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P.

Mar anesi
Gli inizi determinano e caratterizzano in anticipo gli sviluppi di una sto-
ria. Ed è per questo che normalmente i racconti sulla conversione hanno
così tanta importanza nella storia globale di un santo. Nel presente volu-
me, l’Autore ha voluto interrogare le Fonti che riferiscono su Francesco
di Assisi per ripercorrere il racconto della conversione.
I testi, infatti, non sembrano concordare: secondo il racconto autobiogra-
fico proposto da Francesco stesso nel Testamento, la sua vita cambiò grazie
all’incontro con i lebbrosi con i quali “fece misericordia”, mentre per le
biografie l’evento è da legare essenzialmente all’incontro mistico con la
croce di San Damiano.
In questo lavoro, l’Autore ha tentato di esaminare i testi, sviluppando su Pietro Mar anesi

FACERE MISERICORDIAM
di essi un’analisi di tipo strettamente esegetico, per rintracciare e deter-
minare le loro dinamiche narrative, così da stabilire non tanto la verità
dei fatti, ma le intenzioni autobiografiche e agiografiche dei racconti.
Rivolgendosi non solo agli specialisti di studi francescani, ma anche a
coloro che vogliono confrontarsi con serietà con le fonti su Francesco,
il presente lavoro mira a far nascere un rinnovato dibattito sul Santo di
Assisi.
FACERE

In copertina: GIOTTO, La visione del carro di fuoco (part.), Basilica superiore di San Francesco, Assisi.
Nato nel 1960, Pietro Maranesi, sacerdote dell’Ordine dei frati minori cappuc-
MISERICORDIAM
cini, si è laureato in dogmatica nel 1992 presso l’università Gregoriana con
una tesi di dottorato su Bonaventura da Bagnoregio. Impegnato attualmente La conversione di Francesco d’Assisi:
nell’insegnamento in tre facoltà teologiche (Roma, Assisi, Ancona) con corsi
sulla teologia francescana e anche attivo come vicemaestro dei postnovizi ad confronto critico tra
Assisi, ha pubblicato lavori di teologia medievale (Verbum inspiratum, Roma
1996), di storia francescana (Nescientes litteras, Roma 2000) e diversi studi su il Testamento e le Biografie
Francesco di Assisi.

€ 35,00

porziuncola

Copertina.indd 1 11-01-2007 16:25:24


INTRODUZIONE

Il concepimento e la gestazione delle due parti di questo volume hanno avuto una
lunga e distinta storia. La prima di esse ha preso vita più di dieci anni fa, quando nel 1996
il mio amico Robert Stewart (per tutti coloro che lo conoscevano semplicemente Bob), un
frate minore americano1, ebbe il suo incontro con “fratello cancro”, che lo condusse alla
morte nel 20012. Spesso in quegli anni, parlando della sua malattia, siamo ritornati a
Francesco di Assisi e alla scoperta da lui fatta del volto del Signore nei lebbrosi; il
tumore, che lo obbligò a subire tre gravi e devastanti interventi chirurgici nei cinque anni
di malattia, è stato per Bob come l’incontro improvviso e imprevisto con il volto
deturpato e contagioso dei lebbrosi per Francesco: nel tumore, il mio amico ha incontrato
progressivamente un “fratello” che l’ha condotto alla scoperta della vera vita,
trasformando ciò che all’inizio era amaro in dolcezza dell’anima e del corpo3. In qualche
modo, dunque, Bob mi ha aiutato a far caso ai primi versetti del Testamento di Francesco,
un testo tante volte letto, ma forse un po’ ignorato nella sua forza interna. La sua
esperienza personale di sofferenza offriva al mio amico una consonanza particolare con
quel testo di Francesco, un’intuizione spirituale e intellettuale che mi ha trasmesso,
permettendomi di iniziare a lavorare, a più riprese e in diversi contesti, sul breve racconto
posto dal Santo all’inizio della sua sintetica autobiografia4. La prima parte del presente
volume può essere considerata l’ultimo sviluppo dell’incontro con un testo, mediato da

1
Laureato in teologia con un lavoro sulla regola del Terz’ordine francescano dal titolo De illis
qui faciunt penitentiam. The Role of the Secular Franciscan Order: Origins, Development,
Interpretation (Bibliotheca seraphico-capuccina, 39), Roma 1991; fino a ridosso della sua morte, Robert
Stewart è stato anche professore di francescanesimo e teologia alla Saint Bonaventure University.
2
L’esperienza di fede con cui questo testimone di vita cristiana e francescana ha vissuto la sua
malattia è raccontata nel suo libro autobiografico, scritto un anno prima della morte, dove, partendo
dalla vicenda di Francesco raccontata da Bonaventura, Bob ha ripercorso i momenti salienti dei suoi
anni di sofferenza: Making Peace with Cancer. A franciscan Journey, New York 2001; il volumetto è
stato tradotto anche in italiano: Fratello cancro. Un percorso francescano dentro la sofferenza.
Introduzione di Pietro Maranesi. Prefazione di Regis A. Duffy, Padova 2003.
3
Nel terzo capitolo, intitolato “Abbozzo di scena”, Bob, partendo dal racconto di Bonaventura
dell’incontro di Francesco con il lebbroso, ricorda l’importanza per la comprensione/accettazione della
propria malattia dell’esperienza avuta dal Santo di Assisi; mi piace citare qualche passaggio di queste
pagine: “L’incontro di Francesco con il lebbroso giocò un ruolo importante nel suo viaggio. Infatti,
l’evento fu così fondamentale per lui che egli comincia il suo Testamento con la rievocazione di come
ebbe inizio la sua conversione. Lui ne uscì con un nuovo modo di vedere, con un fermo proposito e una
direzione più chiara. L’abbraccio del lebbroso da parte di Francesco, che è sempre stato significativo e
centrale nella mia vita, in tempi più recenti ha interpellato il mio cuore nel profondo. La prima
iconografia francescana conserva non questo incontro con il lebbroso, ma Francesco che riceve le
stigmate. Tuttavia, egli cita questo incontro umano concreto, piuttosto che un’esperienza mistica, come
se avesse maggior significato nell’inizio della sua conversione. L’incontro con il lebbroso avrebbe
colorato il resto della sua vita in quanto egli continuò a cercare Dio, a rincorrere il Signore. Ma per
quanto questa esperienza sia stata per Francesco tanto forte a posteriori, egli non ne comprese
immediatamente il significato e le conseguenze. Quanto a me, l’intuito di Francesco ha cominciato ad
aver senso. Attraverso la sofferenza, ho iniziato ad assaporare questo mistero. E’ frustrante il fatto che
abbia impiegato tanto tempo, che ci sia stato bisogno del cancro per farmi vedere più chiaramente. Ma
quando sono arrivato a conoscere meglio Dio attraverso di esso, ciò mi ha aiutato a comprendere
l’esperienza di Francesco e come, o perché egli poté abbracciare la sofferenza. Tuttavia, io ho solo
iniziato a comprendere, spesso ancora combatto per abbracciare la sofferenza come fece Francesco”
(ivi, 40-41).
4
Un momento d’arrivo in questa elaborazione è stato il mio articolo Facere misericordiam. La
conversione di Francesco secondo il Testamento, in Fr. Franc. 69 (2003) 91-125.
Introduzione 2

un mio fratello e amico, nel quale ho trovato, come si dirà ampliamente, il centro
nevralgico e il seme originario dell’esperienza di Francesco.
La seconda parte, invece, è nata in qualche modo a conseguenza di questa
scoperta. Il valore risolutivo assegnato da frate Francesco alla sua esperienza con i
lebbrosi mi ha fatto notare, per contrasto, un’assoluta particolarità presente nel “primo
film” girato sul Santo. Mi trovavo, infatti, nella basilica superiore di San Francesco e
scorrevo i vari fotogrammi dipinti da Giotto (e/o dalla sua scuola) nell’illustrare la
vicenda del Santo di Assisi; nel rivedere quelle immagini tanto famose quanto belle, mi
ha colpito qualcosa che non avevo mai notato: l’assenza totale di ogni riferimento ai
lebbrosi da parte di Giotto nel raccontare i fatti che condussero Francesco alla
conversione. Nel suo grande ciclo pittorico del 1296-1300, il pittore fiorentino sceglie
sette episodi riguardanti il periodo della conversione5, ma tra essi non compare quello dei
lebbrosi. Come era possibile che proprio l’unico evento riportato da Francesco stesso nel
raccontare la sua conversione non fosse presente nel “film” di Giotto? E’ chiaro che il
pittore non poteva riproporre dettagliatamente tutte le vicende legate alla conversione;
tuttavia, mi colpiva la scelta di tralasciare proprio l’evento che per Francesco, invece,
costituiva l’accadimento centrale della sua trasformazione. Anzi, stimolato da questa
sorprendente notazione, ho voluto controllare se tale assenza fosse un’eccezione nelle
fonti iconografiche del tempo e, con mia sorpresa, è emerso che la raffigurazione
dell’episodio dei lebbrosi fosse praticamente ignorata6. La soluzione per una possibile
comprensione della “sorprendente” dimenticanza presente in Giotto doveva essere trovata
nelle biografie di Francesco. Era in quegli scritti che il pittore aveva sicuramente attinto i
passaggi principali della sua narrazione ed era all’interno di quella testualità che dovevo
ritornare per capire la scomparsa dei lebbrosi nel tessuto della conversione giottesca.
L’ipotesi di porre in connessione i due ambiti di osservazione, facendone due
parti del lavoro, è stata il principio organizzativo che ha fatto nascere l’idea generale della
presente indagine. Nel progetto generale, si è voluto effettuare un lavoro di confronto tra
il breve testo in cui Francesco racconta l’essenziale della sua conversione e la
riproposizione fatta di questo periodo di vita del Santo da parte dei primi biografi,
chiedendo a questi, in particolare, quale è la posizione e il ruolo da essi assegnato
all’evento dei lebbrosi all’interno del processo di conversione del giovane. Dunque, nei
suoi obbiettivi fondamentali, l’indagine riguarda indubbiamente un passaggio storico e
fattuale vissuto da un uomo nel lontano 1206-7 in Assisi, nel suo incontrarsi con il
mistero di Dio. Sia nella fonte autobiografica che in quelle dei primi agiografi, al centro
vi è il racconto di questa esperienza religiosa, quale evento risolutivo e organizzativo
dell’intera esistenza del Santo. Il contenuto specifico degli eventi narrati obbliga a
distinguere due ambiti nell’indagine da svolgere sulle nostre fonti: innanzitutto il
momento storico degli eventi nel loro puro accadere e, nel contempo, il suo contenuto
teologico in quanto esperienza di Dio. Il nostro lavoro sarà teso, dunque, tra due campi
d’analisi: quello storico e quello teologico-spirituale. Dovremo chiedere alle fonti quali
sono stati gli eventi alla base della conversione del giovane e in essi, mediante la teologia
spirituale, effettuare una riflessione sul “vissuto soggettivo di fede” avuto da Francesco
5
L’omaggio di un uomo semplice, il dono del mantello ad un povero cavaliere, il sogno delle
armi in un palazzo e la preghiera davanti al crocifisso di San Damiano, la rinuncia ai beni nella piazza
di Assisi, il sogno di Innocenzo III e la conferma della Regola.
6
Su questo cf. R. Cobianchi, “...Come vero amante dell’umiltà perfetta...”: assistenza ai
lebbrosi nell’iconografia francescana (XIII-XIV secolo), in Armut und Armenfürsorge in der
italienischen Stadtkultur zwischen 13. und 16. Jahrhundert. Bilder, Text und soziale Praktiken
(Inklusion/Exklusion, 2), Frankufurt am Main 2006, 55-67, con una serie di tavole illustrate alle pagine
402-435. Su questo studio ritorneremo ancora, per farci aiutare nella conclusione da tirare sull’indagine
testuale.
Introduzione 3

nell’esperienza personale di Dio7. In qualche modo, potremmo dire che l’evento


biografico è per noi interessante non in se stesso, come potrebbe esserlo per un
personaggio qualunque della storia, ma in quanto rinvia ad una vicenda “teologica”, cioè
in quanto racconta l’esperienza di Dio avuta da Francesco nella sua conversione.
E’ chiaro che le conclusioni da trarre dallo studio della relazione tra fatti storici e
“vissuto di fede” presenti nelle due serie di fonti dipenderanno principalmente da due
punti di riferimento iniziali: il carattere delle fonti e il metodo della loro analisi.
Circa il primo presupposto, quello riguardante la natura delle fonti, vanno fatte
alcune brevissime premesse. Il Testamento costituisce un testo con dei contenuti
chiaramente autobiografici, dove Francesco parla di sé ai suoi frati. Esso è un testo
indubbiamente molto speciale, dove l’unicità dell’autore va connessa alla particolarità
degli scopi perseguiti con le sue memorie. Pur rinviando alle pagine seguenti un
approfondimento di questo genere letterario, bisogna subito riconoscere, dunque, che il
valore storiografico della memoria autobiografica di Francesco è da valutare e da
connettere con il contesto storico da cui nasce. Le memorie del Santo e il suo modo di
raccontarle sono condizionate/favorite dall’obbiettivo del suo scrivere: rivolgersi ai suoi
frati per esortarli/obbligarli a scelte tanto difficili quanto dibattute8. Le sue, dunque, non
sono memorie puramente storiche ma memorie soprattutto ammonitive, un presupposto
che condiziona non solo il contenuto ma anche la forma del racconto autobiografico
proposto da Francesco. Bisognerà, quindi, tener presente questa particolare natura
narrativa per muoversi con correttezza nell’intreccio tra i fatti storici e la loro narrazione
testamentaria.
Nel secondo blocco di testi, cioè le biografie, si è di fronte ad una serie di
racconti la cui origine cronologica, il cui contesto storico, i cui obbiettivi sono tra loro
spesso diversi e, nello stesso tempo, accomunati e riuniti all’interno dell’unico genere
letterario che è quello dell’agiografia medievale9 e in specifico francescana10. In essa, si
tratta innanzitutto di magnificare Francesco in quanto “Santo”, non solo, però,
proponendolo ad esempio di vita con scopi devozionali, ma utilizzando la sua memoria
per obbiettivi apologetici e anche polemici. Nei nostri testi, indubbiamente, “la santità
oscura l’umanità”11; il processo narrativo, cioè, non è guidato dal problema storico
dell’uomo Francesco ma dalla preoccupazione di mostrare/dimostrare la sua santità. Il
santo è colui che, grazie ad una vita fatta di desiderio e di ascesi per giungere al contatto
con Dio (preghiera e penitenza), ha partecipato in modo unico alla sua Santità (i fatti
eccezionali della rivelazione di Dio) e ne ha ricevuto parte delle sue prerogative

7
Rinviamo al breve ma illuminante studio di C. Vaiani, Teologia e fonti francescane
(Presenza di san Francesco, 46), Milano 2006, in particolare le pagine dedicate alla domanda “Cos’è la
teologia spirituale” (10-16). Nella sua globalità il volumetto costituisce un apprezzabile tentativo di
metodologia nell’indagine critica delle fonti francescane, pagine semplici ma anche illuminanti sulle
questioni riguardandti l’approccio corretto ai testi. Oltre a trovarmi spesso in sintonia con le proposte ivi
avanzate, ho attinto, più di una volta, dal lavoro di Vaiani i punti di riferimento nelle mie analisi finali.
8
In qualche modo, si è d’accordo con J. Dalarun quando osserva che “l’autobiografia è
riscrittura, cioè scrittura di una vita tanto quanto la biografia” (“Postfazione, in F. Accrocca, Francesco
e le sue immagini, Padova 1997, 251).
9
Si tenga presente il lavoro fondamentale di R. Grégoire, Manuale di Agiologia. Introduzione
alla letteratura agiografica (Biblioteca Montisfani, 12), Fabriano 1987.
10
Su tutta la questione si vedano le pagine introduttive di F. Uribe, Introduzione alle fonti
agiografiche di san Francesco e santa Chiara d’Assisi (sec. XIII-XIV), Assisi 2002, 34-53. Per
un’analisi centrata più specificatamente sull’agiografia francescana si vedano le osservazioni di E.
Menestò, Vite dei santi e processi di canonizzazione come proposta di un modello di santità, in Dalla
“sequela Christi” di Francesco d’Assisi all’apologia della povertà. Atti del XVIII convegno
internazionale. Assisi 18-20 ottobre 1990 (SISF XVIII), Spoleto 1992, 175-201.
11
F. Uribe, Introduzione, 37.
Introduzione 4

meravigliose (la potenza dei miracoli). Dunque, la storia singolare e puntuale di


Francesco è riletta all’interno di una precisa e precostituita griglia narrativa. Più che
biografie, i nostri testi sono agiografie o, meglio ancora, “bio-agiografie”12. La questione
legata a queste opere, allora, riguarda la difficile relazione tra la storia effettiva dei fatti
del Santo e la loro rielaborazione agiografica, per comprendere quanto la seconda
trasformi e sformi la prima13. A questo ambito oggettivo, connesso al genere letterario, si
aggiunge la storia personale e il contesto storico preciso in cui i singoli agiografi scrivono
i loro testi. I nostri autori, infatti, non indirizzano le loro opere ai soli cristiani per favorire
la devozione nei riguardi del Santo di Assisi, ma anche, e in certi casi soprattutto, ai frati
dell’Ordine minoritico. Ed è con i problemi e le tensioni che animavano l’Ordine nel suo
desiderio/difficoltà di fedeltà e imitazione di Francesco che si vogliono confrontare gli
agiografi14. Nelle leggende francescane, non vi sono, dunque, solo obbiettivi agiografici
ma anche apologetici e polemici, la cui individuazione aiuterebbe nell’apertura del testo
narrativo su Francesco.
La diversità non solo della natura delle due fonti che raccontano degli eventi della
conversione (da una parte il Testamento e dall’altra le Legendae), ma anche dei contenuti
da esse trasmessi su questo evento rende il loro utilizzo alquanto problematico e,
soprattutto, obbliga ad un metodo di analisi il più possibile attento ed efficace per
giungere a dei risultati storici e teologici attendibili e significativi. Siamo, dunque,
all’interno, in qualche modo, dell’ampio e intricato campo della “questione francescana”,
cioè della discussione sulla possibilità di giungere al Francesco della storia
distinguendolo (liberandolo) da quello del racconto agiografico15. Non vorrei, però,
entrare in questo spazio cadendo dentro l’influsso di quel “cerchio magico”16, non
semplicemente perché anch’io mi sento un “grande principiante”17, ma perché bisogna
forse superare quella che qualcuno, già nel lontano 1973, definiva “une maladie de

12
Per comodità, tuttavia, utilizzeremo il termine “biografie” e “agiografie” in modo
interscambiabile.
13
Su questo ambito si vedano le stimolanti osservazioni sulla particolare natura del testo
agiografico proposte da G.P. Caprettini - G. Magliano - A. Salassa, Agiografia francescana fra storia e
semiotica. Proposte metodologiche e analisi di un testo, in Laur. 29 (1988) 496-533, dove, all’inizio,
viene ricordato che una leggenda sui santi si pone “all’incrocio tra la memoria del genere e il singolo
evento di santità che è storia della singolarità e dell’irriducibilità” (499) con una conseguente e
necessaria “attività ‘deformante’ della biografia del santo” (501). Per l’approccio storico-critico
riguardo alle agiografie francescane nel loro rapporto tra agiografia e storia si vedano anche le
interessanti e impegnative pagine di R. Michetti, La “Vita beati Francisci” di Tommaso da Celano:
storia di un’agiografia medievale, in Franc. 1 (1999) 223-235.
14
Riprendendo quanto osservato dal lavoro sopra citato, si tratterà “di riconoscere nella
Legenda sia ciò che è frutto della particolare storia personale dell’agiografo, sia ciò che dipende dagli
orizzonti e dalle strutture dell’immaginario sociale che lo scrittore sacro condivide con i destinatari del
testo” (Agiografia francescana, 501).
15
Tra l’abbondante bibliografia in proposito occorre rinviare innanzitutto al volume La
“questione francescana” dal Sabatier ad oggi. Atti del I convegno internazionale. Assisi 18-20 ottobre
1973 (SISF, I), Assisi 1974. Una ripresa sistematica del processo storico è offerta da E. Menestò, La
“questione francescana” come problema filologico, in Francesco d’Assisi e il primo secolo di storia
francescana (Biblioteca Einaudi, 1), Torino 1997, 117-143; si veda anche la rilettura più scolastica di F.
Uribe, Introduzione, 5-34 e infine l’ampia e accurata disamina storica proposta da R. Michetti sulla
storiografia dell’ultimo secolo circa la Vita prima di Celano, dove ripercorre indirettamente anche le
tappe della discussione sulla questione francescana (cf. La “Vita beati Francisci”, 123-223).
16
Secondo la felice espressione utilizzata da J. Dalarun nel ricostruire il processo evolutivo
della discussione (cf. La Malavventura di Francesco d’Assisi. Per un processo storico delle leggende
francescane [Fonti e ricerche, 10], Milano 1996, 13-39).
17
Così si definisce J. Dalarun affrontando “Il cerchio magico della questione francescana” (ivi,
18).
Introduzione 5

l’histoire”18. E sono d’accordo sostanzialmente con Michetti quando sostiene che tale
questione “ha perso negli anni molto del suo interesse e della sua urgenza scientifica”19.
Insomma, non si tratterà di trovare le pepite d’oro dei fatti veramente accaduti a
Francesco nella sua conversione, liberandoli dalle scorie dei racconti autobiografici e
agiografici, ma di ascoltare i testi chiedendo loro come raccontano i fatti e perché li
raccontano in quel modo. Una scelta di campo che introduce, di conseguenza, la
questione del metodo da adottare.
La prima opzione metodologica nello studio delle fonti è la loro distinzione e
separazione nella lettura. Forse racconteranno la stessa vicenda, ma indubbiamente
partono da prospettive diverse e non le si può utilizzare in modo interscambiabile o
combinatorio per ricostruire l’evento20. La distinzione delle fonti è accompagnata anche
ad un altro importante presupposto: al Testamento occorre assegnare un valore di
riferimento storico e teologico di maggior valore che agli scritti agiografici. Nonostante la
particolare natura del suo genere letterario, il Testamento rappresenta il testo di
riferimento iniziale e principale per accedere alla vicenda di Francesco21: è da esso che
occorre partire per valutare le fonti agiografiche e non viceversa. Nello stesso tempo,
però, non si vuole cadere nel rischio inverso, dominante nel secolo scorso, di
assolutizzare gli scritti di Francesco senza connetterli alle biografie22. I due ambiti di fonti
giocano indubbiamente ruoli diversi e hanno diverso valore nel ricostruire la vicenda del
Santo e, dunque, vanno distinti senza essere, tuttavia, posti a contrasto o in concorrenza;
essi, però, debbono essere ascoltati insieme, nella certezza che la loro vicinanza
comunicherà notizie complementari della vicenda storico-teologica di Francesco.
A questi presupposti generali, vanno collegate le questioni più specifiche sul
metodo, che dovrà essere adeguato e, dunque, anche diverso per i due generi di fonti, al
fine di poter assicurare una loro analisi il più possibile corretta. Riguardo al Testamento
di Francesco, doppio sarà l’approccio che dovrà essere applicato: sia di tipo storico-
critico che di tipo strutturale-analitico. Nel primo capitolo, i due metodi saranno alla base
dei due rispettivi paragrafi interni: innanzitutto, mediante il metodo storico-critico, si
tenterà di ricostruire l’ambiente nel quale nasce il breve scritto, cioè il suo contesto vitale
18
Espressione usata da G. Philippart nel suo intervento a conclusione del convegno La
“questione francescana”, 239.
19
R. Michetti, Gli studi francescani: un contributo per la storia, in Fr. Franc. 72 (2006) 350,
dove tra l’altro aggiunge: “Nel trentennio successivo [cioè dopo il 1973, anno del convegno sulla
“Questione francescana”], che si protrae fino a questi ultimi anni “la questione francescana” se non è
già deceduta per l’età ultracentenaria, dopo aver varcato la soglia di un secolo di studi, certamente è
molto invecchiata ed è stata accantonata a riposo in qualche tranquillo ospizio in cui sono ricoverate le
tante “questioni” che hanno attraversato la storia, dove solo raramente riceve la visita di qualche
giovane e volenteroso studioso, mosso dall’intento di rianimarla” (350).
20
Con puntualità ed efficacia anche C. Vaiani richiama al rischio di una “Lettura concordista
delle fonti” (Teologia e fonti francescane, 56-59).
21
A questo giudizio di valore storico risolutivo da assegnare all’ultimo scritto di Francesco ha
contribuito anche G. Miccoli, per il quale “il Testamento resta effettivamente il testo base, mai troppo
sopravvalutato, dal quale si deve partire per studiare e capire le caratteristiche e le motivazioni con cui
Francesco soggettivamente pensò e visse la propria esperienza religiosa di conversione e di vita; senza
sottrarlo al momento in cui fu scritto, e quindi cercando di cogliere tutta la puntuale storicità delle
indicazioni che esso offre e delle preoccupazioni da cui è animato, ma senza perdere di vista il fatto
primario del suo modo e della sua ragione di essere: che è di illustrazione e riepilogo di una scelta
religiosa, a sostegno, precisazione e chiarificazione di quanto già espresso nella regola” (Francesco
d’Assisi. Realtà e memoria di una esperienza cristiana [Einaudi Paperbacks 217], Torino 1991, 49-50).
22
Ci troviamo d’accordo con quanto rileva C. Vaiani nelle sue considerazioni sul rapporto tra
scritti di Francesco e biografie; l’autore, tra l’altro, nota “che non ci si può illudere che gli Scritti
offrano un accesso ‘immediato’ a Francesco e alla sua esperienza” (Teologia e fonti francescane, 35-
38).
Introduzione 6

(direbbero i tedeschi il suo “Sitz im Leben”), e successivamente, nel secondo paragrafo,


si dovrà anche analizzare la struttura generale del Testamento, così da poter determinare il
ruolo giocato in esso dal breve racconto iniziale della conversione. I due approcci
permetteranno di avere la base per procedere, nel secondo capitolo, alla lettura specifica e
puntuale dei tre versetti iniziali, sviluppando su di essi un’ermeneutica attenta alla
struttura del breve testo e al contenuto delle poche parole che lo compongono. La
domanda di fondo a cui tenteremo di rispondere sarà tanto semplice e banale quanto
suggestiva e impegnativa: cosa vuole trasmetterci Francesco con quello che dice? Si
tenterà, cioè, di “intelligere” e di “aprire” il testo, ascoltando la sua formulazione e
lasciando emergere le particolarità delle parole stesse utilizzate da Francesco nel suo
racconto. Indubbiamente l’operazione non potrà non essere influenzata da una mia pre-
comprensione, connessa al mio vissuto e, non ultimo, all’esperienza di Bob. Nell’aprire
l’apparente semplicità del dettato di Francesco, si rischierà, forse, di essere condizionati e
guidati da tali pregiudizi, i quali potranno determinare una certa “intelligenza” testuale.
Tuttavia, occorre rilevare anche il contrario: la mia personale “prelettura” costituisce un
presupposto utile e forse indispensabile per porsi nella lunghezza d’onda di contenuti del
testo altrimenti nascosti e silenti dentro l’ovvietà e semplicità della breve narrazione di
Francesco; il mio vissuto personale mi permetterà forse di porre al testo domande capaci
di evidenziare quanto altrimenti resterebbe celato nella povertà delle parole utilizzate dal
Santo23.
Nella seconda parte, il materiale a nostra disposizione cambierà per quantità e
qualità. Non dovremo, cioè, più confrontarci con pochi versetti, ma esaminare ampi
passaggi delle diverse narrazioni riguardanti la conversione di Francesco presenti in ben
sette biografie. L’approccio che si svilupperà su queste fonti, più che al contesto storico-
critico, farà attenzione soprattutto al testo stesso nella sua formulazione interna. Abbiamo
già detto del contesto storico apologetico e polemico che influisce sul genere letterario
agiografico nella stesura dei nostri testi. Tuttavia, mi sembra che si possa in parte evitare
un confronto costante e serrato con il loro “Sitz im Leben”, per un motivo molto
particolare legato alla parte specifica del tratto di vita del Santo di cui ci occuperemo: la
sua conversione. Non mi sembra che le polemiche interne all’Ordine abbiano influito in
questo tratto di narrazione, soggetto e influenzato, invece, principalmente (soltanto) dalle
precomprensioni agiografiche. Credo, dunque, che si possa procedere ad un’analisi dei
testi di tipo autonomo e autosufficiente, mettendo tra parentesi il contesto storico con il
quale, forse, stanno dialogando i nostri autori in altre parti delle loro Legendae. I rapporti
testuali tra le diverse biografie riguardo alla conversione mostrano, invece, la presenza di
una loro storia redazionale fatta di stretti legami di continuità e discontinuità narrativa. Ed
è di essi che vorrei occuparmi, per capire quali siano state le intenzioni che hanno guidato
la penna degli autori nel raccontare la conversione di Francesco, dedotte, però,
principalmente dall’“in sé” dei testi e dalle loro connessioni.
In particolare, dopo aver avanzato, nel primo capitolo, un’ipotesi specifica per
una strutturazione generale del racconto della conversione, dovremo, nel secondo
capitolo, porre in continuità cronologica le diverse biografie, per stabilire i loro possibili
rapporti redazionali, cioè le loro continuità e discontinuità narrative. Nei difficili e non
sempre evidenti processi redazionali che si tenteranno di mettere in evidenza, dovremo
confrontarci e scontrarci con una fondamentale domanda: quali erano le intenzioni dei
diversi autori nel raccontare la conversione? La determinazione di questi processi

23
Tale è il “circolo ermeneutico” definito da qualcuno come il “difficile rapporto tra lettore e
autore, questa collaborazione-lotta tra chi parla e chi ascolta, tra chi scrive e chi legge, questo andare e
venire dal lettore al testo e dal testo al lettore” (F. Raurell, Lettura plurale del testo. Metodi biblici, in
Metodi di lettura della Fonti francescane, Roma 1988, 109).
Introduzione 7

redazionali dovrà appoggiarsi su complesse strutturazioni della pericope e analitiche


disamine del contenuto, mediante la comprensione delle logiche che legano la
successione dei testi riguardanti la conversione24. Dunque, si tratterà di affrontare e
sostenere un lavoro essenzialmente e finalmente esegetico25. Tuttavia, occorre subito
aggiungere, che non sarà possibile effettuare tale processo ermeneutico delle logiche
sottostanti alle concatenazioni dei testi di un’agiografia senza che essa non venga letta in
contemporanea con le Legendae da cui attinge, senza, cioè, tener presente la relazione
diacronica sottostante alle narrazioni, utilizzando una metodologia comparativa tra le
fonti. L’esegesi che si andrà ad effettuare dovrà, insomma, svilupparsi su due livelli: in
forma sincronica, in rapporto al testo di ogni agiografia, e in forma diacronica, legando
ogni singola leggenda in rapporto a quella che la precede e la segue. Occorrerà, cioè,
effettuare un doppio movimento come quello dello scalino: orizzontale all’interno del
testo e verticale verso la leggenda successiva nel tempo.
Ci si rende conto della parzialità e forse insufficienza del lavoro svolto; molto di
più e molto meglio si sarebbe potuto dire o ricavare dall’analisi dei testi. E’ chiaro, infatti,
che l’interpretazione delle dinamiche testuali che legano e diversificano le nostre
biografie su Francesco può essere soggetta a diverse accentuazioni e sottolineature;
eppure credo che, se il metodo ermeneutico scelto è stato utilizzato in modo corretto e
attento, esso ha condotto a dei risultati comunque significativi e stimolanti sebbene
migliorabili. Pur cosciente che “nemo profeta in patria sua”, mi sembra possibile ritenere
che, nel panorama degli studi su Francesco, non vi sia stato un approccio simile alle fonti
biografiche sul tema della conversione; normalmente, infatti, le analisi sono state guidate
da un metodo di tipo compilatorio nel raccontare gli eventi iniziali vissuti da Francesco;
in esse, infatti, gli autori hanno, per necessità di chiarezza e brevità, soprattutto ricostruito
le dinamiche della conversione in modo compatto e unitario, tralasciando, invece, le
diversità e le incongruenze tra le fonti26. E non so se è pretenzioso ritenere che il tentativo
di lettura qui proposto possa essere considerato apripista di un metodo, sicuramente
faticoso, ma anche molto fruttuoso, per poter entrare nelle dinamiche testuali di opere
biografiche su Francesco caratterizzate da una complicata e intricata storia redazionale
alle spalle27. Sganciare le singole biografie dalla loro dipendenza redazionale con ciò che
24
Sono concorde con quanto afferma R. Michetti nell’anticipazione del metodo che egli
adotterà nell’analisi della Vita prima di Celano sviluppata nel suo volume Francesco d’Assisi e il
paradosso della minoritas. La Vita beati Francisci di Tommaso da Celano (Istituto storico Italiano per il
Medio Evo, Nuovi studi storici, 66), Roma 2004. Nell’ampio articolo sopra citato egli afferma quanto
segue: “Una lettura dei singoli episodi che non tenga conto della loro collocazione all’interno della
narrazione agiografica e del legame con ciò che precede e ciò che segue, non può consentire una
corretta valutazione del loro significato” (La “Vita beati Francisci”, 229).
25
Accogliamo qui in qualche modo la messa in guardia che G. Philippart rivolge agli studiosi
di evitare “avant d’aborder les textes [...] de perdre des heures, des semaines, des mois, à lire
d’interminables préliminaires, sans disposer d’ailleurs finalement d’aucune exégèse des textes”
(intervento alla tavola rotonda del convegno La “questione francescana”, 239). Riguardo ai diversi
approcci al testo attraverso i quali si esercita l’arte dell’esegesi rinvio alle brevi indicazioni offerte da C.
Vaiani, Teologia e fonti francescane, 42-55, sottolineando che il metodo principale di cui ci serviremo
sarà quello strutturalista.
26
Un caso emblematico sono le recenti pagine dedicate da F. Accrocca a La conversione a
Cristo di Francesco di Assisi, un articolo chiaramente divulgativo pubblicato all’interno del volumetto
miscellaneo uscito in occasione dell’VIII centenario della conversione di Francesco dal titolo La
conversione di san Francesco di Assisi. Una stimolante scelta di Cristo, Assisi 2006, 8-60, dove
l’autore, seguendo soprattutto la Legenda dei tre compagni, tenta di proporre un racconto unitario,
appoggiandosi anche, in alcuni casi, sulle altre fonti agiografiche.
27
Un metodo simile a quello che si utilizzerà nella lettura diacronica delle leggende è stato
proposto e in parte utilizzato per brevi brani da J. Dalarun, quando, per esplicitare i “problemi di
metodo e interpretazione” (La Malavventura di Francesco d’Assisi, 41-63), l’autore affronta tre episodi
Introduzione 8

le precede, senza tener presenti gli influssi che i singoli testi hanno avuto su quelli
seguenti, significherebbe, a mio avviso, perdere la possibilità di entrare nelle intenzioni
dei diversi autori e, dunque, nelle loro logiche narrative. L’analisi diacronica dei testi è,
secondo me, la via di accesso principale per ricostruire la formazione dei racconti sulla
conversione e per stabilire così quale ruolo abbiano giocato in essa i lebbrosi28.
Un’ultima notazione riguardo al secondo capitolo, la parte più impegnativa e
forse più innovativa del lavoro. L’approccio di lettura, nel quale si segue, in qualche
modo, il metodo esegetico biblico, dove al centro è posta un’analisi esclusivamente
testuale, mi esenta da un confronto sistematico e costante con l’ampia bibliografia
francescana. Limitando all’essenziale, e senza la pretesa di completezza e organicità,
l’utilizzo degli studi pubblicati negli ultimi decenni su Francesco, eviterò di appesantire e
ampliare ulteriormente le già impegnative analisi testuali non proponendo un puntuale
dibattito con l’enorme e variegata letteratura scientifica francescana.
L’ultimo capitolo della seconda parte, il terzo, costituirà la tappa finale di questo
viaggio ad imbuto; in esso, si dovrà applicare nuovamente il metodo di storia redazionale
nell’analisi diacronica dei racconti sui lebbrosi presenti nella biografie; cioè, dopo aver
determinato il loro ruolo nel contesto generale dei racconti, si vorrà comprendere il loro
contenuto narrativo, specificandone gli sviluppi redazionali condizionati dalle intenzioni
agiografiche.
Il nostro obbiettivo, dunque, sarà un ascolto stereofonico delle due fonti: prima si
leggerà con attenzione il breve ma intenso racconto di Francesco e, poi, tenteremo di
vedere come le scarse informazione autobiografiche da lui forniteci siano confermate e
ampliate o, al contrario, smarrite e distorte nelle narrazioni biografiche. Si tratta in
qualche modo di porre in continuità, ascoltandone le dissonanze, la vicenda di Francesco
da lui stesso raccontata con i racconti agiografici successivi29. Non si vorrà, dunque, come
già detto più sopra, stabilire quali siano stati i “veri” fatti della conversione del giovane
mediante un’analisi storico-critica delle fonti, ma “semplicemente” ascoltarle per
determinare il loro modo di raccontare, nel tentativo di capire i motivi/intenzioni che
muovono sia Francesco che i vari agiografi. In fondo, la domanda che sorregge questo
lavoro potrebbe essere così formulata: l’esperienza umana e teologica raccontata da
Francesco nel riferirci della sua conversione è confermata e arricchita dai biografi o tra le
due fonti storiche è presente uno scarto e allontanamento che spiegherebbe la
“sorprendente” dimenticanza di Giotto della vicenda dei lebbrosi?

particolari della vicenda di Francesco e cioè l’ultima benedizione, la profezia di San Damiano e la
parabola della donna resa incinta dal re. In essi, mediante un’analisi diacronica delle leggende, l’autore
cerca di stabilire “se le modifiche provengano da una deformazione di tipo piuttosto letterario o da un
intervento più redazionale. In quest’ultimo caso, si tenterà di capire l’intenzione stessa” (41).
28
E’ proprio questa la debolezza fondamentale del lavoro di F. de Beer, La conversion de saint
François selon Thomas de Celano. Etude comparative des textes relatifs à la conversion en Vita I et
Vita II, Paris 1963, dove il confronto tra le due biografie del Celano è solo di tipo sincronico,
tralasciando completamente il materiale biografico legato all’inchiesta mossa dal Generale Crescenzio
da Jesi e che influenzò gli sviluppi redazionali della seconda opera di Tommaso; e giustamente tale
assenza venne giudicata, nella famosa recensione sul questo volume scritta da G. Miccoli, come una
“omissione grave” (La “conversione” di san Francesco secondo Tommaso da Celano, in Stud. Med. 5
[1964] 776).
29
E, in questo senso, è assolutamente vero quanto osserva J. Dalarun: “L’enorme processo
mentale che si avvia con la memoria di Francesco, di cui l’agiografia o l’iconografia sono aspetti non
trascurabili, non sarebbe stato, a mio parere, così straordinario e così vivo senza un primus movens,
anche lui fuori dal comune. La memoria di Francesco è anche un prodotto dell’esperienza di Francesco.
Le ambiguità di questa memoria sono anche esse prodotti delle ambiguità di Francesco. La questione
francescana è anche questione di Francesco” (La Malavventura di Francesco d’Assisi, 34).

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