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SOCIOLOGIA DEI LIFESTYLES

INTRODUZIONE

Il lifestyles, inteso come forma sociale, è un insieme di pratiche , dotate di senso unitario e significato
relazionale, che si presenta come modello distintivo condiviso all’interno di una collettività, senza avere il
suo elemento generativo né in un preesistente quadro cognitivo- valoriale né in una predeterminata
condizione socio-strutturale, benchè possa esserne influenzato. Il lifestyles sono peculiari della società
attuale, in cui altrettanto spesso non sono più tanto i valori, le rappresentazioni, e neppure la posizione
sociale, a dare conto del comportamento degli individui, ma sono invece soprattutto i gusti, le sensibilità e
gli interessi. Il termine lifestyles verrà dunque utilizzato in modo congiunto per riferirsi sia alle pratiche
significanti, ma anche al peculiare modello analitico adottato nella loro indagine. In questo libro l’interesse
è di tipo storico-sistematico: storico perché si considerano le diverse accezioni e prospettive in cui i
ricercatori hanno utilizzato nel tempo il concetto di stile di vita e quello di subcultura; sistematico perché si
isoleranno gli approcci più complessivi. Una ricostruzione orientata alla ricerca degli elementi utili a definire
il modello analitico dei lifestyles.

CAP 1 I LIFESTYLES DEGLI STILI DI VITA

Parlare di stile di vita significa dunque riferirsi a un gioco di somiglianze e diversità che al tempo stesso
distingue e accomuna i diversi soggetti a cui si riferisce. Ciò pone due problemi: da un lato richiede di
chiarire su quali elementi debba essere affrontato il confronto ; e dall’altro richiede anche si spiegare se le
differenze che si osservano distinguano soggetti diversificati in senso orizzontale oppure ordinati in senso
verticale. Quindi due punti di discussione: su quali elementi tracciare i confini tra i diversi stili di vita
(componenti fondamentali), dall’altro come sono organizzati in una scala gerarchica. Identità, distinzione,
identificazione, riconoscimento sono la posta in gioco attorno alla quale ci si muove.

Dal 1890 la tradizione teorica e di ricerca sugli stili di vita sviluppatasi per prima è quella comprensiva dei
modelli che secondo diverse prospettive li considerano espressione diretta della stratificazione sociale. In
tali ricerche lo stile di vita è la variabile dipendente dello standing (posizione sociale). Ciò accosta il
concetto di stile di vita a quello di classe, di strato sociale, ovvero più in generale di posizione sociale,
assumendo che il sistema delle disuguaglianze e degli stili di vita sia dipendente dalla struttura sociale. Gli
indicatori oggettivi sarebbero l’occupazione, l’istruzione, il reddito, la disponibilità di beni. In particolare le
teorie classiche di Veblen, Weber, Simmel e Bourdieu. Nella loro analisi lo stile di vita si configura quale
espressione visibile delle dotazioni e dei modelli culturali caratterizzanti lo standing del soggetto. D’altra
parte la posizione sociale è essa stessa definita da tale stile di vita, in un processo quindi circolare.

Emulazione. Alla base della prospettiva di Veblen vi è una critica dell’economia classica; considera
l’individuo come un efficiente calcolatore di costi, portatore di un insieme di atteggiamenti e modi di agire
che tendono a esprimersi e a realizzarsi attraverso un’attività multiforme e continua di adattamento tra
mezzi e obiettivi influenzata da esperienze acquisite e dal contesto socioculturale in cui si trova ad agire. A
seconda del modello produttivo preponderante all’interno di una società e a seconda dei ruoli
occupazionali ricoperti dai singoli individui si può osservare un elaborazione di ambiti mentali. Veblen
sottolinea anche come sia centrale il carattere di competizione. Siccome gli individui valutano sé stessi solo
o anzitutto attraverso il confronto: stima come oggetto di competizione. Ma agli occhi di Veblen alla base
dell’evoluzione umana vi sono anzitutto le innovazioni tecnologiche ed economiche, e la posizione
dell’individuo rispetto ai modelli tecnologici ed economici definisce il suo modo di agire e di pensare. Per
quanto riguarda la società occidentale contemporanea, uno dei tratti fondamentali che in tal senso ne
definiscono l’organizzazione è l’istituzione della proprietà privata. Il motivo che sta alla base della proprietà
è l’emulazione, il possesso della ricchezza conferisce onore, è una distinzione antagonistica. La proprietà
privata diventa così un’istituzione umana a partire dalle necessità legate non tanto alla sussistenza quanto
alle esigenze di distinzione antagonistica. Sulla base di questo diverso principio, il desiderio di possesso non
deriva da bisogni biologici bensì da un bisogno di superiorità nei confronti di altri individui. Vi è una
esigenza non solo di essere ma anche di mostrarsi superiori. I membri di ogni strato sociale accettano come
loro ideale di onorabilità lo schema di vita dello stato immediatamente superiore e cercano di vivere
secondo tale ideale. Ma per acquisire e conservare la stima altrui non è sufficiente il possesso di ricchezza o
di potenza: è necessaria la loro messa in evidenza, attraverso il consumo. L’ostentazione è il consumo
vistoso. Ogni classe, pur in base alle proprie possibilità, cerca di imitare le pratiche distintive della classe
superiore. L’obiettivo dell’accumulazione è comunque quello di superare gli altri. Alla base del consumo
vistoso vi è dunque l’emulazione, la classe sociale più alta definisce lo schema di vita: se la buona
reputazione è fondata sulla potenza finanziaria, il consumo vistoso di beni è strumento per dimostrarla.
Non conta soltanto la quantità di beni consumati ma anche la loro quantità. Sono un utile segno di
distinzione gusti raffinati, buone maniere, e abitudini di vita poiché la buona educazione richiede tempo,
applicazione e spesa, e perciò non può essere raggiunta da coloro il cui tempo e la cui energia sono
assorbiti dal lavoro.

Classi e ceti. Si deve però a Weber l’aver utilizzato per primo in modo esplicito ilconcetto di stile di vita,
quale forma sociale attraverso cui si esprime il prestigio di un ceto sociale. Lo stile di vita è condizionato e
dipendente sia della classe sociale che dell’agire dell’individuo, tanto da stratificare i ceti al loro interno. Per
Weber i ceti si formano all’interno delle classi sociali, sulla base di particolari forme di istruzione,
educazione e formazione. Le società fondate sul ceto sono ordinate convenzionalmente mediante regole di
condotta. Tale situazione condiziona il libero mercato perché influenza i consumi subordinandoli alle regole
che lo stile di vita dei ceti impone a chi vi appartiene. La situazione di ceto di fonda su due parametri
distinti: lo stile di vita e il prestigio. Il primo si basa sull’educazione formale e sul possesso delle forme di
vita corrispondenti, il secondo deriva dalla nascita o dalla professione svolta. Il concetto di ceto,
diversamente da quello di classe, tiene più conto degli elementi culturali e della complessità sociale.
Mentre le classi si suddividono in relazione alla produzione e all’acquisto dei beni, i ceti si suddividono
secondo forme dei loro consumi e di loro specifici modi di condotta di vita. Secondo Weber la situazione di
classe e l’articolazione di ceto si alternano in relazione a periodi di stabilità o di instabilità. Le situazioni di
classe corrispondono ai periodi di trasformazione tecnico-economica, mentre il periodo del raffreddamento
dei ceti è prodotto dal rallentamento di tali trasformazioni. I ceti sono di regola gruppi delimitati e
differenziati verso l’esterno. Richiedono a una particolare condotta di vita che renda visibile l’appartenenza
a tale cerchia ristretta. Le classi si riducono a status con mobilità individuale. La trilogia linguistica “classe,
ceto, partito” indica le tre misure di posizione “ricchezza, prestigio, potere”. Lo stile di vita risulta la
manifestazione più visibile di differenziazione sociale, anche all’interno di una stessa classe sociale; esso
indica il prestigio di cui l’individuo sente di godere o a cui ambisce. Il concetto di stile di vita weberiano non
misura, la quantità di beni consumata o disponibili, ma il modo in cui gli stessi beni sono consumati, sia tra
individui con lo stesso reddito che con reddito differente. Esso indica quindi la scelta tra beni non essenziali.
Gli stili di vita possono costituirsi anche sulla base di fattori che tagliano trasversalmente le differenze di
classe, quali le affiliazioni culturali, estetiche, religiose, politiche. Gli stili di vita sono la confluenza tra
status, struttura di potere ed etiche religiose. L’identità sociale oggi la si costruisce con l’accesso a
particolari consumi e stili di vita. In Weber lo stile di vita è condizionato e dipendente sia dalla classe sociale
che dall’agire dell’individuo, tanto da stratificare i ceti al loro interno. Lo stile di vita è condizionato e
dipendente sia dalla classe sociale che dall’agire dell’individuo, tanto da stratificare i ceti al loro interno. Lo
stile di vita è di natura performativa, e perciò indipendente, nel passaggio dalla classe al ceto: classe
sociale>stile di vita>ceto. La classe sociale è quindi solo una dimensione lungo la quale la società può essere
divisa e classificata, poiché un’altra dimensione è lo status, e mentre la classe è definita a partire dalle
relazioni con i mezzi di produzione e dalla posizione del sistema economico, il gruppo di status è
determinato appunto dallo stile di vita, e quindi dal consumo di beni, e dal prestigio. Le divisioni nella
società emergono quindi non solo dalla classe, che è basata su relazioni economiche, ma anche dallo status,
che è basato sull’onore. Gli stili di vita si configurano forme di comportamento realizzate da scelte
individuali che costruiscono forme di distinzione che identificano particolari gruppi di status. L’importanza
di tenere conto in modo congiunto del ruolo giocato sia dalle preferenze e dalle scelte individuali che dai
condizionamenti socio-culturali nello svilupparsi dell’agire degli attori. Ciò significa analizzare la loro
interazione.

Individualizzazione, identificazione e differenziazione. Una delle più ampie trattazioni del concetto di stile
di vita in sociologia è quella di Simmel. Un filo conduttore per lui sullo stile di vita è il principio che
l’esistenza pratica dell’umanità si consuma nella lotta tra l’individuazionalità e l’universalità tra l’individuale
e sociale. Lo stile di vita è qualcosa di egoistico, in quanto mette in evidenza il suo portatore, sorregge e
aumenta il suo senso di sé a spese di altri ma anche qualcosa di altruistico, perché la soddisfazione che
procura è destinata appunto a questi altri. Sono dunque compresenti due opposte esigenze: l’essere-per-sé
e l’essere-per-altri. Processi sociali attraverso i quali le parti di una collettività acquistano identità distinte,
ma anche attraverso i quali si trasformano le società moderne. E proprio questi processi sono ben rivelabili
nelle trasformazioni dei gruppi che Simmel definisce cerchie sociali. Nell’opera “la differenziazione sociale”
Simmel analizza i rapporti tra l’estensione dei gruppi (cerchie sociali) e lo sviluppo dell’individualità (delle
identità). Il livello di sviluppo dell’individualità aumenta con l’ampiamento della cerchia sociale;
l’ampliamento di un gruppo sociale ha come conseguenza quella di aumentare la differenziazione interna e
al tempo stesso di accrescere il numero di formazioni che sono simili a quelle di un altro gruppo.
L’estensione è possibile solamente con una accresciuta differenziazione. In Simmel gli stili di vita hanno così
la doppia funzione di configurare e caratterizzare un gruppo cementandone l’unitarietà ab interna e
insieme differendolo ad extra dagli altri gruppi sociali. È la funzione di eguagliare e di tipicizzare, in quanto
più è differenziata la struttura tanto più risaltano le qualità formali psichiche dei singoli che crescono entro
di essa. La differenziazione nei confronti di altri esseri umani è ciò che in massima parte sollecita e
determina la nostra attività. È come se ogni singolo sentisse il suo significato solo in contrapposizione ad
altri. ma gli stili di vita vi collocano a cavallo tra cultura oggettiva e cultura soggettiva: lo stile di vita diventa
oggettivo, e come tale indipendente dalle dimensioni cognitivo-valoriali di chi lo adotta. Non è però dotato
di una particolare autonomia in quanto chi lo adotta ne fa un suo proprio e lo connota di significati e valori
personali. La crescente individualizzazione della vita sociale e il rischio per l’individuo di perdersi nella vita
sociale. Rischio che può essere superato solo con i già indicati processi di differenziazione negli stili di vita;
con la differenziazione gli individui e i gruppi segnalano la loro identità interna e le differenze verso
l’esterno. L’intero stile di vita di una comunità dipende dal rapporto tra cultura oggettiva e la cultura dei
soggetti. I beni si dotano di rilevanza simbolica e di segno di rapporti sociali. Il principale fattore di
separazione tra mondo oggettivo e soggettivo sta nella divisione del lavoro, nella specializzazione
produttiva e nella conseguente diffusione dei consumi. Per Simmel il denaro è il fattore più forte di
oggettivazione, costituisce il medium comunicativo più comune tra gli individui. La cultura oggettiva è la
cultura ormai fissata e incorporata nelle opere dell’uomo, compresi i comportamenti e le pratiche di
routine; e in quanto tale è la cultura divenuta cosa che esiste indipendente dalla vita di chi l’ha prodotta. La
cultura soggettiva, al contrario, è quella prodotta dagli individui concreti, nelle loro esperienze e nel loro
lavoro quotidiano. In Simmel il rapporto tra cultura oggettiva e cultura soggettiva è strettamente
interdipendente. In questa divaricazione tra la dimensione oggettiva e indipendente dall’individuo e la
dimensione delle singole esperienze degli individui sta la peculiarità delle condizioni dell’individuo
contemporaneo. In questa condizione, la prevalenza di cultura oggettiva e la conseguente mancanza di stile
è compensata dalla stilizzazione dell’interiorità con cui gli individui tentano di esprimere la propria
soggettività. La figura emblematica è l’individuo della metropoli che conosce insieme alla frammentazione
degli stile di vita, la sovreccitazione disorientante delle mode e dei consumi. Il “blasè” è l’individuo nel
quale la venalità delle cose e l’oggettività dei rapporti si impongono in misura ben diversa che nel quadro
dei rapporti tradizionali più ristretti. In simmel gli stili di vita e le mode svolgono funzioni di socializzazione e
di individualizzazione, di coesione e di separazione. Da un lato c’è la tendenza all’imitazione che rassicura
l’individuo di non essere solo e lo libera dal tormento della scelta; dall’altro c’è la distinzione individuale di
generalità. Simmel si riferisce specialmente all’abbigliamento, agli oggetti d’uso, all’abitazione; Weber si
riferisce alla diversificazione dei consumi. La moda è infatti orizzontale più che verticale; si ha un bisogno di
appropriarsi di oggetti posseduti da altri individui per distinguersi. All’interno di tali fenomeni si sviluppa la
dinamica tra uniformità e differenziazione a livello individuale. Non appena le classi inferiori raggiungono il
livello di quelle superiori queste ultime cercano di differenziarsi con nuove mode. Simmel analizza il
moltiplicarsi degli stili nella società moderna. Non esiste più lo stile, ma gli stili, nessuna regola solo scelte.
Secondo simmel la moda pone il problema del rapporto tra individuo e collettività del quale la fashion
victim è un paradosso significativo: la pressione del gruppo è paradossale, da un lato protegge l’individuo
psicologicamente, esimendo le scelte individuali, dall’altro lo vincola come membro di un gruppo. Più una
società è nervosa e febbrile, più numerose saranno le mode che si susseguono. La democratizzazione delle
mode gli impedisce di distinguersi. Un fenomeno di tale rilevanza sociale non può sfuggire peraltro
all’economia. I nuovi consumatori si ritrovano spontaneamente in accordo con i nuovi produttori i quali
reclamano a intervalli regolari una nuova moda. Si crea un vero e proprio circolo: quanto più rapidamente
cambia la moda, tanto più gli oggetti devono diventare economici e, quanto più gli oggetti diventano
economici, tanto più invitano i consumatori e costringono i produttori a un rapido cambiamento della
moda. Identificazioni, distinzioni ecc possono svilupparsi anche al di fuori di modelli verticali e configurarsi
come dinamiche di imitazioni e di differenziazioni orizzontali, al centro delle quali vi sono appunto la
definizione dell’identità individuale-collettiva e il suo riconoscimento.

Campo, habitus e pratiche sociali. Il costruttivismo strutturalista di Bourdieu favorisce l’analisi dello stile di
vita come prodotto sistematico degli habitus e con funzione di segno di una qualifica sociale. Il suo modello
teorico generale si proponeva uno sguardo duplice: sia sulla via oggettiva (le strutture) sia sulla vita
soggettiva (gli individui). Secondo Questa teoria l’azione degli individui dipende sia da cause esterne
(rapporti di forza, costrizioni della vita pratica) sia dalla credenze, aspettative, emozioni e interessi degli
individui stessi. Le prime costituiscono il campo le seconde l’habitus. Il concetto di habitus dà modo di
comporre insieme gusti, pratiche sociali e stili di vita. L’habitus è un insieme relativamente stabile di
principi attitudini socialmente riconosciuti come differenzianti i gruppi sociali. Esso comprende disposizioni
inconsce, schemi di classificazione, preferenze date per scontate ma tali da influenzare i gusti per le merci,
pratiche culturali, arte, cibo, vacanze, hobby. L’habitus incide anche nel corpo, nelle sue forme,
atteggiamenti, modi di camminare, di parlare.. mediante l’habitus l’ordine sociale si iscrive poco per volta
nei cervelli. Il meccanismo principale della produzione del mondo sociale: l’interiorizzazione dell’esteriore e
l’esteriorizzazione dell’interiore. L’habitus è un meccanismo strutturale che agisce dal di dentro degli
individui e rende possibile la regolarità e la prevedibilità della vita sociale. Prodotto dell’interiorizzazione
delle strutture esterne. In quanto creatore di comportamenti, strategie, adattamenti, seppure nei limiti
delle strutture del campo, l’habitus è dotato di razionalità pratica e immanente a un determinato campo.
Nelle relazioni tra habitus e campo avviene che l’abitus concorra a determinare ciò che lo determina, cioè il
campo. Risultando una sorta di grammatica generativa delle pratiche. Noi ritroviamo la sistematicità dei
comportamenti e delle pratiche degli individui nell’opus operatum ( comportamenti e pratiche) perché la
stessa sistematicità si trova già nel modus operandi (logica che li genera). Gli stili di vita sono pertanto i
prodotti degli habitus che diventano sistemi di segni forniti di una qualifica sociale. Ne la “distinzione critica
sociale del gusto”, il gusto costituisce la formula generatrice che sta all’origine dello stile di vita, esso è
l’insieme unitario delle preferenze distintive. I gusti si differenziano in base allo status socio-culturale degli
individui come se fossero la condizione sociale degli individui a influenzare e differenziare i gusti di lusso dai
gusti del necessario. I tre livelli di gusti sono frutto sia del capitale culturale trasmesso dalla famiglia sia dal
sistema delle istruzioni. Essi corrispondono a tre livelli scolastici e ad altrettante classi sociali: 1. Il gusto
legittimo, opere che si riconoscono come massima forma di arte con alti livelli di scolarizzazione; 2. Il gusto
medio, espressioni minori di arti proprio delle classi media e gli intellettuali della classe dominante; 3. Il
gusto popolare, è per tutto ciò che non ha pretesa artistica e caratterizzata da chi ha un basso livello di
istruzione. Poiché le condizione sociali (campi) producono habitus diversi, questi si manifestano nei diversi
stili di vita. Questi in quanto modelli, regole pratiche e valori, sono il risultato dell’habitus. I gusti non sono
indicati solo sulla base del reddito o dei bisogni, non sono quindi dei demarcatori di classe, ma piuttosto dei
rilevatori degli stili di vita. Essi indicano la condizione sociale attuale e passata, oltre che il capitale culturale
degli individui. Gli habitus determinano le scelte di ogni individuo sono all’origine di gusti diversi. Il gusto è
una cultura di classe trasformatasi natura cioè incorporata. C’è una diffusione verticale dei gusti: i gusti, le
opinioni della classe ricca hanno il carattere di un codice che si impone a tutto il resto della società. Una
stretta relazione è quella tra capitale culturale e stili di vita, il capitale culturale si trasmette nell’ambito
della famiglia fin della nascita di un figlio e per tutto il periodo di socializzazione e formazione. Esso si
compone quindi di un complesso di competenze, orientamenti e gusti culturali che risulta sempre più
influente nel determinare la distinzione sociale, ancor più che nei fattori economici. La rilevanza del capitale
culturale è oggi favorita dal crescere di una nuova categoria di esperti dei bisogni il cui lavoro consiste
nell’offrire beni e servizi destinati al consumo. La pratica consegue all’habitus, ma a sua volta contribuisce a
costituire l’habitus. L’habitus non è quindi soltanto composto di strutture inconsce, ma comprende anche
elementi di conoscenza e comprensione del mondo dell’individuo agente. Gli individui utilizzano le regole
dell’habitus come principi di orientamento delle loro pratiche sociali, queste sono il prodotto di una
combinazione di tre elementi in rapporto tra di loro: campo, capitale e habitus. Le pratiche così come i gusti
non sono più riferite a qualità naturali o oggettive, bensì alle proprietà relazionali delle condizioni e
posizioni sociali che le producono. All’interno di queste strutture sociale>habitus>pratiche sociali concrete,
si pone il concetto di riproduzione sociale con riferimento all’ordine sociale e al cambiamento sociale.
Strutture sociali>habitus>pratiche sociali>riproduzione delle strutture sociali. In questo modello di
riproduzione sociale le strutture non si riproducono automaticamente, ma attraverso l’habitus, il quale,
prodotto dalle strutture, mette in grado gli individui sociali di compiere pratiche sociali. Nelle modalità di
funzionamento si introduce il concetto di “isteresi” cioè l’habitus e le conseguenti pratiche continuano a
riprodursi anche in situazioni strutturate differenti da quelle che le hanno prodotte. Sul rapporto dialettico
tra struttura e pratica, in cui anche le pratiche risultano costituite da comportamenti attivati da routine,
contesti sociali…. Regolati da interazioni produttrici di senso o significati. Gli stili di vita essendo il prodotto
sistematico dell’habitus ed essendo legati a un comportamento secondo modalità culturalmente accettate
in relazione al capitale culturale degli individui, giocano così un ruolo attivo nel sostenere le gerarchie
sociali.

Elementi sensibili. Lo stile di vita viene interpretato quale posta in gioco e segnale di successo.
L’affermazione e il riconoscimento di una identità collettiva non è esclusiva, ma compatibile con la presenza
di altre.
CAP 2 STILI DI VITA E PENSIERO

In campo psicologico l’attenzione essenzialmente rivolta all’individuo anziché alla collettività. Negli anni 20
lo stile di vita viene inteso come stile di personalità, le tappe successive vedono una maggiore rilevanza di
volta in volta assegnata a valori, atteggiamenti, interessi o opinioni. Un fenomeno da ricondurre ai profili
psicologici dipende da complessi di atteggiamenti e dati sociodemografici.

Personalità. L’approccio psicologico allo studio degli stili di vita lo intende inizialmente come stile di
personalità. Lo stile di vita è definito come una categoria di carattere e di personalità fondamentale e
durevole. Secondo diversi studiosi l’autore che in qualche modo ha inaugurato tale approccio è ALDER (29),
il quale utilizza l’espressione “stile di vita” per riferirsi agli obiettivi che si propone l’individuo e ai metodi
per conseguirli; ciascun individuo sviluppa una propria visione del mondo nei primi 4 o 5 anni di vita, e il set
di valori e principi guida che forniscono l’ossatura per questa visione unitaria viene definito come lo stile di
vita della persona. Più in generale Adler intende lo stile di vita come quadro unitario di comportamenti e
abitudini attraverso il quale l’individuo lotta per la superiorità. Definisce lo stile di vita come “ lo schema più
o meno caratteristico implicito nel modo di affrontare i problemi di un individuo. Secondo KELLY e alla sua
teoria dei costrutti personali, in base alla quale gli individui sviluppano un sistema di costrutti, di criteri,
rispetto al quale tutte le azioni sono giudicate e valutate, e questo processo fornisce l’ossatura per lo
sviluppo individuale di un coerente stile di vita. Nella prospettiva individuale (Allport e Coleman) il quadro
degli assunti di ciascun individuo sviluppa modalità specifiche di percezione, pensiero, azione, ovvero un
caratteristico modus operandi o stile di vita. Ognuno tende così a stabilire un unico stile di vita
relativamente consistente, che lo distingue da tutti gli altri e che caratterizza ogni sua azione e pensiero.
Tale tradizione utilizza tuttavia anche il concetto con significato collettivo: lo stile di vita si riferisce allora
agli aspetti cognitivi e comportamentali di un gruppo relativamente duraturo in cui i membri sono in
interazione reciproca. COLEMAN considera invece lo stile di vita come la configurazione generale di assunti,
motivi, stili cognitivi e tecniche di azione che caratterizzano il comportamento di un dato individuo e che gli
forniscono consistenza. Nella prospettiva di una sociologia dei lifestyles, si tratterà di valutare anzitutto si
portare l’attenzione principalmente sul piano individuale o se invece considerare il lifestyle
prioritariamente come forma sociale, come fenomeno collettivo. Inoltre bisognerà decidere quali livelli di
analisi prendere in considerazione.

Valori. Nell’approccio sui sistemi di valore, i valori sono intesi come obiettivi desiderabili che fungono da
principi guida nelle esistenze individuali, e gli stili di vita sono definiti come modelli in cui gli individui vivono
e spendono il proprio tempo e i propri soldi, e che sono primariamente funzioni di valori di consumo.
Mentre la motivazione è la proiezione verso il mondo esterno di una pulsione individuale che deriva dalla
storia intima personale, il valore costituisce l’introiezione da parte dell’individuo di una norma ideale
proveniente dall’esterno. Lo stile di vita non è più espressione della personalità individuale ma un processo
di socializzazione che riconduce l’individuo a delle norme collettive e gli garantisce l’integrazione con un
gruppo di riferimento. Ciò che viene analizzato è l’adesione dell’individuo a un sistema di valori collettivi. In
ROKEACH il concetto viene reso operativo secondo 3 modalità: -valore inteso come ciò che si preferisce; -
valore come ciò che deve essere preferito; -valore come ciò che è al tempo stesso desiderato e
desiderabile. I valori sono organizzati in una scala gerarchica continua di importanza, ma possono essere
distinti tra valori strumentali, quando si riferiscono a modi di comportamento, quando riguardano modi di
essere e agire, e valori terminali, quando si riferiscono a uno scopo dell’esistenza, individuale o collettivo.
La combinazione di valori terminali e strumentali differisce secondo le caratteristiche economiche e sociali
dei soggetti. L’approccio di ROKEACH si basa su 5 postulati: 1. Il numero totale di valori di ciascun individuo
è circoscritto; 2. Ogni individuo possiede gli stessi valori in gradi differenti; 3. I valori sono organizzati in
sistemi; 4. Gli antecedenti dei valori provengono dalla cultura, dalla società e dalle sue istituzioni, dalla
personalità; 5. Le conseguenze dei valori si manifestano in tutti i fenomeni studiati dalle scienze sociali. La
ricerca di VALS (value and lifestyles) di MITCHELL e di MASLOW: sebbene gli individui siano sempre mossi
da una molteplicità di motivazioni differenti, in ogni azione ve ne è però una particolare che prevale sulle
altre; le molteplici motivazioni possono essere raccolte in 7 tipi di bisogni (fisiologici, sicurezza, amore-
appartenenza, stima, conoscenza, soddisfazione estetica, autorealizzazione); questi possono esssere
pensati come sette livelli gerarchici, con quelli fisiologici alla base e quelli di autorealizzazione in cima.
Quando un livello di bisogni è stato soddisfatto emerge il successivo a orientare l’azione dell’individuo.
Nella prospettiva VALS ogni livello della gerarchia dei bisogni corrisponde a un segmento di popolazione. A
seconda del percorso scelto e del livello di avanzamento raggiunto è possibile individuare diversi segmenti
o stili di vita, definiti da tratti socio-demografici, atteggiamenti e comportamenti, ma che sono anzitutto
distinti sul piano dei valori. Successivamente a questo piano di ricerca ha dato vita al VALS 2, un approccio
meno psicologico e più sociologico, all’interno del quale la segmentazione della popolazione deriva
dall’incrocio tra la quantità di risorse disponibili all’individuo su diversi livelli e la disponibilità degli individui
a essere guidati dai principi, dallo status sociale o dall’azione.

Atteggiamenti, interessi o opinioni. Nell’approccio AIO (atteggiamenti, interessi, opinioni) viene trascurata
l’analisi di sensibilità, gusti, emozioni e pulsioni che definiscono la personalità individuale subcosciente,
mentre si privilegiano gli elementi psicologici coscienti e razionali. La novità più rilevante è il concetto di
corrente socio-culturale, quale fascio di opinioni e atteggiamenti convergenti. Lo studio degli stili di vita
analizza la posizione degli individui sulla trama di un insieme di tendenze evolutive. In tale approccio il
sociale predomina sulle variabili individuali. YANKELOVICH le ricerche si sono concentrate sull’analisi dei
processi del cambiamento, cercando di ricostruire il contesto socio-culturale che influenza il
comportamento di consumo e la sua evoluzione nel tempo. Il dato fondamentale è costituito dalla misura,
dalla direzione e dal carattere delle tendenze di cambiamento (social trends) più rilevanti. Sotto
osservazione è in particolare l’evoluzione di valori, atteggiamenti e opinioni, alla ricerca dei fattori che li
influenzano. La prospettiva è allora quella di considerare congiuntamente pensieri e azioni all’interno di un
quadro più complessivo che tenga conto dei generali mutamenti economici, sociali e tecnologici in corso.
Dell’impossibilità di individuare una tipologia di stili di vita generale e stabile nel tempo. HALEY utilizza un
approccio psicografico che studia rapporti tra personalità, percezione del sé, centri di interesse e attività.
Questi studi hanno come obiettivo l’esame dei tratti di personalità associati a differenti tipi di
comportamento di acquisto, nell’ipotesi di un’influenza del primo livello sul secondo. DE VULPIAN analizza il
cambiamento socio-culturale, indicatori di mutamenti relativi a individui, gruppi strutture e istituzioni;
vengono considerate una serie di variabili relative a valori, opinioni e atteggiamenti, dalla cui aggregazione
emergono le correnti socio-culturali. Questo tipo di approccio individua un quadro di correnti socio-
culturali sottostanti ad atteggiamenti e comportamenti, attraverso le quali si possono rilevare le diverse
sensibilità individuali e a partire da quelle segmentare la popolazione, e ne analizza l’evoluzione nel tempo.
Parallelamente si ricostruisce il significato assegnato a tali correnti e a tali mutamenti da parte di diversi
settori di popolazione. CATHELAT vengono considerati 3 tipi di variabili: -socio-demografiche, -stili sociali, -
flussi culturali (sintesi bipolari di atteggiamenti-valori). L’analisi del cambiamento socio-culturale è condotta
osservando l’evoluzione degli atteggiamenti della popolazione nei confronti di un set di valori. Tali valori
vengono segmentati in un numero più ristretto di mentalità, ovvero categorie socio-culturali e
comportamentali. Gli stili di vita sono quindi definiti come un processo dinamico attraverso il quale gli
individui socializzano e si sottomettono agli stereotipi e ai valori sociali, ma soprattutto come un elemento
di interpretazione della dialettica dell’attore come individuo e soggetto sociale e delle sue motivazioni e
condotte. Secondo Cathelat lo studio degli stile di vita cerca di tenere insieme l’aspetto individuale e
l’aspetto sociale dell’attore. Gli stili di vita sono un sistema di organizzazione delle persone e delle cose, che
tiene conto dei loro rapporti di forza, del loro posizionamento reciproco nel contesto socio-culturale. Lo
studio degli stili di vita riconosce e ricerca la varietà individuale, considera la varietà delle situazioni per
estrarne una struttura sintetica. In questa prospettiva lo studio sugli stili di vita si sviluppa attraverso 5
strumenti:

1. Una topografia di zone climatiche per identificare la popolazione: è la tipologia socio-stili e della
mentalità, i socio-tipi sono profili di comportamenti, atteggiamenti, rappresentazioni e motivazioni. I
socio-stili sono tipi di modi di vita e di pensiero concreti; ogni socio-stile è un profilo-tipo. I socio-stili
sono modi di vita particolari definiti da schema di vita pratica che associa valori, atteggiamenti, modelli
di comportamento e abitudini. Essi si compongono di 4 categorie di fattori: 1. Condizioni di vita
sociodemografiche ed economiche, 2 atteggiamenti opinioni mentalità 3 comportamenti abitudini ecc
4 motivazioni desideri ecc.
2. Flusso culturale, è una corrente che influenza la società per un determinato periodo di tempo e che
spesso si presenta secondo modalità cicliche; in uno stesso momento coesistono diversi venti socio-
culturali. I flussi culturali si modificano in struttura e in intensità il sistema dei valori della cultura
complessiva. Essi influenzano direttamente le motivazioni collettive e le attese, gli ideali e i modelli
normativi, sono le forze sociali.
3. Carta geografica sociali: è la mappatura che descrive i rapporti reciproci tra famiglie di stili di vita
secondo i flussi culturali che le muovono. La carta socio-strutturale mostra la dispersione dei socio-tipi
sotto l’influenza dei flussi culturali.
4. Una bussola culturale, per identificare i punti cardinali della società, ovvero i valori e i modelli di vita
più diffusi.
5. Le prospettive di scenario, le prospettive di vita che descrivono le ipotesi del futuro. La prospettiva
non è una previsione bensì un’analisi delle dinamiche attuali a partire dalla quale tracciare ipotesi sulle
evoluzioni future.

La prospettiva complessiva è dunque quella di analizzare una società in termini di segmentazione, di


organizzazione strutturale e di dinamiche sociali attraverso 6 principali strumenti: 1. Socio-stili, modelli di
comportamento, di pensiero di motivazione che costituiscono una tipologia che descrive la varietà degli
stili di vita in una popolazione data; 2. Socio-mentalità, una tipologia più semplice e un numero più
ristretto di profili che definiscono le famiglie sociologiche di cocio-stili; 3. Flussi culturali, sistemi di valori
di atteggiamenti che richiamano le idee alla moda gli stereotipi sociali; 4. Socio-waves, opposizioni bipolari
tra i valori dei flussi culturali, che incarnano le scelte etiche; 5. Socio-mappa, disegna l’organizzazione dei
socio-stili in una socio-struttura, descrivendo i rapporti tra i diversi tipi di stili di vita.

In questa prospettiva lo stile di vita considera l’individuo all’intersezione tra personalità e condizioni di vita
collettiva, tra desideri e condizionamenti sociali; esso non può più essere inteso come la personalità di un
individuo, bensì come il suo personaggio sociale. Il socio-stile è il modo in cui la personalità si adatta
all’ambiente sociale. Questo approccio si basa su 3 principi fondamentali: 1. I socio-stili sono la proiezione
di una psicologia individuale nella trama socio-culturale. 2. Principio di acculturazione, il sistema dei socio-
stili cerca di comprendere le modalità psicologiche e comportamentali di ingresso nella società. 3. Principio
di disequilibrio dinamico, il sistema dei socio-stili studia l’equilibrio instabile del processo di adattamento
dell’individuo in riorganizzazione permanente all’interno dell’ambiente che lo muta.

Profili e correnti. La psicografia è la tecnica attraverso la quale sviluppare l’operazione di segmentazione


che permette di individuare i diversi stili di vita. L’obiettivo è analizzare il rapporto tra valori e
comportamenti, attraverso appunto lo stile di vita, inteso come modalità tipica con la quale una o più
persone si esprimono nella vita familiare e sociale, cercando di realizzare concretamente l’immagine e il
progetto che hanno di sé. Ma gli stili di vita sono anche costituiti da tratti socio-demografici, valori e
tendenze sociali, orientamenti comportamentali. La scelta è quella di concentrarsi su due livelli specifici:
quella dei calori e quello del comportamento tipico. Per quanto riguarda il piano dei valori, questi sono
considerati come i vincoli a monte di ogni processo decisionale; i valori sono concepiti come condizioni a
priori del comportamento. I valori sono una dotazione individuale ma esprimono anche l’appartenenza a
una cultura. La ricerca pone quindi l’attenzione sui valori che hanno rilevanza sociale, in grado di creare
distinzioni, di segmentare il contesto socio-culturale. Per quanto riguarda invece il piano dei
comportamenti lo stile di vita richiama l’adesione a un modello di comportamento. In quanto lo stile di vita
è un fenomeno comunicativo un sistema di segni, attraverso il quale una comunità comunica con le altre. A
livello collettivo si definisce modo di vita e si riferisce a grandi riferimenti collettivi ma socialmente
differenziati che sono a loro volta definiti valori sociali. Secondo CALVI e LUCCHI lo stile di vita è così inteso
come l’insieme globale coerente nel significato e significativamente costante nel tempo, dei
comportamenti di un individuo, i quali esprimono i valori del contesto sociale; ma al tempo stesso
l’individuo, adottando un particolare stile di vita, riesce a distinguersi e differenziarsi, affermando le
proprie peculiarità. Lo stile di vita è contemporaneamente un insieme organico e coerente di atteggiamenti
e un dispositivo di distinzione sociale. Agli stili di vita non si viene assegnati il coinvolgimento in uno stile di
vita, la sua adozione; gli stili di vita vengono liberamente scelti o adottati dai singoli. Per questo motivo gli
stili di vita possono essere liberamente cambiati in qualsiasi momento. L’adesione a un particolare stile di
vita è quindi slegata dal contesto di provenienza: le variabili socio-economiche e demografiche lasciano il
posto a variabili socio-culturali. Per questo motivo il sistema degli stili di vita costituisce un sistema aperto,
inoltre non possono essere gerarchicamente ordinati. In ogni momento esistono molteplici stili di vita, in
continuo divenire. VALETTE-FLORANCE, lo stile di vita è la risultante globale del sistema dei valori di un
individuo, dei suoi atteggiamenti e attività e dei modi di consumo. Ogni settore di consumatori viene così
caratterizzato, distinto, non solo sulla base appunto dei comportamenti di consumo ma anche in base al
profilo psicologico, descritto attraverso valori e atteggiamenti, nonché in base alle relazioni tra i diversi
livelli. VALLETTE-FLORANCE conduce lo studio sui socio-stili in base a 7 principali campi di analisi: vita
privata, vita professionale, vita sociale, vita politica, cultura e informazione, commercio ed economia
domestica, consumi. Per JAHANSSON e MIEGEL il nucleo dello stile di vita è collocato nell’identità culturale;
attraverso l’adozione e l’utilizzo di valori, atteggiamenti e modi di agire l’individuo sviluppa processi di
identificazione e distinzione sul piano culturale e al tempo stesso delinea una propria identità. Per MILES il
concetto di stile di vita si concentra sulla creatività del consumatore, considerando le merci quali risorse
culturali per la produzione di significati attraverso le pratiche quotidiane e la riflessività che l’individuo
pone nella costruzione della propria immagine e della propria identità. Gli stili di vita non sono però
individualizzati, ma sono comunque costruiti attraverso affiliazione e negoziazione. STEBBINS considera lo
stile di vita come un set distintivo di condivisi modelli di comportamento tangibile. Per LIVOLSI lo stile di
vita è una sostruzione culturale composta principalmente da valori e gusti che si riflettono sulla sfera
materiale e immanente dell’individuo, e anzitutto sui consumi. L’adesione a un determinato stile di vita
risponde alla ricerca di senso e significato che ciascun individuo sviluppa rispetto alla propria vita.
L’individuazione di punti di riferimento, reperimento di significati sociali, possibilità di percepirsi parte del
gruppo. Per VEGATI lo stile di vita riguarda il modo in cui individui o gruppi scelgono, lo loro immagine e i
loro comportamenti. Il concetto di stile di vita è quindi un concetto performativo capace di esprimere
forme di identificazione e distinzione di tipo orizzontale che si sviluppano attraverso pratiche di coesione
interna e di esclusione nei confronti del mondo esterno. Per FAGGIANO lo stile di vita si configura come un
insieme di ruoli sociali ricoperti nei diversi ambiti della vita quotidiana, come un sistema integrato di
opinioni, valori, credenze atteggiamenti e comportamenti. Attraverso lo stile di vita è possibile comunicare
sé stessi ed esteriorizzare il proprio mondo interiore manifestare la propria identità. Differenziarsi ma
anche sentirsi simili a qualcuno. Il lifestyles dal punto di vista degli individui si configurerebbe così da un
lato come concreto profilo di pensieri e azioni, dall’altro anche come modello, profilo ideale di riferimento.

CAP. 3 STILI DI VITA E AGIRE

A partire dagli anni ’60 un ulteriore percorso di studio degli stili di vita si è invece sviluppato ponendo al
centro delle analisi il piano dell’agire. Le azioni, i comportamenti, vengono invece posti al centro
dell’attenzione. Un primo filone di studio si è in tal senso concentrato sul piano dei consumi. Questi sono
indicatori e al tempo stesso risultati di più complessivi profili culturali, ovvero stili di vita. Un secondo filone
ha adottato uno sguardo più ampio al centro del quale vi è l’intera sfera del vivere quotidiano, definita
attraverso l’organizzazione delle attività e dei tempi che la caratterizzano. Già i lavori classici di weber,
veblen e simmel considerano i consumi un aspetto particolarmente rilevante per l’analisi.
Successivamente, l’analisi del rapporto tra variabili di personalità e la scelta dei prodotti, con il successivo
sviluppo dell’approccio psicografico. Progressivamente, tuttavia l’analisi non verte più sugli antecedenti di
personalità o di atteggiamenti bensì sui consumi stessi. Lo stile di vita di un consumatore si misura nei
prodotti e nei servizi che acquista così come nel modo in cui li utilizza e consuma, e sull’ipotesi che
l’insieme degli acquisti o il tipo di prodotti siano rivelatori del suo stile di vita. Il prodotto giochi un
importante ruolo simbolico e psicologico per il consumatore; i prodotti traducono quindi una certa
immagine di sé o un certo stile di vita. È cresciuta l’attenzione alle funzioni del consumo, considerando
anche modalità di allocazione del tempo. Lo stile di consumo viene così inteso come l’insieme di prodotti,
delle attività e degli interessi che descrivono un individuo o un gruppo sotto questa prospettiva, tenendo
conto sempre delle specifiche condizioni di vita e di contesto. GALLINO distingue tra il concetto di livello di
vita e quello di stile di vita. Il primo si riferisce alla quantità di beni effettivamente consumati o
mediamente disponibili per un individuo o per una famiglia, valutata in base a uno standard di riferimento
giudicato essenziale per la riproduzione sociale dell’individuo al di sopra della soglia di povertà. Il secondo
si riferisce invece al modo in cui i beni sono consumati e fruiti a parità o meno di livelli di vita, e quindi alla
natura dei beni non essenziali cui vanno le preferenze dei soggetti. Lo stile di vita in esso si esprima il
prestigio che l’individuo percepisce di godere o vorrebbe vedersi riconosciuto. Gli stili di vita servono in tal
senso come indicatori manifesti di identità sociale, il consumo relativo agli stili di vita è visibile e quindi
inevitabilmente agisce come segno di distinzione sociale. L’analisi dei consumi viene sviluppata in
riferimento ai significati assegnati dall’attore delle proprie scelte. Tali approcci, pur continuando a tenere
conto dei fattori strutturali sottolineano il ruolo giocato dalle sensibilità e dalle scelte individuali su questo
livello. L’evoluzione è verso una società senza gruppi con uno status fisso, nella quale l’adozione di stili di
vita fissati a gruppi specifici sono stati superati. Ci sarebbe dunque una trasformazione nella concezione
degli stili di vita, in cui coerenza e unità cedono il passo alla piacevole esplorazione di esperienze transitorie
e di effetti estetici di superficie. Viene meno il peso del gruppo e del contesto sociale in cui l’individuo è
inserito. Ma in questo approccio allora è soprattutto la funzione comunicativa del consumo a conquistare
rilevanza. Lo stile come codice opera esprimendo i valori fondamentali del gruppo. Lo stile di vita diventa
così una sorta di codice che organizza oggetti, idee, valori, atteggiamenti e comportamenti in un testo
integrato, in una forma sociale integrata, socialmente riconoscibile e identificabile. Lo stile di vita ha quindi
la funzione di mettere in azione una propria autoidentificazione nonché la eteroidentificazione in un
contesto sociale definito, e di comunicare il proprio status-ruolo al mondo esterno quotidiano. Gli stili di
vita così intesi come modi di fare le cose e al tempo stesso come modelli di azione che differenziano le
persone in un particolare contesto, con la capacità di rendere lo stile di vita simile e differenziale. Il
consumo resta però appunto il livello fondamentale di riferimento. L’utilizzo delle merci come strumento di
definizione di status. L’utilizzo degli stili di vita per segmentare la popolazione non può tenere soltanto
conto della diffusione di comportamenti e di consumo, ma deve anche considerare i relativi significati. Il
significato della stile di vita è più una distintiva modalità di essere che richiama la personale
interpretazione dei legami identitari e comunitari. Nella lettura di CHANEY gli stili di vita sono allora
modelli di scelta legati all’autonomia e alla libertà lasciate al consumatore e tuttavia anche influenzati da
discorsi esperti rispetto ai quali non ci sono risposte collettive. Parlare di stile di vita significa dunque
considerare gli individui come consumatori attivi le cui scelte riflettono una nozione di identità
autocostruttiva, significa porre la sperimentazione come una caratteristica centrale delle identità della
tarda modernità, gli individui selezionano i propri stili di vita indipendentemente dalla propria
appartenenza di classe. Comprendere come significati culturali collettivi sono inscritti negli oggetti.
Individui visti come consumatori attivi.

Vita quotidiana. A partire dagli anni ’90 approcci più in generali orientati allo studio della vita quotidiana.
Aderire ad uno stile di vita significa in particolare adottare una scala di priorità relativa alla sua
organizzazione. È significativo che lo stesso fondatore della sociologia del loisir (tempo libero) abbia
nell’ultima fase della sua attività identificato il LOISIRS che corrisponde all’ambito dei comportamenti del
tempo libero e l’ambito degli stili di vita. I loisirs indicano sia i modi individuali secondo cui ciascuno
organizza la propria vita quotidiana, sia gli ambiti e l’insieme degli atteggiamenti attivi (comportamenti)
propri di ogni gruppo e di ogni soggetto. Per DUMAZEDIER i loisirs si formano con proprie modalità di
socializzazione e dei comportamenti che occorre adottare, comportano l’adozione di uno stile e lo sforzo di
autoeducazione nelle scelte e nelle attività da svolgere e da privilegiare. Nel contesto attuale, in cui le
società sono caratterizzate da gruppi senza status fissi e nelle quali anche il tempo libero (loisir) è sempre
più frutto di scelte personali, si allentano i rapporti tra stili di vita e classi sociali, tra stili di vita e sistemi
cognitivo-valoriali. Ritiene anche che la dinamica produttrice del loisir, delle sue attività e dei suoi valori,
non vada individuata unicamente nella riduzione del tempo del lavoro, ma invece soprattutto nella
progressiva regressione del controllo imposto all’individuo dalle istituzioni sociali di base, così come in una
nuova aspirazione storica della persona all’autoespressione.

Ciascun individuo è produttore del proprio stile di vita. Questo perché lo stile di vita esprime sia l’identità
sociale che l’identità individuale. Dagli anni ’90 lo studio sugli sdv a partire dall’analisi della vita quotidiana
troverà maggiore diffusione secondo un quadro diversificato di prospettive. Il concetto di sdv viene
utilizzato come indicatore della combinazione sociale tra conformismo e distinzione. Dicendo che gli sdv
riflettono la struttura di conformismo-differenziazione sociale viene però esplicitamente sottolineato come
non si presupponga alcun determinismo meccanico bensì sempre mediazioni complesse tra classe
economica, capitale sociale e capitale culturale. Gli sdv sono infatti scelti da parte degli individui in
riferimento a quelli altrui, per mostrare la propria similarità rispetto ad alcuni e le proprie differenze
rispetto ad altri. GIDDENS nella sua interpretazione uno sdv definito come set di pratiche più o meno
integrate che forniscono forma materiale a una particolare forma di identità sociale. L’adozione di uno
specifico sdv è la conferma dell’immagine del sé. Gli sdv possono dunque effettivamente essere descritti
come l’espressione materiale di un’identità individuale. Gli sdv si configurano così come processi di
autorealizzazione. Gli sdv di un individuo concernono il vero cuore dell’identità e sono finalizzati sia al
come agire sia al chi essere. Uno sdv mantiene però una sua coerenza e unità tali da assicurare
all’individuo il senso di sicurezza del sé. Lo sdv è costituito da pratiche di routine ma sono riflessivamente
aperte al cambiamento alla luce della natura mutevole dell’identità. Per GIDDENS:
1. Lo sdv implica una scelta all’interno di una pluralità di possibili scelte, ed è adottato piuttosto che
trasmesso. In un contesto post-tradizionale l’individuo è nella condizione costante di dover scagliere
fra molteplici alternative.
2. L’individuo vive la pluralizzazione dei mondi di vita, ogni ambito di vita è segmentato e differenziato;
lo stesso individuo può essere costretto a scegliere diversi sdv, a seconda delle differenti attività che
si trova a svolgere nei vari contesti (settori di stili di vita). Così diventa particolarmente importante la
pianificazione dell’esperienza, i progetti di vita sono il contenuto sostanziale della traiettoria del sé
riflessivamente organizzata.
3. Situazione di dubbio metodico; l’individuo è considerato come progetto in costruzione; la modernità
stessa ha come principio il mutamento, mettendo continuamente in gioco elementi ignoti.

Una delle forze sociale che ha portato a maturazione completa la modernità è chiamata da Giddens
“disembedding”, disancoraggio: processo per il quale le relazioni sociali si sradicano dalle loro circostanze
locali e si ristrutturano nell’ambito delle dimensioni spazio-temporali definite. In questo contesto di
incertezza si moltiplicano gli sdv. A influenzare il pluralismo di scelte degli stili di vita è infine il prevalere
dell’esperienza massmediatica. Soprattutto i mass media elettronici alternano la geografia siatuazionale
della vita sociale, producendo sia nuove cose in comune sia nuove differenze. Anche la tradizionale
connessione tra ambienti fisico e situazione sociale è cambiata. La scelta di uno stile di vita distintivo dà la
possibilità di indicare il proprio in-group contrapposto all’out-grup. Secondo Giddens gli sdv anche come riti
di passaggio, attraverso i quali l’individuo si separa da alcuni elementi e si aggrega ad altri. Naturalmente, le
chances di vita condizionano le scelte degli sdv.

Azioni. A partire da questo approccio di analisi degli sdv orientato essenzialmente sulla vita quotidiana si
sono progressivamente sviluppate molteplici linee di ricerca. Il principale indicatore dello sdv è la modalità
di utilizzo del tempo libero, in quanto spazio di intersezione per eccellenza tra scelte individuali e possibilità
strutturali. A metà degli anni ’70 GROVE definisce però lo stile di vita come: un tipico modo di agire
individuale, le attitudini e la loro espressione in una mdalità auto-coerente. Il concetto di stile di vita può
essere identificato con il modo di essere e di comportarsi degli individui ovvero con la cultura stessa
frammentata in microculture, subculture o sdv. C’è un’area di significati condivisi: sono gli sdv che
costituiscono sistemi di identità condivise, gusti e interessi comuni che si aggregano grazie alla
comunicazione, ma sono anche ruoli negoziati ovvero messe in scena di personalità. Il mondo quotidiano si
trasforma in sdv costituiti da identità condivise e ruoli negoziati. VEAL ha elaborato un modello analitico
relativo agli sdv esplicitamente orientato all’analisi delle azioni. Gli sdv secondo lui sono costituiti dall’intero
complesso delle attività giornaliere, includendovi modelli di consumo, attività di leisure, pratiche
domestiche e attività di lavoro salariato. È tuttavia anche possibile per un individuo sviluppare uno sdv
unico. È possibile cioè pensare a indiovidui che sviluppano sdv in modo solitario all’interno delle proprie
cerchie sociali, perché vogliono essere differenti piuttosto che conformarsi. Altri possono adottare lo sdv a
distanza, senza contatti personali con coloro i quali condividono lo stesso sdv. L’interazione di gruppo non è
quindi una caratteristica necessaria dello sdv. Inoltre uno sdv può esistere anche laddove nessuno lo
riconosca come tale. La riconoscibilità se da un lato può essere un tratto caratterizzante di alcuni sdv,
dall’altro lato non è una parte necessaria della loro definizione. Approfondire invece anche i processi di
formazione e di adozione di questi sdv, a livello individuale e a livello collettivo, analizzando i diversi fattori
che influiscono in tal senso.
CAP 4 OLTRE GLI STILI DI VITA

Da parte dei numerosi studiosi sono però state avanzate proposte di concetti alternativi a quello di sdv, in
alcuni casi l’esplicita intenzione di prendere le distanze da questo modello di analisi, in altri casi seguendo
invece le linee di ricerca maggiormente autonome.

Genere di vita. Genere di vita quindi un approccio determinista essendo i generi di vita comunque forme di
adattamento dei gruppi umani ai contesti geografici di vita, sebbene si tratti di adattamento attivo, fatto
intermediario tra uomo e natura. HALBAWACHS sostiene sia necessario che allo studio dell’ambiente
naturale, delle vie si affianchi anche l’analisi dei costumi, delle credenze e delle rappresentazioni che si
sono sviluppate all’interno di tale contesto.

Modo di vita. Il modo di vita di un individuo è costituito dalle attività quotidiane dell’individuo e dalla
rilevanza che questi assegna a ciascuna attività, e dunque riflette la sua scala di interessi. Il riferimento ai
modi di vita è sostanzialmente assimilabile a quello relativo agli stile di vita. Come sottolinea BENNET
mentre lo stile di vita è dunque un gioco liberamente scelto, il modo di vita è invece tipicamente associato
con una più o meno stabile comunità. Nella proposta di CHARBONNEAU e GAUTHIER si sostiene così che i
modi di vita si situano all’incrocio tra gli stili di vita e le condizioni di vita. Mentre gli sdv sono il prodotto
delle scelte personali e dei gusti e l’espressione della libertà nelle decisioni della vita quotidiana, le
condizioni di vita ne delineano piuttosto i limiti a partire dalle caratteristiche del contesto sociale e degli
individui. Le analisi dei modi di vita riguardino spesso gruppi sociali particolari, con studi sulle subculture.

PARTE SECONDA, I LIFESTYLES DALLE SUBCULTURE

Le subculture per un verso sono state interpretate come culture sottoposte, inferiori, caratteristiche di chi
ha meno possibilità e potere di esprimere e diffondere i propri modelli, mentre per altro verso sono state
intese come culture parziali, settoriali, caratteristiche di una parte e non del tutto. Nella prospettiva della
scuola di Chicago le subculture son in particolare intese da un lato come contesti di mancata socializzazione
ai modelli culturali predominanti e dall’altro come espressioni della ricerca di modelli culturali alternativi.
Parallelamente i tratti distintivi di tali subculture sono influenzati da un lato dalle condizioni socio-culturali
e dalle sensibili dà peculiari degli individui che ne fanno parte, e dall’altro lato dall’immagine e dalla
definizione che tali subculture sviluppa chi è invece al di fuori dei loro confini. Per gli studiosi della scuola
Birmingham il conflitto di classe e le subculture sono al tempo stesso espressione e complessificazione di
tale conflitto. Lo stile attraverso il quale si creano forme alternative di riconoscimento e distinzione, diventa
così l’elemento chiave. La questione della distinzione, della differenzazione. Le subculture sono così intese
anzitutto come modelli reciprocamente distintivi, però permeabili e non esclusivi, aperti alla
contaminazione come l’attraversamento.

CAP 5 SUBCUTURE E DEVIANZA

La scuola di Chicago si distingue per una interpretazione delle subculture principalmente quali forme di
devianza, ovvero di trasgressione delle norme sociali, e di delinquenza, ovvero di trasgressione delle norme
legali. Si sviluppa tra gli anni ’90 dell’800 e gli anni ’60 del 900, con un approccio internazionalista ed
ecologico allo studio del comporamento umano. A partire da questa prospettiva vengono sviluppate le
ricerche sulle subculture come settori culturali, sociali ed ecologici interni ma al tempo stesso differenziati
rispetto al contesto socio-culturali più ampio in cui nascono e operano. L’idea di forme sociali che si
sviluppano anzitutto attraverso la mancata o limitata socializzazione di alcuni settori di popolazione ai
modelli culturali predominanti.
Disorganizzazione e delinquenza. I teorici di Chicago portano la propria attenzione soprattutto sulle
cosiddette subculture delinquenti. Il tentativo di spiegare le ragioni che sono alla base dello svilupparsi di
settori sociali devianti in specifiche aree territoriali. È in questo quadro di riferimento che inizierà la “social
Disorganisation Theory che spiega tale sviluppo sulla base del fallimento da parte delle istituzioni nel
socializzare alcuni settori di popolazione a quelli che sono i valori e le norme condivise. La questione
centrale in tal senso è che all’interno della medesima società coesistono di fatto settori sociali che fanno
riferimento a quadri culturali tra loro diversificati quando non in reciproca opposizione. Si sviluppano
modelli valoriali e normativi alternativi a quelli dominanti con precisi codici di comportamento. In alcuni
casi la subcultura può arrivare a configurarsi come mondo sociale distinto, con i propri modi di agire,
parlare e pensare; il proprio schema di vita. Le subculture sono sistemi di organizzazione sociale chiusi e
relativamente coesi. Le subculture sono costituite dai diversi sotto-gruppi che si muovono all’interno della
società, omogenei al proprio interno, per gli attori che ne fanno parte la subcultura diventa anche il modo
di guardare il mondo. Se si ipotizza che all’interno di un determinato contesto sociale sia possibile
individuare un modello culturale dominante, le subculture sono necessariamente caratterizzate da una
posizione di subordinanza. Se al contrario non sia possibile parlare di un modello culturale prevalente,
allora ciascuna subcultura rappresenterà in qualche modo uno tra i modelli possibili.

Aree naturali. Un approccio essenziale nella scuola di Chicago è l’approccio ecologico sviluppato in
particolare da PARK e BURGESS. Park utilizza il concetto di area naturale nel tentativo di individuare aree di
spazio urbano all’interno delle quali si riscontri una significativa omogeneità culturale e di organizzazione
sociale. L’area naturale rappresenta un settore residenziale dotato di confini; una città può essere quindi
rappresentata come una collezione di aree naturali. L’area naturale nasce, esiste e si sviluppa in maniera
non pianificata; la città acquista le sue caratteristiche per selezione e segregazione della sua popolazione.
Con l’andare del tempo ogni zona e ogni quartiere della città assume qualcosa del carattere dei suoi
abitanti. BURGESS mette in evidenza l’espansione della città che si verifica spesso un processo di
distribuzione che setaccia, classifica, ricolloca gli individui e i gruppi secondo la residenza e l’occupazione. Di
conseguenza queste aree tendono ad accettare certe caratteristiche e quindi a differenziarsi ulteriormente.
Con l’espressione “regione morale” si riferisce alle regioni in cui prevale un codice morale deviante. Le
subculture che si sviluppano entro tali aree sono quindi conseguenza da un lato della prossimità ecologica
di individui con tratti socio-culturali omogenei e dall’altro della loro segregazione dal resto della società.
All’interno della città la popolazione tende a separarsi secondo interessi, gusti e temperamento. Da un lato
per seguire le proprie pratiche culturali, dall’altro per trovare protezione dagli ostili ma anche sostegno
dagli affini. E così la separatezza può conoscere un percorso dalla scelta alla segregazione, in seguito al
quale la popolazione può assorbire la tendenza all’autosegregazione. Ogni area agisce come una forza
selettiva e magnetica che attrae gli elementi della popolazione a essa appropriati e respinge quelli
incongrui, con la conseguente accentuazione della differenziazione sociale tra le diverse aree. Attraverso
questo processo di segregazione la città diventa un mosaico di vicinati, comunità e piccoli mondi culturali.

Radici dell’alterità. MERTON ha spiegato il comportamento deviante in termini di rifiuto degli obiettivi
culturalmente dominanti o dei mezzi per raggiungere tali obiettivi. La società sembra essere rappresentata
come un sistema all’interno del quale un quadro di valori e obiettivi è sostanzialmente condiviso, ma che
vede tuttavia alcuni settori di popolazione sprovvisti delle risorse per conseguire tali obiettivi.
Conseguentemente, si sviluppano strategie alternative per il loro raggiungimento e si sviluppano modelli
culturali alternativi rispetto ai valori cui fare riferimento. COHEN, l’acquisizione di status all’interno delle
subculture si accompagna a una perdita di status all’interno della società considerata nel suo complesso.
Non potendo conseguire gli obiettivi definiti come legittimi vengono posti obiettivi alternativi in qualche
modo definiti per differenziazione. Secondo altri autori invece da parte delle subculture non si avrebbe
quindi un rifiuto a una invasione, bensì un tentativo di adattamento. Due prospettive divergenti quindi: da
un lato le subculture come espressione di un rifiuto dei valori e delle norme dominanti; dall’altro le
subculture come soluzioni strategiche e forme di reinterpretazione dei valori, obiettivi socialmente
condivisi. Si tratta di due poli ideali estremi all’interno dei quali emergono molteplici modalità intermedie.
Ma in particolare il contatto perdurante con individui che condividono particolari modelli culturali a influire
sull’adozione e sul mantenimento di un particolare stile di subculture. Sono i processi di interazione sociale
ad attivare l’influenza di tali fattori. L’esposizione a differenti modelli valoriali, normativi e di
comportamento, con la presenza anche di esempi devianti, crea conflitti culturali che favoriscono
comportamenti devianti. In alcuni contesti sociali la famiglia può diventare contesto di riproduzione di
pratiche devianti, anzicchè di controllo sociale. In alcuni contesti e in alcuni individui quello delinquenziale
diventa quello dominante. Gruppi subculturali, working class e middle class non rappresentano quindi
contesti culturali indipendenti ma sono invece in reciproca interconnessione. Secondo MILLER le subculture
della lower class non sono forme di reazione ai valori della middle class, bensì tentativi di trovare modalità
alternative di acquisizione di status. Il comportamento deviante è così orientato a conseguire risultati
valoriali all’interno del contesto sociale più ampio attraverso i mezzi a propria disposizione, ma anche
all’acquisizione di status all’interno del proprio gruppo. Particolarmente interessanti per i ricercatori di
Chicago sembrano essere le subculture giovanili. Al loro interno si può osservare l’interazione tra la frattura
di classe e la frattura generazionale. I giovani delle subculture delinquenti non negano le regole condivise
dalla generazione dei propri genitori bensì le adattano alle proprie esigenze. La subcultura diventa per il
giovane un gruppo di riferimento attraverso il quale si acquisiscono identità, autostima e senso di
appartenenza.

Questioni di definizione. COHEN intende la subcultura come parte di una cultura più ampia adottata da
specifici gruppi: un aspetto fondamentale è il processo di etichettamento, la definizione di subcultura non
dipende cioè soltanto dalle scelte dei suoi membri ma anche dall’azione della società. L’identificazione in
un settore sociale come subcultura emerge quindi dall’interazione tra immagine che gli individui sviluppano
di sé stessi e l’immagine che sviluppano gli altri. Conseguentemente l’acquisizione di status all’interno della
subcultura implica la progressiva esclusione dal resto della società, in una sorta di meccanismo bilancia.
BECKER, quando si presume che un individuo abbia infranto una norma questi viene identificato come
“outsider” ovvero deviante rispetto alle norme del gruppo. La devianza è la mancanza di obbedienza alle
norme, ma siccome in ogni società vi sono molti gruppi, e gli stessi individui appartengono a diversi gruppi
contemporaneamente, ecco che allora emergono delle ambiguità nel definire i criteri per il giudizio di
devianza. Gruppi diversi giudicano diverse cose devianti. La devianza è dunque creata dalla società nel
senso che è la società stessa a istituire le norme, con le rispettive sanzioni, e quindi con ciò stesso
l’etichetta della devianza. La devianza non è dunque una qualità di un comportamento ma un processo
legato alle relazioni a tale comportamento. Non solo: siccome nella società esistono gruppi con norme
diverse, la definizione di devianza è sempre relativa. E la possibilità di imporre le proprie regole ad altri,
anzichè subire l’imposizione di quelle altrui è una questione di potere. Da una parte del gruppo vi può
essere allora una tendenza all’isolamento e all’autosegregazione quale forma di difesa, ma anche quale
effetto delle difficoltà di inserimento. Alla base del coinvolgimento nella subcultura da un lato vi può essere
l’identificazione di un contesto in cui acquisire uno status, ma dall’altro vi è anche una semplice ricerca di
esperienze nuove e interessanti. L’emergere delle subculture giovanili devianti è ricondotto al divario che
individui di condizioni sociali diverse hanno di fronte a loro tra il desiderio di raggiungere i medesimi
obiettivi e la percezione di non avere però a disposizione le stesse risorse per conseguire tale risultato. La
subcultura si caratterizza per valori, norme e attività diversi da quelli più diffusi. La subcultura in quanto
fenomeno collettivo emerge quando tale soluzione innovativa si diffonde, ed esisterà e si riprodurrà,
attraverso processi di interazione, fino a quando soddisferà i bisogni che sono alla sua base. Parallelamente,
la subcultura permette di sviluppare e ottenere forme di identità e riconoscimento alternative a quelle
definite dalle classi sociali superiori.

Stile e prospettive. Nella costituzione delle identità subculturali, un elemento centrale è comunque
rappresentato dallo stile. Ci sono tre elementi principali: 1. L’immagine 2. Il contegno (espressione,
postura), 3. Linguaggio. Attraverso l’uso simbolico dello stile gli individui esprimono la propria
appartenenza a una subcultura. Essa si caratterizza per l’adozione di norme in contrasto con quelle della
società esterna e di stili differenti di vita per i suoi membri. Il contesto sociale in cui si sviluppa influenza
fortemente i tratti della subcultura deviante. Da parte di chi è coinvolto nella subcultura vi può quindi
essere un’adozione parziale e oscillante dei modelli di azione illegale. Le diverse subculture delinquenti
possono esistere l’una a fianco dell’altra e compensarsi reciprocamente. In generale, il coinvolgimento nella
subcultura non esclude da altre attività sociali e dalla partecipazione ad altri gruppi

Le critiche alla scuola di Chicago riguardano l’eccessiva connessione tra il concetto di subcultura e quello di
devianza. Possono esservi subculture caratterizzate non tanto per la propria alterità culturale bensì per
l’esaltazione o l’intensificazione di elementi propri della cultura mainstream.

CAP 6 SUBCULTURE E RESISTENZA

Prima metà degli anno ’60 a Birmingham è l’interpretazione delle subculture quali forme di resistenza nei
confronti dei modelli culturali dominanti, sulla base di una trasposizione sul piano simbolico del conflitto
sociale. Le subculture definite delle pratiche di azione, che li distinguono sia dai modelli più diffusi nella
società in cui si sviluppano, sia dalle tradizioni culture di classe che attraversano tale società.
Parallelamente, ciascuna subcultura si distingue dalle altre per le componenti che definiscono il proprio
stile e per i significati attribuiti a tali componenti. La questione del conflitto e della resistenza al potere sul
piano culturale.

Cultura, culture di classe, subculture. La cultura di un gruppo è quindi rappresentata dal suo distintivo
modo di vivere, negli usi e costumi e nel modo di rapportarsi con gli oggetti della vita materiale. La cultura
all’interno di una società non esiste un unico modello culturale. Ciascuno dei gruppi esprime infatti anche le
peculiarità della propria specifica posizione sociale. Così anche le rispettive culture saranno stratificate in
relazione al dominio e di subordinanza. La cultura dominante in una società complessa non è mai una
struttura omogenea, bensì sempre stratificata, riflettendo i diversi interessi all’interno della classe
dominante. I gruppi sociali fondamentali sono le classi sociali, dunque le principali configurazioni culturali
saranno culture di classe. Le culture diverse sono sempre in relazioni di dominio e subordinazione l’una
rispetto all’altra. Il conflitto sociale tra classi assume una forma di conflitto per la distribuzione del potere
culturale. Le subculture che in relazione alle culture di classe rappresentano settori più circoscritti, a loro
interni e chi vi si riferiscono come parent culture, ovvero cultura madre. Le subculture sono sub-set,
strutture più piccole, più localizzate e differenziate. Sufficientemente distinguibili nei confronti della loro
cultura madre. Dovranno essere analizzate in rapporto da un lato alla loro cultura di classe di riferimento e
dall’altro alla cultura dominante. E l’oggetto principale al centro delle ricerche degli studiosi di Birmigham
sono in particolare le subculture giovanili spettacolari. Subculture giovanili: definiscono sé stesse da un lato
contro la cultura madre e dall’altro contro la cultura dominante. Sub spettacolari: si caratterizzano per una
alterità culturale immediatamente visibile rispetto ai codici culturali condivisi, passando per l’elemento
estetico.
Interpretazione. Al centro dell’approccio di Birmigham è il legame tra subcultura, classe sociale e conflitto.
Lo svilupparsi delle subculture rappresenta una soluzione di compromesso tra il bisogno dei giovani di
esprimere la propria autonomia e diversità dagli adulti e dalla cultura madre e il loro parallelo bisogno di
mantenere una forma di identificazione collettiva. L’avvicinamento dei modelli di consumo viene quindi
interpretato come una strategia delle classi inferiori per avvicinarsi a quelle inferiori. Le subculture giovanili
della working class sviluppano forme di resistenza culturale al di fuori dei contesti sociali in cui si creano tali
contraddizioni. Le subculture risolvono a livello simbolico le contraddizioni strutturali. Esse offrono una
cultura per costruirsi una nuova identità, indipendente dalla propria collocazione strutturale, e una nuova
forma di coesione sociale. La soluzione è soltanto immaginaria ma senza poter intervenire sulla reale
configurazione del contesto sociale. Mentre alcune subculture della working class possono rappresentare
un tentativo di realizzazione in forma immaginaria le condizioni di vita della classe superiore, altre possono
invece rappresentare un rifiuto e un’inversione. L’adesione ad una subc rappresenta così un modo di
risolvere problemi di identità, di autostima al di fuori dell’ambiente nel quale si è nati. Attraverso una critca
simbolica del sistema:

1. In primo luogo la resistenza; alcuni valori, un certo modello culturale, risultano dominanti , sono
quelli della classe dominante che hanno il proprio riflesso nelle istituzioni. Il mantenimento del
dominio non elimina tuttavia il conflitto latente tra le due classi. Attività segnate dalla trasgressione
dei codici culturali vengono così interpretate come forme di resistenza contro i simboli socialmente
condivisi del modello socio-economico vigente. Le subculture rappresentano una forma di
resistenza, in cui la critica all’ideologia dominante viene rappresentata indirettamente nello stile.
2. In secondo luogo la costruzione di comunità e identità; le subc giovanili della working class sono
bloccate in un conflitto generazionale con la loro cultura madre di classe: esse sono sempre più
legate alla nuova società del consumo, mentre assistono alla progressiva disgregazione della
propria classe di riferimento. Subc tende a sostituire i legami sociali perduti, l’appartenenza
subculturale che si sviluppa soprattutto come dominio sul tempo libero compensa così la posizione
sociale legata al tempo del lavoro.

L’approccio di Birmingham situa le subc giovanili all’interno di una rappresentazione della società segnata
dalla subordinazione di classe e dal conflitto; tentativo delle subculture è quindi vincere spazio, resistere, di
fronte al processo di incorporazione sviluppato dalla classe dominante. Tentativo puramente simbolico,
però tutte le subc nascono all’interno degli strati sociali inferiori. Le controculture e middle class sviluppano
invece forme esplicite di critica sociale. questi tendono invece a costruirsi degli spazi autonomi negli
interstizi della cultura dominante, mentre le subc della working class tendono a essere trattate come
fenomeni di devianza, alle controculture della middle class viene riconosciuta una esplicita violenza politica.
Le controculture possono prendere tanto una forma di pura alternativa quanto una forma esplicita
opposizione, tanto un profilo di proposta quanto un profilo di sovversione politica.

Stile. Nella lettura di Birmingham le subc giovanili rappresentano anzitutto forme di resistenza alla cultura
dominante e forme di costruzione di un’identità collettiva su un piano anzitutto simbolico attraverso uno
sviluppo di uno stile condiviso. Lo stile è il risultato di un processo di appropriazione di disparati oggetti e
simboli del normale contesto sociale e il loro utilizzo tra membri di un gruppo con specifici significati. Lo
stile è rappresentato dall’assemblaggio di un insieme di elementi. Per fare uno stile non è sufficiente il
possesso di determinati oggetti, ma è necessaria la loro organizzazione attiva nella forma di un coerente e
distintivo modo di essere nel mondo. Le subculture mettono in crisi il significato convenzionale attribuito a
un oggetto, a una pratica, a un segno, e con tali trasformazioni sfidano i codici culturali condivisi. Per
CLARKE la creazione di nuovi stili difficilmente possa fondarsi sulla creazione di oggetti significanti ex novo,
ma avvenga invece attraverso un utilizzo alternativo degli oggetti già disponibili. Non si tratta perciò tanto
di creare o trasformare gli oggetti in quanto tali, bensì di ricontestualizzarli disporli in un nuovo sistema
interpretativo. Ciò che crea lo stile è l’attività di stilizzazione ovvero l’organizzazione attiva di oggetti e
attività in un coerente e distintivo modo di essere nel mondo. Particolarmente rilevante è il concetto di
OMOLOGIA , l’idea è che gli individui coinvolti nella subcultura abbiano l’esigenza di riconoscersi nei
significati potenziali espressi dagli oggetti e dalle attività che compongono il proprio stile, possono vedere
riflessi i loro valori fondamentali. Lo stile diventa così elemento di riconoscimento nei confronti dell’esterno
e di autoriconoscimento per i membri della subcultura. Lo stile oggettivizza l’immagine che il gruppo ha di
sé, la rappresenta simbolicamente. Lo stile di una subc può quindi essere influenzato anche dalla sua
volontà di distinguersi da altre subculture percepite criticamente. Bisogna sempre tener conto che non tutti
gli appartenenti alla subcultura siano ugualmente consapevoli dei significati contenuti nello stile adottato.
Per la scuola di Birmingham lo stile, in quanto componente essenziale della subcultura, rappresenta in sé
stesso una forma di resistenza e uno strumento di costruzione identitaria.

Cultura dominante tra distinzioni e legami. Non tutti i giovani percepisco però tale oppressione in modo
ugualmente intenso e soprattutto anche tra coloro i quali è condivisa tale percezione, non tutti la
trasformano in un percorso di resistenza subculturale. Un ulteriore elemento di complessificazione:
l’industria culturale infatti, a fronte dell’emergere di subculture che raccolgono il favore di settori di
pubblico significativamente ampi, tenta di riassorbirne le componenti distintive per trasformarle in merci.
Questo riassorbimento implica quindi la mercificazione dello stile subculturale, privandolo dei suoi
contenuti di resistenza. L’immagine emergente è quella di un conflitto perenne tra la costruzione dello stile
da parte delle subculture e il suo riassorbimento da parte dell’industria culturale. Quindi il rapporto tra
subculture e industria culturale è profondamente ambiguo. Concretamente risulta quindi difficile
mantenere una distinzione netta tra creatività/originalità subculturale e sfruttamento commerciale,
sebbene le stesse subculture facciano spesso esplicito riferimento a tale contrapposizione nella definizione
della propria identità. Al centro di questa lettura vi è quindi l’idea di un conflitto sociale perenne tra
dominanti e dominati.

Elementi sensibili. Rilievi critici differenziati, la critica sia subculturale che la cultura dominante sono
descritte come formazioni coerenti, internamente omogenee, dotate di confini e profili stilistici stabili.
Viene dunque giudicata limitata l’attenzione alla stratificazione-eterogeneità interna alle subculture, alla
permeabilità dei loro confini. Tale approccio viene infine criticato per un verso il fatto di trascurare l’analisi
del senso soggettivo che gli individui coinvolti nelle subculture assegnano ai propri stili e ai propri
comportamenti.

CAP 7 SUBCULTURE E DISTINZIONE

A patie dalla metà egliann’80 progressiva rielaborazione del concetto stesso di subcultura, vi è l’ipotesi che
si possa parlare di subculture senza che questo implichi né il riferimento a modelli culturali devianti o
resistenti nei confronti della cultura dominante, né più in generale l’ipotesi stessa della presenza di una
cultura dominante o mainstream. L’idea è piuttosto quella di collettività che condividono sensibilità
culturali sufficientemente omogenee al proprio interno e sufficientemente eterogenee rispetto all’esterno
da renderle identificabili come entità unitarie e distinguibili. In questa prospettiva l’analisi di ogni
subcultura si sviluppa quindi a partire dall’analisi dei suoi tratti distintivi, dei suoi rapporti con il contesto
sociale circostante e con le altre subculture, della composizione e del significato del suo stile. Con una
particolare attenzione però anche per le peculiari forme di coinvolgimento e identificazione. Da un lato si
sostiene infatti che non è possibile pensare le subculture come isolate dal contesto socio-culturale
all’interno del quale si muovono. Siamo di fronte a una società sempre più dinamica in cui le identità
individuali sono in costante transizione e le affiliazioni collettive sono sempre parziali, selettive e
temporanee. Risulta sempre più difficile ipotizzare l’esistenza di subculture che riescano a sviluppare una
netta distinzione visibile tra i propri modelli culturali e quello dominante. L’adesione alle subculture è
sempre meno legata a variabili quali età, la classe sociale di appartenenza o l’etnia. L’intero modello entra
in crisi.

Note definizioni. Il concetto di subcultura verrebbe essenzialmente a indicare la cultura dei gruppi. Diverse
proposte hanno quindi mirato a restringere ulteriormente i suoi confini semantici. Per BRAKE le subculture
offrono una cultura e un’identità collettiva che differiscono dalle identità ascritte; forniscono un quadro di
risorse simboliche attraverso le quali gli individui possono proiettare una particolare immagine di sé e
quindi assumere una specifica identità differente da quella ascritta; e questa identità permette di
sperimentare una realtà sociale alternativa, uno spazio culturale in cui i valori e i comportamenti
differiscono da quelli dominanti. Le subculture offrono quindi soluzioni a specifici problemi esistenziali, a
partire dalla ridefinizione delle identità personali. Manifestazioni di autoespressività, autonomia individuale
e diversità culturale, che devono essere interpretate come un sintomo dell’individualismo postmoderno. Da
un punto di vista sono invece i modelli interpretativi della scuola di Chicago a essere ripresi, portando
nuovamente l’attenzione sul piano normativo. In subculture si fa sempre riferimento a modelli culturali
percepiti come devianti dal contesto all’interno del quale si muovono. Le subculture sarebbero quindi
composte anzitutto da outsider, e non di rado mostrerebbero tratti non solo di alterità ma anche di
subalterità. HALKINSON individua 4 indicatori di consistenza subculturale: 1. Distinzione coerente (valori
condivisi) 2. Identità 3. Coinvolgimento 4. Autonomia. Una subcultura è quindi un fenomeno socio-culturale
che presenta queste 4 caratteristiche. Bisogna quindi evitare di considerare una subcultura alla stregua di
un aggregato di persone, ma è il risultato di un progressivo percorso di interiorizzazione ed elaborazione da
una parte degli individui. La subc quindi non è un’entità statica e immutabile, bensì la forma temporanea di
continui processi di trasformazione culturale. Al centra di una subcultura devono esserci individui che
condividono una rappresentazione simbolica della realtà e un quadro di pratiche significanti alternative a
quelle identificate come dominanti. WOOD riprende il concetto di “cornice di riferimento”, ovvero il quadro
normativo valori e credenze di riferimento che comunica ciò che è la subc. Una volta strutturata la cornice
può infatti essere trasmessa e quindi influire su comportamenti e atteggiamenti dei nuovi membri, seppure
senza determinare completamente l’identità subculturale.

Rapporti con l’esterno. Rapporto con la società in cui si sviluppano. Da un lato si è detto che le subculture
si definiscono per distinzione dai modelli culturali maggiormente diffusi e condivisi all’interno di uno
specifico contesto sociale, dall’altro però le subc non possono essere isolate dalla società di cui fanno parte,
le subculture sono sempre influenzate dal mondo circostante, nonché influenti su di esso. I componenti
delle subculture possono trovare una sorta di comfort nella loro marginalizzazione, nel loro non percepire il
bisogno di integrarsi, nella loro tendenza verso la distinzione e l’isolamento; in quanto le subculture
risultano strettamente connesse all’industria culturale sia dal loro emergere. Piuttosto si dovrebbe parlare
di un quadro di autenticità, ciascuna corrispondente più o meno a segmenti di mercato, e soggetta a
mutamenti e trasformazioni sempre più rapide. Le stesse subculture peraltro possono dare vita a propri
circuiti commerciali, a una industria subculturale che genera capitale. Dall’altro lato l’industria culturale è
fortemente influenzata dalle subculture quali fonti di innovazioni. E per questo stesso motivo anche i
confini della subcultura non possono essere considerati oggettivi e non sono sempre condivisi. Sin
dall’inizio i media sono implicati in modo inestricabile nella significazione e nell’organizzazione delle
subculture. I mass media non rappresentano semplicemente le subc, bensì partecipano al loro sviluppo. I
mass media promuovono le subc nella stessa misura in cui le distorcono. Nel nuovo approccio le linee di
demarcazione si sfumano e il bisogno di distinzione si dissolve. Da un lato si assiste a un allevamento dei
legami tra gli individui e le proprie subculture di riferimento. Vi è spesso un esplicito rifiuto ad accettare
confini rigidi, ciò è strettamente connesso a una rivendicazione di libertà personale nei confronti del
gruppo.

Forme di riconoscimento. In riferimento alla propria subcultura ciascun individuo è conteso tra la volontà
di mostrare la propria appartenenza al gruppo e la volontà di mostrare la propria individualità. La
postmodernità sarebbe il passaggio dall’identità di gruppo all’identità frammentata, dall’omogeneità
all’eterogeneità stilistica. Ecco che allora da parte degli appartenenti alla subcultura si osserva una forte
tendenza a enfatizzare le proprie peculiarità individuali e a non considerarsi come un membro della
subcultura. Si resiste alle identificazioni collettive perché esse implicherebbero una conformità che
richiama la perdita di individualità. Ciò che distingue in entrambi i casi è la conoscenza del senso
sottostante lo stile; non a caso GREGSON dice che i due distinti modi di apprezzamento di un determinato
stili: quello cosciente (serietà e coinvolgimento) e quello carnevalesco (temporaneità e leggerezza).
Attraverso l’adozione degli elementi costituenti lo stile e attraverso la conoscenza dei loro significati, i
membri della subcultura esibiscono il proprio capitale subculturale, differenziandosi individualmente. Il
capitale subculturale è perciò un possesso di beni e conoscenze che può essere speso durante i momenti di
interazione con gli altri membri della subcultura diventando fonte di riconoscimento da parte degli altri
significativi: esso è quindi fonte di status e risorsa di potere.

Nuovo stile. Molteplici possono essere gli elementi che compongono lo stile. Immaginate oggetti,
linguaggio, comportamenti, ma anche gusti, opinioni, interessi. Da un lato quindi elementi concreti ma
dall’altro anche elementi astratti, che si riferiscono ai quadri cognitivi dell’individuo. Il nuovo stile è creato
appropriandosi di oggetti di un mercato di beni esistenti e usandoli in una sorta di collage che ricrea
l’identità di un gruppo. I membri della subc possono creare da sé alcuni oggetti significativi sviluppando un
proprio mercato di beni specialistici. Ciò che però bisogna evitare è l’idea che le subculture si esprimano
necessariamente attraverso stili unitari, omogenei e stabili. Ma si sviluppa un legame sempre più
superficiale a qualsiasi stile; gli individui tendono a sviluppare profili culturali personali trasversali, dove
l’elemento chiave è la scelta. L’innovazione tende a passare attraverso una progressiva e crescente
ibridazione degli stili già esistenti (pratica degli style surfing). Sebbene lo stile debba essere personalizzato
non può essere eccessivamente oscillante, altrimenti si comunica un senso di superficialità. Il cambiamento
stilistico individuale è quindi guardato positivamente se è espressione di un personale processo di
evoluzione, graduale e parziale. L’utilizzo dello stile non deve essere necessariamente letto come forma di
resistenza bensì piuttosto come particolare forma di consumo cosciente.

Senso. Le subc danno un senso di identità differente da quello che è loro ascritto dalla scuola, dal lavoro o
dalla classe. Forniscono l’opportunità di fare esperienze di una realtà sociale differente. Gli individui
scelgono quei gruppi subculturali che sembrano fornire soluzioni ai problemi, entrando in questi gruppi gli
individui acquistano una nuova interpretazione, definizione e immagine della realtà sociale e di sé stessi.

CAP 8 OLTRE LE SUBCULTURE

Il concetto di subcultura sarebbe fortemente problematico in quanto rischia comunque sempre di


richiamare forme culturali caratterizzate da legami particolarmente forti tra identità, posizione sociale e
gusto, e al tempo stesso di rimandare a una prospettiva essenzialmente antagonista e residenziale rispetto
alla cultura nei confronti della quale si definisce.
Idiocultura. (fine) consiste di un sistema di conoscenze, credenze, comportamenti e abitudini condivisi dai
membri di un gruppo a cui questi ultimi possono fare riferimento e di cui possono servirsi come
fondamento per l’interazione futura. Il suo emergere può cominciare proprio a partire dalle prime
interazioni all’interno del gruppo. Progressivamente questa diventa autonoma da tale processo e si
sviluppa semplicemente attraverso le condizioni di informazioni, opinioni, regole ed esperienze. La cultura
si configura così come una costruzione basata sul sistema di significato condiviso dei membri ed è composta
dai prodotti internazionali delle rappresentazioni verbali e comportamentali di quel sistema di significato.

Tribù. È utilizzato da BENNET rimanda alla natura fluida e mutevole delle attuali forme di associazione
collettiva, che richiamano la tendenza degli individui a spostarsi attraverso spazi e stili diversificati:
l’appartenenza diventano una questione di scelta individuale. Il progressivo sviluppo di micro-gruppi definiti
tribù quali comunità di emozioni che trovano la base per i propri legami sociali in una combinazione di
elementi etici ed estetici. Le tribù esprimono la propria identità di gruppo attraverso rituali condivisi. È
l’idea della tribù come forma sociale fluida, dispersa, priva di rigide forme organizzative che si esprime
anzitutto attraverso l’apparire. Le tribù sono il risultato, come sottolinea BAUMAN della ricerca di nuove
forme di comunità di fronte al progressivo indebolimento di quelle tradizionali. Comunità cui si richiede
però la possibilità di adesioni reversibili, al di fuori da impegni a lungo termine, e parziali, che lasciano larghi
spazi di autonomia individuale e che quindi di fatto alimentano la frammentazione sociale. Ecco gli individui
continuamente si muovono tra differenti spazi di espressione collettiva con una conseguente continua
ridefinizione della propria identità. Nella tribù l’elemento emotivo sostituisce in qualche modo quello
strutturale o quello territoriale quale fattore di coesione collettiva: i legami sono quindi fragili ma gli aspetti
affettivi ed esperienziali diventano il cardine fondamentale.

Scena. Gli individui coinvolti possiedono una prospettiva condivisa senza però richiamare gli elementi di
subalternità e devianza evocati dal concetto di subcultura: in quest’ottica all’interno della società si
muovono molteplici scene, pluralismo e relativismo culturale; e gli appartenenti alle diverse scene sono
significativamente coscienti della propria collocazione culturale. Per IRWIN gli individui creano una scena
facendo certe cose insieme in certi luoghi. Attraverso le azioni, performative ed espressive, sviluppate da
individui dotati di coscienza di sé e della propria situazione. Se per un verso la scena è costituita da regole
sociali e culturali condivise, dall’altro lato però lascia ampio spazio all’improvvisazione e permette forme di
coinvolgimento parziali e fluide. la scena è in questo senso territorio più dell’attraversamento che
dell’appartenenza: tipico è lo spostamento da una scena all’altra quando un contesto non soddisfa più le
esigenze individuali. La scena è quindi composta dal ricorrente incontrarsi di individui in un particolare
spazio, dal movimento di tale individui tra questo e altri spazi di aggregazione, dai percorsi i quali questo
movimento si sviluppa, e dagli spazi e dalle attività che circondano determinate preferenze culturali.
Rispetto all’idea di comunità la scena fa riferimento a caratteristiche più fluide, tanto nei propri elementi di
definizione e distinzione quanto nelle modalità di appartenenza, e tiene conto più esplicitamente dei
rapporti tra il locale e globale, dei processi interni e delle interconnessioni. In una scena fondamentali sono
invece le alleanze e le collaborazioni tra modelli contemporanei differenziati. Il legame tra un individuo e la
scena può essere temporaneo o permanente, esclusivo o parallelo ad altri legami con scene differenti. La
scena identificherebbe più in particolare un contesto socio-culturale all’interno del quale gusti e abitudini
minoritari sono sostenuti e riprodotti non solo dalla spontaneità degli individui ma anche da vere e proprie
reti di istituzioni, benchè su scala ridotta. Ciò che resta stabile nella definizione di una scena sembrerebbe
quindi essenzialmente un’etica del consumo culturale attorno alla quale si sviluppano norme di
comportamento che si riproducono nell’agire quotidiano. Esistono 3 tipi principali di scena: 1. SCENA
LOCALE, specifico focus geografico. 2. SCENA TRANSLOCALE, scene sparse ma in comunicazione tra loro. 3.
Scena virtuale, gli individui sparsi sul territorio sono collegati tra di loro tramite i mezzi di comunicazione.
Altre proposte. BANDA forme di socialità elettiva; AMBIENTE configurazioni relativamente stabili di azioni e
significati all’interno delle quali gli individui mantengono attivamente un grado di familiarità; GENERE
relazione tra un gruppo sociale e uno stile culturale.

CAP 9 IL CONCETTO DI LIFESTYLE

Il lifestyle, inteso come forma sociale, è un insieme di pratiche, dotate di senso unitario e significato
razionale, che si presenta come modello distintivo condiviso all’interno di una collettività, senza avere il suo
elemento generativo né in un preesistente quadro cognitivo-valoriale né in una predeterminata condizione
socio-strutturale, benchè possa esserne influenzato.

Forma sociale. ovvero come forma di associazione, modo formale di atteggiamento reciproco tra individui.
Al di là delle specifiche modalità si può dunque parlare di lifestyle quale configurazione di azioni reciproche
condivisa da più individui.

Insieme di pratiche. Modelli ricorrenti di azione, socialmente appresi, messi in atto con minimo
affidamento su risorse o impegni consapevoli.

Dotate di senso unitario e significato relazionale. la distinzione tra senso e significato; mentre il significato
fa riferimento al contenuto espressivo comunicato da ciascuna pratica e quindi all’interpretazione data da
parte dell’individuo a ciascuna componente del lifestyle, il senso fa riferimento all’interpretazione che il
medesimo individuo fornisce dell’insieme delle pratiche che compongono il lifestyle.

Che si presenta come modello. Il profilo di pratiche condivise non è però necessariamente identico per tutti
gli individui: in questo senso si presenta come modello o meglio come tipo ideale, ovvero profilo elaborato
a partire dalle selezioni di alcune tra le molteplici pratiche.

Distintivo. Il fatto che le pratiche significanti componenti del lifestyle si presentino come modello distintivo
significa quindi che da parte di coloro i quali le adottano vengono considerate quali tratti che uniscono tra
loro chi le condivide e al tempo stesso li separano da chi invece non le condivide (differenziazione e
coesione).

Condiviso all’interno di una collettività. Insieme di individui, senza dire nulla delle forme di azione
reciproche, in questo senso il concetto di collettività non è quindi riconducibile a quelli di gruppo,
associazione od organizzazione. In questo senso se si parla di lifestyles né il quadro cognitivo-valoriale né la
condizione socio-strutturale possono essere considerati fattori generativi.

CAP 10 IL MODELLO ANALITICO DEI LIFESTYLES E LA SUA METODOLOGIA

Il concetto di lifestyle inteso come strumento analitico, una volta definito il concetto si tratta di delineare i
tratti fondamentali del modello analitico: considerare il processo metodologico secondo il quale tale analisi
si sviluppa e le diverse tecniche di rilevazione ed elaborazione delle informazione cui si può ricorrere.

COMPOSIZIONE. Modello analitico: al centro di tale approccio è l’individuazione di quel quadro di pratiche
essenziali in assenza delle quali il lifestyle stesso verrebbe meno: si tratta cioè di ragionare per sottrazione
al fine di individuare il quadro di componenti reciprocamente significanti al tempo stesso più ristretto
possibile e maggiormente condiviso tra gli individui presi in esame. Metodologia e tecnica: 1.
Individuazione di una pratica cui si ipotizza questo sia collegato (componente di più ampio lifestyle) 2.
Ricostruzione delle rete di pratiche compresenti e interconnesse nell’agire degli individui che si ipotizza
siano coinvolti nel lifestyle; gli strumenti saranno osservazione partecipante e intervista quantitativa.
GENERAZIONE; RIPRODUZIONE E DIFFUSIONE. Modello analitico: considerare entrambi i versanti 1
percorso attraverso il quale è stato elaborato 2 risultato stabilizzato. Laddove tale processo porti come
risultato al delinearsi di un modello sostanzialmente condiviso ecco che si trova un lifestyle. Metodologia e
tecniche: ricostruzione di processi di generazione, riproduzione e diffusione del lifestyle. La questione
fondamentale sarà relativa all’intersezione tra percorsi biografici personali ed evoluzione storica. Tecnica
intervista biografica. Bisogna quindi verificare la diffusione del lifestyle.

SIGNIFICATO E SENSO. Modello analitico: il quadro si configura come essenzialmente relazionale; il senso
dei lifestyle costituisce appunto uno degli aspetti fondamentali dell’analisi stessa. Metodologia e tecnica: il
quinto passaggio è costituito dalla ricostruzione dei significati ed il sesto riguarda la ricostruzione del senso
unitario assegnato agli stessi individui. L’obiettivo sarà quello di ricostruire il frame, i quadri interpretativi.

ELEMENTI COGNITIVO-VALORIALI e SOCIO-STRUTTURALI. Modello analitico: L’unico vincolo è il fatto che


pratiche e senso-significati non siano generati da fattori cognitivo-valoriali e socio-strutturali. Se invece si
osserva la progressiva elaborazione da parte degli individui a partire dall’adozione di specifiche pratiche di
azione allora il modello dei lifestyle sarà applicabile. Metodologia e tecnica: settimo passaggio
ricostruzione del quadro cognitivo-valoriale e della condizione socio-strutturale di individui .

MODALITA’ E INTENSITA’ di COINVOLGIMENTO. Modello analitico: passaggio ottavo, forme di


identificazione e coinvolgimento degli individui nei confronti di un lifestyle condiviso possono avere
modalità differenti. In quanto ce ne sono molteplice style surfing. Metodologia e tecnica: si valuterà la
capacità dell’individuo di indicare il significato assegnato a ogni pratica e i legami attraverso i quali questa
viene collegata alle altre.

RAPPORTI CON CONTESTO, ALTRI LIFESTYLES, SCENE E MASS MEDIA. Modello analitico: impossibilità di
considerare i lifestyles indipendentemente dal contesto socio-culturale all’interno del quale si muovono.
Metodologia e tecnica: il nono ed ultimo passaggio di ricerca riguarda l’analisi del contenuto,
rappresentazioni che gli individui hanno sviluppato della scena nella quale si muovono. (vedere mappa
pag266).

CAP 11 LE RADICI DEI LIFESTYLES

Gruppi di riferimento, Merton spiega il meccanismo di identificazione/mimesis e distinzione nei


comportamenti individuali. Ovvero significa distinguersi da uno stile di vita.

Due livelli di flusso della comunicazione, Lazarsfeld sono i rapporti interpersonali a essere rilevanti per i
comportamenti, gli atteggiamenti, gli habitus, i valori e le pratiche. Il gatekeeper (Lewin) è la figura sociale
più significativa e influente nel processo di comunicazione. L’influenza dei mass media avviene con un
flusso indiretto e mediato dai mass meida ai propri leader d’opinione e da questi ai diversi strati sociale,
lungo le reti comunicative intercorrenti all’interno dei gruppi, soprattutto informarli e tra di essi; il
gatekeeper controlla il flusso di informazioni e di notizie, decidendo quanto e come deve entrare nel
gruppo.

Interazionismo simbolico, come si moltiplicano i lifestyle. Per Mead il dato centrale della sua teoria si
riferisce ai processi di interazione, cioè di azione sociale reciprocamente orientate, tramite i quali gli
individui stabiliscono regole aperte e dipendenti da una costante approvazione reciproca. I processi di
interazione dei gruppi della famiglia delle gang delle subculture.
Città e metropoli, simmel secondo cui la metropoli produce oggetti, comportamenti e costruzioni distintive
più per funzioni estetiche e culturali che per funzioni economiche; le città si trasformano in centri di
spettacolo e di gioco in cui ogni cosa viene trasformata in prodotto culturale per la vista e lo spettacolo.

Reciprocità delle prospettive, situation approach un atteggiamento non può essere compreso che in
rapporto ad una situazione. I lifestyles si caratterizzano per la loro peculiare dimensione intersoggettiva in
quanto sono per loro natura dentro la situazione di relazione sociale, devono essere analizzati come
processi tipici dell’interazione umana.

Riflessività, essi si presentano come forme sociali riflessive, è una capacità comunicativa di dare e
comunicare senso di azione mentre la si compie.

Erlebnis, è l’accomulazione delle esperienze, cioè l’esperienza oggettiva. È l’esperienza vissuta e


immediata, è il contenuto puntuale della coscienza, è sempre un fatto soggettivo, in esso non c’è alcuna
memoria collettiva. Il lifestyle quale erlebnis è la ricerca di farsi su misura un proprio modo di vivere.

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