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Capitolo III:

Intervista a Roberto Beggio su Dizzy Gillespie a Bassano del Grappa

In questo articolo riporterò la piacevole esperienza dell’incontro con Roberto Beggio in un caffè di
Castelfranco Veneto, luogo in cui con immenso piacere mi ha concesso un’intervista sul rapporto avuto
con Dizzy Gillespie negli anni che passò a Bassano del Grappa, cittadina di Vicenza.

Figure 1: Roberto Beggio

Roberto Beggio è nato a Valdagno (Vicenza), si è diplomato al conservatorio di Venezia nel 1976 con il
massimo dei voti e nello stesso conservatorio ha iniziato ad insegnare pochi anni più tardi. Ha svolto
attività concertistiche nella musica contemporanea, soprattutto Jazz, ed è stato il primo clarinetto
dell’Orchestra A. Pedrollo di Vicenza. Un altro importante ruolo rivestito è stato quello di direttore
artistico della Scuola Popolare di Musica Jazz “D.Gillespie” di Bassano del Grappa. Svolge tutt’ora
attività concertistiche ed è un grande appassionato di Jazz Dixieland, genere abbastanza raro da
incontrare e ascoltare nelle nostre sale da concerto o Jazz club.

Roberto inizia subito raccontandomi come venne accolto Dizzy Gillespie al momento dell’ingresso a
Bassano, facendomi degli appunti per aiutarmi a contestualizzare meglio il momento e le figure in campo
in quest’avventura di Jazz bassanese.

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Tutto ebbe inizio grazie a Lilian Terry, cantante, traduttrice e producer. Una donna dalle infinite risorse
che si trasferì nel nord est Italia per coniugare vari amori per questa terra.

Suo figlio, Francesco Crosara, pianista vicentino che ora vive negli Stati Uniti, è amico di Roberto e ha
favorito il contatto tra quest’ultimo e Lilian, la cui presenza a Bassano attirò nella città nel corso degli
anni un grandissimo numero di artisti americani, tra i più famosi della scena Jazz.

Nel 1983 Dizzy fece il suo ingresso a Torino, presentando un concerto accompagnato dall’orchestra
sinfonica residente. Fu durante questo concerto che Lilian colse l’occasione di invitare Dizzy a Bassano
del Grappa, il quale non si fece scappare l’occasione per addentrarsi e scoprire una nuova realtà.

Roberto ricevette una telefonata da Lilian, con la proposta di accogliere Dizzy in grande stile. Senza
perdere un secondo accettò la proposta e decise di coronare questo momento con un arrangiamento di
Con Alma, brano dello stesso Dizzy Gillespie, un pezzo un po' lento, ma per l’occasione riarrangiato dal
maestro Roberto Beggio e dal pianista vicentino Paolo Birro in stile di marcia, per esser poi suonato
dall’orchestra di Bassano, composta da soli fiati. All’arrivo della star del Jazz l’emozione è tanta, anche
quella espressa dallo stesso Dizzy, lusingato da tale accoglienza e dal tanto calore umano datogli dalla
città e dai suoi cittadini.

Figure 2: Roberto Beggio presenta la Filarmonica di Bassano.

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La Filarmonica suonò l’arrangiamento e la Scuola Popolare di Jazz venne inaugurata in onore di Dizzy
Gillespie. Subito si instaurò un forte legame tra le due parti: Roberto mi racconta del poco tempo che
impiegò per realizzare la grandezza della persona che aveva al suo fianco, tanto a livello umano quanto
musicale.

Figure 3: Dizzy Gillespie e Lilian Terry applaudendo la Filarmonica di Bassano.

Dizzy a questo punto volle contraccambiare l’affettuoso benvenuto e chiese a Roberto di insegnargli una
canzone della tradizione locale e lui gli intonò Sul Ponte di Bassano. Dizzy la appuntò su di un foglio di
carta e la stessa sera imboccò la tromba e iniziò a suonare quel brano tanto caro alla tradizione bassanese,
ma dopo qualche battuta la magia portò le note in un altro emisfero, sconvolgendo il brano
melodicamente e ritmicamente, trasformandolo in un formidabile solo di tromba in pieno stile “Dizzy”.

Figure 4: Roberto Beggio a sinistra con Dizzy Gillespie mentre suona “Sul Ponte di Bassano”.

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La mattina seguente Roberto si recò all’hotel dove Dizzy soggiornava; il trombettista voleva parlare con
il musicista che il giorno precedente aveva suonato per il suo arrivo, per fargli notare che il bridge del
brano era leggermente differente da come era stato suonato e armato di carta e penna Dizzy gli scrisse
quella parte di brano come da originale. Inutile dire che Roberto conserva con grande orgoglio quel
bridge appuntato direttamente dal compositore.

A quei tempi Lilian aveva una casa sui colli di Asolo, dove durante diverse serate si ritrovavano i maestri
della scuola di Bassano, riuniti come discepoli attorno a Dizzy, ascoltando affascinati storie di vita e di
musica del grande maestro. È in questi momenti che risalta la personalità giocosa di Dizzy, come quando
spiegò a Massimo Donà, trombettista e filosofo veneziano, che lui era la persona meno adatta per
insegnargli a suonare la tromba: tenendosi le labbra con il dito simulando l’atto del suonare, mostrò a
tutti l’anomalo gonfiore che produceva la sua bocca quando soffiava nel bocchino.

Roberto mi descrive il metodo affascinante che Dizzy utilizzava per spiegare un ritmo o una parte di
brano. Iniziava sfregando le mani l’una contro l’altra, producendo un effetto simile alle spazzole sul
rullante, e nel mentre le sbatteva invertendo il senso dei palmi, dando così gli accenti desiderati. Questo
aspetto ci fa capire quanto fosse importante per lui l’assimilazione del ritmo a livello corporeo.

Roberto mi fa inoltre notare che Dizzy sul palco ballava in continuazione, come quando lo vide a Torino,
nel 1983, salendo sul palco già ballando. Da ricordare anche la formidabile band che lo accompagnò per
la seconda parte del concerto, dopo l’apertura fatta a fianco della Sinfonica di Torino. Alla batteria c’era
un’eccezionale Bernard Purdie e a completare le fondamenta ritmiche non potevano mancare le congas.
Era abitudine di Dizzy dare ai musicisti con cui suonava la campana e una bacchetta in mano, assegnando
il compito di battere la clave durante parte dell’esibizione, creando così interessanti poliritmie.

Una delle citazioni più belle che ricorda di Dizzy, dice:

<<Non è tanto l’accordo straordinario che interessa alla gente. Alla gente interessa poter ballare quello
che suoni.>>

Da qui mi sorge spontanea la domanda: cosa aveva portato Dizzy all’avvicinarsi alla musica cubana?
Roberto mi risponde, molto semplicemente:

<<Dizzy voleva ballare! E far ballare! Proprio così si innamorò di questi stili, allegri e goderecci come
la sua personalità; d'altronde il soprannome Dizzy significava pazzerello. Sicuramente l’aspetto più forte
che ricava dalla musica cubana è quello ritmico, più che melodico. Probabilmente è questa la ragione
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per cui quest’isola tra le Americhe gli aprì una nuova strada, che mai fu esplorata prima dal mondo del
Jazz americano.>>

Dizzy fu un grande esempio anche per il suo contemporaneo Miles Davis, e viceversa immagino.
All’epoca Miles sperimentava con la fusion la vicinanza alla musica elettronica e in un incontro tra i due,
Dizzy chiese a Miles cosa lo stesse portando a fare quella musica. Rispose che fu lo stesso Dizzy ad
insegnargli di restare sempre in movimento, ovvero di ricercare in continuazione all’interno e all’esterno
della musica.

Durante il racconto di Roberto viene spesso esaltata la personalità pura e altruista di Dizzy, tanto forte
da poter compensare le pazzie del carissimo compagno Charlie Parker. Roberto chiese direttamente a
Dizzy cosa provò quando il caro compagno, co-inventore del Bebop, se ne andò. Dizzy gli rispose che
assieme a Parker morì anche metà del suo cuore.

<<E la tournè con Sam Rivers?>> Mi dice Roberto.

Mi racconta che venne organizzata da Dizzy per far rientrare Sam con le finanze in un momento difficile.
Nonostante Sam sul palcoscenico accusasse un po' la vecchiaia, quando Dizzy entrava in azione riportava
ad un livello stellare la qualità della performance. <<Tutto quello che toccava diventava oro.>>

<<E quando suonammo assieme nel salone “alonato”?>>

In questa occasione Roberto era al sax baritono e la sala dove stavano suonando aveva una pessima
acustica. Tutto rimbombava e il batterista, forse per colpa dell’emozione, suonava fortissimo sul piatto.
Dizzy non fece altro che sorridergli e con la mano stoppò il piatto che stava suonando con tanta foga: un
gesto tanto semplice e sincero quanto efficace e onesto e immediatamente il batterista riportò lo swing
dove doveva stare.

Il caffè nella mia tazzina finisce in fretta, ma le storie di Roberto seguono, una dietro l’altra senza
interruzione, come se avessi stimolato dei ricordi messi a riposare da tanto tempo, ma dal fortissimo
contenuto energico. Ora mi racconta di Lilian, che quando parlava al telefono con Dizzy traduceva spesso
il suo vero nome in italiano, ovvero invece che John lo chiamava Giovanni. Questo a Dizzy piaceva
molto, perché oltre a divertirlo, lo faceva sentire ancor più integrato nella città. Anche quando
passeggiava per Bassano i cittadini lo rispettavano prima di tutto come persona e concittadino (cosa che
effettivamente diventò tramite onorificenze), senza assalirlo come fosse una star di Hollywood.

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Figure 5: Lilian Terry e Dizzy Gillespie al ristorante Bauto di Bassano, 1987.

Altro esempio della sua personalità eccezionale risale all’episodio in cui Roberto prese i panni di suo
“taxista” per accompagnarlo ad un concerto. Lo raggiunse all’Hotel Belvedere, dove Dizzy alloggiava,
lo fece montare nella sua auto e proprio in quel momento si accorse di aver quasi esaurito la benzina.
Inizia subito la ricerca del distributore più vicino, ma senza buoni risultati. I girotondi con l’auto
proseguono e la paura che l’auto si fermi con a bordo un musicista tanto ammirato e famoso inizia a
tramutarsi in una forte tensione. In quel preciso momento Dizzy inizia a cantare, usando le classiche
sillabe dello scat singing (du-da-ba-bebop-bebop), incitando Roberto a seguirlo nel canto. Quella
situazione da così tesa si trasformò in un momento di musica e dialogo, o forse in un rituale per sciogliere
la tensione e per rientrare in confidenza con il suo “autista”; e così, giusti in tempo, si ritrovarono al
primo distributore di benzina.

Lilian Terry va ricordata anche per il canale diretto che creò tra il Veneto e i grandi jazzisti, che fino a
quel momento passavano solo nelle grandi città come Roma o Milano. Grazie a lei e ad un’intelligente
assessore alla cultura, Antonio Bonomo, che capì l’importanza di questa figura per Bassano, finanziando
i costi necessari per l’organizzazione di molti concerti e portando a Bassano Horace Silver, Ornette
Coleman, Ray Brown, Freddie Hubbard e tanti altri artisti che lasciarono molto nel cuore dei musicisti
di queste zone. Tutti gli artisti venivano accolti in maniera molto umana da Lilian, tanto da sentirsi a
casa.

A Dizzy venne organizzata una grande festa, chiamata Dizzy Day, per festeggiare il suo settantesimo
compleanno: l’11 settembre 1987 al velodromo di Bassano. In questo giorno gli venne anche conferita
la cittadinanza onoraria della città di Bassano. Ci fu musica non stop dalle 5 del pomeriggio alle 2 e
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mezza di notte e tra i musicisti presenti vanno ricordati Johnny Griffin, Milt Jackson, Randy Brecker,
Tullio De Piscopo, Max Roach. Partecipò anche la Keptorchesta, comprendente Marc Abrams, i fratelli
Pietro e Marcello Tonolo e molti grandi artisti della realtà jazzistica Italiana. A suonare al Dizzy Day ci
fu anche il gruppo di Roberto Beggio, Altebar sextet. << Durante la serata feci cambiare il nome del
sestetto sul tabellone luminoso: da Altebar sextet (ALto TEnore BAritono) in Dual Force. Questo per
non esser confusi con il gruppo del Bar delle Alte di Montecchio Maggiore>>. Commenta
scherzosamente Roberto. Il sestetto comprendeva Roberto Beggio e suo figlio Mauro, Luigi Sella,
Moreno Castagna, Ego Filotto e Andrea Neresini.

Figure 6: Locandina “Dizzy’s Day”, 11 settembre 1987.

<<C’era Max Roach al banco del bar, da solo, e Lilian mi spronò nell’andare a conoscerlo
personalmente. Ma allora non parlavo inglese, e nessuno di noi si lanciò nella conversazione. Lilian ci
stava regalando mille occasioni uniche, non lo dimenticherò mai!>>

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Roberto Beggio infine mi lascia con un inciso, spiegandomi di come lui, e probabilmente molti dei
musicisti italiani, vennero a contatto per la prima volta in maniera diretta con i grandi artisti del mondo
latino: avvenne con Ruben Calzado, il creatore del mambo, che negli anni Settanta arrivò in Italia e suonò
proprio con Beggio a Verona e al Lago di Garda, portando una prima ondata di ritmi “calienti”, che
probabilmente aprì la strada alla contaminazione latina nella nostra penisola.

Finiscono anche i pasticcini che abbiamo golosamente ordinato assieme al caffè. Sicuramente di storie
ne avrei ancora moltissime da ascoltare, ma in questa mezz’ora di intervista è come se avessi passato in
rassegna tutto un intero capitolo della vita di un musicista che è stato onorato di entrare a contatto con
persone di tale carisma come Dizzy. Ho avvertito che a distanza di tanti anni questa vitalità ed energia
non si è spenta, anzi ne sono stato invaso a mia volta, accogliendola a braccia aperte e provando a
riportarla al meglio nelle pagine sopra scritte.

Ci alziamo dal tavolino, Roberto mi ringrazia e mi promette un feedback sul disco che poco prima gli ho
regalato, dicendomi che le cose buone se le terrà per sé, proprio come fece con il figlio Mauro Beggio, e
che musicista ne fuoriuscì! Non poteva lasciarmi che un augurio migliore.

A quel punto, provo a salire in macchina, ma l’energia è ancora troppo forte; allora vado a salutare la
statua del Giorgione, importante pittore della scuola veneta e faccio un giro attorno alle magiche mura di
Castelfranco, che quella mattina mi circondarono in una giornata così indimenticabile.

Alberto Barban 27/04/2019

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