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Situazione socio-economica:
– crisi dell’industrializzazione nelle aree più sviluppate con allontanamento della base
produttiva e formazione della ‘Terza Italia’;
– affermazione dello stato sociale-assistenziale;
– lotta alla speculazione edilizia (contenimento insediativo, prevalenza di destinazioni
pubbliche),
– forte innovazione legislativa (L. 765/67, 865/71, 10/77, 457/78);
– ampia partecipazione dei partiti della sinistra ai governi locali (elezioni amministrative
15/5/1975).
Obiettivi:
– miglioramento della qualità della vita, espresso attraverso la diffusione dello standard
urbanistico;
– salvaguardia sociale nei centri storici, blocco della terziarizzazione;
– decentramento industriale con tutela pubblicistica delle aree dismesse, si afferma
anche la salvaguardia produttiva delle aree industriali
esistenti;
– programmazione continua del processo di trasformazione urbanistica (Ppa ex lege
10/77).
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Strumenti:
– standard urbanistici e zone omogenee ex Dm. 1444/68, con dettaglio normativo
articolato per ogni zona omogenea e per ogni specificazione
di zona (A1, A2, A3, B1, B2, B3 con relativa normativa);
– pianificazione attuativa generalizzata (Pdl ex lege 765/67, Peep ex lege 167/62 con le
modifiche ex lege 865/81, Pip ex lege 865/71);
– ricerca di strumenti di definizione intermedia tra piano generale e piani attuativi (piani
di inquadramento operativi) per i casi più complessi.
Grado di diffusione:
– differenziato tra regioni a larga diffusione (Emilia Romagna) e regioni a lenta diffusione
(Piemonte), accelerato comunque dai limiti di
edificabilità della L. 765/67 (1,5 mc/mq nel centro edificato e 0,1 mc/mq al di fuori).
Elementi di crisi:
– sopravalutazione del ruolo sociale del piano in una situazione comunque di mancanza
di strumenti operativi e di finanziamenti pubblici;
– mancata definizione di un chiaro rapporto pubblico-privato;
– trasformazione della società e dello sviluppo economico verso forme di avanzata
terziarizzazione
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
Alla metà degli anni ’80, infatti, irrompono sulla scena socio-economica nuovi
meccanismi di sviluppo che sottolineano la necessità di ricercare un assetto territoriale
meno legato all’urgenza dell’espansione insediativa e più finalizzato alla ricerca di
qualità infrastrutturale e ambientale.
ambientale
In campo internazionale gli anni '80 sono concentrati sul dibattito relativo
all'implementazione
all' implementazione del piano ed al nesso pianificazione-
pianificazione-azione.
azione
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
La situazione:
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
La situazione:
le dimensioni finanziarie dei nuovi interventi strategici per le città, sia pubblici che
privati, non sono più contenute entro la grandezza locale (non sono più
sufficienti il risparmio privato e il bilancio comunale, oggi serve il capitale
finanziario e il grande investimento statale o regionale)
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
La situazione:
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
Politiche per le aree dismesse
Le aree industriali, ferroviarie, mercantili, carcerarie, etc. non più in uso costituiscono,
nel panorama europeo, l'occasione per una trasformazione qualitativa della città. città
La loro posizione centrale ne fa preferire una destinazione per nuovi giardini e parchi,
servizi sociali e culturali.
- Milano con le aree ex industriali dell'Alfa Romeo, della Pirelli, della Montedison;
- Torino con le aree del Lingotto, di Mirafiori e con le aree ferroviarie;
- Napoli con le aree pubbliche e private di Poggioreale, l'Ilva di Bagnoli, dei petrolieri a
Ponticelli;
- Genova con S. Benigno, Corte Lambruschini e con le proliferazioni terziarie intorno al
porto;
- Firenze con l'area Fiat di Novoli.
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
il caso Lingotto a Torino. La Fiat bandisce infatti un concorso internazionale con
l'esplicita intenzione di valorizzare il gigantesco immobile e le aree contermini ad
usi terziari, mentre l'amministrazione comunale aveva elaborato un piano di
riequilibrio comprensoriale, con la proposta di decentramento terziario e
residenziale;
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
procedono tanto più rapidamente quanto più sono centrali le aree investite;
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
Inoltre:
stimolano ulteriormente l'espulsione industriale;
mirano al recupero degli interstizi urbani mal utilizzati con interventi tesi a
valorizzare le rendite differenziali, sollecitando le parti economiche imprenditoriali
ad iniziative esclusivamente immobiliari;
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
Esaurita la fase di espansione, inizia alla fine degli anni '70 la fase della
trasformazione per le grandi città che crescono in maniera modesta su aree
di nuova urbanizzazione.
È l'avvio della terza generazione dei piani urbanistici che caratterizzerà gli
anni '80.
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
L'urbanistica riformista aveva anticipato per prima il passaggio dalla cultura
dell'espansione a quella della trasformazione. Essa aveva:
fornito la consapevolezza che durante il periodo del boom edilizio le previsioni
dei piani dovessero calcolarsi in dimensioni fisiologiche, perché quelle
patologiche favorivano soltanto la rendita e non riducevano certo i costi delle aree
edificabili.
ha posto per prima il problema della qualità urbana, legandolo alla diffusione
dei servizi sociali e del verde e alla difesa degli ambienti storici e naturali.
Ha, infine, combattuto l’espulsione della città delle funzioni meno vantaggiose per
la rendita,
rendita, le industrie e le abitazioni più modeste – e la loro sostituzione nelle aree
centrali con le funzioni terziarie, usate non ai fini produttivi, ma per favorire interessi
speculativi.
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(Campos Venuti, 1987)
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
Nei piani della Terza Generazione, specialmente in Emilia-Romagna, troviamo
una chiara distinzione fra
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
La terza generazione urbanistica
Un modello di crescita urbana non più di espansione ma di trasformazione interstiziale
(aree dismesse industriali, scali ferroviari, macelli, etc);
- Rendita differenziale;
differenziale
- Rafforzamento delle dinamiche di terziarizzazione delle aree centrali
- La tematica morfologica
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
La rilevanza della tematica morfologica
Il passaggio dalla fase di espansione alla fase della trasformazione interna (ri)porta al
centro del dibattito disciplinare il tema della forma e della morfologia urbana:
urbana nel
piano di tradizione: indici e planivolumetrici;
-le sperimentazioni di Quaroni, Samonà, De Carlo (“un rinnovato interesse per la città
fisica”);
I piani disegnati
Il progetto di architettura svolge un ruolo centrale nella definizione della forma del piano
e nel disegno della città fisica - Centralità del progetto architettonico/urbano con
differenti funzioni (esplorazione, esemplificazione, etc)
Gli studi per il nuovo Prg di Bologna sono il primo campo applicativo di una possibile
collaborazione tra l’urbanista e il progettista d’architettura (Campos Venuti e
Portoghesi) che per la prima volta elaborano soluzioni planivolumetriche per le aree di
trasformazione della città.
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Gli anni ‘80 e la pianificazione come politica
I piani della Terza Generazione (anni 80)
I Piani di Terza Generazione sono basati su:
Forme di azzonamento che ai tradizionali contenuti di carattere funzionale, tipici dello
zoning di derivazione funsionalista, uniscono prescrizioni di carattere
morfologico, tipologico, ambientale
L’impiego degli strumenti del disegno urbano costituisce la base di ricerca di innovativi
strumenti di controllo della qualità della forma della città per aree di
trasformazione ed i sistemi di spazi urbani più importanti.
Sono entrati a far parte degli usuali elaborati dei Piani comunali, finalizzati all’obiettivo di
un controllo dell’assetto fisico della città a più scale di intervento, e sono basati si un
uso dello strumento progettuale che,
in alcuni casi, si limita a “sondare”, per mezzo di un progetto sperimentale, le
vocazioni della trasformazione dei luoghi, ai fini della individuazione di invarianti
progettuali irrinunciabili (strettamente connaturate ai caratteri del sito)
In altri, fornisce indicazioni generali per gli interventi
In altri, prefigura, con regole determinate ed obbligatorie, la forma degli spazi
pubblici e dei luoghi centrali più importanti
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In altri ancora, da forma ad assetti fisici ipotetici privi di valore normativo.
normativo
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I piani della Terza Generazione (anni 80)
Definizioni come:
Piano direttore, Progetto preliminare, Progetto di suolo
stanno a indicare quelle aree dove si sviluppa uno studio approfondito delle
componenti progettuali urbanistiche e architettoniche.
architettoniche
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Scheda 3 – Piani di III generazione (anni ’80)
Situazione socio-
socio-economica:
– sviluppo dell’economia verso forme di avanzata terziarizzazione nelle aree
metropolitane mature e avvio del processo di dismissione delle
aree industriale;
– affermazione dello sviluppo industriale diffuso nelle aree secondarie;
– innovazione tecnologica e infrastrutturale;
– crisi dello stato sociale-assistenziale, processo di deregulation legislativa (sentenza
5/80 della Corte costituzionale, L. 94/82 e 45/85);
condono edilizio;
– crisi dello zoning e dell’esproprio nel modello attuativo dei piani regolatori.
Obiettivi:
– miglioramento dell’infrastrutturazione territoriale (di mobilità e trasporto pubblico, di
telecomunicazioni, di supporto alla produzione
industriale in tutte le sue fasi, dalla ricerca alla commercializzazione dei prodotti);
– raggiungimento di un miglior standard di vita (impianti di depurazione, smaltimento
rifiuti, disinquinamento);
– rivalutazione degli aspetti morfologici e qualitativi degli insediamenti urbani;
– rivalutazione del ruolo degli operatori privati nell’attuazione urbanistica.
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Strumenti:
– definizione di un progetto ‘preliminare’ o ‘piano direttore’ che definisce il quadro di
insieme, talvolta anche con verifiche progettuali globali,
specie per il settore della mobilità e dell’assetto ambientale (leggi regionali o documenti
a efficacia interna);
– individuazione di ‘progetti d’area’ o ‘ambiti urbanistici di intervento’ per le aree di
intervento strategico, mentre per il restante territorio si
rimanda a una normativa puntuale di gestione del patrimonio edilizio e degli spazi non
costruiti;
– contrattazione degli interventi strategici con gli operatori privati, variante continua e
successivo ricorso ai programmi complessi (Pru e Pii);
– prime applicazioni della perequazione urbanistica.
Grado di diffusione:
– la pianificazione comunale copre ormai il 100% del territorio, ma necessita di un
aggiornamento culturale e tecnico. Le revisioni generali di
piano della terza generazione interessano prevalentemente i comuni di medie
dimensioni (Bologna, Ancona, Arezzo, Siena).
Bologna 85 Zis (Zone integrate di settore)
Arezzo 85 progetto guida
Siena 88 progetti di suolo più progetti norma;
Ancona 88 aree progetto.
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Effetti:
– l’applicazione di un modello di gestione urbanistica basato sulla definizione di
interventi strategici lasciati alla pura contrattazione con gli operatori privati finisce col
ridurre il piano regolatore comunale ad un contenitore indifferenziato, in cui si collocano
interventi e progetti la cui coerenza non è verificata rispetto a un quadro di indirizzi
unitari: ciò si verifica soprattutto nelle grandi città che non riescono ad avviare
la revisione generale del piano, sostituita da documenti direttori ad ‘efficacia interna’ e
da una somma indiscriminata di varianti del piano (Milano),
– L’applicazione degli elementi innovativi (normativa a due velocità, maggiore attenzione
agli elementi qualitativi di progettazione urbanistica, capacità di interessi pubblici e
privati nell’attuazione, ricercando anche forme di indifferenza della proprietà privata al
regime immobiliare delle aree (perequazione urbanistica), migliora la qualità
complessiva dei piani urbanistici che riescono ad essere approvati.
Elementi di crisi:
– la necessità di redigere il piano con le normative ancora vigenti, portano a irrigidire le
scelte planivolumetriche con tempi attuativi troppo lunghi;
– la crisi dell’esproprio per pubblica utilità provoca contenziosi continui che determinano
il ricorso ai ‘programmi complessi’ in variante al Prg;
– l’esplosione dello scandalo ‘Tangentopoli’ sugli appalti mette in crisi il modello della
contrattazione mirata, poco trasparente, al di fuori di un quadro riconoscibile di obiettivi e
procedure.
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Esperienze di piano
negli anni Ottanta
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Il Piano Regolatore Generale di Siena
(1987--1990)
(1987
Il piano di Secchi puntava ad agire sulla città attraverso “progetti-norma” che, pur
rappresentando di fatto una grande innovazione, si rilevarono uno strumento di
complicata gestione
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I “nuovi” PRG: Siena
la prima, dalla primavera 1984 sino al gennaio 1986, di impostazione dell'attività
di studio e progettazione;
la seconda, dal febbraio 1986 sino alla presentazione del "Preliminare di Piano"
nel marzo 1988, a sua volta suddivisa in due periodi, l'uno prevalentemente
analitico sino all'aprile 1987 e l'altro analitico-
analitico-progettuale sino al marzo 1988;
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I “nuovi” PRG: Siena
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I “nuovi” PRG: Siena
Il documento di piano è costituito da una relazione generale dal titolo «Un nuovo
piano per Siena» che continua la riflessione avviata dal Preliminare e dalla Bozza,
ne riprende alcuni argomenti, ne approfondisce altri, ma soprattutto dice in che
cosa consiste il tentativo di innovazione fatto con questo "progetto di piano".
Il progetto viene restituito su otto tipi di tavole che si differenziano per il tema,
quindi per i diretti destinatari e per i modi d'uso. Esse non si dispongono
gerarchicamente sicché l'una non dettaglia l'altra, né si sovrappongono
Il titolo allude al tema:
sistematicamente: gli oggetti di ciascuna tavola sono quelli pertinenti il tema e
così le scale che variano da 1/500 a 1/25.000.
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"Il progetto di suolo" (il sistema configurato degli spazi aperti di uso pubblico
e di interesse collettivo)
"Usi e modalità di intervento" (le regole diffuse di intervento nelle parti
consolidate)
"Fattibilità" (le condizioni poste dai caratteri geomorfologici del suolo perché
le scelte siano fattibili)
"Miglioramento del suolo" (le regole per l'intervento sul degrado ambientale),
Nelle tavole
"La struttura del piano",
"Il progetto di suolo"
" Usi e modalità di intervento"
E nei loro rapporti con le Norme
si riassumono i tratti distintivi del piano.
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Il piano di Siena 1990
Autore
B. Secchi
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LA STRUTTURA DEL PIANO
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Su "La struttura del piano" …
Nel primo caso l'attuazione sarà accelerata rispetto le procedure attuali perché
utilizza una riflessione progettuale già compiuta, della quale è già stata verificata
collettivamente la coerenza agli obiettivi generali del piano»
(45).
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Su "Il progetto di suolo" sono disegnati i perimetri di tutti gli spazi aperti,
piantumati, pavimentati e comunque lavorati, di quelli di uso pubblico e di quelli
privati aventi interesse storico.
Questa tavola
si applica alle modalità di trattamento superficiale del suolo, rappresentando
visivamente le prescrizioni degli articoli delle Nta riservati alla sistemazione degli
spazi scoperti e trovando la necessaria specificazione negli abachi delle strade e
dei percorsi pedonali e ciclabili
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IL PROGETTO DI SUOLO
Le tavole "Usi e modalità di intervento", sono disegnate a scale diverse
per la città dentro le mura (1.500),
la città fuori le mura (1/ 2.000),
il territorio rurale (1/5.000),
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Come parte integrante delle Nta, sono presenti "abachi" dei tipi edilizi e "guide"
per l'individuazione del reticolo strutturale e degli elementi tecno-morfologici
caratterizzanti l'edilizia storica
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uso del suolo (estr.)
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GLI SCHEMI DIRETTORI
Progetto di suolo (estr.)