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Le biblioteche nel mondo antico e Medievale

a cura di Guglielmo Cavallo

Premessa:
Che cosa significa biblioteca? Nel mondo antico e medievale la parola biblioteca tocca un vastità di
significati a seconda dei differenti modelli.

2.La stranzuccia (Grecia Classica):


Nella Grecia arcaica e all'inizio dell'età classica vi erano solo tradizioni/archivi orali.
Nel IV- III sec. in Grecia si cercò di salvaguardare il concetto di biblioteca e specie il loro contenuto. Ad
esempio alla fine del IV sec. Fu stipulata una legge che puntava a salvaguardare i testi ed i loro contenuti
presso l’archivio di Stato di Atene, il Metroon. Le prime raccolte di libri, sono testimonianze ad opera di
intellettuali, soprattutto i maestri di scuole filosofiche.
Quello che va sottolineato è il fatto che non si trattava di biblioteche pubbliche. La biblioteca della scuola
filosofica era una “stanzuccia” con raccolte di libri per “iniziati” di argomenti legati alla ricezione delle
dottrine della scuola o agli interessi di quest’ultima. Era intesa ad assicurare la continuità del pensiero del
maestro, rendere disponibili i testi su cui era basata l’attività della scuola, garantire testi di riferimento a chi
volesse conoscere la dottrina. Aveva quindi a monte un’idea di scelta e di conservazione, ma restava tutto
legato alla scuola → paralisi della tradizione, nel momento in cui la scuola fosse venuta meno → E’ questa
la ragione principale del naufragio e della perdita di molte opere appartenenti alle diverse correnti di
pensiero filosofiche. Esempio italiano è la “ Villa de Papiri”, biblioteca di stampo epicureo, una stanzuccia
che era un laboratorio fornito di scaffali a nicchie → riproduce il modello della “stanzuccia della grecia
classica/ellenistica.

3. La biblioteca senza pubblico(Le biblioteche di Alessandria e Pergamo):


La fondazione di grandi biblioteche pubbliche, come quella di Alessandria e di Pergamo, venne a modificare
solo in parte il modello originale di biblioteca. Quando Strabone dice che Aristotele insegnò ai re d’Egitto
un sistema bibliotecario non vuole dire altro che la creazione di nuove fondazioni ellenistiche si basarono su
quanto già affermato da scuole filosofiche. Quello che qui bisogna per forza sottolineare che con il
trapianto del modello aristotelico ad Alessandria i libri sono diventati del re.
Le due biblioteche sopra richiamate sono paradossalmente pubbliche ma senza pubblico perché erano
pensate come il campo di lavoro dei dotti del Museo. Ad utilizzare i testi era in realtà una ristretta cerchia di
filologi scienziati diretti da un sovraintendente al servizio del re. La società ellenistica è una società
analfabeta, nella quale la biblioteca non poteva che servire ad una èlite. Gli immensi tesori scritti di
Alessandria non sono destinati pertanto ad una fruizione pubblica. Né deve trarre in inganno la grandiosa
organizzazione bibliotecaria alessandrina. Questa aveva comunque a monte il concetto della stanzuccia-
laboratorio dei filosofi; essa quindi non prevedeva altro pubblico se non una piccola comunità di interni.

4.La biblioteca al crocevia tra uso pubblico e privato (Le biblioteche a Roma):
Le conquiste di Roma e la progressiva decadenza delle grandi istituzioni culturali ellenistiche facevano, man
mano tramontare il tipo di biblioteca a circuito chiuso. A Roma l’età imperiale metteva in evidenza nuove
esigenze grazie a tutta una serie di fattori quali, una crescita di scuole di grammatica e retorica, un
numeroso pubblico di individui colti e alfabetizzati. Venne cosi a crearsi una larga fondazione di
biblioteche pubbliche, atte a soddisfare le accresciute esigenze di cultura. La biblioteca stessa viene
di regola a dividersi in due aule,l’una riservata ai libri latini, l’altra ai libri greci i quali si devono tenere
comunque separati; questa distinzione non può che risalire alla classe intellettuale cui si deve la prima
concezione di una biblioteca pubblica a Roma. La sala delle biblioteche ellenistiche che era riservata alla
riunioni di dotti e conviviali non ha ragione più di esistere e pertanto si trasforma nel 1depositum librorum.
La biblioteca Ulpia, fondata nel maestoso complesso Traiano, è l’espressione
più alta del modello di biblioteca romana di età imperiale. Qualsiasi fosse l’importanza o la
consistenza libraria, è questo il modello di biblioteca pubblica romana destinata alla fruizione tanto
da avere addirittura esposto l’orario di apertura e una formula di giuramento contro i furti.
Sulla biblioteca di Celso ad Efesova richiamata una particolare attenzione, visto che lo stato di
conservazione dei testi ci consentono di avere un po’ di materiale a disposizione; all’interno di un
complesso monumentale i libri erano disposti in un’aula rettangolare custoditi in armadi disposti su
3 piani. Qui lo spazio bibliotecario risulta unico non diviso in due aule ma comunque reso
funzionale da un’immediata disponibilità dei libri. Nulla si sa invece sulla qualità testuale dei libri
presenti in questi luoghi oramai a tutti gli effetti pubblici.
Non è da credere che si trattasse di vere e proprie biblioteche dove andare e leggere qualcosa. Esse
erano piuttosto luoghi di conservazione dei libri antichi o rari, ma sempre a disposizione di un
pubblico di letterati e forse anche di estrazione diversa, soprattutto burocratica. Non ci sono tuttavia
testimonianze che documentino una lettura individuale all’interno della biblioteca: la pratica diffusa
nell’antichità, era la lettura ad alta voce e collettiva, la quale si faceva altrove, nei porticati spesso
legate alle aule.
La biblioteca privata romana imita quella pubblica: nella tarda età repubblicana, essa riprende il
modello ellenistico del magazzino o magazzino-laboratorio costituita da blocchi di libri frutto
magari di bottini di guerra.(biblioteche di Attico a Roma, quella di Menandro a Pompei o Villa dei
papiri ad Ercolano). In età augustea le norme architettoniche dettate da Vitruvio prevedono una
biblioteca esposta ala luce del sole per evitare che i libri venissero intaccati dall’umidità e dalle
tignole. Sarà questo il modello di biblioteca privata che resterà invariato per tutta l’età imperiale. Il
risvolto negativo fu la creazione di biblioteche puramente di apparato o di scena =“books for
looks”.

5.Biblioteche cristiane e lunga durata:


Il modello di biblioteca, strettamente legata ad una cerchia intellettuale interna che ne fruisce quali erano
state le biblioteche ellenistiche lo ritroviamo in Oriente. Qui la biblioteca del III e IV sec. risulta funzionale
all’attività critico- esegetica o letteraria del maestro e dei suoi successori. Alla biblioteca è annessa una
scuola di carattere filosofico- teologico ed unom scriptorium assai attrezzato: ma sia l’una che l’altra si deve
ritenere fossero modelli sull’attività critica ed editoriale già alessandrina. La biblioteca di Cesarea resta
comunque una biblioteca ad uso interno, alla quale possono accedere solo figure eccelse della cristianità.
Certo, in un contesto mutato come quello cristiano, dottrinale e comunitario, l’attività editoriale incentrata
nella biblioteca ha una certa proiezione esterna.Il medesimo modello di biblioteca, con annessa attività di
studio editoriale, si può riconoscere a Gerusalemme, più tardi a Gaza in Palestina e a Nisibis in Siria. E’
notevole chenel 357,quando Costanzo IIvollefondare una biblioteca di Stato, la biblioteca imperiale, il
modello cui egli si ispirò fu quello alessandrino-ellenistico della biblioteca con doppia funzione cioè atelier
di produzione libraria e centro di lavoro intellettuale. La biblioteca finì così per restare un luogo di pura
conservazione e nei primi tempi anche di produzione libraria a fini interni; in pratica fu luogo di
occultamento di libri, visto che, oggi come allora, si custodiva molta roba che nessuno leggeva per secoli.
Nell’iniziativa di Costanzo si è voluto vedere la fondazione di un luogo pubblico, diverso da quella imperiale
e palatina. Anche in occidente, non mancò il tentativo di creare un’istituzione di tipo greco-orientale;
fu ilvivariumesplicitamente fondato dopo il 554 da Cassiodoro.
6. Biblioteche degli oratores e biblioteche dei bellatores:
La fine delle biblioteche pubbliche coincide con la fine del mondo antico e con un periodo di crisi che va da
Oriente ad Occidente. A Roma, queste strutture risultano chiuse come tombe. In occidente, la crisi della
conservazione pubblica è compensata, ancora per qualche tempo, dalle biblioteche delle grandi famiglie
aristocratiche. In Oriente, resta roccaforte di tutela libraria, la biblioteca di Palazzo mentre le tipiche
2biblioteche da lavoro del mondo bizantino sono le biblioteche delle scuole. Sulle rovine del mondo
antico, ed in particolare in occidente, nascono le biblioteche medievali dei monasteri, delle cattedrali,
documentate anche attraverso la diretta conservazione di manoscritti che ad esse si possono attribuire. Nel
sistema trifunzionale della società occidentale cioè oratores, bellatores, laboratoressono queste le
biblioteche esistenti; le biblioteche degli uomini che pregano, gli oratores, e degli uomini che combattono, i
bellatores.
Cominciamo con gli oratores.La cultura del monachesimo è fondata sull’insegnamento orale, sui
“detti” più che sullo scritto; la scrittura è considerata mestiere o attività produttiva; il libro stesso è
merce, che rientra nel circuito socio-economico del cenobio. Vi sono alcuni libri d’uso comunitario
per le ore destinate alla lettura. I libri sono peraltro limitati ai testi liturgici e alle letture essenziali,
come le Sacre Scritture e qualche opera edificatoria. Solo più tardi, il monachesimo giunse ad un
diverso atteggiamento mentale verso il libro, i suoi contenuti, le forme organizzative della
produzione scritta. Da quel che emerge dal saggio di Wilson, le biblioteche monastiche bizantinerisultano
povere. Siincontrano monaci che scrivono male e di rado. Non a caso, sotto il profilo architettonico il
monastero bizantino di regola non ha larghi spazi dedicati alla biblioteca. C’è un aspetto da
sottolineare:a Bisanzio, a differenza dell’occidente, non c’è alcuna linea di demarcazione tra
oratores e bellatores.Discorso particolare in Occidente laddove nel monachesimo il rifiuto della cultura
venne man mano superato da un nuovo sistema di educazione e di trasmissione del sapere: il che implicava
un modello di formazione totale, qual è il monastero di Regola benedettina. La biblioteca benedettina
era aumentata e sostenuta dalla produzione internagrazie ad un proficuo scriptoriumben
organizzato. Nei monasteri benedettini lo spazio fisico della biblioteca era assai più ampio ed
elemento caratterizzante della formazione monastica rimase sempre la letteratura patristica.
Tuttavia, anche se letteratura e studio non sono mancati in molti centri monastici, i libri vengono
spesso prodotti o acquistati e comunque conservati come valore patrimoniale: essi rientrano tra i
beni del monastero e sono un aspetto non secondario del suo potere economico. Fino al secolo XIII,
la biblioteca monastica non è uno spazio destinato alla letteratura e alla consultazione; oltre alla
vera e propria biblioteca di conservazione vi era una reading collectiondi testi che circolava nei
luoghi del monastero deputati solo alla lettura liturgica. Altro modello di biblioteca medievale, è quello di
corte dei bellatores, considerati come guida della società. Bischoff offre una ricostruzione della biblioteca di
Carlo Magno, al momento in cui questa si pone come referente di presenze dotte e di particolari attività
scolastiche. Si tratta comunque di una biblioteca che ha una sede fissa, stabile, cioè Aquisgrana, centro
dove convergono e dal quale si irradiano libri testi e traduzioni. Secondo Bischoff , i libri scritti e fatti
acquistare da Carlo Magno, creano una biblioteca pubblica aperta ai dotti, agli studi, alle trascrizioni, e nel
contempo privata, tanto che Carlo ne dispose la vendita alla sua morte come opera pia. Capiamo
benissimo che siamo difronte ad unnuovo modello di biblioteca: quella signorile, non legata ad
alcun programma, aperta a scelte molteplici di carattere tecnico-librario e testuale.

7. Biblioteca pubblica, biblioteca signorile, biblioteca di “stato”:


In occidente si è potuto registrare un vero e proprio rinascimento dopo il XII sec. Infatti la produzione
libraria supera, per quantità e qualità, tutto ciò che era stato prodotto in Europa dalla caduta dell'impero
romano. Le opere di teologia riprendono la precedenza rispetto all'agiografia. Lo studio del diritto e delle
scienze politiche ritorna in auge. A partire da quest'epoca vengono a sorgere modelli istituzionali
di biblioteche diverse da quelle del passato, aventi come fine non solo il normale possesso di
libri ma anche quello di divenire un luogo di lettura e consultazione. In ambito monastico, una vera
rivoluzione è operata dagli ordini mendicanti, domenicani e francescani: quella che si viene a creare in
questo periodo è la biblioteca costituita da un’aula oblunga, percorsa al centro da un corridoio vuoto ed
occupata nelle due navate laterali, da due serie di 3 banchi di lettura con libri a questi incatenati offerti alla
lettura consultazione. La pianta è quella tipica della chiesa gotica. La biblioteca esce dall’isolamento
monastico o dall’angustia romanica delle antiche sedi vescovili, facendosi urbana ed ampia. Di conseguenza
il catalogoda semplice inventario diventa strumento finalizzato a segnalare la collocazione di libri in una
determinata zona della biblioteca. Il memoriale diventa una scheda sulla quale venivano segnati, dal
bibliotecario, i volumi in prestito. Dobbiamo comunque distinguere tra ciò che accadeva nei monasteri
benedettini e ciò che accadeva in quelli dell’ordine dei mendicanti. Nelle abazie benedettine si puntava alla
produzione libraria negli ordini dei medicanti contava leggere i libri e gli scriptores erano esterni.
Di quali libri disponevano le biblioteche degli ordini dei mendicanti? Non mancavano libri liturgici,
le Sacre Scritture e i loro commentari, pochi testi patristici, compensati da un numero cospicuo di
raccolte di prediche così come da scritti dei fondatori e dei grandi dell’Ordine.
Ad avvertire il bisogno di creare una vera e propria biblioteca pubblica, furono gli umanisti.
In realtà, gli umanisti proponeva modelli di biblioteche un po’ diverse da quelle tradizionali; si
trattava di un modello che, passando per Petrarca per arrivare a Niccolò Niccoli, metteva al bando i
libri della vecchia scuola riaprendo le porte ai vecchi classici, ai Padri della Chiesa, alle opere degli
stessi umanisti. Proprio questo, il modello di biblioteca messo in evidenza dagli umanisti ebbe
molte difficoltà ad innestarsi; solo a fatica si fece spazio, risultando vincente presso gruppi dirigenti
della società contemporanea e dando luogo a quello che Armando Petrucci ha chiamato
“biblioteche di Stato”quali quella degli Sforza a Milano, la Vaticana a Roma, dei Malatesta a
Cesena, dei Montefeltro ad Urbino.
Vi era anche la biblioteca signorileche tendeva via via a diventare sempre più simile a quelle di
stato. Alle origini delle biblioteche signorili, vi è il modello di uso prettamente laico del libro e da
parte di una ristretta cerchia aristocratica.
I libri, proprio perché raccolta privata del signore, erano chiusi in degli armadi o in delle casse,
trasportate nei diversi viaggi che il signore faceva. Sarà solo nel ‘400 che questa tipologia di
biblioteca passerà da un modello prettamente signorile ad un modello di Stato, esempio
emblematico è la biblioteca aragonese a Napoli, innestandosi su di essa il modello umanistico. La
biblioteca viene così ad aprirsi ai classici, ai cardini della formazione antica avente come punto
finale la pubblica consultazione.
Nel mondo bizantino i mutamenti sociali e culturali non indussero significative innovazioni nei
modelli bibliotecari. Rimangono sempre: la biblioteca di palazzo, la biblioteca della scuola
patriarcale e qualche biblioteca monastica, come quella ricordata dal Massimo Planude. Tuttavia la
biblioteca bizantina resta, per la maggior parte, privata.

III. Scuola, scriptorium, biblioteca a Cesarea.


1. Lo scriptorium di Origene:
Eusebio racconta che quando Origene si apprestava ad iniziare i suoi Hexaplà fu sostenuto nell'impresa, e
soprattutto da un punto di vista finanziario da un certo Ambrogio grazie al quale poteva servirsi a turno di
sette tachigrafi. Grazie al sostentamento di questo ambrogio a Cesarea si andò creando un circolo che
riprendeva il modello delle scuole filosofiche e soprattutto dell'Alessandria Tolemaica: era una scuola- uno
scriptorium ed insieme una biblioteca. Per quanto riguarda la scuola Origene si era basato sul modello del
Didaskalion alessandrino nel quale lui stesso si era formato. Lo scriptorium era funzionale alla trascrizione
ed all'edizione delle opere del maestro ed anche di altri testi cristiani. In questo processo non poteva
mancare l'emendatio sia come propedeutica (fatta dall'autore stesso) sia come atto finale
dell'edizione (fatta da un διωρθοτής). Per quanto riguarda i testi cristiani infatti la questione della
correzione risulta più problematica → doveva strettamente salvaguardare l'autenticità testuale del
libro attraverso una collazione sistematica con l'antigrafo.

2. L'attività di Panfilo:
Alla fine del III sec giunse a Cesarea Panfilo, anch'esso formatosi al Didaskaleion di Alessandria. Riavviò la
scuola rimasta ferma dopo la morte di Origene e rimpinguò la biblioteca aggiungendo nuovi libri a quelli
rimasti rinnovando lo scriptorium.
Quello di Cesarea doveva essere un “centro di documentazione origeniana” in cui un testo era considerato
corretto solo se fosse stato trascritto e ricontrollato dalla biblioteca di Origene. Panfilo aveva invece
allargato questa biblioteca aggiungendo sicuramente autori ecclesiastici e probabilmente anche testi
pagani dai toni moraleggianti (es. Moralia di Plutarco). Di questa nuova biblioteca Eusebio redasse i pinakes
che, inseriti nella Vita di Panfilo di Eusebio, sono andati perduti.

3. Gli Hexaplà di Origene:


Il massimo sforzo di Panfilo ed Eusebio fu certamente quello di preservare, trascrivere e diffondere edizioni
corrette delle sacre scritture esercitando sempre la sistematica collazione sui testi tipica di Cesarea.
Gli stessi Hexaplàdi Origene erano un opera sinottica che favoriva il diretto confronto sui testi e
data la loro enorme mole non potevano che essere contenuti in più volumi. La revisione del testo era
stata fatta da Origene stesso ed è abbastanza sicuro che, vista la mole dell'opera, non ne circolasse
un'altra copia oltre a quella di Cesarea, rimasta inconsultata fino alla riapertura della biblioteca ad
opera di Panfilo. Si può invece pensare che di questa copia fossero realizzati estratti o copie
parziali.A Cesarea si trascrissero soprattutto Bibbie, lo stesso Panfilo le distribuiva e le donava, tuttavia la
distribuzione dei testi che uscivano dallo scriptorium non dovette andare oltre quella palestinese. Il
testo delle Bibbie era quello dei settanta estratto dall'edizione esaplare. La collazione del testo
avveniva sulla base del lavoro critico che Origene aveva su di essi esercitato.

4. Le ultime vicende:
Intorno all'800, Timoteo I, patriarca della chiesa nestoriana, faceva trascrivere tre copie degli Hexaplà. Non
si trattava della trascrizione diretta del testo di Origene, ma della trascrizione del testo siro-palestinese dei
Settanta. Timoteo dice che, alla fine di ciascun libro dell'esemplare modello si poteva leggere una
sottoscrizione che rimandava ll'attività di Origene, Panfilo ed Eusebio.
Quando datare la fine della scuola? Probabilmente al momento della conquista araba (638) era già
scomparsa da tempo. Un'altra notizia è che verso la fine del IV sec. Il vescovo Euzoio avesse curato il
passaggio da rotoli a codici dei testi contenuti nella biblioteca.
Tramite le sottoscrizioni è documentato l'utilizzo di edizioni di Cesarea come fonti per la collazione,
la correzione ed il commento, sia per l'Antico che per il Nuovo Testamento.

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