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I primi insediamenti nella zona della futura città di Roma sorsero sul colle Palatino intorno
al X secolo a.C. (ma le prime tracce archeologiche risalgono almeno al XIV secolo a.C.),
mentre successivamente vennero occupati anche i colli Esquilino e Quirinale. Resti
archeologici hanno dimostrato come lungo il Tevere fino a Ostia esistessero, tra la fine
dell'Età del bronzo e l'inizio dell'Età del ferro, tutta una serie di fitti villaggi, che aveva
occupato quasi ogni collina lungo il fiume: all'epoca di Strabone (I secolo a.C.) erano tutti
scomparsi[1].
La città di Roma si venne a formare attraverso un fenomeno di unione dei villaggi durato
vari secoli, che vide, in analogia a quanto accadeva in tutta l'Italia centrale, la progressiva
riunione in un vero e proprio centro urbano degli insediamenti dispersi sui vari colli. Ed è
quello che verosimilmente può essere accaduto sul Palatino, che inizialmente era
composto da vari nuclei abitativi indipendenti: il Romolo della leggenda può essere stato il
realizzatore della prima unificazione di questi nuclei in un'entità unica.
La data tradizionale alla metà dell'VIII secolo a.C., corrisponde al momento in cui i dati
archeologici disponibili indicano la creazione di una grande necropoli comune
sull'Esquilino, che sostituisce i precedenti luoghi di sepoltura nelle zone libere tra i villaggi,
ormai considerate parte integrante dello spazio urbano, come ad esempio l'area del colle
Velia, l'altura intermedia tra il Germalo ed il Palatino vero e proprio. Scavi al Foro
Boario hanno portato alla luce della ceramica greca dell'VIII secolo a.C. che dimostra i
rapporti commerciali con le prime colonie elleniche di Ischia e Capua[2]. Inoltre, sempre
risalenti alla metà dell'VIII secolo, abbiamo le tracce archeologiche di una obliterazione di
capanne sul Palatino, con la conseguente creazione di un unico sito abitativo che può
essere riconosciuto come la prima dimora dei re di Roma, almeno fino al 750-725, data in
cui si viene a creare un duplicato della regia palatina nella zona del futuro locus Vestae. In
relazione alla capanna regia del Palatino si hanno anche la fossa di fondazione e alcune
rasature di muri risalenti allo stesso periodo, che possono essere interpretati come i muri
della prima Roma, la Roma quadrata delle fonti annalistiche.
La data ufficiale fu fissata da Marco Terenzio Varrone, secondo il quale la città era stata
fondata da Romolo e Remo il 21 aprile del 753 a.C. Altre fonti riportano tuttavia date
diverse: Quinto Ennio, poeta latino del III-II secolo a.C., nei suoi Annales colloca la
fondazione nell'875, lo storico greco Timeo di Tauromenio (IV-III secolo a.C.)
nell'814 (contemporaneamente, quindi, alla fondazione di Cartagine), Quinto Fabio
Pittore (III a.C.) all'anno 748 e Lucio Cincio Alimento nel 729.
Categorie
Antica Roma · Storia di
Roma · Storia d'Italia
I primi Re di Roma appaiono soprattutto come figure mitiche. Ad ogni sovrano viene
generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle
istituzioni romane e nella crescita socio-politica dell'urbe[3]. Contemporaneamente,
venivano fondati i primi edifici di culto e si insediavano sui colli periferici gli abitanti delle
vicine città che venivano man mano conquistate e distrutte. Una fase importante avvenne
nel VII secolo a.C., al tempo attribuito ad Anco Marzio, quando venne creato il primo ponte
sul Tevere, il Sublicio e venne protetta la testa di ponte ovest con un insediamento
sul Gianicolo. Nello stesso periodo egli, secondo la tradizione, avrebbe fatto costruire il
porto di Ostia alla foce del fiume, e lo avrebbe collegato con una strada che eliminò tutti i
centri abitati sulla riva sinistra del Tevere: lo scavo di Decima ha dato fondamento a questa
tradizione, poiché è stato notato come lo sviluppo della sua necropoli si arresti
bruscamente alla fine del VII secolo[senza fonte].
Lo sfruttamento delle potenzialità della posizione privilegiata dell'insediamento e la sua
urbanizzazione può spiegare l'intervento puntuale degli Etruschi, divenuti consapevoli della
posizione chiave della città: nel VI secolo a.C. i re appartennero a una dinastia etrusca, che
segnò la definitiva urbanizzazione della città. Le mura Serviane (nel tracciato che coincide
quasi perfettamente con il rifacimento del IV secolo a.C.) cinsero una superficie di 426
ettari, per una città, divisa in quattro tribù territoriali (Palatina, Collina, Esquilina e
Suburbana), che era la più ampia della penisola italica di allora[4]. Il periodo di grande
prosperità per la città sotto l'influenza etrusca degli ultimi tre re è testimoniato anche dalle
prime importanti opere pubbliche: il tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio (il più
grande tempio etrusco a noi noto[5]), il santuario arcaico dell'area di Sant'Omobono, e la
costruzione della Cloaca Massima, che permise la bonifica dell'area del Foro Romano e la
sua prima pavimentazione, rendendolo il centro politico, religioso e amministrativo della
città. Un altro canale drenò Vallis Murcia e permise, sempre ad opera dei Tarquini, di
costruire il primo edificio per spettacoli al Circo Massimo.
L'influenza etrusca lasciò a Roma testimonianze durevoli, riconoscibili sia nelle forme
architettoniche dei templi, sia nell'introduzione del culto della Triade
Capitolina (Giove, Giunone e Minerva) ripresa dagli dèi etruschi Uni, Menrva e Tinia. Roma
non perse mai però la sua forte componente etnica e culturale latina, per questo, anche
alla fine dell'età regia, non si può mai parlare di città etrusca a tutti gli effetti.
Giulio Cesare
Beato Angelico, Consacrazione di san Lorenzo come diacono (1447-1448 circa), Cappella Niccolina
Nel 1402 si ha notizia del primo viaggio compiuto da artisti forestieri a Roma per cercare e
studiare le forme e le tecniche dell'arte romana antica, a opera dei fiorentini Filippo
Brunelleschi e Donatello, che tornarono più volte per trovare ispirazione per quello che fu
il Rinascimento nell'arte.
Con la fine dello scisma d'Occidente Roma si apprestava a tornare la capitale unica della
cristianità. Papa Martino V, dopo aver ricevuto la certezza di una città sicura abbastanza da
riceverlo, si reinsediò a Roma nel 1420 e subito indisse una serie di opere pubbliche
(restauri di strade, chiese e palazzi) per riportare la città all'antico fasto dopo la grave
incuria del secolo precedente. Nel 1423venne indetto un giubileo per celebrare la rinascita
cittadina.
Dopo la soppressione di una nuova repubblica sorta nel 1434, e di un'insurrezione
capitanata da Stefano Porcari (1453), il papato riuscì infine a piegare a sé il governo di
Roma. In questo periodo Roma divenne il centro mondiale del Cristianesimo e sviluppò un
ruolo politico che la rese una delle città più importanti del vecchio continente. Nell'arte,
sebbene Firenze e Napoli divenissero allora centro dell'umanesimo e del Rinascimento[16], i
papi si impegnarono a restituire a Roma la sua grandezza e la sua bellezza di un tempo,
invitando spesso i migliori artisti reperibili. Vennero costruiti nuovi palazzi e si spostò il
baricentro della città dal Campidoglio al Vaticano. Il processo di rinascita culturale e
artistica ebbe il proprio culmine coi papati di Giulio II, Leone X e Clemente VII: in quegli
anni artisti come Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio, Bramante e Giuliano da
Sangallo si dedicano a opere grandiose, quali la decorazione della Cappella Sistina e
l'ambiziosa ricostruzione della basilica di San Pietro in Vaticano.
Gli immensi denari che occorrevano per costruire la nuova basilica portarono però a
incentivare l'uso e la vendita delle indulgenze, cosa che scatenò malumori e dissensi
in Germania, fino ad arrivare a una rottura aperta contro Roma e il papato. Martin Lutero fu
la guida spirituale di questo movimento di ribellione che sfociò nella Riforma.
L'imperatore Carlo V cercò di sedare la rivolta, ma accortosi che il papa, invece di
appoggiarlo, tramava contro di lui, inviò a Roma i Lanzichenecchi, che deturparono
gravemente l'Urbe, nel tristemente famoso sacco di Roma del 1527. Il papa Clemente
VII riuscì a sfuggire alla mattanza rifugiandosi in Castel Sant'Angelo, che era l'antica tomba
dell'imperatore Adriano utilizzata spesso dai papi come fortezza in cui cercare rifugio nei
momenti di pericolo.
Dopo di allora Roma non fu più la stessa, e ricominciò a risorgere solo molto lentamente,
con la progettazione di nuovi monumenti, a spese però degli edifici antichi: in particolare,
l'antico Foro Romano, a partire dal regno di Giulio II, venne rapidamente smantellato in
molti suoi monumenti ancora intatti e si ridusse ad un pascolo, indicato come Campo
Vaccino. Nel XVI secolo intanto, papa Paolo IV destinò un'area nelle vicinanze del Portico
di Ottavia a sede del famoso Ghetto. Gli Ebrei della città furono lì confinati per più di tre
secoli.
1944: iscrizione di propaganda di guerra su una casa di Roma distrutta dai bombardamenti Alleati
Il 25 luglio 1943, Benito Mussolini venne messo in minoranza dal Gran Consiglio del
Fascismo; il suo successivo arresto in Villa Ada, da parte dei carabinieri, sancì la caduta
del fascismo. Subito si ricostituirono i partiti democratici (in Roma, il Partito d'Azione si era
ricostituito clandestinamente già nel 1942). Il 31 luglio e poi il 14 agosto[21] il nuovo governo
Badoglio dichiarò Roma città aperta. La dichiarazione fu ignorata dai tedeschi che
nemmeno riconoscevano il governo Badoglio e dagli alleati che considerarono Roma un
importante obiettivo nelle retrovie tedesche[21][22]. Così la città subì ulteriori bombardamenti
tra l'11 e il 12 agosto nei quartieri Tiburtino, Prenestino, Casilino e Tuscolano.
Dopo l'Armistizio di Cassibile e la fuga del re Vittorio Emanuele III, le divisioni tedesche, già
presenti nel territorio italiano, agirono immediatamente per prendere il controllo della
situazione. L'attacco su Roma si sviluppò partendo dal mare, sin dalla sera dell'8
settembre, ad opera soprattutto della Seconda divisione paracadutisti della Wehrmacht.
Nonostante la mancanza di ordini precisi[23] o addirittura intimanti di evitare scontri con le
truppe tedesche[24], alcuni reparti dell'esercito, dei Carabinieri e della polizia, affiancati da
cittadini volontari spontaneamente armati, tentarono invano di opporsi all'attacco delle
truppe tedesche.
La Granatieri di Sardegna reagì con forza ed ingaggiò furiosi combattimenti: gli scontri più
accesi si ebbero nella giornata del 9, intorno alla zona del Ponte della Magliana, dell'E42
(l'attuale EUR) e del forte Ostiense; ed il 10, tra la Montagnola e Porta San Paolo. Il 9
settembre alle ore 16.30, a battaglia in corso, sorse a Roma, in via Carlo Poma, il CLN -
Comitato di Liberazione Nazionale.
Nel pomeriggio del 10 i paracadutisti tedeschi avevano travolto ogni difesa e raggiunto il
centro della città: il comando italiano accettò la richiesta tedesca di cessare il fuoco e di
trasformare Roma in una città aperta, presidiata solo da pochi soldati italiani. La battaglia
per la difesa di Roma, dove si ebbero 597 caduti, di cui 414 militari e 183 civili[25], è il primo
evento della Resistenza italiana.
La scena principale del film Roma città aperta: l'uccisione della popolana Pina (Teresa Gullace),
interpretata da Anna Magnani
Il 16 ottobre 1943, principalmente in via del Portico d'Ottavia e nelle strade adiacenti, ma
anche in altre differenti zone della città di Roma[26][27], le truppe tedesche
della Gestapo effettuarono una retata di 1259 persone, di cui 363 uomini, 689 donne e 207
bambini appartenenti alla comunità ebraica. Soltanto 16 di loro sopravvissero allo sterminio
(15 uomini e una donna)[28]. 2.091 fu il numero complessivo dei deportati ebrei negli otto
mesi dell'occupazione tedesca[29].
Dopo l'occupazione della città e di concerto con le nuove autorità della Repubblica Sociale
Italiana[30] i tedeschi sostanzialmente rispettarono la dichiarazione di "Roma città aperta"
evitando lo stanziamento e il transito di truppe in città anche se in parte per propaganda[31].
Furono mantenute in città solo ridotte forze di polizia militare come il Polizeiregiment
"Bozen", contro cui il 23 marzo 1944 fu rivolto il più sanguinoso attentato partigiano contro
le truppe tedesche[32]. L'attentato di via Rasella da parte dei GAP, durante il transito di una
compagnia del II battaglione composto da 156 reclute altoatesine[33], provocò la morte
immediata di 33 militari e il ferimento di altre 110 circa. Per rappresaglia i nazisti uccisero
335 prigionieri o rastrellati italiani, quasi tutti civili, nell'Eccidio delle Fosse Ardeatine.
Oltre alle 335 vittime delle Fosse Ardeatine e agli ebrei deportati principalmente al Portico
d'Ottavia, la città contò, durante l'occupazione nazista, 947 deportati nel rastrellamento del
Quadraro, 66 partigiani fucilati a Forte Bravetta, dieci fucilati a Pietralata e le dieci donne
uccise presso il Ponte dell'Industria per aver assaltato un forno[34].
Non mancarono forme di resistenza passiva da parte del clero, con l'accoglimento
clandestino nei conventi e nelle strutture religiose cristiane di 4.447 ebrei censiti[35][36].
Numerosissime analoghe forme di accoglimento della popolazione ebraica furono
effettuate da parte di comuni cittadini.
Icona cinematografica del presente periodo storico è il film Roma città aperta, di Roberto
Rossellini, che narra in forma romanzata le vicende dell'uccisione di Teresa Gullace e della
fucilazione di Don Giuseppe Morosini, interpretati, rispettivamente, da Anna
Magnani e Aldo Fabrizi.
La città fu liberata dagli Alleati il 4 giugno 1944. Durante la fuga, alcuni soldati
tedeschi fucilarono 14 uomini politici e partigiani già prigionieri in via Tasso, tra cui Bruno
Buozzi, sulla via Cassia, nei pressi della località La Storta[37]. L'ultima vittima si ebbe il
primo giorno della liberazione (5 giugno): il dodicenne Ugo Forno, ucciso nel tentativo di
impedire alle retroguardie tedesche di far saltare il ponte ferroviario sull'Aniene.
La Roma di oggi riflette le stratificazioni delle epoche della sua lunga storia, ma è anche
una grande e moderna metropoli. Il vasto centro storico contiene molti resti dell'antica
Roma, mentre poche aree hanno resti medievali: ci sono, inoltre, molti tesori artistici
dal Rinascimento, molte chiese e palazzi barocchi, come molti esempi di Art
Nouveau, Neoclassicismo, Modernismo, Razionalismo e altri stili artistici del XIX e XX
secolo. La città si può considerare una sorta di enciclopedia vivente degli ultimi 3000 anni
di arte occidentale.
Dopo l'ultima guerra, Roma continuò a espandersi a causa della crescita della popolazione
(da 1.600.000 nel 1961 a 2.700.000 nel 2011), soprattutto emigranti dalle altre regioni del
centro e del sud Italia attratti dalle opportunità di lavoro nell'amministrazione pubblica,
nell'industria e nei servizi. Furono creati ulteriori nuovi quartieri e sobborghi, tra cui quelli di
edilizia pubblica dell'Istituto Autonomo Case Popolari e dell'INA Casa, in tutte le direttrici, in
particolare in maniera intensiva nel quadrante est della città e verso il litorale di Ostia.
Roma ospitò le Olimpiadi del 1960, usando Villa Borghese e le Terme di Caracalla come
sedi, ma costruendo anche nuove strutture, come lo Stadio Olimpico (che in seguito fu
ancora rinnovato per ospitare il Campionato mondiale di calcio del 1990), il nuovo Stadio
Flaminio e il Palazzetto dello Sport di Nervi, il Palazzo dello Sport all'EUR e il Villaggio
Olimpico (creato per ospitare gli atleti e trasformato dopo i giochi in un quartiere
residenziale).
Nel 1980, il centro storico di Roma viene riconosciuto come patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO[38].