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“Irc e nuove tecnologie - Esperienze e buone

pratiche”
Prof. Luca Paolini

Premessa

La mia è una tra le tante esperienze che si potrebbero raccontare, di utilizzo dei nuovi media nella
didattica; in questo senso vorrei essere il portavoce di tanti colleghi, che stanno già cercando di
rinnovare il loro modo di fare scuola e lo fanno con passione, competenza e molto probabilmente
stanno già realizzando alcune delle esperienze che oggi vi illustrerò. Molte di queste azioni
didattiche, non si svolgono in ambienti di lavoro ideali, ma nel contesto reale delle infrastrutture
della Scuola italiana, spesso ancora carente di strumenti e servizi idonei alla Media Education e più
in generale all'utilizzo delle Nuove Tecnologie. Ci muoviamo dunque come degli esploratori, dei
pionieri, di una nuova didattica, nel nostro caso della Religione Cattolica, con pochi strumenti a
disposizione; ci sono scuole che sono avanti, che già si interrogano sui nuovi processi di
apprendimento e scuole dove la Media Education è una parola sconosciuta. Alcune scuole sono
rimaste alla vecchia idea di informatica nella scuola che invece è cambiata e sta cambiando. Un
esempio per tutti: il vecchio laboratorio di informatica, sui quali sono stati investiti in passato
denaro e personale tecnico, oggi viene di fatto trasferito in classe con le LIM. La tecnologia è
entrata o meglio, dovrebbe entrare, in aula, e il ministero sta investendo su questo, dai vari progetti
per l’assegnazione delle LIM, al progetto Cl@ssi 2.0, esteso adesso anche alle primarie e alle
superiori. Questo perché mentre il laboratorio di informatica aveva il compito di insegnare ai
ragazzi come si usa il computer, oggi sono loro che lo insegnano ai docenti, e quindi il problema è
capovolto, si tratta di spiegare loro come usare bene il computer, di educarli ai media e ai
nuovi media, ma anche di utilizzare questi media come linguaggi più vicini alle modalità di
apprendimento delle giovani generazioni. E questa, come sappiamo, è la grande sfida della Media
Education.

Ho pensato di organizzare il mio intervento in due momenti, a partire dalla mia storia e dal mio
vissuto quotidiano: il primo dedicato ad una carrellata degli strumenti e dei metodi più diffusi
nella mia didattica con le Nuove Tecnologie, il secondo evidenzia sinteticamente alcuni aspetti
critici della prassi offrendo spunti concreti per il loro superamento e l'attuazione di "buone
pratiche digitali" per l'IRC.

Strumenti e metodi

Quattro anni fa aprendo il blog “Religione 2.0” volevo confrontarmi con un insegnamento della
religione che partisse anche da tutti quegli strumenti che la Rete stava mettendo a disposizione,
quasi sempre gratuitamente, e che i ragazzi cominciavano a usare nativamente.
Ho iniziato allora a lavorare in classe con le prime timeline interattive, con i fumetti animati, con i
podcast, in diverse lingue, ho aperto una sezione del mio blog, orientato “nativamente” agli
insegnanti, anche ai miei alunni, per raccogliervi materiali e strumenti da utilizzare in classe.
Nell’ultimo anno però mi sono reso conto che per lavorare bene in classe con le nuove tecnologie,
bisognava che utilizzassi con più decisione due paradigmi: uno quello di autorialità, l’altro la
fluidità legato all’utilizzo in classe dei nuovi media.
Provo a illustrare concretamente come questi paradigmi si sono tradotti, o meglio, si possono
tradurre nella didattica di tutti i giorni. I nostri alunni a casa, che lo vogliamo o no, sono "autori",
autori di video, di immagini, di blog. A scuola sono solo spettatori di una azione didattica che non li
coinvolge fino in fondo e non va a stimolare la loro capacità creativa, che poi è il motore di un
apprendimento significativo per un nativo digitale. Allora nel mio lavoro in classe, quando è
possibile, cerco prima di tutto di lavorare con gli alunni in modo creativo, stimolando e suscitando
quello che potenzialmente sono in grado di dare come autori e “incastrando” tutto questo in modo
fluido, tramite connected devices, con le nuove tecnologie, internet, facebook, cellulare,
blog.

Provo a fare alcuni esempi calibrati ovviamente sulla scuola secondaria di 1°:

- All’inizio dell’anno chiedo a ciascun alunno di descriversi su una pagina di Facebook vuota
stampata e fotocopiata e poi a casa di crearsi un avatar su uno dei siti gratuiti che conosco e
che sia affidabile e successivamente di portare a scuola l’avatar per mostrare ai compagni
come ci si è immaginati e fumettizzati. Naturalmente solo l’idea di riempire una pagina di
facebook su carta, ai ragazzi piace molto e attiva già tutta una serie di processi motivazionali
non indifferenti. Lo stesso si può fare con una pagina di Twitter, i ragazzi devono lasciarmi
un messaggio dicendomi che cosa c’è di nuovo nella loro vita, dopo tre mesi di lontananza
dalla scuola. Un modo per usare strumenti tradizionali con una veste completamente nuova.
- Adesso si tratta di creare la prima pagina del quaderno, con un disegno che in qualche modo
abbia a che fare con la religione. Spiego loro che deve essere non bello ma fantasioso,
creativo. Il premio è la possibilità di vederlo pubblicato su internet, sul blog, su facebook, su
flickr. A questo punto entra in gioco la fluidità, prendo il telefonino e fotografo il disegno o i
disegni più belli e immediatamente li condivido in rete. Il pomeriggio tutti gli alunni con i
loro genitori vanno a vedere il disegno pubblicato. Autorialità e fluidità. Niente scanner,
complicazioni, marchingegni ecc…
- Lo stesso discorso per un qualsiasi argomento che necessiti di un brainstorming iniziale.
Ogni alunno scrive sul proprio quaderno le parole associate ad un determinato argomento,
poi chiedo ad uno di loro di raccogliere e digitalizzare tutte le parole per creare una nuvola
di tag dalla quale poi si parte per la discussione. Con una piccolo computer, un tablet e una
connessione ad internet si può fare il tutto in 50 minuti, magari proiettando le varie fasi del
lavoro con un video proiettore, un televisore o con la LIM.
- La conoscenza dei nuovi alunni nelle classi prime anche alle superiori, può essere fatta
sempre utilizzando questo paradigma: autorialità e fluidità. Si registrano con il cellulare le
voci dei ragazzi che si descrivono e previa autorizzazione dei genitori, si caricano come
podcast su uno dei tanti servizi in rete che lo permettono. Il pomeriggio l’alunno con i
genitori andrà a riascoltare la sua intervista.
- Lo stesso strumento, il podcast, cioè la registrazione voce può essere usata per le interviste,
audio letture, commenti a fatti e a situazioni e per gli slidecast. Fino ad ora tutto quello che
vi ho descritto si può fare anche con uno dei cellulari di ultima generazione, senza necessità
di portare il computer a scuola.
- Anche gli stessi alunni possono usare il loro cellulare e ci sono molti modi per farlo
(Piercesare Rivoltella - “A scuola con i media digitali”). Il garante della privacy
recentemente ha pubblicato un opuscolo nel quale si indica chiaramente cosa si può e cosa
non si può fare a scuola, anche con le nuove tecnologie. L’uso a scuola del cellulare è
permesso per uso personale e ai fini della didattica. Ma questi sono solo alcuni esempi,
ognuno di voi può dare spazio alla propria fantasia inventando attività didattiche che
presuppongano l’uso dei cellulari. Facendo attenzione a:
o Stare attenti che poi il cellulare non venga usato in modo sbagliato (è un problema di
rapporto che si ha con quella classe e quindi di autorevolezza)
o Veicolare attraverso l’attività didattica un buon uso del cellulare a scuola che non
nega, ma educa all’uso consapevole.
- Il cellulare può essere usato anche per fotografare quello che si sta facendo in classe o alla
lavagna in modo da condividerlo o comunque tenere traccia e memoria del lavoro svolto.
Così come strumento da usare fuori da scuola per andare a fotografare o riprendere qualcosa
che può essere utile alla lezione.
- Altro ambito di lavoro: i video. I ragazzi sono bravissimi a creare e montare video da
mettere poi su facebook e su Youtube. Dovremmo usare queste loro capacità per “piegarle”
e incanalarle ad un buon fine. Il tutto si può svolgere tranquillamente in classe, riprendendo
disegni, immagini, o nel caso dei più grandi, anche i ragazzi stessi, per poi creare un video,
o direttamente con il cellulare oppure con il computer.
- Un altro modo di veicolare contenuti in modo innovativo sono i Social Network,
Facebook in primis. Facebook merita un discorso a parte perché è davvero delicata la
relazione con i ragazzi fuori dalla scuola ed esige, almeno con gli alunni più piccoli, regole
ben precise. Innanzitutto Facebook può essere un ottimo strumento per continuare il dialogo
educativo anche fuori dalla nostra ora settimanale. Come? Creando ad esempio una pagina o
un gruppo riservato ad una o più classi. Inviando materiali e chiedendo agli alunni di
collaborare alla costruzione di un argomento, di un progetto, di un lavoro.
- A cosa bisogna fare attenzione però?
o A non contattare personalmente i singoli alunni, meglio evitare specialmente se sono
piccoli. Preferire la comunicazione uno a molti, molti a molti (possibile con i
commenti pubblici in bacheca), più che uno a uno (il messaggio privato)
o A evitare la chat, creando liste apposite per i nostri alunni (il consiglio che posso
dare è quello di avvisare il dirigente scolastico e i genitori che si sta facendo un
lavoro con i ragazzi anche attraverso FB).
o All’effetto “Alone digitale”, l’alunno che è in contatto con noi su FB deve essere
valutato come gli altri, evitando personali favoritismi solo perché si è creata una
“relazione” digitale.
Attenzione alla testimonianza, a quella che ho chiamato tempo fa la Facetiquette. Quello che
facciamo su FB è costantemente monitorato, sotto gli occhi dei nostri alunni. In questo senso la rete
ci chiama ad essere autentici e trasparenti. Fa tristezza vedere come alcuni colleghi scrivano sulla
loro bacheca delle vere e proprie insulsaggini, meglio allora evitare di accettare l’amicizia, ma alla
fine anche di rendere pubblico il proprio profilo.

- Essere in relazione su FB con i nostri alunni non è cosa da poco:


o Ci aiuta a conoscere aspetti della loro personalità che spesso a scuola non emergono
o Ci aiuta ad intervenire tempestivamente in caso di bisogno
o Ci aiuta a guidarli in modo corretto all’uso della rete

In questo anno scolastico ho introdotto una novità che è l’uso e la sperimentazione dell’iPad come
risorsa agile e interattiva. L’ideale ovviamente sarebbe che ogni alunno ne avesse uno a
disposizione, si può ovviare a questo collegando l’iPad ad un videoproiettore, per usarlo come una
LIM arricchito da una vera esperienza Touch. In particolare con l’iPad al momento si possono:

- creare una LIM


- creare mappe concettuali arricchite di immagini
- creare fumetti
- navigare su internet
- vedere filmati, documentari
- proiettare testi a video
- fare giochi
- usare applicazioni specifiche
- visualizzare modelli in 3D
- compiere viaggi virtuali con le mappe o guide turistiche
- creare slidecast

Il vantaggio dell’iPad al momento rispetto alla LIM e agli altri tablet è la infinita quantità di
applicazioni che ci permettono di spaziare dai puzzle alla Cappella Sistina.

Limiti e Soluzioni

Vorrei ora parlare dei limiti e delle difficoltà che possiamo incontrare quando si ha a che fare con il
lavoro digitale a scuola:
- Attenzione al tempo: abbiamo solo 50 minuti o 1 ora di lezione a settimana. I
preparativi per fare una lezione interattiva devono prendere solo pochi minuti del nostro
tempo prezioso. Arrivare in classe, portare i ragazzi in laboratorio, accendere i computer,
vuol dire alla fine fare 20 minuti di lezione.
- Programmazione vs. Improvvisazione: la fluidità non è sinonimo di
improvvisazione, utilizzare le nuove tecnologie in modo fluido significa programmare
anzitempo le attività, gli interventi, quando e come utilizzerò i nuovi media, e su questa
programmazione che devo usare fluidamente la tecnologia. Esempio: preparo dei disegni,
preparo i commenti con i ragazzi poi arrivo in classe con il cellulare e in una lezione registro
e monto un video e magari lo metto in rete.
- Uso moderato e quindi programmato del digitale (Didattica Mista): è bene
continuare ad usare il libro di testo, anche perché i libri del futuro saranno già in parte
digitali. I risultati migliori, almeno dicono le ricerche (Paolo Ferri – “La scuola
Digitale”), si hanno quando la tecnologia è usata con moderazione e con finalità e obiettivi
ben precisi e programmati. La riflessione che induce la lettura di un libro rimane ancora
oggi fondamentale per formare strutture cognitive, organizzare il pensiero e formare lo
spirito critico. E poi un libro può essere integrato dal piacere di ampliare sul web ciò che si è
letto
- Attenzione alla tecnofilia (mero fascino della tecnologia). La tecnologia deve servire a
creare nuovi ambienti di apprendimento, a dare orizzonti di senso larghi e a creare una
nuova generazione di giovani responsabili e “adulti”.

In seconda battuta voglio accennare, a puro titolo di esempio, ad alcune soluzioni che riguardano le
competenze mediali degli idr e il problema dei costi, che non possono essere caricati
purtroppo sulla scuola.

1) Nel primo caso si può risolvere il problema chiedendo aiuto agli alunni che saranno ben lieti di
coadiuvarci in questo percorso di studio. Nicholas Negroponte, l’inventore del programma “Un
computer per un bambino” afferma che il problema del gap tra alunni e docenti si risolve
“facendo si che gli insegnanti diventino sufficientemente sicuri di sè da
accettare che siano i bambini a mostrare loro come si usa il computer”. Occorre
una sinergia tra alunni che hanno praticità con le TIC e docenti che hanno la saggezza e la capacità
di vederne pregi e difetti.
2) Nel secondo caso i costi sono talmente contenuti che con un po’ di sacrificio e rinunciando a
qualcosa, ci possiamo rendere indipendenti e leggeri, in modo da non aggiungere stress a stress…
Le LIM che stanno arrivando ovviamente ci facilitano la vita. E in ogni caso si può anche fare
innovazione con un cellulare o semplicemente aprendo un blog, a costo zero, il non farlo alla fine, è
più una scusa tecnofobica che altro.

Due parole infine sulla dotazione tecnologica per le nostre lezioni. Anche qui vale il discorso
della fluidità, della portabilità e dell’usabilità. Ci sono i netbook che sono piccoli, si collegano a
internet e al videoproiettore e che sono adatti per lavorare in classe. Io personalmente, sono
propenso a lavorare in classe con un tablet, nel mio caso con l’ipad, che costituisce un ulteriore
salto di qualità rispetto al netbook, principalmente per la facilità d’uso, la durata della batteria,
l’interfaccia Touch che di fatto ci permette, come abbiamo detto, di avere una LIM in tasca. E per
quanto riguarda i proiettori sono usciti e stanno uscendo quelli tascabili a prezzo contenuto e dalle
prestazioni accettabili.

Per finire penso che valga la pena cominciare a confrontarsi con queste nuove prospettive per chi
già non lo stia facendo: vedere illuminati i volti dei ragazzi e la loro riconoscenza per aver imparato
cose nuove in modo nuovo, è il motore che ci deve spingere a vincere la nostra ritrosia, la nostra
paura, al cambiamento. Molti colleghi hanno ritrovato in questa nuova sfida della Media Education,
una nuova primavera motivazionale. Un’occasione che dobbiamo cogliere al volo e con la
quale contagiare gli “altri”, i nostri colleghi che avrebbero voluto essere qui oggi, insieme a noi e
che forse hanno il diritto di conoscere le indicazioni che emergeranno da questo incontro per
orientare o ri-orientare il loro modo di fare didattica con le nuove tecnologie.

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