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Preistoria[modifica | modifica wikitesto]

Le prime tracce di insediamenti nell'area risalgono alla cultura dell'uomo di Neanderthal.


Nella zona di Roma sono stati effettuati diversi ritrovamenti, il più antico dei quali si riferisce
al sito della Valchetta, con resti risalenti a 65.000 anni fa. Nella zona di Casal de' Pazzi,
uno scavo ha restituito ossa di animali risalenti a circa 20.000 anni fa; mentre a Quadraro
di Torre Spaccata, presso la via Tuscolana, lo scavo per la costruzione di un istituto
scolastico ha portato alla luce resti di un insediamento del Neolitico finale risalente a circa
6200-6100 anni fa e di un altro della fine dell'età del Rame risalente a 4700-4600 anni fa.
Numerosi altri insediamenti e necropoli con tombe ipogeiche a grotticella (facies di
Rinaldone- gruppo Roma-Colli Albani e del Gaudo) sono stati identificati nel territorio del
suburbio e coprono un arco di tempo compreso tra il Neolitico antico (facies della Ceramica
impressa medio-tirrenica - ca. 7600 anni fa) e la fine dell'età del Rame (facies della
ceramica a pettine trascinato - ca. 4700-4000 anni fa), documentando una intensa
frequentazione e sfruttamento del territorio da parte di comunità complesse e ben
strutturate.
Le tracce successive risalgono all'età del ferro e sono riferibili all'arrivo di genti di
stirpe indoeuropea (Latini), stando alle teorie correnti, nel quadro di un generale fenomeno
di migrazione che sembra essersi svolto verso la penisola italiana in due ondate
successive (prima il gruppo latino-falisco e quindi il gruppo umbro-sabello).
I Falisci occupavano la valtiberina, tra i monti Cimini e i Sabatini, mentre i Latini si erano
stanziati nel Latium vetus ("Lazio antico"), che andava dalla riva sinistra del corso finale del
Tevere ai Colli Albani.
Il loro territorio confinava con quello di diverse altre popolazioni, la più importante delle
quali era sicuramente quella degli Etruschi, a nord del Tevere.
I Volsci, di origine osca, occupavano la parte meridionale del Lazio e i monti Lepini;
gli Aurunci, la costa tirrenica a cavallo dell'attuale confine tra Lazio e Campania; a nord,
sull'Appennino, si trovavano i Sabini; a est gli Equi. Nella valle del Trero,
gli Ernici controllavano la via commerciale per la Campania e, tra Ardea ed Anzio, erano
stanziati i Rutuli.
La posizione geografica della futura Roma ebbe sicuramente un ruolo fondamentale, posta
all'incrocio tra la via fluviale e la via di terra che, tramite il guado dell'Isola Tiberina, mette in
collegamento l'Etruria con la Campania, quindi il mondo etrusco con quello della Magna
Grecia. Nell'urbanistica attuale si è conservato il ricordo di questo passaggio: da via
Lungaretta, che anticamente corrispondeva al tratto finale della Via Aurelia, si scende
dal Gianicolo fino al moderno ponte Palatino (ma che si trova accanto ai resti
dell'antichissimo Ponte Sublicio), per trovarsi nella zona dell'antico mercato del Foro
Boario; da qui, lungo la valle del Circo Massimo, si arriva facilmente al punto dove si
biforcano la Via Latina e la Via Appia.

Età protostorica e fondazione[modifica | modifica wikitesto]


Montes e colles del Septimontium di Roma antica.

Lo stesso argomento in dettaglio: Fondazione di Roma.

I primi insediamenti nella zona della futura città di Roma sorsero sul colle Palatino intorno
al X secolo a.C. (ma le prime tracce archeologiche risalgono almeno al XIV secolo a.C.),
mentre successivamente vennero occupati anche i colli Esquilino e Quirinale. Resti
archeologici hanno dimostrato come lungo il Tevere fino a Ostia esistessero, tra la fine
dell'Età del bronzo e l'inizio dell'Età del ferro, tutta una serie di fitti villaggi, che aveva
occupato quasi ogni collina lungo il fiume: all'epoca di Strabone (I secolo a.C.) erano tutti
scomparsi[1].
La città di Roma si venne a formare attraverso un fenomeno di unione dei villaggi durato
vari secoli, che vide, in analogia a quanto accadeva in tutta l'Italia centrale, la progressiva
riunione in un vero e proprio centro urbano degli insediamenti dispersi sui vari colli. Ed è
quello che verosimilmente può essere accaduto sul Palatino, che inizialmente era
composto da vari nuclei abitativi indipendenti: il Romolo della leggenda può essere stato il
realizzatore della prima unificazione di questi nuclei in un'entità unica.
La data tradizionale alla metà dell'VIII secolo a.C., corrisponde al momento in cui i dati
archeologici disponibili indicano la creazione di una grande necropoli comune
sull'Esquilino, che sostituisce i precedenti luoghi di sepoltura nelle zone libere tra i villaggi,
ormai considerate parte integrante dello spazio urbano, come ad esempio l'area del colle
Velia, l'altura intermedia tra il Germalo ed il Palatino vero e proprio. Scavi al Foro
Boario hanno portato alla luce della ceramica greca dell'VIII secolo a.C. che dimostra i
rapporti commerciali con le prime colonie elleniche di Ischia e Capua[2]. Inoltre, sempre
risalenti alla metà dell'VIII secolo, abbiamo le tracce archeologiche di una obliterazione di
capanne sul Palatino, con la conseguente creazione di un unico sito abitativo che può
essere riconosciuto come la prima dimora dei re di Roma, almeno fino al 750-725, data in
cui si viene a creare un duplicato della regia palatina nella zona del futuro locus Vestae. In
relazione alla capanna regia del Palatino si hanno anche la fossa di fondazione e alcune
rasature di muri risalenti allo stesso periodo, che possono essere interpretati come i muri
della prima Roma, la Roma quadrata delle fonti annalistiche.
La data ufficiale fu fissata da Marco Terenzio Varrone, secondo il quale la città era stata
fondata da Romolo e Remo il 21 aprile del 753 a.C. Altre fonti riportano tuttavia date
diverse: Quinto Ennio, poeta latino del III-II secolo a.C., nei suoi Annales colloca la
fondazione nell'875, lo storico greco Timeo di Tauromenio (IV-III secolo a.C.)
nell'814 (contemporaneamente, quindi, alla fondazione di Cartagine), Quinto Fabio
Pittore (III a.C.) all'anno 748 e Lucio Cincio Alimento nel 729.

Età romana[modifica | modifica wikitesto]


Questa voce è parte della serie
Civiltà romana

Periodi della storia romana

 Fondazione di Roma (753 a.C.)


 Età regia (753-509 a.C.)
 Età repubblicana (509-31 a.C.)
 Età imperiale (31 a.C.-476)
o Alto Impero romano (31
a.C.-284)
o Tardo impero romano (284-
476)
o Impero romano
d'Occidente(395-476)
o Impero romano
d'Oriente(395-1453)

 Roma antica (la città)


 Costantinopoli (la seconda
Roma)

Categorie
Antica Roma · Storia di
Roma · Storia d'Italia

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Lo stesso argomento in dettaglio: Roma antica.

Età regia[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Età regia di Roma.

I primi Re di Roma appaiono soprattutto come figure mitiche. Ad ogni sovrano viene
generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle
istituzioni romane e nella crescita socio-politica dell'urbe[3]. Contemporaneamente,
venivano fondati i primi edifici di culto e si insediavano sui colli periferici gli abitanti delle
vicine città che venivano man mano conquistate e distrutte. Una fase importante avvenne
nel VII secolo a.C., al tempo attribuito ad Anco Marzio, quando venne creato il primo ponte
sul Tevere, il Sublicio e venne protetta la testa di ponte ovest con un insediamento
sul Gianicolo. Nello stesso periodo egli, secondo la tradizione, avrebbe fatto costruire il
porto di Ostia alla foce del fiume, e lo avrebbe collegato con una strada che eliminò tutti i
centri abitati sulla riva sinistra del Tevere: lo scavo di Decima ha dato fondamento a questa
tradizione, poiché è stato notato come lo sviluppo della sua necropoli si arresti
bruscamente alla fine del VII secolo[senza fonte].
Lo sfruttamento delle potenzialità della posizione privilegiata dell'insediamento e la sua
urbanizzazione può spiegare l'intervento puntuale degli Etruschi, divenuti consapevoli della
posizione chiave della città: nel VI secolo a.C. i re appartennero a una dinastia etrusca, che
segnò la definitiva urbanizzazione della città. Le mura Serviane (nel tracciato che coincide
quasi perfettamente con il rifacimento del IV secolo a.C.) cinsero una superficie di 426
ettari, per una città, divisa in quattro tribù territoriali (Palatina, Collina, Esquilina e
Suburbana), che era la più ampia della penisola italica di allora[4]. Il periodo di grande
prosperità per la città sotto l'influenza etrusca degli ultimi tre re è testimoniato anche dalle
prime importanti opere pubbliche: il tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio (il più
grande tempio etrusco a noi noto[5]), il santuario arcaico dell'area di Sant'Omobono, e la
costruzione della Cloaca Massima, che permise la bonifica dell'area del Foro Romano e la
sua prima pavimentazione, rendendolo il centro politico, religioso e amministrativo della
città. Un altro canale drenò Vallis Murcia e permise, sempre ad opera dei Tarquini, di
costruire il primo edificio per spettacoli al Circo Massimo.
L'influenza etrusca lasciò a Roma testimonianze durevoli, riconoscibili sia nelle forme
architettoniche dei templi, sia nell'introduzione del culto della Triade
Capitolina (Giove, Giunone e Minerva) ripresa dagli dèi etruschi Uni, Menrva e Tinia. Roma
non perse mai però la sua forte componente etnica e culturale latina, per questo, anche
alla fine dell'età regia, non si può mai parlare di città etrusca a tutti gli effetti.

Età repubblicana[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica romana.

Pianta di Roma antica in epoca repubblicana


L'espansione territoriale nella zona circostante all'inizio dell'età repubblicana ci è
tramandata dal testo del primo trattato con Cartagine, riportato da Polibio, dove si parla di
un territorio dipendente da Roma che si estendeva fino al Circeo e a Terracina.
I decenni successivi al 509 a.C. furono caratterizzati da una notevole attività edilizia: tra i
santuari sorsero il tempio di Saturno, il tempio dei Dioscuri nel Foro e quello di Cerere alle
pendici dell'Aventino. Queste fondazioni dimostrano un innegabile influsso ellenico,
testimoniato anche dalle importazioni di ceramica greca, continue fino alla metà del V
secolo. A partire dal governo dei decemviri e dalla promulgazione delle leggi delle XII
tavole si registrò invece un periodo di crisi, causata dalla fase più acuta delle lotte tra patrizi
e plebei e dalla calata del Volsci, che significò la perdita dei territori nel Lazio meridionale.
Un analogo declino venne subìto in tutta la penisola, anche nelle città greche e etrusche.
L'unica opera architettonica di qualche rilievo fu la fondazione del Tempio di
Apollo in Campo Marzio e la Villa Pubblica, creata per le nuove figure dei censori.
All'inizio del IV secolo si registrò una ripresa dopo il periodo di oscure lotte con le
popolazioni confinanti, culminata con la conquista della città etrusca rivale, Veio, dopo ben
dieci anni di assedio e ad una guerra durata quasi un secolo. Poco dopo seguì però
l'attacco e la conquista da parte dei Galli (390 a.C.).
Dopo la devastante invasione (che spinse verso la decisione non attuata di trasferirsi nella
Veio da poco conquistata) si registrò una ripresa. Fu ricostruita la grande cinta muraria
serviana, di cui rimane oggi un tratto ben conservato e visibile nelle vicinanze
della Stazione Termini, ricalcando il tracciato precedente e sostituendo le mura
in cappellaccio e i terrapieni con pareti più alte e meglio strutturate, in blocchi
di tufo di Grotta Oscura (377 a.C.- metà del IV secolo a.C. circa). La città, saccheggiata
dagli invasori, venne velocemente ricostruita, e fu a questa rapidità nella ricostruzione che
gli storici romani (come Tito Livio) attribuirono l'aspetto disordinato della pianta cittadina. In
verità però gli archeologi oggi tendono a spiegare la disordinata urbanistica di quel periodo
con la rapida e continua crescita progressiva del nucleo urbano (come avveniva per
esempio anche ad Atene), che non seguì alcun piano preordinato, con gli edifici e le vie
che si adattavano all'orografia del territorio[senza fonte]. In conseguenza si trattò piuttosto di un
evento di lunga durata, perché se si fosse giunti ad una vera e propria ricostruzione si
sarebbe certamente seguito un impianto più regolare: negli edifici arcaici e del IV secolo
non sono stati individuati importanti rifacimenti o cambiamenti di pianta e orientamento.
All'età repubblicana risale la fondazione di diversi edifici pubblici e templi, soprattutto
nell'area del Foro Romano, dei quali sono rimaste conservate le versioni architettoniche
successive, del Campidoglioe del Palatino. Sempre in quegli anni si tracciarono le
prime strade consolari, i rispettivi ponti sul Tevere e i primi acquedotti (come quello voluto
dal censore Appio Claudio Cieco nel 312 a.C.).
Solo a partire dal III secolo a.C. si andarono sviluppando le prime trasformazioni
monumentali inserite in piani urbanistici coerenti, ad esempio il complesso di templi
repubblicani dell'area sacra di Largo Argentina, costruiti separatamente e unificati
dall'inserimento in un grande portico.
Nacquero contemporaneamente i modelli architettonici della basilica civile e dell'arco
onorario. Per la prima volta venne applicata la tecnica edilizia del cementizio, che consentì
all'architettura romana di avere un suo originale sviluppo, e iniziò l'importazione
del marmo come ornamento degli edifici. Forte era l'influenza della Magna Grecia, con
artisti ellenici a Roma dall'inizio del V secolo e l'accentuarsi del livello culturale medio dei
romani. Il primo tempio interamente in marmo, fortemente influenzato dalle forme greche,
fu il tempio rotondo del Foro Boario. Nacquero in città fabbriche di ceramica di alto livello,
che vengono esportate un po' ovunque nel Mediterraneo occidentale. Si diffuse la tecnica
per realizzare statue in bronzo: dalle statue di Alcibiade e Pitagora ricordate nella seconda
metà del IV secolo nel Comizio, opera di artisti della Magna Grecia, alla quadriga in bronzo
nel tempio di Giove Capitolino del 296 a.C., che sostituì una quadriga in terracotta
dell'etrusco Vulca, dalle due statue colossali di Ercole e Giove nell'Area Capitolina, al
celebre Bruto capitolino. Gli scrittori greci parlano ormai spesso di Roma, anzi uno di loro
arriva a definirla "città greca"[6].
La "fase classica" della Repubblica romana coincise con la conquista dell'Italia,
della Sicilia e della Sardegna, basata su un ampio ceto di piccoli e medi proprietari terrieri
che costituivano il nerbo dell'esercito.
Fino alla seconda guerra punica Roma era sostanzialmente una città-stato a capo di una
confederazione, a partire dal II secolo a.C. prese campo una crisi che si concluse con la
creazione dell'impero. Tra le cause ci furono la crisi economica dovuta alla guerra, che
rovinò la classe dei piccoli e medi proprietari terrieri. Il latifondo iniziò a dominare la scena
agreste, sostituendo a poco a poco la piccola proprietà. La popolazione proletaria si riversò
così in città, andando a ingrossare le file del clientelismo politico delle principali, poche,
famiglie senatorie, detentrici anche del potere economico. L'andamento si rivelò
inattaccabile e i tentativi di rovescio dei Gracchi o di Saturnino fallirono miseramente.
Assottigliatesi le leve militari tra i proprietari terrieri, si dovette creare un esercito di
mercenari, che, slegato dalle sorti della Repubblica, finì poi per consegnare il potere nelle
mani dei suoi capi.
Negli ultimi due secoli della Repubblica i personaggi che conquistavano grande prestigio
personale e si contendevano il potere iniziarono a sviluppare progetti urbanistici di respiro
sempre più ampio, per assicurarsi l'appoggio delle masse popolari, a partire dai grandi
portici della zona del Circo Flaminio, al Tabularium di Silla, che tuttora fa da sfondo al Foro
Romano verso il Campidoglio, insieme al restauro del tempio capitolino. Pompeo lasciò la
sua testimonianza nella città con la costruzione di un grande teatro in muratura. L'aspetto
monumentale iniziò a svilupparsi anche in altre zone della città, come il Foro Olitorio e
il Foro Aventino. Nel frattempo si svilupparono i grandi quartieri popolari, grazie
all'immigrazione anche dalle città italiche, con le insulae, case d'affitto a più piani. Una
descrizione di Roma alla vigilia dell'impero si legge in Strabone: accanto a zone ancora
libere sorge una serie ininterrotta di edifici pubblici, templi, teatri, portici, terme e un
anfiteatro. A ciò va aggiunta la spinta privata all'edilizia, con le domus (le case dei più
ricchi), assimilabili ormai alle più lussuose dimore ellenistiche, con il cortile colonnato
(peristilio) e decorazioni sempre più sfarzose (pavimenti marmorei, pitture parietali,
mosaici, soffitti dorati, ecc.). Resti di abitazioni monumentali del genere sono stati scoperti
soprattutto sul Palatino e sull'Esquilino.

Giulio Cesare

L'età di Cesare[modifica | modifica wikitesto]


Giulio Cesare, secondo quanto ci tramanda Cicerone, aveva in progetto un rinnovo totale
dell'aspetto di Roma, con un grandioso piano regolatore che prevedeva interventi in più
zone, soprattutto in Campo Marzio e a Trastevere. Era addirittura prevista una deviazione
del Tevere, per spianare le anse del Campo Marzio e unirlo con una parte dell'Ager
Vaticanus. La sua morte, avvenuta non lontano dal luogo dove oggi si trova il teatro
Argentina, non permise la realizzazione di questi progetti, ma fece in tempo a distruggere
il Comizio, ricostruire la Curia, sede del Senato, creare una nuova piazza a suo nome,
il Foro di Cesare, una basilica e i nuovi rostri, definendo l'aspetto e il nuovo orientamento
del Foro repubblicano. Inoltre il Foro di Cesare fece da esempio per i successivi sviluppi
dei Fori Imperiali.

Età imperiale[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Impero romano.

Il maggiore sviluppo urbanistico e monumentale si ebbe nell'età imperiale.


Roma augustea[modifica | modifica wikitesto]

Roma sotto l'impero di Augusto in una mappa tedesca del 1888


Con Augusto la città, che aveva ormai una popolazione di circa un milione di abitanti[7],
venne divisa in 14 regioni. Venne istituito il corpo dei vigiles, con compiti di vigili del fuoco e
polizia urbana, e vennero delimitate le rive e l'alveo del Tevere, con la creazione di nuovi
acquedotti.
Si completarono alcuni degli interventi di Cesare e si avviarono nuovi grandi progetti
urbanistici, che sebbene non avessero la grandiosità e la radicalità di quelli cesariani, si
raccordarono direttamente ad essi, a partire dalla costruzione di un nuovo Foro di
Augusto e dalla regolarizzazione della piazza del Foro Romano con la costruzione
del tempio del Divo Giulio e della basilica Giulia e il rifacimento della basilica Emilia.
L'antica sede della vita politica cittadina diventava così una piazza monumentale
acquistando il suo aspetto definitivo.
Con l'aiuto di Agrippa, suo amico e consigliere, Augusto si occupò anche della
sistemazione del Campo Marzio, che si andò arricchendo di edifici pubblici e monumenti.
Nella zona più periferica venne costruito il suo mausoleo al quale erano inoltre
simbolicamente collegati un grande orologio solare, che usava un obelisco come gnomone,
e l'Ara Pacis. Le Terme di Agrippa furono le prime terme pubbliche della città.
Nell'area del Circo Flaminio venne costruito il teatro dedicato al nipote Marcello, in
prossimità del ricostruito Portico di Ottavia, dedicato in nome della sorella Ottavia, madre di
Marcello, e del tempio di Apollo Sosiano. A queste opere va aggiunto un teatro, le
biblioteche aperte al pubblico e il restauro o la costruzione di ben 82 santuari: Augusto
affermò di aver trovato una città di mattoni e di lasciarla di marmo.
I e II secolo d.C.[modifica | modifica wikitesto]
Pianta del centro monumentale di Roma antica in epoca imperiale
La monumentalizzazione della città proseguì sotto i successori di Augusto. Nel 64, sotto il
regno di Nerone uno spaventoso incendio quasi rase al suolo l'intera città, distruggendo
interamente tre delle zone augustee e danneggiandone gravemente sette, lasciandone
integre solo quattro. Per favorire un'ordinata ricostruzione e impedire le condizioni che
favorivano il diffondersi degli incendi, venne emanato un nuovo piano regolatore, attuato
però solo in parte, come riporta Tacito, tramite la realizzazione di strade più larghe,
affiancate da portici, senza pareti in comune tra gli edifici, di altezza limitata e con un uso
quasi bandito di materiali infiammabili, sostituiti da pietra e mattoni. Approfittando della
distruzione Nerone costruì la sua Domus Aurea, che occupò gli spazi compresi
tra Celio, Esquilino (Oppio) e Palatino con un'enorme villa, segno tangibile delle mire
autocratiche dell'imperatore. Altri edifici pubblici neroniani furono il mercato del Celio
(Macellum Magnum) e le Terme di Nerone del Campo Marzio, la cui pianta regolare e
simmetrica fece da modello per tutti gli edifici termali futuri, inaugurando la tipologia di
terme "imperiali".
Dopo la morte di Nerone, gli imperatori flavi, restituirono ad uso pubblico parte degli spazi
occupati dalla sua residenza, costruendo le terme di Tito sul colle Oppio (forse adattate
dalle terme private di Nerone), restituendo il tempio del Divo Claudio, già trasformato
in ninfeo, e innalzando il Colosseo, sul sito del lago artificiale dei giardini. Venne tenuto per
uso privato solo il breve settore della Domus Titi. Sotto i flavi ebbero luogo altri incendi,
come l'incendio del Campidoglio del 69 e quello del Campo Marzio e Campidoglio dell'80.
La città venne ricostruita erigendo, tra l'altro, il tempio della Pace(decorato dalle statue che
Nerone aveva raccolto in Grecia e in Asia Minore) e i palazzi imperiali del Palatino ("Domus
Flavia" e "Domus Augustana"). Nel 73 Vespasiano e Tito si presero una magistratura
repubblicana ormai quasi dimenticata, quella di censore, con l'obiettivo di
ampliare pomerium (il confine sacro della città) e iniziare una generale ristrutturazione
urbanistica.
Domiziano proseguì l'opera dei suoi predecessori, ricostruendo integralmente, dopo
l'incendio dell'80 il Campidoglio e il Campo Marzio. Tra i nuovi edifici fece costruire il Foro
Transitorio (poi inaugurato da Nerva, dal quale prese anche il nome), l'arco di Tito,
il Tempio di Vespasiano e Tito, lo Stadio di Domiziano, oggi ricalcato da piazza Navona,
l'Odeon e la Porticus Divorum. L'edificio più grandioso fu il nuovo palazzo sul Palatino,
dimora ufficiale degli imperatori fino alla fine dell'Impero.
Sotto Traiano si registrò la massima espansione dell'Impero romano e entro il II secolo
Roma raggiunse la massima espansione demografica. L'imperatore completò la serie
dei Fori Imperiali con la grande piazza del Foro di Traiano (il foro imperiale più grande, che
dovette richiedere la distruzione di numerosi edifici tra Quirinale e Campidoglio, come il
venerando Atrium Libertatis), nel quale venne collocata la celebre Colonna coclide e il
contiguo complesso dei Mercati di Traiano. Vennero inoltre costruite le terme sul colle
Oppio, le prime nelle quali si riscontra definitivamente il tipo che venne poi ripreso
dalle terme di Caracalla e di Diocleziano.
Ad Adriano e Antonino Pio si deve il picco dell'attività edilizia. Dal 123 si registra l'uso di
indicare sui mattoni la data consolare, segno di un'attività delle fornaci particolarmente
intensa. Ad Adriano e ai suoi immediati successori si devono il Pantheon nel suo attuale
aspetto e la costruzione di un Mausoleo, oggi trasformato in Castel Sant'Angelo, il tempio
di Adriano, inserito più tardi nel palazzo della Borsa, il tempio di Antonino e Faustina nel
Foro Romano, la Colonna antonina, dedicata a Antonino Pio e Faustina. La Villa Adriana fu
una vera e propria reggia suburbana. Ma ancora più importante fu la costruzione di interi
quartieri con insulae a più piani, come nella VII regione ad est della Via Lata: l'idea
dell'aspetto di queste zone si può avere dagli scavi di Ostia antica, presso l'antico porto di
Roma.
Dopo l'incendio del 191, sotto Commodo, iniziò una nuova fase di lavori, curati
dalla dinastia dei Severi: fu ricostruito il Tempio della Pace, gli Horrea piperiana, il Portico
di Ottavia; si aggiunse un'ala al palazzo imperiale sul Palatino, con una nuova facciata
monumentale verso la Via Appia, il Septizodium; furono innalzati l'arco di Settimio Severo e
le terme di Caracalla, l'edificio più imponente e tra i meglio conservati della Roma
imperiale. Sempre all'epoca di Caracalla venne costruito quello che forse era il tempio più
grandioso della città, il Serapeo sul Quirinale. La pianta marmorea incisa sotto Settimio
Severo su un muro del Tempio della Pace e in parte pervenutaci ci dà una
rappresentazione planimetrica della Roma di quegli anni.
Crisi del III secolo d.C. e periodo tardo-imperiale[modifica | modifica wikitesto]
Nel corso del III secolo, quando per la grande crisi politica e militare gli imperatori non
furono quasi mai presenti nella capitale dell'impero, l'attività edilizia rallentò fino ad
arrestarsi quasi del tutto. Sintomo del declino fu la fine dell'uso di bollare i mattoni con
la data consolare, dalla morte di Caracalla con una parentesi di breve ripresa durante il
regno di Diocleziano. Tra gli edifici costruiti nel II secolo ci furono il Tempio di Eliogabalo,
sul Palatino, e il Tempio del Sole nel Campo Marzio, voluto da Aureliano. L'opera più
importante fu tuttavia la costruzione delle mura aureliane, chiara testimonianza dei tempi,
volute dall'imperatore Aureliano a partire dal 272: dopo secoli infatti si temeva nuovamente
per la sicurezza della città, segno di una consapevole debolezza militare. Le mura furono
successivamente rialzate e rafforzate più volte fino a raggiungere l'attuale e monumentale
aspetto.
Con la Tetrarchia si ebbe una ripresa dell'attività edilizia, con la costruzione delle terme di
Diocleziano (le più grandi di sempre), della basilica e della grande
villa di Massenzio sulla via Appia. L'incendio di Carino del 283, che aveva distrutto parte
del centro cittadino, rese necessaria una ricostruzione, alacremente intrapresa, con i
restauri al Foro di Cesare, alla Curia, al Tempio di Saturno, al teatro e ai portici della villa di
Pompeo. Forse risalgono a quegli anni i cataloghi Regionari, che contengono liste di edifici
divisi per regione, dalla funzione non chiara, ma utilissimi per conoscere lo stato della città
verso la fine del periodo antico.
Massenzio fu l'ultimo imperatore a scegliere la città come sua residenza e capitale, e fu lui
ad iniziare una delle ultime stagioni edilizie imperiali: oltre alla già citata basilica, ricostruì
il Tempio di Venere e Roma, innalzò una nuova villa imperiale, un circo e un sepolcro per
la sua dinastia sulla Via Appia. Costantino I sconfisse Massenzio, impresa celebrata con la
costruzione dell'arco di Costantino (315 o 325), completò la costruzione della basilica nei
Fori e iniziò altri lavori come le Terme di Costantino, sul Quirinale. Alla sua epoca Roma,
che continuava ad avere circa un milione di abitanti racchiusi in un perimetro di circa 20
chilometri, poteva contare su: 11 terme e 856 bagni privati, 37 porte, 29 grandi strade,
centinaia di strade secondarie, 190 granai, 2 grandi mercati (macella), 254 mulini, 11
grandi piazze o fori, 1 152 fontane, 28 biblioteche, 2 circhi, 2 anfiteatri, 3 teatri, 2
naumachie, 10 basiliche e 36 archi di marmo[8]. Presto però l'attenzione di Costantino si
rivolse alla creazione di edifici cristiani e, soprattutto, decise di dedicarsi alla creazione di
una nuova capitale monumentale, Costantinopoli.
A Roma si continuarono a innalzare monumenti e archi onorari per tutto il V secolo, come
l'arco di Graziano e Valente, quello di Teodosio, Arcadio e di Onorio e di Teodorico (405),
dei quali oggi non resta però traccia. Tra il 402 e il 405 vennero rifatte le porte nelle mura
aureliane con l'aggiunta di torri rotonde ancora oggi esistenti.
Da questo momento in poi le autorità urbane si limitarono a una semplice conservazione e
restauro degli edifici della Roma antica, i quali, svuotati ormai di gran parte delle loro
funzioni, andarono incontro a un inesorabile declino, con molti di essi distrutti
volontariamente per usarne i materiali per nuovi edifici.

Da Roma imperiale a Roma cristiana[modifica | modifica wikitesto]


I primi edifici di culto cristiani della città furono soprattutto luoghi di riunione e centri
comunitari organizzati in case private (domus ecclesiae e tituli), che prendevano il nome
dal primitivo proprietario, in seguito spesso identificato con il santo titolare. Altri luoghi di
culto e centri di sepoltura si trovavano fuori dalle mura, ugualmente presso terreni privati,
senza che si distinguessero esteriormente da quelli pagani.
A partire da Costantino si cominciarono ad erigere le prime grandi chiese cristiane: le
basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e le basiliche
cimiteriali sorte presso le tombe dei martiri, spesso collegate ai mausolei della famiglia
imperiale e con prevalente funzione cimiteriale (San Sebastiano sulla via Appia, San
Lorenzo sulla via Tiburtina, Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro ad Duas Lauros sulla via
Labicana, Sant'Agnese sulla via Nomentana e la stessa basilica di San Pietro in Vaticano).
Le chiese sorsero tuttavia in aree periferiche, in terreni di proprietà imperiale, pur
riprendendo la forma dei grandi complessi pubblici (principalmente basiliche e sale termali).
Papa Damaso (366-384) intuì perfettamente quale doveva essere il ruolo della Chiesa nel
collegamento e nell’inserimento tra il potere papale e quello imperiale: per poter attuare
questo progetto, egli doveva prendere possesso del luogo più importante che deteneva il
potere politico a Roma, il Palatino. Per questo motivo, tra l'anno 375 e il 379 d.C. le spoglie
mortali di San Cesario diacono e martire furono traslate da Terracina a Roma, con
l'assistenza di papa Damaso intro Romanum Palatium, in optimo loco, imperiali cubicolo[9],
ossia nella Domus Augustana sul colle Palatino (nel sito di Villa Mills, distrutta), affinché
l’imperatore avesse avuto un santo tutelare di nome Caesarius. San Cesario, quindi,
sostituì il culto dei Divi Cesari[10]. All'interno di questo palazzo imperiale venne eretto un
oratorio in onore del martire chiamato “San Cesareo in Palatio”. Esso fu il primo luogo di
culto cristiano, regolarmente ed ufficialmente costituito sul Palatino: fu il segno palese della
consacrazione cristiana del palazzo imperiale perché sostituì il larario domestico degli
imperatori pagani ed ebbe vero e proprio carattere di cappella palatina[11].
Fino alla fine del V secolo si continuarono inoltre a restaurare nella città gli edifici pubblici e
i templi pagani, ad opera della potente aristocrazia senatoriale, rimasta in gran parte legata
alle tradizioni pagane.
Negli anni successivi, si ebbero la costruzione di San Paolo fuori le mura (iniziata
nel 384 per intervento diretto degli imperatori cristiani Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio)
e di Santa Maria Maggiore (iniziata intorno al 420).
Le trasformazioni in chiese di alcuni degli antichi tituli e le nuove costruzioni venivano
finanziate da papi e presbiteri o da ricchi privati cristiani, inglobando spesso le case più
antiche, e con la scelta di luoghi più vicini al centro cittadino. Il papa esercitava forse sin
dall'inizio una qualche forma di controllo e solo a partire dalla metà del V secolo l'erezione
di nuove chiese divenne una sua prerogativa. Sorsero così le chiese dei Santi Giovanni e
Paolo, di San Vitale, di San Marco, di San Lorenzo in Damaso, di Sant'Anastasia, di Santa
Sabina, di San Pietro in Vincoli, di San Clemente, di Santo Stefano Rotondo.
La posizione decentrata della cattedrale di San Giovanni in Laterano, che si andava
accentuando in seguito all'inizio dello spopolamento della città, fece sì che numerose altre
chiese cittadine fossero dotate di battisteri, che si aggiungevano al costantiniano Battistero
lateranense.
Alarico dei Visigoti marciò verso Roma e la saccheggiò clamorosamente nel 410. Il sacco
di Alarico non fu il più drammatico della storia della città: vi furono episodi cruenti, ma il re
visigoto era cristiano (a differenza della sua popolazione) e rese omaggio alle tombe degli
Apostoli, rispettando la sacralità del caput mundi. Al sacco seguì una certa flessione
demografica, ma ancora attorno alla metà del V secolo sembra che Roma continuasse ad
essere la città più popolosa delle due parti dell'Impero, con una popolazione non inferiore ai
650.000 abitanti[12]. Nonostante ciò la violazione dell'Urbe sconvolse il mondo antico,
ispirando il De civitate Dei di Sant'Agostino, che si chiedeva come Dio avesse potuto
permettere una profanazione così inaudita.
Di nuovo Genserico dei Vandali guidò via mare il suo popolo dal Nord-Africa verso Roma
nel 455. Sebbene essi fossero cristiani (anche se convertiti all'arianesimo), saccheggiarono
Roma in forma molto più spietata di quanto avesse fatto Alarico quarantacinque anni prima.
Tale saccheggio fu formalmente giustificato da Genserico con il desiderio di riprendere la
città dall'usurpatore Petronio Massimo, assassino di Valentiniano III.
Eruli ed Ostrogoti[modifica | modifica wikitesto]
La caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 non cambiò molto le cose per Roma.
Gli Eruli di Odoacre e quindi gli Ostrogoti di Teodorico continuarono, come gli imperatori
che li avevano preceduti, a governare l'Italia da Ravenna. L'amministrazione della città era
affidata al Senato, da lungo tempo privato dei suoi originari poteri, e sempre maggiore
importanza acquistava il Papa, che in genere veniva da una famiglia senatoria. Durante il
regno di Teodorico venivano ancora restaurati gli edifici pubblici cittadini a cura dello stato.

Storia medievale[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Roma medievale.

Roma bizantina[modifica | modifica wikitesto]

Roma nel Medioevo


Tra la guerra greco-gotica, iniziata a Roma con la presa del generale Belisario nel 536, e
l'alleanza di papa Stefano II con il re dei Franchi Pipino il Breve stipulata alla metà dell'VIII
secolo, la città fu sotto il dominio dell'Impero bizantino, mentre l'amministrazione e il
mantenimento della città furono assunti dal papa, che progressivamente si conquistò una
sempre maggiore autonomia. Grande figura di questo periodo fu papa Gregorio Magno,
che tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII riorganizzò l'amministrazione pontificia, le
attività ecclesiastiche nella città e i possedimenti terrieri che consentivano alla Chiesa di
farsi carico dell'assistenza ai cittadini.
Il dominio bizantino[modifica | modifica wikitesto]
Nel 536 la città fu presa dal generale bizantino Belisario, che nell'ambito del tentativo di
riconquista della maggior parte dei territori dell'antico Impero romano d'Occidente da parte
dell'imperatore d'Oriente Giustiniano I aveva sconfitto il re ostrogoto Vitige.
Nel 546 gli Ostrogoti di Totila ricatturarono e saccheggiarono la città. Durante l'assedio gli
Ostrogoti tagliarono gli acquedotti ancora funzionanti, che non furono più ripristinati. Roma
venne nuovamente ripresa da Belisario, per essere di nuovo assediata e conquistata da
Totila nel 549. Narsete, che aveva nel frattempo sostituito Belisario, strappò
definitivamente Roma dalle mani degli Ostrogoti nel 552.
I ripetuti assedi avevano devastato la città e grandemente ridotto la popolazione che agli
inizi del secolo contava ancora ca. 100.000 abitanti e che adesso si era ridotta a non più di
30.000 persone. Gran parte degli antichi edifici pubblici era in rovina, mentre l'abitato si era
spostato principalmente nella zona del Campo Marzio e di Trastevere, presso il fiume.
Giustiniano I (527-565) garantì sussidi a Roma per mantenere le costruzioni pubbliche, gli
acquedotti e i ponti, ma questi, nello scenario di un'Italia impoverita dalle recenti guerre,
non erano sempre sufficienti. Giustiniano I protesse inoltre gli studiosi di varie discipline e
ripristinò teoricamente il Senato, che rimase tuttavia sotto la supervisione di un prefetto e
altri ufficiali, dipendenti dalle autorità bizantine a Ravenna e venne più tardi sostituito da un
consiglio consultivo costituito dalle famiglie più importanti. L'antica aristocrazia romana
aveva in gran parte spostato le sue residenze presso le corti di Costantinopoli o
di Ravenna ed era subentrata una nuova aristocrazia formata da funzionari bizantini o della
corte papale. Vennero anche costruite nuove chiese, in genere caratterizzate da elementi
orientali (Santi Quirico e Giulitta, Santi Apostoli, San Giovanni a Porta Latina)(Santa Sofia)
Sotto il regno del successore di Giustiniano I, l'imperatore Giustino II (565-578), il dominio
bizantino in Italia si ridusse progressivamente in seguito alle conquiste dei Longobardi,
rimanendo infine confinato alle città di Ravenna e di Roma, collegate da uno stretto
corridoio che permetteva le comunicazioni tra le due città attraverso Perugia. Nel 578 e
nel 580, il Senato romano, nei suoi ultimi atti registrati, dovette chiedere il supporto
dell'imperatore Tiberio II Costantino (578-582), contro i minacciosi vicini, il duca Faroaldo di
Spoleto e il duca Zotto di Benevento.
Maurizio (582 - 602) diede un nuovo corso al conflitto alleandosi con il re
dei Franchi Childeberto II (579-595). Le armate franche invasero i territori dei Longobardi
nel 584, 585, 588 e 590.
Le riforme di papa Gregorio I[modifica | modifica wikitesto]
Per circa due secoli Roma rimase tuttavia sotto il formale dominio bizantino, esercitato
da carthularii o duces che risiedevano negli antichi palazzi imperiali del Palatino, mentre il
comandante militare dovette avere la propria sede nella parte alta dei Mercati di Traiano,
che conservò anche in seguito il carattere di fortificazione. Il papa si assumeva in misura
sempre maggiore il compito di provvedere all'amministrazione della città.
La Chiesa andava inoltre man mano assorbendo i maggiori possedimenti che erano stati
dell'aristocrazia senatoria e in parte erano passati all'amministrazione bizantina. La
creazione di una rete organizzativa cittadina e di nuove istituzioni religiose destinate alla
cura ed alla difesa degli abitanti, fu in particolare opera di papa Gregorio I (590 - 604).
Il papa Gregorio I istituì una dicastero legale, costituito da laici (defensores sotto la guida di
un primicerius), affiancato ai sette dicasteri costituiti da funzionari ecclesiastici e retti
da diaconi. Un nunzio rappresentava permanentemente la Chiesa romana presso la corte
dell'imperatore bizantino. La Chiesa si era assunta i compiti civili dell'approvvigionamento
della città, attraverso i prodotti delle vaste tenute in suo possesso, amministrati
centralmente, e la manutenzione degli edifici pubblici. L'assistenza ai cittadini era
assicurata da una rete di diaconie, centri che si occupavano della distribuzione dei viveri e
del ricovero di pellegrini, poveri e ammalati: pur gestite dalla Chiesa, servite da comunità
monastiche e dotate di oratori, erano rette da funzionari laici (pater diaconiae) e
svolgevano compiti civili (Santa Maria in Cosmedin, San Giorgio al Velabro, San
Teodoro, Basilica di Santa Maria in Via Lata).
Si moltiplicarono i monasteri, che si installavano in antiche domus donate dai proprietari, e
lo stesso papa Gregorio I ne fondò uno sulle proprietà della sua famiglia al Celio. Anche sul
colle Capitolino, luogo emblematico del città, ne sorse uno: il Convento di Aracoeli. Le
comunità monastiche furono di grande importanza nella Chiesa, come consiglieri
diplomatici, teologi e missionari, ma anche per il funzionamento dei centri assistenziali e la
custodia dei sepolcri dei martiri.
Roma aveva sofferto di una disastrosa inondazione del Tevere nel 589, seguita da una
pestilenza nel 590. A quest'ultima si riferisce la leggenda dell'avvistamento dell'angelo che
rinfoderava la spada fiammeggiante, all'origine dell'attuale nome di Castel Sant'Angelo,
mentre l'appena eletto papa Gregorio I passava in processione per implorare la fine
dell'epidemia.
Dopo la pace stipulata con i Franchi nel 592, il re longobardo Agilulfo (591 - 616) riprese le
ostilità contro le città ancora bizantine di Napoli e Roma. Con l'imperatore preoccupato da
guerre sul confine orientale ed i vari e successivi esarchiincapaci di proteggere Roma dalle
invasioni, papa Gregorio I prese un'iniziativa personale e negoziò un trattato di pace con i
Longobardi, firmato nell'autunno del 598 e soltanto in seguito riconosciuto dall'imperatore
bizantino Maurizio.
Lo sviluppo del papato e la formazione dello Stato pontificio[modifica | modifica
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La posizione del papato si rafforzò ancora sotto il regno dell'usurpatore Foca (602 - 610),
che ne riconobbe il primato sopra il patriarca di Costantinopoli e decretò papa Bonifacio
III (607) "capo di tutte le Chiese". Il Pantheon nel 609 fu donato al papa Bonifacio IV e
trasformato in una chiesa (Santa Maria Rotonda), primo tempio pagano trasformato in
chiesa nella città, ed unico ancora per altri due secoli.
Durante il VII secolo, Roma subì fortemente l'influenza bizantina e vide un massiccio
afflusso di ufficiali e religiosi bizantini da altre parti dell'Impero (anche in seguito all'ondata
di profughi che si erano rifugiati a Roma in seguito all'espansione araba): all'interno della
stessa Chiesa romana le più alte cariche erano rivestite da personaggi di origine orientale,
in gran parte di lingua greca, e la stessa elezione del papa era sottoposta all'approvazione
imperiale. Vennero dedicate numerose chiese a santi orientali e i mosaici, i dipinti e gli
elementi architettonici dell'arredo delle chiese seguivano i modelli artistici di Costantinopoli;
si diffuse il culto delle reliquie dei corpi dei martiri, precedentemente diffuso in Oriente, ma
disapprovato a Roma. Il papato venne inoltre coinvolto nelle numerose dispute teologiche
che agitavano l'impero e nel 653 papa Martino I venne deportato a Costantinopoli e, dopo
un processo, esiliato in Crimea, dove morì.
Tra il VI e il VII secolo l'espansione del Cristianesimo in occidente aveva portato a un
costante flusso di pellegrini nella capitale e si moltiplicarono gli ospizi e le diaconie dedicati
alla loro accoglienza, spesso costruiti lungo le strade di accesso ai santuari. Le donazioni e
il soggiorno costituirono un'importante fonte di entrate per l'economia cittadina. Nuovi
santuari in parte interrati furono costruiti intorno alle tombe più venerate (San
Lorenzo e Sant'Agnese, Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo presso le catacombe di
Domitilla). Nella Basilica di San Pietro venne costruita intorno alla tomba una cripta semi-
anulare che assicurava l'ordinato scorrere dei pellegrini.
Nel 663, Roma vide nuovamente sul proprio suolo un imperatore dopo due secoli, con la
visita di Costante II. In tale occasione l'imperatore si occupò di spogliare gli antichi edifici
da tutto il metallo facilmente asportabile, per gli armamenti da usare contro i musulmani: ne
fecero ad esempio le spese le tegole di bronzo dorato della copertura del Pantheon.
L'approvvigionamento di generi alimentari per la città dipendeva in larga parte dalle tenute
di proprietà papale in varie regioni dell'Impero bizantino.
Nel 727, papa Gregorio II si rifiutò di accettare il decreto dell'imperatore Leone III che
stabiliva l'iconoclastia. Leone cercò, senza successo, di imporre l'iconoclastia a Roma con
la forza militare, confiscò le tenute papali in Sicilia e trasferì le aree precedentemente
ecclesiastiche all'interno dell'impero al patriarca di Costantinopoli: Roma era quindi
completamente abbandonata a se stessa. La conseguenza del contrasto teologico fu
l'arrivo di altre ondate di profughi dall'impero bizantino.
Il re longobardo Liutprando tentò di approfittare del contrasto teologico e propose alla
Chiesa un'alleanza, che non venne tuttavia accettata. Fu tuttavia donato al papa Gregorio
II il territorio di Sutri nel 728, che costituì il primo nucleo dello Stato pontificio.
Il papato era appoggiato da un nuovo ceto di proprietari terrieri, legati alle istituzioni
ecclesiastiche e di varia origine (antiche famiglie romane, Longobardi e Bizantini), ormai
romanizzati, che permisero la creazione di una milizia locale (exercitus), costituita
inizialmente dalle scholae nazionali, che radunavano i residenti di varie nazionalità, le
corporazioni di mestiere e le associazioni rionali. La milizia insieme al clero e al populus (i
capi delle grandi famiglie) contribuiva alle elezioni papali.
Papa Zaccaria (741-752) organizzò il territorio intorno alla città, fondando le prime domus
cultae, vere e proprie aziende agricole facenti capo alla Chiesa, che assicuravano
l'approvvigionamento della città.

Il papato e il Sacro Romano Impero[modifica | modifica wikitesto]


L'indebolimento dell'impero bizantino e la minaccia dei Longobardi, spinsero il papa
all'alleanza con i Franchi: il tentativo di renovatio imperii ("rinnovamento dell'impero")
produsse una rinascita cittadina e successivamente un lungo periodo di contrasti
tra Papato e impero, che attraversò diverse fasi. Papa Adriano I si impegnò in un'intensa
opera di consolidamento e rinnovamento cittadino, e, dopo un periodo di decadenza e lotte,
che vide la prevalenza delle famiglie dei duchi di Spoleto e dei Crescenzi, si ebbero le
riforme di papa Gregorio VII e la nascita di un nuovo ceto cittadino, fortemente legato alle
istituzioni ecclesiastiche spesso orgogliosamente consapevole del grande passato e del
ruolo storico della città.
L'età carolingia[modifica | modifica wikitesto]
Nel 753, in seguito alle minacce dei Longobardi, che andavano eliminando la presenza
bizantina in tutta l'Italia, papa Stefano II si alleò con Pipino il Breve re dei Franchi,
proclamato "patrizio dei Romani" ("patricius Romanorum", titolo in teoria spettante al viceré
bizantino) e difensore dei diritti di san Pietro. Carlo Magno, sceso in Italia nel 774,
sconfisse definitivamente l'ultimo re longobardo Desiderio e nel Natale dell'anno 800 venne
incoronato a Roma imperatore del Sacro Romano Impero da papa Leone III. Le donazioni
fatte dall'imperatore al papa si estesero ai territori dell'antico esarcato di
Ravenna bizantino.
Lo Stato pontificio nacque sulla base dei possedimenti terrieri della Chiesa romana,
considerati patrimonio di san Pietro. Furono istituite amministrazioni e milizie locali che,
come l'amministrazione centrale, erano costituite da funzionari ecclesiastici e laici
appartenenti alle medesime famiglie. L'elezione del papa era prerogativa dell'alto clero e
degli ufficiali della milizia, mentre il "popolo" sosteneva i diversi candidati, legati alle grandi
famiglie e alle fazioni che supportavano diverse posizioni. L'inequivocabile potenza che il
papato e Roma avevano assunto portò a una riappropriazione di alcune tradizioni
dell'antica Roma (per esempio il termine consul-"console" venne utilizzato accanto ai titoli
bizantini di dux-ducae di comes-conte, mentre senatus-senato indicava talvolta l'insieme
delle grandi famiglie).
La città visse un periodo di rinascita: sotto papa Adriano I, le domus cultae e le diaconie si
moltiplicarono, si restaurarono alcuni degli antichi acquedotti di Roma e le mura, venne
costruito un argine sul Tevere per proteggere dalle inondazioni il portico che conduceva
alla Basilica di San Pietro da ponte Sant'Angelo. Le chiese, in particolare i grandi santuari (i
cui tetti furono risistemati con grandi travi di legno offerte dallo stesso Carlo Magno), furono
sistematicamente restaurati. Si iniziò a trasferire le reliquie dei martiri
dalle catacombe ormai in rovina alle chiese cittadine.
Sotto papa Leone III venne restaurato e ingrandito il palazzo del Laterano, che rivaleggiava
per splendore con i palazzi imperiali di Costantinopoli.
Il rinnovamento voluto da papi provenienti dalle grandi famiglie romane mirava a far rivivere
le grandi tradizioni del passato romano e cristiano: se le prime chiese costruite
conservavano ancora elementi di origine orientale (Santa Maria in Dominica),
successivamente si affermò un modello che si rifaceva alle grandi
costruzioni costantiniane e comprendeva l'utilizzo di grandi decorazioni a mosaico (Santa
Prassede, Santa Cecilia in Trastevere, Santi Quattro Coronati).
Le scorrerie saracene[modifica | modifica wikitesto]
La rapida disgregazione dell'impero carolingio lasciò nuovamente Roma senza difesa.
Nella città si confrontavano le aspirazioni universali della Chiesa e il potere laico locale
delle grandi famiglie, che si intrecciava con il preteso potere di conferire la dignità
imperiale, considerato di diritto appartenente alla città per il suo glorioso passato. La
debolezza della suprema carica della Chiesa, continuamente messa in gioco con
combattute elezioni, dava modo alle diverse fazioni locali di combattersi fra loro e al sacro
romano imperatore o ai potentati che si andavano formando in Italia centrale
(Spoleto, Toscana), di intervenire esercitando la loro influenza.
A queste condizioni si aggiunse nel IX secolo la minaccia dei Saraceni: le
scorrerie musulmane resero insicuri i territori fuori dalla cerchia delle mura e spinsero alla
traslazione dei corpi dei santi martiri (fino ad allora conservati nei cimiteri extraurbani dove
erano stati sepolti e dove erano sorti dei santuari) nelle chiese entro le mura. L'operazione
si svolse soprattutto durante il pontificato di Pasquale I (817-824).
Nell'846 i Saraceni, oramai stanziatisi nella cittadina di Castelvolturno, a Nord di Napoli, da
dove facevano regolari scorrerie nell'entroterra e sulle coste laziali, risalirono con una
flottiglia armata le foci del Tevere per raggiungere il cuore di Roma. In tale data arrivarono
al porto di Porta Portese nottetempo e si accinsero ad attaccare e saccheggiare la ricca
abbazia benedettina di San Paolo fuori le mura, adiacente all'ansa del Tevere e la più
vicina alle loro navi. Il Comandante della guarnigione riuscì a sollevare una forte resistenza
armata. In primis impedì con l'innalzamento delle catene attraverso il Tevere il ritorno dei
Saraceni sbarcati per il saccheggio alle loro navi impedendo loro ogni via di fuga dal
Fiume.
Poi organizzò la popolazione e gli uomini di guardia alla Basilica attaccando i Saraceni che
non riuscirono nel loro intento di saccheggiarla. La storia racconta (vedi Araldica-Bologna)
che detto Comandante (cui Papa Giovanni VIII consegnò il nome ed il titolo di "Salvatore di
Roma"; in seguito meritò il grande onore di chiamare sé e tutta la progenie "Roma", come
la città salvata) inseguì i superstiti saraceni in fuga lungo la via Appia, che cercavano di
raggiungere Castelvolturno. Ma sulla strada per Formia furono raggiunti e sterminati tutti.
Da allora i "Roma" ebbero il compito di organizzare in tutte le abbazie Benedettine le
guarnigioni di difesa (vedi discendenti dei "Roma" a Montecassino, Abbazia della
Santissima Trinità di Cava dei Tirreni, Amalfi etc.).
Nell'852 papa Leone IV fortificò allora l'Urbe con la costruzione delle cosiddette mura
leonine (civitas leonina). Tuttavia, i Saraceni tentavano di aggredire ogni anno i luoghi
religiosi e più ricchi del Centro e Nord Italia: in particolare l'Abbazia di San Paolo fuori le
Mura fu circondata da mura e da un castello (tuttora esistente). Il feudo fino al mare fu
affidato in cura e tutela al "Salvatore di Roma" ed ai suoi discendenti.
L'ascesa dei duchi di Spoleto, dei Crescenzi e dei Conti di
Tuscolo[modifica | modifica wikitesto]
Nel X secolo il possesso della città era considerato la base del potere universale,
rivendicato sia dagli imperatori del Sacro Romano Impero, sia dal Papa, sia dalle grandi
famiglie o dal popolo romano nel suo complesso, che tendevano a rivendicare il diritto
tradizionale dell'elezione imperiale.
Una grande famiglia romana conquistò progressivamente l'effettivo potere sulla città,
controllando sia le cariche laiche e amministrative cittadine, sia l'elezione dei papi. Il
fondatore della dinastia fu Teofilatto, appoggiato dal duca di SpoletoAlberico, che ne aveva
sposato la figlia, Marozia. Quest'ultima successe al padre e al marito, ma venne a sua volta
spodestata dal figlio, Alberico, sotto il cui governo (932-954) la città poté godere di una
relativa tranquillità.
Il figlio di Alberico II, che portava significativamente il nome Ottaviano, divenne papa con il
nome di Giovanni XII, ma dovette chiamare in aiuto gli imperatori della dinastia
Ottoniana: Ottone I venne incoronato imperatore a Roma nel 962. Il figlio e
successore Ottone II fu l'unico imperatore ad essere seppellito a Roma nel 983. Il
figlio Ottone III venne anch'egli incoronato a Roma nel 996 da papa Gregorio V, suo
cugino.
La famiglia dei Crescenzi aveva ottenuto il titolo di "patrizio dei Romani" nel 965 e governò
la città controllando le cariche sia laiche che ecclesiastiche e occupando la fortezza
di Castel Sant'Angelo, allora nota come Castellum Crescentii. Furono spesso in contrasto
con gli Ottoni: Ottone III nel 998 espugnò Castel Sant'Angelo e fece decapitare Giovanni
Crescenzio, che gli si opponeva. Una ribellione popolare nel 1001 costrinse quindi alla fuga
dalla città il giovane imperatore, insieme al papa Silvestro II da lui stesso fatto eleggere, e
pose fine al suo tentativo di ripristinare l'antico Impero romano e un governo universale da
parte del papa e dell'imperatore dalla città di Roma. Dall'anno successivo il figlio omonimo
di Giovanni Crescenzio fu nominato "patrizio dei Romani" e governò la città fino alla sua
morte nel 1012.
In seguito il potere passò ai conti di Tuscolo, la cui famiglia aveva già rivestito il papato nel
secolo precedente, i quali elessero una serie di altri papi appartenenti alla famiglia. L'ultimo
di essi, papa Benedetto IX, per due volte venne scacciato e ritornò nuovamente al potere,
finché il concilio di Sutri del 1046, voluto dall'imperatore Enrico III, non destituì tutti i
contendenti.
La riforma di Gregorio VII e la lotta per le investiture[modifica | modifica wikitesto]
I papi seguenti furono in seguito scelti in accordo con l'imperatore e con la determinante
influenza di Ildebrando da Soana, in seguito papa con il nome di Gregorio VII (1073-1085),
che intraprese un'opera di moralizzazione interna della Chiesa e ne ribadì il ruolo nella lotta
per le investiture contro i Sacri Romani Imperatori (che portarono alle scomuniche di Enrico
IV e all'episodio di Canossa). Questi contrasti determinarono nel 1084 il sacco della città da
parte delle truppe di Roberto il Guiscardo, giunte a Roma per liberare il papa, assediato in
Castel Sant'Angelo dall'imperatore.
Dopo la morte di Gregorio VII, ripresero le lotte e i contrasti tra la fazione papale (in
particolare la famiglia Pierleoni) e quella imperiale (i Frangipane), con ripetuti e non
risolutivi interventi imperiali (Enrico V fu a Roma nel 1111 e nel 1117). Dopo una breve
tregua in seguito al concordato di Worms nel 1122, le lotte ripresero, portando alle
contemporanee elezioni di papi e antipapi delle diverse fazioni.
I domini delle grandi famiglie occupavano zone diverse della città, dove risiedevano in
dimore fortificate e dominate da torri, che costituivano con la loro altezza un segno di
ricchezza e potenza. Tra queste i Conti di Tuscolo (Quirinale, dove furono quindi
rimpiazzati dai Colonna) e i Crescenzi (rioni Ponte e Parione, dove in seguito ebbero sede
gli Orsini), i Frangipane (Palatino e Colosseo) e i Pierleoni (rione Ripa, isola
Tiberina e Trastevere), e in seguito i Conti di Segni (Viminale), i Savelli (Aventino e rione
Ripa), i Caetani (Quirinale e isola Tiberina), gli Annibaldi (Colosseo ed Esquilino) e
i Capocci (Viminale).
La rinascita del Senato[modifica | modifica wikitesto]
A Roma, come in altre città della penisola, si avvertiva il desiderio di una maggiore
autonomia e le grandi famiglie del passato erano progressivamente rimpiazzate da nuove,
mentre acquisivano ricchezza e importanza i nuovi ceti che si occupavano
di artigianato e commercio. La popolazione, sulla base probabilmente di una suddivisione
cittadina risalente all'impero bizantino, doveva già essere organizzata in rioni, ciascuno con
la propria milizia e rappresentati dai propri stendardi nelle cerimonie.
Le spinte autonomistiche cittadine portarono alla renovatio Senatus, ossia al rinnovamento
dell'antica istituzione del Senato, ricreato dal popolo romano nel 1143, in opposizione al
potere del papa, delle gerarchie ecclesiastiche e delle grandi famiglie. La nuova assemblea
si componeva di 56 membri (forse 4 per ogni rione cittadino). Il nuovo organismo, cercò di
ritagliarsi un ruolo nella contesa tra papato e impero, ma era privo di un effettivo
potere. Arnaldo da Brescia venne a Roma nel 1145 per sostenere il libero comune. La
predicazione di Arnaldo per una comunità politicamente autonoma ed antipapale lo fece
colpire dalla scomunica (1148), ma godendo del favore popolare, non fu mai perseguitato.
Fallita l'esperienza del libero comune, Arnaldo ed i suoi numerosi seguaci, detti arnaldisti,
mirarono alla rinascita imperiale di Roma e si volsero a Federico Barbarossa per
convincerlo a scendere su Roma ed instaurarvi un potere laico opposto a quello del papa.
Nel 1152 il papa riconobbe il Comune, ma non poté godere a lungo della pace perché morì
di lì a poco.

Busto di Arnaldo da Brescia al Pincio


Dopo la morte di papa Anastasio IV, divenne Papa Adriano IV, unico inglese che sia mai
salito al soglio pontificio. Nel 1155 Adriano IV colpì d'interdetto Roma, in seguito al
mancato omaggio dei senatori ed al luttuoso evento di un cardinale assassinato, e promise
di revocare la decisione solo se Arnaldo fosse stato espulso ed ucciso. Il fuggiasco venne
catturato e consegnato a Federico Barbarossa, giunto a Roma per l'incoronazione. Arnaldo
venne condannato dal tribunale ecclesiastico, il suo corpo arso sul rogo e le ceneri sparse
nel Tevere, per impedire che i cittadini le recuperassero come reliquie. Il reale capo
d'accusa non fu la predicazione contro l'abuso delle ricchezze da parte del clero, contro il
quale aveva combattuto ferocemente anche il suo nemico Bernardo di Chiaravalle, bensì il
rifiuto assoluto del potere temporale del Papa e della Chiesa; San Bernardo e gli altri
avversari di Arnaldo consideravano tale rifiuto come «eresia». Nel 1167 i Romani furono
sconfitti nella battaglia di Monteporzio da Federico Barbarossa e nel 1188 i Senatori si
pacificarono con il papa Clemente III, che riconobbe una forma di autonomia comunale alla
città. Nel frattempo la composizione sociale era mutata: alcune famiglie agiate erano
entrate a far parte della nobiltà, mentre questa aveva progressivamente occupato parte dei
seggi. Il difficile funzionamento dell'istituzione fece sì che da assemblea si trasformasse in
carica singola, che fu rivestita per primo, tra il 1191 e il 1193, da Benedetto Carushomo, e
progressivamente divenne di nomina papale.
I contrasti con la sede papale aumentarono a seguito della lotta tra il papa e Federico II,
portando al saccheggio del palazzo del Laterano nel 1234. Nel 1252 fu chiamato a rivestire
la carica di Senatore il forestiero Brancaleone degli Andalò. Questi attuò una politica
favorevole ai ceti popolari ed ostile alla nobiltà (ad es. fece abbattere la sommità di ben 140
torri) e redasse statuti che fissavano i diritti cittadini. Brancaleone, cacciato nel 1255 e
richiamato nel 1258, morì tuttavia poco dopo.
Nel 1263 per volontà di papa Urbano IV, di origine francese, divenne Senatore Carlo
d'Angiò, fratello del re di Francia e pretendente al trono di Napoli. Impegnato nella lotta
contro gli Svevi, non fu particolarmente gradito alla nobiltà romana.
Il XIII secolo vide inoltre la rivalità delle famiglie Orsini e Colonna, attraverso cui si
riproponeva la rivalità tra papato (appoggiato dagli Orsini) e impero (appoggiato dai
Colonna). Papa Niccolò III, eletto nel 1277 e appartenente agli Orsini, spostò la sede
papale dal palazzo del Laterano al palazzo del Vaticano, più facilmente difendibile, e si
fece nominare lui stesso Senatore della città. Dopo la sua morte tuttavia la carica fu ripresa
da Carlo d'Angiò nel 1285, provocando una rivolta che si concluse con la nomina di papa
Onorio IV, della famiglia dei Savelli.
L'ultimo difensore della centralità e universalità della Chiesa fu papa Bonifacio VIII, della
famiglia dei Caetani, rivale dei Colonna, che subì l'umiliazione dello schiaffo di
Anagni da Sciarra Colonna.

Il papato in Avignone[modifica | modifica wikitesto]


Il successore di Bonifacio VIII, Papa Clemente V non mise mai piede a Roma, iniziando la
serie di pontefici che ebbero la propria residenza presso la città francese di Avignone. Fu
un periodo di forte decadenza per Roma, la cui economia si basava in larga parte sulla
presenza della corte papale e sui pellegrinaggi.
La rivalità tra gli Orsini e i Colonna non smise di manifestarsi, in particolare in occasione
dell'arrivo in città nel 1312 dell'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, detto anche Arrigo, il
quale dovette aprirsi con le armi la strada verso la Basilica di San Pietro. Papa Giovanni
XXII nominò quindi Senatore della città e suo vicario, il re di Napoli Roberto d'Angiò, che
governò la città per mezzo di funzionari. Nel 1328 giunse a Roma l'imperatore Ludovico il
Bavaro, che venne incoronato da Sciarra Colonna nonostante l'opposizione del papa,
causando l'interdetto papale contro la città. Nei successivi disordini l'imperatore fu costretto
ad asserragliarsi entro le mura del Vaticano. Dopo la sua partenza Roberto d'Angiò riprese
la carica di Senatore, che successivamente passò di nuovo allo stesso
pontefice, Benedetto XIII.
Cola di Rienzo e il comune di popolo[modifica | modifica wikitesto]
Approfittando dell'assenza del papa, nel 1347 il Campidoglio, sede del Senato, venne
occupato da Cola di Rienzo, un popolano che si proponeva di riportare Roma all'altezza del
suo nome, ma il cui governo durò solo pochi mesi. Un suo secondo tentativo nel 1354 si
concluse con la sua uccisione durante un tumulto. Il legato pontificio Bertrand de
Deux provò allora a prendere possesso della città in nome della Chiesa e ad annullare i
decreti del Tribuno, ma la restaurazione non andò in porto e nel 1358 la città si organizzò in
un libero "comune di popolo"[13], che escludeva i magnati dalla gestione del potere e
limitava l'ingresso dei ceti medi mercantili alle cariche pubbliche in una proporzione di
minoranza di un "cavallerotto" ogni due popolari. Nel 1363 furono redatti i nuovi statuti, di
carattere eminentemente popolare, la cui promulgazione venne fatta il 20 maggio, ovvero
nella ricorrenza del discorso che Cola di Rienzo aveva tenuto ai romani sulla piazza del
Campidoglio all'inizio del suo governo, giorno che veniva ricordato con festeggiamenti
pubblici.
Il ritorno del Papa[modifica | modifica wikitesto]
Quando nel 1377 papa Gregorio XI tornò a Roma dopo la cattività francese, trovò una città
in preda all'anarchia a causa delle lotte tra la fazione nobiliare e quella popolare, e nella
quale ormai il suo potere era più formale che reale. Seguirono quarant'anni di instabilità,
caratterizzati a livello locale dal conflitto di potere tra Comune e papato, e a livello
internazionale dal grande scisma d'Occidente tra papi romani e antipapi avignonesi, alla
fine del quale fu eletto papa, di comune accordo tra le parti, papa Martino V della famiglia
Colonna, unico papa romano del Quattrocento. Il ritorno suo e dell'istituzione Papale a
Roma fu fortemente voluto e ottenuto da Santa Caterina da Siena.[14] Martino V riuscì a
portare ordine in città, ricostituendone l'identità civica ormai perduta, e ponendo le basi
della sua rinascita.[15]

Storia moderna[modifica | modifica wikitesto]


La Roma papale, rinascimentale e barocca[modifica | modifica
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Beato Angelico, Consacrazione di san Lorenzo come diacono (1447-1448 circa), Cappella Niccolina

Lo stesso argomento in dettaglio: Rinascimento romano.

Nel 1402 si ha notizia del primo viaggio compiuto da artisti forestieri a Roma per cercare e
studiare le forme e le tecniche dell'arte romana antica, a opera dei fiorentini Filippo
Brunelleschi e Donatello, che tornarono più volte per trovare ispirazione per quello che fu
il Rinascimento nell'arte.
Con la fine dello scisma d'Occidente Roma si apprestava a tornare la capitale unica della
cristianità. Papa Martino V, dopo aver ricevuto la certezza di una città sicura abbastanza da
riceverlo, si reinsediò a Roma nel 1420 e subito indisse una serie di opere pubbliche
(restauri di strade, chiese e palazzi) per riportare la città all'antico fasto dopo la grave
incuria del secolo precedente. Nel 1423venne indetto un giubileo per celebrare la rinascita
cittadina.
Dopo la soppressione di una nuova repubblica sorta nel 1434, e di un'insurrezione
capitanata da Stefano Porcari (1453), il papato riuscì infine a piegare a sé il governo di
Roma. In questo periodo Roma divenne il centro mondiale del Cristianesimo e sviluppò un
ruolo politico che la rese una delle città più importanti del vecchio continente. Nell'arte,
sebbene Firenze e Napoli divenissero allora centro dell'umanesimo e del Rinascimento[16], i
papi si impegnarono a restituire a Roma la sua grandezza e la sua bellezza di un tempo,
invitando spesso i migliori artisti reperibili. Vennero costruiti nuovi palazzi e si spostò il
baricentro della città dal Campidoglio al Vaticano. Il processo di rinascita culturale e
artistica ebbe il proprio culmine coi papati di Giulio II, Leone X e Clemente VII: in quegli
anni artisti come Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio, Bramante e Giuliano da
Sangallo si dedicano a opere grandiose, quali la decorazione della Cappella Sistina e
l'ambiziosa ricostruzione della basilica di San Pietro in Vaticano.
Gli immensi denari che occorrevano per costruire la nuova basilica portarono però a
incentivare l'uso e la vendita delle indulgenze, cosa che scatenò malumori e dissensi
in Germania, fino ad arrivare a una rottura aperta contro Roma e il papato. Martin Lutero fu
la guida spirituale di questo movimento di ribellione che sfociò nella Riforma.
L'imperatore Carlo V cercò di sedare la rivolta, ma accortosi che il papa, invece di
appoggiarlo, tramava contro di lui, inviò a Roma i Lanzichenecchi, che deturparono
gravemente l'Urbe, nel tristemente famoso sacco di Roma del 1527. Il papa Clemente
VII riuscì a sfuggire alla mattanza rifugiandosi in Castel Sant'Angelo, che era l'antica tomba
dell'imperatore Adriano utilizzata spesso dai papi come fortezza in cui cercare rifugio nei
momenti di pericolo.
Dopo di allora Roma non fu più la stessa, e ricominciò a risorgere solo molto lentamente,
con la progettazione di nuovi monumenti, a spese però degli edifici antichi: in particolare,
l'antico Foro Romano, a partire dal regno di Giulio II, venne rapidamente smantellato in
molti suoi monumenti ancora intatti e si ridusse ad un pascolo, indicato come Campo
Vaccino. Nel XVI secolo intanto, papa Paolo IV destinò un'area nelle vicinanze del Portico
di Ottavia a sede del famoso Ghetto. Gli Ebrei della città furono lì confinati per più di tre
secoli.

Il colonnato della Basilica di San Pietro, in un'illustrazione del 1748


Nel Seicento Roma divenne la capitale mondiale del barocco, la cui architettura influenzò
molto la sua area centrale. In questo periodo, si devono a Gian Lorenzo Bernini la Fontana
dei Quattro Fiumi a Piazza Navona e il colonnato della basilica di San Pietro; a Francesco
Borromini la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza e quella di Sant'Agnese ancora a Piazza
Navona, dove risiedeva la potente famiglia Pamphili. Soprattutto la famiglia Barberini poi si
dedicò a costruire nuove opere, ma così facendo ne distrusse altre già esistenti,
asportando ad esempio il bronzo dalle scritte latine del Pantheon per farne un baldacchino
in San Pietro e nuovi armamenti a difesa della città: a Roma nacque così il detto Quod non
fecerunt barbari, fecerunt Barberini.
I secoli tra il Cinquecento e il Settecento furono inoltre caratterizzati dalla Controriforma,
voluta dalla Chiesa per rispondere alla Riforma luterana, e che trovò espressione nella
costruzione della Chiesa del Gesù. Furono secoli di relativa tranquillità, durante i quali il
papato cercò di allargare la propria presenza tramite iniziative educative e assistenziali,
fondando scuole, ospedali, e provvidenze per i poveri. Accorsero a Roma artisti stranieri
come Rubens, Van Dyck e Diego Velázquez, e fu istituita l'Accademia dei Lincei.
Nel Settecento continuarono ad affluire a Roma numerosi intellettuali dall'estero, attratti
dalla sua fama e dalle sue vestigia. Tra questi vi fu Johann Wolfgang von Goethe, che
nel 1786 soggiornò in via del Corso. Innumerevoli furono in quegli anni le menzioni della
città nei romanzi, nei diari di viaggio, nelle guide e nei resoconti del Grand Tour.
Il carnevale di Roma fu, a cavallo di Sette e Ottocento, uno degli eventi più celebrati e
popolari dell'intera Europa.

Le invasioni francesi (1798-1849)[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Pio VII e Napoleone.

Il Colosseo in una stampa ottocentesca


Alla fine del XVIII e nel XIX secolo, i moti rivoluzionari che caratterizzarono l'epoca non
esclusero Roma. Il governo dei Papi venne interrotto dalla breve vita della Repubblica
Romana (1798) che fu costruita sul modello della Rivoluzione francese. L'invasione militare
non solo portò saccheggi e devastazioni a Roma e nelle campagne (le stesse chiese
vennero in molti casi adibite a stalle per le truppe), ma addirittura portò all'arresto da parte
dei francesi al papa Pio VI, che fu deportato in Francia, dove morì.
In questo clima incandescente di pressanti richieste democratiche, nell'anno 1800 venne
eletto il papa di compromesso Pio VII, che tentò subito di liberalizzare l'economia pontificia
in particolare con il motu proprio Le più colte già del 1801, non senza contrasti; tuttavia,
ben presto una seconda occupazione francese vide l'ex generale rivoluzionario divenuto
Imperatore Napoleone Bonaparte minacciare direttamente l'autorità papale, proclamando
infine Roma "seconda città dell'impero francese"[17] nel 1809 e capoluogo dell'omonimo
dipartimento: per il suo erede riservò il titolo di "Re di Roma". Pio VII, che non volle opporre
resistenza all'invasione armata, venne fatto prigioniero dai francesi come il suo
predecessore e deportato in Francia al Castello di Fontainebleau, dove rimase cinque anni.
Alla caduta di Napoleone I venne restaurato il potere papale, con il Congresso di
Vienna del 1814: in questo quadro, Pio VII tornò a Roma. Pio VII continuò la via delle
riforme con l'aiuto del fedele cardinale Ercole Consalvi, con diverse aperture in molti settori,
come ad esempio l'avvio alla riforma del catasto e della tassazione, la liberalizzazione del
commercio e la soppressione dei diritti feudali, l'apertura della scuola di ingegneria presso
La Sapienza e la formale approvazione alla pubblicazione di opere che presentavano la
teoria copernicana come un fatto scientifico assodato. Tuttavia, l'ambiente rimase ancora
conflittuale: il successore Leone XII, dal 1823, segnò una netta svolta conservatrice anti-
liberale, dove si acuì la repressione dei simpatizzanti giacobini della rivoluzione francese,
ma non mancarono ugualmente nuove sommosse soprattutto nelle province pontificie. Nel
quadro delle rivoluzioni del 1848, in marzo, il pontefice Pio IX arrivò persino a concedere
una propria costituzione (chiamata Statuto fondamentale pel Governo temporale degli Stati
di Santa Chiesa, emessa appena 10 giorni dopo lo Statuto Albertino), ma pochi mesi dopo
avvenne un'altra invasione francese e nel 1849 sorse una nuova Repubblica Romana.
Stavolta, essa ebbe vita breve: durò infatti solo cinque mesi. Per essa combatterono anche
due delle più influenti figure della futura unificazione italiana, Giuseppe Mazzini e Giuseppe
Garibaldi: Mazzini, insieme a Carlo Armellini e ad Aurelio Saffi, fu infatti
nominato triumviro della Repubblica romana.

Verso l'unificazione d'Italia (1849-1870)[modifica | modifica wikitesto]


Ii papa si scontrò con il nascente processo di unificazione dell'Italia che stava portando a
riunire tutta la penisola dall'esercito guidato da Garibaldi sotto il controllo dei Savoia. Il
ritorno di papa Pio IX a Roma, con l'aiuto delle truppe francesi, escluse Roma dal processo
di unificazione che coinvolse la seconda guerra di indipendenza italiana e la spedizione dei
Mille, dopo la quale tutta la penisola italiana, eccetto Roma e Venezia, veniva riunita sotto il
regno dei Savoia.
Nel 1870 cominciò la guerra franco-prussiana, e l'imperatore francese Napoleone III non fu
più in grado di proteggere lo Stato Pontificio. L'armata italiana, dopo un cannoneggiamento
durato tre ore, entrò a Roma il 20 settembre attraverso una breccia aperta nelle mura nelle
vicinanze di Porta Pia. Roma e il Lazio furono così annessi al Regno d'Italia.
Inizialmente il governo italiano aveva offerto a Pio IX di conservare per sé la Città leonina,
ma il papa rifiutò l'offerta perché sottoscrivere avrebbe significato accettare il controllo
dell'Italia sul suo dominio. Pio IX si dichiarò dunque prigioniero nel Vaticano, anche se non
gli era in realtà impedito di entrare e uscire. Ufficialmente, la capitale del regno venne
spostata da Firenze a Roma solo nel 1871.

La capitale del Regno d'Italia (1870-1922)[modifica | modifica


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L'altare della Patria

Lo stesso argomento in dettaglio: Urbanistica a Roma tra il 1870 e il 2000.

Roma dalla Basilica di San Pietro, 1901.


Nel 1870, la città che i Savoia scelsero per capitale d'Italia era ben lontana dal possedere
le qualità di una capitale europea. Roma era, infatti, una piccola città prevalentemente
agricola di meno di 250 mila abitanti dove non mancavano storia, arte, ruderi e tradizioni
popolari, ma del tutto priva di industrie e di borghesia liberale, in quanto dominata da una
nobiltà bigotta e poco colta, un clero che viveva delle rendite dei beni ecclesiastici, un
popolo abbandonato e misero (al quale il Belli aveva eretto il monumento dei suoi Sonetti),
dove l'analfabetismo raggiungeva il 70%, la malaria era diffusa e i briganti
spadroneggiavano subito fuori Porta San Paolo.
Dopo la morte del re Vittorio Emanuele II, a partire dal 1886 il Colle Capitolino fu sventrato
per far posto al grandioso monumento funebre dedicato al sovrano, il Vittoriano: a questa
grande opera ne seguirono molte altre, stravolgendo profondamente l'assetto di numerosi
quartieri e l'aspetto caratteristico della Roma papale, che così scomparve definitivamente.
Accanto alle demolizioni di case, chiese e palazzi anche di pregio (ad esempio, il Convento
di Aracoeli - con la sua secolare biblioteca - e l'annessa Torre di Paolo III sul Campidoglio),
furono edificati numerosi edifici destinati ad accogliere le istituzioni, i ministeri e i funzionari
pubblici, e interi nuovi quartieri come Prati accanto al Vaticano ed Esquilino intorno
all'enorme Piazza Vittorio Emanuele II. Nel 1887 lo scontro tra il governo cittadino e il
governo centrale del Regno si manifestò anche per la destituzione dell'appena eletto
sindaco filo-papale Leopoldo Torlonia ufficialmente per essersi congratulato, a nome della
città, con il cardinale vicario Lucido Maria Parocchi per il giubileo sacerdotale di papa
Leone XIII. In questo clima di violento scontro di potere tra mondo liberale e mondo
ecclesiastico, entrambi polemicamente arroccati nelle proprie posizioni, venne inaugurato
anche il nuovo monumento a Giordano Bruno in piazza Campo de' Fiori nel 1889.
Già dopo l'ultima inondazione del 1870 si cominciò la costruzione dei muraglioni (ultimati
solo nel 1926) ai lati del Tevere e i soprastanti lungotevere, che risolsero il millenario
problema delle piene del fiume ma comportarono la chiusura dei due caratteristici porti
fluviali di Ripa Grande e Ripetta: il progettista fu Raffaele Canevari. In questo periodo, non
mancarono gravi episodi di speculazioni con grandi scandali finanziari, tra cui il maggiore fu
quello che portò al fallimento della Banca Romana nel 1893 a seguito dell'esplosione della
bolla immobiliare in un contesto di corruzione e impunità diffuse. Il periodo più grave della
crisi edilizia del quinquennio 1888-1893 ebbe come effetto, dopo il fallimento di numerose
imprese edili[18], oltre alla disoccupazione, l'improvviso arresto della costruzione dei nuovi
edifici[19]. Ma nel frattempo aumentavano gli immigrati provenienti dalle campagne
circostanti e da zone povere più lontane, oltre che dai piemontesi della insediata corte reale
(spregiativamente chiamati "buzzurri" dalla popolazione preesistente), attratti dal nuovo
ruolo di Capitale e dalle opportunità che ne derivavano, cosicché in trent'anni, fino al 1900,
la popolazione raddoppiò.
Solo all'inizio del XX secolo Roma entrò pienamente nella modernità come le altre grandi
capitali europee, con la costruzione di nuovi quartieri oltre le Mura Aureliane come la
Piazza d'Armi per le celebrazioni del 50º anniversario dell'Unità d'Italia, e le aziende
municipalizzate per i servizi pubblici in particolare sotto la spinta del sindaco Ernesto
Nathan e del suo assessore Giovanni Montemartini.

Periodo fascista (1922-1943)[modifica | modifica wikitesto]


La marcia su Roma
Il 28 ottobre 1922 su di essa marciarono le milizie fasciste partite da Napoli: era la marcia
su Roma, in seguito alla quale Mussolini fu convocato dal Re Vittorio Emanuele III per
diventare il nuovo capo del Governo. Dopo i primi anni alquanto travagliati, che videro il
ritiro sull'Aventino dei parlamentari dissenzienti col fascismo, Mussolini riuscì comunque a
consolidare il potere instaurando la dittatura.
Nel 1929 Mussolini aveva fatto di Palazzo Venezia, ex ambasciata austro-ungarica
confiscata dallo Stato italiano durante la Grande Guerra[20], situato nel cuore di Roma e
quindi idealmente nel cuore dell'Italia, la propria sede, dalla quale era solito pronunciare i
suoi discorsi affacciandosi sul balcone dell'adiacente Piazza Venezia.

Statue di atleti al Foro Italico


Tra le decisioni di rilievo prese da Mussolini ci fu la soluzione dell'annosa questione
cattolica che si protraeva sin dal 1870. Nel 1929 Stato e Chiesa stipularono i Patti
Lateranensi, con cui l'Italia cedeva al papa il territorio del Vaticano: tornava così ad esistere
lo Stato Pontificio. Per inaugurare la riconciliazione tra Stato e Chiesa,
il Duce del Fascismo fece costruire la Via della Conciliazione, che tuttavia causò la parziale
demolizione di un quartiere di impianto medievale: la Spina di Borgo. Altri interventi di
rilievo sull'assetto urbanistico furono il tracciamento della Via dell'Impero (oggi via dei Fori
Imperiali) e di Via del Mare (con la conseguente scomparsa di Piazza Montanara), l'avvio
della costruzione della prima linea metropolitana, la creazione della Piazza Augusto
Imperatore tramite demolizioni intorno al Mausoleo di Augusto, l'edificazione del complesso
sportivo del foro Mussolini (oggi Foro Italico), la continuazione delle demolizioni alla base
del Campidoglio, che costrinse parte degli abitanti a spostarsi nelle borgate che stavano
crescendo fuori dal centro, gli studi cinematografici di Cinecittà. Sia nell'estetica come nella
retorica, il Fascismo si proponeva di rinnovare i fasti dell'antica Roma, ampliando gli spazi
urbani ed esaltando dei monumenti dell'antichità in chiave propagandistica. Tali opere
infatti avevano la funzione di dare gloria al Fascismo e a Mussolini il quale, dopo il
successo ottenuto nella Guerra d'Etiopia, nel 1936 venne acclamato come colui che aveva
riportato l'Impero sui colli fatali di Roma.
Uno scorcio del nuovo quartiere dell'Eur
Ed è sempre a Roma, dal balcone di Palazzo Venezia, che Mussolini il 10
giugno 1940 annunciò l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale.
I primi anni del conflitto furono per Roma di relativa tranquillità; in questo periodo venne
completata la bonifica delle paludi pontine che infestavano il basso Lazio, e si avviò la
costruzione del quartiere E42, oggi EUR, in vista della Esposizione Universale di Roma
del 1942 che poi non ebbe luogo. L'architettura dell'Eur, di tipo razionalistico e futuristico,
doveva non solo dare lustro al fascismo e alla capitale dell'Impero, ma anche avvicinare
Roma al mare. Lo sbocco di Roma sul mare infatti avrebbe dovuto inaugurare l'epoca
della Terza Roma: una nuova Urbe, dopo quella degli antichi romani e quella dei papi. Ma
questi progetti furono accantonati per il sopraggiungere delle sconfitte in guerra.
Roma venne generalmente risparmiata dai bombardamenti degli Alleati per la presenza
della Chiesa cattolica sul suo suolo; ma il 19 luglio 1943 venne duramente colpito il
quartiere San Lorenzo. Destò impressione l'immagine del papa Pio XII, sceso in strada per
dare soccorso, con la tonaca bianca insanguinata.

L'occupazione di Roma (1943-1944)[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Occupazione tedesca di Roma e Resistenza romana.

1944: iscrizione di propaganda di guerra su una casa di Roma distrutta dai bombardamenti Alleati
Il 25 luglio 1943, Benito Mussolini venne messo in minoranza dal Gran Consiglio del
Fascismo; il suo successivo arresto in Villa Ada, da parte dei carabinieri, sancì la caduta
del fascismo. Subito si ricostituirono i partiti democratici (in Roma, il Partito d'Azione si era
ricostituito clandestinamente già nel 1942). Il 31 luglio e poi il 14 agosto[21] il nuovo governo
Badoglio dichiarò Roma città aperta. La dichiarazione fu ignorata dai tedeschi che
nemmeno riconoscevano il governo Badoglio e dagli alleati che considerarono Roma un
importante obiettivo nelle retrovie tedesche[21][22]. Così la città subì ulteriori bombardamenti
tra l'11 e il 12 agosto nei quartieri Tiburtino, Prenestino, Casilino e Tuscolano.
Dopo l'Armistizio di Cassibile e la fuga del re Vittorio Emanuele III, le divisioni tedesche, già
presenti nel territorio italiano, agirono immediatamente per prendere il controllo della
situazione. L'attacco su Roma si sviluppò partendo dal mare, sin dalla sera dell'8
settembre, ad opera soprattutto della Seconda divisione paracadutisti della Wehrmacht.
Nonostante la mancanza di ordini precisi[23] o addirittura intimanti di evitare scontri con le
truppe tedesche[24], alcuni reparti dell'esercito, dei Carabinieri e della polizia, affiancati da
cittadini volontari spontaneamente armati, tentarono invano di opporsi all'attacco delle
truppe tedesche.
La Granatieri di Sardegna reagì con forza ed ingaggiò furiosi combattimenti: gli scontri più
accesi si ebbero nella giornata del 9, intorno alla zona del Ponte della Magliana, dell'E42
(l'attuale EUR) e del forte Ostiense; ed il 10, tra la Montagnola e Porta San Paolo. Il 9
settembre alle ore 16.30, a battaglia in corso, sorse a Roma, in via Carlo Poma, il CLN -
Comitato di Liberazione Nazionale.
Nel pomeriggio del 10 i paracadutisti tedeschi avevano travolto ogni difesa e raggiunto il
centro della città: il comando italiano accettò la richiesta tedesca di cessare il fuoco e di
trasformare Roma in una città aperta, presidiata solo da pochi soldati italiani. La battaglia
per la difesa di Roma, dove si ebbero 597 caduti, di cui 414 militari e 183 civili[25], è il primo
evento della Resistenza italiana.

La scena principale del film Roma città aperta: l'uccisione della popolana Pina (Teresa Gullace),
interpretata da Anna Magnani
Il 16 ottobre 1943, principalmente in via del Portico d'Ottavia e nelle strade adiacenti, ma
anche in altre differenti zone della città di Roma[26][27], le truppe tedesche
della Gestapo effettuarono una retata di 1259 persone, di cui 363 uomini, 689 donne e 207
bambini appartenenti alla comunità ebraica. Soltanto 16 di loro sopravvissero allo sterminio
(15 uomini e una donna)[28]. 2.091 fu il numero complessivo dei deportati ebrei negli otto
mesi dell'occupazione tedesca[29].
Dopo l'occupazione della città e di concerto con le nuove autorità della Repubblica Sociale
Italiana[30] i tedeschi sostanzialmente rispettarono la dichiarazione di "Roma città aperta"
evitando lo stanziamento e il transito di truppe in città anche se in parte per propaganda[31].
Furono mantenute in città solo ridotte forze di polizia militare come il Polizeiregiment
"Bozen", contro cui il 23 marzo 1944 fu rivolto il più sanguinoso attentato partigiano contro
le truppe tedesche[32]. L'attentato di via Rasella da parte dei GAP, durante il transito di una
compagnia del II battaglione composto da 156 reclute altoatesine[33], provocò la morte
immediata di 33 militari e il ferimento di altre 110 circa. Per rappresaglia i nazisti uccisero
335 prigionieri o rastrellati italiani, quasi tutti civili, nell'Eccidio delle Fosse Ardeatine.
Oltre alle 335 vittime delle Fosse Ardeatine e agli ebrei deportati principalmente al Portico
d'Ottavia, la città contò, durante l'occupazione nazista, 947 deportati nel rastrellamento del
Quadraro, 66 partigiani fucilati a Forte Bravetta, dieci fucilati a Pietralata e le dieci donne
uccise presso il Ponte dell'Industria per aver assaltato un forno[34].
Non mancarono forme di resistenza passiva da parte del clero, con l'accoglimento
clandestino nei conventi e nelle strutture religiose cristiane di 4.447 ebrei censiti[35][36].
Numerosissime analoghe forme di accoglimento della popolazione ebraica furono
effettuate da parte di comuni cittadini.
Icona cinematografica del presente periodo storico è il film Roma città aperta, di Roberto
Rossellini, che narra in forma romanzata le vicende dell'uccisione di Teresa Gullace e della
fucilazione di Don Giuseppe Morosini, interpretati, rispettivamente, da Anna
Magnani e Aldo Fabrizi.
La città fu liberata dagli Alleati il 4 giugno 1944. Durante la fuga, alcuni soldati
tedeschi fucilarono 14 uomini politici e partigiani già prigionieri in via Tasso, tra cui Bruno
Buozzi, sulla via Cassia, nei pressi della località La Storta[37]. L'ultima vittima si ebbe il
primo giorno della liberazione (5 giugno): il dodicenne Ugo Forno, ucciso nel tentativo di
impedire alle retroguardie tedesche di far saltare il ponte ferroviario sull'Aniene.

La città contemporanea (dal 1945 ai giorni


nostri)[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Urbanistica a Roma tra il 1870 e il 2000.

La Roma di oggi riflette le stratificazioni delle epoche della sua lunga storia, ma è anche
una grande e moderna metropoli. Il vasto centro storico contiene molti resti dell'antica
Roma, mentre poche aree hanno resti medievali: ci sono, inoltre, molti tesori artistici
dal Rinascimento, molte chiese e palazzi barocchi, come molti esempi di Art
Nouveau, Neoclassicismo, Modernismo, Razionalismo e altri stili artistici del XIX e XX
secolo. La città si può considerare una sorta di enciclopedia vivente degli ultimi 3000 anni
di arte occidentale.
Dopo l'ultima guerra, Roma continuò a espandersi a causa della crescita della popolazione
(da 1.600.000 nel 1961 a 2.700.000 nel 2011), soprattutto emigranti dalle altre regioni del
centro e del sud Italia attratti dalle opportunità di lavoro nell'amministrazione pubblica,
nell'industria e nei servizi. Furono creati ulteriori nuovi quartieri e sobborghi, tra cui quelli di
edilizia pubblica dell'Istituto Autonomo Case Popolari e dell'INA Casa, in tutte le direttrici, in
particolare in maniera intensiva nel quadrante est della città e verso il litorale di Ostia.
Roma ospitò le Olimpiadi del 1960, usando Villa Borghese e le Terme di Caracalla come
sedi, ma costruendo anche nuove strutture, come lo Stadio Olimpico (che in seguito fu
ancora rinnovato per ospitare il Campionato mondiale di calcio del 1990), il nuovo Stadio
Flaminio e il Palazzetto dello Sport di Nervi, il Palazzo dello Sport all'EUR e il Villaggio
Olimpico (creato per ospitare gli atleti e trasformato dopo i giochi in un quartiere
residenziale).
Nel 1980, il centro storico di Roma viene riconosciuto come patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO[38].

Il nuovo millennio[modifica | modifica wikitesto]


Nel 2000 Roma ospita il grande Giubileo e, in estate, la Giornata mondiale della gioventù.
Nel 2002 fu poi inaugurato l'Auditorium Parco della Musica.
A partire dal 2014 emergono progressivamente estesi fenomeni corruttivi tra una parte
della politica, della pubblica amministrazione e delle attività imprenditoriali, legati all'edilizia
e ad appalti, servizi e concessioni pubbliche, indicati giornalisticamente sotto il nome
di Mafia Capitale.
Essendo la capitale dell'Italia, Roma ospita tutte le principali istituzioni della nazione -
la Presidenza della Repubblica, il Governo e i Ministeri, il Parlamento, le corti giudiziarie -
nonché le delegazioni diplomatiche sia presso l'Italia che presso la Città del Vaticano e
alcune organizzazioni internazionali come la FAO e il WFP. È inoltre una delle più
importanti destinazioni turistiche del mondo, per il suo immenso patrimonio archeologico, i
suoi tesori artistici e la valenza religiosa.

Note[modifica | modifica wikitesto]


1. ^ Filippo Coarelli, cit., pag. 10
2. ^ Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori, 1974.
3. ^ Alessandro Doveri, Istituzioni di diritto romano, pagina 36 a pagina 46.
4. ^ Coarelli, cit., pag. 10.
5. ^ ibidem.
6. ^ Coarelli, cit., pag. 11.
7. ^ Dimensione che mantenne fino al IV secolo d.C. Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una
superpotenza, Einaudi, 2004.
8. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004.
9. ^ De Smedt C., Van Hoof G. e De Backer J., Acta sanctorum novembris, tomus I, Parisiis,
1887
10. ^ Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, Tipografia della Pace,
1907
11. ^ Michele Stefano de Rossi, Orazio Marucchi e Mariano Armellini, Nuovo bullettino di
archeologia cristiana, Spithöver, 1906.
12. ^ «...alla metà del V secolo...si può immaginare che il totale della popolazione [di Roma]
dovesse essere qualcosa di più dei due terzi di un milione.» Cit. da Arnold H. M. Jones, Il
Tramonto del Mondo Antico, Bari, Casa Editrice Giuseppe Laterza & Figli, 1972, CL 20-
0462-3, pag. 341-342 (Titolo dell'opera originale: Arnold H. M. Jones The Decline of the
Ancient World, Lonmans, Green and Co. Ltd, London 1966)
13. ^ E. Duprè Theseider, Roma dal comune di popolo alla signoria pontificia (1252-
1377) (Storia di Roma XI), Bologna 1952.
14. ^ John N.D. Kelly, Gran Dizionario Illustrato dei Papi, Edizioni Piemme S.p.A., 1989, Casale
Monferrato (AL), ISBN 88-384-1326-6
15. ^ Homolaicus.com
16. ^ Treccani.it
17. ^ Books.google.it
18. ^ Della Seta, Piero, and Roberto Della Seta, I suoli di Roma: uso e abuso del territorio nei
cento anni della capitale, Vol. 126. Editori riuniti, 1988.
19. ^ Attilio Brilli, Il viaggio della capitale: Torino, Firenze e Roma dopo l'unità d'Italia, UTET,
2017.
20. ^ Renzo De Felice, Mussolini il Duce - Vol. IV: gli anni del consenso, 1929-1936, Torino,
Giulio Einaudi Editore, 1996, p. 52, ISBN 978-88-06-18844-3.
21. ^ Salta a:a b Ministero della Difesa - Sentenza del Tribunale Militare di Roma, in data
01.08.1996 Archiviato il 12 ottobre 2013 in Internet Archive.
22. ^ An Excerpt from The Battle for Rome: 'Open City'
23. ^ La Memoria OP 44, a firma del generale Mario Roatta, posta a conoscenza dei
Comandanti di armata tra il 2 e il 5 settembre 1943, ordinava “di interrompere a qualunque
costo, anche con attacchi in forze ai reparti armati di protezione, le ferrovie e le principali
rotabili alpine” e di “agire con grandi unità o raggruppamenti mobili contro le truppe
tedesche”, ma era condizionata ad ordini successivi, che non vennero mai. Cfr.: Ruggero
Zangrandi,1943:25 luglio-8 settembre, Feltrinelli, Milano, 1964, pagg. 486-7.
24. ^ Alle ore 0.20 del 9 settembre, il Comandante generale delle Forze Armate, generale
Vittorio Ambrosio diramò un dispaccio radio nel quale si prescriveva alle forze armate di
non aprire il fuoco sulle truppe tedesche, se non in caso di attacco di queste ultime e di
permettere comunque il loro transito inoffensivo. Cfr. Ruggero Zangrandi,cit., pagg. 480 e
succ.ve
25. ^ Prospetto statistico riassuntivo pubblicato in: Albo d'oro dei caduti nella difesa di Roma del
settembre 1943, a cura dell'Associazione fra i Romani, Roma, 1968, pag. 79
26. ^ Marisa Musu, Ennio Polito, Roma ribelle. La resistenza nella capitale. 1943-1944, Teti
Editore, Milano, 1999, pag. 91
27. ^ Robert Katz, Roma Città Aperta. Settembre 1943-Giugno 1944, Il Saggiatore, Milano,
2004, pag. 130.
28. ^ Robert Katz, cit., pag. 429
29. ^ Cfr. la lapide commemorativa in Largo 16 ottobre 1943 (Portico d'Ottavia)
30. ^ Ministero della Difesa - Sentenza del Tribunale Militare di Roma, in data
01.08.1996 Archiviato il 12 ottobre 2013 in Internet Archive. "essa agiva d'intesa col
governo della Repubblica Sociale Italiana"
31. ^ Ministero della Difesa - Sentenza del Tribunale Militare di Roma, in data
01.08.1996 Archiviato il 12 ottobre 2013 in Internet Archive. "Anche se la Germania, di fatto,
considerava Roma come "città aperta", evitando lo stanziamento o il transito di truppe,
occorre considerare che ciò essa faceva solo per finalità di propaganda e non per il rispetto
di principi internazionali: voleva così dimostrare agli italiani delle zone occupate la meritoria
volontà di risparmiare Roma da attacchi aerei nemici"
32. ^ Copia archiviata, su difesa.it. URL consultato il 12 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 12 ottobre
2013).: "ma vi manteneva, sia pure in misura ridotta, truppe come quelle della polizia militare,
contro le quali fu diretto l'attentato di via Rasella"
33. ^ Le modalità dell'attacco di Via Rasella
34. ^ Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito, Donzelli editore, Roma, 2005, pag. 13
35. ^ Ebrei rifugiati nelle case religiose maschili di Roma Archiviato il 28 settembre 2013
in Internet Archive.
36. ^ Ebrei rifugiati nelle case religiose femminili di Roma Archiviato il 28 settembre 2013
in Internet Archive.
37. ^ resistenzaitaliana.it, la resistenza romana: La Liberazione di Roma,
su storiaxxisecolo.it. URL consultato il 2 aprile 2010.
38. ^ Siti Unesco: Centro storico di Roma, le Proprietà Extraterritoriali della Santa Sede nella
Città e San Paolo fuori le Mura

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