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Scheda 2 – Piani di II generazione (seconda metà anni ’60 e anni ’70)

Situazione socio-economica:
– crisi dell’industrializzazione nelle aree più sviluppate con allontanamento della base
produttiva e formazione della ‘Terza Italia’;
– affermazione dello stato sociale-assistenziale;
– lotta alla speculazione edilizia (contenimento insediativo, prevalenza di destinazioni
pubbliche),
– forte innovazione legislativa (L. 765/67, 865/71, 10/77, 457/78);
– ampia partecipazione dei partiti della sinistra ai governi locali (elezioni amministrative
15/5/1975).

Obiettivi:
– miglioramento della qualità della vita, espresso attraverso la diffusione dello standard
urbanistico;
– salvaguardia sociale nei centri storici, blocco della terziarizzazione;
– decentramento industriale con tutela pubblicistica delle aree dismesse, si afferma
anche la salvaguardia produttiva delle aree industriali
esistenti;
– programmazione continua del processo di trasformazione urbanistica (Ppa ex lege
10/77).
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Strumenti:
– standard urbanistici e zone omogenee ex Dm. 1444/68, con dettaglio normativo
articolato per ogni zona omogenea e per ogni specificazione
di zona (A1, A2, A3, B1, B2, B3 con relativa normativa);
– pianificazione attuativa generalizzata (Pdl ex lege 765/67, Peep ex lege 167/62 con le
modifiche ex lege 865/81, Pip ex lege 865/71);
– ricerca di strumenti di definizione intermedia tra piano generale e piani attuativi (piani
di inquadramento operativi) per i casi più complessi.

Grado di diffusione:
– differenziato tra regioni a larga diffusione (Emilia Romagna) e regioni a lenta diffusione
(Piemonte), accelerato comunque dai limiti di
edificabilità della L. 765/67 (1,5 mc/mq nel centro edificato e 0,1 mc/mq al di fuori).

Nel 1975: Emilia Romagna 83,8%; Piemonte 39,3%


Nel 1980: Emilia Romagna 100%; Piemonte 51,3%.

Bologna, 1970 Peep 1963: 30 mq/ab. Standard Pavia, 1976


Variante collina e centro storico Livorno, 1977
Milano, 1976 (+ 80.000 stanze) Brescia, 1977
Genova, 1976 (+ 175.000 stanze) Modena, 1965
Venezia, 1976 Reggio Emilia, 1967
Bergamo, 1969.
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Effetti:
– diffusione delle aree a destinazione pubblica, controllo degli insediamenti residenziali
e produttivi attraverso i piani attuativi pubblicistici;
– controllo e riequilibrio insediativo delle aree di pianificazione ‘diffusa e affermata. Pavia
in cinque anni passa da 5 a 12 mq/ab., Bologna da
9 a 13 mq/ab. di servizi pubblici;
– forte tensione nelle aree centrali tra destinazioni residenziali e terziarie;
– creazione di ‘aree abbandonate’ in zone centrali e subcentrali per effetto della
deindustrializzazione e della riorganizzazione dei servizi
ferroviari, in assenza di valide proposte di pianificazione urbanistica.

Elementi di crisi:
– sopravalutazione del ruolo sociale del piano in una situazione comunque di mancanza
di strumenti operativi e di finanziamenti pubblici;
– mancata definizione di un chiaro rapporto pubblico-privato;
– trasformazione della società e dello sviluppo economico verso forme di avanzata
terziarizzazione

1971 54.000.000 ab. 1981 56.000.000 ab.


64.000 stanze 86.000 stanze

1991 57.000.000 ab. 2001 57.000.000 ab.


100.000.000 stanze 111.000.000 stanze
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(75% in proprietà) (80% in proprietà)
I piani della Terza Generazione
(anni 80)
La generazione della trasformazione urbana
Morfologia, riforma del piano

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

Quella che viene definita come «terza


terza generazione dell’urbanistica » (Campos Venuti,
1989) è in realtà un’evoluzione del modello di pianificazione degli anni 70, 70 che ne
utilizza i contenuti tecnici, ma ne arricchisce sia gli elementi analitico-interpretativi, sia gli
obiettivi di intervento

Alla metà degli anni ’80, infatti, irrompono sulla scena socio-economica nuovi
meccanismi di sviluppo che sottolineano la necessità di ricercare un assetto territoriale
meno legato all’urgenza dell’espansione insediativa e più finalizzato alla ricerca di
qualità infrastrutturale e ambientale.
ambientale

La riduzione dei ritmi di sviluppo residenziale, cui si è risposto, nei


decenni precedenti, con piani di lottizzazione e piani per l’edilizia
economica e popolare, l’affermazione di criteri di recupero e
riqualificazione dei centri storici e dell’edilizia esistente pongono in
evidenza i problemi urbanistici delle zone interstiziali e di
trasformazione funzionale (aree industriali dismesse, scali ferroviari)
che diventano il luogo di applicazione di una esplicita attenzione al
tema della qualità urbana e al tema delle aree di trasformazione.
trasformazione
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
una nuova generazione urbanistica: quella che segna il passaggio dalla cultura..
dell'
dell'espansione
espansione urbana
..alla cultura della trasformazione

quali sono le problematiche urbanistiche della nuova generazione ?


quali modelli di piano per rispondere alla mutata situazione ?
La situazione:
 forte processo di espulsione delle industrie e delle residenze popolari dalle
maggiori città;
 terziarizzazione più accentuata dei luoghi centrali;
 tendenziale spinta verso il terziario della grande città nel suo insieme;
 antagonismo fra servizi privati elitari e servizi sociali di massa;
 antagonismo sui fini elitari o popolari della conservazione ambientale delle zone
storiche e dei luoghi di interesse naturale;
 crescente domanda di trasporti di massa in sede propria
 resistenza alla disciplina limitativa del mezzo di trasporto individuale;
 coscienza di massa delle esigenze ecologiche;
 scarsa disponibilità ad accettare il quadro di compatibilità economiche e sociali
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delle politiche ecologiche
Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

Gli anni '80 sono anni di grandi trasformazioni:

-politiche (emergere di una nuova destra neo-liberale denominata Reaganiana e


Thatcheriana, crisi politico-economica dell'Unione Sovietica, abbattimento del muro di
Berlino);

-economiche (terziarizzazione del mondo capitalista avanzato, industrializzazione dei


paesi in via di sviluppo, accelerazione dei processi di globalizzazione);

- territoriali e ambientali (esodo residenziale dalle grandi città occidentali, crescita


urbana nei paesi meno sviluppati, deforestazione incontrollata ed aumento
dell’inquinamento).

In campo internazionale gli anni '80 sono concentrati sul dibattito relativo
all'implementazione
all' implementazione del piano ed al nesso pianificazione-
pianificazione-azione.
azione

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
La situazione:

L'enorme quantità del patrimonio edilizio prodotto fa emergere la necessità di


ridurre drasticamente il consumo di suolo agricolo da urbanizzare

la grande estensione raggiunta dalle maggiori città, stimola il recupero degli


interstizi urbani inedificati e delle zone costruite mal utilizzate,
utilizzate facendo sorgere
la controversia fra:

uno sfruttamento produttivo e sociale di tali opportunità ed


uno sfruttamento con fini puramente immobiliari differenziali

la morfologia dei tessuti urbani torna a caratterizzarsi quale elemento importante


della qualità urbana e dell'uso sociale ed economico della città

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

La situazione:

crisi diffusa della partecipazione popolare al governo delle trasformazioni


urbane (la partecipazione popolare degli anni '70 finisce spesso per scadere oggi
nel particolarismo territoriale e nel corporativismo di categoria)

la problematica produttiva (le dislocazioni occupazionali) va riferita a quadri


territoriali assai più ampi di quello comunale

le dimensioni finanziarie dei nuovi interventi strategici per le città, sia pubblici che
privati, non sono più contenute entro la grandezza locale (non sono più
sufficienti il risparmio privato e il bilancio comunale, oggi serve il capitale
finanziario e il grande investimento statale o regionale)

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

La situazione:

Il livello delle controversie urbanistiche:

nella Seconda Generazione era comunale, in un rapporto trilaterale fra


municipio, regime immobiliare e cittadini

nella Terza Generazione si sposta alla scala metropolitana, regionale e


anche nazionale, creando rapporti multilaterali che coinvolgono direttamente altre
parti sociali ed economiche, fino ad allora meno interessate alle scelte immobiliari

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
Politiche per le aree dismesse

Le aree industriali, ferroviarie, mercantili, carcerarie, etc. non più in uso costituiscono,
nel panorama europeo, l'occasione per una trasformazione qualitativa della città. città

La loro posizione centrale ne fa preferire una destinazione per nuovi giardini e parchi,
servizi sociali e culturali.

In Italia non viene colta questa occasione e prendono il sopravvento interventi


speculativi tra cui:

- Milano con le aree ex industriali dell'Alfa Romeo, della Pirelli, della Montedison;
- Torino con le aree del Lingotto, di Mirafiori e con le aree ferroviarie;
- Napoli con le aree pubbliche e private di Poggioreale, l'Ilva di Bagnoli, dei petrolieri a
Ponticelli;
- Genova con S. Benigno, Corte Lambruschini e con le proliferazioni terziarie intorno al
porto;
- Firenze con l'area Fiat di Novoli.
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

Gli anni '80 si aprono all'insegna della deregulation: interventi di trasformazione


urbana non collegati ad un adeguamento generale della disciplina urbanistica

il caso Lingotto a Torino. La Fiat bandisce infatti un concorso internazionale con
l'esplicita intenzione di valorizzare il gigantesco immobile e le aree contermini ad
usi terziari, mentre l'amministrazione comunale aveva elaborato un piano di
riequilibrio comprensoriale, con la proposta di decentramento terziario e
residenziale;

aree centrali e portuali a Genova: analogo processo di terziarizzazione

 analoga terziarizzazione centrale, a Milano: il Comune non porta una revisione


generale del piano regolatore, ma semplicemente un «Documento direttore»
destinato a collegare la nuova direzionalità alle infrastrutture per la mobilità di
massa già in fase di realizzazione

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

Queste operazioni affrontano le problematiche della trasformazione urbana in


modo simile:

 puntano in primo luogo alla terziarizzazione della città centrale;

 procedono tanto più rapidamente quanto più sono centrali le aree investite;

 riflettono una scelta di neocentralismo a favore delle metropoli e delle grandi


città, oggettivamente alternativa al rafforzamento dei sistemi regionali policentrici
che si era manifestato negli anni '70

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
Inoltre:
stimolano ulteriormente l'espulsione industriale;

 mirano al recupero degli interstizi urbani mal utilizzati con interventi tesi a
valorizzare le rendite differenziali, sollecitando le parti economiche imprenditoriali
ad iniziative esclusivamente immobiliari;

 impiegano finanziamenti pubblici e privati decisi da centri di potere che non si


confrontano con alcun livello rappresentativo istituzionale e tanto meno con
l'opinione pubblica locale;

 sono decise al di fuori da ogni quadro urbanistico generale di riferimento, sia


comunale che metropolitano e regionale;

 marginalizzano più o meno esplicitamente le problematiche sociali e ambientali;

 riducono la problematica morfologica ad un fatto di singole architetture, avulse


da ogni contesto di tessuto urbanistico.

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

In sostanza sembrano operazioni che rispondono alla logica della


deregulation urbanistica, che negli anni '80 ha investito in modo
massiccio l'edificio della riforma legislativa graduale realizzato negli anni
'60 e '70, incompleto e contraddittorio, ma complessivamente valido

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

 Esaurita la fase di espansione, inizia alla fine degli anni '70 la fase della
trasformazione per le grandi città che crescono in maniera modesta su aree
di nuova urbanizzazione.

 Per le piccole città continua a perdurare il modello espansivo mentre le


trasformazioni si concentrano solo sulle aree centrali rese disponibili

 È l'avvio della terza generazione dei piani urbanistici che caratterizzerà gli
anni '80.

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
L'urbanistica riformista aveva anticipato per prima il passaggio dalla cultura
dell'espansione a quella della trasformazione. Essa aveva:
fornito la consapevolezza che durante il periodo del boom edilizio le previsioni
dei piani dovessero calcolarsi in dimensioni fisiologiche, perché quelle
patologiche favorivano soltanto la rendita e non riducevano certo i costi delle aree
edificabili.

 ha posto per prima il problema della qualità urbana, legandolo alla diffusione
dei servizi sociali e del verde e alla difesa degli ambienti storici e naturali.

 ha sottratto la direzione dello sviluppo urbano agli interessi speculativi,


consegnandola alla comunità attraverso i “piani per l'edilizia economica e
popolare” (PEEP) e per gli “insediamenti produttivi”(PIP)

 ha infine combattuto l'espulsione dalla città delle funzioni meno vantaggiose


per la rendita - le industrie e le abitazioni più modeste - e la loro sostituzione nelle
aree centrali con le funzioni terziarie, usate non ai fini produttivi, ma per favorire
interessi speculativi.

Queste caratteristiche dell'urbanistica riformista della Seconda Generazione,


sono tutte sostanzialmente confermate dai primi piani che affrontano le 67
problematiche della trasformazione: i piani della Terza Generazione
Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
c'è un elemento sempre ricorrente che unisce questi piani: un nuovo modello di
intervento urbanistico sulla città e sul territorio
I piani della Seconda Generazione erano infatti strumenti di «azione
generalizzata» con eguale intensità su tutta l'area comunale:
comunale tendente, cioè,
a stabilire un uguale livello di controllo sull'intero processo di sviluppo.

Esistevano certo priorità, esplicite od implicite, nella realizzazione degli


obiettivi del piano; ma queste appartenevano di volta in volta a tutte le
categorie di interventi, infrastrutture e attrezzature urbane, insediamenti
residenziali e produttivi, servizi.

Nei piani della Terza Generazione non è più così


così: questi si presentano
chiaramente come strumenti di una «azione differenziata», cioè indirizzata
con intensità diseguale sui diversi contesti del territorio comunale.

I nuovi piani indicano esplicitamente quali funzioni ed aree assumeranno una


funzione strategica nella trasformazione del sistema urbano; mentre per il
rimanente tessuto, insediato e non, viene applicato un metodo di gestione
urbanistica meno apertamente mirato, non essenziale anche se omogeneo al
processo di trasformazione. 68
(Campos Venuti, 1987)

“L’urbanistica riformista, che si è diffusa specialmente in Emilia Romagna, ha anticipato


per prima il passaggio dalla cultura della espansione a quella della trasformazione.
Essa ha fornito la consapevolezza che durante il periodo del boom edilizio le previsioni
dei piani dovessero calcolarsi in dimensioni fisiologiche,
fisiologiche perchè quelle patologiche
favorivano soltanto la rendita e non riducevano di certo i costi delle aree edificabili.

Ha posto per prima il problema della qualità urbana,


urbana legandolo alla diffusione dei
servizi sociali e del verde e alla difesa degli ambienti storici e naturali.

Ha sottratto la direzione dello sviluppo urbano agli interessi speculativi,


speculativi
consegnandola alla comunità attraverso i piani per l’edilizia popolare ed economica
(PEEP) e per gli insediamenti produttivi (PIP).

Ha, infine, combattuto l’espulsione della città delle funzioni meno vantaggiose per
la rendita,
rendita, le industrie e le abitazioni più modeste – e la loro sostituzione nelle aree
centrali con le funzioni terziarie, usate non ai fini produttivi, ma per favorire interessi
speculativi.

69
(Campos Venuti, 1987)

“Queste caratteristiche dell’urbanistica riformista della Seconda Generazione, sono tutte


sostanzialmente confermate dai primi piani che affrontano le problematiche della
trasformazione urbana e che, dunque, dobbiamo necessariamente chiamare “piani
della Terza Generazione”: quale che sia la maturazione di questi piani e l’efficacia con
cui si apprestano a risolvere i problemi sul terreno”

Federico D’Ascanio (2008), “Pianificazione strategica e strutturale. Verso il nuovo piano”,


Gangemi Editore, Roma

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
Nei piani della Terza Generazione, specialmente in Emilia-Romagna, troviamo
una chiara distinzione fra

«interventi intensivi», a forte carattere di trasformazione per l'area investita


e per la città intera
le azioni intensive a forte programmaticità riguardano una modestissima
percentuale delle aree comunali (a Bologna misurano circa il 10% della
superficie urbana e negli altri casi la percentuale non è superiore);

«interventi estensivi», a dolce e graduale carattere di trasformazione,


diffusa nei tessuti più che concentrata in una sola zona
le azioni estensive riguardano la stragrande maggioranza dei suoli urbani ed
extraurbani

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
La terza generazione urbanistica
Un modello di crescita urbana non più di espansione ma di trasformazione interstiziale
(aree dismesse industriali, scali ferroviari, macelli, etc);

- Rendita differenziale;
differenziale
- Rafforzamento delle dinamiche di terziarizzazione delle aree centrali

I piani di terza generazione

-Limitazione del consumo di suolo:


suolo suoli agricoli ampiamente compromessi e periferie;

-La rilevanza della problematica ambientale:


ambientale tutela del suolo agricolo come risorsa
produttiva e ambientale;

-La domanda di mobilità pubblica;


pubblica

- La tematica morfologica
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
La rilevanza della tematica morfologica
Il passaggio dalla fase di espansione alla fase della trasformazione interna (ri)porta al
centro del dibattito disciplinare il tema della forma e della morfologia urbana:
urbana nel
piano di tradizione: indici e planivolumetrici;

-le sperimentazioni di Quaroni, Samonà, De Carlo (“un rinnovato interesse per la città
fisica”);

- piano vs progetto: la deregulation urbanistica

Una nuova forma di piano


- Piani disegnati (Secchi, Gregotti)
- Piani riformisti (Campos Venuti)
Materiali e temi comuni
- Le analisi morfologiche e la riqualificazione urbana
- Piani a “due velocità” (città esistente e trasformazione)
- Il progetto architettonico (esplorazione, esemplificazione,
suggestione, etc.)
- La scheda e il progetto norma 73
Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
I piani riformisti
La nuova forma del piano non è esito esclusivo dell’attenzione ai contenuti fisici e
morfologici ma il risultato delle nuove strategie urbanistiche. La forma urbana è definita
dal disegno strategico del piano

- La mobilità collettiva e il disegno infrastrutturale


- Integrazione tra ecologia e urbanistica
- Le trasformazioni interstiziali strategiche
- L’efficacia attuativa del piano e la questione del regime immobiliare: il meccanismo
perequativo

I piani disegnati
Il progetto di architettura svolge un ruolo centrale nella definizione della forma del piano
e nel disegno della città fisica - Centralità del progetto architettonico/urbano con
differenti funzioni (esplorazione, esemplificazione, etc)

- Nuovi materiali con un disegno fortemente iconico costituiscono elaborati di piano


- Il disegno del piano assume una immagine interpretativa e progettuale forte e
riconoscibile (Gregotti) 74
Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
La ricerca di elementi di qualità urbana e architettonica nella definizione delle
previsioni di piano è motivata anche dai risultati deludenti di molti piani di seconda
generazione che innescano un dibattito critico sul rapporto piano/attuazione, sviluppato
fino a porre in alternativa il progetto di architettura rispetto al piano urbanistico come
soluzione capace di superare lo standard quantitativo con requisiti qualitativi.
qualitativi

Gli studi per il nuovo Prg di Bologna sono il primo campo applicativo di una possibile
collaborazione tra l’urbanista e il progettista d’architettura (Campos Venuti e
Portoghesi) che per la prima volta elaborano soluzioni planivolumetriche per le aree di
trasformazione della città.

Le aree di trasformazione strategica nel contesto urbanizzato della città sono


l’elemento qualificante di un modello di pianificazione che definisce innanzi tutto il piano
direttore di un assetto territoriale articolato nei tre grandi sistemi infrastrutturale,
ambientale e insediativi, arrivando poi a identificare la città consolidata e le aree di
trasformazione su cui si opera con specifici strumenti normativi.

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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
I Piani di Terza Generazione sono basati su:
Forme di azzonamento che ai tradizionali contenuti di carattere funzionale, tipici dello
zoning di derivazione funsionalista, uniscono prescrizioni di carattere
morfologico, tipologico, ambientale

Finalizzate ad un controllo qualitativo di tipo generale e diffuso anche agli


ambiti urbani a trasformazione graduale

L’impiego degli strumenti del disegno urbano costituisce la base di ricerca di innovativi
strumenti di controllo della qualità della forma della città per aree di
trasformazione ed i sistemi di spazi urbani più importanti.

Un supporto per la ricerca di strumenti e procedure operative tese al conseguimento


di aspetti non solo morfologici e funzionali della “qualità urbana”, ma anche
economici e sociali.
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

Strumenti di controllo e coordinamento progettuale:


“disegni del suolo”
“schemi direttori”
“progetti norma”
“schede progetto”

Sono entrati a far parte degli usuali elaborati dei Piani comunali, finalizzati all’obiettivo di
un controllo dell’assetto fisico della città a più scale di intervento, e sono basati si un
uso dello strumento progettuale che,
 in alcuni casi, si limita a “sondare”, per mezzo di un progetto sperimentale, le
vocazioni della trasformazione dei luoghi, ai fini della individuazione di invarianti
progettuali irrinunciabili (strettamente connaturate ai caratteri del sito)
In altri, fornisce indicazioni generali per gli interventi
In altri, prefigura, con regole determinate ed obbligatorie, la forma degli spazi
pubblici e dei luoghi centrali più importanti
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In altri ancora, da forma ad assetti fisici ipotetici privi di valore normativo.
normativo
Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)

Le innovazioni di contenuto e programmatiche dei piani di terza generazione


sono dunque contenute in una fase di elaborazione programmatica,
programmatica preliminare alla
successiva stesura del Prg che deve comunque utilizzare le definizioni normative
e procedurali degli anni ’70.

Definizioni come:
Piano direttore, Progetto preliminare, Progetto di suolo

stanno a indicare una fase sintetica di definizione di scelte generali e di progetti di


riorganizzazione urbana,
urbana

mentre definizioni come


zone integrate di settore (Bologna 85), Progetti guida (Arezzo 85),
Aree progetto (Ancona 88), Progetti norma (Siena 88),

stanno a indicare quelle aree dove si sviluppa uno studio approfondito delle
componenti progettuali urbanistiche e architettoniche.
architettoniche
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Scheda 3 – Piani di III generazione (anni ’80)

Situazione socio-
socio-economica:
– sviluppo dell’economia verso forme di avanzata terziarizzazione nelle aree
metropolitane mature e avvio del processo di dismissione delle
aree industriale;
– affermazione dello sviluppo industriale diffuso nelle aree secondarie;
– innovazione tecnologica e infrastrutturale;
– crisi dello stato sociale-assistenziale, processo di deregulation legislativa (sentenza
5/80 della Corte costituzionale, L. 94/82 e 45/85);
condono edilizio;
– crisi dello zoning e dell’esproprio nel modello attuativo dei piani regolatori.

Obiettivi:
– miglioramento dell’infrastrutturazione territoriale (di mobilità e trasporto pubblico, di
telecomunicazioni, di supporto alla produzione
industriale in tutte le sue fasi, dalla ricerca alla commercializzazione dei prodotti);
– raggiungimento di un miglior standard di vita (impianti di depurazione, smaltimento
rifiuti, disinquinamento);
– rivalutazione degli aspetti morfologici e qualitativi degli insediamenti urbani;
– rivalutazione del ruolo degli operatori privati nell’attuazione urbanistica.

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Strumenti:
– definizione di un progetto ‘preliminare’ o ‘piano direttore’ che definisce il quadro di
insieme, talvolta anche con verifiche progettuali globali,
specie per il settore della mobilità e dell’assetto ambientale (leggi regionali o documenti
a efficacia interna);
– individuazione di ‘progetti d’area’ o ‘ambiti urbanistici di intervento’ per le aree di
intervento strategico, mentre per il restante territorio si
rimanda a una normativa puntuale di gestione del patrimonio edilizio e degli spazi non
costruiti;
– contrattazione degli interventi strategici con gli operatori privati, variante continua e
successivo ricorso ai programmi complessi (Pru e Pii);
– prime applicazioni della perequazione urbanistica.

Grado di diffusione:
– la pianificazione comunale copre ormai il 100% del territorio, ma necessita di un
aggiornamento culturale e tecnico. Le revisioni generali di
piano della terza generazione interessano prevalentemente i comuni di medie
dimensioni (Bologna, Ancona, Arezzo, Siena).
Bologna 85 Zis (Zone integrate di settore)
Arezzo 85 progetto guida
Siena 88 progetti di suolo più progetti norma;
Ancona 88 aree progetto.
80
Effetti:
– l’applicazione di un modello di gestione urbanistica basato sulla definizione di
interventi strategici lasciati alla pura contrattazione con gli operatori privati finisce col
ridurre il piano regolatore comunale ad un contenitore indifferenziato, in cui si collocano
interventi e progetti la cui coerenza non è verificata rispetto a un quadro di indirizzi
unitari: ciò si verifica soprattutto nelle grandi città che non riescono ad avviare
la revisione generale del piano, sostituita da documenti direttori ad ‘efficacia interna’ e
da una somma indiscriminata di varianti del piano (Milano),
– L’applicazione degli elementi innovativi (normativa a due velocità, maggiore attenzione
agli elementi qualitativi di progettazione urbanistica, capacità di interessi pubblici e
privati nell’attuazione, ricercando anche forme di indifferenza della proprietà privata al
regime immobiliare delle aree (perequazione urbanistica), migliora la qualità
complessiva dei piani urbanistici che riescono ad essere approvati.

Elementi di crisi:
– la necessità di redigere il piano con le normative ancora vigenti, portano a irrigidire le
scelte planivolumetriche con tempi attuativi troppo lunghi;
– la crisi dell’esproprio per pubblica utilità provoca contenziosi continui che determinano
il ricorso ai ‘programmi complessi’ in variante al Prg;
– l’esplosione dello scandalo ‘Tangentopoli’ sugli appalti mette in crisi il modello della
contrattazione mirata, poco trasparente, al di fuori di un quadro riconoscibile di obiettivi e
procedure.
81
Esperienze di piano
negli anni Ottanta

82
Il Piano Regolatore Generale di Siena
(1987--1990)
(1987

Bernardo Secchi, riequilibra di fatto la città da un punto di vista abitativo attraverso


sistemi non invasivi con interventi di ricucitura e completamento.

Il piano di Secchi puntava ad agire sulla città attraverso “progetti-norma” che, pur
rappresentando di fatto una grande innovazione, si rilevarono uno strumento di
complicata gestione
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I “nuovi” PRG: Siena

Il Piano regolatore generale del Comune di Siena è stato elaborato tra la


primavera del 1984 e il mese di gennaio del 1990.

Questo periodo può essere suddiviso in quattro grandi fasi:

la prima, dalla primavera 1984 sino al gennaio 1986, di impostazione dell'attività
di studio e progettazione;

 la seconda, dal febbraio 1986 sino alla presentazione del "Preliminare di Piano"
nel marzo 1988, a sua volta suddivisa in due periodi, l'uno prevalentemente
analitico sino all'aprile 1987 e l'altro analitico-
analitico-progettuale sino al marzo 1988;

 la terza, prevalentemente progettuale,


progettuale dall'aprile 1988 sino alla presentazione
della "Bozza di Piano" nel marzo 1989;

 la quarta, infine, di stesura definitiva del progetto di piano dall'aprile 1989 al


gennaio 1990.

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I “nuovi” PRG: Siena

I principali momenti di dibattito con gli amministratori sono stati:

 21.6.1984, presentazione della Nota metodologica per l'elaborazione del nuovo


Piano regolatore

 24.9.1985, conferimento dell'incarico a B. Secchi

 18.6.1987, presentazione del documento Temi, indirizzi e programmi per il


nuovo Piano di Siena

 10.3.1988, presentazione del Preliminare di Piano: Uno schema di Piano per


Siena

 18.4.1989, presentazione della Bozza del nuovo Piano regolatore di Siena

 14.2.1990, presentazione del Piano regolatore generale 1990

 24.7.1990, adozione in Consiglio comunale.

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I “nuovi” PRG: Siena

Il documento di piano è costituito da una relazione generale dal titolo «Un nuovo
piano per Siena» che continua la riflessione avviata dal Preliminare e dalla Bozza,
ne riprende alcuni argomenti, ne approfondisce altri, ma soprattutto dice in che
cosa consiste il tentativo di innovazione fatto con questo "progetto di piano".

Un secondo documento, «Relazioni tematiche», restituisce il senso ed il risultato


delle ricerche sulle quali si è in gran parte fondata la costruzione del piano.

Alle tavole di progetto e alle Norme tecniche, che costituiscono la parte


prescrittiva, si aggiunge il «Repertorio dei progetti», un testo ormai collaudato nei
piani che considerano il progetto come suggerimento, suggestione, atto
preliminare e necessario nel processo di costruzione del piano urbanistico.
I progetti del Repertorio di Siena passando attraverso differenti versioni sono
diventati elementi costitutivi degli schemi direttori (poi detti progetti norma).
Per questo suo carattere documentario esso si candida a diventare un archivio
aperto, ad accogliere cioè i progetti che in futuro interverranno a modificare la
città.
Del piano fa anche parte un plastico in scala 1/5.000 che, nella maniera più
immediata, consente di conoscere la portata fisica del nuovo progetto. 86
I “nuovi” PRG: Siena

Il progetto viene restituito su otto tipi di tavole che si differenziano per il tema,
quindi per i diretti destinatari e per i modi d'uso. Esse non si dispongono
gerarchicamente sicché l'una non dettaglia l'altra, né si sovrappongono
Il titolo allude al tema:
sistematicamente: gli oggetti di ciascuna tavola sono quelli pertinenti il tema e
così le scale che variano da 1/500 a 1/25.000.

"Siena e il suo territorio" (le scelte di interesse sovracomunale che costituiscono


la base per possibili protocolli di intesa)
"Il piano comunale" (le grandi parti funzionai i e le principali infrastrutture del
territorio comunale)
"La struttura del piano" (i sistemi di progetti che trasformano le relazioni nella
città e nel territorio)

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"Il progetto di suolo" (il sistema configurato degli spazi aperti di uso pubblico
e di interesse collettivo)
"Usi e modalità di intervento" (le regole diffuse di intervento nelle parti
consolidate)
"Fattibilità" (le condizioni poste dai caratteri geomorfologici del suolo perché
le scelte siano fattibili)

"Miglioramento del suolo" (le regole per l'intervento sul degrado ambientale),

"Vincoli" (le ulteriori condizioni poste da leggi nazionali e regionali vigenti)

Nelle tavole
"La struttura del piano",
"Il progetto di suolo"
" Usi e modalità di intervento"
E nei loro rapporti con le Norme
si riassumono i tratti distintivi del piano.

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Il piano di Siena 1990

Autore
B. Secchi

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LA STRUTTURA DEL PIANO
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Su "La struttura del piano" …

Nel primo caso l'attuazione sarà accelerata rispetto le procedure attuali perché
utilizza una riflessione progettuale già compiuta, della quale è già stata verificata
collettivamente la coerenza agli obiettivi generali del piano»
(45).

Nel secondo caso la procedura di attuazione sarà simile, ma non identica a


quella oggi prevista, perché nella redazione di un piano attuativo che intenda
rivedere la soluzione planivolumetrica de "La struttura del piano" dovranno
essere osservati alcuni criteri relativamente a percorsi, accessi, allineamenti,
articolazione delle funzioni, tipi edilizi, edifici o spazi da recuperare, modi di
trattare suolo e pendenze, unità di intervento.

Questi elementi condizionanti sono oggetto dei disegni bidimensionali che


corredano l'articolo delle Nta riferito a ciascun progetto norma. Il loro debole
grado di determinazione dell'assetto fisico consente un diverso sviluppo del
progetto rispetto a quello proposto su "La struttura del piano", salvaguardando
però la coerenza morfologica tra piani attuativi e piano generale.
Si tratta di una riduzione del planivolumetrico, del riconoscimento di maggiori
gradi di flessibilità, non uniformati bensì congruenti con il carattere di necessità
di ciascun progetto. Sicché i criteri da osservare possono non essere sempre tutti
o gli stessi: ciò dipende dal ruolo conferito a ciascun progetto entro la strategia
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generale del piano oltre che dalla sua specificità.
LA STRUTTURA DEL PIANO

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Su "Il progetto di suolo" sono disegnati i perimetri di tutti gli spazi aperti,
piantumati, pavimentati e comunque lavorati, di quelli di uso pubblico e di quelli
privati aventi interesse storico.

Questa tavola
si applica alle modalità di trattamento superficiale del suolo, rappresentando
visivamente le prescrizioni degli articoli delle Nta riservati alla sistemazione degli
spazi scoperti e trovando la necessaria specificazione negli abachi delle strade e
dei percorsi pedonali e ciclabili

ha un fondamentale contenuto morfologico, complementare rispetto a quello


de "La struttura del piano". Qui ci si riferisce ai vuoti prevalentemente affidati
all'intervento pubblico, là ci si riferisce ai pieni prevalentemente affidati
alI'intervento privato

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IL PROGETTO DI SUOLO
Le tavole "Usi e modalità di intervento", sono disegnate a scale diverse
per la città dentro le mura (1.500),
la città fuori le mura (1/ 2.000),
il territorio rurale (1/5.000),

Nelle tavole sono individuate attraverso perimetri e sigle le parti consolidate


(classificate in zone, aree e sottozone) per le quali il piano definisce le regole
relativamente agli usi consentiti, ai modi e strumenti di intervento

Fanno da sfondo, su queste tavole, le parti in trasformazione interessate da


schemi direttori e progetti norma

Il governo delle modificazioni diffuse, viene attentamente strutturato. Il rilievo ha


infatti consentito una minuziosa conoscenza del territorio e soprattutto il
riconoscimento di caratteri tipologici e morfologici ricorrenti ai quali riferire in
maniera sistematica le regole di intervento.

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Come parte integrante delle Nta, sono presenti "abachi" dei tipi edilizi e "guide"
per l'individuazione del reticolo strutturale e degli elementi tecno-morfologici
caratterizzanti l'edilizia storica

Negli abachi disegni, parole e numeri


concorrono a definire le regole "ordinarie"
per costruire e adeguare l'edilizia senese,
moderna e antica

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uso del suolo (estr.)

analisi della morfologia urbana (estr.)

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GLI SCHEMI DIRETTORI
Progetto di suolo (estr.)

Progetto norma (estr.) 100


101
PROGETTO NORMA

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