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Professor Cantautore 18/08/18, 15(06

L'INTERVISTA
Professor Cantautore: Claudio Lolli
di Giorgio Maimone
La mia madre l'ho chiamata sasso,
perché fosse duratura sì,
ma non viva.
I miei amici li ho chiamati piedi,
perché ero felice solo
quando si partiva.
Non ho mai avuto un alfabeto
tranquillo, servile,
le pagine le giravo sempre con il
fuoco.
Nessun maestro è stato mai
talmente bravo,
da respirarsi il mio ossigeno ed il
mio gioco.
Ed il lavoro l'ho chiamato piacere,
perché la semantica è violenza
oppure è un'opinione.
(Analfabetizzazione - Claudio Lolli)

Claudio, ci vuoi parlare di questa scelta di doppio binario lavorativo?

Una scelta fino a un certo punto. Nel senso che verso la metà degli anni 80 la ma vita
artistica era arrivata ad un vicolo cieco. Per andare avanti avrei dovuto accettare dei
compromessi vergognosi e così mi sono ricordato che da qualche parte avevo una
laurea. L'ho tirata fuori ed ho cercato di utilizzarla. Ho iniziato a fare il professore
nell'87. Insegno italiano e latino in un liceo scientifico di Bologna.
Ora indubbiamente è più interessante. Fare il professore non è più una questione di
sopravvivenza, ma anzi ti pone in una sorta di osservatorio privilegiato sul mondo.
Ora non accetterei volentieri di smettere di fare il professore.

- Ma sono due lavori che si possono fare assieme? Non ci sono sovrapposizioni,
impedimenti, interferenze insomma.

La principale interferenza è la fatica. Si dorme poco. Se sei fuori per una serata,
rientri a notte tarda e la mattina, comunque vada, devi essere a scuola. Il sistema

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scolastico tra l'altro è un sistema molto rigido. Non consente facilmente di prendere
ferie o permessi. Quindi la fatica indubbiamente è l'ostacolo maggiore.

- Forse ci devono essere anche dei vantaggi. Senno' chi telo farebbe fare?

Sul piano dei vantaggi invece metterei l'aver appreso a parlare e a mostrarmi in
pubblico. All'ínizio della mia vita artistica soffrivo un po' della sindrome di De Gregori:
essendo fondamentalmente timido, non riuscivo a parlare in pubblico, andavo,
cantavo le mie canzoni e venivo via, praticamente senza dire una parola. Ora,
invece, l'abitudine ad avere a che fare ogni giorno con un "pubblico" di 25 persone da
dover "domare" o comunque interessare, un pubblico da sedurre e di cui richiamare
l'attenzione, mi viene utile al momento dei concerti. Mi ha insegnato dei meccanismi
di comunicazione. Ossia come parlare con la gente mantenendo viva l'attenzione.
Essere a contatto con i giovani, insomma è fondamentale, anche sotto il profilo del
lingaggio, che si rinnova, si trasforma.

- Ma alcune tue canzoni risentono di questa tua collocazione a cavalli tra i due
impegni? "Analfabetizzazione" sembra un fortissimo atto d'accusa contro la scuola e
"Dalla parte del torto" mi viene da leggerla, invece, come un dolcissimo lascito
spirituale per le nuove generazioni. Quello che potrebbe dire un "buon maestro".

No, "Analfabetizzazione" è una canzone precedente. L'ho scritta nel '77 e l'ho ripresa
nel mio ultimo disco. Quindi 10 anni prima di iniziare a fare il professore. Per quanto
riguarda "Dalla parte del torto", questa sì recente, diciamo che il fine è più paterno
che professorale, ma … sì , in un certo senso si può' dire che vi sia anche questo tipo
di approccio. La speranza che passi alle nuove generzioni qualcosa di quel poco o
tanto di buono che siamo riusciti a far nella nostra vita

- E per finire abbiamo la "domanda da un milione di dollari". Cosa manca alla scuola
attuale?

Cosa manca? È davvero una domanda difficile. Ma poi me lo dai il milione di dollari?
Il problema è che la scuola è un meccanismo ferreo, brucratico, troppo rigido… la
campana che suona … che scandisce le ore con precisione carceraria. Ci sono
mattine in cui in realtà ti trovi senza niente da dire e devi comunque tirare l'ora e altre
mattine in cui invec tutto riesce bene, gli studenti sono interessati, la discussione
procede bene … e in quel momento suona ancora la campana a scandire la fine del
tempo a disposizione. Anche la classe docente in questo modo si demotiva. E in tutto
questo non dimentichiamo la ricaduta economica. È importante. Forse molti non se
ne rendono nemmeno conto, ma vi è una ricaduta nella percezione negativa che gli
studenti hanno di noi. Insomma pigliamo molto meno dei loro padri. E non serve che
siano dottori o avvocati, anche di un elettrauto. Quindi siamo vissuti come dei falliti.
Come dice anche Woody Allen: "Se uno è un fallito fa il professore, se fallisce come
professore fa il professore di ginnastica. È un calo di prestigio agli occhi dei ragazzi.
Cosa può insegnarmi uno che è riuscito nella sua vita solo a fare il professore? Da lì
la stanchezza dei colleghi: sono in molti che abbandonano, e tanti altri che non
hanno più interesse a tirare avanti.

- Prima abbiamo parlato del travaso dal mondo della scuola alla canzone. Fonte di
ispirazione, linguaggio aggiornato, capacita' di gestire il contatto col pubblico. Ma
travasi al contrario? Vi e' qualche elemento del mondo dello spettacolo che hai

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portato verso la scuola?

Travasi al contrario ce ne sono. E ci riallacciamo al discorso di prima. Io, è chiaro,


cerco di parlare il meno possibile della mia attività artistica, ma qualcosa arriva, si
viene a sapere. E l'idea che io faccia dell'altro, che non mi sono solo "ridotto" a fare il
professore, che qualcosa riesca a combinare anche fuori dalla scuola mi dà più
prestigio e quindi più possibilità di essere ascoltato.

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