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Christopher

Vasey
L’EQUILIBRIO
ACIDO-BASE
Un approccio completo per
raggiungere salute e vitalità
Con indicazioni per una dieta
rigenerante e alcalinizzante
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Christopher Vasey
L’equilibrio acido-base
Titolo originale: Gérez votre équilibre acido-basique
Traduzione di Ilaria Dal Brun
Copyright © 2012 Éditions Jouvence
Copyright © 2015 Edizioni Il Punto d’Incontro per l’edizione italiana
Prima edizione originale pubblicata in lingua francese nel 2012 da Éditions Jouvence S.A., chemin du Guillon 20, case
143, CH-1233 Bernex, http://www.editions-jouvence.com, info@editions-jouvence.com
Prima edizione italiana pubblicata nell’ottobre 2015
Prima edizione digitale: novembre 2015
Edizioni Il Punto d’Incontro, via Zamenhof 685, 36100 Vicenza,
tel. 0444239189, fax 0444239266
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta
dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.
ISBN 9788868202989
www.edizionilpuntodincontro.it
Indice

Introduzione
Parte Prima - Definizione di acidità
1. Che cos’è l’equilibrio acido-base?
Che cos’è un acido?
Che cos’è una base?
Qual è il sistema di misura dell’acidità?
Cosa sono gli acidi forti e deboli?
Il pH e la salute
Come si difende il corpo dall’acidificazione?
Che cos’è il sistema tampone?
Come si ammala l’organismo?
Quali sono le malattie dovute all’acidificazione?
Sono in molti a soffrire di acidosi?
Che cos’è la debolezza metabolica agli acidi?
Come guarire i disturbi da acidificazione?

2. I test diagnostici del terreno acido


Test 1: analisi del pH urinario
Test 2: analisi dei sintomi
Test 3: analisi dell’alimentazione
Test 4: analisi dello stile di vita
Test 5: verifica sperimentale
Test 6: diagnosi degli stati di debolezza metabolica agli acidi

Seconda parte - Come deacidificarsi con l’alimentazione?


Introduzione
3. Gli alimenti acidificanti, alcalinizzanti e acidi
Gli alimenti acidificanti
Gli alimenti alcalinizzanti
Gli alimenti acidi
Otto regole per mangiare secondo l’equilibrio acido-base

4. Classificazione degli alimenti secondo il loro potere di acidificazione


La frutta fresca
La frutta secca
La frutta oleaginosa
La verdura
I cereali
I latticini
La carne
I legumi
Varie
Le bevande

5. I pasti acidificanti e le loro varianti alcaline


La colazione
Spuntino delle 9
Il pranzo
Spuntino delle 16 o 17
Il pasto della sera

Terza parte - Come neutralizzare ed eliminare gli acidi?


6. Gli integratori basici
Studi sulla composizione degli integratori basici
Intolleranza agli integratori basici
Dosaggio degli integratori basici
Il controllo mensile
Durata della cura

7. Il drenaggio degli acidi


Drenaggio renale degli acidi
Drenaggio cutaneo degli acidi
Drenaggio polmonare degli acidi
I digiuni e le monodiete sono mezzi efficaci per deacidificarsi?

8. Rivitalizzanti basici
La spirulina
Melassa nera
Ginseng
Germe di grano
Olio di fegato di halibut

Bibliografia
Nota sull’autore
Introduzione

L’importanza dell’equilibrio acido-base per la salute è riconosciuta da un crescente


numero di malati e di terapeuti. Nel mio libro La dieta acido-base ho spiegato che cos’è
quest’equilibrio e come correggerlo qualora venga perduto, così da ritrovare la salute.
L’esperienza ha però dimostrato la necessità di approfondire vari punti, così da rendere
questa correzione più facile da compiere per il lettore. È infatti emerso un certo numero di
domande sull’interpretazione della misurazione del pH urinario, la scelta degli alimenti, la
preparazione di menù alcalini, le dosi degli integratori basici ecc.
Lo scopo di L’equilibrio acido-base, che tenete tra le mani, è dunque chiarire alcuni
punti tuttora necessari. Si tratta pertanto di un libro decisamente pratico. Può essere letto
in maniera indipendente, ma costituisce anche l’ideale seguito di La dieta acido-base.
Il manuale comprende tre parti, ciascuna corrispondente a una delle grandi domande
che possiamo porci sull’argomento:
1. Sono acido?
Dopo una breve descrizione di che cos’è il problema dell’acidità, vengono illustrati i
test a disposizione, come svolgerli e soprattutto come interpretarli.
2. Come deacidificarsi con l’alimentazione?
Giacché l’alimentazione svolge un ruolo fondamentale nell’equilibrio acido-base,
questa parte fornisce elenchi dettagliati di alimenti alcalinizzanti, acidificanti e acidi;
una classificazione degli alimenti secondo il loro potere acidificante, alcune regole per
mangiare in maniera equilibrata, l’analisi di pasti ricorrenti ma acidificanti e numerose
proposte di menù alcalini.
3. Come neutralizzare ed eliminare gli acidi?
Le cure di integratori basici, spesso adottate in maniera non corretta, vengono qui
spiegate in dettaglio: come dosare le basi, per quanto tempo svolgere la cura, come
controllarne l’efficacia, quali sono i prodotti a disposizione ecc. Inoltre: come drenare
gli acidi fuori dal corpo e come ritrovare vitalità con sostanze basiche rivitalizzanti.
PARTE PRIMA

DEFINIZIONE
DI ACIDITÀ
1
Che cos’è l’equilibrio acido-base?

Le sostanze utilizzate per la costruzione e il funzionamento del nostro organismo sono


numerosissime: una ventina di aminoacidi, varie decine di zuccheri e acidi grassi, una
quarantina di vitamine e un centinaio di minerali e oligoelementi. Ciascuna di queste
sostanze svolge uno o più ruoli precisi nell’organismo.
Nonostante la loro estrema diversità, è possibile classificarle in due grandi gruppi:
sostanze basiche (chiamate anche alcaline) e sostanze acide.
Questi due generi di sostanze presentano caratteristiche opposte ma che si completano.
Pertanto, per essere in buona salute il nostro organismo ha bisogno sia delle une sia delle
altre. Allorché sono presenti in quantità uguali, l’equilibrio che si crea tra acidi e basi
prende il nome di equilibrio acido-base.
L’equilibrio acido-base non è l’unico equilibrio organico necessario alla nostra salute.
Al contrario, ne esistono molti altri. Per esempio, l’equilibrio tra l’attività e il riposo, lo
stato di veglia e di sonno, l’inspirazione e l’espirazione, il sangue venoso e il sangue
arterioso, gli apporti e i consumi energetici, la produzione e l’eliminazione delle tossine
ecc. Proprio come è per noi dannoso alterare uno di questi equilibri (per esempio mangiare
più di quanto richiedano i bisogni del corpo o non riposarsi a sufficienza per compensare
l’attività quotidiana), l’eccessiva presenza di sostanze acide o basiche nuoce alla nostra
salute.
Che cos’è un acido?
Per aver assaporato un limone o del rabarbaro, tutti hanno familiarità con una delle
caratteristiche più immediate degli acidi: il sapore. Tuttavia, il fatto di salivare
abbondantemente per difenderci dagli acidi di questi alimenti diluendoli può anche farci
prendere coscienza di un’altra proprietà degli acidi: la loro natura aggressiva o addirittura
corrosiva.
Quest’ultima proprietà d’altro canto viene utilizzata in vari modi nella nostra
quotidianità: usiamo l’aceto per sciogliere i depositi di calcare in vasca da bagno e nelle
pentole; inoltre, molti attuali prodotti per la pulizia devono in parte le loro qualità
detergenti agli acidi che contengono. Il carattere corrosivo degli acidi viene evidenziato
dall’assai noto esperimento di un pezzetto di carne o di una moneta immersi in una bibita
a base di cola. Nel giro di qualche giorno la carne si è dissolta e non è più visibile, mentre
la moneta è corrosa in superficie.
Chimicamente, gli acidi vengono definiti come sostanze che liberano ioni idrogeno (H)
se posti in soluzione nell’acqua. Questo rilascio di ioni non è identico né uniforme in tutti
gli acidi: alcuni ne liberano più di altri. Esistono quindi tassi di acidità variabili. Per
esempio, il rabarbaro o il limone sono molto più acidi delle fragole e dei pomodori,
anch’essi alimenti acidi.
Il sapore non è però un metodo infallibile per determinare la natura acida di un
alimento, perché gli acidi contenuti in quest’ultimo possono essere in parte neutralizzati e
il sapore annullato dalla presenza di altre sostanze. La carne e i cereali non hanno un
sapore acido, eppure sono alimenti molto acidificanti.
A parte il sistema di misura del grado di acidità, ossia il pH di cui parleremo in seguito,
è possibile determinare se qualcosa è acido o no analizzandone il tenore di minerali.
Anche i minerali infatti si possono suddividere in due grandi gruppi: minerali acidi e
minerali basici. I principali minerali acidi sono lo zolfo, il cloro, il fosforo, il fluoro, lo
iodio e la silice.
Quando un corpo contiene più minerali acidi che basici, si definisce acido. Pertanto, le
acque minerali, che contengono ambedue i gruppi di minerali, verranno dette alcaline se
predominano i minerali basici come calcio e magnesio o acide se primeggiano zolfo, cloro
o anidride carbonica. Altro esempio: un alimento ricco di fosforo, come le nocciole, è più
acido di un altro che ne contiene meno, come le mandorle.
Che cos’è una base?
Contrariamente alle sostanze acide, le basi liberano pochissimo idrogeno o non ne liberano
affatto. Insomma, meno ioni H rilasciano, meno sono acide o, in altre parole, più sono
basiche.
Inoltre, contrariamente agli acidi, le basi non hanno proprietà aggressive. Sono sostanze
“dolci”. Il succo di limone che entra in una ferita produce un forte senso di bruciore,
mentre il latte no. Le sostanze alcaline d’altro canto vengono impiegate per contrastare i
danni provocati dagli acidi. Di conseguenza, il succo di patata lenisce i dolori causati
dall’iperacidità gastrica e il latte, se ingerito in grandi quantità, costituisce un metodo
efficace per neutralizzare l’aggressività dei veleni acidi inghiottiti per errore.
Al gusto gli alimenti basici sono caratterizzati da un sapore acido debolissimo. In quelli
più basici, come le banane, le mandorle e il latte fresco, non si rileva la minima sfumatura
acidula.
I minerali basici sono il calcio, il potassio, il magnesio, il sodio, il ferro, il manganese, il
cobalto e il rame. Tra questi, il calcio è il minerale più presente nel nostro organismo: oltre
un chilo, per la maggior parte nello scheletro.
Come per gli acidi, il sapore non costituisce un criterio che permette di individuare la
natura basica di un alimento. Alcuni alimenti, per esempio il pane e lo zucchero bianco,
non hanno nessun sapore acidulo, ma al tempo stesso non sono basici. Gli acidi che questi
alimenti contengono vengono liberati durante la loro digestione e l’utilizzazione da parte
dell’organismo.
Qual è il sistema di misura dell’acidità?
Poiché la differenza tra un acido e una base sta nella loro maggiore o minore capacità di
liberare ioni idrogeno, l’unità di misura del grado di acidità o di alcalinità è il pH, cioè la
potenza o il potenziale (p) di liberare ioni idrogeno (H).
La scala di misura del pH va da 0 a 14. La cifra 7 indica l’equilibrio tra acidi e basi,
ossia un pH neutro. Più il potenziale di liberazione degli ioni H è grande, più la cifra del
pH si riduce, da 6 a 0, dove 0 è l’acidità assoluta. Al contrario, più il pH è basico, più la
cifra è alta, da 8 a 14, dove 14 rappresenta l’alcalinità assoluta (cioè un rilascio di ioni H
pari a zero).

La scala di misura del pH si presenta dunque in maniera inversa a ciò che potremmo
aspettarci, giacché più il grado di acidità è alto, più la cifra del pH cala.
Occorre altresì sottolineare che il passaggio da una cifra all’altra sulla scala di misura
non è aritmetico, bensì logaritmico, cioè i valori che separano un’unità dall’altra non sono
gli stessi nell’arco della scala, ma aumentano man mano che si allontanano dalla posizione
di equilibrio. I valori vengono moltiplicati per 10 a ogni unità (v. schema a p. 19). In altre
parole, se la concentrazione di ioni H è pari a 10 a pH 6, diventa 100 a pH 5, 1000 a pH 4
e 10.000 a pH 3. Lo scarto tra il pH 6 e 5 da una parte e il pH 5 e 4 dall’altra non è uguale,
poiché nel primo caso è di 90 e nel secondo di 900.
In concreto, ciò significa che il livello di acidità è molto più grande di quanto potremmo
credere osservando la progressione delle cifre. Quando il pH urinario passa da 6 a 5, per
esempio, l’acidificazione è molto maggiore rispetto al passaggio da 7 a 6.
(Tratto dal libro di Jacques Fontaine Terrain acidifié, ed. Jouvence)

La misurazione del pH delle varie sostanze si effettua con una speciale cartina reattiva
chiamata cartina al tornasole. Posta a contatto con una diluizione della sostanza da testare,
la cartina cambia più o meno colore e indica così il grado di acidità o di alcalinità (cf. cap.
2).
Cosa sono gli acidi forti e deboli?
Indipendentemente dal grado di acidità che la scala del pH consente di misurare, gli acidi
possono avere la caratteristica di essere forti o deboli. Questo perché raramente si
presentano allo stato libero o isolati; più spesso sono legati a delle basi. Quando la base
cui un acido è associato è forte (chimicamente parlando), nel legame l’acido conta poco.
Viene detto debole, perché può facilmente essere rigettato. Al contrario, quando la base è
debole, l’acido conta molto. È stabile, si combina difficilmente con qualcos’altro e viene
detto forte.
È utile conoscere la differenza tra acidi forti e acidi deboli perché, fisiologicamente
parlando, rispetto agli acidi deboli gli acidi forti sono molto più difficili da neutralizzare e
da eliminare dall’organismo, a causa della loro stabilità e della difficoltà a combinarsi.
Gli acidi forti provengono principalmente dalle proteine animali. Si tratta nella
fattispecie di acidi urici, solforici e fosforici. Per evacuarli è necessario un grosso lavoro
di neutralizzazione da parte del fegato e un non meno corposo lavoro di eliminazione da
parte dei reni. Questi ultimi d’altro canto sono in grado di eliminare soltanto una certa
quantità ben definita di acidi forti al giorno, per cui l’eccesso si accumula necessariamente
nei tessuti. Il consumo di proteine animali dunque va moderato di conseguenza.
Gli acidi deboli sono innanzitutto di origine vegetale (carboidrati e proteine vegetali), a
parte quelli provenienti da yogurt e siero di latte, che sono di origine animale. Si tratta
dell’acido citrico, ossalico, piruvico, acetacetico ecc. Gli acidi deboli sono detti anche
volatili perché, una volta ossidati, vengono eliminati sotto forma di gas dai polmoni, come
vapore acqueo e anidride carbonica (CO2). Questa eliminazione si effettua con facilità e
non è quantitativamente limitata come quella compiuta dai reni per gli acidi forti e non
volatili. Se l’organismo vuole accrescere l’eliminazione degli acidi volatili, non deve fare
altro che aumentare gli scambi respiratori, cioè l’ampiezza dei movimenti toracici.
Il pH e la salute
Il nostro organismo funziona al meglio quando l’ambiente interno, preso nella sua totalità,
presenta un pH di 7,39, cioè leggermente alcalino. Le normali variazioni di questo pH
sono davvero minime: fino a 7,36 dal lato dell’acidificazione e fino a 7,42 da quello
dell’alcalinizzazione. Al di là di queste due cifre ci troviamo in acidosi (da 7,36 a 7) o in
alcalosi (da 7,42 a 7,8). Superando questi limiti il corpo non è più in grado di funzionare e
si ha la morte.

La zona di salute va da pH 7,36 a 7,42 e la malattia si manifesta non appena ci troviamo in


acidosi o in alcalosi. Tra queste due varianti, quella di gran lunga più comune è l’acidosi
(ne soffre oltre la metà della popolazione) e sarà l’argomento di questo libro.
Il pH dei vari liquidi e tessuti organici varia da una parte del corpo all’altra. Quando
parliamo di pH ideale per l’organismo di 7,39, si tratta in primo luogo del pH sanguigno e
in minor misura di quello del terreno, cioè l’insieme dei liquidi organici come la linfa, i
sieri extracellulari (che circondano le cellule) e quelli intracellulari (dentro le cellule). Il
sangue infatti è “un succo del tutto particolare” (Goethe), il cui pH deve rimanere molto
stabile per conservare in vita l’organismo. Qualsiasi modificazione anche minima del pH
sanguigno viene rapidamente corretta dall’organismo e ricondotta alla misura ideale di
7,39, pena la rapida comparsa di disturbi fisici e alterazioni della coscienza.
Il pH del terreno dal canto suo può subire modificazioni più grandi rispetto al sangue,
benché sempre molto ridotte, in quanto affinché il corpo rimanga in buona salute non
devono superare 7,36 e 7,42.
Alcuni rimarranno stupiti nel leggere che il pH può variare al massimo di mezza unità,
pena il decesso, perché quando misurano il loro pH urinario hanno potuto constatare che
era molto più basso, 6 o addirittura 5 e 4,5. Questa cosa è possibile senza essere
gravemente malati perché il pH ideale sopra citato è quello del sangue o, in linea generale,
del terreno. Esistono però numerosi liquidi organici – come l’urina che non rimane nel
corpo, bensì viene evacuata – e organi il cui pH è molto lontano dal valore ideale, senza
che la cosa sia anomala.
Per esempio, sono decisamente acidi: l’ambiente interno dell’intestino tenue (pH 6), gli
strati superficiali della pelle (5,2) e l’ambiente gastrico (2). Al contrario, sono molto
basici: gli strati profondi della pelle (pH 7,35), i succhi pancreatici (da 7,5 a 8,8) e
l’interno del colon sigmoideo (8).
Questi diversi valori sono normali e corrispondono a precisi bisogni dell’organismo. Per
esempio, l’acidità dell’ambiente gastrico è indispensabile affinché possa aver luogo la
digestione delle proteine, che avviene nello stomaco, e quella della pelle le consente di
distruggere i microbi che tentano di penetrare nell’organismo.
Ripristinare l’equilibrio acido-base quindi non significa correggere il pH dell’ambiente
gastrico (che è di 2) per farlo risalire a 7, cosa che provocherebbe gravi problemi digestivi,
bensì ripristinare il pH del terreno giacché, come abbiamo visto, il pH del sangue non
varia praticamente mai. All’origine dei problemi di salute dovuti all’acidità vi è infatti
l’acidificazione del terreno.
Come si difende il corpo dall’acidificazione?
Per conservare il suo equilibrio, l’organismo deve reagire a ciascuno squilibrio tra basi e
acidi, sia esso a livello del terreno in generale o di un organo in particolare. Ha a
disposizione due possibilità. La prima consiste nel ridurre le sostanze in eccesso
spingendole verso l’esterno del corpo, la seconda nel neutralizzarne una parte formando
dei sali neutri con l’aiuto di sostanze dalle proprietà opposte.
Vediamo più da vicino il primo processo.
L’eliminazione degli acidi in eccesso avviene mediante gli emuntori che se ne
occupano: i polmoni e i reni.
La via più rapida per liberarsi di un brusco apporto di acidi è data dalla respirazione.
Ossidando gli acidi, i polmoni non devono fare altro che espellerli a ogni espirazione sotto
forma di anidride carbonica e vapore acqueo. È facile, perché basta aumentare l’ampiezza
e la frequenza dei movimenti respiratori per intensificare questa eliminazione e adattarla
alle necessità del momento.
Purtroppo, questo modo di procedere è possibile soltanto per gli acidi deboli. In quanto
agli acidi forti, non volatili, non possono essere eliminati sotto forma di gas dai polmoni
ma devono essere espulsi in forma solida dai reni. I reni quindi estraggono dal sangue
l’acido urico, solforico ecc., rigettandoli fuori dal corpo diluiti nell’urina. Contrariamente
ai polmoni, i reni non riescono ad adattare l’eliminazione ai bisogni organici. Anche
lavorando in maniera ottimale, le quantità evacuate non superano una certa soglia
quotidiana.
L’accumulo di acidi in eccesso nel terreno sarebbe pertanto inevitabile, se non esistesse
un’altra via d’uscita: la pelle e più precisamente le ghiandole sudoripare. In genere questo
emuntore non viene menzionato, ma è ugualmente utilissimo per eliminare gli acidi.
Presenti su tutta la superficie del corpo, le ghiandole sudoripare (oltre due milioni) sono
in grado di evacuare gli acidi forti, perché lavorano come i reni ed eliminano lo stesso
genere di scorie. Diluiti nel sudore, questi acidi forti possono quindi abbandonare
l’organismo, quantunque in quantità minori rispetto all’urina, perché eliminiamo soltanto
0,8 litri di sudore al giorno, contro 1,5 litri di urina; inoltre, il sudore è molto meno carico
di tossine rispetto all’urina.
Che cos’è il sistema tampone?
Acidi e basi sono sostanze che possiedono caratteristiche opposte. Quando vengono
abbinate assieme, le loro proprietà si annullano. Questo processo è simile a quello che
avviene quando due cose opposte, come il freddo e il caldo o il bianco e il nero si
mescolano. Le proprietà si annullano e ne consegue una temperatura né calda né fredda,
bensì tiepida, un colore né nero né bianco, bensì grigio.
Per quanto concerne l’abbinamento di un acido e di una base, in chimica il risultato
viene classificato come sale neutro; neutro perché non ha proprietà né acide né basiche:
1 acido + 1 base = 1 sale neutro
Un sale neutro non influenza più il pH della soluzione cui appartiene, per esempio il
sangue o i sieri cellulari. La possibilità di neutralizzare un acido abbinandovi una base è
qualcosa che l’organismo utilizza, in abbinamento all’eliminazione degli acidi da parte
degli emuntori, per correggere le alterazioni del pH. La neutralizzazione degli acidi
ripristina così l’equilibrio acido-base perché il pH del terreno, a 7,39, è anch’esso
pressoché neutro.
Le sostanze basiche utilizzate dall’organismo per neutralizzare o tamponare gli acidi
forti non eliminati, ma anche gli acidi deboli che si presentano bruscamente in massa, si
trovano un po’ ovunque nel corpo e non solo nel sangue, come spesso si crede. Certo,
vengono utilizzate le basi del sangue, ma poiché il pH sanguigno può variare soltanto in
misura infinitesimale, queste verranno scarsamente sollecitate. Il corpo di conseguenza
ricorrerà a basi presenti in parti meno importanti dell’organismo, come i tessuti organici,
cioè gli organi.
I tessuti cedono dunque delle basi per neutralizzare gli acidi. Allorché questo sistema di
difesa viene sollecitato solo sporadicamente, le basi cedute possono essere sostituite senza
problemi grazie agli apporti alimentari di minerali basici. I tessuti pertanto non verranno
lesi dalla sottrazione. I problemi si manifestano però quando si ricorre ai tessuti non più in
maniera sporadica bensì regolare, cioè quando il prelievo di basi ha luogo ogni giorno o
persino numerose volte al giorno. In questo caso, le riserve basiche immancabilmente si
vuoteranno poco a poco.
Attenzione, ciò che qui chiamiamo riserva non corrisponde a quello che di norma la
parola indica. I minerali basici contenuti non vengono messi da parte appositamente e
conservati al di fuori dei circuiti organici in caso si presentassero eventuali casi di
acidificazione, bensì sono minerali che appartengono ai tessuti stessi e svolgono un ruolo
preciso in questi tessuti.
Dei ripetuti prelievi quindi causano per forza di cose la perdita di sali minerali basici; in
altre parole, la demineralizzazione dei tessuti organici. Questa demineralizzazione è tanto
maggiore quanto il saccheggio è intenso e duraturo. A causa del nostro stile di vita e
dell’alimentazione, oggigiorno purtroppo si è diffusa una esagerata sollecitazione del
sistema tampone. Essa è alla base di un gran numero di disturbi, malattie e problemi di cui
soffre la popolazione attuale.
Come si ammala l’organismo?
Quando il terreno diventa acido, l’organismo può ammalarsi in tre modi diversi.
• Il primo è legato all’attività degli enzimi. Questi ultimi sono gli “operai semplici”
responsabili di tutte le trasformazioni biochimiche che avvengono nel corpo e dalle
quali dipende il buon funzionamento degli organi. Gli enzimi però possono operare
correttamente solo in un ambiente con un pH ben definito. In caso contrario, la loro
attività viene ostacolata o deve addirittura interrompersi del tutto. Se si verifica un
semplice rallentamento, si manifestano le malattie; in caso di interruzione, il corpo non
può più funzionare e muore. Senza arrivare a questo estremo, quando sempre più
enzimi presentano un’attività alterata a causa dell’acidificazione del terreno, prendono
piede vari disturbi.
• Il secondo modo di ammalarsi è causato dall’aggressione degli acidi presenti in
eccesso nei tessuti. Prima di essere neutralizzati dalle basi, questi infatti irritano gli
organi con cui entrano in contatto. Ne conseguono infiammazioni talvolta molto
dolorose, ma anche lesioni o sclerosi dei tessuti. I primi a essere colpiti sono gli organi
che hanno l’incarico di eliminare gli acidi forti, come la pelle e i reni. Eczema,
orticaria, pruriti e arrossamenti della pelle sono in gran parte dovuti all’irritazione
causata dall’eccessiva acidità del sudore. I punti più colpiti sono ovviamente quelli in
cui il sudore ristagna: sotto le ascelle, dietro le ginocchia, sotto il cinturino
dell’orologio o, nei neonati, sotto il pannolino (eritema da pannolino). Se a essere
troppo carica di acidi è l’urina, la minzione è dolorosa, le vie urinarie “bruciano” e si
infiammano velocemente (uretrite) o si infettano (cistite).
Invisibile ai nostri occhi ma in grado di essere avvertita molto chiaramente dalla
persona che ne soffre, l’aggressione degli acidi provoca dolori articolari (artrite) ai
nervi (neurite) e all’intestino (enterite, colite, bruciori anali).
Essendo i tessuti resi fragili dall’acidità, ai disturbi già menzionati può aggiungersi
tranquillamente un’infezione microbica o virale, perché le lesioni delle mucose (per
esempio respiratorie) lasciano agevolmente penetrare i microbi nei tessuti, dove si
moltiplicano. Tanto più che anche il sistema immunitario può risultare indebolito
dall’azione degli acidi.
• La terza causa di sofferenza per l’azione degli acidi è dovuta al fatto che chiunque
sviluppi un terreno acido inevitabilmente si demineralizza, giacché il corpo deve
cedere minerali basici per neutralizzare gli acidi. La demineralizzazione può essere
notevole e coinvolgere qualunque organo, perché i minerali basici sono presenti in tutti
i tessuti. I problemi di demineralizzazione più noti riguardano lo scheletro e i denti. Le
ossa si decalcificano, perdono resistenza e flessibilità fratturandosi troppo facilmente
(frattura spontanea del collo del femore), vedono ridursi la loro densità (osteoporosi),
si infiammano a livello delle articolazioni (reumatismi), consumano i dischi
intervertebrali (sciatica) ecc. Anche i denti diventano più fragili demineralizzandosi.
Divengono sensibili agli alimenti freddi o caldi, si incrinano, si sgretolano o si cariano
facilmente.
La fragilità dovuta alla demineralizzazione indebolisce i capelli, che diventano opachi
e cadono in eccesso, le unghie si sfaldano e si rompono al minimo trauma, la pelle si
secca, si spacca o si screpola, le gengive si deformano, diventano sensibili e
sanguinano.
Quali sono le malattie dovute all’acidificazione?
L’acidificazione genera numerosissime affezioni che si manifestano nei modi più svariati.
Ovviamente non tutti coloro che ne soffrono le contraggono; solamente alcuni, a seconda
delle loro debolezze. L’ubicazione di questi punti deboli è determinata dal temperamento,
dall’ereditarietà, dagli eventuali incidenti subiti, dallo stile di vita e talvolta dalla
professione. In alcuni a essere colpite saranno innanzitutto la pelle o le vie respiratorie, in
altri i nervi o i denti, le gengive, gli occhi o la colonna vertebrale.
A parte le malattie già citate, l’acidificazione del terreno produce una forte stanchezza,
che si manifesta anche senza compiere sforzi. In genere la persona non ha più la forza né
l’entusiasmo di agire, si stanca in fretta e recupera lentamente. È agitata, sensibile e
irritabile. Si crea troppi problemi e dorme male. Può anche manifestarsi uno stato
depressivo. La nocività degli acidi sui nervi si spiega facilmente, perché i minerali come il
magnesio, il calcio e il potassio, di cui il sistema nervoso ha bisogno per funzionare
correttamente, sono per l’appunto minerali alcalini che l’organismo preleva per
neutralizzare gli acidi.
Le persone con un terreno acido sono spesso freddolose, ipotese e soggette a crisi
ipoglicemiche. A livello ormonale, tutte le ghiandole endocrine tendono a rallentare il
funzionamento, tranne la tiroide, che diventa iperattiva. In quanto al sistema immunitario,
anch’esso si indebolisce e le infezioni recidivanti delle vie respiratorie (raffreddore,
laringite, influenza, bronchite) o urinarie (cistite) si presentano con una frequenza
esasperante, da un lato a causa della mancanza di difese e dall’altro per la facilità con cui i
microbi riescono a penetrare nell’organismo attraverso le microlesioni delle mucose
respiratorie e urinarie.
I problemi dovuti all’acidità sono impressionanti per varietà e numero. Occorre però
ricordarsi che a provocarli è una tripla azione: le alterazioni enzimatiche, l’aggressione
degli acidi e la demineralizzazione. Tre fattori in grado di minare qualunque tessuto
organico.
Questi problemi ovviamente non sono causati soltanto dagli acidi. Possono anche avere
altre cause. Per esempio, il sanguinamento delle gengive può essere provocato da una
cattiva igiene orale o da una mancanza di vitamina C. Chi soffre di acidità tuttavia in
genere sarà colpito simultaneamente o in successione da più di una di queste affezioni. Ciò
detto, per quanto vari e diversi possano sembrare, i suddetti problemi possono essere
curati mediante un trattamento unico: la deacidificazione del terreno.
Sono in molti a soffrire di acidosi?
La maggior parte della popolazione soffre di disturbi da acidificazione, perché lo stile di
vita e l’alimentazione attuale favoriscono l’acidificazione del terreno.
Generalmente parlando, l’alimentazione odierna è per lo più composta da elementi acidi
o acidificanti (proteine, cereali, zuccheri). Gli alimenti basici, come la verdura, sono
consumati in quantità assai minori. Le basi che contengono non sono quindi sufficienti a
neutralizzare gli acidi in eccesso. Inoltre, il consumo di sostanze eccitanti come tabacco,
caffè, tè e alcol ha assunto dimensioni enormi. Questi prodotti esercitano tutti un effetto
altamente acidificante sull’organismo. Lo stress, il nervosismo, il rumore e la mancanza di
tempo sono piuttosto diffusi ai nostri giorni e contribuiscono anch’essi ad aumentare
l’acidificazione del terreno, a causa degli sconvolgimenti e delle alterazioni metaboliche
che producono.
Oggi l’attività fisica, che potrebbe svolgere un ruolo importante nel mantenimento
dell’equilibrio acido-base, di solito viene praticata in maniera eccessiva oppure
insufficiente (sedentarietà). In entrambi i casi ne consegue un’acidificazione del terreno.
Di tutti questi fattori di acidificazione, il più importante è senz’altro l’alimentazione. La
maggior parte degli individui che soffrono di acidosi potrebbe dunque essere curata anche
solamente tramite una forte riduzione del consumo di acidi e un aumento degli alimenti
basici. Esiste tuttavia una categoria particolare di persone che non solo è malata a causa di
uno stile di vita inadeguato e di un eccessivo apporto di acidi, ma che inoltre soffre di una
debolezza metabolica agli acidi.
Che cos’è la debolezza metabolica agli acidi?
Un certo numero di malattie è dovuto alla difficoltà dell’organismo di metabolizzare
correttamente una sostanza nutritiva o un’altra. Queste sostanze, non trasformate o
trasformate solo in maniera incompleta, ristagnano nell’organismo e lo fanno ammalare
avvelenandolo oppure ostacolandone il funzionamento. Nel diabete per esempio la
sostanza mal metabolizzata è lo zucchero, nei reumatismi le proteine, nell’obesità i grassi,
nella celiachia il glutine, nella ritenzione idrica il sale. Esistono altre sostanze che
l’organismo non è in grado di metabolizzare correttamente e tra queste compaiono gli
acidi.
Quando si parla di debolezza metabolica agli acidi, si fa innanzitutto riferimento agli
acidi deboli. Questi di norma sono facili da ossidare e la loro eliminazione attraverso i
polmoni, sotto forma di vapore acqueo e anidride carbonica, rende disponibili le basi forti
cui erano legati. In genere gli alimenti ricchi di acidi deboli, come frutta, siero di latte,
yogurt e aceto, forniscono una moltitudine di basi all’organismo. Ciò però è vero solo in
linea generale, giacché esiste una categoria di individui che fatica a ossidare gli acidi
deboli.
In queste persone gli acidi vengono ossidati con molta difficoltà o non vengono ossidati
affatto e di conseguenza rimangono nell’organismo in forma acida. Tali persone pertanto
si acidificano con alimenti che alcalinizzano altre! A seconda dell’organismo in cui
penetra, lo stesso alimento può esercitare un effetto diverso, il che spiega perché certi
dietisti affermino per esempio che il limone è alcalinizzante, mentre altri sostengano con
altrettanta buona fede che è acidificante. Entrambi hanno ragione. L’unico errore è che non
precisano se l’organismo che lo riceve è colpito o meno da una debolezza metabolica agli
acidi.
Di conseguenza, chi soffre di questa debolezza deve prendere ulteriori precauzioni
nell’alimentazione. È necessario essere molto parchi con gli alimenti ricchi di acidi deboli,
in questo libro classificati come “alimenti acidi” (v. cap. 3).
Di solito il gruppo degli “alimenti acidi” non compare nelle classificazioni indicate per
aiutare la gente a mantenere l’equilibrio acido-base. In genere gli alimenti sono suddivisi
soltanto in due gruppi: acidificanti e alcalinizzanti. Tuttavia, tra gli alimenti alcalinizzanti
compaiono alimenti acidi perché, grazie ai loro acidi deboli, esercitano un effetto
alcalinizzante sulla maggior parte degli individui. A livello pratico, però, l’assenza di una
terza lista (alimenti acidi) può causare gravi problemi in chi soffre di debolezza
metabolica agli acidi. Queste persone infatti magari consumano grandi quantità di frutta,
aceto ecc. con il fine di alcalinizzare il loro terreno, ottenendo invece proprio l’effetto
opposto!
Come guarire i disturbi da acidificazione?
Questi disturbi non vanno trattati ognuno separatamente, bensì come un tutt’uno, agendo
sul terreno. È infatti quest’ultimo il responsabile dei diversi sintomi visibili (le malattie)
ed è agendo su di esso, ossia deacidificandolo, che possiamo con ogni probabilità far
scomparire i disturbi da esso provocati.
Limitarsi a curare i disturbi di superficie recherebbe certamente sollievo, ma
eserciterebbe pochi effetti a lungo termine, giacché il problema fondamentale si trova
nelle profondità del terreno. Trattare unicamente i sintomi obbligherebbe il malato a
correre da uno specialista all’altro: dal dermatologo per l’eczema, dal reumatologo per le
articolazioni dolenti, dal dentista per le gengive ecc., mentre un unico trattamento di
fondo, la deacidificazione del terreno, agirebbe alla radice del male e sull’insieme dei
disturbi, curandoli tutti.
Il trattamento messo in atto per deacidificare il terreno mira innanzitutto a eliminare
l’apporto di acidi. Questa contromisura è indispensabile, perché fintanto che gli acidi
penetrano in massa nell’organismo, le altre azioni eserciteranno un effetto unicamente
palliativo e momentaneo. Lo stile alimentare andrà corretto in modo che alimenti e
bevande basici rappresentino una parte nettamente più corposa rispetto a quella degli
alimenti acidificanti. I cambiamenti alimentari sono semplici da effettuare, ma esercitano
un effetto notevole perché, anziché ricevere quotidianamente una massa di alimenti che
acidificano il terreno, l’organismo ne riceve solo piccole quantità.
Si otterrà una miglior ossidazione degli acidi introducendo attività fisiche nello stile di
vita (camminata, sport ecc.) e l’eliminazione degli acidi già presenti nei tessuti aumenterà
grazie al consumo di erbe medicinali diuretiche (per i reni) e diaforetiche (per la pelle).
Un’ulteriore contromisura, che nella maggior parte dei casi si è dimostrata
indispensabile, è l’assunzione di preparati minerali basici per aiutare l’organismo non solo
a eliminare gli acidi ingeriti in giornata, ma anche e soprattutto a facilitare l’evacuazione
degli acidi presenti nelle profondità dei tessuti. Si tratta di un accorgimento fondamentale;
l’organismo infatti non ama far risalire nel sangue (per condurli agli emuntori) gli acidi
sedimentati nei tessuti, perché il loro ritorno nel sangue modificherebbe in maniera
pericolosa il pH. Questi acidi hanno quindi l’incresciosa tendenza a essere trattenuti in
fondo ai tessuti, allo scopo di preservare il sangue. Tuttavia, un cospicuo apporto di basi
consente di eliminarli giacché, tamponati dalle basi, gli acidi possono risalire in superficie
sotto forma di sali neutri, cioè una forma che non si ripercuote sul pH sanguigno.
Le diverse contromisure prese per deacidificare il terreno, che verranno illustrate in
dettaglio in questo libro, fanno gradualmente risalire tutti gli acidi situati nei tessuti, per
espellerli. Con il tempo, questa pulizia produce una deacidificazione profonda del terreno,
cosa che non solo guarisce la persona che la adotta, ma la protegge anche da qualsiasi
recidiva dei suoi problemi.
2
I test diagnostici del terreno acido

Come sapere se il proprio terreno è acido o no? Esistono vari test facili da svolgere e da
interpretare da chiunque. Quello più importante è certamente il primo, la misurazione del
pH urinario. Tuttavia, in genere il risultato deve essere confermato da un altro test.
Benché due test utilizzati in maniera complementare siano sufficienti a un
professionista per determinare se un terreno è acido, è interessante svolgerli tutti, perché
ciascuno porta a scoprire un altro aspetto di se stessi e soprattutto a diventare
concretamente consapevoli degli elementi che entrano in gioco per rendere acido
l’organismo.
Test 1:
analisi del pH urinario
Il test del pH urinario è semplice da svolgere e offre informazioni interessantissime sullo
stato di acidificazione del terreno. Consiste nel misurare il pH dell’urina con una cartina al
tornasole, cioè una cartina specialmente concepita per svolgere questo genere di
misurazioni.
Perché il pH dell’urina dà informazioni sul pH del terreno?
Per rimanere in buona salute il corpo cerca di sbarazzarsi degli acidi in eccesso, che
irritano e demineralizzano i tessuti. Una delle principali vie d’uscita utilizzata allo scopo è
il sistema renale. Il tasso normale di escrezione degli acidi attraverso i reni è noto e fa
assumere alle urine un pH tra 7 e 7,5. Testando il grado di acidità delle urine, è quindi
possibile stabilire se il corpo espelle quantità normali di acidi oppure no. Se il tasso di
escrezione è superiore alla norma, il pH urinario risulterà più acido, segno di un eccesso di
acidi di cui il corpo cerca di liberarsi. Questo eccesso tuttavia significa anche che il
terreno organico è saturo e di conseguenza che è acido, con tutti gli inconvenienti che ciò
può esercitare sulla salute.
Esiste quindi una stretta corrispondenza tra il pH acido del terreno e quello dell’urina:
l’urina diventa acida quando il terreno è acido. Cionondimeno, il valore di questo test non
si ferma qui. Come vedremo più avanti, analizzando quando e quanto spesso il pH urinario
è neutro o alcalino è possibile trarne altre conclusioni interessanti sullo stato del terreno e
sul modo in cui il corpo metabolizza gli acidi.
Materiale necessario
Per misurare il pH urinario l’unico materiale necessario è dato dalle cartine al tornasole,
acquistabili in farmacia o nei negozi di articoli sanitari.
Queste cartine possiedono qualità specifiche che fanno loro cambiare colore quando
entrano in contatto con acidi o basi. Il colore assunto in funzione delle sostanze con cui
entrano in contatto consente di determinarne la natura acida o alcalina. Indicano inoltre se
l’acidità di una sostanza è debole, media o forte, perché il cambiamento nel colore di
partenza è tanto più intenso quanto più la sostanza tende verso un pH estremo.
La parola “tornasole” deriva dal colorante azzurro-viola estratto da un arbusto della
famiglia delle Euforbiacee, il Codiaeum, noto come croton, o da un lichene delle coste
rocciose del Mediterraneo, la Roccella tinctoria. Il colorante ha la proprietà di virare verso
il rosso sotto l’azione degli acidi e verso l’azzurro sotto quella delle basi.
Le differenti gradazioni che il colorante assume permettono di misurare il grado di
acidità o di alcalinità di un prodotto. A ciascuna gradazione corrisponde un pH preciso. Il
valore tuttavia non è scritto sulla cartina al tornasole, bensì su una scala colorimetrica
venduta in abbinamento. Questa scala include tutti i colori delle varie gradazioni, con
accanto a ciascuna il pH corrispondente.
Le cartine più diffuse permettono di misurare un pH tra 4,5 e 9 per le scale più estese e
tra 5,2 e 7,4 per le altre. I cambiamenti netti da una sfumatura all’altra vanno di mezza
unità in mezza unità, di modo che si avrà una scala del tipo 4,5 – 5 – 5,5 – 6 ecc., oppure
ogni due o quattro decimi: 5,2 – 5,5 – 5,8 – 6,2. I due sistemi sono sufficientemente
precisi per effettuare il test del pH urinario.
Le diverse cartine al tornasole
In commercio è reperibile ogni sorta di cartine. In farmacia è possibile acquistare le strisce
Neutralit della Merck e in internet quelle della pHion Balance, la cui precisione arriva al
quarto di unità.1 Esistono però numerose altre cartine accluse alle miscele di minerali
basici in vendita per correggere il pH del terreno (v. cap. 4).
La cartina si presenta sotto forma di rotolo da strappare a seconda delle necessità
oppure come dei rettangolini pretagliati nella grandezza desiderata e ancora come stick su
cui è incollata la carta reattiva.
La gradazione di colore cambia a seconda delle marche: dal giallo all’azzurro per
alcune, dal giallo al rosso per altre. Il passaggio da una sfumatura all’altra su una stessa
cartina è sufficientemente chiaro da evitare ogni possibile confusione. Tuttavia, certe
marche offrono stick sui quali compaiono simultaneamente tre gradazioni di colore
diverse, per agevolare la lettura.
Come procedere?
La cartina al tornasole va messa in contatto con il prodotto da testare; la cosa più semplice
è immergerla nel flusso urinario per uno o due secondi, cioè il tempo sufficiente a
inumidirla. L’acido dell’urina agisce sulla cartina, che cambia colore.
La si avvicinerà quindi alla scala colorimetrica, confrontandola con il colore simile che
compare sulla scala. Accanto a questo colore si trova la cifra del pH urinario
corrispondente. Ricordiamo che è neutro a 7, che a 6,5 o meno è acido e che a 7,5 o più è
alcalino.
Cionondimeno, una sola misurazione non è sufficiente a trarre conclusioni valide sullo
stato del terreno. Infatti, il pH può variare nel corso della giornata in funzione dell’attività,
dei pasti, degli sforzi fisici, dello stress ecc. Per avere un significato, le misurazioni
devono essere effettuate varie volte al giorno e per vari giorni di seguito (da quattro a
cinque giorni). I dati raccolti andranno registrati in una tabella (cf. esempio seguente), così
da ottenere un quadro globale del pH nel tempo.
La prima urina del mattino non rivela il pH abituale della persona perché, in genere, è
quella più acida. Contiene infatti tutti gli acidi filtrati dai reni e accumulati nel corso della
notte. Il primo test avrà dunque inizio con la seconda minzione del mattino. Il secondo test
va svolto con le urine che precedono il pranzo e il terzo con quelle che precedono il pasto
serale. È importante svolgere il test prima dei pasti, perché il pH può momentaneamente
variare in maniera notevole a seconda degli alimenti e delle bevande consumati. A parte
queste tre principali misurazioni, il pH può anche essere rilevato e annotato in altri
momenti della giornata, per fungere da ulteriore informazione.
La tabella su cui registrare le misurazioni del pH urinario richiede cinque colonne:

Data Mattino Mezzogiorno Sera Osservazioni

1. 7 7,5 7 Cena al ristorante

2. 5 6,5 6,5

Pomeriggio: stress al
3. 7 7,5 6
lavoro

4. 7 7,5 7

La prima colonna è riservata alla data della misurazione, le seguenti tre ai valori di
mattino, mezzogiorno e sera (minzione prima dei pasti). La quinta colonna è riservata alle
osservazioni. Permette di annotare eventuali fatti rilevanti che potrebbero avere
un’incidenza sul pH. Per esempio, un pasto particolarmente abbondante o fuori
dall’ordinario, una cena al ristorante, il consumo di alcol, un eccesso di lavoro, un’attività
sportiva, un forte stress, problemi o tensioni varie. Va sottolineato che gli effetti di questi
eventi sul pH urinario non sempre compaiono il giorno stesso, bensì talvolta il giorno
seguente e modificano di una o due misure il pH abituale.
Questa tabella è facile da disegnare anche da soli. Cionondimeno, in appendice è
disponibile una tabella pronta all’uso, che consigliamo di fotocopiare per avere sempre a
disposizione un modello di riferimento vuoto.
Dopo una o due settimane, i dati saranno sufficienti a far emergere un pH predominante
per la giornata (o per ciascun momento della giornata). Se escludiamo qualche variazione
dovuta a cambiamenti nelle abitudini o ad avvenimenti del giorno, tale valore rimane
costante nel tempo.
Come interpretare i risultati?
La misurazione del pH porta a tre possibili risultati: il pH è inferiore a 7, tra 7 e 7,5 oppure
superiore a 7,5. Se l’interpretazione del pH inferiore a 7 è semplice, perché indica sempre
un terreno acidificato, lo stesso non si può dire con le altre due misure, che richiedono una
piccola analisi supplementare.
• pH inferiore a 7 (= pH acido)
Questo pH indica acidità urinaria. Urine regolarmente acide rivelano
immancabilmente un terreno anch’esso acido. Tale acidificazione è tanto più grande
quanto più il pH è basso. A 6 o 6,5 il terreno è solo lievemente acidificato, ma diventa
molto acido se il pH urinario arriva a 5 o 4,5.
Il terreno acido genera disturbi tipici dell’acidificazione. Si consiglia dunque di
adottare senza indugio le contromisure di deacidificazione esposte più avanti.
• pH tra 7 e 7,5 (= pH neutro)
Si tratta del pH normale in una persona in buona salute ed è quindi a questo pH che
occorre puntare. A prima vista indica che l’individuo sta bene e possiede un buon
equilibrio acido-base. Di fatto è così, ma a una condizione: occorre che la prima urina
del mattino sia acida. Dato che le misurazioni sono state svolte solo a partire dalla
seconda minzione della giornata, è possibile che la prima sia anch’essa neutra, anche
se non dovrebbe essere così. In qualsiasi persona in buona salute la prima urina del
mattino ha accumulato gli acidi dell’eliminazione notturna e dunque deve
obbligatoriamente essere acida.
Se non lo è, significa che i reni non eliminano completamente gli acidi. Il pH quindi
rimane costante per tutta la giornata, anziché modificarsi. Tuttavia, non venendo
eliminati a sufficienza, gli acidi rimangono nell’organismo e di conseguenza il terreno
è acidificato. Si può ottenere conferma di questo fatto svolgendo gli altri test proposti
nel capitolo (test degli alimenti, dei sintomi ecc.).
Per riassumere, un pH neutro indica uno stato di sano equilibrio tra acidi e basi, purché
la prima urina sia acida. In caso contrario, il terreno è acido e la persona dovrebbe
applicare le contromisure necessarie per deacidificarlo, insistendo sull’eliminazione
degli acidi attraverso i reni e la pelle. Infatti, in questo particolare caso una grossa
parte del problema risiede nella debole eliminazione di tali organi.
• pH superiore a 7,5 (= pH alcalino)
L’interpretazione del pH alcalino, cioè regolarmente al di sopra di 7,5, va fatta a
seconda dei casi, come con il pH neutro. Possono profilarsi tre varianti.
1. Il terreno è in equilibrio acido-base o tende verso una lieve alcalinizzazione. In linea
generale, questo stato si presenta quando l’alimentazione è particolarmente
alcalinizzante, come in certi vegetariani che consumano pochi cereali e latticini. La
loro alimentazione è quindi pressoché esclusivamente composta da elementi basici.
Si manifesta altresì quando la persona consuma quotidianamente integratori di
minerali basici anche se non ne ha bisogno o non in quantità tanto grandi. Si tratta
pertanto di situazioni particolari che non sono sinonimo di squilibrio o malattia.
Le contromisure da prendere sono le seguenti. I vegetariani dovrebbero badare a
non causare carenze, nella fattispecie di proteine, per il loro regime alimentare in
genere troppo povero di queste sostanze nutritive. In quanto al secondo gruppo, si
consiglia di ridurre l’apporto di integratori basici, cosicché il pH urinario divenga
neutro (v. cap. 6).
2. Le persone con un pH urinario nettamente superiore a 7,5 soffrono di uno squilibrio
ghiandolare (surrenali o paratiroidi) oppure di altre malattie specifiche. Sono casi
estremamente rari e gli individui in questione in genere vengono già seguiti dal
medico per i problemi causati da questo squilibrio.
3. Il gruppo più diffuso comprende persone la cui urina è alcalina ma il cui terreno, al
contrario, è acido. Si tratta di un aspetto di primo acchito sconcertante, ma che ha
una spiegazione. Qui il pH alcalino dell’urina è dovuto non a un eccessivo apporto
di basi tramite l’alimentazione (di cui il corpo cercherebbe di sbarazzarsi come fa
con l’eccesso di acidi), bensì a sovrabbondanti prelievi di basi nei tessuti organici,
ossia prelievi cospicui ed eccessivi necessari per neutralizzare la forte acidificazione
del terreno.
Questo problema è diffuso tra chi soffre di una debolezza metabolica agli acidi.
Male ossidati, gli acidi non vengono espulsi dall’organismo attraverso le vie
respiratorie. Devono entrare allora in gioco le vie renali e far fronte a un doppio
lavoro di eliminazione. Se anche queste sono deboli, gli acidi si accumulano in
maniera pericolosa nell’organismo, il quale farà massicciamente ricorso al sistema
tampone per neutralizzare la valanga di acidi cui deve far fronte. Questo
sovraccarico ha la conseguenza di trascinare molte basi nelle urine,
alcalinizzandole.
Pertanto, le urine non sono alcaline a causa di una maggior quantità di basi
nell’organismo, bensì per una forte perdita di basi causata dal saccheggio delle
riserve. Lo possiamo appurare facilmente. Basta analizzare le malattie che la
persona in questo caso contrae per rendersi conto che i suoi disturbi appartengono
decisamente a quelli dovuti all’acidificazione. È quindi importante deacidificare il
terreno nonostante l’alcalinità delle urine.
• Casi particolari
Può succedere che il pH non sia costante nell’arco della giornata, come nei casi sopra
citati, bensì vari regolarmente in momenti particolari. Per esempio, il pH è
regolarmente acido la sera ma neutro nel resto della giornata (prima urina esclusa) o
viceversa.
Indipendentemente dalle possibili varianti, il fatto che il pH sia talvolta nettamente acido
indica la presenza di un eccesso di acidità nel terreno e anche in questo caso rivela la
necessità di deacidificarlo.
Tabella riassuntiva per l’interpretazione dei risultati del pH urinario

Qualità
Qualità
pH del Osservazioni Contromisure da prendere
dell’urina
terreno

Inferiore • Stile di vita acidificante o debolezza


• Acida • Acido • Deacidificare il terreno
a 7 metabolica agli acidi

Da 7 a • Buona salute se 1° urina del mattino • Mantenere l’attuale igiene di


• Neutra • Neutro
7,5 acida vita

• Se 1° urina del mattino neutra, per • Deacidificare il terreno e


• Acido
insufficienza metabolica agli acidi stimolare reni e pelle

Superiore • Nei vegetariani o con eccessiva • Mantenere l’igiene di vita,


• Basica • Basico
a 7,5 assunzione di minerali basici attenzione alle carenze proteiche

• Ridurre l’apporto di minerali



basici

• Acido • Insufficienza metabolica agli acidi • Deacidificare il terreno


Test 2:
analisi dei sintomi
L’aggressione dei tessuti da parte degli acidi e il saccheggio delle riserve minerali basiche
generano disturbi tipici. Uno dei modi per capire se si possiede un terreno acidificato
consiste logicamente nell’analizzare i disturbi di cui si soffre al momento ma anche quelli
del passato, per capire se fanno parte o meno delle affezioni che inevitabilmente
accompagnano l’acidificazione del terreno.
L’elenco sotto riportato esordisce con la descrizione dei sintomi generali e prosegue con
i disturbi classificati secondo la parte del corpo in cui compaiono.
Se una persona soffre solamente di uno o due disturbi tra quelli citati, il terreno
probabilmente non è acido oppure lo è, ma le affezioni non si sono ancora manifestate. Per
saperne di più occorre svolgere il test del pH urinario.
Ovviamente una persona in acidificazione non soffrirà mai di tutti i disturbi menzionati,
bensì solo di una parte. Leggendone le descrizioni, in un certo numero vi riconoscerà
malattie contratte in passato e altre malattie di cui soffre al momento. Riconoscerà altresì
una tendenza in questo senso, senza necessariamente soffrire delle malattie in questione.
Per esempio, può avere una tendenza alla pelle secca o a dolori articolari, senza per questo
soffrire davvero di eczema o reumatismi.
Stato generale
Mancanza di energia – sensazione costante di stanchezza – perdita di tono fisico e
psicologico – riduzione dell’attività – prematura comparsa di stanchezza – difficoltà a
recuperare dopo uno sforzo – sensazione di pesantezza agli arti – frequenti cali di
energia – mancanza di energia improvvisa dopo il consumo di alimenti acidi.
Riduzione della temperatura corporea – sensazione di freddo interiore intenso e
profondo – freddolosità. Perdita di peso specifica, a causa del deterioramento del
calcio nelle ossa.
Tendenza alle infezioni per calo delle difese organiche.
Stato psicologico
Perdita di brio, di slancio e di gioia di vivere. Tristezza – pensieri cupi – tendenza alla
depressione. Grande irritabilità – estrema sensibilità nervosa. Nervosismo – agitazione
sterile – iperemotività. Sensibilità e trasalimento ai rumori acuti – spesso stressato, mal
sopporta lo stress.
Testa
Forte pallore (dovuto alla contrazione dei capillari) – mal di testa – occhi che
lacrimano e sensibili (al freddo, al fumo) – congiuntivite – cheratite – blefarite.
Bocca
Saliva acida – colletto dentale scoperto – gengive infiammate e sensibili – afte – tagli
agli angoli delle labbra – irritazione alle tonsille e alla faringe che provoca infezioni
recidivanti.
Denti
Sensibilità e irritazione ai denti durante il consumo di alimenti freddi, caldi o acidi.
Carie dentali – crepe o sgretolamento dei denti – nevralgie dentali migranti.
Gli acidi aggrediscono i denti dall’esterno (mediante gli alimenti acidi e la saliva
acida) e dall’interno (sangue acido).
Stomaco
Acidità gastrica – reflusso acido – spasmi e dolori gastrici – gastriti – ulcere ecc.
Intestino
Diarrea che espelle acidi – bruciori rettali – predisposizione a infiammazioni
dell’intestino (enteriti, coliti) – feci scolorite per esaurimento del fegato – fistole,
ragadi anali – tendenza diarroica – crampi e dolori addominali.
Reni – vescica
Urina acida – irritazioni e bruciori vescicali e uretrali – poliuria per irritazione renale
ecc.
Vie respiratorie
“Goccia al naso” – estrema sensibilità delle vie respiratorie al freddo – tendenza alle
infreddature – raffreddori e bronchiti frequenti – sinusite – mal di gola – laringite –
ipertrofia delle tonsille – adenoidi ipertrofiche – tendenza allergica – tosse e raucedine
per irritazione.
Pelle
Sudore acido – pelle secca – pelle arrossata e irritata nelle zone a forte sudorazione
(alle pieghe degli arti, in vita, sotto il cinturino dell’orologio o sotto gli anelli, che
anneriscono) oppure attorno agli orifizi e agli emuntori (occhi, bocca, ano, vulva) –
ragadi e screpolature tra le dita e attorno alle unghie – micosi – orticaria – prurito –
foruncoli – eczema di vario tipo, ma in genere secco.
Unghie – capelli
Le unghie si assottigliano, si sfaldano e si spezzano facilmente – unghie che si rigano
– macchie bianche sulle unghie. I capelli sono opachi, si spezzano (doppie punte) e
cadono in quantità eccessiva.
Muscoli
Crampi e spasmi (alle gambe) – tendenza alla spasmofilia, alla lombalgia, al torcicollo
e alle rigidità – muscoli della nuca e delle spalle duri e dolenti.
Apparato osseo e articolare
Demineralizzazione e decalcificazione dello scheletro: osteoporosi – osteomalacia –
rachitismo. Tendenza alle fratture (collo del femore) e lentezza nella loro guarigione.
Articolazioni che scrocchiano – iperlassità legamentosa – blocchi vertebrali –
reumatismi – artrosi – artrite – sciatica – slittamento vertebrale – ernia del disco ecc.
Infiammazione e sclerosi dei legamenti, tendinite – dolori articolari migranti – dolori
lombari – gotta.
Sistema circolatorio
Ipotensione – cattiva circolazione – freddolosità. Tendenza all’anemia e alle emorragie
– geloni – tachicardia.
Ghiandole endocrine
Esaurimento e ipofunzione delle ghiandole in generale, tranne la tiroide, che tende ad
accelerare.
Organi genitali
Infiammazione delle vie genitali a causa degli acidi e infezioni (prurito, eritema,
metrite, vulvite) – perdite bianche.
Sistema nervoso
Maggior sensibilità al dolore in generale – nevralgia tenace o migrante – insonnia –
neurite (gomito del tennista).
Test 3:
analisi dell’alimentazione
Gli acidi non compaiono spontaneamente nell’organismo, bensì hanno un’origine ben
precisa: provengono dagli apporti alimentari, cioè da tutto quello che mangiamo, beviamo
e inghiottiamo (farmaci, droghe ecc.).
Gli acidi sono in parte già formati e contenuti negli alimenti, come accade per il
rabarbaro e il limone, alimenti cui conferiscono il sapore acido. Altri acidi invece si
formano solo durante il metabolismo. Nascono dalla degradazione delle proteine (acido
urico, fosforico), dei grassi (acidi grassi, acido acetacetico), dei carboidrati (acido
piruvico, succinico) ecc. Non sono quindi contenuti in forma acida negli alimenti, bensì
compaiono in seguito.
L’analisi dello stile alimentare di una persona consente di individuare la proporzione di
alimenti alcalini e acidificanti da lei consumata. Se gli apporti di basi sono superiori a
quelli di acidi, l’organismo non rischierà di perdere l’equilibrio acido-base. Al contrario,
troverà un supporto al suo mantenimento, grazie alle basi in eccesso.
In caso contrario, però, quando gli apporti acidi superano quelli delle basi, l’equilibrio
acido-base viene pericolosamente compromesso e l’organismo riceve poco aiuto dagli
alimenti per ripristinarlo. Dovrà allora ricercare l’equilibrio da solo utilizzando i propri
sistemi di regolazione, cioè ossidando, trasportando ed eliminando gli eccessi di acidi.
L’analisi dell’alimentazione è dunque utile per verificare se la quantità di alimenti
acidificanti è superiore o inferiore a quella degli alimenti basici. Allo scopo occorre
innanzitutto stabilire il menù standard della persona in questione, cioè un menù quotidiano
che ne rappresenta lo stile alimentare abituale.
Si prenderà nota di tutto ciò che consuma dal risveglio al momento di coricarsi: ciò che
beve e consuma al mattino, a colazione, durante lo spuntino delle 9 o delle 10, a pranzo
(senza dimenticare l’eventuale pane di accompagnamento, il dolce e il caffè che chiude il
pasto), durante lo spuntino delle 16 e a cena, come pure le bevande o gli alimenti ingeriti
durante la serata. Per alcuni occorre inoltre aggiungere tutto quello che mangiucchiano
durante i pasti e le pause (dolciumi vari, biscotti, caramelle).
È chiaro che i pasti importanti, per esempio a mezzogiorno e sera, non sono sempre
identici. Appaiono persino molto diversi. In realtà, si possono ricondurre a due o tre
principali varianti. Infatti, in un pasto composto da una proteina, un farinaceo e una
verdura, il fatto che la proteina sia di vitello, di manzo o di pollo non cambia davvero la
composizione del pasto. Si tratta di carne, diversa dal formaggio o dalle uova.
Nell’esempio del menù standard fittizio citato qui sotto, l’ora dei pasti è arbitraria,
perché serve soltanto a indicare il pasto. Le diverse varianti dello stesso pasto sono
separate dalla disgiunzione “o”. Bisogna evitare di spingersi troppo in dettaglio, se non è
necessario. Per esempio: “verdura cotta” o “verdura cruda” è sufficiente, perché (tranne
che nel caso dei pomodori) che si tratti di carote o di cavoli sono comunque alimenti
alcalini ed è ciò che ci importa. Al contrario, “bevanda” o “dolce” sarebbe troppo
impreciso, perché questi possono essere acidificanti o alcalinizzanti, a seconda della
composizione.
Occorre poi evidenziare le tre categorie di alimenti in un modo o nell’altro, per poterle
distinguere facilmente.
Nel nostro esempio,
• gli alimenti acidificanti sono indicati con caratteri normali,
• gli alimenti basici in corsivo,
• gli alimenti acidi sono sottolineati.
Esempio di menù standard

6.30 o: 1 grosso bicchiere d’acqua e limone

o: caffè

pane integrale (3 fette) + burro + marmellata + 2 caffè + latte + 2


7.00 o:
cucchiaini di zucchero per tazza

cereali in fiocchi + latte + 1 frutto fresco + infuso di menta senza


o:
zucchero

o: yogurt al naturale + succo d’arancia

9.00 o: 1 mela

o: caffè + 1 croissant

o: ½ barretta di cioccolato

o: mandorle + uva passa

Bevanda o: 1 litro d’acqua durante la mattinata

o: 2 o 3 caffè + panna + zucchero

1 carne + 1 farinaceo + 1 verdura + 1 budino + 1 caffè + panna +


12.00 o:
zucchero

o: 1 panino al prosciutto + 1 bibita gassata industriale

o: 1 cereale + verdura cotta + insalata


o: pesce + patate + verdura cruda + frutta fresca

Acqua, vino, bibita gassata industriale o infuso di tiglio senza


Bevanda
zucchero

16.00 o: pane + cioccolato

o: pasticcini + caffè

o: biscotti + tè con 1 cucchiaino di zucchero

o: bibita gassata

o: frutta fresca

o: frutta secca + acqua

19.00 o: frittata con 2 uova + pane semintegrale + insalata verde

o: zuppa casalinga di verdura + cracker + groviera

o: salumi + pane bianco + vino

o: crostata alla frutta + panna montata + caffè con panna e zucchero

21.00 o: arachidi, mandorle o biscotti

o: 1 bicchiere di latte

o: 1 yogurt al naturale

Una volta stabilito il menù standard, è molto più chiaro il tipo di alimenti che
predominano. Per chi presenta una debolezza metabolica agli acidi occorre determinare se
gli alimenti acidificanti e acidi predominano sugli alimenti basici. Per gli altri, controllare
se gli alimenti acidificanti predominano su quelli basici e acidi (questi ultimi di per sé
sono alcalinizzanti). Per essere del tutto precisi, bisognerebbe anche tener conto delle
quantità, ma queste si possono stimare in maniera approssimativa. Non è infatti difficile
rendersi conto se per esempio le verdure servite con una proteina e un farinaceo
rappresentano la parte più piccola del pasto o se quantitativamente sono la più abbondante.
Al capitolo 5 sono riportate analisi dettagliate dei menù standard.
Test 4:
analisi dello stile di vita
A parte lo stile alimentare, anche il modo di vivere nell’arco della giornata, durante gli
svaghi, sul luogo di lavoro ecc. influisce sull’equilibrio acido-base. È difficile dire fino a
che punto un comportamento o un’attività smettano di essere benefici e divengano
acidificanti. Ecco perché nella tabella sotto riportata questi comportamenti vengono
presentati a titolo illustrativo.
La sola analisi dello stile di vita non è in grado di determinare se il terreno è acido o no;
di conseguenza va utilizzata come integrazione agli altri test.
Tabella dello stile di vita acidificante e alcalinizzante

Acidificante Alcalinizzante (che mantiene l’equilibrio acido-base)

Vita sedentaria Vita attiva

Prendere l’ascensore Fare le scale a piedi

Spostarsi sostanzialmente in auto Spostarsi il più possibile a piedi

Svaghi passivi Svaghi attivi

Vivere molto dentro casa Vivere molto fuori casa

Stress Calma, prendersi il proprio tempo

Vita agitata, sempre di fretta Vita calma e organizzata

Sonno insufficiente Sonno sufficiente

Sonno agitato, insonnia Sonno calmo e ristoratore

Fumo Niente fumo

Negatività Ottimismo

Tendenza collerica, irritabilità Tranquillità, pazienza

Aggressività, invidia, gelosia Sicurezza, serenità


Test 5:
verifica sperimentale
Se l’acidificazione dell’organismo provoca la comparsa di numerosi disturbi, la
deacidificazione del terreno deve logicamente indurne la scomparsa. Quest’ultima
ovviamente avrà luogo con gradualità. Partirà dai disturbi funzionali, lievi, recenti,
superficiali, per continuare con i disturbi lesivi, gravi, profondi e antichi. Questo processo
consente di verificare se i problemi di cui si soffre sono dovuti all’acidificazione del
terreno o meno. È sufficiente osservare gli effetti prodotti da una rapida e superficiale
deacidificazione del terreno, processo che verrà spiegato qui sotto. Infatti, se i disturbi
facilmente reversibili, cioè guaribili in poco tempo, come l’irritazione nervosa, la
stanchezza cronica, le infiammazioni cutanee, gli arrossamenti, i bruciori e i pruriti si
attenuano in maniera notevole o spariscono dopo qualche giorno di deacidificazione
(all’incirca da cinque a dieci giorni), vuol dire che sono provocati dagli acidi. Al contrario,
se questa cura di alcalinizzazione non produce alcun benessere rilevabile, i disturbi hanno
probabilmente un’altra causa e non l’acidificazione del terreno.
Una deacidificazione rapida e superficiale si ottiene con il massiccio apporto di minerali
basici, sotto forma di citrati alcalini, che sono assimilabili senza problemi. Queste basi
sono dosate affinché l’apporto faccia risalire un pH acido di 5 o 6 a un valore normale di 7
o 7,5.
Il modo di procedere viene spiegato in dettaglio nel capitolo 6. In poche parole, consiste
nell’iniziare il test assumendo tre volte al giorno mezzo cucchiaino di citrati alcalini in
polvere o 3 x 3 compresse con acqua, prima di ogni pasto, dopodiché si aumenteranno
progressivamente le dosi fino a quando il pH urinario risale a 7 o 7,5. Una volta trovata la
dose ideale, occorre mantenerla per i cinque o dieci giorni di durata del test.
Un’assunzione maggiore di citrati alcalini, che si tradurrebbe in un pH superiore a 7,5, è
inutile, perché il corpo non è in grado di utilizzarli. Li espellerà rapidamente nelle urine
senza sfruttarli.
Anche gli individui con un pH urinario superiore 7 possono svolgere questo test perché,
come spiegato in precedenza, un pH urinario superiore a 7 non significa necessariamente
che il terreno non sia acido. La dose verrà fissata direttamente a 3 x 2 cucchiaini rasi di
polvere al giorno o 3 x 6 compresse.
La rapida attenuazione dei disturbi significa che il corpo è malato a causa di una
mancanza di basi e, di conseguenza, che il terreno è acido.
Test 6:
diagnosi degli stati di debolezza metabolica agli acidi
Questo test è previsto soprattutto per determinare se una persona soffre di debolezza
metabolica agli acidi o no. Si basa sugli stessi principi del test precedente, ma anziché
implicare l’assunzione di basi, consiste nell’aumentare temporaneamente l’apporto di
acidi. Questi ultimi sono di origine alimentare e provengono non da alimenti acidificanti,
bensì da alimenti acidi: frutta, aceto, siero del latte. Infatti, gli acidi di questi alimenti nelle
persone che soffrono di debolezza metabolica vengono mal metabolizzati. Un maggior
apporto di acidi in loro farà quindi necessariamente comparire dei disturbi.
Il test tuttavia non consiste nel fare ammalare queste persone, bensì solo nell’accrescere
temporaneamente il consumo di acidi per osservare se i disturbi da acidificazione di cui
soffrono già peggiorano o meno. In effetti, con un maggior apporto di acidi i dolori
articolari dovrebbero aumentare, gli arrossamenti cutanei ampliarsi, la stanchezza
accentuarsi, il nervosismo amplificarsi, i bruciori urinari accrescere, i pruriti intensificarsi
ecc.
Di conseguenza, il test consiste nel consumare abbondanti quantità di frutta fresca,
succhi di frutta, yogurt, siero di latte ecc. per uno o due giorni. Questa durata in genere è
sufficiente a constatare l’aggravamento dei sintomi. Negli individui molto sensibili gli
effetti negativi degli acidi talvolta si manifestano già nella mezz’ora o nell’ora che segue il
consumo. Compare un profondo senso di malessere, un’improvvisa stanchezza
(sfinimento) e i denti sono già “irritati” dall’aggressione degli acidi.
Per fortuna spesso non è nemmeno necessario svolgere questo test. È sufficiente andare
a cercare nei ricordi che cosa è successo in situazioni simili. Si sono manifestati effetti
negativi dopo un grande consumo di frutta, per esempio durante la stagione delle
albicocche, o dopo l’impiego di un’abbondante quantità di aceto, yogurt ecc.? Se in
passato sono state svolte cure dell’uva, del succo di limone ecc., quali sono stati gli effetti?
Sono state benefiche sulla salute in generale, hanno restituito le forze e fatto scomparire le
malattie? Oppure al contrario i sintomi si sono accentuati e la vitalità si è attenuata?
Nel primo caso non sussiste un’incapacità metabolica agli acidi e l’acidificazione è in
primo luogo dovuta agli alimenti acidificanti e allo stile di vita. Di conseguenza, gli
alimenti acidi si possono consumare, perché esercitano un effetto alcalinizzante.
Nel secondo caso invece la debolezza metabolica è decisamente presente. Può essere
più o meno intensa a seconda che l’aggravamento dei sintomi sia stato forte o meno. In
questo caso, occorre prestare attenzione non solo alle quantità di alimenti acidificanti
consumati, ma anche a quelle degli alimenti acidi.
SECONDA PARTE

COME DEACIDIFICARSI CON


L’ALIMENTAZIONE?
Introduzione
L’alimentazione è la fonte principale degli acidi e delle basi che determinano l’equilibrio o
lo squilibrio acido-base dell’organismo. È quindi indispensabile conoscere bene le
proprietà degli alimenti, cioè sapere con precisione per ciascuno di essi se esercitano su di
noi un effetto acidificante o alcalinizzante.
Nei capitoli dedicati all’alimentazione lo studio degli alimenti sarà affrontato in tre fasi.
Nel capitolo 3 presenteremo innanzitutto i tre grandi gruppi nei quali gli alimenti si
possono suddividere, ossia alimenti acidificanti, alcalinizzanti e acidi. Questa suddivisione
non è frequente, giacché in genere si distinguono solo due gruppi, ma ha la sua ragion
d’essere perché introduce il gruppo di alimenti acidi che chi soffre di una debolezza
metabolica agli acidi deve assolutamente conoscere.
Poiché la natura acidificante o alcalinizzante degli alimenti può variare enormemente
nello stesso genere di cibi, per esempio da un frutto o da un cereale all’altro, questa
suddivisione globale verrà affinata nel capitolo 4. Affronteremo dunque uno dopo l’altro i
vari generi di alimenti e di bevande, come pure la loro natura fortemente, mediamente o
poco acidificante, definendoli in maniera più precisa affinché sia possibile compiere una
scelta più accorta quando si redige un menù.
In un terzo tempo (capitolo 5) esamineremo dei menù propriamente detti. Riporteremo
esempi di pasti comuni (colazione, spuntino delle 9, pranzo, spuntino del pomeriggio,
cena) per mostrare la natura di solito molto acidificante di questi pasti. In seguito,
offriremo dei menù alcalini per illustrare in maniera pratica come ideare i pasti per
ritrovare l’equilibrio acido-base.
3
Gli alimenti acidificanti, alcalinizzanti e acidi

Gli alimenti che consumiamo si possono suddividere in tre grandi gruppi: alimenti
acidificanti, alcalinizzanti e acidi.
I primi due gruppi sono definiti in funzione dell’effetto acidificante o alcalinizzante che
gli alimenti esercitano sul corpo, mentre il terzo gruppo lo è in funzione della caratteristica
stessa dell’alimento, ossia il sapore acido, senza considerare l’effetto sull’organismo.
Perché questa distinzione?
Nei limiti del possibile le caratteristiche degli alimenti andrebbero sempre definite in
funzione dei loro effetti sull’organismo, anziché sulle qualità intrinseche, perché sono
questi effetti a interessare chi si preoccupa della propria salute. Un alimento può infatti
presentare caratteristiche alcaline ma avere un effetto acidificante. Succede con lo
zucchero raffinato, usato per rendere meno acido il sapore fortemente acidulo della frutta,
per esempio rabarbaro o ribes nero. Ma se questa neutralizzazione è concreta a livello di
sapore, non lo è a livello dell’organismo. Una volta metabolizzato, lo zucchero raffinato
produce numerosi acidi ed è dunque altamente acidificante. Nelle terapie è importante
conoscere questo effetto, che è determinante.
In dietetica un grande errore consiste nel considerare soltanto le analisi chimiche degli
alimenti, credendo che l’organismo trarrà grossi benefici dalle sostanze nutritive
menzionate nell’analisi.
In realtà, “l’alimento non ha alcun valore di per sé; ha valore solo in funzione del tubo
digerente che lo riceverà” (P.-V. Marchesseau). È difficile definire la qualità di un
alimento come l’erba, per esempio, che diventa buona o cattiva a seconda che entri nel
tubo digerente di una mucca o in quello di un essere umano! Lo stesso dicasi per gli
alimenti adatti all’uomo: la verdura cruda fa bene a un individuo in buona salute ma non a
un malato che soffre di enterite o colite. In quest’ultimo la scabrosità delle fibre nelle
verdure consumate irriterà ulteriormente l’apparato digerente già infiammato. I latticini
fanno bene alla maggior parte delle persone, ma non a quelle allergiche al lattosio ecc.
Conoscere gli effetti che gli alimenti eserciteranno è quindi fondamentale e i primi due
gruppi, quelli degli alimenti acidificanti e alcalinizzanti, comprendono prodotti classificati
in funzione degli effetti osservati sugli organismi viventi (di malati o di persone che
consumano tali alimenti).
Il terzo gruppo invece comprende alimenti il cui effetto non può essere definito con
chiarezza e in maniera definitiva come succede per i primi due. Infatti, varia secondo la
presenza o meno di una debolezza metabolica agli acidi. Questi alimenti, in primo luogo
frutta, siero di latte e aceto, sono alcalinizzanti sull’organismo che metabolizza
correttamente gli acidi deboli, ma acidificanti su quello che soffre di una debolezza
metabolica agli acidi. Poiché non possono essere definiti attraverso i loro effetti, questi
alimenti lo sono in base alle loro caratteristiche, cioè il sapore acido, come chiunque può
constatare consumandoli.
In genere gli alimenti del terzo gruppo sono associati agli alimenti alcalinizzanti, perché
tale è il loro effetto sulla maggior parte delle persone. Tuttavia è un errore adottare questa
classificazione, da un lato perché non corrisponde interamente alla realtà e dall’altro
perché chi si preoccupa del proprio equilibrio acido-base di solito presenta una debolezza
metabolica agli acidi. Per questi individui conoscere il terzo gruppo è quindi
fondamentale.
La conoscenza dei tre gruppi consente pertanto di scegliere senza rischiare errori gli
alimenti necessari per ripristinare l’equilibrio acido-base. La scelta degli alimenti avviene
secondo i seguenti principi generali:
• Per chi metabolizza correttamente gli acidi: le quantità di alimenti alcalinizzanti e
acidi devono essere superiori alla quantità di alimenti acidificanti.
• Per chi soffre di una debolezza metabolica agli acidi: la quantità di alimenti
alcalinizzanti deve essere superiore alle quantità di alimenti acidificanti e acidi.
Sono in questa sede tassative due osservazioni. In primo luogo, più la persona soffre di
disturbi causati da acidificazione o di una pronunciata debolezza metabolica agli acidi, più
le quantità di alimenti alcalinizzanti devono essere copiose in rapporto alle altre. Infatti,
quantunque le proporzioni di alimenti alcalinizzanti e acidi possano essere ciascuna del
50% in un individuo con equilibrio acido-base, devono corrispondere al 60, 70 o
addirittura 80% di alimenti alcalinizzanti negli altri.
Eliminare del tutto o troppo gli alimenti acidificanti non sarebbe cosa buona, perché in
questo gruppo si trovano alimenti ricchi di proteine (uova, latticini, carne, pesce). Un
adeguato apporto di proteine è indispensabile per fissare correttamente i minerali basici
nei tessuti. Questi ultimi hanno bisogno di proteine per produrre una buona trama tissutale
nella quale trattenere i minerali. In caso contrario, una parte dei minerali basici
abbandonerà il corpo e non sarà più disponibile quando l’organismo ne avrà bisogno per
neutralizzare gli acidi.
In secondo luogo, più la persona soffre di disturbi causati da acidificazione o di una
pronunciata debolezza metabolica agli acidi, più si impone la necessità di consumare una
notevole quantità di alimenti alcalini a ogni pasto. In tal modo la neutralizzazione degli
acidi alimentari e di quelli prodotti durante la digestione potrà avvenire direttamente
grazie alle basi fornite durante il pasto.
Questo apporto rappresenta un prezioso aiuto per l’organismo, perché senza di esso gli
acidi alimentari uscirebbero dall’intestino per penetrare nel corpo, il quale sarebbe
costretto ad attingere dalle riserve tissutali le basi necessarie alla neutralizzazione. Ne
risulterebbe una demineralizzazione dell’organismo e la comparsa di disturbi da
acidificazione.
Chi non soffre di debolezza metabolica agli acidi è meno legato alla necessità di
consumare più basi che acidi. Dispone infatti di buone riserve di basi che possono essere
sollecitate senza problemi di quando in quando per neutralizzare gli acidi provenienti dal
pasto esclusivamente o quasi esclusivamente composto da alimenti acidificanti.
Gli alimenti acidificanti
I prodotti acidificanti sono principalmente ricchi di proteine, carboidrati o grassi.

Gli alimenti acidificanti


• Carne, pollame, salumi, estratti di carne, pesce, frutti di mare (cozze, gamberetti
ecc.)
• Uova
• Formaggi (i formaggi stagionati sono più acidi di quelli freschi)
• Grassi animali (strutto e affini)
• Oli vegetali, soprattutto di arachidi, e oli raffinati o solidi (margarina)
• Cereali integrali o meno: frumento, avena ecc., soprattutto miglio
• Pane, pasta, fiocchi e alimenti a base di cereali
• Legumi: arachidi, soia, fagioli, fave ecc.
• Zucchero raffinato
• Dolciumi: sciroppi, pasticceria, cioccolato, caramelle, marmellate, canditi ecc.
• Frutta oleaginosa: noci, nocciole, semi di zucca ecc. (tranne le mandorle)
• Bibite industriali zuccherate: bevande a base di cola e altre
• Caffè, tè, cacao, vino

Gli alimenti ricchi di proteine (carne, latticini e legumi) sono acidificanti, da un lato
perché le loro trasformazioni digestive producono aminoacidi e dall’altro perché una volta
utilizzate dalle cellule, le proteine generano prodotti di degradazione acidi. L’acido urico,
per esempio, è una tossina assai nota che proviene principalmente dalle proteine utilizzate
per la costruzione del nucleo cellulare. In altre parole, si trova negli alimenti costituiti da
cellule, come la carne animale. Contrariamente alla carne e al pesce i latticini non
apportano acido urico, perché latte e formaggi non sono tessuti animali. Inoltre, gli
aminoacidi essenziali di cui sono costituite le carni animali contengono sempre fosforo e
zolfo, due minerali acidi.
Sebbene non costituiti da tessuti animali, i legumi (soia, ceci ecc.) apportano molto
acido urico, perché sono ricchi di purine. Di per sé alcaline, queste purine infatti vengono
trasformate in acido urico per essere eliminate. La presenza di grosse quantità di purine in
caffè, tè e cacao spiega il perché queste bevande, come pure il cioccolato, siano
acidificanti.
La natura acidificante degli alimenti ricchi di grassi (grasso animale utilizzato per la
cottura, grasso contenuto nelle carni animali, olio di frittura ecc.) è doppio. I grassi sono
utilizzati dall’organismo sotto forma di acidi grassi e gli acidi grassi saturi, di cui sono
ricchi gli alimenti di origine animale, sono difficili da metabolizzare. Quando la loro
utilizzazione e le trasformazioni che subiscono avvengono in maniera incompleta,
producono sostanze tossiche e acidi: acetoni, acetacetati, beta-idrossibutirrati ecc. Queste
sostanze, che rappresentano scorie e residui metabolici provenienti dalla degradazione dei
grassi, compaiono solo quando tale degradazione viene effettuata male, contrariamente
agli acidi grassi che scaturiscono in maniera naturale e inevitabile dalla digestione dei
grassi. Poiché il loro consumo oggigiorno è, generalmente parlando, troppo elevato,
l’acidificazione causata dai grassi è diffusa.
La natura acidificante dei carboidrati presenta cause dello stesso genere. Sotto forma di
amido i carboidrati racchiudono una moltitudine di molecole di glucosio: fino a 250.000,
quando bastano “solo” alcune centinaia di aminoacidi per produrre una proteina. Affinché
il corpo li possa utilizzare, i carboidrati vanno scissi in frammenti sempre più piccoli, fino
a raggiungere l’elemento costitutivo di base: la molecola di glucosio.
La produzione di acidi è soprattutto la conseguenza di una cattiva trasformazione delle
lunghe catene di glucosio. Proprio come i grassi e le proteine, i carboidrati attraversano
varie fasi durante la loro trasformazione, nelle quali cambiano caratteristica e diventano
acidi, mentre fino a quel momento erano basici. Se queste trasformazioni vengono
interrotte a metà, l’organismo si acidifica, perché le sostanze intermedie acide non
vengono ritrasformate in sostanze basiche, come dovrebbe normalmente accadere alla fine
del processo. Ai giorni nostri questa interruzione è diffusa, perché l’eccessivo consumo di
carboidrati (pane, cereali, pasta, biscotti) è molto comune e di solito si spinge oltre le
possibilità dell’organismo. Poco importa che i cereali siano raffinati o meno, il problema
rimane fondamentalmente lo stesso.
Se i cereali sono acidificanti, i chicchi germogliati non lo sono. Infatti, a causa della
radicale trasformazione nella loro composizione durante la germogliazione, questi chicchi
vengono considerati alimenti alcalinizzanti e classificati assieme alla verdura di colore
verde. In realtà non si tratta più propriamente di chicchi, bensì di giovani germogli, più o
meno freschi a seconda del momento in cui vengono consumati. La cosa vale anche per i
legumi germogliati (soia, fagioli, lenticchie, ceci ecc.).
Lo zucchero raffinato, che è costituito soltanto da due molecole (glucosio e fruttosio), è
acidificante per una ragione diversa da quella dei carboidrati dei cereali. La sua natura
acidificante e quella degli alimenti che lo contengono (marmellate, caramelle, cioccolato,
biscotti ecc.) deriva dal fatto di essere raffinato, privo di qualunque oligoelemento,
vitamina ed enzima; pertanto, in genere viene mal trasformato. L’organismo infatti non
può cedere all’infinito grosse quantità di vitamine e oligoelementi per operare la
trasformazione dello zucchero in energia. Tanto più che il consumo annuo di zucchero
raffinato supera i 40 kg a persona. Le trasformazioni quindi si fermano a stadi intermedi
acidi. Se lo zucchero bianco raffinato e tutti gli alimenti che lo contengono sono altamente
acidificanti, mentre gli zuccheri di frutta e verdura (carote, barbabietole) non lo sono, il
motivo è che questi ultimi contengono nei loro tessuti tutti gli oligoelementi, tutte le
vitamine e gli enzimi necessari alla loro trasformazione. Per lo stesso motivo neanche lo
zucchero integrale, cioè il succo di canna da zucchero evaporato, è acidificante. Di contro,
gli zuccheri di canna che hanno subito uno o più processi di raffinamento sono stati privati
di una parte delle loro vitamine e dei loro oligoelementi. Di conseguenza sono acidificanti,
a maggior ragione se si avvicinano allo zucchero bianco, il più acidificante di tutti. Il
fruttosio, lo zucchero della frutta che troviamo in commercio, è anch’esso privo di
qualunque vitamina e pertanto acidificante.
La frutta oleaginosa (escluse mandorle e noci brasiliane) è acidificante, che si tratti di
noci, nocciole, anacardi, noci pecan, noce di cocco o anche semi considerati sani: semi di
girasole, semi di zucca, di sesamo ecc. La loro natura acidificante è dovuta all’alto tenore
di grassi, proteine, fosforo e zolfo. Nella scelta degli alimenti occorre tuttavia prendere in
considerazione l’aspetto quantitativo. Pochi semi di girasole non acidificano l’organismo
tanto quanto 100 o 200 g di carne, benché questi alimenti figurino ambedue nell’elenco
degli alimenti acidificanti.
Per le loro caratteristiche, questi alimenti sono acidificanti per tutti. Non assomigliano
agli alimenti acidi, che sono acidificanti o alcalinizzanti a seconda delle capacità
organiche individuali. Il modo in cui l’organismo utilizza gli alimenti acidificanti conduce
infatti inevitabilmente alla produzione di acidi. È quindi consigliato fare attenzione al loro
consumo se si desidera evitare di acidificare il proprio organismo. Ciò detto, fare
attenzione non significa ridurli al massimo o eliminarli. Basta semplicemente evitare che
la quantità degli alimenti acidificanti sia superiore a quella degli alimenti alcalinizzanti, in
maniera generale durante la giornata o, meglio, a ogni pasto.
Gli alimenti alcalinizzanti
Gli alimenti alcalinizzanti sono principalmente composti da verdura di colore verde,
ortaggi di vari colori (tranne il pomodoro) e patate.
Questi alimenti sono alcalinizzanti da un lato perché sono ricchi di basi e non
contengono o contengono pochissime sostanze acide e dall’altro perché quando vengono
utilizzati dall’organismo non producono acidi. Benché il loro consumo sia
quantitativamente copioso, non avviene nessuna produzione di acidi, indipendentemente
dalle capacità metaboliche della persona che li consuma. Così come gli alimenti
acidificanti sono acidificanti per tutti, gli alimenti alcalinizzanti sono alcalinizzanti per
tutti. Sono questi gli alimenti che chi è affetto da squilibrio acido-base deve soprattutto
consumare.

Gli alimenti alcalinizzanti


• Patate
• Verdure di colore verde, crude o cotte: insalata, lattuga, fagiolini, cavoli ecc.
• Ortaggi di vari colori: carote, barbabietole ecc. (tranne il pomodoro)
• Mais (chicchi o polenta)
• Latte (liquido o in polvere), fromage blanc2 ben sgocciolato, panna, burro
• Banane
• Mandorle, noci brasiliane
• Castagne
• Frutta secca: datteri, uva passa (tranne la frutta di sapore acido: albicocche, mele)
• Acque minerali alcaline
• Bevande a base di mandorle
• Olive nere conservate sott’olio
• Avocado
• Olio da spremitura a freddo
• Zucchero integrale

Gli ortaggi verdi e di vari colori costituiscono la fonte principale di basi per l’organismo.
Se si desidera ritrovare e conservare l’equilibrio acido-base, dovrebbero essere presenti a
ogni pasto principale, siano essi in insalata, pinzimonio, cotti, in forma di succo o di
zuppa. L’unica eccezione è il pomodoro, molto acidificante sia crudo sia cotto.
Botanicamente parlando, in realtà non è un ortaggio, bensì un frutto.
La patata è ben nota per le sue proprietà antiacidità, essendo il succo raccomandato
contro l’acidità di stomaco e le ulcere. La sua ricchezza di basi la rende un alimento di
prima scelta contro l’acidificazione dell’organismo. Essendo un alimento farinoso, è
nutriente e sostituisce in maniera ottimale i cereali, che sono acidificanti. In altre parole, la
dieta di deacidificazione deve includere più patate che cereali.
Un altro alimento nutriente molto interessante per combattere l’acidità è la castagna.
Come la patata, si tratta di un farinaceo e quindi di un alimento che fornisce carburante
energetico. Ma ancora una volta questo carburante non è acidificante come lo sono i
cereali. Le castagne si cuociono arrosto o lesse e si mangiano con la verdura. La ricetta più
nota è quella del cavolo rosso con le castagne. Come le patate, le castagne si abbinano
bene al formaggio. Attenzione alla marmellata di castagne, che contiene zucchero.
Tra tutti i frutti, la banana è l’unico davvero alcalinizzante, perché il suo tenore di acidi
è talmente scarso da non renderla mai acidificante, anche se consumata regolarmente o in
grandi quantità. Al contrario gli altri frutti, anche quelli molto poco acidi come i meloni,
contengono tutti degli acidi e ciò fa sì che più ne consumiamo più possono esercitare un
effetto acidificante.
In linea generale la frutta secca (datteri, uva passa ecc.) è alcalinizzante, perché
essiccandosi una parte degli acidi viene ossidata. Lo è tuttavia di meno se posta a essiccare
prima della maturazione, come capita spesso con albicocche e mele. La natura alcalina
della frutta secca svanisce un po’ quando questa viene trattata con anidride solforosa per
favorirne la conservazione.
Mandorle e noci brasiliane sono gli unici frutti oleaginosi alcalinizzanti. Si possono
consumare così come sono, a pezzetti o tritati, abbinati a insalate, verdura o dessert.
Presso i negozi di alimenti biologici è reperibile una crema di mandorle non zuccherata
che, sciolta in acqua, consente di creare il latte di mandorle, bevanda molto gradevole e
alcalinizzante.
Le olive nere conservate in olio d’oliva sono alcalinizzanti, contrariamente a quelle nere
o verdi e conservate in salamoia acidulata.
Lo zucchero integrale non è propriamente alcalinizzante, cioè non alcalinizza il terreno
se consumato in abbondanza, ma se assunto moderatamente non lo acidifica come fanno
gli altri zuccheri. La stessa osservazione vale per mais, latte, fromage blanc sgocciolato,
panna, burro ecc., che se assunti con moderazione non acidificano l’organismo.
L’acqua ha in genere un pH pari a 7. Se è molto clorata diventa acida. Anche l’acqua
minerale gassata è acida, perché il gas utilizzato è l’anidride carbonica. Le principali
acque alcaline, cioè quelle con un pH superiore a 7, sono l’acqua Limpia (Italia), la
Contrexéville e la Évian (Francia) e la Henniez naturale (Svizzera).
Gli alimenti acidi
Questo gruppo comprende alimenti il cui effetto alcalinizzante o acidificante dipende dalle
capacità metaboliche dell’organismo in cui penetrano. Sono dunque designati non
attraverso il loro effetto (perché questo non può essere definito in anticipo), bensì in
funzione della loro caratteristica propria, cioè l’acido.
Tali alimenti contengono molti acidi, da cui il sapore. Si tratta di acidi deboli, cioè in
chi è in grado di ossidarli facilmente si trasformano in basi e di conseguenza alcalinizzano
l’organismo. In chi soffre di debolezza metabolica agli acidi però i numerosi acidi di
questi alimenti non vengono ossidati; eserciteranno dunque un effetto acidificante.
I principali alimenti acidi sono la frutta, il siero di latte e l’aceto.

Gli alimenti acidi


• Siero di latte: yogurt, latte fermentato, kefir, fromage blanc poco sgocciolato
• Frutta non matura (meno la frutta è matura, più è acida)
• Frutta acida: frutti di bosco (ribes, ribes nero, lamponi, fragole), agrumi (limoni,
pompelmi, mandarini, arance), certe varietà di mele (cloche) e di ciliegie (visciole),
prugne, albicocche
• Frutta dolce (soprattutto in eccesso): meloni, cocomeri ecc.
• Verdura acida: pomodori, rabarbaro, acetosella, crescione
• Crauti e ortaggi lattofermentati
• Succhi di frutta, succo di limone (nell’insalata!)
• Miele
• Aceto

Il sapore lievemente acidulo di mele e pere o fortemente acido di limoni e ribes indica il
loro più o meno alto tenore di acidi. Per questi alimenti si può utilizzare il senso del gusto
per individuarne il tasso di acidità. È altresì utile sapere che meno un frutto è maturo, più è
acido; la frutta molto matura è quella meno acida. È sufficiente pensare alle albicocche,
che sono molto acide prima della maturazione, anche se il colore è già arancio, ma
diventano alcaline quando maturano e sono molli “come marmellata”. In una stessa specie
di frutta, per esempio mele o ciliegie, il livello di acidità cambia secondo le varietà: le
mele cloche sono più acide delle Golden, le ciliegie visciole lo sono più delle duracine
ecc.
Il fatto di consumare succhi di frutta anziché frutta intera non rende quest’ultima meno
acida. Al contrario, i minerali alcalini si trovano innanzitutto nella polpa e quando
spremiamo un frutto vi rimangono. Pertanto, di solito non sono più presenti nel succo e
non possono neutralizzarne l’acidità. Il consumo di frutta sotto forma di succo altera
inoltre la percezione che possiamo avere delle quantità consumate. Se poche persone
consumano più di due arance al colpo, la maggior parte beve senza problemi due o tre
bicchieri di succo d’arancia, cioè l’equivalente di sei o otto arance!
Neanche la cottura della frutta ne riduce l’acidità. Nella maggior parte dei casi la
aumenta, perché una parte delle vitamine e degli enzimi viene distrutta. Inoltre, alla frutta
cotta spesso si aggiunge zucchero raffinato, la cui natura acidificante è ben nota.
Il caso del siero di latte è un po’ particolare. Questo alimento, che è la parte liquida del
latte cagliato tramite fermentazione, è un liquido giallo chiaro, trasparente. Lo si trova nel
fromage blanc poco sgocciolato, nello yogurt (il liquido che riempie la cavità quando
prendiamo una cucchiaiata di yogurt compatto dalla superficie del vasetto), nel kefir ecc.
Fresco, il siero di latte è alcalino, ma dopo una o due ore diventa acido. Produce
innanzitutto acido lattico, cioè un acido che, come quello della frutta, viene ossidato in
maniera relativamente facile e trasformato in base, purché l’organismo in questione non
soffra di una debolezza metabolica agli acidi. Se così è, gli acidi non vengono
metabolizzati e contribuiscono ad acidificare il terreno. Qualora si soffra di una carenza
metabolica agli acidi il siero di latte non più fresco, lo yogurt e il kefir sono pertanto
alimenti da tenere d’occhio, proprio come la frutta.
La fermentazione acida utilizzata per produrre lo yogurt può anche essere applicata agli
ortaggi o ai succhi, per facilitarne la conservazione. I prodotti ottenuti sono crauti, verdura
e succhi di verdura lattofermentati, come pure l’aceto. Per gli stessi motivi sopra citati,
questi alimenti saranno acidificanti per chi soffre di una debolezza metabolica, ma
alcalinizzanti per gli altri.
Il miele è moderatamente acido.
La natura acidificante o alcalinizzante della frutta, del siero di latte e dell’aceto è
oggetto di un continuo dibattito. Ovviamente chi non soffre di debolezza metabolica è
convinto della natura alcalinizzante della frutta, mentre gli altri sono persuasi del carattere
acidificante, avendolo sperimentato su se stessi. Questa controversia non dovrebbe
nemmeno aver luogo. Si tratta di alimenti a volte acidificanti e a volte alcalinizzanti, per
cui come tali fanno parte di un gruppo distinto, quello degli alimenti acidi.
Nei casi estremi di acidificazione, l’eliminazione della frutta non dovrebbe far temere,
come ritengono alcuni, un insufficiente apporto di vitamine. Certo, la frutta è una
straordinaria fonte di vitamine, ma anche la verdura ne contiene parecchie, di vario tipo.
Giacché gli ortaggi devono formare la base dell’alimentazione dei soggetti con terreno
acidificato, le quantità consumate copriranno senza problemi il fabbisogno di vitamine.
L’eliminazione degli alimenti acidi non causa problemi gravi, perché non si tratta di
alimenti indispensabili come lo sono quelli di natura acidificante. La frutta fresca può
essere sostituita con frutta secca, i prodotti caseari ricchi di siero di latte con quelli che ne
sono privi e i prodotti lattofermentati con ortaggi freschi. In pratica, per chi soffre di
debolezza metabolica è spesso necessario eliminare del tutto gli alimenti acidi per qualche
settimana o mese. Questa restrizione non ha mai causato problemi, a parte il desiderio di
gustare i suddetti alimenti. Cionondimeno, i benefici della deacidificazione che queste
privazioni offrono sono tali da compensare ampiamente gli sforzi.
L’eliminazione degli alimenti acidi è d’altro canto raramente definitiva, perché con il
tempo, deacidificandosi, la tolleranza dell’organismo nei confronti degli acidi aumenta.
Permette quindi di reintrodurli, ovviamente in quantità adatte a ciascuno.
Otto regole per mangiare secondo l’equilibrio acido-base
I pochi principi generali cui occorre fare riferimento per scegliere in maniera idonea le
proporzioni di alimenti acidificanti, alcalinizzanti e acidi si possono esprimere in quattro
regole generali, cui si aggiungono altre quattro regole per chi soffre di debolezza
metabolica agli acidi.
Regola 1:
un pasto non deve mai essere costituito solo da alimenti acidificanti, bensì
dovrebbe sempre contenere alimenti alcalini
Un pasto di pasta e carne o di pesce e riso, con un dolce per
dessert accompagnato da un caffè, non è un menù consigliato,
essendo interamente composto da alimenti acidificanti. Lo
stesso dicasi per un pasto a base di pasta e sugo di pomodoro
accompagnata da un dessert zuccherato. Aggiungendo a questi
pasti delle verdure sotto forma di insalate, pinzimonio o
verdura cotta, l’apporto di basi alimentari compenserebbe
almeno in parte quello di acidi. Le verdure sono talvolta
presenti durante i pasti, ma in quantità generalmente così
ridotte che l’effetto è trascurabile. Questo ci conduce alla
seconda regola.
Regola 2:
in uno stesso pasto la quantità di alimenti alcalinizzanti deve essere maggiore
di quella di alimenti acidificanti
Le proporzioni tra alimenti produttori di basi e alimenti
produttori di acidi devono essere sempre a favore degli
alimenti alcalinizzanti. In questo modo gli acidi potranno
essere neutralizzati a livello intestinale o tissutale senza che il
corpo debba attingere alle sue riserve.
Regola 3:
la proporzione di alimenti alcalinizzanti sarà tanto maggiore quanto più
pronunciata è l’acidificazione del terreno o quanto più la persona è
metabolicamente debole agli acidi
Più l’organismo è esaurito o debole, meno riserve basiche ha a
disposizione del sistema tampone e meno è capace di ossidare
gli acidi. Fornendogli pochi acidi grazie a un’alimentazione
idonea, se ne allevia la fatica di mantenere l’equilibrio acido-
base.
Regola 4:
un regime composto esclusivamente da vegetali alcalini è possibile, ma solo
per un periodo limitato (una o due settimane)
Un regime esclusivamente alcalino, cioè composto unicamente
da verdura, patate, banane, mandorle ecc., non può durare
all’infinito, perché è carente di proteine. Tali regimi sono utili
allorché l’acidificazione è molto forte e i disturbi che ne
conseguono si manifestano in maniera acuta, violenta e
dolorosa. La brusca e totale eliminazione degli acidi permette
di alleviare rapidamente il malato, per ricondurlo più in fretta
al normale equilibrio acido-base.
Un regime esclusivamente alcalino deve quindi rimanere una
misura terapeutica di breve durata, per non mettere in pericolo
l’organismo.
A queste quattro regole se ne aggiungono altre quattro per chi soffre di debolezza
metabolica agli acidi.
Regola 5:
un pasto non deve mai essere costituito solo da alimenti acidi, ma dovrebbe
sempre contenere alimenti alcalini
Questa regola corrisponde alla n. 1, ma qui si tratta di alimenti
acidi e non più acidificanti. Consumare esclusivamente frutta,
yogurt o bere solo siero di latte è fortemente sconsigliato,
perché l’apporto di acidi non viene compensato da nessuna
base alimentare e questo costringe il corpo ad attingere dai
suoi tessuti. Il rischio di disturbi causati dalla
demineralizzazione è dunque molto alto. Questi disturbi
verranno del resto ben presto avvertiti dalla persona in
questione (improvviso calo della vitalità, irritazione ai denti,
sensazione di freddo, prurito, dolori articolari ecc.).
Gli alimenti basici che ben si accompagnano alla frutta fresca
sono il formaggio Seras, il fromage blanc, la panna, le
mandorle, le banane, l’insalata o l’abbinamento di verdura
cruda e frutta.
Regola 6:
le quantità di alimenti acidificanti e acidi vanno adattate alle capacità
metaboliche personali
Di rado le debolezze metaboliche agli acidi sono totali; in
genere sono più o meno pronunciate secondo la persona (e le
circostanze: stress, stanchezza, lavoro, vacanze). Ciò significa
che ognuno tollera un certo livello di acidi, livello che non va
superato, pena lo spingersi oltre le capacità organiche.
Fintanto che la quantità di acidi prodotta è inferiore a questo
livello, il corpo riesce a neutralizzarli ossidandoli e non si
manifesta nessun disturbo da acidificazione. Alcune persone
molto sensibili sanno benissimo che mezza mela Golden la
possono mangiare, ma non di più, mentre un quarto di mela
cloche è per loro già troppo. Per la stessa persona, quindi, un
alimento può essere acidificante oltre una certa quantità, ma
alcalinizzante o neutro in quantità inferiore.
Le persone metabolicamente deboli possono dunque
consumare senza problemi alimenti acidi, purché ne adattino la
quantità alla loro capacità. La soglia di tolleranza da non
oltrepassare è individuale e può variare nel tempo. Ciascuno la
scoprirà con l’esperienza e l’osservazione.
Regola 7:
gli alimenti acidi non vanno consumati con una frequenza troppo ravvicinata
Una persona che soffre di debolezza metabolica agli acidi ma
presenta un equilibrio acido-base può in genere far fronte a un
brusco apporto di acidi attingendo alle sue riserve, purché
questo consumo sia in via eccezionale, per esempio dopo aver
mangiato troppa frutta. Trattandosi infatti di un prelievo unico,
l’equilibrio acido-base non verrà messo in pericolo e non avrà
luogo alcun disturbo da acidificazione.
Trascorrerà però un certo tempo prima che le riserve vengano
ripristinate e l’organismo possa nuovamente far fronte senza
problemi a un apporto di acidi. Se prima di questa scadenza il
consumo di un altro frutto porta ancora acidi, l’organismo
dovrà attingere nuovamente alle sue riserve già ridotte. Queste
allora potranno dimostrarsi insufficienti e l’equilibrio acido-
base sarà compromesso. Compariranno disturbi da
acidificazione, non perché l’organismo non sia in grado da
solo di neutralizzare quel frutto (lo aveva già fatto la prima
volta) ma perché il frutto è stato consumato troppo
rapidamente dopo il primo.
Distanziando l’assunzione di questi alimenti difficili da
metabolizzare, se ne aumenta la tolleranza personale nei loro
confronti. Questo fatto è utile da sapere, perché permette di
ampliare la scelta di alimenti da consumare.
Regola 8:
gli alimenti acidi vanno consumati quando l’organismo è pronto a riceverli
Un proverbio arabo dice che “le arance sono d’oro al mattino,
d’argento al pomeriggio e di piombo la sera”. Per chi soffre di
debolezza metabolica, è vero il contrario: le arance e la frutta
in generale sono nocive al mattino ma molto più benefiche di
pomeriggio o la sera. Il motivo è che il “motore organico” ha
avuto il tempo, una volta giunto il pomeriggio, di riscaldarsi e
avviarsi normalmente. Certi impiegano del tempo a svegliarsi
fisicamente al mattino. Il cuore batte più lentamente, la
pressione sanguigna è bassa, gli scambi cellulari, tra cui
l’ossidazione, avvengono al rallentatore. Solo dopo essersi
attivati per qualche ora e aver consumato uno o due pasti il
loro organismo trova una velocità di crociera.
Se questa persona consumasse frutta al mattino o bevesse una
spremuta d’arancia in presenza non solo di una debolezza
metabolica agli acidi, ma anche di un organismo che lavora
ancora al di sotto delle sue capacità reali, l’ossidazione degli
acidi avverrebbe in modo persino peggiore del solito.
Analogamente, gli alimenti acidi si metabolizzano meglio
d’estate, con un tempo caldo e soleggiato, come pure quando
siamo riposati e non stanchi.
4
Classificazione degli alimenti secondo il loro potere
di acidificazione

Nel capitolo precedente gli alimenti sono stati suddivisi in tre grandi categorie
caratteristiche. All’interno di una stessa categoria non sono però ugualmente
alcalinizzanti, acidificanti o acidi. Certi lo sono più di altri. Per esempio, il riso e il miglio
appartengono entrambi alla categoria degli alimenti acidificanti, ma il miglio è molto più
acidificante del riso. È quindi possibile, per ciascuna categoria, precisare ulteriormente la
classificazione.
La classificazione per cui abbiamo optato presenta gli alimenti in una tabella di tre
colonne, nelle quali l’accento viene posto talvolta sulla natura alcalinizzante e talvolta su
quella acidificante. Nel primo caso gli alimenti alcalini sono suddivisi in alimenti molto
alcalini e poco alcalini, seguiti da quelli acidificanti; nel secondo, in alimenti
alcalinizzanti, seguiti da alimenti poco acidificanti e molto acidificanti.
Questa suddivisione è utile per evitare che una persona con terreno acidificato consumi,
per un motivo o per l’altro, solo alimenti poco alcalinizzanti, quando potrebbe consumare
tranquillamente alimenti molto alcalinizzanti, che le sarebbero d’aiuto ben più grande per
correggere il terreno.
Tuttavia, non si tratta di una classificazione precisa nella quale ciascun alimento occupa
un posto determinato in rapporto agli altri, bensì di una a grandi gruppi. Mancano infatti i
criteri oggettivi per stabilire una gerarchia esatta. L’analisi della composizione chimica
degli alimenti, talvolta utilizzata, non lo è, perché non tiene conto di ciò che avviene una
volta ingerito l’alimento. Come abbiamo visto, digestione e utilizzazione degli alimenti ne
modificano le proprietà. Ci siamo quindi basati sull’esperienza, cioè sull’osservazione
degli effetti di questi alimenti sull’organismo.
Detto questo, siamo consapevoli che certi vedono meglio un alimento o l’altro in una
colonna diversa da quella in cui lo abbiamo collocato. È normale, perché ognuno ha
debolezze del tutto personali agli alimenti. Capita infatti che un alimento sia ritenuto
molto acidificante da qualcuno, mentre per la maggior parte delle persone lo è solo
leggermente. Nel dubbio, è opportuno per ciascuno seguire la propria esperienza
personale, anziché basarsi esclusivamente sulla teoria.
A parte queste eccezioni, la classificazione delle tabelle è valida per gran parte delle
persone. Per le altre, sarà utile a guidarne i primi passi, in attesa di redigere le loro
personali tabelle. In altre parole, in attesa di scoprire come individualizzare la loro
alimentazione rispetto alle particolari possibilità organiche.
La frutta fresca
La classificazione della frutta fresca vale soltanto per chi soffre di debolezza metabolica
agli acidi, perché per gli altri tutta la frutta è alcalinizzante, dato che possono ossidarne gli
acidi.
La tabella sotto riportata presume altresì che la frutta in esame sia matura, altrimenti la
distinzione tra frutta più o meno acidificante non potrebbe essere fatta, considerato che in
certi casi il livello di acidità di un frutto alcalinizzante ma non maturo può essere pari a
quello di un frutto poco acidificante e molto maturo.
Ma cos’è un frutto maturo? Ai nostri giorni, la maggior parte delle persone non
possiede né orti né frutteti. Di conseguenza, acquista la frutta nei negozi. Per soddisfare le
richieste del mercato, però, la frutta viene raccolta ben prima della maturazione. Essendo
ancora verde e dura, è meno fragile. Pertanto, non si deteriora così rapidamente dopo la
raccolta, né durante i continui trasporti e immagazzinamenti che avranno luogo presso il
produttore, il grossista, il rivenditore e il consumatore. Il fatto che la frutta non sia matura
consente una miglior gestione delle scorte, perché lo smaltimento della merce può
facilmente essere adattato ai bisogni del mercato.
La raccolta anzitempo ha la conseguenza negativa che la frutta non arriva mai a una
vera maturazione, cosa che la renderebbe morbida, profumata, dolce e succosa. Molti di
coloro che durante un soggiorno in campagna hanno l’occasione di assaporare un frutto
maturato sull’albero all’aria aperta e baciato dai raggi del sole non smettono di ripetere
quanto possa essere buono e diverso quel frutto da quelli che di solito consumano. Si
rendono anche conto di quanto una vera maturazione della frutta sia diversa da quella che
fino ad allora avevano considerato maturazione autentica.
Questione del gusto a parte, la naturale maturazione della frutta produce anche
modificazioni importantissime nel tenore di acidi. Quest’ultimo è nettamente inferiore a
quello della frutta raccolta prima della maturazione. Avevamo già visto che più un frutto è
maturo, meno è acido. Adesso dobbiamo aggiungere che la rimanente acidità è tanto meno
forte quanto più la frutta è maturata in maniera naturale e dunque sul ramo.
Per illustrarlo citiamo l’esempio di una paziente che soffriva di debolezza metabolica
agli acidi e il cui consumo d’arance, che amava molto, le provocava regolarmente disturbi
da acidificazione. Con suo grande stupore, durante un viaggio in un paese produttore
d’arance in un periodo in cui le arance erano mature, è riuscita a mangiarne più di un chilo
al giorno senza avvertire il minimo fastidio! Avendo raggiunto la piena maturazione al
sole e non nei magazzini in cui vengono collocate prima di maturare, quelle arance
contenevano quantità minime di acidi, più facili da metabolizzare.
Ciascun frutto forma un tutt’uno e se possibile va consumato intero, cioè con buccia e
semi. Ovviamente il nocciolo di albicocche, ciliegie ecc. è troppo grosso per essere
inghiottito e digerito dal nostro tubo digerente. Ma i semi di mela, arancia, uva ecc.
apportano elementi da cui l’organismo può trarre beneficio e che gli sono utili per
metabolizzare correttamente il frutto. Inoltre, la buccia della frutta contiene numerosi
minerali ed enzimi che favoriscono la neutralizzazione degli acidi nella polpa. È quindi
sbagliato sbucciare le mele e le pere o eliminare la buccia di fichi, uva, prugne ecc. Solo la
buccia di arance, clementine, meloni e melograno va gettata, anche se non è stata trattata
in superficie.
La frutta fresca può essere mangiata così com’è o grattugiata, un tipo di frutta alla volta
o un mix (macedonia). Poiché per natura la frutta matura è dolce, non serve aggiungervi
zucchero, tanto più che questo è acidificante. È altresì utile evitare di consumarla assieme
ai cereali, per esempio nel muesli (Bircher), perché la combinazione di frutta fresca e
fiocchi è molto indigesta e in genere causa fermentazione, grande produttrice di tossine
acide.
La cottura della frutta non ne riduce l’acidità. Nella preparazione di composte e crostate
occorre utilizzare mele mature e non, come spesso accade, mele verdi cadute
prematuramente.
Il fatto di grattugiare la frutta la rende più basica, perché il contatto della polpa con
l’aria permette a una parte degli acidi di ossidarsi.
La banana, unico frutto alcalinizzante, non viene ben digerito da tutti. Ancora una volta,
ciò di solito nasce dal fatto che viene mangiata prima della maturazione. Una banana
matura possiede una polpa dolce e morbida. Si può aumentarne il tenore di zuccheri
schiacciandola in purea con una forchetta e lasciandola esposta all’aria per una decina di
minuti prima di consumarla.
Un altro modo di neutralizzare l’aggressività degli acidi della frutta consiste nel
consumarla con del fromage blanc, del formaggio Seras o della panna. La cosa è di fatto
ben nota e radicata nelle tradizioni, perché frutta come fragole, lamponi ecc. in genere
viene abbinata alla panna.
Tabella della frutta fresca

Alcalinizzante Poco acidificante Molto acidificante

Frutta

• Mele: Golden
• Pere: Williams, Beurrée, Buona Luisa
• Uva
• Cloche, da sidro
• Prugne
• Altre pere
• Albicocche molto mature

• Ciliegie: duracina
• Pesche noci, Regina Claudia
• Pesche
• Altre albicocche
• Fichi
• Visciole
• Susine Mirabella
• Melone
• Cocomero

Frutti di bosco
• Fragole: piccole, acidule
• Ribes
• Fragole: grosse, dolci • Lamponi
• Uva spina • Ribes nero
• Mirtilli • Olivello spinoso
• Prugnola
• More

Agrumi

• Mandarini
• Arance
• Clementine
• Limoni
• Pompelmi

Frutta esotica

• Mango
• Ananas
• Banane • Melograno
• Kiwi
• Cachi
La frutta secca
Si tratta di una categoria di frutta acquosa che ha perduto gran parte dell’acqua costitutiva
e quindi del succo dopo essere stata posta a essiccare al sole o in forno. Un’unica
eccezione: i datteri, naturalmente poveri d’acqua, che ancora sull’albero hanno già
l’aspetto con cui sono conosciuti.
Poiché la frutta secca è dolcissima per natura, di solito non vi si aggiunge zucchero
prima della vendita, a parte certi datteri che sono ricoperti di sciroppo di glucosio.
Ovviamente più un frutto fresco è maturo e dolce prima dell’essiccazione, più risulterà
alcalino dopo il procedimento. Inoltre, l’acidità della frutta fresca si riduce durante
l’essiccazione, grazie all’ossidazione degli acidi.
Il consumo di frutta secca è in genere limitato e molti non ne mangiano quasi mai.
Essendo un alimento alcalinizzante, il consumo va però incoraggiato, perché permette a
chi è sensibile agli acidi della frutta fresca di consumarne comunque, sotto una forma
adatta allo stato.
Dato che la frutta secca è alquanto concentrata, alcuni non la digeriscono facilmente, a
meno di non lasciarla in ammollo per dodici o ventiquattro ore in acqua per reidratarla.
Resa meno concentrata e consumata con o senza il liquido di ammollo, la frutta secca si
digerisce facilmente.
Oltre a consumarla così com’è o in ammollo, la si può anche usare per deliziosi dessert,
mescolando la frutta e l’acqua di ammollo a del formaggio Seras o fromage blanc.
Tabella della frutta secca

Alcalinizzante Poco acidificante Molto acidificante

• Prugne secche
• Pere
• Uva passa
• Mele
• Albicocche dolci, essiccate naturalmente • Albicocche trattate con
• Pesche
• Banane anidride solforosa
• Fichi
• Datteri
• Mango
• Ananas
La frutta oleaginosa
Come indica il nome, la frutta oleaginosa è ricca di olio, che rappresenta all’incirca il 50%
del peso. Molti la considerano un alimento superfluo e la consumano solo sporadicamente,
per esempio se presente nei biscotti o nelle torte.
Tra tutta la frutta oleaginosa, solamente due tipi sono davvero alcalini: mandorle e noci
brasiliane. Tuttavia, le proprietà alcalinizzanti sono in primo luogo presenti nelle
mandorle, che di conseguenza dovrebbero essere consumate regolarmente da chi ha un
terreno acidificato. Anche le olive nere sono alcalinizzanti, contrariamente alle olive verdi,
ma solo se conservate in olio e non in un preparato contenente aceto.
La frutta oleaginosa si consuma tale quale, una varietà alla volta oppure in un mix, con
o senza frutta secca. Per l’elevata concentrazione di principi nutritivi, è preferibile non
mescolarne troppe varietà, per non complicare la digestione. Tritata o in farina, la frutta
oleaginosa può essere aggiunta a macedonie, insalate e verdura cruda oppure cosparsa sul
pane imburrato. In commercio si trovano burri di mandorle, nocciole ecc. Molto
concentrati, sono utilizzati come creme spalmabili. Quello di mandorle può essere usato
per preparare il latte di mandorle.
Tabella della frutta oleaginosa

Alcalinizzante Poco acidificante Molto acidificante

• Noci
• Nocciole
• Anacardi
• Arachidi
• Mandorle • Sesamo
• Noci pecan
• Noci brasiliane • Pinoli
• Pistacchi
• Olive nere (sott’olio) • Noce di cocco
• Semi di zucca
• Olive verdi
• Semi di girasole
• Olive sottaceto
La verdura
A esclusione di pomodori e melanzane, decisamente acidificanti, tutta la verdura è
alcalinizzante e dovrebbe rappresentare una parte importante di ciascun pasto in chi ha un
terreno acidificato. Cionondimeno, abbiamo operato una distinzione tra verdure molto
alcalinizzanti e verdure meno alcalinizzanti. Queste ultime sono state collocate nella
seconda colonna, quella degli alimenti poco alcalinizzanti. Si tratta di ortaggi bianchi e
ortaggi solforosi.
Contrariamente alle altre verdure, gli ortaggi bianchi (sedano, indivia ecc.) ricevono
pochissimo sole o non ne ricevono affatto e la ricchezza di minerali, come pure la capacità
di rimineralizzazione, è minore.
In quanto agli ortaggi solforosi (ravanelli, cipolle ecc.), forniscono minerali in grado di
rimineralizzare un organismo acidificato, ma contengono anche zolfo, che è acido. Nei
soggetti sensibili quest’ultimo eserciterà non solo una lieve azione acidificante, ma anche
irritante sulle mucose digestive che lo ricevono. Lo stesso accade per le mucose
respiratorie e per la pelle che lo eliminano, organi già indeboliti e sensibili in chi ha un
terreno acidificato. Ciò si tradurrà in disturbi digestivi, tosse e irritazione, pruriti o
eczema. Ma, lo ripetiamo, la cosa riguarda soltanto gli individui molto sensibili e quando
questi ortaggi vengono consumati in quantità eccessiva.
Gli ortaggi bianchi e solforosi si possono pertanto consumare, ma per garantirsi una
buona rimineralizzazione è preferibile consumare in primo luogo ortaggi verdi, di vari
colori, patate e certi ortaggi-frutto.
La verdura si consuma cruda, cotta, nelle zuppe o sotto forma di succo. Se cruda,
occorre fare attenzione che il condimento non sia troppo acido, per non annullare le
proprietà alcalinizzanti degli ortaggi. Spesso i condimenti contengono troppo aceto o
succo di limone. Questa forte acidità non solo rovina il sapore della verdura, ma acidifica
anche fortemente l’organismo di chi metabolizza male gli acidi. Per queste persone l’aceto
e il succo di limone non si dosano in cucchiai come l’olio, bensì in cucchiaini.
L’esperienza inoltre ha dimostrato che, in genere, l’aceto è meno acidificante del succo di
limone.
La verdura cotta non contiene più tutte le vitamine della verdura cruda, perché queste
vengono in parte distrutte dalla cottura. Tuttavia il tenore di minerali, che ci interessa in
primo luogo per ripristinare l’equilibrio acido-base, non viene alterato dalla cottura in
tegame, al vapore o al forno. Al contrario, la cottura in acqua bollente tende a sottrarre
minerali agli ortaggi per trasferirli nell’acqua di cottura, acqua che in seguito viene gettata
assieme a questi preziosi elementi.
La verdura può costituire una parte del pasto o anche la totalità, per esempio in una
zuppa. Non raccomanderemo mai abbastanza le zuppe fatte in casa, soprattutto in inverno,
perché non solo rimineralizzano l’organismo (nelle zuppe l’acqua di cottura, ricca di
minerali, viene consumata con la verdura), ma riscaldano anche le persone con terreno
acidificato, che spesso sono freddolose a causa della demineralizzazione.
Tabella della verdura

Molto alcalina Poco alcalinizzante Acidificante

• Patate

Ortaggi verdi

• Insalate: lattuga cappuccina,


cicoria, scarola, lattuga, tarassaco,
valeriana
• Cavolo verde
• Sedano verde
• Fagiolini

• Finocchio
• Bieta (foglie)
• Carciofi
• Broccoli
• Cavolini di Bruxelles

Ortaggi colorati

• Spinaci
• Carote
• Barbabietola

• Cavolo rosso
• Fagiolini gialli
• Patate dolci

Ortaggi-frutto

• Zucca • Pomodori
• Zucchine • Avocado • Melanzane
• Zucchine patissone • Cetriolini sottaceto

Verdura bianca

• Indivia
• Insalata a foglia bianca
• Sedano
• Salsefica

• Tuberina
• Pastinaca
• Topinambur
• Cavolfiore
Ortaggi solforosi

• Ravanelli
• Rape
• Peperoni
• Cipolle
• Aglio
• Scalogni
• Asparagi

Il succo di verdura casalingo è più benefico, perché è fresco. Quelli in commercio sono
oggetto di vari procedimenti di conservazione. L’unico succo cui le persone sensibili
devono fare attenzione è quello della lattofermentazione, che rende la bevanda
leggermente acida, cosa mal tollerata dal loro organismo. Per preparare il succo è possibile
utilizzare un’unica varietà di verdura o varie alla volta (cocktail). In ogni caso, è
preferibile usare ortaggi da agricoltura biologica, per evitare di assorbire prodotti chimici.
Se il sapore del succo è troppo pronunciato, lo si può diluire con un po’ d’acqua.
I cereali
I cereali vengono preparati in vari modi: chicchi interi (riso, farro ecc.), chicchi macinati
(polenta, cuscus, pil-pil), schiacciati (fiocchi) o sotto forma di farina da incorporare alle
pietanze (salse), nei panificati (pane, fette biscottate, biscotti) oppure nei preparati per
dolci e altri impasti.
Tutti i cereali e i loro sottoprodotti sono acidificanti, tranne il mais. Lo sono tanto
maggiore è la loro raffinazione. Per esempio, il riso raffinato è più acidificante del riso
integrale.
Tra tutti i cereali, il più acidificante è il miglio. È importante saperlo, perché
quest’ultimo viene spesso raccomandato per le sue proprietà rimineralizzanti in caso di
perdita di capelli, reumatismi ecc., grazie all’alto tenore di silice. Tuttavia, la silice è un
minerale acido, giacché si presenta sotto forma di acido silicico. Le proprietà
rimineralizzanti del miglio sono innegabili, ma chi è sensibile agli acidi dovrebbe evitare
di consumarlo, perché il tenore di silice va oltre le sue capacità organiche.
Il pane bianco è più acidificante del pane integrale o di segale, perché essendo
sprovvisto di vitamine, oligoelementi ed enzimi che ne favoriscono la digestione, produce
numerosi acidi, come lo zucchero bianco. Anche il pane con pasta madre è stato collocato
nella colonna degli alimenti acidificanti, giacché la pasta madre utilizzata per lievitarlo lo
rende acido, cosa che si può tranquillamente verificare assaporandolo. Di per sé è un
ottimo pane, ma è troppo forte per le capacità digestive di molti, soprattutto di chi è
sensibile agli acidi. Di conseguenza, verrà mal metabolizzato.
Tabella dei cereali

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Cereali integrali, in chicchi, macinati o



germogliati

• Frumento
• Miglio
• Riso integrale
• Riso bianco
• Segale

• Orzo

• Farro
• Mais
• Grano saraceno

• Quinoa

• Pil-pil
• Cuscus
• Semola integrale
• Semola
• Crema di riso

Pane
• Pane integrale (senza pasta madre) • Pane con pasta madre

• Pane di segale • Pane bianco

Fette biscottate

• Fette biscottate integrali • Fette biscottate con farina raffinata

Pasta

• Pasta integrale • Pasta non integrale

Fiocchi

• Fiocchi di cereali integrali, messi in ammollo • Fiocchi dolcificati


per circa 10 ore • Muesli dolcificato
• Fiocchi cotti al naturale (cornflakes) • Fiocchi cotti dolcificati

Barrette di cereali

• Barretta integrale al naturale • Barretta molto dolcificata o con cioccolato

Biscotti e torte

• Biscotti integrali semplici e poco dolcificati • Biscotti di farina raffinata, con zucchero
bianco e cioccolato

• Plum cake, crostate

• Impasto per torte con farina integrale • Impasto per torte con farina raffinata

Grigliare o tostare il pane ne facilita la digestione, perché la cottura dei cereali corrisponde
a una specie di predigestione. Ecco perché la crosta del pane è più facile da digerire
rispetto alla mollica, essendo quest’ultima stata cotta di meno. Cuocendo una seconda
volta la mollica mediante tostatura, il pane diventa ancora più digeribile, cosa che ne
riduce un po’ la natura acidificante. Per il medesimo motivo le fette biscottate, interamente
costituite da crosta, sono anch’esse meno acidificanti del pane fresco. Lo stesso dicasi per
il pane raffermo.
Vi è una differenza tra i fiocchi croccanti e quelli che non lo sono. Come menzionato in
precedenza, la cottura corrisponde a una specie di predigestione. I fiocchi cotti divengono
croccanti (per esempio i cornflakes), contrariamente agli altri che lo sono meno (per
esempio l’avena usata per il muesli).
La pasta è acidificante, soprattutto se servita con sugo di pomodoro, ortaggio
acidificante per eccellenza. Servita al naturale, in bianco o con un po’ di formaggio
grattugiato la pasta, preferibilmente integrale, è assai migliore di quella al pomodoro.
Le crostate di frutta associano vari ingredienti acidificanti: l’impasto, lo zucchero e la
frutta, quest’ultima spesso non matura. È preferibile consumarle solo sporadicamente e
preparate con frutta matura, come pure con mandorle tritate o panna per compensare
l’acidità del piatto.
I latticini
Il latte intero, crudo o pastorizzato, è alcalinizzante. Diventa tuttavia acidificante quando
viene sterilizzato, uperizzato, omogeneizzato ecc., perché è via via più difficile da
metabolizzare. Benché di per sé sia alcalino, agli adulti non è consigliato berlo perché non
possiedono più le secrezioni gastriche necessarie a cagliare il latte, come succede nei
bambini. Ingerito sotto forma di frullato di frutta, questo inconveniente però sparisce,
giacché l’acidità della frutta caglia il latte nello stomaco. Con l’aggiunta di cioccolato e
zucchero il latte diventa una bevanda acidificante, a causa di questi ingredienti.
I formaggi a pasta dura o molle sono acidificanti e lo sono maggiormente quanto più
sono grassi, forti e stagionati.
Se ben sgocciolato e consumato con moderazione, il fromage blanc è lievemente
alcalinizzante. Tuttavia, più siero di latte contiene (e più quest’ultimo è vecchio), più
diventa acido. Inoltre, non diventa solo più acidificante, ma i suoi acidi lattici, in origine
levogiri L+, si trasformano in destrogiri D-. Questi ultimi sono molto più difficili da
metabolizzare per l’organismo, che li ossida male perché non possiede l’enzima specifico
per trasformarli. La maggior parte di questi acidi non è assimilata né utilizzata dal corpo,
bensì direttamente eliminata con le urine nelle ore che seguono il consumo. Tale
eliminazione però non avviene senza inconvenienti, perché per neutralizzare l’acidità
occorre cedere delle basi. In seguito al consumo di questo genere di acidi lattici si verifica
dunque una tendenza alla demineralizzazione.
L’acido lattico L+ invece è molto fisiologico. In questa forma il nostro corpo trasforma
il lattosio ed è altresì sotto questa forma che i nostri muscoli producono acido lattico
bruciando zuccheri. In eccesso questo acido produce rigidità. L’organismo possiede gli
enzimi necessari per trasformare l’acido lattico L+, cosa che lo rende di per sé non
acidificante.
Durante la fabbricazione dello yogurt la proporzione di acidi lattici L+ può cambiare del
tutto secondo i fermenti utilizzati. È molto elevata nelle nuove varietà di yogurt, genere
bifidus, e molto bassa negli yogurt tradizionali. Il latte acidulato, da poco presente sul
mercato, è anch’esso principalmente costituito da acido lattico L+. Non essendo preparato
con i fermenti dello yogurt, non ha nemmeno l’inconveniente di essere acidificante come
quest’ultimo; ecco perché, contrariamente allo yogurt, viene classificato tra gli alimenti
alcalinizzanti.
Il burro fresco e crudo, consumato con moderazione, è alcalinizzante, ma smette di
esserlo se consumato in grandi quantità o, peggio, cotto.
Le uova sono leggermente acidificanti. Solo il tuorlo sarebbe alcalinizzante.
Tabella dei latticini

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti


Latte

• Latte pastorizzato
• Latte crudo intero • Latte uperizzato
• Frullato di frutta
• Frullato di banana • Latte al cioccolato
• Crème fraîche

Burro

• Burro fresco • Burro cotto

Fromage blanc

• Fresco e sgocciolato
• Poco sgocciolato
• Seras

Yogurt

• Yogurt più vecchio



• Yogurt fresco • Yogurt destrogiro

• Yogurt levogiro (bifidus) • Yogurt zuccherato + frutta
• Latte acidulato
• Yogurt da bere senza zucchero • Kefir
• Siero di latte fresco
• Siero di latte meno fresco • Siero di latte più vecchio
• Latticello fresco
• Latticello più vecchio

Formaggi a pasta molle

• Camembert, Brie ecc., freschi, • Gli stessi ma stagionati, molto



giovani, poco grassi sodi, invecchiati, molto grassi

Formaggi a pasta dura

• Groviera
• Saporiti: parmigiano
• Toma di Savoia

Uova

• Tuorlo • Uovo intero


La carne
La carne può essere suddivisa in due grandi gruppi: carni bianche e carni rosse. Queste
ultime sono più cariche di tossine, sangue e grassi, da cui il colore più scuro. Sono inoltre
più acidificanti per l’organismo e le peggiori sono i salumi. Il pesce non è particolarmente
meno acidificante della carne. I crostacei (gamberi, aragoste ecc.) lo sono addirittura
molto di più, come la maggior parte dei molluschi. Le ostriche fanno eccezione. La loro
ricchezza di minerali vari, cioè non solo minerali alcalini, le rendono un ottimo
rimineralizzante generale.
Tabella della carne

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Carne

• Carne bianca: pollo, coniglio, vitello, • Carne rossa: manzo, montone, cavallo,

agnello maiale, salumi

Pesce

• Pesci magri: nasello, sogliola, trota,


• Pesci grassi: salmone, carpa, aringa
persico

Frutti di mare

• Crostacei: astice, gamberetti ecc.


• Ostriche fresche
• Cozze
I legumi
I legumi sono alimenti estremamente concentrati. Contengono pochissima acqua e le loro
componenti sono pressoché totalmente costituite da proteine, lipidi e glucidi. Le arachidi
per esempio contengono il 25% di proteine, il 48% di grassi e il 25% di glucidi; rimane un
2% di peso totale in acqua e sali minerali.
A causa dell’estrema concentrazione di sostanze nutritive acidificanti, i legumi sono
acidificanti e lo sono maggiormente quanto più sono ricchi di purina, una tossina che per
essere eliminata viene trasformata in acido urico. All’analisi, 100 g di fagioli di soia
apportano tante purine quanto 200 g di carne di maiale! Il tofu e il latte di soia sono meno
acidificanti, grazie al processo di fabbricazione che li rende più facilmente
metabolizzabili.
Tabella dei legumi

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Soia

• Latte di soia
• Yogurt di soia • Tofu • Fagioli di soia
• Germogli di soia

Altro

• Piselli secchi
• Ceci
• Lenticchie
• Fagioli rossi
• Fagioli varietà flageolet
• Arachidi
• Fagioli bianchi
Varie
La tabella seguente comprende alimenti vari che non rientrano in nessuna delle categorie
precedenti.

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Zucchero

• Zucchero di canna integrale • Sciroppo d’acero • Zucchero bianco e di canna


• Concentrato di pera • Miele cristallizzato

Sale

• Sale marino

• Sale da cucina

Spezie e condimenti

• Capperi
• Cetriolini
• Peperoncino
• Erbe aromatiche: prezzemolo,
• Aceto di mele • Senape
basilico
• Maionese
• Ketchup
• Altri tipi di aceto

Olio

• Da prima spremitura a freddo: • Arachidi, noci, nocciole


• Gli stessi, estratti a caldo
girasole, oliva, cartamo ecc. • Oli cotti

Grassi

• Margarina idrogenata (di


• Margarina vegetale non palma, cocco)

idrogenata
• Grassi animali

Funghi

• Prataioli (coltivati) • Altro: tartufi, spugnole ecc.


Le bevande
L’acqua, che dovrebbe essere la bevanda di base dell’essere umano, presenta in genere un
pH pari a 7, che però varia di molto a seconda della provenienza. L’acqua di rubinetto è
facilmente acida, perché viene clorata e il cloro è acido. Le acque minerali naturali in
bottiglia in teoria hanno un pH pari a 7. Tuttavia, questo pH cambia se vi si aggiunge
anidride carbonica. In un’acqua naturale con un pH 7, il valore scenderà a 6 o 5,5 se
l’acqua viene moderatamente gassata (leggermente frizzante) e a 5 se altamente gassata.
Le acque minerali più alcaline che abbiamo trovato (elenco non esauriente) sono:
Contrexéville pH 7,1, Évian pH 7,2, Henniez naturale pH 7,5 e Limpia pH 7,5
(ufficialmente 7,99 alla sorgente). Questa classificazione riguarda unicamente la natura
alcalinizzante dell’acqua e non chiama assolutamente in causa tutte le altre qualità che può
possedere, come la purezza batteriologica, il sapore, le proprietà terapeutiche ecc.
I filtri per l’acqua reperibili in commercio per depurare l’acqua di rubinetto trattengono
soprattutto il calcio e, di conseguenza, acidificano l’acqua. Esiste però una nuova
generazione di filtri che depura ma allo stesso tempo alcalinizza l’acqua.
Ciò detto, occorre sottolineare che l’acidificazione del terreno dipende molto meno dal
consumo d’acqua, anche leggermente acida, che da tutti gli altri fattori.
Caffè, tè e bevande al cioccolato sono acidificanti, a causa del tenore di purine. Gli
infusi di piante come verbena, menta, tiglio ecc. sono alcalinizzanti, a parte quelli di rosa
canina, scorza di frutta e betulla. L’equiseto, ricco di acido silicico (come il miglio) è
acidificante per le persone metabolicamente deboli agli acidi.
I succhi di frutta dolce e matura, come il mango o la pesca, sono alcalinizzanti se bevuti
in piccole quantità, per esempio un piccolo bicchiere al giorno. Gli altri succhi, soprattutto
d’arancia e di pompelmo, sono acidificanti per le persone sensibili agli acidi.
I succhi di verdura in genere sono alcalinizzanti, a meno che non siano stati conservati
mediante lattofermentazione. Il succo di pomodoro è sempre acidificante.
Come già detto, il siero di latte è alcalinizzante o meno a seconda dell’età.
Le bibite gassate industriali, così come gli sciroppi, sono molto acidificanti, a causa del
tenore di zucchero.
Tabella delle bevande

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Acqua pura

Acque minerali

• Naturale pH 7
Contrexéville
• Acque leggermente frizzanti • Acque frizzanti
Évian
Henniez naturale
Limpia

Acqua di rubinetto

• Secondo la città • Secondo la città • Secondo la città

Acqua filtrata (filtro a carboni)

• Filtro vecchio pH 6,5



• Filtro nuovo pH 6

Caffè, tè, infusi

• Caffè
• Caffè di cereali • Tè nero
• Tè verde • Cioccolata
• Cacao
• Menta, verbena, tiglio • Betulla, rosa canina, scorza di frutta
• Equiseto

Succhi

• Di verdure fresche • Di pomodoro


• Siero di latte fresco • Di verdure lattofermentate • Siero di latte più vecchio
• Latte di mandorle • Siero di latte meno fresco • Bibite industriali
• Latte di soia • Sciroppi

Alcol

• Vino
• Birra • Liquori
• Superalcolici
5
I pasti acidificanti e le loro varianti alcaline

La maggior parte delle persone si nutre in maniera abitudinaria. In genere, non sa perché
mangia in un modo piuttosto che in un altro. Se le abitudini alimentari sono sane, nessun
problema. Tuttavia, non appena compaiono disturbi di salute sarebbe opportuno analizzare
il proprio modo di alimentarsi, per correggerne gli eventuali errori.
Numerose persone che soffrono di disturbi da acidificazione consumano infatti pasti
acidificanti senza rendersene conto. Lo scopo di questo capitolo è quindi di analizzare i
menù più frequenti dei diversi pasti della giornata – colazione, pranzo e cena, nonché gli
spuntini delle 10 e delle 16 – per far capire in cosa sono acidificanti, dopodiché proporre
varianti alcaline per sostituirli.
Per rendere più visivo il nostro discorso, gli alimenti che compongono i vari menù e le
varianti sono stati suddivisi nelle tre colonne delle tabelle utilizzate finora, cioè alimenti
alcalinizzanti, poco acidificanti e molto acidificanti. Così, un semplice colpo d’occhio è
sufficiente a individuare la natura più o meno acidificante o alcalinizzante del pasto e le
varianti.
Nella scelta delle varianti è utile ricordarsi che l’organismo ha anche bisogno di
alimenti per natura acidificanti, quali le proteine (latticini, uova ecc.) e i cereali, come
pure che è in grado di neutralizzare ed eliminare fino a un certo punto i loro acidi.
Un’alimentazione esclusivamente alcalina, composta soltanto da menù alcalini, trova
dunque giustificazione solo in chi soffre di gravi disturbi da acidificazione e unicamente
per un tempo limitato. Per gli altri il regime includerà in varia misura anche gli alimenti
acidificanti, secondo le individuali capacità di conservare l’equilibrio acido-base.
La colazione
Le tre colazioni qui di seguito esaminate dal punto di vista dell’equilibrio acido-base sono
le più diffuse. Le varianti proposte, come tutte quelle del capitolo, costituiscono soltanto
dei suggerimenti o esempi che illustrano le direttive da seguire. Possono quindi essere
adattate e modificate secondo i bisogni.
Come possiamo vedere, la colazione classica è costituita esclusivamente da alimenti
acidificanti, tranne il burro che, comunque, viene consumato in quantità ridotte. Come
modificare questo pasto per renderlo più alcalino?
Sostituendo il pane bianco o semintegrale con pane di segale o pane integrale non di
pasta madre si riduce il tasso di acidità. L’apporto di acidi è anche minore se il pane viene
sostituito con fette biscottate o gallette di farina integrale.
Pane e marmellata

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Pane bianco
• Marmellata
• Burro Esempio 1
• Caffelatte o tè con zucchero
bianco

• Burro
• Concentrato di pere Variante 1
• Caffè di cereali non zuccherato o
• Pane di segale o integrale
con zucchero integrale oppure
infuso

• Burro Variante 2
• Caffè di cereali o infuso senza • Pane di segale o integrale
zucchero oppure latte acidulato
fresco • Formaggio fresco spalmabile

Le marmellate sono estremamente acidificanti per due motivi. In primo luogo la frutta con
cui sono preparate è più o meno acida e in secondo luogo a causa dell’enorme quantità di
zucchero che inevitabilmente rientra nella loro composizione (all’incirca il 50% del peso
totale).
La marmellata si può sostituire con concentrato di mele o pere, reperibile nei negozi di
alimenti biologici. Prodotto a partire dal succo di frutta, filtrato e addensato mediante
evaporazione dell’acqua, ha la consistenza e l’aspetto del miele liquido. Questi concentrati
sono sostanzialmente costituiti da fruttosio. Presentano un sapore molto gradevole e un
lieve retrogusto della frutta con cui sono stati preparati. Poiché sono stati deacidificati
appositamente durante la preparazione, sono davvero alcalinizzanti. Tra i prodotti molto
simili a questi concentrati, ma più densi e non deacidificati, troviamo varie puree
spalmabili di pere e mele. Sono meno alcalinizzanti dei concentrati, ma comunque assai
più alcaline e quindi preferibili alle marmellate.
Nella gamma dei prodotti alcalini troviamo anche lo sciroppo di datteri.
Nella colazione classica di solito è presente il caffè. Si tratta di una bevanda molto
acidificante, a causa del tenore di purine, come lo è del resto il tè nero. Poiché il caffè
decaffeinato non è assolutamente meno acidificante, è preferibile sostituire questa bevanda
con uno dei numerosi succedanei prodotti con cereali torrefatti o cicoria. Ciascuno ha un
suo sapore ed è quindi opportuno andare alla ricerca di quello che risponde maggiormente
ai propri gusti personali. Il sapore e l’odore di questi preparati sono molto simili al caffè,
ma non gli assomigliano del tutto. Per quanto riguarda il colore, la consistenza e la
maniera di consumarli, però, costituiscono dei buoni sostituti, utilizzati con successo dai
maggiori bevitori di caffè.
Così come il caffè decaffeinato, nemmeno il tè deteinato è una soluzione. Il tè verde è
meno acidificante del tè nero, ma sarebbe preferibile bere infusi di erbe. Menta, verbena,
tiglio ecc. sono erbe molto note e apprezzate dai più. Rosmarino, salvia e timo hanno
proprietà stimolanti che sostituiscono in parte quelle del caffè e del tè.
Per dolcificare gli infusi, il succedaneo del caffè ecc. si consiglia di utilizzare zucchero
integrale, ottenuto dal succo integrale della canna da zucchero. Non essendo raffinato,
contiene tutti gli elementi costitutivi del succo (vitamine, enzimi, oligoelementi) e di
conseguenza viene metabolizzato facilmente senza produrre scorie acide. Al contrario, lo
zucchero raffinato e quello di canna colorato con caramello vanno vietati.
Meglio ancora che usare lo zucchero integrale sarebbe abbandonare l’abitudine di
dolcificare le bevande. Si tratta infatti di un’abitudine, perché gli infusi e i succedanei del
caffè sono ugualmente buoni anche senza zucchero.
Caffè – croissant

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Caffè
Esempio 2
• Croissant

Variante 1
• Infuso o succedaneo del caffè
• Fette biscottate integrali

• Infuso o succedaneo del caffè


• Frutta secca Variante 2
• Mandorle

Un caffè accompagnato da un croissant costituisce la colazione di chi ha fretta o di chi al


mattino non ha fame. Questo pasto trasmette rapidamente l’impressione di avere energia,
la quale però non è prodotta dagli alimenti consumati, come di norma avviene, bensì
sottratta alle riserve organiche dagli alcaloidi del caffè. In quanto agli alimenti energetici
propriamente detti, si tratta di alimenti ricchi di glucidi, cioè frutta fresca e secca, miele,
cereali e patate. Il caffè non contiene glucidi, a parte l’eventuale zucchero raffinato
aggiunto alla tazzina. Il croissant ne fornisce, ma pochi e di cattiva qualità.
Il caffè fornisce energia soltanto perché costringe l’organismo a convertire in glucosio i
glucidi e i lipidi immagazzinati fino a quel momento nei tessuti. Questo processo, che si
ripete a ogni assunzione di sostanze eccitanti, affatica l’organismo e conduce alla
produzione di numerosi acidi. Questi ultimi si aggiungono a quelli già forniti dal caffè
stesso e talvolta dal succo d’arancia ingerito per ottenere un apporto di vitamina C.
Si tratta di una doppia fonte di acidificazione che genera uno stato costante di
stanchezza, poiché la stanchezza fisica è fisiologicamente caratterizzata, in maniera del
tutto naturale, da una forte presenza di acidi.
Chi fa regolarmente uso di sostanze eccitanti come il caffè si ritrova rapidamente in un
circolo vizioso perché, per vincere la stanchezza, assume altre sostanze eccitanti che
alimentano lo stato di stanchezza.
Per interrompere questo circolo vizioso occorre mettere in atto un cambiamento
radicale. La soluzione consiste nel restituire all’organismo un vero apporto energetico
composto da pane di segale, burro e concentrato di pere, affinché possa fare a meno dello
stimolo artificiale dato del caffè. Quest’ultimo d’altro canto andrà gradualmente ma
rapidamente eliminato e sostituito da bevande naturalmente stimolanti, come infuso di
timo, rosmarino o salvia. È possibile anche utilizzare caffè di cereali o di cicoria, non per
l’effetto eccitante, che non esiste, bensì per l’aspetto, che ricorda quello del caffè.
Ovviamente, l’organismo ha bisogno di un po’ di tempo per abituarsi alla nuova
composizione del pasto, ma i benefici avvertiti compenseranno ampiamente gli sforzi.
I fiocchi di cereali sono acidificanti, ma non è necessario eliminarli sistematicamente,
perché offrono un buon apporto energetico per l’organismo. Poiché i cereali in genere
sono alimenti difficili da digerire, l’acidità che producono sarà tanto maggiore quanto più
la digestione è imperfetta. I fiocchi di cereali crudi o parzialmente cotti, come quelli del
muesli, sono molto più difficili da digerire rispetto a quelli cotti i quali, per tale motivo,
sono croccanti. Durante la cottura infatti i carboidrati dei fiocchi vengono trasformati in
sostanze più semplici. Avviene una specie di predigestione che facilita la digestione di
questo alimento.
Scegliere fiocchi di cereali croccanti vuol dire quindi scegliere cereali in una forma
meno acidificante. Esiste però un altro problema che riguarda le miscele di fiocchi ed è
quello dello zucchero. Lo zucchero aggiunto per rendere i fiocchi più gradevoli al palato è
talvolta presente in grandi quantità, il che rende l’alimento più acidificante. Sono
comunque reperibili miscele di fiocchi croccanti poco zuccherate o non zuccherate affatto,
mentre altre sono zuccherate non con zucchero raffinato bensì con zucchero integrale.
Muesli

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Esempio 3
• Miscela di fiocchi
• Latte
• Frutta fresca
• Yogurt

Variante 1
• Latte (mucca o soia)
• Fiocchi croccanti

• Fromage blanc
Variante 2
• Frutta secca
• Frutta dolce e matura
• Mandorle

Per essere correttamente digeriti i cereali hanno bisogno di un ambiente digestivo alcalino.
Il fatto di aggiungere frutta fresca e yogurt ai fiocchi ne altera la digestione, perché si
tratta di prodotti per natura acidi. Ne consegue la fermentazione dei fiocchi, che genera
numerosi acidi e veleni. Questo inconveniente si può facilmente evitare non consumando
cereali e frutta nello stesso pasto. Sono pertanto possibili due varianti alcaline. Si possono
consumare i fiocchi con il latte oppure scegliere la frutta fresca, ma abbinandola a fromage
blanc, frutta secca e mandorle, tre alimenti alcalinizzanti.
Contrariamente a quanto in genere si crede, l’abbinamento di fiocchi, frutta e yogurt (o
latte) non è quello del famoso muesli del dottor Bircher. Da un lato perché la ricetta
Bircher consiglia l’impiego di un solo cereale, i fiocchi d’avena, dall’altro perché questi
fiocchi, assunti in quantità estremamente moderata (un cucchiaio raso a testa) vengono
messi in ammollo per tutta la notte in acqua e questo innesca un insieme di trasformazioni
che predigeriscono i fiocchi come fa la cottura. Certo, il dottor Bircher consigliava di
aggiungere frutta fresca, ma il suo abbinamento è molto più digeribile della preparazione
odierna, a causa dell’ammollo dei cereali e delle quantità ridotte di fiocchi.
Altre varianti alcaline della colazione
Ecco qualche altra proposta di colazione che certamente esce dall’ordinario, ma che grazie
alla natura alcalina può essere utile. Esclusivamente composti da alimenti alcalini, questi
pasti sono particolarmente raccomandati a chi deve seguire un regime alcalino molto
stretto, ma anche a coloro che vogliono variare la composizione dei loro pasti.

• Frutta secca
• Mandorle
Variante 1
• Siero di latte, latticello o fromage blanc fresco
• Infuso o succedaneo del caffè non zuccherato

• Frutta secca messa in ammollo e acqua d’ammollo


Variante 2 • Fromage blanc fresco
• Infuso o succedaneo del caffè non zuccherato

• Banana schiacciata

Variante 3 • Mandorle o burro di mandorle


• Infuso o succedaneo del caffè non zuccherato

• Castagne
Variante 4 • Fromage blanc fresco
• Infuso o succedaneo del caffè non zuccherato

• Frullato con latte di mucca, soia o mandorle e banana (o altro frutto dolce e
Variante 5
maturo)

• Carote crude, finocchio crudo ecc.


Variante 6 • Fromage blanc fresco
• Infuso non zuccherato
Spuntino delle 9
Parecchie ore, da quattro a sei a seconda dei casi, trascorrono tra la colazione e il pranzo.
Per trascorrere tutta la mattinata con energia sufficiente a svolgere le loro attività, per
molti si rivelano indispensabili una bevanda e un leggero apporto energetico.
Gli spuntini più diffusi assolvono bene il loro compito, perché sono ricchi di glucidi,
fonte di energia per eccellenza. Di solito, tuttavia, sono acidificanti e quindi sconsigliati a
chi soffre di uno squilibrio acido-base.
Il semplice fatto di sostituire i biscotti a base di farina raffinata con biscotti di farina
integrale e per di più zuccherati in maniera moderata (zucchero integrale) riduce l’effetto
acidificante dello spuntino.
Il caffè (o il tè nero) può ovviamente essere sostituito da una bevanda alcalina: infuso o
succedaneo senza zucchero oppure con zucchero integrale. Un’accorta scelta di sostituti
consente dunque di consumare uno spuntino pressappoco uguale, ma con un effetto del
tutto diverso sull’equilibrio acido-base.
È possibile sostituire i biscotti con frutta secca e mandorle o con un succo di verdura
alcalina, per esempio il succo di carote.
Spuntino caffè – biscotti

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Caffè zuccherato

Esempio 1 • Biscotti con farina raffinata e


zucchero, eventualm. al
cioccolato

• Succedaneo del caffè con zucchero Variante 1



integrale • Biscotti integrali poco zuccherati

• Frutta secca
• Mandorle Variante 2
• Infuso non zuccherato

• Succo di carote Variante 3

Spuntino di frutta fresca

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• 1 mela aspra o altra frutta


Esempio 2 acida

Variante 1
• 1 mela dolce o altro frutto dolce e
maturo

• Frutta secca
Variante 2
• Infuso non zuccherato

• Banana
Variante 3
• Mandorle

Consumare una mela o un altro frutto è acidificante solo per chi presenta una debolezza
metabolica agli acidi. Per queste persone la variante consiste nello scegliere un frutto
dolce e maturo, che già diminuisce notevolmente l’effetto acidificante. Due altre varianti,
molto simili, sono ugualmente composte da frutta: la prima comprende frutta secca: uva
passa, datteri, banane ecc., eventualmente accompagnata da qualche mandorla. La seconda
comprende il solo frutto assolutamente alcalino: la banana. Per essere saporita,
quest’ultima deve essere ben matura. Accompagnata da mandorle, costituisce uno
spuntino delizioso.
Un panino con pane integrale, formaggio, una o due foglie d’insalata e qualche rondella
di cetriolo è molto meno acidificante di un panino di pane bianco e prosciutto. La verdura
presente non ha funzione decorativa, ma essendo alcalina compensa in parte la natura
acidificante di pane e formaggio.
Panino – bibita

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Panino con pane bianco e


Esempio 3 prosciutto
• Bibita industriale

Variante
• Foglia d’insalata
• Pane integrale
• Acqua
• Formaggio

Le bibite industriali sono molto acidificanti a causa dell’alto tenore di zucchero. A livello
dietetico si tratta di uno zucchero nocivo perché, essendo raffinato, penetra molto
rapidamente nel sangue e costringe il pancreas a secernere all’improvviso parecchia
insulina per evitare l’iperglicemia. Se di fatto la crisi viene evitata, la brusca e abbondante
secrezione di insulina in genere ha la conseguenza di far calare troppo la normale glicemia
e causare un’ipoglicemia, cioè una mancanza di energia. Per ripristinare il normale livello
energetico si farà quindi sentire un bisogno di zucchero. Qualora questo venga
nuovamente soddisfatto con zuccheri cattivi, il pancreas si esaurirà secernendo insulina e
il terreno si acidificherà a causa dei ripetuti apporti di zucchero. Tale acidificazione inoltre
renderà necessario il consumo di altro zucchero, perché l’acidificazione del terreno è
sinonimo di stanchezza. Si tratta di un circolo vizioso analogo a quello illustrato a
proposito del caffè. Per uscirne occorre assolutamente sostituire gli zuccheri cattivi
(zucchero raffinato e tutti gli alimenti che lo contengono: bibite, cioccolato, caramelle
ecc.) con zuccheri naturali: frutta secca, concentrato di pere, barrette di cereali.
Le bibite “light” con edulcoranti di sintesi non costituiscono una soluzione, non a causa
dello zucchero (che manca), ma a causa degli altri elementi costitutivi.
Altre varianti alcaline per lo spuntino delle 9
Oltre alle varianti alcaline indicate qui sotto, si dimostrano adatti anche gli spuntini
proposti per le 16 (cf. p. 144).

Alcalinizzanti Poco acidificanti

Variante 1
• Fromage blanc dolcificato con concentrato di pere o • Frutta dolce e matura
zucchero integrale

• Barretta di cereali con poco zucchero (senza


Variante 2
cioccolato)

Variante 3
• Fiocchi croccanti
• Latte

Variante 4
• Banana schiacciata
• Burro di mandorle

Variante 5

• Latte di mandorle

Variante 6
• Fette biscottate integrali
• Succo di verdura

Il latte di mandorle si prepara mescolando della crema di mandorle (nei negozi di alimenti
biologici) con un po’ d’acqua. È una bevanda molto gradevole, nutriente e alcalinizzante.
I succhi di verdura (carote, barbabietole o cocktail di verdura) sono energetici grazie
agli zuccheri naturali che contengono. Occorre tuttavia fare attenzione che i cocktail siano
privi di succo di pomodoro e che il processo di conservazione impiegato non li renda
troppo acidi (attenzione alla lattofermentazione). Questa osservazione è soprattutto valida
per le persone sensibili agli acidi.
Il pranzo
Il tipico pasto di mezzogiorno è in genere costituito da una proteina (sotto forma di carne
o di pesce), da un farinaceo (riso, pasta o patate) e da verdura (insalata verde o mista). Il
tutto può essere seguito da formaggio, dolce e caffè. Qual è il valore di questo pasto, dal
punto di vista dell’equilibrio acido-base?
La carne e il pesce sono alimenti acidificanti. È tuttavia possibile ridurne l’acidità
preferendo le carni bianche a quelle rosse e i pesci magri a quelli grassi. Ancora più saggio
sarebbe sostituire a giorni alterni la carne con un uovo o del formaggio. In questo modo si
garantisce l’apporto proteico, ma in una forma meno acidificante. Osserviamo che qui si
tratta di sostituire e non di accumulare, come in genere avviene. Accumulare proteine
diverse in uno stesso pasto, attraverso il consumo di formaggio e di carne, non fa che
complicare la digestione e aumentare l’acidificazione.
Le salse grasse e a base di farina che spesso accompagnano la carne esercitano un
effetto acidificante eliminabile tramite cottura alla griglia.
Tipico schema di pranzo

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Carne rossa
• Salsa
• Riso raffinato
• Formaggio stagionato
• Verdura cotta: carote
Esempio 1 • Pane bianco
• Insalata verde
• Vino o bibita
• Dessert zuccherato: budino,
torta, biscotti, gelato
• Caffè, zucchero

• Verdura cotta: carote Variante


• Patate • Carne bianca

• Insalata verde • Biscotti integrali con zucchero
• Infuso senza zucchero o acqua integrale

I cereali (riso, pasta ecc.) usati come farinacei sono di natura acidificante, ma lo sono
ancor di più se raffinati, cioè sotto forma di riso bianco, pasta raffinata ecc. Il pane che
accompagna i pasti spesso viene trascurato, ma costituisce un ulteriore apporto
acidificante, talvolta notevole. Sostituire il pane con cereali integrali (riso, pasta)
eserciterà un’influenza positiva sull’equilibrio acido-base. Se ciò non fosse sufficiente,
cosa che sicuramente accade nelle persone con terreno acidificato, i cereali andranno
sostituiti da patate. All’inizio di una cura di deacidificazione non c’è nessun problema a
consumare ogni giorno patate, qualora i cereali siano troppo acidificanti per l’organismo.
Cionondimeno, le patate sono alcalinizzanti purché non vengano consumate sotto forma di
patatine fritte, perché in tal caso l’alto tenore di grassi le rende acidificanti.
Nei pranzi che prenderemo in esame gli unici alimenti davvero alcalini in grado di
controbilanciare la presenza di alimenti acidificanti sono le verdure crude o cotte. Occorre
quindi fare in modo che rappresentino una parte importante del pasto. Quando la porzione
di carne e di farinacei occupa quasi tutta la superficie del piatto, lasciando posto soltanto a
una o due cucchiaiate di verdura cotta, la funzione di quest’ultima non è più nutritiva,
bensì decorativa!
Per quanto riguarda i dessert contenenti zucchero, hanno l’inconveniente da un lato di
apportare acidi a causa dello zucchero, in genere raffinato, e dall’altro di produrre acidi a
causa della fermentazione che deriva dall’indigesto abbinamento di zucchero e farinacei o
zucchero e proteine. Torte, pasticcini, budini, gelati ecc. sono quindi sconsigliati. Lo è
anche la frutta al naturale o preparata con lo zucchero (composta, macedonia), per gli
stessi motivi. L’ideale sarebbe fare a meno del dessert. Se non è possibile, la cosa migliore
sarebbe limitarsi a dessert semplici: fromage blanc al naturale, biscotti secchi con poco
zucchero ecc.
A fine pasto il caffè stimola certamente un po’ il lavoro della digestione, ma essendo
acidificante è preferibile sostituirlo con infusi di erbe digestive e non acidificanti: menta,
verbena, basilico, melissa, rosmarino.
Grazie alle numerose basi che contiene, un’abbondante insalata mista (senza pomodori)
compensa la natura acidificante della pasta raffinata e del sugo di pomodoro. I pomodori
sono ben noti per la loro natura acidificante. Preparati sotto forma di sugo, l’acidità
aumenta da un lato a causa della cottura (distruzione delle vitamine e degli enzimi) e
dall’altro per la concentrazione di principi acidi che ne deriva. Quando per di più
aggiungiamo parmigiano, l’effetto acidificante viene accentuato, perché questo formaggio
di per sé è più acido degli altri, come testimonia il sapore.
I pranzi a base di pasta sono più alcalini se si utilizza pasta integrale al posto di quella
raffinata e si elimina il sugo di pomodoro. La pasta si può mangiare con un po’ d’olio da
prima spremitura a freddo oppure con del formaggio grattugiato di qualità meno acida del
parmigiano. Se il sugo è indispensabile, è preferibile prepararne uno in bianco e leggero.
Pranzo a base di pasta (spaghetti)

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Esempio 2 • Spaghetti di farina raffinata


• Insalata mista
• Olio estratto a caldo • Sugo di pomodoro
• Erbe
• Aceto • Parmigiano

Variante
• Insalata mista
• Pasta integrale
• Olio da prima spremitura a freddo
• Formaggio grattugiato, pochissimo
• Erbe
aceto, succo di limone o yogurt

Per quanto riguarda i condimenti per insalata, è necessario sottolineare l’importanza di


usare con molta moderazione l’aceto, ma anche il succo di limone che talvolta lo
sostituisce. L’aceto è un prodotto acidissimo molto utilizzato per condire l’insalata. Alcuni
ne versano quantità enormi, talvolta superiori a quelle dell’olio, benché di norma
bisognerebbe fare il contrario. L’uso dell’aceto è talmente comune che, alla fin fine, molti
ritengono non sia possibile condire l’insalata senza. Ma non è assolutamente così. È
possibile preparare ottimi condimenti senza aceto, utilizzando olio ed erbe aromatiche.
Secondo i gusti, si possono impiegare anche fromage blanc, lievito di birra, salsa di soia,
succo di verdura ecc. Le varianti sono infinite.
Per chi nonostante tutto desidera un condimento un po’ acido, è possibile utilizzare
aceto e succo di limone, ma in piccole dosi.
Un secondo punto molto importante per ottenere un condimento poco acidificante è la
scelta dell’olio. Deve essere di buona qualità, cioè da prima spremitura a freddo.
Pasto a base di legumi

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Esempio 3 • Un legume: lenticchie, fagioli


• Verdura cotta
• Tofu di soia ecc.

Variante 1
• Verdura cotta • Un cereale integrale
• Tofu

• Verdura cotta Variante 2



• Patate • Tofu

Nella cucina vegetariana un pasto costituito da verdura cotta e da un legume è diffuso. In


genere i legumi utilizzati sono lenticchie, soia, fagioli bianchi ecc. Sono accompagnati da
una verdura (ed eventualmente da un’insalata), ma spesso da tofu, da un cereale o da un
altro legume (per esempio ceci, cuscus, fagioli rossi, mais ecc.). L’obiettivo di questi
abbinamenti non è solo gastronomico, ma anche alimentare. Infatti, cereali e legumi non
possiedono tutti gli aminoacidi essenziali necessari all’organismo. Associando
sapientemente due alimenti incompleti dal punto di vista degli aminoacidi, si può ottenere
un apporto totale di questi ultimi, come accade negli abbinamenti sopra citati.
I legumi sono alimenti molto nutrienti, ma anche molto acidificanti. La loro digestione
non è semplice, soprattutto se associati ai cereali. Meno la digestione avviene
correttamente, più sarà copiosa la produzione di acidi. Purtroppo, le persone
metabolicamente deboli agli acidi presentano in genere anche debolezze digestive. Il
consumo di legumi pertanto è per loro doppiamente controindicato. Sarà preferibile
consumarne solo in via eccezionale, per esempio lenticchie cotte molto a lungo,
sostituendoli in linea generale con cereali, i quali sono nutrienti come i legumi ma
vengono metabolizzati molto più facilmente. Come abbiamo già detto, le persone molto
sensibili agli acidi dovrebbero dare la preferenza alle patate anziché ai cereali, perché sono
facili da digerire e sempre alcaline.
Sono possibili due varianti più alcaline, una con cereali poco acidificanti (mais, riso
integrale, farro) e una con patate. L’apporto proteico in questi casi sarà garantito dal tofu
(per rimanere in ambito tipicamente vegetariano).
Pasto accompagnato da vino

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Verdura cotta Esempio 4


• Vino
• Patate • Pesce magro

• Verdura cotta
Variante
• Patate
• Pesce magro
• Acqua

Composto sia da alimenti alcalinizzanti sia da alimenti acidificanti, questo pasto potrebbe
apparire relativamente equilibrato. Tuttavia, è sconsigliato alle persone con terreno acido o
che presentano una debolezza metabolica agli acidi, a causa del vino. Bevuto regolarmente
ai pasti, il vino riduce le capacità digestive in generale e costituisce un notevole apporto di
acidi. L’alcol che contiene viene neutralizzato nel fegato, organo che a lungo andare viene
esaurito da questo compito. Inoltre, i tannini contenuti nel vino contraggono le mucose
digestive e riducono il potenziale di digestione. Le debolezze così generate diminuiscono
le possibilità di far calare la produzione di acidi durante la digestione. Poiché il vino è
acidificante di natura, è preferibile berne solo in via eccezionale, quando l’equilibrio
acido-base è stato ritrovato e mai in presenza di disturbi.
Altre varianti alcaline per il pranzo
I pasti sotto presentati sono tipici; è possibile variarli all’infinito cambiando l’ortaggio, la
verdura cruda, il formaggio ecc.

• Verdura cruda con semi germogliati


Variante 1 • Patate cotte con la loro buccia
• Fromage blanc

• Verdura cotta
Variante 2 • Patate al forno
• Fromage blanc

• Verdura cruda con mandorle


Variante 3 • Polenta
• Fromage blanc
• Pannocchie cotte
Variante 4 • Fromage blanc
• Verdura cotta

• Insalata verde
• Cavolo
Variante 5
• Castagne
• Latte acidulato fresco

• Insalata verde/verdura cruda


Variante 6 • Patate
• Tuorlo d’uovo

Le seguenti varianti non sono totalmente alcaline come le precedenti, perché contengono
un alimento acidificante. Tuttavia quest’ultimo è poco acidificante e rappresenta una
minima parte del pasto, ragion per cui si può considerare quest’ultimo praticamente
alcalino.

Alcalinizzanti Poco acidificanti

• Verdura cruda
Variante 1 • Formaggio (tipo groviera dolce)
• Patate

• Insalata verde
Variante 2
• Polenta • Formaggio o uova

• Verdura cruda
Variante 3 • Verdura cotta
• Castagne • Formaggio

• Insalata verde
• Burro • Cracker integrali o pane di
Variante 4
• Olive nere segale
• Fromage blanc

• Verdura cruda

Variante 5 • Verdura cotta
• Riso integrale (riso all’orientale)
• Salsa di soia

• 1 cereale: farro ecc.


• Insalata verde
Variante 6 • Crespella di grano saraceno o
• Verdura cotta
pasta

• Insalata verde
Variante 7 • Patate • Frittata al formaggio o ai funghi

• Insalata verde
Variante 8
• Frittata con patate • Uova

• Insalata mista
Variante 9
• Verdura cotta • Tofu

• Insalata verde

• Verdure gratinate
Variante 10
• Patate
• Formaggio
• Panna/latte
Spuntino delle 16 o 17
Come lo spuntino delle 9, quello del pomeriggio produce un apporto energetico che
consente di arrivare fino al pasto della sera. Essendosi lasciati alle spalle gran parte della
giornata o, in ogni caso, quella che include l’attività professionale, prende piede in
maniera del tutto naturale una certa stanchezza fisica. Il motivo è che le energie fornite dal
pranzo sono già state abbondantemente intaccate. La glicemia è quindi bassa e il bisogno
di glucidi si fa sentire, spesso con forza, il che può spingere a consumare in maniera
irragionevole alimenti malsani e acidificanti.
I dolciumi, sotto forma di cioccolato, caramelle o altro, sono caratterizzati dall’alto
tenore di zucchero raffinato e inoltre, per quanto riguarda il cioccolato e la pasticceria, da
grassi cattivi. Questi prodotti innalzano rapidamente la glicemia e confortano l’organismo
fornendo energia. Ma, come già menzionato, lo zucchero raffinato è uno dei più potenti
agenti di acidificazione dell’organismo.
Spuntino di cioccolato o caramelle

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Cioccolato
Esempio 1
• Caramelle o dolciumi

• Frutta secca: datteri, fichi Variante

Un valido sostituto ai dolciumi e al cioccolato è la frutta secca. L’elevato tenore di


zucchero naturale e il pronunciato sapore producono rapidamente in chi ne consuma un
senso di sazietà. Inoltre, questi zuccheri naturali non causano crisi ipoglicemiche. La
varietà di frutta secca disponibile è molto ampia. Il sapore e la consistenza sono
diversissimi tra loro, cosa che permette di soddisfare i gusti di tutti.
Il primo spuntino sotto presentato è costituito da un insieme di farina raffinata, grassi
saturi e zucchero raffinato, tre ingredienti di per sé molto acidificanti. Il fatto di
aggiungervi del tè nero o una bibita industriale, a base di cola o meno, non fa che
aumentare l’effetto acidificante di tale spuntino.
Sostituendo la pasticceria con un plum-cake di farina integrale, dolcificato con zucchero
integrale, con frutta secca o con concentrato di pere, diminuiamo già notevolmente
l’effetto acidificante. Lo stesso dicasi se sostituiamo il tè nero con un infuso di erbe.
Spuntino con pasticcini

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Pasticcini, tè nero o bibita


Esempio 2 industriale

Variante 1
• Infuso • Plum-cake con farina integrale o
biscotti con farina e zucchero
integrali

Variante 2
• Frullato di banana
• Frullato di frutta dolce e matura

I pasticcini possono essere sostituiti con uno dei numerosi tipi di biscotti integrali presenti
sul mercato o con una delle varianti alcaline di spuntini proposti. Le bibite industriali, così
acidificanti, possono essere sostituite da frullati di frutta.
I frullati sono bevande non solo molto energetiche, grazie alla frutta, ma che forniscono
anche energia di lunga durata. L’abbinamento di glucidi (frutta) e proteine (latte) rende
stabile la glicemia, cioè la presenza di proteine riduce la velocità con cui i glucidi vengono
bruciati nel corpo e frena così la comparsa dell’ipoglicemia. I frullati si preparano con
latte normale o con una bevanda formata da fromage blanc sciolto in un po’ d’acqua. È
possibile utilizzare anche il latte di soia. Frutta e latte vengono frullati. Se necessario, si
aggiunge zucchero integrale o concentrato di pere.
Spuntino con pane e burro

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Pane bianco
• Burro Esempio 3 • Marmellata
• Latte al cioccolato

• Burro
Variante
• Concentrato di pere
• Pane di segale o integrale
• Infuso o latte

Lo spuntino classico di pane e burro da pasto acidificante può diventare un pasto più
alcalinizzante semplicemente grazie a un’accorta scelta degli alimenti consumati.
Scegliendo del pane di segale o integrale anziché bianco passiamo da un alimento molto
acidificante a un alimento poco acidificante. Scegliendo del concentrato di pere al posto
della marmellata e un infuso o del latte al posto del latte al cioccolato, passiamo
decisamente ad alimenti alcalinizzanti.
La frutta e i succhi di frutta ovviamente non sono acidificanti per tutti. Li abbiamo
classificati nella colonna degli alimenti acidificanti perché questo libro è rivolto in primo
luogo a chi soffre di debolezza metabolica.
Per queste persone lo yogurt, acido per natura, andrà sostituito da fromage blanc o latte
fresco acidulato e la frutta fresca da frutta secca (uva passa, ananas ecc.) che, se messa in
ammollo, si abbinerà meglio al fromage blanc.
Spuntino a base di frutta

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Esempio 4
• Frutto acido o succo di frutta
• Frutto dolce e maturo
• Yogurt più vecchio
• Yogurt fresco

• Frutta secca
Variante
• Fromage blanc

Osservazione
Lo spuntino delle 9 e quello delle 16 hanno lo stesso scopo. Di conseguenza, sono
facilmente intercambiabili. Tutte le varianti alcaline proposte come spuntino delle 9
possono essere riprese anche qui.
Il pasto della sera
Per alcuni la cena rappresenta il pasto più abbondante della giornata. È composto allo
stesso modo del pasto di mezzogiorno trattato in precedenza. Per altri, si tratta di un pasto
ridotto. Nonostante l’apparente semplicità, però, spesso è più complesso e soprattutto più
acidificante di quanto si immagini. Questo accade, per esempio, nel tipico piatto freddo
svizzero che viene accompagnato da pane, burro, marmellata e caffè.
L’effetto acidificante del caffè è ben noto, così come quello del pane bianco e della
marmellata. Anche i salumi e il formaggio sono acidificanti, essendo alimenti ricchi di
proteine, ma i salumi lo sono ulteriormente perché contengono parecchi grassi saturi. Un
pasto del genere viene spesso ritenuto semplice, perché non richiede una grande
preparazione. A livello digestivo, tuttavia, non è semplice e lo è ancor meno a livello
dell’equilibrio acido-base. Essendo infatti composto esclusivamente da alimenti
acidificanti, l’organismo deve neutralizzare gli acidi forniti dal pasto unicamente con le
sostanze alcaline che attinge dai propri tessuti.
Piatto freddo

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Pane bianco
Esempio 1 • Salumi
• Burro • Formaggio • Formaggi stagionati
• Miele • Marmellata
• Caffè

Variante

• Pane integrale o fette biscottate
• Insalata verde, verdura cruda o integrali
minestra di verdure
• Formaggio
• Infuso
• Miele

Per equilibrare un pasto del genere si consiglia di aggiungere un’abbondante porzione di


insalata verde o di verdura cruda. Inoltre, anziché bere caffè, si potrà scegliere un’altra
bevanda calda: un infuso di erbe o, meglio, una minestra di verdura, ricca di basi.
Sostituendo il pane bianco con pane integrale e i formaggi stagionati con formaggi leggeri,
si riduce ulteriormente la natura acida del pasto.
Le crostate di frutta sono acidificanti a causa dei loro ingredienti e l’abbinamento di
questi. La frutta utilizzata per preparare le crostate spesso non è matura e occorre
aggiungere parecchio zucchero per addolcirne il sapore. Inoltre, l’abbinamento tra un
farinaceo (la pasta per la crostata) e un alimento acido (la frutta) altera la digestione e
genera fermentazione, da cui la produzione di acidi.
Non ci sono alternative alle crostate di frutta. Le persone con terreno acidificato che le
amano devono semplicemente essere consapevoli delle caratteristiche di questo alimento e
limitarne di conseguenza il consumo.
Crostate di frutta

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

• Pasta base per la crostata


Esempio 2 • Frutta
• Zucchero bianco

La pizza è un alimento acidificante a causa dei suoi principali ingredienti. Sono possibili
due alternative, ma nessuna include il pomodoro, che è sempre acidificante. La prima è
una torta salata di verdure. L’acidificazione è meno elevata grazie alla presenza di verdure
e il ricorso a una pasta di farina integrale. La seconda alternativa è una torta salata al
formaggio. Non è propriamente alcalinizzante, ma la natura poco acidificante verrà
ulteriormente attenuata accompagnandola da un’abbondante porzione di insalata verde o
di verdura cruda.
Pizza

Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti


Esempio 3
• Base per pizza con farina integrale • Base per pizza con farina raffinata
• Mozzarella • Formaggio grattugiato • Pomodori o purea di pomodoro
• Olive nere

Variante 1
• Torta salata di verdura • Pasta base di farina integrale
• Formaggio grattugiato

Variante 2
• Torta salata al formaggio
• Pasta base di farina integrale
• Insalata verde • Formaggio grattugiato
• Uovo

Oltre alle varianti alcaline proposte per il pasto del mezzogiorno, ecco un’altra possibilità
per il pasto della sera.
Variante alcalina per il pasto della sera
Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti

Variante
• Zuppa di verdura • Formaggio
• Pane integrale o cracker integrali

Con una soluzione come quella della zuppa di verdura, le possibilità del pasto sono
numerosissime, perché modificandone gli ingredienti si modifica completamente l’aspetto
e il sapore. Bisogna soltanto ricordarsi di non aggiungere cereali in fiocchi per addensare
la zuppa, bensì di utilizzare le patate. Seguite da un po’ di formaggio per l’apporto
proteico ed eventualmente da pane o cracker integrali, le zuppe costituiscono pasti molto
gradevoli, soprattutto durante la stagione fredda.
TERZA PARTE

COME NEUTRALIZZARE ED
ELIMINARE GLI ACIDI?
6
Gli integratori basici

Benché l’adozione di un’alimentazione alcalina permetta di interrompere il processo di


acidificazione e diminuire la concentrazione di acidi nell’organismo, in genere questa
misura si dimostra insufficiente a deacidificare in profondità il terreno. Alle modifiche
alimentari è quindi necessario aggiungere un aiuto in più: l’assunzione di integratori
basici.
Il problema di chi presenta un terreno acidificato non è infatti la presenza di acidi che
circolano in superficie, per esempio nel sangue, bensì l’insieme di quelli che si
accumulano in profondità. Come ci riescono?
Il sangue non può contenere molti acidi, perché questi ne modificano in maniera
pericolosa il pH, e dunque l’organismo cerca di sbarazzarsene al più presto.
Oltre alla neutralizzazione mediante il sistema tampone, ha a disposizione altri due
possibili mezzi. Il primo, che è anche il migliore, consiste nell’espellere gli acidi
dall’organismo con l’urina e il sudore. Così eliminati, gli acidi non influiscono più in
modo negativo sul pH sanguigno.
Purtroppo le quantità di acidi accumulati sono spesso troppo grandi e vanno oltre le
possibilità dei reni e della pelle. L’organismo deve pertanto trovare un altro modo di
proteggere il pH sanguigno. Questo consiste nell’espellere gli acidi dal sangue, non
inviandoli agli emuntori, che sono sovraccarichi, bensì ai tessuti, che rispetto al sangue
sopportano meglio le variazioni di pH. Negli individui il cui stile di vita e alimentare è
molto acidificante, come pure in quelli metabolicamente deboli agli acidi, questo processo
di espulsione degli acidi ha luogo costantemente. Ogni nuovo apporto spinge i precedenti
un po’ più in profondità, per cui le quantità di acidi che si accumulano nei tessuti possono
essere notevoli.
Deacidificare l’organismo o correggere il terreno acido significa quindi neutralizzare ed
eliminare grossissime quantità di acidi. A prima vista si potrebbe pensare che un intenso e
sostenuto drenaggio possa permettere di sbarazzarsi di tutti gli acidi accumulati. In altre
parole, che possa stimolare i reni e la pelle (i due emuntori specializzati nell’eliminazione
degli acidi) per arrivare in seguito a liberare il corpo da queste tossine. Purtroppo così non
è.
Per giungere ai reni e alla pelle, gli acidi immagazzinati nei tessuti devono innanzitutto
penetrare nel sangue, dopodiché essere trasportati da questo fin nei filtri renale e cutaneo.
Qui sta il difficile, perché il sangue non può accettare troppi acidi in una sola volta. Il suo
pH rischierebbe di allontanarsi troppo dalla norma, cosa che metterebbe in pericolo il
corretto funzionamento e la sopravvivenza dell’organismo intero.
Pertanto il sangue accetterà solo quantità minime di acidi alla volta e impedirà a
qualunque eccesso di penetrarvi, il che riduce sensibilmente le possibilità di eliminazione
mediante drenaggio. Per uscire da questa situazione bisogna fare in modo che gli acidi
penetrino nel sangue in forma modificata, che faccia loro perdere la natura acida. È la
forma di sale neutro, ottenuta aggiungendo una base, giacché un acido e una base insieme
formano un sale neutro.
Per neutralizzare ogni acido che il corpo vuole eliminare è dunque necessaria la
presenza di una base, ma il drenaggio non fornisce queste basi. E quelle apportate dalla
dieta alcalina, ancorché rigida, spesso non bastano a espletare un compito del genere
oppure richiedono numerosi anni per farlo. L’alimentazione ha in primo luogo lo scopo di
soddisfare gli attuali fabbisogni di basi e non di cancellare le conseguenze degli errori del
passato. È pertanto indispensabile apportare ulteriori basi. Ciò è possibile grazie agli
integratori alimentari. Si tratta di preparati contenenti i principali minerali basici: calcio,
potassio, magnesio ecc., in una forma facilmente assimilabile dall’organismo.
Il regolare impiego di questi integratori basici sotto forma di cura aiuta l’organismo nel
suo lavoro e accelera notevolmente la deacidificazione. Gli integratori hanno anche il
vantaggio di alleviare più rapidamente nella persona affetta i sintomi dolorosi o i fastidiosi
disturbi derivanti dall’eccesso di acidi. Grazie a essi, questi disturbi poco a poco si
attenueranno, spesso in un arco di tempo sorprendentemente breve.
La scomparsa dei sintomi e dei disturbi di superficie tuttavia non significa che
l’organismo si sia sbarazzato di tutti gli acidi. In profondità ne rimangono, ma la minor
concentrazione è in un primo momento sufficiente a far sparire i disturbi più lievi causati
dalla loro presenza. In seguito, proseguendo la cura abbastanza a lungo, il terreno verrà
liberato da tutti gli acidi accumulati e ritroverà così il normale funzionamento. Lo stato di
completa salute acquisito potrà dunque essere conservato senza integratori basici,
semplicemente seguendo uno stile di vita e alimentare adeguato.
Oggigiorno esiste più di una dozzina di integratori basici. Una ventina di anni or sono
ne erano disponibili solo tre o quattro. Questo spettacolare aumento deriva dal fatto che la
questione dell’equilibrio acido-base è oggi nota al pubblico in generale è sempre più
persone si rendono conto che i loro problemi di salute dipendono dall’acidificazione del
terreno.
La varietà di questi preparati presenta un vantaggio perché, quantunque tutti
fondamentalmente si assomiglino, le loro differenze e particolarità consentono di adattarne
l’uso in maniera molto più ampia ai molteplici casi individuali.
Lo studio che segue verte su dodici prodotti. Non è esauriente, perché citiamo solo i
prodotti di cui siamo a conoscenza. I loro nomi vengono indicati espressamente, affinché
chi è interessato possa reperirli facilmente e sceglierli con cognizione di causa. Tutti questi
prodotti si sono dimostrati efficaci. I prodotti non vengono elencati in ordine di efficacia o
di preferenza, bensì in ordine alfabetico. Il lettore che possiede una miscela di basi non
menzionata in queste pagine potrà facilmente farsi un’idea del valore esaminandola sulla
base dei criteri esposti qui di seguito.
I nomi dei dodici prodotti sono: Alcabase, Alkala, Basa Vita, Basin, Équilibre Vital,
Erbasit, miscela di basi Flügge, Ideal Base Plus, Mégabase, pHion Alkaline Minerals,
Probase, Rebasit.
Esamineremo nell’ordine la composizione di questi integratori basici, il modo di
assumerli (dosaggio) e la durata delle cure (v. tabella riassuntiva a p. 168).
Studi sulla composizione degli integratori basici
I cinque minerali di base
La maggior parte dei preparati contiene i seguenti cinque minerali alcalini: calcio,
potassio, magnesio, ferro e manganese. Preparare un integratore con uno solo di questi
minerali sarebbe un errore, perché i fabbisogni organici sono ben definiti e un apporto
eccessivo di un minerale rischia di andare oltre le capacità di assimilazione. Il sistema
tampone d’altro canto utilizza tutti questi diversi minerali, ognuno dei quali ha la sua
ragion d’essere nelle suddette miscele.
Il calcio (C) è il minerale più presente nell’organismo. Si trova principalmente nello
scheletro, ma è indispensabile per molti altri tessuti, tra cui il sistema nervoso. Il potassio
(K) svolge un ruolo fondamentale negli scambi cellulari. In caso di carenza, la produzione
di energia è meno efficiente e compaiono crampi muscolari. Il magnesio (Mg) è ben noto
per la sua azione a livello del sistema nervoso e immunitario. Il ferro (Fe) è necessario per
il trasporto dell’ossigeno nel sangue. Si tratta di un minerale importantissimo per chi è
metabolicamente debole agli acidi, cioè per coloro che, tra le altre debolezze, ossidano
male gli acidi volatili. Il manganese (Mn) agisce da catalizzatore in numerose reazioni
biochimiche.
Per un ottimale utilizzo di questi minerali è molto importante che la proporzione di
ciascuno all’interno della miscela sia ben dosata. Infatti nell’organismo l’impiego delle
varie sostanze nutritive dipende da sottili equilibri tra le stesse. Per esempio, un’eccessiva
presenza di un minerale rischia di frenare l’assimilazione dell’altro o, al contrario, la
carenza di uno impedirà l’impiego di un secondo, quantunque disponibile in grandi
quantità.
Le proporzioni dei vari elementi costitutivi degli integratori basici variano leggermente
da un preparato all’altro, ma sono tutte equilibrate. Tuttavia, quattro preparati non
contengono i cinque minerali menzionati. Queste miscele andranno dunque scelte se, per
un motivo o per l’altro, il minerale o i minerali in questione sono controindicati. Alkala
non contiene né magnesio né ferro né manganese. La miscela di basi Flügge manca di
potassio e di ferro. Probase solo di ferro e Mégabase non contiene né ferro né manganese.
Presenza o assenza di sodio (Na)
Il sodio è un minerale che utilizziamo quotidianamente in grandi quantità, perché si trova
nel sale da cucina sotto forma di cloruro di sodio. La proprietà principale del sale è di
trattenere l’acqua nei tessuti. Un grammo di sale trattiene undici grammi di liquido.
Un eccesso di sodio provoca di conseguenza edemi locali (caviglie o dita che si
gonfiano) o più generali. Poiché i tessuti si gonfiano, la pressione sanguigna aumenta
pericolosamente (ipertensione) e affatica il cuore. Anche i reni subiscono una prematura
usura, perché hanno l’incarico di eliminare l’eccesso di sodio.
A livello dei tessuti questo eccesso si corregge riducendo l’apporto di tale minerale o
aumentando quello di potassio, il suo antagonista. Mentre l’eccesso di sodio nel corpo ha
la tendenza a far salire la pressione sanguigna e a tonificare in senso generale, la carenza
conduce all’ipotensione e all’apatia.
Tra gli integratori basici, due preparati non contengono sodio. Si tratta di Basa Vita e di
pHion Alkaline Minerals. Il secondo in Europa è venduto solo su internet.3 Benché
efficaci in chiunque per neutralizzare gli acidi, questi preparati sono particolarmente
raccomandati in caso di cura di deacidificazione allorché la persona soffre di ritenzione
idrica, edemi, problemi cardiaci o renali.
Al contrario un altro preparato, il Rebasit, possiede un altissimo tenore di sodio (74%),
il che lo rende controindicato nei problemi sopra citati. È però utile ai soggetti ipotesi o
che mancano di tonicità. Tutti gli altri preparati contengono quantità moderate di sodio,
che sono inoltre sempre associate a potassio, l’antagonista del sodio.
La silice
La silice è un minerale acido, perché si presenta sotto forma di acido silicico. Ci si potrà
dunque stupire che rientri nella composizione delle miscele di basi, ma la sua presenza ha
un perché. La silice è di grande aiuto in numerosi problemi di cui soffrono le persone con
terreno acidificato, come perdita di capelli, fragilità delle unghie, carie dentali, disturbi
cutanei e dolori articolari. La solidità dello scheletro, dei denti, delle unghie e dei capelli,
così come la morbidezza della pelle, dipendono in gran parte dalla silice.
Sono sei le miscele basiche che la contengono: Alkala, Basa Vita, Erbasit, Flügge,
Mégabase e Rebasit. La silice non si profila nociva assumendo questi preparati, perché è
presente solo in quantità molto ridotte. Inoltre, associata a numerose basi, le sue proprietà
acide vengono neutralizzate. Gli effetti benefici possono dunque essere avvertiti senza che
si crei simultaneamente acidificazione.
Non possiamo dire lo stesso della silice contenuta nell’equiseto e nel miglio, due
vegetali spesso raccomandati per contrastare i disturbi di demineralizzazione, giacché il
loro tenore di questo minerale è assai più elevato rispetto a quello degli integratori basici.
Altri minerali
Alcuni minerali (rame, stronzio e vanadio) rientrano nella composizione del preparato
Basin, ma non in quella degli altri.
Nell’organismo questi minerali non svolgono un ruolo determinante per il sistema
tampone. Cionondimeno, possono contribuire a ripristinare l’equilibrio acido-base grazie
alle loro proprietà specifiche. Il rame per esempio è essenziale per la formazione dei
globuli rossi, ossia per il trasporto dell’ossigeno e l’ossidazione degli acidi che ne
consegue. Il ruolo dello stronzio e del vanadio è incerto.
Il prodotto pHion Alkaline Minerals contiene fosforo, perché questo minerale facilita
l’utilizzo del calcio.
La forma degli elementi costitutivi
La forma nella quale si presentano i minerali contenuti in un integratore basico è
importante, perché l’organismo deve essere in grado di metabolizzarli correttamente. Nei
preparati studiati in genere i minerali si presentano sotto forma di sale, cioè l’associazione
di un acido e di una base. L’acido però viene scelto per essere debole e facilmente
ossidato, cosicché il corpo ne venga sbarazzato rapidamente. Rimane dunque soltanto la
base.
La maggior parte delle miscele è costituita da citrati, ossia i sali basici degli acidi
deboli, la cui parte acida viene facilmente ossidata ed eliminata dai polmoni.
Le altre forme di minerali basici sono il carbonato, il tartrato, il solfato, il gluconato e il
lattato.
Poiché i preparati contengono acidi deboli (ma comunque acidi), il loro pH può
dimostrarsi acido se misurato con cartine reattive. Ciò non significa assolutamente che
questi prodotti esercitino un effetto acidificante perché, come spiegato sopra, la parte acida
dei sali assorbiti viene rapidamente eliminata, anche da chi soffre di una debolezza
metabolica agli acidi.
Il siero di latte
Il siero di latte è assai noto per le sue proprietà depurative. Stimola l’eliminazione renale
(effetto diuretico), intestinale (leggero effetto lassativo) ed epatico. Favorisce dunque
l’eliminazione delle tossine in generale e, tra le altre cose, quella degli acidi.
Il siero di latte possiede anche proprietà rimineralizzanti, grazie alla ricchezza di
minerali, che d’altro canto sono principalmente basici. Il minerale più presente è il
potassio, di cui il siero di latte è eccezionalmente ricco (2%).
Associato alle miscele di basi, il siero di latte è quindi doppiamente utile: favorisce
l’eliminazione e rimineralizza. Uno dei prodotti contiene siero di latte: il Basa Vita.
I rari casi in cui il siero di latte è controindicato sono dati dai soggetti allergici allo
zucchero del latte o lattosio. Ma questi soggetti lo sanno molto bene, perché sono allergici
ai latticini.
Erbe medicinali
A certe miscele sono state aggiunte alcune erbe medicinali: l’anice e l’assenzio, come pure
il carbone vegetale, stimolano i processi digestivi e contrastano le fermentazioni intestinali
(Mégabase). L’Erbasit contiene sambuco, tiglio, finocchio, camomilla e calendula. Queste
erbe agiscono a livello digestivo ed eliminatorio. Sostengono quindi il processo di
deacidificazione prodotto dall’apporto dei minerali basici.
Altri coadiuvanti
Altri coadiuvanti fanno parte delle miscele di basi, ma svolgono un ruolo trascurabile sulla
salute, perché si tratta di sostanze naturali (maltodestrina, per esempio) usate come leganti.
Sapore dei preparati
La questione del sapore degli integratori basici non va trascurata. Poiché una cura di
integratori può durare mesi, la regolarità e la costanza saranno facilitate se il sapore del
prodotto è gradevole.
Alcuni preparati hanno un sapore neutro, più o meno salino, che deriva dai diversi sali
della loro composizione (Alcabase, Alkala, Basin, Flügge, Ideal Base Plus, Probase,
Rebasit). Altri prodotti sono aromatizzati con polpa di frutta: Alcabase e pHion Alkaline
Minerals hanno sapore di limone. Erbasit e Basa Vita di arancia. Mégabase ha sapore di
anice ed Équilibre Vital un sapore davvero diverso: di brodo.
Considerato che nessun prodotto assomiglia davvero all’altro dal punto di vista del
sapore, le possibilità di variare sono numerose.
Aspetto
Gli integratori basici sono disponibili sotto forma di polvere, da mescolare a un liquido, o
di compresse, da inghiottire con un po’ d’acqua.
Composizione, sapore e aspetto degli integratori basici (in ordine alfabetico)
Intolleranza agli integratori basici
A parte le controindicazioni segnalate per i preparati contenenti grandi quantità di sodio,
gli integratori basici sono in linea generale tollerati molto bene. In via eccezionale capita
che, all’inizio di una cura, compaiano gonfiori e una lieve diarrea. In genere però non si
tratta di un’intolleranza vera e propria, bensì di una manifestazione passeggera dovuta a
un dosaggio non corretto: dall’oggi al domani sono state assunte dosi troppo elevate senza
alcuna transizione.
La soluzione a questo problema nasce spontanea: ricercando il dosaggio ideale occorre
iniziare con piccole dosi e aumentare gradualmente le quantità. Se nonostante ciò i
disturbi permangono, è plausibile che una delle componenti della miscela non sia adatta
alla persona in questione. In questo caso, tutto dovrebbe sistemarsi usando un altro
prodotto.
Dosaggio degli integratori basici
Contrariamente a molti rimedi, non esiste una posologia fissa per gli integratori basici. Il
dosaggio è sempre individuale e va trovato di caso in caso dalla persona stessa.
Per determinare tale dosaggio è fondamentale assumere una quantità di integratore
basico necessaria a ottenere un pH urinario tra 7 e 7,5.
Molti malati non traggono pienamente vantaggio dalla cura perché ignorano o non
rispettano questa regola. Il dosaggio degli integratori basici è per forza di cose individuale,
perché lo scopo dell’assunzione consiste nell’apportare all’organismo tutte le basi di cui
ha bisogno quotidianamente per neutralizzare gli acidi che ne saturano i tessuti. Questa
quantità però varia secondo l’individuo, giacché il livello di acidificazione del terreno è
diverso da una persona all’altra. Certi ne avranno necessariamente un bisogno maggiore di
altri.
Allorché il dosaggio è inferiore ai bisogni dell’organismo, avviene sicuramente una
neutralizzazione degli acidi, ma in quantità assai minore rispetto a quella che avrebbe
potuto aver luogo. I benefici della cura saranno pertanto inferiori alle normali aspettative.
La cura stessa durerà a lungo e non si concluderà mai davvero, perché l’organismo
mancherà sempre di basi per deacidificare il terreno in profondità.
Lo scopo di queste cure con integratori basici è di neutralizzare ed eliminare non solo
gli acidi di superficie, ma anche quelli accumulati nelle profondità del terreno, fino a
quando tutti saranno spariti e la salute ripristinata. In questo modo il terreno viene davvero
deacidificato. Ha luogo allora una vera guarigione e non una guarigione superficiale dei
sintomi. Non sono infatti i sintomi di superficie a costituire la natura profonda delle
malattie causate dall’acidificazione, bensì il terreno acidificato in profondità.
Per determinare la posologia individuale dell’integratore basico scelto è indispensabile
effettuare innanzitutto una serie di misurazioni del pH urinario, per conoscerne il valore
medio. Per quattro o cinque giorni si misurerà il pH urinario utilizzando cartine reattive e
annotando i risultati sull’apposita tabella (v. capitolo 2). Concluso questo periodo, si
profilerà in maniera chiara il pH medio della persona.
Facciamo l’esempio di una persona il cui pH urinario sia più o meno pari a 5 nell’arco
di tutta la giornata. Un pH del genere è acido o addirittura altamente acido e rivela un
terreno anch’esso acido. Per deacidificarlo è necessaria l’assunzione di un integratore
basico, ma a quali dosi? La cosa più saggia e fisiologica è iniziare con piccole dosi, che
verranno gradualmente aumentate fino a raggiungere un pH urinario di 7 o 7,5.
Supponiamo che il dosaggio del primo giorno sia di un cucchiaino raso di polvere
sciolta in acqua, prima dei tre pasti. Questo apporto di basi eserciterà inevitabilmente
un’influenza sul pH urinario. Misurando quest’ultimo in diversi momenti della giornata
troveremo per esempio che l’assunzione di basi lo ha fatto salire a 6. Si tratta di un pH
sicuramente preferibile a 5, ma ancora lontano dal valore ideale di 7 o 7,5.
Al secondo giorno occorrerà pertanto aumentare l’assunzione di basi. La stessa potrà
essere stabilita a un cucchiaino colmo (non più raso) di polvere, tre volte al giorno. Il
controllo delle misurazioni di quel giorno rivelerà se il dosaggio è adeguato.
Qualora l’aumento consenta di ottenere un pH di 7 o 7,5, avremo trovato la posologia
personale, che potrà essere mantenuta per il resto della cura.
Se il pH urinario rimane al di sotto di 7, la quantità di basi andrà ulteriormente
aumentata in maniera graduale, per raggiungere il pH desiderato. Per esempio, assumendo
due cucchiaini rasi di polvere, due cucchiaini colmi o ancora tre cucchiaini ecc.
Non bisogna aver paura di aumentare le dosi, se necessario. Il fatto che gli apporti siano
molto abbondanti significa che il corpo ne ha bisogno.
Una volta scoperta la posologia personale, questa va mantenuta ed è possibile smettere
di misurare il pH urinario.
Le persone con terreno acido ma con urina alcalina non possono basarsi sulla
misurazione del pH urinario per dosare gli apporti di integratori basici. Devono assumere
una dose media e tentare di orientarsi secondo la scomparsa o l’evoluzione dei sintomi.
Il controllo mensile
Man mano che la cura avanza, gli acidi accumulati nell’organismo vengono neutralizzati
ed eliminati. La loro concentrazione diminuisce gradualmente e, con essa, anche i bisogni
organici di basi per neutralizzarli. Dopo qualche tempo il dosaggio iniziale della cura può
dunque dimostrarsi eccessivo per i nuovi bisogni.
Andranno effettuati controlli del pH urinario per uno o due giorni, all’incirca ogni mese.
Fintanto che il pH rimane tra 7 e 7,5, gli apporti di basi vanno mantenuti allo stesso
livello. Se è inferiore a 7, cioè 6,5 o al di sotto, il dosaggio va rivisto al rialzo. Questo caso
tuttavia è raro. In genere, dopo qualche settimana o mese (certe cure possono protrarsi per
un anno o due) il pH sale a 8 o più. Ciò significa che il corpo non ha più bisogno di tante
basi come in passato. Elimina allora quelle eccedenti con l’urina, che diventa in maniera
del tutto naturale più alcalina.
Poiché le basi in eccedenza vengono eliminate senza essere utilizzate, occorrerà ridurne
l’apporto, affinché il pH rientri nuovamente tra 7 e 7,5. In questo modo l’organismo riceve
esattamente le quantità di basi di cui ha bisogno per correggere il terreno.
L’adeguamento del dosaggio va effettuato regolarmente nel corso della cura. Pertanto,
di mese in mese le quantità di basi assunte come complemento alla dieta alcalina si
riducono progressivamente.
Durata della cura
Le cure di integratori basici durano fintanto che l’organismo ne ha bisogno per
deacidificare il terreno. Questo arco di tempo varia da una persona all’altra. Può protrarsi
per sei mesi o due anni, in funzione del grado di acidificazione. Il periodo può sembrare
lungo, ma è breve se consideriamo che il corpo ha accumulato acidi per moltissimi anni
prima che comparissero i disturbi e avesse inizio la cura.
Il segno che la cura ha raggiunto il suo scopo e può essere interrotta è dato da un pH
urinario di 7 o 7,5 senza l’assunzione di alcun integratore basico. Questo valore si
instaurerà in maniera del tutto naturale, perché più la cura va avanti, più i bisogni di basi
supplementari si riducono. Capita quindi che un giorno, dopo un controllo mensile, quelle
poche basi ancora assunte si possano eliminare.
Ovviamente l’interruzione riguarda la cura con integratori basici e non la dieta alcalina
seguita parallelamente. Quest’ultima infatti va mantenuta, per conservare quanto
acquisito. Se viene abbandonata, l’acidificazione del terreno ricomincerà e ricompariranno
i disturbi. La dieta alcalina sarà più o meno rigida a seconda dei casi e dipenderà
interamente dalle capacità organiche della persona di fronte agli acidi. Rimarrà rigida per
chi è metabolicamente debole agli acidi, ma molto più permissiva per gli altri. In ogni
caso, la validità della nuova dieta può essere controllata tramite il pH urinario. Se
quest’ultimo ritorna acido, significa che la dieta è stata troppo permissiva.
Alla fine di una cura con integratori basici il terreno viene liberato dagli acidi. Ciò si
traduce in uno stato di vitalità e benessere da molto tempo dimenticati. In parecchi lo
esprimono affermando che non si erano mai resi conto di quanto ci si potesse sentire bene
quando si sta bene!
Allorché la debolezza metabolica agli acidi è troppo forte, la dieta da seguire per
mantenere il pH urinario a 7-7,5 potrebbe dimostrarsi così rigida da essere non solo
pressoché impossibile da seguire, ma probabilmente anche con carenze. Infatti, gli apporti
di proteine, cereali ecc. risulterebbero così ridotti che l’organismo non otterrebbe tutte le
sostanze nutritive di cui ha bisogno.
In casi del genere i soggetti metabolicamente deboli non devono sforzarsi di seguire una
dieta perfetta in teoria ma irrealizzabile nella pratica. Al contrario, si consiglia di
mantenere una certa varietà nell’alimentazione e compensare gli eventuali eccessi di acidi
continuando ad assumere integratori basici. In certe circostanze è l’unico modo di
conciliare le debolezze organiche con uno stile alimentare fisiologicamente e
psicologicamente accettabile.
7
Il drenaggio degli acidi

Finora abbiamo soprattutto parlato del modo di ridurre l’eccessivo apporto di acidi
mediante l’adozione di un’alimentazione adeguata e l’assunzione di integratori basici.
L’acidificazione del terreno ha però due cause. Una è l’eccessivo apporto di acidi,
mentre l’altra è la loro insufficiente eliminazione. Non ci rimane dunque che capire come
stimolare gli organi incaricati di questa eliminazione, affinché espellano quanti più acidi
possibile.
Gli organi incaricati dell’eliminazione degli acidi sono da un lato i reni e la pelle e
dall’altro i polmoni. È importante stabilire una distinzione tra questi due gruppi di
emuntori, perché gli acidi trattati non sono gli stessi.
I reni e la pelle eliminano gli acidi forti, come l’acido urico, l’acido solforico e l’acido
fosforico, cioè gli acidi provenienti principalmente dalle proteine animali. I polmoni
eliminano gli acidi deboli o volatili, come l’acido citrico, piruvico e ossalico derivanti dai
vegetali, sotto forma di anidride carbonica (CO2).
Poiché le possibilità di eliminazione degli acidi sono diverse a seconda della natura
forte o debole, affronteremo prima il drenaggio degli acidi attraverso i reni e la pelle e poi
quello attraverso i polmoni.
Drenaggio renale degli acidi
Benché possano anche eliminare gli acidi deboli, i reni sono specializzati nel trattamento
degli acidi forti. Questa eliminazione è limitata nella quantità, perché è relativamente
difficile da svolgere. Infatti i reni non possono semplicemente “aprirsi” per espellere gli
acidi dall’organismo. Al contrario, occorre mettere in atto un insieme di procedimenti
complessi. Innanzitutto le scorie vanno filtrate per rimuoverle dal sangue. Sono poi
preparate diluendole nel liquido per non ferire le mucose dell’apparato urinario. In seguito
vengono condotte fino alla vescica e lì immagazzinate per essere espulse dall’organismo
attraverso l’urina.
Le quantità di acidi che i reni eliminano ogni giorno possono essere insufficienti per
liberare l’organismo dagli acidi forniti e prodotti in quel giorno. Per ovviare a questo
inconveniente si consiglia dunque un cambiamento alimentare che riduca l’apporto di
acidi. È altresì indispensabile stimolare i reni a lavorare più intensamente, così da
accrescere le quantità di acidi filtrate ed evacuate. Questa stimolazione si dimostra
decisamente necessaria, tanto più che in molti i reni funzionano al di sotto delle possibilità
reali. Non possiamo parlare di malattia renale propriamente detta, bensì di
un’insufficienza o di una pigrizia renale che ne riduce le possibilità di eliminazione.
Un primo modo di stimolare il lavoro renale consiste nell’aumentare le quantità di
bevande consumate. Il processo di filtraggio renale è infatti in gran parte dovuto alla
differenza tra la pressione sanguigna che penetra nel filtro renale e quella della resistenza
che tale filtro oppone. Se la pressione sanguigna è superiore a quella del filtro, il sangue
viene spinto attraverso lo stesso e privato degli acidi. In caso contrario, il filtraggio
avviene male, perché la mancanza di pressione lo impedisce. Bevendo più del solito il
volume sanguigno aumenta ed esercita una pressione maggiore. La conseguenza è
inevitabilmente una diuresi più abbondante.
Il ruolo della pressione sulla diuresi spiega perché il caffè, che aumenta la pressione
sanguigna, esercita un effetto diuretico, ma anche perché la paura fa sentire lo stimolo a
urinare (le secrezioni di adrenalina hanno un effetto ipertensivo).
Un metodo efficace per bere a sufficienza nel corso della giornata e non dimenticare di
farlo consiste nel bere sistematicamente dopo ogni minzione. La minzione infatti viene
avviata per un’eccessiva presenza di liquido del corpo. L’evacuazione di questo liquido
pone l’organismo al di sotto della soglia di tolleranza che lo costringe a eliminare l’acqua
in eccesso. Rimarrà al di sotto di questa soglia fintanto che non avrà luogo un nuovo
apporto. Tuttavia, il fatto di bere subito dopo la minzione e per di più una quantità
equivalente o superiore a quella eliminata fa risalire il livello del liquido sopra la soglia di
tolleranza. Si innesca pertanto automaticamente una nuova diuresi. Ripetendo questo
processo nel corso della giornata favoriamo diuresi molto più numerose e abbondanti del
solito.
Il volume del liquido che transita attraverso l’organismo favorisce l’eliminazione delle
tossine, perché è facilmente in grado di diluire e trasportare numerosi acidi e sali senza
che le urine divengano troppo concentrate. Anche il letto di un ruscello viene pulito
meglio se vi scorrono grandi quantità d’acqua, anziché soltanto un sottile rigagnolo.
Se l’abbondanza di liquido favorisce l’eliminazione, è anche possibile aumentare le
quantità di acidi espulsi stimolando le capacità di filtraggio dei reni con erbe medicinali
diuretiche. Queste erbe consentono ai reni di trattare quantità maggiori di tossine e
l’organismo pertanto ne viene liberato molto più velocemente.
La pulizia si svolge nella seguente maniera. Sotto l’azione delle erbe viene innanzitutto
pulito il filtro renale dalle scorie che lo ostruiscono. Una volta pulito, a sua volta
rimuoverà gli acidi presenti nel sangue, permettendo a quelli che si trovano al di fuori dei
capillari sanguigni (e dunque un po’ più in profondità) di rientrare nel circolo generale per
essere condotti ai reni. Una volta eliminati questi acidi, quelli situati ancora più in
profondità risaliranno. L’eliminazione raggiunge tessuti sempre più profondi e lontani,
ripulendo infine il terreno nel suo insieme.
Per essere efficaci, le erbe diuretiche devono essere dosate correttamente. In genere il
dosaggio è troppo basso. Certo, la persona che effettua la cura assume le erbe in questione,
ma in quantità così scarsa che l’effetto è molto ridotto o addirittura inesistente in certi casi.
Quando le piante vengono dosate correttamente, gli effetti si manifestano in maniera
decisamente netta: le urine sono più cariche di acidi, assumono un colore più accentuato e
il loro odore diventa più pronunciato. Inoltre, aumenta nettamente la frequenza delle
minzioni e anche le quantità eliminate. Per trovare la dose ottimale occorre dunque
aumentare i dosaggi medi suggeriti, fino a conseguire gli effetti desiderati.
Le erbe diuretiche vanno assunte almeno tre volte al giorno, mattino, mezzogiorno e
sera, affinché i reni siano sostenuti nel loro lavoro per tutta la giornata. Le cure vanno
protratte per quattro o sei settimane circa e ripetute nel tempo, dopo una pausa di una o
due settimane. Si è altresì dimostrato utile cambiare erbe da una cura all’altra e talvolta nel
corso della cura, perché l’organismo ha la tendenza ad abituarsi alle piante e a non reagire
più altrettanto intensamente al loro stimolo.
Come gli alimenti, queste erbe possono anch’esse contenere acidi ed essere
controindicate per chi soffre di debolezza metabolica. Si tratta principalmente
dell’equiseto, ricco di acido silicico, e della betulla.
Preparate sotto forma d’infuso, le erbe diuretiche presentano il vantaggio, oltre
all’effetto diuretico, di fornire liquidi. Tuttavia, la loro preparazione richiede un certo
tempo e non tutti gradiscono berle. Fortunatamente sono alternative altrettanto valide le
compresse fitoterapiche o le tinture madri. Peraltro, sono più pratiche da utilizzare quando
si è in viaggio o si mangia fuori.
Erbe medicinali per il drenaggio degli acidi
Descriveremo in successione gli infusi, i decotti, le tinture madri, le compresse e le tisane.

INFUSO: BEVANDA OTTENUTA SOTTOPONENDO PER QUALCHE MINUTO UNA PIANTA ALL’AZIONE
DELL’ACQUA CALDA.

Ribes nero
Le foglie sono diuretiche e producono una bevanda molto gradevole.
• Una manciata (40 g) di foglie per 1 l d’acqua o un cucchiaio per una tazza.
• Infusione 10 minuti. Almeno tre tazze al giorno, prima o durante i pasti.
Carciofo
Le foglie – e non le brattee del fiore, che si consumano – possiedono una buona azione
diuretica. Stimolano inoltre il lavoro del fegato. Bevanda amara.
• 10 g di foglie per 1 l d’acqua o un cucchiaino per una tazza.
• Infusione 10 minuti. Almeno tre tazze al giorno, prima dei pasti.

DECOTTO: BEVANDA OTTENUTA FACENDO BOLLIRE UNA PIANTA IN ACQUA, IN UNA


CASSERUOLA CON COPERCHIO.

Piccioli di ciliegia
I peduncoli o piccioli sono utilizzati per la loro azione diuretica. Tenere da parte i
piccioli delle ciliegie consumate e farli essiccare. Bevanda rinfrescante.
• Una manciata per 1 l d’acqua.
• Far bollire per 10 minuti. Almeno tre tazze al giorno.
Alburno di tiglio
Ottimo drenante degli acidi, è raccomandato per tutti i reumatismi. Dissolve anche i
calcoli.
• 40 g di scorza per 1 l d’acqua.
• Far bollire fino a quando il liquido si è ridotto di un quarto di litro. Bere durante la
giornata. Cura da 20 giorni al mese, da ripetere.

TINTURA MADRE (GOCCE): LIQUIDO OTTENUTO MEDIANTE ESTRAZIONE DEI PRINCIPI ATTIVI
DELLA PIANTA IN UN SUPPORTO ALCOLICO.

Pilosella
Ottimo diuretico e disinfettante delle vie urinarie.
• Da 30 a 50 gocce da assumere tre volte al giorno con un po’ d’acqua, prima dei
pasti.
Uva ursina
Diuretico molto conosciuto per la sua azione disinfettante delle vie urinarie.
• Da 20 a 40 gocce da assumere tre volte al giorno con un po’ d’acqua, prima dei
pasti.

COMPRESSE: DOPO L’ESSICCAZIONE, LE ERBE MEDICINALI VENGONO RIDOTTE IN POLVERE,


DOPODICHÉ PRESSATE IN COMPRESSE.
Gramigna
Ottima pianta di pulizia. A causa del suo sapore è preferibile utilizzarla in compresse.
• Da 1 a 3 compresse tre volte al giorno, con un po’ d’acqua, prima dei pasti.
Frassino
Utile per eliminare gli acidi. Se assunto ad alte dosi, esercita un effetto purgante.
• Da 1 a 2 compresse tre volte al giorno con acqua.

TISANE: MISCELE DI PIANTE. SI PREPARANO COME GLI INFUSI.

• Solidago 40g
Da 1 a 2 cucchiai per tazza Bollire
• Frassino 30g per 2 minuti e infusione 10 minuti
3 tazze al giorno
• Parietaria 30g

• Ribes nero 25g


• Ortosifon 25g Da 1 a 2 cucchiai per tazza Bollire
per 2 minuti e infusione 10 minuti
• Gramigna 30g 3 tazze al giorno
• Eringio (calcatreppola) 20g

• Sambuco 40g
Da 1 a 2 cucchiai per tazza Bollire
• Liquirizia 20g per 2 minuti e infusione 10 minuti
3 tazze al giorno
• Barba di mais 20g

Esistono inoltre in commercio numerose miscele di erbe diuretiche disponibili sotto forma
di tisana, tintura madre, compresse ecc. Questi preparati sono in genere molto efficaci e si
utilizzano con successo.
La cura del siero di latte per il drenaggio degli acidi
Il siero di latte è il liquido residuo ottenuto dopo che il latte è stato cagliato. È il liquido
che fuoriesce dalla cagliata quando viene messa a sgocciolare. Le proprietà disintossicanti
del siero di latte sono note sin dall’antichità. Tra queste, ci interessano soprattutto le
proprietà diuretiche.
Il siero di latte deve il suo potente effetto diuretico all’alto tenore di potassio.
Espellendo dall’organismo il sale in eccesso, il potassio provoca l’eliminazione dei liquidi
trattenuti a causa della presenza del sodio, liquidi che tra le altre cose contengono acidi.
Inoltre, le abbondanti quantità di siero di latte consumate nel corso della cura (fino a due o
tre litri al giorno) rappresentano un notevole apporto di liquido, che costringe i reni a
lavorare più intensamente. Il grande medico inglese Sydenham (1624-1689)
raccomandava in maniera particolare e con successo le cure di siero di latte per la gotta,
una malattia dovuta a un eccesso di acidi, nella fattispecie acido urico.
I benefici del siero di latte per ripristinare l’equilibrio acido-base non si trovano solo
nelle sue proprietà di eliminazione. Si tratta di una bevanda ricchissima di minerali
(all’incirca il 5% del peso netto), principalmente basici: potassio, calcio e magnesio, che
contribuiscono a colmare le carenze di basi.
L’effetto alcalinizzante del siero di latte si esplica tuttavia solo quando questo è fresco,
perché acidifica molto velocemente. Già nel giro di qualche ora dopo la fabbricazione può
perdere le proprietà alcaline e, di conseguenza, essere controindicato. In passato era un
problema diffuso, perché le cure venivano svolte con siero di latte liquido. Oggigiorno con
il siero di latte fresco si produce una polvere, per avere a disposizione un prodotto alcalino
che non acidifica durante la conservazione. Venduta in erboristeria, è reperibile anche
aromatizzata, con estratti naturali di frutta. Si ricostituisce in siero di latte sciogliendo la
polvere in acqua secondo le indicazioni del produttore. Una volta ricostituito, il liquido va
bevuto rapidamente (nell’arco di un’ora), per evitare che acidifichi.
La cura si svolge nel seguente modo: il siero di latte va bevuto in quantità da tre a
cinque bicchieri da 2 a 3 dl al giorno. Sotto l’azione congiunta delle sue proprietà e delle
quantità ingerite, l’effetto diuretico si farà rapidamente sentire.
È tuttavia necessario all’organismo un periodo di adattamento. Il primo giorno della
cura si berrà soltanto un bicchiere di siero di latte. Il secondo, due bicchieri ecc., fino a
raggiungere i cinque bicchieri al giorno. In seguito questa quantità va mantenuta per il
resto della cura, che durerà tra le due e le tre settimane.4
Drenaggio cutaneo degli acidi
Proprio come i reni, il sudore eliminato dalle ghiandole sudoripare permette di eliminare
gli acidi forti. Vi sono tra le settanta e le centoventi ghiandole sudoripare per centimetro
quadrato di pelle, il che rappresenta all’incirca due milioni di ghiandole in tutto il corpo.
Le ghiandole sudoripare agiscono come un semplice filtro sugli acidi e sulle tossine
trasportati dal sangue. Attraversando questo filtro, gli acidi vengono trattenuti ed espulsi
all’esterno, diluiti in acqua (il sudore). Il sangue che trasporta le scorie circola in vasi
sanguigni molto sottili: i capillari. Di conseguenza, la sudorazione sarà abbondante solo se
la circolazione sanguigna a livello cutaneo è buona. Questa viene favorita e migliorata
dall’esercizio fisico e dall’applicazione di calore (sauna, bagni caldi).
È assai noto che l’attività fisica stimola la circolazione sanguigna grazie alle contrazioni
muscolari prodotte dall’esercizio. In quanto al calore, agisce dilatando i capillari e
accelerando la velocità di circolazione del sangue.
In condizioni normali, la pelle elimina un litro, un litro e mezzo di sudore al giorno.
Non ne siamo consapevoli, perché nella maggior parte dei casi evapora direttamente.
Conducendo una vita molto sedentaria, il sudore può ridursi a mezzo litro al giorno.
L’eliminazione degli acidi attraverso la pelle può allora essere molto scarsa.
Una pelle stimolata dall’esercizio intenso può eliminare mezzo litro di sudore in un’ora!
Questa eliminazione diventa ancora più copiosa con la sauna, perché in una seduta, cioè
ugualmente in un’ora circa, si espelle fino a un litro e mezzo di sudore.
In caso di febbre alta il malato ne elimina quantità equivalenti o superiori.
Un’insufficiente eliminazione di acidi attraverso la pelle può quindi essere corretta e
compensata volontariamente mediante sedute di attività fisica o sauna. Poiché queste due
soluzioni sono assai note, descriveremo e svilupperemo l’approccio dei bagni caldi,
chiamati anche bagni ipertermici. Sono molto semplici da svolgere, perché richiedono
soltanto una vasca da bagno e dell’acqua calda. Il calore produrrà una febbre artificiale
che genererà una forte sudorazione e quindi un’abbondante eliminazione di acidi.
I bagni ipertermici

PASSI DA SEGUIRE

Si entra nel bagno a 37°C circa. La temperatura viene in seguito aumentata


progressivamente aggiungendo acqua calda fino a raggiungere la soglia di tolleranza,
cioè appena prima che la sensazione di calore divenga troppo forte. Quantunque molto
caldo, il bagno deve essere ben tollerato; ci si deve sentire a proprio agio. Non bisogna
cercare di raggiungere la temperatura più elevata possibile, bensì trovare quella che
permette al bagno di durare un buon quarto d’ora. A seconda della resistenza
individuale, la temperatura del bagno varierà tra i 39° e i 42°C o più.
Lo scopo del bagno ipertermico è apportare molto calore all’organismo. Se le
temperature elevate sono mal sopportate, si può compensare rimanendo più a lungo in
vasca da bagno. È fondamentale che l’organismo si abitui pian piano al bagno
ipertermico, quindi bisogna aumentare la temperatura e la durata del bagno solo
gradualmente, nell’arco di varie settimane, prima di raggiungere il limite personale. Il
bagno ipertermico esercita un’azione rieducativa sulla pelle. Chi in genere traspira male
dopo qualche bagno traspirerà più facilmente.
Si sconsiglia di entrare bruscamente nell’acqua calda, anche se è ben tollerata. Infatti
l’organismo si difende da questa improvvisa aggressione termica chiudendo i pori della
pelle, i quali si apriranno solo lentamente e gli effetti attesi saranno in gran parte
annullati.
Quando il bagno è terminato, si esce dolcemente dall’acqua e ci si sdraia per una
mezz’ora, avvolti in un telo di spugna e una coperta. Questo riposo consente
all’organismo di continuare a sudare e ritrovare il proprio equilibrio.
Secondo la vitalità, è possibile fare un bagno tutti i giorni per due o tre settimane
oppure ogni due giorni per vari mesi. Il bagno in genere va fatto la sera, perché rilassa
l’organismo e favorisce il sonno.

MODALITÀ D’AZIONE

Quando il corpo si bagna in acqua calda, accumula rapidamente calore. Possiamo


facilmente verificare l’aumento della temperatura corporea con un termometro in
bocca. Il bagno ipertermico produce una febbre artificiale e ha quindi le stesse
proprietà della febbre naturale. La febbre, ricordiamolo, è un mezzo di difesa usato
dall’organismo per intensificare il metabolismo e accelerare gli scambi, così da
bruciare le scorie (tra cui gli acidi) che saturano il terreno organico. È dunque una
reazione di difesa positiva, che permette all’organismo di normalizzare rapidamente
l’ambiente umorale. Se non esistesse, il corpo si saturerebbe irrimediabilmente di
scorie e non avrebbe mai la possibilità di attraversare una buona crisi di pulizia per
“recuperare il tempo perduto”. Quando durante la febbre la combustione si intensifica,
i rifiuti e gli acidi presenti un po’ ovunque nell’organismo vengono degradati per
fornire materiali energetici o costruttori; si verifica quindi una combustione delle
tossine non circolanti, depositate in profondità.

OSSERVAZIONI

Trascurando la fondamentale gradualità delle applicazioni si rischia di smuovere in


massa le tossine profonde (crisi di pulizia). Risalendo bruscamente in superficie a
livello del sangue e aggiungendosi alle tossine in circolo, queste possono spingersi ben
oltre la capacità di eliminazione degli emuntori e di ossidazione del corpo. Ne possono
quindi conseguire disturbi molto fastidiosi, come mal di testa, nausea e attacchi
reumatici. È possibile evitarli procedendo per gradi e drenando le tossine in circolo
prima di svolgere una cura intensiva di bagni ipertermici.
Si dimostrano ugualmente utili tisane diaforetiche prima e dopo il bagno. Durante il
bagno, le frizioni possono intensificare il lavoro della pelle.
Erbe medicinali ed eliminazione cutanea degli acidi
È possibile intensificare il lavoro delle ghiandole sudoripare assumendo erbe
medicinali. Queste erbe sono dette diaforetiche perché aumentano la secrezione del
sudore. Di conseguenza, aumentano anche la quantità di acidi eliminati. Naturalmente
la sudorazione sarà visibile principalmente quando il corpo ha bisogno di traspirare, in
caso di calore o di sforzo fisico.
Cionondimeno, la regolare assunzione di diaforetici aiuta i pori ostruiti a pulirsi e a
lavorare più attivamente.
I preparati vanno assunti tre volte al giorno, ben caldi se si tratta di bevande.
L’effetto dei bagni ipertermici, delle sedute di sudorazione in sauna, dell’esercizio
fisico o di qualunque altro approccio risulta potenziato assumendo, prima e dopo la
seduta, una o due tazze di infuso ben caldo di erbe diaforetiche.
Ecco alcune erbe medicinali diaforetiche.

INFUSO

Sambuco
I fiori di sambuco sono diaforetici e diuretici. Producono una bevanda molto gradevole.
• Un cucchiaio di fiori per tazza, infusione 10 minuti, tre tazze al giorno.
Tiglio
Ben noto a tutti, il tiglio viene da moltissimo tempo utilizzato per le proprietà
diaforetiche e calmanti.
• Una manciata abbondante per tazza (da 15 a 30 g per litro), infusione 10 minuti, tre
tazze o più al giorno.

DECOTTO

Bardana
Questa pianta è diuretica, coleretica e lassativa. Viene spesso raccomandata nelle
malattie della pelle.
• 40 g di radici per 1 l d’acqua, bollire 10 minuti, tre tazze al giorno.

TINTURA MADRE

Viola del pensiero


Questa pianta è molto efficace per le malattie della pelle. Oltre alle proprietà
diaforetiche, costituisce un buon depurativo generale.
• Da 20 a 50 gocce con dell’acqua, tre volte al giorno prima dei pasti.
Bardana
• 40 gocce con dell’acqua, tre volte al giorno prima dei pasti.
TISANE

• Tiglio 25g
• Fiori di sambuco 30g
Un cucchiaio per tazza, infusione
• Borragine 40g
10 minuti
• Melissa 5g
• Violetta 5g

• Olmaria 20 g
• Viola del pensiero 30 g
Un cucchiaio per tazza, infusione
• Camomilla 30 g
10 minuti
• Fiori di prugnolo 20 g
• Primula 20 g
Drenaggio polmonare degli acidi
I polmoni svolgono un doppio ruolo nell’eliminazione degli acidi. Da un lato è grazie
all’ossigeno assorbito che gli acidi volatili possono essere ossidati. Questa trasformazione
ha luogo non nei polmoni stessi, bensì nei tessuti. Pertanto, l’ossigeno non deve solo
entrare nelle vie respiratorie in quantità sufficiente, ma deve anche essere portato
sufficientemente in profondità nel sangue, cosicché l’ossidazione degli acidi possa
avvenire nei tessuti. Dall’altro, gli acidi vengono espulsi dalle vie respiratorie sotto forma
di anidride carbonica (CO2). Prodotto nei tessuti (e presente in quel livello in forma
liquida), questo gas deve raggiungere i polmoni ed essere espulso a sufficienza (in forma
gassosa), affinché l’organismo possa esserne effettivamente liberato.
Considerato che tutti respirano, potremmo credere che non dovrebbe esserci nessun
problema di eliminazione degli acidi tramite le vie respiratorie. Tuttavia un problema c’è,
perché non tutti respirano allo stesso modo. A seconda della persona, il flusso d’aria può
variare da semplice a doppio o più. Se a riposo un individuo inspira mezzo litro d’aria per
respirazione, in attività ne inspirerà un litro, cioè il doppio. In quanto allo sportivo in piena
azione, produrrà da cinque a sei litri d’aria per respirazione, cioè da dieci a dodici volte di
più.
Se mezzo litro d’aria per respirazione costituisce un apporto sufficiente per una persona
a riposo (per esempio che dorme), è insufficiente per una persona sedentaria che mangia e
lavora. Più l’attività e l’alimentazione sono abbondanti, più l’organismo ha bisogno di
ossigeno. Quando non ne riceve a sufficienza, l’ossidazione avviene male e aumenta la
produzione di acidi. Per di più, giacché il volume d’aria inspirato è molto ridotto, lo è
anche la quantità di CO2. Ne consegue un’acidificazione dell’organismo a causa degli
acidi deboli.
Gli effetti benefici sul pH di una corretta ossigenazione sono già stati descritti. Una
persona che lavora seduta alla scrivania in un ufficio poco aerato per tutto il pomeriggio
ha la tendenza ad acidificarsi. Misurando il pH urinario, constaterà che questo è per
esempio di 5 o 6. Tuttavia salirà a 7 dopo una passeggiata all’aria aperta, senza che sia
stato assunto nessun alimento o integratore basico. Ciò però accade solo quando la causa
dell’acidificazione è la mancanza di ossigeno.
Giacché il movimento produce un’intensificazione dell’ampiezza respiratoria, cioè
inspirazioni ed espirazioni più grandi, tutte le attività fisiche sono utili per drenare gli
acidi. Sono indicati camminata, corsa, bicicletta, ginnastica e un gran numero di sport. È
peraltro opportuno praticarli quotidianamente, perché permettono di ossidare ed eliminare
gli acidi volatili man mano che questi vengono prodotti. È dunque preferibile camminare
ogni giorno per trenta minuti all’aria aperta anziché tre ore di seguito nel fine settimana.
Come possiamo constatare, l’eliminazione degli acidi deboli è molto più facile di quella
degli acidi forti. Questi ultimi infatti possono essere espulsi dai reni solo in quantità
limitate ogni giorno. Non esiste invece nessun limite quotidiano per gli acidi deboli
(volatili), che vengono eliminati in quantità corrispondenti all’ossigenazione svolta nel
corso della giornata.
I digiuni e le monodiete sono mezzi efficaci per
deacidificarsi?
Le cure di drenaggio svolte per trattare altri disturbi diversi da quelli dovuti
all’acidificazione in genere sono accompagnate da approcci dietetici come i digiuni o le
monodiete. Il motivo è che grazie alle restrizioni alimentari il corpo fa risalire grosse
quantità di tossine dalle profondità tissutali, per condurle poi agli emuntori dai quali
saranno eliminate.
Queste diete però non sono le più utili durante la cura di deacidificazione e non vanno
raccomandate sistematicamente. L’arrivo in massa di acidi da esse causato può mettere in
difficoltà chi soffre di una debolezza metabolica agli acidi.
Esaminiamo innanzitutto il caso del digiuno. Tra tutti gli acidi che risalgono dalle
profondità, solo una piccola quantità potrà essere eliminata così com’è dagli emuntori.
Tutti gli altri dovranno essere ossidati o tamponati. Chi presenta una debolezza metabolica
di norma già fatica a ossidare gli acidi. Ha quindi poche possibilità di riuscire a farlo
meglio durante il digiuno, quando gli acidi si presentano in quantità maggiori.
In quanto a tamponare gli acidi, farlo non è più facile. Da un lato perché le riserve di
basi in genere sono già state ben intaccate e dall’altro perché senza alimentazione non c’è
nessun apporto esterno di basi in grado di sostenere il sistema tampone. Il corpo attinge
quindi alle sue riserve senza poterle nel contempo ricostituire. Si profila un forte rischio di
demineralizzazione.
La situazione è diversa per chi non soffre di debolezza metabolica. Durante il digiuno
l’organismo non deve più ossidare gli acidi portati dagli alimenti e può concentrarsi su
quelli già presenti nel corpo. Poiché la sua capacità di bruciare gli acidi deboli è buona, ne
potrà ossidare in gran quantità. Con buone riserve corporee di basi, anche tamponare gli
acidi sarà facile.
Per quanto riguarda le monodiete, si presentano vari casi. In linea generale, sono utili
soltanto se svolte con alimenti basici, come carote, patate ecc. e questo a prescindere dal
fatto che la persona soffra di debolezza metabolica agli acidi o meno. Poiché l’apporto di
basi durante una monodieta è cospicuo e non accompagnato da acidi, le basi potranno
essere interamente utilizzate per tamponare gli acidi accumulati. Inoltre, l’energia
economizzata a livello digestivo (grazie all’assenza di pasti complessi) potrà essere usata
per intensificare l’eliminazione degli acidi attraverso i reni e le ghiandole sudoripare.
Le monodiete composte da alimenti acidificanti sono invece nocive, perché l’apporto di
acidi non è compensato da basi alimentari. Per neutralizzare gli acidi, quelli accumulati
nell’organismo e quelli forniti dalla monodieta, il corpo dovrà attingere interamente alle
sue riserve, senza poter sostituire le basi utilizzate con nuovi apporti alimentari.
Le monodiete di alimenti acidi, come la frutta, vanno rigorosamente evitate dai soggetti
metabolicamente deboli agli acidi, ma sono caldamente consigliate agli altri. Questi ultimi
infatti sono capaci di ossidare gli acidi deboli della frutta, i quali verranno dunque
trasformati in basi e li aiuteranno ad alcalinizzare il loro terreno.
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Rivitalizzanti basici

Oltre all’assunzione di integratori basici per supportare il lavoro di deacidificazione


dell’organismo, le persone con terreno acidificato avranno forse bisogno di assumere
anche dei rivitalizzanti, ricchi di vitamine e minerali, per aumentare la vitalità generale. I
prodotti in genere utilizzati sono: polline, germe di grano, lievito di birra ecc. Possiedono
un’ampia gamma di sostanze nutritive in forma naturale e altamente assimilabile, per cui
rappresentano un aiuto sicuro per rivitalizzare un organismo affaticato o malato.
Purtroppo alcuni di questi prodotti sono acidificanti e quindi controindicati a chi soffre
di disturbi da acidificazione. Si tratta soprattutto dell’olivello spinoso, ricco di vitamina C
e di silice, del lievito di birra, che contiene purine (precursori dell’acido urico), del polline
e, in minor misura, della pappa reale.
Questi prodotti non sono necessariamente da evitare del tutto, ma il loro impiego è
delicato. È pertanto preferibile utilizzare rivitalizzanti alcalini. Tra questi troviamo la
spirulina, la melassa nera, il ginseng, il germe di grano e l’olio di fegato di halibut.
Illustriamo di seguito le proprietà, le indicazioni e le modalità d’uso di questi
rivitalizzanti. Non c’è nessun motivo di non usare simultaneamente un integratore e un
rivitalizzante basico. Il rischio di eccessi o di doppio impiego non esiste, perché i
rivitalizzanti non sono caratterizzati da un alto tenore di minerali basici, bensì da un
elevato tenore di vitamine, oligoelementi e altre sostanze nutritive.
La spirulina
La spirulina è un’alga d’acqua non marina. Prospera soprattutto nelle acque alcaline, con
un pH tra 8,5 e 11! L’uso alimentare della spirulina non è recente. Per tradizione diverse
popolazioni africane la consumano da tempo per variare la loro alimentazione,
sostanzialmente composta da miglio. Inoltre, gli Aztechi coltivavano quest’alga nei loro
laghi. Raccolta con dei panieri a trama fine, che lasciano filtrare l’acqua ma trattengono
“la schiuma verde”, veniva messa a essiccare, dopodiché trasportata in tutto l’impero
azteco.
Oggetto di numerosi studi, la spirulina viene oggi riconosciuta come un rivitalizzante di
prim’ordine.
Contiene più proteine, betacarotene (vitamina A), vitamina B12, ferro e acido gamma-
linolenico (vitamina F) di qualsiasi altro alimento conosciuto. Il suo tenore di vitamina E è
pari a quello del germe di grano, la fonte più abbondante. La concentrazione di calcio e di
magnesio equivale a quella del latte. Contiene inoltre tutta una serie di vitamine, minerali
e oligoelementi.
Sono sufficienti 10 g di polvere di spirulina per coprire cinque volte il fabbisogno
giornaliero di B12, quattro volte quello di vitamina A, l’83% del fabbisogno di ferro, il
30% di quello di vitamina B2, il 25% di quello di vitamina B1 ecc.
La spirulina è particolarmente raccomandata in caso di affaticamento, anemia e per i
problemi di vista, ciclo mestruale e pelle. Permette inoltre di rafforzare il sistema
immunitario e facilita l’eliminazione dei veleni che ostruiscono il terreno.
Si presenta sotto forma di polvere verde scuro, con un leggerissimo odore. Si utilizza in
polvere oppure in compresse o capsule.
Incorporata agli alimenti, la spirulina in polvere trasmette il suo colore a tutte le
pietanze. Per questo motivo è usata soprattutto sotto forma di compresse, per le cure di
rivitalizzazione. Una compressa contiene all’incirca 500 mg di spirulina. La dose
giornaliera raccomandata è di 10 g per le cure intensive, cioè venti compresse o un
cucchiaio colmo di polvere. Per le cure di mantenimento o se non vi è urgenza, le dosi
possono essere tranquillamente ridotte della metà o di un terzo. La spirulina si assume tre
volte al giorno: prima dei pasti con dell’acqua per le compresse, durante i pasti se si tratta
di polvere mescolata agli alimenti.
Come tutte le cure a base di rivitalizzanti, quella di spirulina va protratta per varie
settimane. Sono infatti necessari da uno a due mesi perché gli apporti giornalieri riescano
a colmare la maggior parte delle carenze organiche.
Melassa nera
La melassa nera è un sottoprodotto della canna da zucchero, ottenuto dalla spremitura
delle canne. Ne risulta un succo molto ricco di zucchero, ma anche di minerali, vitamine,
oligoelementi ecc.
Per separare lo zucchero dal resto degli elementi, il succo viene messo a riscaldare in
una cisterna. Il calore fa cristallizzare lo zucchero che, a causa del peso superiore a quello
degli altri elementi costitutivi, si deposita in fondo alla cisterna: è lo zucchero di canna.
Nella parte superiore rimane una purea densa e scura che contiene una parte fondamentale
delle sostanze nutritive della canna da zucchero: la melassa nera.
Lo zucchero di canna ottenuto mediante questo procedimento non è pertanto la cosa più
completa che ci si possa procurare. Lo zucchero integrale invece contiene sia la melassa
nera sia lo zucchero. Viene prodotto senza cottura, esponendo al sole il succo della canna
da zucchero in grandi vasche poco profonde, affinché il liquido evapori.
Benché contenga ancora zucchero, la melassa nera è soprattutto utilizzata per
l’altissimo tenore di minerali. 100 g di melassa nera contengono infatti da 1900 a 3300 mg
di potassio, da 800 a 1400 mg di calcio, da 200 a 400 mg di magnesio, da 15 a 28 mg di
ferro ecc. Il tenore di potassio è superiore a quello della soia, del lievito di birra, della
frutta e della verdura, alimenti ritenuti le principali fonti di potassio.
La melassa nera è ricca di magnesio tanto quanto il germe di grano, le mandorle, i fichi
e i datteri, in genere raccomandati come buone fonti di magnesio. Lo stesso dicasi per il
ferro, presente nella melassa nera a livelli alti quanto il fegato, gli spinaci, le albicocche e
le uova.
Questa sostanza è particolarmente consigliata in caso di anemia, crampi, edemi,
reumatismi, insonnia e stress.
La melassa nera è disponibile in forma liquida o solida (fiocchi). Ha un sapore
leggermente zuccherino, ma con un pronunciato aroma di canna da zucchero.
La dose quotidiana è di due o tre cucchiaini ben colmi di liquido o uno o due cucchiai di
fiocchi. Si consuma in una sola volta oppure suddivisa in tre volte al giorno, sotto forma di
bevanda fredda o calda. Per le bevande calde la melassa nera viene direttamente sciolta in
acqua. Per quelle fredde occorre innanzitutto scioglierla in un po’ d’acqua calda,
dopodiché aggiungere l’acqua fredda.
Si consiglia di bere lentamente il preparato e insalivarlo per bene, per evitare gonfiori.
La cura si protrae per uno o due mesi, ma se necessario può durare più a lungo.
Ginseng
Il ginseng è una pianta dell’Estremo Oriente, che cresce nel sottobosco. È conosciuta e
utilizzata da oltre quattromila anni per le sue proprietà curative e rivitalizzanti. In passato
era così apprezzata da essere venduta a peso d’oro.
Di tutta la pianta, a essere utilizzata è la radice. Durante la crescita acquisisce
dimensioni enormi in rapporto alla parte aerea della pianta. La radice può raggiungere i
120 cm di lunghezza e i 10 cm di larghezza per uno stelo di altezza dai 30 agli 80 cm
soltanto. Sono necessari sei o sette anni di crescita prima di poter utilizzare la radice. La
ricchezza delle proprietà del ginseng si può osservare dall’impoverimento dei terreni
prodotto dalla sua coltivazione: dopo la raccolta la terra va lasciata a riposo per dodici
anni prima di poter essere riutilizzata!
La composizione delle radici di ginseng è soprattutto contraddistinta dal tenore di
vitamine del gruppo B. Contiene però anche vitamina A, C, E e D, come pure minerali e
oligoelementi. Le proprietà curative sembrano essere dovute a una sostanza chiamata
ginsenoside. I preparati a base di ginseng dovrebbero contenerne almeno il 6%.
Tra tutte le indicazioni del ginseng, citiamo gli stati di affaticamento, le malattie
degenerative, la depressione, le debolezze del sistema nervoso, il diabete e lo stress, ma
anche i problemi di fegato, di memoria e la convalescenza.
In passato le cure di ginseng avvenivano consumando ogni giorno un pezzetto di radice.
Oggigiorno si utilizza soprattutto l’estratto liquido, che ne concentra i principi attivi. In
ciascun caso occorre seguire la posologia indicata dal produttore. In genere l’estratto viene
venduto con un cucchiaino dosatore.
Le cure si protraggono per quattro o sei settimane e vanno ripetute nell’arco dell’anno
secondo i bisogni.
Germe di grano
Il germe è la parte nutritiva più ricca del chicco di frumento. Mentre la guaina del chicco è
pressoché esclusivamente composta da cellulosa non assimilabile dall’essere umano e la
parte centrale da amido, il germe concentra la maggior parte delle sostanze nutritive
necessarie alla crescita della futura pianta: aminoacidi, acidi grassi essenziali, numerosi
minerali, oligoelementi, tutte le vitamine del gruppo B e un’incredibile concentrazione di
vitamina E. Questo eccezionale tenore di sostanze nutritive consente la crescita esplosiva
della giovane pianta nei primi giorni di vita.
Contro ogni aspettativa la crescita del germe non ne riduce le riserve, bensì le aumenta!
Il germe di grano diventa quindi ancora più ricco rispetto a prima della germogliazione.
Grazie agli enzimi, si producono nuove sostanze nutritive. Per 100 g di germe, dunque, il
contenuto di calcio passa in pochi giorni da 45 a 71 mg e quello di magnesio da 133 a 342
mg. Il tenore di vitamine aumenta del 20% per quanto riguarda la vitamina B1, del 45%
per la vitamina B5, del 200% per la vitamina B6, del 225% per la provitamina A, del 300%
per la vitamina E e del 500% per la vitamina C!
La ricchezza nutrizionale del chicco in germogliazione è pertanto assai più grande di
quella del chicco non germogliato. Per far germogliare il frumento è sufficiente mettere i
chicchi per dodici ore in un bicchiere d’acqua, dopodiché spargerli su un piatto, dove
verranno regolarmente inumiditi. Già nel giro di tre o quattro giorni compare il germoglio,
che si presenta innanzitutto sotto forma di un puntino bianco, il quale si allunga poi per
diventare un piccolo stelo, prima bianco e poi verde.
Il frumento germogliato si può consumare quando il germoglio ha raggiunto una
lunghezza da 3 a 5 mm. A questo stadio è ancora bianco. Il germoglio si consuma assieme
al chicco e le piccole radici che si sono formate. Ha un sapore gradevole ed è
particolarmente utile per arricchire le insalate.
Per disporre quotidianamente di frumento germogliato durante la cura si raccomanda di
mettere tutti i giorni una nuova dose in un piatto. In commercio esistono germogliatori a
più ripiani che sostituiscono l’uso del piatto.
A parte le proprietà rivitalizzanti, il frumento germogliato è indicato in caso
d’ipotensione, depressione, tendenza alla trombosi e mestruazioni dolorose o irregolari.
La dose quotidiana è di un cucchiaio raso di chicchi secchi. Per le sue proprietà molto
rivitalizzanti, il sovradosaggio genera uno stato di agitazione fisica e psicologica. Ecco
perché il germe di grano è controindicato agli ipertesi e il suo consumo sconsigliato la
sera. La dose quotidiana può essere assunta in una sola volta, a colazione o a pranzo.
Le cure in genere durano due o tre settimane e possono essere ripetute non appena il
bisogno si fa sentire.
Olio di fegato di halibut
L’halibut è un pesce dei mari del Nord il cui fegato contiene un olio ricchissimo di
vitamina D. Il tenore è di due o tre milioni di unità internazionali (UI) di vitamina D su
100 g, mentre gli alimenti che ne contengono di più (burro, formaggio, uova) non
superano le 200 UI per 100 g.
La vitamina D non solo favorisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale, ma
contribuisce anche a mantenere costante il livello del calcio nel sangue, affinché le cellule
possano disporne in ogni momento. Inoltre, favorisce la fissazione del calcio nello
scheletro, conferendo così solidità alle ossa. Il sangue e lo scheletro sono due importanti
riserve dalle quali il corpo attinge il calcio per contrastare l’acidificazione.
L’olio di fegato di halibut è quindi un integratore particolarmente indicato per chi soffre
di acidificazione, perché evita che alla decalcificazione dello scheletro dovuta all’acidità si
aggiunga quella dovuta a una carenza di vitamina D.
A parte la vitamina D, quest’olio contiene anche grandi quantità di vitamina A, al cui
ruolo per gli occhi e la pelle, ben noto, si affianca un’azione sullo scheletro. In quanto
cofattore della vitamina D, la vitamina A contribuisce alla formazione delle ossa e alla
fissazione del calcio.
L’olio di fegato di halibut è generalmente consigliato d’inverno, perché è la stagione
meno soleggiata. Sappiamo bene che il sole svolge un ruolo importante nella
calcificazione dello scheletro e la vitamina D può essere sintetizzata dalla pelle quando
quest’ultima viene esposta ai raggi solari.
Le indicazioni di quest’olio sono rachitismo, disturbi della decalcificazione, fratture,
osteoporosi, tendenza alle carie dentali. È altresì consigliato durante la crescita e la
menopausa.
Oggi l’olio viene venduto in capsule, da inghiottire con un po’ d’acqua. Essendo una
vitamina liposolubile, verrà digerita e assimilata meglio dall’organismo se assorbita
durante un pasto che contenga preferibilmente dei grassi.
È importante rispettare la posologia indicata dal produttore, perché qualunque eccesso
di vitamina D può essere nocivo alla salute.
Le cure si protraggono per due o tre mesi. Le persone con terreno acidificato non
devono aspettare l’inverno, bensì svolgere la cura in qualunque momento. In seguito la
cura verrà ripetuta una volta all’anno durante la stagione fredda.
Tabella delle misurazioni del pH

Data Mattino Mezzogiorno Sera Osservazioni


Bibliografia

Association médicale Kousmine, Il metodo Kousmine, Tecniche Nuove, 1995.


Comprendere e ripristinare il pH urinario, secondo i medici dell’Associazione
Kousmine.
Besson Philippe-Gaston (dott.), Acide-base, une dynamique vitale, Jouvence, 2003.
Resoconto completo dell’equilibrio acido-base fatto da un medico della Fondazione
dott. Catherine Kousmine.
Carton Paul (dott.), Traité de médecine, d’alimentation et d’hygiene naturiste, Maloine,
1924, rieditato nel 1985. Testo di base indispensabile sulla medicina naturale. Al
capitolo 14 è presente uno studio completo e dettagliato sulla questione dell’acidità (si
può ordinare direttamente alla famiglia dell’autore: Mme Tellier, 57, rue Édouard
Vaillant, F-94450 Brévannes).
Fontaine Jacques, Terrain acidifié, Jouvence, 1994. Piccola guida che risponde alle
domande principali.
Kousmine Catherine (dott.), La tavola della salute: una nuova educazione alimentare per
combattere disturbi cronici e malattie degenerative, Giunti, 1990. Il capitolo 10 è
dedicato all’equilibrio acido-base e al pH urinario.
Masson Robert, La révolution diététique par la lendynotrophie ou le réglage alimentaire
individualisé, Albin Michel, 1990. Un testo di base per correggere l’alimentazione e
conseguire una vitalità ottimale.
Masson Robert, Curarsi con la natura, Vallardi, 1989.
Masson Robert, Santé et vitalisme originel, Retz, 1990. Numerosi capitoli trattano i vari
aspetti dell’acidità.
Schlemmer André, La méthode naturelle en médecine, Le Seuil, 1969. Questo discepolo
del dottor Carton dedica vari capitoli all’equilibrio acido-base, alla decalcificazione e
all’intolleranza agli acidi.
Vasey Christopher, Manuale di disintossicazione: salute e benessere con l’eliminazione
delle tossine, Piemme, 1992. Libro molto pratico sull’eliminazione delle tossine in
generale e degli acidi in particolare. Tratta il ruolo delle tossine nelle malattie, il
funzionamento degli emuntori e il modo di stimolarli. Contiene numerose ricette ed
esempi di cure.
Nota sull’autore

Christopher Vasey, naturopata dal 1979, ha studiato naturopatia a Parigi sotto la


supervisione di P. V. Marchesseau e Alain Rousseaux, e ha continuato la sua formazione
ispirandosi a naturopati famosi come Paul Carton, Herbert Shelton, Robert Masson, R.
Jackson, Sebastian Kneipp. Nel 1981 ha cominciato a organizzare propri corsi di
introduzione alla naturopatia e ha iniziato a insegnare presso varie associazioni. È autore
di alcuni libri di successo, tradotti in 14 lingue, tra cui Antinfiammatori naturali, Manuale
di disintossicazione, L’acqua, fonte di salute, Un inverno senza influenza e I complementi
alimentari naturali. Vive a Chamby-Montreux, in Svizzera, e tiene regolarmente
conferenze in Europa, Stati Uniti e Canada. Scrive per varie riviste di natura e salute ed è
spesso ospite di emittenti radiofoniche. Il suo sito è www.christophervasey.ch.
Christopher Vasey
ANTINFIAMMATORI NATURALI
Prevenire e ciurare in modo efficace e senza effetti collaterali
I farmaci antinfiammatori sono tra i più venduti. Tuttavia i prodotti di sintesi presentano
numerose controindicazioni, con effetti anche pesanti su stomaco, fegato e reni.
Privi di controindicazioni e non gastrolesivi, i rimedi illustrati da Christopher Vasey
costituiscono soluzioni valide ed efficaci, senza dannosi effetti collaterali.
Molte piante medicinali sono più valide della loro controparte di sintesi, perché
intervengono sui meccanismi e sulle cause che provocano l’infiammazione dei tessuti, ma
nel contempo sono molto più delicate sugli organi vitali.
Antinfiammatori naturali illustra i meccanismi della reazione allergica e passa in
rassegna le varie patologie a base infiammatoria che coinvolgono tutto l’organismo.
Descrive in dettaglio le piante medicinali più utili, spiega come utilizzarle e valuta se sono
ormonali, non ormonali o antistaminiche. Con utili indicazioni sugli integratori alimentari
antinfiammatori come gli omega-3, l’idroterapia e i cibi alcalinizzanti.
Notes

2. I test diagnostici del terreno acido


1 www.energiseforlife.com o www.phionbalance.com.
3. Gli alimenti acidificanti, alcalinizzanti e acidi
2. Prodotto caseario fresco tipico di Francia e Belgio, di sapore e consistenza simili al quark (n.d.t.).
6. Gli integratori basici
3 www.energiseforlife.com/eu/ o www.phionbalance.com/.
7. Il drenaggio degli acidi
4. V. dello stesso autore La cure de petit-lait, ed. Jouvence, 1994.
Edizioni Il Punto d’Incontro
Via Zamenhof 685, 36100 Vicenza, tel. 0444239189, fax 0444239266
www.edizionilpuntodincontro.it
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