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Sentenza n. 1178/2018 pubbl.

il 27/02/2019
RG n. 281/2016

REPUBBLICA ITALIANA

Firmato Da: BIANCHINI CARLA MARIA Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 5d6625146b9e3e45d997abd867e71420 - Firmato Da: VIGNATI ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 15eef7
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI MILANO
Sezione Lavoro

composta dai Magistrati:

Dott.ssa Carla Maria Bianchini Presidente


Dott. Roberto Vignati Consigliere rel.
Dott. Corrado Gioacchini Giudice Ausiliario

ha pronunciato la seguente :

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 281 del Ruolo Generale Lavoro dell'anno
2016 - avverso la sentenza n. 234/2015 del Tribunale di Como, Giudice Estensore dott.
Marco Mancini - posta in decisione all'udienza collegiale del 20 giugno 2018

promossa da

Deborah Group SPA con sede in Milano in persona del Legale rappresentante,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Salvatore Trifirò, Stefano Trifirò e Mariapaola Rovetta
presso il cui studio in Milano è domiciliata ;
appellante
contro

Maurizio Guarino, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Maria Pellegatta presso il


cui studio in Milano è domiciliata.
appellata – appellante incidentale

OGGETTO : rapporto di agenzia – recesso – indennità sostituiva del preavviso,


provvigioni e indennità di fine rapporto.

Conclusioni dell’appellante Deborah Group SPA :


“Voglia codesta Ecc.ma Corte d’Appello, previa fissazione dell’udienza di discussione ex art. 435 cod. proc.
civ., contraris rejectis, per i motivi tutti analiticamente esposti,
- riformare la sentenza del Giudice del Lavoro di Como, N. 234, resa inter partes in data 14 luglio 2015/ 8
settembre 2015, non notificata e, per l’effetto, assolvere Deborah Group S.p.A. da tutte le domande proposte
dal signor Maurizio Guarino, con conseguente condanna del signor Maurizio Guarino alla restituzione di
quanto corrisposto allo stesso da Deborah Group S.p.A. in esecuzione della sentenza gravata;
- per effetto della riforma della sentenza N. 234/15 resa inter partes dal Giudice del Lavoro di Como
accogliere la domanda formulata da Deborah Group S.p.A. in via riconvenzionale avente ad oggetto
l’accertamento del diritto di Deborah Group S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a
ricevere dal signor Maurizio Guarino l’importo di € 5.324,53 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso,
per effetto della compensazione tra la somma dovuta dal signor Maurizio Guarino a Deborah Group S.p.A.
per indennità sostitutiva del preavviso e la somma dovuta da Deborah Group S.p.A. al signor Maurizio
Guarino per provvigioni relative al periodo Marzo – Aprile 2011 e, per l’effetto, condannare il signor

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Maurizio Guarino a corrispondere a Deborah Group S.p.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, l’importo di € 5.324,53, ovvero quella maggiore o minor somma che dovesse risultare di giustizia.
Con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio.
In via subordinata, si eccepisce la prescrizione del diritto alle provvigioni richieste per il periodo
antecedente il 28 giugno 2010.
In via istruttoria, ove occorra, si chiede, senza inversione dell’onere della prova, di essere ammessi alla

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prova per testi sulle circostanze di fatto indicate nella memoria in grado e nella parte in fatto del presente
ricorso, con i testi già indicati in primo grado.”

Conclusioni dell’appellato, appellante incidentale :


“Voglia l'Ecc.ma Corte d'Appello adita rigettare l'appello proposto da Deborah Group Spa in quanto
infondato in fatto ed in diritto e, in accoglimento dell'appello incidentale, riformare la sentenza del
Tribunale di 234/2015 del Tribunale di Como nella parte in cui non ha riconosciuto il diritto dell’agente
Guarino al pagamento dell’indennità di incasso, con conseguente condanna della Deborah Group Spa al
pagamento in favore del sig. Guarino della somma di euro 26.000,00 a titolo di provvigione di incasso, oltre
interessi legali rivalutazione monetaria dalla cessazione del contratto di agenzia, o nella maggior o minor
somma che verrà ritenuta equa da codesto giudicante.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari, del doppio grado. ”

Fatto e motivi della decisione

Con sentenza in data 14 luglio 2015 il Tribunale di Como, definitivamente pronunciando


sul ricorso proposto dall’agente di commercio Maurizio Guarino contro la propria
mandante Società Deborah Group (esercente nel settore dei cosmetici) per ottenere il
pagamento di una serie di voci economiche a titolo provigionale e altre indennità e
corrispettivi derivanti dal rapporto di agenzia intrattenuto dal 3/5/2003 al 30/4/2011
(concomitante col recesso per giusta causa manifestato dal Guarino mediante
comunicazione del 29/4/2011), rifacendosi anche alle risultanze di una CTU contabile
eseguita in corsa di causa e ritenendo, tra l’altro, la sussistenza della causale di recesso fatta
valere dall’agente, condannava dunque la Società resistente, tenuta altresì alla rifusione
delle spese di lite comprese quelle di CTU, a corrispondere all’attore:
1) il deposito cauzionale di € 1.550,00;
2) l’indennità sostitutiva del preavviso pari ad € 14.578,55;
3) le provvigioni sugli affari conclusi nel periodo marzo – aprile 2011 di importo pari a €
13.467,62;
4) la somma di € 3.000,00 a titolo di premi produttività non erogati;
5) le provvigioni indirette per affari conclusi dalla mandante nella zona dell’agente, pari ad
€ 6.711,89;
6) l’indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 c.c. di € 24.254,19 pari ad un mezzo
dell’intero individuato in sede peritale.

Ogni altra domanda veniva disattesa.

In relazione alle determinazioni decisorie che precedono e quelle comportanti la reiezione


delle domande avanzate dal ricorrente, la pronuncia è stata motivata rilevando quanto
segue.

Il deposito cauzionale inizialmente versato dal Guarino non gli era stato restituito alla fine
della relazione agenziale.
Sulle provvigioni dei mesi di marzo e aprile 2011 erano emersi i mancati pagamenti e per il
quantum ci si poteva rifare a quanto elaborato dal CTU.
Quanto ai premi di produttività, la Ditta resistente non aveva specificamente contestato la

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pretesa di controparte.
In merito alle provvigioni indirette, esse erano ricavabili dall’indagine peritale poiché la
preponente aveva concluso direttamente affari con tre clienti, gestori di punti vendita del
Gruppo “Acqua e Sapone”, che risultavano assegnati alla competenza operativa del
preposto.

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In ordine alla giusta causa del suo recesso, la cui ricorrenza legittimava la percezione
dell’indennità sostitutiva del preavviso, nella specie di tre mesi, veniva considerato che
all’agente non erano state pagate le suddette provvigioni dirette dei mesi marzo e aprile,
neppure in seguito alla risoluzione del rapporto, non avendo rilievo la circostanza della
perdita di funzionalità del rapporto dalla data della sua fine in coincidenza col 30 aprile
2011.
Quanto all’indennità ex art. 1751 c.c. ancora una volta valeva quanto rilevato in sede
peritale a proposito del sensibile sviluppo degli affari indotto dall’efficace operato
dell’agente cui a tale titolo poteva spettare la metà dell’importo determinato dal
Consulente, tenuto conto dell’incidenza data dall’improvvisa perdita dell’agente e dalle
agevolazioni datoriali a sostegno del suo operato.
Nulla, viceversa, poteva essere riconosciuto corrispondentemente alla voce indennità di
incasso poiché al Guarino non era stata mai affidata tale incombenza essendo egli titolare,
a termini di contratto, solo della prerogativa del recupero crediti che non legittimava gli
emolumenti rivendicati.
Infine, circa le provvigioni indirette per affari conclusi dalla mandante nella zona
dell’agente questa volta dopo la cessazione del rapporto di lavoro, difettava la prova da
parte dell’attore circa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dei diritti
rivendicati dal momento che il Guarino non aveva dimostrato di aver gettato le basi di
affari, a loro sviluppo poi conclusi dall’Azienda preponente.

La pronuncia è stata impugnata dalla Società Deborah Group – soccombente rispetto alla
sua domanda riconvenzionale per conseguire lei l’indennità sostitutiva del preavviso
nonché importi risarcitori di pregiudizi cagionati dalla condotta del lavoratore - che ne ha
chiesto la riforma, come da conclusioni dianzi riportate, per i seguenti motivi.

- Erroneo riconoscimento del premio relativo al primo trimestre 2011, poiché l’agente,
riferendosi inesattamente al criterio della non contestazione, non ha provato i presupposti
per la spettanza di questo tipo di emolumento che, contrattualmente, poteva essere invero
destinato solo ed esclusivamente ai dipendenti in forza e tale non era il Guarino che il 6
marzo 2011 - con una dichiarazione antecedente a quella di recesso del 29 aprile 2011 -
aveva già comunicato il proprio recesso (a far data dal 30/4/2011) avendo egli optato per
un’altra occupazione.
- Non potevano spettare all’odierno appellato neppure le provvigioni indirette per affari
conclusi dalla mandante nella zona di competenza dell’agente come dichiarato dal
Tribunale: la prova di questo tipo di compensi era stata incongruamente ricavata dalla CTU
quale semplice mezzo istruttorio e non di prova, mentre erano carenti allegazioni da parte
dell’agente in merito ai concreti presupposti del diritto, né il Guarino avrebbe potuto
richiedere l’esibizione di documenti; per giunta, anche due testi avevano chiaramente
riferito che gli affari conclusi dalla Società inerivano a clienti “direzionali” (coi quali
poteva trattare solo la mandante, per realizzare forme di acquisto diretto tra lei e i clienti)
in specifico alle ditte Acqua e Sapone e Tigotà, qualunque fosse la loro ubicazione
territoriale, di competenza riservata all’Azienda nell’alveo del suo rapporto con le sedi
centrali di questo particolare tipo di clienti/acquirenti “direzionali”.
- E’censurabile il punto della decisione sulla giusta causa che avrebbe assistito il recesso

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del Guarino : questi, prima (il 6/3/2011), aveva dichiarato di recedere con effetto dal 30
aprile perché preferiva un altro lavoro presso terzi, con la conseguenza che la mandante,
con lettera del 21 marzo, gli aveva reso noto che avrebbe dovuto comunque rispettare il
preavviso e, poi, a fronte di un ritardo (la Società asserisce a causa di un disguido tecnico)
di soli 9 giorni nel pagamento delle provvigioni che il prestatore aveva maturato

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relativamente all’operato del mese di marzo, con diritto di vedersele versate in coincidenza
col successivo 20 aprile, aveva approfittato di questo – che di per sé rappresentava solo un
ritardo trascurabile, insufficiente ai fini dell’integrazione della causale di recesso in ultimo
adottata - per fare valere la giusta causa mediante il secondo, pretestuoso, recesso del 29
aprile 2011, non a caso formulato proprio il giorno prima del concretarsi dell’efficacia del
primo.
- Da qui il quinto motivo di appello sulla non debenza dell’indennità di preavviso in favore
del lavoratore ma il diritto della Società di riceverla.
- Nulla poteva inoltre spettare a titolo di indennità ex art. 1751 c.c., in prima analisi, poiché
la competenza economica, ai sensi di tale norma, non era dovuta in caso di ingiustificato
recesso del prestatore, in seconda analisi, perché non era stato dimostrato da parte
dell’interessato un sensibile sviluppo degli affari; era pertanto censurabile la prova desunta
dal Giudice tramite il contenuto della CTU mentre il ricorrente in primo grado non aveva
provato nulla in proposito.
Subordinatamente la parte deduce la prescrizione in relazione ai crediti per il periodo prima
del 28/6/2010.

Costituitosi in giudizio, l’appellato contesta le tesi della controparte chiedendo il rigetto del
gravame e, in via di appello incidentale, reclama il riconoscimento dell’indennità di incasso
pari a € 26 mila, ingiustamente negatagli.

Le ragioni dell’appello articolato dalla Società Deborah Group sono fondate e possono
essere accolte per quanto di ragione.

In primo luogo, le provvigioni dirette insolute spettavano sicuramente al Guarino sulla base
di quanto notato sul punto dal Tribunale.
Del resto, anche la mandante ammette questo suo debito nella parte della sua difesa in cui
essa postula la compensazione tra questa voce e il suo credito al valore economico del
preavviso che l’agente avrebbe dovuto lavorare e non vi sono comprensibili, precise
ragioni che possano far ritenere il fondamento di una minor consistenza economica delle
provvigioni dirette.

E’ da escludere anche il pregio degli argomenti utilizzati dall’appellante principale per


escludere la spettanza dei premi.

I premi relativi al primo trimestre 2011 spettavano infatti agli agenti che erano in forza,
ovverosia ancora al lavoro e il Guarino era invero stato in piena attività sino alla fine di
aprile 2011 durante il corso di una parte del preavviso.

I rilievi formulati dalla Ditta sull’insussistenza della giusta causa di recesso fatta valere dal
lavoratore hanno invece fondamento .

La causale non era riscontrabile per due ordini di ragioni.

A leggere la relativa comunicazione, pare proprio che il 6 marzo 2011 l’agente avesse

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compiutamente significato alla datrice di lavoro il suo recesso con decorrenza dal 30 aprile
2011, quale data che rappresenta solo il termine di efficacia del negozio risolutorio
perfezionatosi con la unilaterale manifestazione di volontà dell’agente.

In tal modo il rapporto si era già sciolto per via della manifestazione di quel tipo di disdetta

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e con la previsione della decorrenza ivi indicata ed è problematico raccordare a questo
preciso e determinante antecedente il valore e l’efficacia di una successiva ipotesi di
recesso per giusta causa, tra l’altro praticamente comunicato pressoché in perfetta
coincidenza con quel termine di operatività del primo.

Ma, ancor più pregnante sembra essere il dato dell’assunzione del ritardato pagamento
delle competenze di marzo a motivazione degli estremi della giusta causa.

Si era trattato infatti di un moderato ritardo nell’erogazione della competenza economica


spettante al lavoratore : indipendentemente dal motivo dell’omissione (un puro disguido o
meno), la dilazione rispetto all’usale momento di erogazione di quel tipo di compensi in
coincidenza col giorno venti del mese successivo (20 aprile quindi) era stata in realtà di
nove giorni e, pertanto, oggettivamente di lieve portata che non poteva certo sostanziare
una ragione rientrante nel novero di quelle tali da non consentire più, neanche
provvisoriamente, il protrarsi della funzionalità della relazione lavorativa.

In questo senso pare proprio che l’agente, cogliendo “al volo” quella mancanza della
preponente e sopravvalutandola nella sua portata negativa, avesse voluto sottrarsi - come
peraltro di fatto prospettato nella formulazione del recesso di cui alla lettera del 6 marzo in
cui si annunciava la sua efficacia dalla fine di aprile - al fatto di dover lavorare per tutto
l’arco del preavviso (minimo sei mesi ex art. 1750 c.c.) come avrebbe voluto la società per
evitare pregiudizievoli scoperture produttive nella zona.

In conclusione, questi aspetti fanno senz’altro deporre per l’assenza della causale addotta
pretestuosamente o, quantomeno, incongruamente rispetto l’accezione dell’istituto
comunemente accolta, senza che possa avere alcun valore il dato della mancata
corresponsione delle stesse competenze economiche nell’arco di tempo seguito al recesso
poiché in tale fase non si poteva trascurare la reazione della mandante al cospetto
dell’ingiustificabile contegno inadempiente tenuto dal preposto.

Quest’ordine di ragioni fa pertanto, di converso, ritenere fondata la rivendicazione svolta


dalla Società a proposito di una indennità di preavviso che, a quel punto e con quei
presupposti, toccava all’agente pagare alla mandante.

Quanto all’ulteriore censura dell’appellante principale, è vero che esistevano clienti c.d.
direzionali, come tali, quanto alla conclusione del relativi affari, curati esclusivamente
dall’Azienda indipendentemente dalle zone di competenza dell’agente donde,
contrariamente a quanto accertato nella sentenza impugnata, la non spettanza delle
provvigioni indirette.

Al di là del fatto che nessun fondamento dei presupposti del diritto alla percezione di quel
tipo di provvigioni si poteva ricavare dal tenore della CTU, volta non a chiarire questo
aspetto riservato alla cognizione del giudice e solo sulla base di ammissibili allegazioni
probatorie, ma solo la sussistenza e l’entità del tipo di compenso rivendicato per ragioni
tecnico-contabili, ad escluderne la spettanza giocano altri argomenti.

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Tra questi, in ragionevole parte, la mancata allegazione dei presupposti del diritto con
riferimento al particolare tipo di clientela e, d’altro canto, in grado di negare quei
presupposti, le deposizioni dei due testi Marangoni e Stevenin in quali hanno
efficacemente spiegato come, al cospetto di clienti come Acqua e Sapone e Tigotà, l’agente
potesse solo esercitare un’attività promozionale di illustrazione e di stimolo all’acquisto dei

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prodotti trattati dalla Deborah Group, cui era però riservata presso la sua sede/piattaforma
centrale la conclusione degli affari trattando con la capofila di tali note catene commerciali.

Resta infine da osservare che il conferimento dell’indennità meritocratica ex art. 1751 c.c.
non aveva spunto giustificativo, se non altro, per conclamato difetto della condizione
attributiva consistente, per volontà della norma, nell’assenza di una giustificata ragione di
recesso da parte dell’agente : nella vicenda, come si è visto, il Guarino aveva risolto la
relazione agenziale senza essere assistito da giusta causa e senza lavorare il preavviso.

Quanto all’appello incidentale, pare in ultimo corretta la statuizione sulla non spettanza
dell’indennità di incasso nei termini in cui tale emolumento era stato preteso.

Secondo contratto (art. 5) il Guarino doveva (aveva l’obbligo contrattuale di) adoperarsi
unicamente per esercitare attività volte al recupero degli insoluti, il che, sulla base della
fonte regolatrice del rapporto, sostanzia un raggio di incombenze non attinenti al regolare
maneggio di proventi, assegni o altro, derivanti dalla normale attività di fatturazione e sue
connesse responsabilità.
E, a norma di contratto, poteva farlo, giocoforza in via occasionale, mediata e indiretta
rispetto alla sola prerogativa riconosciuta all’agente di agire a fronte della patologica
emergenza di insoluti.

Sebbene sul punto non siano state fornite prove di un’attività usuale, sistematica e costante,
soprattutto avente radice nell’incarico agenziale, non si può escludere che l’interessato,
attenendosi a certe indicazioni promanate dalla mandante (come quelle valorizzate dalla
difesa dell’appellato), abbia assecondato certe prassi comuni ricevendo mezzi di
pagamento da parte della clientela ; non risultano tuttavia appaganti indicazioni sulla
frequenza di tale fenomeno che, come si è detto, certamente non faceva parte del coacervo
di compiti e obblighi operativi sicuramente e stabilmente demandati al lavoratore su base
negoziale.

Nello stesso modo, al di fuori dei semplici indizi valorizzati dall’appellato, mancando la
dimostrazione di fonti e direttive cogenti, non si può accedere, né all’accertamento
dell’obbligo remuneratorio in capo alla preponente, né ad una determinazione puramente
equitativa dei compensi - addirittura il 5% sul fatturato - come sollecitato dalla parte.

Accogliendo la domanda restitutoria avanza dalla Società appellante, si provvede quindi


come da dispositivo.

Le spese della fase di primo grado sono parzialmente compensate tra le parti in ragione del
complessivo esito della lite mentre quelle del presente grado sono poste a carico della parte
prevalentemente soccombente.

Sussistono nella specie i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1 quater del
DPR n. 115/2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico dell’appellante
incidentale.

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P.Q.M.

In parziale riforma della sentenza n. 234/2015 del Tribunale di Como, respinge le domande
azionate dall’odierno appellato in primo grado relativamente alla indennità sostitutiva del

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preavviso, alle provvigioni indirette e alla indennità di cessazione del rapporto di agenzia.
Conferma le restanti statuizioni di merito.
Condanna l’appellato Maurizio Guarino a restituire alla Società appellante quanto a tali
titoli da lui ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado.
Compensa nella misura di un mezzo le spese processuali di primo grado con la condanna
della Deborah Group SPA a rifondere a Fabrizio Guarino l’altra metà liquidata in
complessivi € 3.800,00 oltre spese generali, IVA e CPA e condanna quest’ultimo a
rifondere alla Società appellante le spese processuali del presente grado liquidate in
complessivi € 4.300,00 oltre spese generali IVA e CPA.
Sussistono nella specie i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1 quater del
DPR n. 115/2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico dell’appellante
incidentale.
Milano, 20 giugno 2018.

Il Consigliere rel. Il Presidente


dott. Roberto Vignati dott.ssa Carla Maria Bianchini

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