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fano Gonnella ha curato i paragrafi 1-4, mentre Laura Occhini ha scritto i paragrafi 5-6.
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universitarie, compreso nel macroprogetto USiena Welcome (UNISI,
2013b).
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zione negli atenei italiani, e non solo tra gli studenti, prospettando in buona
sostanza l’aumento delle tasse universitarie come soluzione principale per
risolvere il problema dei fuori corso. Più precisamente, il DM n. 71 inter-
veniva per la prima volta a modificare il meccanismo di calcolo delle entra-
te che ogni ateneo può ricavare dalle tasse degli studenti. Le regole in vigo-
re fino allora stabilivano che un ateneo non potesse ottenere dalle tasse uni-
versitarie più del 20% di quanto ricevuto come FFO, fondo di finanziamen-
to ordinario, dal MIUR, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca. Il decreto invece, pur senza imporre direttamente nulla alle univer-
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sità, stabiliva che l’importo delle tasse pagate dagli studenti fuori corso fos-
se scorporato dal conteggio della quota del 20%, dando così sostanzialmen-
te via libera a ogni eventuale aumento che gli atenei d’ora in avanti avesse-
ro ritenuto opportuno applicare a carico di costoro.
Questa logica si è poi consolidata nei criteri di assegnazione del FFO
per il 2015, con l’inserimento del “costo studente” fra i parametri in base ai
quali calcolare la ripartizione dei finanziamenti alle università e con
l’introduzione della nozione di “iscritto entro la durata normale del corso di
studio”, con la quale vengono esclusi i fuori corso dal conteggio dei costi
che ogni ateneo deve sostenere per la sua attività didattica. In riferimento al
costo standard, il Decreto interministeriale (MIUR e MEF) n. 893 del 9 di-
cembre 2014, Art. 1, comma 1, ha stabilito quanto segue:
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Dati da interpretare
«In precedenti edizioni del Rapporto sul Profilo dei Laureati AlmaLau-
rea ha documentato come l’età alla laurea è diminuita in misura ap-
prezzabile rispetto alla situazione pre-riforma se si tiene conto del fatto
che il “3+2” – grazie all’accesso agli studi universitari di nuove fasce
di popolazione – ha determinato il simultaneo elevarsi dell’età
all’immatricolazione (...). Infatti, fra i laureati del 2014 quasi uno su
cinque (23%) si è immatricolato con 2 o più anni di ritardo; fra i soli
laureati di primo livello, l’incidenza di “ritardatari” all’immatrico-
lazione è del 16% (...).» (Gasperoni, 2015, p. 21).
«La regolarità nel concludere gli studi è vincolata alla durata effettiva
degli studi, non all’età dei laureati, e costituisce un altro ambito in cui,
come si è documentato in precedenti Rapporti, si è assistito a un mi-
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glioramento marcato. Il 45% del complesso dei laureati del 2014 ha
concluso gli studi in corso, e un ulteriore 25% ha riportato un solo anno
di ritardo. Solo il 12,5% termina gli studi 4 o più anni fuori corso. Con-
tinua a diminuire, dunque, il ritardo alla laurea, cioè la durata degli stu-
di in eccesso rispetto a quella legale, che è pari al 40% (...).» (Gaspero-
ni, 2015, p. 21).
«L’indice di ritardo alla laurea, che rapporta il ritardo alla durata legale
del corso, conferma pienamente il miglioramento avvenuto in termini
di regolarità negli studi (...). Se i laureati nel 2002 avevano accumulato
un ritardo corrispondente in media a quasi il 70% dell’intera durata del
corso, nel 2014 l’indice è sceso al 40%, con evidenti differenze per tipo
di corso di laurea (42% tra i triennali e 28% tra i magistrali e magistrali
a ciclo unico).» (AlmaLaurea, 2015, p. 95).
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blicata il 23 dicembre 2014 ed ha come periodo di riferimento l’anno 2013
(ISTAT, 2014a). Nella sezione dell’Annuario dedicata agli studi universita-
ri, per quanto riguarda immatricolati, iscritti e laureati dei corsi di laurea di
primo livello, l’anno accademico più recente preso in esame è il 2012/2013.
Nella tabella riepilogativa (Tav. 7.6, p. 230) vengono confrontati i dati rela-
tivi a cinque anni accademici, a partire dal 2008/2009, tuttavia per quanto
riguarda i fuori corso, non ci sono numeri disponibili per l’ultimo anno
2012/2013, essendo cambiata la fonte statistica con l’implementazione del-
l’Anagrafe degli Studenti. Ad ogni modo, per i quattro anni accademici
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consultabili, si registra una diminuzione degli studenti fuori corso, che pas-
sano dal 34,3% del 2008/2009 al 32,5% del 2011/2012. Questo dato, tutta-
via, si complica alquanto se lo confrontiamo con le percentuali dei laureati
relative al medesimo arco di tempo. Qui si parte dal 54,3% di coloro che si
sono laureati in condizione di fuori corso sul totale di tutti i laureati del
2008/2009, salendo poi al 57,2% del 2009/2010 e passando al 56,1% del
2010/2011, per attestarci infine al 55,5% del 2011/2012 (ISTAT, 2014a, p.
230).
Il Rapporto ANVUR 2013 conferma sostanzialmente i medesimi dati,
anche se suddivisi per anno solare: nel 2009, il 57,2% dei laureati era fuori
corso, nel 2010 il 56,2%, nel 2011 il 55,2% (ANVUR, 2014, p. 63).
Quello dei dati numerici è senz’altro un aspetto rilevante dell’intera
questione, anche se, come appare da questa prima sommaria lettura, non
sembra tanto facile avere un quadro omogeneo e congruente dell’intera si-
tuazione (Checchi, 2014).
I dati quantitativi e statistici, oltre a non essere esaustivi e a richiedere
accurate interpretazioni per essere eloquenti, andrebbero raccolti in maniera
più articolata, ad esempio tenendo conto dell’estrema eterogeneità dei corsi
di laurea all’interno del panorama universitario italiano (Sestito, 2010, p.
3). In altre parole, nella questione dei ritardi nella carriera universitaria en-
trano in gioco più variabili, che per essere adeguatamente riconosciute ri-
chiederebbero procedure di rilevamento più flessibili e integrazioni con
strategie di analisi qualitativa anche di tipo sperimentale, non sempre prati-
cate e condivise.
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Forse sarebbe il caso di concentrare l’attenzione su altri aspetti, mettendo a
fuoco le motivazioni individuali e le radici sociali del ritardo universitario,
cercando, anche qui, di raccogliere dati concreti e pertinenti, saltando a piè
pari le banalizzazioni che qualificano gli studenti fuori corso come meri
“svogliati” e fannulloni. In altre parole:
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quindici Dipartimenti dell’Università di Siena è 28,7%, mentre la percen-
tuale di fuori corso del nostro Dipartimento è 30,2%, dunque leggermente
più alta della media. Tuttavia il DSFUCI, pur essendo quello con il mag-
gior numero di studenti fra i quattro dipartimenti senesi di Area Umanisti-
ca, nella speciale “graduatoria” dei ritardi nelle carriere è preceduto da altri
due dipartimenti, in cui gli studenti fuori corso sono rispettivamente il
32,4% e il 40,7% degli iscritti.
A questa constatazione si può associare un ulteriore elemento positivo.
Nella classifica compilata in base alla quota di iscritti fuori corso in tutte le
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«Prevenire abbandoni e ritardi significa evitare che gli studenti si iscri-
vano a corsi di laurea di cui non conoscono le caratteristiche.» (Sestito,
2010, p. 4).
Invece,
Ma questo è un altro tema, che non c’è spazio per affrontare in questa
sede. Basti solo ricordare che si tratta di una questione di cui è stata ribadita
più volte la rilevanza, ad esempio dal CUN, nella adunanza dedicata al mo-
dello del «costo standard» per studente nel calcolo dei trasferimenti alle
Università, introdotto dal Decreto n. 893/2014, nel corso della quale veniva
segnalato il fatto che:
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ti, di cui 49 in corso e 44 fuori corso, iscritti a corsi di laurea di cui il nostro
Dipartimento è titolare o contitolare assieme ad altri dipartimenti
dell’Ateneo senese. Nei suoi contatti telefonici, la Tutor ha proposto agli
studenti che accettavano il colloquio una breve intervista, seguendo la trac-
cia di un questionario, per sondare le motivazioni che li avevano portati a
sospendere l’impegno universitario e per offrire assistenza e supporto tuto-
riale.
I primi dati emersi dalla ricognizione svolta dalla Tutor del Progetto di
Ateneo si possono riepilogare come segue:
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a) Gli studenti lavoratori sono in genere giovani che si mantengono
agli studi svolgendo attività lavorative spesso precarie o di basso li-
vello, che non hanno alle spalle genitori in grado di sostenerli eco-
nomicamente oppure hanno intrapreso il tentativo di rendersi indi-
pendenti dalla famiglia di origine. A causa di questo ulteriore impe-
gno, il loro iter universitario si svolge con tempi più lenti e dilatati
rispetto quelli regolari.
b) I lavoratori studenti sono invece per la maggior parte studenti maturi
già avviati in un percorso lavorativo più stabile e definito, che hanno
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di mediazione inglese, soprattutto attraverso esercitazioni in piccoli gruppi
con il supporto del docente.
Analoghe attività di coinvolgimento e rilevamento con i tradizionali
strumenti di contatto − posta elettronica e telefono − hanno riguardato an-
che gli studenti che al primo anno di corso non avevano ancora sostenuto
alcun esame. Tuttavia, l’esperienza senz’altro più proficua e originale è sta-
ta quella dell’utilizzo dei Social Network, in particolare FaceBook, nelle
attività di supporto e tutorato svolte nella prima metà del 2015 dal
DSFUCI.
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Appare evidente che non è consigliabile restare indifferenti agli aspetti
negativi e a quelli critici dell’uso di un Social Network. È necessario, quin-
di, tener conto di alcune fragilità del sistema quando si va a contattare uno
studente per comunicargli dati sensibili sul suo conto:
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1) Ricerca dei profili FB degli studenti con ritardo nella carriera.
2) Invio di un messaggio di posta privata sul profilo in cui ci si rivol-
geva agli studenti con il loro nome di battesimo. Il messaggio, in-
formale e diretto, forniva la disponibilità di un docente ad un in-
contro ed un supporto:
3) Raccolta delle risposte e interruzione dei contatti con coloro che ri-
spondono in maniera negativa all’offerta.
4) Raccolta dei contatti con chi richiede un incontro personalizzato.
Dalla prima fase si è potuto rilevare che il 2,3% del campione risulta
non possedere un profilo personale in FB. Il dato – relativamente basso –
non deve sorprendere, in quanto pienamente compatibile con i dati Censis
(2013) e i dati ISTAT (2014b) rilevati negli ultimi due anni ed estrapolati
sulla media d’età del campione prescelto. Il 4,5% (2), invece, ha impostato
la privacy del profilo in modo tale che non è previsto l’invio di un messag-
gio privato da chi non è direttamente iscritto alla cerchia di amici virtuali.
Si potrebbe a questo punto essere tentati di chiedere l’amicizia allo studen-
te; il comportamento violerebbe però il principio della Comfort Zone su
esposto. Il messaggio del suo profilo è chiaro: lo studente ha scelto di inter-
loquire virtualmente solo con persone cui è concessa l’autorizzazione a far-
lo. Una forzatura sarebbe controproducente. Nei casi come questo si è pre-
ferito ricorrere al tradizionale strumento del contatto telefonico da parte di
uno studente tutor appositamente individuato dal consiglio di dipartimento
e dai rispettivi comitati per la didattica.
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L’11,4% (5) degli studenti contattati ha scelto di non rispondere al
messaggio, pur avendolo letto1. Risulta assai difficoltoso interpretare questa
scelta comunicativa dal momento che possono entrare in gioco molte varia-
bili, ognuna delle quali resterebbe nell’ambito della spiegazione soggettiva
non dimostrabile.
Circa 1/5 (9 studenti, il 20,4%) dei soggetti contattati ha risposto decli-
nando l’offerta di aiuto dichiarando di essere in procinto di laurearsi entro
l’ultima sessione dell’anno accademico in corso. Alcune risposte denotano
un misto di sorpresa e piacere nel ricevere il messaggio di interessamento
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ostacola la performance del soggetto (quand’anche non si tratti di disturbi
intellettivi o cognitivi) non è possibile valutare la stessa performance con i
parametri applicati ai normodotati (legge 170/10; legge 104/92).
1 disabilità congenita
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Tab. 3 – Tutoring agli studenti
Cinque persone (22%), hanno motivato e dato giustificazione del loro ri-
tardo ma non hanno chiesto espressamente un incontro con il docente tutor.
A diretta offerta hanno declinato l’invito esplicitamente, come nel caso qui
sotto:
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trovare un compromesso tra studio e lavoro senza pretendere di fare
entrambe le cose al meglio. Qualche anno fa decisi di ritentare iscri-
vendomi al CdL in Scienze dell’educazione e della formazione di Arez-
zo... ma gli anni passano, c’è il lavoro, la famiglia, un figlio e rita-
gliarsi degli spazi è complicato. È come un filo che, stupidamente, non
riesco né a recidere né a tessere. Mi scuso per essermi dilungata e La
ringrazio ancora per avermi scritto. Forse un giorno la cercherò. Cor-
diali saluti e buon lavoro.»
Sei studenti (26%) hanno invece dichiarato la loro difficoltà a farsi se-
guire da un docente per la redazione dell’elaborato finale pur non attri-
buendo a questa motivazione la totale responsabilità del ritardo. Dobbiamo
quindi prendere atto che, in questo specifico settore, il nostro Dipartimento
manifesta una criticità che – al di là della soluzione temporanea – va elabo-
rata e discussa in maniera organica ed istituzionale. Il contatto FB, in que-
sto caso, ha permesso alle studentesse di manifestare l’esigenza di un in-
contro risolutivo: più precisamente le studentesse che si sono presentate al
colloquio lo hanno fatto chiedendo una soluzione in tempi rapidi. Ricono-
scendo che l’esigenza non poteva che essere considerata legittima il docen-
te tutor si è impegnato ad assegnare loro una docente disponibile. Al mo-
mento, cinque di loro si sono laureate.
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lei e mi manca la nostra facoltà. La gravidanza non era prevista e non
è stata facile fisicamente. Mi dia un po’ di tempo per riprendere fiato,
tanto io so che la troverò… la abbraccio e la ringrazio»
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la nostra cultura lega al ruolo femminile anche il ruolo di cura, è anche
plausibile che tale dato possa essere modificato mettendo in campo progetti
e strumenti attuativi che non si limitino alla sensibilizzazione ma che pun-
tino a ridurre significativamente la penalizzazione oggettiva.
Conclusioni
dare alcune valutazioni positive che non possono essere intese come defini-
tive, ma andranno integrate e consolidate con il proseguimento delle inizia-
tive di supporto e monitoraggio anche nei prossimi anni accademici. Pos-
siamo invece valutare come sicuramente positiva l’esperienza dell’uso di
Facebook come strumento di contatto con gli studenti fuori corso. La rispo-
sta positiva ha superato il 50% e ha permesso di portare alla luce alcune si-
tuazioni e problematiche che – pur se intuibili – erano fino ad oggi rimaste
sottaciute.
Facebook è uno strumento che presuppone un investimento di tempo da
parte del docente tutor piuttosto alto, ma il risultato ottenuto è certamente
gratificante e giustifica l’impegno. La sua applicazione necessita di una
buona capacità tecnica nell’uso dello strumento e anche una competenza
comunicativa che rispetti le regole implicite degli scambi virtuali.
L’uso di questo strumento ha permesso di agganciare lo studente anche
da un punto di vista affettivo: la stragrande maggioranza delle risposte ini-
zia con un ringraziamento e con una esplicita riconoscenza mista a sorpresa
per l’interessamento riservato al proprio caso. Le testimonianze raccolte
fanno rilevare che, nei casi di rallentamento della carriera, il contatto con lo
studente tutor in una relazione peer-to-peer non è efficace quanto l’incontro
con un docente tutor che offre il proprio sostegno. È ipotizzabile che il do-
cente, in questo caso, venga vissuto come una figura più affidabile nel ga-
rantire una risposta efficace per il riallineamento della carriera.
Un elemento di criticità per quanto riguarda il corso di laurea in Scienze
dell’educazione e della formazione consiste nella difficoltà degli studenti
nel trovare docenti disponibili a seguire l’elaborato finale in tempi compa-
tibili con la chiusura della carriera universitaria entro i tre anni. Un inter-
vento organizzativo potrebbe stimolare la motivazione e l’attenzione a que-
sto aspetto.
L’analisi dei dati mostra che la gran parte degli iscritti fuori corso ap-
partenenti al corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione,
appartiene al genere femminile. Più della metà di loro motiva il proprio ri-
tardo con l’esigenza di sostenere la propria famiglia in momenti di partico-
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lare difficoltà esistenziale. Su tali motivazioni, probabilmente, è molto dif-
ficile intervenire. A meno di non pensare alla costituzione di gruppi di sup-
porto allo studio che coinvolgano anche i colleghi studenti attivi e in corso.
Degna di grande attenzione è la percentuale del 30% di studentesse in ri-
tardo nella carriera dopo una gravidanza: in questo ambito l’intervento do-
vrebbe correre su due fronti. Uno formale e istituzionale che preveda un in-
tervento come il blocco della tassazione per l’anno accademico che coinvol-
ge il periodo della gravidanza e dei primi mesi di vita del neonato. Il secondo
intervento potrebbe essere invece strutturato appoggiandosi ai meccanismi
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