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12.03.

2015

SENECA, DE PROVIDENTIA

2.11 Liquet mihi cum magno spectasse gaudio deos, 2.11 Mi è chiaro che gli dei hanno assistito con grande gioia
dum ille vir, acerrimus sui vindex, alienae saluti consulit allo spettacolo, mentre quell’uomo, fortissimo difensore di
et instruit discedentium fugam, dum studia etiam nocte se stesso, provvede alla salvezza altrui e organizza la fuga di
ultima tractat, dum gladium sacro pectori infigit, dum coloro che si ritirano, mentre si dedica agli studi anche
viscera spargit et illam sanctissimam animam nell’ultima notte, mentre si conficca la spada nel sacro
indignamque quae ferro contaminaretur manu educit. petto, mentre riversa le sue viscere e con la mano fa
fuoriuscire quell’anima divina e indegna di essere
contaminata dal ferro.
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LIQUET mihi
cum magno gaudio spectasse deos infinitiva con funz. soggettiva
dum ille vir … saluti consulit temporale
et instruit … fugam temporale coordinata alla precedente
dum studia … tractat “
dum gladium … infigit “
dum viscera spargit “
et illam … animam indignamque … manu educit “
quae ferro contaminaretur relativa consecutiva
liquet mihi: forma impersonale (‘è chiaro’) da liqueo (‘essere liquido / fluido’).
spectasse: forma sincopata dell’inf. pf. = spectavisse. L’infinitiva retta da liquet ha funzione di soggetto.
dum consulit et instruit / dum ... tractat / dum ... infigit / dum ... spargit et ... educit: serie di prop. temporali
scandita dall’anafora di dum, con variazione iniziale e finale (dum … et … / dum … et …). Si tratta del I dum (sempre
con pres. ind.), che, ripetuto, scandisce e rende con immediatezza “cinematografica” le singole “scene” dello
spectaculum al quale assistono gli dei.
I DUM: concomitanza generica (rispetto a un momento): “mentre”
dum + presente indicativo (acronico), anche in riferimento a passato o futuro;
II DUM: parallelismo cronologico, ovvero concomitanza rispetto alla durata (i due processi verbali corrono paralleli): “per tutto il
tempo che”; “finché”; “mentre”
dum + indicativo di tutti i tempi (di solito quello della sovraordinata); la concomitanza è espressa anche da quoad, donec,
quamdiu.
es. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatum est, ‘mentre a Roma si discuteva, Sagunto fu espugnata’.
III DUM: successione immediata: “fino al momento che”; “finché (non)”. La subordinata indica il momento finale della
sovraordinata.
dum + indicativo (semplice rapporto di tempo) pres. rispetto al presente; pf. rispetto al passato
+ congiuntivo (intenzionalità) pres. rispetto al presente; impf. rispetto al passato

es. Expecto, dum venias, ‘aspetto che tu arrivi’; ‘aspetto finché non arrivi’.
sui vindex: apposizione di vir; vindicare = ‘reclamare’ (ad es. se stessi: se sibi), rivendicare un diritto, e quindi
proteggere.
alienae saluti consulit: consulo = ‘decidere’, ‘deliberare’; consulo alicui = ‘mi prendo cura, provvedo a qualcuno’;
consulo aliquem = ‘consulto uno’; in aliquem consulere = ‘prendere provvedimenti contro qualcuno’ (spesso
eufemismo per ‘metto a morte qualcuno’).
etiam nocte ultima: abl. di tempo. Secondo la tradizione, Catone trascorse la sua ultima notte di vita leggendo il
Fedone di Platone, dialogo dedicato all’immortalità dell’anima.
indignamque quae ... contaminaretur: relativa consecutiva (cf. supra: dignus / indignus qui).
manu educit: secondo il racconto di Plutarco (Cato Min. 70), Catone si inflisse un colpo di spada che non fu mortale,
ma che provocò la parziale fuoriuscita delle viscere. Catone rifiutò allora le cure del medico e dilatò con le proprie mani
la ferita, fino a morirne. Sen. richiama in più luoghi questo episodio (v. ad es. tranq. an. 16,4; epist. 24,8; 70,19 etc.).

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2.12 Inde crediderim fuisse parum certum et efficax 2.12 Per questo motivo io crederei che il colpo sia stato
vulnus: non fuit dis immortalibus satis spectare Catonem poco deciso ed efficace: per gli dei immortali non fu
semel; retenta ac revocata virtus est, ut in difficiliore sufficiente ammirare Catone una sola volta; la sua virtù fu
parte se ostenderet; non enim tam magno animo mors trattenuta e richiamata, perché si mostrasse in una parte più
initur quam repetitur. Quidni libenter spectarent difficile; infatti la morte non si affronta con un animo tanto
alumnum suum tam claro ac memorabili exitu grande come quando la si ripete. Perché non dovevano
evadentem? Mors illos consecrat, quorum exitum et qui guardare con piacere il loro allievo andarsene con una fine
timent laudant. così gloriosa e memorabile? La morte consacra quelli la cui
fine è lodata anche da chi la teme [lett. ‘la morte consacra
quelli dei quali lodano la fine anche coloro che la temono’].
inde: prolettico (l’avv. anticipa quanto verrà detto dopo) con funzione causale ‘per questo’.
crediderim: cong. pf. indipendente: potenziale del presente.
Congiuntivo potenziale
Indica che qualcosa potrebbe o sarebbe potuto accadere (neg. non), i tempi sono:
- pres. o pf. per il presente e il futuro: es. quis hoc neget? opp. quis hoc negaverit?, ‘chi potrebbe negare questo?’;
- impf. per il passato: es. quis hoc negaret?, ‘chi avrebbe potuto negare questo?’.
Di solito, questo tipo di cong. è limitato a frasi formulari con soggetto generico (II p. sing.; pron. indefiniti / negativi / interrogativi /
dimostrativi neutri etc.): cf. aliquis dicat / dixerit (‘qualcuno potrebbe dire / direbbe / dirà’) vs. possum dicere (‘sarei portato a dire’),
falso condizionale.
N.B. La prima persona del perfetto (come nel caso del nostro crediderim) si usa per esprimere un’affermazione attenuata (es. dixerim
‘direi’; duxerim ‘crederei’; ausim ‘oserei’ etc.).
Si notino queste due frasi, simili fra loro:
a) “mio fratello potrebbe dirlo”: frater dicere potest. Il verbo italiano “potere” esprime una possibilità reale, oggettiva, in relazione al
soggetto determinato: in latino si ha possum all’indicativo;
b) “chi potrebbe dirlo?”: quis dicat?. Il verbo italiano “potere” significa “potrebbe avvenire che”, perché il soggetto è indeterminato:
in latino il verbo “potere” non è espresso e il verbo che in italiano dipende da esso ha il cong. di tipo potenziale.
fuisse ... vulnus: infinitiva con funz. oggettiva dipendente da crediderim; l’inf. pf. indica anteriorità rispetto alla prop.
principale.
dis immortalibus: dativo retto da satis.
spectare: infinito soggetto dipendente dall’espressione impersonale non fuit satis.
retenta ac revocata: sono termini del lessico teatrale ed esprimono l’atto di richiamare in scena gli attori: è la metafora
della vita come opera teatrale, un topos assai sfruttato nella filosofia antica (e risalente a Socrate).
in difficiliore parte: si noti l’ablativo in -e (difficiliore), anziché l’atteso comparativo in -i. Qui pars può essere
interpretato sia come ‘compito’ sia nell’accezione teatrale di ‘parte’ in un dramma’ (cf. n. precedente), benché con
questo secondo valore il sostantivo ricorra più spesso al plurale.
ut ... ostenderet: sub. finale (v. supra, § 2,5), il sogg. è la virtus.
tam magno animo ... quam: tam ... quam correlazione comparativa, la comparativa introdotta da quam corrisponde al
II termine di paragone dopo un comparativo di uguaglianza (cf. Caesar tam diligens quam Paulus, ‘Cesare è tanto
diligente quanto Paolo’).
quidni ... spectarent: interrogativa diretta negativa (-ni), quidni = ‘perché non?’. spectarent: cong. dubitativo del
passato, il sogg. sottinteso è di immortales.
Congiuntivo dubitativo
È un congiuntivo della possibilità, esprime dubbio, incertezza (reali o fittizi) in forma interrogativa (neg. non). I tempi sono:
- presente per il presente: quid agam? ‘cosa fare?’ opp. ‘cosa potrei/dovrei fare?’ opp. ‘cosa posso/devo fare?’ opp. ‘cosa
farò?’
- imperfetto per il passato: quid agerem? ‘cosa avrei dovuto/potuto fare?’ opp. ‘cosa potevo/dovevo fare?’
claro ... evadentem: ha qui luogo il passaggio dalla finzione dello spectaculum alla realtà della morte.
evadentem: participio presente riferito ad alumnum con funzione predicativa, dipendente da spectarent; la costruzione
dei verba sentiendi con il part. pres. (alternativa a quella con l’infinito) denota che la percezione è diretta e immediata
(v. supra). Evado significa ‘trarsi fuori’ da condizioni difficili, e Sen. lo utilizza con il valore traslato di ‘uscire dalla
vita’, ‘morire’, è più forte di exeo, perché evado «è un uscire con sforzo e violenza» (Traina).
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mors CONSECRAT illos
quorum exitum laudant
et qui <eum> timent
exitum: metafora lessicalizzata per mors, ovvero “l’uscita dalla vita”.
et qui: et enfatico, ha il valore di etiam (è come se fosse etiam <ii> qui …).
timent laudant: l’accostamento dei due verbi consente di sottintendere l’oggetto di timent (eum = exitum).

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Ha ora inizio la propositio, l’indicazione degli aspetti che l’oratore si propone di dimostrare: le avversità in realtà non
sono un male e hanno uno scopo educativo per i singoli e per l’umanità: i boni viri sono l’esempio di chi non si piega
alla sorte avversa. Se a un uomo non capita qualche difficoltà, prosegue Seneca nel capitolo, egli non ha la possibilità di
mettersi alla prova e di misurare così il suo valore. Dopo l’esempio di Catone (2,9ss.), in questo capitolo (§§ 4ss.)
troviamo quelli di Muzio Scevola, Fabrizio, Rutilio, Regolo, che forniscono un modello di coraggio. Al contrario,
Mecenate visse invece nei piaceri e nelle mollezze (§ 10). Il capitolo si chiude infine con le figure di Socrate e Catone,
esempi tipici di morte “stoica” (§§ 13s.).
3.1 Sed iam procedente oratione ostendam quam non 3.1 Ma ormai proseguendo nel discorso (‘nel seguito del
sint quae videntur mala: nunc illud dico, ista quae tu discorso’), dimostrerò come non siano mali quelli che
vocas aspera, quae adversa et abominanda, primum pro sembrano esserlo. Per ora, dico questo, che quegli eventi
ipsis esse quibus accidunt, deinde pro universis, quorum che tu definisci duri, contrari e da respingere, [1] in primo
maior dis cura quam singulorum est, post hoc volentibus luogo esistono a vantaggio di quegli stessi cui capitano, [2]
accidere ac dignos malo esse si nolint. His adiciam fato poi a vantaggio della totalità degli uomini, della quale gli
ista sic ire et eadem lege bonis evenire qua sunt boni. dei hanno più cura piuttosto che verso i singoli, [3] e inoltre
Persuadebo deinde tibi ne umquam boni viri miserearis; capitano a coloro che li vogliono e che sarebbero degni del
potest enim miser dici, non potest esse. male, se non li volessero. A questi aspetti aggiungerò [4]
che è per volere del fato che queste vicende vanno così e
che capitano ai buoni per quella stessa legge per cui sono
buoni. Ti convincerò infine [5] a non avere mai
compassione di un uomo per bene: è possibile infatti dire
che è infelice, ma non è possibile che lo sia.

iam procedente oratione: ablativo assoluto.


quam non sint <mala> quae videntur mala: interrogativa indiretta introdotta da quam (= ‘quanto’, davanti a un
verbo: v. supra, § 2,4). L’argomento anticipato già nel sottotitolo, ovvero la distinzione fra adversa e mala, viene qui
ripreso. La distinzione fra mali apparenti e mali reali è un tema centrale nel pensiero di Seneca, e da lui più volte ripreso
(v. e.g. epist. 85,26: scit [sc. fortis] … illa non esse mala sed videri).
Videor
Il verbo videor (‘sembrare’) può essere costruito
1) in modo personale (l’italiano risponde invece con la costruzione impersonale: “sembra”):
o con il costrutto del doppio nominativo (del sogg. e del predicativo del sogg.):
es. mihi videris bonus ‘tu mi sembri buono’; sol Democrito magnus videtur ‘a Democrito il sole sembra grande’;
o con il costrutto del nominativo con l’infinito, con funzione soggettiva:
es. mihi videris errare ‘tu mi sembri sbagliare’ > ‘mi sembra che tu sbagli’
mihi videris esse bonus ‘a me sembri essere buono’ > ‘mi sembra che tu sia buono’;
2) in modo impersonale (cioè sempre alla III pers. sing.):
o quando videor significa ‘sembrare bene’; ‘sembrare opportuno’:
es. visum est mihi de senectute aliquid a te conscribere ‘mi è sembrato opportuno comporre per te qualcosa sulla
vecchiaia’;
o quando videor è unito a un agg. neutro (come turpe, utile, idoneum, arduum etc.) o all’infinito di un verbo di
natura impersonale (pudēre, taedēre, interesse / referre, decēre, licēre, accidere etc.):
es. Idoneum visum est de hoc paucis dicere ‘mi è sembrato conveniente parlare in breve di questo argomento’;
Populo Romano melius visum est amicos quam servos quaerere ‘al popolo romano sembrò meglio cercare
amici che schiavi’;
Ducis hoc referre videtur ‘sembra che questo importi al generale’ (ducis = gen. della persona cui importa con
interest e refert: v. supra, § 2,5).
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nunc illud DICO
ista* ... primum pro ipsis** esse infinitiva epesegetica di illud
*quae vocas aspera relativa
*quae adversa et abominanda <vocas> “
**quibus accidunt “
deinde pro universis <esse> infinitiva epesegetica di illud
quorum ... est relativa
volentibus accidere infinitiva epesegetica di illud
ac dignos malo esse “
si nolint ipotetica
nunc illud dico: principale, in cui il pron. neutro illud è prolettico ed è ripreso dalle infinitive successive, che hanno la
funzione di epesegesi del pronome.
primum: accusativo avverbiale, indica la precedenza in ordine di importanza (‘come prima cosa’, ‘in primo luogo’; in
senso temporale: ‘per la prima volta’); la forma ablativa primo indica invece la precedenza in ordine di tempo (‘da
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principio’, ‘in un primo tempo’); antea (ante) indica infine l’anteriorità rispetto a un momento dato (‘prima di allora’,
‘per l’addietro’): cf. Sintassi normativa, 200. es. Tunc primum ignota antea vocabula reperta sunt ‘allora per la prima
volta si trovarono parole prima ignote’.
aspera, adversa, abominanda: tre diversi aspetti delle sventure. Sono difficili da sopportare (aspera), costituiscono un
ostacolo verso la felicità (adversa) e si vorrebbe tenerle lontane (abominanda).
pro ipsis … pro universis: ipsi sono i singoli in contrapposizione all’umanità. La sofferenza dei buoni porta un
beneficio all’umanità intera nella misura in cui i buoni mostrano che il bene e il male non sono quelli ritenuti tali e con
il loro esempio insegnano a sopportare le avversità: la sofferenza dei buoni ha dunque funzione didascalica per
l’umanità.
dis cura est: dativo di possesso. Sen. sostiene che gli dei si occupino del singolo essere umano, ma che privilegino in
realtà la prospettiva di insieme rispetto a quella individuale. La stessa cosa vale a livello cosmico, dove le singole parti
sono governate in funzione del tutto. Si tratta di un’idea stoica, ma il primato dell’umanità sul singolo è trasversale a
larga parte della cultura antica.
quam singulorum: II temine di paragone, nello stesso caso del primo (quorum).
post hoc: lett. ‘dopo ciò’, indica il terzo punto nell’elencazione che Sen. sta facendo.
fato: c’è perfetto accordo fra il corso delle cose (fatum), in cui il sapiens riconosce la ragione (logos) che governa
l’universo, e la retta volontà del sapiens stesso (guidata essa stessa dalla ragione); egli accetta quindi spontaneamente e
di buon grado il fato, superando le difficoltà, dando così prova della propria virtù e liberandosi da ogni
condizionamento esterno.
si nolint: sub. ipotetica, protasi di periodo ipotetico dipendente (dignos … esse = apodosi), I tipo: oggettività. Con i
verbi antitetici volo / nolo, Sen. contrappone i due diversi atteggiamenti – di adesione o di ribellione − di fronte alle
avversità (v. n. precedente). Chi non accetta il corso delle cose è malus e merita così di essere afflitto dai mala, secondo
l’analoga relazione di corrispondenza che si era vista fra i buoni e il bene (è del resto l’uomo stesso ad assimilare gli
eventi a se stesso).
qua sunt boni: sub. relativa, qua si riferisce a eadem lege.
persuadebo ne … miserearis: da persuadebo dipende una sub. sostantiva volitiva con ut (neg. ne). Si tenga presente
che per gli stoici la compassione (misericordia) è un vizio, perché è una forma di turbamento dell’anima, ed è dunque
estranea al sapiens.
potest [sc. vir bonus] miser dici non potest esse <miser>: il sogg. sottinteso di potest è vir bonus, che mai deve essere
commiserato: solo chi non lo conosce può infatti compatirlo. Si noti l’antitesi correttiva potest … non potest (con
anafora di potest), tipica di molte sententiae senecane.
3.2 Difficillimum ex omnibus quae proposui videtur 3.2 La più difficile fra tutte le argomentazioni che ho
quod primum dixi, pro ipsis esse quibus eveniunt ista esposto pare quella che ho nominato per prima, ovvero che
quae horremus ac tremimus. “Pro ipsis est” inquis “in sono a vantaggio di coloro ai quali accadono gli eventi ci
exilium proici, in egestatem deduci, liberos coniugem fanno rabbrividire e tremare di paura. “È a loro vantaggio”
ecferre, ignominia adfici, debilitari?” Si miraris haec pro obietti tu “essere cacciati in esilio, precipitare nella povertà,
aliquo esse, miraberis quosdam ferro et igne curari, nec dover seppellire i propri figli, la propria sposa, essere colpiti
minus fame ac siti. Sed si cogitaveris tecum remedii dal disonore, perdere la salute?”. Se ti meravigli del fatto
causa quibusdam et radi ossa et legi et extrahi venas et che queste disgrazie siano a vantaggio di qualcuno, dovrai
quaedam amputari membra quae sine totius pernicie meravigliarti del fatto che alcuni siano curati dal ferro e dal
corporis haerēre non poterant, hoc quoque patieris fuoco non meno che dalla fame o dalla sete. Ma se tu terrai
probari tibi, quaedam incommoda pro iis esse quibus a mente [lett. ‘avrai tenuto a mente’] che è allo scopo di
accĭdunt, tam mehercules quam quaedam quae laudantur curare che ad alcuni vengono raschiate e levate le ossa,
atque adpetuntur contra eos esse quos delectaverunt, estratte le vene, amputati certi arti che non possono [lett.
simillima cruditatibus ebrietatibusque et ceteris quae ‘potevano’] restare attaccati al corpo senza che quest’ultimo
necant per voluptatem. ne sia danneggiato [lett. ‘senza danno del corpo intero’],
accetterai che ti sia data dimostrazione anche di questo, cioè
del fatto che certe disgrazie sono a vantaggio di chi le
subisce [lett. ‘di coloro ai quali accadono’]: tanto, per
Ercole, quanto certe cose lodate e desiderate, sono a danno
di chi ne ha tratto piacere, come le indigestioni, le
ubriacature e gli altri eccessi che uccidono attraverso il
piacere.
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difficillimum ex omnibus <esse> infinitiva con ellissi del verbo (funz. soggettiva)
quae proposui relativa
VIDETUR <id>
quod primum dixi relativa
pro ipsis* esse ista** infinitiva epesegetica di <id>
*quibus eveniunt relativa
4
**quae horremus
**ac <quae> tremimus
difficillimum ex omnibus: il suffisso del superlativo è -issimus,- a, -um, ma gli aggettivi (tutti in -ilis) facilis, difficilis,
similis (v. infra: simillima), dissimilis, gracilis, humilis formano il superlativo con l’aggiunta del suffisso -lĭmus, -lima, -
limum ; ex omnibus = termine di relazione del superlativo relativo, espresso dal genitivo semplice (partitivo) oppure da
ex, de + abl., più raramente inter + acc.
ex omnibus quae proposui: fra i cinque punti indicati sopra. Da propono deriva il termine tecnico della retorica
propositio, cioè l’esposizione del tema da trattare (ad essa allude infatti Sen. al § 3,1).
horremus ac tremimus: la costruzione con l’accusativo (che esprime la fonte della paura) è consueta con horreo; con
tremo è invece quasi esclusivamente di uso poetico. La coppia verbale indica gli effetti fisici della paura: horreo =
rabbrividire, il drizzarsi dei peli per la paura; tremo dice il tremore dovuto alla paura.
in exilium proici / … deduci / … ecferre / … adfici / debilitari: serie di infiniti con funzione di soggetto, che
costituiscono una sorta di “catalogo” degli incommoda, elencati polemicamente da Lucilio in risposta all’affermazione
di Sen., secondo il quale le disgrazie sarebbero a vantaggio di chi le subisce.
in exilium proici: l’esilio − considerato una mera commutatio loci − non è un male per il sapiens, cittadino del mondo,
poiché non gli impedisce di fruire dei beni autentici, come la virtù. Proicio, -is, ieci, -iectum, -ĕre: ‘buttare fuori’,
‘bandire’, ‘esiliare’.
liberos coniugem ecferre: ecfero (effero) è termine tecnico per indicare le esequie: ‘portare fuori’ dalla casa il defunto
per la sepoltura. Il sapiens non si abbatte di fronte alla morte di persone care.
ignominia adfici: ignominia = privazione del buon nome, era una condanna inflitta dal censore, che consisteva
nell’esclusione da ogni tipo di rapporto sociale.
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si miraris ipotetica, protasi per. ipot. di I tipo
haec pro aliquo esse infinitiva con funz. oggettiva
MIRABERIS
quosdam ferro e igne curari sostantiva infinitiva con funz. oggettiva
nec minus fame ac siti <quosdam curari> coordinata infinitiva con funz. ogg. ellittica del verbo
si miraris … siti: periodo ipotetico di I tipo. Sen. istituisce un parallelo fra la cura del corpo e la terapia dell’anima:
come in chirurgia si ricorre di tanto in tanto all’amputazione (ferro) o alla cauterizzazione (igne) degli arti, così è talora
necessario curare l’animo in maniera dura, secondo l’idea che a volte il bene debba essere doloroso (è un paragone
diffuso da Platone sino agli autori cristiani). Siti costituisce probabilmente un accenno all’idropisia, l’eccesso di liquidi
nei tessuti, che si curava con una somministrazione molto controllata di acqua.
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sed si cogitaveris tecum ipotetica, protasi di periodo ipotetico (I tipo)
remedii causa quibusdam et radi ossa infinitiva con funz. oggettiva
et legi coordinata infinitiva con funz. ogg.
et extrahi venas “ “ “ “ “
et quaedam amputari membra “ “ “ “ “
quae non poterant haerere relativa con inf. ogg. dell’indic.
HOC QUOQUE PATIERIS tibi probari principale con inf. oggetto (apodosi di per. ipotetico)
quaedam incommoda pro iis esse infinitiva oggettiva
quibus accidunt relativa
quam quaedam* contra eos** esse … simillima cruditatibus … ceteris *** comparativa
*quae laudantur relativa
*atque <quae> adpetuntur relativa coordinata alla precedente
**quos delectaverunt relativa
***quae necant “
si cogitaveris … patieris: periodo ipotetico di I tipo (all’ind.), con anteriorizzazione della protasi, al fut. anteriore,
mentre la apodosi presenta il futuro semplice (patior, patĕris, passus sum, pati). Hoc è prolettico dell’infinitiva
quaedam … esse.
remedii causā: compl. di fine (per la causa finale, v. supra).
radi ossa et legi: talvolta si “raschiavano” le ossa, vale a dire le si mettevano a nudo per curare le ferite. Lego significa
qui estrarre le ossa o le schegge da un corpo.
extrahi venas: nel caso di vene varicose, esse venivano asportate.
amputari membra … poterant: la metafora dell’amputazione di una parte (membra) per salvaguardare la salute
dell’insieme è diffusa e impiegata con scopi differenti, sia in risposta alle obiezioni antiprovvidenzialistiche sia in
ambito politico.
totius: totus dice il tutto come unità compatta.

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«Tutto»
Per esprimere il concetto di totalità il latino dispone di:
1) omnis: il tutto analizzato nelle sue parti
Gallia omnis est divisa in partes tres;
2) totus: il tutto “sintetico”, considerato come unità compatta e indifferenziata
Tactus toto corpore aequabiliter fusus est;
3) cunctus: il tutto come unione delle parti
Vos decrevistis ut cunctis ex omni Italia ad me defendendum veniret (‘tutti in massa da ogni parte di Italia’);
4) universus: il tutto come complesso in antitesi alle parti
Universorum maior dis cura quam singulorum est.
tam … quam: correlazione comparativa, comparativo di uguaglianza.
mehercules: interiezione di natura colloquiale.
delectaverunt: pf., indica l’anteriorità dell’azione.
simillima: forma di comparativo in -limus (v. supra: difficillimum), l’aggettivo si riferisce a quaedam (quae laudantur
etc.)
per voluptatem: compl. di mezzo, solitamente per + acc. si riferisce alle persone, qui sostituisce l’abl. strumentale,
riferito alle cose.
3.3 Inter multa magnifica Demetri nostri et haec vox est, 3.3 Fra i numerosi e magnifici detti del nostro Demetrio, c’è
a qua recens sum − sonat adhuc et vibrat in auribus anche questo, che ho sentito di recente − mi risuona e mi
meis: “Nihil” inquit “mihi videtur infelicius eo cui nihil riecheggia ancora nelle orecchie − dice: “Non mi pare esista
umquam evēnit adversi”. Non licuit enim illi se experiri. nulla di più sfortunato di colui al quale non è mai capitato
Ut ex voto illi fluxerint omnia, ut ante votum, male niente di contrario”. Non gli è stato infatti permesso di
tamen de illo di iudicaverunt: indignus visus est a quo mettere alla prova se stesso. Ammettiamo anche che tutto
vinceretur aliquando fortuna, quae ignavissimum sia andato secondo i suoi desideri, o anticipandoli, gli dei
quemque refugit, quasi dicat: “Quid ergo? Istum mihi hanno tuttavia pronunciato un giudizio negativo su di lui:
adversarium adsumam? Statim arma summittet; non non è sembrato degno di vincere una volta tanto la sorte,
opus est in illum tota potentia mea, levi comminatione che fugge tutti gli individui più vigliacchi [lett. ‘ogni
pelletur, non potest sustinere vultum meum. Alius individuo oltremisura vigliacco’], come dicesse: “Che cosa,
circumspiciatur cum quo conferre possimus manum: dunque? Dovrei assumermi costui come avversario?
pudet congredi cum homine vinci parato. Abbasserà immediatamente le armi, non c’è bisogno di tutta
la mia forza contro di lui, sarà smosso da una paura lieve;
non è in grado di sostenere il mio sguardo. Si veda se c’è un
altro con il quale io possa venire alle mani: è vergognoso
scontrarsi con un uomo già preparato a essere sconfitto.
multa magnifica: sc. dicta; cf. infra, vox = ‘detto’.
Demetri nostro: filosofo cinico, vissuto nel I sec. d.C., insegnò a Roma, e la sua predicazione lasciò traccia nelle opere
di Seneca, che ebbe modo di ascoltarlo e ne ammirò profondamente l’insegnamento.
a qua recens sum: recens + a / ab + abl. = successione immediata del fatto.
eo: ablativo di paragone.
nihil umquam evēnit adversi: evēnit: pf.; adversi = gen. partitivo (retto da nihil). Per l’idea della necessità della prova
voluta dal dio buono, contrapposta alla pigra inattività, cf. supra, § 2,6.
non licuit … illi se experiri: licuit pf. di licet (‘è permesso’), verbo impersonale dal quale dipende l’infinitiva con
funzione soggettiva; cf. l’uso analogo con oportet, placet, interest, refert, (me) paenitet, (me) piget, (me) taedet e simili
(es. oportet patriam diligere, ‘bisogna amare la patria’; me paenitet haec dixisse, ‘mi pento di avere detto queste cose’),
oppure con una voce del verbo sum accompagnata da un aggettivo neutro o da un sostantivo come lex, mox, tempus
oppure da un genitivo di convenienza (es. dulce et decorum est pro patria mori, ‘è bello e onorevole morire per la
patria’; mos est haec dicere, ‘è tradizione dire queste parole’; tempus est abire, ‘è il momento di andare’; consulis est
rei publice providere, ‘è dovere di un console provvedere allo stato’).
ut … fluxerint omni / ut ante votum: sub. concessiva (v. supra); l’avverbio tamen (‘tuttavia’) nella reggente è
correlato alla cong. concessiva.
indignus visus est <is> a quo vinceretur aliquando fortuna: indignus = compl. predicativo del soggetto (sottinteso);
lett. ‘è sembrato indegno colui dal quale la sorte fosse vinta una volta o l’altra’, cioè ‘non è sembrato [tanto] degno [da]
poter vincere etc.’: la relativa ha valore consecutivo.
aliquando: avverbio di tempo (‘qualche volta’, ‘una volta o l’altra’; cf. aliquis: persona esistente ma non
individuabile): è indeterminato e riferito per lo più (ma non solo) al futuro; per la differenza con quondam e olim, v.
supra, § 2,7.
ignavissimum quemque: ignavissimus superlativo di ignavus; quemque da quisque = ‘ciascuno’, singolarmente
considerato (pronome indefinito distributivo); per la differenza con omnis, v. supra, § 2,3 (fortissimis quibusque).
quasi dicat: comparativa suppositiva introdotta da quasi + cong.; personificazione della fortuna, che a questo punto
prende la parola in forma diretta. La personificazione di un concetto astratto è diffuso nella tradizione filosofica antica.

6
opus est: ‘occorre’, c’è bisogno’, ‘è necessario’; tota potentia mea può essere interpretato sia come un nom. che come
un abl.:
Opus est ha:
1) la persona cui occorre qualcosa sempre in dativo;
2) la cosa che occorre in ablativo (costrutto impersonale)
es. Non opus est verbis, sed fustibus ‘non c’è bisogno di parole, ma di bastonate’;
in nominativo (costrutto personale), sempre se si tratta di pronome o aggettivo neutro
es. Mihi frumentum non opus est ‘non ho bisogno di frumento’.
N.B. anche l’infinito può avere funzione di soggetto (es. In hoc opus est philosophari ‘su questo punto è necessario fare un
ragionamento filosofico’ [lett. ‘il filosofeggiare’]).
Opus est indica una utilità in ordine a un dato scopo, un bisogno generalmente dipendente dalla nostra volontà, a differenza di
necesse est, che designa una necessità inequivocabile e assoluta (si può rendere infatti anche con ‘è ineluttabile’, ‘è fatale’); oportet
esprime invece una convenienza di carattere morale o pratico (‘è conveniente’, ‘occorre’).
levi: abl. di lĕvis, lĕve = ‘leggero’; cf. lēvis, lēve = ‘liscio’.
pelletur: ind. fut. da pello, -is, pepuli, pulsum, -ĕre (‘colpire’).
cum quo conferre manum: confero = ‘portare insieme’, ‘riunire’, ma anche ‘avvicinare’ specialmente in senso ostile:
conferre manum cum aliquo = ‘venire alle mani con qualcuno’.
pudet: ‘vergognarsi’.
Misĕret, paenĭtet, piget, pudet, taedet
misĕret, miseritum est / miseruit ‘provare compassione’
paenĭtet, paenituit, paenitēre ‘pentirsi’
piget, piguit, pigēre ‘provare rincrescimento/fastidio’
pudet, pudĭtum est (puduit), pudēre ‘vergognarsi’
taedet, pertaesum est, taedēre ‘annoiarsi’, ‘essere stanco’

Questi cinque verbi sono impiegati solo alla III persona singolare (impersonali). La persona che prova il sentimento si pone in caso
accusativo:
me miseret la compassione prende me > io ho compassione
te paenitebit il pentimento prenderà te > tu ti pentirai
eum piguit il rincrescimento prese lui > egli provò rincrescimento (non se, che si riferirebbe al rincrescimento)
te pudeat la vergogna prenda te > vergognati!
eos (non se) pertaesum erat la noia aveva preso loro > essi si erano annoiati.
La cosa che suscita il sentimento si pone:
a) al genitivo, se si tratta di sostantivi o pronomi:
me vitae taedet ‘la vita mi annoia’, ‘sono stanco della vita’
me eius miseritum est ‘provai compassione per lui’, ‘mi fece pena’
b) al nominativo, se si tratta di un pronome neutro:
id quod pudet facilius fertur quam id quod piget ‘si sopporta più facilmente ciò che fa vergogna di ciò che rincresce’
c) all’infinito, se si tratta di verbi:
me taedet vivere ‘mi annoia vivere’, ‘sono stanco di vivere’
nonne pudet physicos haec dicere? ‘i fisici non si vergognano di fare simili affermazioni?’
d) quod (quia) + cong. o ind., acc. + inf. o int. ind., se si tratta di proposizioni:
An paenitet vos quod classem hostium profligaverim? ‘vi dispiace forse che io abbia sconfitto la flotta dei nemici?’
Pudet te ausum illum esse incedere ‘ti vergogni che egli abbia avuto il coraggio di farsi avanti’
A senatu quanti fiam, minime me paenitet ‘non mi lamento della stima che ha per me il senato’
[il genitivo di stima (morale) quanti, richiesto da fio, ha qui con funzione interrogativa].

N.B. Se uniti a un verbo servile si collocano all’infinito, mentre il verbo servile passa alla III persona sing.
es. Neque me tui neque tuorum liberorum misereri potest ‘non posso avere compassione né di te né dei
tuoi figli’
Malo, nolo, volo, cupio, studeo hanno invece la costruzione personale:
es. Illius malo me quam mei paenitere ‘Preferisco essere scontento di lui che di me’

3.4 Ignominiam iudicat gladiator cum inferiore componi 3.4 Il gladiatore ritiene un disonore affrontare un avversario
et scit eum sine gloria vinci, qui sine periculo vincitur. a lui inferiore e sa che si vince senza gloria chi si vince
Idem facit fortuna: fortissimos sibi pares quaerit, senza pericolo. Lo stesso fa la sorte: cerca gli avversari più
quosdam fastidio transit. Contumacissimum quemque et forti, pari a lei, a certi passa oltre con disprezzo. Assale il
rectissimum adgreditur, adversus quem vim suam più fiero e il più inflessibile, contro il quale dirige la sua
intendat: ignem experitur in Mucio, paupertatem in forza: su Mucio ha provato il fuoco, la povertà su Fabrizio,
Fabricio, exilium in Rutilio, tormenta in Regulo, l’esilio su Rutilio, i tormenti su Regolo, il veleno su Socrate,
venenum in Socrate, mortem in Catone. Magnum la morte su Catone. Un grande esempio lo trova solo la
exemplum nisi mala fortuna non invenit. cattiva sorte.

7
ignominiam … componi: componi = inf. oggetto, ignominiam = predicativo dell’oggetto. Compono è verbo tecnico del
lessico gladiatorio (v. supra, § 2,9).
sine gloria vinci … sine periculo vincitur: si noti la struttura simmetrica del periodo.
adversus quem … intendat: sub. relativa con una sfumatura finale.
ignem experitur in Mucio… in Catone: il sogg. è sempre la fortuna. Experior, -iris, expertus sum, -iri =
‘sperimentare’, ‘provare’, ‘mettere alla prova’; aliquid experiri in aliquo = provare qualcosa su qualcuno (es. vim veneni
experiri in servo, ‘provare l’efficacia di un veleno su di uno schiavo’). Nei paragrafi successivi, Sen. tratterà una a una
le figure qui elencate. Cf. supra, § 3,2, in cui Lucilio aveva enumerato una serie di disgrazie (esilio, povertà, lutti
familiari, disonore, malattia), per respingere la tesi secondo cui gli eventi sfavorevoli sarebbero a vantaggio di chi li
subisce.

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