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Vasey
L’EQUILIBRIO
ACIDO-BASE
Un approccio completo per
raggiungere salute e vitalità
Con indicazioni per una dieta
rigenerante e alcalinizzante
Immagini tratte da Shutterstock
pagine 11, 67, 155 Palau/Shutterstock.com; pagina 115 Tena Rebernjak/Shutterstock.com; pagine 122, 73
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pagine 72, 78, 81, 114
Christopher Vasey
L’equilibrio acido-base
Titolo originale: Gérez votre équilibre acido-basique
Traduzione di Ilaria Dal Brun
Copyright © 2012 Éditions Jouvence
Copyright © 2015 Edizioni Il Punto d’Incontro per l’edizione italiana
Prima edizione originale pubblicata in lingua francese nel 2012 da Éditions Jouvence S.A., chemin du Guillon 20, case
143, CH-1233 Bernex, http://www.editions-jouvence.com, info@editions-jouvence.com
Prima edizione italiana pubblicata nell’ottobre 2015
Prima edizione digitale: novembre 2015
Edizioni Il Punto d’Incontro, via Zamenhof 685, 36100 Vicenza,
tel. 0444239189, fax 0444239266
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta
dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.
ISBN 9788868202989
www.edizionilpuntodincontro.it
Indice
Introduzione
Parte Prima - Definizione di acidità
1. Che cos’è l’equilibrio acido-base?
Che cos’è un acido?
Che cos’è una base?
Qual è il sistema di misura dell’acidità?
Cosa sono gli acidi forti e deboli?
Il pH e la salute
Come si difende il corpo dall’acidificazione?
Che cos’è il sistema tampone?
Come si ammala l’organismo?
Quali sono le malattie dovute all’acidificazione?
Sono in molti a soffrire di acidosi?
Che cos’è la debolezza metabolica agli acidi?
Come guarire i disturbi da acidificazione?
8. Rivitalizzanti basici
La spirulina
Melassa nera
Ginseng
Germe di grano
Olio di fegato di halibut
Bibliografia
Nota sull’autore
Introduzione
DEFINIZIONE
DI ACIDITÀ
1
Che cos’è l’equilibrio acido-base?
La scala di misura del pH si presenta dunque in maniera inversa a ciò che potremmo
aspettarci, giacché più il grado di acidità è alto, più la cifra del pH cala.
Occorre altresì sottolineare che il passaggio da una cifra all’altra sulla scala di misura
non è aritmetico, bensì logaritmico, cioè i valori che separano un’unità dall’altra non sono
gli stessi nell’arco della scala, ma aumentano man mano che si allontanano dalla posizione
di equilibrio. I valori vengono moltiplicati per 10 a ogni unità (v. schema a p. 19). In altre
parole, se la concentrazione di ioni H è pari a 10 a pH 6, diventa 100 a pH 5, 1000 a pH 4
e 10.000 a pH 3. Lo scarto tra il pH 6 e 5 da una parte e il pH 5 e 4 dall’altra non è uguale,
poiché nel primo caso è di 90 e nel secondo di 900.
In concreto, ciò significa che il livello di acidità è molto più grande di quanto potremmo
credere osservando la progressione delle cifre. Quando il pH urinario passa da 6 a 5, per
esempio, l’acidificazione è molto maggiore rispetto al passaggio da 7 a 6.
(Tratto dal libro di Jacques Fontaine Terrain acidifié, ed. Jouvence)
La misurazione del pH delle varie sostanze si effettua con una speciale cartina reattiva
chiamata cartina al tornasole. Posta a contatto con una diluizione della sostanza da testare,
la cartina cambia più o meno colore e indica così il grado di acidità o di alcalinità (cf. cap.
2).
Cosa sono gli acidi forti e deboli?
Indipendentemente dal grado di acidità che la scala del pH consente di misurare, gli acidi
possono avere la caratteristica di essere forti o deboli. Questo perché raramente si
presentano allo stato libero o isolati; più spesso sono legati a delle basi. Quando la base
cui un acido è associato è forte (chimicamente parlando), nel legame l’acido conta poco.
Viene detto debole, perché può facilmente essere rigettato. Al contrario, quando la base è
debole, l’acido conta molto. È stabile, si combina difficilmente con qualcos’altro e viene
detto forte.
È utile conoscere la differenza tra acidi forti e acidi deboli perché, fisiologicamente
parlando, rispetto agli acidi deboli gli acidi forti sono molto più difficili da neutralizzare e
da eliminare dall’organismo, a causa della loro stabilità e della difficoltà a combinarsi.
Gli acidi forti provengono principalmente dalle proteine animali. Si tratta nella
fattispecie di acidi urici, solforici e fosforici. Per evacuarli è necessario un grosso lavoro
di neutralizzazione da parte del fegato e un non meno corposo lavoro di eliminazione da
parte dei reni. Questi ultimi d’altro canto sono in grado di eliminare soltanto una certa
quantità ben definita di acidi forti al giorno, per cui l’eccesso si accumula necessariamente
nei tessuti. Il consumo di proteine animali dunque va moderato di conseguenza.
Gli acidi deboli sono innanzitutto di origine vegetale (carboidrati e proteine vegetali), a
parte quelli provenienti da yogurt e siero di latte, che sono di origine animale. Si tratta
dell’acido citrico, ossalico, piruvico, acetacetico ecc. Gli acidi deboli sono detti anche
volatili perché, una volta ossidati, vengono eliminati sotto forma di gas dai polmoni, come
vapore acqueo e anidride carbonica (CO2). Questa eliminazione si effettua con facilità e
non è quantitativamente limitata come quella compiuta dai reni per gli acidi forti e non
volatili. Se l’organismo vuole accrescere l’eliminazione degli acidi volatili, non deve fare
altro che aumentare gli scambi respiratori, cioè l’ampiezza dei movimenti toracici.
Il pH e la salute
Il nostro organismo funziona al meglio quando l’ambiente interno, preso nella sua totalità,
presenta un pH di 7,39, cioè leggermente alcalino. Le normali variazioni di questo pH
sono davvero minime: fino a 7,36 dal lato dell’acidificazione e fino a 7,42 da quello
dell’alcalinizzazione. Al di là di queste due cifre ci troviamo in acidosi (da 7,36 a 7) o in
alcalosi (da 7,42 a 7,8). Superando questi limiti il corpo non è più in grado di funzionare e
si ha la morte.
Come sapere se il proprio terreno è acido o no? Esistono vari test facili da svolgere e da
interpretare da chiunque. Quello più importante è certamente il primo, la misurazione del
pH urinario. Tuttavia, in genere il risultato deve essere confermato da un altro test.
Benché due test utilizzati in maniera complementare siano sufficienti a un
professionista per determinare se un terreno è acido, è interessante svolgerli tutti, perché
ciascuno porta a scoprire un altro aspetto di se stessi e soprattutto a diventare
concretamente consapevoli degli elementi che entrano in gioco per rendere acido
l’organismo.
Test 1:
analisi del pH urinario
Il test del pH urinario è semplice da svolgere e offre informazioni interessantissime sullo
stato di acidificazione del terreno. Consiste nel misurare il pH dell’urina con una cartina al
tornasole, cioè una cartina specialmente concepita per svolgere questo genere di
misurazioni.
Perché il pH dell’urina dà informazioni sul pH del terreno?
Per rimanere in buona salute il corpo cerca di sbarazzarsi degli acidi in eccesso, che
irritano e demineralizzano i tessuti. Una delle principali vie d’uscita utilizzata allo scopo è
il sistema renale. Il tasso normale di escrezione degli acidi attraverso i reni è noto e fa
assumere alle urine un pH tra 7 e 7,5. Testando il grado di acidità delle urine, è quindi
possibile stabilire se il corpo espelle quantità normali di acidi oppure no. Se il tasso di
escrezione è superiore alla norma, il pH urinario risulterà più acido, segno di un eccesso di
acidi di cui il corpo cerca di liberarsi. Questo eccesso tuttavia significa anche che il
terreno organico è saturo e di conseguenza che è acido, con tutti gli inconvenienti che ciò
può esercitare sulla salute.
Esiste quindi una stretta corrispondenza tra il pH acido del terreno e quello dell’urina:
l’urina diventa acida quando il terreno è acido. Cionondimeno, il valore di questo test non
si ferma qui. Come vedremo più avanti, analizzando quando e quanto spesso il pH urinario
è neutro o alcalino è possibile trarne altre conclusioni interessanti sullo stato del terreno e
sul modo in cui il corpo metabolizza gli acidi.
Materiale necessario
Per misurare il pH urinario l’unico materiale necessario è dato dalle cartine al tornasole,
acquistabili in farmacia o nei negozi di articoli sanitari.
Queste cartine possiedono qualità specifiche che fanno loro cambiare colore quando
entrano in contatto con acidi o basi. Il colore assunto in funzione delle sostanze con cui
entrano in contatto consente di determinarne la natura acida o alcalina. Indicano inoltre se
l’acidità di una sostanza è debole, media o forte, perché il cambiamento nel colore di
partenza è tanto più intenso quanto più la sostanza tende verso un pH estremo.
La parola “tornasole” deriva dal colorante azzurro-viola estratto da un arbusto della
famiglia delle Euforbiacee, il Codiaeum, noto come croton, o da un lichene delle coste
rocciose del Mediterraneo, la Roccella tinctoria. Il colorante ha la proprietà di virare verso
il rosso sotto l’azione degli acidi e verso l’azzurro sotto quella delle basi.
Le differenti gradazioni che il colorante assume permettono di misurare il grado di
acidità o di alcalinità di un prodotto. A ciascuna gradazione corrisponde un pH preciso. Il
valore tuttavia non è scritto sulla cartina al tornasole, bensì su una scala colorimetrica
venduta in abbinamento. Questa scala include tutti i colori delle varie gradazioni, con
accanto a ciascuna il pH corrispondente.
Le cartine più diffuse permettono di misurare un pH tra 4,5 e 9 per le scale più estese e
tra 5,2 e 7,4 per le altre. I cambiamenti netti da una sfumatura all’altra vanno di mezza
unità in mezza unità, di modo che si avrà una scala del tipo 4,5 – 5 – 5,5 – 6 ecc., oppure
ogni due o quattro decimi: 5,2 – 5,5 – 5,8 – 6,2. I due sistemi sono sufficientemente
precisi per effettuare il test del pH urinario.
Le diverse cartine al tornasole
In commercio è reperibile ogni sorta di cartine. In farmacia è possibile acquistare le strisce
Neutralit della Merck e in internet quelle della pHion Balance, la cui precisione arriva al
quarto di unità.1 Esistono però numerose altre cartine accluse alle miscele di minerali
basici in vendita per correggere il pH del terreno (v. cap. 4).
La cartina si presenta sotto forma di rotolo da strappare a seconda delle necessità
oppure come dei rettangolini pretagliati nella grandezza desiderata e ancora come stick su
cui è incollata la carta reattiva.
La gradazione di colore cambia a seconda delle marche: dal giallo all’azzurro per
alcune, dal giallo al rosso per altre. Il passaggio da una sfumatura all’altra su una stessa
cartina è sufficientemente chiaro da evitare ogni possibile confusione. Tuttavia, certe
marche offrono stick sui quali compaiono simultaneamente tre gradazioni di colore
diverse, per agevolare la lettura.
Come procedere?
La cartina al tornasole va messa in contatto con il prodotto da testare; la cosa più semplice
è immergerla nel flusso urinario per uno o due secondi, cioè il tempo sufficiente a
inumidirla. L’acido dell’urina agisce sulla cartina, che cambia colore.
La si avvicinerà quindi alla scala colorimetrica, confrontandola con il colore simile che
compare sulla scala. Accanto a questo colore si trova la cifra del pH urinario
corrispondente. Ricordiamo che è neutro a 7, che a 6,5 o meno è acido e che a 7,5 o più è
alcalino.
Cionondimeno, una sola misurazione non è sufficiente a trarre conclusioni valide sullo
stato del terreno. Infatti, il pH può variare nel corso della giornata in funzione dell’attività,
dei pasti, degli sforzi fisici, dello stress ecc. Per avere un significato, le misurazioni
devono essere effettuate varie volte al giorno e per vari giorni di seguito (da quattro a
cinque giorni). I dati raccolti andranno registrati in una tabella (cf. esempio seguente), così
da ottenere un quadro globale del pH nel tempo.
La prima urina del mattino non rivela il pH abituale della persona perché, in genere, è
quella più acida. Contiene infatti tutti gli acidi filtrati dai reni e accumulati nel corso della
notte. Il primo test avrà dunque inizio con la seconda minzione del mattino. Il secondo test
va svolto con le urine che precedono il pranzo e il terzo con quelle che precedono il pasto
serale. È importante svolgere il test prima dei pasti, perché il pH può momentaneamente
variare in maniera notevole a seconda degli alimenti e delle bevande consumati. A parte
queste tre principali misurazioni, il pH può anche essere rilevato e annotato in altri
momenti della giornata, per fungere da ulteriore informazione.
La tabella su cui registrare le misurazioni del pH urinario richiede cinque colonne:
2. 5 6,5 6,5
Pomeriggio: stress al
3. 7 7,5 6
lavoro
4. 7 7,5 7
La prima colonna è riservata alla data della misurazione, le seguenti tre ai valori di
mattino, mezzogiorno e sera (minzione prima dei pasti). La quinta colonna è riservata alle
osservazioni. Permette di annotare eventuali fatti rilevanti che potrebbero avere
un’incidenza sul pH. Per esempio, un pasto particolarmente abbondante o fuori
dall’ordinario, una cena al ristorante, il consumo di alcol, un eccesso di lavoro, un’attività
sportiva, un forte stress, problemi o tensioni varie. Va sottolineato che gli effetti di questi
eventi sul pH urinario non sempre compaiono il giorno stesso, bensì talvolta il giorno
seguente e modificano di una o due misure il pH abituale.
Questa tabella è facile da disegnare anche da soli. Cionondimeno, in appendice è
disponibile una tabella pronta all’uso, che consigliamo di fotocopiare per avere sempre a
disposizione un modello di riferimento vuoto.
Dopo una o due settimane, i dati saranno sufficienti a far emergere un pH predominante
per la giornata (o per ciascun momento della giornata). Se escludiamo qualche variazione
dovuta a cambiamenti nelle abitudini o ad avvenimenti del giorno, tale valore rimane
costante nel tempo.
Come interpretare i risultati?
La misurazione del pH porta a tre possibili risultati: il pH è inferiore a 7, tra 7 e 7,5 oppure
superiore a 7,5. Se l’interpretazione del pH inferiore a 7 è semplice, perché indica sempre
un terreno acidificato, lo stesso non si può dire con le altre due misure, che richiedono una
piccola analisi supplementare.
• pH inferiore a 7 (= pH acido)
Questo pH indica acidità urinaria. Urine regolarmente acide rivelano
immancabilmente un terreno anch’esso acido. Tale acidificazione è tanto più grande
quanto più il pH è basso. A 6 o 6,5 il terreno è solo lievemente acidificato, ma diventa
molto acido se il pH urinario arriva a 5 o 4,5.
Il terreno acido genera disturbi tipici dell’acidificazione. Si consiglia dunque di
adottare senza indugio le contromisure di deacidificazione esposte più avanti.
• pH tra 7 e 7,5 (= pH neutro)
Si tratta del pH normale in una persona in buona salute ed è quindi a questo pH che
occorre puntare. A prima vista indica che l’individuo sta bene e possiede un buon
equilibrio acido-base. Di fatto è così, ma a una condizione: occorre che la prima urina
del mattino sia acida. Dato che le misurazioni sono state svolte solo a partire dalla
seconda minzione della giornata, è possibile che la prima sia anch’essa neutra, anche
se non dovrebbe essere così. In qualsiasi persona in buona salute la prima urina del
mattino ha accumulato gli acidi dell’eliminazione notturna e dunque deve
obbligatoriamente essere acida.
Se non lo è, significa che i reni non eliminano completamente gli acidi. Il pH quindi
rimane costante per tutta la giornata, anziché modificarsi. Tuttavia, non venendo
eliminati a sufficienza, gli acidi rimangono nell’organismo e di conseguenza il terreno
è acidificato. Si può ottenere conferma di questo fatto svolgendo gli altri test proposti
nel capitolo (test degli alimenti, dei sintomi ecc.).
Per riassumere, un pH neutro indica uno stato di sano equilibrio tra acidi e basi, purché
la prima urina sia acida. In caso contrario, il terreno è acido e la persona dovrebbe
applicare le contromisure necessarie per deacidificarlo, insistendo sull’eliminazione
degli acidi attraverso i reni e la pelle. Infatti, in questo particolare caso una grossa
parte del problema risiede nella debole eliminazione di tali organi.
• pH superiore a 7,5 (= pH alcalino)
L’interpretazione del pH alcalino, cioè regolarmente al di sopra di 7,5, va fatta a
seconda dei casi, come con il pH neutro. Possono profilarsi tre varianti.
1. Il terreno è in equilibrio acido-base o tende verso una lieve alcalinizzazione. In linea
generale, questo stato si presenta quando l’alimentazione è particolarmente
alcalinizzante, come in certi vegetariani che consumano pochi cereali e latticini. La
loro alimentazione è quindi pressoché esclusivamente composta da elementi basici.
Si manifesta altresì quando la persona consuma quotidianamente integratori di
minerali basici anche se non ne ha bisogno o non in quantità tanto grandi. Si tratta
pertanto di situazioni particolari che non sono sinonimo di squilibrio o malattia.
Le contromisure da prendere sono le seguenti. I vegetariani dovrebbero badare a
non causare carenze, nella fattispecie di proteine, per il loro regime alimentare in
genere troppo povero di queste sostanze nutritive. In quanto al secondo gruppo, si
consiglia di ridurre l’apporto di integratori basici, cosicché il pH urinario divenga
neutro (v. cap. 6).
2. Le persone con un pH urinario nettamente superiore a 7,5 soffrono di uno squilibrio
ghiandolare (surrenali o paratiroidi) oppure di altre malattie specifiche. Sono casi
estremamente rari e gli individui in questione in genere vengono già seguiti dal
medico per i problemi causati da questo squilibrio.
3. Il gruppo più diffuso comprende persone la cui urina è alcalina ma il cui terreno, al
contrario, è acido. Si tratta di un aspetto di primo acchito sconcertante, ma che ha
una spiegazione. Qui il pH alcalino dell’urina è dovuto non a un eccessivo apporto
di basi tramite l’alimentazione (di cui il corpo cercherebbe di sbarazzarsi come fa
con l’eccesso di acidi), bensì a sovrabbondanti prelievi di basi nei tessuti organici,
ossia prelievi cospicui ed eccessivi necessari per neutralizzare la forte acidificazione
del terreno.
Questo problema è diffuso tra chi soffre di una debolezza metabolica agli acidi.
Male ossidati, gli acidi non vengono espulsi dall’organismo attraverso le vie
respiratorie. Devono entrare allora in gioco le vie renali e far fronte a un doppio
lavoro di eliminazione. Se anche queste sono deboli, gli acidi si accumulano in
maniera pericolosa nell’organismo, il quale farà massicciamente ricorso al sistema
tampone per neutralizzare la valanga di acidi cui deve far fronte. Questo
sovraccarico ha la conseguenza di trascinare molte basi nelle urine,
alcalinizzandole.
Pertanto, le urine non sono alcaline a causa di una maggior quantità di basi
nell’organismo, bensì per una forte perdita di basi causata dal saccheggio delle
riserve. Lo possiamo appurare facilmente. Basta analizzare le malattie che la
persona in questo caso contrae per rendersi conto che i suoi disturbi appartengono
decisamente a quelli dovuti all’acidificazione. È quindi importante deacidificare il
terreno nonostante l’alcalinità delle urine.
• Casi particolari
Può succedere che il pH non sia costante nell’arco della giornata, come nei casi sopra
citati, bensì vari regolarmente in momenti particolari. Per esempio, il pH è
regolarmente acido la sera ma neutro nel resto della giornata (prima urina esclusa) o
viceversa.
Indipendentemente dalle possibili varianti, il fatto che il pH sia talvolta nettamente acido
indica la presenza di un eccesso di acidità nel terreno e anche in questo caso rivela la
necessità di deacidificarlo.
Tabella riassuntiva per l’interpretazione dei risultati del pH urinario
Qualità
Qualità
pH del Osservazioni Contromisure da prendere
dell’urina
terreno
o: caffè
9.00 o: 1 mela
o: caffè + 1 croissant
o: ½ barretta di cioccolato
o: pasticcini + caffè
o: bibita gassata
o: frutta fresca
o: 1 bicchiere di latte
o: 1 yogurt al naturale
Una volta stabilito il menù standard, è molto più chiaro il tipo di alimenti che
predominano. Per chi presenta una debolezza metabolica agli acidi occorre determinare se
gli alimenti acidificanti e acidi predominano sugli alimenti basici. Per gli altri, controllare
se gli alimenti acidificanti predominano su quelli basici e acidi (questi ultimi di per sé
sono alcalinizzanti). Per essere del tutto precisi, bisognerebbe anche tener conto delle
quantità, ma queste si possono stimare in maniera approssimativa. Non è infatti difficile
rendersi conto se per esempio le verdure servite con una proteina e un farinaceo
rappresentano la parte più piccola del pasto o se quantitativamente sono la più abbondante.
Al capitolo 5 sono riportate analisi dettagliate dei menù standard.
Test 4:
analisi dello stile di vita
A parte lo stile alimentare, anche il modo di vivere nell’arco della giornata, durante gli
svaghi, sul luogo di lavoro ecc. influisce sull’equilibrio acido-base. È difficile dire fino a
che punto un comportamento o un’attività smettano di essere benefici e divengano
acidificanti. Ecco perché nella tabella sotto riportata questi comportamenti vengono
presentati a titolo illustrativo.
La sola analisi dello stile di vita non è in grado di determinare se il terreno è acido o no;
di conseguenza va utilizzata come integrazione agli altri test.
Tabella dello stile di vita acidificante e alcalinizzante
Negatività Ottimismo
Gli alimenti che consumiamo si possono suddividere in tre grandi gruppi: alimenti
acidificanti, alcalinizzanti e acidi.
I primi due gruppi sono definiti in funzione dell’effetto acidificante o alcalinizzante che
gli alimenti esercitano sul corpo, mentre il terzo gruppo lo è in funzione della caratteristica
stessa dell’alimento, ossia il sapore acido, senza considerare l’effetto sull’organismo.
Perché questa distinzione?
Nei limiti del possibile le caratteristiche degli alimenti andrebbero sempre definite in
funzione dei loro effetti sull’organismo, anziché sulle qualità intrinseche, perché sono
questi effetti a interessare chi si preoccupa della propria salute. Un alimento può infatti
presentare caratteristiche alcaline ma avere un effetto acidificante. Succede con lo
zucchero raffinato, usato per rendere meno acido il sapore fortemente acidulo della frutta,
per esempio rabarbaro o ribes nero. Ma se questa neutralizzazione è concreta a livello di
sapore, non lo è a livello dell’organismo. Una volta metabolizzato, lo zucchero raffinato
produce numerosi acidi ed è dunque altamente acidificante. Nelle terapie è importante
conoscere questo effetto, che è determinante.
In dietetica un grande errore consiste nel considerare soltanto le analisi chimiche degli
alimenti, credendo che l’organismo trarrà grossi benefici dalle sostanze nutritive
menzionate nell’analisi.
In realtà, “l’alimento non ha alcun valore di per sé; ha valore solo in funzione del tubo
digerente che lo riceverà” (P.-V. Marchesseau). È difficile definire la qualità di un
alimento come l’erba, per esempio, che diventa buona o cattiva a seconda che entri nel
tubo digerente di una mucca o in quello di un essere umano! Lo stesso dicasi per gli
alimenti adatti all’uomo: la verdura cruda fa bene a un individuo in buona salute ma non a
un malato che soffre di enterite o colite. In quest’ultimo la scabrosità delle fibre nelle
verdure consumate irriterà ulteriormente l’apparato digerente già infiammato. I latticini
fanno bene alla maggior parte delle persone, ma non a quelle allergiche al lattosio ecc.
Conoscere gli effetti che gli alimenti eserciteranno è quindi fondamentale e i primi due
gruppi, quelli degli alimenti acidificanti e alcalinizzanti, comprendono prodotti classificati
in funzione degli effetti osservati sugli organismi viventi (di malati o di persone che
consumano tali alimenti).
Il terzo gruppo invece comprende alimenti il cui effetto non può essere definito con
chiarezza e in maniera definitiva come succede per i primi due. Infatti, varia secondo la
presenza o meno di una debolezza metabolica agli acidi. Questi alimenti, in primo luogo
frutta, siero di latte e aceto, sono alcalinizzanti sull’organismo che metabolizza
correttamente gli acidi deboli, ma acidificanti su quello che soffre di una debolezza
metabolica agli acidi. Poiché non possono essere definiti attraverso i loro effetti, questi
alimenti lo sono in base alle loro caratteristiche, cioè il sapore acido, come chiunque può
constatare consumandoli.
In genere gli alimenti del terzo gruppo sono associati agli alimenti alcalinizzanti, perché
tale è il loro effetto sulla maggior parte delle persone. Tuttavia è un errore adottare questa
classificazione, da un lato perché non corrisponde interamente alla realtà e dall’altro
perché chi si preoccupa del proprio equilibrio acido-base di solito presenta una debolezza
metabolica agli acidi. Per questi individui conoscere il terzo gruppo è quindi
fondamentale.
La conoscenza dei tre gruppi consente pertanto di scegliere senza rischiare errori gli
alimenti necessari per ripristinare l’equilibrio acido-base. La scelta degli alimenti avviene
secondo i seguenti principi generali:
• Per chi metabolizza correttamente gli acidi: le quantità di alimenti alcalinizzanti e
acidi devono essere superiori alla quantità di alimenti acidificanti.
• Per chi soffre di una debolezza metabolica agli acidi: la quantità di alimenti
alcalinizzanti deve essere superiore alle quantità di alimenti acidificanti e acidi.
Sono in questa sede tassative due osservazioni. In primo luogo, più la persona soffre di
disturbi causati da acidificazione o di una pronunciata debolezza metabolica agli acidi, più
le quantità di alimenti alcalinizzanti devono essere copiose in rapporto alle altre. Infatti,
quantunque le proporzioni di alimenti alcalinizzanti e acidi possano essere ciascuna del
50% in un individuo con equilibrio acido-base, devono corrispondere al 60, 70 o
addirittura 80% di alimenti alcalinizzanti negli altri.
Eliminare del tutto o troppo gli alimenti acidificanti non sarebbe cosa buona, perché in
questo gruppo si trovano alimenti ricchi di proteine (uova, latticini, carne, pesce). Un
adeguato apporto di proteine è indispensabile per fissare correttamente i minerali basici
nei tessuti. Questi ultimi hanno bisogno di proteine per produrre una buona trama tissutale
nella quale trattenere i minerali. In caso contrario, una parte dei minerali basici
abbandonerà il corpo e non sarà più disponibile quando l’organismo ne avrà bisogno per
neutralizzare gli acidi.
In secondo luogo, più la persona soffre di disturbi causati da acidificazione o di una
pronunciata debolezza metabolica agli acidi, più si impone la necessità di consumare una
notevole quantità di alimenti alcalini a ogni pasto. In tal modo la neutralizzazione degli
acidi alimentari e di quelli prodotti durante la digestione potrà avvenire direttamente
grazie alle basi fornite durante il pasto.
Questo apporto rappresenta un prezioso aiuto per l’organismo, perché senza di esso gli
acidi alimentari uscirebbero dall’intestino per penetrare nel corpo, il quale sarebbe
costretto ad attingere dalle riserve tissutali le basi necessarie alla neutralizzazione. Ne
risulterebbe una demineralizzazione dell’organismo e la comparsa di disturbi da
acidificazione.
Chi non soffre di debolezza metabolica agli acidi è meno legato alla necessità di
consumare più basi che acidi. Dispone infatti di buone riserve di basi che possono essere
sollecitate senza problemi di quando in quando per neutralizzare gli acidi provenienti dal
pasto esclusivamente o quasi esclusivamente composto da alimenti acidificanti.
Gli alimenti acidificanti
I prodotti acidificanti sono principalmente ricchi di proteine, carboidrati o grassi.
Gli alimenti ricchi di proteine (carne, latticini e legumi) sono acidificanti, da un lato
perché le loro trasformazioni digestive producono aminoacidi e dall’altro perché una volta
utilizzate dalle cellule, le proteine generano prodotti di degradazione acidi. L’acido urico,
per esempio, è una tossina assai nota che proviene principalmente dalle proteine utilizzate
per la costruzione del nucleo cellulare. In altre parole, si trova negli alimenti costituiti da
cellule, come la carne animale. Contrariamente alla carne e al pesce i latticini non
apportano acido urico, perché latte e formaggi non sono tessuti animali. Inoltre, gli
aminoacidi essenziali di cui sono costituite le carni animali contengono sempre fosforo e
zolfo, due minerali acidi.
Sebbene non costituiti da tessuti animali, i legumi (soia, ceci ecc.) apportano molto
acido urico, perché sono ricchi di purine. Di per sé alcaline, queste purine infatti vengono
trasformate in acido urico per essere eliminate. La presenza di grosse quantità di purine in
caffè, tè e cacao spiega il perché queste bevande, come pure il cioccolato, siano
acidificanti.
La natura acidificante degli alimenti ricchi di grassi (grasso animale utilizzato per la
cottura, grasso contenuto nelle carni animali, olio di frittura ecc.) è doppio. I grassi sono
utilizzati dall’organismo sotto forma di acidi grassi e gli acidi grassi saturi, di cui sono
ricchi gli alimenti di origine animale, sono difficili da metabolizzare. Quando la loro
utilizzazione e le trasformazioni che subiscono avvengono in maniera incompleta,
producono sostanze tossiche e acidi: acetoni, acetacetati, beta-idrossibutirrati ecc. Queste
sostanze, che rappresentano scorie e residui metabolici provenienti dalla degradazione dei
grassi, compaiono solo quando tale degradazione viene effettuata male, contrariamente
agli acidi grassi che scaturiscono in maniera naturale e inevitabile dalla digestione dei
grassi. Poiché il loro consumo oggigiorno è, generalmente parlando, troppo elevato,
l’acidificazione causata dai grassi è diffusa.
La natura acidificante dei carboidrati presenta cause dello stesso genere. Sotto forma di
amido i carboidrati racchiudono una moltitudine di molecole di glucosio: fino a 250.000,
quando bastano “solo” alcune centinaia di aminoacidi per produrre una proteina. Affinché
il corpo li possa utilizzare, i carboidrati vanno scissi in frammenti sempre più piccoli, fino
a raggiungere l’elemento costitutivo di base: la molecola di glucosio.
La produzione di acidi è soprattutto la conseguenza di una cattiva trasformazione delle
lunghe catene di glucosio. Proprio come i grassi e le proteine, i carboidrati attraversano
varie fasi durante la loro trasformazione, nelle quali cambiano caratteristica e diventano
acidi, mentre fino a quel momento erano basici. Se queste trasformazioni vengono
interrotte a metà, l’organismo si acidifica, perché le sostanze intermedie acide non
vengono ritrasformate in sostanze basiche, come dovrebbe normalmente accadere alla fine
del processo. Ai giorni nostri questa interruzione è diffusa, perché l’eccessivo consumo di
carboidrati (pane, cereali, pasta, biscotti) è molto comune e di solito si spinge oltre le
possibilità dell’organismo. Poco importa che i cereali siano raffinati o meno, il problema
rimane fondamentalmente lo stesso.
Se i cereali sono acidificanti, i chicchi germogliati non lo sono. Infatti, a causa della
radicale trasformazione nella loro composizione durante la germogliazione, questi chicchi
vengono considerati alimenti alcalinizzanti e classificati assieme alla verdura di colore
verde. In realtà non si tratta più propriamente di chicchi, bensì di giovani germogli, più o
meno freschi a seconda del momento in cui vengono consumati. La cosa vale anche per i
legumi germogliati (soia, fagioli, lenticchie, ceci ecc.).
Lo zucchero raffinato, che è costituito soltanto da due molecole (glucosio e fruttosio), è
acidificante per una ragione diversa da quella dei carboidrati dei cereali. La sua natura
acidificante e quella degli alimenti che lo contengono (marmellate, caramelle, cioccolato,
biscotti ecc.) deriva dal fatto di essere raffinato, privo di qualunque oligoelemento,
vitamina ed enzima; pertanto, in genere viene mal trasformato. L’organismo infatti non
può cedere all’infinito grosse quantità di vitamine e oligoelementi per operare la
trasformazione dello zucchero in energia. Tanto più che il consumo annuo di zucchero
raffinato supera i 40 kg a persona. Le trasformazioni quindi si fermano a stadi intermedi
acidi. Se lo zucchero bianco raffinato e tutti gli alimenti che lo contengono sono altamente
acidificanti, mentre gli zuccheri di frutta e verdura (carote, barbabietole) non lo sono, il
motivo è che questi ultimi contengono nei loro tessuti tutti gli oligoelementi, tutte le
vitamine e gli enzimi necessari alla loro trasformazione. Per lo stesso motivo neanche lo
zucchero integrale, cioè il succo di canna da zucchero evaporato, è acidificante. Di contro,
gli zuccheri di canna che hanno subito uno o più processi di raffinamento sono stati privati
di una parte delle loro vitamine e dei loro oligoelementi. Di conseguenza sono acidificanti,
a maggior ragione se si avvicinano allo zucchero bianco, il più acidificante di tutti. Il
fruttosio, lo zucchero della frutta che troviamo in commercio, è anch’esso privo di
qualunque vitamina e pertanto acidificante.
La frutta oleaginosa (escluse mandorle e noci brasiliane) è acidificante, che si tratti di
noci, nocciole, anacardi, noci pecan, noce di cocco o anche semi considerati sani: semi di
girasole, semi di zucca, di sesamo ecc. La loro natura acidificante è dovuta all’alto tenore
di grassi, proteine, fosforo e zolfo. Nella scelta degli alimenti occorre tuttavia prendere in
considerazione l’aspetto quantitativo. Pochi semi di girasole non acidificano l’organismo
tanto quanto 100 o 200 g di carne, benché questi alimenti figurino ambedue nell’elenco
degli alimenti acidificanti.
Per le loro caratteristiche, questi alimenti sono acidificanti per tutti. Non assomigliano
agli alimenti acidi, che sono acidificanti o alcalinizzanti a seconda delle capacità
organiche individuali. Il modo in cui l’organismo utilizza gli alimenti acidificanti conduce
infatti inevitabilmente alla produzione di acidi. È quindi consigliato fare attenzione al loro
consumo se si desidera evitare di acidificare il proprio organismo. Ciò detto, fare
attenzione non significa ridurli al massimo o eliminarli. Basta semplicemente evitare che
la quantità degli alimenti acidificanti sia superiore a quella degli alimenti alcalinizzanti, in
maniera generale durante la giornata o, meglio, a ogni pasto.
Gli alimenti alcalinizzanti
Gli alimenti alcalinizzanti sono principalmente composti da verdura di colore verde,
ortaggi di vari colori (tranne il pomodoro) e patate.
Questi alimenti sono alcalinizzanti da un lato perché sono ricchi di basi e non
contengono o contengono pochissime sostanze acide e dall’altro perché quando vengono
utilizzati dall’organismo non producono acidi. Benché il loro consumo sia
quantitativamente copioso, non avviene nessuna produzione di acidi, indipendentemente
dalle capacità metaboliche della persona che li consuma. Così come gli alimenti
acidificanti sono acidificanti per tutti, gli alimenti alcalinizzanti sono alcalinizzanti per
tutti. Sono questi gli alimenti che chi è affetto da squilibrio acido-base deve soprattutto
consumare.
Gli ortaggi verdi e di vari colori costituiscono la fonte principale di basi per l’organismo.
Se si desidera ritrovare e conservare l’equilibrio acido-base, dovrebbero essere presenti a
ogni pasto principale, siano essi in insalata, pinzimonio, cotti, in forma di succo o di
zuppa. L’unica eccezione è il pomodoro, molto acidificante sia crudo sia cotto.
Botanicamente parlando, in realtà non è un ortaggio, bensì un frutto.
La patata è ben nota per le sue proprietà antiacidità, essendo il succo raccomandato
contro l’acidità di stomaco e le ulcere. La sua ricchezza di basi la rende un alimento di
prima scelta contro l’acidificazione dell’organismo. Essendo un alimento farinoso, è
nutriente e sostituisce in maniera ottimale i cereali, che sono acidificanti. In altre parole, la
dieta di deacidificazione deve includere più patate che cereali.
Un altro alimento nutriente molto interessante per combattere l’acidità è la castagna.
Come la patata, si tratta di un farinaceo e quindi di un alimento che fornisce carburante
energetico. Ma ancora una volta questo carburante non è acidificante come lo sono i
cereali. Le castagne si cuociono arrosto o lesse e si mangiano con la verdura. La ricetta più
nota è quella del cavolo rosso con le castagne. Come le patate, le castagne si abbinano
bene al formaggio. Attenzione alla marmellata di castagne, che contiene zucchero.
Tra tutti i frutti, la banana è l’unico davvero alcalinizzante, perché il suo tenore di acidi
è talmente scarso da non renderla mai acidificante, anche se consumata regolarmente o in
grandi quantità. Al contrario gli altri frutti, anche quelli molto poco acidi come i meloni,
contengono tutti degli acidi e ciò fa sì che più ne consumiamo più possono esercitare un
effetto acidificante.
In linea generale la frutta secca (datteri, uva passa ecc.) è alcalinizzante, perché
essiccandosi una parte degli acidi viene ossidata. Lo è tuttavia di meno se posta a essiccare
prima della maturazione, come capita spesso con albicocche e mele. La natura alcalina
della frutta secca svanisce un po’ quando questa viene trattata con anidride solforosa per
favorirne la conservazione.
Mandorle e noci brasiliane sono gli unici frutti oleaginosi alcalinizzanti. Si possono
consumare così come sono, a pezzetti o tritati, abbinati a insalate, verdura o dessert.
Presso i negozi di alimenti biologici è reperibile una crema di mandorle non zuccherata
che, sciolta in acqua, consente di creare il latte di mandorle, bevanda molto gradevole e
alcalinizzante.
Le olive nere conservate in olio d’oliva sono alcalinizzanti, contrariamente a quelle nere
o verdi e conservate in salamoia acidulata.
Lo zucchero integrale non è propriamente alcalinizzante, cioè non alcalinizza il terreno
se consumato in abbondanza, ma se assunto moderatamente non lo acidifica come fanno
gli altri zuccheri. La stessa osservazione vale per mais, latte, fromage blanc sgocciolato,
panna, burro ecc., che se assunti con moderazione non acidificano l’organismo.
L’acqua ha in genere un pH pari a 7. Se è molto clorata diventa acida. Anche l’acqua
minerale gassata è acida, perché il gas utilizzato è l’anidride carbonica. Le principali
acque alcaline, cioè quelle con un pH superiore a 7, sono l’acqua Limpia (Italia), la
Contrexéville e la Évian (Francia) e la Henniez naturale (Svizzera).
Gli alimenti acidi
Questo gruppo comprende alimenti il cui effetto alcalinizzante o acidificante dipende dalle
capacità metaboliche dell’organismo in cui penetrano. Sono dunque designati non
attraverso il loro effetto (perché questo non può essere definito in anticipo), bensì in
funzione della loro caratteristica propria, cioè l’acido.
Tali alimenti contengono molti acidi, da cui il sapore. Si tratta di acidi deboli, cioè in
chi è in grado di ossidarli facilmente si trasformano in basi e di conseguenza alcalinizzano
l’organismo. In chi soffre di debolezza metabolica agli acidi però i numerosi acidi di
questi alimenti non vengono ossidati; eserciteranno dunque un effetto acidificante.
I principali alimenti acidi sono la frutta, il siero di latte e l’aceto.
Il sapore lievemente acidulo di mele e pere o fortemente acido di limoni e ribes indica il
loro più o meno alto tenore di acidi. Per questi alimenti si può utilizzare il senso del gusto
per individuarne il tasso di acidità. È altresì utile sapere che meno un frutto è maturo, più è
acido; la frutta molto matura è quella meno acida. È sufficiente pensare alle albicocche,
che sono molto acide prima della maturazione, anche se il colore è già arancio, ma
diventano alcaline quando maturano e sono molli “come marmellata”. In una stessa specie
di frutta, per esempio mele o ciliegie, il livello di acidità cambia secondo le varietà: le
mele cloche sono più acide delle Golden, le ciliegie visciole lo sono più delle duracine
ecc.
Il fatto di consumare succhi di frutta anziché frutta intera non rende quest’ultima meno
acida. Al contrario, i minerali alcalini si trovano innanzitutto nella polpa e quando
spremiamo un frutto vi rimangono. Pertanto, di solito non sono più presenti nel succo e
non possono neutralizzarne l’acidità. Il consumo di frutta sotto forma di succo altera
inoltre la percezione che possiamo avere delle quantità consumate. Se poche persone
consumano più di due arance al colpo, la maggior parte beve senza problemi due o tre
bicchieri di succo d’arancia, cioè l’equivalente di sei o otto arance!
Neanche la cottura della frutta ne riduce l’acidità. Nella maggior parte dei casi la
aumenta, perché una parte delle vitamine e degli enzimi viene distrutta. Inoltre, alla frutta
cotta spesso si aggiunge zucchero raffinato, la cui natura acidificante è ben nota.
Il caso del siero di latte è un po’ particolare. Questo alimento, che è la parte liquida del
latte cagliato tramite fermentazione, è un liquido giallo chiaro, trasparente. Lo si trova nel
fromage blanc poco sgocciolato, nello yogurt (il liquido che riempie la cavità quando
prendiamo una cucchiaiata di yogurt compatto dalla superficie del vasetto), nel kefir ecc.
Fresco, il siero di latte è alcalino, ma dopo una o due ore diventa acido. Produce
innanzitutto acido lattico, cioè un acido che, come quello della frutta, viene ossidato in
maniera relativamente facile e trasformato in base, purché l’organismo in questione non
soffra di una debolezza metabolica agli acidi. Se così è, gli acidi non vengono
metabolizzati e contribuiscono ad acidificare il terreno. Qualora si soffra di una carenza
metabolica agli acidi il siero di latte non più fresco, lo yogurt e il kefir sono pertanto
alimenti da tenere d’occhio, proprio come la frutta.
La fermentazione acida utilizzata per produrre lo yogurt può anche essere applicata agli
ortaggi o ai succhi, per facilitarne la conservazione. I prodotti ottenuti sono crauti, verdura
e succhi di verdura lattofermentati, come pure l’aceto. Per gli stessi motivi sopra citati,
questi alimenti saranno acidificanti per chi soffre di una debolezza metabolica, ma
alcalinizzanti per gli altri.
Il miele è moderatamente acido.
La natura acidificante o alcalinizzante della frutta, del siero di latte e dell’aceto è
oggetto di un continuo dibattito. Ovviamente chi non soffre di debolezza metabolica è
convinto della natura alcalinizzante della frutta, mentre gli altri sono persuasi del carattere
acidificante, avendolo sperimentato su se stessi. Questa controversia non dovrebbe
nemmeno aver luogo. Si tratta di alimenti a volte acidificanti e a volte alcalinizzanti, per
cui come tali fanno parte di un gruppo distinto, quello degli alimenti acidi.
Nei casi estremi di acidificazione, l’eliminazione della frutta non dovrebbe far temere,
come ritengono alcuni, un insufficiente apporto di vitamine. Certo, la frutta è una
straordinaria fonte di vitamine, ma anche la verdura ne contiene parecchie, di vario tipo.
Giacché gli ortaggi devono formare la base dell’alimentazione dei soggetti con terreno
acidificato, le quantità consumate copriranno senza problemi il fabbisogno di vitamine.
L’eliminazione degli alimenti acidi non causa problemi gravi, perché non si tratta di
alimenti indispensabili come lo sono quelli di natura acidificante. La frutta fresca può
essere sostituita con frutta secca, i prodotti caseari ricchi di siero di latte con quelli che ne
sono privi e i prodotti lattofermentati con ortaggi freschi. In pratica, per chi soffre di
debolezza metabolica è spesso necessario eliminare del tutto gli alimenti acidi per qualche
settimana o mese. Questa restrizione non ha mai causato problemi, a parte il desiderio di
gustare i suddetti alimenti. Cionondimeno, i benefici della deacidificazione che queste
privazioni offrono sono tali da compensare ampiamente gli sforzi.
L’eliminazione degli alimenti acidi è d’altro canto raramente definitiva, perché con il
tempo, deacidificandosi, la tolleranza dell’organismo nei confronti degli acidi aumenta.
Permette quindi di reintrodurli, ovviamente in quantità adatte a ciascuno.
Otto regole per mangiare secondo l’equilibrio acido-base
I pochi principi generali cui occorre fare riferimento per scegliere in maniera idonea le
proporzioni di alimenti acidificanti, alcalinizzanti e acidi si possono esprimere in quattro
regole generali, cui si aggiungono altre quattro regole per chi soffre di debolezza
metabolica agli acidi.
Regola 1:
un pasto non deve mai essere costituito solo da alimenti acidificanti, bensì
dovrebbe sempre contenere alimenti alcalini
Un pasto di pasta e carne o di pesce e riso, con un dolce per
dessert accompagnato da un caffè, non è un menù consigliato,
essendo interamente composto da alimenti acidificanti. Lo
stesso dicasi per un pasto a base di pasta e sugo di pomodoro
accompagnata da un dessert zuccherato. Aggiungendo a questi
pasti delle verdure sotto forma di insalate, pinzimonio o
verdura cotta, l’apporto di basi alimentari compenserebbe
almeno in parte quello di acidi. Le verdure sono talvolta
presenti durante i pasti, ma in quantità generalmente così
ridotte che l’effetto è trascurabile. Questo ci conduce alla
seconda regola.
Regola 2:
in uno stesso pasto la quantità di alimenti alcalinizzanti deve essere maggiore
di quella di alimenti acidificanti
Le proporzioni tra alimenti produttori di basi e alimenti
produttori di acidi devono essere sempre a favore degli
alimenti alcalinizzanti. In questo modo gli acidi potranno
essere neutralizzati a livello intestinale o tissutale senza che il
corpo debba attingere alle sue riserve.
Regola 3:
la proporzione di alimenti alcalinizzanti sarà tanto maggiore quanto più
pronunciata è l’acidificazione del terreno o quanto più la persona è
metabolicamente debole agli acidi
Più l’organismo è esaurito o debole, meno riserve basiche ha a
disposizione del sistema tampone e meno è capace di ossidare
gli acidi. Fornendogli pochi acidi grazie a un’alimentazione
idonea, se ne allevia la fatica di mantenere l’equilibrio acido-
base.
Regola 4:
un regime composto esclusivamente da vegetali alcalini è possibile, ma solo
per un periodo limitato (una o due settimane)
Un regime esclusivamente alcalino, cioè composto unicamente
da verdura, patate, banane, mandorle ecc., non può durare
all’infinito, perché è carente di proteine. Tali regimi sono utili
allorché l’acidificazione è molto forte e i disturbi che ne
conseguono si manifestano in maniera acuta, violenta e
dolorosa. La brusca e totale eliminazione degli acidi permette
di alleviare rapidamente il malato, per ricondurlo più in fretta
al normale equilibrio acido-base.
Un regime esclusivamente alcalino deve quindi rimanere una
misura terapeutica di breve durata, per non mettere in pericolo
l’organismo.
A queste quattro regole se ne aggiungono altre quattro per chi soffre di debolezza
metabolica agli acidi.
Regola 5:
un pasto non deve mai essere costituito solo da alimenti acidi, ma dovrebbe
sempre contenere alimenti alcalini
Questa regola corrisponde alla n. 1, ma qui si tratta di alimenti
acidi e non più acidificanti. Consumare esclusivamente frutta,
yogurt o bere solo siero di latte è fortemente sconsigliato,
perché l’apporto di acidi non viene compensato da nessuna
base alimentare e questo costringe il corpo ad attingere dai
suoi tessuti. Il rischio di disturbi causati dalla
demineralizzazione è dunque molto alto. Questi disturbi
verranno del resto ben presto avvertiti dalla persona in
questione (improvviso calo della vitalità, irritazione ai denti,
sensazione di freddo, prurito, dolori articolari ecc.).
Gli alimenti basici che ben si accompagnano alla frutta fresca
sono il formaggio Seras, il fromage blanc, la panna, le
mandorle, le banane, l’insalata o l’abbinamento di verdura
cruda e frutta.
Regola 6:
le quantità di alimenti acidificanti e acidi vanno adattate alle capacità
metaboliche personali
Di rado le debolezze metaboliche agli acidi sono totali; in
genere sono più o meno pronunciate secondo la persona (e le
circostanze: stress, stanchezza, lavoro, vacanze). Ciò significa
che ognuno tollera un certo livello di acidi, livello che non va
superato, pena lo spingersi oltre le capacità organiche.
Fintanto che la quantità di acidi prodotta è inferiore a questo
livello, il corpo riesce a neutralizzarli ossidandoli e non si
manifesta nessun disturbo da acidificazione. Alcune persone
molto sensibili sanno benissimo che mezza mela Golden la
possono mangiare, ma non di più, mentre un quarto di mela
cloche è per loro già troppo. Per la stessa persona, quindi, un
alimento può essere acidificante oltre una certa quantità, ma
alcalinizzante o neutro in quantità inferiore.
Le persone metabolicamente deboli possono dunque
consumare senza problemi alimenti acidi, purché ne adattino la
quantità alla loro capacità. La soglia di tolleranza da non
oltrepassare è individuale e può variare nel tempo. Ciascuno la
scoprirà con l’esperienza e l’osservazione.
Regola 7:
gli alimenti acidi non vanno consumati con una frequenza troppo ravvicinata
Una persona che soffre di debolezza metabolica agli acidi ma
presenta un equilibrio acido-base può in genere far fronte a un
brusco apporto di acidi attingendo alle sue riserve, purché
questo consumo sia in via eccezionale, per esempio dopo aver
mangiato troppa frutta. Trattandosi infatti di un prelievo unico,
l’equilibrio acido-base non verrà messo in pericolo e non avrà
luogo alcun disturbo da acidificazione.
Trascorrerà però un certo tempo prima che le riserve vengano
ripristinate e l’organismo possa nuovamente far fronte senza
problemi a un apporto di acidi. Se prima di questa scadenza il
consumo di un altro frutto porta ancora acidi, l’organismo
dovrà attingere nuovamente alle sue riserve già ridotte. Queste
allora potranno dimostrarsi insufficienti e l’equilibrio acido-
base sarà compromesso. Compariranno disturbi da
acidificazione, non perché l’organismo non sia in grado da
solo di neutralizzare quel frutto (lo aveva già fatto la prima
volta) ma perché il frutto è stato consumato troppo
rapidamente dopo il primo.
Distanziando l’assunzione di questi alimenti difficili da
metabolizzare, se ne aumenta la tolleranza personale nei loro
confronti. Questo fatto è utile da sapere, perché permette di
ampliare la scelta di alimenti da consumare.
Regola 8:
gli alimenti acidi vanno consumati quando l’organismo è pronto a riceverli
Un proverbio arabo dice che “le arance sono d’oro al mattino,
d’argento al pomeriggio e di piombo la sera”. Per chi soffre di
debolezza metabolica, è vero il contrario: le arance e la frutta
in generale sono nocive al mattino ma molto più benefiche di
pomeriggio o la sera. Il motivo è che il “motore organico” ha
avuto il tempo, una volta giunto il pomeriggio, di riscaldarsi e
avviarsi normalmente. Certi impiegano del tempo a svegliarsi
fisicamente al mattino. Il cuore batte più lentamente, la
pressione sanguigna è bassa, gli scambi cellulari, tra cui
l’ossidazione, avvengono al rallentatore. Solo dopo essersi
attivati per qualche ora e aver consumato uno o due pasti il
loro organismo trova una velocità di crociera.
Se questa persona consumasse frutta al mattino o bevesse una
spremuta d’arancia in presenza non solo di una debolezza
metabolica agli acidi, ma anche di un organismo che lavora
ancora al di sotto delle sue capacità reali, l’ossidazione degli
acidi avverrebbe in modo persino peggiore del solito.
Analogamente, gli alimenti acidi si metabolizzano meglio
d’estate, con un tempo caldo e soleggiato, come pure quando
siamo riposati e non stanchi.
4
Classificazione degli alimenti secondo il loro potere
di acidificazione
Nel capitolo precedente gli alimenti sono stati suddivisi in tre grandi categorie
caratteristiche. All’interno di una stessa categoria non sono però ugualmente
alcalinizzanti, acidificanti o acidi. Certi lo sono più di altri. Per esempio, il riso e il miglio
appartengono entrambi alla categoria degli alimenti acidificanti, ma il miglio è molto più
acidificante del riso. È quindi possibile, per ciascuna categoria, precisare ulteriormente la
classificazione.
La classificazione per cui abbiamo optato presenta gli alimenti in una tabella di tre
colonne, nelle quali l’accento viene posto talvolta sulla natura alcalinizzante e talvolta su
quella acidificante. Nel primo caso gli alimenti alcalini sono suddivisi in alimenti molto
alcalini e poco alcalini, seguiti da quelli acidificanti; nel secondo, in alimenti
alcalinizzanti, seguiti da alimenti poco acidificanti e molto acidificanti.
Questa suddivisione è utile per evitare che una persona con terreno acidificato consumi,
per un motivo o per l’altro, solo alimenti poco alcalinizzanti, quando potrebbe consumare
tranquillamente alimenti molto alcalinizzanti, che le sarebbero d’aiuto ben più grande per
correggere il terreno.
Tuttavia, non si tratta di una classificazione precisa nella quale ciascun alimento occupa
un posto determinato in rapporto agli altri, bensì di una a grandi gruppi. Mancano infatti i
criteri oggettivi per stabilire una gerarchia esatta. L’analisi della composizione chimica
degli alimenti, talvolta utilizzata, non lo è, perché non tiene conto di ciò che avviene una
volta ingerito l’alimento. Come abbiamo visto, digestione e utilizzazione degli alimenti ne
modificano le proprietà. Ci siamo quindi basati sull’esperienza, cioè sull’osservazione
degli effetti di questi alimenti sull’organismo.
Detto questo, siamo consapevoli che certi vedono meglio un alimento o l’altro in una
colonna diversa da quella in cui lo abbiamo collocato. È normale, perché ognuno ha
debolezze del tutto personali agli alimenti. Capita infatti che un alimento sia ritenuto
molto acidificante da qualcuno, mentre per la maggior parte delle persone lo è solo
leggermente. Nel dubbio, è opportuno per ciascuno seguire la propria esperienza
personale, anziché basarsi esclusivamente sulla teoria.
A parte queste eccezioni, la classificazione delle tabelle è valida per gran parte delle
persone. Per le altre, sarà utile a guidarne i primi passi, in attesa di redigere le loro
personali tabelle. In altre parole, in attesa di scoprire come individualizzare la loro
alimentazione rispetto alle particolari possibilità organiche.
La frutta fresca
La classificazione della frutta fresca vale soltanto per chi soffre di debolezza metabolica
agli acidi, perché per gli altri tutta la frutta è alcalinizzante, dato che possono ossidarne gli
acidi.
La tabella sotto riportata presume altresì che la frutta in esame sia matura, altrimenti la
distinzione tra frutta più o meno acidificante non potrebbe essere fatta, considerato che in
certi casi il livello di acidità di un frutto alcalinizzante ma non maturo può essere pari a
quello di un frutto poco acidificante e molto maturo.
Ma cos’è un frutto maturo? Ai nostri giorni, la maggior parte delle persone non
possiede né orti né frutteti. Di conseguenza, acquista la frutta nei negozi. Per soddisfare le
richieste del mercato, però, la frutta viene raccolta ben prima della maturazione. Essendo
ancora verde e dura, è meno fragile. Pertanto, non si deteriora così rapidamente dopo la
raccolta, né durante i continui trasporti e immagazzinamenti che avranno luogo presso il
produttore, il grossista, il rivenditore e il consumatore. Il fatto che la frutta non sia matura
consente una miglior gestione delle scorte, perché lo smaltimento della merce può
facilmente essere adattato ai bisogni del mercato.
La raccolta anzitempo ha la conseguenza negativa che la frutta non arriva mai a una
vera maturazione, cosa che la renderebbe morbida, profumata, dolce e succosa. Molti di
coloro che durante un soggiorno in campagna hanno l’occasione di assaporare un frutto
maturato sull’albero all’aria aperta e baciato dai raggi del sole non smettono di ripetere
quanto possa essere buono e diverso quel frutto da quelli che di solito consumano. Si
rendono anche conto di quanto una vera maturazione della frutta sia diversa da quella che
fino ad allora avevano considerato maturazione autentica.
Questione del gusto a parte, la naturale maturazione della frutta produce anche
modificazioni importantissime nel tenore di acidi. Quest’ultimo è nettamente inferiore a
quello della frutta raccolta prima della maturazione. Avevamo già visto che più un frutto è
maturo, meno è acido. Adesso dobbiamo aggiungere che la rimanente acidità è tanto meno
forte quanto più la frutta è maturata in maniera naturale e dunque sul ramo.
Per illustrarlo citiamo l’esempio di una paziente che soffriva di debolezza metabolica
agli acidi e il cui consumo d’arance, che amava molto, le provocava regolarmente disturbi
da acidificazione. Con suo grande stupore, durante un viaggio in un paese produttore
d’arance in un periodo in cui le arance erano mature, è riuscita a mangiarne più di un chilo
al giorno senza avvertire il minimo fastidio! Avendo raggiunto la piena maturazione al
sole e non nei magazzini in cui vengono collocate prima di maturare, quelle arance
contenevano quantità minime di acidi, più facili da metabolizzare.
Ciascun frutto forma un tutt’uno e se possibile va consumato intero, cioè con buccia e
semi. Ovviamente il nocciolo di albicocche, ciliegie ecc. è troppo grosso per essere
inghiottito e digerito dal nostro tubo digerente. Ma i semi di mela, arancia, uva ecc.
apportano elementi da cui l’organismo può trarre beneficio e che gli sono utili per
metabolizzare correttamente il frutto. Inoltre, la buccia della frutta contiene numerosi
minerali ed enzimi che favoriscono la neutralizzazione degli acidi nella polpa. È quindi
sbagliato sbucciare le mele e le pere o eliminare la buccia di fichi, uva, prugne ecc. Solo la
buccia di arance, clementine, meloni e melograno va gettata, anche se non è stata trattata
in superficie.
La frutta fresca può essere mangiata così com’è o grattugiata, un tipo di frutta alla volta
o un mix (macedonia). Poiché per natura la frutta matura è dolce, non serve aggiungervi
zucchero, tanto più che questo è acidificante. È altresì utile evitare di consumarla assieme
ai cereali, per esempio nel muesli (Bircher), perché la combinazione di frutta fresca e
fiocchi è molto indigesta e in genere causa fermentazione, grande produttrice di tossine
acide.
La cottura della frutta non ne riduce l’acidità. Nella preparazione di composte e crostate
occorre utilizzare mele mature e non, come spesso accade, mele verdi cadute
prematuramente.
Il fatto di grattugiare la frutta la rende più basica, perché il contatto della polpa con
l’aria permette a una parte degli acidi di ossidarsi.
La banana, unico frutto alcalinizzante, non viene ben digerito da tutti. Ancora una volta,
ciò di solito nasce dal fatto che viene mangiata prima della maturazione. Una banana
matura possiede una polpa dolce e morbida. Si può aumentarne il tenore di zuccheri
schiacciandola in purea con una forchetta e lasciandola esposta all’aria per una decina di
minuti prima di consumarla.
Un altro modo di neutralizzare l’aggressività degli acidi della frutta consiste nel
consumarla con del fromage blanc, del formaggio Seras o della panna. La cosa è di fatto
ben nota e radicata nelle tradizioni, perché frutta come fragole, lamponi ecc. in genere
viene abbinata alla panna.
Tabella della frutta fresca
Frutta
• Mele: Golden
• Pere: Williams, Beurrée, Buona Luisa
• Uva
• Cloche, da sidro
• Prugne
• Altre pere
• Albicocche molto mature
• Ciliegie: duracina
• Pesche noci, Regina Claudia
• Pesche
• Altre albicocche
• Fichi
• Visciole
• Susine Mirabella
• Melone
• Cocomero
Frutti di bosco
• Fragole: piccole, acidule
• Ribes
• Fragole: grosse, dolci • Lamponi
• Uva spina • Ribes nero
• Mirtilli • Olivello spinoso
• Prugnola
• More
Agrumi
• Mandarini
• Arance
• Clementine
• Limoni
• Pompelmi
Frutta esotica
• Mango
• Ananas
• Banane • Melograno
• Kiwi
• Cachi
La frutta secca
Si tratta di una categoria di frutta acquosa che ha perduto gran parte dell’acqua costitutiva
e quindi del succo dopo essere stata posta a essiccare al sole o in forno. Un’unica
eccezione: i datteri, naturalmente poveri d’acqua, che ancora sull’albero hanno già
l’aspetto con cui sono conosciuti.
Poiché la frutta secca è dolcissima per natura, di solito non vi si aggiunge zucchero
prima della vendita, a parte certi datteri che sono ricoperti di sciroppo di glucosio.
Ovviamente più un frutto fresco è maturo e dolce prima dell’essiccazione, più risulterà
alcalino dopo il procedimento. Inoltre, l’acidità della frutta fresca si riduce durante
l’essiccazione, grazie all’ossidazione degli acidi.
Il consumo di frutta secca è in genere limitato e molti non ne mangiano quasi mai.
Essendo un alimento alcalinizzante, il consumo va però incoraggiato, perché permette a
chi è sensibile agli acidi della frutta fresca di consumarne comunque, sotto una forma
adatta allo stato.
Dato che la frutta secca è alquanto concentrata, alcuni non la digeriscono facilmente, a
meno di non lasciarla in ammollo per dodici o ventiquattro ore in acqua per reidratarla.
Resa meno concentrata e consumata con o senza il liquido di ammollo, la frutta secca si
digerisce facilmente.
Oltre a consumarla così com’è o in ammollo, la si può anche usare per deliziosi dessert,
mescolando la frutta e l’acqua di ammollo a del formaggio Seras o fromage blanc.
Tabella della frutta secca
• Prugne secche
• Pere
• Uva passa
• Mele
• Albicocche dolci, essiccate naturalmente • Albicocche trattate con
• Pesche
• Banane anidride solforosa
• Fichi
• Datteri
• Mango
• Ananas
La frutta oleaginosa
Come indica il nome, la frutta oleaginosa è ricca di olio, che rappresenta all’incirca il 50%
del peso. Molti la considerano un alimento superfluo e la consumano solo sporadicamente,
per esempio se presente nei biscotti o nelle torte.
Tra tutta la frutta oleaginosa, solamente due tipi sono davvero alcalini: mandorle e noci
brasiliane. Tuttavia, le proprietà alcalinizzanti sono in primo luogo presenti nelle
mandorle, che di conseguenza dovrebbero essere consumate regolarmente da chi ha un
terreno acidificato. Anche le olive nere sono alcalinizzanti, contrariamente alle olive verdi,
ma solo se conservate in olio e non in un preparato contenente aceto.
La frutta oleaginosa si consuma tale quale, una varietà alla volta oppure in un mix, con
o senza frutta secca. Per l’elevata concentrazione di principi nutritivi, è preferibile non
mescolarne troppe varietà, per non complicare la digestione. Tritata o in farina, la frutta
oleaginosa può essere aggiunta a macedonie, insalate e verdura cruda oppure cosparsa sul
pane imburrato. In commercio si trovano burri di mandorle, nocciole ecc. Molto
concentrati, sono utilizzati come creme spalmabili. Quello di mandorle può essere usato
per preparare il latte di mandorle.
Tabella della frutta oleaginosa
• Noci
• Nocciole
• Anacardi
• Arachidi
• Mandorle • Sesamo
• Noci pecan
• Noci brasiliane • Pinoli
• Pistacchi
• Olive nere (sott’olio) • Noce di cocco
• Semi di zucca
• Olive verdi
• Semi di girasole
• Olive sottaceto
La verdura
A esclusione di pomodori e melanzane, decisamente acidificanti, tutta la verdura è
alcalinizzante e dovrebbe rappresentare una parte importante di ciascun pasto in chi ha un
terreno acidificato. Cionondimeno, abbiamo operato una distinzione tra verdure molto
alcalinizzanti e verdure meno alcalinizzanti. Queste ultime sono state collocate nella
seconda colonna, quella degli alimenti poco alcalinizzanti. Si tratta di ortaggi bianchi e
ortaggi solforosi.
Contrariamente alle altre verdure, gli ortaggi bianchi (sedano, indivia ecc.) ricevono
pochissimo sole o non ne ricevono affatto e la ricchezza di minerali, come pure la capacità
di rimineralizzazione, è minore.
In quanto agli ortaggi solforosi (ravanelli, cipolle ecc.), forniscono minerali in grado di
rimineralizzare un organismo acidificato, ma contengono anche zolfo, che è acido. Nei
soggetti sensibili quest’ultimo eserciterà non solo una lieve azione acidificante, ma anche
irritante sulle mucose digestive che lo ricevono. Lo stesso accade per le mucose
respiratorie e per la pelle che lo eliminano, organi già indeboliti e sensibili in chi ha un
terreno acidificato. Ciò si tradurrà in disturbi digestivi, tosse e irritazione, pruriti o
eczema. Ma, lo ripetiamo, la cosa riguarda soltanto gli individui molto sensibili e quando
questi ortaggi vengono consumati in quantità eccessiva.
Gli ortaggi bianchi e solforosi si possono pertanto consumare, ma per garantirsi una
buona rimineralizzazione è preferibile consumare in primo luogo ortaggi verdi, di vari
colori, patate e certi ortaggi-frutto.
La verdura si consuma cruda, cotta, nelle zuppe o sotto forma di succo. Se cruda,
occorre fare attenzione che il condimento non sia troppo acido, per non annullare le
proprietà alcalinizzanti degli ortaggi. Spesso i condimenti contengono troppo aceto o
succo di limone. Questa forte acidità non solo rovina il sapore della verdura, ma acidifica
anche fortemente l’organismo di chi metabolizza male gli acidi. Per queste persone l’aceto
e il succo di limone non si dosano in cucchiai come l’olio, bensì in cucchiaini.
L’esperienza inoltre ha dimostrato che, in genere, l’aceto è meno acidificante del succo di
limone.
La verdura cotta non contiene più tutte le vitamine della verdura cruda, perché queste
vengono in parte distrutte dalla cottura. Tuttavia il tenore di minerali, che ci interessa in
primo luogo per ripristinare l’equilibrio acido-base, non viene alterato dalla cottura in
tegame, al vapore o al forno. Al contrario, la cottura in acqua bollente tende a sottrarre
minerali agli ortaggi per trasferirli nell’acqua di cottura, acqua che in seguito viene gettata
assieme a questi preziosi elementi.
La verdura può costituire una parte del pasto o anche la totalità, per esempio in una
zuppa. Non raccomanderemo mai abbastanza le zuppe fatte in casa, soprattutto in inverno,
perché non solo rimineralizzano l’organismo (nelle zuppe l’acqua di cottura, ricca di
minerali, viene consumata con la verdura), ma riscaldano anche le persone con terreno
acidificato, che spesso sono freddolose a causa della demineralizzazione.
Tabella della verdura
• Patate
Ortaggi verdi
Ortaggi colorati
• Spinaci
• Carote
• Barbabietola
• Cavolo rosso
• Fagiolini gialli
• Patate dolci
Ortaggi-frutto
• Zucca • Pomodori
• Zucchine • Avocado • Melanzane
• Zucchine patissone • Cetriolini sottaceto
Verdura bianca
• Indivia
• Insalata a foglia bianca
• Sedano
• Salsefica
• Tuberina
• Pastinaca
• Topinambur
• Cavolfiore
Ortaggi solforosi
• Ravanelli
• Rape
• Peperoni
• Cipolle
• Aglio
• Scalogni
• Asparagi
Il succo di verdura casalingo è più benefico, perché è fresco. Quelli in commercio sono
oggetto di vari procedimenti di conservazione. L’unico succo cui le persone sensibili
devono fare attenzione è quello della lattofermentazione, che rende la bevanda
leggermente acida, cosa mal tollerata dal loro organismo. Per preparare il succo è possibile
utilizzare un’unica varietà di verdura o varie alla volta (cocktail). In ogni caso, è
preferibile usare ortaggi da agricoltura biologica, per evitare di assorbire prodotti chimici.
Se il sapore del succo è troppo pronunciato, lo si può diluire con un po’ d’acqua.
I cereali
I cereali vengono preparati in vari modi: chicchi interi (riso, farro ecc.), chicchi macinati
(polenta, cuscus, pil-pil), schiacciati (fiocchi) o sotto forma di farina da incorporare alle
pietanze (salse), nei panificati (pane, fette biscottate, biscotti) oppure nei preparati per
dolci e altri impasti.
Tutti i cereali e i loro sottoprodotti sono acidificanti, tranne il mais. Lo sono tanto
maggiore è la loro raffinazione. Per esempio, il riso raffinato è più acidificante del riso
integrale.
Tra tutti i cereali, il più acidificante è il miglio. È importante saperlo, perché
quest’ultimo viene spesso raccomandato per le sue proprietà rimineralizzanti in caso di
perdita di capelli, reumatismi ecc., grazie all’alto tenore di silice. Tuttavia, la silice è un
minerale acido, giacché si presenta sotto forma di acido silicico. Le proprietà
rimineralizzanti del miglio sono innegabili, ma chi è sensibile agli acidi dovrebbe evitare
di consumarlo, perché il tenore di silice va oltre le sue capacità organiche.
Il pane bianco è più acidificante del pane integrale o di segale, perché essendo
sprovvisto di vitamine, oligoelementi ed enzimi che ne favoriscono la digestione, produce
numerosi acidi, come lo zucchero bianco. Anche il pane con pasta madre è stato collocato
nella colonna degli alimenti acidificanti, giacché la pasta madre utilizzata per lievitarlo lo
rende acido, cosa che si può tranquillamente verificare assaporandolo. Di per sé è un
ottimo pane, ma è troppo forte per le capacità digestive di molti, soprattutto di chi è
sensibile agli acidi. Di conseguenza, verrà mal metabolizzato.
Tabella dei cereali
• Frumento
• Miglio
• Riso integrale
• Riso bianco
• Segale
• Orzo
• Farro
• Mais
• Grano saraceno
• Quinoa
• Pil-pil
• Cuscus
• Semola integrale
• Semola
• Crema di riso
Pane
• Pane integrale (senza pasta madre) • Pane con pasta madre
• Pane di segale • Pane bianco
Fette biscottate
Pasta
Fiocchi
Barrette di cereali
Biscotti e torte
• Biscotti integrali semplici e poco dolcificati • Biscotti di farina raffinata, con zucchero
bianco e cioccolato
• Plum cake, crostate
• Impasto per torte con farina integrale • Impasto per torte con farina raffinata
Grigliare o tostare il pane ne facilita la digestione, perché la cottura dei cereali corrisponde
a una specie di predigestione. Ecco perché la crosta del pane è più facile da digerire
rispetto alla mollica, essendo quest’ultima stata cotta di meno. Cuocendo una seconda
volta la mollica mediante tostatura, il pane diventa ancora più digeribile, cosa che ne
riduce un po’ la natura acidificante. Per il medesimo motivo le fette biscottate, interamente
costituite da crosta, sono anch’esse meno acidificanti del pane fresco. Lo stesso dicasi per
il pane raffermo.
Vi è una differenza tra i fiocchi croccanti e quelli che non lo sono. Come menzionato in
precedenza, la cottura corrisponde a una specie di predigestione. I fiocchi cotti divengono
croccanti (per esempio i cornflakes), contrariamente agli altri che lo sono meno (per
esempio l’avena usata per il muesli).
La pasta è acidificante, soprattutto se servita con sugo di pomodoro, ortaggio
acidificante per eccellenza. Servita al naturale, in bianco o con un po’ di formaggio
grattugiato la pasta, preferibilmente integrale, è assai migliore di quella al pomodoro.
Le crostate di frutta associano vari ingredienti acidificanti: l’impasto, lo zucchero e la
frutta, quest’ultima spesso non matura. È preferibile consumarle solo sporadicamente e
preparate con frutta matura, come pure con mandorle tritate o panna per compensare
l’acidità del piatto.
I latticini
Il latte intero, crudo o pastorizzato, è alcalinizzante. Diventa tuttavia acidificante quando
viene sterilizzato, uperizzato, omogeneizzato ecc., perché è via via più difficile da
metabolizzare. Benché di per sé sia alcalino, agli adulti non è consigliato berlo perché non
possiedono più le secrezioni gastriche necessarie a cagliare il latte, come succede nei
bambini. Ingerito sotto forma di frullato di frutta, questo inconveniente però sparisce,
giacché l’acidità della frutta caglia il latte nello stomaco. Con l’aggiunta di cioccolato e
zucchero il latte diventa una bevanda acidificante, a causa di questi ingredienti.
I formaggi a pasta dura o molle sono acidificanti e lo sono maggiormente quanto più
sono grassi, forti e stagionati.
Se ben sgocciolato e consumato con moderazione, il fromage blanc è lievemente
alcalinizzante. Tuttavia, più siero di latte contiene (e più quest’ultimo è vecchio), più
diventa acido. Inoltre, non diventa solo più acidificante, ma i suoi acidi lattici, in origine
levogiri L+, si trasformano in destrogiri D-. Questi ultimi sono molto più difficili da
metabolizzare per l’organismo, che li ossida male perché non possiede l’enzima specifico
per trasformarli. La maggior parte di questi acidi non è assimilata né utilizzata dal corpo,
bensì direttamente eliminata con le urine nelle ore che seguono il consumo. Tale
eliminazione però non avviene senza inconvenienti, perché per neutralizzare l’acidità
occorre cedere delle basi. In seguito al consumo di questo genere di acidi lattici si verifica
dunque una tendenza alla demineralizzazione.
L’acido lattico L+ invece è molto fisiologico. In questa forma il nostro corpo trasforma
il lattosio ed è altresì sotto questa forma che i nostri muscoli producono acido lattico
bruciando zuccheri. In eccesso questo acido produce rigidità. L’organismo possiede gli
enzimi necessari per trasformare l’acido lattico L+, cosa che lo rende di per sé non
acidificante.
Durante la fabbricazione dello yogurt la proporzione di acidi lattici L+ può cambiare del
tutto secondo i fermenti utilizzati. È molto elevata nelle nuove varietà di yogurt, genere
bifidus, e molto bassa negli yogurt tradizionali. Il latte acidulato, da poco presente sul
mercato, è anch’esso principalmente costituito da acido lattico L+. Non essendo preparato
con i fermenti dello yogurt, non ha nemmeno l’inconveniente di essere acidificante come
quest’ultimo; ecco perché, contrariamente allo yogurt, viene classificato tra gli alimenti
alcalinizzanti.
Il burro fresco e crudo, consumato con moderazione, è alcalinizzante, ma smette di
esserlo se consumato in grandi quantità o, peggio, cotto.
Le uova sono leggermente acidificanti. Solo il tuorlo sarebbe alcalinizzante.
Tabella dei latticini
• Latte pastorizzato
• Latte crudo intero • Latte uperizzato
• Frullato di frutta
• Frullato di banana • Latte al cioccolato
• Crème fraîche
Burro
Fromage blanc
• Fresco e sgocciolato
• Poco sgocciolato
• Seras
Yogurt
• Groviera
• Saporiti: parmigiano
• Toma di Savoia
Uova
Carne
• Carne bianca: pollo, coniglio, vitello, • Carne rossa: manzo, montone, cavallo,
agnello maiale, salumi
Pesce
Frutti di mare
Soia
• Latte di soia
• Yogurt di soia • Tofu • Fagioli di soia
• Germogli di soia
Altro
• Piselli secchi
• Ceci
• Lenticchie
• Fagioli rossi
• Fagioli varietà flageolet
• Arachidi
• Fagioli bianchi
Varie
La tabella seguente comprende alimenti vari che non rientrano in nessuna delle categorie
precedenti.
Zucchero
Sale
• Sale marino
• Sale da cucina
Spezie e condimenti
• Capperi
• Cetriolini
• Peperoncino
• Erbe aromatiche: prezzemolo,
• Aceto di mele • Senape
basilico
• Maionese
• Ketchup
• Altri tipi di aceto
Olio
Grassi
Funghi
• Acqua pura
Acque minerali
• Naturale pH 7
Contrexéville
• Acque leggermente frizzanti • Acque frizzanti
Évian
Henniez naturale
Limpia
Acqua di rubinetto
• Caffè
• Caffè di cereali • Tè nero
• Tè verde • Cioccolata
• Cacao
• Menta, verbena, tiglio • Betulla, rosa canina, scorza di frutta
• Equiseto
Succhi
Alcol
• Vino
• Birra • Liquori
• Superalcolici
5
I pasti acidificanti e le loro varianti alcaline
La maggior parte delle persone si nutre in maniera abitudinaria. In genere, non sa perché
mangia in un modo piuttosto che in un altro. Se le abitudini alimentari sono sane, nessun
problema. Tuttavia, non appena compaiono disturbi di salute sarebbe opportuno analizzare
il proprio modo di alimentarsi, per correggerne gli eventuali errori.
Numerose persone che soffrono di disturbi da acidificazione consumano infatti pasti
acidificanti senza rendersene conto. Lo scopo di questo capitolo è quindi di analizzare i
menù più frequenti dei diversi pasti della giornata – colazione, pranzo e cena, nonché gli
spuntini delle 10 e delle 16 – per far capire in cosa sono acidificanti, dopodiché proporre
varianti alcaline per sostituirli.
Per rendere più visivo il nostro discorso, gli alimenti che compongono i vari menù e le
varianti sono stati suddivisi nelle tre colonne delle tabelle utilizzate finora, cioè alimenti
alcalinizzanti, poco acidificanti e molto acidificanti. Così, un semplice colpo d’occhio è
sufficiente a individuare la natura più o meno acidificante o alcalinizzante del pasto e le
varianti.
Nella scelta delle varianti è utile ricordarsi che l’organismo ha anche bisogno di
alimenti per natura acidificanti, quali le proteine (latticini, uova ecc.) e i cereali, come
pure che è in grado di neutralizzare ed eliminare fino a un certo punto i loro acidi.
Un’alimentazione esclusivamente alcalina, composta soltanto da menù alcalini, trova
dunque giustificazione solo in chi soffre di gravi disturbi da acidificazione e unicamente
per un tempo limitato. Per gli altri il regime includerà in varia misura anche gli alimenti
acidificanti, secondo le individuali capacità di conservare l’equilibrio acido-base.
La colazione
Le tre colazioni qui di seguito esaminate dal punto di vista dell’equilibrio acido-base sono
le più diffuse. Le varianti proposte, come tutte quelle del capitolo, costituiscono soltanto
dei suggerimenti o esempi che illustrano le direttive da seguire. Possono quindi essere
adattate e modificate secondo i bisogni.
Come possiamo vedere, la colazione classica è costituita esclusivamente da alimenti
acidificanti, tranne il burro che, comunque, viene consumato in quantità ridotte. Come
modificare questo pasto per renderlo più alcalino?
Sostituendo il pane bianco o semintegrale con pane di segale o pane integrale non di
pasta madre si riduce il tasso di acidità. L’apporto di acidi è anche minore se il pane viene
sostituito con fette biscottate o gallette di farina integrale.
Pane e marmellata
• Pane bianco
• Marmellata
• Burro Esempio 1
• Caffelatte o tè con zucchero
bianco
• Burro
• Concentrato di pere Variante 1
• Caffè di cereali non zuccherato o
• Pane di segale o integrale
con zucchero integrale oppure
infuso
• Burro Variante 2
• Caffè di cereali o infuso senza • Pane di segale o integrale
zucchero oppure latte acidulato
fresco • Formaggio fresco spalmabile
Le marmellate sono estremamente acidificanti per due motivi. In primo luogo la frutta con
cui sono preparate è più o meno acida e in secondo luogo a causa dell’enorme quantità di
zucchero che inevitabilmente rientra nella loro composizione (all’incirca il 50% del peso
totale).
La marmellata si può sostituire con concentrato di mele o pere, reperibile nei negozi di
alimenti biologici. Prodotto a partire dal succo di frutta, filtrato e addensato mediante
evaporazione dell’acqua, ha la consistenza e l’aspetto del miele liquido. Questi concentrati
sono sostanzialmente costituiti da fruttosio. Presentano un sapore molto gradevole e un
lieve retrogusto della frutta con cui sono stati preparati. Poiché sono stati deacidificati
appositamente durante la preparazione, sono davvero alcalinizzanti. Tra i prodotti molto
simili a questi concentrati, ma più densi e non deacidificati, troviamo varie puree
spalmabili di pere e mele. Sono meno alcalinizzanti dei concentrati, ma comunque assai
più alcaline e quindi preferibili alle marmellate.
Nella gamma dei prodotti alcalini troviamo anche lo sciroppo di datteri.
Nella colazione classica di solito è presente il caffè. Si tratta di una bevanda molto
acidificante, a causa del tenore di purine, come lo è del resto il tè nero. Poiché il caffè
decaffeinato non è assolutamente meno acidificante, è preferibile sostituire questa bevanda
con uno dei numerosi succedanei prodotti con cereali torrefatti o cicoria. Ciascuno ha un
suo sapore ed è quindi opportuno andare alla ricerca di quello che risponde maggiormente
ai propri gusti personali. Il sapore e l’odore di questi preparati sono molto simili al caffè,
ma non gli assomigliano del tutto. Per quanto riguarda il colore, la consistenza e la
maniera di consumarli, però, costituiscono dei buoni sostituti, utilizzati con successo dai
maggiori bevitori di caffè.
Così come il caffè decaffeinato, nemmeno il tè deteinato è una soluzione. Il tè verde è
meno acidificante del tè nero, ma sarebbe preferibile bere infusi di erbe. Menta, verbena,
tiglio ecc. sono erbe molto note e apprezzate dai più. Rosmarino, salvia e timo hanno
proprietà stimolanti che sostituiscono in parte quelle del caffè e del tè.
Per dolcificare gli infusi, il succedaneo del caffè ecc. si consiglia di utilizzare zucchero
integrale, ottenuto dal succo integrale della canna da zucchero. Non essendo raffinato,
contiene tutti gli elementi costitutivi del succo (vitamine, enzimi, oligoelementi) e di
conseguenza viene metabolizzato facilmente senza produrre scorie acide. Al contrario, lo
zucchero raffinato e quello di canna colorato con caramello vanno vietati.
Meglio ancora che usare lo zucchero integrale sarebbe abbandonare l’abitudine di
dolcificare le bevande. Si tratta infatti di un’abitudine, perché gli infusi e i succedanei del
caffè sono ugualmente buoni anche senza zucchero.
Caffè – croissant
• Caffè
Esempio 2
• Croissant
Variante 1
• Infuso o succedaneo del caffè
• Fette biscottate integrali
Esempio 3
• Miscela di fiocchi
• Latte
• Frutta fresca
• Yogurt
Variante 1
• Latte (mucca o soia)
• Fiocchi croccanti
• Fromage blanc
Variante 2
• Frutta secca
• Frutta dolce e matura
• Mandorle
Per essere correttamente digeriti i cereali hanno bisogno di un ambiente digestivo alcalino.
Il fatto di aggiungere frutta fresca e yogurt ai fiocchi ne altera la digestione, perché si
tratta di prodotti per natura acidi. Ne consegue la fermentazione dei fiocchi, che genera
numerosi acidi e veleni. Questo inconveniente si può facilmente evitare non consumando
cereali e frutta nello stesso pasto. Sono pertanto possibili due varianti alcaline. Si possono
consumare i fiocchi con il latte oppure scegliere la frutta fresca, ma abbinandola a fromage
blanc, frutta secca e mandorle, tre alimenti alcalinizzanti.
Contrariamente a quanto in genere si crede, l’abbinamento di fiocchi, frutta e yogurt (o
latte) non è quello del famoso muesli del dottor Bircher. Da un lato perché la ricetta
Bircher consiglia l’impiego di un solo cereale, i fiocchi d’avena, dall’altro perché questi
fiocchi, assunti in quantità estremamente moderata (un cucchiaio raso a testa) vengono
messi in ammollo per tutta la notte in acqua e questo innesca un insieme di trasformazioni
che predigeriscono i fiocchi come fa la cottura. Certo, il dottor Bircher consigliava di
aggiungere frutta fresca, ma il suo abbinamento è molto più digeribile della preparazione
odierna, a causa dell’ammollo dei cereali e delle quantità ridotte di fiocchi.
Altre varianti alcaline della colazione
Ecco qualche altra proposta di colazione che certamente esce dall’ordinario, ma che grazie
alla natura alcalina può essere utile. Esclusivamente composti da alimenti alcalini, questi
pasti sono particolarmente raccomandati a chi deve seguire un regime alcalino molto
stretto, ma anche a coloro che vogliono variare la composizione dei loro pasti.
• Frutta secca
• Mandorle
Variante 1
• Siero di latte, latticello o fromage blanc fresco
• Infuso o succedaneo del caffè non zuccherato
• Banana schiacciata
• Castagne
Variante 4 • Fromage blanc fresco
• Infuso o succedaneo del caffè non zuccherato
• Frullato con latte di mucca, soia o mandorle e banana (o altro frutto dolce e
Variante 5
maturo)
• Caffè zuccherato
• Frutta secca
• Mandorle Variante 2
• Infuso non zuccherato
Variante 1
• 1 mela dolce o altro frutto dolce e
maturo
• Frutta secca
Variante 2
• Infuso non zuccherato
• Banana
Variante 3
• Mandorle
Consumare una mela o un altro frutto è acidificante solo per chi presenta una debolezza
metabolica agli acidi. Per queste persone la variante consiste nello scegliere un frutto
dolce e maturo, che già diminuisce notevolmente l’effetto acidificante. Due altre varianti,
molto simili, sono ugualmente composte da frutta: la prima comprende frutta secca: uva
passa, datteri, banane ecc., eventualmente accompagnata da qualche mandorla. La seconda
comprende il solo frutto assolutamente alcalino: la banana. Per essere saporita,
quest’ultima deve essere ben matura. Accompagnata da mandorle, costituisce uno
spuntino delizioso.
Un panino con pane integrale, formaggio, una o due foglie d’insalata e qualche rondella
di cetriolo è molto meno acidificante di un panino di pane bianco e prosciutto. La verdura
presente non ha funzione decorativa, ma essendo alcalina compensa in parte la natura
acidificante di pane e formaggio.
Panino – bibita
Variante
• Foglia d’insalata
• Pane integrale
• Acqua
• Formaggio
Le bibite industriali sono molto acidificanti a causa dell’alto tenore di zucchero. A livello
dietetico si tratta di uno zucchero nocivo perché, essendo raffinato, penetra molto
rapidamente nel sangue e costringe il pancreas a secernere all’improvviso parecchia
insulina per evitare l’iperglicemia. Se di fatto la crisi viene evitata, la brusca e abbondante
secrezione di insulina in genere ha la conseguenza di far calare troppo la normale glicemia
e causare un’ipoglicemia, cioè una mancanza di energia. Per ripristinare il normale livello
energetico si farà quindi sentire un bisogno di zucchero. Qualora questo venga
nuovamente soddisfatto con zuccheri cattivi, il pancreas si esaurirà secernendo insulina e
il terreno si acidificherà a causa dei ripetuti apporti di zucchero. Tale acidificazione inoltre
renderà necessario il consumo di altro zucchero, perché l’acidificazione del terreno è
sinonimo di stanchezza. Si tratta di un circolo vizioso analogo a quello illustrato a
proposito del caffè. Per uscirne occorre assolutamente sostituire gli zuccheri cattivi
(zucchero raffinato e tutti gli alimenti che lo contengono: bibite, cioccolato, caramelle
ecc.) con zuccheri naturali: frutta secca, concentrato di pere, barrette di cereali.
Le bibite “light” con edulcoranti di sintesi non costituiscono una soluzione, non a causa
dello zucchero (che manca), ma a causa degli altri elementi costitutivi.
Altre varianti alcaline per lo spuntino delle 9
Oltre alle varianti alcaline indicate qui sotto, si dimostrano adatti anche gli spuntini
proposti per le 16 (cf. p. 144).
Variante 1
• Fromage blanc dolcificato con concentrato di pere o • Frutta dolce e matura
zucchero integrale
Variante 3
• Fiocchi croccanti
• Latte
Variante 4
• Banana schiacciata
• Burro di mandorle
Variante 5
• Latte di mandorle
Variante 6
• Fette biscottate integrali
• Succo di verdura
Il latte di mandorle si prepara mescolando della crema di mandorle (nei negozi di alimenti
biologici) con un po’ d’acqua. È una bevanda molto gradevole, nutriente e alcalinizzante.
I succhi di verdura (carote, barbabietole o cocktail di verdura) sono energetici grazie
agli zuccheri naturali che contengono. Occorre tuttavia fare attenzione che i cocktail siano
privi di succo di pomodoro e che il processo di conservazione impiegato non li renda
troppo acidi (attenzione alla lattofermentazione). Questa osservazione è soprattutto valida
per le persone sensibili agli acidi.
Il pranzo
Il tipico pasto di mezzogiorno è in genere costituito da una proteina (sotto forma di carne
o di pesce), da un farinaceo (riso, pasta o patate) e da verdura (insalata verde o mista). Il
tutto può essere seguito da formaggio, dolce e caffè. Qual è il valore di questo pasto, dal
punto di vista dell’equilibrio acido-base?
La carne e il pesce sono alimenti acidificanti. È tuttavia possibile ridurne l’acidità
preferendo le carni bianche a quelle rosse e i pesci magri a quelli grassi. Ancora più saggio
sarebbe sostituire a giorni alterni la carne con un uovo o del formaggio. In questo modo si
garantisce l’apporto proteico, ma in una forma meno acidificante. Osserviamo che qui si
tratta di sostituire e non di accumulare, come in genere avviene. Accumulare proteine
diverse in uno stesso pasto, attraverso il consumo di formaggio e di carne, non fa che
complicare la digestione e aumentare l’acidificazione.
Le salse grasse e a base di farina che spesso accompagnano la carne esercitano un
effetto acidificante eliminabile tramite cottura alla griglia.
Tipico schema di pranzo
• Carne rossa
• Salsa
• Riso raffinato
• Formaggio stagionato
• Verdura cotta: carote
Esempio 1 • Pane bianco
• Insalata verde
• Vino o bibita
• Dessert zuccherato: budino,
torta, biscotti, gelato
• Caffè, zucchero
I cereali (riso, pasta ecc.) usati come farinacei sono di natura acidificante, ma lo sono
ancor di più se raffinati, cioè sotto forma di riso bianco, pasta raffinata ecc. Il pane che
accompagna i pasti spesso viene trascurato, ma costituisce un ulteriore apporto
acidificante, talvolta notevole. Sostituire il pane con cereali integrali (riso, pasta)
eserciterà un’influenza positiva sull’equilibrio acido-base. Se ciò non fosse sufficiente,
cosa che sicuramente accade nelle persone con terreno acidificato, i cereali andranno
sostituiti da patate. All’inizio di una cura di deacidificazione non c’è nessun problema a
consumare ogni giorno patate, qualora i cereali siano troppo acidificanti per l’organismo.
Cionondimeno, le patate sono alcalinizzanti purché non vengano consumate sotto forma di
patatine fritte, perché in tal caso l’alto tenore di grassi le rende acidificanti.
Nei pranzi che prenderemo in esame gli unici alimenti davvero alcalini in grado di
controbilanciare la presenza di alimenti acidificanti sono le verdure crude o cotte. Occorre
quindi fare in modo che rappresentino una parte importante del pasto. Quando la porzione
di carne e di farinacei occupa quasi tutta la superficie del piatto, lasciando posto soltanto a
una o due cucchiaiate di verdura cotta, la funzione di quest’ultima non è più nutritiva,
bensì decorativa!
Per quanto riguarda i dessert contenenti zucchero, hanno l’inconveniente da un lato di
apportare acidi a causa dello zucchero, in genere raffinato, e dall’altro di produrre acidi a
causa della fermentazione che deriva dall’indigesto abbinamento di zucchero e farinacei o
zucchero e proteine. Torte, pasticcini, budini, gelati ecc. sono quindi sconsigliati. Lo è
anche la frutta al naturale o preparata con lo zucchero (composta, macedonia), per gli
stessi motivi. L’ideale sarebbe fare a meno del dessert. Se non è possibile, la cosa migliore
sarebbe limitarsi a dessert semplici: fromage blanc al naturale, biscotti secchi con poco
zucchero ecc.
A fine pasto il caffè stimola certamente un po’ il lavoro della digestione, ma essendo
acidificante è preferibile sostituirlo con infusi di erbe digestive e non acidificanti: menta,
verbena, basilico, melissa, rosmarino.
Grazie alle numerose basi che contiene, un’abbondante insalata mista (senza pomodori)
compensa la natura acidificante della pasta raffinata e del sugo di pomodoro. I pomodori
sono ben noti per la loro natura acidificante. Preparati sotto forma di sugo, l’acidità
aumenta da un lato a causa della cottura (distruzione delle vitamine e degli enzimi) e
dall’altro per la concentrazione di principi acidi che ne deriva. Quando per di più
aggiungiamo parmigiano, l’effetto acidificante viene accentuato, perché questo formaggio
di per sé è più acido degli altri, come testimonia il sapore.
I pranzi a base di pasta sono più alcalini se si utilizza pasta integrale al posto di quella
raffinata e si elimina il sugo di pomodoro. La pasta si può mangiare con un po’ d’olio da
prima spremitura a freddo oppure con del formaggio grattugiato di qualità meno acida del
parmigiano. Se il sugo è indispensabile, è preferibile prepararne uno in bianco e leggero.
Pranzo a base di pasta (spaghetti)
Variante
• Insalata mista
• Pasta integrale
• Olio da prima spremitura a freddo
• Formaggio grattugiato, pochissimo
• Erbe
aceto, succo di limone o yogurt
Variante 1
• Verdura cotta • Un cereale integrale
• Tofu
• Verdura cotta
Variante
• Patate
• Pesce magro
• Acqua
Composto sia da alimenti alcalinizzanti sia da alimenti acidificanti, questo pasto potrebbe
apparire relativamente equilibrato. Tuttavia, è sconsigliato alle persone con terreno acido o
che presentano una debolezza metabolica agli acidi, a causa del vino. Bevuto regolarmente
ai pasti, il vino riduce le capacità digestive in generale e costituisce un notevole apporto di
acidi. L’alcol che contiene viene neutralizzato nel fegato, organo che a lungo andare viene
esaurito da questo compito. Inoltre, i tannini contenuti nel vino contraggono le mucose
digestive e riducono il potenziale di digestione. Le debolezze così generate diminuiscono
le possibilità di far calare la produzione di acidi durante la digestione. Poiché il vino è
acidificante di natura, è preferibile berne solo in via eccezionale, quando l’equilibrio
acido-base è stato ritrovato e mai in presenza di disturbi.
Altre varianti alcaline per il pranzo
I pasti sotto presentati sono tipici; è possibile variarli all’infinito cambiando l’ortaggio, la
verdura cruda, il formaggio ecc.
• Verdura cotta
Variante 2 • Patate al forno
• Fromage blanc
• Insalata verde
• Cavolo
Variante 5
• Castagne
• Latte acidulato fresco
Le seguenti varianti non sono totalmente alcaline come le precedenti, perché contengono
un alimento acidificante. Tuttavia quest’ultimo è poco acidificante e rappresenta una
minima parte del pasto, ragion per cui si può considerare quest’ultimo praticamente
alcalino.
• Verdura cruda
Variante 1 • Formaggio (tipo groviera dolce)
• Patate
• Insalata verde
Variante 2
• Polenta • Formaggio o uova
• Verdura cruda
Variante 3 • Verdura cotta
• Castagne • Formaggio
• Insalata verde
• Burro • Cracker integrali o pane di
Variante 4
• Olive nere segale
• Fromage blanc
• Verdura cruda
Variante 5 • Verdura cotta
• Riso integrale (riso all’orientale)
• Salsa di soia
• Insalata verde
Variante 7 • Patate • Frittata al formaggio o ai funghi
• Insalata verde
Variante 8
• Frittata con patate • Uova
• Insalata mista
Variante 9
• Verdura cotta • Tofu
• Insalata verde
• Verdure gratinate
Variante 10
• Patate
• Formaggio
• Panna/latte
Spuntino delle 16 o 17
Come lo spuntino delle 9, quello del pomeriggio produce un apporto energetico che
consente di arrivare fino al pasto della sera. Essendosi lasciati alle spalle gran parte della
giornata o, in ogni caso, quella che include l’attività professionale, prende piede in
maniera del tutto naturale una certa stanchezza fisica. Il motivo è che le energie fornite dal
pranzo sono già state abbondantemente intaccate. La glicemia è quindi bassa e il bisogno
di glucidi si fa sentire, spesso con forza, il che può spingere a consumare in maniera
irragionevole alimenti malsani e acidificanti.
I dolciumi, sotto forma di cioccolato, caramelle o altro, sono caratterizzati dall’alto
tenore di zucchero raffinato e inoltre, per quanto riguarda il cioccolato e la pasticceria, da
grassi cattivi. Questi prodotti innalzano rapidamente la glicemia e confortano l’organismo
fornendo energia. Ma, come già menzionato, lo zucchero raffinato è uno dei più potenti
agenti di acidificazione dell’organismo.
Spuntino di cioccolato o caramelle
• Cioccolato
Esempio 1
• Caramelle o dolciumi
Variante 1
• Infuso • Plum-cake con farina integrale o
biscotti con farina e zucchero
integrali
Variante 2
• Frullato di banana
• Frullato di frutta dolce e matura
I pasticcini possono essere sostituiti con uno dei numerosi tipi di biscotti integrali presenti
sul mercato o con una delle varianti alcaline di spuntini proposti. Le bibite industriali, così
acidificanti, possono essere sostituite da frullati di frutta.
I frullati sono bevande non solo molto energetiche, grazie alla frutta, ma che forniscono
anche energia di lunga durata. L’abbinamento di glucidi (frutta) e proteine (latte) rende
stabile la glicemia, cioè la presenza di proteine riduce la velocità con cui i glucidi vengono
bruciati nel corpo e frena così la comparsa dell’ipoglicemia. I frullati si preparano con
latte normale o con una bevanda formata da fromage blanc sciolto in un po’ d’acqua. È
possibile utilizzare anche il latte di soia. Frutta e latte vengono frullati. Se necessario, si
aggiunge zucchero integrale o concentrato di pere.
Spuntino con pane e burro
• Pane bianco
• Burro Esempio 3 • Marmellata
• Latte al cioccolato
• Burro
Variante
• Concentrato di pere
• Pane di segale o integrale
• Infuso o latte
Lo spuntino classico di pane e burro da pasto acidificante può diventare un pasto più
alcalinizzante semplicemente grazie a un’accorta scelta degli alimenti consumati.
Scegliendo del pane di segale o integrale anziché bianco passiamo da un alimento molto
acidificante a un alimento poco acidificante. Scegliendo del concentrato di pere al posto
della marmellata e un infuso o del latte al posto del latte al cioccolato, passiamo
decisamente ad alimenti alcalinizzanti.
La frutta e i succhi di frutta ovviamente non sono acidificanti per tutti. Li abbiamo
classificati nella colonna degli alimenti acidificanti perché questo libro è rivolto in primo
luogo a chi soffre di debolezza metabolica.
Per queste persone lo yogurt, acido per natura, andrà sostituito da fromage blanc o latte
fresco acidulato e la frutta fresca da frutta secca (uva passa, ananas ecc.) che, se messa in
ammollo, si abbinerà meglio al fromage blanc.
Spuntino a base di frutta
Esempio 4
• Frutto acido o succo di frutta
• Frutto dolce e maturo
• Yogurt più vecchio
• Yogurt fresco
• Frutta secca
Variante
• Fromage blanc
Osservazione
Lo spuntino delle 9 e quello delle 16 hanno lo stesso scopo. Di conseguenza, sono
facilmente intercambiabili. Tutte le varianti alcaline proposte come spuntino delle 9
possono essere riprese anche qui.
Il pasto della sera
Per alcuni la cena rappresenta il pasto più abbondante della giornata. È composto allo
stesso modo del pasto di mezzogiorno trattato in precedenza. Per altri, si tratta di un pasto
ridotto. Nonostante l’apparente semplicità, però, spesso è più complesso e soprattutto più
acidificante di quanto si immagini. Questo accade, per esempio, nel tipico piatto freddo
svizzero che viene accompagnato da pane, burro, marmellata e caffè.
L’effetto acidificante del caffè è ben noto, così come quello del pane bianco e della
marmellata. Anche i salumi e il formaggio sono acidificanti, essendo alimenti ricchi di
proteine, ma i salumi lo sono ulteriormente perché contengono parecchi grassi saturi. Un
pasto del genere viene spesso ritenuto semplice, perché non richiede una grande
preparazione. A livello digestivo, tuttavia, non è semplice e lo è ancor meno a livello
dell’equilibrio acido-base. Essendo infatti composto esclusivamente da alimenti
acidificanti, l’organismo deve neutralizzare gli acidi forniti dal pasto unicamente con le
sostanze alcaline che attinge dai propri tessuti.
Piatto freddo
• Pane bianco
Esempio 1 • Salumi
• Burro • Formaggio • Formaggi stagionati
• Miele • Marmellata
• Caffè
Variante
• Pane integrale o fette biscottate
• Insalata verde, verdura cruda o integrali
minestra di verdure
• Formaggio
• Infuso
• Miele
La pizza è un alimento acidificante a causa dei suoi principali ingredienti. Sono possibili
due alternative, ma nessuna include il pomodoro, che è sempre acidificante. La prima è
una torta salata di verdure. L’acidificazione è meno elevata grazie alla presenza di verdure
e il ricorso a una pasta di farina integrale. La seconda alternativa è una torta salata al
formaggio. Non è propriamente alcalinizzante, ma la natura poco acidificante verrà
ulteriormente attenuata accompagnandola da un’abbondante porzione di insalata verde o
di verdura cruda.
Pizza
Esempio 3
• Base per pizza con farina integrale • Base per pizza con farina raffinata
• Mozzarella • Formaggio grattugiato • Pomodori o purea di pomodoro
• Olive nere
Variante 1
• Torta salata di verdura • Pasta base di farina integrale
• Formaggio grattugiato
Variante 2
• Torta salata al formaggio
• Pasta base di farina integrale
• Insalata verde • Formaggio grattugiato
• Uovo
Oltre alle varianti alcaline proposte per il pasto del mezzogiorno, ecco un’altra possibilità
per il pasto della sera.
Variante alcalina per il pasto della sera
Alcalinizzanti Poco acidificanti Molto acidificanti
Variante
• Zuppa di verdura • Formaggio
• Pane integrale o cracker integrali
Con una soluzione come quella della zuppa di verdura, le possibilità del pasto sono
numerosissime, perché modificandone gli ingredienti si modifica completamente l’aspetto
e il sapore. Bisogna soltanto ricordarsi di non aggiungere cereali in fiocchi per addensare
la zuppa, bensì di utilizzare le patate. Seguite da un po’ di formaggio per l’apporto
proteico ed eventualmente da pane o cracker integrali, le zuppe costituiscono pasti molto
gradevoli, soprattutto durante la stagione fredda.
TERZA PARTE
COME NEUTRALIZZARE ED
ELIMINARE GLI ACIDI?
6
Gli integratori basici
Finora abbiamo soprattutto parlato del modo di ridurre l’eccessivo apporto di acidi
mediante l’adozione di un’alimentazione adeguata e l’assunzione di integratori basici.
L’acidificazione del terreno ha però due cause. Una è l’eccessivo apporto di acidi,
mentre l’altra è la loro insufficiente eliminazione. Non ci rimane dunque che capire come
stimolare gli organi incaricati di questa eliminazione, affinché espellano quanti più acidi
possibile.
Gli organi incaricati dell’eliminazione degli acidi sono da un lato i reni e la pelle e
dall’altro i polmoni. È importante stabilire una distinzione tra questi due gruppi di
emuntori, perché gli acidi trattati non sono gli stessi.
I reni e la pelle eliminano gli acidi forti, come l’acido urico, l’acido solforico e l’acido
fosforico, cioè gli acidi provenienti principalmente dalle proteine animali. I polmoni
eliminano gli acidi deboli o volatili, come l’acido citrico, piruvico e ossalico derivanti dai
vegetali, sotto forma di anidride carbonica (CO2).
Poiché le possibilità di eliminazione degli acidi sono diverse a seconda della natura
forte o debole, affronteremo prima il drenaggio degli acidi attraverso i reni e la pelle e poi
quello attraverso i polmoni.
Drenaggio renale degli acidi
Benché possano anche eliminare gli acidi deboli, i reni sono specializzati nel trattamento
degli acidi forti. Questa eliminazione è limitata nella quantità, perché è relativamente
difficile da svolgere. Infatti i reni non possono semplicemente “aprirsi” per espellere gli
acidi dall’organismo. Al contrario, occorre mettere in atto un insieme di procedimenti
complessi. Innanzitutto le scorie vanno filtrate per rimuoverle dal sangue. Sono poi
preparate diluendole nel liquido per non ferire le mucose dell’apparato urinario. In seguito
vengono condotte fino alla vescica e lì immagazzinate per essere espulse dall’organismo
attraverso l’urina.
Le quantità di acidi che i reni eliminano ogni giorno possono essere insufficienti per
liberare l’organismo dagli acidi forniti e prodotti in quel giorno. Per ovviare a questo
inconveniente si consiglia dunque un cambiamento alimentare che riduca l’apporto di
acidi. È altresì indispensabile stimolare i reni a lavorare più intensamente, così da
accrescere le quantità di acidi filtrate ed evacuate. Questa stimolazione si dimostra
decisamente necessaria, tanto più che in molti i reni funzionano al di sotto delle possibilità
reali. Non possiamo parlare di malattia renale propriamente detta, bensì di
un’insufficienza o di una pigrizia renale che ne riduce le possibilità di eliminazione.
Un primo modo di stimolare il lavoro renale consiste nell’aumentare le quantità di
bevande consumate. Il processo di filtraggio renale è infatti in gran parte dovuto alla
differenza tra la pressione sanguigna che penetra nel filtro renale e quella della resistenza
che tale filtro oppone. Se la pressione sanguigna è superiore a quella del filtro, il sangue
viene spinto attraverso lo stesso e privato degli acidi. In caso contrario, il filtraggio
avviene male, perché la mancanza di pressione lo impedisce. Bevendo più del solito il
volume sanguigno aumenta ed esercita una pressione maggiore. La conseguenza è
inevitabilmente una diuresi più abbondante.
Il ruolo della pressione sulla diuresi spiega perché il caffè, che aumenta la pressione
sanguigna, esercita un effetto diuretico, ma anche perché la paura fa sentire lo stimolo a
urinare (le secrezioni di adrenalina hanno un effetto ipertensivo).
Un metodo efficace per bere a sufficienza nel corso della giornata e non dimenticare di
farlo consiste nel bere sistematicamente dopo ogni minzione. La minzione infatti viene
avviata per un’eccessiva presenza di liquido del corpo. L’evacuazione di questo liquido
pone l’organismo al di sotto della soglia di tolleranza che lo costringe a eliminare l’acqua
in eccesso. Rimarrà al di sotto di questa soglia fintanto che non avrà luogo un nuovo
apporto. Tuttavia, il fatto di bere subito dopo la minzione e per di più una quantità
equivalente o superiore a quella eliminata fa risalire il livello del liquido sopra la soglia di
tolleranza. Si innesca pertanto automaticamente una nuova diuresi. Ripetendo questo
processo nel corso della giornata favoriamo diuresi molto più numerose e abbondanti del
solito.
Il volume del liquido che transita attraverso l’organismo favorisce l’eliminazione delle
tossine, perché è facilmente in grado di diluire e trasportare numerosi acidi e sali senza
che le urine divengano troppo concentrate. Anche il letto di un ruscello viene pulito
meglio se vi scorrono grandi quantità d’acqua, anziché soltanto un sottile rigagnolo.
Se l’abbondanza di liquido favorisce l’eliminazione, è anche possibile aumentare le
quantità di acidi espulsi stimolando le capacità di filtraggio dei reni con erbe medicinali
diuretiche. Queste erbe consentono ai reni di trattare quantità maggiori di tossine e
l’organismo pertanto ne viene liberato molto più velocemente.
La pulizia si svolge nella seguente maniera. Sotto l’azione delle erbe viene innanzitutto
pulito il filtro renale dalle scorie che lo ostruiscono. Una volta pulito, a sua volta
rimuoverà gli acidi presenti nel sangue, permettendo a quelli che si trovano al di fuori dei
capillari sanguigni (e dunque un po’ più in profondità) di rientrare nel circolo generale per
essere condotti ai reni. Una volta eliminati questi acidi, quelli situati ancora più in
profondità risaliranno. L’eliminazione raggiunge tessuti sempre più profondi e lontani,
ripulendo infine il terreno nel suo insieme.
Per essere efficaci, le erbe diuretiche devono essere dosate correttamente. In genere il
dosaggio è troppo basso. Certo, la persona che effettua la cura assume le erbe in questione,
ma in quantità così scarsa che l’effetto è molto ridotto o addirittura inesistente in certi casi.
Quando le piante vengono dosate correttamente, gli effetti si manifestano in maniera
decisamente netta: le urine sono più cariche di acidi, assumono un colore più accentuato e
il loro odore diventa più pronunciato. Inoltre, aumenta nettamente la frequenza delle
minzioni e anche le quantità eliminate. Per trovare la dose ottimale occorre dunque
aumentare i dosaggi medi suggeriti, fino a conseguire gli effetti desiderati.
Le erbe diuretiche vanno assunte almeno tre volte al giorno, mattino, mezzogiorno e
sera, affinché i reni siano sostenuti nel loro lavoro per tutta la giornata. Le cure vanno
protratte per quattro o sei settimane circa e ripetute nel tempo, dopo una pausa di una o
due settimane. Si è altresì dimostrato utile cambiare erbe da una cura all’altra e talvolta nel
corso della cura, perché l’organismo ha la tendenza ad abituarsi alle piante e a non reagire
più altrettanto intensamente al loro stimolo.
Come gli alimenti, queste erbe possono anch’esse contenere acidi ed essere
controindicate per chi soffre di debolezza metabolica. Si tratta principalmente
dell’equiseto, ricco di acido silicico, e della betulla.
Preparate sotto forma d’infuso, le erbe diuretiche presentano il vantaggio, oltre
all’effetto diuretico, di fornire liquidi. Tuttavia, la loro preparazione richiede un certo
tempo e non tutti gradiscono berle. Fortunatamente sono alternative altrettanto valide le
compresse fitoterapiche o le tinture madri. Peraltro, sono più pratiche da utilizzare quando
si è in viaggio o si mangia fuori.
Erbe medicinali per il drenaggio degli acidi
Descriveremo in successione gli infusi, i decotti, le tinture madri, le compresse e le tisane.
INFUSO: BEVANDA OTTENUTA SOTTOPONENDO PER QUALCHE MINUTO UNA PIANTA ALL’AZIONE
DELL’ACQUA CALDA.
Ribes nero
Le foglie sono diuretiche e producono una bevanda molto gradevole.
• Una manciata (40 g) di foglie per 1 l d’acqua o un cucchiaio per una tazza.
• Infusione 10 minuti. Almeno tre tazze al giorno, prima o durante i pasti.
Carciofo
Le foglie – e non le brattee del fiore, che si consumano – possiedono una buona azione
diuretica. Stimolano inoltre il lavoro del fegato. Bevanda amara.
• 10 g di foglie per 1 l d’acqua o un cucchiaino per una tazza.
• Infusione 10 minuti. Almeno tre tazze al giorno, prima dei pasti.
Piccioli di ciliegia
I peduncoli o piccioli sono utilizzati per la loro azione diuretica. Tenere da parte i
piccioli delle ciliegie consumate e farli essiccare. Bevanda rinfrescante.
• Una manciata per 1 l d’acqua.
• Far bollire per 10 minuti. Almeno tre tazze al giorno.
Alburno di tiglio
Ottimo drenante degli acidi, è raccomandato per tutti i reumatismi. Dissolve anche i
calcoli.
• 40 g di scorza per 1 l d’acqua.
• Far bollire fino a quando il liquido si è ridotto di un quarto di litro. Bere durante la
giornata. Cura da 20 giorni al mese, da ripetere.
TINTURA MADRE (GOCCE): LIQUIDO OTTENUTO MEDIANTE ESTRAZIONE DEI PRINCIPI ATTIVI
DELLA PIANTA IN UN SUPPORTO ALCOLICO.
Pilosella
Ottimo diuretico e disinfettante delle vie urinarie.
• Da 30 a 50 gocce da assumere tre volte al giorno con un po’ d’acqua, prima dei
pasti.
Uva ursina
Diuretico molto conosciuto per la sua azione disinfettante delle vie urinarie.
• Da 20 a 40 gocce da assumere tre volte al giorno con un po’ d’acqua, prima dei
pasti.
• Solidago 40g
Da 1 a 2 cucchiai per tazza Bollire
• Frassino 30g per 2 minuti e infusione 10 minuti
3 tazze al giorno
• Parietaria 30g
• Sambuco 40g
Da 1 a 2 cucchiai per tazza Bollire
• Liquirizia 20g per 2 minuti e infusione 10 minuti
3 tazze al giorno
• Barba di mais 20g
Esistono inoltre in commercio numerose miscele di erbe diuretiche disponibili sotto forma
di tisana, tintura madre, compresse ecc. Questi preparati sono in genere molto efficaci e si
utilizzano con successo.
La cura del siero di latte per il drenaggio degli acidi
Il siero di latte è il liquido residuo ottenuto dopo che il latte è stato cagliato. È il liquido
che fuoriesce dalla cagliata quando viene messa a sgocciolare. Le proprietà disintossicanti
del siero di latte sono note sin dall’antichità. Tra queste, ci interessano soprattutto le
proprietà diuretiche.
Il siero di latte deve il suo potente effetto diuretico all’alto tenore di potassio.
Espellendo dall’organismo il sale in eccesso, il potassio provoca l’eliminazione dei liquidi
trattenuti a causa della presenza del sodio, liquidi che tra le altre cose contengono acidi.
Inoltre, le abbondanti quantità di siero di latte consumate nel corso della cura (fino a due o
tre litri al giorno) rappresentano un notevole apporto di liquido, che costringe i reni a
lavorare più intensamente. Il grande medico inglese Sydenham (1624-1689)
raccomandava in maniera particolare e con successo le cure di siero di latte per la gotta,
una malattia dovuta a un eccesso di acidi, nella fattispecie acido urico.
I benefici del siero di latte per ripristinare l’equilibrio acido-base non si trovano solo
nelle sue proprietà di eliminazione. Si tratta di una bevanda ricchissima di minerali
(all’incirca il 5% del peso netto), principalmente basici: potassio, calcio e magnesio, che
contribuiscono a colmare le carenze di basi.
L’effetto alcalinizzante del siero di latte si esplica tuttavia solo quando questo è fresco,
perché acidifica molto velocemente. Già nel giro di qualche ora dopo la fabbricazione può
perdere le proprietà alcaline e, di conseguenza, essere controindicato. In passato era un
problema diffuso, perché le cure venivano svolte con siero di latte liquido. Oggigiorno con
il siero di latte fresco si produce una polvere, per avere a disposizione un prodotto alcalino
che non acidifica durante la conservazione. Venduta in erboristeria, è reperibile anche
aromatizzata, con estratti naturali di frutta. Si ricostituisce in siero di latte sciogliendo la
polvere in acqua secondo le indicazioni del produttore. Una volta ricostituito, il liquido va
bevuto rapidamente (nell’arco di un’ora), per evitare che acidifichi.
La cura si svolge nel seguente modo: il siero di latte va bevuto in quantità da tre a
cinque bicchieri da 2 a 3 dl al giorno. Sotto l’azione congiunta delle sue proprietà e delle
quantità ingerite, l’effetto diuretico si farà rapidamente sentire.
È tuttavia necessario all’organismo un periodo di adattamento. Il primo giorno della
cura si berrà soltanto un bicchiere di siero di latte. Il secondo, due bicchieri ecc., fino a
raggiungere i cinque bicchieri al giorno. In seguito questa quantità va mantenuta per il
resto della cura, che durerà tra le due e le tre settimane.4
Drenaggio cutaneo degli acidi
Proprio come i reni, il sudore eliminato dalle ghiandole sudoripare permette di eliminare
gli acidi forti. Vi sono tra le settanta e le centoventi ghiandole sudoripare per centimetro
quadrato di pelle, il che rappresenta all’incirca due milioni di ghiandole in tutto il corpo.
Le ghiandole sudoripare agiscono come un semplice filtro sugli acidi e sulle tossine
trasportati dal sangue. Attraversando questo filtro, gli acidi vengono trattenuti ed espulsi
all’esterno, diluiti in acqua (il sudore). Il sangue che trasporta le scorie circola in vasi
sanguigni molto sottili: i capillari. Di conseguenza, la sudorazione sarà abbondante solo se
la circolazione sanguigna a livello cutaneo è buona. Questa viene favorita e migliorata
dall’esercizio fisico e dall’applicazione di calore (sauna, bagni caldi).
È assai noto che l’attività fisica stimola la circolazione sanguigna grazie alle contrazioni
muscolari prodotte dall’esercizio. In quanto al calore, agisce dilatando i capillari e
accelerando la velocità di circolazione del sangue.
In condizioni normali, la pelle elimina un litro, un litro e mezzo di sudore al giorno.
Non ne siamo consapevoli, perché nella maggior parte dei casi evapora direttamente.
Conducendo una vita molto sedentaria, il sudore può ridursi a mezzo litro al giorno.
L’eliminazione degli acidi attraverso la pelle può allora essere molto scarsa.
Una pelle stimolata dall’esercizio intenso può eliminare mezzo litro di sudore in un’ora!
Questa eliminazione diventa ancora più copiosa con la sauna, perché in una seduta, cioè
ugualmente in un’ora circa, si espelle fino a un litro e mezzo di sudore.
In caso di febbre alta il malato ne elimina quantità equivalenti o superiori.
Un’insufficiente eliminazione di acidi attraverso la pelle può quindi essere corretta e
compensata volontariamente mediante sedute di attività fisica o sauna. Poiché queste due
soluzioni sono assai note, descriveremo e svilupperemo l’approccio dei bagni caldi,
chiamati anche bagni ipertermici. Sono molto semplici da svolgere, perché richiedono
soltanto una vasca da bagno e dell’acqua calda. Il calore produrrà una febbre artificiale
che genererà una forte sudorazione e quindi un’abbondante eliminazione di acidi.
I bagni ipertermici
PASSI DA SEGUIRE
MODALITÀ D’AZIONE
OSSERVAZIONI
INFUSO
Sambuco
I fiori di sambuco sono diaforetici e diuretici. Producono una bevanda molto gradevole.
• Un cucchiaio di fiori per tazza, infusione 10 minuti, tre tazze al giorno.
Tiglio
Ben noto a tutti, il tiglio viene da moltissimo tempo utilizzato per le proprietà
diaforetiche e calmanti.
• Una manciata abbondante per tazza (da 15 a 30 g per litro), infusione 10 minuti, tre
tazze o più al giorno.
DECOTTO
Bardana
Questa pianta è diuretica, coleretica e lassativa. Viene spesso raccomandata nelle
malattie della pelle.
• 40 g di radici per 1 l d’acqua, bollire 10 minuti, tre tazze al giorno.
TINTURA MADRE
• Tiglio 25g
• Fiori di sambuco 30g
Un cucchiaio per tazza, infusione
• Borragine 40g
10 minuti
• Melissa 5g
• Violetta 5g
• Olmaria 20 g
• Viola del pensiero 30 g
Un cucchiaio per tazza, infusione
• Camomilla 30 g
10 minuti
• Fiori di prugnolo 20 g
• Primula 20 g
Drenaggio polmonare degli acidi
I polmoni svolgono un doppio ruolo nell’eliminazione degli acidi. Da un lato è grazie
all’ossigeno assorbito che gli acidi volatili possono essere ossidati. Questa trasformazione
ha luogo non nei polmoni stessi, bensì nei tessuti. Pertanto, l’ossigeno non deve solo
entrare nelle vie respiratorie in quantità sufficiente, ma deve anche essere portato
sufficientemente in profondità nel sangue, cosicché l’ossidazione degli acidi possa
avvenire nei tessuti. Dall’altro, gli acidi vengono espulsi dalle vie respiratorie sotto forma
di anidride carbonica (CO2). Prodotto nei tessuti (e presente in quel livello in forma
liquida), questo gas deve raggiungere i polmoni ed essere espulso a sufficienza (in forma
gassosa), affinché l’organismo possa esserne effettivamente liberato.
Considerato che tutti respirano, potremmo credere che non dovrebbe esserci nessun
problema di eliminazione degli acidi tramite le vie respiratorie. Tuttavia un problema c’è,
perché non tutti respirano allo stesso modo. A seconda della persona, il flusso d’aria può
variare da semplice a doppio o più. Se a riposo un individuo inspira mezzo litro d’aria per
respirazione, in attività ne inspirerà un litro, cioè il doppio. In quanto allo sportivo in piena
azione, produrrà da cinque a sei litri d’aria per respirazione, cioè da dieci a dodici volte di
più.
Se mezzo litro d’aria per respirazione costituisce un apporto sufficiente per una persona
a riposo (per esempio che dorme), è insufficiente per una persona sedentaria che mangia e
lavora. Più l’attività e l’alimentazione sono abbondanti, più l’organismo ha bisogno di
ossigeno. Quando non ne riceve a sufficienza, l’ossidazione avviene male e aumenta la
produzione di acidi. Per di più, giacché il volume d’aria inspirato è molto ridotto, lo è
anche la quantità di CO2. Ne consegue un’acidificazione dell’organismo a causa degli
acidi deboli.
Gli effetti benefici sul pH di una corretta ossigenazione sono già stati descritti. Una
persona che lavora seduta alla scrivania in un ufficio poco aerato per tutto il pomeriggio
ha la tendenza ad acidificarsi. Misurando il pH urinario, constaterà che questo è per
esempio di 5 o 6. Tuttavia salirà a 7 dopo una passeggiata all’aria aperta, senza che sia
stato assunto nessun alimento o integratore basico. Ciò però accade solo quando la causa
dell’acidificazione è la mancanza di ossigeno.
Giacché il movimento produce un’intensificazione dell’ampiezza respiratoria, cioè
inspirazioni ed espirazioni più grandi, tutte le attività fisiche sono utili per drenare gli
acidi. Sono indicati camminata, corsa, bicicletta, ginnastica e un gran numero di sport. È
peraltro opportuno praticarli quotidianamente, perché permettono di ossidare ed eliminare
gli acidi volatili man mano che questi vengono prodotti. È dunque preferibile camminare
ogni giorno per trenta minuti all’aria aperta anziché tre ore di seguito nel fine settimana.
Come possiamo constatare, l’eliminazione degli acidi deboli è molto più facile di quella
degli acidi forti. Questi ultimi infatti possono essere espulsi dai reni solo in quantità
limitate ogni giorno. Non esiste invece nessun limite quotidiano per gli acidi deboli
(volatili), che vengono eliminati in quantità corrispondenti all’ossigenazione svolta nel
corso della giornata.
I digiuni e le monodiete sono mezzi efficaci per
deacidificarsi?
Le cure di drenaggio svolte per trattare altri disturbi diversi da quelli dovuti
all’acidificazione in genere sono accompagnate da approcci dietetici come i digiuni o le
monodiete. Il motivo è che grazie alle restrizioni alimentari il corpo fa risalire grosse
quantità di tossine dalle profondità tissutali, per condurle poi agli emuntori dai quali
saranno eliminate.
Queste diete però non sono le più utili durante la cura di deacidificazione e non vanno
raccomandate sistematicamente. L’arrivo in massa di acidi da esse causato può mettere in
difficoltà chi soffre di una debolezza metabolica agli acidi.
Esaminiamo innanzitutto il caso del digiuno. Tra tutti gli acidi che risalgono dalle
profondità, solo una piccola quantità potrà essere eliminata così com’è dagli emuntori.
Tutti gli altri dovranno essere ossidati o tamponati. Chi presenta una debolezza metabolica
di norma già fatica a ossidare gli acidi. Ha quindi poche possibilità di riuscire a farlo
meglio durante il digiuno, quando gli acidi si presentano in quantità maggiori.
In quanto a tamponare gli acidi, farlo non è più facile. Da un lato perché le riserve di
basi in genere sono già state ben intaccate e dall’altro perché senza alimentazione non c’è
nessun apporto esterno di basi in grado di sostenere il sistema tampone. Il corpo attinge
quindi alle sue riserve senza poterle nel contempo ricostituire. Si profila un forte rischio di
demineralizzazione.
La situazione è diversa per chi non soffre di debolezza metabolica. Durante il digiuno
l’organismo non deve più ossidare gli acidi portati dagli alimenti e può concentrarsi su
quelli già presenti nel corpo. Poiché la sua capacità di bruciare gli acidi deboli è buona, ne
potrà ossidare in gran quantità. Con buone riserve corporee di basi, anche tamponare gli
acidi sarà facile.
Per quanto riguarda le monodiete, si presentano vari casi. In linea generale, sono utili
soltanto se svolte con alimenti basici, come carote, patate ecc. e questo a prescindere dal
fatto che la persona soffra di debolezza metabolica agli acidi o meno. Poiché l’apporto di
basi durante una monodieta è cospicuo e non accompagnato da acidi, le basi potranno
essere interamente utilizzate per tamponare gli acidi accumulati. Inoltre, l’energia
economizzata a livello digestivo (grazie all’assenza di pasti complessi) potrà essere usata
per intensificare l’eliminazione degli acidi attraverso i reni e le ghiandole sudoripare.
Le monodiete composte da alimenti acidificanti sono invece nocive, perché l’apporto di
acidi non è compensato da basi alimentari. Per neutralizzare gli acidi, quelli accumulati
nell’organismo e quelli forniti dalla monodieta, il corpo dovrà attingere interamente alle
sue riserve, senza poter sostituire le basi utilizzate con nuovi apporti alimentari.
Le monodiete di alimenti acidi, come la frutta, vanno rigorosamente evitate dai soggetti
metabolicamente deboli agli acidi, ma sono caldamente consigliate agli altri. Questi ultimi
infatti sono capaci di ossidare gli acidi deboli della frutta, i quali verranno dunque
trasformati in basi e li aiuteranno ad alcalinizzare il loro terreno.
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Rivitalizzanti basici
Bibliografia