivate d alla contestazione su b ita a ll'in te rn o dei vescovi
co nciliari, non cosi n e ll’Or. XLII: PG 36, 457-492. Anche nel 362 e nel
363 G regorio si è d ato alla fuga. Si può p en sare che la c ita ta o razio ­
ne sia sta ta sc ritta dopo la p arten za, verso l’inverno 381-382. G rego­
rio tiene il discorso d ’addio n ella ch iesa di S an ta Sofia, rivolto ai ve­
scovi, al clero e al popolo.
Autobiografia, vv. 1856-1949 213

le corruzioni, le insidie dell’abisso. Altri vanno dicendo


queste cose, m a io starò zitto. Non ho tempo di osser­
vare le complesse macchinazioni (degli uomini), io che
coltivo la sem plicità di cuore, donde proviene la sal­
vezza, e di ciò soltanto si occupa il mio discorso. Que­
sto, tuttavia, io so: (i vescovi) col loro assenso mi ono­
rarono più del conveniente. Siffatta gratificazione la
p atria riserva [1870] ai suoi cari. Questa la situazione.
Ma come mi com porto con l’im peratore? Mi prostro?
Mi inginocchio? Mi procuro altri intercessori tra gli
amici, soprattutto tra i potenti, quelli ai quali ero più
caro? Gli prendo la m ano? Proferisco parole di suppli­
ca? Oppure verso dell’oro, il potente dom inatore, per
non cadere da tanto alta cattedra? Queste cose le la­
scio agli uomini molto versatili. Io, invece, cosi come
stavo 166, mi avvicino al m anto di porpora 167 e, alla
presenza di molti spettatori, [1880] dissi: «Anch’io, o
sovrano m unificentissim o, una qualche grazia chiedo
alla tua onnipotenza. Non ti chiedo oro, né tavolette
splendenti né l’im preziosim ento della m istica mensa,
né qualche alta dignità per i miei parenti o un posto
alla tua corte, o sommo im peratore. Queste richieste si
addicono agli altri che si occupano di piccole cose. Io
mi ritengo degno di cose ben più im portanti. Mi si con­
ceda una cosa, di allontanarm i un po’ dall’invidia 168.
Desidero servire le cattedre, m a da lontano. [1890] So­
no stanco di essere in odio a tutti, anche agli amici,
poiché non posso m irare ad altro se non a Dio. Chiedi
a costoro una concordia amichevole, gettino via le a r­
mi, almeno in tuo onore, se non lo fanno per tim or di
Dio e della sua punizione. Pianta il trofeo della b atta­
glia incruenta, tu che abbattesti l’indom ita ferocia dei

166 Con i p a ra m e n ti sacri che i vescovi indossavano nelle riunioni


conciliari e nelle funzioni liturgiche, a testim onianza di un felice
connubio di deferenza e di fierezza.
167 A T eodosio che è vestito d ella p o rp o ra im periale.
168 Cf. n ota n. 89.
214 Gregorio Nazianzeno

barbari. Chiedi a questa mia canizie (mentre contempo­


raneam ente indico i capelli canuti e i sudori [1900] che
avevo profuso per Dio) quanto costantem ente soffra
per il mondo. Sappi che contro la mia volontà mi inse­
diarono sulla cattedra».
L’im peratore applaudiva alla presenza di tu tti e
anche gli altri applaudono e ottengo la grazia, a stento,
come dicono, tuttavia la ottengo. Che altro mi assilla
dopo questi mali? Persuadere tu tti ad accettare ciò di
buon animo, e a non pensare affatto a qualcosa di a r­
rogante, per am or mio e in odio alla malvagità. Acca­
rezzavo, lodavo, conciliavo ai malvagi l’altare, gli stra­
nieri [1910], i capi del popolo, sia l'antico sia quello
che recentem ente è stato acquisito alla nostra fede,
m entre quelli non riuscivano a sopportare la partenza
del loro padre, specialm ente quei vescovi che erano ri­
m asti vivamente colpiti. Molti, infatti, quando apprese­
ro ciò che era stato deliberato, se ne andavano di cor­
sa, come fuggendo colpi di fulmine, turandosi le orec­
chie e battendo le mani, per non guardare con i loro
occhi tale spettacolo, cioè un altro assiso in alto sulla
m ia cattedra. Qui finisce il mio discorso. Eccomi cada­
vere vivente 169. Un vinto (qual prodigio!) coronato di
vittoria [1920], il quale possiede Dio e amici pieni di
Dio, al posto di una catted ra e di vana arroganza. Ban­
do alle calunnie, gioite, esultate, o uomini saggi, canta­
te nelle riunioni, nei conviti, nei templi le mie disgra­
zie. Cantate come vincitori, alla m aniera dei galli, bat­
tendo cioè i fianchi con i gomiti, stando ben eretti, al­
zando il collo in mezzo agli stupidi. Per volontà di uno
solo, siete tu tti vincitori. Certo, se uno lo vuole, o invi­
dia! E mi liberate da questa, gloriandovi come se io
fossi stato [1930] scacciato. Ma, se uno non vuole, ver­
gognatevi della vostra malvagità, voi che ieri mi inse­

169 La m etafo ra fu n eb re rich iam a con e sp ressiv ità — grazie


a ll’o ssim oro — le m iserie della vita.
Autobiografia, vv. 1856-1949 215

diaste sulla cattedra e oggi me ne scacciate. Che mi ac­


cadrà se fuggo? Starò con gli angeli. Nessuno, com un­
que sia, p o trà danneggiare la m ia vita, ma nemmeno
giovarle. Mi congiungerò con Dio. Mi scorra la lingua,
come vana aria. E sono sazio di queste cose, io che so­
no stato oggetto ora di rim proveri, ora di particolari
elogi. Chiedo di vivere la m ia solitudine lontano dai
malvagi, dove io possa cercare Dio [1940] soltanto con
la mia mente, e dove è la dolce speranza delle cose ce­
lesti, nutrice dei vecchi. Che darò alle chiese? Le mie
lacrime. A queste mi condusse Dio avvolgendo la mia
vita in molte vicissitudini. (E voi, mie vicissitudini) fin
dove arriverete? Dimmelo tu, o Verbo di Dio. In quella
casa inconcussa — io prego — dove è la mia Trinità e
quell’unica luce 170 dalle cui oscure om bre o ra vengo
innalzato.

170 Vedi La fuga, cap. 36, n o ta n. 82.


IN D IC I
IN D IC E DEI N O M I E DELLE COSE N O TE V O LI*
La fuga

Abiud: 93 Basilio: 14, 15


Abramo: 103 Benedizione: 117
Adamo: 23 Betlemme: 24
Aggeo: 11 Bocca: 95
Albero (della vita): 25
Ammoniti: 79
Angeli: 73 Cammello: 70
Anime profane: 8 Canizie: 18, 103
Annesi: 15, 16 Canoni (di Paolo): 69
Arbitrio (libero): 17 Captatio benevolentiae: 19
Arca: 93 Casa dei beati: 117
Arcangeli: 73 Casa spirituale: 116
Arianzo: 13 Cesarea (di Palestina): 14
Ario: 37 Cesario: 13-14, 16
Armatura: 101 Contese private: 83
Arte dei vasi: 47 Corda sospesa: 34
Arte delle arti: 16 Cose divine: 7
Arte pastorale: 34 Cose umane: 7
Ascesi monastica: 19 Cura delle anime: 16
Aspide sorda: 20
Ateismo: 37 David: 1, 49, 52, 58, 88, 116
Atene: 14, 15 Disegno (di Dio): 107
Aule divine: 49 Disobbedienza: 6, 111, 112,
113, 115
Babilonia: 64 Dispute dottrinali: 20
Balena: 106, 109 Dottrina trinitaria: 21

* I nu m eri in corsivo rich iam an o le pagine d e ll’Introduzione, q uel­


li in tondo i capitoletti.
220 Indice dei nomi e delle cose notevoli

Economia soteriologica: 28 Logos: 15


Ecum enicità della Chiesa: 23 Luce: 36, 76
Eli: 93
Empietà: 79, 80 Malattie della teologia: 37
Esempi del passato: 105 Maligno: 77, 88
Esortazione: 31 Malizia: 11
Mambro: 41
Falce: 62 Mangiatoia: 24
Farisei: 70 Mani trafitte: 25
Favi: 77 Mano aperta: 25
Fiera: 87, 92 Medicina dei corpi: 16
Filosofi fino alla cintura: 49 Mente universale: 74
Fionda: 88 Michea: 58
Fronte scoperta: 20 Minacce bibliche: 20
Mistione nuova: 23
Moabiti: 79
Gerarchia: 18, 24 Mosè: 41, 88
Gerusalemme: 56
Gianno: 41
Nadad: 93
Giona: 18, 106
Naufragio (pericolo di): 19
Giudaismo: 37
Navigante: 100
Giuliano: 14
Niniviti, 106
Gorgonia: 13
Nomi di Cristo: 98
Gregorio l’Antico: 13 Nonna: 13
G uerra esterna: 87
Nostalgia: 18, 102
G uerra interna: 91
Obbedienza: 18, 106
Illiria: 56 Occhi (degli uomini): 20
Immagine: 22 Occhio (di Dio): 20, 107
Impudenza: 79 Onde: 100
Ingenuità: 35 Osea: 57
Insorgere: 25 Oza: 93
loppe: 107
Iris: 21
Paolo: 51, 52, 84
Isaia: 56
Pastore: 9, 64, 65, 66, 68, 116,
117
Labbra: 95 Perdono: 110
Legno: 25 Persuasione: 15
Lingua: 95 Piatti puliti all'apparenza: 70
Logoi: 14 Pietanza: 103
Indice dei nomi e delle cose notevoli 221

Pietro: 51 Sepoltura: 106


Plettro: 95 Serafino: 56
Politeismo: 37 Serpenti: 70
Presidenza: 111 Solitudine: 6
Primo pastore: 117 Spada: 63, 64
Proemio: 18 Spelonche di serpenti e di
Profeti: 23 fiere: 60
Psicagogia: 104
Puledri generosi: 30 Tabor: 57
Purificarsi: 71 Tani: 56
Tarso: 107
Rabbi: 49 Tavole: 92
Rimprovero: 31, 32 Tempo: 103
Risorgere: 25 «Teologo»: 21
Theoria e praxis: 27
Sabellianismo: 22 Timor (di Dio): 79
Sabellio: 37 Treni: 88
Sacerdote: 16, 78, 82, 91 Trinità: 36
Sacerdote angelo del Signo­
re: 61 Uomo savio (Origene): 107
Sacerdote tabernacolo di Cri­
sto: 97
Salomone: 50, 73, 75 Vanagloria: 7, 51
Samuele: 49, 88 Veste nuziale: 77
Sara: 103 Via regale: 34
Sasima: 19 Violenza: 15
Saul: 111 Vipere: 70
Scandalo: 2 Vita monastica: 18
Scribi: 70 Vita tranquilla: 6
Scrittura: 48, 96
Sem inare sulle pietre: 50 Zanzara: 70
IN D IC E S C R ITTU R IS TIC O *
La fuga

Antico Numeri 2, 22-25: 93


Testam ento 7, 5.9: 88
1, 2-47: 99 10, 1: 88
20, 17: 34 10, 11: 8
Genesi 31, 3-35: 99 10 , 22 : 111
15, 26: 113
1, 26: 22 Deuteronomio 16, 16: 88
2, 9: 25 17, 14: 117
3, 24: 25 2, 34: 79 17, 49: 88
27, 21: 103 7, 6: 53 19, 24: 8
14, 2: 53
Esodo 32, 15: 90
2 Samuele
5, 1: 11 Giosuè 6, 6-8: 93
6, 14: 11 7, 8: 113
7, 11: 41 4, 9: 49
19, 12-17: 92 5, 14: 88
2 Cronache
24, 15.18: 92 22, 2: 113
29, 29.33: 95 6, 19: 113
30, 10: 94 Giudici
31, 11: 94 Neemia
31, 18: 92 2, 2: 113
6, 10: 113 9, 29: 113
Levitico
1 Samuele Salmi
8, 31: 94
10, 1-2: 93 1, 19-28: 49 2, 1: 25
21, 17-23: 94 2, 12-14: 93 10, 7: 79

* Il rinvio è al cap ito letto e non alla pagina.


Indice scritturistico 223

11, 2: 58 118, 131: 95 Siracide


11, 7: 96 125, 2: 95
13, 3: 79 128, 3: 84 3, 9: 116
16, 5: 95 136, 6: 95 25, 9: 50
17, 12 76 138, 8: 108
17, 34 95 139, 3: 79 Isaia
21, 11 77 140, 4: 20 1, 22: 46
25, 7: 76 140, 6: 77 3, 4: 56
26, 4: 97 142, 5: 104 3, 7: 56
28, 9: 117 143, 1: 88 3, 12: 56
36, 7: 1 144, 13.17: 95 6, 6: 56
36, 27: 14 6, 10: 95
39, 3: 91, 95 Proverbi
8, 19: 46
43, 11 12: 83 1, 28: 113 8, 21: 56
45, 11 99 2, 3: 77 9, 14: 56
49, 14 95 4, 25: 95 9, 15: 56
50, 19: 95 4, 27: 34 19, 11: 56
54, 8-9: 1 14, 10: 57 29, 4: 46
56, 9: 95 14, 30: 57 29, 14: 108
64, 11 90 15, 7: 95 40, 2: 56
67, 12 117 16, 24: 77 40, 12: 74
67, 36 117 22, 20: 96 40, 18.25: 74
68, 3: 91 25, 3: 74 45, 3: 96
72, 8: 41 25, 12: 95 50, 4: 95
72, 23 117 26, 12: 50 50, 5: 95, 115
72, 24 117 27, 23: 34 52, 5: 86
77, 70 117 29, 20: 73 53, 4: 55
80, 11 95 53, 7: 115
86, 7: 117 Qoelet 54, 13: 8
91, 13 49 58, 5: 59
103 , 6 76 1, 18: 75
3, 1: 103 66, 1: 74
103, 15: 46
105, 39: 79 7, 23-24: 75
10, 5: 50 Geremia
105, 41: 83
106, 32: 115 10, 16: 73
1, 5: 67
106, 40: 78 2 , 8 : 68
Sapienza
109, 3: 117 2, 21: 90
112, 7: 117 5, 16: 90 3, 14: 90
117, 19: 79 7, 25: 98 3, 15: 117
118, 24: 115 7, 26: 7, 98 3, 17-18: 117
118, 103: 77 9, 1-2: 75 8, 23: 67
224 Indice scritturistico

10, 21: 68 4, 7: 90 Aggeo


11, 16: 90 4, 9: 82
2, 11-14: 11
12, 10: 68 5, 1-2: 57
23, 1-2: 68 6, 5: 57
25, 34: 68 7, 7: 57 Zaccaria
32, 34: 68 8, 4: 57 3, 1-10: 62
10, 1: 90 5, 1: 62
Lamentazioni 7, 3: 62
Gioele 10, 3: 63
1, 20: 90 11, 3: 62, 63
3, 28: 90 1, 9: 59 11, 4-6: 63
1, 13: 59 11, 15: 117
Ezechiele 1, 14: 59 11, 17: 117
2, 16: 59 13, 7: 63
3, 18: 113 2, 17: 89
3, 20: 46 3, 11: 82
5, 11: 113 Malachia
7, 26: 65 1, 6: 61
13, 15: 65 Amos
1, 7-8: 61
14, 5: 65 5, 10: 20 2, 5: 61
14, 14-20: 89 2, 6-7: 61
17, 11: 88 2, 7: 61
22, 24-25: 65 Giona
2, 13: 61
22, 26-27: 65 1, 3: 106
28, 12: 90
33, 2-6: 64
33, 8: 46 Michea
Nuovo
33, 9: 64 2, 3: 90 Testam ento
34, 2-4: 66 3, 10: 58
34, 8.10: 66 3, 11: 58
34, 11.12: 66 3, 12: 58 Matteo
36, 3: 86 7, 1-2: 58
7, 3: 58 5, 15: 72
Daniele 7, 4: 58 5, 20: 70
7, 6: 41, 79
13, 5: 64
7, 26-27: 73
Abacuc
8, 17: 55
Osea
1, 2-4: 60 10, 9-10: 69
1, 4: 57 1, 5: 60 11, 30: 110
3, 4: 4, 57 1, 14: 60 12, 39: 109
4, 6: 113 2, 15: 60 13, 5-6: 73
Indice scritturistico

15, 20: 8 2, 16: 21 7, 25-40: 54


16, 24: 99 2, 24: 86 8, 1: 55
18, 6: 2 2, 25-29: 54 8, 6: 14
22, 11-13: 77 2, 28-29: 54 9, 2: 90
23, 7: 49 6, 6: 97 9, 11: 55
23, 24: 70 6, 13: 95 9, 18: 53
23, 26: 70 7, 6: 97 9, 22: 51
23, 27: 70 7, 23: 91 9, 27: 55
23, 33: 70 9, 3: 55 10, 4: 98
25, 15: 72 10, 2: 40 12, 8: 54
12, 1: 95 12, 29: 8
Marco 13, 1-7: 54 13, 2: 21
14, 2: 45 13, 12: 55
9, 42: 2 15, 19: 56 14, 2: 96
14, 24: 8
Luca l Corinti 14, 25: 21
14, 28: 7
6, 49: 73 1, 4: 54 15, 9: 54
8, 6: 50 1, 24: 98 15, 41: 15
12, 42: 35 1, 30: 98 15, 51: 54
12, 47: 40 2, 1.7: 54 17, 7: 113
14, 28: 101 2, 6: 45
17, 2: 2 2, 7: 99
24, 32: 96 2, 10: 79 2 Corinti
2, 13: 96 2, 8: 54
Giovanni 2, 16: 96 2, 16: 46
3, 1-2: 45, 99 2, 17: 46
1, 5: 36 3, 2: 54 3, 6: 48
1, 9: 36 3, 9: 26 3, 6-8: 92
I, 9: 98 3, 12-14: 10 4, 10: 55
3, 19-21: 36 3, 22-23: 54 4, 17: 75
6, 45: 8 4, 1: 26, 54 5, 4: 95
8, 40: 98 4, 4: 98 6, 16: 97
9, 5: 36 4, 9: 53, 84 10, 12-13: 14
II, 25: 98 4, 12: 53 11, 2: 55
14, 6: 98 4, 15: 54 11, 6: 55
4, 21: 54 11, 16: 3
Romani 5, 5: 54 11, 21: 55
6, 1: 79 11, 23: 77
1, 8: 54 7, 1-16: 54 11, 26: 53
1, 9: 54 7, 9: 54 11, 28: 53
226 Indice scritturistico

11, 29: 53 Filippesi 1 Timoteo


12, 2-4: 56
1, 23-24: 54 2, 7: 55
13, 3: 54
2, 7: 23, 98 3, 2-3: 69
3, 3: 87 6, 16: 5
Galati 3, 7: 14
3, 8: 56 2 Timoteo
3, 1: 54 3, 21: 91
3, 13: 55 4, 1: 54 3, 8: 41
3, 24: 23 4, 13: 45
4, 19: 103 Tito
5, 17: 55
1, 7.9: 69
6, 14: 56 Colossesi 2, 4: 53
1, 15: 98
Efesini Ebrei
1, 18: 98
1, 23: 99 2, 19: 45 5, 12: 45
2, 14: 117 3, 2: 55 5, 14: 45
2, 22: 97 3, 18-19: 54 12, 2: 23
3, 3: 54 3, 22: 54 12, 18-20: 92
3, 16-17: 22 4, 1: 54 12, 22-23: 116
4, 11: 3
4, 13: 45 Giacomo
4, 14: 42 1 Tessalonicesi
1, 26: 77
4, 15: 3, 98 1, 2: 54 2, 19: 86
4, 16: 3 2, 19: 90
5, 22-23: 54 1 Pietro
5, 27: 117
5, 30: 99 2 Tessalonicesi 2, 5: 116
6, 1-4: 54 3, 4: 21
6, 5-9: 54 1, 3: 54 5, 2: 15
6, 11: 88 1, 4: 55 5, 4: 116
6, 12: 84 2, 13: 54 5, 6: 115
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI*
Autobiografia

Abbondanza: 1844 Atleta: 1127


Abramo: 53, 1763 Atto tirannico: 345
Acolio: 135
Acqua pia: 598 Balena: 1842
Acque lustrali: 164 Basilio: 225, 355
Albero amaro: 961 Bastone: 767
Alessandria: 128, 890, 1013 Beliar: 823
Amm inistratore estraneo: Bonaccia: 1619
1484 Bosio: 125
Ammoniti: 1737
Anarchia: 1744
Anastasis: 1079 Cadavere vivente: 1919
Angeli: 1608, 1934 Cadaveri: 33
Antiochia: 1574 Cane: 846, 894, 912, 914, 924,
Antistene: 1032 925, 926, 938, 974, 1004,
Apollinaristi: 129 1010, 1030
Aquileia (Concilio di): 132 Carmelo: 293
Arca (di Noè): 1081 Carne (di Cristo): 1695
Arca antica: 1368 Cavallo: 1818
Arco: 1297 Cerbiatto-vergine: 863
Ario: 578 Cinghiali: 1804
Aronne: 507 Cipro: 131
Aspide: 822 Città-madri: 459
Assassino: 1461 Còmiti: 140
Atene: 211, 263, 476 Concilio ecumenico: 133

* I num eri in corsivo richiam an o le pagine d ell’Introduzione, q u el­


li in tondo i versetti.
228 Indice dei nomi e delle cose notevoli

Concordia: 1576, 1893 Giona: 1838


Corepiscopi: 447 Graziano: 127
Cornacchie: 1681
Cose celesti: 1042, 1949 Ignoranza: 1617
Cratete: 1033 Im peratore: 1002, 1279, 1320,
1450, 1885, 1902
Damaso: 133 Incendio: 900
Demofilo: 127, 131, 133 Iniziato: 1651, 1714
Devolder: 124, 126 Iniziatori: 1714
Diaspora: 1544 Invidia: 335, 345, 1545, 1660,
Diogene: 1032 1889, 1930
Dissidio: 1538 Lapidazioni: 665
Distorcendo canoni: 1810 Laringe strepitante: 117
Dottrina pia: 658, 1513 Leoni: 408
Due nature: 650 Libertà di parola: 690
Due Rome: 563 Lingua ciarliera: 983
Due soli: 563 Logorrea: 1211
Duplice pericolo: 198 Lot: 1763
Duplice salvezza: 207 Luce: 1948

Editto (di Teodosio): 127 Macedoni (vescovi): 1800


Educazione filosofica: 321 Macedonia: 1280
Egina: 209 Macedoniani: 128
Egizi (vescovi), 1800 Malattia: 1442, 1745, 1819
Elia (di Tesbi): 292 Malvagità: 802, 991
Eracle: 975 Mani: 1173
Eredità: 527 Mar Rosso: 746
Esploratori: 834 Massimo: 130
Etna: 1405 Melito (o Melezio): 1521
Eunomiani: 128 Mentitore: 416
Euripide: 121 Mercanti fenici: 150
Mirra: 1758
Moabiti: 1737
Flautista: 909
Fleury: 121, 123 M oderazione: 1239, 1401,
1416, 1616
Fonte m arina dolce: 217
Montano: 1174
Fonti: 1774
Morte: 1698
Fratello: 368
Novaziano: 1175
Gelosia: 817 Nuova eresia (Apollinare):
Gigante: 1404 610
Indice dei nomi e delle cose notevoli 229

Omero: 121 Sofocle: 121


Ordine dissoluto: 28 Solitudine: 1940
Spada: 1394
Padre errabondo: 55 Stilo: 1015
Paolino: 1586 Stoà: 1034
Parresia: 1659 Studi di retorica: 123
Peripatetici: 1034 Studi letterari: 112
Piaceri della carne: 282
Pietro (d’Alessandria): 858, Taglio dei capelli: 764
1015 Taso: 875
Ponto: 351 Tecla: 549
Poppa: 1055 Tempesta: 131, 1618, 1840
Precursore: 294 Tesorieri: 1481
Proconneso (marmi di): 877 Tessalonica: 1003
Proteo: 808 Tillemont: 136
Timoteo: 135
Risurrezione: 1699 Tornaconto: 1667
Rodi: 208 Torpedine: 1256
Trinità: 579, 1060, 1100, 1120
Sacre Scritture: 790 Tristezza metafisica: 121
Salvezza: 1699 Toro (coda del): 126
Samuele: 91 Trofeo: 1896
Sansone: 920
Sàsima: 125 Uccello: 377
Sàsimi: 446 Una sola anim a in due: 478
Sassate: 1658 Uomo effeminato: 750
Scimmia: 409
Scisma (di Antiochia): 129 Valente: 127
Seconda navigazione: 497, Vento aspro: 1802
1638 Vespe: 1686
Seconda Roma: 1510 Vita anacoretica: 124
Seleucia: 547 Vita attiva: 302
Seppia: 1199 Vita insolita: 309
Sgambetto: 425 Vita interm edia: 124
Sicario: 1569 Vita tranquilla: 216
Simon mago: 1167 Vita voluttuosa: 1444
Socrate: 1035 Virtù: 804
INDICE SCRITTURISTICO*
Autobiografia

Antico Giosuè Sapienza


Testam ento
6, 6-20: 192 11, 24: 816
14, 6: 1081

Giudici
Isaia
Genesi 16, 19-20: 920
59, 5: 822
6, 14-21: 1081
8, 13-19: 1081 1 Samuele
26, 22: 1844 Geremia
4, 10: 91
7, 12: 91
Esodo 26, 16: 91
7, 14: 191 1 Re
12, 36: 191
18, 18-46: 293 Daniele
14, 21-22: 188
17, 10-13: 189 6, 17-28: 675
Salmi
Numeri
38, 60: 91 Giona
13, 1-16: 834 90, 13: 822 2, 1-10: 677
20, 9-11: 191

Deuteronomio Qoelet Malachia


23, 3-6: 1737 6, 16: 1616 3, 1-23: 292

* Il rinvio è ai v ersetti e non alla pagina.


Indice scritturistico 231

Nuovo Luca 1 Pietro


Testam ento 1, 17: 292 3, 20: 1081
10, 19: 822 5, 2: 1284
Romani
6, 4: 1699 2 Pietro
Matteo
1 Corinti 3, 5-6: 1081
5, 14: 831
11, 10: 292 15, 55: 1699
17, 10-13: 292
2 Corinti Apocalisse
21, 41: 999
24, 37-39: 1081 6, 15: 823 20, 1-6: 610
IN D IC E G EN ER A LE

Introduzione generale . pag. 5

Gregorio Nazianzeno - LA FUGA

Introduzione . . » 13
a) La vita di Gregorio prim a della com­
posizione de «La fuga».................................... » 13
b) Occasione dello sc ritto .................................... » 16
c) S tru ttu ra e descrizione som m aria . » 17
d) Prodrom i del problem a trinitario . » 21
e) Riflessioni di Gregorio sulla Chiesa . » 23
f) Dignità, oneri e doti che si richiedono
nel s a c e rd o z io .................................................. » 25

Testo
1 - P r e m e s s a ......................................... » 29
2 - Lo scandalo per u n ’accusa ingiusta » 30
3 - M inistri e fedeli nella Chiesa . » 30
4 - La vita s o l i t a r i a ........................... » 31
5 - Motivi di d i s d o r o ........................... » 32
6 - Le ragioni del suo com portam ento. » 33
7 - P arlare con la propria anim a . » 34
8 - Il servizio dell’altare . . . » 35
9 - Il pastore del gregge . . . » 36
10-11 pastore delle anim e . . . » 37
11 - Il c o n ta g io ...................................... » 38
234 Indice generale

12 - Medicare se s t e s s i .......................................pag. 39
13 - Medicare se s t e s s i ...........................................» 39
14 - Eccellere nelle v i r t ù ....................................» 39
15 - Le attitudini d i v e r s e ................................. * » 40
16 - L’arte delle a r ti..................................................» 41
17 - Eredi della gloria celeste . . . . » 42
18 - La terapia m e d i c a ...........................................» 43
19 - L’e g o i s m o .........................................................» 44
20 - Non si hanno scuse per i peccati . . » 44
21 - La terapia s p i r i t u a l e ....................................» 45
22 - R iportare Cristo nei cuori con l’aiuto
dello S p i r i t o .................................................. » 46
23 - L’unione di due realtà distinte . . . » 47
24 - Il nuovo m i s t e r o ...........................................» 48
25 - L’albero della v i t a ...........................................» 49
26 - Curare i nostri difetti e le nostre debo­
lezze ................................................................ » 50
27 - Curare i nostri difetti e le nostre debo­
lezze ................................................................ » 50
28 - La salvezza dell’a n i m a ................................... » 51
29 - Un’analisi più accu rata....................................» 51
30 - V arietà e diversità delle terapie . » 52
31 - Lodi e ammonizioni a tempo e a luogo » 52
32 - Discrezione e decisione nella cu ra . . » 53
33 - La terapia dell’anim a non deve essere
c a t e g o r ic a ......................................................... » 53
34 - N ecessità di una vita equilibrata . . » 54
35 - La diffusione giudiziosa della parola
del S ig n o re......................................................... » 55
36 - Sovranità e beatitudine della Trinità . » 55
37 - Le tre dannose opinioni teologiche. » 56
38 - Dobbiamo difendere e professare l’uni­
tà e la trin ità di D io ........................................... » 57
39 - La predicazione è difficile: è necessa­
rio l’aiuto dello S p irito .................................... » 58
40 - Amorevole atteggiam ento verso gli
e r e t i c i ................................................................ » 59
Indice generale 235

41 - I boriosi, gli ignoranti, i superficiali . pag. 59


42 - Ignavi, indolenti, incapaci, irresponsa­
bili, p r e s u n t u o s i ........................................... » 60
43 - I com piti dello scrittore tim orato di
D i o ....................................................................... » 61
44 - Sem plicità e versatilità dell'educatore
s p i r i t u r a l e ......................................................... » 61
45 - G radualità dell’educazione spirituale . » 62
46 - Guardiam oci da quelli che mistificano
la parola di C r i s t o ........................................... » 63
47 - Prim a educàti, poi educatori . . . » 64
48 - U n'antica legge ebraica. (Educarsi al­
l’intelligenza delle Scritture) . . . » 64
49 - L’educazione deve essere perm anente . » 65
50 - Stolto l’uomo che si crede sapiente » 66
51 - La vanagloria ostacola la vi r t ù. . . » 68
52 - Paolo testim one della cu ra delle anime » 68
53 - Paolo m ediatore tra Dio e gli uomini . » 69
54 - Paolo sapeva contem perare benevolen­
za e severità verso tu tti . . . . » 69
55 - Le tribolazioni sono per Paolo il mi­
gliore ornam ento ........................................... » 71
56 - Facciamoci im itatori di Paolo, ma ve­
raci ....................................................................... » 72
57 - Guai ai profeti incapaci! — dice Osea » 73
58 - Guai ai simoniaci! — grida Michea . » 74
59 - Espiazioni di sacerdoti indegni, secon­
do G i o e l e ......................................................... » 75
60 - Parole minacciose di Abacuc . . . » 75
61 - Le ammonizioni di M alachia . . . » 76
62 - Zaccaria rim provera i sacerdoti . . » 77
63 - Altre m inacce di Zaccaria . . . . » 78
64 - Ezechiele contem platore e interprete
dei grandi m i s t e r i ........................................... » 79
65 - Ezechiele ammonisce i pas t or i . . . » 79
66 - Pastori che pascolano se stessi. . . » 80
67 - Geremia si lam enta della malvagità dei
c a p i....................................................................... » 81
236 Indice generale

68 - Em pietà e stoltezza dei sacerdoti di­


mentichi di D io..............................................pag. 81
69 - Prescrizioni di Gesù ai suoi discepoli . » 82
70 - Non im itiamo gli scribi e i farisei!. » 83
71 - Responsabilità nell’assum ere un posto
di com ando......................................................... » 83
72 - Una circospetta lentezza è migliore di
u n ’incauta ra p id ità ........................................... » 84
73 - La rapidità è più pericolosa nel fare
che nel d ire ......................................................... » 84
74 - Chi potrà contem plare la Mente divi­
na? ....................................................................... » 85
75 - La sapienza accresce il dolore . . . » 86
76 - La m aestà, l’altezza e la dignità del sa­
cerdozio scoraggiano Gr egor i o. . . » 87
77 - Confessione di umiltà: tim ore di non
possedere la veste nuziale . . . . » 88
78 - Difficoltà congiunturali: vacuità del
nome del sacerdote........................................... » 89
79 - Arroganti ed empi siamo diventati . » 89
80 - Q uanta generosità... nel peccare! . . » 90
81 - Confusione e violenze reciproche . . » 90
82 - Beati quelli che per la verità lottano e
sono oggetto di o d i o ! .................................... » 91
83 - Il nome di Dio trascinato nelle contese
p e r s o n a l i ......................................................... » 92
84 - I peccatori fabbricano sopra le nostre
s p a l l e ................................................................ » 92
85 - Com battere per il Cristo, secondo le
sue r e g o l e ......................................................... » 93
86 - I demòni rabbrividiscono al nome di
C r i s t o ................................................................ » 93
87 - La m orte per il Cristo, unica strada
per la v i t t o r i a .................................................. » 94
88 - V irtù di profeti (I parte) . . . . » 94
89 - V irtù di profeti (II parte) . . . . » 95
90 - La debolezza fu causa della mia fuga » 95
Indice generale 237

91- 1 1 sacerdote com batte quotidianam en­


te contro le debolezze del suo corpo . pag. 96
92 - La causa della m ia p au ra . . . . » 97
93 - Esempi di em pietà punita . . . . » 98
94 - Idoneità a com piere sacrifici . . . » 99
95 - Presupposti necessari per servire de­
gnam ente il S i g n o r e .................................... » 99
96 - Il pastore di anime deve possedere il
pensiero stesso di Cristo . . . » 101
97 - Il pastore degno è dim ora viva del Cri­
sto ....................................................................... » 102
98 - Il sacerdote partecipi delle prerogati­
ve del C r i s t o ..................................................» 102
99 - È difficile essere capo della schiera di
C r i s t o ................................................................ » 103
100 - Desiderio di vita semplice e tranquilla » 104
101 - Ciascuno agisca secondo le sue forze » 104
102 - Le ragioni del mio ritorno: il primo
m o t iv o ................................................................ » 105
103 - Le ragioni del mio ritorno: il secondo
m o t iv o ................................................................ » 105
104 - Le ragioni del mio ritorno: il terzo mo­
tivo ....................................................................... » 106
105 - La S crittu ra è regola e modello di
a z i o n e ................................................................ » 107
106 - L’esempio della fuga di Giona . . . » 108
107 - Giona, p u r fuggendo, non ignora il di­
segno di D i o .................................................. » 108
108 - Nessuno può sfuggire a Dio . . . » 109
109 - Peccato e redenzione di Giona . . » 110
110 - C’è perdono per chi è ancora retinente? » 110
111- Disobbedienza e superficialità . . » 111
112 - Il mio pensiero sulla presente questione » 111
113 - U tilità dell’esercizio dell’obbedienza . » 112
114 - Vario com portam ento dei padri antichi » 113
115 - Gregorio, pentito, accetta la chiam ata
di D i o ................................................................ » 113
238 Indice generale

116- Autofferta di Gregorio a Dio e alla co­


m unità ............................................................pag. 114
117 - Gregorio si rim ette, fiducioso, nelle
mani di D io........................................................» 115

Gregorio Nazianzeno - AUTOBIOGRAFIA

Introduzione . » 119

Testo
vv. 1-118 - Proemio. Giovinezza e prim i
s t u d i .................................................. » 137
vv. 119-210 - Una pericolosa traversata . » 142
vv. 211-337 - Il soggiorno ad Atene. L’am i­
cizia fratern a con Basilio. Il
ritorno a Nazianzo . . » 146
vv. 338-438 - La violenza paterna dell'or­
dinazione sacerdotale. La fu­
ga nel Ponto e il ritorno. Il
«tradimento» di Basilio . . » 152
vv. 439-525 - L’affare di Sàsima. La pre­
ghiera del vecchio padre. . » 156
vv. 526-606 - La fuga a Seleucia. Le due
Rome. La pazzia di Ario.
Gregorio è richiesto a Co­
stantinopoli .................................... » 160
vv. 607-749 - Il soggiorno a Costantinopo­
li. Le eresie trinitarie. Gre­
gorio lapidato e im putato di
omicidio. Violenze e calun­
nie degli ariani . . . . » 163
vv. 750-886 - Massimo il Cinico, traditore
astuto e abile. Vescovi e
m ercenari egizi correi di
M assim o ............................................ » 169
Indice generale

vv. 887-1000 La notte dell’empietà: una


m acabra cerimonia. Ingenui­
tà colpevole di Gregorio. La
cacciata di Massimo .
vv. 1001-1112 Ultimi vani assalti di Massi­
mo. Proposito di Gregorio di
lasciare Costantinopoli .
vv. 1113-1200 La rivincita del dogma trini­
tario sulle e re s ie . . . .
vv. 1201-1276 L’oratoria pacata e suadente
di G r e g o r i o ............................
vv. 1277-1395 Teodosio en tra in Costanti­
nopoli, restituisce le chiese
agli ortodossi e insedia Gre­
gorio sulla cattedra vescovi­
le m e tro p o lita n a . . . .
vv. 1396-1505 A ttentato alla vita di Grego­
rio e pentim ento del sicario.
Amministrazione oculata e
retta dei beni della diocesi
vv. 1506-1617 Melezio presiede il 2° Conci­
lio Ecumenico di Costantino­
poli (maggio-luglio 381). Ri-
percussioni sul Concilio del­
lo scisma di Antiochia e sag­
gi suggerim enti di Gregorio
vv. 1618-1679 Gregorio tenta di com porre
lo scisma di Antiochia
vv. 1680-1776 Rampogne di Gregorio con­
tro i vescovi tracotanti ed ir­
ragionevoli ............................
vv. 1777-1855 Gregorio, calunniato dai ve­
scovi ritard atari, con un me­
m orabile discorso lascia la
presidenza del Concilio .
240 Indice generale

vv. 1856-1949 - Gregorio si accom iata da Teo­


dosio e dai fedeli costantino­
politani in pianto, aspirando
alla vita contem plativa . pag. 212

INDICI

Indice dei nomi e delle cose notevoli (La fuga) » 219

Indice scritturistico (La fuga) . » 222

Indice dei nomi e delle cose notevoli (Auto-


biografia) ................................................................ » 227

Indice scritturistico (Autobiografia) . » 230

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