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I polinomi di Taylor

Il resto di Peano
Una funzione f definita in un intorno di un punto x0 si dice derivabile in x0 se e solo se

f (x) − f (x0 )
∃ lim = m ∈ R; (1.1)
x→x0 x − x0
a sua volta la (1.1) equivale a

f (x) − f (x0 ) − m(x − x0 )


lim =0 (1.2)
x→x0 x − x0
e quindi f è derivabile in x0 se e solo se esiste un polinomio di primo grado P (x) tale che
f (x) − P (x) = o(x − x0 ). Come è noto, in questo caso il coefficiente m di x in P (x) si denota
con f 0 (x0 ). Pertanto, se f è derivabile in x0 , risulta

f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + o(x − x0 ) ; (1.3)

la retta y = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) prende il nome di retta tangente al grafico di f nel punto
x0 . Essa determina l’unico polinomio di primo grado P (x) tale che f (x) − P (x) = o(x − x0 ).
Ci poniamo il problema di generalizzare la relazione (1.3); in particolare, ci chiediamo
se sia possibile approssimare la funzione f con polinomi di grado n, impiegando dunque
espressioni più lunghe, ma ottenendo in cambio una migliore approssimazione quando x → x0 .
La risposta a questo problema è data dal seguente

Teorema 1. (Polinomio di Taylor con resto di Peano)


Sia I ⊂ R un intervallo, x0 ∈ I, ed f : I → R una funzione derivabile n − 1 volte in I e n
volte in x0 . Allora esiste uno e un solo polinomio P (x), di grado minore o uguale a n, tale
che f (x) = P (x) + o((x − x0 )n ), e risulta

f 00 (x0 ) f (n) (x0 )


P (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + · · · + (x − x0 )n . (1.4)
2! n!
Osservazione 1. Nell’enunciato del Teorema 1 si dice che il polinomio P (x) ha grado minore
o uguale a n perché alcuni dei coefficienti in (1.4) (o anche tutti) possono essere nulli.

Osservazione 2. Quando n = 1, (1.4) restituisce l’equazione della retta tangente. Quindi il


Teorema 1 è ovviamente vero per n = 1.

1
2

Osservazione 3. La tesi del Teorema 1 si può riscrivere in modi equivalenti, quali ad esempio:

f 00 (x0 ) 2 f (n) (x0 ) n


f (x0 + h) = f (x0 ) + f 0 (x0 )h + h + ··· + h + o(hn ) , x0 + h ∈ I ; (1.5)
2! n!
f 00 (x0 )
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x−x0 ) + (x − x0 )2 + . . .
2!
(1.6)
f (n) (x0 )
+ (x − x0 )n + q(x)(x − x0 )n con lim q(x) = 0 .
n! x→x0

Nel seguito, se g è una funzione derivabile k volte in x0 , porremo

g 00 (x0 ) g (k) (x0 )


Pk (g; x0 )(x) = g(x0 ) + g 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + . . . (x − x0 )k . (1.7)
2! k!
Definizione 1. Il polinomio Pk (g; x0 )(x) si dice polinomio di Taylor relativo alla funzione g
di grado k e di punto iniziale x0 .
Osservazione 4. È immediato verificare che Pk (g; x0 )(x0 ) = g(x0 ).
Definizione 2. La differenza Rk (g; x0 )(x) = g(x) − Pk (g; x0 )(x) si dice resto k–esimo per
x → x0 .
La tesi del Teorema 1 dice che Rn (f ; x0 )(x) = o((x − x0 )n ). Quando il resto n–esimo si
pone in questa forma, in letteratura matematica si usa dire che il resto è espresso in forma
di Peano.

Per dimostrare il Teorema 1 ci occorrono due lemmi.


Lemma 1. Risulta
d
Pk (g; x0 )(x) = Pk−1 (g 0 ; x0 )(x) . (1.8)
dx
d (x−x0 )k (x−x0 )k−1
Dimostrazione. Osservando che dx k! = (k−1)! , abbiamo subito

d
Pk (g; x0 )(x) =
dx
g (3) (x0 ) g (k) (x0 )
= g 0 (x0 ) + g 00 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + . . . (x − x0 )k−1 =
2! (k − 1)!
= Pk−1 (g 0 ; x0 )(x) .

Osservazione 5. Iterando il Lemma 1 otteniamo che


 j
d
Pk (g; x0 )(x) = Pk−j (g (j) ; x0 )(x) (1.9)
dx
e dunque
 j 
d 
g(x) − Pk (g; x0 )(x) = 0, j = 0, 1, 2, . . . , k . (1.10)
dx x=x0
In altre parole, generalizzando l’osservazione 4, possiamo dire che una funzione g derivabile k
volte e il suo polinomio di Taylor P (g; x0 )(x) coincidono nel punto iniziale insieme con tutte
le derivate sino all’ordine k.
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Lemma 2. Sia Q(x) un polinomio di grado minore o uguale a k, e supponiamo che


∃ x ∈ R : Q(x) = o((x − x)k ) . (1.11)
Allora Q(x) ≡ 0.
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che Q(x) non sia il polinomio nullo. Dalla (1.11)
sappiamo che x è una radice di Q(x); dato che Q ha grado minore o uguale a k, la radice x
può avere molteplicità m : 1 ≤ m ≤ k. Pertanto, dal teorema di Ruffini, si ha
Q(x) = (x − x)m Q1 (x) (1.12)
con Q1 (x) 6= 0. Quindi, dalla (1.12) otteniamo che Q(x) = O((x−x)m ), il che è incompatibile
con l’ipotesi Q(x) = o((x − x)k ).
Dimostrazione del Teorema 1. Dobbiamo dimostrare che
f (x) = Pn (f ; x0 )(x) + o((x − x0 )n ) (1.13)
e che Pn (f ; x0 )(x) è l’unico polinomio di grado minore o uguale a n per cui la (1.13) sia vera.
L’unicità si dimostra immediatamente: se Q1 (x), Q2 (x) sono due polinomi di grado minore
o uguale a n tali che
f (x) = Q1 (x) + o((x − x0 )n ) , f (x) = Q2 (x) + o((x − x0 )n ) (1.14)
allora dalla (1.14) abbiamo
(
Q1 (x) = f (x) + o((x − x0 )n )
=⇒ Q1 (x) − Q2 (x) = o((x − x0 )n ) (1.15)
Q2 (x) = f (x) + o((x − x0 )n )
e dal Lemma 2 segue che Q1 (x) − Q2 (x) ≡ 0.
Il resto della dimostrazione si svolge mediante induzione su n. Più precisamente, deno-
tiamo con Prop(n) la proposizione, dipendente dall’indice n,
( )
Per ogni funzione g(x) definita su I, derivabile n − 1 volte in I
Prop(n) = (1.16)
e n volte in x0 , risulta g(x) − Pn (g; x0 )(x) = o((x − x0 )n )
Noi vogliamo dimostrare che Prop(n) è vera ∀ n ∈ N. Prop(1) è vera (vedi Osservazione 2).
Supponiamo che Prop(n − 1) sia vera, e dimostriamo che allora anche Prop(n) è vera.
Sia dunque g(x) una funzione definita su I, derivabile n − 1 volte in I e n volte in x0 .
Vogliamo dimostrare che
g(x) − Pn (g; x0 )(x)
∃ lim =0 (1.17)
x→x0 (x − x0 )n
Il limite nella (1.17) si presenta in forma 00 (vedi Osservazione 4), e siamo nelle ipotesi per
applicare il Teorema dell’Hopital. Abbiamo
d
[g(x) − Pn (g; x0 )(x)] = g 0 (x) − Pn−1 (g 0 ; x0 )(x) per il Lemma 1;
dx
d
[(x − x0 )n ] = n(x − x0 )n−1 ;
dx
e dall’ipotesi induttiva (Prop(n − 1) è vera) abbiamo
g 0 (x) − Pn−1 (g 0 ; x0 )(x)
∃ lim = 0. (1.18)
x→x0 n(x − x0 )n−1
Dalle (1.18) e dal Teorema dell’Hopital segue la (1.17), e pertanto Prop(n) è vera.
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Il resto di Lagrange
Il teorema 1 mostra che Rn (f ; x0 )(x), quando x → x0 , è un infinitesimo di ordine superiore a
(x − x0 )n . Questo, però, non ci permette di dare una stima quantitativa di Rn (f ; x0 )(x) per
x 6= x0 .
Si pensi, ad esempio, alla formulazione nella (1.6), per cui Rn (f ; x0 )(x) = q(x)(x − x0 )n .
Noi sappiamo che lim q(x) = 0, e quindi
x→x0

∀ ε > 0 ∃ δ > 0 : |q(x)| < ε ∀ x ∈ I : |x − x0 | < δ ,

ma non possiamo sapere, fissato ε > 0, quanto sia piccolo δ. Dunque non possiamo sapere
di quanto dobbiamo avvicinarci al punto x0 prima che il resto Rn sia minore di una quantità
prefissata.
Per stimare il resto n–esimo su tutto l’intervallo I ci sarà utile il seguente teorema, che
esprime Rn in modo diverso, ma che richiede maggiori ipotesi di regolarità su f (x).
Teorema 2. (Polinomio di Taylor con resto di Lagrange)
Sia I ⊂ R un intervallo, x0 ∈ I, ed f : I → R una funzione derivabile n + 1 volte in I. Allora,
∀ x ∈ I ∃ ξ, strettamente compreso fra x0 e x, tale che

f (n+1) (ξ)
Rn (f ; x0 ) = f (x) − Pn (f ; x0 )(x) = (x − x0 )n+1 . (1.19)
(n + 1)!
Quando il resto n–esimo si pone nella forma della (1.19), in letteratura matematica si usa
dire che il resto è espresso in forma di Lagrange. Questo nome è coerente col fatto che, per
n = 0, la (1.19) costituisce la tesi del teorema del valor medio.

Per dimostrare questo teorema abbiamo bisogno di un lemma preliminare.


Lemma 3. Sia g : [a, b] → R una funzione derivabile n + 1 volte. Supponiamo che

g(a) = g 0 (a) = g 00 (a) = · · · = g (n) (a) = 0 , g(b) = 0 . (1.20)

Allore ∃ ξ ∈ (a, b) : g (n+1) (ξ) = 0.


Dimostrazione. Per il teorema di Rolle ∃ x1 ∈ (a, b) : g 0 (x1 ) = 0. Applicando nuovamente
il teorema di Rolle alla funzione g 0 (x) sull’intervallo [a, x1 ] abbiamo che ∃ x2 ∈ (a, x1 ) :
g 00 (x2 ) = 0. Iterando questo procedimento, giungiamo a un punto xn in cui g (n) (xn ) = 0.
Usando ancora una volta il teorema di Rolle per la funzione g (n) (x) sull’intervallo [a, xn ]
otteniamo che ∃ ξ : g (n+1) (ξ) = 0.

Osservazione 6. Naturalmente il lemma precedente è valido anche se supponiamo

g(a) = 0 , g(b) = g 0 (b) = g 00 (b) = · · · = g (n) (b) = 0 . (1.21)

Dimostrazione del Teorema 2. Fissiamo x ∈ I, x 6= x0 . Definiamo


f (x) − Pn (f ; x0 )(x)
g(t) = f (t) − Pn (f ; x0 )(t) − (t − x0 )(n+1) (1.22)
(x − x0 )n+1
Dall’osservazione 5 sappiamo che f (t) − Pn (f ; x0 )(t) si annulla in t = x0 insieme con le sue
derivate sino all’ordine n; lo stesso vale per (t − x0 )(n+1) , e quindi

g(x0 ) = g 0 (x0 ) = g 00 (x0 ) = · · · = g (n) (x0 ) = 0 . (1.23)


5

Inoltre
f (x) − Pn (f ; x0 )(x)
g(x) = f (x) − Pn (f ; x0 )(x) − (x − x0 )(n+1) = 0 . (1.24)
(x − x0 )n+1
Pertanto possiamo applicare a g(t), ristretta all’intervallo di estremi x0 e x, il Lemma 3:
esiste dunque ξ, strettamente compreso fra x0 e x, tale che g (n+1) (ξ) = 0. Ma, tenendo
conto del fatto che la derivata (n + 1)–sima di un polinomio di grado minore o uguale a n
è identicamente nulla, e osservando che la derivata (n + 1)–sima di (t − x0 )n+1 è uguale a
(n + 1)!, dalla (1.22) si ha

f (x) − Pn (f ; x0 )(x)
g (n+1) (t) = f (n+1) (t) − (n + 1)! . (1.25)
(x − x0 )n+1

Quindi
f (x) − Pn (f ; x0 )(x)
0 = g (n+1) (ξ) = f (n+1) (ξ) − (n + 1)! (1.26)
(x − x0 )n+1
che è equivalente a (1.19).

Alcuni esempi di utilizzo del resto di Lagrange


• Calcolo del numero e.
Consideriamo la funzione f (x) = ex , e prendiamo x = 0 come punto iniziale dei polinomi
di Taylor. Allora, utilizzando la formula di Taylor con resto di Lagrange, abbiamo

x2 xn eξ
ex = 1 + x + + ··· + + (1.27)
2! n! (n + 1)!

dove, per ogni fissato x, ξ è un opportuno punto intermedio fra 0 e x.


In particolare, fissato x = 1 e n ∈ N, esiste ξ ∈ (0, 1) tale che

1 1 eξ
e=1+1+ + ··· + + . (1.28)
2! n! (n + 1)!

Pertanto, tenendo conto del fatto che e < 3 e ξ < 1,


 
1 1
0 < e − 1 + 1 + + ··· + < . (1.29)
2! n! (n + 1)!

Se vogliamo calcolare e con un errore minore, ad esempio, di 10−3 , dobbiamo scegliere n in


modo che 3/(n + 1)! < 10−3 . Se n = 6, 3/(n + 1)! = 3/7! = 3/5040 < 10−3 . Quindi
 
1 1 1957
0 < e − 1 + 1 + + ··· + =e− < 10−3 . (1.30)
2! 6! 720

In effetti
1957
= 2, 71805 ; e ' 2, 71828 . . . (1.31)
720
Per dare un’idea della differenza di efficienza fra il calcolo appena effettuato e il calcolo
n di
e mediante la definizione di limite della successione monotóna crescente an = 1 + n1 (che
converge molto lentamente), si tenga presente che a5000 ' 2, 71801.
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• Approssimazione della funzione sin x.


Consideriamo la funzione sin x sull’intervallo [0, π2 ]. Com’è noto, conoscere la funzione
sin x in [0, π2 ] vuol dire conoscere sin x e cos x su tutto R. Prendiamo x = 0 come punto
iniziale e scriviamo la formula di Taylor con resto di Lagrange per il polinomio di grado 8
(che in realtà è di grado 7 perché il coefficiente di x8 è nullo):

x3 x5 x7 x9
sin x = x − + − + (cos ξ) (1.32)
3! 5! 7! 9!
Sull’intervallo (0, π2 ) si ha 0 < cos ξ < 1. Quindi

x3 x5 x7 x9
 
1  π 9 π
0 < sin x − x − + − = (cos ξ) < ' 1, 6 × 10−4 , x ∈ [0, ] . (1.33)
3! 5! 7! 9! 9! 2 2

Dunque il polinomio
x3 x5 x7
P (x) = x − + − (1.34)
3! 5! 7!
approssima la funzione sin x a meno di 2 × 10−4 su tutto l’intervallo [0, π2 ], conclusione che
non avremmo potuto dimostrare limitandoci al solo Teorema 1.

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