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L’illusione

Percorso multidisciplinare per l’Esame di Stato

Realizzato da

Barbara D.

Liceo Scientifico

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FILOSOFIA
Schopenhauer

ITALIANO LATINO
Foscolo – I Sepolcri Lucrezio – De Rerum
Leopardi – A se stesso Natura

L’ILLUSIONE
Quando si preferisce
immaginare la realtà
migliore di quello che è

INGLESE
STORIA
Blake – The Lamb, The
Prima guerra mondiale Cimney sweaper
Dickens – Oliver Twist

ARTE
GEOGRAFIA
ASTONOMICA Impressionismo
Manet, Monet, Renoir,
Le stelle 2 Cezanne
Tutto e' un'illusione,
e un'illusione
e' una piccola parte di niente
creata da noi
per trovare una scusa
all'incubo che si vive.

Illudersi!
il mondo t'illude,
la vita t'illude,
in giochi di falsa beatitudine
t'illude anche l'uomo,
tra tutti e maggiormente illuso
sin da bambino viene a conoscere
il dolore dell'illusione,
la disprezza, la scaccia
ma non riesce a liberarsi
di questo strano modo d'essere
che come a premiar la fine della vita
si presenta anche da morte,
più di tutte è pura,
magnifica, fatiscente
illusione.

(Anonimo)

3
Il tema dell’illusione si apre nella letteratura italiana con l’opera di
Foscolo.

Esso si applica all’amore, alla bellezza (come ideale quasi divino ed


immortale, come idea che va al di là del tempo), alla poesia (illusione positiva
di celebrare le grandi gesta degli uomini), al sepolcro (come idea della
continuità tra vivi e defunti che rende immortale il ricordo delle nobili imprese).

Per Foscolo illusione non è sinonimo di falsa verità, di utopia irrealizzabile,


di fantasticheria vuota...ma è fiducia negli ideali più alti, è speranza, tensione,
quasi sicurezza di proiettare tali ideali (libertà, patria, virtù, onore, fama di
sé...) nel futuro con la speranza che saranno di nuovo compresi, condivisi e
recuperati da altri uomini. La memoria recupera il passato e celebra il suo
valore ideale.

VITA
Ugo Foscolo nacque a Zante, una delle isole Ionie, nel 1778. L'essere nato
in terra greca rivestì molta importanza per il Foscolo che si sentì
profondamente legato alla civiltà classica e suo ideale
erede. L'isola natia rimase sempre nella sua memoria e fu
cantata più volte nella sua poesia. Alla morte del padre si
trasferì a Venezia con la madre; qui conobbe
un'adolescenza fatta di stenti e di miserie, ma tuttavia
frequentò gli ambienti culturali e politici.

Inizia a comporre le sue prime odi, canzoni, elegie ed a


diciannove anni riscuote un grosso successo con la
tragedia Trieste, ispirata a sentimenti democratici e allo
sdegno contro gli oppressori. Giovanissimo aveva accolto
con entusiasmo le idee rivoluzionarie provenienti dalla
Francia e aveva preso a sperare nell'indipendenza dell'Italia.

Nel 1797 alla discesa di Napoleone si rifugiò a Bologna dove si arruolò


nell'esercito della Repubblica Cispadana. Scrive intanto l'ode A Bonaparte
Liberatore, ritornando per un breve periodo a Venezia. Il trattato di
Campoformio cedeva intanto Venezia all'Austria. Nel giovane Foscolo si acuiva
allora quel senso accorato di malinconica tristezza, che lo aveva accompagnato
dalla fanciullezza. A Milano conobbe il Parini e il Monti.

Si arruolò nella guardia nazionale e nella legione Cisalpina. Si diede ad una


vita avventurosa e passionale. In questo periodo comincia a scrivere Le ultime
lettere di Jacopo Ortis e compone l'ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo.

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Scrive l'ode All'amica risanata per la contessa Antonietta Fagnani Arese, di cui
si era innamorato.

Intanto a Venezia il fratello Giovanni si suicidava. Il Foscolo fu


profondamente addolorato per la scomparsa, e per lui compose il sonetto In
morte del fratello Giovanni. Successivamente si dedicò alla stesura de I
Sepolcri, per poi iniziare il carme Le Grazie.

Caduto Napoleone definitivamente, al ritorno degli Austriaci, il Foscolo


preferì scegliere la dolorosa via dell'esilio, rifiutando di prestare giuramento di
fedeltà al governo dei nuovi occupanti. Fu dapprima in Svizzera, poi si stabilì a
Londra. collaborò a riviste e giornali, compose opere critiche e letterarie,
insegnò italiano ricevendo notevoli guadagni.

Ma gli ultimi anni furono molto tristi, vivendo in miseria, perseguitato dai
creditori e afflitto dalle malattie. Morì nel 1827.

OPERE
Le Ultime lettere di Jacopo Ortis: è un romanzo epistolare; il racconto si
costruisce attraverso una serie di lettere che il protagonista scrive all'amico
Lorenzo Alderani. Non è solo un'opera nichilistica (nichilismo = negazione della
realtà); vi è una ricerca di valori positivi quali la famiglia, gli affetti, la
tradizione culturale italiana, la poesia. L'opera è scritta in prosa aulica con una
complessa sintassi.
Intreccio: un giovane si suicida per amore di una donna già destinata come
sposa ad un altro; la morte, intesa come distruzione totale e "nulla eterno", è
l'unica via che si offre per uscire da una situazione negativa.

Le Odi (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo, All'amica risanata): al centro


di entrambe vi è il vagheggiamento della bellezza femminile; ricorrono continui
rimandi mitologici, lessico aulico e sublime. La prima ode conserva un carattere
di omaggio galante alla bella donna, mentre la seconda ode vuol essere un
discorso filosofico sulla bellezza ideale.

I Sonetti: sono più vicini alla materia autobiografica, caratterizzati da un


forte impulso soggettivo; vi sono però fitte reminiscenze di altri poeti (Alla
sera, A Zacinto, In morte del fratello Giovanni). I temi trattati sono l'esilio, il
conflitto con il "reo tempo", il nulla di eterno come unica alternativa,
l'impossibilità di trovare un rifugio consolante nella famiglia, l'illusione della
sepoltura "lacrimata".

Le Grazie: l'opera è articolata in 3 inni dedicati rispettivamente a Venere,


dea della "bella natura", a Vesta, "custode del fuoco eterno che anima i cuori

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gentili" e a Pallade, "dea delle arti consolatrici della vita e maestra degli
ingegni". Le grazie sono dee intermedie tra il cielo e la terra, che hanno avuto
il compito di suscitare negli uomini i sentimenti più puri ed elevati attraverso il
senso della bellezza e portandoli alla civiltà.
Foscolo mira ad una poesia allegorica personificando in figure le idee
astratte in modo che queste agiscano più facilmente sui sensi e
sull'immaginazione.

I Sepolcri: poemetto di 295 endecasillabi sciolti, sottoforma di epistola


poetica indirizzata all'amico Ippolito Pindemonte. L'occasione fu una
discussione avvenuta con questi originata dall'editto napoleonico cui si
imponevano le sepolture fuori dei confini delle città e si regolamentavano le
iscrizioni sulle lapidi.
Pindemonte, da un punto di vista cristiano, sosteneva il valore della
sepoltura individuale, mentre Foscolo, da un punto di vista materialistico,
aveva negato l'importanza delle tombe poiché la morte produce la fatale
dissoluzione dell'essere.
La morte e il nulla eterno sono superati dall'Illusione di sopravvivere
nell'affetto dei propri cari.
La prima parte del carme è ispirata agli affetti umani, poi la visione si
allarga. Il contrasto tra realtà ed illusione, tra ragione e sentimento non è vinto
completamente.
Il poemetto si conclude con un inno alla poesia che farà vivere in eterno i
sentimenti umani, tramandando ai posteri quel mondo di valori e di ideali che
noi abbiamo saputo creare.

ANALISI DEL TESTO vv. 23-52 DE " I SEPOLCRI "

Ma perché pria del tempo a sé il mortale


invidierà l'illusïon che spento
25 pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de' suoi? Celeste è questa
30 corrispondenza d'amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l'amico estinto
e l'estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
35 nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,

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e di fiori odorata arbore amica
40 le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna; e se pur mira
dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
fra 'l compianto de' templi Acherontei,
45 o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d'Iddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
50 che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
contende.

vv. 23-29: Qui inizia la ribellione della Speranza, dell'Illusione che l'uomo, pur
sapendo con la ragione che la Tomba non serve a niente, col cuore vuole
sperare di non morire del tutto, restare vivo nel ricordo, per le imprese fatte.
“Ma perché l'uomo deve togliersi, prima del tempo, l'illusione che una volta
morto, lo fa un po' fermare prima dell'Al di là? Non vive anche dopo morto,
quando non vedrà la luce, se questa luce può dare a lui l'affetto degli amici e
dei parenti?”.

vv. 30-41: “E' Divino questo scambio di affetto fra i vivi e i morti (quindi per
prima cosa i Sepolcri servono a mantenere vivo il ricordo del morto); e per
questo il vivo vive col morto e il morto col vivo, se la terra che lo raccolse da
bambino, lo raccoglierà anche da morto, difendendo il suo cadavere dalle
tempeste e dai piedi del volgo e una pietra (lapide) conservi il suo nome e un
albero (arbore) profumato gli dia ombra (al femminile, dal latino, per un senso
di dolcezza)”.

vv. 42-51: “Solo colui che non lascia amici ha poca gioia della tomba; e se
pensa dopo il suo funerale, si vede nell'Inferno o nel Purgatorio; ma lascia la
sua polvere alle erbacce, dove nessuno andrà a pregare, né un passeggero
solitario vedrà il sospiro che la natura ci manda dalla tomba. Però una nuova
legge (Editto di Saint Cloud, in Francia del 1804) impone di seppellire i morti in
cimiteri comuni fuori delle città e sottrae ad essi la possibilità di avere una
lapide col loro nome”.

(Le tombe, inutili ai morti, alimentano nei vivi l'illusione della sopravvivenza
di coloro che furono cari, danno l'unica forma d'immortalità che l'uomo possa
attingere: l'affettuoso ricordi degli altri uomini. Si stabilisce così un ideale
colloquio fra i vivi e gli estinti, illusorio, ma tuttavia espressione di quella
“corrispondenza d'amorosi sensi” che è la più divina dote dell'uomo, il vincolo
che tiene unita la società e il fondamento primo d'ogni civiltà).

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Anche nel Leopardi hanno valore le illusioni che illuminano la vita del
Foscolo: la bellezza, la gloria, la patria, la libertà, l'amore, il piacere, la poesia;
ma mentre nel Foscolo esse appaiono come conquiste raggiunte per mezzo di
uno slancio eroico, di accettazione e di esaltazione della condizione umana,
dolorosa ma ricca di dignità e nobiltà, in Leopardi sono idee nobilissime, insite
nella giovinezza dell'uomo, ma destinate a venir meno, ad essere demolite
dalla ragione e soprattutto dalla vita.
Il termine adesso si lega all’idea di vago ed indefinito (L’infinito) e si
configura come un tentativo di sottrarsi alle leggi materialistiche della natura.
Ma l’illusione manca di continuità e anche gli antichi non potevano a lungo
nutrire la loro poesia di immaginazione (la parola compare non a caso per la
prima volta accanto al concetto di illusione). La legge materialistica della
natura matrigna (di dolore e sofferenza per l’uomo sulla terra) e l’assenza di
una fede religiosa, rendono inoperante, vuota ogni forma di illusione in
Leopardi. Anche il piacere è illusione negativa, fragile, momentanea e instabile;
ogni piacere consiste in un’interruzione breve del dolore.

VITA
Giacomo Leopardi nasce a Recanati il 29 giugno 1798 dal conte Monaldo
e da Adelaide dei marchesi Antici. Fu un autodidatta e nella biblioteca del
padre si diete ad uno studio "matto e disperatissimo"; lo
sforzo notevole debilitò il suo fisico già minato e a 18 anni
fu in pericolo di morte. Il suo primo carme è significativo nel
titolo Appressamento della morte. Gli fu allora molto vicino
l'amico Pietro Giordani, che lo introdusse negli ambienti
culturali.

Momento di svolta nella sua produzione è la


conversione letteraria dall’erudizione al bello, cioè il periodo
in cui i suoi interessi passano dalla filologia alla poesia.
Giacomo intanto si innamorò della cugina Geltrude e poi della figlia del proprio
cocchiere, Teresa Fattorini, morta giovanissima di tubercolosi e per essa
comporrà in seguito la lirica A Silvia.

Nell'anno della stesura dello Zibaldone avviene la seconda conversione


letteraria dal bello al vero, cioè dalla poesia di immaginazione, ricca di
immagini fantastiche, a quella sentimentale ispirata alla riflessione sull’infelicità
della vita. Il giovane Leopardi diventa sempre più insofferente dell'ambiente di
Recanati e di quello familiare, nel quale non trova molta comprensione. E' in
questo periodo, in cui il poeta è chiuso in una cupa malinconia, che risalgono le
Canzoni e gli Idilli.

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Solo a 24 anni riuscì a partire per Roma, lasciando finalmente Recanati,
ma la città lo deluse. Conobbe vari letterati ma non riuscì a trovare una
sistemazione, per cui fu costretto a ritornare alla sua città natia dove dovette
trattenersi per circa due anni fin quando non fu chiamato a Milano dall'editore
Stella che lo assunse per tradurre opere classiche. Qui si trattenne poche
settimane e subito partì per Bologna dove strinse molte amicizie ed amò la
contessa Teresa Carniani Malvezzi.

Leopardi comincia a ripiegarsi in sé stesso e a meditare sul suo dolore che


è in realtà il dolore dell’umanità intera. Numerose meditazioni filosofiche e il
fatto che il Leopardi non creda in Dio, lo spingono a scrivere le Operette morali
riguardanti i problemi della vita.
Dopo un altro soggiorno a Recanati il poeta si trasferì a Firenze e
successivamente a Pisa dove compose A Silvia. La morte del fratello lo
costrinse di nuovo a Recanati per poi tornare a Firenze e comporre i Grandi
Idilli.

Conobbe un altro amore, Fanny Targioni Tozzetti (per lei scrive cinque
poesie che compongono il Ciclo Aspasia), sfortunato come gli altri.
Successivamente soggiornò a Roma e poi a Napoli, scrisse il suo testamento
spirituale La ginestra e Il tramonto della luna per poi morire nel 1837.

PENSIERO
Possiamo scorgere nella storia spirituale del Leopardi una lucida e continua
tendenza alla demolizione delle speranze umane, che il poeta segue, ponendo
in risalto inesorabilmente le varie ragioni che rendono infelice la condizione
dell'uomo.
La vita gli appare avvolta dal mistero e dal dolore, che è l'unica certezza per
l'uomo. Il piacere non esiste se non come pausa momentanea del male e un
uscire dalla condizione di pena, mentre la vicenda umana gli appare come
un’inutile corsa verso il nulla, e la storia stessa è contrassegnata dal
progressivo trionfo dell'infelicità.

La natura, vista da lui in un primo momento (fino al '23) come madre


amorosa, gli appare in seguito come matrigna; essa, secondo il poeta, crea
l'uomo ma non si preoccupa della sua felicità. L'unico conforto che può
alleviare i mali della nostra esistenza è costituito dalle cosiddette ILLUSIONI,
alimentate dal mostro sentimento e dalla nostra fantasia. La prima causa
dell'infelicità umana è la ragione, che dissolve le illusioni e pone
l'uomo di fronte alla realtà. Da questa presa di coscienza derivano la
delusione ed il tedio. A queste convinzioni il poeta arrivò gradualmente; esse
sono infatti il frutto, oltre che della sua sensibilità, della sua stessa vicenda
umana, tormentata da incomprensioni, delusioni, sventure.

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Si riscontrano tre momenti nello sviluppo del pensiero leopardiano
rappresentati dal pessimismo individuale, storico e cosmico.

Pertanto, a volte (soprattutto nella giovinezza) al poeta sembra che la sorte


sia stata matrigna solo con lui, condannandolo all'infelicità nel fisico e nello
spirito,alla solitudine ed all'incapacità di vivere come gli altri (mentre agli altri
uomini sono concesse le gioie della vita, la giovinezza felice, gli affetti). E'
questa la fase del pessimismo individuale.
Altre volte, invece, appaiono in lui quelle riflessioni sulla felicità dei primi
uomini che si meravigliavano e gioivano per cose semplici e furono poi resi
infelici dal progresso, chiaramente ispirate dalla lettura del Vico e di Rousseau,
oltre che da meditazioni personali e negative in rapporto alla storia, nelle cui
conquiste il poeta non crede. In ciò consiste il pessimismo storico.
Infine, a volte l'esame della condizione umana induce il poeta a concludere
che a tutti è riservato lo stesso destino di dolore. A questa condizione si
adeguano in oltre tutti gli elementi del creato (pessimismo cosmico).

Contro queste pessimistiche concezioni insorge il sentimento, esprimendosi


per mezzo della poesia, che nel Leopardi appare come una continua rivolta
contro le conclusioni della ragione. Essa è dettata dalle più profonde
convinzioni ed esigenze del poeta, che è convinto della nobiltà dell'uomo, il
quale non merita la sua infelicità, che è qualcosa di ingiusto e di assurdo. E'
quindi, la sua, una rivolta che, pur mostrando pessimismo e dolore, non
genera a sua volta pessimismo. Come afferma De Sanctis, "questo uomo odia
la vita e te la fa amare, dice che l'amore e la virtù sono illusioni, e te ne
accende nell'anima un desiderio vivissimo".
Leopardi, infatti, celebra la giovinezza e la bellezza della natura e della vita,
anche se con lo stato d'animo doloroso di colui che da tutto ciò si sente
escluso. Il suo, comunque, è un pessimismo eroico e mai rassegnato. Egli
reagisce perché ha in sé un'ansia religiosa che nessuna logica può distruggere
e perché possiede una costante fiducia nella dignità umana. La sua energia si
esprime nelle sue stesse parole "...e di più vi dico francamente che io non mi
sottometto alla mia infelicità, né piego il collo al destino o vengo seco a patti
come fanno gli altri uomini..."
La sua opera si traduce perciò anche in un’esortazione a non cedere al fato,
ad opporre all'universo assurdo l'intatta nobiltà dello spirito. Egli non tradusse
però questa energia morale in azione, come il Foscolo, ma la realizzò nel
continuo approfondimento del suo pensiero.

OPERE
Lo Zibaldone: una sorta di diario intellettuale a cui affida appunti,
riflessioni filosofiche, letterarie, linguistiche. Teoria della visione: è piacevole,
per le idee vaghe e indefinite, la vista impedita da un ostacolo, un albero, una
siepe, perché allora in luogo della vista lavora l'immaginazione e il fantastico

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prende il posto del reale. Teoria del suono: serie di suoni suggestivi perché
vaghi.

Le Canzoni: componimenti di impianto classicistico che impiegano il


linguaggio aulico e sublime; le prime cinque (All'Italia, Ad Angelo Mai, A un
vincitore nel pallone, Nelle nozze della sorella Paolina, Sopra il monumento di
Dante) affrontano una tematica civile; nelle altre si delinea l'idea di un'umanità
infelice.

Gli Idilli: il linguaggio è più colloquiale e trattano tematiche intime ed


autobiografiche; la rappresentazione della realtà esterna è tutta soggettiva
(L'Infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, La vita solitaria...).

Le Operette Morali: sono prose di argomento filosofico in cui Leopardi


espone il sistema da lui trattato attraverso una serie di invenzioni fantastiche,
miti, paradossi, veri e propri canti lirici in prosa; molte delle operette sono
dialoghi i cui interlocutori sono creature immaginose o personaggi storici; altre
invece hanno forma narrativa (Dialogo della natura e di un Islandese).

I Grandi Idilli: riprendono i temi degli Idilli, ovvero le illusioni e le


speranze, proprie della giovinezza, le rimembranze; vi è un equilibrio tra due
spinte che dovrebbero essere contrastanti il “caro immaginar” e il “vero”; il
linguaggio è tenero e dolce (A Silvia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del
villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Passero solitario).

Il Ciclo di Aspasia: si ha una poesia nuda, severa, quasi priva di immagini


sensibili, fatta di puro pensiero dal linguaggio aspro e dalla sintassi complessa
(Il pensiero dominante, A se stesso, Aspasia, Amore e Morte, Consalvo).

Gli Ultimi Canti: opere satiriche e la Ginestra.

ANALISI DEL TESTO DI " A SE STESSO "


Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
in noi di cari inganni,
5 non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
10 la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera

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l'ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
15 poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l'infinita vanità del tutto.

METRO: endecasillabi e settenari, con rime liberamente ricorrenti.

Il componimento chiude il ciclo dei canti di Aspasia. Vi si afferma la


scomparsa dell'“inganno estremo”, l'amore, segnando così il distacco dalla
fase giovanile dell'illusione; persino il desiderio di “cari inganni” è spento.
Leopardi esprime il disprezzo sia verso quel se stesso che ha ceduto ai "cari
inganni", sia verso la natura e la forza malefica del fato che domina l'universo
avendo come fine il male.

Si possono distinguere 3 membri di cinque versi ciascuno (vv. 1-5, 6-10, 11-
15): un settenario; due endecasillabi, un settenario e un endecasillabo di
chiusura.

Il v. 16, quello finale, è fuori del disegno conferendo singolare potenza


all'interiorità della formula.

Ognuno dei membri è aperto dalla ripetizione, quasi ossessiva, dello stesso
motivo: “Or poserai per sempre”, “Posa per sempre”, “T'acqueta ormai”.

L'andamento è spezzato, interrotto da continue pause: vv. 6-7, 7-8, 8-9, 9-10,
11-12, 13-15 (enjambements).

LESSICO: spoglio, con aggettivi rari (spiccano “estremo” / “eterno” in


opposizione per il significato e “brutto” e “ascoso” che caratterizzano il
malvagio potere che domina il mondo); il discorso consta essenzialmente di
verbi e sostantivi ricchi di espressività (“terra”, “mondo”, “natura”, “noia”,
“vita”, “morire”, “fato”, “potere”, “vanità”), ognuno dei quali concentra il
pensiero su di sé essendo collocati all'inizio o ala fine del verso.

Schopenhauer, come Leopardi, basa il proprio pensiero su un'analisi della


realtà. L'intento è di mostrarci quale sia la vera natura del mondo e il
conseguente disagio dell'umanità; entrambi, infatti, oltrepassano i limiti del
mondo terreno ed esprimono la loro idea sul vero significato della vita
mostrando la realtà per quella che è, e smascherando la più grande
delle illusioni: la felicità.

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VITA
Arthur Schopenhauer nasce a Danzica il 22 febbraio 1788. Il padre è
banchiere e la madre una nota scrittrice di romanzi. Viaggia in Inghilterra e in
Francia e dopo la morte del padre comincia a frequentare
l’Università di Gottinga. Influenzano notevolmente il suo
pensiero le filosofie di Platone e di Kant. Frequenta le
lezioni di Fichte a Berlino e nel 1813 si laurea
all’Università di Jena.

Negli anni seguenti vive a Dresda dove compone lo


scritto Sulla vista e sui colori e prepara la stampa della
sua opera principale Il mondo come volontà e
rappresentazione che pubblica nel dicembre 1818 e che non ebbe subito
successo.

Dal 1820 al 1832 insegna come docente libero presso l’Università di Berlino
con poca fortuna. Contemporaneamente viaggia in Francia e in Italia e, a causa
di un’epidemia che lo costringe a lasciare Berlino, si trasferisce definitivamente
a Francoforte sul Reno, dove morirà il 22 settembre 1861.

Molti sono gli influssi culturali di Schopenhauer: Platone e la teoria delle


idee come forme eterne ed immutabili; Kant per quanto riguarda il problema
gnoseologico della conoscenza e importanza del soggetto nel processo di
comprensione del mondo che non si muta e non si modifica ma sta al centro
organizzando la natura e il rapporto fenomeno-noumeno; l’Illuminismo e il
materialismo come tecniche per smascherare e demistificare la realtà
mostrando la vera essenza del mondo; il Romanticismo per il tema dell’infinito
e del dolore. Ma la critica maggiore è diretta nei confronti dell’idealismo
romantico: Schopenhauer disprezza questa filosofia, quella di Fichte e di Hegel
in particolar modo con il panlogismo ottimistico, definendola filosofia
dell’Universalità e farisaica.

Nell’opera Il mondo come volontà e rappresentazione, Arthur


Schopenhauer riprende il dualismo kantiano. Per Kant il fenomeno
(phainomenon, da phainein cioè mostrare) è ciò che si mostra, ciò che appare,
ciò che è accessibile alla conoscenza umana; la realtà fenomenica è quella già
data, nella quale gli oggetti appaiono al soggetto ed alla conoscenza per come
si presentano. Ma esiste un’altra realtà che non appare e che quindi l’uomo non
può conoscere: questo è il noumeno (da noein cioè pensare), l’incognita, la
cosa in sé, la realtà inconoscibile ed inaccessibile creata da un’entità superiore,
la quale è l’unica a poterla conoscere. Il noumeno ricorda all’uomo i suoi limiti.
L’io come soggetto della conoscenza diventa legislatore della natura: ordina gli
oggetti e organizza i fenomeni secondo schemi a priori.

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Per Schopenhauer invece, il fenomeno è pura illusione, apparenza, sogno;
tra la rappresentazione e la vera realtà si distende il “velo di Maya” (è una
potenza magica ripresa dalla tradizione orientale di cui si servono gli dei per
assumere aspetti illusori) che avvolge l'uomo come in un sogno illusorio e gli
impedisce di conoscere la vera essenza delle cose.

Il noumeno è ciò che si mostra dopo aver squarciato il velo di Maya, è la


realtà senza false illusioni.

Il mondo è una mia rappresentazione significa che il mondo consiste nel suo
essere percepito da un soggetto. Per Schopenhauer, infatti, il fenomeno è
rappresentazione di qualcosa che è dentro la coscienza del soggetto e fuori non
è nulla, è illusione che demistifica la realtà e che nasconde l’essenza
noumenica.

Schopenhauer analizza le forme a priori Kantiane di tempo, spazio e


causalità; nella rappresentazione il soggetto ordina le impressioni collocandole
nello spazio e nel tempo in una trama secondo il principio di causa ed effetto.
Spazio, tempo e causalità deformano la realtà rappresentata che è perciò
un'illusione, apparenza.

L’uomo però è portato ad interrogarsi sul fine ultimo della vita e non vuole
vivere nell’illusione, vuole oltrepassare il fenomeno e giungere a capire il
noumeno attraverso la conoscenza intuitiva. Tuttavia, poiché l’uomo non è
solamente intelletto ma anche corporeità, attraverso un’intuizione geniale,
ripiegandosi in sé stesso nell’intimità del proprio io, riesce a conoscere
l’essenza noumenica dell’essere. Se l’uomo si vede dal di fuori, conosce solo
l’essenza illusoria dell’essere; se si guarda dal di dentro, se segue i suoi
sentimenti, la brama, la volontà di vivere, l’impulso che lo porta senza posa a
vivere e ad agire, può conoscere il noumeno. Il nostro corpo è il fenomeno che
copre la vera essenza del mondo, è manifestazione di un principio che è
volontà, è la parte finita che rappresenta l’infinito. Solo l’infinito è concreto e
reale, il finito è una parziale manifestazione di esso. Il mondo fenomenico è la
rappresentazione della realtà, il corpo è rappresentazione del principio di
Volontà.

Le cose del mondo sono oggettivate nella Volontà che è il principio primo.
Dietro la molteplicità dei fenomeni vi è un’essenza che è unica, senza scopo ed
eterna. Il suo unico fine è di continuare ad essere, di perpetuarsi per l’eternità.
Questo principio primo infinito che si manifesta nel finito è arazionale, alogico,
assoluto, unico, eterno, inconscio, è la sostanza del mondo. La Volontà si pone
fuori dal mondo della rappresentazione, si sottrae alle forme del mondo
fenomenico (spazio e tempo). Il noumeno è, è sempre stato e sempre sarà, è
energia, impulso cieco ed irrazionale.
Poiché la Volontà è presente ovunque e sempre, nel mondo non c’è posto
per l’individuo, le cui iniziative non sono altro che un mezzo del principio

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infinito. L’uomo è quindi solo un burattino e la vita viene a non avere più
senso. "[…] ogni aspirazione nasce da un bisogno, da una scontentezza del
proprio stato; c’è patimento fino a che essa (la Volontà) non sia soddisfatta;
ma non v’ha affatto soddisfazione durevole: essa non è se non il punto di
partenza d’una nuova aspirazione, sempre impedita in ogni maniera, sempre
lottante, quindi sempre causa di dolore: per essa giammai uno scopo finale,
perciò giammai limite né termine del soffrire. […] cresce il soffrir arrivando al
grado supremo nell’uomo; qui anzi è desso tanto più violento in quanto l’uomo
è dotato di una coscienza più lucida, d’una intelligenza più alta: colui nel quale
sta il genio è sempre quegli che soffre maggiormente". [da A. Schopenhauer, Il
mondo come volontà e rappresentazione].
Il mondo, quindi, diventa teatro dell’illogico, non esiste alcun dio, non c’è
religione né metafisica. Poiché Schopenhauer è un materialista ateo, non c’è
alcuna finalità ma solamente un meccanismo esterno ai bisogni dell’uomo. Ne
consegue la sofferenza delle creature, dato che il male è parte dell’essenza del
mondo. La critica all’ottimismo sociale e storico è inevitabile: l’unico scopo
dell’uomo è quello di perpetuare la specie.

Il piacere è una breve pausa tra un desiderio e l’altro e l’uomo soffre perché
perennemente assillato dai suoi stessi desideri, che non può mai soddisfare
tutti e definitivamente. La noia, dolorosissima, subentra nel momento in cui
l’uomo, involontariamente, si trova a non sentire interesse per alcunché.

LE VIE DI LIBERAZIONE DAL DOLORE


Per Schopenhauer la soluzione al pessimismo non è il suicidio. Il solo modo
per liberarsi dalla Volontà è negarla: è quindi necessario passare dalla
Voluntas alla Noluntas. Le strade per allontanarsi dalla sofferenza del mondo
fenomenico sono tre:

1) ARTE: consiste nella contemplazione disinteressata delle idee, ossia di


forme pure, da parte del puro soggetto del conoscere (puro occhio del
mondo); sottrae l'individuo dai bisogni e dai desideri quotidiani elevandolo
al di sopra del dolore e del tempo. La musica è l'arte più profonda ed
universale capace di metterci in contatto con le radici stesse della vita e
dell'essere. La liberazione tuttavia ha carattere parziale e temporaneo.

2) MORALE: deve sorgere non da un imperativo categorico ma da un senso di


pietà o di compassione nei confronti del prossimo. Mantiene l’individuo
all’interno del mondo ma fa sì che si liberi dall’egoismo. Soffrendo con l’altro
e compatendolo, non c’è differenza ma unione metafisica. Bisogna assumere
un sentimento di caritas.

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3) ASCESI: con essa si raggiunge il traguardo di una liberazione totale; è la
cessazione di qualsiasi istinto e impulso, vi è indifferenza verso le cose.
L’uomo annienta la volontà di vivere rifugiandosi nella non volontà (nolontà)
che è l'aspirazione ad essere assorbito nel nulla e corrisponde al Nirvana
buddista (esperienza del nulla). In altre parole, se il mondo, con tutte le sue
illusioni, le sue sofferenze ed i suoi desideri, è un nulla, il Nirvana è un
tutto, è un oceano di pace, uno spazio luminoso di serenità, in cui si
dissolve la nozione dell’io e del soggetto, cioè il fenomeno.

Il tema dell'illusione è presente anche nella visione della vita di Lucrezio,


grande poeta latino. Egli non esalta i pregi che tale sentimento produce ma lo
condanna, considerando la stessa RELIGIO un'illusione e causa di tanti mali.

VITA
Tito Lucrezio Caro, nasce nel 99 a. C. probabilmente a Pompei e morì nel
55 a. C., non si sa se avvelenato o suicida. Della sua vita non si conosce quasi
nulla per il fatto che sono pervenuti pochissimi scritti. Il poema che ha lasciato
è il De Rerum Natura (intorno alla natura delle cose).

Il punto di vista da cui guarda il mondo si rifà alla dottrina del filosofo greco
Epicuro, l'epicureismo; Lucrezio non crede in un altro mondo, non crede nella
sopravvivenza dell'anima, ma si limita a descrivere e a esaltare la vita terrena.
La virtù, la felicità, il piacere, il dolore, ecc. sono per lui sentimenti, modi di
essere, legati strettamente alla nostra esistenza fisica; rifiuta la religione
pagana e ne crea al suo posto una che non ha bisogno di dèi, è la religione
dell'uomo e della natura. Si limita a descrivere ed esaltare la vita terrena.

Il pubblico a cui si indirizza è la classe dirigente del tempo.

DE RERUM NATURA
E' un poema epico-didascalico in esametri, suddiviso in sei libri.

Suo oggetto è l’esposizione della filosofia epicurea, nella quale vede l’unica via
per risolvere i problemi esistenziali dell’uomo.
Il destinatario è un certo Memmio, al quale dedica l’opera, forse per ottenere
da lui un qualche protettorato.

16
Lucrezio ribadisce il valore strumentale e divulgativo della forma poetica,
destinata a mediare in modo efficace contenuti che altrimenti riuscirebbero
ostici al lettore.
E' molto importante l'influenza di Empedocle: con quest'ultimo ha in
comune non solo la forma esametrica e l'argomento, ma anche la profonda
convinzione di una missione da compiere per il bene dell’umanità.

CONTENUTO DELL'OPERA:
Il poema è preceduto da un proemio ed è concluso da un epilogo; i libri dispari
(I, III, V) forniscono le premesse concettuali per la spiegazione dei fenomeni
analizzati nei libri pari successivi.
I e II libro: descrizione fisica del mondo
III e IV libro: descrizione dei comportamenti dell'uomo
V e VI libro: hanno per oggetto la cosmologia che si conclude con la
descrizione della Peste di Atene.

STILE: utilizza molte figure retoriche (allitterazioni, anafore, chiasmi e


arcaismi).

La noia in Lucrezio

La noia è, per Lucrezio, come una malattia. Essa deriva dall’impossibilità


dell’uomo di soddisfare i propri desideri, le proprie ambizioni, passioni, impulsi.
Tutto ciò crea all’uomo una sensazione di profondo disagio di cui spesso non
riesce a stabilire le cause precise. L’appagamento dei singoli desideri e delle
pulsioni umane sarà solo momentaneo e illusorio: appagato un desiderio ne
verrà di nuovo un altro e così via. Solo da un’accurata conoscenza della natura
delle cose, e dall’adottamento della filosofia epicurea (atarassia), si può
sconfiggere la noia ed evitare il senso di disagio.

Gli uomini si affannano perseguendo falsi scopi, miraggi illusori: gareggiano


per emergere, contendono tra loro per conquistare ricchezze e potere, che
sono fonti non di vera gioia ma di apprensioni, inquietudini e sofferenze. E non
si accorgono che la natura non richiede altro che l’assenza di dolore fisico e
spirituale: condizione che si può ottenere con la massima facilità, appagando
semplicemente i bisogni elementari.

Natura madre o matrigna?

Lucrezio ci fornisce una visione del mondo e della natura triste e sconsolata:
la natura è ostile all’uomo e rende la sua vita sulla terra difficile e dolorosa.
Tale quadro negativo può far pensare a una visione pessimistica della realtà.
Spesso afferma con accenti di profonda convinzione che è possibile per l’uomo,

17
purché aderisca alla verità e alla sapienza epicurea, trasformare positivamente
una situazione esistenziale difficile e dolorosa, sconfiggendo la sofferenza e
conquistando la felicità (riferimento alla concezione Leopardiana, che si basa
sugli stessi principi, ma giunge a una conclusione negativa).

La religio tradizionale e il sacrificio di Ifigenia

Lucrezio è soprattutto poeta della ragione; aspra pertanto è la sua polemica


contro la RELIGIO, cioè la superstizione, causa di errori e persino di delitti,
come l'uccisione di Ifigenia, sacrificata dal padre Agamennone per favorire la
partenza della flotta greca dal porto di Aulide: " Tantum religio potius suadere
malorum " (A tanti mali poté spingere la superstizione).
Dal verso 62 del primo libro, inizia a descrivere la condizione infelice degli
uomini che vivevano prigionieri delle superstizioni religiose.
Epicuro fu il primo essere mortale a sfidare tali superstizioni e a indagare
con la forza del pensiero scientifico la natura delle cose.
Le critiche alla religio fatte da Epicuro (Lucrezio spiega a Memmio) non sono
empie, ma empi sono i riti tradizionali che una concezione sbagliata degli dei e
della loro attività ha imposto agli uomini. In particolare è empia l’uccisione di
Ifigenia.
Gli dei esistono ma non aiutano, né ostacolano, né puniscono gli uomini
(quello succedeva presso i Romani).

SEQUENZE | Libro I vv 62-1001:

1. [62-65] Immagine della religione.


2. [66-79] Immagine di Epicuro (vincitore) ed esposizione dell’opera di
Epicuro: “Epicuro dapprima osò sollevare gli occhi mortali contro la
religione e per primo osò resisterle… volle rompere per primo le porte
chiuse della natura”.

3. [80-84] Vittoria della filosofia di Epicuro sulla religione: “e percosse


con la mente e l’animo tutto l’universo da cui vincitore ci riportò”.

4. [84-99] Scena drammatica della morte di Ifigenia: “quella religione di


cui ho parlato prima portò ad azioni empie e sciagurate”.

5. [100-101] Giudizio sulla religione: “indurre a si gran misfatto poté la


religione”.

18
Humana ante oculos foede cum vita iaceret
Quando la vita umana giaceva vergognosamente sotto gli occhi (di tutti)
in terris oppressa gravi sub religione
sulla terra oppressa sotto il peso della superstizione
quae caput a caeli regionibus ostendebat
che mostrava il (suo) volto dalle regioni del cielo
65 horribili super aspectu mortalibus instans,
minacciando dall'alto i mortali col (suo) orribile aspetto,
primum Graius homo mortalis tollere contra
per la prima volta un uomo Greco osò alzare contro (di essa)
est oculos ausus primusque obsistere contra,
gli occhi mortali e per primo (osò) resisterle contro,
quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti
e non lo spaventarono né i falsi racconti sugli dèi né i fulmini
murmure compressit caelum, sed eo magis acrem
né il cielo col minaccioso brontolio, ma ancor più
70 inritat animi virtutem, effringere ut arta
stimolarono l'indomita energia del animo, tanto che egli
naturae primus portarum claustra cupiret.
desiderò spezzare per primo gli stretti serrami delle porte della natura.
Ergo vivida vis animi pervicit, et extra
Dunque la sua vivida intelligenza trionfò, e lontano
processit longe flammantia moenia mundi
si spinse al di là delle ardenti barriere dell'universo
atque omne immensum peragravit mente animoque,
e percorse l'universo immenso con la mente e col cuore,
75 unde refert nobis victor quid possit oriri,
di dove ci riferisce trionfatore che cosa possa nascere,
quid nequeat, finita potestas denique cuique
che cosa non possa, per quale ragione vi sia per ogni
quanam sit ratione atque alte terminus haerens.
cosa un potere delimitato e un termine assolutamente fisso.
Quare religio pedibus subiecta vicissim
Così la religione abbattuta sotto i piedi, è calpestata a
obteritur, nos exaequat victoria caelo.
sua volta, e (questa) vittoria ci eguaglia al cielo.
80 Illud in his rebus vereor, ne forte rearis
Una cosa io temo in questi argomenti, che tu (= Memmio)
impia te rationis inire elementa viamque
per caso creda di iniziarti agli elementi di una dottrina
ndugredi sceleris. Quod contra saepius illa
empia e di incamminarti per la strada del male. Invece
religio peperit scelerosa atque impia facta.
proprio essa, la religione, ha partorito fatti scellerati ed empi.

19
In the english literature Blake and Dickens speak of the theme of illusion.

LIFE
William Blake was born in London in 1757 into a lowerclass family. He
took to writing poetry and published Songs of Innocence
and Songs of Innocence and of Experience. The sale of
this and other books was not a success.

The poetry expressed his belief in the poet as a prophet


and his sympathy for revolutionare movements.
For him imagination is the ability to see more deeply into
the life of things, a power which he saw as peculiar to the
poet, to the child and to the man in a state of innocence.

He described "innocence" and "experience" as the two


contrary states of the human soul.
Innocence: refers to the condition of child who has not yet exprerienced the
evils. This is a bright world of happiness and freedom. This inner state of
innocence is externalized in a world of images such as the lamb and the child
and is based on feelings of love and generosity. Innocence is an ideal to be
strugglef for in a corrupt and wicked world.
Experience: is the world of normal adult life and it is represented with
chimney sweep, the hapless soldier and the young prostitute of the poem; this
is a world oppresses.

THE LAMB = lamb is the symbol of God's innocence and a demonstration of


his love for his creatures.

THE CHIMNEY SWEEPER = a child can have visions and dreams.

Blake's view of the poet is that of a visionare man.

STYLE: Blake uses simple lexis and syntax; his poems are rich in images.

THE LAM
Little Lamb, who made thee?
Dost thou know who made thee?
Gave thee life, and bid thee feed

20
By the streams and over the mead;
Gave thee clothing of delight,
Softest clothing, woolly, bright;
Gave thee such a tender voice,
Making all the vales rejoice?
Little Lamb, who made thee?
Dost thou know who made thee?

Little Lamb, I'll tell thee,


Little Lamb, I'll tell thee:
He is called by thy name,
For he calls Himself a Lamb,
He is meek, and He is mild;
He became a little child.
I, a child, and thou a lamb.
We are called by his name.
Little Lamb, God bless thee!
Little Lamb, God bless thee!

THE CHIMNEY SWEEPER


When my mother died I was very young,
And my father sold me while yet my tongue
Could scarcely cry " 'weep! 'weep! 'weep! 'weep!"
So your chimneys I sweep, and in soot I sleep.
There's little Tom Dacre, who cried when his head,
That curl'd like a lamb's back, was shav'd, so I said
"Hush, Tom! never mind it, for when your head's bare
You know that the soot cannot spoil your white hair."

And so he was quiet, and that very night


As Tom was a-sleeping, he had such a sight!
That thousands of sweepers, Dick, Joe, Ned, and Jack,
Were all of them lock'd up in coffins of black.
And by came an Angel who had a bright key,
And he open'd the coffins and set them all free;
Then down a green plain leaping, laughing, they run,
And wash in a river, and shine in the sun.

Then naked and white, all their bags left behind,


They rise upon clouds and sport in the wind;
And the Angel told Tom, if he'd be a good boy,
He'd have God for his father, and never want joy.

21
And so Tom awoke, and we rose in the dark,
And got with our bags and our brushes to work.
Though the morning was cold,Tom was happy and warm;
So if all do their duty they need not fear harm.

LIFE
Charles Dickens was born in the south of England in 1812. He works in a
shoe-blacking factory for a few months and this experience
was never forgotten. The poor and the oppressed are
present in his fiction. He travelled and wrote accounts of
his journeys.

He wrote fourteen novels: Oliver Twist, Nicholas


Nickleby (adventure novels centred around the heroes that
give title to the books), The Old Curiosity Shop
(sentimental story), David Copperfield (Dickens's most
autobiographical novel and revisits his painful childhood),
Hard Times (shows the class struggle in industrial society),
ecc...

THEME: the exploitation of child labour, the ill-treatment of pupils in


hideous schools, unsafe factory conditions, the plight of the working class.

OLIVER TWIST
Is a sort of fairy tale in which good triumphs over evil. The "workhouse"
where Oliver and his companions live is based on "charitable" institutions of
the time which treated the poor as if poverty was a crime; the aim of Dickens's
satire is to expose a form of public charity which eliminates poverty by starving
the poor.

The scene is not realistic.

Summary of Oliver Twist: Oliver is an orphan brought up in a workhouse,


an institution for poor people in London. He falls into the clutches of a thief
and, although he's natural honesty remains uncorrupted, he is arrested on
suspicion of stealing from an old gentlman; this old gentlman will discovered
as his grandfather. The novel closes with a happy ending.

22
Nell'arte il tema dell'illusione viene trattato dagli impressionisti; la realtà
nei loro quadri non è rappresentata così com'è, ma secondo le impressioni che
suscita all'artista; essa è quindi un'illusione.

L’ IMPRESSIONISMO
E' un movimento che segnerà una svolta decisiva nella
storia della pittura.

Il 15 aprile 1874, si apriva a Parigi la prima mostra,


organizzata da un gruppo di giovani pittori, in opposizione al
Salon (esposizione ufficiale che consacrava la fama degli artisti
e dava loro la possibilità di trovare acquirenti).

Un critico, Louis Leory, scrisse su un celebre giornale


satirico un articolo nel quale definisce questo gruppo di pittori
"impressionisti", prendendo spunto da un quadro di Monet
esposto alla mostra, che si intitolava : "Impressione. Il levar
del sole".

TERMINE: inizialmente usato in senso dispregiativo in quanto


le impressioni sono prive di meditazione, superficiali, non
definite e quindi non degne di diventare pittura.

FINE: cogliere la sintesi dei molteplici momenti della nostra


vita, andando oltre la semplice riproduzione della realtà esterna.

CAFFE’ GUERBOIS: luogo d’incontro dove gli artisti, che si battevano contro
l’accademismo per l’affermazione di una pittura che interpretasse la realtà in
maniera nuova, totale e libera, si recavano quando, tramontato il sole, era
impossibile dipingere.

Le mostre che questi artisti, definiti da tutti “impressionisti”, presentarono


ottennero esiti disastrosi.

TEMI: qualunque oggetto, il quale vive solo per la vita che gli dà l’artista. Lo
stesso tema potrà essere dipinto da diversi pittori, nella stessa ora e nello
stesso punto di vista, ma il risultato non sarà mai uguale perché ognuno vede
e giudica la realtà in maniera diversa.

 Lo spazio non è definibile perché esiste non solo in profondità verso il


punto di fuga ma anche a destra e a sinistra.
 La luce è l’elemento indispensabile per la visione, in quanto tutto ciò
che è davanti ai nostri occhi è visibile solo se illuminato.
23
 Le ombre sono formate da colori complementari i quali generano
straordinaria luminosità.
 Viene reso il senso del movimento, ricerca costante nella riproduzione
del vero, che fa parte dell’impressione che noi riceviamo percependo dal
mondo esterno.

EN PLEIN AIR (all’aria aperta): la maggior parte degli impressionisti


sosteneva la necessità di dipingere all’aria aperta per ricevere con
immediatezza l’impressione in tutte le sfumature della luce, del colore, dei
riflessi, degli spazi; altri preferivano dipingere in studio ritenendo che
l’impressione ricevuta dalla realtà venisse come filtrata attraverso il ricordo e
quindi fosse più autentica perché non soggetta al pericolo della riproduzione
banale del vero.

L'impressionismo finisce nel 1886 con l'ultima mostra.

MANET (Francese; 1832 – 1883): le sue opere rivelano la discendenza dai


grandi maestri, non soltanto perché esiste una continuità tra passato e
presente, ma anche nella composizione, al punto di sembrare un imitatore e di
essere accusato di scarsa fantasia. Non conta il soggetto, ma l’interpretazione
che da’ di esso l’artista.

Quadri che suscitarono scalpore e che vennero realizzati in studio:

Déjeuner sur l’herbe (Colazione sull’erba):

 Apparve agli occhi del


pubblico e della critica
“indecente” dalla trasposizione
del fatto in età moderna, lungo
le rive di un fiume, come se
una giovane donna
contemporanea, recatasi a fare
colazione sull’erba ai bordi della
Senna, si fosse denudata
completamente e conversasse
con due giovanotti borghesi
abbigliati con cura, mentre
un’altra ragazza, in camicia, si
curva per sciacquarsi.

24
Olympia:

 Evidente il ricordo della Venere di Urbino di Tiziano e della Maja denuda


di Goya;
 Rompeva con la tradizione accademica per la modellazione
esclusivamente coloristica;
 Indipendentemente dal soggetto, ogni particolare ha un suo preciso
valore cromatico collocandosi in rapporto con tutti gli altri e con l’insieme; i
colori senza passaggi chiaroscurali, sono resi più luminosi dal contrasto con
il fondo scuro.

MONET (Francese; 1840 – 1926): vuole rendere l’espressione che ha


ricevuto guardando il paesaggio; l’acqua esprime il senso di relatività dei nostri
rapporti con ciò che ci circonda, anzi la relatività del nostro essere non soltanto
perché i riflessi variano continuamente, ma perché essa non è mai la stessa.

La Grenouillère:

 La natura vive in tutta la sua


mobilità e continuità e noi viviamo in
mezzo ad essa;
 Protagonista è l’acqua
(costituzionalmente mobile e
riflettente) che domina buona parte
della superficie e la cui mobilità è resa
evitando la fusione dei colori che sono
distribuiti a macchie accostate a forma
di piccole strisce orizzontali.

Regata ad Argenteuil :

 L’acqua del fiume riflette l’azzurro del cielo, il rosso delle casa, il verde
della riva, il bianco delle vele;
 L’accostamento dei colori primari e complementari determina una
luminosità intensa e festosa, cosicché tutto è luce, tutto è colore.

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Impressione. Il levar del sole e Impressione. Il tramonto del sole:

 L’elemento fondamentale per


la scomposizione della luce è la
nebbia che attenua i colori delle
cose; da ciò che i nostri occhi
vedono ricaviamo impressioni,
non certezze;
 Sono la descrizione di un
luogo irriconoscibile ed
esprimono il suo mondo
interiore, la sua reazione
emotiva di fronte alle percezione
che gli provengono dall’esterno
in un’ora qualsiasi di un giorno
qualsiasi.

RENOIR (Francese; 1841 – 1919): riporta nei quadri la gioia di vivere, la


gioia di partecipare alla vita di tutto ciò che ci circonda e di apprezzare la
bellezza al punto da sentire l’urgenza di fissare sulla tela il ricordo di ogni
percezione visiva. Dipingere è gioia. Lo appassiona lo studio della luce solare
che colpisce le cose, già colma di riflessi e scomposta perché filtrata dalle
foglie.

Bal au Moulin de la Galette:

 Ballo (costituito dal movimento)


all’aperto di giovani qualunque nei loro
vestiti giornalieri;
 Il movimento è transitorio, le
impressioni fugaci si succedono le une alle
altre, ovunque è uno scintillio di luci e
colori che si tramutano.

CÉZANNE (Francese; 1839 – 1906): la sua pittura sembra essere l’opposto


di quella impressionista ricercando la fugacità dell’impressione, la solidità
costruttiva della forma. Non vuole riprodurre l'apparenza della natura, ma

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coglierne la sostanza. Afferma che tutta la realtà è riconducibile al cubo, al
cilindro e alla sfera perché vuole superare la superficialità dell’occhiata gettata
a caso sulla natura, per esprimere il significato che acquista la somma sintetica
delle sensazioni.

La casa dell'impiccato:

 Pennellata rapida a tocchi;


 Gruppo di case paesane in un
ambiente campestre;
 Volumi e spazi non sono strutturati
secondo le norme prospettiche, ma
mediante larghe masse di colori.

I giocatori di carte :

 I due sono coordinati l’uno all’altro


mediante la convergenza delle mani
verso il centro, indicato con la bottiglia
di vino, in un rapporto reciproco di
forme; entrambi sono costruiti con
solidità, come il tavolo, la stoffa che lo
ricopre e gli altri elementi scenici,
mediante le larghe zone di colore.

Un'illusione che è rimasta sempre costante nel tempo riguarda le stelle;


spesso gli uomini si soffermano ad ammirarle, ma con altrettanta frequenza
capita che ciò che vedono non è altro che un'illusione. Può capitare infatti, data
la distanza che c'è tra la terra e i corpi celesti, che noi osserviamo stelle che in
realtà sono già morte in quanto, anche se la velocità della luce è di circa
300000 km/s, impiega migliaia di anni luce affinché possa essere percepita
dall'occhio umano.

27
LE STELLE
Le stelle, si sa, sono i puntini che popolano il nostro cielo ogni volta che il
sole tramonta.
Si sa anche che sono fonte di grande fascino ed in oltre sono, e sono state,
dense di significato per molte popolazioni, soprattutto in passato che le hanno
radunate in costellazioni.
Basti pensare che gli antichi credevano che le stelle fossero dei fori su
una grande sfera al di là della quale c'era una grande luce prorompente
rappresentante il Dio creatore. Erano quindi considerate come collegamento
con l'aldilà. Gli antichi dedicavano molto allo studio degli astri, temevano quello
che a loro il cielo poteva celare.

RIFERIMENTI PER INDIVIDUARE LE STELLE


Guardando il firmamento si ha come l’impressione che la Terra si trova in
mezzo ad una sfera cava sulla
cui superficie interna vediamo
proiettate tutte le stelle.
Questa sfera si chiama Sfera
Celeste.

Nel suo centro inseriamo


l’osservatore. Tracciamo la
verticale che attraversa
l’osservatore. Questa verticale
incontrerà la sfera celeste nei
due punti Zenit1[1] e il suo
opposto, Nadir. Se tagliamo
quest’asse con un piano
perpendicolare ad esso nel
punto in cui il piano incontra la sfera celeste si ha l’orizzonte celeste, che
divide la sfera in un emisfero superiore ed in uno inferiore.

La terra ruota intorno ad un asse, l’asse terrestre, il cui prolungamento


nello spazio incontra la sfera nei due poli celesti Nord e Sud.

LE DISTANZE ASTRONOMICHE
Le più usate unità di misura delle distanze sono:

1[1]
ZENIT: stella che sta esattamente sopra l’osservatore.
28
 Unità astronomica: in genere è usata entro i limiti del sistema solare e
corrisponde alla distanza media terra-sole che è di circa 149 600 000 Km.
 Anno-luce: è la distanza percorsa in un anno dalla radiazione luminosa,
che si muove circa alla velocità di 300 Km/s. un anno-luce corrisponde
quindi a una distanza di 9 463 miliardi di chilometri.
 Parsec: è la distanza di una stella che ha una parallasse, cioè uno
spostamento apparente della posizione (se osservata dagli estremi opposti
dell’orbita terrestre) di due secondi d’arco. E’ la distanza di un punto dal
quale un osservatore vedrebbe il semi asse maggiore dell’orbita terrestre,
perpendicolarmente (perpendicolare cioè all’asse immaginario che unisce il
punto al sole) sotto l’angolo di 1’’. Questa unità di misura si basa sulla
misura accurata dell’angolo di parallasse. In realtà col termine parallasse si
indica lo spostamento apparente di un oggetto rispetto ad un punto di
riferimento molto lontano, quando l’oggetto viene osservato da due punti
diversi. Per avere le due misurazioni, questa misurazione si fa di sei mesi
cioè quando la terra ha percorso metà della sua orbita totale.

STELLE A CONFRONTO
La luce stellare giunge all'occhio dell'uomo come qualcosa di vacillante e
intermittente, e questo nell'antichità ha suggerito l'immagine delle stelle come
punti luminosi emananti raggi. Tuttavia, osservate con un buon cannocchiale o
con un telescopio, le stelle appaiono del tutto sprovviste di raggi. Questi
dunque non sono reali, ma frutto dell'interazione tra la luce stellare e l'occhio
umano.

Guardando la volta stellata, inoltre, ci si rende conto che la maggior parte


degli astri notturni mostra una rapida variazione di splendore che noi
percepiamo come un costante scintillio. Tale scintillazione permane anche se si
osservano le stelle a mezzo di strumenti. Ma questo non è un fenomeno dovuto
alle stelle in quanto tali. La sua causa sta nell'alternarsi, nell'atmosfera
terrestre, di masse d'aria di densità e umidità differenti. La luce stellare,
attraversando questi diversi strati atmosferici in continua trasformazione, viene
rifratta. Questo fenomeno rende difficoltose le osservazioni con il telescopio
ottico. La scintillazione diminuisce infatti con l'altezza, cessando ai limiti
dell'atmosfera, in cui la luce non deve attraversare strati d'aria.

Ciò che persiste anche all'osservazione telescopica ed è talvolta visibile a


occhio nudo, è la differenza di splendore tra una stella e l'altra. Si tratta di un
carattere dovuto alla natura delle stelle e non a una nostra illusione ottica. Gli
antichi stabilivano la grandezza delle stelle a seconda del loro splendore, ma
ciò è errato. L'esperienza insegna che oggetti grandi e splendenti possono
apparire anche piccolissimi e opachi quando si trovano a grande distanza. Lo
splendore delle stelle è solo uno splendore apparente, che non testimonia
affatto della loro grandezza o della loro distanza. Nonostante ciò gli astronomi
hanno classificato le stelle seguendo l'uso degli antichi, ossia suddividendole in
29
stelle di prima, seconda, terza grandezza ecc., in relazione al loro diverso
splendore.

Le caratteristiche che permettono di catalogare i corpi celesti in gruppi


omogenei sono:

 La magnitudine: la diversa luminosità delle stelle è servita fin dai


tempi antichi a suddividere le stelle in sei ordini di grandezza. Oggi il
termine grandezza è sostituito da magnitudine che può essere di due tipi:
magnitudine apparente (m) e magnitudine assoluta (M). Con il termine
magnitudine apparente si indica la luminosità di una stella per come noi la
vediamo, mentre col termine magnitudine assoluta si indica la luminosità
intrinseca di una stella, che corrisponde alla luminosità che le singole stelle
mostrerebbero se poste a una distanza standard da noi pari a 10 parsec.
Una volta nota la magnitudine assoluta di una stella è possibile risalire alla
distanza della stella per confronto con la sua magnitudine apparente (M=m
+ 5 – 5 log d). Non tutte le stelle hanno una magnitudine costante come le
variabili pulsanti che a cicli regolari emettono maggiore o minore energia.

 Stelle doppie: esistono sistemi di stelle che ruotano intorno a un


baricentro comune e si eclissano a vicenda a intervalli regolari; quando una
delle due stelle viene occultata la sua luce viene intercettata e si osserva
una diminuzione della luminosità complessiva del sistema.

 Colori, temperature e spettri stellari: lo studio dei corpi luminosi


avviene in buona parte con esami spettroscopici; un qualunque raggio
luminoso da origine a uno spettro, cioè a una striscia (visibile su uno
schermo o su una lastra fotografica) formata da bande con tutti i colori
dell’iride (dal rosso che corrisponde a luce con grandezza d’onda maggiore
al blu con lunghezza d’onda minore). Gli spettri sono una specie di impronta
digitale dei vari elementi chimici. Esaminando le posizioni e gli spessori delle
righe negli spettri possiamo determinare gli elementi del corpo da cui viene
prodotta la luce.
Il tipo spettrale dipende dalla temperatura del corpo emittente e le stelle
non hanno tutte la stessa temperatura, quindi vengono classificate in una
serie di classi spettrali, ordinate in funzioni di valori decrescenti della
temperatura. Le analisi spettrali hanno messo in evidenza una notevole
uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari: Idrogeno
80%, Elio 19%, 1% di altri elementi chimici che conosciamo.

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 Stelle in fuga e stelle in avvicinamento: le stelle si muovono nel
firmamento. E’ ovvio che la velocità di una stella che si sposta può essere
stimata con sufficiente approssimazione se la direzione del movimento è
perpendicolare alla linea che unisce l’osservatore alla stella stessa. Ma
alcuni corpi si allontanano o si avvicinano: in questo caso le stime sono
fornite dalla spettroscopia attraverso l’applicazione dell’effetto Doppler2[2].

TRA STELLA E STELLA: MATERIA INTERSTELLARE E


NEBULOSE

Nell’universo si trovano diffusi polveri finissime e gas. Tale materia


interstellare risulta spesso concentrata in ammassi di materia chiamati
nebulose composte da idrogeno (il più abbondante), elio, ossigeno, azoto,
carbonio e polvere interstellare.

Le nebulose sono di tre tipi:

 nebulose oscure perché prive di luce.

2[2]
Effetto Doppler: in una sorgente di luce che si allontana velocemente da noi
aumenta la lunghezza d’onda della luce che viene emessa. Come conseguenza
la stella ci appare più rossa di quanto sia in realtà.
31
 nebulose a riflessione perché debolmente luminose se attraversate
dalla luce di una stella vicina.

 nebulose ad emissione se dotate di una tenue luce propria.

L'estensione di una nebulosa (la "fabbrica" nella quale si producono le


stelle) si può aggirare anche attorno al centinaio di anni luce.
Il gas della nebulosa inizia a concentrarsi verso il centro per effetto della
forza gravitazionale che spinge gli atomi di idrogeno l'uno contro l'altro. Ad un
certo punto, quando gli atomi di H sono concentrati enormemente nel centro,
inizia un processo di fusione nucleare che è in grado di fornire il massimo
dell'energia dalla materia.

32
IL DIAGRAMMA H-R

Il diagramma di Hertsprung-Russell mostra la relazione tra massa, colore e


luminosità. La sequenza principale è lo stato in cui si vengono a trovare le
stelle di medie dimensioni come il Sole. La classe spettrale non è altro che una
classificazione delle stelle in base alla temperatura e quindi al colore. Va
dall'azzurro al rosso e segue l'ordine O-B-A-F-G-K-M-N-R. Esiste poi una
suddivisione ulteriore, per ampliare la precisione degli intervalli considerati,
all'interno di ciascuna classe spettrale. L'ulteriore suddivisione va da 0 a 9 (ad
esempio B2, G5) in ordine decrescente di luminosità.

COME NASCONO E MUOIONO LE STELLE


È probabile che le stelle nascano dai cosiddetti globuli di Bok, veri
addensamenti di gran quantità di polveri e gas che
appaiono come nuclei oscuri e nettamente circoscritti
all’interno della diffusa luminosità delle nebulose.
All’interno dei globuli possono innescarsi moti turbolenti,
che frammentano i globuli in ammassi più piccoli,
all’interno dei quali la reciproca attrazione gravitazionale
tra le particelle della nebulosa dà inizio ad un processo
d’aggregazione. Con il proseguire dell’addensamento,
l’energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica
facendo aumentare al temperatura del corpo gassoso, che si trasforma in una
protostella da cui si diffondono radiazioni infrarosse.
A causa della forza di gravità, la contrazione prosegue e il nucleo della
protostella si riscalda; ma se la massa iniziale è scarsa la temperatura non
arriva a far innescare le reazioni termonucleari: la contrazione si arresta e il
corpo si raffredda, lasciando un’oscura nana bruna (stella mancata). Se
invece la massa è sufficiente, continua a scaldarsi, fino a raggiungere
temperature di 15 milioni di K, sufficienti a far innescare il processo

33
termonucleare di trasformazione dell’idrogeno in elio. In tale reazione 4 nuclei
d’idrogeno si fondono in un singolo nucleo d’elio. Ma nel corso della fusione
una parte della massa scompare e si converte in energia. Il calore liberato da
tale reazione fa aumentare la pressione dei gas verso l’esterno, fino a
compensare la forza di gravità: si giunge così ad una fase di stabilità, durante
la quale, la stella, ormai adulta, si trova nella sequenza principale del
diagramma H-R, che rappresenta, quindi, la fase dell’evoluzione di una stella.
Quando l’idrogeno è quasi consumato del tutto, il nucleo d’elio che si è formato
finisce per collassare, cioè per contrarsi su se stesso; in tale processo si
riscalda progressivamente fino a temperature di 100 milioni di K, sufficienti ad
innescare nuove reazioni termonucleari, che trasformano l’elio in carbonio.
La stella è entrata in una nuova fase e appare come una gigante rossa,
ora la sua evoluzione seguirà diverse strade secondo la sua massa iniziale.

Stelle con massa iniziale poco inferiore a quella del sole


Continuano a collassare gradualmente fino a divenire corpi delle dimensioni
della terra, con i nuclei degli atomi immersi in un “mare” continuo d’elettroni.
Questa è l’origine delle nane bianche, che sono destinate a raffreddarsi
lentamente perché prive di una fonte d’energia nucleare.

Stelle con massa iniziale come quella del sole


Allo stadio di giganti rosse, espellono i loro strati più esterni trascinati via
dal vento stellare, dando origine a nubi sferiche
di gas in espansione. Tali involucri vengono
chiamati nebulose planetarie. Senza
l’involucro esterno, la gigante rossa si trasforma
in un nucleo rovente che continua a riscaldarsi
ed a contrarsi a spese dell’idrogeno, fino al punto in cui la
nebulosa scompare e la stella centrale diventa una nana
bianca.
In alcuni casi si osservano vere e proprie esplosioni
stellari, che si manifestano con un improvviso aumento di luminosità e che
danno origine alle novae.

Stelle con massa iniziale superiore di una decina di volte quella


solare
Le temperature interne subiscono un forte innalzamento, fino ad alcuni
miliardi di K, creando un nucleo di ferro. A questo punto il
collasso si fa così rapido e violento da provocare
un’esplosione; gran parte della stella, supernova, si
disintegra e viene lanciata nello spazio. Il materiale rimante
contrae per la forza di gravità, ma vista l’enorme massa
rimasta, la sua densità aumenta in maniera inconcepibile,

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provocando un’ulteriore trasformazione: elettroni e protoni si fondono dando
vita ad una stella di neutroni con un diametro di soli 20/30 Km.

Stelle con massa iniziale superiore a qualche decina di volte quella


del sole
Dopo la fase di supernova, il collasso gravitazionale prosegue incontrastato
formando un corpo sempre più piccolo con un campo
gravitazionale immenso. Questo stadio è chiamato buco nero.
Un buco nero è un pauroso oggetto freddo a senso unico:
qualunque cosa può entrarvi, ma non uscirne.

Anche nella storia l'illusione è stata presente; l'Italia, ad esempio, entrò in


guerra nel 1915 con l'illusione di espandere i propri territori e di divenire una
grande potenza.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE


La guerra che ebbe inizio nel 1914 e si protrasse per più di quattro anni,
fino al 1918, fu diversa dai conflitti precedenti per molti aspetti e costituì un
fatto nuovo nella storia dell’umanità per i suoi caratteri e le sue conseguenze:
si poté parlare di guerra mondiale perché, per la prima volta, nel conflitto
furono coinvolte tutte le potenze industriali e con esse il resto del mondo, da
queste controllato sotto forma di colonie e protettorati.

La tecnologia si mette al servizio della distruzione: vengono sperimentate


nuove tecniche belliche, come ad esempio i carri armati, gli aeroplani e i gas
tossici.

L'occasione che portò alla 1° guerra mondiale fu l'assassinio dell'arciduca


ereditario d'Austria Francesco Ferdinando e della consorte, a Sarayevo, ad
opera dello studente serbo Gavril Prinzip, il 28 giugno 1914.
Questo avvenimento ruppe i fragili equilibri su cui si basavano le relazioni
tra gli stati europei e innescò una reazione a catena di atti e decisioni che
ebbero come sbocco inevitabile il conflitto armato.

L’attentato di Sarajevo aveva così dato all’Austria-Ungheria e alla Germania


un pretesto per attuare la loro volontà di guerra.
Ma un intreccio di cause di natura politica, economica e culturale
determinarono la guerra.

Le CAUSE POLITICHE sono da ricercare:


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 nella tensione, irrisolta, tra Francia e Germania;
 nella questione balcanica, in cui Austria e Russia avevano opposti
interessi;
 nella rivalità fra Germania ed Inghilterra sulle colonie;
 nel sistema di alleanze che legava le potenze europee, in modo che la
guerra dovesse essere generale.

Fra le CAUSE ECONOMICHE si deve considerare:

 la perdita del ruolo di prima potenza dell'Inghilterra;


 la spietata concorrenza nei Paesi europei per difendere le proprie
economie;
 la fine della conquista coloniale;
 la corsa agli armamenti divenuta un grande affare economico che
saldava gli interessi dell'industria pesante con il militarismo ed il
nazionalismo.

Per ciò che concerne le CAUSE CULTURALI all'idea di patria si andava


associando un insieme di elementi reazionari, di razzismo, di aggressività
imperialistica, di istinto di potenza. Pertanto anche le ideologie ed i fenomeni
culturali diffusi costituirono una delle ragioni dello scoppio del conflitto.

Il 28 luglio 1914 (dopo un ultimatum non accettabile dai serbi), l’Austria


dichiarò guerra alla nazione balcanica, ritenuta responsabile dell’assassinio, e
bombardò la capitale Belgrado.
I due contrapposti sistemi di alleanze (Triplice Alleanza tra Austria,
Germania e Italia e l’Intesa tra Francia e Inghilterra, a cui si affiancherà la
Russia in difesa della Serbia, suo stato satellite) portarono alla guerra
generale.

Subito dopo la dichiarazione di guerra l'Italia fu divisa fra interventisti e


neutralisti ritenendo non operante la Triplice Alleanza, poiché la guerra aveva
carattere offensivo e non difensivo come stabilivano i patti.

A FAVORE della guerra erano i nazionalisti che rivendicavano terre italiane


(Trento e Trieste) o parzialmente italiane (Istria e Dalmazia), gli irredentisti
che rivendicavano solo Trento e Trieste in nome degli ideali risorgimentali, i
socialisti riformisti ed i radicali.

CONTRO la guerra furono la maggioranza degli italiani, operai e contadini,


rappresentanti del partito socialista e cattolici, i liberali ed i giolittiani.

Però, nell’aprile del 1915, dopo un’accesa contestazione interna tra


interventisti e contrari all’intervento, il ministro degli esteri italiano Sonnino,
stipulò, all’insaputa del Parlamento, il Patto di Londra, che impegnava l’Italia
ad entrare in guerra a fianco dell’Intesa nel giro di un mese e le garantiva, in

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caso di vittoria, il Trentino e il Tirolo meridionale, Trieste, l’Istria, la Dalmazia,
esclusa la città di Fiume, e la base di Valona in Albania. Il conflitto cominciò,
per l’Italia, il 24 maggio del 1915, quando l’esercito varcò il fiume Piave,
aprendo un nuovo fronte.

All'inizio delle operazioni militari la strategia tedesca, che avrebbe voluto


una GUERRA LAMPO, si scontrò con la capacità di resistenza degli eserciti
dell'Intesa (Inghilterra, Francia, Russia, Giappone); la guerra divenne così
DI POSIZIONE, con milioni di soldati fronteggiantesi lungo centinaia di Km di
trincee, sul fronte occidentale e su quello orientale. A questi due si aggiunse
quello marino, dove combattevano Inghilterra e Germania, per garantirsi
possibilità di rifornimento di armamenti e di generi di consumo.

I primi due anni di guerra furono caratterizzati da un sostanziale equilibrio


militare fra le forze in campo; divenne un conflitto di logoramento su tutti i
fronti. Questa situazione cominciò a far coagulare una decisa opposizione alla
guerra, animata da gruppi di socialisti e dalla Chiesa cattolica che si
pronunciarono contro «quell'inutile massacro».

Il 1917 è l'anno fondamentale del conflitto. Sul piano militare si verificarono


due fatti destinati a pesare notevolmente: l'ingresso degli USA in guerra e
l'uscita della Russia, attraversata da una crisi che avrebbe portato alla caduta
dello zarismo ed alla rivoluzione comunista. A ciò si aggiunse il rifiuto della
guerra da parte dei soldati, cosa che divenne un fenomeno di massa e che
produsse diserzioni ed atti di insubordinazione collettiva. Il disfattismo dei
soldati andava di pari passo con quello delle popolazioni, travagliate dalla
miseria, dalla carestia crescente, dall'inflazione e dalle condizioni di lavoro
spesso insopportabili.

Questa situazione determinò un ulteriore autoritarismo da parte dei governi


che vide la delegittimazione del Parlamento. In questo periodo prese avvio la
decisiva offensiva austro-tedesca per risolvere il conflitto prima dell'ingresso in
guerra degli USA. A farne per primo le spese fu l'esercito italiano, sconfitto a
Caporetto con gravissime perdite umane e materiali; ma l'offensiva tedesca si
arenò sul fronte occidentale, dove gli eserciti franco-inglesi resistettero
strenuamente.

Con l'arrivo delle forze americane, le armate dell'Intesa passarono alla


controffensiva e nel giro di 3 mesi, da agosto ad ottobre 1918, ebbero la
meglio sugli austro-tedeschi. Si aprì così, a Versailles, la conferenza di pace.
Al tavolo delle trattative si scontrarono due diverse strategie: quella francese a
cui si adeguò il resto dell'Europa animato dal desiderio di annientare la
Germania, e quella americana, propugnata dal presidente Wilson, volta a
promuovere la riorganizzazione politica e territoriale dell'Europa sulla base del
principio dell'autodeterminazione dei popoli. Purtroppo prevalse la prima

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tendenza, pertanto le legittime aspirazioni nazionali di diversi popoli furono
subordinate al desiderio di imporre durissime condizioni ai vinti.

Sorsero nuove nazioni: Austria, Ungheria, Yugoslavia, Cecoslovacchia, Polonia.

L'Italia ottenne il Trentino, l'Alto Adige, Trieste e l'Istria ma non la Dalmazia.

DOPOGUERRA IN EUROPA
La fine della prima guerra mondiale lasciò i paesi belligeranti stremati. Ai
contraccolpi geografici (i morti avevano superato i 10 milioni di unità) si
aggiungevano le difficoltà economiche: le industrie che avevano prodotto
materiale bellico dovevano essere riconvertite mentre il bilancio pubblico era
stremato da un indebitamento vertiginoso; questa situazione alimentò un forte
malessere sociale (di cui l'inflazione e la disoccupazione dei reduci erano le
cause più rilevanti) e le conseguenze si fecero sentire sul piano politico, dove
alla domanda delle masse popolari di partecipare maggiormente alla vita
politica, fecero riscontro le tendenze di alcuni a risolvere in chiave autoritaria la
crisi del sistema liberale.

I sistemi politici dei paesi vincitori trovarono difficoltà a governare ed a


risolvere la gravissima crisi economica e sociale esplosa nell'immediato
dopoguerra e trascinatasi per i primi 20 anni. Gli accordi di pace non furono in
grado di ricostruire un nuovo ordine internazionale. Tale difficoltà affondava le
sue radici nel progressivo declino economico dell'Europa che divenne
economicamente tributaria di altri centri, primo fra tutti gli USA. Lo stato
liberale e la democrazia politica sembrarono incapaci di risolvere i problemi più
assillanti; ciò permise risoluzioni in chiave autoritaria.

Anche l'Inghilterra fu in questo periodo travagliata da lotte sindacali senza


precedenti che culminarono nel 1926 in un grande sciopero di minatori che
rischiò di far precipitare la situazione politica; il governo inglese riuscì ad
incanalare tali proteste entro l'alveo istituzionale.

In Francia si assistette ad una radicalizzazione dello scontro politico e


sociale.

Negli USA, usciti dalla crisi economica, prevalsero le tendenze isolazioniste


e più conservatrici, che limitarono notevolmente il ruolo di questo paese nello
scacchiere internazionale. Il timore del bolscevismo portò all'adozione di
restrizioni nei confronti dell'emigrazione, considerata veicolo di infiltrazioni
comuniste. Il clima di intolleranza sfociò in provvedimenti repressivi; uno in
particolare fece molto scalpore: la condanna a morte di 2 anarchici italiani,
SACCO e VANZETTI, ingiustamente accusati di un omicidio a sfondo politico.

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In Germania la crisi del dopoguerra raggiunse una radicalizzazione
estrema. Fu proclamata la Repubblica di Weimar che affermò l'egemonia
della socialdemocrazia. Ma all'interno del movimento operaio si affermarono
anche tendenze rivoluzionarie che si coagularono nel movimento spartachista.
Lo scontro tra il governo e la sinistra raggiunse il suo apice nel 1919 con una
grande manifestazione a Berlino, stroncata nel sangue. Dopo l'episodio si
scatenò la controrivoluzione animata dalla formazioni più reazionarie legate ai
circoli militari. Una di queste, a Monaco, si organizzò in Partito Socialista
capeggiato da Adolf Hitler che tentò un colpo di stato; il tentativo fallì e Hitler
fu arrestato. L'episodio fu un chiaro sintomo di una situazione politica
irrimediabilmente deteriorata.

BIBLIOGRAFIA

Italiano
"Dal testo alla storia Dalla storia al testo" vol. 3 Tomo Primo/a - Baldi, Giusso,
Razetti, Zaccaria; Paravia.

Filosofia
"Protagonisti e testi della filosofia" vol. 3 - Abbagnano, Fornero; Paravia.

Latino
"Vocis imago" vol. 3 - Meringhi, Gori; Edizioni scolastiche Bruno Mondadori.

Inglese
"Literature and beyond" vol. 3 - De Luca, Grillo, Pace, Ranzoli; Loescher
Editore.

Storia dell'arte
"Arti, correnti e artisti" volume secondo - Adorno, Mastrangelo; D'Anna.

Geografia Astronomica
"Il globo terrestre e la sua evoluzione" - Palmieri, Parotto; Zanichelli.

Storia
"Il manuale" vol. 3 - Giardina, Sabbatucci, Vidotto; La Terza.

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