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Scuola secondaria di primo grado “Don Bosco” -

Châtillon

APPUNTI DI
RELIGIONE
- classi terze -

a.s. 2006/2007

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AL DOCENTE…

Al termine dell’anno scolastico, ho pensato di raccogliere in un opuscolo gli appunti del


Corso di Religione per le classi terze, e ne sono nate queste paginette. Ovviamente il presente
lavoro non vuole dirsi esaustivo, né tanto meno intende sostituirsi al libro di testo; esso
rappresenta uno dei tanti modi possibili (riuscito, a detta dei ragazzi che l’hanno vissuto) di
impostare e sviluppare l’affascinante programma che l’insegnamento della religione cattolica
propone per la terza media.

Tra i tanti argomenti possibili, sono stato costretto ad operare delle scelte, dando la
precedenza a quelle tematiche che sembrano più consone alle problematiche vissute dai
preadolescenti. Ho pertanto organizzato il programma in cinque grandi nuclei tematici, a loro
volta impostabili secondo le recenti unità di apprendimento:

1. Le religioni; una risposta alle grandi domande dell’uomo


2. Il testimone (Giovanni XXIII e Giuseppe Benedetto Cottolengo)
3. Le risposte della fede e della scienza
4. L’uomo, al centro del progetto divino
5. Il Decalogo

Il quinto nucleo tematico, data la grande importanza che riveste come fonte principale
di educazione morale dei giovani, è stato trattato in modo particolarmente approfondito, con
l’aiuto di una dispensa dettagliata fornita ad ogni ragazzo. Lo studio teorico serio ed esigente,
in costante dialogo con l’esperienza pratica alla portata dei giovani, ha reso l’argomento
estremamente interessante per gli stessi ragazzi, con risultati considerevoli.
La trattazione di ogni Comandamento si è conclusa con la presentazione di un testimone che
aveva vissuto tale insegnamento in modo eccellente. L’illustrazione di tali personaggi
attraverso film è risultata particolarmente gradita ed avvincente.

Queste pagine raccolgono gli appunti dettati in classe, di solito molto sintetici e
schematici. Vi si trovano inoltre la dispensa sul Decalogo, le mappe concettuali consegnate a
fine unità didattica (utili per il ripasso finale) e le verifiche sommative. Ringrazio il paziente
Pier Paolo Cottier (III A 2006/2007) per il lavoro di battitura a computer di queste pagine.

Nella speranza che tutto ciò possa essere utile all’insegnamento, in vista della crescita
culturale e spirituale dei ragazzi che accostiamo, l’augurio cordiale di un ricco e fecondo anno
scolastico.

Marco Panero SDB


Châtillon, luglio 2007

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U.D. 0. INTRODUZIONE

Programma dell’anno di religione


 Rifletteremo su noi stessi, sulla nostra vita, il nostro modo di comportarci, le scelte, le
relazioni i valori in cui crediamo;
 Rifletteremo su i grandi problemi e i desideri profondi dell’umanità (il male, la sofferenza,
la pace, la giustizia, i diritti umani).

secondo quanto insegnano:


- I 10 COMANDAMENTI;
- LE BEATITUBINI.

Requisiti
 Volontà di partecipare,riflettere con la mia testa, mettermi in discussione;
 Studio serio ed esigente di ciò che l’insegnante richiede (libro, appunti, schemi);
 Compiti fatti con cura, puntualità e precisione.

Valutazioni
 Interrogazioni brevi ogni giorno (quando c’è lezione), orali oppure scritte;
 Verifiche scritte sommative, circa una volta al mese.

L’ora di cultura religiosa


L’ora di religione è uno studio approfondito che permette di conoscere gli insegnamenti della
religione cristiana e il pensiero della Chiesa. Tale studio non richiede l’adesione di fede a tale
verità! Pertanto chiunque può frequentare l’ora di cultura religiosa, pur appartenendo ad una
fede diversa da quella cristiana.

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U.D. 1. UNA RISPOSTA ALLEDOMANDE DELL’UOMO
Libro di testo pagg. 6-10, 85-95.

L’esperienza di fede
Da sempre l’uomo porta con sé domande circa il significato della propria esistenza: che senso
ha la vita?, perché esisto?, qual è il significato della sofferenza e della morte? Parliamo a
proposito di interrogativi esistenziali.

Tutte le religioni aiutano l’uomo nella ricerca di un significato per la propria vita, formulando
risposte ai suoi interrogativi profondi.

Fede: è la risposta libera e responsabile dell’uomo di fronte alla rivelazione di Dio, che
permette di dare un significato nuovo e più profondo alla vita.

Il dialogo interreligioso
La ricerca da parte dell’uomo del senso che la fede del divino può dare alla vita, genera una
molteplicità di religioni diverse tra loro;
Cose vere e sante si trovano in tutte la religioni, anche se ciascuna deve mantenere la propria
specificità (Concilio Vaticano II).

Le varie religioni sono chiamate a dialogare tra loro in uno sforzo reciproco di comprensione,
accoglienza, promozione della GIUSTIZIA e della PACE del Mondo. (Incontro di Assisi, 2002).

Il dialogo e la conoscenza reciproca aiutano a superere i pregiudizi che ci dividono, e sono


causa di sofferenza e talora, di scontro.

I racconti della creazione


Ogni fede offre una risposta ai grandi interrogativi esistenziali dell’uomo. Le risposte presentate
dal Cristianesimo sono in parte contenute nel libro della Genesi (Creazione, Inizio), che ci offre
due racconti della creazione.

Gli insegnamenti del primo racconto sono:


 L’ordine, la bontà e la bellezza del creato provengono da Dio; nella creazione non c’è
spazio per il male!;
 L’efficacia e la potenza della Parola di Dio:
 L’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio (cioè capace di porsi in relazione con
Dio e con il prossimo).

Gli insegnamenti del secondo racconto.


 L’uomo è il vertice di tutta la creazione e ha il primato sulle cose e sugli animali. Suo
compito è di custodire il creato;
 L’uomo e la donna hanno pari dignità;
 Stabilire ciò che è buono e ciò che male appartiene solo a Dio. (Albero della conoscenza
del bene e del male).

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Il mistero della sofferenza
 MALE: non è una realtà creata da Dio. Il male è assenza di bene, è lontananza da Dio,
negazione della libertà e della vita.
 PECCATO: è un atto di ribellione con cui l’uomo si mette al posto di Dio senza di Lui.

Peccato originale: (2 significati):


- il primo peccato commesso dall’uomo nella sua storia;
- la situazione di peccato in cui è coinvolta la natura umana, ma pienamente libera.

Il testo della genesi è simbolico: esso cioè non intende raccontare che cosa sia successo alle
origini, ma vuole individuare che è l’uomo nel contesto della creazione.
Il peccato originale: offre una spiegazione della presenza del male del mondo. Esso non
proviene da Dio che ha creato tutto per la vita ma dalle scelte che l’uomo liberamente compie,
contrarie al progetto di Dio.

Quando l’uomo, facendo un uso sbagliato della propria libertà, pretende di stabilire lui il bene e
il male, cioè di rifiutare Dio dalla propria vita allora ne paga le conseguenze.
Il male e la sofferenza non sono voluti da Dio, ma causati in massima parte dall’uomo.

U.D. 2. IL TESTIMONE

Partendo dalla visione di un film (rispettivamente Giovanni XXIII e Giuseppe Benedetto


Cottolengo), visto a puntate con l’intera classe, ogni studente produrrà un elaborato scritto di 4,
5 facciate protocollo, così strutturato.

Schema del lavoro:


1. Notizie biografiche;
2. Tratti della personalità;
3. Vita interiore;
4. Il suo massaggio;
5. Scrivere duo o più episodi significativi della sua vita.

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U.D. 3. LE RISPOSTE DELLA FEDE E DELLA SCIENZA
Libro di testo pagg. 97-100.

Le risposte della fede e della scienza


 SCIENZA: attività di ricerca e di studio di particolari fenomeni fisici;
 TECNICA: applicazione di scoperte scientifiche per realizzare macchine e congegni.

La scienza in sé è cosa molto buona. E’ l’applicazione della sue scoperta (tecnica) che può
essere pericolosa per l’uomo. Es.: centrale termonucleare, bomba atomica.
La scienza e la tecnica sono realtà buone, espressione dell’intelligenza dell’uomo e possono
migliorare la condizione della sua esistenza. Tuttavia l’eccessiva fiducia nella scienza rischia di
escludere le ragioni della fede.

Fede e scienza
Fede e scienza occupano ambiti distinti;
La scienza spiega come funziona il mondo;
La fede risponde ai perché profondi dell’uomo, offre il senso all’esistenza umana;
Allora fede e scienza non sono in contrapposizione, al contrario sono “ le due ali con le quali lo
spirito umano contempla la verità” (Joannes Paulus II, Fides et Ratio).

Fede e ragione
Fede e ragione non possono essere messe in contrasto perché provengono entrambe da Dio
(Galileo Galilei);
Tuttavia tra le due vi è una differenza: solo la fede ci offre risposte sul senso ultimo
dell’esistenza e ci apre l’accesso a verità divine che altrimenti non potremmo mai conoscere
con l’uso della pura ragione;
La fede dunque ci permette di fare quel passo in più che ci fa conoscere Dio, per quanto è
possibile all’uomo.

La fede senza la ragione è pericolosa: essa degenera facilmente in fanatismo religioso che
produce intolleranza e incapacità di dialogo;
La ragione senza la fede è pericolosa perché limita l’uomo all’orizzonte terreno, impedendogli
di accogliere la rivelazione divina.

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SCIENZA

FILOSOFIA: UOMO TEOLOGIA:


disciplina che studia il disciplina che studia la S.
significato ultimo di ciò Scrittura e le tradizioni della
che esiste (essere) facendo Chiesa facendo uso della ra-
uso della sola ragione gione e accogliendo i presup-
posti della fede

Un problema scottante: la nascita dell’uomo


 Evoluzionismo: ipotesi scientifica che sostiene lo sviluppo lento e graduale di ogni essere
vivente da una forma primitiva ad un’altre più sviluppata;
 Evoluzionismo naturale: evoluzionismo completamente casuale, spontaneo;
 Evoluzionismo moderato: richiede l’intervento di una causa esterna (=Dio) che permette
alle specie di evolversi;
 Creazionismo: teoria secondo cui ogni specie vivente è stata creata direttamente da Dio.

A prime vista le due teorie sembrano opposte; tuttavia ad uno studio più approfondito emergono
punti di contatto:
Pur ipotizzando l’evoluzionismo è necessaria una causa esterna che faccia progredire le speci
verso individui sempre più evoluti;
La creazione si concilia con l’evoluzione, come un evento che si estende nel tempo ( creazione
continua);
Pur ammettendo che l’uomo derivi da alcune speci di austrolopitechi, esiste una differenza
fondamentale che richiede l’intervento di Dio: solo l’uomo, infatti, è dotato di coscienza di sé e
anima spirituale.

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U.D. 4. L’UOMO AL CENTRO DEL PROGETTO DIVINO
Libro di testo pagg. 112-117.

L’uomo al centro del progetto divino


Ecco le specificità dell’uomo a differenza dell’animale:
- Dignità ( immagine e somiglianza di Dio);
- Ragione - intelligenza;
- Anima spirituale (vita ultraterrena);
- Coscienza di sé (interrogativi esistenziali);
- Coscienza morale (valori);
- Controlla l’istinto;
- Si relaziona con Dio;
- Si relaziona con gli altri;
- Libero;
- Sa di esistere;
- Sa di morire;
- E’ unico & irripetibile.

- Coscienza di sé: AUTOCOSCIENZA capacità di riflettere su se stesso.

Consapevolezza

- Coscienza MORALE capacità di distinguere il bene dal male.

- Dignità umana: solo l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, egli possiede pertanto
una dignità e un valore assoluti, che non possono essere lesi in alcun caso. Questo è l’autentico
fondamento dei valori umani.

- Unità della persona: l’uomo è un essere al contempo materiale e spirituale, non è possibile
separare le due dimensioni. Mediante la sua corporeità l’uomo si distingua nel mondo,
mediante l’intelligenza, la coscienza e l’anima è aperto alla trascendenza (=saper andare al di la
delle cose materiali, verso le relazioni profonde con gli altri e con D io).

- L’uomo è persona: l’uomo, unico tra tutti gli esseri viventi è una persona, ossia un soggetto
unico e irripetibile, capace di riflettere su se stesso e di avere coscienza dei propri atti, in grado
di porsi in relazione profonda con Dio e con gli altri.

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Il significato della libertà umana

fere ciò che voglio solo se scelgo il


senza limiti bene, sennò è
male!
LIBERTA’

rispondere ad un
progetto su di me

DIO MI HA CREATO

LIBERTA’
richiede
CONSAPEVOLEZ
ZA

SCEGLIERE

BENE MALE = PECCATO

Libertà autentica
VALORI
RESPONSABILITA’

- L’uomo è libero dal momento che può scegliere tra il bene e il male, tra più possibilità.
- La scelta avviene secondo valori, ossia realtà che hanno importanza per l’uomo (rispetto ,
amicizia, benessere, amore,…).
- La scelta richiede che l’uomo si a consapevole delle conseguenza a cui va incontro, richiede
pertanto coscienza di sé e superamento del puro istinto.

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- La libertà umana è indispensabile dalla responsabilità; l’uomo deve rendere conto delle
proprie azioni -di fronte a Dio e agli altri. Ecco l’origine del peccato e della punizione stabilita
dalla legge civile per i colpevoli.
- Allora libertà non significa fare tutto ciò che si vuole seguendo l’istinto. Questa
interpretazione della libertà annienta l’uomo, rendendolo schiavo del proprio egoismo.
- Essere davvero liberi vuol dire disporre in modo creativo e responsabile di se stessi e del
proprio futuro, in vista della maturazione nostra e degli altri.

Livelli di libertà
Esistono due fondamentali modi di vivere la nostra libertà.
 libertà da: essere libero dai condizionamenti esterni (guerra, fame, povertà,…) e dai
condizionamenti interni ( egoismo, pigrizia, vizi,…),
 libertà per: libertà di progettare in modo autonomo il proprio futuro, libertà di costruirsi
come persone responsabili, edificando la propria vita su valori autentici.

La libertà da è in funzione della libertà per. La libertà per non si realizza se non si è raggiunto
un certo grado di libertà da.

La coscienza morale
- Come distinguere, nei casi concreti, il bene dal male? Esistono due fondamentali vie:
- La Legge Morale Naturale;
- La Legge Morale Rivelata (i 10 Comandamenti);
- La coscienza morale è il luogo interiore nel quale è scritta la legge morale naturale, che Dio
ha inciso nel cuore dell’uomo. La coscienza morale è una voce interiore che comanda all’uomo
di fare il bene ed evitare il male.
Quando ascolta la coscienza morale, l’uomo può sentire la voce di Dio che gli parla.

- La legge morale naturale è chiamata così perché è scritta da Dio nel cuore di ogni uomo,
nell’atto della creazione. Ogni uomo, se rettamente educato, sa distinguere il bene dal male.

- Tuttavia la legge morale naturale è insufficiente a conseguire la vera libertà. Dio viene
incontro all’uomo consegnandoli la legge morale rivelata (i 10 Comandamenti e le Beatitudini).
Seguendo queste norme l’uomo non sacrifica la sua libertà; al contrario, il rispetto della legge
divina è la garanzia per conservare la piena libertà.

“Conoscerete la verità e le verità vi farà liberi” (Gv 8,32)

LEGGE MORALE NATURALE (COSCIENZA MORALE)

OGNI UOMO

DA DIO
LEGGE MORALE RIVELATA EBREI
I 10 COMANDAMENTI
CRISTIANI
COMPORTAMENTO

10
(ETICA)

U.D. 5. IL DECALOGO
Libro di testo pagg. 119-132.
Dispensa integrativa fornita ai ragazzi.

1. INTRODUZIONE

1.1 Il contesto storico


Per comprendere il senso del Decalogo bisogna fare riferimento al libro dell’Esodo (20, 1-
17) e alla particolare situazione storica chi il popolo d’Israele viveva all’epoca in cui
ricevette la Legge.
Liberato dall’Egitto in seguito agli interventi prodigiosi operati da Mosè per conto di Dio,
sfuggito all’attacco del faraone attraversando a piedi il Mar Rosso, il popolo di Israele si
trova ora a vagare per il deserto. Ed è proprio qui, in questa terra inospitale, che Dio stringe
con Israele un patto di alleanza1; “Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”, dice il
Signore. I termini di questo patto sono stabiliti dal Decalogo2, che viene ad essere il codice
scritto di tale alleanza.
Tuttavia il popolo ebraico si dimostra fin da subito infedele all’alleanza stipulata con Dio.
Mentre infatti Mosè si trova sul monte Sinai, gli Israeliti si fabbricano un idolo, chiamato
vitello d’oro. Mosè dovrà mediare con Dio per evitare loro una severa punizione e ristabilire
così l’alleanza; le tavole della Legge, dapprima spezzate, verranno riscritte dallo stesso
Mosè sotto dettatura di Dio.

1.2 Alcune precisazioni


I Dieci Comandamenti, pur essendo stati consegnati al popolo ebraico, valgono anche per i
cristiani. Gesù, infatti, non li ha annullati, ma li ha completati, conferendo loro un
significato più ampio e completo.
Il nostro studio, pertanto, sarà sempre duplice: da un lato cercheremo di capire il significato
di ogni comandamento per il popolo ebraico, come era in origine; dall’altro,
approfondiremo il significato che i Comandamenti rivestono per i cristiani oggi,
interpretandoli alla luce di Gesù e dell’insegnamento della Chiesa (magistero).

1
La Bibbia contiene due testamenti. “Testamento” significa “alleanza”. L’antica alleanza fu stabilita sul monte
Sinai con la consegna delle tavole della Legge. La nuova alleanza è quella in Gesù Cristo, rivelazione definitiva di
Dio.
2
Decalogo viene dal greco deka + logoi = dieci parole. E’ indicato anche con altri nomi, ad esempio Dieci
Comandamenti, Legge di Mosè, Legge Ebraica o semplicemente La Legge.

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Pur essendo formulati per la maggior parte in modo negativo (non …), ogni comandamento
può essere volto nella sua forma positiva. Ad esempio, la prescrizione Non uccidere
significa Rispetta la sacralità della vita umana, assumendo pertanto un significato molto
più ampio.

2. IL PRIMO COMANDAMENTO

Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione di
schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna.

2.1 L’esclusività di Dio


Il primo Comandamento occupa un posto di grande rilievo; apre infatti il Decalogo ed è
collocato in quella posizione particolare in quanto riveste un preciso significato. Solo dando
il giusto primato a Dio si può vivere in pienezza gli altri Comandamenti. In altre parole, se
viene meno l’importanza di Dio nella nostra vita, presto o tardi finiremo per non più
rispettare neanche gli uomini.
Il primo Comandamento chiede all’uomo di riconoscere che Dio è l’unico (parliamo in
proposito di esclusività), e come lui non ce n’è altri. Israele riconosceva che il suo Dio era
l’unico liberatore e si proponeva di rifiutare gli altri dèi che venivano adorati dalle
popolazioni di Canaan.

2.2 La tentazione degli idoli


Israele ruppe sin da subito l’alleanza con Dio, adorando un idolo, ossia un dio falso, che non
esiste nella realtà e non ha nessun potere. Il primo comandamento vieta all’uomo di
fabbricarsi idoli; solo Dio infatti ci dona la vita piena, la vera libertà, e ci invita a riporre
tutta la nostra fiducia in Lui solo, perché soltanto Lui merita amore e fiducia incondizionata.
Adorare un idolo significa infatti tradire Dio.

2.3 Il significato per noi oggi


E’ chiaro che nessuno di noi si costruirà mai un idolo di metallo fuso; tuttavia esistono falsi
dèi anche nella società contemporanea. Un idolo rappresenta per l’uomo tutto ciò che gli
promette la vita, senza però potergliela dare. Possono diventare idoli il denaro, il successo e
il potere, la bellezza, il sesso, … Sono realtà non negative in se stesse, che però diventano
pericolose nel momento in cui sono assolutizzate, considerate cioè come il valore più
importante.
Sono idoli che si impadroniscono del cuore dell’uomo e lo distolgono dal vero senso della
vita. Gli idoli promettono infatti felicità assoluta, a buon mercato, senza sforzi e fatiche,
tuttavia conducono l’uomo alla perdizione, rendendolo schiavo.

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Ecco perché il primo Comandamento, impedendo all’uomo di costruirsi degli idoli, difenda
la vera libertà. Ancora una volta, dunque, i Comandamenti si rivelano come una Legge della
libertà, e non della schiavitù.

Per noi osservare il primo Comandamento vuol dire mettere Dio al centro della propria
vita, al primo posto, considerandolo più importante di tutto.
La preghiera è l’atto con cui l’uomo esprime l’elevazione del suo spirito verso Dio e
sottolinea il riconoscimento della propria dipendenza. Pregare è un modo concreto di vivere
questo Comandamento, dal momento che pregando ci si relaziona con Dio (relazione
verticale).

3. IL SECONDO COMANDAMENTO

Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà
impunito chi pronuncia il suo nome invano.

3.1 L’importanza del nome per gli Ebrei


Per noi il nome serve a distinguere e identificare persone e oggetti. Per gli Ebrei, e l’uomo
dell’antico oriente in genere, era molto di più: rivelare il proprio nome significava svelare il
proprio essere intimo, la propria personalità. Conoscere il nome di qualcuno offriva la
possibilità di esercitare un certo potere su di lui. Dare il nome a qualcosa voleva dire
prenderne possesso (ricorda Adamo che assegna il nome ad ogni animale).

3.2 Rispetto per Dio e per il suo nome


Rivelandosi al popolo di Israele, Dio non dice il proprio nome; si limita ad affermare che
egli è Jahweh (= io sono colui che è). L’uomo infatti non può conoscere il nome di Dio, cioè
possedere Dio, piegandolo ai propri interessi.
Il secondo comandamento proibisce di nominare il nome di Dio inutilmente, a sproposito,
per rabbia, per disprezzo o per maleducazione.

3.3 Mancanze contro il secondo comandamento


Vediamo ora alcuni atteggiamenti che offendono il nome di Dio.
 Il falso giuramento è una menzogna davanti a Dio e agli uomini. Dice Gesù nel
Vangelo: “Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con
il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il
trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme,
perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il
potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no,
no; il di più viene dal maligno”. (Mt 5, 33-37)

 Usare il nome di Dio, della Madonna o dei Santi come esclamazione, come fosse un
intercalare. Si tratta in genere di leggerezza, senza volontà di offendere Dio.

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 La bestemmia è il peccato più grave verso il secondo comandamento e consiste in un
insulto a Dio, compiuto con consapevolezza e volontà. La bestemmia esprime profonda
maleducazione e volgarità. Chi bestemmia non capisce che sta disprezzando Colui che lo
tiene in vita momento per momento.
La bestemmia costituisce anche reato civile, punibile ai sensi del Codice Civile.

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4. IL TERZO COMANDAMENTO

Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai, ma il settimo giorno è
sabato, in onore del Signore, tuo Dio: non farai in esso alcun lavoro.

4.1 Il sabato ebraico


Per comprendere questo Comandamento, bisogna rifarsi alla storia di Israele. Questo popolo
aveva sperimentato il peso della schiavitù in Egitto, ed era stato liberato da Dio con
l’intervento di Mosè. Ogni sabato (giorno di festa per gli ebrei) ricorda pertanto la
liberazione dalla schiavitù economica e sociale. L’ebreo osservante non compie in questa
giornata alcun tipo di lavoro o di attività, dal momento che il sabato è una giornata diversa,
di vero riposo, da dedicare tutta al Signore e all’uomo.
Due sono i motivi del riposo sabbatico:
 Dio creatore il settimo giorno si riposò. Ricorda il testo della Genesi: “Allora Dio, nel
settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da
ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva
cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto”. (Gn 2, 2-3)
 Il riposo del sabato ricorda la liberazione dall’Egitto. Il lavoro e le occupazioni non
devono ridurre l’uomo in una nuova schiavitù, ma devono migliorare la sua vita.

4.2 La domenica cristiana


I cristiani sostituirono il sabato con la domenica (dal latino dominica dies = giorno del
Signore), primo giorno della settimana, per celebrare la Risurrezione di Cristo.
Ubbidire al terzo Comandamento non significa solamente partecipare alla Messa
domenicale; il suo significato è infatti ben più ampio.
Esso richiede di:
 Santificare la giornata della domenica, cioè riconoscerla come un tempo speciale, separato
dal resto della settimana e consacrato, ossia riservato, al Signore. Pertanto, in questa
giornata, è richiesto al cristiano di curare in modo particolare la preghiera, soprattutto in
quell’incontro personale con il Signore, che si vive nella celebrazione della Messa (cf. §
4.3).
 Riservare tempo conveniente al riposo, inteso come tempo di ricarica interiore (cf. § 4.4).
 Curare le relazioni familiari, gli affetti, quei rapporti spesso trascurati durante il ritmo
lavorativo della settimana.
4.3 La Messa domenicale è un obbligo?
Ogni cristiano, in quanto tale, è tenuto a partecipare alla Messa domenicale (o del sabato
sera), salvo casi di grave impedimento (malattia, obblighi ineliminabili, …); in questi casi si
può sopperire ascoltando la Messa per televisione o per radio, o con un momento di intensa
preghiera.
Tuttavia, per il cristiano, la Messa non è un obbligo, ma una esigenza interiore, un bisogno
profondo di incontrare personalmente il Signore Gesù e di ricevere il suo Corpo
nell’Eucaristia. Nella Messa il cristiano:
 Ascolta con fede la Parola proclamata e spiegata e riceve l’Eucaristia, il Corpo di Gesù.
 Rafforza la propria fede in Dio.
 Consolida la speranza, dal momento che ogni Messa celebra la Pasqua del Signore, la sua
risurrezione. La Messa viene ad essere un anticipo di Paradiso, del destino ultimo di ogni
uomo.

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 Si prepara a vivere la carità (= amore, solidarietà) verso il prossimo.

4.4 Il significato del riposo


Il riposo cristiano prescritto dal terzo Comandamento non ha il significato legalista che
aveva per gli Ebrei. Tuttavia, anche a noi cristiani, è richiesto di riservare questa giornata ad
attività diverse da quelle lavorative, curate nel resto della settimana.
Eccone le ragioni:
 Il terzo Comandamento, prescrivendo il riposo, evita di far diventare l’uomo schiavo del
proprio lavoro, e garantisce il primato dell’essere sull’avere e sul fare.
 Riposo non va inteso come dolce far nulla; questo si chiama ozio! Il riposo cristiano è un
tempo da dedicare alla famiglia, alle relazioni di amicizia con le altre persone.
 Il riposo domenicale contribuisce a mantenere nell’uomo un sano equilibrio psico-fisico,
indispensabile per vivere bene la nuova settimana.

5. IL QUARTO COMANDAMENTO

Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il
Signore, tuo Dio.

5.1 Il significato del quarto Comandamento


Il quarto Comandamento appartiene al secondo gruppo di Comandamenti, quelli appunto
che regolano il rapporto con il prossimo; è significativo il fatto che questa sezione si apra
con un monito a rispettare ed onorare i propri genitori.
Il rapporto genitori-figli è stato scelto e usato nella Rivelazione come modello del rapporto
tra Dio e l’umanità. Nel padre e nella madre il figlio vede specchiarsi l’immagine di Dio
Creatore e Padre. Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio con il nome ebraico di Abbà che,
tradotto alla lettera, significa papà; è il termine con cui il bambino chiama il proprio padre.

5.2 I doveri dei figli verso i genitori


Il quarto Comandamento comanda di onorare3 i propri genitori, cioè riconoscerli come
importanti, dando loro ciò a cui hanno diritto, specie nell’età anziana. Nell’antico Israele
non esisteva la pensione e neppure l’assistenza sanitaria a carico dello stato; era pertanto
necessario che ogni famiglia si prendesse carico dei propri anziani, offrendo loro il
sostentamento e le cure necessarie.
Il quarto Comandamento è l’unico del Decalogo che porta con sé una promessa o
benedizione: “perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio”.
La serenità e la felicità dipendono infatti in larga misura dal rispetto dei legami familiari e
dalla qualità delle nostre relazioni con gli altri componenti della famiglia.

3
Onorare viene dal latino onus, che significa peso. Onorare qualcuno, pertanto, significa dargli peso, importanza e
attenzione.

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Da quanto detto, risulta che ogni figlio ha precisi obblighi verso i propri genitori:
riconoscenza e rispetto, obbedienza, senso di responsabilità (prendersi cura di loro).

5.3 I doveri dei genitori verso i figli


Alla stesso modo, il quarto Comandamento, anche se non in maniera esplicita, assegna ai
genitori precisi doveri verso i loro figli: fornire loro un’educazione umana, culturale e
religiosa, aprendoli ad una prima esperienza di fede, farsi carico del loro sostentamento.

5.4 La famiglia, cellula della società


Ritorneremo sul tema quando parleremo dell’amore cristiano (Comandamenti sesto e nono);
per ora qualche anticipazione:
 Nel piano di Dio il matrimonio e la famiglia sono finalizzati a:
1. il bene reciproco degli sposi
2. la procreazione ed educazione dei figli (due elementi assolutamente inseparabili)
 La famiglia cristiana è segno e immagine visibile della comunione tra le Persone della SS.
Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo). Dovrebbe essere un luogo in cui l’amore è dato e
ricambiato, autentica cellula della società, aperta alle necessità e ai problemi del mondo.

5.5 Il senso ampio del quarto Comandamento


Il quarto Comandamento riguarda i doveri verso i propri genitori e la parentela in genere.
Tuttavia si estende anche ai doveri degli alunni verso i loro insegnanti, dei dipendenti nei
confronti dei loro datori di lavoro, dei cittadini verso la patria. Ogni volta, dunque, che
veniamo in relazione con una qualche forma di autorità a cui è dovuto legittimo rispetto e
obbedienza.

6. IL QUINTO COMANDAMENTO

Non uccidere.

6.1 Il significato del quinto Comandamento per gli Ebrei


Per il popolo d’Israele valeva la legge del taglione (occhio per occhio e dente per dente),
che permetteva la vendetta, ma ne disciplinava la modalità.
Le pagine dell’Antico Testamento riportano spesso episodi in cui varie persone sono messe
a morte a causa delle loro colpe. Il quinto Comandamento per gli Ebrei proclamava il
divieto di uccidere una persona innocente, di propria iniziativa e senza giusto motivo.
Voleva dunque impedire che il singolo, per malvagità o crudeltà, usasse violenza contro il
prossimo.

6.2 La sacralità della vita umana


Gesù affida a questo Comandamento un significato ben più ampio: “Quanto avete fatto a
uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Egli non si accontenta
di un’osservanza esteriore, ma vuole toccare il cuore dell’uomo.

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Per il cristiano Non uccidere non indica solamente il divieto assoluto di togliere la vita al
prossimo o a se stessi, ma anche:
 impegnarsi a promuovere, proteggere e rispettare la vita umana in tutte le sue forme;
 assicurare al prossimo una vita degna della condizione umana;
 non coltivare nel proprio cuore l’odio contro il prossimo.
La vita umana è sacra perché essa comporta l’azione creatrice di Dio e rimane sempre
in una speciale relazione con il Creatore. A nessuno, pertanto, è lecito uccidere
direttamente un essere umano innocente, perché non siamo noi i padroni della nostra vita.
6.3 La legittima difesa
La legittima difesa è consentita dal momento che, chi la pratica, non è intenzionato ad
uccidere, ma a difendere la vita propria o degli altri. Per chi ha responsabilità, la legittima
difesa diventa un dovere, purché essa non comporti una violenza maggiore del necessario.
La pena di morte (in uso oggigiorno in molti Paesi del mondo, nonché in alcuni stati degli
USA) non può considerarsi legittima difesa. Infatti esistono oggi molti mezzi per impedire
ad un criminale di compiere ulteriori delitti, senza per questo dover ricorrere al suo
annientamento.
La pena di morte, inoltre, non permette al colpevole di riparare il male compiuto, ma si
limita a privarlo della propria vita, e dunque anche della possibilità di rimediare.

6.4 Il quinto Comandamento


Il quinto Comandamento proibisce di uccidere ogni uomo, in qualunque circostanza o stadio
della vita egli si trovi. Prenderemo pertanto in considerazione l’omicidio volontario,
l’aborto, l’eutanasia, il suicidio.

6.4.1 Omicidio volontario


Richiede, in chi lo compie, consapevolezza e volontà di uccidere. Chiaramente costituisce
reato gravissimo, punito con la reclusione o addirittura con l’ergastolo (carcere a vita).

6.4.2 Aborto
Per aborto si intende l’interruzione della gravidanza. Bisogna distinguere due fondamentali
tipi di aborto:
 aborto naturale, spontaneo: l’interruzione della gravidanza, con la conseguente morte del
feto, avviene senza alcun intervento esterno, per motivi del tutto naturali. Ovviamente non
comporta nessuna colpa, dal momento che non era affatto voluto.
 aborto provocato: consiste nell’interruzione volontaria della gravidanza. Chi lo compie è
moralmente colpevole, in quanto l’aborto è, a tutti gli effetti, un omicidio. L’embrione
umano, infatti, è persona, e come tale gode dei relativi diritti, primo tra tutti il diritto alla
vita.
La colpa dell’aborto, tuttavia, non ricade solamente sulla donna che sceglie di compierlo,
ma anche sui familiari che la consigliano a praticarlo e sul personale medico e sanitario che
lo esegue.
L’aborto è oggi legalmente permesso in molti stati, anche in Italia (può essere compiuto
entro i primi novanta giorni dal concepimento, più tardi solo in circostanze particolari).
Tuttavia, non tutto ciò che è legalmente permesso è moralmente lecito! (vedi sotto)

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Legalità e moralità
Legalità: tutto ciò che ha a che fare con la legislazione di uno stato, ed è da questa
permesso.
Moralità: ciò che è bene agli occhi di Dio ed è orientato alla crescita e realizzazione
dell’uomo. Anche se la legge dello Stato permette l’aborto, ciò non significa che sia una
cosa buona. Per il cristiano l’aborto è e resta un omicidio!

6.4.3 Eutanasia
Consiste nel mettere fine, con un atto compiuto di proposito o con l’omissione di un’azione
dovuta, alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte.
E’ permesso in alcuni Stati dell’Europa (Belgio, Olanda); attualmente è illegale in Italia.
Costituisce una mancanza grave contro il quarto Comandamento, dal momento che la vita
non ci appartiene, ma è dono di Dio, noi ne siamo gli amministratori. Pertanto a nessun
uomo è consentito porre fine volontariamente alla vita propria o altrui, anche se si vuole
perseguire il bene della persona amata.
Gesù, sulla croce, non ha rifiutato il dolore e la sofferenza. All’invito “scendi dalla croce”,
egli è rimasto là, per insegnare all’uomo il grande valore della sofferenza sopportata per
amore.

6.4.4 Suicidio
Consiste nel porre fine, volontariamente e consapevolmente, alla propria vita. E’ un’offesa
al giusto amore di sé e del prossimo, dal momento che si causa profondo dolore alle persone
che ci vivono accanto. La gravità della colpa può essere attenuata da malattie psichiche
gravi (ad esempio una forte depressione), che rendono la persona non pienamente
consapevole del gesto che compie.

7. IL SESTO E IL NONO COMANDAMENTO

Non commettere adulterio [atti impuri].


Non desiderare la moglie del tuo prossimo.

N. B. Come abbiamo già studiato, ogni Comandamento può essere volto nella sua forma
positiva; le proibizioni espresse nel sesto e nel nono Comandamento vogliono perciò significare
Comprendi e rispetta il significato autentico dell’amore!

Il nostro discorso seguirà pertanto questo andamento:


1. Approfondiremo il significato del termine amore, facendo opportune distinzioni (philìa,
eros, agàpe).

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2. Svilupperemo la specificità del rapporto d’amore autentico tra l’uomo e la donna,
individuando due requisiti essenziali del matrimonio cristiano (esclusività e definitività).
3. Alla luce di quanto espresso comprenderemo la ragione delle proibizioni espresse dai
Comandamenti, nonché la posizione del magistero4 della Chiesa in materia di morale
sessuale.

7.1 Il bisogno di amare e di essere amato [cf. libro pag. 156-157]

7.2 L’amicizia (philìa) [cf. libro pag. 157-158 + appunti]

7.3 L’amore tra l’uomo e la donna (eros) [cf. libro pag. 159-160 + appunti]

7.4 I requisiti dell’amore (agàpe)


Come abbiamo visto in precedenza, l’amore, se è autentico, supera il puro eros, semplice
attrazione fisica, per diventare gradualmente attrazione profonda, disposta a prendersi cura
dell’altro, accettandolo ed amandolo così com’è (agàpe).
Questo amore non cerca più se stesso, ma il bene della persona amata. Non ricerca più il
solo piacere e godimento fisico, ma la vera felicità della persona amata.
Questo è il cammino che ogni coppia di giovani innamorati dovrebbe compiere, per dare un
fondamento stabile e sicuro alla propria unione, in quel percorso affascinante e meraviglioso
che va dall’innamoramento, al fidanzamento, al matrimonio cristiano.

L’amore porta con sé due parole chiave:


 Esclusività = solo tu, e nessun altro/a.
Non si può che amare una sola persona con tutto il cuore. La scelta di una persona implica
ovviamente la rinuncia a tutte le altre, anche per il futuro, qualunque siano le condizioni in
cui quella persona si verrà a trovare.

 Definitività = per sempre, desiderio di durata illimitata (finché morte non vi separi).
L’amore autentico chiede per sua stessa natura di durare all’infinito; non funziona a
contratto, né a tempo determinato. Comprende la totalità di ogni esistenza, dunque anche il
tempo. Ciò si esprime in fedeltà alla persona amata, sino al termine della propria vita. Il
“mordi e fuggi” non è amore!

7.5 Il significato della sessualità [cf. libro pag. 160-161]


“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”
(Gn 1, 27).
La sessualità (= l’essere uomo o donna, in ogni dimensione della persona, e non solo
fisicamente) è pertanto una realtà positiva, voluta da Dio stesso, che chiede però, data la sua
preziosità, di essere salvaguardata e rispettata.
Sessualità non significa istinto sessuale; è dono di Dio, orientato all’amore e alla vita.
L’atto sessuale è pertanto la suprema espressione di amore tra un uomo e una donna, che
coinvolge non solo il corpo, ma tutte le dimensioni della persona (intelligenza, emozioni,
affetti, convinzioni profonde).
L’esercizio della sessualità (il sesso) assume dunque tutto il suo significato soltanto in un
rapporto d’amore all’insegna dell’esclusività e della definitività (“Io amo soltanto te, e per

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Per magistero della Chiesa si intende l’insieme degli insegnamenti elaborati dai vari Concili, dai documenti dei
Papi e dei Vescovi.

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sempre”). Tuttavia, soltanto all’interno del matrimonio cristiano si realizzano appieno
questi due requisiti.
Ecco perché la Chiesa non ammette i rapporti sessuali prematrimoniali, né tanto meno al di
fuori del matrimonio: perché questo gesto rischia di scambiare la pura attrazione fisica per
amore vero; impoverisce dunque l’amore, lo rende sterile e lo blocca a puro eros, semplice
istinto.

7.6 L’insegnamento del sesto comandamento


Per Israele la proibizione dell’adulterio era condizione indispensabile per conservare la
giustizia e la pace all’interno della società. Evitava inoltre la nascita di figli illegittimi, che
avrebbero potuto frantumare il patrimonio familiare.
Per i cristiani il sesto Comandamento ha un significato ben più ampio; esso assicura alla
sessualità il giusto rispetto e valore. La sessualità umana è vocazione all’amore; per il
cristiano, dunque, il sesso non può essere dissociato dall’amore, poiché è il linguaggio
dell’amore e della vita.

7.7 Mancanze contro il sesto comandamento


Ogni cristiano è chiamato a vivere la virtù della castità, cioè a considerare la realtà della
sessualità umana come dono di sé, e non occasione di piacere egoistico.
Pertanto ogni atto che non rispetta questa dimensione di dono gratuito, ma riduce la
sessualità a merce e semplice oggetto di piacere, è da considerare una mancanza contro
questo Comandamento.
In particolare, esso proibisce l’adulterio, la prostituzione, la violenza sessuale, la pedofilia,
la produzione ed il consumo di pornografia, il sesso al di fuori del matrimonio, e tutte quelle
azioni che snaturano il significato della sessualità umana.
La Chiesa non è nemica dell’amore!
Al contrario, lo vuole difendere da tutte le false forme di amore!

7.8 Il matrimonio cristiano [cf. libro pag. 162]


Il matrimonio cristiano si basa sulla fedeltà reciproca nel tempo dei due coniugi.
La fedeltà è un patto che impegna definitivamente una persona con l’altra, in un rapporto
d’amore continuativo e irrevocabile.

Senza fedeltà non c’è amore vero! Ecco perché il matrimonio cristiano è indissolubile ( =
non si può sciogliere), perché la promessa fatta una volta per tutte non può essere annullata.
La Chiesa non ammette il divorzio perché difende l’amore vero, quello che dura per sempre
e che supera le difficoltà che possono nascere all’interno di una coppia, anche a costo di
sacrifici.

7.9 Il nono comandamento


Il nono Comandamento è un approfondimento del sesto; infatti non si può distruggere un
altro matrimonio, né con l’atto (adulterio), né con il desiderio. Il nono Comandamento
proibisce di coltivare pensieri e desideri relativi alle azioni proibite dal sesto
Comandamento. Il cristiano è invitato a coltivare la purezza del cuore e del corpo, vigilando
sulle proprie azioni, pensieri ed immaginazioni.

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8. IL SETTIMO E DECIMO COMANDAMENTO

Non rubare.
Non desiderare la roba d’altri.

8.1 Il significato profondo: rispetta l’uomo e i suoi beni


Il settimo comandamento proibisce di sottrarre i beni altrui per usarli secondo il proprio
interesse. Tuttavia il significato profondo del Comandamento non si applica tanto ai beni
materiali, bensì riguarda il valore e la dignità della persona umana.
L’uomo infatti ha bisogno delle cose come mezzi per vivere; in un certo senso, pertanto, chi
attenta ai beni altrui, appropriandosene in modo illecito, attenta alla vita del prossimo.

8.2 Il settimo Comandamento


Il settimo Comandamento proibisce: il furto, l’illegalità finanziaria, la corruzione, la
disonestà, l’usura.
L’assoluzione dei peccati (sacramento della Riconciliazione) contro il settimo
Comandamento è subordinata alla restituzione dell’oggetto sottratto o, nell’impossibilità, ad
una giusta ricompensa.

8.3 Il valore del lavoro umano


Implicitamente il settimo Comandamento invita l’uomo al lavoro, indicandogliene la
profonda dignità. Si confronti in proposito quanto già detto a proposito del terzo
Comandamento, in merito al valore del lavoro umano.
“Chi non vuol lavorare neppure mangi” (San Paolo). Il lavoro per l’uomo è un dovere e un
diritto, che lo nobilita, mediante il quale egli collabora all’iniziativa di Dio Creatore. Il
lavoro, se assunto correttamente secondo la prospettiva cristiana, consente all’uomo di
sviluppare le proprie doti, di realizzarsi come persona, di condurre una vita onesta e
dignitosa, di sentirsi utili nella società.

8.4 L’uomo e i suoi desideri (il decimo Comandamento)


Il decimo Comandamento può essere considerato un completamento del settimo; tuttavia,
mentre quello riguarda gli atti esteriori (vale a dire visibili, perché effettivamente compiuti),
quest’ultimo riguarda gli atti interiori (pensieri, desideri, progetti).

Gesù conosce il cuore dell’uomo, e sa che il male nasce dalle intenzioni cattive. Bisogna
perciò allenarsi ad orientare in modo corretto i propri desideri. E’ giusto desiderare per sé e
per gli altri dei beni, senza tuttavia diventare schiavi delle cose.

Il decimo Comandamento mette in guardia dalla cupidigia (= desiderio smodato, eccessivo,


di un bene voluto per sé) e dall’invidia (= sofferenza causata dal fatto che l’altro possiede
un bene che io non ho). La cupidigia e l’invidia sono spesso causa di azioni malvagie,
contrarie all’insegnamento dei Comandamenti (furto, omicidio, adulterio, …)

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9. L’OTTAVO COMANDAMENTO

Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

9.1 L’ottavo Comandamento per Israele


Per il popolo d’Israele il senso principale di tale Comandamento è: non testimoniare il falso
in un processo.
Ben più ampio, tuttavia, è il significato evangelico.
Gesù chiede ai cristiani non solo di evitare la menzogna e la falsità, ma di avere il coraggio
della verità e della schiettezza, anche a costo di sofferenze.

9.2 L’insegnamento dell’ottavo Comandamento


L’ottavo Comandamento impone di evitare la calunnia (= diffamare una persona dicendo il
falso sul suo conto), la bugia (= dire il falso con la speranza di ottenerne qualche beneficio),
l’omertà (= tacere un reato commesso da qualcuno per paura di subire ritorsioni su di sé o
sulla propria famiglia).

9.1 Il coraggio della verità


Gesù ha insegnato ad avere il coraggio di affermare la verità, anche quando, così facendo, si
rischia di perdere la stima e l’amicizia degli altri o, peggio ancora, la propria vita (i martiri).

Gesù si è proclamato via, verità e vita. Egli dice “Io sono la verità” e, allo stesso modo,
condanna come falsi certi modi di pensare e agire.
Se ogni opinione va rispettata, non ogni idea è necessariamente vera! Vi sono convinzioni e
modi di pensare oggettivamente falsi. Il cristiano rispetta le altre persone che la pensano
diversamente, tuttavia ha il coraggio di affermare e testimoniare in mezzo a loro la verità in
cui crede, prima con la vita che con le parole.

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