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Stefano Caselli
1. Premessa
L’entrata in vigore del Testo unico permette alle banche di intervenire in modo
completo nel processo di finanziamento delle imprese. I vincoli che limitavano, nella
vecchia legge bancaria del 1936, l’operatività oltre il breve termine sono rimossi a favore di
una libertà di intervento che può soddisfare i differenti fabbisogni di impresa. In particolare,
la possibilità di offrire servizi finanziari a durata protratta nel tempo consente alla banca di
sostenere le scelte di investimento di medio periodo dell’impresa, rafforzando di
conseguenza la relazione di clientela secondo un approccio più collaborativo che
transazionale.
Occorre a questo punto chiarire che cosa si intende per “scelte di investimento di
medio periodo” dell’impresa. In prima battuta, si può affermare che queste fanno
riferimento a tutte le forme di investimento aziendale in capitale fisso ossia in attività la cui
funzione non si esaurisce in un arco di tempo breve, ad esempio un esercizio, ma si estende
su più periodi successivi. Sotto questo profilo, l’investimento in capitale fisso può essere
analizzato in modo rigoroso con riferimento a tre aspetti : uno di tipo produttivo, uno di tipo
economico e uno di tipo finanziario.
Con riferimento all’aspetto produttivo, l’investimento in capitale fisso rappresenta
per l’impresa il momento dell’acquisizione di fattori produttivi permanenti e non
temporanei, quali sono invece le materie prime. In questo ambito, può allora manifestarsi
l’esigenza di acquistare impianti per la produzione dei beni oggetto dell’attività di impresa
piuttosto che immobili destinati a uso amministrativo o industriale, o ancora attrezzature e
brevetti per l’utilizzo di tecnologie. In tutti i casi citati, si coglie immediatamente il fatto che
i capitali fissi non esauriscono la loro utilità immediatamente ma la “cedono” lentamente nel
corso del tempo.
Dal punto di vista economico, l’investimento in capitale fisso non comporta un costo
immediato per l’impresa e di importo pari all’acquisto ma una distribuzione del costo totale
attraverso il processo di ammortamento. Ciò, peraltro, è coerente con la valenza pluriennale
dell’investimento, in quanto se il capitale fisso acquistato partecipa più volte al processo
produttivo o amministrativo dell’impresa è corretto che il costo di tale fattore venga
imputato a più di un esercizio. Un secondo aspetto delle caratteristiche economiche
dell’investimento in capitale fisso è legato sovente al profilo dei ricavi in quanto la
copertura dei costi sostenuti non avviene in via immediata ma progressivamente nel tempo
sotto forma di maggiori ricavi dell’impresa.
Dal punto di vista finanziario, l’acquisizione di capitali fissi produce un’uscita di
cassa immediata pari al costo del bene. In realtà, se l’impresa ricorre a una fonte esterna,
l’esborso diventa graduale ossia determinato dalle caratteristiche del piano di rimborso
prestabilito con il finanziatore.
Le caratteristiche degli investimenti in capitali fissi producono ricadute significative
sulle scelte di finanziamento che l’impresa deve compiere. Si comprende che la forma di
copertura dovrà necessariamente presentare alcuni requisiti di base, quali la scadenza
protratta oltre il breve termine, il piano di rientro programmato e coerente con i flussi in
entrata previsti.
Pur in presenza di elementi comuni, il finanziamento degli investimenti in capitali
fissi pone comunque l’azienda di fronte a fonti di finanziamento alternative che devono
essere selezionate sulla base del tasso netto imposte. Volendo offrire una esemplificazione
come guida alla scelta della copertura dell’investimento in capitale fisso osservate lo
schema proposto nella figura 4.1.
Mezzi propri
Acquisto Finanziamenti
definitivo bancari
Leasing
finanziario
Scelta del
capitale fisso
Leasing
operativo
Acquisto
temporaneo
Noleggio
La normativa presente nel Codice Civile (art. 1813) definisce il contratto di mutuo
come uno strumento finanziario con il quale “una parte consegna all’altra una determinata
quantità di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose
della stessa specie e quantità”. Le indicazioni suddette appaiono essere fortemente
generiche, tali da comprendere una pluralità di operazioni bancarie e non di varia natura,
con elementi tecnici anche molto differenti fra di loro.
Una valutazione della prassi operativa delle banche porta invece a individuare con il
termine di mutuo uno strumento finanziario di consolidata applicazione e chiaramente
definito sia negli aspetti contrattuali delle obbligazioni attribuite ai contraenti sia sotto il
profilo economico. Con esso si fa riferimento a una forma di prestito a medio-lungo termine
erogata dalla banca in un’unica soluzione, in corrispondenza della quale il mutuatario è
obbligato a corrispondere una successione di versamenti periodici. Le somme periodiche
erogate dal mutuatario – definite rate – sono destinate al pagamento degli interessi e al
rimborso del capitale prestato dalla banca secondo un piano di ammortamento definito al
momento della stipulazione del contratto. Peraltro, proprio la presenza di un piano di
ammortamento da definire nelle sue caratteristiche costitutive permette di generare una
elevata quantità di soluzioni contrattuali che soddisfino il profilo di cassa dell’impresa.
La restituzione della somma prestata dalla banca con il contratto di mutuo e il
pagamento degli interessi maturati durante il periodo del prestito può assumere forme
differenti. In questo senso, per sviluppare una corretta valutazione del contratto esaminato
occorre mettere in luce le relazioni esistenti fra le principali variabili che definiscono nel
loro insieme la struttura tecnica del mutuo. Esse sono riferite ai seguenti elementi:
Con riferimento alla tipologia del piano di rimborso adottata, è necessario osservare
che il versamento effettuato dal mutuatario ad ogni scadenza periodica stabilita dal contratto
(t) risulta essere una rata posticipata (R t) composta da una quota capitale (C t) e da una quota
interessi (It). In termini analitici possiamo allora scrivere:
Rt = Ct + It
DRt = DRt-1 - Ct = C - Dt
It = DRt-1 * i
La struttura delle relazioni fra le variabili che definiscono il contratto di mutuo può
essere applicata al seguente esempio. Si consideri un finanziamento decennale di 200.000
euro erogato dalla banca a un tasso di interesse annuo del 13% e rimborsabile dal debitore
con rate annuali posticipate, caratterizzate da quote capitali pari a 40.000 euro nel primo
anno, a 20.000 euro dal secondo e nei successivi sette anni e a 10.000 euro negli ultimi due.
La procedura di calcolo può essere schematizzata secondo la logica riportata nella tabella
4.2 applicabile a qualsiasi piano di ammortamento.
La struttura del piano rimborso sopra analizzata può essere peraltro adattata ai
differenti piani di ammortamento stabiliti dalla banca al momento dell’erogazione del
prestito. Con riferimento agli schemi contrattuali tipici, comunemente adottati nella prassi
operativa, è opportuno mettere in luce la tipologia caratteristica riferita all’ammortamento
francese (o progressivo).
L’ammortamento francese rappresenta la forma di piano di rimborso utilizzata con
maggiore frequenza dalle banche nella concessione di prestiti a medio-lungo termine.
L’elemento distintivo dell’ammortamento francese è costituito dal versamento da parte del
debitore di rate posticipate periodiche, costanti per tutta la durata del finanziamento. Al
riguardo, si può osservare che le quote capitali devono necessariamente risultare crescenti in
quanto la progressiva riduzione del debito residuo determina una quota interesse via via di
importo decrescente.
Lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento francese è
rappresentato dalla relazione fra l’ammontare del prestito erogato e le rate in quanto la
somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate costanti attualizzate pagate dal debitore
in ogni periodo. In termini analitici si ha:
-1 -2 -n
C = R (1 + i) + R (1 + i) + ..... + R (1 + i)
e quindi si ottiene:
n
C= Rt
t=1 (1 + i)t
da cui si ha
n -t
R=C(1+i)
t=1
che consente di determinare l’importo della rata costante posticipata, dato un certo capitale
C e un tasso di interesse periodico i.
Dalla relazione suddetta si può osservare che le quote capitali crescono secondo un
ammonatre costante pari a ( 1 + i ). Attraverso alcuni passaggi che collegano le variabili
caratteristiche del piano di ammortamento si ottiene:
= i DRt-1 - i DRt = i Ct
da cui si ha successivamente:
Ct+1 = Ct (1 + i)
che mette in luce l’andamento crescente delle quote capitali secondo il fattore ( 1 + i ).
Sulla base degli strumenti di calcolo sopra riportati è possibile costruire il piano di
rimborso secondo l’ammortamento francese con riferimento al seguente esempio numerico:
mutuo decennale di euro 100.000, rate annue e tasso di interesse annuo del 7%. In
particolare, si ha:
i) periodo di preammortamento;
ii) ammortamento italiano.
C1 = C2 = ..... = Cn = C/n
DEt = t C/n
DRt = (n - t) C/n
La relazione suddetta mette in luce il fatto che le quote interesse decrescono in ogni periodo
dello stesso importo pari a - C i / n. E’ così possibile ricavare la rata periodica come somma
della quota interesse e della quota capitale ottenendo:
Rt = Ct + It = C/n ( 1 + ì (n - t +1 ) )
ruoli organizzativi. In termini generali, è possibile distinguere una banca capofila, una o più
banche manager e co-manager e le banche definite partecipanti. La banca capofila, detta
lead manager, svolge funzioni di consulenza con il prenditore di fondi quanto a struttura
dell’operazione, condizioni contrattuali e forme tecniche. Il lead manager assume l’onere di
organizzare il pool di banche e spesso svolge anche la funzione di gestire i flussi finanziari
dell’operazione oltre che ad erogare materialmente il prestito. Qualora l’operazione fosse di
dimensioni rilevanti, il lead manager è assistito da uno o più banche co-lead manager a cui
sono delegati compiti specifici del lead manager quali, ad esempio, la consulenza fiscale
piuttosto che legale. Le banche manager e co-manager dell’operazione partecipano sia come
finanziatrici sia come persuasori nei confronti di banche minori affinché acquisiscano una
quota di finanziamento. Generalmente, le banche manager sono di grandi dimensioni e di
elevato standing internazionale. Le banche partecipanti (partecipating banks) sono gli
intermediari che erogano di fatto il prestito. Esse spesso non dispongono del prestigio di
mercato, della dimensione e delle capacità manageriali e finanziarie delle banche manager o
lead manager. Di norma nell’ambito del pool viene nominata anche una agent bank che
svolge funzioni di tesoriere. Quest’ultima provvede a raccogliere i fondi dagli aderenti e a
trasferirli al cliente oltre che a incassare le quote capitali e interessi e a ripartirle fra tutte le
partecipating banks.
Il prestito stand-by può assumere forme molto simili al mutuo e all’apertura di
credito. Nel primo caso, il credito viene totalmente messo a disposizione del cliente in
un’unica soluzione presso la agent bank. Successivamente, dopo un periodo di
preammortamento variabile dai 18 ai 24 mesi, il cliente provvede ai rimborsi anche in linea
capitale secondo il piano di ammortamento prestabilito. Nel secondo caso, il cliente ha la
facoltà di prelevare gli importi in una o più soluzioni dietro preavviso di 60-90 giorni alla
banca capofila. Ogni utilizzo prevede solitamente una durata massima dopo la quale il
cliente deve provvedere al rimborso affinché le tranches successive divengano disponibili
per ulteriori utilizzi. I finanziamenti stand-by non si estendono di solito oltre i 60 mesi e
sono spesso concessi a tassi variabili ancorati al costo del denaro sui mercati monetari o
sull’interbancario e maggiorati di uno spread definito nel contratto di finanziamento. Altre
componenti di costo per il cliente, da liquidare in sede di ottenimento dei fondi, sono
l’imposta sostitutiva e le commissioni da riconoscere al pool.
L’obiettivo principale del prestito stand-by è costituito dall’offerta alla clientela
impresa di uno strumento di finanziamento per importi elevati a natura scadenzata ossia con
possibilità di utilizzo ripetuta nel tempo, anche per un ammontare inferiore rispetto al
credito complessivo concesso. Un ulteriore obiettivo è costituito dalla elevata flessibilità e
adattabilità alle esigenze dell’affidato : l’erogazione delle somme può avvenire in un’unica
soluzione o a scadenze successive ; il piano di ammortamento è definito insieme al cliente ;
1 I prestiti stand-by si sviluppano all’inizio degli anni ottanta grazie all’impulso delle principali banche internazionali
statunitensi che offrono prodotti di finanziamento alle imprese multinazionali. Dopo le prime banche “pionieri” nello
sperimentare lo stand-by è possibile individuare altri innovatori che hanno sviluppato nuovi aspetti del prodotto. In
primo luogo, le banche europee che utilizzano il prodotto all’interno dei mercati domestici, adattandolo ad esigenze di
funding “locale”. Ciò è avvenuto anche in Italia, sebbene il prodotto può essere considerato ancora in una fase di “lenta
e costante introduzione”. Tuttavia occorre osservare che il recente sviluppo di funzioni di corporate banking nelle
banche italiane sta conferendo nuova ed effettiva intensità al prodotto soprattutto nell’offerta di servizi ai gruppi di
imprese e, in questo senso, viene proposto come forma di finanziamento innovativa. In secondo luogo, le istituzioni
sovranazionali, quali la BEI e soprattutto la Banca Mondiale, attraverso la IFC (International Finance Corporation) che
hanno introdotto forme di stand-by garantite, destinate a finanziare soggetti provenienti da paesi in via di sviluppo.
i criteri di indicizzazione possono assumere le forme più svariate. Inoltre il contratto di
finanziamento può stabilire periodi diversi per le liquidazioni degli interessi e delle
commissioni di mancato utilizzo. Di solito, gli interessi sono posticipati e vengono liquidati
alla scadenza di ciascun utilizzo e invece la commissione di mancato utilizzo viene di regola
liquidata trimestralmente.
Ulteriori elementi di flessibilità sono inoltre rappresentati dalla possibilità di adattare
lo stand-by non solo al finanziamento di una singola impresa ma anche ad un gruppo di
imprese e dalla possibilità di adottare clausole multicurrency. In quest’ultimo caso,
l’affidato dispone della facoltà di convertire il prestito in una o più valute differenti
concordate con il pool di banche finanziatrici. Così come accade nell’evergreen, nel caso di
prestito a gruppi di imprese, è prassi che la capogruppo rilasci una lettera di patronage a
favore delle controllate . 2
2 Il prestito evergreen è una linea di credito a revoca che si differenzia in modo molto marcato rispetto ad altri
finanziamenti in pool quale lo stand-by medesimo. L’aspetto più importante riguarda il fatto che non è prevista
contrattualmente una scadenza ma solamente la possibilità di recesso per le banche del pool mediante revoca del fido
con un periodo di preavviso al cliente variabile tra i 6 e i 15 mesi. Anche al cliente è data facoltà di recesso con
preavviso compreso fra i 60 e i 90 giorni, spesso accompagnato dal pagamento di una penalty fee. Un altro aspetto
importante dell’evergreen è costituito dal fatto che l’ammontare del fido non è definito. Infatti, ad ogni trimestre può
essere aumentato rispetto al valore iniziale con l’ingresso di nuove banche che potranno recedere indipendentemente
dalle altre secondo i termini di preavviso. L’evergreen non comporta il pagamento dell’imposta sostitutiva in quanto è
una forma di finanziamento a scadenza indefinita. Con riferimento alle modalità di utilizzo, l’affidato deve comunicare
alla banca capofila di trimestre in trimestre l’importo che intende utilizzare. Alla scadenza, il cliente può usufruire
ulteriormente della linea di credito oppure non utilizzarla oppure procedere a un rimborso totale o parziale del capitale e
degli interessi maturati secondo il tasso convenuto contrattualmente.
Nel suo complesso, il prestito stand-by offre all’impresa affidata uno strumento che è
dotato di un elevato grado di flessibilità e che consente di cautelarsi a fronte di fabbisogni di
liquidità ingenti, improvvisi ma temporanei. L’efficacia del prestito è comunque
subordinata alla disponibilità dell’impresa affidata di un sistema di monitoraggio degli
squilibri di liquidità interni. Anche per le banche finanziatrici che partecipano al pool la
forma stand-by presenta alcuni vantaggi : l’obbligo da parte del cliente di dare preavviso
degli utilizzi e soprattutto quello di rimborsare le somme prima del successivo prelievo,
permettono alle banche di ridurre notevolmente le tensioni di tesoreria tipiche delle forme di
credito aperte. Tuttavia, occorre mettere in luce anche la presenza di alcuni rischi per le
banche finanziatrici : i prestiti in pool possono condurre a una sottostima del livello di
rischio effettivo dell’operazione, a causa della delega che le banche partecipanti danno alla
banca capofila sia per la fase di istruttoria sia per quella di monitoraggio della relazione ; le
garanzie costituite da lettere di patronage presentano un’efficacia obbligatoria “debole” da
parte della capogruppo che generalmente le emette.
-1 -2 -n
C = U (1 + i) + U (1 + i) + ..... + U (1 + i)
1 2 n
ove C rappresenta il capitale prestato dalla banca e U 1 , U2 , ...., Un le somme corrisposte dal
mutuatario sotto forma di rate periodiche e di eventuali interessi di preammortamento.
L’applicazione del procedimento di calcolo del tasso interno di rendimento può
essere facilmente illustrata con riferimento a un esempio numerico. Al riguardo, si consideri
un mutuo decennale di 200.000 euro, a rate annue e con un tasso di interesse del 13% per i
primi 5 anni, successivamente elevato al 14% fino ad esaurimento del debito residuo. Il
piano di rimborso segue la struttura prevista per l’ammortamento francese, presentando di
conseguenza le rate periodiche costanti. L’obiettivo è quello di determinare il tasso annuo
effettivamente pagato dal debitore. In primo luogo è allora necessario compilare il piano di
rimborso che assume la seguente composizione, tenuto conto della variazione di tasso
all’inizio del sesto anno:
Dalla tabella si può osservare facilmente che nei primi cinque anni l’andamento delle
variabili che costituiscono il piano di rimborso riflette le modalità di calcolo descritte per
l’ammortamento francese. In particolare, la rata costante di 36.857 euro è calcolata come
rapporto fra l’importo del prestito erogato e la rendita posticipata decennale al tasso del
13%. Nel sesto esercizio occorre adeguare la rata costante al nuovo tasso del 14%. La
procedura che deve essere adottata è quella di calcolare la nuova rata secondo le regole
stabilite per l’ammortamento francese utilizzando come capitale il debito residuo e come
durata il numero di periodi che intercorrono fra la data di adeguamento del tasso e la
scadenza del contratto. In questo caso, la rata di 37.761 euro è determinata dal rapporto fra il
debito residuo al quinto anno (129.637) e la rendita posticipata quinquennale al tasso del
14%. Ne segue che anche la quota interessi, a partire dal sesto anno, è calcolata sul debito
residuo dell’anno precedente al nuovo tasso del 14%.
La corretta individuazione, per importi e per scadenze, delle rate periodiche
corrisposte dal mutuatario alla banca creditrice consente di impostare l’equazione per
calcolare il tasso interno di rendimento del mutuo analizzato. In questo caso, l’importo del
finanziamento (200.000 euro) deve essere uguale alla somma delle dieci rate attualizzate
versate dal debitore:
-1 -2
200.000 = 36.857 (1 + i) + 36.857 (1 + i) + ... +
-6 -10
+ 37.761 (1 + i) + ... + 37.761 (1 + i)
ove i rappresenta l’incognita da determinare. Risolvendo l’equazione, si ottiene la soluzione
i = 13,21% che costituisce il tasso annuo al quale viene effettivamente erogato il
finanziamento da parte della banca.
L’introduzione del metodo dell’IRR consente di valutare con efficacia qualsiasi
operazione di mutuo analizzata e di confrontarla con altri contratti di finanziamento in
termini di costo per il debitore. Ciò risulta determinante nel caso di contratti di mutuo
caratterizzati da un piano di rimborso a elevata variabilità. Esempi significativi sono
costituiti dai mutui espressi valuta e a tasso indicizzato nei quali occorre tenere conto
congiuntamente degli effetti prodotti dalle variazioni di cambio e da quelle di tasso. In
questo senso, effettuata una conversione dei flussi delle rate in euro e adeguate le quote
interessi all’andamento del parametro di indicizzazione, è sufficiente applicare la formula
del tasso interno di rendimento alla successione delle rate per determinare il costo effettivo
dell’operazione.
In termini più generali, la valutazione finanziaria dell’operazione di mutuo richiede
lo sviluppo di uno schema di riepilogo di tutti i flussi di cassa generati dall’operazione,
compresi quelli fiscali (vedi tabella 7). Ciò significa procedere ad una rilevazione dei
fenomeni rilevanti dell’operazione, attribuendo a ciascuno la corretta data di
manifestazione. In questo modo, non solo diviene possibile determinare il tasso effettivo
dell’operazione di mutuo, come riportato nell’esempio precedente, ma anche quello netto
imposte che rappresenta il parametro corretto di misurazione del costo del capitale di debito.
Il primo corrisponde pertanto all’IRR calcolato sulla successione dei flussi di cassa
contrattuali e il secondo corrisponde all’IRR calcolato sulla successione dei flussi di cassa
netto imposte. Al riguardo, occorre ricordare che la determinazione dei risparmi fiscali da
interessi passivi richiede la stima da parte del valutatore della capienza fiscale dell’azienda
ossia della capacità prospettica di dedurre fiscalmente i costi suddetti (vedi tabella 8).
Tabella 7. La struttura dei flussi di cassa rilevanti per la valutazione dell’operazione di mutuo
FLUSSI DI CASSA Periodi 0 1 2 .... N
Tabella 8. La struttura del conto economico rilevante per la determinazione del risparmio fiscale
prodotto dall’operazione di mutuo
CONTO ECONOMICO Anni: 0 1 2 .... N
Tabella .11. Le principali differenze in essere fra il leasing finanziario e quello operativo
Beni oggetto del contratto Qualsiasi bene mobile o immobile senza Standardizzati e spesso soggetti a rapida
limiti di importo obsolescenza
Durata tipica Di norma medio-lunga e comunque in Solitamente brevi e di solito non in
relazione alla durata tecnica, economica e relazione alla durata tecnica, economica e
fiscale del bene fiscale del bene
Tipi di canone Comprensivi solo dell’ammortamento del Comprensivi di ogni onere di
bene e degli oneri finanziari della società di funzionamento del bene
leasing
Opzione di riscatto Prevista e, di norma, esercitata secondo un Solitamente esclusa e comunque non
prezzo di riscatto prestabilito caratterizzante il contratto
Aziende locatrici Banche e società di leasing Società di leasing e soprattutto produttori di
beni
Servizi collaterali Esclusi dal canone e a carico dell’azienda Compresi nel canone e a carico del locatore
locataria
Il ricorso del locatario all’acquisto diretto del bene – in quanto unica possibilità di
investimento alternativa rispetto al leasing – porta a identificare una differente struttura di
flussi finanziari. Questa risulta essere articolata in rapporto: al flusso in uscita, determinato
dal pagamento del bene; alla movimentazione delle uscite e delle entrate relative ai
pagamenti e ai rimborsi dell’Iva sull’acquisto; ai risparmi fiscali da imposte dirette derivanti
dal regime di deducibilità dell’ammortamento e rilevati in corrispondenza della liquidazione
di imposta e del versamento del primo acconto. L’operazione descritta può essere finanziata
con il ricorso a un contratto di mutuo che consenta all’utilizzatore di disporre dei mezzi
finanziari per effettuare l’investimento. Ciò comporta l’introduzione di ulteriori flussi di
cassa che identifichino, da un lato, le entrate e le uscite collegate all’accensione del prestito
e al pagamento delle rate di rimborso periodiche e, dall’altro lato, i risparmi fiscali da
imposte dirette conseguiti sugli interessi passivi. L’ipotesi di ricorso al mutuo è peraltro
suscettibile di generalizzazione nella misura in cui la fonte di finanziamento prescelta venga
analizzata in termini sia di flussi direttamente imputabili al contratto sia di flussi indotti
dall’impatto fiscale.
La struttura dei flussi di cassa delle due ipotesi alternative di ricorso al leasing e di
acquisto associato a una specifica fonte di copertura del fabbisogno finanziario non può
essere analizzata applicando le tecniche di valutazione riferite al criterio dell’IRR e del
NPV. Le ragioni di questa affermazione sono collegate alla mancata rispondenza delle due
alternative contrattuali alla natura di finanziamento aziendale in quanto in entrambi i casi la
dinamica di acquisto e di investimento è sovrapposta a quella di raccolta delle risorse. Con
riferimento al leasing, è stato osservato in precedenza che l’individuazione della sola
successione di flussi di cassa negativi, inerenti i canoni e il prezzo di riscatto, non specifica
l’importo oggetto del finanziamento e non mette in luce la dinamica di rimborso del capitale
ottenuto a prestito. Con riferimento all’acquisto finanziato con il mutuo, la presenza
contemporanea dell’uscita di cassa relativa all’acquisto del bene e dell’entrata generata
dall’accensione del prestito elimina l’indicazione dell’importo finanziato e non consente di
collegare la successione delle rate a uno specifico piano di ammortamento.
L’individuazione di due successioni di flussi di cassa coerenti con l’andamento tipico
delle operazioni di finanziamento è resa possibile se viene messo in luce l’ammontare del
prestito dall’utilizzatore. Ciò significa valutare, da un lato, i flussi prodotti dall’operazione
di leasing al netto di quelli prodotti dall’acquisto diretto del bene e, dall’atro lato, i flussi
riferiti al contratto di mutuo (vedi tabella 4.13). In questo senso, la dinamica delle entrate e
delle uscite dell’operazione di leasing presenta inizialmente un risparmio dovuto alla
mancata acquisizione del bene e in seguito i flussi negativi dei canoni periodici e del prezzo
di riscatto. I valori suddetti rappresentano il profilo finanziario relativo all’accensione del
contratto di leasing, valutabile ricorrendo alle metodologie dell’IRR e del NPV che offrono
indicazioni specifiche sul costo lordo e sulla convenienza dell’operazione. La successiva
introduzione dei flussi che derivano dai risparmi sulle imposte dirette, determinati dal
confronto fra la deducibilità dei canoni e quella degli ammortamenti, e dalla
movimentazione del conto Iva prodotta dal contratto di leasing al netto di quella prodotta
dall’acquisto consente di spostare la valutazione di convenienza dal piano contrattuale a
quello dell’impatto effettivo sulla struttura economico-finanziaria del locatario. Lo stesso
procedimento può essere osservato nell’ambito dell’operazione di mutuo in quanto è
possibile distinguere: in primo luogo, l’insieme dei flussi contrattuali, riferiti alla somma
mutuata e al successivo versamento delle rate di rimborso; in secondo luogo, l’insieme dei
flussi netto imposte, calcolati tenuto conto degli eventuali risparmi fiscali riferiti alla
deducibilità degli interessi passivi e rilevati in corrispondenza delle scadenze fiscali di
liquidazione dell’imposta e di versamento del primo acconto.
Tabella 13. I flussi finanziari del leasing, al netto dell’acquisto, e del mutuo alternativo
U t (1 i) t E t (1 i) t
t 0 t 0
ove E e U rappresentano rispettivamente le entrate e le uscite complessivamente generate
dal contratto di leasing al netto dell’operazione di acquisto e i rappresenta il tasso interno di
interesse ovvero l’incognita dell’equazione che costituisce il costo effettivo per il locatario.
Nel secondo caso, l’equazione assume invece la seguente forma analitica:
n n
NPV U t (1 i ) t
E t (1 i ) t
t 0 t 0
ove l’incognita è rappresentata dal NPV e i rappresenta il tasso di attualizzazione dei flussi
finanziari in entrata e in uscita, utilizzato come termine di confronto dell’operazione di
finanziamento alternativa.
L’impiego congiunto delle due metodologie di valutazione suddette consente di
disporre di un criterio decisionale di assunzione del finanziamento sulla base del costo
effettivamente sostenuto dall’utilizzatore e della convenienza valutata in termini di euro
attuali. Ciò significa che con lo strumento dell’IRR è possibile esprimere il costo netto
dell’operazione di leasing analizzata e di verificarne il maggiore o il minore livello rispetto
al costo netto di un’altra fonte di finanziamento. Lo strumento del NPV invece mette in luce
il risparmio o la perdita in euro attuali che il locatario consegue ricorrendo al contratto di
leasing anziché alla modalità alternativa di raccolta delle risorse. Utilizzando il mutuo come
forma di finanziamento alternativa, il prospetto dei flussi di cassa illustrato in precedenza
consente di calcolare, in corrispondenza dei flussi netto imposte, il costo effettivo
dell’operazione e di confrontarlo con l’operazione di leasing sia direttamente, in termini di
livello di tasso, sia attraverso l’attualizzazione dei flussi netto imposte del contratto di
leasing. Le modalità di valutazione possono essere espresse in sintesi dalla curva del net
present value del contratto di leasing (vedi figura 14) che individua le aree di convenienza e
di non convenienza dell’operazione rispetto ad altre modalità di raccolta, guidando il
management utilizzatore nella scelta lease or buy al netto degli effetti fiscali.
Il criterio di confronto dell’operazione di leasing al netto dell’acquisto con il mutuo
può essere esteso ad altre modalità di finanziamento alternative. Al riguardo, è sufficiente
che la modalità di raccolta utilizzata possa essere valutata ed espressa con riferimento a un
tasso netto che ne rappresenti il costo effettivo sostenuto dopo le imposte. In questo senso il
procedimento suddetto consente all’utilizzatore di determinare la convenienza dello
specifico contratto di leasing rispetto all’acquisto finanziato non solo con prestiti
assimilabili al mutuo ma anche con l’impiego dei mezzi propri e rispetto ad altri contratti di
leasing. Il sistema di confronti riferito alle scelte lease or borrow, lease or lease e lease or
buy consente al locatario di mettere in luce in modo esaustivo tutte le possibili opzioni di
composizione della raccolta delle risorse in rapporto agli obiettivi di medio periodo, relativi
alla struttura attesa delle passività aziendali.
Figura 14. La curva del net present value dell’operazione di leasing netto imposte
150,00
100,00
50,00
npv
0,00
1
13
15
17
19
21
23
25
27
29
31
33
35
37
39
11
-50,00
-100,00
tassi netti
Tabella 15. La struttura dei flussi di cassa rilevanti per la valutazione dell’operazione di leasing al
netto dell’acquisto
FLUSSI DI CASSA Periodi 0 1 2 .... n
I primi sei flussi riportati nella tabella di valutazione costituiscono gli elementi che
caratterizzano sotto il profilo esclusivamente contrattuale l’operazione di leasing esaminata.
In termini analitici, la riga riferita al prezzo del bene e alle spese accessorie riporta
l’ammontare che il locatario risparmia ricorrendo al contratto di leasing anziché all’acquisto
diretto del bene. Il flusso di cassa positivo viene indicato in corrispondenza del periodo 0,
che rappresenta il momento in cui il contratto di leasing incomincia a produrre effetti fiscali
e finanziari per l’utilizzatore. La riga successiva consente di riportare al momento della loro
manifestazione finanziaria gli importi corrisposti all’azienda locatrice sotto forma di
maxicanone e di canoni periodici, secondo le modalità stabilite dal contratto stesso. La riga
riferita al prezzo di riscatto e alle spese accessorie indica l’ammontare corrisposto dal
locatario per acquisire la proprietà del bene, sia esso dovuto a conclusione del pagamento di
tutti i canoni periodici oppure versato in via anticipata. La riga rimborso spese istruttoria
completa infine l’insieme dei flussi contrattuali dell’operazione di leasing netto acquisto
segnalando il flusso in uscita collegato al pagamento delle spese di istruttoria dovute
all’azienda locatrice. Dal momento che tutti i flussi contrattuali sono via via riportati al netto
dell’Iva, se il locatario è un soggetto non imponibile ai fini delle imposte indirette, occorre
specificare nelle due righe successive le somme da questo versate a titolo definitivo,
calcolate in corrispondenza dei canoni e del prezzo di riscatto . Il flusso di cassa 3
3In questo caso occorre riportare anche l’Iva risparmiata dal locatario a titolo definitivo sul prezzo del bene. Al
riguardo, è sufficiente indicare nella prima riga dello schema di valutazione il prezzo del bene maggiorato di un importo
pari all’imposta indiretta. L’ammontare suddetto assume segno positivo.
il contratto di leasing al netto dell’ipotesi alternativa di acquisto. Su questa successione è
possibile applicare le tecniche di valutazione del finanziamento, calcolando l’IRR e il NPV,
e porre il primo indicatore a confronto con il tasso contrattuale di un finanziamento
alternativo. Il valore dell’IRR così ottenuto coincide con quello calcolato analogamente con
riferimento al prospetto di cassa dell’azienda locatrice, in quanto rappresenta il tasso di
mercato dell’operazione di leasing determinato sulla base dei soli elementi costitutivi del
contratto. Assume pertanto il duplice significato di costo lordo per il locatario e di
rendimento lordo per il locatore.
Il flusso relativo al pagamento effettivo del bene consente di inserire l’ipotesi di un
vantaggio attribuito all’alternativa di acquisto diretto del bene, in termini di possibilità di
ricorrere al pagamento dilazionato. Ciò significa che se il pagamento avviene in un periodo
o in più periodi posteriori al tempo 0, occorre segnalare inizialmente un flusso negativo che
annulla il risparmio riferito al costo del bene indicato nella prima riga del prospetto di cassa
e, successivamente, riportare con il segno positivo gli importi del pagamento secondo
quanto previsto dall’accordo di dilazione. In questo senso, la valutazione del leasing al netto
dell’acquisto può scontare l’effetto del credito di fornitura strettamente dipendente dallo
stesso processo di acquisto.
Il flusso relativo alla rettifica non riscatto o cessione consente di mettere in luce due
operazioni distinte che dipendono dal mancato esercizio del riscatto da parte del locatario a
conclusione del contratto. In primo luogo, occorre annullare con un flusso di segno opposto
l’importo in uscita indicato alla riga prezzo di riscatto e spese accessorie. La procedura
suddetta è effettuata al di fuori dei flussi contrattuali in quanto non deve alterare il tasso
leasing che rappresenta un’indicazione oggettiva del prezzo dell’operazione,
indipendentemente dal profilo economico-finaziario e dai comportamenti dell’utilizzatore.
In secondo luogo, occorre mantenere per tutta la durata della valutazione finanziaria
l’omogeneità fra la posizione dell’acquirente e quella del locatario, che risulta invece
modificata dal mancato esercizio del riscatto. Ciò si verifica in quanto l’acquirente conserva
la disponibilità del bene e il locatario vi rinuncia. E’ necessario di conseguenza ipotizzare un
prezzo di cessione del bene nell’ipotesi di acquisto e riportarlo, con segno negativo, in
corrispondenza del periodo di mancato esercizio del riscatto.
Il flusso imposte dirette, il flusso Iva e il flusso altre imposte consentono di
evidenziare l’impatto fiscale dell’operazione di leasing al netto dell’acquisto. Il primo mette
in luce il flusso delle perdite o dei risparmi fiscali sulla tassazione diretta prodotto
dall’accensione del contratto di leasing e dalla contestuale rinuncia all’acquisto del bene. Ai
fini di una corretta valutazione finanziaria, è necessario riportare i flussi in corrispondenza
delle scadenze fiscali di maggio e di novembre, in sede di conguaglio delle imposte dovute e
di versamento del primo acconto. Il secondo mette in luce il flusso di cassa derivante dalla
movimentazione della posizione Iva del locatario, provocata anch’essa dall’operazione di
leasing e dal mancato acquisto. Il flusso altre imposte riporta infine l’ammontare
dell’imposta di registro, catastale e ipotecaria corrisposta dall’acquirente nell’ambito di
un’operazione immobiliare . In tutti i casi citati, è comunque indispensabile rendere espliciti
4
4Il flusso altre imposte presenta segno positivo in quanto rappresenta l’ammontare versato all’Erario nell’ipotesi di
acquisto e quindi risparmiato con l’accensione del contratto di leasing. Tuttavia occorre ricordare che, se il locatario non
esercita il diritto di opzione, è necessario simulare un’operazione di vendita dell’immobile per conservare l’omogeneità
fra le due operazione. In quest’ultimo caso, anche il venditore deve corrispondere all’Erario l’imposta di registro,
catastale e ipotecaria. Nello schema dei flussi di cassa occorre riportare di conseguenza un flusso positivo riferito al
risparmio d’imposta.
e coordinare l’insieme dei fattori che concorrono a determinare gli effetti prodotti dalle
imposte dirette e da quelle indirette.
Con riferimento al flusso imposte dirette, occorre simulare la struttura del conto
economico del locatario determinando, esercizio per esercizio, la maggiore o la minore
tassazione che deriva dal ricorso all’operazione di leasing anziché all’acquisto del bene
(vedi tabella 16). Di conseguenza, il conto economico è suddiviso in due parti che svolgono
la funzione di calcolare in ogni anno la materia imponibile generata dal contratto di leasing
e dal contratto di acquisto. Tale valutazione deve comunque essere effettuata due volte: la
prima ai fini della determinazione dell’IRES e la seconda ai fini della determinazione
dell’IRAP.
Tabella 16. La struttura del conto economico rilevante per la determinazione della perdita o del risparmio fiscale
prodotti dall’operazione di leasing al netto dell’acquisto
Ammortamenti
Altre deduzioni, minusvalenze, plusvalenze
Imponibile aziendale
Imponibile totale
Risparmio fiscale acquisto
Tabella 17 La struttura del conto Iva rilevante per la determinazione del flusso di cassa Iva del leasing al netto
dell’acquisto
cassa contrattuale e con l’eventuale rettifica del mancato riscatto e della cessione del bene si
ricava il flusso di cassa netto imposte del contratto di leasing al netto dell’acquisto. Questa
successione costituisce la base per la valutazione del costo effettivo e del valore attuale netto
per il locatario, ricorrendo alla metodologia dell’IRR e del NPV.
Il costo netto dell’operazione di leasing rappresenta l’indicatore che permette di
comprendere e di valutare in sintesi tutti gli effetti prodotti dal singolo contratto di leasing
esaminato sull’equilibrio economico-finanziario del locatario. Esso risulta sensibile alla
variazione sia dei differenti elementi che caratterizzano il contratto di leasing sia del livello
di imponibile atteso del locatario e delle caratteristiche del saldo Iva. Sotto il primo profilo,
la combinazione degli elementi riferiti alla durata del contratto, al periodo di stipulazione e
all’importo dei canoni producono, a parità di tasso leasing, effetti diversi sul costo effettivo
dell’operazione. Sotto il secondo profilo, differenti livelli di reddito imponibile modificano
la capacità fiscale del locatario di dedurre le componenti di costo collegate al leasing e
all’acquisto, alterando la soglia di convenienza dell’operazione. Nello stesso modo, anche la
natura creditoria o debitoria del saldo Iva cambia la tempificazione e l’ammontare dei flussi
Iva incidendo direttamente sul tasso netto del contratto di leasing.
La presenza di una relazione variabile fra il tasso leasing e il costo netto
dell’operazione di leasing rappresenta l’elemento critico della valutazione di convenienza
del contratto nell’ambito sia delle politiche di mercato dell’azienda locatrice sia della
gestione finanziaria del locatario.
Dal punto di vista della società di leasing, la capacità del management di monitorare
il processo di formazione del costo effettivo dei contratti offerti per la clientela è un
elemento indispensabile della politica dei prezzi. Ciò è da attribuirsi al fatto che se il
5Dal novero delle imposte è stato escluso esplicito riferimento all’ICI nel caso di leasing immobiliare. Ciò è reso
possibile dal fatto che l’imposta può essere considerata una partita di giro in quanto si assume che l'ICI pagata dalla
società di leasing sia pari a quella che avrebbe pagato l'acquirente dell'immobile. La società di leasing ottiene rivalsa dal
locatario dell'ICI pagata senza apprezzabile ritardo. L'ICI può dunque essere considerata ininfluente ai fini della
valutazione del costo effettivo dell’operazione di leasing.
posizionamento del pricing del servizio acquista una maggiore sensibilità ai fattori di
convenienza per il locatario, l’azienda locatrice moltiplica sia le opportunità di
differenziazione del packaging contrattuale, in rapporto al fabbisogno espresso dalla
domanda, sia le possibilità di sfruttare lo spazio economico prodotto dall’operazione. In
termini generali, quanto più il management della società di leasing è capace di valutare le
singole operazioni sotto il profilo del rendimento netto aziendale e del costo netto per la
clientela tanto più orienta il proprio modello di presenza sul mercato verso obiettivi
congiunti di efficacia competitiva e di efficienza operativa. Con riferimento al primo
obiettivo, la gestione del rapporto fra il prezzo di mercato dello strumento e il tasso netto a
favore del cliente, crea valore aggiunto al prodotto e consolida la relazione di scambio nel
tempo. Con riferimento al secondo obiettivo, il monitoraggio dell’impatto delle politiche di
prezzo sulla redditività aziendale consente di governare il processo di creazione del valore,
utilizzando gli effetti prodotti dallo sfruttamento intensivo delle asimmetrie fiscali,
finanziarie e operative collegate all’attività di leasing.
Dal punto di vista del locatario, la maggiore propensione all’uso del criterio del costo
netto imposte per valutare la convenienza dell’operazione di leasing amplia gli spazi di
intervento della gestione della funzione finanziaria. Ciò si manifesta non solo in relazione
all’utilizzo dell’IRR netto imposte e alla corretta rappresentazione degli effetti
complessivamente indotti dall’accensione del contratto di leasing ma anche in termini di
capacità di controllo delle principali variabili che influiscono sul costo netto
dell’operazione. Al riguardo, l’analisi di sensitività del tasso netto rispetto alla durata, al
mese di decorrenza, agli elementi contrattuali consente al decisore sia di assumere una
scelta di finanziamento compatibile, in termini di effettiva convenienza, con la struttura
obiettivo del capitale sia di verificare la presenza di spazi di manovra per l’ottimizzazione
della leva fiscale. In questo senso, l’analisi di convenienza risulta estesa ad un livello più
generale di programmazione e di pianificazione dei flussi finanziari e dei flussi derivanti da
risparmi sui versamenti all’Erario.
Nell’ambito della valutazione dell’operazione di leasing per il locatario occorre
applicare in modo omogeneo i criteri dell’IRR e del NPV sulla struttura finanziaria sia del
leasing al netto dell’acquisto che del mutuo alternativo. In altri termini, la struttura del
prospetto di cassa e dei relativi prospetti di supporto per il calcolo dell’impatto fiscale deve
essere applicata anche alla valutazione del contratto di mutuo. Ciò consente di mettere in
luce il costo effettivamente sostenuto per l’accensione del prestito, determinando l’effetto
prodotto dalle imposte con riferimento ai risparmi fiscali eventualmente conseguibili in sede
di versamento delle imposte. Il tasso così ottenuto dalla successione dei flussi di cassa netto
imposte del mutuo è omogeneo al tasso netto dell’operazione di leasing. Di conseguenza
esso può essere utilizzato direttamente per un confronto lease or borrow con la verifica del
tasso più favorevole per il locatario oppure con il calcolo del NPV del leasing mediante
l’impiego del tasso del mutuo come fattore di attualizzazione.
La possibilità di impiego della valutazione del costo effettivo del contratto di leasing
e delle scelte alternative di finanziamento del locatario richiede lo sviluppo di un’attività di
monitoraggio sugli elementi che determinano la convenienza dell’operazione. L’analisi
condotta sulla struttura dei flussi finanziari prodotti dall’operazione di leasing al netto
dell’acquisto e sulla forma di finanziamento alternativa consente di verificare con efficacia
le ipotesi lease or borrow, lease or buy e lease or lease soltanto se questa assume la valenza
di confronto dinamico. Ciò significa sviluppare un insieme di analisi di sensitività del costo
netto del singolo contratto di leasing rispetto alla variazione degli elementi che lo
determinano. In altri termini, è necessario simulare scenari alternativi mettendo in luce gli
effetti prodotti dalla differente combinazione di fattori aziendali e delle caratteristiche
contrattuali. I primi sono collegati alla previsione degli imponibili attesi, alla politica degli
ammortamenti e all’andamento del saldo Iva mentre le seconde sono riferite all’ammontare
e alla relazione fra i canoni periodici, il maxicanone e il prezzo di riscatto. L’analisi
congiunta dei requisiti suddetti conferisce valore aggiunto alla valutazione finanziaria in
quanto consente al decisore di individuare la presenza di specifiche aree di convenienza
dell’operazione di leasing e di definire le politiche aziendali rivolte a ottimizzare l’impatto
della variabile fiscale.
Alla base dell’analisi di sensitività del costo effettivo dell’operazione di leasing è
necessaria la presenza di un contratto di riferimento rappresentato attraverso lo schema dei
flussi di cassa. In rapporto ad esso è possibile verificare l’impatto generato dalla
modificazione di uno o più elementi aziendali e contrattuali che incidono sul processo di
determinazione del costo netto. La variazione dell’IRR e del NPV del contratto di leasing e
del finanziamento alternativo risultante dalla formulazione dei differenti scenari consente di
tracciare il sentiero di convenienza delle operazioni analizzate, con evidenti ricadute sia per
l’azienda locatrice, che acquista un criterio di progettazione delle condizioni contrattuali
idonee per la clientela servita, sia per il locatario nel processi di riduzione del costo medio
della provvista.