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Scarsi sono i dati biografici esistenti, per i quali si rimanda a M.J. LACARRA, Pedro
Alfonso, Zaragoza, Diputación General de Aragón-Departamento de Cultura y Educación,
1991, pp. 9-12 e a J. TOLAN, Petrus Alfonsi and his Medieval Readers, Gainesville, University
Press of Florida, 1993, pp. 9-11. In merito alla conversione di Pietro Alfonso sappiamo, da
quanto afferma egli stesso nel Dialogus contra iudaeos (Pedro Alfonso, Diálogo contra los
judíos, introducción de J. Tolan, texto latino de Kl.-P. Mieth, traducción de E. Ducay, coordi-
nación de M.J. LACARRA, Huesca, Instituto de Estudios Altoaragoneses, 1996, p. 6), che è
stato battezzato nel 1106 a Huesca (capitale del regno aragonese): «Cum itaque divine misera-
tionis instinctu ad tam excelsum huius fidei gradum pervenissem, exui pallium falsitatis et nu-
datus sum tunica iniquitatis et baptizatus sum in sede Ocensis civitatis […]» [Così essendo
giunto, con l’aiuto della divina provvidenza, al più elevato grado di questa fede, mi sono spo-
gliato del velo della falsità e della tunica dell’iniquità, e sono stato battezzato nella cattedrale
della città di Huesca] (la traduzione del passo, così come quelle successive, sono a cura di chi
scrive).
2
È d’obbligo precisare di quale Oriente si tratti per non rimanere nel vago e nel generico.
È infatti errore comune parlare di novellistica orientale senza precisare però a quale Oriente ci
579
580 Gaetano Lalomia
Quanta saggezza orientale si sia riversata nella cultura occidentale per tramite
di questi repertori novellistici, non è agevole indicare e sceverare; ma non c’è
dubbio che dovette esser notevole e penetrante, e, per molta parte, formativa3.
si riferisca, giacché buona parte di questa novellistica viene importata dalla lontana cultura in-
do-persiana proprio dagli arabi, i quali, una volta appropriatisi di tale cultura, l’hanno a loro
volta rielaborata per divulgarla nei propri domini. Tra essi vi sono anche le terre occidentali,
quali la Sicilia e la Spagna, che, in tempi e in fasi successive, hanno accolto questo
patrimonio per tradurlo e rielaborarlo in vista di altri fruitori.
3
S. BATTAGLIA, La coscienza letteraria del Medioevo, Napoli, Liguori, 1965, p. 473.
4
A. PIOLETTI, Fra Oriente e Occidente, in «Quaderni petrarcheschi», 12-13 (2002-2003),
pp. 99-107, a p. 101. Sulla biblioteca mediterranea si rimanda ad A.M. PIEMONTESE, Narrativa
medioevale persiana e percorsi librari internazionali, in Medioevo romanzo e orientale. Il
viaggio dei testi. III Colloquio Internazionale (Venezia, 10-13 ottobre 1996), a cura di A.
Pioletti e F. Rizzo Nervo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999, pp. 2-17.
Dalla Disciplina clericalis all’Italia 581
5
TOLAN, Petrus Alfonsi cit. (cap. 4).
6
«Propterea ergo libellum compegi, partim ex proverbiis philosophorum et suis casti-
gationibus, partim ex proverbiis et castigationibus Arabicis et fabulis et versibus, partim ex
animalium et volucrum similitudinibus» [A causa di ciò, composi questo libello costituito in
parte di proverbi di filosofi e dei loro insegnamenti, in parte di proverbi e consigli arabi, e di
favole e di versi e in parte servendomi delle comparazioni con uccelli e animali] (Pedro Al-
fonso, Disciplina clericalis, introducción y notas de M.J. LACARRA, traducción de E. Ducay,
Zaragoza, Guara, 1980 [le successive citazioni sono tratte da questa edizione, di cui si indi-
cheranno le pagine]). Sui reali significati delle forme narrative brevi citate da Pietro Alfonso
cfr. LACARRA, Pedro Alfonso cit., pp. 37-38, B. TAYLOR, Wisdom Forms in the Disciplina cle-
ricalis of Petrus Alfonsi, in «La Corónica», 22 (1993-1994), pp. 24-40 e J. ARAGÜÉS ALDAZ,
Fallacia dicta: narración, palabra y experiencia en la Disciplina clericalis, in Estudios sobre
Pedro Alfonso de Huesca, coordinados por M.J. Lacarra, Huesca, Instituto de Estudios Alto-
aragoneses, 1996, pp. 235-259.
7
LACARRA, Pedro Alfonso cit., pp. 41-43.
8
M.J. LACARRA, Introducción a Pedro Alfonso, Disciplina cit., pp. 13-38; ARAGÜÉS AL-
DAZ, Fallacia dicta cit., p. 252; B. TAYLOR, La sabiduría de Pedro Alfonso: la Disciplina cleri-
calis, in Estudios sobre Pedro cit., pp. 291-308, a p. 303.
9
U. ECO, Arte e bellezza nell’estetica medievale, Milano, Bompiani,1998, p. 25.
582 Gaetano Lalomia
Tale modo di procedere nella fruizione del testo ricorda da una par-
te i consigli che Ibn al-Muqaffa‛ dà al lettore del Calila e Dimna11, ma
dall’altra richiama il metodo scolastico dello studio dei testi basato
fondamentalmente su un approccio ermeneutico teso a scavare il vero
significato del testo. Come si può notare, le due concezioni della tra-
smissione del sapere trovano una felice sintesi nell’idea che la fruizio-
ne passi attraverso una lettura individuale, e uno studio approfondito
del sensus della parola.
A rendere coeso tutto il materiale non c’è soltanto l’intenzione del-
l’autore, ma anche l’espediente della cornice, la quale serve a dare so-
stanza ai materiali dell’opera in un contesto prettamente didattico; an-
zi, è proprio la cornice che imprime al contenuto della Disciplina cle-
11
«È innanzitutto necessario per chi intende studiare questo libro iniziarne la lettura e
condurla in modo costante e perseverante; il suo scopo non sia quello di arrivare alla fine
della trama senza meditarlo appieno, in quanto la sola e semplice lettura non porterebbe nes-
sun vantaggio. Se egli appunta i suoi sguardi sull’insieme dell’opera, e non si impadronisce
del profondo significato dei passi del libro, uno ad uno, è sicuramente destinato a non rag-
giungere l’obiettivo […]», (Ibn al-Muqaffà‛, Il libro di Kalila e Dimna, a cura di A. BORRUSO e
M. CASSARINO, Roma, Salerno, 1991, p. 24). Siffatta metodica viene rimarcata anche da
Maimonide: «Si deseas aprender todo cuanto en él [libro] se contiene, sin que nada se escape,
has de relacionar sus capítulos entre sí, y no limitarte en cada uno a su mero contenido general,
sin ahondar asimismo en cada palabra inserta en el curso del texto, aun cuando no pertenezca al
tema de tal capítulo» (cit. da M. CRUZ HERNÁNDEZ, Historia del pensamiento en el mundo
islámico 2. El pensamiento de al-Ándalus (siglos IX-XIV), Madrid, Alianza, 1996, p. 482).
584 Gaetano Lalomia
14
LACARRA, Pedro Alfonso cit., p. 38.
15
In merito al trattamento di alcune fonti cfr. TAYLOR, Wisdom Forms cit. e ID., La sabi-
duría cit., pp. 293-294.
16
ARAGÜÉS ALADAZ, Fallacia dicta cit., p. 238 precisa che «la tradición oriental acogía
bajo un único término el conjunto de formas breves presentes en la Disciplina clericalis. La
voz hebrea māshal y la árabe mathal definen a un tiempo secuencias tan diversas como el pro-
verbio, el dicho en boca de un personaje célebre, el símil, la fábula o la narración ejemplar».
In merito alla tradizione ebraica nella Disciplina clericalis cfr. A. ALBA CECILIA, Tradi-ciones
judías en la Disciplina Clerical de Pedro Alfonso, in «Sefarad», 52 (1992), pp. 21-28.
17
Per una panoramica dell’ambiente culturale castigliano al tempo di Pietro Alfonso cfr. J.
LOMBA, El marco cultural de Pedro Alfonso, in Estudios sobre Pedro cit., pp. 145-175. Lo
studioso fa notare (pp. 149-150) come la frontiera superiore della penisola iberica godeva di
una situazione politica ed economica prospera che permetteva un certo sviluppo culturale; a
ciò si aggiunga che l’ubicazione geografica favoriva i contatti con l’Oriente ma anche con il
mondo romanzo, agevolando gli scambi sia di natura economica, sia di natura culturale.
18
LACARRA, Pedro Alfonso cit., p. 39.
586 Gaetano Lalomia
diè lo Schiavo di Bari tra uno borghese e un pellegrino), XXI/46 (Qui conta d’uno novel-
latore ch’avea me<s>sere Azzolino), XLIV/76 (D’una quistione che fu posta ad uno uomo di
corte), LIII (Qui conta d’una grazia che lo ’mperadore fece a un suo barone); Decameron
(Giovanni Boccaccio, Decameron, a cura di V. BRANCA, Torino, Einaudi, 1980), I 7 (Berga-
mino con una novella di Primasso e dell’abate di Clignì onestamente morde una avarizia
nuova venuta in messer Can della Scala), VII 4 (Tofano chiude una notte fuor di casa la mo-
glie, la quale, non potendo per prieghi rientrare, fa vista di gittarsi in un pozzo e gittavi una
gran pietra; Tofano esce di casa e corre là, e ella in casa se n’entra e serra lui di fuori e
sgridandolo il vitupera), VIII 10 (Una ciciliana maestrevolmente toglie a un mercatante ciò
che in Palermo ha portato; il quale, sembiante faccendo d’esservi tornato con molta più
mercatantia che prima, da lei accattati denari, le lascia acqua e capecchio), X 8 (Sofronia,
credendosi esser moglie di Gisippo, è moglie di Tito Quinzio Fulvo e con lui se ne va a Roma,
dove Gisippo in povero stato arriva; e credendo da Tito esser disprezzato sé avere uno uomo
ucciso, per morire, afferma; Tito, riconosciutolo, per scamparlo dice sé averlo morto; il che
colui che fatto l’avea vedendo se stesso manifesta; per la qual cosa da Ottaviano tutti sono
librati, e Tito dà a Gisippo la sorella per moglie e con lui comunica ogni suo bene); Sercambi,
Novelliere (Giovanni Sercambi, Il Novelliere, a cura di L. ROSSI, Roma, Salerno, 1974), LV
(De sapientia et vero judicio. Di David, e Salamone suo figliuolo, profeta). In ogni caso non è
possibile affermare sempre con certezza che la Disciplina clericalis sia una fonte sicura: il
rac-conto LIII del Novellino, ad es., è presente in diverse raccolte di esempi (Jacques de Vitry,
Exempla, 76; Arnoldo di Liegi, Alphabetum narrationum, 234; Gesta Romanorum, 58; Nicole
de Bozon, Contes moralisés, 63; Ci nous dit, 188; Tractatus de diversis historiis Romanorum,
43; Libro de los exemplos, 84 [13]), e, a detta di A. Conte (Il Novellino cit., p. 347), la fonte
della novella è sicuramente un exemplum, ma essa non si identifica con nessuno dei testi sopra
menzionati, né è possibile pensare alla Disciplina clericalis giacché la novella presenta elementi
in comune con gli altri testi. La Disciplina clericalis, quindi, ha costituito proba-bilmente solo un
tramite per la diffusione del racconto, e ancor più del tema di fondo, in Occidente.
Dalla Disciplina clericalis all’Italia 589
Quod postquam diues ille comperit, e appresso con lor piacevoli e amo-
quibus ingeniis et quibus artibus rosi atti e con parole dolcissime
puero subtraheret domum cogitauit. questi cotali mercanti s’ingegnano
d’adescare e di trarre nel loro amo-
[E quando il ricco lo comprese, ini- re.
ziò a pensare in che modo e con
quali arti si sarebbe avvalso per
sottrarre la casa al giovane]
Deinde spissum oleum de quinque du’ tante che quello in che era l’ac-
plenis tonellis sit mensuratum, et qua.
scias quantum spissi olei fuerit ibi;
et similiter de dimidiis quinque fa-
cias mensurari, et scias quantum
spissi olei in eis sit. Et si tantum
spissi olei inveneris in dimidiis to-
nellis quantum et in plenis, scias o-
leum fuisse furatum. Et si in dimidiis
tonellis inveneris talem partem spis-
situdinis qualem oleum clarum ibi
existens exigit, quod quidem et in
plenis tonellis invenire poteris, scias
oleum non fuisse furatum. Iustitia
haec audiens confirmavit iudicium,
factumque est ita
28
M.J. LACARRA, El medio amigo (AT 893): la singularidad de las versiones hispánicas a
la luz de la tradición oral, in Tipología de las formas narrativas breves románicas medievales
(III), editado por J.M. Cacho Blecua y M.J. Lacarra, Zaragoza-Granada, Universidad de
Zaragoza-Universidad de Granada, 2003, pp. 267-292, alle pp. 272 e sgg.
Dalla Disciplina clericalis all’Italia 591
29
Ibid., p. 268.
30
In merito a tale racconto nota L. ROSSI, Introduzione a Giovanni Sercambi, Il Novelliere
cit., pp. ix-lix, a p. xxx che non è l’idea della prova ad essere centrale nel racconto di Ser-
cambi, quanto piuttosto quella di mettere in guardia il fruitore da coloro i quali, fingendosi
amici, vivono alle spalle dei più ricchi senza mai dare niente in cambio.
31
M.J. LACARRA, De la mujer engañadora a la malcasada ingeniosa. El cuento de El
pozo (Decameron VII, 4) a la luz de la tradición, in «Cuadernos de Filología italiana», n° ex-
traordinario (2001), pp. 393-414, a p. 403 (ora anche in traduzione italiana, con il titolo Dalla
donna ingannatrice alla malmaritata ingegnosa. Il racconto de Il pozzo (Decameron VII, 4)
alla luce della tradizione, in ID., Saggi sulla narrativa breve castigliana medievale, a cura di
G. Lalomia, Verona, Fiorini, 2009, pp. 51-78). La studiosa tuttavia prende in esame la ver-
sione castigliana edita da Meynardo Ungut e Stanislao Polono nel 1496, che comunque non
presenta sostanziali divergenze rispetto al testo toscano.
32
Ibid., p. 408.
592 Gaetano Lalomia
plina clericalis. A parte il caso della novella X/14 del Novellino, che
presenta un andamento assai simile, ma non identico, a quello del-
l’Exemplum de decem cofris della Disciplina, e il caso della novella
XXXI/46 già commentato, gli altri due casi destano qualche sospetto.
La novella XLIV/76 del Novellino (D’una quistione che fu posta ad
uno uomo di corte) presenta soltanto la morale in comune con la sen-
tenza dal titolo De vera nobilitate della Disciplina clericalis; è pro-
babile che l’anonimo autore del Novellino abbia considerato il testo di
Pietro Alfonso per elaborare autonomamente il proprio racconto.
Ora, l’analisi intertestuale solo parzialmente può fornirci dati circa i
rapporti intercorsi tra i novellieri italiani e la Disciplina clericalis; è
vero che in taluni casi le similitudini sono tali da non generare dubbi
sul fatto che il testo di Pietro Alfonso sia stato letto direttamente dagli
autori italiani, ma in altri casi si rimane a livello di pura ipotesi. È da
ritenere, pertanto, che se si vuol comprendere in che misura il genere
novellistico abbia attinto alla Disciplina clericalis bisogna considerare
l’operetta di Pietro Alfonso nella sua totalità di libro, di prodotto
culturale che viaggiando ha trovato collocazione in altri ambienti in
virtù di elementi facilmente assimilabili da parte dei ricettori/scrittori.
In questo senso, non si può non tenere conto del fatto che della rac-
colta di Pietro Alfonso vengano prelevate le porzioni più narrative,
maggiormente simili a un racconto, piuttosto che elementi provenienti
dalle sezioni sentenziose. Va altresì notato come la tradizione mano-
scritta che ci tramanda il volgarizzamento italiano della Disciplina in-
dica che non tutto il testo latino di Pietro Alfonso è stato tradotto; solo
per rendere l’idea di quanto qui si espone, si veda il raffronto tra l’in-
dice del testo latino e quello del volgarizzamento:
De silentio De silentio
Exemplum III: De tribus versifica- Exemplum de tribus versificatoribus
toribus
Exemplum IV: De mulo et vulpe Exemplum de mulo et vulpe
De vera nobilitate De vera nobilitate
Septem artes De septem artibus, probitatibus, in-
dustriis
Septem probitates
Septem industriae
De mendacio
Exemplum V: De homine et serpen-
te
Exemplum VI: De versificatore et
gibboso
Exemplum VII: De clerico domum
potatorum intrante
Exemplum VIII: De voce bubonis
De mala femina
Exemplum IX: De vindemiatore
Exemplum X: De lintheo
Exemplum XI: De gladio
Exemplum XII: De rege et fabula-
tore suo
Exemplum XIII: De canicula lacri-
mante
Exemplum XIV: De puteo
De bona femina
Exemplum XV: De decem cofris
Exemplum XVI: De decem tonellis
olei
Exemplum XVII: De aureo serpen-
te
De societate ignota
De sequendis magnis viis
Exemplum XVIII a) De semita
Exemplum XVIII b) De vado
Exemplum XIX: De duobus bur-
gensibus et rustico
Exemplum XX: De regii incisoris
discipulo Nedui nomine
ExemplumX XI: De duobus iocu-
latoribus
De largo, avaro, prodigo
594 Gaetano Lalomia
De divitiis
Exemplum XXII: De rustico et avi-
cula
De libris non credendis
Exemplum XXIII: de bobus lupo
promissis a rustico vulpisque iudi-
cio
De consilio accipiendo et probando
Exemplum XXIV: De latrone et ra-
dio lunae
De benefacto
De rege bono et malo
Exemplum XXV: De Mariano
Exemplum XXVI: De duobus fra-
tribus regisque dispensa
De familiaritate regis
De mod comedendi
Exemplum XXVII: De Maimundo
servo
De saecularium instabilitate
Exemplum XXVIII: De Socrate
(= Diogene) et rege
De vitae termino
Exemplum XXIX: De prudenti
consiliarii regis filio
De futuro saeculo
Exemplum XXX: De latrone qui
nimia eligere studuit
Exemplum XXXI: De opilione et
mangone
De morte
Exemplum XXXII: De philosopho
per cimiterium transeunte
Verba mortui cuiusdam
Exemplum XXXIII: De aurea Ale-
xandri sepultura
Exemplum XXXIV: De heremita
suam corrigente animam
De aliis heremitarum dictis
De timore Dei
Epilogus
Dalla Disciplina clericalis all’Italia 595
Più che pensare a una selezione dei materiali provenienti dal testo
latino, pare che i copisti italiani o non abbiano voluto tradurre tutto il
libro di Pietro Alfonso, o forse abbiano avuto tra le mani una copia
mutila dalla quale copiavano e volgarizzavano. La stessa trasmissione
manoscritta del volgarizzamento, come illustra assai bene P. Divizia33,
ci dimostra come il testo sia stato alterato in più parti. Alcuni mano-
scritti, infatti, abbreviano o ampliano porzioni di testi, il che lascia
supporre una evidente tendenza ad adattare il testo a pubblici diversi.
Ritornando ai novellatori italiani, va tuttavia notato che delle tre
sezioni in cui la Disciplina clericalis può essere tematicamente sud-
divisa, essi prelevano microtesti appartenenti ai primi due gruppi, in
particolare dove il tema affrontato da Pietro Alfonso tratta dei vizi e
delle virtù umane, e le relazioni tra gli uomini. In altri termini, gli au-
tori due e trecenteschi italiani sembrano essere interessati a quella
parte del testo più narrativa ma che dal punto di vista tematico attec-
chisce meglio nella visione del mondo di chi fruisce il testo. Se poi si
analizza più da vicino il tema di ciascuna novella italiana, il risultato
ci mette dinnanzi a una situazione ancora più interessante; si veda la
seguente tabella:
Autore/testo Tema
Chi gabba rimane gabbato
Novellino Chi gabba rimane gabbato
Risposta arguta
Chi gabba rimane gabbato
Generosità/avarizia; motto arguto; chi gabba rimane gabba-
Boccaccio, to
Decameron Astuzia delle donne; chi gabba rimane gabbato
Amicizia
Sercambi, Chi gabba rimane gabbato
Novelliere Amicizia
33
DIVIZIA, Novità per il volgarizzamento, cit.
596 Gaetano Lalomia
34
PIOLETTI, Fra Oriente e Occidente cit., pp. 99-100 mette bene in evidenza la necessità
di superare il concetto di Oriente che si contrappone a Occidente come di due entità separate.
Dalla Disciplina clericalis all’Italia 597
35
La stessa novellistica araba è il frutto di scambi con altre tradizioni, quella greca (cfr.
GUTAS, Pensiero greco cit.), quella persiana, quella indiana (cfr. M.J. VIGUERA MOLINS, La
cuentística árabe en al-Andalus, in El cuento oriental cit., pp. 213-236, alle pp. 215-219). An-
drebbe pertanto seriamente presa in considerazione l’ipotesi lanciata qualche anno fa da A.
Varvaro, in occasione della presentazione del volume Medioevo romanzo e orientale. Il viag-
gio dei testi cit., di rintracciare non solo i biglietti di andata dei testi e dei temi (Oriente > Oc-
cidente), ma anche quelli di ritorno (Occidente > Oriente) senza tuttavia ricorrere, ovviamen-
te, a una posizione eurocentrica.
36
E. PALTRINIERI, Il Libro degli Inganni tra Oriente e Occidente. Traduzioni, tradizione e
modelli nella Spagna alfonsina, Firenze, Le Lettere, 1992, p. 28.
598 Gaetano Lalomia
della sua provenienza si trovano sparse ovunque, e non solo nei nomi
(Arabas), ma anche nella visione del mondo: la cornice, per es., quale
espediente per trasmettere innanzitutto il sapere, e quindi la visione
della giustizia, che viene prontamente mutata in quella mercantile da
Boccaccio nella novella di Tito e Gisippo. Già questo esempio sugge-
risce cosa possa essere avvenuto. La Disciplina clericalis deve essere
stata considerata dai novellatori italiani quale collettore di storie la cui
morale ben si adattava agli ambienti e alle circostanze culturali della
penisola nel corso del Due e Trecento. Anche la rielaborazione del rac-
conto del de integro amico da parte di Boccaccio mi pare vada in que-
sta direzione; anzi, qui si nota come il racconto di partenza costituisca
solo una fonte d’ispirazione visto che la riscrittura di Boccaccio non si
limita ad alcuni cambiamenti, bensì a un totale stravolgimento del
racconto di Pietro Alfonso. Boccaccio piega la fonte alla propria ideo-
logia, riducendo il racconto della Disciplina clericalis solo a uno
spunto per poter affrontare una serie di argomentazioni morali e socia-
li. S. Battaglia aveva ben messo in evidenza come Boccaccio appesan-
tisca l’agile narrazione di Pietro Alfonso con elementi non tanto narra-
tivi quanto con variazioni minime che rendono il racconto lungo e ad-
dirittura inverosimile37. La lunghezza è determinata soprattutto dalle
ampie pause riflessive dei protagonisti, che spingono il lettore a ci-
mentarsi in riflessioni sul valore dell’amicizia, che invece nel racconto
di Pietro Alfonso sono molto più semplici e rapide. Gli stessi prota-
gonisti, che nel racconto della Disciplina acquisiscono lo statuto di
personaggi (attanti), subiscono uno stravolgimento diventando dei veri
e propri eroi che attuano seguendo il criterio della dismisura. Per
quanto riguarda il tema di base, la Disciplina clericalis lo adatta se-
guendo lo stile della letteratura esemplare; si tratta di uno schema as-
sai semplice nel quale la brevitas diventa il criterio compositivo fon-
damentale, costituito essenzialmente da minime sequenze narrative. A
tale proposito Stearns Schenck osserva che l’esempio tende a elimina-
re qualsiasi elemento strettamente narrativo per concentrarsi sull’azio-
ne, sicché più che narrare, aggiungerei, l’esempio “dice” in modo sin-
tetico un evento38. La ragione di tale caratteristica va rintracciata nella
37
BATTAGLIA, La coscienza letteraria cit., pp. 509 e sgg.
38
M.J. STEARNS SCHENCK, Narrative Structure in the Exemplum, Fabliaux, and the Nou-
Dalla Disciplina clericalis all’Italia 599
finalità del “dire” l’esempio, ovvero nel bisogno di fare di esso un pa-
radigma per il fruitore; la brevità, l’essenzialità del fatto, doveva in
qualche modo costituire un rimando immediato alla morale che il fatto
in sé contiene: X = Y. La sovrapponibilità tra X e Y doveva essere im-
mediata e garantita, dove appunto X è il caso esposto, detto dall’esem-
pio, mentre Y è il fruitore che doveva in qualche modo identificarsi
con X39.
Nella Disciplina clericalis vi sono esempi anche piuttosto lunghi,
ma nonostante ciò essi sono costruiti a partire dal modello appena il-
lustrato. La novella, o meglio, l’uniformarsi della dimensione degli
esempi a quella della novella, modifica totalmente questo stato di cose
perché muta il presupposto del narrare: appunto non “dire”, bensì
“narrare”. Raccontare implica problematizzare gli eventi, ovvero trat-
tare di eventi e focalizzare l’attenzione sulle loro implicazioni40, un
processo che era già avvenuto nei fabliaux, ma che Boccaccio siste-
matizza in modo definitivo, dando a questo tipo di narrazione lo sta-
tuto di un genere ben definito, appunto la novella. Lo scheletro delle
novelle rimane fondamentalmente lo stesso di quello degli esempi di
Pietro Alfonso, ma l’aggiunta di particolari, l’osservazione su alcuni
elementi considerati realistici (che poi altro non sono che elementi
narrativi atti a fornire dettagli con il fine di intrattenere), il punto di vi-
sta ironico su alcuni aspetti tematici, servono a generare un problema,
o, meglio, a narrare l’evento problematizzandolo, dimostrando così
che gli eventi sono soggetti a cambiamenti continui indipendentemen-
te dalla morale. Se, quindi, l’esempio dà all’evento un’unica interpre-
tazione, quella della voce narrante, la novella prospetta diverse inter-
pretazioni che spesso ribaltano gli standard morali convenzionali. Il
velle, in «Romanic Review», 72 (1981), pp. 367-382, alle pp. 370-371. In tal senso non so
quanto sia condivisibile ciò che affermava BATTAGLIA, La coscienza letteraria cit., pp. 472-
473: «Continuare a considerarlo, l’esempio, come un racconto embrionale, un gradino cioè
nella scala evolutiva della narrativa, equivale ad escludersi dalle ragioni della storia, per un
illusorio e piuttosto erroneo concetto di sviluppo letterario, che quasi sempre fa violenza al-
l’obiettiva realtà storica e ne tradisce la più intrinseca qualità».
39
Da qui il carattere metaforico dell’esempio evidenziato da J. BERLIOZ, Le récit efficace:
l’exemplum au service de la prédication (XIIIe-XVe siècles), in «Mélanges de l’École fran-
çaise de Rome. Moyen Âge-Temps modernes», 92 (1980) [= Rhétorique et Histoire. L’exem-
plum et le modèle du comportament dans le discours antique et médiéval], pp. 113-146, alle
pp. 122-127.
40
STEARNS SCHENCK, Narrative Structure cit., p. 381.
600 Gaetano Lalomia
43
L. BATTAGLIA RICCI, ‘Una novella per esempio’. Novellistica, omiletica e trattatistica
nel primo Trecento, in Favole parabole istorie cit., pp. 31-53, a p. 44.
602 Gaetano Lalomia
44
G. MAZZACURATI, All’ombra di Dioneo. Tipologie e percorsi della novella da Boccac-
cio a Bandello, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, 1996, p. 83 parlava già di una sorta di
migrazione di intrecci e di trame.