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«La morfologia si basa sulla convinzione che tutto cid che & deve anche dar cenno di sé e mostrarsi». «La forma & qualcosa che si muove, che diviene, che trapassa». In questi due passi sono sinteticamente espressi i presup- posti principali del metodo morfologico che Goethe pro- pone per studiare la natura vivente. Esso non indaga lo spirito che animerebbe la natura, «non cerca nulla dietro ai fenomenin, ma si misura anzitutto con cid che appare. Dalle ricerche sull’osso intermascellare all'idea di tipo, dallipotesi sulla metamorfosi delle piante alle osservazioni sul ruolo delle forme a spirale in natura, Goethe viene in- dividuando delle abitudini di metodo precise, uno stile teorico rilevante che consente di considerare i risultati del suo interesse ¢ della sua passione per la natura non come semplici stravaganze di un artista naturalista per diletto, ma come un interessante materiale di analisi di ricerca forse non solo storica. La grande immagine della natura che emerge dagli studi morfologici non & quindi solo di impianto estetico, ma presenta una sua complessa indipen- denza e un'originalita che, se fu poco capita dai contem- poranei, fu in seguito rivalutata ¢ ripresa da molti punti di vista, Questo studio segue il filo delle riflessioni goethiane sulla natura vivente individuando i molteplici intrecci filo- sofici ¢ scientifici che le costituiscono e che collegano Goe- the ai grandi dibattiti teorici dell'epoca. Paola Giacomoni insegna Filosofia e Storia della scienza presso la Facolta di Lettere ¢ Filosofia dell’Universita. di Trento. Si & occupata di temi di filosofia tedesca tra Otto ¢ Novecento ¢ ha poi approfondito alcuni aspetti del pen- siero della Goethezeit, in particolare la problematica filosofico-antropologica di Wilhelm von Humboldt, su cui ha pubblicato, oltre a numerosi saggi, una prima mono- grafia: Formazione e trasformazione. “Forza” e “Bil- dung” in W.v. Humboldt e la sua epoca, Milano 1988. In copertina: J.W, Goethe, Studio anatomico artistico, 1780 ca. Paola Giacomoni Le forme e il vivente -Morfologia e filosofia della natura : in J.W. Goethe Ser SsuSAIN TY oo ocezos oor peep GHINA BICEPS Paola Giacomoni LE FORME E IL VIVENTE MORFOLOGIA E FILOSOFIA DELLA NATURA IN J.W. GOETHE Guida editori Questo volume & stampate con un contributo del Dipartimento di Storia della Civilea Europes dell’Universita degli Studi di Trento. Copyright 1993 Guida editori Napoli Introduzione ‘Wie hast du’s denn so weit gebracht? Sie sagen, du habest es gut vollbracht. ‘Mein Kind, ich habe es klug gemacht: ch habe nie ber das Denker gedacht. 1. La natura come passione Una storia sfortunata. La passione di Johann Wolfgang Goethe per la natura non 2 di quelle che passano alla storia come un grande successo. Il costante interesse per le pitt diverse manife- stazioni della natura, il suo caricarsi di pietre durante il viaggio in Italia, la « folgorazione » nel giardino botanico di Palermo sulla Urpflanze, la contesa con l'Ortica di Newton a proposito dei colori non fecero di lui — poeta di successo, uomo di corte influente, personaggio celebrato e omaggiato in vita per Ia sua attivith letteraria — un naturalista riconosciuto, accettato, i cui punti di vista fossero presi in seria considerazione. Alieno per temperamento a ogni posa da intellectual « maledetto » non cercd certo la propria marginalith in questo campo; se la ritrovd addosso come un risultato inatteso per chi, mentre come naturalista si definiva un amatore, riservava quasi_un terzo della propria biblioteca a testi di carattere scientifico nelle diverse discipline, compresa la matematica. Pur non volendo mai pensarsi come professionista, come specialista, Goethe dedicd moltissimo tempo, € sopratcutto grandissima passione allo studio della natura, alla botanica, alla Zoologia, alla teoria colori, alla metereologia, alla _geologia, mantenne molteplici rapporti epistolari e personali con gli specialisti nei vari campi, cered sempre Ia collaborazione, anche Ia critica, se costruttiva, di tutti coloro che aveva modo di conoscere e incontrare, ma ogni volta che si decise a pubbl care, o anche solo a far circolare manoscritti i risuleati dei propri lavori fu il gelo, o Pimbarazzato disinteresse, a comin- Giare dagli editori, che si rifiuravano di pubblicare scritti che

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