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ANALISI FUNZIONALE

SPAZI DI HILBERT
(ESEMPI, ESERCIZI e
DIMOSTRAZIONI
che sono indicati e non risolti nella dispensa)

Diego AVERNA?
con ringraziamenti alle Dott.sse
Loredana BONSIGNORE e Maria Stella CANDELA
che sono state mie studentesse durante l’A.A. 2006/07

?
Dipartimento di Matematica e Informatica
Facoltà di Scienze MM.FF.NN.
Via Archirafi, 34-90123 Palermo (Italy)
diego.averna@unipa.it
http://math.unipa.it/averna/
Prima Edizione 13/03/2007. Ultima Edizione 26/10/2016.
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Indice

Capitolo 1. SPAZI DI HILBERT 5


1. Spazi pre-hilbertiani 5
2. Spazi lineari normati 8
3. Lo spazio di Hilbert l2 9
4. Lo spazio di Hilbert L2 10
Capitolo 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT 15
1. Sottospazi 15
2. Sottospazi ortogonali 20
3. Basi 22
4. Isomorfismi 27
Capitolo 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI 29
1. Applicazioni (Operatori) lineari e limitati 29
2. Operatori lineari 29
3. Forme bilineari 32
4. Operatori aggiunti 35
5. Operatori di proiezione 36
Bibliografia 39

3
CAPITOLO 1

SPAZI DI HILBERT

1. Spazi pre-hilbertiani

Esempio 1.1. Sullo spazio euclideo n-dimensionale, IRn = {a = (α1 , . . . , αn ) :


αk ∈ IR} definiamo:

a + b = (α1 + β1 , . . . , αn + βn )

λa = (λα1 , . . . , λαn )

ha, bi = Σnk=1 αk βk
Provare che gli assiomi p1 ), p2 ), p3 ), p4 ), p5 ) sono banalmente verificati e quindi
h·, ·i è un prodotto interno.

Dim. p1 ) ha1 + a2 , bi = Σnk=1 (α1,k + α2,k )βk = Σnk=1 α1,k βk + Σnk=1 α2,k βk = ha1 , bi +
ha2 , bi
p2 ) hαa, bi = Σnk=1 (ααk )βk = Σnk=1 α(αk βk ) = αΣnk=1 αk βk = α ha, bi
p3 ) hb, ai = Σnk=1 βk αk = Σnk=1 αk βk = (poiché αk βk ∈ IR) = Σnk=1 αk βk =
Σnk=1 αk βk = ha, bi
p4 ) ha, ai = Σnk=1 αk2 ≥ 0
p5 ) (=⇒) : ha, ai = Σnk=1 αk2 = 0 =⇒ αk = 0 ∀k = 1, . . . , n =⇒ a = (0, . . . , 0).
(⇐=) : Sia a = (0, . . . , 0) =⇒ ha, ai = 0. 

Esempio 1.2. Sia n ≥ 1. Consideriamo lo spazio unitario n-dimensionale Cn =


{a = (α1 , . . . , αn ) : αk ∈ C, k = 1, . . . , n} e definiamo:

a + b = (α1 + β1 , . . . , αn + βn )

λa = (λα1 , . . . , λαn )

ha, bi = Σnk=1 αk βk
Verificare che tutte le condizioni menzionate nella definizione di spazio pre-hilbe-
rtiano sono soddisfatte.
5
6 1. SPAZI DI HILBERT

Dim. p1 ) ha1 + a2 , bi = Σnk=1 (α1,k + α2,k )βk = Σnk=1 α1,k βk + Σnk=1 α2,k βk = ha1 , bi +
ha2 , bi
p2 ) hαa, bi = Σnk=1 (ααk )βk = Σnk=1 α(αk βk ) = αΣnk=1 αk βk = α ha, bi
p3 ) hb, ai = Σnk=1 βk αk = Σnk=1 αk βk = Σnk=1 αk βk = Σnk=1 αk βk = ha, bi
p4 ) ha, ai = Σnk=1 αk αk = Σnk=1 |αk |2 ≥ 0
p5 )(=⇒) : ha, ai = Σnk=1 αk αk = Σnk=1 |αk |2 = 0 =⇒ |αk | = 0 ∀k = 1, . . . , n =⇒
αk = 0 ∀k = 1, . . . , n =⇒ a = (0, . . . , 0).
(⇐=) : Se a = (0, . . . , 0) =⇒ ha, ai = 0. 

Esempio 1.3. [Successione finite] Sia L = {a = (αk )∞


k=1 : αk ∈ C per k ∈ IN, αk =
0 per k > n(a)} e definiamo:

a + b = (αk + βk )∞
k=1

λa = (λαk )∞
k=1

ha, bi = Σ∞
k=1 αk βk
N.B. La serie si riduce ad una somma finita.
Verificare che L è uno spazio pre-hilbertiano.

Dim. Si osserva subito che la serie ha, bi = Σ∞ k=1 αk βk può essere ridotta ad una
somma finita (di quanti termini non di sa).
Infatti, se a, b ∈ L, allora chiaramente a = (αk )∞ k=1 con αk ∈ C per k ∈ IN, αk =
0 per k > n(a) e b = (βk )∞ k=1 con β k ∈ C per k ∈ IN, βk = 0 per k > n(b).
Quindi, posto n = min{n(a), n(b)} si deduce che: αk βk = 0 per k > n =⇒
αk βk = 0 per k > n =⇒ ha, bi = Σnk=1 αk βk .
Procedendo in modo analogo all’esempio 1.2 si ricava che ha, bi = Σ∞ k=1 αk βk è un
prodotto interno su L. 

Esempio 1.4. Siano a, b ∈ IR con a < b. Poniano I = [a, b]. Denotiamo con C(I)
la classe di tutte le funzioni f : I → C continue. Definiamo (puntualmente su I)

(f + g)(x) = f (x) + g(x), ∀x ∈ I

(λf )(x) = λf (x), ∀x ∈ I


Inoltre poniamo:
Z b
hf, gi = f (x)g(x)dx
a
Provare che C(I) è uno spazio munito di prodotto interno.
1. SPAZI PRE-HILBERTIANI 7
Rb Rb
Dim. p1 ) hf1 + f2 , gi = a (f1 + f2 )(x)g(x)dx = a (f1 (x) + f2 (x))g(x)dx =
Rb Rb
f 1 (x)g(x)dx + f (x)g(x)dx = hf1 , gi + hf2 , gi
a R ab 2 Rb Rb
p2 ) hαf, gi = a (αf )(x)g(x)dx = a αf (x)g(x)dx = α a f (x)g(x)dx = α hf, gi
Rb Rb Rb
p3 ) hg, f i = a g(x)f (x)dx = a f (x)g(x)dx = a f (x)g(x)dx = hf, gi
Rb Rb
p4 ) hf, f i = a f (x)f (x)dx = a |f (x)|2 dx ≥ 0
Rb Rb
p5 )(=⇒) : hf, f i = a f (x)f (x)dx = a |f (x)|2 dx = 0 =⇒ |f (x)| = 0 ∀x ∈ I =⇒
f (x) = 0 ∀x ∈ I =⇒ f = 0.
(⇐=) : Se f = 0 =⇒ hf, f i = 0. 

PnEsercizio 1.1 Se {ek }nk=1 2


Pn è una famiglia ortonormale di vettori, allora kf k =
2
k=1 | hf, ek i | ⇐⇒ f = k=1 hf, ek i ek .
Pn
Dim. (⇐=): Sia f = k=1 hf, ek i ek . Allora:
* n n
+
X X
kf k2 = hf, f i = hf, ek i ek , hf, eh i eh =
k=1 h=1
n X
X n
= hf, ek i hf, eh i hek , eh i .
k=1 h=1
Inoltre, sapendo che {ek }nk=1 è una famiglia ortonormale di vettori, dalla relazione
precedente segue che
n
X
2
kf k = | hf, ek i |2 .
k=1
Pn
(=⇒): Si ponga g = f − k=1 hf, ek i ek . Si è visto nella dimostrazione della disu-
guaglianza di Bessel che g ⊥ eh per h = 1, . . . , n e che i vettori g, hf, e1 i e1 , . . . , hf, en i en
formano una famiglia ortogonale.
Pertanto, per il Corollario 1.2 si ha che:
n
X n
X
2 2 2
kf k = kg + hf, ek i ek k = kgk + | hf, ek i |2
k=1 k=1
Pn
Ma, per ipotesi si ha che: kf k = 2
k=1 | hf, ek i | , da cui segue che kgk2 = 0 =⇒
2

kgk = 0 =⇒ g = 0.
Quindi:
n
X n
X
0=g=f− hf, ek i ek =⇒ f = hf, ek i ek .
k=1 k=1

8 1. SPAZI DI HILBERT

2. Spazi lineari normati

Esercizio 2.1. Provare che una successione convegente determina univocamente il


suo limite.
ε
Dim. Supponiamo che limn→∞ fn = f e limn→∞ fn = g. Per ogni 2
> 0 esistono
n1 = n1 ( 2ε ) e n2 = n2 ( 2ε ) tali che
ε
kf − fn k < ∀n > n1
2
ε
kg − fn k < ∀n > n2 .
2
Per n > max{n1 , n2 }

ε ε
kf − gk = kf − fn + fn − gk ≤ kf − fn k + kfn − gk < + = ε > 0.
2 2
Allora: kf − gk = 0 =⇒ f = g. 

Esercizio 2.2. Ogni successione di Cauchy è limitata.

Dim. Sia (fn )∞


n=1 una successione di Cauchy, allora fissato 1 > 0 si può determi-
nare un indice n = n(1) tale che ∀ n, m > n si ha:

kfn − fm k < 1.
Fissato m∗ > n risulta che ∀ n > n è kfn k − kfm∗ k ≤ kfn − fm∗ k < 1 per il
Teorema 2.2, e per la relazione precedente. Da cui:

kfn k < kfm∗ k + 1 ∀ n > n.


Posto M = max{kf1 k, . . . , kfn k, kfm∗ k + 1} risulta kfn k ≤ M ∀ n ∈ IN. 

Teorema 2.5. Ogni successione convergente in L è di Cauchy.

Dim. Sia (fn )∞


n=1 una successione convergente a f in L.
Per ogni 2 > 0 esiste un n = n( 2ε ) tale che kfn − f k < 2ε ∀ n > n.
ε

Allora ∀ n, m > n:

ε ε
kfn − fm k = kfn − f + f − fm k ≤ kfn − f k + kf − fm k < + = ε.
2 2
Quindi la successione (fn )∞
n=1 è una successione di Cauchy. 
3. LO SPAZIO DI HILBERT l2 9

Esempio 2.3. Sia L = Cn . Provare che L è completo nella norma indotta dal
prodotto interno dato nell’esempio 1.2.

Dim. Sia ai = (α1,i , . . . , αn,i ) ∈ Cn e sia (ai )∞


i=1 una successione di Cauchy in L.
Allora per ogni ε > 0 esiste un i = i(ε) tale che per ogni j, i > i è kai − aj k < ε.

kai − aj k2 = hai − aj , ai − aj i = Σnk=1 (αk,i − αk,j )(αk,i − αk,j ) =


= Σnk=1 |αk,i − αk,j |2 < ε2
Pn
Da |αk,i − αk,j |2 < k=1 |αk,i − αk,j |2 < ε2 si ha che per ogni k = 1, . . . , n e per
ogni ∀ i, j > i è |αk,i − αk,j | < ε.
Quindi ∀ k = 1, . . . , n la successione (αk,i )∞ i=1 è una successione di Cauchy in C,
(C è uno spazio metrico completo) allora converge ad un numero αk ∈ C. Ossia
fissato √εn esiste i∗ = i∗ ( √εn ) tale che
ε
|αk − αk,i | < √ ∀ i > i∗
n
n
Sia a = (α1 , . . . , αn ) ∈ C allora
n
X ε2
ka − ai k2 = |αk − αk,i |2 < n = ε2 ∀ i > i∗
k=1
n

e quindi ka − ai k < ε ∀ i > i ossia limi→∞ ai = a, a ∈ Cn . 

3. Lo spazio di Hilbert l2

Esercizio 3.1. Sia U = {a = (αk )∞ 1


k=1 : αk ∈ C, |αk | < k , k ≥ 1}.
Dimostrare che:
a) U ⊂ l2
b) Ogni successione (an )∞n=1 ⊂ U contiene una sottosuccessione convergente
c) Per n ≥ 1 sia en = (δn,k )∞
k=1 ; allora ogni sottosuccessione della successione

(en )n=1 non converge.

Dim. a) ∞
P 2
P∞ 1
k=1 |α k | < k=1 k2 < +∞.
b) an = (αn,k )k , |αn,k | < k1 ∀n ≥ 1, ∀k ≥ 1.
|αn,1 | < 1 quindi è limitata, per un teorema di Analisi I (il caso complesso è lo
stesso) esiste una sottosuccessione (αhn ,1 )n convergente a α1 .
Pigliamo la successione |αhn ,2 | < 21 quindi è limitata, per lo stesso teorema di
Analisi I, esiste una sottosuccessione che non è restrittivo continuare a chiamare
(αhn ,2 )n convergente a α2 .
Pigliamo la successione |αhn ,3 | < 13 . . . . . . è cosi via.
La sottosuccessione che otteniamo alla fine è quella convergente richiesta: (αhn ,k )n .
10 1. SPAZI DI HILBERT

c) Osserviamo che comunque presi due elementi distinti,


√ en ed em , della successio-
2 21

P∞
ne (en )n=1 risulta ken − em k = ( k=1 |δn,k − δm,k | ) = 2 pertanto non è verificata
la condizione di Cauchy. 

4. Lo spazio di Hilbert L2

Teorema 4.3. L2 [a, b] è completo rispetto alla norma indotta dal prodotto interno.

Dim. Se f ∈ L2 [a, b], per la disuguaglianza di Cauchy, si ha:

b √
Z
(1) |f (x)|dx = h|f |, 1i ≤ kf kk1k = b − akf k.
a

Supponiamo ora che (fn )∞ n=1 sia una successione di Cauchy in L2 [a, b]. Allora
1
esiste un indice n1 = n1 ( 2 ) tale che:

1
kfm − fn k <
per m, n ≥ n1 .
2
Per induzione costruiamo una successione crescente di numeri naturali n1 < n2 <
. . . < nk < . . . tale che:

1
kfm − fn k <
per m, n ≥ nk .
2k
Consideriamo la successione (fnk+1 − fnk )∞
n=1 ⊂ L2 [a, b]. Per il Teorema di Lebe-
1
sgue sulla convergenza dominata abbiamo:

Z b Z b
(2) Σ∞
k=1 |fnk+1 (x) − fnk (x)|dx = Σ∞
k=1 |fnk+1 (x) − fnk (x)|dx ≤
a a

√ √ 1 √
≤ b − a Σ∞
k=1 kfnk+1 − fnk k ≤ b − a Σ∞
k=1 = b − a.
2k
Per il Teorema di Beppo Levi 2
la serie Σ∞
k=1 |fnk+1 (x) − fnk (x)| converge q.o. e
cosı̀ la serie:
1Teorema di Lebesgue sulla convergenza dominata: Se la successione (gk )∞ k=1 ⊂ M [X]
ha la proprietà che limk→∞ gk esiste ed è finito q.o. in X e se R|gk | ≤ h per qualche funzione
R h non
negativa di L1 [X] e per ogni k ≥ 1 allora limk→∞ gk ⊂ L1 [X] e X limk→∞ gk dµ = limk→∞ X gk dµ.
2 ∞
P∞ Teorema
R di Beppo Levi: P∞ Se la successione (gk )k=1 ⊂ L1 [X] ha la proprietà che
|g |dµ < ∞, Rallora k=1 gk converge q.o. in X a una funzione integrabile e
P∞X k
R k=1 P∞
X
( k=1 gk )dµ = k=1 X gk dµ.
4. LO SPAZIO DI HILBERT L2 11


X
fn1 (x) + [fnk+1 (x) − fnk (x)] = lim fnk (x).
k→∞
k=1
Di conseguenza la funzione f definita q.o. in [a, b] da f (x) = limk→∞ fnk (x) è
finita q.o. e appartiene a M [a, b].
Inoltre, usando ancora il Teorema di Lebesgue sulla convergenza dominata, abbia-
mo:
Z b Z b ∞
X
2
|f (x) − fnh (x)| dx ≤ [ |fnk+1 (x) − fnk (x)|]2 dx =
a a k=h
Z b Xm Xm
= lim [ |fnk+1 (x) − fnk (x)|]2 dx = lim k |fnk+1 (x) − fnk (x)|k2 ≤
m→∞ a m→∞
k=h k=h

m
!2 m
!2  2
X X 1 1
≤ lim kfnk+1 (x) − fnk (x)k ≤ lim = .
m→∞
k=h
m→∞
k=h
2k 2h−1
1
Concludiamo cosı̀ che (f − fnh ) ∈ L2 [a, b] e kf − fnh k ≤ 2h−1 .
Perciò abbiamo f = (f − fnh ) + fnh ∈ L2 [a, b] e per n > nh otteniamo
1 1 1
kf − fn k ≤ kf − fnh k + kfnh − fn k ≤ + < h−2 .
2h−1 2h 2
Questo prova che limn→∞ fn = f . 

Teorema 4.5 L2 [a, b] è separabile.


0
PmDim. 0 Denotiamo con L l’insieme di tutte le combinazioni lineari finite,
k=−m αk ek , delle funzioni

1 x−a
e2πik b−a , x ∈ [a, b]
ek (x) = √
b−a
con coefficienti complessi razionali αk0 .
L’insieme L0 è numerabile (vedi la dimostrazione del Teorema 3.5).
Proveremo ora che L0 è ovunque denso in L2 [a, b].
Sia f ∈ L2 [a, b] e sia ε > 0. Per dimostrare che f = Re f + i Im f può essere
approssiamata con elementi di L0 da ε è sufficiente provarlo separatamente per la
funzioni reali:
1
Re f = (f + f ) ∈ L2 [a, b]
2
1
Im f = (f − f ) ∈ L2 [a, b].
2i
12 1. SPAZI DI HILBERT

Senza perdita di generalità possiamo quindi supporre che f sia a valori reali.
Per n ≥ 1 definiamo su [a, b] la funzione:

−n
 se f (x) < −n
fn (x) = f (x) se −n ≤ f (x) ≤ n

n se f (x) > n.
Cosı̀ fn ∈ M [a, b] e
Z b Z b
2
|fn (x)| dx ≤ |f (x)|2 dx < ∞
a a

perciò fn ∈ L2 [a, b] ⊂ L1 [a, b] (Corollario 4.1). Inoltre per il Teorema di Lebesgue


sulla convergenza dominata risulta:
Z b
2
lim kf − fn k = lim |f (x) − fn (x)|2 dx = 0.
n→∞ n→∞ a

Scegliamo quindi un indice n tale che kf − fn k ≤ ε/4.


Per il Teorema di Lusin 3 scegliamo una funzione continua h su [a, b] che coincide
con fn su [a, b] eccetto un insieme di misura di Lebesgue minore di

ε2
.
128n2
Senza perdita di generalità possiamo assumemere che h è a valori reali e che
assume valori compresi nell’intevallo [−n, n].
ε2
Abbassando o alzando linearmente la funzione h in [b − 128n 2 , b] fino a farla coin-

cidere con il valore h(a) otteniamo una funzione reale g su [a, b] tale che g(a) = g(b),
assume i valori in [−n, n] e coincide con fn su [a, b] eccetto un insieme Y di misura
ε2
minore di 64n 4.

Troviamo:

b
ε2 ε2
Z Z
2 2
kfn − gk = |fn (x) − g(x)| dx ≤ (2n)2 dx ≤ (2n)2 = .
a Y 64n2 16
Scegliamo una combinazione lineare complessa:
m
X
αk e k
k=−m

3Teorema di Lusin: Per ogni f ∈ M (X) e per ogni ε > 0 esiste una funzione a valori complessi
h che è continua su X e coincide con f su X eccetto un sottoinsieme Y ∈ X di misura µ(Y ) < ε.
4. LO SPAZIO DI HILBERT L2 13

tale che |g(x) − m √ε


P
k=−m αk ek (x)| ≤ 4 b−a , per ogni x ∈ [a, b], in virtù del Teorema
di approssimazione di Weierstrass 4.
Finalmente scegliamo dei numeri razionali αk0 (−m ≤ k ≤ m) in modo tale che:
ε
|αk − αk0 | ≤ , per − m ≤ k ≤ m.
4(2m + 1)
Pertanto:

m
X m
X m
X
|g(x) − αk0 ek (x)| ≤ |g(x) − αk ek (x)| + |αk − αk0 ||ek (x)| ≤
k=−m k=−m k=−m
ε ε ε
≤ √ + √ = √ , per ogni x ∈ [a, b];
4 b−a 4 b−a 2 b−a
m m
X X ε ε ε
kf (x) − αk0 ek k ≤ kf − fn k + kfn − gk + kg − αk0 ek k ≤ + + = ε.
k=−m k=−m
4 4 2


4 Teorema di approssimazione di Weierstrass: Sia f a valori complessi e definita nel disco


di raggio r e centro l’origine di C una funzione continua. Allora per ogni ε > 0 esiste un polinomio
complesso p(x) = Σnk=0 Σnh=0 αk,h xk xh tale che |f (x) − p(x)| ≤ ε per ogni x ∈ C con |x| ≤ r.
CAPITOLO 2

GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

1. Sottospazi

Esercizio 1.1. Sia H = l2 , definiamo:

M1 = {a = (αk )∞
k=1 ∈ l2 : α2k = 0, k = 1, 2, . . .}

1 1
M2 = {b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : β2k−1 = δk cos , β2k = δk sin , k = 1, 2, . . .}
k k
e sia c = (γk )∞ 1
k=1 dove γ2k−1 = 0, γ2k = sin k , per k = 1, 2, . . ..
Provare le seguenti affermazioni:
a) M1 W e M2 sono due sottospazi.
b) M1 M2 = l2 .
c) c ∈ l2 .
d) c 6∈ M1 + M2 .

Dim. ( ∞
)
X
a) Sapendo che H = l2 = (ζk )∞
k=1 : ζk ∈ C, ∀k, |ζk |2 < ∞ , si prova, innan-
k=1
zitutto, che M1 = {a = (αk )∞
k=1 ∈ l2 : α2k = 0, k = 1, 2, . . .} è un sottospazio.
Per prima cosa, bisogna fare vedere che M1 è una varietà lineare. Ma:
∞ ∞ ∞
a0 + a00 = (αk0 )k=1 + (αk00 )k=1 = (αk0 + αk00 )k=1 ∈ M1 ,
∀a0 = (αk0 )∞ 00 00 ∞
k=1 , a = (αk )k=1 ∈ M1 . Infatti:
0 00
α2k + α2k =0 per k = 1, 2, . . . ,
0 00
dal momento che α2k = α2k = 0 per k = 1, 2, . . ..
Inoltre:
λa = λ (αk )∞ ∞
k=1 = (λαk )k=1 ∈ M1 ,
∀a = (αk )∞
k=1 ∈ M1 e ∀λ ∈ C. Infatti:

λα2k = 0 per k = 1, 2, . . . ,
15
16 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

dato che α2k = 0 per k = 1, 2, . . ..


Quindi, M1 è una varietà lineare.
È facile provare, ora, che M1 è un sottospazio.
Infatti, se a00 = (αk00 )∞ 00 00 ∞
k=1 ∈ l2 è un punto di accumulazione per M1 , cioè a = (αk )k=1 ∈
M1 , allora per ogni  > 0 esiste un elemento a0 = (αk0 )∞ 00 0
k=1 ∈ M1 tale che ka − a k < .
00 00 0
Poiché |α2k | = |α2k − α2k | ≤ ka00 − a0 k < , ne segue, data l’arbitrarietà di , che
00 00
|α2k | = 0 per k = 1, 2, . . ., il che implica α2k = 0 per k = 1, 2, . . .. Pertanto,
00 00 ∞
a = (αk )k=1 ∈ M1 e, quindi, M1 ⊂ M1 . Sapendo, chiaramente, che M1 ⊂ M1 , si ha
che M1 = M1 , cioè M1 è una varietà lineare chiusa, ossia un sottospazio.

Analogamente, si dimostra che anche M2 = {b = (βk )∞ 1


k=1 ∈ l2 : β2k−1 = δk cos k ,
1
β2k = δk sin k k = 1, 2, . . .} è un sottospazio di H = l2 .
Per prima cosa, bisogna fare vedere che M2 è una varietà lineare. Ma:
∞ ∞ ∞
b0 + b00 = (βk0 )k=1 + (βk00 )k=1 = (βk0 + βk00 )k=1 ∈ M2 ,
∀b0 = (βk0 )∞ 00 00 ∞
k=1 , b = (βk )k=1 ∈ M2 . Infatti:

0 00 0 1 00 1 1
β2k−1 + β2k−1 = δk cos + δk cos = (δk0 + δk00 ) cos
k k k
0 00 0 1 00 1 1
β2k + β2k = δk sin + δk sin = (δk0 + δk00 ) sin
k k k
per k = 1, 2, . . ..
Inoltre:
λb = λ (βk )∞ ∞
k=1 = (λβk )k=1 ∈ M2 ,
∀b = (βk )∞
k=1 ∈ M2 e ∀λ ∈ C. Infatti:
 
1 1
λβ2k−1 = λ δk cos = (λδk ) cos
k k
 
1 1
λβ2k = λ δk sin = (λδk ) sin
k k
per k = 1, 2, . . ..
Quindi, M2 è una varietà lineare.
Ora proviamo che M2 è un sottospazio.
Osserviamo preliminarmente che se b = (β,k )∞ k=1 ∈ M2 , ∀ > 0, per la definizione
1 1
di M2 si ha β,2k−1 = δ,k cos k e β,2k = δ,k sin k , k = 1, 2, ..., allora si verificherà che:
∞ ∞ ∞
X X 1 1 X
kb k2 = |β,k |2 = |δ,k |2 (cos2 + sin2 ) = |δ,k |2 = kδ k2 .
k=1 k=1
k k k=1

Dall’osservazione precedente segue che se b ∈ l2 allora δ = (δ,k )∞


k=1 ∈ l2 .
1. SOTTOSPAZI 17

Proprio il fatto che l2 è completo, ci permette di dire che δ al tendete di  a 0


ammette limite:
(3) lim δ = δ ∗ = (δk∗ )∞
k=1 ∈ l2
→0

Definiamo c = (γk )∞ ∗ 1 ∗ 1
k=1 ∈ M2 come γ,2k−1 = δk cos k e β,2k = δk sin k , k = 1, 2, ....

∞ ∞
X X 1 1
(4) kb − ck2 = |β,k − γk |2 = |δ,k − δk∗ |2 (cos2 + sin2 ) =
k=1 k=1
k k

→0
X
|δ,k − δk∗ |2 = kδ − δ ∗ k2 → 0,
k=1

per la definizione di limite (3).


Se b00 = (βk00 )∞ 00 00 ∞
k=1 ∈ l2 è un punto di accumulazione per M2 , cioè b = (βk )k=1 ∈ M2 ,

allora per ogni  > 0 esiste un elemento b = (β,k )k=1 ∈ M2 tale che
(5) kb00 − b k < .
A questo punto ci basta dimostrare che b00 = c,
kb00 − ck = kb00 − b + b − ck ≤ kb00 − b k + kb − ck,
questo è minore di 2, per la (5), (4).
Quindi:
0 ≤ kb00 − ck < ,
e data l’arbitrarietà di , b00 = c ∈ M2 , quindi, M2 ⊂ M2 .
Sapendo, chiaramente, che M2 ⊂ M2 , si ha che M2 = M2 , cioè M2 è una varietà
lineare chiusa, ossia un sottospazio di H = l2 .
b) Bisogna dimostrare, ora, che M1 ∨ M2 = l2 , dove
M1 ∨ M2 = M1 + M2 = {a + b : a = (αk )∞ ∞
k=1 ∈ M1 , b = (βk )k=1 ∈ M2 } =
 
∞ 1 1
= (αk + βk )k=1 : α2k = 0, β2k−1 = δk cos , β2k = δk sin , k = 1, 2, . . . =
k k
 
∞ 1 1
= (ηk )k=1 : η2k−1 = α2k−1 + δk cos , η2k = δk sin , k = 1, 2, . . . .
k k
Poiché M1 ed M2 sono sottospazi di H = l2 , allora anche M1 ∨M2 è un sottospazio
di H = l2 , cioè M1 ∨ M2 ⊂ l2 . In particolare, è il sottospazio generato da M1 ∪ M2 .
Per far vedere che M1 ∨ M2 = l2 , rimane da provare che l2 ⊂ M1 ∨ M2 .
In particolare proveremo che un qualunque elemento di l2 appartiene alla chiusura
di M1 + M2 , cioè che ∀ c ∈ l2 , fissato ad arbitrio  > 0 esiste η = (ηk )∞
k=1 ∈ M1 + M2
18 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

tale che kc − ηk < . Poiché è c = (ck )∞ k=1 ∈ l2 ,P


si ha che per ogni  > 0 esiste un
k ∗ ∈ IN tale che la serie resto, rk , k-mo della serie ∞ 2
k=1 |ck | , visto che limk→∞ rk = 0:


X
(6) rk∗ = |ck |2 < 2 .
k=k∗

Consideriamo ora l’elemento η ∈ M1 + M2 tale che


( c
k
sin k1
k < k∗
δk = ;
0 k ≥ k∗
(
c2k−1 − δk cos k1 k < k∗
a2k−1 = .
0 k ≥ k∗
In particolare è:
(
δk sin k1 = ck k < k∗
η2k = ;
0 k ≥ k∗
(
α2k−1 + δk cos k1 = c2k−1 k < k∗
η2k−1 = .
0 k ≥ k∗

Si ha quindi c − η = (ck )∞
k=k∗ e dalla (6) segue che kc − ηk < .
Di conseguenza, è possibile affermare che M1 ∨ M2 = l2 .

c) Si consideri la successione c = (γk )∞ 1


k=1 , dove γ2k−1 = 0, γ2k = sin k , per k =
1, 2, . . ..
Per dimostrare che c ∈ l2 , bisogna fare vedere che la serie
∞ ∞ ∞
1 2
X
2
X 2
X
|γk | = |γ2k | = sin k < ∞,

k=1 k=1 k=1

cioè che la serie considerata è convergente.


Ma, osservando che
1 2

sin ≤ 1 per ogni k ≥ 1,
k k2
per il criterio del confronto, si ottiene che la serie data è convergente essendo tale la

X 1
serie 2
.
k=1
k
1. SOTTOSPAZI 19


X 1
Infatti, per il criterio della serie di Cauchy, la serie 2
ha lo stesso carat-
k=1
k
∞ ∞  k
X 2k X 1 1
tere della serie 2 , cioè della serie geometrica di ragione che è
k=1
(2k)
k=1
2 2
convergente.
Pertanto, c ∈ l2 .

d) Si consideri, ancora, la successione c = (γk )∞ 1


k=1 , con γ2k−1 = 0, γ2k = sin k , per
k = 1, 2, . . . e si provi che c ∈
/ M1 + M2 , dove
M1 + M2 = {a + b : a = (αk )∞ ∞
k=1 ∈ M1 , b = (βk )k=1 ∈ M2 } =
 
∞ 1 1
= (αk + βk )k=1 : α2k = 0, β2k−1 = δk cos , β2k = δk sin , k = 1, 2, . . . =
k k
 
∞ 1 1
= (ηk )k=1 : η2k−1 = α2k−1 + δk cos , η2k = δk sin , k = 1, 2, . . . .
k k
Si supponga per assurdo che c ∈ M1 + M2 . In tal caso, la successione considerata
si può scrivere nel modo seguente:
c = (ηk )∞
k=1

con
1
η2k−1 = α2k−1 + δk cos =0
k
1 1
η2k = δk sin = sin ,
k k
per k = 1, 2, . . ., da cui si ricava che
δk = 1
1
α2k−1 = − cos
k
per k = 1, 2, . . ..
Di conseguenza, si ottiene che
c = a + b,
dove
1
a = (αk )∞k=1 ∈ M1 con α2k = 0 e α2k−1 = − cos ,
k
1 1
b = (βk )∞
k=1 ∈ M2 con β2k = sin e β2k−1 = cos ,
k k
per k = 1, 2, . . ..
Naturalmente, si deve verificare, affinché a = (αk )∞ ∞
k=1 ∈ M1 e b = (βk )k=1 ∈ M2 ,
che a = (αk )∞ ∞
k=1 ∈ H = l2 e b = (βk )k=1 ∈ H = l2 .
20 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

In particolare, perché a = (αk )∞


k=1 ∈ H = l2 , si deve avere che

X
|αk |2 < ∞.
k=1
Ma, si osserva che
∞ ∞ ∞  2
X 2
X X2 1
|αk | = |α2k−1 | = cos
k=1 k=1 k=1
k
è una serie divergente, dal momento che il suo termine generale non tende a zero ed
è una serie a termini positivi. Infatti:
 2
1
lim cos = 1 6= 0.
k→∞ k
Da quanto detto, si deduce che si è ottenuta una contraddizione.
Pertanto, è possibile concludere che c ∈/ M1 + M2 . 

2. Sottospazi ortogonali

Esercizio 2.1. Sia H = l2 . Per ogni n ≥ 1 sia en = (δn,k )∞ k=1 ∈ l2 e sia A =



(e2n−1 + e2n )n=1 .
a) Identifica A e A⊥ in l2 .
W
b) a = (αk )∞ ∞ 1
k=1 ∈ l2 allora P A a = (βk )k=1 , dove β2n−1 = β2n = 2 (α2n−1 + α2n )
W

per n ≥ 1; PA⊥ a = (γk )∞ 1


k=1 con γ2n−1 = −γ2n = 2 (α2n−1 − α2n ) per n ≥ 1.

Dim.
a) Sia H = l2 . Per ogni n ≥ 1 sia en = (δn,k )∞ k=1 ∈ l2 e sia A = (e2n−1 + e2n )n=1

Allora:
A⊥ = {c = (γk )∞ ∞
k=1 ∈ l2 : (γk )k=1 ⊥ A} =
= {c = (γk )∞ ∞ ∞
k=1 ∈ l2 : (γk )k=1 ⊥ (e2n−1 + e2n ) dove en = (δn,k )k=1 , n = 1, 2, . . .} =
= c = (γk )∞ ∞ ∞ ∞ 


k=1 ∈ l2 : (γk )k=1 , (δ2n−1,k )k=1 + (δ2n,k )k=1 = 0, n = 1, 2, . . . =
( ∞
)
X
= c = (γk )∞ k=1 ∈ l2 : γk ((δ2n−1,k ) + (δ2n,k )) = 0, n = 1, 2, . . . =
k=1
( ∞ ∞
)
X X
= c = (γk )∞
k=1 ∈ l2 : γk (δ2n−1,k ) + γk (δ2n,k ) = 0, n = 1, 2, . . . =
k=1 k=1
= {c = (γk )∞
k=1 ∈ l2 : γ2n−1 + γ2n = 0, n = 1, 2, . . .} =
= {c = (γk )∞k=1 ∈ l2 : γ2n−1 = −γ2n , n = 1, 2, . . .} .

_
A = A⊥⊥ = b = (βk )∞ ∞ ⊥

k=1 ∈ l2 : (βk )k=1 ⊥ A =
2. SOTTOSPAZI ORTOGONALI 21

= b = (βk )∞ ∞ ∞ ∞ ⊥

k=1 ∈ l2 : (βk )k=1 ⊥ (γk )k=1 , ∀ (γk )k=1 ∈ A =

= {b = (βk )∞ ∞ ∞
k=1 ∈ l2 : h(βk )k=1 , (γk )k=1 i = 0, dove γ2n−1 = −γ2n , n = 1, 2, . . .} =

( ∞
)
X
= b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : βk γk = 0, dove γ2n−1 = −γ2n , n = 1, 2, . . . =
k=1

( ∞
)
X
= b= (βk )∞
k=1 ∈ l2 : (β2k−1 γ2k−1 − β2k γ2k−1 ) = 0 =
k=1

( ∞
)
X
= b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : (β2k−1 − β2k ) γ2k−1 = 0 =
k=1

= {b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : β2k−1 − β2k = 0} =

= {b = (βk )∞
k=1 ∈ l2 : β2k−1 = β2k } .

b) È possibile scrivere ogni successione a = (αk )∞


k=1 ∈ l2 nel seguente modo:

a = (αk )∞ ∞ ∞
k=1 = (βk )k=1 + (γk )k=1 ,

con (βk )∞ A e (γk )∞ ⊥


W
k=1 ∈ k=1 ∈ A . Infatti:

1 1
β2n−1 + γ2n−1 = (α2n−1 + α2n ) + (α2n−1 − α2n ) = α2n−1 ,
2 2

1 1
β2n + γ2n = (α2n−1 + α2n ) − (α2n−1 − α2n ) = α2n .
2 2
Poiché la decomposizione di una qualunque
W successione nella somma di una succes-
⊥ ⊥⊥
sione di A e di una successione di A = A è unica per il Teorema 2.9, è possibile
concludere che
1
PW A a = (βk )∞
k=1 , con β2n−1 = β2n = (α2n−1 + α2n ) per n ≥ 1,
2

1
PA⊥ a = (γk )∞
k=1 , con γ2n−1 = −γ2n = (α2n−1 − α2n ) per n ≥ 1.
2

22 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

3. Basi

√ √
Esempio 3.4. Sia L2 [0, 1] e sia e0 = 1, fk (x) = 2 cos 2πkx, gk (x) = 2 sin 2πkx
per k = 1, 2, . . .. Provare che la famiglia F = {e0 } ∪ {fk }∞ ∞
k=1 ∪ {gk }k=1 è ortonormale.

√ Dim. Occorre verificare


√ che nello spazio L2 [0, 1] le funzioni e0 = 1, fk (x) =
2 cos 2πkx, gk (x) = 2 sin 2πkx per k = 1, 2, . . . costituiscono una famiglia orto-
normale.
2kπi ∞
Cominciamo con l’osservare che la famiglia di
funzioni {e }k=−∞ è costituita
2kπi 2hπi
da funzioni ortonormali. Infatti ∀ h, k ∈ ZZ riesce e , e = 0 ∀ k 6= h in quanto

Z 1 Z 1
2kπix −2hπix

2kπi 2hπi
(7) e ,e = e e dx = e2(k−h)πix dx =
0 0

1 1
= (e2(k−h)πi − 1) = (cos 2(k − h)π + i sin 2(k − h)π − 1) = 0
2(k − h)π 2(k − h)π
ciò prova che dette funzioni sono ortogonali.

1
Proviamo ora che esse hanno norma 1 cioè che ke2kπi k = e2kπi , e2kπi 2 = 1; ciò è
immediatamente verificato in quanto è:
Z 1 Z 1
2kπix −2kπix
e e dx = dx = 1.
0 0
Essendo

e2kπix = cos 2kπx + i sin 2kπx


segue che

e2kπix + e−2kπix = 2 cos 2kπx e e2kπix − e−2kπix = 2i sin 2kπx


pertanto si ha:

e2kπix + e−2kπix e2kπix − e−2kπix


(8) fk (x) = √ e gk (x) = √
2 i 2
Dalla (8) segue che fk ⊥ fh , ∀ k 6= h ∈ {1, 2 . . .} in quanto
1 1 2kπix
+ e−2kπix e2hπix + e−2hπix
Z Z
e
hfk , fh i = fk fh dx = √ √ dx =
0 0 2 2
1 1 2kπix
Z
= (e + e−2kπix )(e−2hπix + e2hπix )dx =
2 0
3. BASI 23
Z 1
1
= (e2(k−h)πix + e2(k+h)πix + e−2(k+h)πix + e2(−k+h)πix )dx = 0
2 0
e questo per quanto ottenuto nella (7).
Analogamente si prova che gk ⊥ gh e che fk ⊥ gh , ∀ k, h ∈ IN, con k 6= h. Proviamo
infine che fk ⊥ gk ; infatti si ha:
1
1 1 2kπix
Z Z
hfk , gk i = fk gk dx = (e + e−2kπix )(e−2kπix − e2kπix )dx =
0 i2 0
Z 1
1
= [(e−2kπix )2 − (e2kπix )2 ]dx = 0
i2 0
Banalmente si verifica che le funzioni fk e gk sono ortogonali ad e0 = 1.
Proviamo ora che kfk k2 = 1 (In modo analogo si prova che kgk k2 = 1).

Z 1 Z 1  
2 2 2 2kπx + sin 2kπx cos 2kπx 1
kfk k = fk fk dx = 2 cos 2kπx dx = |0 =1
0 0 2kπ 2


Corollario 3.1. Sia F = {fk }χk=1 e G = {gk }χk=1 come nel Teorema 3.1. Allora
valgono le seguenti affermazioni:
a) fWk è una combinazione lineare di g1 , . . . , gk per 1 ≤ k ≤ χ
b) {fk }χk=1 = {gk }χk=1
W
c) La famiglia {ek = kggkk k }χk=1 è una famiglia ortonormale verificante il Teore-
ma 3.1
d) Se {hk }χk=1 è un’altra famiglia ortogonale di vettori non nulli verificante il
Teorema 3.1 allora hk = αk gk e αk 6= 0 per 1 ≤ k ≤ χ.

Dim. a) L’affermazione è banale per k = 1. Supponiamo che sia vera per k − 1.


Risulta:

k
X k−1
X
gk = αk,h fh = αk,k fk + βk,h gh .
h=1 h=1

Poiché i vettori g1 , . . . , gk non nulli e mutuamente ortogonali sono linearmente


independenti, dovrà essere αk,k 6= 0.
In conclusione:

k−1
1 X
fk = (gk − βk,h gh ).
αk,k h=1
24 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

b) Per la a) e il Teorema 3.1 ogni combinazione lineare finita di vettori di F è


una anche una combinazione lineare finita di vettori di G e viceversa. L’affermazione
è conseguenza del Teorema 1.4.
c) ovvia.
d) Poiché hk è una combinazione lineare di f1 , . . . , fk e poiché ognuno di questi
vettori è una combinazione lineare di g1 , . . . , gk segue:
k
X
hk = αk,h gh per 1 ≤ k ≤ χ.
h=1
D’altra parte, per lo stesso motivo, risulta:
h
X
gh = βh,j hj per 1 ≤ h ≤ χ.
j=1

In conclusione:

hhk , gh i
αk,h = = 0 per 1 ≤ h ≤ χ.
kgh k2
e

hk = αk,k gk . Da hk 6= 0 segue αk,k 6= 0.




Teorema 3.2. Uno spazio di Hilbert H è separabile ⇐⇒ possiede una base nume-
rabile (finita o infinita).

Dim. (=⇒): Supponiamo che H sia separabile e sia (fn )∞ n=1 una successione in H
χ
ovunque densa. Scegliamo una sottosuccessione F = (fnk )k=1 , di vettori linearmente
indipendenti come segue.
Sia n1 il più piccolo indice n tale che fn 6= 0.
Se n1 < . . . < nk sono scelti in modo che fn1 , . . . , fnk sono linearmente indipen-
denti e fn è una combinazione lineare di fn1 , . . . , fnk per 1 ≤ n ≤ nk allora sia nk+1 il
più piccolo indice n > nk tale che fn1 , . . . , fnk , fn sono linearmente indipendenti (se
un tale indice n esiste va bene, altrimenti il processo termina a k = χ).
Ovviamente ogni vettore fn è una combinazione lineare finita di vettori di F.
Sia G = {ek }χk=1 una famiglia ortonormale ottenuta ortogonalizzando F. Allora
ogni vettore fn è una combinazione lineare finita di vettori di G.
Supponiamo che esista f ∈ H tale che f ⊥ ek per ogni ek ∈ G. Allora f ⊥ fn
per n ≥ 1. Scegliamo una sottosuccessione (fn0 )∞ n=1 che è ovunque densa e tale che:
f = limn→∞ fn0 . Allora hf, f i = limn→∞ hf, fn0 i = 0 e quindi f = 0.
In questo modo G è una base.
3. BASI 25

(⇐=): Viceversa, supponiamo che G = {ek }χk=1 sia una base numerabile. Sia M
la varietà lineare di tutte le combinazioni lineari finite di vettori di G. Se f ⊥ M per
qualche f ∈ H, allora f ⊥ ek per ogni ek ∈ G e quindi f = 0. Per il Corollario 2.3
segue che M è ovunque denso in H. Sia M 0 il sottoinsieme di M costituito da tutte
le tutte le combinazioni lineari finite di vettori di G a coefficienti razionali complessi.
L’insieme M 0 è numerabile. Proviamo che anche M 0 è ovunque denso in H.
Infatti per ogni f ∈ H e per ogni ε > 0 possiamo scegliere un elemento

n
X 1
g= αk ek ∈ M tale che kf − gk < ε.
k=1
2

≤ k ≤ n scegliamo un razionale complesso αk0 in modo che |αk − αk0 | <


Per 1P ε
2n
.
Sia g 0 = nk=1 αk0 ek . Risulta:

n
0 1
0
X 1 ε
kf − g k ≤ kf − gk + kg − g k ≤ ε + |αk − αk0 | < ε + n = ε.
2 k=1
2 2n

Teorema 3.3 Sia {ek }χk=1 una famiglia ortonormale di H. Le seguenti affermazioni
sono equivalenti:
a) {ek }χk=1 è una base
b) f ⊥ eW k per ogni k ≥ 1 =⇒ f = 0
c) H =P {ek }χk=1
d) f = χk=1 hf, ek i ek per ogni f ∈ H (Serie di Fourier)
hf, gi =P χk=1 hf, ek i hg, ek i per ogni f, g ∈ H (Identità di Parseval)
P
e)
f) kf k2 = χk=1 | hf, ek i |2 per ogni f ∈ H (Identità di Parseval)

Dim. a) =⇒ b)Wper definizione di base.


b) =⇒ c)WSe {ek }χk=1 6= H allora H deve contenere un vettore f non zero
ortogonale a {ek }χk=1 e questo contraddice b).
c) =⇒ d) Gli insiemi Mk = {αek : α ∈ C},Wk ≥ 1, sonoPsottospazi mutuamente
ortogonali. Per il Teorema 2.4 risulta H = χk=1 Mk = χ
k=1 Mk e ogni vettore
f ammette
Pχ un’unica rappresentazione in una serie convergente (o somma finita),
f = k=1 αk (f )ek per il Teorema 2.5.
Facendo il prodotto interno con ek di ambo i membri si ha: hf, ek i = αk (f ).
d) =⇒ e) hf, gi = h χk=1 hf, ek i ek , gi = χk=1 hf, ek i hg, ek i per il Teorema 1.2.4
P P
c).
e) =⇒ f) hf, f i = χk=1 hf, ek i hf, ek i.
P
f) =⇒ a) Se f ⊥ ek per k ≥ 1 allora kf k2 = χk=1 | hf, ek i |2 = 0, quindi f = 0. 
P
26 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

Esempio 3.5 Sia H = L2 [0, 1] e consideriamo la base dell’esempio 3.4. Per ogni
funzione reale f ∈ L2 [0, 1] definiamo:
Z 1 Z 1 Z 1
α0 = f (x)dx, αk = f (x) cos 2kπxdx, βk = f (x) sin 2kπxdx,
0 0 0
per k = 1, 2, . . ..
Nelle notazioni dell’esempio 3.4 si ha:
1 1
α0 = hf, e0 i , αk = √ hf, fk i , βk = √ hf, gk i , k = 1, 2, . . . .
2 2
Per l’identità di Parseval otteniamo:
Z 1
f 2 (x)dx = α02 + 2Σ∞ 2 2
k=1 (αk + βk )
0

Dim. Definiamo su L2 [0, 1], per ogni funzione reale f ad esso appartenente:
Z 1 Z 1 Z 1
α0 = f (x)dx, αk = f (x) cos 2kπx dx, βk = f (x) sin 2kπx dx.
0 0 0
Dalle notazioni dell’esempio 3.4 si ha:

α0 = hf, e0 i
Z 1
1 1
αk = √ hf, fk i = √ f (x) cos 2kπx dx
2 2 0
Z 1
1 1
βk = √ hf, gk i = √ f (x) sin 2kπx dx
2 2 0
Per l’identità di Parseval otteniamo:
Z 1 ∞
X
2
(9) kf k = f 2 (x)dx = | hf, τk i |2 ,
0 k=1

dove {τk } è una famiglia numerabile di vettori ortonormali.


Osservato che la famiglia {e0 }∪{fk }∞ ∞
k=1 ∪{gk }k=1 , come provato nell’esempio 3.4, è
una famiglia numerabile ortonormale e che la serie (9) è assolutamente convergente e
pertanto la sua somma non cambia comunque si riordinino i suoi elementi, otteniamo
pertanto (riordinando opportunamente gli elementi)
Z 1
f 2 (x)dx = α02 + 2Σ∞ 2 2
k=1 (αk + βk ).
0

4. ISOMORFISMI 27

Teorema 3.4. Due qualunque basi di uno spazio di Hilbert H separabile hanno lo
stesso numero cardinale.

Dim. Per il Teorema 3.2, H contiene una base numerabile G = {ek }χk=1 (χ < ∞
o χ = ∞).
a) χ < ∞. Per 1 ≤ k ≤ χ sia Mk = {αek : α ∈ C}. Allora H = χk=1 Mk e ogni
P
sottoinsieme di H contiene al più χ vettori linearmente indipendenti. Una qualunque
0
altra base G 0 = {e0k }χk=1 deve quindi avere χ0 ≤ χ.
Per lo stesso fatto χ ≤ χ0 e quindi χ = χ0 .
b) χ = ∞. Per a) ogni base G 0 deve essere infinita. Se G 0 non fosse numerabile
allora H non sarebbe separabile. Quindi G 0 deve essere numerabilmente infinito. 

4. Isomorfismi

Teorema 4.1. Se due spazi di Hilbert separabili, H e H 0 , hanno la stessa (finita o


infinita) dimensione, allora esiste una applicazione biiettiva:

U : H → H 0 , f 7→ U f
tale che per ogni f, g ∈ H e ∀ λ ∈ C, si ha:
a) U (f + g) = U f + U g
b) U (λf ) = λU f
c) hU f, U gi = hf, gi (N.B. =⇒ kU f k = kf k)

Dim. {ek }χk=1 e {e0k }χk=1 basi per H e H 0 rispettivamente (χ ≤ ∞). Per ogni
f ∈ H definiamo:

f 0 = U f = Σχk=1 hf, ek i e0k


Questa definizione ha senso poiché per l’identità di Parseval

Σχk=1 | hf, ek i |2 = kf k2 < ∞


e in virtù del Teorema 2.3 la serie Σχk=1 hf, ek i e0k converge in H 0 . Inoltre: U ek =
e0k , ∀ k ≥ 1.
Si prova adesso che U verifica le proprietà a), b) e c) e che U è una biiezione.
a) ∀f, g ∈ H, si ha:
χ χ
0 0
X X
U (f + g) = hf + g, ek i ek = (hf, ek i + hg, ek i) ek =
k=1 k=1
χ χ
0 0
X X
= hf, ek i ek + hg, ek i ek = U f + U g.
k=1 k=1
28 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT

b) ∀f ∈ H e ∀λ ∈ C, si ha:
χ χ χ
0 0 0
X X X
U (λf ) = hλf, ek i ek = λ hf, ek i ek = λ hf, ek i ek = λU f.
k=1 k=1 k=1

c) ∀f, g ∈ H, si ha:
* χ χ
+ χ χ
X 0
X 0
X X D 0 0E
hU f, U gi = hf, ek i ek , hg, eh i eh = hf, ek i hg, eh i ek , eh =
k=1 h=1 k=1 h=1
 0 χ
= (sapendo che ek k=1 è una famiglia ortonormale di vettori) =
χ
X
= hf, ek i hg, ek i = (per l’identità di Parseval) = hf, gi .
k=1
Si osserva, inoltre, che ∀f ∈ H:
kU f k2 = hU f, U f i = hf, f i = kf k2 .
Per dimostrare ora che U è un’applicazione biiettiva bisogna fare vedere che U è
iniettiva e suriettiva.
Innanzitutto, si prova che U è iniettiva verificando che ∀f, g ∈ H se f 6= g =⇒
U f 6= U g. Infatti:
f 6= g =⇒ 0 6= kf − gk = kU (f − g)k =⇒ U (f − g) 6= 0 =⇒ U f − U g 6= 0 =⇒
U f 6= U g.
Si mostra, infine, che U è suriettiva facendo vedere che ∀f 0 ∈ H 0 ∃f ∈ H tale che
χ
X
0
U f = f . Per fare ciò basta considerare f = hf 0 , e0k i ek . Infatti:
k=1+
χ χ
* χ χ χ
X X X X X
0 0 0 0
Uf = hf, eh i eh = hf , ek i ek , eh eh = hf 0 , e0k i hek , eh i e0h =
h=1 h=1 k=1 h=1 k=1
χ
X
hf 0 , e0h i e0h = (per il Teorema 3.3. punto d)) = f 0 . 
h=1
CAPITOLO 3

OPERATORI LINEARI E LIMITATI

1. Applicazioni (Operatori) lineari e limitati

Esempio 1.4. Sia h un vettore di H. Per ogni f ∈ H definiamo φf = hf, hi ∈ C.


Allora provare che φ è un funzionale lineare e limitato su H e kφk = khk.

Dim. φ è lineare:
∀ f, g ∈ H =⇒ φ(f + g) = hf + g, hi = hf, hi + hg, hi = φ(f ) + φ(g).
∀ λ ∈ C, ∀ f ∈ H =⇒ φ(λf ) = hλf, hi = λ hf, hi = λφf.
φ è limitato:
kφk = supf ∈H,kf k=1 kφf k = supf ∈H,kf k=1 khf, hik = khk. 

2. Operatori lineari

Teorema 2.1. Siano A e B due operatori lineari in H con varietà lineari DA e DB


rispettivamente. Allora le applicazioni A + B, λA, e AB definite da:

(A + B)f = Af + Bf, ∀ f ∈ DA ∩ DB

(λA)f = λ(Af ), ∀ f ∈ DA

(AB)f = A(Bf ), ∀ f ∈ DAB = {f ∈ DB : Bf ∈ DA }


sono operatori lineari in H nelle varietà lineari corrispondenti.

Dim. (A + B)f = Af + Bf ∀ f ∈ DA ∩ DB è un operatore lineare. Infatti


(∀ λ ∈ C, ∀ f, g ∈ DA ∩ DB ):

(A + B)(f + g) = A(f + g) + B(f + g) = (Af + Ag) + (Bf + Bg) =


(Af + Bf ) + (Ag + Bg) = (A + B)f + (A + B)g,

(A + B)(λf ) = A(λf ) + B(λf ) = λ(Af ) + λ(Bf ) =


= λ(Af + Bf ) = λ(A + B)f.
29
30 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI

(λA)f = λ(Af ) ∀ f ∈ DA è un operatore lineare. Infatti (∀ µ ∈ C, ∀ f, g ∈ DA ):

(λA)(f + g) = λ(A(f + g)) = λ(Af + Ag) = λ(Af ) + λ(Ag) = (λA)f + (λA)g,

(λA)(µf ) = λ(A(µf )) = λ(µA(f )) = (λµ)Af = µ((λA)f ).


(AB)f = A(Bf ), ∀ f ∈ DAB = {f ∈ DB : Bf ∈ DA } è un operatore lineare.
Infatti (∀ λ ∈ C, ∀ f, g ∈ DAB ):

(AB)(f + g) = A(B(f + g)) = A(Bf + Bg) = A(Bf ) + A(Bg) = (AB)f + (AB)g,

(AB)(λf ) = A(B(λf )) = A(λBf ) = λA(Bf ) = λ(AB)f.




Corollario 2.1. Con le operazioni definite nel Teorema 2.1 l’insieme di tutti gli
operatori lineari su H è uno spazio lineare verificante le seguenti proprietà:
a) (AB)C = A(BC)
b) A(B + C) = AB + AC, (A + B)C = AC + BC
c) (αA)B = A(αB) = α(AB)
d) IA = AI = A
e) 0A = A0 = 0

Dim. L’insieme di tutti gli operatori lineari su H dotato delle seguenti operazioni:
(A + B) f = Af + Bf, ∀f ∈ H
(λA) f = λ (Af ) , ∀f ∈ H
è uno spazio lineare. Infatti, dal Teorema 2.1 si deduce che A + B e λA (con A :
H → H e B : H → H operatori lineari su H) sono a loro volta operatori lineari su
H. Si vede, poi, facilmente che tale insieme verifica tutte le condizioni menzionate
nella definizione di spazio lineare su K.
Inoltre, l’operazione di moltiplicazione cosı̀ definita
(AB) f = A (Bf ) , ∀f ∈ H
soddisfa sull’insieme di tutti gli operatori lineari su H le proprietà a), b), c), d) ed
e) dell’enunciato. Infatti:
a) ∀f ∈ H, si ha:
(AB) Cf = A (B (Cf )) = A (BC) f.
Dunque,
(AB) C = A (BC) .
b) ∀f ∈ H, si ha:
2. OPERATORI LINEARI 31

A (B + C) f = A ((B + C) f ) = A (Bf + Cf ) = (per la linearità di A) = A (Bf )+


A (Cf ) = (AB) f + (AC) f .
Essendo tale relazione valida qualunque sia f ∈ H, si ricava che:
A (B + C) = AB + AC.
Analogamente, si ha che ∀f ∈ H: (A + B) Cf = (A + B) (Cf ) = A (Cf ) +
B (Cf ) = (AC) f + (BC) f .
Di conseguenza:
(A + B) C = AC + BC.
c) ∀f ∈ H, si ha:
(αA) Bf = (αA) (Bf ) = α (A (Bf )) = α ((AB) f ) ,
il che implica che
(αA) B = α (AB) .
Analogamente:
A (αB) f = A ((αB) f ) = A (α (Bf )) = αA (Bf ) = α (AB) f,
da cui segue, essendo tale uguaglianza vera ∀f ∈ H, che
A (αB) = α (AB) .
Pertanto:
(αA) B = A (αB) = α (AB) .
d) ∀f ∈ H, si ha:
(IA) f = I (Af ) = Af
e
(AI) f = A (If ) = Af.
Quindi,
IA = AI = A.
e) ∀f ∈ H, si ha:
(0A) f = 0 (Af ) = 0
e
(A0) f = A (0f ) = A0 = 0.
Dunque:
0A = A0 = 0.


Teorema 2.5 Un operatore lineare, limitato e invertibile è una biiezione. L’inverso


è unico.
32 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI

Dim. Sia A : H → H un operatore lineare, limitato e invertibile. Essendo A


invertibile per ipotesi, allora esiste A−1 : H → H operatore lineare e limitato tale che
AA−1 = A−1 A = I.
Si dimostri che A è una biiezione.
a) Per provare che A è iniettiva, bisogna fare vedere che se Af = Ag ⇒ f = g.
Si ponga
Af = Ag = h.
Allora:
f = If = A−1 A f = A−1 (Af ) = A−1 h


e
g = Ig = A−1 A g = A−1 (Ag) = A−1 h.


Da ciò segue che


f =g
e, quindi, è possibile asserire che A è un’applicazione iniettiva.
b) A è anche surgettiva. Infatti, ∀f ∈ H ∃A−1 f ∈ H tale che
A A−1 f = AA−1 f = If = f.
 

Si prova, ora, l’unicità dell’inverso.


Siano A−1 −1 −1 −1
1 e A2 due operatori lineari e limitati su H tali che AA1 = A1 A = I
−1 −1
e AA2 = A2 A = I.
Bisogna fare vedere che A−1 −1 −1 −1
1 = A2 , ossia che A1 f = A2 f , ∀f ∈ H.
Poiché, ∀f ∈ H si ha che:
A−1 −1 −1
AA−1 −1
 −1 
A2 f = I A−1 −1
 
1 f = A1 (If ) = A1 2 f = A1 A 2 f = A2 f,

si deduce che:
A−1
1 = A2 .
−1

Pertanto, si può affermare che l’inverso di un operatore lineare e limitato su H è


unico. 

3. Forme bilineari

Teorema 3.5. a) Sia A : H → H un operatore lineare e limitato. Allora la funzione


ϕ : H × H → K definita da:

(10) ϕ(f, g) = hf, Agi


è una forma bilineare limitata su H e kϕk = kAk.
b) Viceversa, sia ϕ : H × H → K una forma bilineare limitata. Allora esiste un
unico operatore lineare e limitato A : H → H, tale che:

(11) ϕ(f, g) = hf, Agi , ∀ (f, g) ∈ H × H.


3. FORME BILINEARI 33

Dim. a) A : H −→ H è un operatore lineare e limitato allora abbiamo già visto


la funzione ϕ definita da (10) è una forma bilineare limitata e

(12) kϕk ≤ kAk


b) Viceversa, sia ϕ : H × H −→ C una forma bilineare limitata. Per prima cosa
proveremo l’esistenza di un operatore A : H −→ H lineare e limitato verificante (11).
Nel corso della dimostrazione proveremo anche che questo operatore A verifica la
disuguaglianza kAk ≤ kϕk. Insieme con la disuguaglianza (12) della dimostrazione
della parte a) proverà la desiderata uguaglianza kϕk = kAk se proveremo che A è
unico.
A tal fine per ogni g ∈ H definiamo la funzione Φg (f ) : H −→ C da:

(13) Φg (f ) = ϕ(f, g).


Allora Φg è un funzionale lineare su H. Il funzionale lineare Φg è limitato; infatti:

|Φg (f )| = |ϕ(f, g)| ≤ kϕkkf kkgk


e quindi

kΦg k ≤ kϕkkgk.
Per il teorema di rappresentazione di Riesz, esiste un unico vettore Ag ∈ H, tale
che:

(14) Φg (f ) = hf, Agi , ∀ f ∈ H.


Inoltre, per lo stesso teorema, abbiamo:

(15) kAgk = kΦg k ≤ kϕkkgk.


L’operatore A : H −→ H definito da (14) è lineare; infatti:

hf, A(αg)i = Φαg (f ) = ϕ(f, αg) = αϕ(f, g) = αΦg (f ) = α hf, Agi = hf, αAgi
∀ f ∈ H, per cui:

hf, A(αg) − αAgi = 0 , ∀ f ∈ H


e quindi: A(αg) = αAg.
Analogamente da:
34 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI

hf, A(g + h)i = Φg+h (f ) = ϕ(f, g + h) = ϕ(f, g) + ϕ(f, h) = Φg (f ) + Φh (f ) =


= hf, Agi + hf, Ahi = hf, Ag + Ahi , ∀ f ∈ H
e quindi: A(g + h) = Ag + Ah.
Cosı̀ A è un operatore lineare su H.
La disuguaglianza (15) prova che A è limitato e infatti kAk ≤ kϕk.
Da (13) e (14) segue:

ϕ(f, g) = Φg (f ) = hf, Agi , ∀ (f, g) ∈ H × H.


Finalmente supponiamo che B : H −→ H è un altro operatore lineare e limitato
avente la proprietà che ϕ(f, g) = hf, Bgi ∀ (f, g) ∈ H × H.
Allora per ogni fissato g ∈ H, abbiamo:

hf, Ag − Bgi = hf, Agi − hf, Bgi = 0 , ∀ f ∈ H


e quindi:

Ag = Bg , ∀ g ∈ H.


Corollario 3.3. a) Sia A : H → H un operatore lineare e limitato. Allora la


funzione φ : H × H → K definita da:

φ(f, g) = hAf, gi
è una forma bilineare limitata su H e kφk = kAk.
b) Viceversa, sia φ : H × H → K una forma bilineare limitata. Allora esiste un
unico operatore lineare e limitato A : H → H, tale che:

φ(f, g) = hAf, gi , ∀ (f, g) ∈ H × H.

Dim. a) Definiamo ϕ : H × H → K da ϕ(f, g) = φ(g, f ) = hf, Agi. Allora


per il Teorema 3.5 a) ϕ è una forma bilineare limitata su H e kϕk = kAk. Poiché
ϕ(f, g) = φ(g, f ), anche φ è una forma bilineare su H limitata e:

kφk = sup |φ(f, g)| = sup |ϕ(f, g)| = kϕk = kAk.


kf k=kgk=1 kf k=kgk=1

b) Se ϕ è data allora ϕ(f, g) = φ(g, f ) è una forma bilineare limitata e per il


Teorema 3.5 b) esiste un unico operatore A : H −→ H lineare e limitato, tale che:

ϕ(f, g) = hf, Agi , ∀ (f, g) ∈ H × H.


4. OPERATORI AGGIUNTI 35

Quindi abbiamo:

φ(f, g) = ϕ(g, f ) = hAf, gi , ∀ (f, g) ∈ H × H.




Corollario 3.4. Se A : H → H è un operatore lineare e limitato, allora:

kAk = sup | hf, Agi | = sup | hAf, gi |.


kf k=kgk=1 kf k=kgk=1

Dim. Immediata. 

4. Operatori aggiunti

Teorema 4.2. Siano A, B : H → H due operatori lineari e limitati. Allora:


a) A∗∗ = A
b) (λA)∗ = λA∗
c) (AB)∗ = B ∗ A∗
d) (A + B)∗ = A∗ + B ∗
e) Se A è invertibile, anche A∗ è invertibile e: (A∗ )−1 = (A−1 )∗ .

Dim. a) Essendo A∗ tale che hAf, gi = hf, A∗ gi ∀f, g ∈ H, segue che A∗∗ è tale
hA∗ f, gi = hf, A∗∗ gi ed essendo hA∗ f, gi = hg, A∗ f i = hAg, f i = hf, Agi ∀f, g ∈
H,segue che A∗∗ = A.
b) Poiché (λA)∗ è tale che h(λA)f, gi = hf,
(λA)∗ gi ∀f,
g
∈ H, ma poiché si ha
∗ ∗ ∗
anche h(λA)f, gi = hA(λf ), gi = hλf, A gi = f, λ(A g) = f, (λA )g ∀f, g ∈ H,
segue che (λA)∗ = λA∗ .
c) (AB)∗ è tale che ∀f, g ∈ H

h(AB)f, gi = hf, (AB)∗ gi ,


ma si ha anche che ∀f, g ∈ H

h(AB)f, gi = hA(Bf ), gi = hBf, A∗ gi = hf, B ∗ (A∗ g)i = hf, (B ∗ A∗ )gi .


Quindi, (AB)∗ = B ∗ A∗ .
d) h(A + B)f, gi = hAf + Bf, gi = hAf, gi + hBf, gi = hf, A∗ gi + hf, B ∗ gi =
hf, (A∗ + B ∗ )gi, ∀f, g ∈ H.
Quindi, ricorrendo alla definizione di operatore aggiunto si ha (A+B)∗ = A∗ +B ∗ .
36 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI

e) Sappiamo che (A−1 A)∗ = A∗ (A−1 )∗ per la c). Da ciò, poiché (A−1 A)∗ = I ed
essendo h(A−1 A)f, gi = hA−1 (Af ), gi = h(Af ), (A−1 )∗ gi = hf, A∗ (A−1 )∗ gi, ∀f, g ∈
H, e quindi A∗ (A−1 )∗ = I, si ha che (A−1 )∗ = (A∗ )−1 .


Teorema 4.5. Sia A : H → H un operatore lineare e limitato. Le seguenti


affermazioni sono equivalenti:
a) A è autoaggiunto
b) La forma bilineare ϕ definita da ϕ(f, g) = hAf, gi è simmetrica
c) La forma quadratica ϕ̂ definita da ϕ̂(f ) = hAf, f i è reale.

Dim. Dire che A è autoaggiunto significa affermare A∗ = A.


a) ⇒ b): ϕ(f, g) = hAf, gi = hf, A∗ gi = hf, Agi = hAg, f i = ϕ(g, f ), ∀f, g ∈ H.
b) ⇒ c): ϕ̂(f ) = hAf, f i = ϕ(f, f ) = ϕ(f, f ), ∀f ∈ H.
c) ⇒ a): ∀f ∈ H, hAf, f i reale implica che hf, Af i = hAf, f i = hf, A∗ f i. Poiché
(dal Teorema 4.1) ogni operatore lineare e limitato ammette un (unico) operatore
aggiunto A∗ , segue che A = A∗ . 

5. Operatori di proiezione

Teorema 5.6. Siano P e Q due proiezioni sopra i sottospazi M e N rispettivamen-


te. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:
a) M ⊂ N
b) QP = P
c) P Q = P
d) Q − P è una proiezione
e) h(Q − P )f, f i ≥ 0, ∀ f ∈ H
f) kP f k ≤ kQf k, ∀ f ∈ H.

Dim. a) ⇒ b): Per ipotesi, siano P e Q due proiezioni sopra i sottospazi M ed N ,


rispettivamente.
Allora,
M = {g : P g = g} = {g : kP gk = kgk} = {P f : f ∈ H} ,

N = {h : Qh = h} = {h : kQhk = khk} = {Qf : f ∈ H} .


Sapendo che M ⊂ N , bisogna provare che QP = P , ossia che (QP ) f = P f ,
∀f ∈ H.
Osservando che
P f ∈ M, ∀f ∈ H,
5. OPERATORI DI PROIEZIONE 37

e
M ⊂ N (per ipotesi),
si ha:
P f ∈ N, ∀f ∈ H,
il che implica, per come è definito N ,
Q (P f ) = P f, ∀f ∈ H.
Pertanto, è possibile dedurre che
QP = P.
b) ⇒ c): Sapendo, per ipotesi, che QP = P e che P è una proiezione, allora anche
QP è una proiezione.
Pertanto, per il Teorema 5.4 si ha che
QP = P Q,
da cui segue facilmente che
P Q = P.
c) ⇒ d): Sapendo, per ipotesi, che P Q = P , bisogna provare che Q − P è una
proiezione, ossia che (per il Teorema 5.2) Q − P = (Q − P )∗ = (Q − P )2 .
Si osserva, innanzitutto, che dal momento che P Q = P e P è, per ipotesi, una
proiezione, allora anche P Q è una proiezione, e, in particolare, per il Teorema 5.4
P Q = QP .
Quindi,
P = P Q = QP.
Sapendo, inoltre, che P = P = P 2 (essendo P una proiezione) e Q = Q∗ = Q2

(essendo anche Q una proiezione), si ha:


(Q − P )∗ = Q∗ − P ∗ = Q − P
e
(Q − P )2 = Q2 − QP − P Q + P 2 = Q − P − P + P = Q − P.
Di conseguenza, si ricava che
Q − P = (Q − P )∗ = (Q − P )2
e, dunque, Q − P è una proiezione.
d) ⇒ e): Sapendo, per ipotesi, che Q − P è una proiezione, ossia che Q − P =
(Q − P )∗ = (Q − P )2 , bisogna dimostrare che h(Q − P ) f, f i ≥ 0, ∀f ∈ H.
Ma, ∀f ∈ H:
h(Q − P ) f, f i = (Q − P )2 f, f = h(Q − P ) ((Q − P ) f ) , f i =

= h(Q − P ) f, (Q − P )∗ f i = h(Q − P ) f, (Q − P ) f i ≥ 0.
Pertanto:
h(Q − P ) f, f i ≥ 0, ∀f ∈ H.
38 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI

e) ⇒ f): Sapendo, per ipotesi che h(Q − P ) f, f i ≥ 0, ∀f ∈ H, bisogna dimostrare


che kP f k ≤ kQf k, ∀f ∈ H.
Ma, ∀f ∈ H:
0 ≤ h(Q − P ) f, f i = hQf − P f, f i = hQf, f i − hP f, f i = (sapendo che P e Q
sono proiezioni) = hQ2 f, f i − hP 2 f, f i = hQf, Q∗ f i − hP f, P ∗ f i = (dal momento che
P e Q sono proiezioni) = hQf, Qf i − hP f, P f i = kQf k2 − kP f k2 .
Da ciò segue che
kP f k2 ≤ kQf k2
e, quindi,
kP f k ≤ kQf k ∀f ∈ H.
f) ⇒ a): Per provare che M ⊂ N occorre provare che ogni elemento di M è
elemento di N .
Supponiamo per assurdo che esista un elemento g di M che non sia appartenente
ad N .
Per il Teorema 2.9 del capitolo 2 si ha che

kgk2 = kQgk2 + kQ⊥ gk2


(ovviamente kQ⊥ gk =
6 0) e quindi kgk2 > kQgk2 cioè

kgk > kQgk


Ora sappiamo che (vedi Teorema 5.1)

kgk = kP gk,
da cui segue che

kP gk > kQgk
e ciò è assurdo essendo per ipotesi kP gk ≤ kQgk ∀f ∈ H. 
Bibliografia

[1] D.AVERNA, Analisi Funzionale - Spazi di Hilbert. Dispensa (2010)

39

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