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La tripartizione nella storia della cultura

Sette modelli

La suddivisione del potere politico nelle tre branche del legislativo, dell’esecutivo e del
giudiziario non è che un modello generale dell’articolazione delle istituzioni statali,
bisognoso di precisazioni per poter essere usato come un efficace strumento analitico.
Questa suddivisione, in realtà, è soltanto una delle molte tripartizioni, che lungo la storia
della cultura occidentale si sono affermate, in tempi diversi, come immagini egemoni
dell’architettura del mondo politico sociale.
a) La concezione trifunzionale della società indoeuropea;
b) La concezione classica del mondo naturale e politico come Kosmos, ossia come
ordine;
c) La concezione classica, delle tre societates, paterna, padronale e politica;
d) La concezione classica, del governo misto come modello di costituzione complessa;
e) La concezione medievale dell’ordine sociale trinitario;
f) La concezione moderna della divisione o separazione dei poteri costituzionali;
g) La concezione contemporanea delle tre forme di potere sociale: il potere politico, il
potere economico e il potere ideologico.

La tripartizione indoeuropea delle funzioni

George Dumézil attraverso percossi percorsi originali di ricerca alla fine degli anni trenta
del secolo scorso era giunto a stabilire che l’organizzazione in tre classi della società
indiana vedica, chiamate colori, presentava la stessa struttura concettuale della più antica
triade teologica: quella di una gerarchia di tre funzioni essenziali, magico-giuridica,
guerriera e produttiva. La ricostruzione di questo modello trifunzionale indoeuropeo fu
accolta come una conferma dell’ipotesi formulata sulla base della indiscutibile parentela
tra le lingue parlate nella vastissima area che va dall’India all’Irlanda e da questa area
avessero ereditato una vera e propria visione del mondo e la corrispondente ideologia
politico-sociale. Dumézil fa notare le omologie che sussistono fra i trattati politico-religiosi
dell’India e il modello della città ideale costruito da Platone nel IV libro della Repubblica: la
gerarchia delle tre classi, la loro separazione e specializzazione, le virtù specifiche di
ciascuna, la solidarietà delle prime due contro la terza.

Il mondo come ordine e la società ordinata

Il termine greco Kòsmos ha il significato generico di ordine o buon ordine. Mentre il verbo
Kosméo ha tre significati principali. mettere in ordine, dare un assetto a qualcosa; dirigere,
regolare, dar nome; adornare, abbellire. Emerge evidente il legame con l’ideale classico
dell’armonia e il rapporto privilegiato con il mondo delle istituzioni umane. In un luogo del
Protagora di Platone Kòsmos assume il preciso significato di costituzione, ordinamento
politico. Ma non solo, in Platone mondo umano e mondo naturale appaiono connessi
proprio nell’idea di un ordine cosmico universale: l’ordine del mondo umano che Platone
presenta nella Repubblica come modello normativo. E’ un ordine triadico, anzi
trifunzionale, corrispondente alla differenza qualitativa, di natura, delle tre razze degli
uomini indicata nel mito ionico-esiodeo.

L’ordine sociale trinitario


La fusione tra la forma triadica e l’idea metafisica di un ordine cosmico si afferma
compiutamente nel pensiero cristiano e si fa strada la convenzione che l’architettura del
mondo rifletta la trinità divina. Su questa convinzione viene costruita la rappresentazione
dei tre tipi di uomini giusti: praepositi o praelati, le guide illuminate, continentes, i votati alla
purezza, coniugati, i semplici fedeli che abitano e lavorano il mondo. Per indicare ciascuno
di essi viene poi adottata l’espressione ordo fidelium. La nozione di ordine viene così a
duplicarsi: oltre ad indicare l’ordinamento, designa al tempo stesso ciascun livello o rango.
Secondo quest’idea, ogni società risulta necessariamente dalla partizione nei tre ordini o
ranghi dei religiosi o sacerdoti, oratores; dei guerrieri detentori della forza mondana,
bellatores; dei laboriosi che faticano nei campi, laboratores.

La divisione dei poteri

La Rivoluzione francese ha proclamato la libertà e l’eguaglianza degli uomini per natura: i


principi del moderne régime.
Montesquieu, il grande sostenitore della divisione moderna dei poteri, perseguiva un
ideale politico dichiaratamente premoderno, una monarchia fondata su un sistema di
ranghi e preminenze e animata dal principio dell’onore. Lo scopo di Montesquieu era
quello di fare in modo che all’interno nel corpo sociale nessuna potenza diventasse tanto
potente, attribuendosi le diverse funzioni dello stato, da svuotare le prerogative di tutte le
altre. In astratto, una divisione dei poteri può essere concepita in due forme contrapposte:
una per le linee orizzontali, da cui consegue la creazione di corpi e poteri intermedi tra i
singoli individui e il vertice dello stato; l’altra per le linee verticali, che tende a scindere le
diverse funzioni statali e a distribuirle ad organi in grado di bilanciarsi. Quest’ultima
divisione è forse il nucleo originario della teoria moderna della separazione dei poteri
proposta dal Montesquieu. Tuttavia dove c’è vera separazione non vi può essere
propriamente bilanciamento. La separazione è propriamente tale se le funzioni sono
compiutamente specializzate e gli organi totalmente indipendenti tra loro, il che esclude
interferenze reciproche; mentre la divisione-distribuzione del potere politico (secondo il
principio montesquieuviano) le implica.

Potere politico e forme non-politiche di potere

Altro è il problema della distinzione, articolazione e distribuzione delle funzioni del potere
politico, altro è il problema di distinguere il potere politico nella sua specificità dalle forme
non-politiche di potere. Babbio ha formulato una semplice e chiara tipologia delle forme di
potere sociale: essa distingue dal potere politico, detentore della forza legittima, il potere
economico, basato sul possesso di beni e ricchezze, e il potere ideologico o culturale,
basato sul controllo delle idee e delle conoscenza. Anche se il criterio della distinzione è
diverso, si può trovare una certa corrispondenza tra questa tipologia e quella classica. Le
sfere sociale individuate da questa corrispondenza forse lasciano intravedere una qualche
continuità con la struttura tripartita che secondo Dumézil costituiva il paradigma delle
forme sociali indoeuropee.
In conclusione, si può dire che fin da Montesquieu, scopo della divisione dei poteri statali,
è quello di evitare il dispotismo. Ma il pericolo di un dispotismo può venire non solo da
tentativi di erodere equilibri istituzionali, bensì anche e forse ancor di più dalla possibile
riunificazione nelle stesse mani del potere politico, del potere economico e del potere
ideologico.

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