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Parlami del mondo che non vedo. Parlami di ciò che mi sfugge.

Quel
che mi corre a lato e scompare prima che possa girarmi. Parlami
della parte di me che non posso vedere. Parlami di ciò che vedi e
guardami. Guardami. Guarda dritto nel piccolo vuoto che porto sul
viso. Dimmi cosa c’è. Cosa vedi oltre l’oblìo, oltre l’assenza?
Puoi avvicinarti, se vuoi. Attento, però. Attento a non perderti
nel vuoto. Aggrappati alle palpebre e se senti che scompari, tira.
Esci. Guardami di nuovo. Sono sempre la stessa? Cosa vedi, ora?
Bambina. Ombre di cose. Le cose dei grandi. Non puoi capire,
diceva. E perché? Perché no. E che risposta è? È una risposta.
Perché? Ripetevo. Perché sei ancora una bambina. Bambina. Nomi di
cose. Le cose dei grandi. C’erano cose che non avevano nome.
Esistevano, ma non potevo dirle. Dolore, Sesso, Guerra. Cosa vuol
dire Sesso? Dove l’hai sentito? L’ho sentito. Non si dice. E
perché? Una bambina non le dice certe cose. Una bambina, certe
cose, non deve saperle. Ma non so niente, dicevo. È un privilegio,
alla tua età. Vedere le cose senza saperle. Vedere le cose per la
prima volta. La prima volta è un privilegio. Cosa vuol dire
privilegio? Ha a che fare con la fortuna. E la fortuna cos’è? È
quando ti capita qualcosa di bello. E quando? Ora basta, bambina.
L’ombra di un nome, dietro una finestra con il vento che batte
batte batte e chi è? È un rumore, viene da fuori. Le cose vengono
da fuori e non hanno nome. E quelle che vengono da dentro? Non ti
importa, bambina. E invece sì. Chiudi gli occhi. È ora di dormire.
E chi lo dice? Lo dice la notte. Quando viene e non vedi più
nulla. Quando il vento batte batte batte nel silenzio e il cuore
danza col respiro. Chiudi gli occhi. Cosa vedi? Il giorno delle
rose. Vedo le cose che non hanno nome. Come te le spiego? Vengono
da fuori, come te le dico? Prova. Vedo persone. Vedo i grandi.
Gambe che corrono nel giorno delle rose. I piedi veloci. Le mani
nell’aria. Mani. Bambini in mani adulte. Le cose dei grandi, vedo.
Le paure dei grandi. Urla. Sento voci e parole nel vento. La
lingua batte batte batte. Sento rumori forti nel cielo, nel giorno
delle rose. Rumori forti nel petto. È ora di dormire. Chiudo gli
occhi. Prima uno. Poi l’altro. Chiudo i miei occhi. I miei due,
due occhi. Buio. Li apro. Buio. Meno fitto, meno scuro. Sento
rumori forti nel vento. Scendo le scale. Controllo il vento. Sento
fischi lontani. No, non è la parola giusta. Sento qualcosa ma non
so dirla. Però è vicina e dovrei saperlo. Domani lo chiedo alla
mamma, il nome. Il nome del rumore nel vento. Da lontano. Penso,
domani. Nel giorno delle rose il vento ha fischiato. Forte. Forte
e vicino. Sono caduta. Non ho sentito più niente.
La polvere sollevata dal vento. Il raso che mi graffiava la pelle.
Le ginocchia contro il terreno. Un rumore forte e poi il silenzio.
Ricordo le urla. Il sangue. Sangue sulla mano. Non ricordo la mia
mano. Non la vedo. Non l’ho più vista e da lì non ricordo più
nulla.
“Hai provato dolore? Cosa sentivi? Vedevi? Cosa vedevi? Cosa non
vedevi più? Cosa hai visto subito dopo? Hai visto, subito dopo?
Cosa hai visto poco prima? Ricordi il ‘poco prima’?”
Elvezia, urlava mia madre. Io sentivo ma non rispondevo. Elvezia.
E piangeva. Correva verso di me. Non mi giravo. Lì, a terra,
rigida, con lo sguardo rivolto al cielo. Non vedevo più metà del
cielo. Mi manca una metà del cielo. Ridatemi il cielo. Chi me l’ha
tolto? Chi me l’ha preso? Restituitemi il cielo, maledizione. E
perché? Perché a me?
Marzo. Sei di Marzo. Sei di qui? Sei giovane, sei qui e perché?
Sei qui nel giorno delle rose. Sei di marzo. Ho conosciuto il nome
delle cose. Nel giorno delle rose ho chiamato tre cose per nome.
Tre. Do-lo-re. Nel giorno delle rose ho scoperto il nome del
dolore. È un rumore forte nel petto. Come la guerra. La guerra è
il nome del rumore forte. La guerra nel giorno delle rose. La
notte batte batte batte ma non c’è il cielo. Non c’è la luna. E
chiudo gli occhi. Ora so il nome dei fischi nel vento, mamma mi ha
detto: bombe. Due B. BomBe. Le bombe sono fischi nel vento. Prima.
Prima di cadere. Rumore forte nel petto. Batte batte batte ma non
c’è Il cielo. Non c’è la luna. E dov’è? Dall’altro lato. Io non
vedo la metà del cielo. La metà delle cose. Non ho più una metà
delle cose. Nel giorno delle rose ho perso la metà di una rosa.
Sei di marzo: ultimo cielo intero.
Batte batte batte. Lo senti? Viene da dentro. Se il mio petto
tocca il tuo, lo senti che batte? Viene da dentro. Viene da te.
Viene da fuori ma mi batte dentro. Sei il mio cuore? Sei giovane.
Sei di Marzo. Sei di passaggio nel giorno delle rose. Non mi piace
il nome del rumore nel vento. Sei qui. Sei per me. Ho paura dei
fischi nel vento. Non devi, mi dici. Non devi temere le parole nel
vento. Balliamo. E come? Un piede, poi l’altro, avanti, indietro,
ora la mano e poi l’altra. Le mie tra le tue. Poi gli occhi. Uno e
poi… non guardarmi. Non avere paura, mi dici. Balliamo negli
occhi. È notte nel giorno delle rose. È notte nella metà di cielo
rimasta. È notte nella metà di cielo che ho perso? Parlami del
mondo che non vedo. Quel che mi corre a lato e scompare, prima che
possa girarmi. Parlami e guardami. Oltre l’oblìo, oltre l’assenza.
Lo senti che batte, mi chiedi. Viene da dentro. Vieni dentro di
me. Balliamo negli occhi. Sei di passaggio. Sei qui per me. Sei
qui per quanto? Sei di marzo. Sono caduta insieme ai fischi nel
vento. Promettimi un nuovo giorno, nel giorno delle rose.
Promesso, mi dici. Mi baci? Batte batte batte. Posso, mi chiedi.
Ti bacio sul vuoto. Amore.
Ho scoperto il nome del rumore nel petto, nel giorno delle rose.
Amore. Cos’è Amore? È una cosa che batte batte batte. Baciami il
vuoto. Baciami dritto su quello che non c’è. Mi basta la metà del
cielo, se ci sei tu. Sei di marzo. Sei qui, ancora, per me? Dove
sei ora? Sei nell’altra metà di cielo?

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